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Nella preparazione dell’opera biblica che è il “mio libro” mi sto accorgendo che alcune risposte
che ho dato alle domande che mi sono posto (lo so lo so, si chiama schizofrenia…) non mi sono
piaciute: poiché il libro deve contenere le risposte alle domande di cui vorrei risposta… se queste
risposte non sono presenti, il libro avrebbe fallito miseramente (ragazzi, ma torna il discorso in
italiano? Boh…)
Perché nello squat e nello stacco non dobbiamo perdere la curvatura spinale? Perché se i muscoli
della schiena sono tesi “sentiamo” una miglior stabilità? E infine, perché la spina è curva?
Le risposte sono solo apparentemente ovvie: banalmente, perché se non facessimo così al termine
di uno squat potremmo legarci le scarpe stando dritti in piedi! Si ma… perché? Mi raccomando,
non valgono le risposte da ingegneri tipo “perché è come se”: è come se la spina fosse un arco,
una trave, una sfera, un punto. Il “come se” implica sempre la classica spiegazioncina del cazzo
per dare al cliente curioso ma stupido uno schema semplice semplice da capire.
Il problema quando si affrontano queste domande è che nascondono risposte enormemente
complesse, la cui comprensione necessiterebbe della visione globale del problema “corpo umano”:
Anatomia, Fisiologia, Ingegneria, Antropologia, Chimica e Fisica e in un mondo sempre più
specializzato l’esperto in ognuna di queste materie perde la visione complessiva, mentre una
conoscenza ad ampio raggio è per forza superficiale.
Queste trattazioni sono le peggiori perché necessitano di farsi parecchio il culo, come si dice in
gergo tecnico: trovare il materiale specifico, studiarselo per determinare i nessi logici necessari
per rispondere alle domande specifiche, dare un filo logico al tutto, preparare i disegni (e,
cazzarola, per la spina dorsale ciò significa disegnare ogni fottutissima vertebrina per poi metterle
insieme) e scrivere il testo.
9
9
8
8
7
7
T1 T1
6
T2
T2 6
T3
T3 T4
T5
5
T4 5
T6
T5 T7
4
T6 4
L1
T7
L2
3
L1 3
L2 L3
2
L3 2
L4 L4
L5 1
1
L5
-
-
-4 -3 -2 -1 - 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0 1 1 1 2 1 3
-4 -3 -2 -1 - 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 0 1 1 1 2 1 3
-1
-1
-2
-2
6 6 6 6
T2-T1 T5-T4 L1-T7 L4-L3
5 5 5
4 4 4 4
3 3 3
2 2 2 2
1 1 1
0 0 0 0
Compressione su vertebre Taglio e compressione -6 -5 -4 -3 -2 -1
-1
0 1 2 3 4 5 6 -6 -5 -4 -3 -2 -1
-1
0 1 2 3 4 5 6 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 -6 -5 -4 -3 -2 -1
-1
0 1 2 3 4 5 6
18,0
18,0 -2 -2 -2 -2
16,0 -3 -3 -3
16,0
-4 -4 -4 -4
14,0 14,0 -5 -5 -5
-6 -6 -6 -6
12,0
12,0
10,0 6 6 6 6
10,0 T3-T2 T6-T5 L2-L1 L5-L4
5 5 5
8,0
4 4 4 4
8,0
6,0 3 3 3
2 2 2 2
6,0 4,0
1 1 1
2,0 0 0 0 0
4,0
-6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6 -6 -5 -4 -3 -2 -1 0 1 2 3 4 5 6
-1 -1 -1
0,0
2,0 -2 -2 -2 -2
-2,0 -3 -3 -3
L5 L4 L3 L2 L1 T7 T6 T5 T4 T3 T2 T1
- -4 -4 -4 -4
L5 L4 L3 L2 L1 T7 T6 T5 T4 T3 T2 T1 Ft -0,9 2,2 5,0 5,1 4,2 2,5 1,7 0,6 1,5 1,4 1,0 0,5
-5 -5 -5
1
F 12,5 15,1 16,2 14,4 11,5 8,6 6,9 6,6 5,5 4,2 2,6 0,8 Fc 12,5 14,9 15,4 13,4 10,7 8,2 6,7 6,6 5,2 3,9 2,4 0,5
-6 -6 -6 -6
Sono soddisfatto perché ho portato a termine un piccolo studio iniziato circa due anni fa,
abbandonato e ripreso molte volte: un modello biomeccanico della spina dorsale, estremamente
semplice ma con una serie di caratteristiche che possiamo definire “avanzate”. Era pronto da
tempo, solo adesso ho trovato dei dati che mi rendono confidente sull’attendibilità dei risultati.
