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Rudolf Steiner commenta Ipazia d’Alessandria

Fra gli altri discepoli dei misteri orfici vi fu anche quella simpatica
personalità, che non ha tramandato ai posteri un nome esteriore, ma che
chiaramente si mostra discepolo dei misteri orfici e della quale voglio ora
parlare. Fin da giovinetto e poi per molti anni, questa personalità fu
strettamente unita con tutti i discepoli orfici della Grecia; operò nei tempi
che precedettero la filosofia greca e dei quali non si parla nelle storie della
filosofia; quello infatti che si dice di Talete ed Eraclito è soltanto un'eco
dell'azione esercitata prima d'allora, a loro modo, dai discepoli dei misteri.
Tra di essi vi era colui del quale appunto ora parlo, discepolo dei misteri
orfici e poi maestro a sua volta di Ferecide di Siro, quello del quale parlai
l'anno scorso nel ciclo di conferenze di Monaco: L'Oriente alla luce
dell'Occidente*.
Indagando nella cronaca dell'akasha noi ritroviamo l'individualità, vissuta in
quel discepolo dei misteri orfici, reincarnata nel quarto secolo postcristiano.
La ritroviamo nella sua reincarnazione, in mezzo all'affaccendarsi dei circoli
di Alessandria, avendo in sé i misteri orfici tradotti in esperienze personali,
certamente di specie altissima. È meraviglioso come tutto questo, nella
reincarnazione, sia tradotto in esperienze personali. Quest'individualità
rinasce sul finire del secolo quarto, quale figlia del grande matematico
Teone; vediamo come nella sua anima riviva quello che, mediante
l'osservazione dei luminosi rapporti matematici dell'universo, poteva
sperimentarsi dei misteri orfici. Tutto ciò era adesso talento personale,
facoltà personali; adesso questa individualità stessa abbisognava di un
matematico per padre, al fine di ereditare certe doti, tanto personali
dovevano essere tali facoltà.
Così volgiamo indietro lo sguardo verso tempi in cui l'uomo era ancora in
comunione coi mondi spirituali, come per quel discepolo orfico; così vediamo
una specie di proiezione di quell'individualità fra coloro che insegnavano in
Alessandria tra il quarto e il quinto secolo. Questa individualità non aveva
ancora accolto in sé nulla di quanto, per così dire, faceva trascurare agli
uomini le deficienze dei primi albori cristiani, perché troppo vasta era ancora
in quest'anima l'eco che risonava dai misteri orfici; troppo vasta perché ella
potesse venire illuminata da quell'altra luce, dalla luce del nuovo evento del
Cristo. Il cristianesimo, quale allora appariva per esempio in Teofilo e in
Cirillo, in verità era tale che quella individualità orfica, dal carattere ora
personale, era in grado di dire e di dare cose ben più grandi e più sagge che
non coloro i quali in quel tempo rappresentavano in Alessandria il
cristianesimo.
Tanto Teofilo quanto anche Cirillo erano invasi dall'odio più profondo contro
tutto quello che non era cristiano-chiesastico nello stretto senso in cui
entrambi questi arcivescovi lo avevano afferrato. Per loro il cristianesimo
aveva assunto un carattere talmente personale, che essi assoldarono delle
truppe personali. Da ogni parte si raccoglieva gente, destinata a formare
quasi una guardia del corpo degli arcivescovi. A loro premeva il potere, nel
senso più personale. Ciò che li animava era l'odio contro ogni tradizione di
tempi antichi, che pure era tanto più grande dell'immagine contraffatta in cui
si mostrava la luce nuova. Un odio profondo viveva nelle autorità cristiane di
Alessandria, specialmente contro l'individualità rinata del discepolo orfico.
Non ci sorprenderà quindi che contro l'individualità orfica reincarnata si
sollevasse la calunnia di esser dedita alla magia nera. Bastò questo per
aizzare contro la figura sublime e unica del reincarnato discepolo orfico tutta
la plebaglia dei militi assoldati. Quella donna era ancora giovane, ma
nonostante la sua giovinezza, nonostante le molte difficoltà che anche allora
si opponevano a una donna che seguisse un lungo corso di studi, ella era
ascesa a quella luce che poteva splendere più fulgida di ogni sapienza, di
ogni conoscenza di quei tempi. Ed era mirabile come nelle aule scolastiche di
Ipazia* - tale era il nome dell'orfico reincarnato - giungesse agli uditori
entusiasti la sapienza più pura, più luminosa di Alessandria. Ella costrinse ai
suoi piedi non soltanto i vecchi pagani, ma anche cristiani di profondo sapere
e di acuta penetrazione come Sinesio*. Ipazia di Alessandria esercitava un
influsso potente; in lei risuscitava l'antica sapienza pagana di Orfeo tradotta
nell'elemento personale.
Il karma universale agiva veramente in modo simbolico. Tutto ciò che
costituiva il segreto della sua iniziazione appariva ora realmente come
proiettato sul piano fisico. Tocchiamo con ciò un evento che opera
simbolicamente e che è rilevante per molte cose che si svolgono in tempi
storici; tocchiamo uno di quegli eventi che apparentemente sembra soltanto
una morte di martire, ma che invece è un simbolo in cui si esprimono forze e
significati spirituali.
Un giorno del marzo 415, Ipazia cadde in preda al furore di coloro che
attorniavano l'arcivescovo di Alessandria. Volevano a ogni costo disfarsi della
sua potenza spirituale. Le orde più incolte e più selvagge vennero raccolte
anche nei dintorni di Alessandria e aizzate contro di lei. Sotto falsi pretesti
andarono a prendere la savia vergine, la fecero sali-
re in una carrozza, e a un segno dato la plebaglia furiosa si gettò su di lei,
lacerandole le vesti; la trascinò poi in una chiesa e alla lettera le strappò le
carni dalle ossa. Venne scarnificata, fatta a pezzi, e i brandelli del suo corpo
vennero ancora trascinati in giro per la città dalla folla disumanizzata dalla
passione. Tale fu il destino della grande filosofa Ipazia!
Qui troviamo accennato in un simbolo qualcosa che ha profondi nessi con la
fondazione di Alessandria da parte di Alessandro Magno, quantunque il fatto
avvenga soltanto molto dopo la fondazione della città. Esso rispecchia
importanti segreti del quarto periodo postatlantico, ricco di eventi tanto
grandi e importanti, che con un simbolo così poderoso, in un modo così
paradossalmente grandioso, pone davanti al mondo persine quel fatto nel
quale deve palesarcisi la dissoluzione, la dispersione delle cose antiche:
l'eccidio di Ipazia, la donna più importante, vissuta fra il quarto e il quinto
secolo della nostra era.

