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I PROMESSI SPOSI
'

li

'"

-
PROMESSI SPOSI

DI

ALESSANDRO MANZONI

STORIA MILANESE DEL SECOLO XVII

UNDECIMA EDIZIONE DELL' AUTORE

MILANO
GIUSEPPE REDAELLI
1 8 C 5.
\

.1 .
Propriet letteraria
INTRODUZIONE

L historia si pu veramente definire una guerra illustre contro il


Tempo, perch togliendoli di mano gVanni suoi prigionieri, anzi gi
fatti cadaueri, li richiama in vita, R passa in rassegna, e li schiera di
nuovo in battaglia. Ma gl'illustri Campioni che in tal Arringo fanno
messe di Palme e d'Allori, rapiscono solo che le sole spoglie pi sfar
zose e brillanti, imbalsamando co' loro inchiostri le Imprese de Prencipi
e Potentati, e qualificati Personaggi, e trapontando colVago finissimo
dell' ingegno i fili d'oro e di seta, che formano un perpetuo ricamo di
Attioni gloriose. Per alla mia debolezza non lecito solleuarsi a tal'af-
gomenti, e sublimit pericolose, con aggirarsi tra Labirinti de' Politici
maneggj, et il rimbombo de' bellici Oricalchi: solo che hauendo hauuto
nolitia di fatti memorabili, se ben capitorno a gente meccaniche, e di
piccol affare , mi accingo di lasciarne memoria a Posteri, con far di
tutto schietta e genuinamente il Racconto, ouuero sia Relatione. Nella
quale si vedr in angusto Teatro luttuose Traggedie d'horrori, e Scene
di malvaggit grandiosa, con intermezi d' Imprese virtuose e buont
angeliche, opposte alle operatimi diaboliche. E veramente, considerando
che questi nostri climi sijno sotto Vamparo del Re Cattolico nostro Si
gnore, che quel Sole che mai tramonta, e che sopra di essi, con riflesso
Lume, qual Luna giamai calante, risplenda V Heroe di nobil Prosapia
che pr tempore ne tiene le sue parti, e gV Amplissimi Senatori quali
6 INTRODUZIONE.
Stelle fisse, e gl'altri Spettabili Magistrati quaV erranti Pianeti span-
dino la luce per ogni doue, venendo cos a formare un nobilissimo Cielo,
altra causale trouar non si pu del vederlo tramutato in inferno (Tatti
tenebrosi, malvaggit e setiitie che dagl'huomini temerarij si vanno
moltiplicando, se non se arte e fattura diabolica, attesoch Vhumana
malitia per s sola bastar non dourebbe a resistere a tanti Heroi, che
con occhij d'Argo e braccj di Briareo, si vanno trafficando per li pub
blici emolumenti. Per locche descriuendo questo Racconto auuenuto
ne' tempi di mia verde staggione, abbench la pi parte delle persone
che vi rappresentano le loro parti,sijno sparite dalla scena del Mondo.
con rendersi tributarj delle Parche, pure per degni rispetti, si tacer
li loro nomi, cio la parentela , et il medemo si far de' luochi , solo
indicando li Territorij generaliter. N alcuno dir questa sij imper-
fettione del Racconto, e defformit di questo mio rozzo Parto, ameno
questo tale Critico non si] persona affatto diggiuna della Filosofia :
che quanto agV huomini in essa versati, ben vederanno nulla mancare,
alla sostanza di detta Narratione. Imperciocch, essendo cosa evidente,
e da verun negata non essere i nomi se non puri purissimi accidenti, ...,
Ma, quando io avr durata l'eroica fatica di trascriver questa l
storia da questo dilavato e graffiato autografo, e l'avr data, come si 8
suol dire, alla luce, si trover poi chi duri la fatica di leggerla?
Questa riflessione dubitativa, nata nel travaglio del decifrare uno
scarabocchio che veniva dopo accidenti , mi fece sospender la copia,
pensar pi seriamente a quello che convenisse di fare. Ben vero,
dicevo tra me, scartabellando il manoscritto, ben vero che quella
grandine di concettini e di figure non continua cos alla distesa per
tutta l'opera. Il buon secentista ha voluto sul principio mettere in
mostra la sua virt; ma poi, nel corso della narrazione, e talvolta
per lunghi tratti, lo stile cammina ben pi naturale e pi piano. Si :
ma com' dozzinale! com' sguaiato! com' scorretto! Idiotismi lom
bardi a iosa, frasi della lingua adoperate a sproposito, grammatica ar
bitraria, periodi sgangherati. E poi, qualche. eleganza spagnola semi
nata qua e l; e poi, eh' peggio, ne' luoghi pi terribili o pi pietosi
della storia, a ogni occasione d' eccitar maraviglia, o di far pensare, ;
tutti que' passi insomma che richiedono bensi un po' di rettorica, m;i
rettorica discreta, fine, di buon gusto, costui non manca mai di met
terci di quella sua cos fatta del proemio. E allora, accozzando, con

I
INTRODUZIONE. 7
n'abilit mirabile , le qualit pi opposte, trova la maniera di riu
scir rozzo insieme e affettato, nella slessa pagina, nello stesso periodo,
nello stesso vocabolo. Ecco qui : declamazioni ampollose , composte a
forza di solecismi pedestri, e da per tutto quella goffaggine ambiziosa,
WT il proprio carattere degli scritti di quel secolo, in questo paese.
In vero, non cosa da presentare a lettori d'oggigiorno: son troppo
ammaliziati, troppo disgustati di questo genere di stravaganze. Meno
male, che il buon pensiero m' venuto sul principio di questo scia
gurato lavoro: e me ne lavo le mani.
Nell'atto per di chiudere lo scartafaccio, per riporlo, mi sapeva
male che una storia cosi bella dovesse rimanervi tuttavia sconosciuta;
perch, in quanto storia, pu essere che al lettore ne paia altrimenti ,
ma a me era parsa bella, come dico ; molto bella. Perch non si po
trebbe, pensai, prender la serie de' fatti da questo manoscritto, e ri
farne la dicitura? Non essendosi presentato alcuna obiezion ragio
nevole, il partito fu subito abbracciato. Ed ecco P origine del presente
libro, esposta con un'ingenuit pari all' importanza del libro medesimo.
Taluni per di que' fatti , certi costumi descritti dal nostro autore,
e'eran sembrati cosi nuovi, cos strani, per non dir peggio, che, prima
<li prestargli fede, abbiam voluto interrogare altri testimoni ; e ci siam
messi a frugar nelle memorie di quel tempo, per chiarirci se veramente
il mondo camminasse allora a quel modo. Una tale indagine dissip
tutti i nostri dubbi : a ogni passo ci abbattevamo in cose consimili, e
in cose pi forti: e, quello che ci parve pi decisivo, abbiam perfino
ritrovati alcuni personaggi, de' quali non avendo mai avuto notizia
fuor che dal nostro manoscritto, eravamo in dubbio se fossero real
mente esistiti. E, all'occorrenza, citeremo alcuna di quelle testimo
nianze, per procacciar fede alle cose, alle quali, per la loro stranezza,
il lettore sarebbe pi tentato di negarla.
Ma, rifiutando come intollerabile la dicitura del nostro autore, che
dicitura vi abbiam noi sostituita? Qui sta il punto.
Chiunque , senza esser pregato , s' intromette a rifar r opera altrui ,
s'espone a rendere uno stretto conto della sua, e ne contrae in certo
modo l'obbligazione: questa una regola di fatto e di diritto, alla quale
non pretendiam punto di sottrarci. Anzi , per conformarci ad essa di
buon grado, avevam proposto di dar qui minutamente ragione del mode
<li scrivere da uoi tenuto; e, a questo Une, siamo andati, per tutto il
S INTRODUZIONE.
tempo del lavoro, cercando d'indovinare le critiche possibili e contin
genti, con inteniione di ribatterle tutte anticipatamente. N in onesto
sarebbe stata la difficolt; giacch (dobbiam dirlo a onor del vero) noi
ci si present alla mente una critica, che non le venisse Insieme una
risposta trionfante, di quelle risposte che , non dico risolvon le que
stioni, ma le mutano. Spesso anche, mettendo due critiche alle mani"
tra loro, le facevam battere runa dall'altra; o, esaminandole ben a.
fondo, riscontrandole attentamente, riuscivamo a scoprire e a mostrare
che, cos opposte in apparenza, eraniper d'uno stesso genere, nasce-
van tutt'e due dal non badare ai fatti e ai princpi su cui il giudizio;
doveva esser fondato ; e, messele, con loro gran sorpresa, insieme, Ie
mandavano insieme a spasso. Non ci sarebbe mai stato autore che
provasse cos ad evidenza d'aver fatto bene. Ma che? quando siamo
stati al punto di raccapezzar tutte le dette obiezioni e risposte, per
disporle con qualche ordine, misericordia! venivano a fare un libro.
Veduta la qual cosa, abbiamlmesso da parte il pensiero, per due ra
gioni che il lettore trover certamente buone : la prima, che un libro-
impiegato a giustificarne un altro, anzi lo stile d'un altro, potrebbe-
parer cosa ridicola: la seconda, che di libri basta uno per volta, quando,
non d' avanzo.
1 PROMESSI SPOSI

CAPITOLO PRIMO.

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno,


tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a
golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli,
vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso
e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un' am
pia costiera dall' altra parte ; e il ponte, che ivi congiunge
le due rive, par che renda ancor pi sensibile all'occhio
questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa,
e l' Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove
le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua disten
dersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La co
stiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende
appoggiata a due monti contigui, l' uno detto di san Mar
tino, l'altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti
suoi cocuzzoli in Ala , che invero lo fanno somigliare a
una sega: talch non chi, al primo vederlo, purch sia
di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che
guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal
contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri
monti di nome pi oscuro e di forma pi comune. Per
un buon pezzo, la costa sale con un pendio lento e con
tinuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in
ispianate, secondo l'ossatura de' due monti, e il lavoro
10 I PROMESSI SPOSI
dell' acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de' tor
renti, quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e
vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte
boschi, che si prolungano su per la montagna. Lecco, la
principale di quelle terre, e che d nome al territorio,
giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi
viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo in
grossa : un gran borgo al giorno d' oggi, e che s' incammina
a diventar citt. Ai tempi in cui accaddero i fatti che pren
diamo a raccontare, quel borgo, gi considerabile, era
anche un castello, e aveva perci l'onore d'alloggiare un
comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guar
nigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle
fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in
tempo le spalle a qualche marito , a qualche padre ; e ,
sul finir dell' estate, non mancavan mai di spandersi nelle
vigne, per diradar l' uve, e alleggerire a' contadini le fatiche
della vendemmia. Dall' una all'altra di quelle terre, dall'al
ture alla riva, da un poggio all' altro, correvano, e corrono
tuttavia, strade e stradette. pi o men ripide, o piane; ogni
tanto affondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo
sguardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta
di monte ; ogni tanto elevate su terrapieni aperti : e da qui
la vista spazia per prospetti pi o meno estesi, ma ricchi
sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti
piglian pi o meno della vasta scena circostante," e secondo
che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta, o
sparisce a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove una
lunga distesa di quel vasto e variato specchio dell'acqua;
di qua lago, chiuso all' estremit o piuttosto smarrito in un
gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano
pi allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno,
allo sguardo, e che l'acqua riflette capovolti, co' paesetti
posti sulle rive ; di l braccio di fiume, poi lago, poi fiume,
ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur
tra' monti che l' accompagnano, degradando via via, e per
dendosi quasi anch' essi neh" orizzonte. Il luogo stesso da
dove contemplate que' vari spettacoli, vi fa spettacolo da
CAPITOLO I. 11
ogni parte : il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge,
al di sopra, d' intorno, le sue cime e le balze, distinte, ri
levate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornan
dosi in gioghi ci che v' era sembrato prima un sol giogo,
e comparendo in vetta ci che poco innanzi vi si rappre
sentava sulla costa: e l' ameno, il domestico di quelle falde
/empera gradevolmente il selvaggio, e orna vie pi il ma
gnifico dell' altre vedute.
Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla
passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre
ilell' anno 1628, don Abbondio, curato d' una delle terre ac
cennate di sopra: il nome di questa, n il casato del per
sonaggio, non si trovan nel manoscritto, n a questo luogo
n altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta,
tra un salmo e l' altro, chiudeva il breviario, tenendovi den
tro, iper segno, l' indice della mano destra, e, messa poi que
sta neh' altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino,
guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro
i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero : poi alzava il
viso, e, girati oziosamente gli occhi all' intorno, li fissava alla
parte d' un monte, dove la luce del sole gi scomparso, scap
pando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e l
sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di por
pora. Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro
.squarcio, giunse a una voltata della stradetta, dov' era solito
l'alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi dinanzi :
e cos fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada
correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva
in due viottole, a foggia d' un ipsilon : quella a destra saliva
verso il monte, e menava alla cura: l' altra scendeva nella
valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non ar
rivava che all' anche del passeggiero. I muri interni delle
' <lue viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano ia
un tabernacolo; sul quale eran dipinte certe figure lunghe,
serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell' intenzion
dell' artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan
-dir fiamme ; e, alternate con le fiamme, cert' altre figure
la non potersi descrivere, che volevan dire anime del
12 I PROMESSI SPOSI
purgatorio : anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo
bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e l. Il curato,
voltata la stradetta, e dirizzando, com' era solito, lo sguardo
iil tabernacolo, vide una cosa che non s' aspettava, e che non
avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano, V uno dirim
petto all' altro, al confluente, per dir cosi, delle due viot
tole : un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con
una gamba spenzolata al di fuori, e l'altro piede posato
sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato
al muro, con le braccia incrociate sul petto. L'abito, il
portamento, e quello che, dal luogo ov'era giunto il cu
rato, si poteva distinguer dell' aspetto, non lasciavan dub
bio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno
al capo una reticella verde, che cadeva sull' omero sinistro,
terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla
fronte un enorme ciuffo : due lunghi mustacchi arricciati in
punta : una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate
due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante
sul petto, come una collana : un manico di coltellaccio che
spuntava fuori d' un taschino degli ampi e gonfi calzoni,
uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d' ot
tone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti : a prima
vista si davano a conoscere per individui della specie
de' bravi.
Questa specie, ora del tutto perduta, era allora floridis
sima in Lombardia, e gi molto antica. Chi non ne avesse
idea, ecco alcuni squarci autentici, che potranno darne una
bastante de' suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per
ispegnerla, e della sua dura e rigogliosa vitalit.
Fino dall' otto aprile dell' anno 1583, l' Illustrissimo ed Ec
cellentissimo Signor Don Carlo d' Aragon, Principe di Castel-
vetrano, Duca di Terranuova, Marchese d' Avola, Conte di
Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia,
Governatore di Milano e Capitan Generale di Sua Maest
Cattolica in Italia, pienamente informato della intollerabile
miseria in che vivuta e vive questa Citt di Milano, per
cagione dei bravi e vagabondi, pubblica un bando contro
*li essi. Dichiara e difflnisce tutti coloro essere compresi iu
CAPITOLO I. 13
questobando, e doversi ritenere bravi e vagabondi ...i quali,
essendo forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno,
od avendolo, non lo fanno .... ma, senza salario, o pur
mi esso, s' appoggiano a qualche cavaliere o gentiluomo,
oflhiale o mercante... per fargli spalle e favore, o vera
mente, come si pu presumere, per tendere insidie ad alti i...
A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni sei, ab
biano a sgomberare il paese, intima la galera a' renitenti,
e d a tutti gli uflziali della giustizia le pi stranamente
ampie e indefinite facolt, per l' esecuzione dell' ordine. Ma,
nell'anno seguente, il 12 aprile, scorgendoli detto signore,
che questa Citt tuttavia piena di detti bravi.... tor
nati a vivere come prima vivevano, non punto mutato
il costume loro, n scemato il numero, d fuori un' altra
grida, ancor pi vigorosa e notabile, nella quale, tra l' al
tre ordinazioni, prescrive :
Che qualsivoglia persona, cos di questa Citt, come fo
restiera , che per due testimoni conster esser tenuto, e
comunemente riputato per bravo, et aver tal nome, ancor
ch non si verifichi aver fatto delitto alcuno... per que
sta sola riputazione di bravo, senza altri indizj, possa
dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alla
corda et al tormento, per processo informativo.... et an
corch non confessi delitto alcuno, tuttavia sia mandato
alla galea , per detto triennio , per la sola opinione e
nome di bravo, come di sopra. Tutto ci, e il di pi eho
si traccia, perch Sua Eccellenza risoluta di voler
essere obbedita da ognuno.
All' udir parole d' un tanto signore, cosi gagliarde e si
cure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia
di credere che, al solo rimbombo di esse, tutti i bravi siano
scomparsi per sempre. Ma la testimonianza d' un signore
non meno autorevole, n meno dotato di nomi, ci obbliga
a credere tutto il contrario. questi l' Illustrissimo ed Ec
cellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco, Contesta
bile di Castiglia, Cameriera maggiore di Sua Maest, Duca
della Citt di Frias, Conte di Haro e Castelnovo, Signore
della Casa di Velasco, e di quella delli sette Infanti di Lara,
14 I PROMESSI SPOSI
Governatore dello Stato di Milano, etc. Il 5 giugno dell'an
no 1593, pienamente informato anche lui di quanto danno
e rovine sieno ....i bravi e i vagabondi, e del pessimo effetto
die tal sorta di gente fa cantra il ben pubblico, et in delu- *
,none della giustizia, intima loro di nuovo che, nel termine
di giorni sei, abbiano a sbrattare il paese, ripetendo a un
dipresso le prescrizioni e le minacce medesime del suo pre
decessore. Il 23 maggio poi dell'anno 1598, informato, con
non poco dispiacere dell'animo suo, che... ogni d pi in
questa Citt e Stato va crescendo il numero di questi tali
(bravi e vagabondi), n di loro, giorno e notte, altro si sente
che ferite appostatamele date, omicida e ruberie et ogni
altra qualit di delitti, ai quali si rendono piti facili ,,
confidati essi bravi d' essere aiutati dai capi e fautori,
loro, prescrive di nuovo gli stessi rimedi, accrescendo
la dose, come- s' usa nelle malattie ostinate. Ognuno dun
que, conchiude poi, onninamente si guardi di contravve
nire in parte alcuna alla grida presente, perch, in luogo
di provare la clemenza di Sua Eccellenza , prover il
vigore, e T ira sua essendo risoluta e determinata che
questa sia l' ultima e perentoria monizione.
Non fu per di questo parere l' Illustrissimo ed Eccellen
tissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez de Acevedo,
Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore dello Stato di
Milano; non fu di questo parere, e per buone ragioni. Pie
namente informato della miseria in che vive questa Citt e
Stato per cagione del gran numero di bravi che in e$so ab
bonda e risoluto di totalmente estirpare seme tanto per-
nizioso, d fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena
anch'essa di severissime comminazioni, con fermo propo
nimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remis
sione, siano onninamente eseguite.
Convien credere per che non ci si mettesse con tutta
quella buona voglia che sapeva impiegare nell' ordir cabale,
e nel suscitar nemici al suo gran nemico Enrico IV; giac
che, per questa parte, la storia attesta come riuscisse ad
armare contro quel re il duca di Savoia, a cui fece perder
pi d'una citt; como riuscisse a far congiurare il duca di
CAPITOLO I. 15
Biron, a cui fece perder la testa; ma, pr ci che riguarda
quel seme tanto pernizioso de' bravi, certo che esso con
tinuava a germogliare, il 22 settembre dell'anno 1612. In
quel giorno l' Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, Don
Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentil
uomo etc, Governatore etc, pens seriamente ad estirparlo.
A quest' effetto, sped a Pandolfo e Marco Tullio Malatesti,
stampatori regii camerali, la solita grida, corretta ed accre
sciuta, perch la stampassero ad esterminio de' bravi. Ma
questi vissero ancora per ricevere, il 24 decembre dell'an
no 1618, gli stessi e pi forti colpi dall'Illustrissimo ed
Eccellentissimo Signore, il Signor Don Gomez Suarez de
Figueroa, Duca di Feria, etc. Governatore, etc. Per, *
non essendo essi morti neppur di quelli, l' Illustrissimo ed
Eccellentissimo Signore, il Signor Gonzalo Fernandez di
Cordova, sotto il cui governo accadde la passeggiata di
don Abbondio , s' era trovato costretto a ricorreggere e
ripubblicare la solita grida contro i bravi, il giorno 5 ot
tobre del 1627, cio un anno, un mese e due giorni prima
di quel memorabile avvenimento.
N fu questa l'ultima pubblicazione; ma noi delle po
steriori non crediamo dover far menzione, come di cosa
che esce dal periodo della nostra storia. Ne accenneremo
soltanto una del 13 febbraio dell'anno 1632, nella quale
l' Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, el Duque de
Feria, per la seconda volta governatore, ci avvisa eho
le maggiori sceleraggini procedono da quelli che chia
mano oravi. Questo basta ad assicurarci che, nel tempo
di cui noi trattiamo, c' era de' bravi tuttavia.
Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar
qualcheduno, era cosa troppo evidente ; ma quel che pi
dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per
certi atti, che l'aspettato era lui. Perch, al suo appa
rire , coloro s' eran guardati in viso , alzando la testa ,
con un movimento dal quale si scorgeva che tutt' e duo
a un tratto avevan detto: lui; quello che stava a ca
valcioni s' era alzato, tirando la sua gamba sulla strada;
l'altro s'era staccato dal muro; e tutt' e due gli s' avvia
16 I PROMESSI SPOSI
vano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto
dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per
ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio
incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Do
mand subito in fretta a s stesso, se, tra i bravi e lui,
ci fosse qualche uscita di strada , a destra o a sinistra ;
e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se
avesse peccato contro qualche potente, contro qualche
vendicativo ; ma, anche in quel turbamento, il testimonio
consolante della coscienza lo rassicurava alquanto : i bravi
per s' avvicinavano , guardandolo fisso. Mise l' indice e
il medio della mano sinistra nel collare, come per rac
comodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, vol
geva intanto la faccia all' indietro , torcendo insieme la
bocca, e guardando con la coda dell' occhio, fin dove po
teva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno.
Diede un' occhiata, al di s'opra del muricciolo, ne' campi :
nessuno; un' altra pi modesta sulla strada dinanzi: nes
suno, fuorch i bravi. Che fare ? tornare indietro, non era
a tempo : darla a gambe , era lo stesso che dire , inse
guitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi
corse incontro, perch i momenti di queir incertezza erano
allora cos penosi per lui, che non desiderava altro che
d' abbreviarli. Affrett il passo, recit un versetto a voce
pi alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarit
che pot, fece ogni sforzo per preparare un sorriso ; quando
si trov a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente :
ci siamo; e si ferm su due piedi. Signor curato, disse
un di que' due, piantandogli gli occhi in faccia.
Cosa comanda? rispose subito don Abbondio, al
zando i suoi dal libro, che gli rest spalancato nelle mani
come sur un leggio.
Lei ha intenzione, prosegu l' altro, con l' atto mi
naccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull' in
traprendere una ribalderia, lei ha intenzione di maritar
domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella !
Cio rispose, con voce tremolante, don Abbon
ii io: cio. Lor signori son uomini di mondo, e sanno
CAPITOLO I. 17
benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato
non c' entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi e poi,
vengon da noi, come s' anderebbe a un banco a riscotere ;
e noi noi siamo i servitori del comune.
Or bene, gli disse il bravo, all' orecchio, ma in tono
solenne di comando, questo matrimonio non s' ha da fare,
n domani, n mai.
Ma, signori miei, replic don Abbondio, con la voce
mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente,
ma, signori miei, si degnino di mettersi ne' miei panni.
Se la cosa dipendesse da me , . . . vedon bene che a me
non me ne vien nulla in tasca
Ors, interruppe il bravo, se la cosa avesse a de
cidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sap
piamo, n vogliam saperne di pi. Uomo avvertito
lei c'intende.
Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragione
voli
Ma, interruppe questa volta l' altro compagnone, che
non aveva parlato fin allora, ma il matrimonio non si far,
o . . . . e qui una buona bestemmia, o chi lo far non
se ne pentir, perch non ne avr tempo, e .... un'al
tra bestemmia.
Zitto, zitto, riprese il primo oratore, il signor cu
rato un uomo che sa il viver del mondo ; e noi siam ga
lantuomini, che non vogliam fargli del male, purch abbia
giudizio. Signor curato, l' illustrissimo signor don Rodrigo
nostro padrone la riverisce caramente.
Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel
forte d' un temporale notturno, un lampo che illumina mo
mentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il ter
rore. Fece, come per istinto, un grand' inchino , e disse :
se mi sapessero suggerire ...
Oh ! suggerire a lei che sa di latino ! interruppe an
cora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. A
lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo
avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti
ehm.... sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio.
I Promessi Sposi. I
18 I PROMESSI SPOSI
Via , che vuol che si dica in suo nome all' illustrissimo
signor don Rodrigo ?
Il mio rispetto
Si spieghi meglio !
Disposto disposto sempre all' ubbidienza. E,
proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se fa
ceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero,
o mostraron di prenderle nel significato pi serio.
Benissimo, e buona notte, messere, disse l' un d' essi,
in atto di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochi
momenti prima, avrebbe dato un occhio per scansarli, al
lora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trat
tative. Signori ... cominci, chiudendo il libro con le
due mani; ma quelli, senza pi dargli udienza, presero
la strada dond' era lui venuto, e s' allontanarono, cantando
una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don
Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come in
cantato; poi prese quella delle due stradette che condu
ceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba
dopo l' altra, che parevano aggranchiate. Come stesse di
dentro, s'intender meglio, quando avrem detto qualche
cosa del suo naturale, e de' tempi in cui gli era toccato
di vivere.
Don Abbondio (il lettore se n' gi avveduto) non era
nato con un cuor di leone. Ma, fin da' primi suoi anni,
aveva dovuto comprendere che la peggior condizione , a
que' tempi, era quella d' un animale senza artigli e senza
zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d' esser di
vorato. La forza legale non proteggeva in alcun conto
l' uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi
di far paura altrui. Non gi che mancassero leggi e pene
contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano; i de
litti erano enumerati, e particolareggiati, con minuta pro
lissit; le pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, au
mentabili, quasi per ogni caso, ad arbitrio del legislatore
stesso e di cento esecutori; le procedure, studiate soltanto
a liberare il giudice da ogni cosa che potesse essergli d' im
pedimento a proferire una condanna: gli squarci che abbiam
CAPITOLO I. 19
riportati delle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma
fedel saggio. Con tutto ci, anzi in gran parte a cagion di
ci, quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in go
verno, non servivano ad altro che ad attcstare ampollosa
mente l' impotenza de' loro autori ; o, se producevan qual-'
che effetto immediato , era principalmente d' aggiunger
molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli gi soffri
vano da' perturbatori, e d' accrescer le violenze e l' astuzia
di questi. L' impunit era organizzata, e aveva radici che
le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran
gli asili, tali i privilegi d' alcune classi, in parte riconosciuti
dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o
impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi
da quelle classi, con attivit d' interesse, e con gelosia di
puntiglio. Ora, quest' impunit minacciata e insultata, ma
non distrutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni
minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove
invenzioni, per conservarsi. Cos accadeva in effetto; e, al
l'apparire delle gride dirette a comprimere i violenti, questi
cercavano nella loro forza reale i nuovi mezzi pi opportuni,
per continuare a far ci che le gride venivano a proibire.
Potevan ben esse inceppare a ogni passo, e molestare
l' uomo bonario, che fosse senza forza propria e senza pro
tezione; perch, col fine d'aver sotto la mano ogni uomo,
per prevenire o per punire ogni delitto, assoggettavano
ogni mossa del privato al volere arbitrario d' esecutori
d' ogni genere. Ma chi, prima di commettere il delitto, aveva
prese le sue misure per ricoverarsi a tempo in un convento,
in un palazzo, dove i birri non avrebber mai osato metter
piede ; chi, senz' altre precauzioni, portava una livrea che
impegnasse a difenderlo la vanit e l'interesse d'una fami
glia potente, di tutto un ceto, era libero nelle sue opera
zioni, e poteva ridersi di tutto quel fracasso delle gride. Di
quegli stessi ch' eran deputati a farle eseguire, alcuni ap
partenevano per nascita alla parte privilegiata, alcuni ne
dipendevano per clientela; gli uni e gli altri, per educa
zione, per interesse, per consuetudine, per imitazione, ne
avev ano abbracciate le massime, e si sarebbero ben guardati
20 I PROMESSI SPOSI
dall' offenderle , per amor d'un pezzo di carta attaccato
sulle cantonate. Gli uomini poi incaricati dell'esecuzione
immediata, quando fossero stati intraprendenti come eroi,
ubbidienti come monaci, e pronti a sacrificarsi come mar-
'tiri, non avrebber per potuto venirne alla fine, inferiori
com' eran di numero a quelli che si trattava di sottomet
tere, e con una gran probabilit d' essere abbandonati da
chi, in astratto e, per cos dire, in teoria, imponeva loro di
operare. Ma, oltre di ci, costoro eran generalmente de'
pi abbietti e ribaldi soggetti del loro tempo; l'incarico
loro era tenuto a vile anche da quelli che potevano averne
terrore, e il loro titolo un improperio. Era quindi ben na
turale che costoro, invece d' arrischiare , anzi di gettar la
vita in un' impresa disperata, vendessero la loro inazione,
o anche la loro connivenza ai potenti, e si riservassero a
esercitare la loro esecrata autorit e la forza che pure ave
vano, in quelle occasioni dove non c' era pericolo ; nell' op
primer cio, e nel vessare gli uomini pacifici e senza difesa.
L' uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento,
,d'essere offeso, cerca naturalmente alleati e compagni.
Quindi era, in que' tempi, portata al massimo punto la ten
denza degl' individui a tenersi collegati in classi, a formarne
delle nuove, e a procurare ognuno la maggior potenza di
quella a cui apparteneva. Il clero vegliava a sostenere e
ad estendere le sue immunit, la nobilt i suoi privilegi, il
militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano ar
rotati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti for
mavano una lega, i medici stessi una corporazione. Ognuna
di queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e
propria; in ognuna l'individuo trovava il Vantaggio d'im
piegar per s, a proporzione della sua autorit e della sua
destrezza, le forze riunite di molti. I pi onesti si valevan
di questo vantaggio a difesa soltanto ; gli astuti e i facino
rosi ne approfittavano, per condurre a termine ribalderie,
alle quali i loro mezzi personali non sarebber bastati, e per
assicurarsene l' impunit. Le forze per di queste varie le
ghe eran molto disuguali ; e, nelle campagne principalmente,
il nobile dovizioso e violento, con intorno uno stuolo di
CAPITOLO I. 21
bravi,, e una popolazione di contadini avvezzi, per tradi
zione famigliare, e interessati o forzati a riguardarsi quasi
come sudditi e soldati del padrone, esercitava un potere, a
cui difficilmente nessun' altra frazione di lega avrebbe ivi
potuto resistere.
Il nostro Abbondio, non nobile, non ricco, coraggioso an
cor meno, s' era dunque accorto, prima quasi di toccar gli
anni della discrezione, d' essere, in quella societ, come un
vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di
molti vasi di ferro. Aveva quindi, assai di buon grado, ub
bidito ai parenti, che lo vollero prete. Per dir la verit,
non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini
del ministero al quale si dedicava: procacciarsi di che vi
vere con qualche agio, e mettersi in una classe riverita e
forte, gli eran sembrate due ragioni pi che sufficienti per
una tale scelta. Ma una classe qualunque non protegge un
individuo, non lo assicura, che fino a un certo segno : nes
suno lo dispensa dal farsi un suo sistema particolare. Don
Abbondio, assorbito continuamente ne' pensieri della pro
pria quiete, non si curava di que' vantaggi, per ottenere i
quali facesse bisogno d' adoperarsi molto, o d' arrischiarsi
un poco. Il suo sistema consisteva principalmente nello
scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non po
teva scansare. Neutralit disarmata in tutte le guerre che
scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentis
sime, tra il clero e le podest laiche, tra il militare e il ci
vile, tra nobili e nobili, fino alle questioni tra due contadini,
nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate.
Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra
due contendenti, stava col pi forte, sempre per alla re
troguardia, e procurando di far vedere all' altro ch'egli
non gli era volontariamente nemico : pareva che gli dicesse :
ma perch non avete saputo esser voi il pi forte? ch'io
mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alla larga da'
prepotenti, dissimulando le loro soverchierie passeggiere e
capricciose, corrispondendo con sommissioni a quelle che
venissero da un' intenzione pi seria e pi meditata, costrin
gendo, a forza d' inchini e di rispetto gioviale, anche i pi
22 I PROMESSI SPOSI
burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl' incon
trava per la strada, il pover' uomo era riuscito a passare
i sessant' anni, senza gran burrasche.
Non per che non avesse anche lui il suo po' di fiele
in corpo; e quel continuo esercitar la pazienza, quel dar
cosi spesso ragione agli altri, que' tanti bocconi amari in
ghiottiti in silenzio, glielo avevano esacerbato a segno che,
se non avesse, di tanto in tanto, potuto dargli un po' di
sfogo, la sua salute n' avrebbe certamente sofferto. Ma sic
come v' eran poi finalmente al mondo, e vicino a lui, per
sone ch' egli conosceva ben bene per incapaci di far male,
cos poteva con quelle sfogare qualche volta il mal umore
lungamente represso, e cavarsi anche lui la voglia d' essere
un po' fantastico, e di gridare a torto. Era poi un rigido-
censore degli uomini che non si regolavan come lui, quando
per la censura potesse esercitarsi senza alcuno, anche lon
tano, pericolo. Il battuto era almeno almeno un impru
dente; l'ammazzato era sempre stato un uomo torbido. A
chi, messosi a sostener le sue ragioni- contro un potente,
rimaneva col capo rotto, don Abbondio sapeva trovar sem
pre qualche torto : cosa non difficile, perch la ragione e il
torto non si dividon mai con un taglio cos netto, che ogni
parte abbia soltanto dell' una o dell' altro. Sopra tutto poi,
declamava contro que' suoi confratelli che, a loro rischio,
prendevan le parti d'un debole oppresso, contro un so-
rerchiatore potente. Questo chiamava un comprarsi gl' im
picci a contanti, un voler raddirizzar le gambe ai cani;
diceva anche severamente , ch' era un mischiarsi nelle
cose profane, a danno della dignit del sacro ministero. E
contro questi predicava , sempre per a quattr' occhi, o
in un piccolissimo crocchio , con tanto pi di veemenza,
quanto pi essi eran conosciuti per alieni dal risentirsi, in
cosa che li toccasse personalmente. Aveva poi una sua sen
tenza prediletta, con la quale sigillava sempre i discorsi su
queste materie : che a un galantuomo, il quale badi a s, e
stia ne' suoi panni, non accadon mai brutti incontri.
Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione
dovesse fare sull'animo del poveretto, quello che s'
CAPITOLO I. 23
raccontato. Lo spavento di que'visaccie di quelle parolacce,
la minaccia d' un signore noto per non minacciare invano ,
un sistema di quieto vivere, ch' era costato tant' anni di
studio e di pazienza, sconcertato in un punto, e un passo
dal quale non si poteva veder come uscirne : tutti questi
pensieri ronzavano tumultuariamente nel capo basso di don
Abbondio. Se Renzo si potesse mandare in pace con un
bel no, via; ma vorr delle ragioni; e cosa ho da rispon
dergli, per amor del cielo ? E, e, e, anche costui una testa :
un agnello se nessun lo tocca, ma se uno vuol contraddir
gli ih! E poi, e poi, perduto dietro a quella Lucia, in
namorato come Ragazzacci, che, per non saper che fare,
s' innamorano, voglion maritarsi, e non pensano ad altro ;
non si fanno carico de' travagli in che mettono un povero
galantuomo. Oh povero me ! vedete se quelle due figuracce
dovevan proprio piantarsi sulla mia strada, e prenderla
con me ! Che c' entro io ? Son io che voglio maritarmi ? Per
ch non son andati piuttosto a parlare Oh vedete un
poco ; gran destino il mio, che le cose a proposito mi ven -
gan sempre in mente un momento dopo l'occasione. Se
avessi pensato di suggerir loro che andassero a portar la
loro imbasciata Ma, a questo punto, s' accorse che il
pentirsi di non essere stato consigliere e cooperatore del
l' iniquit era cosa troppo iniqua; e rivolse tutta la stizza
de' suoi pensieri contro quell' altro che veniva cosi a to
gliergli la sua pace. Non conosceva don Rodrigo che di vi
sta e di fama, n aveva mai avuto che far con lui, altro che
di toccare il petto col mento, e la terra colla punta del suo
cappello, quelle poche volte che V aveva incontrato per la
strada. Gli era occorso di difendere, in pi d' un' occasione,
la riputazione1 di quel signore, contro coloro che, a bassa
voce, sospirando, e alzando gli occhi al cielo, maledicevano
qualche suo fatto: aveva detto cento volte ch' era un rispet
tabile cavaliere. Ma, in quel momento, gli diede in cuor
suo tutti que' titoli che non aveva mai udito applicargli da
altri, senza interrompere in fretta con un oib. Giunto, tra
il tumulto di questi pensieri, alla porta di casa sua, ch' era
in fondo del paesello, mise in fretta nella toppa la chiave,
2i I PROMESSI SPOSI
che gi teneva in mano ; apr , entr , richiuse diligente
mente ; e, ansioso di trovarsi in una compagnia fidata, chia
mo subito : Perpetua ! Perpetua ! , avviandosi pure verso
il salotto, dove questa doveva esser certamente ad appa
recchiar la tavola per la cena. Era Perpetua, come ognun
se n' avvede, la serva di don Abbondio : serva affezionata
e fedele, che sapeva ubbidire e comandare, secondo l' occa
sione, tollerare a tempo il brontolio e le fantasticaggini del
padrone, e fargli a tempo tollerar le proprie, che divenivan
di giorno in giorno pi frequenti, da che aveva passata l'et
sinodale dei quaranta, rimanendo celibe, per aver rifiutati
tutti i partiti che le si erano offerti, come diceva lei, o per
non aver mai trovato un cane che la volesse, come dicevan
le sue amiche.
Vengo, rispose, mettendo sul tavolino, al luogo so
lito, il flaschetto del vino prediletto di don Abbondio, e si
mosse lentamente ; ma non aveva ancor toccata la soglia
del salotto, ch' egli v' entr, con un passo cosi legato, con
uno sguardo cos adombrato, con un viso cos stravolto,
che non ci sarebbero nemmen bisognati gli occhi esperti
di Perpetua, per iscoprire a prima vista che gli era acca
duto qualche cosa di straordinario davvero.
Misericordia ! cos' ha, signor padrone?
Niente, niente, rispose don Abbondio, lasciandosi
andar tutto ansante sul suo seggiolone.
Come, niente ? La vuol dare ad intendere a me? cos
brutto com' e Qualche gran caso avvenuto.
Oh, per amor del cielo ! Quando dico niente, o niente,
o cosa che non posso dire.
Che non pu dir neppure a me ? Chi si prender cura
della sua salute? Chi le dar un parere?
Ohim ! tacete, e non apparecchiate altro : datemi un
bicchiere del mio vino.
E lei mi vorr sostenere che non ha niente ! disse
Perpetua, empiendo il bicchiere, e tenendolo poi in mano,
come se non volesse darlo che in premio della confidenza
che si faceva tanto aspettare.
Date qui, date qui, disse don Abbondio, prendendole


CAPITOLO I. 25
il bicchiere, con la mano non ben ferma, e votandolo poi
in fretta, come se fosse una medicina.
Vuol dunque ch' io sia costretta di domandar qua e l
cosa sia accaduto al mio padrone? disse Perpetua, ritta
dinanzi a lui, con le mani arrovesciate sui fianchi, e le
gomita appuntate davanti, guardandolo fisso, quasi volesse
succhiargli dagli occhi il segreto.
Per amor del cielo ! non fate pettegolezzi , non fate
schiamazzi : ne va ne va la vita !
La vita !
La vita.
Lei sa bene, che ogni volta che m' ha detto qualche
cosa sinceramente, in confidenza, io non ho mai
Brava! come quando
Perpetua s' avvide d' aver toccato un tasto falso ; onde,
cambiando subito il tono, signor padrone, disse, con
voce commossa e da commovere, io le sono sempre
stata affezionata; e, se ora voglio sapere, per premura,
perch vorrei poterla soccorrere, darle un buon parere,
Elevarle l' animo....
II fatto sta che don Abbondio aveva forse tanta voglia di
scaricarsi del suo doloroso segreto, quanta ne avesse Per
petua di conoscerlo : onde, dopo aver respinti sempre pi
debolmente i nuovi e pi incalzanti assalti di lei, dopo
averle fatto pi d'una volta giurare che non fiaterebbe,
finalmente, con molte sospensioni, con molti ohim, le rac
cont il miserabile caso. Quando si venne al nome terribile
del mandante, bisogn che Perpetua proferisse un nuovo e
pi solenne giuramento ; e don Abbondio, pronunziato quel
nome, si rovesci sulla spalliera della seggiola, con un gran
sospiro, alzando le mani, in atto insieme di comando e di
supplica, e dicendo: per amor del cielo !
Delle sue ! esclam Perpetua. Oh che birbone ! oh
che soverchiatore ! oh che uomo senza timor di Dio !
Volete tacere? o volete rovinarmi del tutto?
. Ohi siam qui soli che nessun ci sente. Ma come far,
povero signor padrone ?
Oh vedete, disse don Abbondio, con voce stizzosa:
26 I PROMESSI SPOSI
vedete che bei pareri mi sa dar costei ! Viene a do
mandarmi come far, come far ; quasi fosse lei nell' im
piccio, e toccasse a me di levamela.
Ma! io l' avrei bene il mio povero parere da darle;
ma poi
Ma poi, sentiamo.
Il mio parere sarebbe che, siccome tutti dicono che il
nostro arcivescovo un sant' uomo, e un uomo di polso, e
che non ha paura di nessuno, e, quando pu fare star a do
vere un di questi prepotenti, per sostenere un curato, ci
gongola; io direi, e dico che lei gli scrivesse una bella let
tera, per informarlo come qualmente
Volete tacere ? volete tacere ? Son pareri codesti da
dare a un pover' uomo ? Quando mi fosse toccata una
schioppettata nella schiena, Dio liberi ! l' arcivescovo me
la leverebbe?
Eh ! le schioppettate non si danno via come confetti: e
guai se questi cani dovessero mordere tutte le volte che
abbaiano ! E io ho sempre veduto che a chi sa mostrare
i denti, e farsi stimare, gli si porta rispetto; e, appunto
perch lei non vuol mai dir la sua ragione, siam ridotti
a segno che tutti vengono, con licenza, a
Volete tacere ?
Io taccio subito ; ma per certo che, quando il mondo
s' accorge che uno, sempre, in ogni incontro, pronto a
calar le
Volete tacere ? tempo ora di dir codeste baggianate ?
Basta : ci penser questa notte ; ma intanto non cominci
a farsi male da s, a rovinarsi la salute ; mangi un boccone.
Ci penser io, rispose, brontolando, don Abbondio :
4. sicuro ; io ci penser, io ci ho da pensare. E s' alz, con
tinuando : non voglio prender niente ; niente : ho altra
voglia: lo so anch'io che tocca a pensarci a me. Ma! la
doveva accader per l' appunto a me.
Mandi almen gi quest' altro gocciolo, disse Perpe
tua, mescendo. Lei sa che questo le rimette sempre 1
stomaco.
Eh ! ci vuol altro, ci vuol altro, ci vuol altro.
CAPITOLO I. 27
Cosi dicendo, prese il lume , e, brontolando sempre :
una piccola bagattella ! a un galantuomo par mio ! e do
mani com' andr? e altre simili lamentazioni, s' avvi per
saure in camera. Giunto su la soglia, si volt indietro verso
Perpetua, mise il dito sulla bocca, disse, con tono lento e
solenne : per amor del cielo ! e disparve.

CAPITOLO n.