Nel disegno un po’ di grafici dei vari output (gli ingegneri sbaveranno più che a trovarsi Moana
Pozzi nel letto – non sapete chi è Moana? Troppo giovani…), lo userò per descrivere il
comportamento della spina nella seconda parte di questo articolo.
La spina dorsale, questa sconosciuta
I disegni presenti nel testo non sono il massimo ma almeno sono… miei e non ho rotture con i
copyright o necessità di chiedere il permesso a nessuno. In più ho cercato di mantenere lo stesso
stile perciò non avrete fra le mani il collage di fotocopie più o meno elettroniche come sempre
accade con le varie dispense.
Come rovescio della medaglia, la precisione di questi scarabocchi non è eccelsa, pertanto usateli
solo per avere un’idea e affidatevi sempre a testi ed atlanti di anatomia.
C7–C1
Vertebre
cervicali
toraciche
Vertebre
T12 – T1
Estensione Flessione
Vertebre
lombari
L5 – L1
Rotazione assiale
Osso
sacro
Piegamenti laterali
Senza stare a farla più lunga del dovuto dato che tutti conoscono gli elementi di cui si parla, la spina
dorsale o colonna vertebrale è composta dalle vertebre che tutti conoscono. Le vertebre si
suddividono in tre macro-tipologie in base alla loro funzione:
Vertebre cervicali: sono 5 numerate da C1 a C7, sostengono la testa e permettono i suoi
movimenti
Vertebre toraciche: sono 12 numerate da T1 a T12, sono il punto di aggancio delle costole
2
Vertebre lombari: sono 5 numerate da L1 a L5, costituiscono le fondamenta della struttura
sostenendo il peso di tutto il carico soprastante
La colonna poggia sull’osso sacro, composto dalla fusione delle 5 vertebre sacrali in una unica
struttura.
A destra nel disegno sono indicati i movimenti resi possibili dalle vertebre toraciche e lombari.
In base al compito le vertebre avranno una struttura differente, ma la suddivisione è estremamente
semplicistica dato che moltissime vertebre hanno delle peculiarità proprie. Ad esempio la prima
vertebra cervicale è l’atlante, diversa da tutte le altre in quanto funge da giunto con il cranio, ma
casi del genere sono frequenti in tutta la struttura.
Non avendo il tempo e più che altro la competenza di scrivere un trattato di anatomia funzionale,
tutte queste caratteristiche andranno perse come lacrime nella pioggia (ok ok, ho esagerato): poiché
siamo interessati a comprendere il funzionamento della spina durante lo squat e lo stacco, per quello
che ci riguarda le vertebre si differenzieranno per la capacità di carico sostenibile. Più ci spostiamo
dalla testa all’osso sacro e più le vertebre sono grandi per reggere sollecitazioni sempre maggiori.
3
Tutti i vertebrati possiedono una spina dorsale, ma il confronto con animali simili a noi evidenzia
una fondamentale particolarità della nostra colonna vertebrale: è “verticale” e “curva”. Nel disegno,
non in scala, è possibile notare le differenze fra noi e babbuini e gorilla.
Notate come sia il babbuino, una scimmia arboricola, che il gorilla, una scimmia che vive a terra,
abbiano non solo la spina dorsale “inclinata” quanto la cassa toracica prominente in avanti rispetto
all’Uomo: entrambe le specie sono quadrumane, cioè non hanno i piedi come noi ma un’altra
coppia di mani e a terra si spostano utilizzando tutti e quattro gli arti a differenza dell’Uomo che è
bipede.
