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Le “aporie “ del reato colposo

INTRODUZIONE

<<Non la chiarità del dolo, ma la semioscurità della colpa è la forma di


comportamento che si addice alla problematica esistenziale dell’uomo. L’ uomo è un
essere colposo>>.1

Un comportamento viene qualificato antigiuridico quando contrasta con una pretesa


giuridica, colpevole quando l’azione infrange una pretesa con determinate
caratteristiche strutturali.2 Pertanto, qualificarlo colpevole vuol dire che il
comportamento costituisce violazione di un obbligo che poteva essere evitato dal
soggetto agente mediante uno spontaneo adeguarsi alla volontà normativa. Tale
elemento, che in dottrina suole chiamarsi spirituale o psichico, può assumere la
forma del dolo o della colpa. L’imputazione a titolo di dolo o colpa si riscontra in
tutti quei casi in cui l’accadimento esterno non è imputato all’agente per la semplice
realizzazione fisica della condotta o determinazione causale dell’evento. Secondo il
pensiero giuridico tradizionale il dolo rappresenta la più autentica forma di
responsabilità colpevole. Infatti, il dolo è l’originaria forma di colpevolezza che si
impose nel passaggio dalla responsabilità oggettiva alla responsabilità colpevole.
Diversamente la colpa costituisce quella forma di colpevolezza di acquisizione
tardiva, avente nelle legislazioni penali carattere eccezionale e minoritario. Quanto
detto implica che “nessuno può essere punito per delitto colposo se non nei casi
espressamente previsti dalla legge”.3 Il criterio d’imputazione a titolo di colpa,
sancito nell’art. 42 comma 2, è (salvo per le contravvenzioni) “sussidiario”4 rispetto
a quello doloso e scatta solo se espressamente previsto dalla legge. Da ciò deriva che
l’imputazione dolosa è “ordinaria” e “normale”, contrariamente a quella colposa, che

1
G. Forti, “Colpa ed evento nel diritto penale”, Milano, 1990, p. 1
2
M. Gallo, voce Colpa penale (dir. Vig.), Enc. del dir., VII, Milano, 1960, p.624.
3
È ritenuta pacifica l’impossibilità di una previsione implicita nel delitto preterintenzionale, Gallo,
ibidem, p. 625; F. Mantovani, “Diritto penale. Parte generale”, p. 304
4
Nel senso che l’imputazione per responsabilità colposa scatta solo nei casi previsti legislativamente.

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Le “aporie “ del reato colposo

viene espressamente disposta.5 Il citato articolo, oltre a salvaguardare il principio


costituzionale di tassatività, a parere di molti denota un minore disvalore della
condotta colposa rispetto a quella dolosa. Tale assunto giustificherebbe una minore
opportunità di tutela dei beni giuridici.

In realtà, come si specificherà meglio più avanti, una siffatta impostazione non trova
alcuna giustificazione. Sviluppatosi all’ombra del reato doloso , il modello colposo
ad oggi è al centro della elaborazione dottrinale. La centralità assunta deriva
dall’aumento dei delitti colposi registratosi negli ultimi decenni. La crescente
meccanizzazione della vita sociale e lo sviluppo tecnologico hanno contribuito ad
incrementare le occasioni di danno e di pericolo a cose e persone, con conseguente
incremento della criminalità colposa: ne sono un esempio gli innumerevoli incidenti
stradali e i danni derivanti dal moderno processo produttivo.

Nella storia del reato colposo una delle prime problematiche atteneva alla stessa
legittimità della punibilità dei fatti colposi. Infatti, mancando nella struttura del reato
colposo sia la volontà sia generalmente la rappresentazione del fatto, si correva il
rischio di regredirla a una mera forma di imputazione oggettiva.6 Tuttavia, aver
giustificato il rimprovero colposo in base a una visione normativa della colpevolezza,
sembrerebbe aver scartato l’ipotesi di una responsabilità meramente oggettiva.