Si racconta che il principe di Cond dormi profondamente


la notte avanti la giornata di Rocroi: ma, in primo luogo,
era molto affaticato; secondariamente aveva gi date tutte
le disposizioni necessarie, e stabilito ci che dovesse fare, la
mattina. Don Abbondio in vece non sapeva altro ancora se
non che l' indomani sarebbe giorno di battaglia ; quindi una
gran parte della notte fu spesa in consulte angosciose. Non
far caso dell' intimazione ribalda, n delle minacce, e fare
il matrimonio, era un partito, che non volle neppur mettere
in deliberazione. Confidare a Renzo l' occorrente, e cercar
con lui qualche mezzo Dio liberi ! Non si lasci scap
par parola altrimenti ehm! aveva detto un di
que' bravi ; e , al sentirsi rimbombar quell' ehm ! nella
mente, don Abbondio, non che pensare a trasgredire una
tal legge, si pentiva anche dell' aver ciarlato con Perpetua.
Fuggire? Dove? E poi! Quant' impicci, e quanti conti da
rendere ! A ogni partito che rifiutava, il pover' uomo si ri
voltava nel letto. Quello che, per ogni verso, gli parve il
meglio o il men male, fu di guadagnar tempo, menando
Renzo per le lunghe. Si ramment a proposito, che manca-
van pochi giorni al tempo proibito per le nozze ; e, se
posso tener a bada, per questi pochi giorni, quel ragazzone,
no poi due mesi di respiro ; e, in due mesi, pu nascer di
gran cose. Rumin pretesti da metter in campo ; e, ben
ch gli paressero un po' leggieri, pur s' andava rassicu
rando col pensiero che la sua autorit gli avrebbe fatti
parer di giusto peso, e che la sua antica esperienza gli da
rete gran vantaggio sur un giovanetto ignorante. Ve
dremo, diceva tra s: egli pensa alla morosa; ma io
28 I PROMESSI SPOSI
penso alla pelle : il pi interessato son io, fasciando stare
che sono il pi accorto. Figliuol caro, se tu ti senti il bru
ciore addosso, non so che dire ; ma io non voglio andarne
di mezzo. Fermato cos un poco l' animo a una delibera
zione, pot finalmente chiuder occhio : ma che sonno ! che
sogni! Bravi, don Rodrigo, Renzo, viottole, rupi, fughe,
inseguimenti, grida, schioppettate.
Il primo svegliarsi, dopo una sciagura, e in un impiccio,
un momento molto amaro. La mente, appena risentita,
ricorre all' idee abituali della vita tranquilla antecedente ;
ma il pensiero del nuovo stato di cose le si affaccia subito
sgarbatamente; e il dispiacere ne pi vivo in quel para
gone istantaneo. Assaporato dolorosamente questo mo
mento, don Abbondio ricapitol subito i suoi disegni della
notte, si conferm in essi, gli ordin meglio, s'alz, e stette
aspettando Renzo con timore e, ad un tempo, con impa
zienza.
Lorenzo o, come dicevan tutti, Renzo non si fece molto
aspettare. Appena gli parve ora di poter, senza indiscre
zione, presentarsi al curato, v' and, con la lieta furia d' un
uomo di vent' anni, che deve in quel giorno sposare quella
che ama. Era, fin dall' adolescenza, rimasto privo de' pa
renti, ed esercitava la professione di filatore di seta, ere
ditaria, per dir cos, nella sua famiglia ; professione, negli
anni indietro, assai lucrosa; allora gi in decadenza, ma
non per a segno che un abile operaio non potesse cavarne
di che vivere onestamente. Il lavoro andava di giorno in
giorno scemando ; ma l' emigrazione continua de' lavoranti,
attirati negli stati vicini da promesse, da privilegi e da
grosse paghe, faceva s che non ne mancasse ancora a quelli
che rimanevano in paese. Oltre di questo, possedeva Renzo
un poderetto che faceva lavorare e lavorava egli stesso,
quando il filatoio stava fermo; di modo che, per la sua con
dizione, poteva dirsi agiato. E quantunque queir annata
fosse ancor pi scarsa delle antecedenti, e gi si comin
ciasse a provare una vera carestia, pure il nostro giovine,
che, da quando aveva messi gli occhi addosso a Lucia, era
divenuto massaio, si trovava provvisto bastantemente, e
CAPITOLO II. 29
non aveva a contrastar con la fame. Comparve davanti a
don Abbondio, in gran gala, con penne di vario colore al
cappello, col suo pugnale del manico bello, nel taschino de'
calzoni, con una cert' aria di festa e nello stesso tempo
di braveria, comune allora anche agli uomini pi quieti.
L'accoglimento incerto e misterioso di don Abbondio fece
m contrapposto singolare ai modi gioviali e risoluti del
giovinotto.
Che abbia qualche pensiero per la testa, argoment
Renzo tra s, poi disse: son venuto, signor curato, per
sapere a che ora le comoda che ci troviamo in chiesa.
Di che giorno volete parlare?
Come, di che giorno? non si ricorda che s' fissato
per oggi ?
Oggi ? replic don Abbondio , come se ne sentisse
parlare per la prima volta. Oggi, oggi abbiate pa
zienza, ma oggi non posso.
Oggi non pu ! Cos' nato ?
Prima di tutto, non mi sento bene, vedete.
Mi dispiace ; ma quello che ha da fare cosa di cos
poco tempo, e di cos poca fatica
E poi, e poi, e poi .
E poi che cosa ?
E poi e' degli imbrogli.
Degl' imbrogli ? Che imbrogli ci pu essere ?
Bisognerebbe trovarsi nei nostri piedi, per conoscer
quanti impicci nascono in queste materie, quanti conti s' ha
da rendere. Io son troppo dolce di cuore, non penso che
a levar di mezzo gli ostacoli, a facilitar tutto, a far le
cose secondo il piacere altrui, e trascuro il mio dovere;
e poi mi toccan de' rimproveri , e peggio.
Ma, col nome del cielo, non mi tenga cos sulla corda,
e mi dica chiaro e netto cosa c' .
Sapete voi quante e quante formalit ci vogliono per
fere un matrimonio in regola?
Bisogna ben ch' io ne sappia qualche cosa , disse
Renzo, cominciando ad alterarsi, poich me ne ha gi
rotta bastantemente la testa, questi giorni addietro. Ma
30 I PROMESSI SPOSI
ora non s' sbrigato ogni cosa ? non s' fatto tutto ci
che s' aveva a fare ?
Tutto, tutto, pare a voi: perch, abbiate pazienza, la
bestia son io, che traseuro il mio dovere, per non far
penare la gente. Ma ora basta, so quel che dico. Noi
poveri curati siamo tra l'ancudine e il martello: voi im
paziente; vi compatisco, povero giovine; e i superiori
basta, non si pu dir tutto. E noi siam quelli che ne an-
diam di mezzo.
Ma mi spieghi una volta cos' quest' altra formalit
che s' ha a fare , come dice ; e sar subito fatta.
Sapete voi quanti sieno gl' impedimenti dirimenti ?
Che vuol ch' io sappia d' impedimenti ?
Error, conditio, votum, cognatio, crimen,
Cultus disparitas, vis, ordo, ligamen, honestas,
Si sis affinis
cominciava don Abbondio, contando sulla punta delle dita.
Si piglia gioco di me ? interruppe il giovine. Che
vuol ch' io faccia del suo latinorum ?
Dunque, se non sapete le cose, abbiate pazienza, e
rimettetevi a chi le sa.
Ors I, ...
Via, caro Renzo, non andate in collera, che son pronto
a fare tutto quello che dipende da me. Io, io vorrei
vedervi contento; vi voglio bene io. Eh ! quando penso
che stavate cos bene; cosa vi mancava? V saltato il
grillo di maritarvi
Che discorsi son questi, signor mio? proruppe Renzo,
con un volto tra l' attonito e l' adirato. .
Dico per dire, abbiate pazienza, dico per dire. Vorrei
vedervi contento.
In somma
In somma, figliuol caro, io non ci ho colpa ; la legge
non l' ho fatta io. E, prima di conchiudere un matrimonio,
noi siam proprio obbligati a far molte e molte ricerche,
per assicurarci che non ci siano impedimenti.
Ma via, mi dica una volta che impedimento soprav
venuto ?
CAPITOLO II. 31
Abbiate pazienza, non son cose da potersi decifrare cos
su due piedi. Non ci sar niente, cosi spero; ma, non ostante,
queste ricerche noi le dobbiam fare. Il testo chiaro e
lampante: antequam matrmonium denunciet....
Le ho detto che non voglio latino.
Ma bisogna pur che vi spieghi
Ma non le ha gi fatte queste ricerche ?
Non le ho fatte tutte, come avrei dovuto, vi dico.
Perch non le ha fatte a tempo? perch dirmi che
tutto era finito? perch aspettare
Ecco i mi rimproverate la mia troppa bont. Ho fa
cilitato ogni cosa per servirvi pi presto : ma ma ora
mi son venute.... basta, so io.
E che vorrebbe ch' io facessi ?
Che aveste pazienza per qualche giorno. Figliuol caro,
qualche giorno non poi l' eternit : abbiate pazienza.
Per quanto ?
Siamo a buon porto, pens tra s don Abbondio ;
e, con un fare pi manieroso che mai, via, disse:
in quindici giorni cercher, procurer
Quindici giorni ! oh questa s ch' nuova ! s' fatto
tutto ci che ha voluto lei; s' fissato il giorno; il giorno
arriva ; e ora lei mi viene a dire che aspetti quindici
giorni ! Quindici ... riprese poi, con voce pi alta e stiz
zosa, stendendo il braccio e battendo il pugno nell' aria; e
chi sa qual diavoleria avrebbe attaccata a quel numero,
se don Abbondio non l' avesse interrotto , prendendogli
P altra mano, con un' amorevolezza timida e premurosa :
via, via, non v'alterate, per amor del cielo. Vedr,
cercher se, in una settimana
E a Lucia che devo dire?
Ch' stato un mio sbaglio.
E i discorsi del mondo ?
Dite pure a tutti, che ho sbagliato io, per troppa furia,
per troppo buon cuore : gettate tutta la colpa addosso a
me. Posso parlar meglio? via, per una settimana.
E poi, non ci sar pi altri impedimenti ?
Quando vi dico ....
32 I PROMESSI SPOSI
Ebbene: avr pazienza per una settimana ; ma ritenga
bene che, passata questa, non m' appagher pi di chiac
chiere. Intanto la riverisco. E cos detto, se n' and, fa
cendo a don Abbondio un inchino men profondo del solito,
e dandogli un' occhiata pi espressiva che riverente.
Uscito poi, e camminando di mala voglia, per la prima
volta, verso la casa della sua promessa, in mezzo alla stizza,
tornava con la mente su quel colloquio ; e sempre pi lo
trovava strano. L'accoglienza fredda e impicciata di don
Abbondio, quel suo parlare stentato insieme e impaziente,
que' due occhi grigi che, mentre parlava, eran sempre an
dati scappando qua e l, come se avesser avuto paura d' in
contrarsi con le parole che gli uscivan di bocca, quel farsi
quasi nuovo del matrimonio cos espressamente concertato,
e sopra tutto quell' accennar sempre qualche gran cosa,
non dicendo mai nulla di chiaro ; tutte queste circostanze
messe insieme facevan pensare a Renzo che ci fosse sotto
un mistero diverso da quello che don Abbondio aveva voluto
far credere. Stette il giovine in forse un momento di tor
nare indietro, per metterlo alle strette, e farlo parlar pi
chiaro; ma, alzando gli occhi, vide Perpetua che camminava
dinanzi a lui, ed entrava in un orticello pochi passi distante
dalla casa. Le diede una voce, mentre essa apriva l' uscio;
studi il passo, la raggiunse, la ritenne sulla soglia; e, col
disegno di scovar qualche cosa di pi positivo, si ferm ad
attaccar discorso con essa.
Buon giorno, Perpetua : io speravo che oggi si sarebbe
stati allegri insieme.
Ma ! quel che Dio vuole, il mio povero Renzo.
Fatemi un piacere : quel benedett' uomo del signor cu
rato m' ha impastocchiate certe ragioni che non ho potuto
. ben capire : spiegatemi voi meglio perch non pu o non
vuole maritarci oggi.
Oh ! vi par egli ch' io sappia i segreti del mio pa
drone ?
L' ho detto io, che c' era mistero sotto, pens Renzo ;
e, per tirarlo in luce, continu: via, Perpetua; siamo
amici; ditemi quel che sapete, aiutate un povero figliuolo.
CAPITOLO II. 33
Mala cosa nascer povero, il mio caro Renzo.
vero, riprese questo, sempre pi confermandosi
ne' suoi sospetti; e, cercando d'accostarsi pi alla que
stione, -vero, soggiunse, ma tocca ai preti a trattar
male co' poveri ?
Sentite, Renzo; io non posso dir niente, perch... non
so niente ; ma quello che vi posso assicurare che il mio
padrone non vuol far torto, n a voi n a nessuno ; e lui
non ci ha colpa.
* Chi dunque che ci ha colpa? domand Renzo, con
un cert' atto trascurato, ma col cuor sospeso, e con V o-
recchio all'erta.
Quando vi dico che non so niente In difesa del mio
padrone, posso parlare; perch mi fa male sentire che gli
si dia carico di voler far dispiacere a qualcheduno. Pove-
r' uomo ! se pecca, per troppa bont. C bene a questo
mondo de' birboni, de' prepotenti, degli uomini senza timor
di Dio
Prepotenti ! birboni) pens Renzo: questi non
sono i superiori. Via, disse poi, nascondendo a stento
l'agitazione crescente, via, ditemi chi .
Ah ! voi vorreste farmi parlare; e io non posso parlare,
perch.... non so niente: quando non so niente, come se
avessi giurato di tacere. Potreste darmi la corda, che non
mi cavereste nulla di bocca. Addio; tempo perduto per
tutt' e due. Cosi dicendo, entr in fretta nell' orto, e chiuse
l' uscio. Renzo , rispostole con un saluto , torn indietro
pian piano, per non farla accorgere del cammino che pren
deva; ma, quando fu fuor del tiro dell' orecchio della buona
donna, allung il passo ; in un momento fu all' uscio di don
Abbondio ; entr, and diviato al salotto dove l' aveva la
sciato, ve lo trov, e corse verso lui, con un fare ardito, e
con gli occhi stralunati.
Eh! eh! che novit questa? disse don Abbondio.
Chi quel prepotente, disse Renzo, con la voce d' un
uomo ch' risoluto d'ottenere una risposta precisa, chi
quel prepotente che non vuol ch' io sposi Lucia?
Che? che? che? balbett il povero sorpreso, con un
/ Promessi Sposi. 3
34 I PROMESSI SPOSI
volto fatto in un istante bianco e floscio, come un .cencio
che esca del bucato. E, pur brontolando, spicc un salto-
dal suo seggiolone, per lanciarsi all' uscio. Ma Renzo, che
doveva aspettarsi quella mossa, e stava all' erta, vi balzo-
prima di lui, gir la chiave, e se la mise in tasca.
Ah ! ah ! parler ora, signor curato ? Tutti sanno i fatti
miei, fuori di me. Voglio saperli, per bacco, anch' io. Come
si chiama colui ?
Renzo ! Renzo t per carit, badate a quel che fate; pen
sate all' anima vostra.
Penso che lo voglio saper subito, sul momento. , E,,
cos dicendo, mise, forse senz' avvedersene, la mano sul
manico del coltello che gli usciva dal taschino.
Misericordia ! esclam con voce fioca don Abbondio.
Lo voglio sapere.
Chi v' ha detto ....
No, no ; non pi fandonie. Parli chiaro e subito.
Mi volete morto ?
Voglio sapere ci che ho ragion di sapere.
Ma se parlo , son morto. Non m' ha da premere la
mia vita?
Dunque parli.
Quel dunque fu proferito con una tale energia, l' a-
spetto di Renzo divenne cos minaccioso, che don Abbondio
non pot pi nemmen supporre la possibilit di disubbidire.
Mi promettete, mi giurate, disse di non parlarne
con nessuno, di non dir mai ?
Le prometto che fo uno sproposito, se lei non mi dice
subito subito il nome di colui. ', .
A quel nuovo scongiuro, don Abbondio, col volto, e con
lo sguardo di chi ha in bocca le tanaglie del cavadenti,
profer : don
Don ? ripet Renzo,'come per aiutare il paziente a but
tar fuori il resto ; e stava curvo, con l' orecchio chino sulla
bocca di lui, con le braccia tese, e i pugni stretti all' indietro.
Don Rodrigo ! pronunzi in fretta il forzato, precipi
tando quelle poche sillabe, e strisciando le consonanti, parte
per il turbamento, parte perch, rivolgendo pure quella
CAPITOLO II. 1 35
poca attenzione che gli rimaneva libera, a fare una transa
zione tra le due paure, pareva che volesse sottrarre e fare
scomparir la parola, nel punto stesso ch'era costretto a
metterla fuori.
Ah cane ! urt Renzo. E come ha fatto ? Cosa le
ha detto per ?
Come eh? come? rispose, con voce quasi sdegnosa,
don Abbondio, il quale, dopo un cos gran sagriflzio, si sen
tiva in certo modo divenuto creditore. Come ch ? Vorrei
che la fosse toccata a voi, come toccata a me, che non
c'entro per nulla ; che certamente non vi sarebber rimasti
tanti grilli in capo. E qui si fece a dipinger con colori
terribili il brutto incontro; e, nel discorrere, accorgendosi
sempre pi d' una gran collera che aveva in corpo, e che
lin allora era stata nascosta e involta nella paura, e ve
dendo nello stesso tempo che Renzo, tra la rabbia e la con
fusione, stava immobile, col capo basso, continu allegra
mente : avete fatta una bella azione ! M' avete reso un
bel servizio ! Un tiro di questa sorte a un galantuomo, al
vostro curato ! in casa sua ! in luogo sacro ! Avete fatta una
bella prodezza ! Per cavarmi di bocca il mio malanno, il
vostro malanno t ci ch' io vi nascondevo per prudenza, per
vostro bene ! E ora che lo sapete ? Vorrei vedere che mi fa
ceste ! Per amor del cielo ! Non si scherza. Non si tratta
di torto o di ragione; si tratta di forza. E quando, questa
mattina, vi davo un buon parere eh ! subito nelle furie.
Io avevo giudizio per me e per voi ; ma come si fa ? Aprite
almeno ; datemi la mia chiave.
Posso aver fallato, rispose Renzo, con voce raddol
cita verso don Abbondio, ma nell quale si sentiva il furore
contro il nemico scoperto : posso aver fallato ; ma si
metta la mano al petto, e pensi se nel mio caso ....
Cos dicendo, s' era levata la chiave di tasca, e andava
ad aprire. Don Abbondio gli and dietro, e, mentre quegli
girava la chiave nell toppa, se gli accost, e, con volto
serio e ansioso, alzandogli davanti agli occhi le tre prime
dita della destra, come per aiutarlo anche lui dal canto
suo, giurate almeno gli disse.
30 I PROMESSI SPOSI
Posso aver fallato; e mi scusi, rispose Renzo, aprendo,
e disponendosi ad uscire.
Giurate replic don Abbondio, afferrandogli il
braccio con la mano tremante.
Posso aver fallato, ripet Renzo, sprigionandosi da
lui; e part in furia, troncando cos la questione, che, al
pari d' una questione di letteratura o di filosofia o d' altro,
avrebbe potuto durar dei secoli, giacch ognuna delle parti
non faceva che replicare il suo proprio argomento.
Perpetua ! Perpetua ! grid don Abbondio, dopo avere
invano richiamato il fuggitivo. Perpetua non risponde: don
Abbondio non sapeva pi in che mondo si fosse.
accaduto pi d' una volta a personaggi di ben pi alto
affare che don Abbondio, di trovarsi in frangenti cos fasti
diosi, in tanta incertezza di partiti, che parve loro un ot
timo ripiego mettersi a letto con la febbre. Questo ripiego,
egli non lo dovette andare a cercare, perch gli si offerse
da s. La paura del giorno avanti, la veglia angosciosa
della notte, la paura avuta in quel momento, l' ansiet del
l' avvenire, fecero V effetto. Affannato e balordo, si ripose
sul suo seggiolone, cominci a sentirsi qualche brivido nel-
l' ossa, si guardava le unghie sospirando, e chiamava di
tempo in tempo, con voce tremolante e stizzosa : Per
petua! La venne finalmente, con un gran cavolo sotto il
braccio, e con la faccia tosta, come se nulla fosse stato. Ri
sparmio al lettore i lamenti, le condoglianze, le accuse, le
difese, i voi sola potete aver parlato, e i non ho par
lato, tutti i pasticci insomma di quel colloquio. Basti dire
che don Abbondio ordin a Perpetua di metter la stanga
all' uscio, di non aprir pi- per nessuna cagione, e, se alcun
bussasse, risponder dalla finestra che il curato era andato
a letto con la febbre. Sal poi lentamente le s.cale, dicendo,
ogni tre scalini, son servito ; e si mise davvero a letto,
dove lo lasceremo.
Renzo intanto camminava a passi -infuriati verso casa ,
senza aver determinato quel che dovesse fare, ma con una
smania addosso di far qualcosa di strano e di terribile. I
provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque
CAPITOLO IL 37
modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che
commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano
gli animi degli offesi. Renzo era un giovine pacifico e alieno
dal sangue, un giovine schietto e nemico d' ogni insidia ;
ma, in que' momenti il suo cuore non batteva che per l' o-
micidio, la sua mente non era' occupata che a fantasticare
un tradimento. Avrebbe voluto correre alla casa di don
Rodrigo, afferrarlo per il collo, e . . . . ma gli veniva in mente
eh.' era come una fortezza, guarnita di bravi al di dentro,
e guardata al di fuori ; che i soli amici e servitori ben co
nosciuti v'entravan liberamente, senza essere squadrati
da capo a piedi; che un artigianello sconosciuto non vi po-
trebb' entrare senza un esame, e ch' egli sopra tutto
egli vi sarebbe forse troppo conosciuto. Si figurava allora
di prendere il suo schioppo, d' appiattarsi dietro una siepe,
aspettando se mai, se mai colui venisse a passar solo ; e,
internandosi, con feroce compiacenza, in queir immagina
zione, si figurava di sentire una pedata, quella pedata, d' al
zar chetamente la testa ; riconosceva lo scellerato, spianava
lo schioppo, prendeva la mira, sparava, lo vedeva cadere
e dare i tratti, gli lanciava una maledizione, e correva sulla
strada del confine a mettersi in salvo. E Lucia ? Ap
pna questa parola si fu gettata atraverso di quelle bieche
fantasie, i migliori pensieri, a cui era avvezza la mente di
Renzo, v' entrarono in folla. Si ramment degli ultimi ri
cordi de' suoi parenti, si ramment di Dio, della Madonna
e de' santi, pens alla consolazione che aveva tante volte
provata di trovarsi senza delitti, all' orrore che aveva tante
volte provato al racconto d' un omicidio ; e si risvegli da
quel sogno di sangue, con ispavento, con rimorso, e insieme
con una specie di gioia di non aver fatto altro che imma
ginare. Ma il pensiero di Lucia, quanti pensieri tirava seco !
Tante speranze, tante promesse, un avvenire cos vagheg
giato, e cos tenuto sicuro, e quel giorno cos sospirato ! E
some, con che parole annunziarle una tal nuova? E poi,
che partito prendere? Come farla sua, a dispetto della forza
di queir iniquo potente ? E insieme a tutto questo, non un
sospetto formato, ma un'ombra tormentosa gli passava
38 I PROMESSI SPOSI
per la mente. Quella soverchieria di don Rodrigo non poteva
esser mossa che da una brutale passione per Lucia. E Lucia ?
Che avesse data a colui la pi piccola occasione, la pi leg
giera lusinga, non era un pensiero che potesse fermarsi un
momento nella testa di Renzo. Ma n'era informata? Po
teva colui aver concepita queir infame passione senza che
lei se n' avvedesse? Avrebbe spinte le cose tanto in l,
prima d' averla tentata in qualche modo ? E Lucia non ne
aveva mai detta una parola a lui ! al suo promesso !
Dominato da questi pensieri, pass davanti a casa sua,
eh' era nel mezzo del villaggio, e, attraversatolo, s' avvi
a quella di Lucia, ch' era in fondo, anzi un po' fuori. Aveva
quella casetta un piccolo cortile dinanzi, che la separava
dalla strada, ed era cinto da un murettino. Renzo entr
nel cortile, e senti un misto e continuo ronzio che veniva
da una stanza di sopra. S' immagin che sarebbero amiche
e comari, venute a far corteggio a Lucia ; e non si volle
mostrare a quel mercato, con quella nuoya in corpo e sul
volto. Una fanciulletta che si trovava nel cortile, gli corse
.incontro gridando : lo sposo ! lo sposo ! .
Zitta, Bettina, zitta ! - disse Renzo. Vien qua ; va su
da Lucia, tirala in disparte , e dille all' orecchio ma
che nessun senta, n sospetti di nulla, ve' dille che ho
da parlarle, che l' aspetto nella stanza terrena, e che venga
subito. La fanciulletta sali in fretta, le scale, lieta e su
perba d' avere una commission segreta da eseguire.
Lucia usciva in quel momento tutta attillata dalle mani
della madre. Le amiche si rubavano la sposa, e le facevan
l'orza perch si lasciasse vedere ; e lei s' andava schermendo,
con quella modestia un po' guerriera delle contadine, facen
dosi scudo alla faccia col gomito, chinandola sul busto, e
aggrottando i lunghi e neri sopraccigli, mentre per la
bocca s' apriva al sorriso. I neri e giovanili capelli, spartiti
sopra la fronte, con una bianca e sottile dirizzatura, si rav-
volgevan, dietro il capo, in cerchi moltiplici di trecce, tra
passate da lunghi spilli d' argento, che si dividevano all' in
torno, quasi a guisa de' raggi d'un' aureola, come ancora
usano le contadine nel Milanese. Intorno al collo aveva un
CAPITOLO II. 39
vezzo di granati alternati con bottoni d' oro a filigrana :
portava -un bel busto di broccato a fiori, con le maniche
separate e allacciate da bei "nastri: una corta gonnella di
filaticcio di seta, a pieghe fitte e minute, due calze vermi
glie, due pianelle, di seta anch' esse, a ricami. Oltre a que
sto, eh' era l' ornamento particolare del giorno delle nozze.
Lucia aveva quello quotidiano d' una modesta bellezza, ri
levata allora e accresciuta dalle varie affezioni che le si
dipingevan sul viso: una gioia temperata da- un turba
mento leggiero, quel placido accoramento che si mostra di
quand' in quando sul volto delle spose, e, senza scompor
la bellezza, le d un carattere particolare. La piccola Bet
tina si cacci nel crocchio, s' accost a Lucia, le fece in
tendere accortamente che aveva qualcosa da comunicarle,
e le disse la sua parolina all'orecchio.
Vo un momento, e torno, disse Lucia alle donne ; e
scese in fretta. Al veder la faccia mutata, e il portamento
inquieto di Renzo, cosa c' ? disse, non senza un pre
sentimento di terrore.
Lucia ! rispose Renzo, per oggi, tutto a monte ; e
Dio sa quando potremo esser marito e moglie.
Che ? disse Lucia tutta smarrita. Renzo le raccont
brevemente la storia di quella mattina : ella ascoltava con
angoscia : e quando ud il nome di don Rodrigo, aht
esclam, arrossendo e tremando, fino a questo segno t
Dunque voi sapevate....? disse Renzo.
Pur troppo ! rispose Lucia ; ma a questo segno !
Che cosa sapevate ?
Non mi fate ora parlare, non mi fate piangere. Corro a
chiamar mia madre, e a licenziar le donne : bisogna che
siam soli.
Mentre ella partiva, Renzo susurr : non m' avete mai
detto niente.
Ah, Renzo ! rispose Lucia, rivolgendosi un momento,
senza fermarsi. Renzo intese benissimo che il suo nome
pronunziato in quel momento, con quel tono, da Lucia,
voleva dire : potete voi dubitare ch' io abbia taciuto se
non per motivi giusti e puri?
40 I FROMKSSI SPOSI
Intanto la buona Agnese (cos si chiamava la madre dt
Lucia), messa in sospetto e in curiosit dalla parolina al
l' orecchio, e dallo sparir della figlia , era discesa a veder
cosa c' era di nuovo. La figlia la lasci con Renzo, torn-
alle donne radunate, e, accomodando l' aspetto e la voce,
come pot meglio, disse: il signor curato ammalato;
e oggi non si fa nulla. Ci detto, le salut tutte in fretta,
e scese di nuovo.
Le donne sfilarono, e si sparsero a raccontar l'acca
duto. Due o tre andaron fin all' uscio del curato, per ve
rificar se era ammalato davvero.
Un febbrone, rispose Perpetua dalla finestra; e la
trista parola, riportata all' altre, tronc le congetture che
gi cominciavano a brulicar ne' loro cervelli, e ad an
nunziarsi tronche e misteriose ne' loro discorsi.

CAPITOLO III.

Lucia entr nella stanza terrena, mentre Renzo stava


angosciosamente informando Agnese , la quale angosciosa
mente lo ascoltava. Tutt' e due si volsero a chi ne sapeva
pi di loro, e da cui aspettavano uno schiarimento, il quale
non poteva essere che doloroso : tutt' e due, lasciando tra
vedere, in mezzo al dolore, e con l' amore diverso che
ognun d'essi portava a Lucia, un cruccio pur diverso
perch avesse taciuto loro qualche cosa, e una tal cosa.
Agnese, bench ansiosa di sentir parlare la figlia, non
pot tenersi di non farle un rimprovero. A tua madre
non dir niente d' una cosa simile !
Ora vi dir tutto, rispose Lucia, asciugandosi gli
occhi col grembiule.
Parla, parlai Parlate, parlate! gridarono a u
tratto la madre e lo sposo.
Santissima Vergine ! esclam Lucia : chi avrebbe
creduto che le cose potessero arrivare a questo segno !
E, con voce rotta dal pianto, raccont come, pochi giorni
prima, mentre tornava dalla filanda, ed era rimasta in
dietro dalle sue compagne, le era passato innanzi don Ro
CAPIT0I.O 111. 41
drigo, in compagnia d' un altro signore; che il primo aveva
cercato di trattenerla con chiacchiere, com' ella diceva,
non punto belle; ma essa, senza dargli retta, aveva af
frettato il passo, e raggiunte le compagne ; e intanto aveva
sentito queir altro signore rider forte, e don Rodrigo dire :
scommettiamo. Il giorno dopo, coloro s' eran trovati an
cora sulla strada; ma Lucia era nel mezzo delle compa
gne, con gli occhi bassi; e l'altro signore sghignazzava,
e don Rodrigo diceva: vedremo, vedremo. Per grazia
del cielo, continu Lucia, quel giorno era l'ultimo
della filanda. Io raccontai subito
A chi hai raccontato? domand Agnese, andando
incontro, non senza un po' di sdegno, al nome del confi
dente preferito.
< Al padre Cristoforo, in confessione, mamma, rispose
Lucia, con un accento soave di scusa. Gli raccontai tutto,
l' ultima volta che siamo andate insieme alla chiesa del con
vento: e, se vi ricordate, quella mattina, io andava met
tendo mano ora a una cosa, ora a un' altra, per indugiare,
tanto che passasse altra gente del paese avviata a quella
volta, e far la strada in compagnia con loro ; perch, dopo
queir incontro, le strade mi facevan tanta paura ....
Al nome riverito del padre Cristoforo, lo sdegno d'A
gnese si raddolc. Hai fatto bene, disse, ma perch
non raccontar tutto anche a- tua madre ?
Lucia aveva avute due buone ragioni: l' una, di non
contristare n spaventare la buona donna, per cosa alla
quale essa non avrebbe potuto trovar rimedio ; l' altra, di
non metter a rischio di viaggiar per molte bocche una
storia che voleva essere gelosamente sepolta: tanto pi
che Lucia sperava che le sue nozze avrebber troncata,
sul principiare, queir abbominata persecuzione. Di queste
due ragioni per, non alleg che la prima.
E a voi , disse poi , rivolgendosi a Renzo , con quella .
voce che vuol far riconoscere a un amico che ha avuto
torto : e a voi doveva io parlar di questo ? Pur troppo lo
sapete ora !
* E che t' ha detto il padre ? domand Agnese.
'42 I PROMESSI SPOSI
M' ha detto che cercassi d' affrettar le nozze il pi che
potessi , e intanto stessi rinchiusa ; che pregassi bene il Si
gnore ; e che sperava che colui , non vedendomi, non si cu
rerebbe pi di me. E fu allora che mi sforzai, prosegu,
rivolgendosi di nuovo a Renzo , senza alzargli per gli oc
chi in viso , e arrossendo tutta , fu allora che feci la sfac
ciata , e che vi pregai io che procuraste di far presto , e di
concludere prima del tempo che s' era stabilito. Chi sa cosa
avrete pensato di me l Ma io facevo per bene, ed ero stata
consigliata, e tenevo per certo.... e questa mattina, ero
tanto lontana da pensare Qui le parole furon tron
cate da un violento scoppio di pianto. .
Ah birbone .! ah dannato ! ah assassino ! gridava Renzo,
correndo innanzi e indietro per la stanza, e stringendo di
tanto in tanto il manico del suo coltello.
Oh che imbroglio, per amor di Dio ! esclamava Agnese.
Il giovine si ferm d' improvviso davanti a Lucia che pian
geva ; la guard con un atto di tenerezza mesta e rabbiosa,
e disse : questa l' ultima che fa queil' assassino.
. Ah ! no, Renzo, per amor del cielo ! grid Lucia. No,
no, per amor del cielo ! II Signore c' anche per i poveri,
e come volete che ci aiuti, se facciam del male?
No, no, per amor del cielo! ripeteva Agnese.
Renzo, disse Lucia, con un' aria di speranza e di ri
soluzione pi tranquilla: voi avete un mestiere, e io so
lavorare : andiamo tanto lontano, che colui non senta pi
parlar di noi.
Ah Lucia! e poi? Non siamo ancora marito e moglie!
Il curato vorr farci la fede di stato libero? Un uomo
come quello ? Se fossimo maritati, oh allora !
Lucia si rimise a piangere : e tutt' e tre rimasero in
silenzio, e in un abbattimento che faceva un tristo con
trapposto alla pompa festiva de' loro abiti.
Sentite, figliuoli ; date retta a me, disse, dopo qualche
fomento, Agnese. Io son venuta al mondo prima di voi;
e il mondo lo conosco un poco. Non bisogna poi spaven
tarsi tanto : il diavolo non brutto quanto si dipinge. A
noi poverelli le matasse paion pi imbrogliate, perch non
CAPITOLO III. 43
sappiam trovarne il bandolo; ma alle volte un parere,
una parolina d' un uomo che abbia studiato so ben io
quel che voglio dire. Fate a mio modo, Renzo ; andate a
Lecco; cercate del dottor Azzecca-garbugli , raccontate
gli.... Ma non lo chiamate cos, per amor -del cielo:
un soprannome. Bisogna dire il signor dottor Come
si chiama, ora? Oh to'l non lo so il nome vero: lo chia-
man tutti a quel modo. Basta, cercate di quel dottore
alto, asciutto, pelato, col naso rosso, e una voglia di lam
pone sulla guancia.
Lo conosco di vista, disse Renzo.
Bene, continu Agnese : quello una cima d' uomo (
Ho visto io pi d' uno ch' era pi impicciato che un pulcin
nella stoppa, e non sapeva dove batter la testa, e, dopo es
sere stato un' ora a quattr' occhi col dottore Azzecca-gar
bugli, (badate bene di non chiamarlo cos!) l'ho visto,
dico, ridersene. Pigliate quei quattro capponi, poveretti ! a
cui dovevo tirare il collo, per il banchetto di domenica, e
portateglieli; perch non bisogna mai andar con le mani
vote da que' signori Raccontategli tutto l' accaduto ; e
vedrete che vi dir, .su due piedi, di quelle cose che a
noi non verrebbero in testa, a pensarci un anno.
Renzo abbracci molto volentieri questo parere ; Lucia
l'approv; e Agnese, superba d'averlo dato, lev, a una a
una, le povere bestie dalla stia, riun le loro otto gambe,
come se facesse un mazzetto di fiori, le avvolse e le strinse -
con uno spago, e le consegn in mano a Renzo ; il quale,
date e ricevute parole di speranza, usc dalla parte del
l' orto, per non esser veduto da' ragazzi, che gli correreb-
ber dietro, gridando: lo sposo ! lo sposo! Cos, attraver
sando i campi o, come dicon col, i luoghi, se n' and per
viottole, fremendo, ripensando alla sua disgrazia, e rumi
nando il discorso da fare al dottor Azzecca-garbugli. Lascio
poi pensare al lettore, come dovessero stare in viaggio
quelle povere bestie, cos legate e. tenute per le zampe, a
capo all' in gi , nella mano d' un uomo il quale, agitato da
tante passioni, accompagnava col gesto i pensieri che gli pas-
savan a tumulto per la mente. Ora stendeva il braccio per
44 I PROMESSI SPOSI
collera, ora l'alzava per disperazione, ora lo dibatteva
in aria, come per minaccia, e, in tutti i modi, dava loro
di fiere scosse, e faceva balzare quelle quattro teste
spenzolate ; le quali intanto s' ingegnavano a beccarsi
l' una con l' altra, come accade troppo sovente tra com
pagni di sventura.
Giunto al borgo , domand dell' abitazione del dottore ; gli
fu indicata, e v' and . All' entrare, s senti preso da quella
suggezione che i poverelli illetterati provano in vicinanza
d' un signore e d' un dotto, e dimentic tutti i discorsi che
aveva preparati ; ma diede un' occhiata ai capponi, e si rin
cor. Entrato in cucina,- domand alla serva, se si poteva
parlare al signor dottore. Adocchi essa le bestie, e, come
avvezza a somiglianti doni, mise loro le mani addosso, quan
tunque Renzo andasse tirando indietro, perch voleva che
il dottore vedesse e sapesse che egli portava qualche cosa.
Capit appunto mentre la donna diceva: date qui, e an
date innanzi. Renzo fece un grande inchino : il dottore
l' accolse umanamente, con un venite, figliuolo, e lo fece
entrar con s nello studio. Era questo uno stanzone, su tre
pareti del quale eran distribuiti i ritratti de' dodici Cesari ;
la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e
polverosi : nel mezzo, una tavola gremita d' allegazioni, di
suppliche, di libelli, di gride, con tre o quattro seggiole al
l' intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli , con
- una spalliera alta e quadrata, terminata agli angoli da due
ornamenti di legno, che s' alzavano a foggia di corna, co
perta di vacchetta, con grosse borchie, alcune delle quali,
cadute da gran tempo, lasciavano in libert gli angoli della
copertura, che s' accartocciava qua e l. Il dottore era in
veste da camera, cio coperto d' una toga ormai consunta,
che gli aveva servito, molt' anni addietro, per perorare, nei
giorni d' apparato, quando andava a Milano, per qualche
causa d' importanza. Chiuse l' uscio, e fece animo al giovine,
con queste parole : figliuolo, ditemi il vostro caso.
Vorrei dirle una parola in confidenza.
Son qui, rispose il dottore : parlate. E s'accomod
sul seggiolone. Renzo, ritto davanti alla tavola, con una
CAPITOLO XXI. 45
mano nel cocuzzolo del cappello, che faceva girar con l' al
tra, ricominci : vorrei sapere da lei che ha studiato ....
Ditemi il fatto come sta, interruppe il dottore.
Lei m' ha da scusare : noi altri poveri non sappiamo
parlar hene. Vorrei dunque sapere
Benedetta gente ! siete tutti cosi : in vece di raccon
tar il fatto, volete interrogare, perch avete gi i vostri
disegni in testa.
Mi scusi, signor dottore. Vorrei sapere se, a minac
ciare un curato , perch non faccia un matrimonio , e'
penale.
Ho capito, disse tra s il dottore, che in verit non
aveva capito. Ho capito. E subito si fece serio , ma
d' una seriet mista di compassione e di premura ; strinse
fortemente le labbra, facendone uscire un suono inartico
lato che accennava un sentimento, espresso poi pi chiara
mente nelle sue prime parole. Caso serio, figliuolo ; caso
contemplato. Avete fatto bene a venir da me. un caso
chiaro, contemplato in cento gride, e appunto, in una
dell' anno scorso, dell' attuale signor governatore. Ora vi
fo vedere, e toccar con mano. , .
Cos dicendo, s' alz dal suo seggiolone, e cacci le mani
in quel caos di carte, rimescolandole dal sotto in su, come
se mettesse grano in uno staio.
Dov' ora ? Vien fuori, vien fuori. Bisogna aver tante
cose alle mani ! Ma la dev' esser qui sicuro, perch una
grida d' importanza. Ah ! ecco, ecco. La prese, la spieg,
guard alla data, e, fatto un viso ancor pi serio', esclam :
il 15 d' ottobre 1627 ! Sicuro ; dell' anno passato ? grida
fresca ; son quelle che fanno pi paura. Sapete leggere, fi
gliuolo ?
Un pochino, signor dottore.
Bene, venitemi dietro con l' occhio, e vedrete.
E, tenendo la grida sciorinata in aria, cominci a leg
gere, borbottando a precipizio in alcuni passi, e fermandosi
distintamente, con grand' espressione, sopra alcuni altri,
secondo il bisogno :
Se bene, per la grida pubblicata d'ordine del Signor
46 I PROMESSI SPOSI
Buca di Feria ai 14 di dicembre 1620, et confi, mata dal
l'Illustriss. et Eccellentiss. Signore il Signor Gonzalo Fer-
nandez de Cordova, eccetera, fu con rimedii straordinarii
e rigorosi provvisto alle oppressioni, concussioni et atti
tirannici che alcuni ardiscono di commettere cantra questi
Vassalli tanto divoti di S. M., ad ogni modo la frequenza
degli eccessi, e la malitia, eccetera, cresciuta a segno,
che Imposto in necessit l'Eccell. Sua, eccetera. Onde, col
parere del Senato et di una Giunta, eccetera, ha risoluto
che si pubblichi la presente. ,,
E cominciando dagli atti tirannici, mostrando l' espe
rienza che molti, cos nelle Citt, come nelle Ville sen
tite? di questo Stato, con tirannide esercitano concussioni
et opprimono i pi deboli in vani modi, come in operare
che si facciano contratti violenti di compre, d' affitti
eccetera : dove sei ? ah ! ecco ; sentite : che seguano o non
seguano matrimonii. Eh ?
il mio caso, disse Renzo.
Sentite, sentite, c' ben altro ; e poi vedremo la pena.
Si testifichi, o non si testifichi; che uno si parta dal luogo
dove abita, eccetera ; che quello paghi un debito ; quell' al
tro non lo molesti, quello vada al suo molino : tutto questo
non ha che far con noi. Ah ci siamo: quel prete non faccia
quello che obbligato per l'uficio suo, o faccia cose che
non gli toccano. Eh ? J
Pare che abbian fatta la grida apposta per me.
Eh ? non vero ? sentite, sentite : et altre simili violenze,
quali seguono da feudatarii, nobili, mediocri, vili e plebei.
Non s ne scappa : ci son tutti : come la valle di Giosafat.
Sentite ora la pena. Tutte queste et altre simili male at
tieni, bench siano proibite, nondimeno, convenendo metter
mano a maggior rigore, S. E ,per la presente, non dero
gando, eccetera, ordina e comanda che contra li contrav
ventori in qualsivoglia dei suddetti capi, o altro simile, si
proceda da tutti li giudici ordinarvi di questo Stato a pena
pecuniaria e corporale, ancora di relegatione o di galera,
e fino alla morte .... una piccola bagattella ! all' arbitrio
dell' Eccellenza Sua, o del Senato, secondo la qualit dei
CAPITOLO HI. 4T
casi, persone e circostanze. E questo ir-re-r,iis-si-bil-
mente e con ogni rigore, eccetera. Ce n' della roba, eh ?
E vedete qui le sottoscrizioni : Gonzalo Fernandez de Cor-
ima; e pi, in gi: Platonus;e qui ancora: Vidit Ferver :
non ci manca niente.
Mentre il dottore leggeva, Renzo gli andava dietro len
tamente con V occhio, cercando di cavar il costrutto chiaro,
e di mirar proprio quelle sacrosante parole, che gli pare
vano dover essere il suo aiuto. Il dottore, vedendo il nuovo
cliente pi attento che atterrito, si maravigliava. Che sia
matricolato costui, pensava tra s : Ah ! ah ! gli disse
poi : vi siete per fatto tagliare il ciuffo. Avete avuto pru
denza: per, volendo mettervi nelle mie mani, non faceva
bisogno. Il caso serio ; ma voi non sapete quel che mi
basti l' animo di fare, in un' occasione.
Per intender quest' uscita del dottore, bisogna sapere, o
rammentarsi che, a quel tempo, i bravi di mestiere, e i fa
cinorosi d' ogni genere, usavan portare un lungo ciuffo, che
si tiravan poi sul volto, come una visiera, all' atto d' affron
tar qualcheduno, ne' casi in cui stimasser necessario di tra
visarsi, e l' impresa fosse di quelle, che richiedevano nello
stesso tempo forza e prudenza. Le gride non erano state in
silenzio su questa moda. Comanda Sua Eccellenza (il mar
chese de la Hynojosa) che chi porter i capelli di tal lun
ghezza che coprano il fronte fino alli cigli esclusivamente,
onero porter la trezza, o avanti o dopo le orecchie, in
corrala pena di trecento scudi;, et in caso d' inhabilit, di
tre anni di galera, per la prima volta, e per la seconda,
oltre la suddetta, maggiore ancora, pecuniaria et corpo
rale, all' arbitrio di Sua Eccellenza.
Permette per che , per occasione di trovarsi alcuno
Aoo, o per altra ragionevole causa di segnale o ferita,
fissano quelli tali, per maggior decoro e sanit loro, por-
fare i capelli tanto lunghi, quanto sia bisogno per coprire
simili mancamenti e niente di pi; avvertendo bene a non
teiere il dovere e pura necessit, per (non) incorrere
Mila pena agli altri contraffacienti imposta.
E parimente comanda a' barbieri, sotto pena di cento
48 I PROMESSI SPOSI
scudi o di tre tratti di corda da esser dati loro in pubblico,
et maggiore anco corporale, all' arbitrio come sopra, che
non lascino a quelli che toseranno, sorte alcuna di dette
trezze, zuffi, rizzi, n capelli pi lunghi dell' ordinario,
cos nella fronte come dalle bande, e dopo le orecchie, ma
che siano tutti uguali, come sopra, salvo nei casi dei calvi,
o altri difettosi, come si detto. Il ciuffo era dunque quasi
una parte dell' armatura, e un distintivo de' bravacci e de
gli scapestrati; i quali poi da ci vennero comunemente
chiamati ciuffi. Questo termine rimasto e vive tuttavia,
con significazione pi mitigata,. nel dialetto: e non ci sar
forse nessuno de' nostri lettori milanesi, che non si ram
menti d' aver sentito, nella sua fanciullezza, o i parenti, o
il maestro, o qualche amico di casa, o qualche persona di
servizio, dir di lui : un ciuffo, un ciuffetto.
In verit, da* povero figliuolo, rispose Renzo, io non
ho mai portato ciuffo in vita mia.
Non facciam niente, rispose il dottore, scotendo i
capo, con un sorriso, tra malizioso e impaziente. Se non
avete fede in me, non facciam niente. Chi dice le bugie al
dottore, vedete figliuolo, uno sciocco che dir la verit
al giudice. All' avvocato bisogna raccontar le cose chiare :
a noi tocca poi a imbrogliarle. Se volete ch' io v' aiuti, bi
sogna dirmi tutto, dall' a fino alla zeta, col cuore in mano,
come al confessore. Dovete nominarmi la persona da cui
avete avuto il mandato: sar naturalmente persona di ri
guardo ; e, in questo caso, io ander da lui, a fare un atto
di dovere. Non gli dir, vedete, ch'io sappia da voi, che v'ha
mandato lui : fidatevi; Gli dir che vengo ad implorar la sua
protezione, per un povero giovine calunniato. E con lui pren
der i concerti opportuni , per finir l' affare lodevolmente.
Capite bene che, salvando s, salver anche voi. Se poi la
scappata fosse tutta vostra, via, non mi ritiro: ho cavato
altri da peggio imbrogli .... Purch non abbiate offeso per
sona di riguardo, intendiamoci, m' impegno a togliervi d' im
piccio: con un po' di spesa, intendiamoci. Dovete dirmi chi
sia l'offeso, come si dice: e, "secondo la condizione, la qua
lit e l'umore dell'amico, si vedr se convenga pi di
CAPITOLO III. 49
tenerlo a segno con le protezioni, o trovar qualche modo
d'attaccarlo noi in criminale, e mettergli una pulce nell' o-
recchio; perch, vedete, a saper ben maneggiare le gride,
nessuno reo, e nessuno innocente. In quanto al curato,
se persona di giudizio, se no star zitto; se fosse una te
stolina, c' rimedio anche per quelle. D'ogni intrigo si pu
uscire ; ma ci vuole un uomo : e il vostro caso serio ; se
rio, vi dico, serio: la grida canta chiaro; e se la cosa si
deve decider tra la giustizia e voi, cos a quattr' occhi, state
fresco. Io vi parlo da amico : le scappate bisogna pagarle :
se volete passarcela liscia, danari e sincerit, fidarvi di
chi vi vuol bene, ubbidire, far tutto quello che vi sar sug
gerito.
Mentre il dottore mandava fuori tutte queste parole,
Renzo lo stava guardando con un' attenzione estatica, come
un materialone sta sulla piazza guardando al giocator di
bussolotti, che, dopo essersi cacciata in bocca stoppa e stoppa
e stoppa, ne cava nastro e nastro e nastro,. che non finisce
mai. Quand' ebbe per capito bene cosa il dottore volesse
dire, e quale equivoco avesse preso, gli tronc il nastro in
bocca, dicendo : oh ! signor dottore, come l' ha intesa ? l'
proprio tutta al rovescio. Io non ho minacciato nessuno ;
io non fo di queste cose, io : e domandi pure a tutto il mio
comune, che sentir che non ho mai avuto che fare con la
giustizia. La bricconeria l' hanno fatta a me ; e vengo da lei
per sapere come ho da fare per ottener giustizia ; e son
ben contento d' aver visto quella grida.
Diavolo! esclam il dottore, spalancando gli occhi.
Che pasticci mi fate ? Tant' ; siete tutti cos : possibile
che non sappiate dirle chiare le cose ?
Ma mi scusi ; lei non m' ha dato tempo : ora le raccon
ter la cosa, com' . Sappia dunque ch' io dovevo sposare
oggi, e qui la voce di. Renzo si commosse, dovevo spo
sare oggi una giovine, alla quale discorrevo, fin da quest'e
state ; e oggi, come le dico, era il giorno stabilito col si
gnor curato, e s' era disposto ogni cosa. Ecco che il signor
curato comincia a cavar fuori certe scuse basta, per non
tediarla, io l' ho fatto parlar chiaro, com' era giusto ; e lui
/ Promessi Sposi. 4
50 I PROMESSI SPOSI
m'ha confessato che gli era stato proibito, pena la vita, di
far questo matrimonio. Quel prepotente di don Rodrigo
Eh via ! interruppe subito il dottore, aggrottando le ci
glia, aggrinzando il naso rosso, e storcendo la bocca, eli
via ! Che mi venite a rompere il capo con queste fandonie ?
Fate di questi discorsi tra voi altri, che non sapete misu
rar le parole ; e non venite a farli con un galantuomo che
sa quanto valgono. Andate, andate; non sapete quel che vi
dite : io non m' impiccio con ragazzi ; non voglio sentir di
scorsi di questa sorte, discorsi in aria.
Le giuro ....
Andate, vi dico : che volete ch' io faccia de' vostri giu
ramenti? Io non c' entro: me ne lavo le mani. E se le
andava stropicciando, come se le lavasse davvero. Im
parate a parlare : non si viene a sorprender cos un ga
lantuomo.
Ma senta, ma senta, ripeteva indarno Renzo : il dot
tore , sempre gridando , lo spingeva con le mani verso
l' uscio; e, quando ve l' ebbe cacciato, apr, chiam la serva,
e le disse: restituite subito a quest' uomo quello che ha
portato : io non voglio niente, non voglio niente.
Quella donna non aveva mai, in tutto il tempo ch' era
stata in quella casa, eseguito un ordine simile: ma era
stato proferito con una tale risoluzione, che non esit a
ubbidire. Prese le quattro povere bestie, e le diede a Renzo,
con un' occhiata di compassione sprezzante, che pareva vo
lesse dire : bisogna che tu l' abbia fatta bella. Renzo voleva
far cerimonie ; ma il dottore fu inespugnabile ; e il giovine,
pi attonito e pi stizzito che mai, dovette riprendersi le
vittime rifiutate, e tornar al paese, a raccontar alle donne
il bel costrutto della sua spedizione.
Le donne, nella sua assenza, dopo essersi tristamente le
vate il vestito delle feste e messo quello del giorno di la
voro, si misero a consultar di nuovo, Lucia singhiozzando
e Agnese sospirando. Quando questa ebbe ben parlato de'
grandi effetti che si dovevano sperare dai consigli del dot
tore, Lucia disse che bisognava veder d' aiutarsi in tutte
le maniere ; che il padre Cristoforo era uomo non solo da
CAPITOLO IH, 51
consigliare, ma da metter l' opera sua, quando si trattasse
di sollevar poverelli : e che sarebbe una gran bella cosa
potergli far sapere ci ch' era accaduto. Sicuro, disse
Agnese : e si diedero a cercare insieme la maniera ; giacch
andar esse al convento, distante di l forse due miglia, non
se ne sentivano il coraggio, in quel giorno : e certo nessun
uomo di giudizio gliene avrebbe dato il parere. Ma, nel men
tre che bilanciavano i partiti, si sent un picchietto all' u-
scio, e, nello stesso momento, un sommesso ma distinto:
Beo gratias. Lucia, immaginandosi chi poteva essere,
corse ad aprire; e subito, fatto un piccolo inchino fami
gliare, venne avanti un laico cercatore cappuccino, con la
sua bisaccia pendente alla spalla sinistra, e tenendone l' im
boccatura attortigliata e stretta nelle due mani sul petto.
Oh fra Galdino ! dissero le due donne.
II Signore sia con voi, disse il frate. Vengo alla
cerca delle noci.
Va a prender le noci per i padri, disse Agnese.
Lucia s'alz, e s'avvi all' altra stanza, ma, prima d'en
trarvi, si trattenne dietro le spalle di fra Galdino, che ri
maneva diritto nella medesima positura ; e, mettendo il dito
alla bocca, diede alla madre un' occhiata che chiedeva il
segreto, con tenerezza, con supplicazione, e anche con una
certa autorit.
Il cercatore, sbirciando Agnese cos da lontano, disse:
e questo matrimonio ? Si doveva pur fare oggi : ho ve
duto nel paese una certa confusione, come se ci fosse una
novit. Cos' stato ?
Il signor curato ammalato, e bisogna differire, ri
spose in fretta la donna. Se Lucia non faceva quel segno,
la risposta sarebbe probabilmente stata diversa. E come
va la cerca? soggiunse poi, per mutar discorso.
Poco bene, buona donna, poco bene. Le son tutte qui.
E, cos* dicendo, si lev la bisccia d' addosso, e la fece sal
tar tra le due mani. Son tutte qui ; e, per mettere in
sieme questa bella abbondanza, ho dovuto picchiare a dieci
porte.
Ma ! le annate vanno scarse, fra Galdino ; e, quando
52 I PROMESSI SPOSI
s' ha a misurar il pane, non si pu allargar la mano nel
resto.
E per far tornare il buon tempo, che rimedio c' ,' la
mia donna? L' elemosina. Sapete di quel miracolo delle
noci, che avvenne, molt' anni sono, in quel nostro con
vento di Romagna?
No, in verit; raccontatemelo un poco.
Oh ! dovete dunque sapere che, in quel convento, c' era
un nostro padre, il quale era un santo, e si chiamava il
padre Macario. Un giorno d' inverno, passando per una viot
tola, in un campo d' un nostro benefattore, uomo dabbene
anche lui, il padre Macario vide questo benefattore vicino
a. un suo gran noce ; e quattro contadini, con le zappe in
aria, che principiavano a scalzar la pianta, per metterle le
radici al sole. Che fate voi a quella povera pianta? do
mando il padre Macario. Eh t padre, son anni e anni che
la non mi vuol far noci ; e io ne faccio legna. Lascia
tela stare, disse il padre : sappiate che, quest' anno, la far
pi noci che foglie. Il benefattore, che sapeva chi eia
colui che aveva detta quella parola, ordin subito ai lavo
ratori, che gettasser di nuovo la terra sulle radici; e, chia
mato il padre, che continuava la sua strada, padre Ma
cario, gli disse, la met della raccolta sar per il convento.
Si sparse la voce della predizione ; e tutti correvano a guar
dare il noce. In fatti, a primavera, fiori a bizzeffe, e, a suo
tempo, noci a bizzeffe. Il buon benefattore non ebbe la con
solazione di bacchiarle; perch and, prima della raccolta,
a ricevere il premio della sua carit. Ma il miracolo fu
tanto pi grande, come sentirete. Quel brav' uomo aveva
lasciato un figliuolo di stampa ben diversa. Or dunque, alla
raccolta, il cercatore and per riscuotere la met ch' era
dovuta al convento ; ma colui se ne fece nuovo affatto, ed
ebbe la temerit di rispondere che non aveva mai sentito
dire che i cappuccini sapessero far noci. Sapete orti cosa
avvenne ? Un giorno, (sentite questa) lo scapestrato aveva
invitato alcuni suoi amici dello stesso pelo, e, gozzovigliando,
raccontava la storia del noce, e rideva de' frati. Que' gio
vinastri ebber voglia d' andar a vedere quello sterminato
CAPITOLO III. 53
mucchio di noci; e lui li mena su in granaio. Ma sentite:
apre l' uscio, va verso il cantuccio dov' era stato riposto
il gran mucchio, e mentre dice : guardate, guarda egli stesso
e vede che cosa? Un bel mucchio di foglie secche di
noce. Fu un esempio questo? E il convento, in vece di
scapitare, ci gua dagn ; perch , dop o un cos gran fatto,
la cerca delle noci rendeva tanto, tanto, che un benefat
tore, mosso a compassione del povero cercatore, fece al
convento la carit d' un asino, che aiutasse a portar le noci
a casa. E si faceva tant' olio, che ogni povero veniva a
prenderne, secondo il suo bisogno; perch noi siam come
il mare, che riceve acqua da tutte le parti, e la torna a
distribuire a tutti i fiumi.
Qui ricomparve Lucia, col grembiule cos carico di noci,
che lo reggeva a fatica, tenendone le due cocche in alto,
con le braccia tese e allungate. Mentre fra Galdino, levatasi
di nuovo la bisaccia, la metteva gi, e ne scioglieva la
>occa, per introdurvi l' abbondante elemosina , la madre
fece un volto attonito e severo a Lucia, per la sua prodi
galit ; ma Lucia le diede un' occhiata, che voleva dire : mi
giustificher. Fra Galdino proruppe in elogi, in auguri, in
promesse, in ringraziamenti, e, rimessa la bisaccia al posto,
s'avviava. Ma Lucia, richiamatolo, disse : vorrei un ser
vizio da voi; vorrei che diceste al padre Cristoforo, che
ho gran premura di parlargli, e che mi faccia la carit di
venir da noi poverette, subito subito ; perch non possiamo
andar noi alla chiesa. '
Non volete altro? Non passer un'ora che il padre
Cristoforo sapr il vostro desiderio.
Mi fido.
Non dubitate. E cos detto, se n'and, un po' pi
curvo e pi contento, di quel che fosse venuto.
Al vedere che una povera ragazza mandava a chiamare,
con tanta confidenza, il padre Cristoforo, e che il cercatore
accettava la commissione, senza maraviglia e senza diffi
colt, nessun si pensi che quel Cristoforo fosse un frate di
dozzina, una cosa da strapazzo. Era anzi uomo di molta
autorit, presso i suoi, e in tutto il contorno; ma tale era
54 I PROMESSI SPOSI
la condizione de' cappuccini, che nulla pareva per loro
troppo basso, n troppo elevato. Servir gl' infimi, ed esser
servito dai potenti, entrar ne' palazzi e ne' tuguri, con lo
stesso contegno d' umilt e di sicurezza, esser talvolta, nella
stessa casa, un soggetto di passatempo, e un personaggio
senza il quale non si decideva nulla, chieder l' elemosina
per tutto, e farla a tutti quelli che la chiedevano al con
vento, a tutto era avvezzo un cappuccino. Andando per la
strada, poteva ugualmente abbattersi in un principe che gli
baciasse riverentemente la punta del cordone, o in una bri
gata di ragazzacci che, fingendo d' esser alle mani tra loro .
gl' inzaccherassero la barba di fango. La parola frate
veniva, in que' tempi, proferita col pi gran rispetto, e col
pi amaro disprezzo : e i cappuccini, forse pi d' ogni al-
tr'ordine, eran oggetto de' due opposti sentimenti, e prova
vano le due opposte fortune ; perch, non possedendo nulla,
portando un abito pi stranamente diverso dal comune,
facendo pi aperta professione d' umilt, s'esponevan pi da
vicino alla venerazione e al vilipendio che queste cose pos
sono attirare da' diversi umori, e dal diverso pensare de
gli uomini.
Partito fra.Galdino, tutte quelle noci ! esclam Agnese :
in quest' anno !
Mamma, perdonatemi, rispose Lucia-; ma, se aves
simo fatta un' elemosina come gli altri, fra Galdino avrebbe
dovuto girare ancora, Dio sa quanto, prima d' aver la bi
saccia piena ; Dio sa quando sarebbe tornato al convento ;
e, con le ciarle che avrebbe fatte e sentite, Dio sa se gli
sarebbe rimasto in mente
Hai pensato bene ; e poi tutta carit che porta sempre
buon frutto, disse Agnese, la quale, co' suoi difettucci,
era una gran buona donna, e si sarebbe, come si dice,
buttata nel fuoco per queil' unica figlia, in cui aveva ripo
sta tutta la sua compiacenza.
In questa, arriv Renzo, ed entrando con un volto dispet
toso insieme e mortificato, gett i capponi sur una tavola;
e fu questa l' ultima trista vicenda delle povere bestie, per
quel giorno.
' CAPITOLO HI. 55
Bel parere che m' avete dato ! disse ad Agnese. M' a-
vete mandato da un buon galantuomo, da uno che aiuta
veramente i poverelli ! E raccont il suo abboccamento
col dottore. La donna, stupefatta di cos trista riuscita, vo
leva mettersi a dimostrare che il parere per era buono, e
che Renzo non doveva aver saputo far la cosa come an
dava fatta ; ma Lucia interruppe quella questione, annun
ziando che sperava d' aver trovato un aiuto migliore. Renzo
accolse anche questa speranza, come accade a quelli che
sono nella sventura e nell' impiccio. Ma, se il padre,
disse, non ci trova un ripiego, lo trover io, in un modo
o nell' altro.
Le donne consigliaron la pace, la pazienza, la prudenza.
Domani, disse Lucia, il padre Cristoforo verr sicu
ramente; e vedrete che trover qualche rimedio, di quelli
che noi poveretti non sappiam nemmeno immaginare.
Lo spero; disse Renzo, ma, in ogni caso, sapr
farmi ragione, o farmela fare. A questo mondo e' giu
stizia finalmente.
Co' dolorosi discorsi, e con le andate e venute che si son
riferite, quel giorno era passato ; e cominciava a imbrunire.
Buona notte, disse tristamente Lucia a Renzo, il quale
non sapeva risolversi d' andarsene.
Buona notte, rispose Renzo, ancor pi tristamente.
Qualche santo ci aiuter, replic Lucia: usate pru
denza, e rassegnatevi. ,
La madre aggiunse altri consigli dello stesso genere ; e
10 sposo se n" and, col cuore in tempesta, ripetendo sem
pre quelle strane parole : a questo mondo c' giustizia,
finalmente ! Tant'. vero che un uomo sopraffatto dal
dolore non sa pi quel che si dica.