L’Uomo milioni di anni fa è sceso dagli alberi e ha iniziato a camminare su due arti, liberando così
gli altri due da questo compito in modo da potersi spostare, muovere e contemporaneamente
compiere azioni con la parte superiore.
L’Evoluzione ha “curvato” la spina e l’ha fatta entrare dentro la cassa toracica, permettendo una
diversa distribuzione dei pesi degli organi in modo da non fare fatica a stare eretti.
Linea di
gravità
5
appoggiare le mani a terra: farete molta fatica a portare la coscia in avanti e non riuscirete ad
estendere bene il ginocchio nella fase di spinta a terra. Senza una distribuzione dei pesi corporei
data dalla nostra spina la camminata bipede risulta estremamente faticosa!
In questo assurdo disegno un tentativo di rappresentazione dei bacini dei tre animali: le creste
iliache, quelle specie di orecchie in alto, sono molto “alte” rispetto all’osso sacro nel babbuino e nel
gorilla rispetto all’Uomo dando una stabilità maggiore alle ultime vertebre lombari ma mettendole
in una posizione tale da essere “dritte” e non “curve”, impedendo di fatto la distribuzione dei pesi
tale da permettere un comportamento bipede.
L’evoluzione della corteccia cerebrale è iniziata proprio grazie all’andatura bipede che ha permesso
l’uso degli arti superiori per compiti sempre più complessi, insieme all’evoluzione delle mani con la
creazione del pollice opponibile: in altre parole, è l’andare a due zampe che ci ha permesso di essere
più intelligenti (si?) di un gorilla, ma questa andatura è dovuta ad una spina dorsale così fatta.
L’Uomo si contraddistingue da gorilla e babbuini per la scoliosi, la spina dorsale che si flette
lateralmente, e la spondilolistesi, una patologia in cui una vertebra “slitta” rispetto alle altre: solo
noi ne soffriamo.
Perciò, la spina dorsale è stata “progettata” per sostenere il peso del tronco, della testa e degli arti
superiori permettendoci la deambulazione a due zampe, liberando le nostre mani: è fatta per
sostenere il nostro “carico naturale” nelle condizioni più disparate, salti, torsioni, frenate,
sollecitazioni minime ma continue e una moltitudine di stimoli del tutto diversificati in tipologie,
durate ed intensità.
Deve essere chiaro che non è però progettata per fare lo squat, lo stacco, il military press, carichi
aggiuntivi al normale peso corporeo: noi la facciamo lavorare continuamente fuori specifica ed è
assolutamente incredibile che ciò sia possibile e anche, se volete, salutare entro certi limiti!
I mattoni della colonna
Corpo
vertebrale
Peduncolo
Processo articolare Processo articolare
Processo articolare
superiore superiore Corpo
superiore
vertebrale
Processo Processo
trasverso trasverso
Processo
spinoso
6
E’ presente un corpo vertebrale più o meno ellittico: il corpo vertebrale è l’elemento che sostiene ed
assorbe tutto il carico sovrastante e costituisce la parte anteriore della vertebra.
La parte posteriore è composta da una serie di strutture che formano il foro vertebrale in cui scorre
il midollo spinale e i processi spinoso e traverso, praticamente delle punte ossee fra loro
perpendicolari.
Vertebra Vertebra
superiore Processo superiore
articolare
Disco inferiore
intervertebrale
Processo
articolare
Processo
inferiore
articolare
suoperiore
Faccetta
articolare
inferiore
Un primo mezzo per contrastare le forze compressive senza collassate è la presenza di tessuto osseo
spugnoso all’interno dei corpi vertebrali: questo costituisce il miglior compromesso fra peso della
struttura e resistenza offerta alle sollecitazioni esterne, in quanto si viene a formare una struttura
reticolare deformabile sotto carico avente le stesse caratteristiche di un corpo vertebrale omogeneo
ma più pesante.
“Deformarsi per non rompersi”, un ritornello che troveremo da ora in avanti molto spesso!