5
“espressamente” non indica una previsione esplicita, infatti la previsione potrebbe essere “implicita”
e sottoposta a un’interpretazione sistematica.
6
Il termine in questa sede è utilizzato in senso equipollente rispetto alla c.d. “responsabilità
oggettiva”, ossia responsabilità priva di un rimprovero di colpevolezza. Attualmente sono noti a tutti
gli sviluppi consequenziali dovuti alla sentenza Corte costituzionale 364/88, in
www.cortecostituzionale.it . Nella cultura della responsabilità oggettiva (tipica dell’originario
impianto del codice vigente) l’ordinamento trattava il destinatario delle leggi con autorità non
predisponendo strumenti di educazione giuridica e di dialogo. Il cittadino doveva unilateralmente
preoccuparsi di evitare o per meglio dire di “scansare” quelle conseguenze giuridiche che la legge gli
accollava per le sue “colpe”. Nel codice decine di casi riflettevano l’ illogicità di una tale costruzione,
per citarne alcuni esempi rinviamo agli artt. 116 c.p., 117 c.p., 59 c.p., 85 c.p., Per una ricostruzione
che tenga conto opportunamente delle differenze tra responsabilità oggettiva e responsabilità
colpevole si rimanda a M. Donini, “Imputazione oggettiva dell’evento. ‘Nesso di rischio’ e
responsabilità per fatto proprio”, p. 46. L’A. si preoccupa di distinguere nettamente la
“responsabilità oggettiva” dall’ “imputazione oggettiva”. A riguardo muove profonde critiche nei
confronti della dottrina contemporanee, la quale rischia di confondere le idee ai “nuovi giuristi” che si
affacciano per la prima volta allo studio di siffatte tematiche penalistiche. L’ateo del diritto penale
potrebbe pensare erroneamente che le due nozioni si equivalgano. In realtà, le cose sono ben diverse
in quanto “imputazione oggettiva” non è sinonimo di “responsabilità oggettiva”. L’imputazione
oggettiva presuppone il riconoscimento del principio nullum crimen, nulla poena sine culpa. Non è
nemmeno sinonimo di responsabilità dolosa o colposa, ma riguarda momenti interni al fatto doloso o
colposo del soggetto agente colpevole.

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Le “aporie “ del reato colposo

Configurare la colpa come dato normativo equivale a dire che si risponde per colpa
tutte le volte in cui non si è esercitata un volontà che doveva esplicarsi in modo
conforme a quanto previsto dall’ordinamento. In questo senso l’illecito colposo è un
fatto involontario che non doveva prodursi, per cui si rimprovera la volontà di non
averlo impedito.

Altro problema riguarda la punibilità del comportamento colposo a prescindere dal


verificarsi del danno (morte o lesioni ecc…), oppure in misura maggiore nel caso in
cui si verifica l’evento dannoso. Da qui nasce la spontanea obiezione nei confronti di
un diritto penale che non può non distinguere tra le mere infrazioni colpose e quelle
seguite dall’evento dannoso. Quanto al trattamento, tradizionalmente, il diritto penale
tende a considerare meno grave, perciò sanzionabile in modo più lieve di quello
doloso, il delitto colposo. Questo è un punto di vista “classico” che, come
preannunciato, tiene poco in considerazione la pericolosità oggettiva e soggettiva
della delinquenza colposa nella società moderna. La pericolosità sociale dell’autore
dell’illecito colposo non è da sottovalutare e probabilmente non risulta minore
rispetto a quella dell’autore di un reato doloso. Senza dubbio è minore il rimprovero
in termini di colpevolezza, ma è senz’altro maggiore la sua pericolosità. Si pensi alla
possibilità di un automobilista disattento e spericolato che causi un incidente
stradale, ipotesi di una bomba sempre innescata che può esplodere contro chiunque.
La frequenza e la gravità della criminalità colposa hanno contribuito ad affrancare il
modello colposo rispetto all’imputazione dolosa, ed inoltre lo hanno posto al centro
della moderna analisi di politica criminale. Infatti, sul piano culturale, la rivoluzione
realizzata dalla psicologia freudiana ha mostrato come alcune azioni apparentemente
immotivate, risultano ad un’indagine psicanalitica ben motivate (ad es.
l’automobilista che vive in modo aggressivo il suo ruolo).