CAPITOLO IV.

Il sole non era ancor tutto apparso sull' orizzonte, quando


11 padre Cristoforo usc dal suo convento di Pescarenico,
per salire alla casetta dov' era aspettato. Pescarenico una
terricciola, sulla riva sinistra dell'Adda, o vogliam dire del
56 I PROMESSI SPOSI
lago, poco discosto dal ponte : un gruppetto di case, abitate
la pi parte da pescatori, e addobbate qua e l di tramagli
c di reti tese ad asciugare. Il convento era situato (e la
fabbrica ne sussiste tuttavia) al di fuori, e in faccia al
l' entrata della terra, con di mezzo la strada che da Lecco
conduce a Bergamo. Il cielo era tutto sereno : di mano in
mano che il sole si alzava dietro il monte, si vedeva la
sua luce, dalle sommit de' monti opposti, scendere, come
spiegandosi rapidamente, gi per i pendii, e nella valle. Un
venticello d' autunno, staccando da' rami le foglie appassite
del gelso, le portava a cadere, qualche passo distante dal
l' albero. A destra e a sinistra, nelle vigne, sui tralci an
cor tesi, brillavan le foglie rosseggianti a' varie tinte;. e la
terra lavorata di fresco, spiccava bruna e distinta ne' campi
di stoppie biancastre e luccicanti dalla guazza. La scena
era lieta ; ma ogni figura d' uomo che vi apparisse, rattri
stava lo sguardo e il pensiero. Ogni tanto, s' incontravano
mendichi laceri e macilenti, o invecchiati nel mestiere, o
spinti allora dalla necessit a tender la mano. Passavano
zitti accanto al padre Cristoforo , lo guardavano pietosa
mente, e, bench non avesser nulla a sperar da lui, giacch
un cappuccino non toccava mai moneta, gli facevano un in
chino di ringraziamento , per l' elemosina che avevan rice
vuta, o che andavano a cercare al convento. Lo spettacolo
de' lavoratori sparsi ne' campi, aveva qualcosa d' ancor pi
doloroso. Alcuni andavan gettando le lor semente, rade,
con risparmio, e a malincuore, come chi arrischia cosa che
troppo gli preme ; altri spingevan la vanga come a stento,
e rovesciavano svogliatamente la zolla. La fanciulla scarna,
tenendo per la corda al pascolo la vaccherella magra stec
chita, guardava innanzi, e si chinava in fretta, a rubarle,
per cibo della famiglia, gualche erba, di cui la fame aveva
insegnato che anche gli uomini potevan vivere. Questi spet
tacoli accrescevano, a ogni passo, la mestizia del frate, il
quale camminava gi col tristo presentimento in cuore r
il' andar a sentire qualche sciagura.
Ma perch si prendeva tanto pensiero di Lucia? E per
ch, al primo avviso , s' era mosso con tanta sollecitudine,
CAPITOLO IV. 57
come a una chiamata del padre provinciale ? E chi era que
sto padre Cristoforo ? Bisogna soddisfare a tutte queste
domande.
Il padre Cristoforo da'" era un uomo pi vicino ai ses
santa che ai cinquant' anni. Il suo capo raso, salvo la pic
cola corona di capelli, che vi girava intorno, secondo il rito
cappuccinesco, s' alzava di tempo in tempo, con un movi
mento che lasciava trasparire un non so che d' altero e.d' in
quieto ; e subito s' abbassava, per riflessione d' umilt. La
barba bianca e lunga, che gli copriva le guancie e il mento,
faceva ancor pi risaltare le forme rilevate della parte su
periore del volto, alle quali un" astinenza, gi da gran pezzo
abituale, aveva assai pi aggiunto di gravit che tolto
d' espressione. Due occhi incavati eran per lo pi chinati a
terra, ma talvolta sfolgoravano, con vivacit repentina ; co
me due cavalli bizzarri, condotti a mano da un cocchiere,
col quale sanno, per esperienza, che non si pu vincerla,
pure fanno, di tempo in tempo, qualche sgambetto, che
scontan subito, con una buona tirata di morso.
Il padre Cristoforo non era sempre stato cos, n sempre
era stato Cristoforo : il suo nome di battesimo era Lodovico.
Era figliuolo d'un mercante di *** (questi asterischi vengon
tutti dalla circospezione del mio anonimo) che, ne' suoi ul-
tim' anni, trovandosi assai fornito di beni, e con queir unico
figliuolo, aveva rinunziato al traffico, e s' era dato a viver
da signore.
Nel suo nuovo ozio, cominci a entrargli in corpo una
gran vergogna di tutto quel tempo che aveva speso a far
qualcosa in questo mondo. Predominato da una tal fantasia,
studiava tutte le maniere di far dimenticare ch' era stato
mercante : avrebbe voluto poterlo dimenticare anche lui. Ma
il fondaco, le balle, il libro, il braccio, gli comparivan sem
pre nella memoria, come l' ombra di Banco a Macbeth, an
che tra la pompa delle mense, e il sorriso de' parassiti. E
non si potrebbe dire la cura che dovevano aver que' pove
retti, per schivare ogni parola che potesse parere allusiva
all' antica condizione del convitante. Un giorno, per raccon
tarne una, un giorno, sul finir della tavola, ne' momenti
53 I PROMESSI SPOSI
della pi viva e schietta allegria, che non si sarebbe potuto
dire chi pi godesse, o la brigata di sparecchiare, o il pa
drone d' aver apparecchiato, andava stuzzicando, con supe
riorit amichevole, uno di que' commensali, il pi onesto
mangiatore del mondo. Questo, per corrispondere alla celia,
senza la minima ombra di malizia, proprio col candore d' un
bambino , rispose : eh ! io fo l' orecchio del mercante.
Egli -stesso fu subito colpito dal suono della parola che gli
era uscita di bocca: guard, con faccia incerta, alla faccia
del padrone, che s' era rannuvolata : l' uno e l' altro avreb-
ber voluto riprender quella di prima ; ma non era possibile.
Oli altri convitati pensavano, ognun da s, al modo di so
pire il piccolo scandolo, e di fare una diversione; ma, pen
sando, tacevano, e, in quel silenzio, lo scandolo era pi ma
nifesto. Ognuno scansava d' incontrar gli occhi degli altri ;
ognuno sentiva che tutti eran occupati del pensiero che
tutti volevan dissimulare. La gioia, per quel giorno, se
n'and; e l'imprudente o, per parlar con pi giustizia, lo
sfortunato, non ricevette pi invito. Cos il padre di Lodo
vico pass gli ultimi suoi anni in angustie continue, temendo
sempre d'essere schernito, e non riflettendo mai che il
vendere non cosa pi ridicola che il comprare, e che
quella professione di cui allora si vergognava, l'aveva
pure esercitata per tant'anni, in presenza del pubblico,
c senza rimorso. Fece educare il figlio nobilmente, se
condo la condizione de' tempi, e per quanto gli era con
cesso dalle leggi e dalle consuetudini; gli diede maestri
di lettere e d'esercizi cavallereschi; e mor, lasciandolo
ricco e giovinetto.
Lodovico aveva contratte abitudini signorili ; e gli adula
tori, tra i quali era cresciuto, l' avevano avvezzato ad es
ser trattato con molto rispetto. Ma, quando volle mischiarsi
coi principali della sua citt, trov un fare ben diverso da
quello a cui era accostumato ; e vide che, a voler essere della
lor compagnia, come avrebbe desiderato, gli conveniva fare
una nuova scuola di pazienza e di sommissione, star sem
pre al di sotto, e ingozzarne una, ogni momento. Una tal
maniera di vivere non s' accordava, n con l' educazione, n
CAPITOLO IV. 59
con la natura di Lodovico. S' allontan da essi indispettito.
Ma poi ne stava lontano con rammarico ; perch gli pareva
he questi veramente avrebber dovuto essere i suoi com
pagni; soltanto gli avrebbe voluti pi trattabili. Con questo
misto d' inclinazione e di rancore, non potendo frequentarli
famigliarmente, e volendo pure aver che far con loro in
qualche modo, s' era dato a competer con loro di sfoggi e
di magnificenza, comprandosi cos a contanti inimicizie, in
vidie e ridicolo. La sua indole, onesta insieme e violenta,
r aveva poi imbarcato per tempo in altre gare pi serie.
Sentiva un orrore spontaneo e sincero per l' angherie e per
i soprusi: orrore reso ancor pi vivo in lui dalla qualit
delle persone che pi ne commettevano alla giornata; ch' e-
rano appunto coloro coi quali aveva pi di quella ruggine.
Per acquietare, o per esercitare tutte queste passioni in una
volta, prendeva volentieri le parti d' un debole sopraffatto,
si piccava di farci stare un soverchiatore, s' intrometteva
in una briga, se ne tirava addosso un' altra ; tanto che, a
l*oco a poco, venne a costituirsi come un protettor degli op
pressi, e un vendicatore de' torti. L' impiego era gravoso;
non da domandare se il pvero Lodovico avesse nemici,
impegni e pensieri. Oltre la guerra esterna, era poi tribo
lato continuamente da contrasti interni; perch, a spun
tarla in un impegno (senza parlare di quelli in cui restava
al di sotto), doveva anche lui adoperar raggiri e violenze,
eia la sua coscienza non poteva poi approvare. Doveva te
nersi intorno un buon numero di bravacci ; e, cosi per la
sua sicurezza, come per averne un aiuto pi vigoroso, do
veva scegliere i pi arrischiati, cio i pi ribaldi ; e vivere
to' birboni, per amor della giustizia. Tanto che , pi d' una
volta, o scoraggito, dopo una trista riuscita, o inquieto per
un pericolo imminente, annoiato del continuo guardarsi,
stomacato della sua compagnia, in pensiero dell' avvenire,
per le sue sostanze che se n' andavan, di giorno in giorno ,
in opere buone e in braverie, pi d' una volta gli era saltata
la fantasia di farsi frate ; che, a que' tempi, era il ripiego
pi comune, per uscir d' impicci. Ma questa, che sarebbe
forse stata una fantasia per tutta la sua vita, divenne una
60 I PROMESSI SPOSI
risoluzione, a causa d' un accidente, il pi serio che gli fosse
ancor capitato.
Andava un giorno per una strada della sua citt, seguito
da due bravi, e accompagnato da un tal Cristoforo, altre
volte giovine di bottega e, dopo chiusa questa, diventato
maestro di casa. Era un uomo di circa cinquant' anni, affe
zionato, dalla giovent, a Lodovico, che aveva veduto na
scere, e che, tra salario e regali, gli dava non solo da vivere,
ma di che mantenere e tirar su una numerosa famiglia.
Vide Lodovico spuntar da lontano un signor tale, arro
gante e soverchiatore di professione, col quale non aveva
mai parlato in vita sua, ma che gli era cordiale nemico, e
al quale rendeva, pur di cuore, il contraccambio: giacch
uno de' vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare
ed esser odiati, senza conoscersi. Costui, seguito da quat
tro bravi, s' avanzava diritto, con passo superbo, con la te
sta alta, conja bocca composta all' alterigia e allo sprezzo.
Tutt' e due camminavan rasente al muro ; ma Lodovico (no
tate bene) lo strisciava col lato destro; e ci, secondo una
consuetudine, gli dava il diritto (dove mai si va a ficcare
il diritto !) di non istaccarsi dal detto muro, per dar passo
a chi si fosse ; cosa della quale allora si faceva gran caso.
L' altro pretendeva, all' opposto, che quel diritto competesse
& lui, come a nobile, e che a Lodovico toccasse d' andar .
nel mezzo ; e ci in forza d' un' altra consuetudine. Peroc
ch, in questo, come accade in molti altri affari, erano in
vigore due consuetudini contrarie, senza che fosse deciso
qual delle due fosse la buona ; il che dava opportunit di
fare una guerra, ogni volta che una testa dura s' abbattesse
in un' altra della stessa tempra. Que' due si venivano incon
tro, ristretti alla muraglia, come due figure di basso rilievo
ambulanti. Quando si trovarono a viso a viso, il signor tale,
squadrando Lodovico, a capo alto, col cipiglio imperioso, gli
disse, in un tono corrispondente di voce: fate luogo.
Fate luogo voi, rispose Lodovico. La diritta mia.
Co' vostri pari, sempre mia.
Si , se r arroganza de' vostri pari fosse legge per i
pari miei.
capitolo iv: (il
I bravi dell' uno e dell' altro eran rimasti fermi, ciascuno
dietro il suo padrone, guardandosi in cagnesco, con le mani
alle daghe, preparati alla battaglia. La gente che arrivava
di qua e di l, si teneva in distanza, a osservare il fatto;
la presenza di quegli spettatori animava sempre pi il
puntiglio de' contendenti.
Nel mezzo, vile meccanico ; o ch' io t' insegno una volta
come si tratta co' gentiluomini.
Voi mentite ch' io sia vile.
Tu menti ch' io abbia mentito. Questa risposta era
di prammatica. E, se tu fossi cavaliere, come son io,
aggiunse quel signore, ti vorrei far vedere, con la spada
e con la cappa, che il mentitore sei tu.
un buon pretesto per dispensarvi di sostener co' fatti
l'insolenza delle vostre parole.
Gettate nel fango questo ribaldo, disse il gentiluomo,
voltandosi a' suoi.
Vediamo ! disse Lodovico, dando subitamente un passo
indietro, e mettendo mano alla spada.
Temerario ! grid l' altro, sfoderando la sua : io spez
zer questa, quando sar macchiata del tuo vii sangue.
Cos s' avventarono l' uno all' altro ; i servitori delle due
partisi slanciarono alla difesa de' loro padroni. Il combat
timento era disuguale, e per il numero, e anche perei).';
Lodovico mirava piuttosto a scansare i colpi, e a disarmare
il nemico , che ad ucciderlo ; ma questo voleva la morte
di lui, a ogni costo. Lodovico aveva gi ricevuta al braccio
sinistro una pugnalata d' un bravo, e una sgraffiatura leg
giera in una guancia, e il nemico principale gli piombava
addosso per finirlo ; quando Cristoforo, vedendo il suo pa
drone nell' estremo pericolo, and col pugnale addosso al
signore. Questo, rivolta tutta la sua ira contro di lui, lo
pass con la spada. A quella vista, Lodovico, come fuor di
s, cacci la sua nel ventre del feritore, il quale cadde
moribondo, quasi a un punto col povero Cristoforo. I bravi
tei gentiluomo, visto ch'era finita, si diedero alla fuga,
malconci : quelli di Lodovico, tartassati e sfregiati anche
loro, non essendovi pi a chi dare, e non volendo trovarsi
62 I PROMESSI SPOSI
impicciati nella gente, che gi accorreva, scantonarono
dall'altra parte: e Lodovico si trov solo, con que' due
funesti compagni ai piedi, in mezzo a una folla.
Com' andata? uno. Son due. Gli ha fatto
un occhiello nel ventre. Chi stato ammazzato? Quel
prepotente. Oh santa Maria, che sconquasso! Chi
cerea trova. Una le paga tutte. Ha finito anche lui.
Che colpo ! Vuol essere una faccenda seria. E quel-
l' altro disgraziato ! Misericordia ! che spettacolo ! Sal
vatelo, salvatelo. Sta fresco anche lui. Vedete com'
concio ! butta sangue da tutte le parti. Scappi, scappi.
Non si lasci prendere.
Queste parole, che pi di tutte si facevan sentire nel fra-
stono confuso di quella folla, esprimevano il voto comune ;
e, coi consiglio, venne anche l' aiuto. Il fatto era accaduto
vicino a una chiesa di cappuccini, asilo, come ognun sa,
impenetrabile allora a' birri , e a tutto quel complesso di
cose e di persone, che si chiamava la giustizia. L' uccisore
ferito fu quivi condotto o portato dalla folla, quasi fuor di
sentimento ; e i frati lo ricevettero dalle mani del popolo,
che glielo raccomandava, dicendo : un uomo dabbene
che ha freddato un birbone superbo : l' ha fatto per sua di
fesa : c' stato tirato per i capelli.
Lodovico non aveva mai, prima d'allora, sparso sangue ;
e, bench l' omicidio fosse, a que' tempi, cosa tanto comune,
che gli orecchi d' ognuno erano avvezzi a sentirlo raccon
tare, e gli occhi a vederlo, pure l' impressione ch' egli ri
cevette dal veder l' uomo morto per lui, e l' uomo morto
da lui, fu nuova e indicibile ; fu una rivelazione di senti
menti ancora sconosciuti. Il cadere del suo nemico, l' alte
razione di quel volto, che passava, in un momento, dalla
minaccia e dal furore, all' abbattimento e alla quiete solenne
della morte, fu una vista che cambi, in un punto, l' animo
dell' uccisore. Strascinato al convento, non sapeva quasi
dove si fosse, n cosa si facesse ; e, quando fu tornato in
s, si trov in un letto dell' infermeria, nelle mani del frate
chirurgo, (i cappuccini ne avevano ordinariamente uno in
ogni convento) che accomodava faldelle e fasce sulle duo
CAPITOLO IV. t;J
ferite eh' egli aveva ricevute nello scontro. TJn padre, il
cui impiego particolare era d' assistere i moribondi, e che
aveva spesso avuto a render questo servizio sulla strada,
fu chiamato subito al luogo del combattimento. Tornato,
pochi minuti dopo, entr nell' infermeria, e avvicinatosi al
letto dove Lodovico giaceva , consolatevi , gli disse :
almeno morto bene, e m' ha incaricato di chiedere il
vostro perdono, e di portarvi il suo. Questa parola fece
rinvenire affatto il povero Lodovico, e gli risvegli pi vi
vamente e pi distintamente i sentimenti ch' eran confusi
e affollati nel suo animo : dolore dell' amico, sgomento e
rimorso del colpo che gli era uscito di mano, e, nello stesso
tempo, un' angosciosa compassione dell' uomo che aveva uc
ciso. EU altro ? domand ansiosamente al frate.
L' altro era spirato, quand' io arrivai.
Frattanto, gli accessi e i contorni del convento formicolr.-
van di popolo curioso : ma, giunta la sbirraglia, fece smal
tir la folla, e si post a una certa distanza dalla porta, in
modo per che nessuno potesse uscirne inosservato. TJn fra
tello del morto, due suoi cugini e un vecchio zio, vennero
pure, armati da capo a piedi, con grande accompagnamento
ili bravi; e si misero a far la ronda intorno, guardando, con
aria e con atti di dispetto minaccioso, que' curiosi, che non
osavan dire : gli sta bene ; ma l' avevano scritto in viso.
Appena Lodovico ebbe potuto raccogliere i suoi pensieri,
chiamato un frate confessore , lo preg che cercasse della
vedova di Cristoforo, le chiedesse in suo nome perdono d'es
sere stato lui la cagione, quantunque ben certo involon
taria, di quella desolazione, e, nello stesso tempo, l' assi
curasse ch' egli prendeva la famiglia sopra di s. Riflettendo
quindi a' casi suoi, sent rinascere pi che mai vivo e se
rio quel pensiero di farsi frate, che altre volte gli era pas
sato per la mente : gli parve che Dio medesimo l' avesse
messo sulla strada, e datogli un segno del suo volere, fa
cendolo capitare in un convento, in quella congiuntura; e il
partito fu preso. Fece chiamare il guardiano, e gli manifestc.
il suo desiderio. N'ebbe in risposta, che bisognava guar
darsi dalle risoluzioni precipitate; ma che, se persisteva,
64 I PROMESSI SPOSI
non sarebbe rifiutato. Allora, fatto venire un notaro,
dett una donazione di tutto ci che gli rimaneva (ch' era
tuttavia un bel' patrimonio ) alla famiglia di Cristoforo r
una somma alla vedova, come se le costituisse una con-
traddote, e il resto a otto figliuoli che Cristoforo aveva
lasciati.
La risoluzione di Lodovico veniva molto a propsito per
i suoi ospiti, i quali, per cagion sua, erano in un bell' in
trigo. Rimandarlo dal convento, ed esporlo cos alla giusti
zia, cio alla vendetta de' suoi nemici, non era partito da
metter neppure in consulta. Sarebbe stato lo stesso che ri
nunziare a' propri privilegi, screditare il convento presso
il popolo, attirarsi il biasimo di tutti i cappuccini dell' uni
verso, per aver lasciato violare il diritto di tutti, conci
tarsi Contro tutte l'autorit ecclesiastiche, le quali si con-
sideravan come tutrici di questo diritto. Dall' altra parte,
la famiglia dell' ucciso, potente assai, e per s, e per le sue
aderenze, s' era messa al punto di voler vendetta ; e dichia
rava suo nemico chiunque s' attentasse di mettervi ostacolo.
La storia non dice che a loro dolesse molto dell' ucciso, e
nemmeno che una lagrima fosse stata sparsa per lui, in
tutto il parentado : dice soltanto ch' eran tutti smaniosi
d' aver nell' unghie l' uccisore, o vivo o morto. Ora questo,
vestendo l' abito di cappuccino, accomodava ogni cosa. Fa
ceva, in certa maniera, un' emenda, s' imponeva una peni
tenza, si chiamava implicitamente in colpa, si ritirava da
ogni gara ; era in somma un nemico che depon l' armi. I
parenti del morto potevan poi anche, se loro piacesse, cre
dere e vantarsi che s' era fatto frate per disperazione, e per
terrore del loro sdegno. E, ad ogni modo, ridurre un uomo
a spropriarsi del suo, a tosarsi la testa, a camminare a
piedi nudi, a dormir sur un saccone, a viver d' elemosina,
poteva parere una punizione competente, anche all' offeso
il pi borioso.
Il padre guardiano si present, con un' umilt disinvolta,
al fratello del morto, e, dopo mille proteste di rispetto per
l'illustrissima casa, e di desiderio di compiacere ad essa
in tutto ci che fosse fattibile, parl del pentimnto di
CAPITOLO IV. 65
Lodovico, e della sua risoluzione, facendo garbatamente sen
tire che la casa poteva esserne contenta, e insinuando poi
soavemente, e con maniera ancor pi destra, che, piacesse
o non piacesse, la cosa doveva essere. Il fratello diede in
ismanie, che il cappuccino lasci svaporare, dicendo di tempo
in tempo : un troppo giusto dolore. Fece intendere che,
ia ogni caso, la sua famiglia avrebbe saputo prendersi una
soddisfazione : e il cappuccino, qualunque cosa ne pensasse,
non disse di no. Finalmente richiese, impose come una con
dizione, che F uccisor di suo fratello partirebbe subito da
quella citt. Il guardiano, che aveva gi deliberato che que
sto fosse fatto, disse che si farebbe, lasciando che l' altro
credesse, se gli piaceva, esser questo un atto d' ubbidienza :
e tutto fu concluso. Contenta la famiglia, che ne usciva con
onore ; contenti i frati, che salvavano un uomo e i loro pri
vilegi, senza farsi alcun nemico; contenti i dilettanti di
cavalleria, che vedevano un affare terminarsi lodevolmente ;
contento il popolo , che vedeva fuor d' impiccio un uomo
tea voluto, e che, nello stesso tempo, ammirava una con
versione ; contento finalmente, e pi di tutti, in mezzo al
dolore, il nostro Lodovico, il quale cominciava una vita
d' espiazione e di servizio, che potesse, se non riparare, pa
gare almeno il mal fatto, e rintuzzare il pungolo intollera
bile del rimorso. Il sospetto che la sua risoluzione fosse at
tribuita alla paura, l' afflisse un momento ; ma si consol
subito, col pensiero che anche quell' ingiusto giudizio sa
rebbe un gastigo per lui, e un mezzo d' espiazione. Cos, a
trentanni, si ravvolse nel sacco; e, dovendo, secondo l' uso,
lasciare il suo nome, prenderne un altro, ne scelse uno
che gli rammentasse, ogni momento, ci che aveva da
espiare: e si chiam fra Cristoforo.
Appena compita la cerimonia della vestizione, il guardiano
gl' intim che sarebbe andato a fare il suo noviziato a ***,
sessanta miglia lontano, e che partirebbe all' indomani. Il
novteio s' inchin profondamente, e chiese unagrazia. Per
mettetemi, padre, disse, che, prima di partir da questa
citt, dove ho sparso il sangue d'un uomo, dove lascio
una famiglia crudelmente offesa, io la ristori almeno
/ Promessi Sport. S
66 I promessi srosi
dell' affronto, ch' io mostri almeno il mio rammarico di nort
poter risarcire il danno, col chiedere scusa al fratello del
l' ucciso, e gli levi , se Dio benedice la mia intenzione, il
rancore dall' animo. Al guardiano parve che un tal passo,
oltre all' esser buono in s, servirebbe a riconciliar sempre
pi la famiglia col convento ; e and diviato da quel signor-
fratello, ad esporgli la domanda di fra Cristoforo. A pro
posta cos inaspettata, colui sent, insieme con la maravi
glia, un ribollimento di sdegno, non per senza qualche
compiacenza. Dopo aver pensato un momento, venga
domani, disse ; e assegn l' ora. Il guardiano torn, a por
tare al novizio il consenso desiderato.
Il gentiluomo pens subito che, quanto pi quella soddi
sfazione fosse solenne e clamorosa, tanto pi accrescerebbe
il suo credito presso tutta la parentela, e presso il pubbli
co ; e sarebbe (per dirla con un' eleganza moderna) una bella,
pagina nella storia della famiglia. Fece avvertire in fretta
tutti i parenti che, all' indomani, a mezzogiorno, restassero
serviti (cos si diceva allora) di venir da lui, a ricevere
una soddisfazione comune. A mezzogiorno, il palazzo bruli
cava di signori d' ogni et e d' ogni sesso : era un girare, un
rimescolarsi di gran cappe, d' alte penne, di durlindane pen
denti, un moversi librato di gorgiere inamidate e crespe,
uno strascico intralciato di rabescate zimarre. Le antica
mere, il cortile e la strada formicolavan di servitori, di
paggi, di bravi e di curiosi. Fra Cristoforo vide quell'ap
parecchio, ne indovin il motivo, e prov un leggier tur
bamento; ma, dopo un istante, disse tra s: sta bene:
l' ho ucciso in pubblico, alla presenza di tanti suoi nemici:
quello fu scandolo, questa riparazione. Cos, con gli
occhi bassi, col padre compagno al fianco, pass la porta
<li quella casa, attravers il cortile, tra una folla che lo
squadrava con una curiosit poco cerimoniosa ; sal le scale,
e, di mezzo all' altra folla signorile, che fece ala al suo pas
saggio, seguito da cento sguardi, giunse alla presenza del
padron di casa ; il quale, circondato da' parenti pi pros
simi, stava ritto nel mezzo della sala, con lo sguardo a
terra, e il mento in aria, impugnando, con la mano sinistra,
CAriTOLO IV. 67
il pomo della spada, e stringendo con la destra il bavero
della cappa sul petto.
C' talvolta, nel volto e nel contegno d' un uomo, un' e-
spressione cos immediata, si direbbe q.'asi un'effusione
dell'animo interno, che, in una folla di spettatori, il giudizio
sopra quell' animo sar un solo. Il volto e il contegno di fra
Cristoforo disser chiaro agli astanti, che non s'era fatto
frate, n veniva a quell' umiliazione per timore umano : e
questo cominci a concigliarglieli tutti. Quando vide l' of
feso, affrett il passo, gli si pose inginocchioni ai piedi, in
croci le mani sul petto, e, chinando la testa rasa, disse que
ste parole : io sono l' omicida di suo fratello. Sa Iddio se
vorrei restituirglielo a costo del mio sangue ; ma, non po
tendo altro che farle inefficaci e tarde scuse, la supplico
d'accettarle per l' amor di Dio. Tutti gli occhi erano im
mobili sul novizio, e sul personaggio a cui egli parlava ;
mtti gli orecchi eran tesi. Quando fra Cristoforo tacque,
s' a'.z, per tutta la sala, un mormorio di piet e di rispetto.
H g?ntiluomo, che stava in atto di degnazione forzata, e
d'ira compressa, fu turbato da quelle parole ; e, chinandosi
verso l' inginocchiato : alzatevi, disse, con voce alterata:
l'offesa il fatto veramente ma l'abito che por
tate non solo questo, ma anche per voi. . . S' alzi, pa>-
dre Mio fratello... non lo posso negare era un
cavaliere .... era un uomo un po' impetuoso .... un po'
vivo. Ma tutto accade per disposizion di Dio. Non se ne parli
pi... Ma, padre, lei non deve stare in codesta positura.
E, presolo per le braccia, lo sollev. Fra Cristoforo, in piedi,
ma col capo chino, rispose : io posso dunque sperare che
lei m'abbia concesso il suo perdono ! E se l' ottengo da lei,
da chi non devo sperarlo ? Oh ! s' io potessi sentire dalla
sua bocca questa parola, perdono !
Perdono ? disse il gentiluomo. Lei non ne ha pi
feogno. Ma pure, poich lo desidera, certo, certo, io le per
dono di cuore, e tutti
Tutti ! tutti ! gridarono, a una voce, gli astanti. Il volto
del frate s' apr a una gioia riconoscente , sotto la quale
traspariva per ancora un' umile e profonda compunzione
68 I PROMESSI SPOSI
del male a cui la remissione degli uomini non poteva ripa
rare. Il gentiluomo, vinto da queir aspetto, e trasportato
dalla commozione generale, gli gett le braccia al collo,
e gli diede e ne ricevette il bacio di pace.
Un bravo ! bene ! scoppi da tutte le parti della sala;
tutti si mossero, e si strinsero intorno al frate. Intanto ven
nero servitori, con gran copia di rinfreschi. Il gentiluomo
si raccost al nostro Cristoforo, il quale faceva segno di vo
lersi licenziare, e gli disse : padre, gradisca qualche cosa ;
mi dia questa prova d' amicizia. E si mise per servirlo
prima d' ogni altro ; ma egli, ritirandosi, con una certa re
sistenza cordiale, queste cose, disse, non fanno pi
per me ; ma non sar mai ch' io rifiuti i suoi doni. Io sto
per mettermi in viaggio : si degni di farmi portare un pane,
perch io possa dire d' aver goduto la sua carit, d' aver
mangiato il suo pane, e avuto un segno del suo perdono.
Il gentiluomo, commosso, ordin che cos si facesse; e venne
subito un cameriere, in gran gala, portando un pane sur
un piatto d' argento, e lo present al padre ; il quale, pre
solo e ringraziato, lo mise nella sporta. Chiese quindi li
cenza; e, abbracciato di nuovo il padron di casa, e tutti
quelli che, trovandosi pi vicini a lui, poterono impadro
nirsene un momento, si liber da essi a fatica ; ebbe a com
batter nelle anticamere , per isbrigarsi da' servitori , e
anche da' bravi, che gli baciavano il lmbo dell' abito, il
cordone, il cappuccio ; e si trov nella strada, portato come
in trionfo, e accompagnato da una folla di popolo, fino a una
porta della citt ; d' onde usc, cominciando il suo pedestre
viaggio, verso il luogo del suo noviziato.
Il fratello dell' ucciso, e il parentado, che s' erano aspet
tati d' assaporare in quel giorno la trista gioia dell' orgo
glio, si trovarono invece ripieni della gioia serena del per
dono e della benevolenza. La compagnia si trattenne ancor
qualche tempo, con una bonariet e con una cordialit
insolita, in ragionamenti ai quali nessuno era preparato
andando l. In vece di soddisfazioni prese, di soprusi ven
dicati, d' impegni spuntati, le lodi del novizio, la riconcilia
zione, la mansuetudine furono i temi della conversazione.
CAPITOLO IV. 69
E taluno, che, per la cinquantesima volta, avrebbe raccon
tato come il conte Muzio suo padre aveva saputo, in quella
famosa congiuntura, far stare a dovere il marchese Stani
slao, ch'era quel rodomonte che ognun sa, parl invece
delle penitenze e della pazienza mirabile d' un fra Simone,
morto molt' anni prima. Partita la compagnia, il padrone,
ancor tutto commosso, riandava tra s, con maraviglia, ci
che aveva inteso, ci ch' egli medesimo aveva detto ; e bor
bottava tra i denti : diavolo d' un frate ! (bisogna bene
che noi trascriviamo le sue precise parole) diavolo d'un
frate! se rimaneva l in ginocchio, ancora per qualche
momento, quasi quasi gli chiedevo scusa io, che m' abbia
ammazzato il fratello. La nostra storia nota espressa
mente che, da quel giorno in poi, quel signore fu un po'
men precipitoso, e un po' pi alla mano.
Il padre Cristoforo camminava, con una consolazione che
non aveva mai pi provata, dopo quel giorno terribile, ad
espiare il quale tutta la sua vita doveva esser consacrata.
D silenzio ch'era imposto a' novizi, l'osservava, senza av
vedersene, assorto com' era, nel pensiero delle fatiche, delle
privazioni e dell' umiliazioni che avrebbe sofferte, per iscon-
tare il suo fallo. Fermandosi, all' ora della refezione, presso
un benefattore, mangi, con una specie di volutt, del pane
del perdono : ma ne serb un pezzo, e lo ripose nella sporta,
per tenerlo, come un ricordo perpetuo.
Non nostro disegno di far la storia della sua vita clau
strale : diremo soltanto che, adempiendo, sempre con gran
voglia, e con gran cura, gli ufizi che gli venivano ordina
riamente assegnati, di predicare e d' assistere i moribondi,
non lasciava mai sfuggire un' occasione d' esercitarne due
altri, che s'era imposti da s: accomodar differenze, e
proteggere oppressi. In questo genio entrava, per qualche
parte, senza ch'egli se n'avvedesse, quella sua vecchia
abitudine, e un resticciolo di spiriti guerreschi, che l' umi
liazioni e le macerazioni non avevan potuto spegner del
tutto. Il suo linguaggio era abitualmente umile e posato ;
ma, quando si trattasse di giustizia o di verit combattuta,
l'uomo s'animava, a un tratto, dell'impeto antico, che,
70 I PROMESSI SPOSI
secondato e modificato da un' enfasi solenne, venutagli dal
l' uso del predicare, dava a quel linguaggio un carattere
singolare. Tutto il suo contegno, come l' aspetto, annunziava
una lunga guerra, tra un' indole focosa, risentita, e una
volont opposta, abitualmente vittoriosa, sempre all' erta,
e diretta ila motivi e da ispirazioni superiori. Un suo con
fratello ed amico, che lo conosceva bene, l' aveva una volta
paragonato a quelle parole troppo espressive nella loro
forma naturale, che alcuni, anche ben educati, pronunziano,
quando la passione trabocca, smozzicate, con qualche let
tera mutata; parole che, in quel travisamento, fanno per
ricordare della loro energia primitiva.
Se una poverella sconosciuta, nel tristo caso di Lucia,
avesse chiesto l'aiuto del padre Cristoforo, egli sarebl e
corso immediatamente. Trattandosi poi di Lucia, accorse
con tanta pi sollecitudine, in quanto conosceva e ammirava
l' innocenza di lei, era gi in pensiero per i suoi pericoli, e
sentiva un' indegnazione santa, per la turpe persecuzione
della quale era divenuta l' oggetto. Oltre di ci, avendola
consigliata, per il meno male, di non palesar nulla, e di
starsene quieta, temeva ora che il consiglio potesse aver
prodotto qualche tristo effetto ; e alla sollecitudine di ca
rit, ch' era in lui come ingenita, s'aggiungeva, in ques o
caso, queir angustia scrupolosa che spesso tormenta i buoni.
Ma, intanto che noi siamo stati a raccontare i fatti del
padre Cristoforo, arrivato, s' affacciato all' uscio; e le
donne, lasciando il manico dell' aspo che facevan girare e
stridere, si sono alzate, dicendo, a una voce: oh padr e
Cristoforo ! sia benedetto !