7
Terminazione Fibre
dell’anulus
Nucleo Nucleo
polposo polposo
Anulus Anulus
fibroso fibroso
Terminazione
Vertebra
superiore
Le fibre interne
dell’Anulus sono Le fibre esterne
agganciate alle dell’Anulus sono
terminazioni del disco agganciate al corpo
intervertebrale delle vertebre
Disco
intervertebrale
Le terminazioni
dell’Anulus sono Vertebra
agganciate al corpo inferiore
delle vertebre
La struttura è tenuta insieme da una terminazione inferiore e una terminazione superiore. I dischi
sono posizionati fra le vertebre, come nel disegno qua sopra. Bene, tutto questo enorme casino a che
serve?
8
Le forze
compessive
perpendicolari
alle vertebre
schiacciano il
nucleo
Il nucleo si dilata
mettendo in
tensione l’Anulus
La tensione sulle
fibre dell’Anulus
compensa la
dilatazione
Trazione iniziale
delle fibre
dell’Anulus
Forza di rotazione
Non è presente vista sul piano
alcuna componente frontale
orizzontale iniziale
della trazione
dell’Anulus
9
In pratica il disco è un cuscinetto ammortizzante che funziona bene quando è schiacciato
perpendicolarmente al suo piano orizzontale, ma ciò non significa che non sia stato costruito in
maniera furba ed intelligente…
L’inclinazione delle fibre permette una trazione ottimale per opporre resistenza nei movimenti
rotatori (nel disegno a sinistra il disco è stato “dilatato” per permettere una visione delle lamine
elastiche).
Una rotazione della vertebra superiore è vista frontalmente come una traslazione, pertanto l’angolo
permette alle fibre di esercitare la loro trazione fin dall’inizio del movimento: se il piano di trazione
fosse perpendicolare al piano del disco le fibre inizierebbero a tirare solo dopo un certo intervallo di
tempo, necessario per angolarle.
I diversi angoli di orientazione delle fibre, opposti fra loro, permettono al disco di essere efficace in
entrambi i versi di rotazione. Come dire… niente è lasciato al caso!
Carico
Carico
r
Zona
3 d
lineare
Zona non
2 4 lineare
t Zona
lineare
1 d
Deformazione Deformazione
Proprio per l’importanza del disco, le sue caratteristiche sono state intensamente studiate sia in vitro
(cioè con campioni in laboratorio) che in vivo (cioè su persone viventi). Le prove in laboratorio
sono decisamente cruente dato che queste povere vertebre con i loro dischetti vengono schiacciate
in varie direzioni con delle presse fino a frantumarle per determinare la risposta sotto stress.
Il disco vertebrale (ma in generale anche una intera unità spinale) sottoposto a deformazione si
comporta come nel disegno a sinistra:
Una zona non lineare dove all’incremento della deformazione della struttura non corrisponde un
conseguente aumento della forza di reazione
Una zona lineare in cui all’aumentare della deformazione aumenta la conseguente forza di
reazione: è la zona elastica in cui viene definita una rigidità r data dal rapporto fra il carico
necessario a deformare la struttura e la deformazione stessa. In altre parole, 100Kg/mm significa
che per deformare di un millimetro un disco posto fra due vertebre sono necessari 100Kg di
trazione.
Una zona in cui iniziano i primi cedimenti strutturali, a cui segue la rottura della struttura.
Le ultime due zone non interessano nemmeno ai masochisti a cui piace essere frustati a sangue con
il gatto a nove code elettrificato con il 380 trifase, pertanto concentriamoci sulle prime due zone,
non lineare e lineare come indicato nel disegno a destra.
Una teoria molto intrigante è la zona neutra: inizialmente la struttura ossea e cartilaginea della
spina dorsale reagisce alle deformazioni opponendo pochissima resistenza (la zona non lineare), per
poi “indurirsi” quando queste deformazioni diventano più consistenti (la zona lineare).
10
Zona neutra
Flessione
Spostamento
Carico
Estensione
Una “deformazione della struttura” è anche un qualsiasi movimento della schiena che altera la
posizione degli elementi di una unità spinale e non necessariamente le parole devono essere
associate ad un evento traumatico!
Una resistenza minima alle “piccole” deformazioni permette variazioni della conformazione della
spina con una contrazione minima dei muscoli spinali, in modo da mantenere l’equilibrio senza
affaticarsi. Viceversa, deformazioni più consistenti generano di una forza di reazione maggiore in
quanto molto più pericolose per l’integrità complessiva.