Per queste esposte ragioni il reato colposo merita una trattazione autonoma che ne
sottolinei le differenze rispetto al modello doloso, ne descriva le peculiarità che lo
connotano, ne evidenzi le differenti situazioni che si celano dietro a suddetto
modello, ne puntualizzi le contraddizioni e, infine, prospetti una migliore soluzione
e gestione dei problemi coperti dal reato colposo. In effetti, data l’attuale rilevanza
riconosciuta alla colpa in tutti gli ordinamenti, il vero problema che si cela all’interno

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della struttura colposa attiene, da una parte la necessità di non continuare sulla via
del ricorso inflazionistico alla pena e, dall’altra l’esigenza di utilizzare strumenti
sanzionatori idonei a raggiungere le finalità perseguite dall’ordinamento, senza
incorrere in quelle note controindicazioni che caratterizzano spesso l’uso della
sanzione penale. Date queste premesse ne consegue che bisogna scegliere con
attenzione a quali ipotesi colpose attribuire rilievo penale, a quali cambiare etichetta
commutandole in situazioni sanzionabili in via amministrativa e in che misura
incentivare interventi preventivi amministrativi

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CAPITOLO I

La definizione legislativa della colpa: analisi dei diversi “tipi” di colpa e


dei presupposti essenziali.

Sommario: 1.1 La proliferazione dell’illecito colposo:il problema dell’imputazione


“per colpa”; 1.2 Linee generali degli elementi caratterizzanti: profilo oggettivo e
soggettivo, c.d. “doppia misura della colpa”; 1.3 L’essenza normativa della colpa:
definizione e limiti; 1.4 Fatto tipico colposo: il c.d. “elemento negativo” e la
riconoscibilità-prevedibilità dell’evento ed evitabilità della condotta; 1.5 La misura
della diligenza doverosa e la figura dell’agente modello: figure standardizzate; 1.6
Funzione, fonti e contenuto delle regole cautelari: colpa generica e specifica; 1.7 Il
Rischio consentito e dovere di diligenza; 1.8 Imputazione dell’evento nella
prospettiva delle fattispecie causalmente orientate: reati colposi di evento; 1.9
Causalità attiva ed omissiva e necessità di valori contigui al 100%; 1.10 Altre
fattispecie colpose: reati colposi di condotta e fattispecie di pericolo.

1.1 La proliferazione dell’illecito colposo: il problema dell’ imputazione “per


colpa”
Da più di un ventennio, come segnalato da autorevole dottrina in diversi studi,7 il
reato colposo ha subito un notevole incremento. Negli anni cinquanta e sessanta, nel
campo degli studi medico-legali, si è calcolato un aumento dei delitti colposi rispetto

7
G. Marinucci, “La colpa per inosservanza di leggi”, Milano, 1965, p. 2.; G. Fiandaca- E. Musco,
“Diritto penale parte generale”, Bologna, 2007, parte terza cap. 1; G. Forti, “Colpa ed evento nel
diritto penale”, Milano, 1990, p.3; in tal senso anche G. Marinucci- E. Dolcini, “Manuale di diritto
penale. Parte generale”, Milano, 2006, II ed., p.263, per cui la colpa non è un minus rispetto al dolo,
altresì un alius.

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a quelli dolosi. Considerato che l’assoluta maggioranza dei reati previsti dalle leggi
penali c.d. “speciali” è di tipo contravvenzionale (basti pensare a quelle poste a tutela
del territorio, sia sotto il profilo urbanistico sia sotto quello ambientale, ed a quelle in
materia anti-infortunistica, v. d.lgs. 2008, n. 81), e che, per come noto, l’art 42,
ultimo comma, del c.p. prevede che per tale tipo di reato ciascuno risponda della
propria azione od omissione cosciente e volontaria sia essa dolosa o colposa, ben si
intende quanto estesi siano divenuti nelle aule giudiziarie lo studio e l’applicazione
del concetto di colpa.