tratto da Storia Occulta

Piero Cammerinesi : Steiner, nella terza conferenza del ciclo O.O. 126, tenuta
a Stoccarda il 29 dicembre 1910 aggiunge ancora qualcosa di molto
interessante su questa straordinaria figura di donna:
"Nel periodo greco cosi ci appaiono interamente collocate sul piano fisico
delle anime, giovani e vecchie, che prima erano chiaroveggenti. Questo
fenomeno ci appare specialmente nella grande matematica Ipazia in cui
viveva, come scienza e sapienza personale, tutta la sapienza matematica e
filosofica dei suoi tempi. Tutto cio’ era racchiuso nella personalita’ di Ipazia.
Vedremo ancora come quell’individualita’ dovesse assumere appunto una
personalita’ femminile, per poter fondere in se’ in una compagine cosi
morbida tutto cio’ che gia’ aveva accolto nei misteri orfici, per esplicare
nell’azione personale tutto cio’ che, come discepolo dei misteri orfici, ella vi
aveva accolto per mezzo degli ispiratori.
Vediamo dunque come nel succedersi delle incarnazioni umane,
intervengano, modificandole, gli influssi del mondo spirituale. Posso solo
accennare come l’individualita’ che era incarnata in Ipazia, che portava in se’
la sapienza dei misteri orfici la viveva personalmente, fosse poi chiamata in
una incarnazione successiva a percorrere la strada opposta, a riportare cioe’
tutta la sapienza personale in alto, verso il divino-spirituale.
Percio’ Ipazia riappare circa alla svolta fra i secoli dodicesimo e tredicesimo
come uno spirito importante, vasto, universale della storia moderna, uno
spirito che influisce grandemente sulla sintesi delle conoscenze scientifiche e
anche filosofiche. Vediamo cosi penetrare le potenze storiche nelle
incarnazioni successive delle singole individualita’.
Se consideriamo la storia in questo modo, osserviamo in realta’ una specie di
discesa dalle altezze spirituali fino al periodo greco-latino, e poi di nuovo
una riascesa: un accumularsi di materiale fornito soltanto dal piano fisico
durante il periodo greco e naturalmente fino ai nostri tempi, e un riportarlo
su nel mondo dello spirito, attraverso un impulso cui la scienza dello spirito
contribuisce, e a cui gia’ istintivamente tendeva una personalita’ come Ipazia,
reincarnata nel secolo tredicesimo".

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