Fa bene allungarsi la schiena?
Deformazione
Creep Rilassamento
Deformazione
t t
Infine, due aspetti interessanti del disco vertebrale. Siete a letto e vi alzate, state in piedi tutto il
giorno, poi tornate a letto. Accadono due fenomeni:
Appena vi alzate in piedi sottoponete tutti i dischi della vostra spina alla pressione del peso
corporeo della parte superiore del corpo, perciò questi si schiacciano come reazione alla
pressione e si assestano su una configurazione di equilibrio.
Al passare del tempo la pressione costante fa fuoriuscire parte dell’acqua contenuta nel nucleo
polposo che viene a disidratarsi parzialmente, diventando più piccolo: più acqua fuoriesce e più
il disco si schiaccia per mantenere la forza di reazione. Questo fenomeno si chiama creep ed è
pertanto una deformazione lenta e progressiva in presenza di compressione costante, che segue
quella rapida iniziale. (non ho tradotto il termine perché non ho trovato niente di equivalente che
non fosse obbrobrioso).
Quando andate a letto eliminate di colpo la compressione sulle vertebre, l’anulus fibroso reagirà
istantaneamente grazie alla sua componente elastica che non è più compensata dalla forza
esterna, il nucleo polposo verrà compresso.
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Il recupero della configurazion iniziale è però solo parziale, in quanto manca l’acqua fuoriuscita
per il precedente creep: nel tempo l’acqua rientra dentro i dischi reidratandoli per un completo
recupero della forma di partenza. Il rilassamento è un recupero della deformazione sul disco che
avviene lentamente.
Poiché i dischi sono composti da materiale colloidale contenente una altissima percentuale d’acqua,
si capisce l’importanza di questo questa e dei meccanismi di disidratazione e idratazione: i dischi si
idratano per perfusione, cioè per variazione di pressione fra loro e l’ambiente esterno.
Il creep è ad esempio responsabile dei mal di schiena di chi guida la macchina per professione come
autisti e rappresentanti: i dischi subiscono, oltre al carico naturale costante per le molte ore di guida,
anche tutte le sollecitazioni dovute alle vibrazioni del veicolo cioè continui microtraumi che
schiacciano dischi che già hanno perso acqua.
Il palestrato di Cro Magnon esibisce in questo caso tutta la sua logica da due neuroni di cui uno
rotto: “se la compressione fa perdere acqua ai dischi, io la contrasto mettendoli in tensione e il
gioco è fatto”. Su Internet potrete leggere di un sacco di metodi per “decomprimere” la schiena e
idratare i dischi.
Funziona questa roba? Ma certo! Solo che deve essere applicata da persone competenti quali dei
bravi fisioterapisti. Giocare al Piccolo Chiropratico certe volte può avere conseguenze dolorose
poiché andate ad allungare strutture che sono fatte per resistere alle compressioni e non alle
tensioni!
Se manco sapete cosa è un nucleo polposo o un processo trasverso, perché vi appendete alla sbarra
ruotando il bacino? State sottoponendo la vostra spina a forze che vi sembrano deboli ma che in
quella posizione e con i muscoli rilassati sono assolutamente superiori ad uno squat con 100Kg sul
groppone.
Poiché io non sono certamente più furbo degli altri, vi dico che in tutta la mia vita mi sono beccato
il colpo della strega per due volte: una fu durante un giochetto di rilassamento delle vertebre steso
con il busto sul tavolo di cucina, sentii un “tok” e una fitta alle lombari e da allora smisi con tutte
queste manovrine da osteopata della Cepu.
Se avete mal di schiena per i pesi, individuatene la causa piuttosto che stirarvi dopo lo stacco!
12
Costruiamo la nostra prima colonna vertebrale!
Concedetemi una specie di mecha-reforming in stile Transformers, m a non prendetelo troppo sul
serio (l’ultimo disegno a destra sembra tra l’altro una tazza del cesso vista dall’alto…): l’uso di
modellini meccanici mi permette di evidenziare alcuni aspetti importanti delle vertebre, ma
chiaramente altri vengono persi.