L’incremento trova una sua ragion d’essere nell’incessante modernizzazione e


nell’introduzione di fattispecie colpose di pericolo e dei c.d. reati del traffico8 (anche
se probabilmente bisognerebbe limitarli ai soli casi di situazioni veramente
allarmanti).

Potremmo definire detto aumento un “tributo”9 che l’umanità deve pagare allo
sviluppo tecnico-scientifico. La proliferazione del modello dell’illecito colposo trova
un’altra giustificazione nella scarsa considerazione, da parte del legislatore, del
principio cardine dell’extrema ratio.10 Infatti, nella maggior parte dei settori
disciplinati (infortuni sul lavoro, malattie professionali, reati del traffico,
responsabilità medica) vengono introdotte fattispecie ad hoc di illeciti colposi, forse
temendo altrimenti di creare una lacuna nella tutela dei beni giuridici meritevoli di
protezione.

I moderni sistemi penali collegano automaticamente le pene al superamento di


determinati rischi. In un ipotetico rapporto sinallagmatico tra società e consociati,
l’aver oltrepassato un determinata soglia di rischio comporta la comminazione di
pene per i relativi reati colposi commessi. In questo senso è condivisibile la
definizione del Forti, secondo cui la pena nell’attuale panorama penalistico

8
La definizione è ripresa da G. Forti, “Colpa ed evento nel diritto penale”, Milano, 1990, p.10.
9
G.Forti, Ivi, p. 11
10
Per extrema ratio si intende una struttura piramidale che colloca la pena, soprattutto quella
detentiva, al vertice di una scala gerarchica quale rimedio estremo e necessario. La libertà personale è
un diritto inviolabile costituzionalmente garantito (art. 13 Cost.) il cui sacrificio deve essere evitato.

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rappresenta <<un onere imposto dallo Stato per la mera partecipazione alla vita
sociale e ai suoi rischi>>.11

In Paesi come la Germania, che non prevedono le contravvenzioni, i fatti colposi


effettivamente commessi risultano dimezzati rispetto a tutti i reati. Inoltre, esistono
diverse attività disciplinate dalla legge, da cui possono derivare comportamenti
colposi e dolosi.12 Al fine evitare un’eccessiva criminalizzazione la dottrina più
accorta si è fatta carico da tempo di denunciare l’esagerata vastità di dimensioni
assunte dell’illecito colposo, la quale non trova alcuna giustificazione sul dato
quantitativo, pertanto, auspicandone una delimitazione. Le difficoltà principali
riguardano la mancanza di una completa definizione legislativa. Infatti, i connotati
del fatto tipico colposo non sono facilmente definibili, così come non è facile
definire qual è il livello di diligenza prescritto. Dette circostanze potrebbero
comportare una lesione del principio di tassatività.

Altrettanto problematica appare, su questo punto avremo modo di soffermarci in


seguito, l’imputazione dell’evento all’agire colposo nelle diverse ipotesi concrete.
Infatti, potrebbe intervenire o il comportamento determinante di un terzo, o della
stessa vittima,13 oppure, l’evento potrebbe assumere conseguenze più gravi
imprevedibili dovute alla particolare connotazione fisica della vittima, o ancora
essere aggravato da comportamenti ulteriori o causare danni alla salute di terzi. La
dottrina italiana e tedesca da tempo annovera tra i parametri di imputazione
dell’evento due caratteri: “prevedibilità” ed “evitabilità”.