CAPITOLO V.

Il qual padre Cristoforo si ferm ritto sulla soglia, e, ap


pena ebbe data un' occhiata alle donne, dovette accorgersi
che i suoi presentimenti non eran falsi. Onde, con quel tono
d' interrogazione che va incontro a una trista risposta, al
zando la barba con un moto leggiero della testa all' indie
tro, disse : ebbene ? Lucia rispose con uno scoppio di
CAPITOLO V. 71
pianto. La madre cominciava a far le scuse d' aver osato . . .
ma il frate s' avanz, e, messosi a sedere sur un panchetto
a tre piedi, tronc i complimenti, dicendo a Lucia : quie
tatevi, povera figliuola. E voi, disse poi ad Agnese, rac
contatemi cosa c' ! Mentre la buona donna faceva alla
meglio la sua dolorosa relazione, il frate diventava di mille
colori, e ora alzava gli occhi al cielo, ora batteva i piedi.
Terminata la storia, si copri il volto con le mani, ed escla
m: o Dio benedetto ! fino a quando ! Ma, senza com
pir la frase, voltandosi di nuovo alle donne : poverette !
disse : Dio vi ha visitate. Povera Lucia !
Non ci abbandoner, padre? disse questa, singhioz
zando.
Abbandonarvi ! rispose. E con che faccia potrei
10 chieder a Dio qualcosa per me, quando v'avessi ab
bandonata? voi in questo stato ! voi, ch'Egli mi confida!
Non vi perdete d' animo : Egli v' assister : Egli vede tutto :
Egli pu servirsi anche d' un uomo da nulla come son io.
per confondere un Vediamo , pensiamo quel che si
possa fare.
Cos dicendo, appoggi il gomito sinistro sul ginocchio,
chin la fronte nella palma, e con la destra strinse la barba
e il mento, come per tener ferme e unite tutte le potenze
dell'animo. Ma la pi attenta considerazione non serviva
che a fargli scorgere pi distintamente quanto il caso fosse
pressante e intrigato, e quanto scarsi, quanto incerti e pe
ricolosi i ripieghi. Mettere un po' di vergogna a don Ab
bondio, e fargli sentire quanto manchi al suo dovere? Ver
gogna e dovere sono un nulla per lui, quando ha paura.
E fargli paura ? Che mezzi ho io mai di fargliene una che
superi quella che ha d' una schioppettata? Informar di tutto
11 cardinale arcivescovo, e invocar la sua autorit? Ci vuol
tempo: e intanto? e poi? Quand'anche questa povera inno
cente fosse maritata, sarebbe questo un freno per quel
l'uomo? Chi sa a qual segno possa arrivare? E resi
stergli? Come? Ah! se potessi, pensava il povero frate, se
potessi tirar dalla mia i miei frati di qui, que' di Milano !
Mal non un affare comune; sarei abbandonato. Costui
72 I P.ROMESSI SPOSI
fa l' amico del convento, si spaccia per partigiano de' cap
puccini : e i suoi bravi non son venuti pi d' una volta a ri
coverarsi da noi? Sarei solo in ballo; mi buscherei anche
dell' inquieto, dell' imbroglione, dell' accattabrighe ; e, quel
ch' pi, potrei fors' anche, con un tentativo fuor di tempo,
peggiorar la condizione di questa poveretta. Contrap-
pesato il pro e il contro di questo e di quel partito, il mi
gliore gli parve d' affrontar don Rodrigo stesso, tentar di
smoverlo dal suo infame proposito, con le preghiere, coi
terrori dell' altra vita, anche di questa, se fosse possibile.
Alla peggio, si potrebbe almeno conoscere, per questa via,
pi distintamente quanto colui fosse ostinato nel suo sporco
impegno, scoprir di pi le sue intenzioni, e prender consi
glio da ci.
Mentre il frate stava cos meditando, Renzo, il quale,
per tutte le ragioni che ognun pu indovinare, non sapeva
star lontano da quella casa, era comparso sull' uscio ; ma,
visto il padre sopra pensiero, e le donne che facevan cenno
di non disturbarlo, si ferm sulla soglia, in silenzio. Alzando
la faccia, per comunicare alle donne il suo progetto, il frate
s'accorse di lui, e lo salut in un modo ch'esprimeva un'af
fezione consueta, resa pi intensa dalla piet.
Le hanno detto. . ., padre? gli domand Renzo, con
voce commossa.
Pur troppo ; e per questo son qui.
Che dice di quel birbone ... ?
Che vuoi ch' io dica di lui ? Non qui a sentire : die
gioverebbero le mie parole ? Dico a te, il mio Renzo, che tu
confidi in Dio, e che Dio non t' abbandoner.
Benedette le sue parole ! esclam il giovane. Lei
non di quelli che dan sempre torto a' poveri. Ma il signor-
curato, e quel signor dottor delle cause perse
Non rivangare quello che non pu servire ad altro che
a inquietarti inutilmente, lo sono un povero frate ; ma ti
ripeto quel che ho detto a queste donne : per quel poco che
posso, non v' abbandoner.
Oh, lei non come gli amici del mondo ! Ciarloni ! Chi
avesse creduto alle proteste che mi facevan costoro, nel
CAPITOLO V. 73
buon tempo ; eh eh ! Eran pronti a dare il sangue per me ;
m'avrebbero sostenuto contro il diavolo. S' io avessi avuto
un nemico ?. . . bastava che mi lasciassi intendere ; avrebbe
finito presto di mangiar pane. E ora, se vedesse come si
ritirano A questo punto, alzando gli occhi al volto del
padre, vide che s' era tutto rannuvolato, e s' accorse- d' aver
detto ci che conveniva tacere. Ma volendo raccomodarla,
s'andava intrigando e imbrogliando: volevo dire.... non
intendo dire cio, volevo dire ....
Cosa volevi dire ? E che ? tu avevi dunque cominciato
a guastar l' opera mia, prima che fosse intrapresa ! Buon
per te che sei stato disingannato in tempo. Che ! tu andavi
in cerca d' amici quali amici ! . . . che non t' avrebber po
tuto aiutare, neppur volendo! E cercavi di perder Quel
solo che lo pu e lo vuole ! Non sai tu che Dio l' amico
de' tribolati , che confidano in Lui? Non sai tu che, a
metter fuori l'unghie, il debole non ci guadagna? E quando
pure.... A questo punto, afferr fortemente il braccio di
Renzo : il suo aspetto, senza perder d' autorit, s' atteggi
d'una compunzione solenne, gli occhi s'abbassarono, la
voce divenne lenta e come sotterranea : quando pure
un terribile guadagno ! Renzo ! vuoi tu confidare in me ? ... .
che dico in me, omiciattolo, fraticello ? Vuoi tu confidare
in Dio?
Oh s! rispose Renzo. Quello il Signore dav
vero.
Ebbene ; prometti che non affronterai, che non provo
cherai nessuno, che ti lascerai guidar da me.
Lo prometto.
Lucia fece un gran respiro, come se le avesser levato un
peso d' addosso ; e Agnese disse : bravo figliuolo.
Sentite, figliuoli, riprese fra Cristoforo : io ander
oggi a parlare a queir uomo. Se Dio gli tocca il cuore, e d
forza alle mie parole, bene : se no, Egli ci far trovare qual
che altro rimedio. Voi intanto, statevi quieti, ritirati, scan
sate le ciarle, non vi fate vedere. Stasera, o domattina al
pi tardi, mi rivedrete. Detto questo, tronc tutti i rin
graziamenti e le benedizioni, e part. S' avvi al convento,
74 I PROMESSI SPOSI
arriv a tempo d' andare in coro a cantar sesta, desin, e
si mise subito in cammino, verso il covile della fiera che
voleva provarsi d' ammansare.
Il palazzotto di don Rodrigo sorgeva isolato, a somi
glianza d' una bicocca , sulla cima d' uno de' poggi ond'
sparsa e rilevata quella costiera. A questa indicazione l' a-
nonimo aggiunge che il luogo (avrebbe fatto meglio a scri
verne alla buona il nome) era pi in su del paesello degli
sposi, discosto da questo forse tre miglia, e quattro dal con
vento. Appi del poggio, dalla parte che guarda a mezzo
giorno, e verso il lago, giaceva un mucchietto di casupole,
abitate da contadini di don Rodrigo ; ed era come la piccola
capitale del suo piccol regno. Bastava passarvi, per esser
chiarito della condizione e de' costumi del paese. Dando
un'occhiata nelle stanze terrene, dove qualche uscio fosse
aperto, si vedevano attaccati al muro schioppi, tromboni,
zappe, rastrelli, cappelli di paglia, reticelle e fiaschetti da
polvere, alla rinfusa. La gente che vi s' incontrava erano
omacci tarchiati e arcigni, con un gran ciuffo arrovesciato
sul capo, e chiuso in una reticella ; vecchi che, perdute le
zanne, parevan sempre pronti, chi nulla nulla gli aizzasse,
a digrignar le gengive; donne con certe facce maschie, e
con certe braccia nerborute, buone da venire in aiuto della
lingua, quando questa non bastasse : ne' sembianti e nelle
mosse de' fanciulli stessi, che giocavan per la strada, si
vedeva un non so che di petulante e di provocativo.
. Fra Cristoforo attravers il villaggio, sali per una viuzza
a chiocciola, e pervenne sur una piccola spianata, davanti
al palazzotto. La porta era chiusa, segno che il padrone
stava desinando, e non voleva esser frastornato. Le rade
e piccole finestre che davan sulla strada, chiuse da impo
ste sconnesse e consunte dagli anni, eran per difese da
grosse inferriate, e quelle del pian terreno tant' alte che
appena vi sarebbe arrivato un uomo sulle spalle d'un altro.
Regnava quivi un gran silenzio ; e un passeggiero avrebbe
potuto credere che fosse una casa abbandonata, se quat
tro creature, due vive e due morte, collocate in simme
tria, di fuori, non avesser dato un indizio d' abitanti. Due
CAPITOLO V, 75
grand' avoltoi, con l'ali spalancate, e co' teschi penzoloni,
l'uno spennacchiato e mezzo roso dal tempo, l' altro ancor
saldo e pennuto, erano inchiodati, ciascuno sur un battente
del portone ; e due bravi, sdraiati, ciascuno sur una delle pan
che poste a destra e a sinistra, facevan la guardia, aspet
tando d'esser chiamati a goder gli avanzi della tavola del
signore. Il padre si ferm ritto, in atto di chi si dispone
ad aspettare ; ma un de' bravi s' alz, e gli disse : padre,
padre, venga pure avanti : qui non si fanno aspettare i cap
puccini : noi siamo amici del convento : e io ci sono stato
in certi momenti che fuori non era troppo buon' aria per
me; e se mi avesser tenuta la porta chiusa, la sarebbe an
data male. Cosi dicendo, diede due picchi col martello.
A quel suono risposer subito di dentro gli urli e le strida
di mastini e di cagnolini ; e, pochi momenti dopo, giunse
borbottando un vecchio servitore; ma, veduto il padre, gli
fece un grand' inchino, acquiet le bestie, con le mani e
con la voce, introdusse l'ospite in un angusto cortile, e
richiuse la porta. Accompagnatolo poi in un salotto, e
cardandolo con una cert' aria di maraviglia e di rispetto,
disse : non lei il padre Cristoforo di Pescarenico ?
Per l' appunto.
Lei qui ?
Come vedete, buon uomo.
Sar per far del bene. Del bene, continu mormo
rando tra i denti, e rincamminandosi, se ne pu far per
tutto. Attraversati due o tre altri salotti oscuri, arriva
rono all' uscio della sala del convito. Quivi un gran frastono
confuso di forchette, di coltelli, di bicchieri, di piatti, e sco
pra tutto di voci discordi, che cercavano a vicenda di so
verchiarsi. 11 frate voleva ritirarsi, e stava contrastando
dietro l' uscio col servitore, per ottenere d' esser lasciato
in qualche canto della casa, fin che il pranzo fosse termi
nato; quando l'uscio s'apr. Un certo conte Attilio, che
stava seduto in faccia (era un cugino del padron di casa; e
abbiam gi fatta menzione di lui, senza nominarlo), veduta
una testa rasa e una tonaca, e accortosi dell' intenzione mo
desta del buon frate, ehi ! ehi! grid: non ci scappi,
76 I PROMESSI SPOSI
padre riverito : avanti, avanti. Don Rodrigo, senza indo
vinar precisamente il soggetto di quella visita, pure, per
non so qual presentimento confuso, n' avrebbe fatto di meno.
Ma, poich lo spensierato d'Attilio aveva fatta quella gran
chiamata, non conveniva a lui di tirarsene indietro ; e disse :
venga, padre, venga. Il padre s' avanz, inchinandosi al
padrone, e rispondendo, a due mani, ai saluti de' commensali.
L' uomo onesto in faccia al malvagio, piace generalmente
(non dico a tutti) immaginarselo con la fronte alta, con
l0 sguardo sicuro, col petto rilevato, con lo scilinguagnolo
bene sciolto. Nel fatto per, per fargli prender queil' atti
tudine, si richiedon molte circostanze, le quali ben di rado
si riscontrano insieme. Perci, non vi maravigliate se fra
Cristoforo, col buon testimonio della sua coscienza, col sen
timento fermissimo della giustizia della causa che veniva
a sostenere, con un sentimento misto d' orrore e di com
passione per don Rodrigo, stesse con una cert' aria di
suggezione e di rispetto, alla presenza di quello stesso don
Rodrigo, ch' era l in capo di tavola, in casa sua, nel suo re
gno, circondato d' amici, d' omaggi, di tanti segni della sua
potenza, con un viso da far morire in bocca a chi si sia
una preghiera, non che un consiglio, non che una corre
zione, non che un rimprovero. Alla sua destra sedeva quel
conte Attilio suo cugino, e, se fa bisogno di dirlo, suo col
lega di libertinaggio e di soverchieria, il quale era venuto
da Milano a villeggiare, per alcuni giorni, con lui. A sini
stra, e a un altro lato della tavola, stava, con gran rispetto,
temperato per d' una certa sicurezza, e d' una certa sac
centeria, il signor podest, quel medesimo a cui, in teoria,
sarebbe toccato a far giustizia a Renzo Tramaglino, e a
fare star a dovere don Rodrigo, come s' visto di sopra.
In faccia al podest, in atto d' un rispetto il pi puro, il
pi sviscerato, sedeva il nostro dottor Azzecca-garbugli,
in cappa nera, e col naso pi rubicondo del solito : in faccia
ai due cugini, due convitati oscuri, de' quali la nostra storia
dice soltanto che non facevano altro che mangiare, chinare
1l capo, sorridere e approvare ogni cosa che dicesse un
commensale, e a cui un altro non contraddicesse.
CAPITOLO V. 77
Da sedere al padre, disse don Rodrigo. Un servitore
present una sedia, sulla quale si mise il padre Cristoforo,
facendo qualche scusa al signore , d' esser venuto in ora
inopportuna. Bramerei di parlarle da solo a solo, con
suo comodo, per un affare d' importanza, soggiunse poi,
con voce pi sommessa, all' orecchio di don Rodrigo.
Bene, bene, parleremo; rispose questo: ma intanto
si porti da bere al padre.
Il padre voleva schermirsi; ma don Rodrigo, alzando la
voce, in mezzo al trambusto ch'era ricominciato, gridava:
no, per bacco, non mi far questo torto ; non sar mai
vero che uh cappuccino vada via da questa casa, senza aver
gustato del mio vino, n un creditore insolente, senza aver
assaggiate le legna de' miei boschi. Queste parole eccita
rono un riso universale, e interruppero un momento la que
stione che s' agitava caldamente tra i commensali. Un ser
vitore, portando sur una sottocoppa un' ampolla di vino, e
un lungo bicchiere in forma di calice, lo present al padre ;
il quale, non volendo resistere a un invito tanto pressante
dell' uomo che gli premeva tanto di farsi propizio, non esit
a mescere, e si mise a sorbir lentamente il vino.
L' autorit del Tasso non serve al suo assunto, signor
podest riverito: anzi contro di lei; riprese a urlare il
conte Attilio: perch quell'uomo erudito, queil' uomo
grande, che sapeva a menadito tutte le regole della cavalle
ria, ha fatto che il messo d'Argante, prima d' esporre la sfida
ai cavalieri cristiani, chieda licenza al pio Buglione
Ma questo replicava, non meno urlando, il podest,
questo un di pi, un mero di pi, un ornamento poe
tico, giacch il messaggiero di sua natura inviolabile, per
diritto delle genti, jure gentium : e, senza andar tanto a cer
care, lo dice anche il proverbio: ambasciator non porta
pena. E, i proverbi, signor conte, sono la sapienza del ge
nere umano. E, non avendo il messaggiero detto nulla in
suo proprio nome, ma solamente presentata la sfida in
iscritto
Ma quando vorr capire che quel messaggiero era
un asino temerario, che non conosceva le prime...?
78 I PROMESSI SPOSI
Con buona licenza di lor signori, interruppe don
Rodrigo, il quale non avrebbe voluto che la questione an
dasse troppo avanti : rimettiamola nel padre Cristoforo ;
e si stia alla sua sentenza.
Bene, benissimo, disse il conte Attilio, al quale parve
cosa molto garbata il far decidere un punto di cavalleria
da un cappuccino; mentre il podest, pi infervorato di
cuore nella questione, si chetava a stento, e con un certo
viso, che pareva volesse dire : ragazzate.
Ma, da quel che mi pare d'aver capito, disse il
padre, non son cose di cui io mi deva intendere.
Solite scuse di modestia di loro padri; disse don Ro
drigo : ma non mi scapper. Eh via ! sappiam bene che
lei non venuta al mondo col cappuccio in capo, e che il
mondo l'ha conosciuto. Via, via: ecco la questione.
Il fatto questo, cominciava a gridare il conte Attilio.
Lasciate dir a me, che son neutrale, cugino, riprese
don Rodrigo. Ecco la storia. Un cavaliere spagnolo manda
una sfida a un cavalier milanese: il portatore, non tro
vando il provocato in casa, consegna il cartello a un fra
tello del cavaliere; il qual fratello legge la sfida, e in
risposta d alcune bastonate al portatore. Si tratta i
Ben date, ben applicate, grid il conte Attilio. Fa
una vera ispirazione.
Del demonio, soggiunse il podest. Battere un am
basciatore ! persona sacra! Anche lei, padre, mi dir se
questa azione da cavaliere.
S, signore, da cavaliere, grid il conte: e lo laser
dire a me, che devo intendermi di ci che conviene un
cavaliere. Oh, se fossero stati pugni, sarebbe un'altra
faccenda; ma il bastone non isporca le mani a nessuno.
Quello che non posso capire perch le premano tanto le
spalle d' un mascalzone.
Chi le ha parlato delle spalle, signor conte mio ? Lei
mi fa dire spropositi che non mi son mai passati per la
mente. Ho parlato del carattere, e non di spalle, io. Parlo
sopra tutto del diritto delle genti. Mi dica un poco, d
grazia, se i feciali che gli antichi Romani mandavano a
CAPITOLO V. 79
intimar le sfide agli altri popoli, chiedevan licenza d'esporre
l'ambasciata: e mi trovi un poco uno scrittore che faccia
menzione che un feciale sia mai stato bastonato.
Che hanno a far con noi gli uflziali degli antichi Ro
mani? gente che andava alla buona, e che, in queste cose,
era indietro, indietro. Ma, secondo le leggi della cavalleria
moderna, ch' la vera, dico e sostengo che un messo il
quale ardisce di porre in mano a un cavaliere una sfida,
senza avergliene chiesta licenza, un temerario, violabile
violabilissimo , bastonabile bastonabilissimo
Risponda un poco a questo sillogismo.
Niente, niente, niente.
Ma ascolti, ma ascolti, ma ascolti. Percotere un di
sarmato atto proditorio ; atqui il messo de quo era scn-
l'arme; ergo
Piano, piano, signor podest.
Che piano?
Piano,' le dico : cosa mi viene a dire ? Atto proditorio
ferire, uno con la spada, per di dietro, o dargli una schiop
pettata nella schiena : e, anche per questo, si possono dar
corti casi . . . ma stiamo nella questione. Concedo che que
sto generalmente possa chiamarsi atto proditorio ; ma
appoggiar quattro bastonate a un mascalzone! Sarebbe
Mia che si dovesse dirgli : guarda che ti bastono : come
si direbbe a un galantuomo : mano alla spada. E lei ,
signor dottor riverito, in vece di farmi de' sogghigni, per
farmi capire ch' del mio parere, perch non sostiene le
Mie ragioni, con la sua buona tabella, per aiutarmi a per
suader questo signore?
Io rispose confusetto il dottore : io godo di
pesta dotta disputa: e ringrazio il bell'accidente che ha
'iato occasione a una guerra d' ingegni cos graziosa. E poi,
a me non compete di dar sentenza : sua signoria illustris
sima ha gi delegato un giudice . . . qui il padre ...
vero : disse don Rodrigo : ma come volete che il
giudice parli, quando i litiganti non vogliono stare zitti ?
Ammutolisco, disse il conte Attilio. Il podest strinse
le labbra, e alz la mano, come in atto di rassegnazione.
80 I PROMESSI SPOSI
Ah sia ringraziato il cielo ! A lei, padre, disse don
Rodrigo, con una seriet mezzo canzonatoria.
Ho gi fatte le mie scuse, col dire che non me n' in
tendo, rispose il padre Cristoforo, rendendo il bicchiere
a un servitore.
Scuse magre : gridarono i due cugini : vogliamo la
sentenza.
Quand' cos, riprese il frate, il mio debole parere
sarebbe che non vi fossero n sfide, n portatori, n ba
stonate.
I commensali si guardarono l' un con l' altro maravigliati.
Oh questa grossa ! disse il conte Attilio. Mi per
doni,, padre, ma grossa. Si vede che lei non conosce il
mondo.
Lui? disse don Rodrigo: me lo volete far ridire:
lo conosce, cugino mio, quanto voi: non vero, padre?
Dica, dica se non ha fatta la sua carovana?
In vece di rispondere a quest' amorevole domanda, il pa
dre disse una parolina in segreto a s medesimo : i queste
vengono a te; ma ricordati, frate, che non sei qui per te,
e che tutto ci che tocca te solo, non entra nel conto.
Sar, disse il cugino: ma il padre... come s
chiama il padre?
Padre Cristoforo rispose pi d' uno.
Ma, padre Cristoforo, padron mio colendissimo, con
queste sue massime, lei vorrebbe mandare il mondo sot
tosopra. Senza sfide ! Senza bastonate ! Addio il punto
d' onore : impunit per tutti i mascalzoni. Per buona sorte
che il supposto impossibile.
Animo, dottore, scapp fuori don Rodrigo, che voleva *
sempre pi divertire la disputa dai due primi contendenti,
animo, a voi, che, per dar ragione a tutti, siete un uomo.
Vediamo un poco come farete per dar ragione in questo
al padre Cristoforo.
In verit, rispose il dottore, tenendo brandita in aria
la forchetta, e rivolgendosi al padre, in verit io non so
intendere come il padre Cristoforo , il quale insieme il
perfetto religioso e l' uomo di mondo , non abbia pensato
CAPITOLO V. 81
tlie la sua sentenza, buona, ottima e di giusto peso sul pul
pito, non vai niente, 'sia detto col dovuto rispetto, in una
disputa cavalleresca. Ma il padre sa, meglio di me, che
ogni cosa buona a suo luogo ; e io credo che, questa volta,
abbia voluto cavarsi, con una celia, dall' impiccio di pro
ferire una sentenza.
Che si poteva mai rispondere a ragionamenti dedotti da
una sapienza cos antica, e sempre nuova? Niente: e cosi
fece il nostro frate.
Ma don Rodrigo, per voler troncare quella questione, ne
venne a suscitare un'altra. A proposito, disse, ho
mentito che a Milano correvan voci d' accomodamento.
Il lettore sa che in queil' anno si combatteva per la suc
cessione al ducato di Mantova, del quale, alla morte di Vin
cenzo Gonzaga, che non aveva lasciata prole legittima, era
entrato in possesso il duca di Nevers, suo parente pi pros
simo. Luigi XIII, ossia il cardinale di Richelieu, sosteneva
Urei principe, suo ben affetto, e naturalizzato francese : Fi
lippo IV, ossia il conte d' Olivares, comunemente chiamato
il conte duca, non lo voleva l, per le stesse ragioni ; e gli
aveva mosso guerra. Siccome poi quel ducato era feudo del
l'impero, cosi le due parti s'adoperavano, con pratiche,
con istanze, con minacce, presso l' imperator Ferdinando II,
la prima perch accordasse l'investitura al nuovo duca;
la seconda perch gliela negasse, anzi aiutasse a cacciarlo
da quello stato.
Non son lontano dal credere, disse il conte Attilio,
che le cose si possano accomodare. Ho certi indizi
Non creda, signor conte, non creda, interruppe il po
dest. Io, in questo cantuccio, posso saperle le cose : per
ch il signor castellano spagnolo, che, per sua bont, mi
vuole un po' di bene, e per esser figliuolo d'un creato del
conte duca, informato d' ogni cosa
Le dico che a me accade ogni giorno di parlare in Mi
lano con ben altri personaggi; e so di buon luogo che il
papa, interessatissimo, com' , per la pace, ha fatto propo
rzioni....
Cos dev'essere; la cosa in regola; sua santit fa il
f Promessi Sposi. 6
82 I PROMESSI SPOSI
suo dovere ; un papa deve sempre metter bene tra i prin
cipi cristiani ; ma il conte duca ha la- sua politica, e
E, e, e ; sa lei, signor mio, come la pensi l' imperatore^
in questo momento? Crede lei che non ci sia altro che
Mantova a questo mondo ? Le cose a cui si deve pensare
son molte, signor mio. Sa lei, per esempio, fino a che segno
l' imperatore possa ora fidarsi di quel suo principe di Val-
distano o di Vallistai, o come lo chiamano, e se
Il nome legittimo in lingua alemanna, interruppe an
cora il podest, Vagliensteino, come l' ho sentito profe
rir pi volte dal nostro signor castellano spagnolo. Ma stia
pur di buon animo, che
Mi vuole insegnare ? riprendeva il conte; ma
don Rodrigo gli di d' occhio, per fargli intendere che, per
amor suo, cessasse di contraddire. Il conte tacque, e il po
dest, come un bastimento disimbrogliato da una secca, con
tinu, a vele gonfie, il corso della sua eloquenza. Vaglien
steino mi d poco fastidio ; perch il conte duca ha l' occhio
a tutto, e per tutto ; e se Vagliensteino vorr fare il bel-
l' umore, sapr ben lui farlo rigar diritto, con le buone, o
con le cattive. Ha l' occhio per tutto, dico, e le mani lun
ghe ; e, se ha fisso il chiodo, come l' ha fisso, e giustamente,
da quel gran politico che , che il signor duca di Nivers
non metta le radici in Mantova, il signor duca di Nivers
non ce le metter; e il signor cardinale di Ricili far un
buco nell' acqua. Mi fa pur ridere quel caro signor cardi
nale, a voler cozzare con un conte duca, con un Olivares.
Dico il vero, che vorrei rinascere di qui a dugent' anni, per
sentir cosa diranno i posteri, di questa bella pretensione. Ci
vuol altro che invidia; testa vuol essere: e teste come la
testa d' un conte duca, ce n' una sola al mondo. Il conte
duca, signori miei, proseguiva il podest, sempre col vento
in poppa, e un po' maravigliato anche lui di non incontrar
mai uno scoglio : il conte duca una volpe vecchia, par
lando col dovuto rispetto, che farebbe perder la traccia a
chi si sia : e, quando accenna a destra, si pu esser sicuri
che batter a sinistra : ond' che nessuno pu mai vantarsi
di conoscere i suoi disegni; e quegli stessi che devon met
CAPITOLO V. 83
terli in esecuzione, quegli stessi che scrivono i dispacci,
non ne capiscon niente. Io posso parlare con qualche eo-
gnizion di causa; perch quel brav' uomo del signor castel
lano si degna di trattenersi meco, con qualche confidenza.
Il conte duca, viceversa, sa appuntino cosa bolle in pentola
di tutte V altre corti ; e tutti que' politiconi (che ce n' di
diritti assai, non si pu negare) hanno appena immaginato
un disegno, che il conte duca te l' ha gi indovinato, con
quella sua testa, con quelle sue strade coperte, con que' suoi
Ali tesi per tutto. Quel pover' uomo del cardinale di Ricili
lenta di qua, fiuta di l, suda, s'ingegna: e poi? quando
gli riuscito di scavare una mina, trova la contrammina
gi beli' e fatta dal conte duca
Sa il cielo quando il podest avrebbe preso terra ; ma don
Rodrigo, stimolato anche da' versacci che faceva il cugino,
si volt all' improvviso, come se gli venisse un' ispirazione,
a un servitore, e gli accenn che portasse un certo fiasco.
Signor podest, e signori miei ! disse poi : un brindisi
al conte duca ; e mi sapranno dire se il vino sia degno del
personaggio. Il podest rispose con un inchino, nel quale
traspariva un sentimento di riconoscenza particolare ; per
ch tutto ci che si faceva o si diceva in onore del conte
duca, lo riteneva in parte come fatto a s.
Viva mill' anni don Gasparo Guzman, conte d' Olivares,
duca di san Lucar, gran privato del re don' Filippo il
grande, nostro signore ! esclam, alzando il bicchiere.
Privato, chi non lo sapesse, era il termine in uso, a que'
tempi, per significare il favorito d'un principe.
Viva mill'annil risposer tutti.
Servite il padre, disse don Rodrigo.
Mi perdoni ; rispose il padre : ma ho gi fatto un
disordine, e non potrei ...
Come! disse don Rodrigo: si tratta d'un brindisi
al conte duca. Vuol dunque far credere ch' ella tenga dai
navarrini?
Cos si chiamavano allora, per ischerno, i Francesi, dai
principi di Navarra, che avevan cominciato, con Enrico IV,
a regnar sopra di loro.
SI I PROMESSI SPOSI
A tale scongiuro, convenne bere. Tutti i commensali pro
ruppero in esclamazioni, e in elogi del vino; fuor che il
dottore, il quale, .col capo alzato, con gli occhi fissi, con
le labbra strette, esprimeva molto pi che non avrebbe
potuto far con parole.
Che ne dite eh, dottore? domand don Rodrigo.
Tirato fuor del bicchiere un naso pi vermiglio e pi lu
cente di quello, il dottore rispose, battendo con enfasi ogni
sillaba: dico, proferisco, e sentenzio che questo l'Oli-
vares de' vini: censiti, et in eam ivi sententiam, che un
liquor simile non si trova in tutti i ventidue regni del re
nostro signore, che Dio guardi : dichiaro e definisco che i
pranzi dell' illustrissimo signor don Rodrigo vincono le cene
d'Eliogabalo ; e che la carestia bandita e confinata in per
petuo da questo palazzo, dove siede e regna la splendi
dezza.
Ben detto ! ben definito! gridarono, a una voce, i
commensali : ma quella parola, carestia, che il dottore aveva
buttata fuori a caso, rivolse in un punto tutte le menti a
quel tristo soggetto ; e tutti parlarono della carestia. Qui
andavan tutti d' accordo, almeno nel principale ; ma il fra
casso era forse pi 'grande che se ci fosse stato disparere.
Parlavan tutti insieme. Non c' carestia, diceva uno :
sono gl'incettatori
E i fornai, diceva un altro: che nascondono il
grano. Impiccarli.
Appunto ; impiccarli, senza misericordia.
De' buoni processi, gridava il podest.
Che processi ? gridava pi forte il conte Attilio : giu
stizia sommaria. Pigliarne tre o quattro o cinque o sei, di
quelli che, per voce pubblica, son conosciuti come i pi
ricchi e i pi cani, e impiccarli.
Esempi! esempi! senza esempi non si fa nulla.
Impiccarli! impiccarli!; e salter fuori grano da tutte
le parti.
Chi, passando per una fiera, s' trovato a goder l' armo
nia che fa una compagnia di cantambanchi, quando, tra una
sonata e l' altra, ognuno accorda il suo stromento, facendolo
x
CAPITOLO V. 85
stridere quanto pi pu, affine di sentirlo distintamente, in
mezzo al rumore degli altri, s' immagini chc tale fosse la
consonanza di quei, se si pu dire, discorsi. S' andava in
tanto mescendo e rimescendo di quel tal -vino; e le lodi di
esso venivano, com' era giusto, frammischiate alle sentenze
di giurisprudenza economica ; sicch le parole che s' udivan
pi sonore e pi frequenti erano : ambrosia, e impiccarli.
Don Rodrigo intanto dava dell' occhiate al solo che stata
zitto; e lo vedeva sempre l fermo, senza dar segno d' im
pazienza n di fretta, senza far atto che tendesse a ricor
dare che stava aspettando ; ma in aria di non voler andar
sene, prima d' essere stato ascoltato. L' avrebbe mandato a
spasso volentieri, e fatto di meno di quel colloquio; ma
congedare un cappuccino, senza avergli dato udienza, non
era secondo le regole della sua poi itica. Poich la seccatura
non si poteva scansare, si risolvette d' affrontarla subito, e
di liberarsene ; s' alz da tavola, e seco tutta la rubiconda
brigata, senza interrompere il chiasso. Chiesta poi licenza
agli ospiti, s' avvicin, in atto contegnoso, al frate, che s' era
subito alzato con gli altri ; gli disse : eccomi a' suoi co
mandi; e lo condusse in un'altra sala.-

CAPITOLO VI.