13
tot
tot
tot
vert
100
Ton
100
2
Lvert
Ton
Ltot
nvertebre 1
vert
2
vert tot
nvertebre 1 1
Ton 1
Ton
Uno dei vantaggi di questa struttura modulare è che piccoli movimenti angolari svolti da elementi
multipli permettono una elevata rotazione angolare complessiva.
A sinistra in questo psichedelico disegno le vertebre ruotano ognuna di un certo angolo “piccolo”
rispetto alla rotazione complessiva, sia in estensione che in flessione: con 7 vertebre, grazie alla
formuletta in basso, una rotazione totale di 60° avviene con una rotazione per ogni vertebra di soli
15°.
I disegni a destra descrivono due casi:
In alto una spina dorsale composta da una unica asta rigida. L’asta viene fatta ruotare tramite il
disco e la zavorra, come una specie di carrucola. Alla rotazione di tutta l’asta corrisponde uno
spostamento in basso del peso, denominato Ltot. Il peso rappresenta la forza del muscolo che si
contrae, accorciandosi proprio della lunghezza Ltot.
Applichiamo invece le varie carrucole ad ogni vertebra, come nel disegno in basso dove è
riportato il caso per una singola vertebra: per ottenere la stessa rotazione totale è sufficiente che
le zavorre si spostino molto meno verso il basso. Per la spina a 7 vertebre lo spostamento è pari
ad 1/8 di quello del caso della spina rigida.
Con una spina composta da vertebre è possibile ottenere “grandi” rotazioni a fronte di
accorciamenti muscolari “piccoli”, un vantaggio non da poco poiché più un muscolo deve
accorciarsi e più deve essere lungo a riposo, perciò contenere più materiale contrattile da
alimentare.
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Vista frontale Vista laterale
Estensione
Il nucleo mette in
tensione l’Anulus La compressione
aumentando la sul nucleo e
resistenza sull’Anulus è
complessiva asimmetrica
La resistenza alla
compressione è a
carico del nucleo
Flessione
15
Legamento
intertrasverso
Legamento
giallo
Legamento
faccetta Legamento Legamento
articolare faccetta faccetta
articolare articolare
Legamento
longitudinale
anteriore
Legamento
longitudinale
posteriore
Legamento Legamento Legamento
interspinoso intertrasverso intertrasverso
Legamento Legamento
sovraspinoso sovraspinoso
Vertebra
inferiore
La spina protegge le sue strutture ossee dalle più nefaste intenzioni del suo proprietario attraverso
una robusta rete di legamenti che bloccano le escursioni massime delle vertebre. L’insieme di questi
legamenti è una vera e propria struttura passiva di contenimento.
Legamento
Legamento longitudinale
longitudinale posteriore Legamento
anteriore
intertrasverso
Legamento
sovraspinoso
Legamento
interspinoso
16
Senza entrare nel merito di definizioni troppo complicate, per stabilità della spina intenderemo la
capacità di recuperare la posizione a seguito di perturbazioni: vi piazzano un carico sulla schiena,
voi oscillate ma tornate a mantenere la posizione di partenza.
9Kg 9Kg
9Kg
9Kg
9K
g
g
9K
Spostiamoci, è
meglio…
Anche qui Però fa lo
è scarsa! stesso male…
E’ proprio
scarsa!!
I legamenti tengono insieme la struttura e forniscono resistenza agli estremi delle escursioni
articolari, per questo i singoli elementi stanno insieme e non è possibile curvarla oltre certi angoli,
ma non possono assicurare la stabilità e la rigidità della struttura.
Un dato molto ricorrente in letteratura è che le strutture ossee, cartilaginee e legamentose della
spina collassano con un carico applicato di solo 9Kg: ciò non significa che la spina non possa
reggere carichi superiori, solo che non riesce a mantenere la sua forma con appena 9Kg!
Cosa rende pertanto rigida la nostra colonna vertebrale per sostenere la compressione dovuta ad un
bilanciere sulla schiena o tirato dalle nostre mani? Ma è semplice! I muscoli della schiena!
Ma… è proprio così semplice? Lo vedremo nella prossima parte!
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