11
Per onere si intende una situazione giuridica con cui l’ordinamento impone a una parte un
comportamento, pena uno svantaggio. Resta poi da chiarire fino a che punto sia conciliabile un
sistema garantista che accoglie costituzionalmente un principio di presunzione di innocenza (art. 27,
comma 2 Cost.) e di legalità possa accettare una tale visione della pena. Ricordiamo, anche, che lo
stesso l’art. 6 CEDU esprime un’interpretazione autentica del principio citato di presunzione di
innocenza.
12
M. Donini, “Imputazione oggettiva dell’evento .‘Nesso di rischio’ e responsabilità per fatto
proprio”, Torino, 2006, cap. IV “Imputazione oggettiva nei reati colposi”, p. 95.
13
Cass. pen., sez. V, 22 gennaio 2007, n. 1795 (ud. 6 luglio 2006): “il concorso della condotta
colposa della vittima alla causazione dell’evento morte o lesioni dalla stessa subito, non esclude la
prevedibilità da parte dell’autore del delitto base di detto evento e, quindi, la sua responsabilità per il
reato diverso ex art. 586 c.p.; ove il concorso di colpa della vittima venga accertato, esso incide non
solo in ordine agli effetti civili ma anche su quelli penali in termini di riduzione della pena”, in Riv. di
dir. pen., 2008, p. 83.

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Le “aporie “ del reato colposo

Ma quando l’evento poteva essere previsto e doveva essere evitato? Le modalità


concrete di applicazione dei suddetti parametri si prestano ad ampie riflessioni che
non prescindono dalla dimostrazione di un nesso causale condotta-evento. Da tempo
ormai la giurisprudenza, soffermatasi sul collegamento tra la condotta degli imputati
e realizzazione dell’evento dannoso, ne ha affermato la necessità ai fini di una
imputazione colposa. Sussistendo detto collegamento, ha poi argomentato sulla
possibile previsione dell’evento arrivando a postularne la prevedibilità. Infatti,
soprattutto nel caso Seveso, la nota pericolosità dell’attività di produzione di
triclorofenolo (TCF), in base a leggi scientifiche,14 avrebbe dovuto imporre l’utilizzo
di maggiori cautele (come l’impianto di termostati allo scopo di controllare la
temperatura delle pareti del reattore). Segue che, quanto più sono rilevanti i beni
giuridici messi in pericolo, tanto maggiore deve essere il grado di diligenza da
adottare in situazioni di rischio consentito. La prevedibilità dell’evento, pertanto,
andrà accertata con maggiore rigore e maggiori saranno le cautele richieste all’agente
volte a rimuovere anche uno solo degli antecedenti necessari alla realizzazione
dell’evento.15

Ma, ancora più complesso è l’accertamento del nesso causale nel caso in cui un terzo
o la stessa vittima concorrano, con una condotta negligente, alla realizzazione
dell’evento. In questi casi si dovrà verificare se, eliminata la condotta negligente
degli altri agenti, l’evento si sarebbe comunque realizzato (c.d. condicio sine qua
non).

14
“Il fondamento della legge scientifica sta nel’esprimere una relazione tra fatti della natura, le leggi
sono vere o false”, A. Einstein, “Le leggi della scienza e le leggi dell’etica”, 1950, trad. it. in Pensieri,
idee, opinioni , Milano, 1996, p. 101. Dette leggi, c.d. anche leggi di copertura, si sono affermate con
l’avvento della tecnologia a causa dello sviluppo di nuovi settori (infortunistica stradale, sul lavoro)
che hanno generato in giurisprudenza l’esigenza di adoperare dette leggi per l’accertamento del nesso
causale. Tuttavia, la scienza non è infallibile e non è assoluta, nel senso che alcune di queste leggi si
prestano a margini di incertezza. Le leggi statistiche, per loro intrinseca definizione, si limitano ad
affermare che in una data percentuale di casi un dato evento è causa di una determinata condotta (ad.
es. tra esposizione a morbillo e contagio, tra fumo e tumore polmonare). F. Mantovani, “Diritto
penale. Parte generale”, V ed., Padova, 2007, p. 141.
15
Nell’ambito dei tipi di attività produttive consentite permane l’esigenza di assicurare lo svolgimento
dell’attività industriale in modo da garantire la sicurezza interna (per i lavoratori) ed esterna (per la
collettività). In Italia, l’esperienza insegna, che per motivi vuoi occupazionali, vuoi economico-
aziendali, si è sempre resa facile l’installazione di qualsiasi insediamento produttivo, mirando
piuttosto ex post a sanzionare comportamenti scorretti culminati in danni effettivi. F. Bricola,
“Politica criminale e scienza del diritto penale”, cap. 3 “Responsabilità penale per il tipo di
produzione e per il modo di produzione (a proposito del <<caso Seveso>>)”, Il Mulino, Bologna,
1997, p. 132 ss.