In che posso ubbidirla ? disse don Rodrigo, piantan


dosi in piedi nel mezzo della sala. Il suono delle parole era
tale; ma il modo con cui eran proferite, voleva dir chiara
mente, bada a chi sei davanti, pesa le parole, e sbrigati.
Per dar coraggio al nostro fra Cristoforo, non c' era mezzo
pi sicuro e pi spedito, che prenderlo con maniera arro
gante. Egli che stava sospeso, cercando le parole, e facendo
scorrere tra le dita le ave marie dlia corona che teneva a
cintola, come se in qualcheduna di quelle sperasse di tro
vare il suo esordio ; a quel fare di don Rodrigo, si sent
subito venir sulle labbra pi parole del bisogno. Ma pen
sando quanto importasse di non guastare i fatti suoi o , ci
ch' era assai pi, i fatti altrui, corresse e temper le frasi
che gli si eran presentate alla mente, e disse, con guardinga
80 I PROMESSI SPOSI
umilt: -vengo a proporle un atto di giustizia, a pregarla
d' una carit. Cert' uomini di mal affare hanno messo in
nanzi il nome di vossignoria illustrissima, per far paura a
un povero curato, e impedirgli di compire il suo dovere, e
per soverchiare due innocenti. Lei pu, con una parola, con
fonder coloro, restituire al diritto la sua forza, e sollevar
quelli a cui fatta una cos crudel violenza. Lo pu; e po
tendolo la coscienza, l' onore
Lei mi parler della mia coscienza, quando verr a
confessarmi da lei. In quanto al mio onore, ha da sapere
che il custode ne son io, e io solo ; e che chiunque ardisce
entrare a parte con me di questa cura, lo riguardo come il
temerario che l'offende.
Fra Cristoforo, avvertito da queste parole che quel si
gnore cercava di tirare al peggio le sue, per volgere il di
scorso in contesa, e non dargli luogo di venire alle strette,
s' impegn tanto pi alla sofferenza, risolvette di mandar
gi qualunque cosa piacesse all' altro di dire, e rispose su
bito, con un tono sommesso: se ho detto cosa che le di
spiaccia, stato certamente contro la mia intenzione. Mi
corregga pure, mi riprenda, se non so parlare come si
conviene; ma si degni ascoltarmi. Per amor del cielo, per
quel Dio, al cui cospetto dobbiam tutti comparire e,
cos dicendo, aveva preso tra le dita, e metteva davanti agli
occhi del suo accigliato ascoltatore il teschietto di legno at
taccato alla sua corona, non s' ostini a negare una giustizia
cos facile, e cos dovuta a de' poverelli. Pensi che Dio ha
sempre gli occhi sopra di loro, e che le loro grida, i loro ge
miti sono ascoltati lass. L' innocenza potente al suo
Eh, padre ! interruppe bruscamente don Rodrigo: il
rispetto ch' io porto al suo abito grande : ma se qualche
cosa potesse farmelo dimenticare, sarebbe il vederlo indosso
.a uno che ardisse di venire a farmi la spia in casa.
Questa parola fece venir le fiamme sul viso del frate : il
'-quale per, col sembiante di chi inghiottisce una medicina
molto amara, riprese : lei non crede che un tal titolo mi
si convenga. Lei sente in cuor suo, che il passo ch' io fo
*ora qui, non n vile n spregevole. M' ascolti, signor don
CAPITOLO VI. 87
Rodrigo; e voglia il cielo che non venga un giorno in cui
ji penta di non avermi ascoltato. Non voglia metter la sua
gloria.'... qual gloria, signor don Rodrigo ! qual gloria di
nanzi agli uomini ! E dinanzi a Diol Lei pu molto quag
gi; ma
Sa lei, disse don Rodrigo, interrompendo, con istizza,
ma non senza qualche raccapriccio, sa lei che, quando mi
viene lo schiribizzo di sentire una predica, so benissimo
andare in chiesa, come fanno gli altri? Ma in casa mia!
Ohi e continu, con un sorriso forzato di scherno: lei
mi tratta da pi di quel che sono. Il predicatore in casa t
Non l'hanno che i principi.
E quel Dio che chiede conto ai principi della parola
che fa loro sentire, nelle loro regge ; quel Dio che le usa
ora un tratto di misericordia, mandando un suo ministro,
indegno e miserabile, ma un suo ministro, a pregar per una
innocente '
In somma, padre, disse don Rodrigo, facendo atto d'an
darsene, io non so quel che lei voglia dire : non capisco
altro se non che ci dev'essere qualche fanciulla che le preme
molto. Vada a far le sue confidenze a chi le piace ; e non si
prenda la libert d' infastidir pi a lungo un gentiluomo.
A.l moversi di don Rodrigo, il nostro frate gli s' era messo
davanti, ma con gran rispetto ; e, alzate le mani, come per
supplicare e per trattenerlo ad un punto, rispose ancora :
la mi preme, vero, ma non pi di lei ; son due anime
che, l' una e l' altra, mi premon pi del mio sangue. Don
Rodrigo ! io non posso far altro per lei, che pregar Dio ; ma
lo far ben di cuore. Non mi dica di no : non voglia tener
neh" angoscia e nel terrore una povera innocente. Una pa
rola di lei pu far tutto.
Ebbene, disse don Rodrigo, giacch lei crede ch'io
possa far molto per questa persona : giacch questa persona
le sta tanto a cuore ....
Ebbene ? riprese ansiosamente il padre Cristoforo, al
quale l' atto e il contegno di don Rodrigo non permettevano,
il' abbandonarsi alla speranza che parevano annunziare
quelle parole.
88 I PROMESSI SPOSI
Ebbene, la consigli di venire a mettersi sotto la mia
protezione. Non le mancher pi nulla, e nessuno ardir
d'inquietarla, o ch'io non son cavaliere.
A siffatta proposta, l' indegnazione del frate, rattenuta a
stento fin allora, trabocc. Tutti que' bei proponimenti di
prudenza e di pazienza andarono in fumo : l' uomo vecchio
si trov d' accordo col nuovo ; e, in que' casi, fra Cristoforo
valeva veramente per due. La vostra protezione ! escla
m, dando indietro due passi, postandosi fieramente sul
piede destro, mettendo la destra sull' anca, alzando la si
nistra con l' indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli
in faccia due occhi infiammati: la vostra protezione! K
meglio ohe abbiate parlato cos, che abbiate fatta a me una
tale proposta. Avete colmata la misura : e non vi temo pi.
Come parli, frate ? . . . .
Parlo come si parla a chi abbandonato da Dio, e non
pu pi far paura. La vostra protezione ! Sapevo bene che
quella innocente sotto la protezione di Dio ; ma voi, voi
me lo fate sentire ora, con tanta certezza, che non ho pi
bisogno di riguardi a parlarvene. Lucia, dico : vedete come
io pronunzio questo nome con la fronte alta, e con gli
occhi immobili.
Come t in questa casa !
Ho compassione di questa casa : la maledizione le sta
sopra sospesa. State a vedere che la giustizia di Dio avr
riguardo a quattro pietre, e suggezione di quattro sgherri.
Voi avete creduto che Dio abbia fatta una creatura a sua
immagine, per darvi il piacere di tormentarla! Voi avete-
creduto che Dio non saprebbe difenderla ! Voi avete disprez
zato il suo avviso ! Vi siete giudicato. Il cuore di Faraone-
era indurito quanto il vostro ; e Dio ha saputo spezzarlo.
Lucia sicura da voi: ve lo dico io povero frate; e in
quanto a voi, sentite bene quel ch' io vi prometto. Verr
un giorno
Don Rodrigo era fin allora rimasto tra la rabbia e la
maraviglia, attonito, non trovando parole ; ma, quando senti
intonare una predizione, s' aggiunse alla rabbia un lontano
e misterioso spavento.
CAPITOLO VI. 85
Afferr rapidamente per aria quella mano minacciosa, e,
alzando la voce, per troncar quella dell' infausto profeta,
grid: escimi di tra piedi, villano temerario, poltrone
incappucciato.
t Queste parole cos chiare acquietarono in un momento il
padre Cristoforo. All' idea di strapazzo e di villania era,
nella sua mente, cos bene, e da tanto tempo, associata
l'idea di sofferenza e di silenzio, che, a quel complimento,
gli cadde ogni spirito d' ira e d' entusiasmo, e non gli rest,
altra risoluzione che quella d' udir tranquillamente ci che
a don Rodrigo piacesse d' aggiungere. Onde, ritirata placi
damente la mano dagli artigli del gentiluomo, abbass il
capo, e rimase immobile, come, al cader del vento, nel forte
della burrasca, un albero agitato ricompone naturalmente
i suoi rami, e riceve la grandine come il ciel la manda.
Villano rincivilito ! prosegu don Rodrigo : tu tratti
da par tuo. Ma ringrazia il saio che ti copre codeste spalle
di mascalzone, e ti salva dalle carezze che si fanno a' tuoi
pari, per insegnar loro a parlare. Esci con le tue gambe,
per questa volta ; e la vedremo.
Cos dicendo, addit, con impero sprezzante, un uscio in
faccia a quello per cui erano entrati ; il padre Cristoforo
chin il capo, e se n'and, lasciando don Rodrigo a misu
rare, a passi infuriati, il campo di battaglia.
Quando il frate ebbe serrato l' uscio dietro a s, vide nel-
l' altra stanza dove entrava, un uomo ritirarsi pian piano,
strisciando il muro, come per non esser veduto dalla stanza
del colloquio ; e riconobbe il vecchio servitore ch' era ve
nuto a riceverlo alla porta di strada. Era costui in quella
casa, forse da quarant' anni, cio prima che nascesse don
Rodrigo ; entratovi al servizio del padre, il quale era stato
tutt' un' altra cosa. Morto lui, il nuovo padrone, dandolo
sfratto a tutta la famiglia, e facendo brigata nuova, aveva
per ritenuto quel servitore, e per esser gi vecchio, e per
ch, sebben di massime e di costume diverso interamente
ilai suo, compensava per questo difetto con due qualit:
un'alta opinione della dignit della casa, e una gran pra
tica del cerimoniale, di cui conosceva, meglio d' ogni altro,
M) I PROMESSI SPOSI
le pi antiche tradizioni, e i pi minuti particolari. In fac
cia al signore, il povero vecchio non si sarebbe mai arri
schiato d' accennare, non che d' esprimere la sua disappro
vazione di ci che vedeva tutto il giorno : appena ne faceva
qualche esclamazione, qualche rimprovero tra i denti a' suoi
colleghi di servizio ; i quali se ne ridevano, e prendevano
anzi piacere qualche volta a toccargli quel tasto, per fargli
dir di pi che non avrebbe voluto, e per sentirlo ricantar
le lodi dell' antico modo di vivere in quella casa. Le sue
censure non arrivavano agli orecchi del padrone che ac
compagnate dal racconto delle risa che se n'eran fatte;
dimodoch riuscivano anche per lui un soggetto di scherno,
senza risentimento. Ne' giorni poi d' invito e di ricevimento,
il vecchio diventava un personaggio serio e d' importanza.
Il padre Cristoforo lo guard, passando, lo salut, e se
guitava la sua strada ; ma il vecchio se gli accost miste
riosamente, mise il dito alla bocca, e poi, col dito stesso,
gli fece un cenno, per invitarlo a entrar con lui in un an
dito buio. Quando furon li, gli disse sotto voce : padre,
ho sentito tutto, e ho bisogno di parlarle.
Dite presto, buon uomo.
Qui no : guai se il padrone s' avvede Ma io so molte
cose ; e vedr di venir domani al convento.
C' qualche disegno ?
Qualcosa per aria c' di sicuro : gi me ne son potuto
accorgere. Ma ora star sull' intesa, e spero di scoprir tutto.
Lasci fare a me. Mi tocca a vedere e a sentir cose ! cose
di fuoco ! Sono in una casa...! Ma io vorrei salvar l'a
nima mia.
Il Signore vi benedica ! e, proferendo sottovoce que
ste parole, il frate mise la mano sul capo del servitore, che,
-quantunque pi vecchio di lui, gli stava curvo dinanzi, nel-
f attitudine d' un figliuolo. Il Signore vi ricompenser,
prosegu il frate : non mancate di venir domani.
Verr, rispose il servitore : ma lei vada via subito
e per amor del cielo non mi nomini. Cos dicendo,
e guardando intorno, usc, per l' altra parte dell' andito, in
un salotto, che rispondeva nel cortile; e, visto il campo
CAPITOLO VI. 91
libero, chiam fuori il buon frate, il volto del quale rispose
a queir ultima parola pi chiaro che non avrebbe potuto
fare qualunque protesta. Il servitore gli addit l' uscita ; e
il frate, senza dir altro, part.
Queir uomo era stato a sentire all' uscio del euo padrone:
aveva fatto bene ? E fra Cristoforo faceva bene a lodarlo di
ci? Secondo le regole pi comuni e men contraddette,
cosa molto brutta; ma quel caso non poteva riguardarsi
come un' eccezione ? E ci sono dell' eccezioni alle regole pi
comuni e men contraddette ? Questioni importanti ; ma che
il lettore risolver da s, se ne ha voglia. Noi non inten
diamo di dar giudizi : ci basta d'aver dei fatti da raccontare.
Uscito fuori, e voltate le spalle a quella casaccia. fra Cri
stoforo respir pi liberamente, e s' avvi in fretta per la
scesa, tutto infocato in volto, commosso e sottosopra, come
ognuno pu immaginarsi, per quel che aveva sentito, e per
uel che aveva detto. Ma quella cos inaspettata esibizione
del vecchio era stata un gran ristorativo per lui : gli pareva
che il cielo gli avesse dato un segno visibile della sua pro
tezione. Ecco un filo, pensava, un filo che la provvidenza
ini mette nelle mani. E in quella casa medesima ! E senza
ch'io sognassi neppure di cercarlo ! Cos ruminando,
alz gli occhi verso l' occidente, vide il sole inclinato, che
et gi toccava la cima del monte, e pens che rimaneva
ben poco del giorno. Allora, bench sentisse le ossa gravi
e fiaccate da' vari strapazzi di quella giornata, pure studi
ili pi il passo, per poter riportare un avviso, qual si fosse,
a' suoi protetti, e arrivar poi al convento, prima di notte:
cheera una delle leggi pi precise, e pi severamente man
tenute del codice cappuccinesco.
Intanto, nella casetta di Lucia, erano stati messi in
campo e ventilati disegni, de' quali ci conviene informare
il lettore. Dopo la partenza del frate, i tre rimasti erano
stati qualche tempo in silenzio ; Lucia preparando trista
mente il desinare ; Renzo sul punto d' andarsene ogni
momento, per levarsi dalla vista di lei cos accorata, e
non sapendo staccarsi; Agnese tutta intenta, in appa
renza, all'aspo che faceva girare. Ma, in realt, stava
92 I PROMESSI SPOSI
maturando un progetto ; e, quando le parve maturo, ruppe
il silenzio in questi termini :
Sentite, figliuoli ! Se volete aver cuore e destrezza ,
quanto bisogna, se vi fidate di vostra madre, a quel vostra
Lucia si riscosse, io m' impegno di cavarvi di quest' im
piccio, meglio forse, e pi^resto del padre Cristoforo, quan
tunque sia queir uomo che . Lucia rimase li, e la guardi)
con un volto ch' esprimeva pi maraviglia che fiducia in
una promessa tanto magnifica ; e Renzo disse subitamente :
cuore? destrezza? dite, dite pure quel che si pu fare.
Non vero, prosegui Agnese, che, se foste maritati,
si sarebbe gi un pezzo avanti? E che a tutto il resto si
troverebbe pi facilmente ripiego ?
C' dubbio? disse Renzo: maritati che fossimo
tutto il mondo paese; e, a due passi di qui, sul berga
masco, chi lavora seta ricevuto a braccia aperte. Sapete
quante volte Bortolo mio cugino m' ha fatto sollecitare d' an
dar l a star con lui, che farei fortuna, com' ha fatto lui : e
se non gli ho mai dato retta, gli che serve ? perch
il mio cuore era qui. Maritati, si va tutti insieme, si mette
su casa l, si vive in santa pace, fuor dell' unghie di questo
ribaldo , lontano dalla tentazione di fare uno sproposito.
N' vero, Lucia?
S, disse Lucia: ma come ?
Come ho detto io, riprese la madre : cuore e de
strezza; e la cosa facile.
Facile ! dissero insieme que' due, per cui la cosa era
divenuta tanto stranamente e" dolorosamente difficile.
Facile, a saperla fare, replic Agnese. Ascoltatemi
bene, che vedr di farvela intendere. Io ho sentito dire da
gente che sa, e anzi ne ho veduto io un caso, che, per fare
un matrimonio, ci vuole bens il curato, ma non neces
sario che voglia; basta che ci sia.
Come sta questa faccenda? domand Renzo.
Ascoltate e sentirete. Bisogna aver due testimoni ben
lesti e ben d'accordo. Si va dal curato: il punto sta di
chiapparlo all'improvviso, che non abbia tempo di scap
pare. L' uomo dice : signor curato, questa mia moglie ; la
CAPITOLO VI. 93
donna dice : signor curato, questo mio marito. Bisogna che
il curato senta, che i testimoni sentano ; e il matrimonio
bell' e fatto, sacrosanto come se l' avesse fatto il papa.
Quando le parole son dette, il curato pu strillare, strepi
tare, fare il diavolo ; inutile ; siete marito e moglie.
Possibile ? esclam Lucia.
Come ! disse Agnese : state a vedere che, in tren-
t' anni che ho passati in questo mondo, prima che nasceste
voi altri, non avr imparato nulla. La cosa tale quale ve
la dico: per segno tale che una mia amica, che voleva
prender uno contro la volont de' suoi parenti, facendo in
quella maniera, ottenne il suo intento. Il curato, che ne
aveva sospetto, stava all'erta; ma i due diavoli seppero
far cos bene, che lo colsero in un punto giusto, dissero
le parole, e furon marito e moglie: bench la poveretta
se ne pent poi, in capo a tre giorni.
Agnese diceva il vero, e riguardo alla possibilit, e ri
guardo al pericolo di non ci riuscire: che, siccome non ri
correvano a un tale espediente, se non persone che avesser
trovato ostacolo o rifiuto nella via ordinaria, cos i parro-
chi mettevan gran cura a scansare quella cooperazione for
zata; e, quando un d' essi venisse pure sorpreso da una di
quelle coppie, accompagnata da testimoni, faceva di tutto
per iscapolarsene, come Proteo dalle mani di coloro che
volevano farlo vaticinare per forza.
Se fosse vero, Lucia ! disse Renzo, guardandola con
un'aria d'aspettazione supplichevole.
Come ! se fosse vero ! disse Agnese. Anche voi cre
dete ch' io dica fandonie. Io m' affanno per voi, e non son
creduta: bene bene; cavatevi d' impiccio come potete: io
me ne lavo le mani.
Ah noi non ci abbandonate, disse Renzo. Parlo cos,
perch la cosa mi par troppo bella. Sono nelle vostre mani ;
vi considero come se foste proprio mia madre.
Queste parole fecero svanire il piccolo sdegno di Agnese,
e dimenticare un proponimento che, per verit, non era
stato serio.
Ma perch dunque mamma , disse Lucia, con quel
9* I PROMESSI SPOSI
suo contegno sommesso, perch questa cosa non venuta
in mente al padre Cristoforo?
In mente ? rispose Agnese : pensa se non gli sar
venuta in mente ! Ma non ne avr voluto parlare.
Perch ? domandarono a un tratto i due giovani.
Perch perch, quando lo volete sapere, i religiosi
dicono che veramente cosa che non ist bene.
Come pu essere che non istia bene, e che sia ben fatta,
quand' fatta? disse Renzo.
Che volete ch'io vi dica? rispose Agnese. La legge
l' hanno fatta loro, come gli piaciuto ; e noi poverelli non
possiamo capir tutto. E poi quante cose Ecco; come
lasciar andare un pugno a un cristiano. Non ist bene ; ma,
dato che gliel abbiate, n anche il papa non glielo pu
levare.
Se cosa che non ist bene, disse Lucia, non
bisogna farla.
Che ! disse Agnese, ti vorrei forse dare un parere
contro il timor di Dio ? Se fosse contro la volont de' tuoi
parenti, per prendere un rompicollo ma, contenta me,
e per prender questo figliuolo ; e chi fa nascer tutte le dif
ficolt un birbone; e il signor curato
L' chiara, che l' intenderebbe ognuno, disse Renzo.
Non bisogna parlarne al padre Cristoforo, prima di far la
cosa, prosegu Agnese : ma, fatta che sia, e ben riuscita,
che pensi tu che ti dir il padre ? Ah figliuola ! una scap
pata grossa ; me l'avete fatta. I religiosi devon parlar cosi.
Ma credi pure che, in cuor suo, sar contento anche lui.
Lucia, senza trovar che rispondere a quel ragionamento,
non ne sembrava per capacitata : ma Renzo, tutto rinco
rato, disse : quand' cos, la cosa fatta.
Piano, disse Agnese. E i testimoni ? Trovar due che
vogliano, e che intanto sappiano stare zitti ! E poter cogliere
il signor curato che, da due giorni, se ne sta rintanato in
casa? E farlo star l? ch, bench sia pesante di sua na
tura, vi so dir io che, al vedervi comparire in quella con
formit, diventer lesto come un gatto, e scapper come il
diavolo dall' acqua santa.
CAPITOLO VI. 95
L' ho trovato io il verso, l' ho trovato, disse Renzo,
battendo il pugno sulla tavola, e facendo balzellare le sto
viglie apparecchiate per il desinare. E seguit esponendo
il suo pensiero, che Agnese approv in tutto e per tutto.
Son imbrogli, disse Lucia : non son cose lisce. Fi
nora abbiamo operato sinceramente: tiriamo avanti con
fede, e Dio ci aiuter: il padre Cristoforo l'ha detto. Sen
tiamo il suo parere.
Lasciati guidare da chi ne sa pi di te, disse Agnese,
con volto grave. Che bisogno e' di chieder pareri? Dio
dice : aiutati, ch' io t' aiuto. Al padre racconteremo tutto, a
cose fatte.
Lucia, disse Renzo, < volete voi mancarmi ora ? Non
avevamo noi fatto tutte le cose da buon cristiani ? Non do
vremmo esser gi marito e moglie ? Il curato non ci aveva
fissato lui il giorno e l' ora ? E di chi la colpa, se dob
biamo ora aiutarci con un po' d' ingegno ? No, non mi man
cherete. Vado e torno con la risposta. E, salutando Lucia,
con un atto di preghiera, e Agnese, con un' aria d' intelli
genza, part in fretta.
Le tribolazioni aguzzano il cervello : e Renzo il quale, nel
sentiero retto e piano di vita percorso da lui fin allora, non
s'era mai trovato nell'occasione d'assottigliar molto il suo,
ne aveva, in questo caso, immaginata una, da far onore a
un giureconsulto. And addirittura, secondo che aveva di
segnato, alla casetta d' un certo Tonio, ch' era li poco di
stante; e lo trov in cucina, che, con un ginocchio sullo
scalino del focolare, e tenendo, con una mano, l' orlo d' un
paiolo, messo sulle ceneri calde, dimenava, col matterello
ricurvo, una piccola polenta bigia, di gran saraceno. La
madre, un fratello, la moglie di Tonio, erano a tavola ; e
tre o quattro ragazzetti, ritti accanto al babbo, stavano
aspettando, con gli occhi fissi al paiolo, che venisse il mo
mento di scodellare. Ma non c' era queir allegria che la vi
sta del desinare suol pur dare a chi se l' meritato con la
fatica. La mole della polenta era in ragion dell' annata, e
non del numero e della buona voglia de' commensali : e
ognun d'essi, fissando, con uno sguardo bieco d'amor
96 I PROMESSI SPOSI
rabbioso, la vivanda comune, pareva pensare alla porzione
d' appetito, che le doveva sopravvivere. Mentre Renzo ba
rattava i saluti con la famiglia, Tonio scodell la polenta
sulla tafferia di faggio, che stava apparecchiata a riceverla:
e parve una piccola luna, in un gran cerchio di vapori. Non
dimeno le donne dissero cortesemente a Renzo : volete
restar servito? complimento che il contadino di Lombar
dia, e chi sa di quant' altri paesi ! non lascia mai di fare a
chi lo trovi a mangiare, quand' anche questo fosse un ricco
epulone alzatosi allora da tavola, e lui fosse all'ultimo
boccone.
Vi ringrazio, rispose Renzo : venivo solamente per
dire una parolina a Tonio ; e, se vuoi, Tonio, per non di
sturbar le tue donne, possiamo andar a desinare all' osteria,
e l parleremo. La proposta fu per Tonio tanto pi gra
dita, quanto meno aspettata; e le donne, e anche i bimbi
(giacch, su questa materia, principian presto a ragionare)
non videro mal volentieri che si sottraesse alla polenta un
concorrente, e il pi formidabile. L' invitato non istette a
domandar altro, e and con Renzo.
Giunti all' osteria del villaggio ; seduti, con tutta libert,
in una perfetta solitudine, giacch la miseria aveva divez
zati tutti i frequentatori di quel luogo di delizie ; fatto por
tare quel poco che si trovava ; votato un boccale di vino ;
Renzo, con aria di mistero, disse a Tonio: se tu vuoi
farmi un piccolo servizio, io te ne voglio fare uno grande.
Parla, parla ; comandami pure, rispose Tonio, me
scendo. Oggi mi butterei nel fuoco per te.
Tu hai un debito di venticinque lire col signor curato,
per fitto del suo campo, che lavoravi, l' anno passato.
Ah, Renzo, Renzo ! tu mi guasti il benefizio. Con che
cosa mi vieni fuori ? M' hai fatto andar via il buon umore.
Se ti parlo del debito, disse Renzo, perch, se tu
vuoi, io intendo di darti il mezzo di pagarlo.
. Dici davvero?
Davvero. Eh? saresti contento?
Contento? Per diana, se sarei contento! Se non fosse
altro, per non veder pi que' versacci, e que' cenni col capo,
CAPITOLO VI.. 97
che mi fa il signor curato, ogni volta che c' incontriamo. E
poi sempre : Tonio, ricordatevi : Tonio, quando ci vediamo,
per quel negozio ? A tal sagno che quando, nel predicare,
mi fissa quegli occhi addosso , io sto quasi in timore che
,abbia a dirmi, l in pubblico: quelle venticinque lire! Che
maledette siano le venticinque lire ! E poi, m' avrebbe a re
stituir la collana d' oro di mia moglie, che la baratterei in
tanta polenta. Ma
Ma, ma, se tu mi vuoi fare un servizietto, le venticin
que lire son preparate.
D su.
Ma ! disse Renzo, mettendo il dito alla bocca.
Fa bisogno di queste cose? tu mi conosci.
Il signor curato va cavando fuori certe ragioni senza
sugo, per tirare in lungo il mio matrimonio ; e io in vece
vorrei spicciarmi. Mi dicon di sicuro che, presentandosegli
davanti i due sposi, con due testimoni, e dicendo io : que
sta mia moglie, e Lucia': questo mio marito, il matri
monio bell' e fatto. M' hai tu inteso ?
Tu vuoi ch' io venga per testimonio ?
Per l'appunto.
E pagherai per me le venticinque lire?
Cos l' intendo.
Birba chi manca.
Ma bisogna trovare un altro testimonio.
L' ho trovato. Quel sempliciotto di mio fratel Gervaso
far quello che gli dir io. Tu gli pagherai da bere?
E da mangiare, rispose Renzo. Lo condurremo qui
a stare allegro con noi. Ma sapr fare ?
Gl' insegner io : tu sai bene ch' io ho avuta anche la
sua parte di cervello.
Domani
Bene.
Verso sera
Benone.
Mal... disse Renzo, mettendo di nuovo il dito alla
bocca.
Poh ! ... rispose Tonio, piegando il capo sulla spalla
/ Promessi Sposi. 7
98 I. PROMESSI SPOSI
destra, e alzando la mano sinistra, con un viso che diceva :
mi fai torto.
Ma, se tua moglie ti domanda, come ti domander, senza
dubbio
Di bugie, sono in debito io con mia moglie , e tanto
tanto, che non so se arriver mai a saldare il conto. Qual
che pastocchia la trover, da metterle il cuore in pace.
Domattina, disse Renzo, discorreremo con pi co
modo, per intenderci bene su tutto.
Con questo, uscirono dall'osteria, Tonio avviandosi a
casa, e studiando la fandonia che racconterebbe alle donne,
e Renzo a render conto de' concerti presi.
In questo tempo, Agnese s' era affaticata invano a persua
der la figliuola. Questa andava opponendo a ogni ragione,
ora l' una, ora l' altra parte del suo dilemma : o la cosa
cattiva, e non bisogna farla ; o non , e perch non dirla
al padre Cristoforo?
Renzo arriv tutto trionfante,' fece il suo rapporto, e ter
min con un ahn ? interiezione che significa : sono o non
sono un uomo io ? si poteva trovar di meglio ? vi sarebbe
venuta in mente ? e cento cose simili.
Lucia tentennava mollemente il capo ; ma i due infervo
rati le badavan poco, come si suol fare con un fanciullo,
al quale non si spera di far intendere tutta la ragione d' una
cosa, e che s' indurr poi, con le preghiere e con l' autorit,
a ci che si vuol da lui.
Va bene, disse Agnese : va bene ; ma non avete
pensato a tutto.
Cosa ci manca? rispose Renzo.
E Perpetua ? non avete pensato a Perpetua. Tonio e
suo fratello, li lascer entrare ; ma voi ! voi due ! pensate !
avr ordine di tenervi lontani, pi che un ragazzo da un
pero che ha le frutte mature.
Come faremo ? disse Renzo, un po' imbrogliato.
Ecco: ci ho pensato io. Verr io con voi; e ho un se
greto per attirarla, e per incantarla di maniera che non si
accorga di voi altri, e possiate entrare. La chiamer io, e
le toccher una corda . . . vedrete.
CAPITOLO VI. 90
Benedetta voi ! esclam Renzo : l' ho semp re detto
che siete nostro aiuto in tutto.
Ma tutto questo non serve a nulla, disse Agnese, se
non si persuade costei, che si ostina a dire che peccato.
Renzo mise in campo anche lui la sua eloquenza; ma
Lucia non si lasciava smovere.
Io non so che rispondere a queste vostre ragioni, di
ceva: ma vedo che, per far questa cosa, come dite voi,
bisogna andar avanti a furia di sotterfugi, di bugie, di fin
zioni. Ah Renzo ! non abbiam cominciato cos. Io voglio es
ser vostra moglie, e non c' era verso che potesse proferir
quella parola, e spiegar queil' intenzione, senza fare il viso
rosso : io voglio esser vostra moglie, ma per la strada
diritta, col timor di Dio, all' altare. Lasciamo fare a Quello
lass. Non volete che sappia trovar Lui il bandolo d' aiu
tarci, meglio che non possiamo far noi, con tutte codeste
furberie ? E perch far misteri al padre Cristoforo ?
La disputa durava tuttavia, e non pareva vicina a finire,
quando un calpestio affrettato di sandali, e un rumore di
tonaca sbattuta, somigliante a quello che fanno in una vela
allentata i soffi ripetuti del vento, annunziarono il padre
Cristoforo. Si chetaron tutti; e Agnese ebbe appena tempo
di susurrare all'orecchio di Lucia: bada bene, ve', di non
dirgli nulla.

p CAPITOLO VII.

Il padre Cristoforo arrivava nell' attitudine d' un buon


capitano che, perduta, senza sua colpa, una battaglia im
portante, afflitto ma non scoraggito, sopra pensiero ma non
sbalordito, di corsa e non in fuga, si porta dove il bisogno
lo chiede, a premunire i luoghi minacciati, a raccoglier le
truppe, a dar nuovi ordini.
La pace sia con voi, disse, nell'entrare. Non c'
nulla da sperare dall' uomo : tanto pi bisogna confidare in
Dio: e gi ho qualche pegno della sua protezione
Sebbene nessuno dei tre sperasse molto nel tentativo del
padre Cristoforo, giacch il vedere un potente ritirarsi da
100 I PROMESSI SPOSI
una soverchieria, senza esserci costretto, e per mera con
discendenza a preghiere disarmate, era cosa piuttosto inau
dita che rara; nulladimeno la trista certezza fu un colpo
per tutti. Le donne abbassarono il capo ; ma nell'anima di
Renzo, l' ira prevalse all' abbattimento. Queir annunzio lo
trovava gi amareggiato da tante sorprese dolorose, da tanti
tentativi andati a voto, da tante speranze deluse, e, per di
pi, esacerbato, in quel momento, dalle ripulse di Lucia.
Vorrei sapere, grid, digrignando i denti, e alzando
la voce, quanto non aveva mai fatto prima d' allora, alla
presenza del padre Cristoforo ; vorrei sapere che ragioni
ha dette quel cane, per sostener . . . per sostenere che la
mia sposa non dev' essere la mia sposa.
Povero Renzo ! rispose il frate, con una voce grave
e pietosa, e con uno sguardo che comandava amorevolmente
la pacatezza : se il potente che* vuol commettere l' ingiu
stizia fosse sempre obbligato a dir le sue ragioni, le cose
non anderebbero come vanno.
Ha detto dunque quel cane, che non vuole, perch non
vuole?
Non ha detto nemmen questo, povero Renzo ! Sarebbe
ancora un vantaggio se, per commetter l' iniquit, dovessero
confessarla apertamente.
Ma qualcosa ha dovuto dire : cos' ha detto quel tizzone
d' inferno ?
Le sue parole, io l' ho sentite, e non te le saprei ripe
tere. Le parole dell' iniquo che forte, penetrano e sfuggono.
Pu adirarsi che tu mostri sospetto di lui, e, nello stesso
tempo, farti sentire che quello di che tu sospetti certo :
pu insultare e chiamarsi offeso, schernire e chieder ragione,
atterrire e lagnarsi, essere sfacciato e irreprensibile. Non
chieder pi in l. Colui non ha proferito il nome di questa
innocente, n il tuo, non ha figurato nemmen di conoscervi,
non ha detto di pretender nulla ; ma ma pur troppo ho
dovuto intendere ch' irremovibile. Nondimeno, confidenza
in Dio ! Voi, poverette, non vi perdete d'animo; e tu,
Renzo oh ! credi pure, ch' io so mettermi ne'tuoi panni,
eh' io sento quello che passa nel tuo cuore. Ma, pazienza !
CAPITOLO VII. 101
una magra parola, una parola amara, per chi non crede ; ma
tu ! non vorrai tu concedere a Dio un giorno, due giorni,
il tempo che vorr prendere, per far trionfare la giustizia ?
Il tempo suo; e ce n'ha promesso tanto ! Lascia fare a
Lui, Renzo ; e sappi sappiate tutti ch' io ho gi in mano
un filo, per aiutarvi. Per ora, non posso dirvi di pi. Do
mani io non verr quass ; devo stare al convento tutto il
giorno, per voi. Tu, Renzo, procura di venirci : o se, per
caso impensato, tu non potessi, mandate un uomo fidato,
un garzoncello di giudizio, per mezzo del quale io possa
farvi sapere quello che occorrer. Si fa buio ; bisogna ch' io
corra al convento. Fede, coraggio ; e addio.
Detto questo, usci in fretta, e se n'and, correndo, e
quasi saltelloni, gi per quella viottola storta e sassosa,
per non arrivar tardi al convento, a rischio di buscarsi
una buona sgridata, o quel che gli sarebbe pesato ancor
pi, una penitenza, che gl' impedisse, il giorno dopo, di
trovarsi pronto e spedito a ci che potesse richiedere il bi
sogno de' suoi protetti.
Avete sentito cos' ha detto d' un non so che d' un
Alo che ha, per aiutarci ? disse Lucia. Convien fidarsi a
lui ; un uomo che, quando promette dieci
Se non c' altro ! interruppe Agnese. Avrebbe
dovuto parlar pi chiaro, o chiamar me da una parte,
dirmi cosa sia questo...
Chiacchiere! la finir io: io la finir! interruppe
Renzo, questa volta, andando ini su e in gi per la stanza,
e con una voce, con un viso, da non lasciar dubbio sul
senso di quelle parole.
Oh Renzo! esclam Lucia,
Cosa volete dire? esclam Agnese.
Che bisogno c' di dire ? La finir io. Abbia pur cento,
mille diavoli nell' anima, finalmente di carne e ossa an
che lui
No, no, per amor del cielo ! cominci Lucia;
ma il pianto le tronc la voce.
Non son discorsi da farsi , neppur per burla, disse
Agnese.
102 I PROMESSI SPOSI
Per burla ? grid Renzo, fermandosi ritto in faccia ad
Agnese seduta, e piantandole in faccia due occhi stralunati.
Per burla ! vedrete se sar burla.
Oh Renzo ! disse Lucia, a stento , tra i singhiozzi :
non v'ho mai visto cos.
Non dite queste cose, per amor del cielo, riprese
ancora in fretta Agnese, abbassando la voce. Non vi ri
cordate quante braccia ha al suo comando colui? E quan-
d' anche .... Dio liberi ! . . . contro i poveri c' sempre
giustizia.
La far io, la giustizia, io! ormai tempo. La cosa
non facile : lo so anch' io. Si guarda bene, il cane assas
sino: sa come sta; ma non importa. Risoluzione e pazien
za e il momento arriva. S, la far io, la giustizia : lo
liberer io, il paese : quanta gente mi benedir ! e poi
in tre salti !
L' orrore che Lucia sent di queste pi chiare parole, le
sospese il pianto, e le diede forza di parlare. Levando dalle
palme il viso lagrimoso, disse a Renzo, con voce accorata,
ma risoluta : non v' importa pi dunque d' avermi per
moglie. Io m' era promessa a un giovine che aveva il timor
di Dio ; ma un uomo che avesse Fosse al sicuro d' ogni
giustizia e d' ogni vendetta, foss' anche il figlio del re
E bene ! grid Renzo, con un viso pi che mai stra
volto: io non v'avr; ma non v'avr n anche lui. Io
qui senza di voi, e lui a casa del
Ah no ! per carit, non dite cos , non fate quegli occhi :
no, non posso vedervi cos, esclam Lucia, piangendo,
supplicando, con le mani giunte ; mentre Agnese chiamava
e richiamava il giovine per nome, e gli palpava le spalle,
le braccia, le mani per acquietarlo. Stette egli immobile e
pensieroso, qualche tempo, a contemplar quella faccia sup
plichevole di Lucia ; poi, tutt' a un tratto, la guard torvo,
diede addietro, tese il braccio e l' indice verso di essa, e
grid : questa ! s questa egli vuole. Ha da morire !
E io che male v' ho fatto, perch mi facciate morire ?
.disse Lucia, buttandosegli inginocchioni davanti.
Voi! rispose, con una voce ch' esprimeva un'ira ben
CAPITOLO VII. 103
diversa, ma un' ira tuttavia: voi t die bene mi volete voi?
Che prova m' avete data? Non v'ho io pregata, e pregata,
-e pregata ? E voi : no ! no !
S, s, rispose precipitosamente Lucia : verr dal
.curato, domani, ora, se volete; verr. Tornate quello di
prima; verr.
Me lo promettete? disse Renzo, con una voce e con
un viso divenuto, tutt' a un tratto, pi umano.
Ve lo prometto.
Me l' avete promesso.
Signore, vi ringrazio ! esclam Agnese, doppiamente
contenta.
In mezzo a quella sua gran collera, aveva Renzo pensato
diche profitto poteva esser per lui lo spavento di Lucia?
E non aveva adoperato un po' d' artiflzio a farlo crescere,
per farlo fruttare? Il nostro autore protesta di non ne sa
per nulla ; e io credo che nemmen Renzo non lo sapesse
tene. Il fatto sta ch' era realmente infuriato contro don Ro
drigo, e che bramava ardentemente il consenso di Lucia; e
quando due forti passioni schiamazzano insieme nel cuor
<l' un uomo, nessuno, neppure il paziente, pu sempre di
stinguer chiaramente una voce dall' altra, e dir con sicu
rezza qual sia quella che predomini.
Ve l' ho promesso, rispose Lucia, con un tono di rim
provero timido e affettuoso : ma anche voi avevate pro
messo di non fare scandoli, di rimettervene al padre
Oh via! per amor di chi vado in furia? Volete tornare
indietro, ora? e farmi fare uno sproposito?
No no, disse Lucia, cominciando a rispaventarsi.
Ho promesso, e non mi ritiro. Ma vedete voi come mi
avete fatto promettere. Dio non voglia
Perch volete far de' cattivi auguri, Lucia? Dio sa che
non facciano, male a nessuno.
Promettetemi almeno che questa sar l' ultima.
Ve lo prometto, da povero figliuolo.
Ma, questa volta, mantenete poi, disse Agnese.
Qui l' autore- confessa di non sapere un' altra cosa : se
Lucia fosse , in tutto e per tutto , malcontenta d' essere
104 I PROMESSI SPOSI
stata spinta ad acconsentire. Noi lasciamo, come lui, la
cosa in dubbio.
Renzo avrebbe voluto prolungare il discorso, e fissare, a
parte a parte, quello che si doveva fare il giorno dopo;
ma era gi notte, e le donne gliel' augurarono buona ; non
parendo loro cosa conveniente che, a queil' ora, si tratte
nesse pi a lungo.
La notte per fu a tutt' e tre cos buona come pu essere
quella che succede a un giorno pieno d' agitazioni e di guai,,
e che ne precede uno destinato a un' impresa importante, e
d' esito incerto. Renzo si lasci veder di buon' ora, e con
cert con le donne, o piuttosto con Agnese, la grand' opera
zione della sera, proponendo e sciogliendo a vicenda diffi
colt, antivedendo contrattempi, e ricominciando, ora l' uno
ora l' altra, a descriver la faccenda, come si racconterebbe
una cosa fatta. Lucia ascoltava; e, senza approvar con pa
role ci che non poteva approvare in cuor suo, promet
teva di far meglio che saprebbe.
Anderete voi gi al convento, per parlare al padre
Cristoforo, come v' ha detto ier sera ? domand Agnese a
Renzo.
Le zucche ! rispose questo : sapete che diavoli d' oc
chi ha il padre : mi leggerebbe in viso, come sur un libro,
che c' qualche cosa per aria; e se cominciasse a farmi del
l' interrogazioni, non potrei uscirne a bene. E poi, io devo
star qui, per accudire all' affare. Sar meglio che mandiate
voi qualcheduno.
Mander Menico.
Va bene, rispose Renzo ; e part, per accudire all' af
fare, come aveva detto.
Agnese and a una casa vicina, a cercar Menico, ch' era
un ragazzetto di circa dodici anni, sveglio la sua parte, e
che, per via di cugini e di cognati, veniva a essere un
po' suo nipote. Lo chiese ai parenti, come in prestito, per
tutto quel giorno, per un certo servizio, diceva. Avu
tolo, lo condusse nella sua cucina, gli diede da colazione, e
gli disse che andasse a Pescarenico, e si facesse vedere al
padre Cristoforo, il quale lo rimanderebbe poi, con una ri
CAPITOLO VII. 105
sposta, quando sarebbe tempo. Il padre Cristoforo, quel
bel vecchio, tu sai, con la barba bianca, quello che chia
mano il santo ...
Ho capito, disse Menico : quello che ci accarezza
sempre, noi altri ragazzi, e ci d, ogni tanto, qualche
santino.
Appunto, Menico. E se ti dir che tu aspetti qualche
poco, li vicino al convento, non ti sviare : bada di non an
dar, con de' compagni, al lago, a veder pescare, n a di
vertirti con le reti attaccate al muro ad asciugare, n a far
quell'altro tuo giochetto solito
Bisogna saper che Menico era bravissimo per fare a rim
balzello; e si sa che tutti, grandi e piccoli, facciam volen
tieri le cose alle quali abbiamo abilit : non dico quelle sole.
Poh ! zia ; non son poi un ragazzo.
Bene, abbi giudizio; e, quando tornerai con la rispo
sta... guarda; queste due belle parpagliole nuove son
per te.
Datemele ora, ch' lo stesso.
No, no, tu le giocheresti. Va, e portati bene ; che n' av
vrai anche di pi.
Nel rimanente di quella lunga mattinata, si videro certe
novit che misero non poco in sospetto l' animo gi contur
bato delle donne. Un mendico, n rifinito n cencioso come
i suoi pari, e con un non so che d' oscuro e di sinistro nel
sembiante, entr a chieder la carit, dando in qua e in l
cert' occhiate da spione. Gli fu dato un pezzo di pane, che
ricevette e ripose, con un' indifferenza mal dissimulata. Si
trattenne poi, con una certa sfacciataggine, e, nello stesso
tempo, con esitazione , facendo molte domande, alle quali
Agnese s' affrett di risponder sempre il contrario di quello
che era. Movendosi, come per andar via, finse di sbagliar
V uscio, entr in quello che metteva alla scala, e l diede
un' altra occhiata in fretta, come pot. Gridatogli dietro :
ehi chi ! dove andate, galantuomo? di qual di qual
torn indietro, e usc dalla parte che gli veniva indicata,
scusandosi, con una sommissione, con un' umilt affettata,
chestentava a collocarsi nei lineamenti duri di quella faccia.
106 I PROMESSI SPOSI
Dopo costui, continuarono a farsi vedere, di tempo in tem
po, altre strane figure. Che razza d' uomini fossero, non si
sarebbe potuto dir facilmente ; ma non si poteva creder nep
pure che fossero quegli onesti viandanti che volevan parere.
Uno entrava col pretesto di farsi insegnar la strada; altri,
passando davanti all'uscio, rallentavano il passo, e guarda-
van sott' occhio nella stanza, a traverso il cortile, come chi
vuol vedere senza dar sospetto. Finalmente, verso il mez
zogiorno, quella fastidiosa processione fini. Agnese s'alzava
ogni tanto, attraversava il cortile, s' affacciava all' uscio di
strada, guardava a destra e a sinistra, e tornava dicendo :
nessuno : parola che proferiva con piacere, e che Lucia
con piacere sentiva, senza che n l' una n l' altra ne sapes
sero ben chiaramente il perch. Ma ne rimase a tutt' e due
una non so quale inquietudine, che lev loro, e alla figliuola
principalmente, una gran parte del coraggio che avevan
messo in serbo per la sera.
Convien per che il lettore sappia qualcosa di pi pre
ciso, intorno a que' ronzatori misteriosi : e, per informarlo
di tutto, dobbiam tornare un passo indietro, e ritrovar don
Rodrigo, che abbiam lasciato ieri, solo in una sala .del
suo palazzotto, al partir del padre Cristoforo.
Don Rodrigo, come abbiam detto, misurava innanzi e in
dietro, a passi lunghi, quella sala, dalle pareti della quale
pendevano ritratti di famiglia, di varie generazioni. Quando
si trovava col viso a una parete, e voltava, si vedeva in
faccia un suo antenato guerriero, terrore de' nemici e
de' suoi soldati, torvo nella guardatura, co' capelli corti e
ritti, co' baffi tirati e a punta, che sporgevan dalle guance,
col mento obliquo : ritto in piedi l' eroe, con le gambiere,
co' cosciali, con la corazza, co' bracciali, co' guanti, tutto di
ferro; con la destra sul fianco, e la sinistra sul pomo della
spada. Don Rodrigo lo guardava ; e quando gli era arrivato
sotto, e voltava, ecco in faccia un altro antenato, magistrato,
terrore de' litiganti e degli avvocati, a sedere sur una gran
seggiola coperta di velluto rosso, ravvolto in un'ampia
toga nera ; tutto nero, fuorch un collare bianco, con due
larghe facciole, e una fodera di zibellino arrovesciata (era il
CAPITOLO VII. 10T
distintivo de' senatori, e non lo portavan che l' inverno, ra
gion per cui non si trover mai un ritratto di senatore ve
stito d'estate); macilento, con le ciglia aggrottate : teneva in
mano una supplica, e pareva che dicesse : vedremo. Di qua
una matrona, terrore delle sue cameriere ; di l un abate, ter
rore de' suoi monaci : tutta gente in somma che aveva fatto
errore, e lo spirava ancora dalle tele. Alla presenza di tali
memorie, don Rodrigo tanto pi s' arrovellava, si vergo
gnava, non poteva darsi pace, che un frate avesse osato
venirgli addosso, con la prosopopea di Nathan. Formava un
disegno di vendetta, l' abbandonava, pensava come soddi
sfare insieme alla passione, e a ci che chiamava onore ; e
talvolta (vedete un poco !) sentendosi fischiare ancora agli
orecchi queir esordio di profezia, si sentiva venir, come si
dice, i bordoni, e stava quasi per deporre il pensiero delle
due soddisfazioni. Finalmente, per far qualche cosa, chiam
un servitore, e gli ordin che lo scusasse con la compagnia,
dicendo ch' era trattenuto da un affare urgente. Quando
quello torn a riferire che que' signori eran partiti, lasciando
i loro rispetti : e il conte Attilio ? domand , sempre
c araminando, don Rodrigo.
uscito con que' signori, illustrissimo.
Bene : sei persone di seguito, per la passeggiata : subito.
La spada, la cappa, il cappello : subito.
Il servitore part, rispondendo con un inchino ; e, poco
dopo, torn, portando la ricca spada, che il padrone si cin
se ; la cappa, che si butt sulle spalle ; il cappello a gran
penne, che mise e inchiod, con una manata, fieramente sul
capo: segno di marina torbida. Si mosse, e, alla porta, trov
i sei ribaldi tutti armati, i quali, fatto ala, e inchinatolo, gli
andaron dietro. Pi burbero, pi superbioso, pi accigliato
"lei solito, usc, e and passeggiando verso Lecco. I conta
dini, gli artigiani, al vederlo venire, si ritiravan rasente al
muro, e di l facevano scappellate e inchini profondi, ai quali
non rispondeva. Come inferiori, l' inchinavano anche quelli
che da questi eran detti signori; ch, in que' contorni, non
ce n' era uno che potesse, a mille miglia, competer con lui,
di nome, di ricchezze, d' aderenze e della voglia di servirsi
108 I PROMESSI SPOSI
di tutto ci, per istare al di sopra degli altri. E a questi
corrispondeva con una degnazione contegnosa. Quel giorno
non avvenne, ma quando avveniva che s' incontrasse col
signor castellano spagnolo, l' inchino allora era ugualmente
profondo dalle due parti ; la cosa era come tra due poten
tati, i quali non abbiano nulla da spartire tra loro; ma, per
convenienza, fanno onore al grado l'uno dell'altro. Per
passare un poco la mattana, e per contrapporre all' imma
gine del frate che gli assediava la fantasia, immagini in
tutto diverse, don Rodrigo entro, quel giorno, in una casa,
dove andava, per il solito, molta gente, e dove fu ricevuto
con quella cordialit affaccendata e rispettosa, ch' riser
bata agli uomini che si fanno molto amare o molto temere ;
e, a notte gi fatta, torn al suo palazzotto. Il conte Attilio
era anche lui tornato in quel momento ; e fu messa in tavola
la cena, durante la quale, don Rodrigo fu sempre sopra
pensiero, e parl poco.
Cugino, quando pagate questa scommessa ? disse, con
un fare di malizia e di scherno, il conte Attilio, appena
sparecchiato , e andati via i servitori.
San Martino non ancor passato.
Tant' che la paghiate subito ; perch passeranno tutti
i santi del lunario , prima che ...
Questo quel che si vedr.
Cugino, voi volete fare il politico ; ma io ho capito tutto,
e son tanto certo d'aver vinta la scommessa, che son
pronto a farne un' altra.
Sentiamo.
Che il padre il padre che so io ? quel frate
in somma v' ha convertito.
Eccone un' altra delle vostre.
Convertito, cugino; convertito, vi dico. Io per me, ne
godo. Sapete che sar un bello spettacolo vedervi tutto com
punto, e con gli occhi bassi.! E che gloria per quel padre
Come sar tornato a casa gonfio e pettoruto ! Non son pese:
che si piglino tutti i giorni, n con tutte le reti. Siate qerte
che vi porter per esempio ; e, quando ander a far qualche
missione un po' lontano, parler de' fatti vostri. Mi par ti
CAPITOLO VII. 109
sentirlo. E qui, parlando col naso, e accompagnando le
parole con gesti caricati, continu, in tono di predica : in
una parte di questo mondo, che, per degni rispetti, non no
mino, viveva, uditori carissimi, e vive tuttavia, un cavaliere
scapestrato, amico pi delle femmine, che degli uomini dab
bene, il quale, avvezzo a far d' ogni erba un fascio, aveva
messo gli occhi
Basta, basta, interruppe don Rodrigo, mezzo sogghi
gnando, e mezzo annoiato. Se volete raddoppiar la scom
messa, son pronto anch' io.
Diavolo t che aveste voi convertito il padre !
Non mi parlate di colui: e in quanto alla scommessa,
san Martino decider. La curiosit del conte era stuzzicata ;
non gli risparmi interrogazioni, ma don Rodrigo le seppe
eluder tutte, rimettendosi sempre al giorno della decisione,
e non volendo comunicare alla parte avversa disegni che
non erano n incamminati, n assolutamente fissati.
La mattina seguente, don Rodrigo si dest don Rodrigo.
L' apprensione che quel verr un giorno gli aveva messa
in corpo, era svanita del tutto, co' sogni della notte ; e gli
rimaneva la rabbia sola, esacerbata anche dalla vergogna
di quella debolezza passeggiera. L' immagini pi recenti
della passeggiata trionfale, degl' inchini, dell' accoglienze,
e il canzonare del cugino, avevano contribuito non poco a
rendergli l'animo antico. Appena alzato, fece chiamare il
Griso. Cose grosse, disse tra s il servitore a cui fu
dato l' ordine ; perch l' uomo che aveva quel soprannome,
non era niente meno che il capo de' bravi, quello a cui s' im
ponevano le imprese pi rischiose e pi inique, il fidatissimo
del padrone, l' uomo tutto suo, per gratitudine e per inte
resse. Dopo aver ammazzato uno, di giorno, in piazza, era
andato ad implorar la protezione di don Rodrigo ; e questo,
vestendolo della sua livrea, l' aveva messo al coperto da
ogni ricerca della giustizia. Cos, impegnandosi a ogni de
litto che gli venisse comandato, colui si era assicurata l' im
punit del primo. Per don Rodrigo, l' acquisto non era stato
'li poca importanza ; perch il Griso, oltre all' essere, senza
paragone, il pi valente della famiglia, era anche una prova
110 I PROMESSI SPOSI
di ci che il suo padrone aveva potuto attentar felicemente
contro le leggi ; di modo che la sua potenza ne veniva in
grandita, nel fatto e nell' opinione.
Griso t disse don Rodrigo : in questa congiuntura,
si vedr quel che tu vali. Prima di domani, quella Lucia
deve trovarsi in questo palazzo.
Non si dir mai che il Griso si sia ritirato da un co
mando dell' illustrissimo signor padrone.
Piglia quanti uomini ti possono bisognare , ordina e
disponi, come ti par meglio ; purch la cosa riesca a buon
fine. Ma bada sopra tutto, che non le sia fatto male.
Signore, un po' di spavento, perch la non faccia troppo
strepito non si potr far di meno.
Spavento capisco inevitabile. Ma non le si
torca un capello ; e sopra tutto, le si porti rispetto in ogni
maniera. Hai inteso ?
Signore, non si pu levare un flore dalla pianta, e por
tarlo a vossignoria, senza toccarlo. Ma non si far che il
puro necessario.
Sotto la tua sicurt. E come farai ?
Ci stavo pensando, signore. Siam fortunati che la casa
in fondo al paese. Abbiam bisogno d' un luogo per an
darci a postare : e appunto c' , poco distante di l, quel
casolare disabitato e solo, in mezzo ai campi, quella casa...
vossignoria non sapr niente di queste cose... una casa
che bruci, pochi anni sono, e non hanno avuto danari da
riattarla, e l' hanno abbandonata, e ora ci vanno le streghe:
ma non sabato, e me ne rido. Questi villani, che son pieni
d' ubbie, non ci bazzicherebbero, in nessuna notte della set
timana, per tutto l' oro del mondo : sicch possiamo andare
a fermarci l, con sicurezza che nessuno verr a guastare
i fatti nostri.
Va bene ! e poi ?
Qui, il Griso a proporre, don Rodrigo a discutere, fineile
d' accordo ebbero concertata la maniera di condurre a fine
l' impresa, senza che rimanesse traccia degli autori, la ma
niera anche di rivolgere, con falsi indizi, i sospetti altrove,
d' impor silenzio alla povera Agnese, d' incutere a Renzo
CAPITOLO VII, IH
tale spavento, da fargli passare il dolore, e il pensiero di
ricorrere alla giustizia, e anche la volont di lagnarsi; e
tutte l' altre bricconerie necessarie alla riuscita della bric
coneria principale. Noi tralasciamo di riferir que' concerti,
perch, come il lettore vedr, non son necessari all' intelli
genza della storia ; e siam contenti anche noi di non doverlo
trattener pi lungamente a sentir parlamentare que' due
fastidiosi ribaldi. Basta che, mentre il Griso se n' andava,
per metter mano all' esecuzione, don Rodrigo lo richiam,
e gli disse : senti : se per caso, quel tanghero temerario
vi desse nell' unghie questa sera, non sar male che gli sia
dato anticipatamente un buon ricordo sulle spalle. Cos,
l'ordine che gli'verr intimato domani di stare zitto, far
pi sicuramente l' effetto. Ma non l' andate a cercare, per
non guastare quello che pi importa : tu m' hai inteso.
Lasci fare a me, rispose il Griso, inchinandosi, con
atto d' ossequio e di millanteria ; e se n' and. La mattina
fu spesa in giri, per riconoscere il paese. Quel falso pezzente
che s'era inoltrato a quel modo nella povera casetta, non
era altro che il Griso, il quale veniva per levarne a occhio
la pianta : i falsi viandanti eran suoi ribaldi, ai quali, per
operare sotto i suoi ordini, bastava una cognizione pi su
perficiale del luogo. E, fatta la scoperta, non s' eran pi
lasciati vedere, per non dar troppo sospetto.
Tornati che furon tutti al palazzotto, il Griso rese conto,
e fiss definitivamente il disegno dell'impresa: assegn le
parti, diede istruzioni. Tutto ci non si pot fare, senza che
quel vecchio servitore, il quale stava a occhi aperti, e a
orecchi tesi, s' accorgesse che qualche gran cosa si macchi
nava. A forza di stare attento e di domandare ; accattando
una mezza notizia di qua, una mezza di l, commentando
tra s una parola oscura, interpretando un andare miste
rioso, tanto fece, che venne in chiaro di ci che si doveva
eseguir quella notte. Ma quando ci fu riuscito, essa era gi
poco lontana, e gi una piccola vanguardia di bravi era an
data a imboscarsi in quel casolare diroccato. Il povero
vecchio, quantunque sentisse bene a che rischioso giuoco
giocava, e avesse anche paura di portare il soccorso di Pisa,
112 I PROMESSI SPOSI
pure non volle mancare : usc, con la scusa di prendere un
po' d' aria, e s' incammin in fretta in fretta al convento,
per dare al padre Cristoforo l' avviso promesso. Poco dopo,
si mossero gli altri bravi, e discesero spicciolati, per non
parere una compagnia: il Griso venne dopo; e non rimase
indietro che una bussola, la quale doveva esser portata al
casolare, a sera inoltrata; come fu fatto. Radunati che fu
rono in quel luogo, il Griso sped tre di coloro all' osteria
del paesetto : uno che si mettesse sull' uscio, a osservar ci
che accadesse nella strada, e a veder quando tutti gli abi
tanti fossero ritirati : gli altri due che stessero dentro a
giocare e a bere, come dilettanti ; e attendessero intanto a
spiare se qualche cosa da spiare ci fosse. Egli, col grosso
della truppa, rimase nell' agguato ad aspettare.
Il povero vecchio trottava ancora; i tre esploratori arri
vavano al loro posto ; il sole cadeva ; quando Renzo entr
dalle donne, e disse: Tonio e Gervaso m'aspettan fuori:
vo con loro all' osteria, a mangiare un boccone ; e, quando
soner l' ave maria, verremo a prendervi. Su, coraggio, Lu
cia ! tutto dipende da un momento. Lucia sospir, e ripete :
coraggio, con una voce che smentiva la parola.
Quando Renzo e i due compagni giunsero all' osteria, vi
trovaron quel tale gi piantato in sentinella, che ingom
brava mezzo il vano della porta, appoggiato con la schiena
a uno stipite, con le braccia incrociate sul petto ; e guardava
e riguardava, a destra e a sinistra, facendo lampeggiare ora
il bianco, ora il nero di due occhi grifagni. Un berretto
piatto di velluto chermisi, messo storto, gli copriva la met
del ciuffo, che, dividendosi sur una fronte fosca, girava, da
una parte e dall' altra, sotto gli orecchi, e terminava in
trecce, fermate con un pettine sulla nuca. Teneva sospeso
in una mano un grosso randello ; arme propriamente, non
ne portava in vista; ma, solo a guardargli in viso, anche
un fanciullo avrebbe pensato che doveva averne sotto quante
ce ne poteva stare. Quando Renzo, ch' era innanzi agli al
tri, fu l per entrare, colui, senza scomodarsi, lo guard fisso
fisso ; ma il giovine, intento a schivare ogni questione, come
suole ognuno che abbia un' impresa scabrosa alle mani, non
CAPITOLO Vii., 113
fece vista d' accorgersene, non disse neppure: fatevi in l;
e, rasentando l' altro stipite,' pass per isbieco, col fianco in
nanzi, per l' apertura lasciata da quella cariatide. I due com
pagni dovettero far la stessa evoluzione, se vollero entrare.
Entrati, videro gli altri, de' quali avevan gi sentitala voce,
cio que' due bravacci, che seduti a un canto della tavola,
.giocavano alla mora, gridando tutt' e due insieme (l, il
giuoco che lo richiede), e mescendosi or l' uno or l' altro da
bere, con un gran fiasco ch' era tra loro. Questi pure guar-
daron fisso la nuova compagnia ; e un de' due specialmente,
tenendo una mano in aria, con tre ditacci tesi e allargati, e
avendo la bocca ancora aperta, per un gran sei che
n' era scoppiato fuori in quel momento, squadr Renzo da
capo a piedi ; poi diede d' occhio al compagno, poi a quel
dell' uscio, che rispose con un cenno del capo. Renzo inso
spettito e incerto guardava ai suoi due convitati, come se
volesse cercare ne' loro aspetti un' interpretazione di tutti
que' segni : ma i loro aspetti non indicavano altro che un
buon appetito. L'oste guardava in viso a lui, come per
aspettar gli ordini : egli lo fece venir con s in una stanza
vicina, e ordin da cena.
Chi sono que' forestieri ? gli domand poi a voce bassa,
quando quello torn, con una tovaglia grossolana sotto il
braccio, e un fiasco in mano.
<t Non li conosco, rispose l' oste, spiegando la tovaglia.
Come ? n anche uno ? , .
Sapete bene, rispose ancora colui, stirando, con tutt' e
due le mani, la tovaglia sulla tavola, che la prima regola
del nostro mestiere, di non domandare i fatti degli altri:
tanto che, fin le nostre donne non son curiose. Si starebbe
freschi, con tanta gente che va e viene : sempre un porto
di mare : quando le annate son ragionevoli, voglio dire ; ma
stiamo allegri, che torner il buon tempo. A noi basta che
gli avventori siano galantuomini: chi siano poi, o chi non
siano, non fa niente. E ora vi porter un piatto di polpette,
ehe le simili non le avete mai mangiate.
Come potete sapere ? ripigliava Renzo : ma l' oste,
gi avviato alla cucina, seguit la sua strada. E li, mentre
/ Promessi Sposi. 8
114 I PROMESSI SPOSI
prendeva il tegame delle polpette summentovate, gli s' ac
cost pian piano quel bravaccio che aveva squadrato il no
stro giovine, e gli disse sottovoce: Chi sono que' galan
tuomini?
Buona gente qui del paese, rispose l' oste, scodellando
le polpette nel piatto.
Va bene ; ma come si chiamano ? chi sono ? insistette
colui, con voce alquanto sgarbata.
Uno, si chiama Renzo, rispose l' oste, pur sottovoce :
un buon giovine, assestato ; filatore di seta, che sa bene
il suo mestiere. L' altro un contadino che ha nme To
nio: buon camerata, allegro: peccato che n'abbia pochi;
che gli spenderebbe tutti qui. L'altro un sempliciotto,
che mangia per volentieri,, quando gliene danno. Con
permesso.
E, con uno sgambetto, usc tra il fornello e l' interro
gante ; e and a portare il piatto a chi si doveva. Come
potete sapere, riattacc Renzo, quando lo vide ricompa
rire, che siano galantuomini, se non li conoscete ?
Le azioni, caro mio : l' uomo si conosce all' azioni. Quelli
che bevono il vino senza criticarlo, che pagano il conto
senza tirare, che non metton su lite con gli altri avventori,
e se hanno una coltellata da consegnare a uno, lo vanno
ad aspettar fuori, e lontano dall' osteria, tanto che il povero
oste non ne vada di mezzo, quelli sono i galantuomini. Per,
se si pu conoscer la gente bene, come ci conosciamo tra
noi quattro, meglio. E che diavolo vi vien voglia di sa
per tante cose, quando siete sposo, e dovete aver tutt' altro
in testa? o con davanti quelle polpette, che farebbero re
suscitare un morto? Cos dicendo, se ne torn in cucina.
Il nostro autore, osservando al diverso modo che teneva
costui nel soddisfare alle domande, dice ch' era un uomo
cosi fatto, che, in tutti i suoi discorsi, faceva professione
d' esser molto amico de' galantuomini in generale ; ma, in
atto pratico, usava molto maggior compiacenza con quelli
che avessero riputazione o sembianza di birboni. Che carat
tere singolare ! ch ? : -
La cena non fu molto allegra. I due convitati avrebbero
CAPITOLO VII. 115
voluto godersela con tutto loro comodo; ma l'invitante,
preoccupato di ci che il lettore sa, e infastidito, e anche
un" po' inquieto del contegno strano di quegli sconosciuti,
non vedeva l' ora d' andarsene. Si parlava sottovoce, per
causa loro; ed eran parole tronche e svogliate.
Che bella cosa, scapp fuori di punto in bianco Ger-
yaso, che Renzo voglia prender moglie, e abbia biso
gno...! Renzo gli fece un viso brusco. - Vuoi staro
zitto, bestia? gli disse Tonio, accompagnando il titolo con
ima gomitata. La conversazione fu sempre pi fredda, fino
alla fine. Renzo, stando indietro nel mangiare, come nel
bere, attese a mescere ai due testimoni, con discrezione, in
maniera di dar loro un po' di brio, senza farli uscir di cer-
Tello. Sparecchiato, pagato il conto da colui che aveva fatto
men guasto, dovettero tutti e tre passar- novam ente davanti
a quelle facce, le quali tutte si voltarono a Renzo, come
iraand' era entrato. Questo, fatti ch' ebbe pochi passi fuori
dell' osteria, si volt indietro, e vide che i due che aveva
lasciati seduti in cucina, lo seguitavano : si ferm allora,
co' suoi compagni, come se dicesse : vediamo cosa voglion
ila me costoro. Ma i due, quando s' accorsero d' essere os
servati, si fermarono anch'essi, si parlaron sottovoce, e tor
narono indietro. Se Renzo fosse stato tanto vicino da sentir
le loro parole, gli sarebbero parse molto strane. Sarebbe
per un bell' onore, senza contar la mancia, diceva uno
ile' malandrini, se, tornando al palazzo, potessimo raccon
tare d'avergli spianate le costole in fretta in fretta,. e cosi
da noi, senza che il signor Griso fosse qui a regolare.
E guastare il negozio principale ! rispondeva l' altro.
Ecco: s' avvisto di qualche cosa; si ferma a guardarci.
Ih ! se fosse pi tardi ! Torniamo indietro, per non dar so
spetto. Vedi che vien gente da tutte le parti : lasciamoli
andar tutti a pollaio.
C era infatti quel brulichio, quel ronzio, che si sente in
un villaggio, sulla sera, e che, dopo pochi momenti, d
luogo alla quiete solenne della notte. Le donne venivan dal
campo, portandosi in collo i bambini, e tenendo per la mano
i ragazzi pi grandini, ai quali facevan dire le divozioni
116 X PROMESSI SPOSI
della sera; venivan gli uomini, con le vangile, e con le
zappe sulle spalle. All' aprirsi degli usci, si vedevan lucci
care qua e l i fuochi accesi per le povere cene : si sentiva
nella strada barattare i saluti, e qualche parola, sulla scar
sit della raccolta, e sulla miseria dell' annata ; e pi delle
parole, si sentivano i tocchi misurati e sonori della cam
pana, che annunziava il finir del giorno. Quando. Renzo
vide che i due indiscreti s'eran ritirati, continu la sua
strada nelle tenebre crescenti, dando sottovoce ora un ri
cordo, ora un altro, ora all'uno, ora all' altro fratello.
Arrivarono alla casetta di Lucia, ch' era gi notte.
Tra il primo pensiero d' una impresa terribile, e l'esecu
zione di essa, (ha detto un barbaro che non era privo d'in
gegno) l' intervallo un sogno, pieno di fantasmi e di paure.
Lucia era, da molte ore, nell' angosce d' un tal sogno : e
Agnese, Agnese medesima, l'autrice del consiglio, stava so
pra pensiero, e trovava a stento parole per rincorare la
figlia. Ma, al momento di destarsi, al momento cio di dar
principio all' opera, l' animo si trova tutto trasformato. Al
terrore e al coraggio he vi contrastavano, succede un al
tro terrore e un altro coraggio : l' impresa s' affaccia alla
mente, come una nuova apparizione : ci che prima spaven
tava di pi, sembra talvolta divenuto agevole tutt'a un
tratto : talvolta comparisce grande l' ostacolo a cui s' era
appena badato ; l' immaginazione d indietro sgomentata :
le membra par che ricusino d'ubbidire; e il cuore manca
alle promesse che aveva fatte con pi sicurezza. Al pic
chiare sommesso di Renzo, Lucia fu assalita da tanto ter
rore, che risolvette, in quel momento, di soffrire ogni cosa,
di star sempre divisa da lui, piuttosto ch' eseguire quella
risoluzione ; ma quando si fu fatto vedere, ed ebbe detto :
son qui, andiamo ; quando tutti si mostraron pronti ad
avviarsi, senza esitazione, come a cosa stabilita, irrevoca
bile ; Lucia non ebbe tempo n forza di far difficolt, e,
come strascinata, prese tremando un braccio della madre,
un braccio del promesso sposo, e si mosse con la brigata
avventuriera.
Zitti zitti, nelle tenebre, a passo misurato, usciron dalla
CAPITOLO VII. 117
casetta, e preser la strada fuori del paese. La pi corta sa
rebbe stata d' attraversarlo : ch s' andava diritto alla casa
di don Abbondio; ma scelsero quella, per non -esser visti.
Per viottole, tra gli orti e i campi, arrivaron vicino a quella
casa, e l si divisero. I due promessi rimaser nascosti dis
tro l' angolo di essa ; Agnese con loro, ma un po' pi in
nanzi, per accorrere in tempo a fermar Perpetua, e a im
padronirsene ; Tonio, con lo scempiato di Gervaso, che non
sapeva far nulla da s, e senza il quale non si poteva far
nulla, s' affacciaron bravamente alla porta, e picchiarono.
Chi , a quest' ora? grid una voce dalla finestra, che
s'apr in quel momento: era la voce di Perpetua. Am
malati non ce n' , ch' io sappia. forse accaduta qualche
disgrazia?
Son io, rispose Tonio, con mio fratello, che abbiam
bisogno di parlare al signor curato.
ora da cristiani questa? disse bruscamente Perpe
tua. Che discrezione ? Tornate domani.
Sentite: tornr o non torner: ho riscosso non so che
danari, e venivo a saldar quel debituccio che sapete : aveva
qui venticinque belle berlinghe nuove.; ma se non si pu,
pazienza: questi, so come spenderli, e torner quando n' ab
bia messi insieme degli altri.
Aspettate, aspettate: vo e torno. Ma perch venire
a quest'ora?
Gli ho ricevuti, anch' io, poco fa;- e ho pensato, come vi
dico, che, se li tengo a dormir con me, non so di che pa
rere sar domattina. Per, se l' ora non vi piace, non so
che dire : per me, son qui ; e se non mi volete, me ne vo.
No, no, aspettate un momento : torno con la risposta.
Cos dicendo, richiuse la finestra. A questo punto, Agnese
si stacc dai promessi, e, detto sottovoce a Lucia : corag
gio ; un momento ; come farsi cavar un dente, si riun
ai due fratelli, davanti all' uscio ; e si mise a ciarlare con
Tonio, in maniera che Perpetua, venendo ad aprire, dovesse
credere che si fosse abbattuta l a caso, e che Tonio l' avesse*
trattenuta un momento.
I PROMESSI SPOSI

CAPITOLO VIII.