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Si può dire che, proprio dall’ enorme espansione delle fattispecie, nasce l’esigenza di
possedere una valida cognizione dei salienti connotati di tale requisito psicologico
del reato: per il pratico del diritto affinché, previo accurato studio della sua
applicazione negli specifici ambiti di intervento, sappia operare le scelte più
opportune per evidenziare le ragioni difensive spendibili e per optare per le migliori
scelte in rito; ma anche da parte del giudice per evitare di sbilanciare il giudizio in
termini eccessivamente benevoli o eccessivamente rigoristici per l’imputato (rischi di
questo tipo si presentano costantemente in settori delicati).

Nell’ enorme varietà della casistica si apprezzano ipotesi di reato dai riflessi
procedimentali, se non puramente sanzionatori, comunque estremamente
significativi, avuto riguardo sia, al profilo risarcitorio (si pensi alle gravi lesioni ed
agli omicidi colposi) sia agli effetti di provvedimenti cautelari (così riguardo
sequestri operati su insediamenti produttivi inquinanti o su prodotti alimentari
sospettati di tossicità di larghissima diffusione commerciale). Rilievo, questo, che
corrisponde di tutta evidenza all’estrema pericolosità sociale di reati che, a torto, si
stimano meno gravi solo perché configurati con requisito di inferiore colpevolezza
rispetto a quelli dolosi. Non è un caso, dunque, che anche per tali tipi di reato, non di
rado, siano previste pene accessorie, così come non dovrebbe esser sottaciuta la
preoccupazione a volte espressa dagli operatori di giustizia per il fatto che per alcuni
di essi il legislatore abbia attribuito il giudizio all’organo monocratico16 (così, ad es.,

16
Art 33 ter c.p.p. Attribuzione del tribunale in composizione monocratica- “Sono attribuiti al
tribunale in composizione monocratica i delitti previsti all’art. 73 del testo unico approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre1990, n. 309, sempre che non siano contestate le
aggravanti di cui all’art. 80 [ commi 1, 3 e 4] del medesimo testo unico. Il tribunale giudica in
composizione monocratica, altresì, in tutti i casi non previsti dall’art. 33bis o da altre disposizioni di
legge”. Inoltre l’art. 4, del d.lgs. n. 274-2000 attribuisce qualitativamente una serie di competenze al
giudice di pace. I reati che vi rientrano sembrano espressione di situazioni di microconflittualità
individuale. In generale, essendo un giudice non professionale nominato a tempo determinato senza
aver vinto un concorso, il criterio di determinazione della competenza di tale organo è costituito dalla
tenuità della sanzione e dalla semplicità dell’accertamento. Tra i delitti procedibili a querela attribuiti
al giudice di pace, merita ricordare le percosse (art. 581 c.p.); le lesioni volontarie consistenti nell’aver
cagionato una malattia di durata non superiore a venti giorni ( art. 582 c.p.); le lesioni colpose, salvo
che, in ipotesi di colpa professionale o di violazione di norma anti-infortunistiche, sia stata cagionata
una malattia di durata superiore a vanti giorni e salvo che le lesioni personali colpose siano state
commesse in violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale quando il responsabile
guidava in stato di ebbrezza alcolica con un tasso alcol emico nel sangue superiore a 1,5 gr/l oppure
sotto l’effetto di stupefacenti; l’ingiuria (art. 592 c.p.); la diffamazione (art. 595 c.p.); la minaccia
semplice (art. 612, comma 1 c.p.); i furti lievi (art. 626 c.p.); il danneggiamento semplice (art. 635,
comma 1 c.p.). tra i reati procedibili d’ufficio è opportuno menzionare alcune fattispecie
contravvenzionali previste dal codice penale: la somministrazione di bevande alcoliche a minori o

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