Carneade ! Chi era costui ? ruminava tra s don Ab


bondio seduto sul suo seggiolone, in una stanza del piano
superiore, con un libricciolo aperto davanti, quando Perpe
tua entro a portargli l' imbasciata. Carneade ! questo
nome mi par bene d'averlo letto o sentito; doveva essere
un uomo di studio, un letteratone del tempo antico: un
nome di quelli; ma chi diavolo era costui? Tanto il
pover uomo era lontano da prevedere che burrasca gli si
addensasse sul capo !
Bisogna sapere che don Abbondio si dilettava di leggere
un pochino ogni giorno; e un curato suo vicino, che aveva
un po' di libreria , gli prestava un libro dopo l' altro , il
primo che gli veniva alle mani. Quello su cui meditava in
quel momento don Abbondio, convalescente della febbre
dello spavento, anzi pi guarito (quanto alla febbre) che
non volesse lasciar credere, era un panegirico in onore di
san Carlo, detto con molta enfasi, e udito con molta ammi
razione nel duomo di Milano, due anni prima. Il santo v' era
paragonato, per l'amore allo studio, ad Archimede; e fin
qui don Abbondio non trovava inciampo ; perch Archimede
ne ha fatte di cos curiose, ha fatto dir tanto di s, che, per
saperne qualche cosa , non c' bisogno d' un' erudizione
molto vasta. Ma, dopo Archimede, l' oratore chiamava a
paragone anche Carneade : e li il lettore era rimasto ar
renato. In quel momento entr Perpetua ad annunziar la
visita di Tonio.
A quest' ora ? disse anche don Abbondio , com' era
naturale.
Cosa vuole ? Non hanno discrezione : ma se non lo pi
glia al volo
Gi : se non lo piglio ora, chi sa quando lo potr pi
gliare ! Fatelo venire .... Ehi ! ehi ! siete poi ben sicura che
sia proprio lui?
Diavolo ! rispose Perpetua, e scese ; apr l' uscio, o
tlisse : dove siete ? Tonio si fece vedere ; e, nello stesso
CAPITOLO Vili. 119
tempo, venne avanti anche Agnese, e salut Perpetua per
nome.
Buona sera, Agnese, disse Perpetua: di dove si
viene, a quest'ora?
Vengo da e nomin un paesetto vicino. E se
sapeste ... continu : mi son fermata di pi, appunto
in grazia vostra.
Oh perch? domand Perpetua; e voltandosi a'due
fratelli, entrate, disse, che vengo anch' io.
Perch, rispose Agnese, una donna di quelle che
non sanno le cose, e voglion parlare .... credereste ? s' osti
nava a dire che voi non vi siete maritata con Beppe Suo
lavecchia, n con Anselmo Lunghigna, perch non v' hanno
voluta. Io sostenevo che siete stata voi che gli avete rifiu
tati, l'uno e l'altro
Sicuro. Oh la hugiarda ! la bugiardona ! Chi costei ?
Non me lo domandate, he non mi piace metter male.
Me lo direte, me l'avete a. dire: oh la bugiarda !
Basta ma non potete credere quanto mi sia dispia
ciuto di non saper bene tutta la storia, per confonder colei.
Guardate se si pu inventare, a questo modo ! esclam
di nuovo Perpetua; e riprese subito: in quanto a Beppe,
tutti sanno, e hanno potuto vedere .... Ehi, Tonio ! acco
state l' uscio, e salite pure, che vengo. Tonio, di dentro.,
rispose di si ; e Perpetua continu la sua narrazione ap
passionata.
In faccia all'uscio di don Abbondio, s' apriva , tra due
,casipole, una stradetta, che, finite quelle, voltava in un
campo. Agnese vi s' avvi, come se volesse tirarsi alquanto
in disparte, per parlar pi liberamente ; e Perpetua dietro.
Quand' ebbero voltato, e furono in luogo, donde non si po
teva pi yeder ci che accadesse davanti alla casa di don
Abbondio, Agnese toss forte. Era il segnale : Renzo lo sent,
fece coraggio a Lucia, con una stretta di braccio ; e tutt' e
due, in punta di piedi, vennero avanti, rasentando il muro,
,zitti zitti ; arrivarono all' uscio, lo spinsero adagino adagino ;
cheti e chinati, entraron nell' andito, dov' erano i due fra
telli, ad aspettarli. Renzo accost di nuovo l'uscio piaa
120 I PROMESSI SPOSI
piano ; e tutt' e quattro su per le scale, non facendo rumore
neppur per uno. Giunti sul pianerottolo, i due fratelli s' av
vicinarono all' uscio della stanza, ch' era di fianco alla scala;
gli sposi si strinsero al muro.
Deo gratias, - disse Tonio, a voce chiara.
< Tonio, eh ? Entrate, rispose la voce di dentro.
Il chiamato apr l' uscio, appena quanto bastava per po
ter passar lui e il fratello, a un per volta. La striscia di
luce, che usc d' improvviso per quella apertura, e si disegni>
sul pavimento oscuro del pianerottolo, fece riscoter Lucia,
come se fosse scoperta. Entrati i fratelli, Tonio si tir dietro
l' uscio : gli sposi rimasero immobili nelle tenebre, con V o-
recchie tese, tenendo il fiato: il rumore pi forte era il
martellar che faceva il povero cuore di Lucia.
Don Abbondio stava, come abbiam detto, sur una vecchia
seggiola, ravvolto in una vecchia zimarra, con in capo una
vecchia papalina, che gli faceva cornice intorno alla faccia,
al lume scarso d' una piccola lucerna. Due folte ciocche di
capelli, che gli scappavano fuor della papalina, due folti
sopraccigli, due folti baffi, un folto pizzo, tutti canuti, e
sparsi su quella faccia bruna e rugosa, potevano assomi
gliarsi a cespugli coperti di neve, sporgenti da un dirupo,
al chiaro di luna.
Ah ! ah ! fu il suo saluto, mentre si levava gli occhiali,
-e li riponeva nel libricciolo.
Dir il signor curato, che son venuto tardi , disse
Tonio, inchinandosi, come pure fece, ma pi goffamente,
Gervaso.
Sicuro ch' tardi : tardi in tutte le maniere. Lo sapete
che sono ammalato?
Oh ! mi dispiace.
L' avrete sentito dire ; sono ammalato, e non so quando
potr lasciarmi vedere .... Ma perch vi siete condotto
dietro qul quel figliuolo?
Cos per compagnia, signor curato.
Basta, vediamo.
Son venticinque berlinghe nuove, di quelle col sant' Am
brogio a cavallo, disse Tonio, levandosi un involtino di tasca.
CAPITOLO viri. 121 ;
Vediamo, replic don Abbondio : e, preso l' involtino,
si rimesse gli occhiali, l' apr, cav le berlinghe, le cont,
le volt, le rivolt, le trov senza difetto.
Ora, signor curato, mi dar la collana della mia Tecla. j>
giusto, rispose don Abbondio; poi and a un arma
dio, si lev una chiave di tasca, e, guardandosi intorno,
come per tener lontani gli spettatori, apr una parte di
sportello, riemp l' apertura con la persona, mise dentro la
testa, per guardare, e un braccio, per prendere la collana;
la prese, e, chiuso l' armadio, la consegn a Tonio, dicendo :
va bene?
Ora, disse Tonio, si contenti di mettere un po' di
nero sul bianco.
Anche questa ! disse don Abbondio : le sanno tutte. Ih !
com' divenuto sospettoso il mondo ! Non vi fidate di me ?
Come, signor curato ! s' io mi fido ? Lei mi fa torto. Ma
siccome il mio nome sul suo libraccio dalla parte del de-"
bito .... dunque, giacch ha gi avuto l' incomodo di scri
vere una volta, cos . . . dalla vita alla morte
Bene bene, interruppe don Abbondio, e brontolando,
tir a s una cassetta del tavolino, lev fuori carta, penna
e calamaio, e si mise a scrivere, ripetendo a viva voce le
parole, di mano in mano che gli uscivan dalla penna. Frat
tanto Tonio e, a un suo cenno, Gervaso, si piantaron ritti
davanti al tavolino, in maniera d'impedire allo scrivente
la vista dell' uscio ; e, come per ozio, andavano stropic
ciando, co' piedi, il pavimento, per dar segno a quei ch' e-
rano fuori, d' entrare, e per confondere nello stesso tempo
il rumore delle loro pedate. Don Abbondio, immerso nella
sua scrittura, non badava ad altro. Allo stropiccio de' quattro
piedi, Renzo prese un braccio di Lucia, lo strinse, per darle
coraggio, e si mosse, tirandosela dietro tutta tremante, che
da s non vi sarebbe potuta venire. Entraron pian piano,
in punta di piedi , rattenendo il respiro ; e si nascosero die
tro i due fratelli. Intanto don Abbondio, finito di scrivere,
rilesse attentamente, senza alzar gli occhi dalla carta ; la
pieg in quattro, dicendo : ora, sarete contento ? e, le
vatosi con una mano gli occhiali dal naso, la porse con l'altra
122 I PROMESSI SPOSI
a Tonio, alzando il viso. Tonio, allungando la mano per
prender la carta , si ritir da una parte ; Gervaso , a un
suo cenno , dall' altra ; e, nel mezzo, come al dividersi d' una
scena, apparvero Renzo e Lucia. Don Abbondio, vide con--
fusamente, poi vide chiaro, si spavent, si stup, s' infuri,
pens, prese una risoluzione : tutto questo nel tempo che
Renzo mise a proferire le parole : <s signor curato, in pre
senza di questi testimoni, quest' mia moglie. Le sue
labbra non erano ancora tornate al posto, che don Abbondio,
lasciando cader la carta, aveva gi afferrata e alzata, con
la mancina, la lucerna, ghermito, con la diritta, il tappeto
del tavolino, e tiratolo a s, con furia, buttando in terra
libro, carta, calamaio e polverino ; e, balzando tra la seg
giola e il tavolino, s' era avvicinato a Lucia. La poveretta,
con quella sua voce soave, e allora tutta tremante, aveva
appena potuto proferire : e questo che don Abbondio
le aveva buttato sgarbatamente il tappeto sulla testa e
sul viso, per impedirle di pronunziare intera la formola.
E subito, lasciata cader la lucerna che teneva nell' altra
mano, s' aiut anche con quella a imbacuccarla col tappeto,
che quasi la soffogava ; e intanto gridava quanto n' aveva
in canna: Perpetua! Perpetuai tradimento f aiuto ! Il
lucignolo, che moriva sul pavimento, mandava una luce
languida e saltellante sopra Lucia, la quale, affatto smarrita,
non tentava neppure di svolgersi, e poteva parere una sta
tua abbozzata in creta, sulla quale l' artefice ha gettato un
umido panno. Cessata ogni . luce, don Abbondio lasci la
poveretta, e and cercando a tastoni l' uscio che metteva
a una stanza pi interna; lo trov, entr in quella, si chiuse
dentro, gridando tuttavia : Perpetua ! tradimento ! aiuto !
fuori di questa- casa ! fuori di questa casa ! Neil' altra
stanza, tutto era confusione : Renzo, cercando di fermare
il curato, e remando con le mani, come se facesse a mosca
cieca, era arrivato all' uscio, e picchiava, gridando : apra,
apra; non faccia schiamazzo. Lucia chiamava Renzo, con
voce fioca, e diceva, pregando : andiamo, andiamo, per
l' amor di Dio. Tonio, carpone, andava spazzando con le
mani il pavimento, per veder di raccapezzare la sua
CAPITOLO Vili. 123
ricevuta. Gervaso, spiritato, gridava e saltellava, cer
cando l'uscio di scala, per uscir.e a salvamento.
In mezzo a questo serra serra, non possiam lasciar di
fermarci un momento a fare una riflessione. Renzo, che stre
pitava di notte in casa altrui, che vi s'era introdotto di sop
piatto, e teneva, il padrone stesso assediato in una stanza,
ha tutta l' apparenza d' un oppressore ; eppure , alla fin
de' fatti, era l' oppresso. Don Abbondio, sorpreso, messo in
fuga, spaventato, mentre attendeva tranquillamente a' fatti
suoi, parrebbe la vittima ; eppure, in realt, era lui che
taceva un sopruso. Cos va spesso il mondo voglio
'lire, cos andava nel secolo decimo settimo. '
L' assediato, vedendo che il nemico non dava segno di
ritirarsi, apri una finestra che guardava sulla piazza della
chiesa, e si diede a gridare: aiuto! aiuto! Era il pi
bel chiaro di luna; l'ombra della chiesa, e pi in fuori
l'ombra lunga ed acuta del campanile, si stendeva bruna e
spiccata sul piano erboso e lucente della piazza: ogni og
getto si poteva distinguere, quasi come di giorno. Ma, fin
dove arrivava lo sguardo, non appariva indizio di persona
vivente. Contiguo per al muro laterale della chiesa, e ap
punto dal lato che rispondeva verso la casa parrocchiale,
era un piccolo abituro, un bugigattolo, dove dormiva il sa
grestano. Fu questo riscosso d quel disordinato grido, fece
un salto, scese il letto in furia, apri l' impannata d' una sua
taestrina, mise fuori la testa, con gli occhi tra' peli, e
disse: cosa c' ?
Correte, Ambrogio ! aiuto ! gente in casa, grid verso
lui don Abbondio. Vengo subito, rispose quello ; tiro
indietro la testa, richiuse la sua impannata, e, quantunque
mezzo tra'l sonno, e pi che mezzo sbigottito, trov su due
piedi un espediente per dar pi aiuto di quello che gli si
chiedeva, senza mettersi lui nel tafferuglio, quale si fosse.
Da di piglio alle brache, che teneva sul letto ; se le caccia
sotto il braccio, come un cappello di gala, e gi balzelloni
per una scaletta di legno ; corre al campanile, afferra laf*'
corda della pi grossa di due campanette che c' erano, e,
suona a martello.
124 ' I PROMESSI SPOSI
Ton, ton, ton, ton : i contadini balzano a sedere sul letto ;
i giovinetti sdraiati sul fenile, tendon l' orecchio, si rizzano.
Cos'? Cos'? Campana a martello! fuoco? ladri? ban
diti? Molte donne consigliano, pregano i mariti, di non mo
versi, di lasciar correre gli altri : alcuni s' alzano, e vanno
alla finestra : i poltrni, come se si arrendessero alle pre
ghiere, ritornan sotto : i pi curiosi e pi bravi scendono a
prender le forche e gli schioppi, per correre al rumore :
altri stanno a vedere.
Ma, prima che quelli fossero all' ordine, prima anzi che
fosser ben desti, il rumpre era giunto agli orecchi d' altre
persone che vegliavano, non lontano, ritte e vestite : i bravi
in un luogo, Agnese e Perpetua in un altro. Diremo prima
brevemente ci che facesser coloro, dal momento in cui gli
abbiamo lasciati, parte nel casolare e parte all'osteria. Que
sti tre, quando videro tutti gli usci chiusi e la strada de
serta, uscirono in fretta, come se si fossero avvisti d' aver
fatto tardi, e dicendo di voler andar subito a casa; diedero
una giravolta per il paese, per venire in chiaro se tutti eran
ritirati ; e in fatti, non incontrarono anima vivente, n sen
tirono il pi piccolo strepito. Passarono anche, pian piano,
davanti alla nostra povera casetta: la pi quieta di tutte,
giacch non c' era pi nessuno. Andarono allora diviato al
casolare, e fecero la loro relazione al signor Griso. Subito,
questo si mise in testa un cappellaccio, sulle spalle un san-
rocchino di tela incerata, sparso di conchiglie ; prese un bor
done da pellegrino, disse: andiamo da bravi: zitti, e at
tenti agli ordini, s' incammin il primo, gli altri dietro; e,
in un momento, arrivarono alla casetta, per una strada op
posta a quella per cui se n' era allontanata la nostra briga
teli, andando anch'essa alla sua spedizione. Il Griso trat
tenne la truppa, alcuni passi lontano, and innanzi solo ad
esplorare, e, visto tutto deserto e tranquillo di fuori , fece
venire avanti due di quei tristi, diede loro ordine di scalar
adagino il muro che chiudeva il cortiletto, e, calati dentro,
nascondersi in un angolo, dietro un folto fico, sul quale
aveva messo l'occhio, la mattina. Ci fatto, picchi pian
piano, con intenzione di dirsi un pellegrino smarrito, che
CAPITOLO Vili. 125
chiedeva ricovero, fino a giorno. Nessun risponde : ripicchia
un po' pi forte ; nemmeno uno zitto. Allora, va a chiamare
un terzo malandrino, lo fa scendere nel cortiletto, come gli
altri due, con l' ordine di sconficcare adagio il paletto, per
aver libero l' ingresso e la ritirata. Tutto s' eseguisce con
gran cautela, e con prospero successo. Va a chiamar gli al
tri, li fa entrar con s, li manda a nascondersi accanto ai
primi ; accosta adagio adagio l' uscio di strada, vi posta due
sentinelle di dentro ; e va diritto all' uscio del terreno. Pic
chia anche li, e aspetta : e' poteva ben aspettare. Sconficca
pian pianissimo anche queil' uscio : nessuno di dentro dice :
chi va l?;' nessuno si fa sentire: meglio non pu andare.
Avanti dunque : st, chiama quei del fico,1 entra con loro
nella stanza terrena, dove, la mattina, aveva scellerata
mente accattato quel pezzo di pane. Cava fuori esca, pietra,
acciarino e zolfanelli, accende un suo lanternino, entra nel-
l' altra stanza pi interna, per accertarsi che nessun ci sia :
non c' nessuno. Tornaindietro, va all'uscio di scala, guarda,
porge l'orecchio: solitudine e silenzio. Lascia due altre
sentinlle a terreno, si fa venir dietro il Grignapoco, ch' era
un bravo del contado di Bergamo, il quale solo doveva
minacciare, acchetare, comandare, essere in somma il di
citore, affinch il suo linguaggio potesse far credere ad
Agnese che la spedizione veniva da quella parte. Con costui
al fianco, e gli altri dietro, il Griso sale adagio adagio, be
stemmiando in cuor suo ogni scalino che scricchiolasse,
ogni pass di que' mascalzoni che facesse rumore. Final
mente in cima. Qui giace la lepre. Spinge mollemente
l'uscio che mette alla prima stanza; l'uscio cede, si fa
spiraglio : vi mette l' occhio ; buio : vi mette l' orecchio,
per sentire se qualcheduno russa, fiata, brulica l dentro;
niente. Dunque avanti: si mette la lanterna .davanti al
viso, per vedere, senza esser veduto, spalanca l' uscio,' vede
un letto ; addosso : il letto fatto e spianato, con la rimboc
catura arrovesciata, e composta sul capezzale. Si stringe
nelle spalle, si volta alla compagnia, accenna loro che va
a vedere nell' altra stanza, e che gli vengan dietro pian
piano; entra, fa le stesse cerimonie, trova la stessa cosa.
126 I PROMESSI SPOSI
Che diavolo questo ? dice allora : che qualche cane
traditore abbia fatto la spia? Si metton tutti, con raen
cautela, a guardare, a tastare per ogni canto, buttan sot
tosopra la casa. Mentre costoro sono in tali faccende, i due
che fan la guardia all' uscio di strada, sentono un calpestio
di passini frettolosi, che s'avvicinano in fretta; s'immagi
nano che, chiunque sia, passer diritto; stan quieti, e, a
buon conto, si mettono all' erta. In fatti, il calpestio si ferma
appunto all' uscio. Era Menico che veniva di corsa, mandato
dal padre Cristoforo ad avvisar le due donne che, per l' a-
mor del cielo, scappassero subito di casa, e si rifugiassero
al convento, perch il perch lo sapete. Prende la ma
niglia del paletto, per picchiare, e se lo sente tentennare
in mano, schiodato e sconficcato. Che questo? pensa;
e spinge l'uscio con paura: quello s'apre. Menico mette
il piede dentro, in gran sospetto, e si sente a un punto ac
chiappar per le braccia, e due voci sommesse, a destra e a
sinistra, che dicono, in tono minaccioso : zitto ! o sei mor
to. Lui in vece caccia un urlo: uno di que' malandrini gli
mette una mano alla bocca; l'altro tira fuori un coltellaccio,
per fargli paura. Il garzoncello trema come una foglia, e non
tenta neppur di gridare ; ma, tutt'a un tratto, in vece di lui,
c con ben altro tono, si fa sentire quel primo tocco di cam
pana cos fatto, e dietro una tempesta di rintocchi in fila.
Chi in difetto in sospetto, dice il proverbio milanese :
all' uno e all' altro furfante parve di sentire in que' tocchi il
suo nome, cognome e soprannome : lasciano andar le brac
cia di Menico, ritirano le loro in furia, spalancan la mano
e la bocca, si guardano in viso, e corrono alla casa, dov' era
il grosso della compagnia. Menico, via a gambe per la strada,
alle volta del campanile, dove a buon conto qualcheduno
ci doveva essere. Agli altri furfanti che frugavan la casa,
dall' alto al basso, il terribile tocco fece la stessa impres
sione : si confondono, si scompigliano, s' urtano a vicenda :
ognuno cerca la strada pi corta, per arrivare all' uscio.
Eppure era tutta gente provata e avvezza a mostrare il
viso; ma non poterono star saldi contro un pericolo inde
terminato, e che non s' era fatto vedere un po' da lontano,
CAPITOLO Vili. 127
prima di Venir loro addosso. Ci volle tutta la superiorit del
Griso a tenerli insieme, tanto che fosse ritirata e non fuga.
Come il cane che scorta una mandra di porci, corre or
qua or l a quei (he si sbandano; ne addenta uno per un
orecchio, e lo tira in ischiera; ne spinge un altro col muso;
abbaia a un altro che esce di fila in quel momento ; cos il
pellegrino acciuffa un di coloro, che gi toccava la soglia, e
lo strappa indietro ; caccia indietro col bordone uno e un
altro che s' avviavan da quella parte : grida agli altri che
corron qua e l, senza saper dove ; tanto che li raccozz
tutti nel mezzo del cortiletto. Presto, presto ! pistole in
mano, coltelli in pronto, tutti insieme; e poi anderemo : cosi
si va. Chi volete che ci tocchi, se stiam ben insieme, scioc
coni ? Ma, se ci lasciamo acchiappare a uno a uno, anche ,i
villani ce ne daranno. Vergogna ! Dietro a me, e uniti.
Dopo questa breve aringa, si mise alla fronte, e usci il pri
mo. La casa, come abbiam detto, era in fondo al villaggio;
1l Griso prese la strada che metteva fuori, e tutti gli anda-
ron dietro in buon ordine. .
Lasciamoli andare, e torniamo un passo indietro a pren
dere Agnese e Perpetua, che abbiam lasciate in una certa
stradetta. Agnese aveva procurato d'allontanar l'altra dalla
casa di don Abbondio, il pi che fosse possibile; e, fino
a un certo punto, la cosa era andata bene. Ma tutt' a un
tratto, la serva s' era ricordata dell' uscio rimasto aperto, e
aveva voluto tornare indietro. Non c'era che ridire : Agnese,
per non farle nascere qualche sospetto, aveva dovuto voltar
con lei, e andarle dietro, cercando per di trattenerla, ogni
volta che la vedesse riscaldata ben bene, nel racconto di
que' tali matrimoni andati a monte. Mostrava di darle molta
udienza, e, ogni tanto, per far vedere che stava attenta, o
per ravviare il cicalio, diceva: sicuro: adesso capisco : va
benissimo: chiaro: e poi? e lui? e voi? Ma intanto, fa
ceva un altro discorso con s stessa. Saranno usciti a
quest' ora? o saranno ancor dentro? Che sciocchi che siamo
stati tutt' e tre, a non concertar qualche segnale, per avvi
sarmi, quando la cosa fosse riuscita ! stata proprio grossa f
Ma fatta: ora non c' altro che tener costei a bada, pi
128 I PROMESSI SPOSI
che posso : alla peggio, sar un po' di tempo perduto.
Cos, a corserelle e a fermatine, eran tornate poco distante
dalla casa di don Abbondio, la quale per non vedevano,
per ragione di quella cantonata : e Perpetua, trovandosi a
un punto importante del racconto, s' era lasciata fermare
senza far resistenza, anzi senza avvedersene ; quando, tutt'a
un tratto, si sent venir rimbombando dall' alto, nel vano
immoto dell'aria, per l'ampio silenzio della notte, quel primo
sgangherato grido di don Abbondio : aiuto ! aiuto !
Misericordia ! cos' stato ? grid Perpetua, e volle
correre.
Cosa c' ? cosa c' disse Agnese, tenendola per la
sottana.
Misericordia ! non avete sentito? replic quella, svin
colandosi.
Cosa c' ? cosa c' ? ripet Agnese, afferrandola per
un braccio.
Diavolo d' una donna ! esclam Perpetua, respingen
dola, per mettersi in libert; e prese la rincorsa. Quando,
pi lontano, pi acuto, pi istantaneo, si sente l' urlo di
Menico.
Misericordia ! grida anche Agnese ; e di galoppo die
tro l' altra. Avevan quasi appena alzati i calcagni, quando
scocc la campana: un tocco, e due, e tre, e seguita: sa
rebbero stati sproni, se quelle ne avessero avuto bisogno.
Perpetua arriva, un momento prima dell'altra; mentre
vuole spinger l' uscio, l' uscio si spalanca di dentro, e sulla
soglia compariscono Tonio, Gervaso, Renzo, Lucia, che,
trovatala scala, eran venuti gi saltelloni; e, sentendo poi
quel terribile scampanio, correvano in furia, a mettersi in
salvo. ;
Cosa c'? cosa c'? domand Perpetua ansante ai
fratelli, che le risposero con un urtone, e scantonarono.
E voi ! come ! che fate qui voi? domand poscia all' altra
coppia, quando l' ebbe raffigurata. Ma quelli pure usciron
senza rispondere. Perpetua, per accorrere dove il bisogno
-era maggiore, non domand altro, entr in fretta nell'an
dito, e corse, come poteva al buio, verso la scala.
CAPITOLO Vili. 129
I due sposi rimasti promessi si trovarono in faccia Agnese,
che arrivava tutt' affannata. Ah siete qui t disse questa,
cavando fuori la parola a stento : com' andata? cos' la
campana? mi par d' aver sentito
A casa, a casa, diceva Renzo, prima che venga
gente. E s' avviavano; ma arriva Menico di corsa, li rico
nosce, li ferma, e, ancor tutto tremante, con voce mezza
fioca, dice : dove andate ? indietro, indietro t per di qua,
stl convento!
Sei tu che ? cominciava Agnese.
- Cosa c' d'altro? domandava Renzo. Lucia, tutta
smarrita, taceva e tremava.
C il diavolo in casa, riprese Menico ansante. Gli
ho visti io : m' hanno voluto ammazzare : l' ha detto il padre
Cristoforo : e anche voi, Renzo, ha detto che veniate subito :
e poi gli ho visti io : provvidenza che vi trovo qui tutti !
vi dir poi, quando saremo fuori.
Renzo, ch' era il pi in s di tutti, pens che, di qua o
di l, conveniva andar subito, prima che la gente accor
resse ; e che la pi sicura era di far ci che Menico consi
gliava, anzi comandava, con la forza d' uno spaventato. Per
istrada poi, e fuor del pericolo, si potrebbe domandare al
ragazzo una spiegazione pi chiara. Cammina avanti,
gli disse. Andiam con lui, disse alle donne. Voltarono,
s' incamminarono in fretta verso la chiesa, attraversaron la
piazza, dove per grazia del cielo, non c' era ancora anima
vivente ; entrarono in una stradetta che era tra la chiesa e
la casa di don Abbondio ; al primo buco che videro in una
siepe, dentro, e via per i campi.
Non s' eran forse allontanati un cinquanta passi, quando
la gente cominci ad accorrere sulla piazza, e ingrossava
ogni momento. Si guardavano in viso gli uni con gli altri :
ognuno aveva una domanda da fare, nessuno una risposta
da dare. I primi arrivati corsero alla porta della chiesa:
era serrata. Corsero al campanile di fuori ; e uno di quelli,
messa la bocca a un finestrino, una specie di feritoia, cacci
dentro un: che diavolo c'? Quando Ambrogio sent
una voce conosciuta, lasci andar la corda; e assicurato
I Promessi Sposi. 9
130 I PROMESSI SPOSI
dal ronzio, ch' era accorso molto popolo, rispose : vengo
ad aprire. Si mise in fretta l' arnese che aveva portato-
sotto il braccio, venne, dalla parte di dentro, alla porta
della chiesa, e l' aprL
Cos' tutto questo fracasso? Cos'? Dov'?
Chi ?
Come, chi ? disse Ambrogio, tenendo con una mano
un battente della porta, e, con l' altra, il lembo di quel tale
arnese, che s' era messo cos in fretta : come ! non lo sa
pete? gente in casa del signor curato. Animo, figliuoli:
aiuto. Si voltan tutti a quella casa, vi s' avvicinano in
folla, guardano in su, stanno in orecchi : tutto quieto. Altri
corrono dalla parte dove c' era l' uscio : chiuso, e non par
che sia stato toccato. Guardano in su anche loro : non c'
una finestra aperta: non si sente uno zitto.
Chi l dentro ? Ohe, ohe ! Signor curato ! Si
gnor curato!
Don Abbondio, il quale, appena accortosi della fuga degli
invasori, s' era ritirato dalla finestra, e l' aveva richiusa, e
che in questo momento stava a bisticciar sotto voce con
Perpetua, che l' aveva lasciato solo in queir imbroglio, do
vette, quando si senti chiamare a voce di popolo, venir di
nuovo alla finestra; e visto quel gran soccorso, si pent
d' averlo chiesto.
Cos' stato ? Che le hanno fatto ? Chi sono co
storo ? Dove sono ? gli veniva gridato da cinquanta
voci a un tratto.
Non c' pi nessuno : vi ringrazio : tornate pure a casa.
Ma chi stato? Dove sono andati? Che acca
duto?
Cattiva gente, gente che gira di notte ; ma sono fuggiti :
tornate a casa ; non c' pi niente : un' altra volta, figliuoli :
vi ringrazio del vostro buon cuore. E, detto questo, si r -
tir, e chiuse la finestra. Qui alcuni cominciarono a bron
tolare, altri a canzonare, altri a sagrare ; altri si stringevan
nelle spalle, e se n' andavano : quando arriva uno tutto tra
felato, che stentava a formar le parole. Stava costui di casa
quasi dirimpetto alle nostre donne, ed essendosi, al rumore,
CAPITOLO Vili. 131
affacciato alla finestra, aveva veduto nel cortiletto quello
scompiglio de' bravi, quando il Griso s' affannava a racco
glierli. Quand'ebbe ripreso fiato, grid: che fate qui,
figliuoli ? non qui il diavolo ; gi in fondo alla strada,
alla casa d'Agnese Mondella : gente armata ; son dentro ;
par che vogliano ammazzare un pellegrino; chi sa che
diavolo c'!
Che ? Che ? Che ? E comincia una consulta tu
multuosa. Bisogna andare. Bisogna vedere. Quanti
sono ? Quanti siamo ? Chi sono ? Il console ! il
console!
Son qui, risponde il console, di mezzo alla folla: son
qui; ma bisogna aiutarmi, bisogna ubbidire. Presto: dov'
il sagrestano? Alla campana, alla campana. Presto: uno
che corra a Lecco a cercar soccorso : venite qui tutti ....
Chi accorre, chi sguizza tra uomo e uomo, e se la batte ;
il tumulto era grande, quando arriva un altro, che gli aveva
veduti partire in fretta, e grida: correte, figliuoli: ladri,
o banditi che scappano con un pellegrino : son gi fuori del
paese: addosso! addosso! A quest'avviso, senza aspettar
gli ordini del capitano, si movono in massa, e gi alla rin
fusa per la strada ; di mano in mano che l'esercito s'avanza,
qualcheduno di quei della vanguardia rallenta il passo, si
lascia sopravanzare, e si ficca nel corpo della battaglia : gli
ultimi spingono innanzi : lo sciame confuso giunge finalmente
al luogo indicato. Le tracce dell' invasione eran fresche e
manifeste: l'uscio spalancato, la serratura sconficcata; ma
gl' invasori erano spariti. S'entra nel cortile ; si va all'uscio
ilei terreno : aperto e sconficcato anche quello : si chiama :
Agnese ! Lucia ! Il pellegrino ! Dov' il pellegrino ? L'avr
sognato Stefano, il pellegrino. No, no : 1' ha visto anche
Carlandrea. Ohe, pellegrino ! Agnese ! Lucia ! Nessuno
risponde. Le hanno portate via ! Le hanno portate via !
Ci fu allora di quelli che, alzando la voce, proposero d' in .
seguire i rapitori : che era un' infamit ; e sarebbe una ver
gogna per il paese, se ogni birbone potesse a man salva
venire a portar via le donne, come il nibbio i pulcini da
un' aia deserta. Nuova consulta e pi tumultuosa : ma uno
132 I PROMESSI SPOSI
(e non si seppe mai bene chi fosse stato) gett nella bri
gata una voce, che Agnese e Lucia s' eran messe in salvo
in una casa. La voce corse rapidamente, ottenne credenza ;
non si parl pi di dar la caccia ai fuggitivi ; e la brigata
si sparpagli, andando ognuno a casa sua. Era un bisbiglio,
uno strepito, un picchiare e un aprir d' usci, un apparire e
uno sparir di lucerne, un interrogare di donne dalle fine
stre, un rispondere dalla strada. Tornata questa deserta
e silenziosa, i discorsi continuaron nelle case, e moriron
negli sbadigli, per ricominciar poi la mattina. Fatti per,
non ce ne fu altri ; se non che, quella medesima mattina,
il console, stando nel suo campo, col mento in una mano,
e il gomito appoggiato sul manico della vanga mezza ficcata
nel terreno, e con un piede sul vangile : stando, dico, a spe
culare tra s sui misteri della notte passata, e sulla ragion
composta di ci che gli toccasse a fare, e di ci che gli
convenisse fare, vide venirsi incontro due uomini d' assai
gagliarda presenza, chiomati come due re de' Franchi della
prima razza, e somigliantissimi nel resto a que'due che cin
que giorni prima avevano affrontato don Abbondio, se pur
non eran que' medesimi. Costoro, con un fare men cerimo
nioso, intimarono al console che guardasse bene di non far
deposizione al podest dell' accaduto, di non rispondere il
vero, caso che ne venisse interrogato, di non ciarlare, di
non fomentar le ciarle de' villani, per quanto aveva cara
la speranza di morir di malattia.
I nostri fuggiaschi camminarono un pezzo di buon trotto,
in silenzio, voltandosi, ora l' uno ora l' altro, a guardare se
nessuno gl' inseguiva, tutti in affanno per la fatica della fuga,
per il batticuore e per la sospensione in cui erano stati, per
il dolore della cattiva riuscita, per l'apprensione confusa del
nuovo oscuro pericolo. E ancor pi in affanno li teneva
l' incalzare continuo di que' rintocchi, i quali, quanto, per
l' allontanarsi, venivan pi fiochi e ottusi, tanto pareva che
prendessero un non so che di pi lugubre e sinistro. Final
mente cessarono. I fuggiaschi allora, trovandosi in un campo
disabitato, e non sentendo un alito all' intorno, rallentarono
il passo; e fu la prima Agnese che, ripreso fiato, ruppe il
capitolo vili. 133
silenzio, domandando a Renzo com' era andata, domandando
a Menico cosa fosse quel dia volo in casa. Renzo raccont
brevemente la sua trista storia ; e tutt' e tre si voltarono al
fanciullo, il quale rifer pi espressamente l'avviso del padre,
e raccont quello ch' egli stesso aveva veduto e rischiato, e
che pur troppo confermava l'avviso. Gli ascoltatori compre
sero pi di quel che Menico avesse saputo dire : a quella
scoperta, si sentiron rabbrividire; si fermaron tutt' e tre a
un tratto, si guardarono in viso l'un con l'altro, spaventati ;
e subito, con un movimento unanime, tutt' e tre posero una
mano, chi sul capo, chi sulle spalle del ragazzo, come per
accarezzarlo, per ringraziarlo tacitamente che fosse stato
per loro un angelo tutelare, per dimostrargli la compassione
che sentivano dell' angoscia da lui sofferta, e del pericolo
corso per la loro salvezza ; e quasi per chiedergliene scusa.
Ora torna a casa, pereh i tuoi non abbiano a star pi in
pena per te, gli disse Agnese ; e rammentandosi delle due
parpagliole promesse, se ne lev quattro di tasca, e gliele
diede aggiungendo: basta; prega il Signore che ci rive
diamo presto : e allora Renzo gli diede una berlinga
nuova, e gli raccomand molto di non dir nulla della com
missione avuta dal frate ; Lucia l' accarezz di nuovo, lo
salut con voce accorata; il ragazzo li salut tutti, intene
rito ; e torn indietro. Quelli ripresero la loro strada, tutti
pensierosi; le donne innanzi, e Renzo dietro, come per
guardia. Lucia stava stretta al braccio della madre, e
scansava dolcemente, e con destrezza, l' aiuto che il giovine
le offriva ne'passi malagevoli di quel viaggio fuor di strada ;
vergognosa in s, anche in un tale turbamento, d' esser gi
stata tanto sola con lui, e tanto famigliarmente, quando
s' aspettava di divenir sua moglie, tra pochi momenti. Ora,
svanito cos dolorosamente quel sogno, si pentiva d' essere
andata troppo avanti, e, tra tante cagioni di tremare, tre
mava anche per quel pudore che non nasce dalla trista
scienza del male, per quel pudore che ignora s stesso, so
migliante alla paura del fanciullo, che trema nelle tenebre,
senza saper di che.
E la casa ? disse a un tratto Agnese. Ma, per quanto
134 I PROMESSI SPOSI
la domanda fosse importante, nessuno rispose, perch nes
suno poteva darle una risposta soddisfacente. Continuarono
in silenzio la loro strada, e poco dopo, sboccarono final
mente sulla piazzetta davanti alla chiesa del convento.
Renzo s' affacci alla porta, e la sospinse bel bello. La
porta di fatto s' apri ; e la luna, entrando per lo spiraglio,
illumin la faccia pallida, e la barba d' argento del padre
Cristoforo, che stava quivi ritto in aspettativa. Visto che
non ci mancava nessuno, Dio sia benedetto t disse, e
fece lor cenno ch' entrassero. Accanto a lui, stava un altro
cappuccino ; ed era il laico sagrestano, ch' egli, con pre
ghiere e con ragioni, aveva persuaso a vegliar con lui, a
lasciar socchiusa la porta, e a starci in sentinella, per ac
cogliere que' poveri minacciati : e non si richiedeva meno
dell' autorit del padre, e della sua fama di santo, per otte
ner dal laico una condiscendenza incomoda, pericolosa e ir
regolare. Entrati che furono, il padre Cristoforo riaccost la
porta adagio adagio. Allora il sagrestano non pot pi reg
gere, e, chiamato il padre da una parte, gli andava susur-
rando all' orecchio : ma padre, padre ! di notte ... in chie
sa .. . con donne . . . chiudere ... la regola . . . ma padre !
E tentenneva la testa. Mentre diceva stentatamente quelle
parole, vedete un poco ! pensava il padre Cristoforo,
se fosse un masnadiere inseguito, fra Fazio non gli farebbe
una difficolt al mondo ; e una povera innocente, che scappa
dagli artigli del lupo Omnia munda mundis, disse
poi, voltandosi tutt' a un tratto a fra Fazio, e dimenticando
che questo non intendeva il latino. Ma una tale dimenti
canza fu appunto quella che fece l' effetto. Se il padre si
fosse messo a questionare con ragioni, a fra Fazio non sa-
rebber mancate altre ragioni da opporre ; e sa il cielo quando
e come la cosa sarebbe finita. Ma, al sentir quelle parole
gravide d'un senso misterioso, e proferite cos risoluta
mente, gli parve che in quelle dovesse contenersi la solu
zione di tutti i suoi dubbi. S' acquiet, e disse : basta ! lei
ne sa pi di me.
Fidatevi pure, rispose il padre Cristoforo; e, all'in
certo chiarore della lampada ohe ardeva davanti all'altare,
CAPITOLO Vili. 135
s' accost ai ricoverati, i quali stavano sospesi aspettando,
e disse loro : figliuoli ! ringraziate il Signore, che v' ha
scampati da un gran pericolo. Forse in questo momento . . . t *-
E qui si mise a spiegare ci che aveva fatto accennare dal
piccol messo: giacch non sospettava ch'essi ne sapesser
pi di lui, e supponeva che Menico gli avesse trovati tran
quilli in casa, prima che arrivassero i malandrini. Nessuno
lo disingann, nemmeno Lucia, la quale per sentiva un ri
morso segreto d' una tale dissimulazione, con un tal uomo ;
ma era la notte degl' imbrogli e de' sotterfugi.
Dopo di ci, continu egli, vedete bene, figliuoli,
che ora questo paese non sicuro per voi. il vostro ; ci
siete nati ; non avete fatto male a nessuno ; ma Dio vuol
-cosi. una prova, figliuoli : sopportatela con pazienza, con
fiducia, senza odio, e siate sicuri che verr un tempo in
-cui vi troverete contenti di ci che ora accade. Io ho pen
sato a trovarvi un rifugio, per questi primi momenti. Pre
sto, io spero, potrete ritornar sicuri a casa vostra; a ogni
modo, Dio vi provveder, per il vostro meglio ; e io certo
mi studier di non mancare alla grazia che mi fa, sceglien
domi per suo ministro, nel servizio di voi suoi poveri cari
tribolati. Voi, continu volgendosi alle due donne, po
trete fermarvi a L sarete abbastanza fuori d' ogni pe
ricolo, e, nello stesso tempo, non troppo lontane da casa
vostra. Cercate del nostro convento, fate chiamare il padre
guardiano, dategli questa lettera : sar per voi un altro fra
Cristoforo. E anche tu, il mio Renzo, anche tu devi met
terti, per ora, in salvo dalla rabbia degli altri, e dalla tua.
Porta questa lettera al padre Bonaventura da Lodi, nel no
stro convento di Porta Orientale in Milano. Egli ti far da
padre, ti guider, ti trover del lavoro, per fin che tu non
possa tornare a viver qui tranquillamente. Andate alla riva
-del lago, vicino allo sbocco del Bione. un torrente a
pochi passi da Pescarenico. Li vedrete un battello fermo ;
direte: barca; vi sar domandato per chi; rispondete: san
Francesco. La barca vi ricever, vi trasporter all' altra
riva, dove troverete un baroccio che vi condurr addirit
tura sino a
136 I PROMESSI SPOSI
Chi domandasse come fra Cristoforo avesse cos subito
a sua disposizione que' mezzi di trasporto, per acqua e
per terra, farebbe vedere di non conoscere qual fosse il
potere d' un cappuccino tenuto in concetto di santo.
Restava da pensare alla custodia delle case. Il padre ne-
ricevette le chiavi, incaricandosi di consegnarle a quelli
che Renzo e Agnese gl' indicarono. Quest' ultima, levandosi
di tasca la sua, mise un gran sospiro, pensando che, in
quel momento, la casa era aperta, che c'era stato il diavolo,
e chi sa cosa ci rimaneva da custodire !
Prima che partiate, disse il padre, preghiamo tutti
insieme il Signore, perch sia con voi, in codesto viaggio,
e sempre ; e sopra tutto vi dia forza, vi dia amore di vo
lere ci ch' Egli ha voluto. Cos dicendo s' inginocchi nel
mezzo della chiesa ; e tutti fecer lo stesso. Dopo ch' ebbero
pregato, alcuni momenti, in silenzio, il padre, con voce som
messa, ma distinta, articol queste parole: noi vi preghia
mo ancora per quel poveretto che ci ha condotti a questo
passo. Noi saremmo indegni della vostra misericordia, se
non ve la chiedessimo di cuore per lui : ne ha tanto biso
gno ! Noi, nella nostra tribolazione, abbiamo questo conforto,
che siamo nella strada dove ci avete messi Voi : possiamo
offrirvi i nostri guai; e diventano un guadagno. Ma lui !
vostro nemico. Oh disgraziato! compete con Voi! Ab
biate piet di lui, o Signore, toccategli il cuore, rendetelo
vostro amico, concedetegli tutti i beni che noi possiamo
desiderare a noi stessi.
Alzatosi poi, come in fretta, disse : via, figliuoli, non c'
tempo da perdere : Dio vi guardi, il suo angelo v' accompa
gni : andate. E mentre s' avviavano, con quella commo
zione che non trova parole, e che si manifesta senza di esse,
il padre soggiunse, con voce alterata: il cuor mi dice che
ci rivedremo presto.
Certo, il cuore, chi gli d retta, ha sempre qualche cosa
da dire su quello che sar. Ma che sa il cuore ? Appena un
poco di quello che gi accaduto.
Senza aspettar risposta, fra Cristoforo, and verso la sa
grestia; i viaggiatori usciron di chiesa; e fra Fazio chiuse
CAPITOLO Vili. 13T
la porta, dando loro un addio, con la voce alterata anche
lui. Essi s' avviarono zitti zitti alla riva ch' era stata loro
indicata ; videro il battello pronto, e data e barattata la pa
rola, c' entrarono. Il barcaiolo, puntando un remo alla proda,
se ne stacc ; afferrato poi l' altro remo, e vogando a due
braccia, prese il largo, verso la spiaggia opposta. Non ti
rava un alito di vento ; il lago giaceva liscio e piano, e sa
rebbe parso immobile, se non fosse stato li tremolare e l'on
deggiar leggiero della luna, che vi si specchiava da mezzo-
il cielo. S' udiva soltanto il fiotto morto e lento frangersi
sulle ghiaie del lido, il gorgoglio pi- lontano dell'acqua
rotta tra le pile del ponte, e il tonfo misurato di que' due
remi, che tagliavano la superficie azzurra del lago, usci
vano a un colpo grondanti, e si rituffavano. L' onda segata
dalla barca, riunendosi dietro la poppa, segnava una stri
scia increspata, che s' andava allontanando dal lido. I pas-
seggieri silenziosi, con la testa voltata indietro, guardavano-
i monti, e il paese rischiarato dalla luna, e variato qua e
l di grand' ombre. Si distinguevano i villaggi, le case, le
capanne : il palazzotto di don Rodrigo , con la sua torre
piatta, elevato sopra le casucce ammucchiate alla falda del
promontorio, pareva un feroce che, ritto nelle tenebre, in
mezzo a una compagnia d'addormentati, vegliasse, medi
tando un delitto. Lucia lo vide, e rabbrivid; scese con
l' occhio gi gi per la china, fino al suo paesello, guard
fisso all' estremit, scopr la sua casetta, scopr la chioma
folta del Ileo che sopravanzava il muro del cortile, scopr
la finestra della sua camera; e, seduta, com' era, nel fondo
della barca, pos il braccio sulla sponda, pos sul braccio-
la fronte, come per dormire, e pianse segretamente.
Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo ; cime
inuguali, note a chi cresciuto tra voi, e impresse nella,
sua mente, non meno che lo sia l' aspetto de' suoi pi fami
liari; torrenti, de' quali distingue lo scroscio, come il suono
delle voci domestiche ; ville sparse e biancheggianti sul pen-
dio, come branchi di pecore pascenti ; addio ! Quanto tristo
il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana ! Alla fan
tasia di quello stesso che se ne parte volontariamente,
138 I PROMESSI SPOSI
tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disab
belliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza: egli
si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora
indietro, se non pensasse che, un giorno, torner dovizioso.
-Quanto pi s' avanza nel piano, il suo occhio si ritira, di
sgustato e stanco, da queir ampiezza uniforme ; l' aria gli
par gravosa e morta ; s' inoltra mesto e disattento nelle
-citt tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che
sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro ; e da
vanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desi
derio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a
cui ha gi messi gli occhi addosso, da gran tempo, e che
comprer, tornando ricco a' suoi monti.
Ma chi non aveva mai spinto al di l di quelli neppure un
desiderio fuggitivo, chi aveva composti in essi tutti i disegni
dell' avvenire, en' sbalzato- lontano, da una forza perver
sa ! Chi, staccato a un tempo dalle pi care abitudini, e di
sturbato nelle pi care speranze, lascia que' monti, per av
viarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato
di conoscere, e non pu con l' immaginazione arrivare a un
momento stabilito per il ritorno ! Addio, casa natia, dove,
sedendo, con un pensiero occulto, s' impar a distinguere dal
rumore de'passi comuni il rumore d'un passo aspettato con
un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sog
guardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza
rossore ; nella quale la mente si figurava un soggiorno tran
quillo e perpetuo di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo torn
tante volte sereno, cantando }e lodi del Signore; dov'era
promesso, preparato un rito ; dove il sospiro segreto del
-cuore doveva essere solennemente benedetto , e l' amore
venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a
voi tanta giocondit per tutto; e non turba mai la
gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una pi
certa e pi grande.
. Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di
Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini,
mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra
dell' Adda.
13

CAPITOLO IX.

L' urtar che fece la barca contro la proda, scosse Lucia,


la quale, dopo aver asciugate in segreto le lacrime, alz la
testa, come se si svegliasse. Renzo usc il primo, e diede la
mano ad Agnese, la quale,, uscita pure, la diede alla figlia;
e tutt' e tre resero tristamente grazie al barcaiolo. Di che
cosa? rispose quello : siam quaggi per aiutarci l'uno
con l'altro, e ritir la mano, quasi con ribrezzo, come
se gli fosse proposto di rubare, allorch Renzo cerc di
farvi sdrucciolare una parte de' quattrinelli che si trovava
indosso, e che aveva presi quella sera, con intenzione di
regalar generosamente don Abbondio, quando questo l' a-
vesse, suo malgrado, servito. Il baroccio era l pronto;
il conduttore salut i tre aspettati, li fece salire, diede
una voce alla bestia, una frustata, e via.
Il nostro autore non descrive quel viaggio notturno, tace
il nome del paese dove fra Cristoforo aveva indirizzate le
due donne; anzi protesta espressamente di non lo voler
dire. Dal progresso della storia si rileva poi la cagione di
queste reticenze. Le avventure di Lucia in quel soggiorno,
si trovano avviluppate in un intrigo tenebroso di persona
appartenente a una famiglia, come pare, molto potente, al
tempo che l'autore scriveva. Per render ragione della
strana condotta di quella persona, nel caso particolare, egli
ha poi anche dovuto raccontarne in succinto la vita antece
dente ; e la famiglia ci fa quella figura che vedr ohi vorr
leggere. Ma ci che la circospezione del pover' uomo ci ha.
voluto sottrarre, le nostre diligenze ce l' hanno fatto tro
vare in altra parte. Uno storico milanese (*) che ha avuto
a far menzione di quella persona medesima, non nomina,
vero, n lei, n il paese ; ma di questo dice ch' era un borgo
antico e nobile, a cui di citt non mancava altro che il nome ;
dice altrove, che ci passa il Lambro ; altrove, che c' un

0 losephi Ripamontii, Historiae Palrla?, Decadis V, Lib. VI, Cap. UT,


pag. 358 ei seq.
140 I PROMESSI SPOSI
arciprete. Dal riscontro di questi dati noi deduciamo che
fosse Monza senz'altro. Nel vasto tesoro dell' induzioni eru
dite, ce ne potr ben essere delle pi fine, ma delle pi si
cure, non crederei. Potremmo anche, sopra congetture
molto fondate, dire il nome della famiglia; ma, sebbene sia
estinta da un pezzo, ci par meglio lasciarlo nella penna, per
non metterci a rischio di far torto neppure ai morti, e per
lasciare ai dotti qualche soggetto di ricerca.
I nostri viaggiatori arrivaron dunque a Monza, poco dopo
il levar del sole: il conduttore entr in un'osteria, e l, come
pratico del luogo, e conoscente del padrone, fece assegnar
loro una stanza, e ve gli accompagn. Tra i ringraziamenti,
Renzo tent pure di fargli ricevere qualche danaro; ma
quello, al pari del barcaiolo, aveva in mira un'altra ricom
pensa, pi lontana, ma pi abbondante : ritir le mani, an
che lui, e, come fuggendo, corse a governare la sua bestia.
Dopo una sera quale l' abbiamo descritta, e una notte
quale ognuno pu immaginarsela, passata in compagnia di
que' pensieri, col sospetto incessante di qualche incontro
spiacevole, al soffio d' una brezzolina pi che autunnale, e
tra le continue scosse della disagiata vettura, che ridesta
vano sgarbatamente chi di loro cominciasse appena a velar
l' occhio, non parve vero a tutt' e tre di sedersi sur una
panca che stava ferma, in una stanza, qualunque fosse. Fe
cero colazione, come permetteva la penuria de' tempi, e i
mezzi scarsi in proporzione de' contingenti bisogni d'un av
venire incerto, e il poco appetito. A tutt' e tre pass per
la mente il banchetto che, due giorni prima, s'aspettavan di
fare ; e ciascuno mise un gran sospiro. Renzo avrebbe vo
luto fermarsi li, almeno tutto quel giorno, veder le donne
allogate, render loro i primi servizi ; ma il padre aveva rac
comandato a queste di mandarlo subito per la sua strada.
Addussero quindi esse e quegli ordini, e cento altre ragioni ;
che la gente ciarlerebbe, che la separazione pi ritardata
sarebbe pi dolorosa, ch' egli potrebbe venir presto a dar
nuove e a sentirne ; tanto che si risolvette di partire. Si
concertaron, come poterono, sulla maniera di rivedersi, pi
presto che fosse possibile. Lucia non nascose le lacrime ;
CAPITOLO IX. 141
Renzo trattenne a stento le sue, e, stringendo forte forte
la mano a Agnese, disse con -voce soffogata: a rive
derci, e part.
Le donne si sarebber trovate ben impicciate, se non
fosse stato quel buon barocciaio, che aveva ordine di gui
darle al convento de' cappuccini, e di dar loro ogn' altro
aiuto che potesse bisognare. S' avviaron dunque con lui a
quel convento; il quale, come ognun sa, era pochi passi
distante da Monza. Arrivati alla porta, il conduttore tir
il campanello, fece chiamare il padre guardiano; questo
venne subito, e ricevette la lettera, sulla soglia.
Oh ! fra Cristoforo ! disse, riconoscendo il carattere.
Il tono della voce e i movimenti del volto indicavano ma
nifestamente che proferiva il nome d' un grand'amico. Con-
vien poi dire che il nostro buon Cristoforo avesse, in quella
lettera, raccomandate le donne con molto calore, e riferito il
loro caso con molto sentimento, perch il guardiano, faceva,
di tanto in tanto, atti di sorpresa e d' indegnazione ; e, al
zando gli occhi dal foglio, li fissava sulle donne con una certa
espressione di piet e d' interesse. Finito ch'ebbe di leggere,
stette l alquanto a pensare; poi disse : non c' che la si
gnora , se la signora vuol prendersi quest' impegno
Tirata quindi Agnese in disparte, sulla piazza davanti al
convento, le fece alcune interrogazioni, alle quali essa sod
disfece; e, tornato verso Lucia, disse a tutt'e due: donne
mie, io tenter; e spero di potervi trovare un ricovero
pi che sicuro, pi che onorato, fin che Dio non v'abbia
provvedute in miglior maniera. Volete venir con me ?
Le donne accennarono rispettosamente di s ; e il frate
riprese : bene ; io vi conduco subito al monastero della
signora. State per discoste da me alcuni passi, perch la
gente si diletta di dir male ; e Dio sa quante belle chiac
chiere si farebbero, se si vedesse il padre guardiano per la
strada, con una bella giovine . . . con donne voglio dire.
Cos dicendo, and avanti. Lucia arross; il barocciaio
sorrise, guardando Agnese, la quale non pot tenersi di
non fare altrettanto; e tutt'e tre si mossero, quando il
frate si fu avviato ; e gli andaron dietro, dieci passi discosto.
1-42 I PROMESSI SPOSI
Le donne allora domandarono al barocciaio, ci che non
avevano osato al padre guardiano, chi fosse la signora.
La signora, rispose quello, una monaca ; ma non
una monaca come l' altre. Non che sia la badessa, n
la priora ; che anzi, a quel che dicono, una delle pi gio
vani : ma della costola d'Adamo ; e i suoi del tempo an
tico erano gente grande, venuta di Spagna, dove son quelli
che comandano ; e per questo la chiamano la signora, per
dire ch' una gran signora ; e tutto il paese la chiama con
quel nome, perch dicono che in quel monastero non hanno
avuto mai una persona simile ; e i suoi d' adesso, laggi a
Milano, contan molto, e son di quelli che hanno sempre
ragione ; e in Monza anche di pi, perch suo padre, quan
tunque non ci stia, il primo del paese; onde anche lei
pu far alto e basso nel monastero ; e anche la gente di
fuori le porta un gran rispetto ; e quando prende un im
pegno, le riesce anche di spuntarlo ; e perci, se quel buon
religioso l, ottiene di mettervi nelle sue mani, e che lei
v' accetti, vi posso dire che sarete sicure come sull' altare.
Quando fu vicino alla porta del borgo, fiancheggiata
allora da un antico torracchione mezzo rovinato, e da un
pezzo di castellaccio, diroccato anch'esso, che forse dieci
de' miei lettori possono ancor rammentarsi d'aver veduto
in piedi, il guardiano si ferm, e si volt a guardar se gli
altri venivano ; quindi entr, e s'avvi al monastero ; dove
arrivato, si ferm di nuovo sulla soglia, aspettando la
piccola brigata. Preg il barocciaio che, tra un par d' ore,
tornasse da lui, a prender la risposta : questo lo promise,
e si licenzi dalle donne, che lo caricaron di ringraziamenti,
e di commissioni per il padre Cristoforo. Il guardiano fece
entrare la madre e la figlia nel primo cortile del mona
stero, le introdusse nelle camere della fattoressa ; e and
solo a chieder la grazia. Dopo qualche tempo, ricomparve
giulivo, a dir loro che venissero avanti con lui ; ed era ora,
perch la figlia e la madre non sapevan pi come fare a
distrigarsi dall'interrogazioni pressanti della fattoressa.
Attraversando un secondo cortile, diede qualche avverti
mento alle donne, sul modo di portarsi con la signora.
CAPITOLO IX. 14S
ben disposta per voi altre, disse , e vi pu far del bene
quanto vuole. Siate umili e rispettose, rispondete con sin
cerit alle domande che le piacer di farvi, e quando non
siete interrogate, lasciate fare a me. Entrarono in una
stanza terrena, dalla quale si passava nel parlatorio : prima
di mettervi il piede, il guardiano, accennando l' uscio, disse
sottovoce alle donne : qui, come per rammentar loro
tutti quegli avvertimenti. Lucia, che non aveva mai visto
mi monastero, quando fu nel parlatorio, guard in giro dova
fosse la signora a cui fare il suo inchino, e, non iscorgendo-
persona, stava come incantata; quando, visto il padre e
Agnese andar verso un angolo, guard da quella parte, e-
vide una finestra d' una forma singolare, con due grosse e
fitte grate di ferro, distanti l' una dall' altra un palmo ; e
dietro quelle una monaca ritta. Il suo aspetto, che poteva
dimostrar venticinque anni, faceva a prima vista un' im
pressione di bellezza, ma d'una bellezza sbattuta, sfiorita
e, direi quasi, scomposta. Un velo nero, sospeso e stirato,
orizzontalmente sulla testa, cadeva dalle due parti, discosto
alquanto dal viso ; sotto il velo, una bianchissima benda di
lino cingeva, fino al mezzo, una fronte di diversa, ma non
d' inferiore bianchezza ; un' altra benda a pieghe circondava
il viso, e terminava sotto al mento in un soggolo, che si
stendeva alquanto sul petto, a coprire lo scollo d' un nero-
saio. Ma quella fronte si raggrinzava spesso, come per una
contrazione dolorosa ; e allora due sopraccigli neri si rav
vicinavano, con un rapido movimento. Due occhi, neri
neri anch' essi, si fissavano talora in viso alle persone, con
un'investigazione superba; talora si chinavano in fretta,,
come per cercare un nascondiglio; in certi momenti, un
attento osservatore avrebbe argomentato che chiedessero
affetto, corrispondenza, piet ; altre volte avrebbe creduto
coglierci la rivelazione istantanea d' un odio inveterato e
compresso, un non so che di minaccioso e di feroce : quando-
restavano immobili e fissi senza attenzione, chi ci avrebbe
immaginata una svogliatezza orgogliosa, chi avrebbe po
tuto sospettarci il travaglio d' un pensiero nascosto, d' una
preoccupazione familiare all' animo, e pi forte su quello
144 I PRqMESSI SPOSI
he gli oggetti circostanti. Le gote pallidissime scendevano
,con un contorno delicato e grazioso, ma alterato e reso
mancante da una lenta estenuazione. Le labbra, quantun
que appena tinte d'un roseo sbiadito, pure, spiccavano in
quel pallore: i loro moti erano, come quelli degli occhi,
subitanei, vivi, pieni d' espressione e di mistero. La gran
dezza ben formata della persona scompariva in un certo
abbandono del portamento, o compariva sfigurata in certe
mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna,
non che per una monaca. Nel vestire stesso c' era qua e
l qualcosa di studiato o di negletto, che annunziava una
monaca singolare : la vita era attillata con una certa cura
secolaresca, e dalla benda usciva sur una'tempia una cioc-
chettina di neri capelli; cosa che dimostrava o dimenti
canza o disprezzo della regola che prescriveva di tenerli
sempre corti, da quando erano stati tagliati, nella ceri
monia solenne del vestimento.
Queste cose non facevano specie alle due donne, non eser
citate a distinguer monaca da monaca : e il padre guardiano,
che non vedeva la signora per la prima volta, era gi av
vezzo, come tant' altri, a quel non so che di strano, che ap
pariva nella sua persona, come nelle sue maniere.
Era essa, in quel momento, come abbiam detto, ritta vi-
,cino alla grata, con una mano appoggiata languidamente a
quella, e le bianchissime dita intrecciate ne' vti: e guardava
fisso Lucia, che veniva avanti esitando. Reverenda madre,
e signora illustrissima, disse il guardiano, a capo basso,
e con la mano al petto : questa quella povera giovine,
per la quale m' ha fatto sperare la sua valida protezione;
e questa la madre.
Le due presentate facevano grand' inchini : la signora ac
cenn loro con la mano, che bastava, e disse, voltandosi, al
padre: una fortuna per me il poter fare un piacere
a' nostri buoni amici i padri cappuccini. Ma, continu :
mi dica un po' pi particolarmente il caso di questa gio
vine, per veder meglio cosa si possa fare per lei.
Lucia divent rossa, e abbass la testa.
Deve sapere, reverenda madre incominciava
CAPITOLO IX. 145
Agnese ; ma il guardiano le tronc, con un' occhiata, le pa
role in bocca, e rispose : questa giovine, signora illustris
sima, mi vien raccomandata, come le ho detto, da un mio
-confratello. Essa ha dovuto partir di nascosto dal suo paese,
per sottrarsi a de' gravi pericoli ; e ha bisogno, per qualche
tempo, d'un asilo nel quale possa vivere sconosciuta, e dove
nessuno ardisca venire a disturbarla, quand' anche
Quali pericoli? interruppe la signora. Di grazia,
padre guardiano, non mi dica la cosa cosi in enimma. Lei
sa che noi altre monache, ci piace di sentir le storie per
minuto.
Sono pericoli, rispose il guardiano, che all'orecchie
purissime della reverenda madre devon essere appena
leggermente accennati
Oh certamente, disse in fretta la signora, arrossendo
alquanto. Era verecondia? Chi avesse osservata una rapida
espressione di dispetto che accompagnava quel rossore,
avrebbe potuto dubitarne ; e tanto pi se l' avesse para
gonato con quello che di tanto in tanto si spandeva sulle
gote di Lucia.
Baster dire, riprese il guardiano, che un cavalier
prepotente non tutti i grandi del mondo si servono dei
doni di Dio a gloria sua, e in vantaggio del prossimo, come
vossignoria illustrissima : un cavalier prepotente, dopo aver
perseguitato qualche tempo questa creatura con indegne
lusinghe, vedendo ch' erano inutili, ebbe cuore di perse
guitarla apertamente con la forza, di modo che la pove
retta stata ridotta a fuggir da casa sua.
Accostatevi, quella giovine, disse la signora a Lucia,
facendole cenno col dito. So che il padre guardiano la
bocca della verit; ma nessuno pu esser meglio informato
di voi, in quest' affare. Tocca a voi a dirci se questo cava
liere era un persecutore odioso. Inquanto all'accostarsi,
Lucia ubbid subito : ma rispondere era un' altra faccenda.
Una domanda su quella materia, quand' anche le fosse stata
fatta da una persona sua pari, l'avrebbe imbrogliata non
poco : proferita da quella signora, e con una cert' aria di
dubbio maligno, le lev ogni coraggio a rispondere. Si-
/ Promessi Sposi. 10
146 ^ I PROMESSI SFOSI
gnora madre reverenda balbett, e non dava
segno d'aver altro a dire. Qui Agnese, come quella che, dopo
di lei, era certamente la meglio informata, si cred autoriz
zata a venirle in aiuto. Illustrissima signora, disse, io
posso far testimonianza che questa mia figlia aveva in odio
quel cavaliere, come il diavolo l'acqua santa: voglio dire,
il diavolo era lui ; ma mi perdoner se parlo male, perch
noi siam gente alla buona. Il fatto sta che questa povera
ragazza era promessa a un giovine nostro pari, timorato di
Dio, e ben avviato ; e se il signor curato fosse stato un po'pi
un uomo di quelli che m' intendo io so che parlo d' un
religioso, ma il padre Cristoforo, amico qui del padre guar
diano, religioso al par di lui, e quello un uomo pieno
di carit, e, se fosse qui, potrebbe attestare ...
Siete ben pronta a parlare senz' essere interrogata,
interruppe la signora, con un atto altero e iracondo, che la
fece quasi parer brutta. State zitta voi : gi lo so che i
parenti hanno sempre una risposta da dare in nome de'loro
figliuoli !
Agnese mortificata diede a Lucia un' occhiata che voleva
dire : vedi quel che mi tocca, per esser tu tanto impicciata.
Anche il guardiano accennava alla giovine, dandole d'occhio
e tentennando il capo, che quello era il momento di sgran
chirsi, e di non lasciare in secco la povera mamma.
Reverenda signora, disse Lucia, quanto le ha detto
mia madre la pura verit. Il giovine che mi discorreva,
e qui divent rossa rossa, lo prendevo io di mia volont.
. Mi scusi se parlo da sfacciata, ma per non lasciar pensar
male di mia madre. E in quanto a quel signore (Dio gli
perdoni !) vorrei piuttosto morire, che cader nelle sue mani.
E se lei fa questa carit di metterci al sicuro, giacch siam
ridotte a far questa faccia di chieder ricovero, e ad incomo
dare le persone dabbene; ma sia fatta la volont di Dio;
Sia certa, signora, che nessuno potr pregare per lei pi di
' cuore che noi povere donne.
A voi credo, disse la signora con voce raddolcita.
Ma avr piacere di sentirvi da solo a solo. Non che abbia
bisogno d' altri schiarimenti, n d' altri motivi, per servire
, CAPITOLO IX. 147
alle premure del padre guardiano, aggiunse subito, rivol
gendosi a lui, con una compitezza studiata. Anzi, con
tinu, ci ho gi pensato : ed ecco ci che mi pare di po
ter far di meglio, per ora. La fattoressa del monastero ha
maritata, pochi giorni sono, l' ultima sua figliuola. Queste
donne potranno occupar la camera lasciata in libert da
quella, e supplire a que'pochi servizi che faceva lei. Vera
mente e qui accenn al guardiano che s' av vicinasse
alla grata, e continu sottovoce : veramente, attesa la
scarsezza dell' annate, non si pensava di sostituir nessuno a
quella giovine; ma parler io alla madre badessa, e una
mia parola ... e per una premura del padre guardiano
In somma do la cosa per fatta.
Il guardiano cominciava a ringraziare, mala signora l' in
terruppe : non occorron cerimonie : anch' io, in un caso ,
in un bisogno, saprei far capitale dell' assistenza de' padri
cappuccini. Alla fine, continu, con un sorriso nel quale
traspariva un non so che d' ironico e d' amaro, alla fine,
non siam noi fratelli e sorelle?
Cos detto, chiam una conversa, (due di queste erano,
per una distinzione singolare, assegnate al suo servizio pri
vato) e le ordin che avvertisse di ci la badessa, e pren
desse poi i concerti opportuni, con la fattoressa e con Agnese.
Licenzi questa, accommiat il guardiano, e ritenne Lucia.
Il guardiano accompagn Agnese alla porta, dandole nuove
istruzioni , e se n' and a scriver la lettera di ragguaglio
all'amico Cristoforo. Gran cervellino che questa si
gnora ! pensava tra s, per la strada : curiosa davvero !
Ma chi la sa prendere per il suo verso, le fa far ci che
vuole. Il mio Cristoforo non s' aspetter certamente ch' io
l' abbia servito cos presto e bene. Quel brav' uomo t non
e' rimedio : bisogna che si prenda sempre qualche impe
gno; ma lo fa perbene. Buon per lui questa volta, che ha
trovato un amico, il quale, senza tanto strepito, senza tanto
apparato, senza tante faccende, ha condotto l'affare a buon
porto, in un batter d'occhio. Sar contento quel buon
Cristoforo, e s'accorger che, anche noi qui, siam buoni
a qualche cosa.
118 I PROMESSI SPOSI
La signora, che, alla presenza d'un provetto cappuccino,
aveva studiati gli atti e le parole, rimasta poi sola con una
giovine contadina inesperta, non pensava pi tanto a conte
nersi; e i suoi discorsi divennero a poco a poco cos strani,
che, in vece di riferirli, noi crediam pi opportuno di rac
contar brevemente la storia antecedente di questa infelice ;
quel tanto cio che basti a render ragione dell' insolito e del
misterioso che abbiam veduto in lei, e a far comprendere i
motivi della sua condotta, in quello che avvenne dopo.
Era essa l' ultima figlia del principe gran gentiluomo
milanese, che poteva contarsi tra i pi doviziosi della citt.
Ma l'alta opinione che aveva del suo titolo gli faceva parer
le sue sostanze appena sufficienti, anzi scarse, a sostenerne
il decoro ; e tutto il suo pensiero era di conservarle, almeno
quali erano, unite in perpetuo, per quanto dipendeva da
lui. Quanti figliuoli avesse, la storia non lo dice espressa
mente ; fa solamente intendere che aveva destinati al chio
stro tutti i cadetti dell' uno e dell' altro sesso, per lasciare
intatta la sostanza al primogenito, destinato a conservar la
famiglia, a procrear cio de' figliuoli, per tormentarsi a tor
mentarli nella stessa maniera. La nostra infelice era ancor
nascosta nel ventre della madre, che la sua condizione era
gi irrevocabilmente stabilita. Rimaneva soltanto da deci
dersi se sarebbe un monaco o una monaca ; decisione per
la quale faceva bisogno, non il suo consenso, ma la sua
presenza. Quando venne alla luce, il principe suo padre,
volendo darle un nome che risvegliasse immediatamente
l' idea del chiostro, e che fosse stato portato da una santa
d' alti natali, la chiam Gertrude. Bambole vestite da mo
naca furono i primi balocchi che le si diedero in mano;
poi santini che rappresentavan monache ; e que' regali eran
sempre accompagnati con gran raccomandazioni di tenerli
ben di conto, come cosa preziosa, e con queil' interrogare
affermativo : bello eh? Quando il principe, o la princi
pessa o il principino, che solo de' maschi veniva allevato in
casa, volevan lodar l'aspetto prospero della fanciullina,
pareva che non trovasser modo d' esprimer bene la loro
idea, se non con le parole : che madre badessa ! Nessuno
CAPITOLO IX. 149
per le disse mai direttamente: tu devi farti monaca. Era
un'idea sottintesa e toccata incidentemente, in ogni discorso
che riguardasse i suoi destini futuri. Se qualche volta la
Gertrudina trascorreva a qualche atto un po' arrogante e
imperioso, al che la sua indole la portava molto facilmente,
tu sei una ragazzina, le si diceva: queste maniere
non ti convengono : quando sarai madre badessa, allora co
manderai a bacchetta, farai alto e basso. Qualche altra
volta il principe, riprendendola di cert' altre maniere troppo
libere e famigliari alle quali essa trascorreva con uguale
facilit, ehi ! ehi ! le diceva : non questo il fare d' una
par tua : se vuoi che un gior no ti si porti il rispetto che ti
sar dovuto, impara fin d' ora a star sopra di te : ricordati
che tu devi essere, in ogni cosa, la prima de l monastero ;
perch il sangue si porta per tutto dove si va.
Tutte le parole di questo genere stampavano nel cervello
della fanciullina l'idea che gi lei doveva esser monaca;
ina quelle che venivan dalla bocca del padre, facevan pi
effetto di tutte l'altre insieme. Il contegno del principe era
abitualmente quello d'un padrone austero; ma quando si
trattava dello stato futuro de' suoi figli, dal suo volto e da
ogni sua parola traspariva un' immobilit di risoluzione,
un'ombrosa gelosia di comando, che imprimeva il senti
mento d' una necessit fatale.
A sei anni, Gertrude fu collocata, per educazione e ancor
pi per istradamento alla vocazione impostale, noi mona
stero dove l'abbiamo veduta: e la scelta del luogo non fu
senza disegno. Il buon conduttore delle due donne ha detto
che il padre della signora era il primo in Monza: e, accoz
zando questa qualsiasi testimonianza con alcune altre indi
cazioni che V anonimo lascia scappare sbadatamente qua e
l, noi' potremmo anche asserire che fosse il feudatario di
quel paese. Comunque sia, vi godeva d'una grandissima au
torit: e pens che li, meglio che altrove, la sua figlia sa
rebbe trattata con quelle distinzioni e con quelle finezze che
potesser pi allettarla a scegliere quel monastero per sua
perpetua dimora. N s' ingannava : la badessa e alcune al
tre monache faccendiere, che avevano, come si suol dire, il
150 I PROMESSI SPOSI
mestolo in mano, esultarono nel vedersi offerto il pegno
d" una protezione tanto utile in ogni occorrenza, tanto glo
riosa in ogni momento ; accettaron la proposta, con espres -
sioni di riconoscenza, non esagerate, per quanto fossero forti ;
e corrisposero pienamente all' intenzioni che il principe aveva
lasciate trasparire sul collocamento stabile della figliuola ;
intenzioni che andavan cos d'accordo con le loro. Gertrude,
appena entrata nel monastero, fu chiamata per antonomasia
la signorina ; posto distinto a tavola, nel dormitorio ; la sua
condotta proposta all'altre per esemplare; chicche e carezze
senza fine, e condite con quella famigliarit un po' rispet
tosa, che tanto adesca i fanciulli, quando la trovano in co
loro che vedon trattare gli altri fanciulli con un contegno
abituale di superiorit. Non che tutte le monache fossero
congiurate a tirar la poverina nel laccio: ce n'eran molte
delle semplici e lontane da ogni intrigo, alle quali il pen
siero di sacrificare una figlia a" mire interessate avrebbe
fatto ribrezzo; ma queste, tutte attente alle loro occupazioni
particolari, parte non s'accorgevan bene di tutti que' ma
neggi, parte non distinguevano quanto vi. fosse di cattivo,
parte s' astenevano dal farvi sopra esame, parte stavano
zitte, per non fare scandoli inutili. Qualcheduna anche ram
mentandosi d' essere stata, con simili arti, condotta a quello
di cui s' era pentita poi, sentiva compassione della povera
innocentina, e si sfogava col farle carezze tenere e malin
coniche : ma questa era ben lontana dal sospettare che ci
fosse sotto mistero ; e la faccenda camminava. Sarebbe forse
canmiinata cos fino alla fine, se Gertrude fosse stata la
sola ragazza in quel monastero. Ma, tra le sue compagne
d' educazione, ce n' erano alcune che sapevano d' esser de
stinate al matrimonio. Gertrudina, nudrita nelle idee della
sua superiorit, parlava magnificamente de' suoi destini fu
turi di badessa, di principessa del monastero, voleva a ogni
conto esser per^e altre un soggetto d'invidia; e vedeva
con maraviglia e con dispetto, che alcune di quelle non ne
sentivano punto. All' immagini maestose, ma circoscritte e
fredde, che pu somministrare il primato in un monastero,
contrapponevan esse le immagini varie e luccicanti, di nozze,
CAPITOLO IX. 15l
di pranzi, di Conversazioni, di festini, come dicevano allora,
di villeggiature, di vestiti, di carrozze. Queste immagini ca
gionarono nel cervello di Gertrude quel movimento, quel
brulichio che produrrebbe un gran paniere di fiori appena
colti, messo davanti a un alveare. I parenti e l'educatrici
avevan coltivata e accresciuta in lei la vanit naturale, per
farle piacere il chiostro ; ma quando questa passione fu stuz
zicata da idee tanto pi omogenee ad essa, si gett su quelle,
con un ardore ben pi vivo e pi spontaneo. Per non re
stare al di sotto di quelle sue compagne, e per condiscen
dere nello stesso tempo al suo nuovo genio, rispondeva che,
alla fin de' conti, nessuno le poteva mettere il velo in capo
senza il suo consenso, che anche lei poteva maritarsi, abi
tare un palazzo, godersi il mondo, e meglio di tutte loro ;
che lo poteva, purch l'avesse voluto, che lo vorrebbe,
che lo voleva ; e lo voleva in fatti. L' idea della necessita
del suo consenso, idea che, fino a quel tempo, era stata
come inosservata e rannicchiata in un angolo della sua
mente, si svilupp allora, e si manifest, con tutta la sua
importanza. Essa la chiamava ogni momento in aiuto, per
godersi pi tranquillamente Y immagini d'un avvenire gra
dito. Dietro quest' idea per, ne compariva sempre infallibil
mente un' altra : che quel consenso si trattava di negarlo
al principe padre, il quale lo teneva gi, o mostrava di te
nerlo per dato ; e, a questa idea, l' animo della figlia era
ben lontano dalla sicurezza che ostentavano le sue parole.
Si paragonava allora con le compagne, ch' erano ben altri
menti sicure, e provava per esse dolorosamente l' invidia
che, da principio, aveva creduto di far loro provare. Invi
diandole, le odiava : talvolta l' odio s' esalava in dispetti, in
isgarbatezze, in motti pungenti ; talvolta l' uniformit del
l' inclinazioni e delle speranze lo sopiva, e faceva nascere
un' intrinsichezza apparente e passeggiera. Talvolta, vo
lendo pure godersi intanto qualche cosa di Kjale e di presente,
si compiaceva delle preferenze che le venivano accordate,
e faceva sentire all' altre quella sua superiorit; talvolta,
,non potendo pi tollerar la solitudine de' suoi timori e
de' suoi desidri, andava, tutta buona, in cerca di quelle,
152 I PROMESSI SPOSI
quasi ad implorar benevolenza, consigli, coraggio. Tra que
ste deplorabili guerricciole con s e con gli altri, aveva
varcata la puerizia, e s' inoltrava in queil' et cos critica,
nella quale par che entri nell' animo quasi una potenza mi
steriosa, che solleva, adorna, rinvigorisce tutte l'inclinazioni,,
tutte l'idee, e qualche volta le trasforma, o le rivolge a un
corso impreveduto. Ci che Gertrude aveva fino allora pi
distintamente vagheggiato in que' sogni dell' avvenire, era
lo splendore esterno e la pompa : un non so che di molle e
d'affettuoso, che da prima v' era diffuso leggermente e come
in nebbia, cominci allora a spiegarsi e a primeggiare nelle
sue fantasie. S'era fatto, nella parte pi riposta della mente,,
come uno splendido ritiro : ivi si rifugiava dagli oggetti pre
senti, ivi accoglieva certi personaggi stranamente composti
di confuse memorie della puerizia, di quel poco che poteva
vedere del mondo esteriore, di ci che aveva imparato dai
discorsi delle compagne ; si tratteneva con essi, parlava loro,
e si rispondeva in loro nome ; ivi dava ordini, e riceveva
omaggi d' ogni genere. Di quando in quando, i pensieri della
religione venivano a disturbare quelle feste brillanti e fa
ticose. Ma la religione, come l' avevano insegnata alla no
stra poveretta, e come essa l'aveva ricevuta, non bandiva
l' orgoglio, anzi lo santificava e lo proponeva come un mezzo
per ottenere una felicit terrena. Privata cos della sua es
senza, non era pi la religione, ma una larva come l'altre.
NegT intervalli in cui questa larva prendeva il primo posto,
e grandeggiava nella fantasia di Gertrude, l' infelice, so
praffatta da terrori confusi, e compresa da una confusa idea
di doveri, s' immaginava che la sua ripugnanza al chiostro,
e la resistenza all' insinuazioni de' suoi maggiori, nella scelta
dello stato, fossero una colpa; e prometteva in cuor suo
d' espiarla, chiudendosi volontariamente nel chiostro.
Era legge che una giovine non potesse venire accettata
monaca, prima d'essere stata esaminata da un ecclesiastico,
chiamato il vicario delle monache, o da qualche altro depu
tato a ci, affinch fosse certo che ci andava di sua libera,
scelta : e questo esame non poteva aver luogo, se non un
anno dopo ch' ella avesse esposto a quel vicario il suo>
CAPITOLO IX. 133.
desiderio, con una supplica in iscritto. Quelle monache che
avevan preso il tristo incarico di far che Gertrude s'obbli
gasse per sempre, con la minor possibile cognizione di ci
che faceva, colsero un de' momenti che abbiam detto, per
farle trascrivere e sottoscrivere una tal supplica. E a fine
d' indurla pi facilmente a ci, non mancaron di dirle e di
ripeterle, che finalmente era una mera formalit, la quale
(e questo era vero) non poteva avere efficacia, se non da
altri atti posteriori, che dipenderebbero dalla sua volont.
Con tutto ci, la supplica non era forse ancor giunta al suo
destino, che Gertrude s'era gi pentita d'averla sottoscritta.
Si pentiva poi d' essersi pentita, passando cos i giorni e i
mesi in un' incessante vicenda di sentimenti contrari. Tenne
lungo tempo nascosto alle compagne quel passo, ora per
timore d' esporre alle contraddizioni una buona risoluzione,
ora per vergogna di palesare uno sproposito. Vinse final
mente il desiderio di sfogar l' animo, e d' accattar consiglio
e coraggio. C'era un' altra legge, che una giovine non fosse
ammessa a queir esame dell a vocazione, se non dopo aver
dimorato almeno un mese fuori del monastero dove era stata
in educazione. Era gi scorso l'anno da che la supplica era
stata mandata: e Gertrude fu avvertita che tra poco ver
rebbe levata dal monastero, e condotta nella casa paterna,
per rimanervi quel mese, e far tutti i passi necessari al
compimento dell' opera che aveva di fatto cominciata. Il
principe e il resto della famiglia tenevano tutto ci per certo,
come se fosse gi avvenuto; ma la giovine aveva tutt' altro
intesta: in vece di far gli altri passi, pensava alla ma
niera di tirare indietro il primo. In tali angustie, si risol
vette d' aprirsi con una delle sue compagne, la pi franca,
e pronta sempre a dar consigli risoluti. Questa sugger a
Gertrude d' informar con una lettera il padre della sua nuova
risoluzione ; giacch non le bastava l'animo di spiattellargli
sul viso un bravo: non voglio. E perch i pareri gratuiti,
in questo mondo, son molto rari, la consigliera fece pagar
questo a Gertrude, con tante beffe sulla sua dappocaggine.
La lettera fu concertata tra quattro o cinque confidenti,
scritta di nascosto, e fatta ricapitare per via d' artiflzi molto
151 I PROMESSI SPOSI
studiati. Gertrude stava con grand' ansiet, aspettando una
risposta che non venne mai. Se non che, alcuni giorni dopo,
la badessa, la fece venir nella sua cella, e, con un contegno
di mistero, di disgusto e di compassione, le diede un cenno
oscuro d' una gran collera del principe, e d'un fallo ch' ella
doveva aver commesso, lasciandole per intendere che, por
tandosi bene, poteva sperare che tutto sarebbe dimenticato.
La giovinetta intese, e non os domandar pi in l.
Venne finalmente il giorno tanto temuto e bramato. Quan
tunque Gertrude sapesse che andava a un combattimento,
pure l'uscir di monastero, il lasciar quelle mura nelle quali
era stata ott' anni rinchiusa, lo scorrere in carrozza per
1" aperta campagna, il riveder la citt, la casa, furon sensa
zioni piene d' una gioia tumultuosa. In quanto al combatti
mento, la poveretta, con la direzione di quelle confidenti,
aveva gi prese le sue misure, e fatto, coni' ora si direbbe,
il suo piano. O mi vorranno forzare, pensava, o
io star dura; sar umile, rispettosa, ma non acconsentir:
non si tratta che di non dire un altro s ; e non lo dir.
Ovvero mi prenderanno con le buone ; e io sar pi buona
di loro ; pianger, pregher, li mover a compassione : final
mente non pretendo altro che di non esser sacrificata.
Ma, come accade spesso di simili previdenze, non avvenne
n una cosa n l' altra. I giorni passavano, senza che il pa
dre n altri le parlasse della supplica, n della ritrattazione,
senza che le venisse fatta proposta nessuna, n con carezze,
n con minacce. I parenti eran seri, tristi, burberi con lei,
senza mai dirne il perch. Si vedeva solamente che la riguar
davano come una rea, come un'indegna: un anatema mi
sterioso pareva che pesasse sopra di lei, e la segregasse
dalla famiglia, lasciandovela soltanto unitaquanto bisognava
per farle sentire la sua suggezione. Di rado, e solo a certe
ore stabilite, era ammessa alla compagnia de' parenti e del
primogenito. Tra loro tre pareva che regnasse una gran
confidenza, la quale rendeva pi sensibile e pi doloroso
l' abbandono in cui era lasciata Gertrude. Nessuno le rivol
geva il discorso; e quando essa arrischiava timidamente
qualche parola, che non fosse per cosa necessaria, o non
CAPITOLO IX. 155
attaccava, o veniva corrisposta con uno sguardo distratto,
o sprezzante, o severo. Che se, non potendo pi soffrire una
cosi amara e umiliante distinzione, insisteva, e tentava di
famigliarizzara ; se implorava un po' d' amore, si sentiva su
bito toccare, in maniera indiretta ma chiara, quel tasto della
scelta dello stato; le si faceva copertamente sentire che
c'era un mezzo di riacquistar l'affetto della famiglia. Allora
Gertrude, che non l' avrebbe voluto a quella condizione, era
costretta di tirarsi indietro, di rifiutar quasi i primi segni
di benevolenza che aveva tanto desiderati, di rimettersi da
se al suo posto di scomunicata; e per di pi, vi rimaneva
con una certa apparenza del torto.
Tali sensazioni d' oggetti presenti facevano un contrasto
doloroso con quelle ridenti visioni delle quali Gertrude s'era
gi tanto occupata, e s'occupava tuttavia, nel segreto della
sua mente. Aveva sperato che, nella splendida e frequentata
casa paterna, avrebbe potuto godere almeno qualche saggio
reale delle cose immaginate ; ma si trov del tutto ingan
nata. La clausura era stretta e intera, come nel monastero ;
d' andare a spasso non si parlava neppur e ; e un coretto che,
dalla casa, guardava in una chiesa contigua, toglieva anche
T unica necessit che ci sarebbe stata d' uscire. La compa
gnia era pi trista, pi scarsa, meno variata che nel mona
stero. A ogni annunzio d' una visita, Gertrude doveva salire
all' ultimo piano, per chiudersi con alcune vecchie donne di
servizio: e li anche desinava, quando c'era invito. I servi
tori s'uniformavano, nelle maniere e ne' discorsi, all' esem
pio e all'intenzioni de' padroni: e Gertrude, che, per sua
inclinazione, avrebbe voluto trattarli con una famigliarit
signorile, e che, nello stato in cui si trovava, avrebbe avuto
di grazia che le facessero qualche dimostrazione d' affetto,
come a una loro pari, e scendeva anche a mendicarne, ri
maneva poi umiliata, e sempre pi afflitta di vedersi corri
sposta con una noncuranza manifesta, bench accompagnata
da un leggiero ossequio di formalit. Dovette per accorgersi
che un paggio, ben diverso da coloro, le portava un rispetto,
e sentiva per lei una compassione d' un genere particolare.
Il contegno di quel ragazzotto era ci che Gertrude aveva
156 I PROMESSI SPOSI
fino allora -visto di pi somigliante a queir ordine di cose
tanto contemplato nella sua immaginativa, al contegno di
quelle sue creature ideali. A poco a poco si scopr un non
so che di nuovo nelle maniere della giovinetta: una tran
quillit e un' inquietudine diversa dalla solita, un fare di
chi ha trovato qualche cosa che gli preme, che vorrebbe
guardare ogni momento, e non lasciar vedere agli altri. Le
f'uron tenuti gli occhi addosso pi che mai : che che non
, una mattina, fu sorpresa da una di quelle cameriere,
mentre stava piegando alla sfuggita una carta, sulla quale
avrebbe fatto meglio a non iscriver nulla. Dopo un breve
tira tira, la carta rimase nelle mani della cameriera, e da
queste pass in quelle del principe.
Il terrore di Gertrude, al rumore de' passi di lui, non si
pu descrivere n immaginare : era quel padre, era irritato,
e lei si sentiva colpevole. Ma quando lo vide comparire, con
quel cipiglio, con quella carta in mano, avrebbe voluto esser
cento braccia sotto terra, non che in un chiostro. Le pa
role non furon molte, ma terribili : il gastigo intimato su
bito non fu che d' esser rinchiusa in quella camera, sotto
la guardia della donna che aveva fatta la scoperta ; ma que
sto non era che un principio, che un ripiego del momento;
si prometteva, si lasciava vedere per aria, un altro gastigo
oscuro, indeterminato, e quindi pi spaventoso.
Il paggio fu subito sfrattato, com' era naturale ; e fu mi
nacciato anche a lui qualcosa di terribile, se, in qualunque
tempo, avesse osato fiatar nulla dell' avvenuto. Nel fargli
questa intimazione, il principe gli appoggi due solenni
schiaffi, per associare a queir avventura un ricordo, che to
gliesse al ragazzaccio ogni tentazion di vantarsene. Un pre
testo qualunque, per coonestare la licenza data a un paggio,
non era difficile a trovarsi; in quanto alla figlia, si disse
ch' era incomodata.
Rimase essa dunque col batticuore, con la vergogna, col
rimorso, col terrore dell' avvenire, e con la sola compagnia
di quella donna odiata da lei, come il testimonio della sua
colpa, e la cagione della sua disgrazia. Costei odiava poi a
vicenda Gertrude, per la quale si trovava ridotta, senza
CAPITOLO IX. 15T
saper per quanto tempo, alla vita noiosa di carceriera, e
divenuta per sempre custode d' un segreto pericoloso.
11 primo confuso tumulto di que' sentimenti s' acquiet a
poco a poco; ma tornando essi poi a uno per volta nel-
l' animo, vi s' ingrandivano, e si fermavano a tormentarlo
pi distintamente e a bell'agio. Che poteva mai esser quella
punizione minacciata in enimma ? Molte e varie e strane
se ne affacciavano alla fantasia ardente e inesperta di Ger
trude. Quella che pareva pi probbile, era di venir ricon
dotta al monastero di Monza, di ricomparirvi, non pi come
la signorina, ma in forma di colpevole, e di starvi rinchiusa,
chi sa fino a quando ! chi sa con quali trattamenti ! Ci che
una tale immaginazione,' tutta piena di dolori, aveva forse
di pi doloroso per lei, era Y apprensione della vergogna.
Le frasi, le parole, le virgole di quel foglio sciagurato, pas
savano e ripassavano nella sua memoria: le immaginava
osservate, pesate da un lettore tanto impreveduto, tanto
diverso da quello a cui eran destinate ; si figurava che
avesser potuto cader sotto gli occhi anche della madre o
del fratello, o di chi sa altri : e, al paragon di ci, tutto il
rimanente le pareva quasi un nulla. L' immagine di colui che
era stato la prima origine di tutto lo scandolo, non lasciava
di venire spesso anch' essa ad infestar la povera rinchiusa:
e pensate che stratta comparsa doveva far quel fantasma,
tra quegli altri cos diversi da lui, seri, freddi, minacciosi.
Ma, appunto perch non poteva separarlo da essi, n tor
nare un momento a quelle fuggitive compiacenze, senza che
subito non le s' affacciassero i dolori presenti che n' erano
la conseguenza, cominci a poco a poco a tornarci pi d
rado, a respingerne la rimembranza, a divezzarsene. N pi
a lungo, o pi volentieri, si fermava in quelle liete e bril
lanti fantasie d' una volta: eran troppo opposte alle circo
stanze reali, a ogni probabilit dell'avvenire. Il solo castello
nel quale Gertrude potesse immaginare un rifugio tranquillo
c onorevole, e che non fosse in aria, era il monastero, quando
si risolvesse d'entrarci per sempre. Una tal risoluzione (non
poteva dubitarne) avrebbe accomodato ogni cosa, saldato
ogni debito, e cambiata in un attimo la sua situazione.
158 I PROMESSI SPOSI
Contro questo proposito insorgevano, vero, i pensieri di
tutta la sua vita: ma i tempi eran mutati; e, nell'abisso in
cui Gertrude era caduta, e al paragone di ci che poteva te
mere in certi momenti, la condizione di monaca festeggiata,,
ossequiata, ubbidita, le pareva uno zuccherino. Due senti
menti di ben diverso genere contribuivan pure a intervalli
a scemare quella sua antica avversione : talvolta il rimorso-
del fallo, e una tenerezza fantastica di divozione ; talvolta
l'orgoglio amareggiato e irritato dalle maniere della carce-
riera, la quale (spesso, a dire il vero, provocata da lei) si
vendicava, ora facendole paura di quel minacciato gastigo,
ora svergognandola del fallo. Quando poi voleva mostrarsi
benigna, prendeva un tono di protezione, pi odioso ancora
dell' insulto. In tali diverse occasioni, il desiderio che Ger
trude sentiva d' uscir dall' unghie di colei, e di comparirle
in uno stato al di sopra della sua collera e della sua piet,
questo desiderio abituale diveniva tanto vivo e pungente,
da far parere amabile ogni cosa che potesse condurre ad
appagarlo.
In capo a quattro o cinque lunghi giorni di prigionia, una
mattina, Gertrude stuccata e invelenita all' eccesso, per un
di que' dispetti della sua guardiana, and a cacciarsi in un
angolo della camera, e l, con la faccia nascosta tra le mani,
stette qualche tempo a divorar la sua rabbia. Sent allora
un bisogno prepotente di vedere altri visi, di sentire altre
parole, d' esser trattata diversamente. Pens al padre, alla
famiglia : il pensiero se ne arretrava spaventato. Ma le venne
in mente che dipendeva da lei di trovare in loro degli amici ;
e prov una gioia improvvisa. Dietro questa, una confusione
e un pentimento straordinario del suo fallo, e un ugual de
siderio d' espiarlo. Non gi che la sua volont si fermasse
in quel proponimento, ma giammai non c' era entrata con
tanto ardore. S' alz di l, and a un tavolino, riprese quella
penna fatale, e scrisse al padre una lettera piena d' entusia
smo e d'abbattimento, d'afflizione e di speranza, implorando
il perdono, e mostrandosi indeterminatamente pronta a
tutto ci che potesse piacere a chi doveva accordarlo.
159

CAPITOLO X. .
\
Vison de'momenti in cui l'animo, particolarmente de' gio
vani, disposto in maniera che ogni poco d' istanza basta
a ottenerne ogni cosa che abbia un' apparenza di bene e di
sacrifizio : come un flore appena sbocciato, s'abbandona mol
lemente sul suo fragile stelo, pronto a concedere le sue fra
granze alla prim' aria che gli aliti punto d' intorno. Questi
momenti, che si dovrebbero dagli altri ammirare con timido
rispetto, son quelli appunto che l' astuzia interessata spia
attentamente e coglie di volo, per legare una volont che
non si guarda.
Al legger quella lettera, il principe vide subito lo spi
raglio aperto alle sue antiche e costanti mire. Mand a dire
a Gertrude che venisse da lui; e aspettandola, si dispose a
batter il ferro, mentr'era caldo. Gertrude comparve, e, senza
alzar gli occhi in viso al padre, gli si butt in ginocchioni
davanti, ed ebbe- appena fiato di dire : perdono ! Egli le
fece cenno che s' alzasse ; ma, con una voce poco atta a rin
corare, le rispose che il perdono non bastava desiderarlo n
chiederlo ; ch' era cosa troppo agevole e troppo naturale a
chiunque sia trovato in colpa, e tema la punizione ; che in
somma bisognava meritarlo. Gertrude domand, sommes
samente e tremando, che cosa dovesse fare. Il principe
(non ci regge il cuore di dargli in questo momento il titolo
di padre) non rispose direttamente, ma cominci a parlare
a lungo del fallo di Gertrude : e quelle parole frizzavano
sull' animo della poveretta, come lo scorrere d' una mano
ruvidasur una ferita. Continu dicendo che, quand'anche
caso mai che avesse avuto prima qualche intenzione di
collocarla nel secolo, lei stessa ci aveva messo ora un osta
colo insuperabile; giacch a un cavalier d'onore, com'era
lui, non sarebbe mai bastato l' animo di regalare a un ga
lantuomo una signorina che aveva dato un tal saggio di s.
La misera ascoltatrice era annichilata : allora il principe,
raddolcendo a grado a grado la voce e le parole, prosegu
dicendo che per a ogni fallo c' era rimedio e misericordia;
ICO I PROMESSI SPOSI
che il suo era di quelli per i quali il rimedio pi chia
ramente indicato : ch' essa doveva vedere, in questo tristo
accidente, come un avviso che la vita del secolo era troppo
piena di pericoli per lei
Ah si ! esclam Gertrude, scossa dal timore, preparata
dalla vergogna, e mossa in quel punto da una tenerezza
istantanea.
Ah! lo capite anche voi, riprese incontanente il prin
cipe. Ebbene, non si parli pi del passato : tutto can
cellato. Avete preso il solo partito onorevole, conveniente,
che vi rimanesse ; ma perch l' avete preso di buona voglia,
e con buona maniera, tocca a me a farvelo riuscir gradito
in tutto e per tutto : tocca a me a farne tornare tutto il
vantaggio e tutto il merito sopra di voi. Ne prendo io la
cura. Cos dicendo, scosse un campanello che stava sul
tavolino, e al servitore che entr, disse: la principessa e
il principino subito. E seguit poi con Gertrude : voglio
metterli subito a parte della mia consolazione ; voglio che
tutti comincin subito a trattarvi come si conviene. Avete
sperimentato in parte il padre severo; ma da qui innanzi
proverete tutto il padre amoroso.
A queste parole, Gertrude rimaneva come sbalordita.
Ora ripensava come mai quel s che le era scappato, avesse
potuto significar tanto, ra cercava se ci fosse maniera di
riprenderlo, di restringerne il senso; ma la persuasione
del principe pareva cos intera, la sua gioia cos gelosa, la
benignit cos condizionata, che Gertrude non os proferire
una parola che potesse turbarle menomamente.
Dopo pochi momenti, vennero i due chiamati, e vedendo
l Gertrude, la guardarono in viso, incerti e maravigliati.
Ma il principe, con un contegno lieto e amorevole, che
ne prescriveva loro un somigliante, ecco, disse, la
pecora smarrita : e sia questa l' ultima parola che richiami
triste memorie. Ecco la consolazione della famiglia. Gertrude
non ha pi bisogno di consigli; ci che noi desideravamo
per suo bene, l' ha voluto lei spontaneamente. risoluta,
m'ha fatto intendere che risoluta A questo passo,
alz essa verso il padre uno sguardo tra atterrito e
CAPITOLO X. 161
supplichevole, come per chiedergli che sospendesse, ma
egli prosegu francamente: che risoluta di prendere
il velo.
Brava! bene! esclamarono, a una voce, la madre e
il figlio, e l'uno dopo l'altra abbracciaron Gertrude; la quale
ricevette queste accoglienze con lacrime, che furono inter
pretate per lacrime di consolazione. Allora il principe si
diffuse a spiegar ci che farebbe per render lieta e splen
dida la sorte della figlia. Parl delle distinzioni di cui go
drebbe nel monastero e nel paese ; che, l sarebbe come una
principessa, come la rappresentante della famiglia; che, ap
pena l'et l'avrebbe permesso, sarebbe innalzata alla prima
dignit; e, intanto, non sarebbe soggetta che di nome. La
principessa e il principino rinnovavano, ogni momento, le
congratirlazioni e gli applausi: Gertrude era come domi
nata da un sogno.
Converr poi fissare il giorno, per andare a Monza, a
far la richiesta alla badessa, disse il principe. Come sar
contenta ! Vi so dire che tutto il monastero sapr valutar
l' onore che Gertrude gli fa. Anzi perch non ci andiamo
oggi ? Gertrude prender volentieri un po' d' aria.
Andiamo pure, disse la principessa.
, Vo a dar gli ordini, disse il principino.
Ma profer sommessamente Gertrude.
Piano, piano, riprese il principe: lasciam decidere
a lei: forse oggi non si sente abbastanza disposta, e le pia
cerebbe pi aspettar fino a domani. Dite: volete che an
diamo oggi o domani ?
Domani, rispose, con voce fiacca, Gertrude, alla quale
pareva ancora di far qualche cosa, prendendo un po' di
tempo.
Domani, disse solennemente il principe : ha stabi
lito che si vada domani. Intanto io vo dal vicario delle mo
nache, a fissare un giorno per l'esame. Detto fatto, il
principe usc, e and veramente (che non fu piccola degna
zione) dal detto vicario ; e concertarono che verrebbe di l
a due giorni.
In tutto il resto di quella giornata, Gertrude non ebbe
I Promessi Sposi. 11
162 I PROMESSI SPOSI
un minuto di bene. Avrebbe desiderato riposar l'animo da
tante commozioni, lasciar, per dir cosi, chiarire i suoi pen
sieri, render conto a s stessa di ci che aveva fatto, di
ci che le rimaneva da fare, sapere ci che volesse, ral
lentare un momento quella macchina che, appena avviata,
andava cos precipitosamente; ma non ci fu verso. L'oc
cupazioni si succedevano senza interruzione ; s'incastravano
l'una con l'altra. Subito dopo partito il principe, fu condotta
nel gabinetto della principessa, per essere, sotto la sua
direzione, pettinata e rivestita dalla sua propria cameriera.
Non era ancor terminato di dar l' ultima mano, che furori
avvertite ch' era in tavola. Gertrude pass in mezzo agl' in
chini della servit, che accennava di congratularsi per la
guarigione, e trov alcuni parenti pi prossimi, ch' erano
stati invitati in fretta, per farle onore, e per rallegrarsi
con lei de' due felici avvenimenti, la ricuperata salute, e la
spiegata vocazione.
La sposina (cosi si chiamavan le giovani monacande, e
Gertrude, al suo apparire, fu da tutti salutata con quel
nome), la sposina ebbe da dire e da fare a rispondere a' com
plimenti che le foccavan da tutte le parti. Sentiva benzene
ognuna delle sue risposte era come un' accettazione e una
conferma; ma come rispondere diversamente? Poco dopo
alzati da tavola, venne l' ora della trottata. Gertrude entr
in carrozza con la madre, e con due zii ch' erano stati al
pranzo. Dopo un solito giro, si riusc alla strada Marina,
che allora attraversava lo spazio occupato ora dal giardin
pubblico, ed era il luogo dove i signori venivano in car
rozza a ricrearsi delle fatiche della giornata. Gli zii par
larono anche a Gertrude, come portava la convenienza in
quel giorno : e uno di loro, il qual pareva che, pi dell' altro,
conoscesse ogni persona, ogni carrozza, ogni livrea, e aveva
ogni momento qualcosa da dire del signor tale e della
signora tal altra, si volt a lei tutt'a un tratto, e le disse:
ah furbetta! voi date un calcio a tutte queste corbellerie;
siete una dirittona voi; piantate negl'impicci noi poveri
mondani, vi ritirate a fare una vita beata, e andate in
paradiso in carrozza.
CAPITOLO X. 163
Sul tardi, si torn a casa; e i servitori, scendendo in
fretta con le torce, avvertirono che molte visite stavano
aspettando. La voce era corsa; e i parenti e gli amici
venivano a fare il loro dovere. S'entr nella sala della con
versazione. La sposina ne fu l' idolo, il trastullo, la vittima.
Ognuno la voleva per s: chi si faceva prometter dolci,
chi prometteva visite, chi parlava della madre tale sua
parente, chi della madre tal altra sua conoscente, chi lodava
il cielo di Monza, chi discorreva, con gran sapore, della
gran figura ch' essa avrebbe fatta l. Altri, che non avevan
potuto ancora avvicinarsi a Gertrude cos assediata, sta
vano spiando l' occasione di farsi innanzi, e sentivano un
certo rimorso, fin che non avessero fatto il loro dovere.
A poco a poco, la compagnia s'and dileguando; tutti
se n' andarono senza rimorso, e Gertrude rimase sola
co' genitori e il fratello.
Finalmente, disse il principe, ho avuto la con
solazione di veder mia figlia trattata da par sua. Bisogna
per confessare che anche lei s' portata benone, e ha fatto
vedere che non sar impicciata a far la prima figura, e a
sostenere il decoro della famiglia.
Si cen in fretta, per ritirarsi subito, ed esser pronti
presto la mattina seguente.
Gertrude contristata, indispettita e, nello stesso tempo, un
po' gonfiata da tutti que' complimenti, si ramment in quel
punto ci che aveva patito dalla sua carceriera; e, vedendo
il padre cos disposto a compiacerla in tutto, fuor che In
una cosa, volle approfittare dell' auge in cui si trovava, per
acquietare almeno una delle passioni che la tormentavano.
Mostr quindi una gran ripugnanza a trovarsi con colei,
lagnandosi fortemente delle sue maniere.
. Come ! disse il principe : v' ha mancato di rispetto
colei ! Domani, domani, le laver il capo come va. Lasciate
fare a me, che le far conoscere chi lei, e chi siete voi.
E a ogni modo, una figlia della quale io son contento, non
deve vedersi intorno una persona che le dispiaccia. Cos
detto, fece chiamare un' altra donna, e le ordin di servir
Gertrude; la quale intanto, masticando e assaporando la
1G4 I PROMESSI SPOSI
soddisfazione che aveva ricevuta, si stupiva di trovarci cosi
poco sugo, in paragone del desiderio che n' aveva avuto.
Ci che, anche suo malgrado, s' impossessava di tutto il suo
animo, era il sentimento de' gran progressi che aveva fatti,
in quella giornata, sulla strada del chiostro, il pensiero che
a ritirarsene ora ci vorrebbe molta pi forza e risolutezza
di quella che sarebbe bastata pochi giorni prima, e che
pure non s' era sentita, d' avere.
La donna che and ad accompagnarla in camera, era una
vecchia di casa, stata gi governante del principino, che
aveva ricevuto appena uscito dalle fasce, e tirato su fino
all' adolescenza, e nel quale aveva riposte tutte le sue com
piacenze, le sue speranze, la sua gloria. Era essa contenta
della decisione fatta in quel giorno, come d'una sua propria
fortuna ; e Gertrude, per ultimo divertimento, dovette suc
ciarsi le congratulazioni, le lodi, i consigli della vecchia, e
sentir parlare di certe sue zie e prozie, le quali s'eran tro
vate ben contente d' esser monache, perch, essendo di quella
casa, avevan sempre goduto i primi onori, avevan sempre
saputo tenere uno zampino di fuori, e, dal loro parlatorio,
avevano ottenuto cose che le pi gran dame, nelle loro sale,
non c'eran potute arrivare. Le parl delle visite che avrebbe
ricevute : un giorno poi, verrebbe il signor principino con
la sua sposa, la quale doveva esser certamente una gran
signorona; e allora, non solo il monastero, ma tutto il paese
sarebbe in moto. La vecchia av eva parlato mentre spogliava
Gertrude, quando Gertrude era a letto; parlava ancora, che
Gertrude dormiva. La giovinezza e la fatica erano state pi
forti de' pensieri. Il sonno fu affannoso, torbido, pieno di
sogni penosi, ma non fu rotto che dalla voce strillante della
vecchia, che venne a svegliarla, perch si preparasse per
la gita di Monza. ,
Andiamo, andiamo, signora sposina: giorno fatto; e
prima che sia vestita e pettinata, ci vorr un' ora almeno.
La signora principessa si sta vestendo ; e l' hanno svegliata
quattr' ore prima del solito. Il signor principino gi sceso
alle scuderie, poi tornato su, ed all' ordine per partire
quando si sia. Vispo come una lepre, quel diavoletto: ma!
CAPITOLO X. 165
stato cos fin da bambino; e io posso dirlo, che l'ho
portato in collo. Ma quand' pronto, non bisogna farlo
aspettare, perch, sebbene sia della miglior pasta del mondo,
allora s'impazientisce e strepita. Poveretto! bisogna com
patirlo: il suo naturale: e poi questa volta avrebbe anche
un po' di ragione, perch s' incomoda per lei. Guai chi lo
tocca in que' momenti t non ha riguardo per nessuno, fuorch
per il signor principe. Ma, un giorno, il signor principe
sar lui; pi tardi che sia possibile, per. Lesta, lesta,
signorina! Perch mi guarda cosi incantata ? A quest'ora
dovrebbe esser fuor della cuccia.
All'immagine del principino impaziente, tutti gli altri
pensieri che s'erano affollati alla mente risvegliata di
Gertrude, si levaron subito, come uno stormo di passere
all'apparir del nibbio. Ubbid, si vest in fretta, si lasci
pettinare, e comparve nella sala, dove i genitori e il fratello
eran radunati. Fu fatta sedere sur una sedia a braccioli, e
le fu portata una chicchera di cioccolata : il che, a que'tempi ,
era quel che gi presso i Romani il dare la veste virile.
Quando vennero a avvertir ch' era attaccato, il principe
tir la figlia in disparte, e le disse : ors, Gertrude, ieri
vi siete fatta onore : oggi dovete superar voi medesima. Si
tratta di fare una comparsa solenne nel monastero e nel
paese dove siete destinata a far la prima figura. V aspet
tano inutile dire che il principe aveva spedito
un avviso alla badessa, il giorno avanti. V aspettano, e
tutti gli occhi saranno sopra di voi. Dignit e disinvoltura.
La badessa vi domander cosa volete : una formalit. Po
tete rispondere che chiedete d'essere ammessa a vestir l' abito
in quel monastero, dove siete stata educata cos amorevol
mente, dove avete ricevute tante finezze: che la pura
verit. Dite quelle poche parole, con un fare sciolto : che non
s' avesse a dire che v' hanno imboccata, e che non sapete
parlare da voi. Quelle buone madri non sanno nulla del
l'accaduto: un segreto che deve restar sepolto nella
famiglia; e perci non fate una faccia contrita e dub
biosa, che potesse dar qualche sospetto. Fate vedere d
che sangue uscite: manierosa, modesta; ma ricordatevi
166 I PROMESSI SPOSI
che, in quel luogo, fuor della famiglia, non ci sar nessuno
sopra di voi.
Senza aspettar risposta, il principe si mosse ; Gertrude, la
principessa e il principino lo seguirono ; scesero tutti le scale,
e montarono in carrozza. Gl' impicci e le noie del mondo, e
la vita beata del chiostro, principalmente per le giovani di
sangue nobilissimo, furono il tema della conversazione, du
rante il tragitto. Sul finir della strada, il principe rinnov
l'istruzioni alla figlia, e le ripet pi volte la forinola della
risposta. All'entrare in Monza, Gertrude si sent stringere il
cuore; ma la sua attenzione fu attirata per un istante da
non so quali signori che, fatta fermar la carrozza, recitarono
non so qual complimento. Ripreso il cammino, s' and quasi
di passo al monastero, tra gli sguardi de' curiosi, che ac
correvano da tutte le parti sulla strada. Al fermarsi della
carrozza, davanti a quelle mura, davanti a quella porta, il
cuore si strinse ancor pi a Gertrude. Si smont tra due
ale di popolo, che i servitori facevano stare indietro. Tutti
quegli occhi addosso alla poveretta l' obbligavano a studiar
continuamente il sut> contegno : ma pi di tutti quelli insie
me, la tenevano in suggezione i due del padre, a' quali essa,
quantunque ne avesse cos gran paura, non poteva lasciar di
rivolgere i suoi, ogni momento. E quegli occhi governavano
le sue mosse e il suo volto , come per mezzo di redini
invisibili. Attraversato il primo cortile, s' entr in un altro,
e li si vide la porta del chiostro interno, spalancata e tutta
occupata da monache. Nella prima fila, la badessa circondata
da anziane ; dietro, altre monache alla rinfusa, alcune in
punta di piedi ; in ultimo le converse ritte sopra panchetti.
Si vedevan pure qua e l luccicare a mezz' aria alcuni
occhietti, spuntar qualche visino tra le tonache: eran lo
pi destre, e le pi coraggiose tra l' educande, che, ficcan
dosi e penetrando tra monaca e monaca, eran riuscite a
farsi un po' di pertugio, per vedere anch' esse qualche cosa.
Da quella calca uscivano acclamazioni ; si vedevan molte
braccia dimenarsi, in segno d' accoglienza e di gioia. Giun
sero alla porta; Gertrude si trov a viso a viso con la
madre badessa. Dopo i primi complimenti, questa, con una
CAPITOLO X. 167
laniera tra il giulivo e il solenne, le domand cosa deside
rasse in quel luogo, dove non c'era chi le potesse negar nulla.
Son qui , cominci Gertrude ; ma, al punto di pro
ferir le parole che dovevano decider quasi irrevocabilmente
-del suo destino, esit un momento, e rimase con gli occhi
fissi sulla folla che le stava davanti. Vide, in quel momento,
una di quelle sue note compagne, che la guardava con
un' aria di compassione e di malizia insieme, e pareva che
dicesse : ah ! la c' cascata la brava. Quella vista, risve
gliando pi vivi nell'animo suo tutti gli antichi sentimenti,
le restitu anche un po' di quel poco antico coraggio: e gi
-stava cercando., una risposta qualunque, diversa da quella
che le era stata dettata ; quando, alzato lo sguardo alla faccia
del padre, quasi per esperimentar le sue forze, scorse su
quella un' inquietudine cosi cupa, un' impazienza cosi mi
naccevole, che, risoluta per paura, con la stessa prontezza
-che avrebbe preso la fuga dinanzi un oggetto terribile, pro
segui : son qui a chiedere d' esser ammessa a vestir l'abito
religioso, in questo monastero, dove sono stata allevata
cos amorevolmente. La badessa rispose subito, che le
dispiaceva molto, in una tale occasione, che le regole non
.le permettessero di dare immediatamente una risposta, la
quale doveva venire dai voti comuni delle suore, e alla
<iuale doveva precedere la licenza de' superiori. Che per
Gertrude, conoscendo i sentimenti che s' avevan per lei in
quel luogo, poteva preveder cn certezza qual sarebbe
questa risposta ; e che intanto nessuna regola proibiva alla
badessa e alle suore di manifestare la consolazione che
sentivano di quella richiesta. S'alz allora un frastono
-confuso di congratulazioni e d'acclamazioni. Vennero subito
gran guantiere colme di dolci, che furon presentati, prima
alla sposina, e dopo ai parenti. Mentre alcune monache
facevano a rubarsela, e altre complimentavan la madre,
altre il principino, la badessa fece pregare il principe che
volesse venire alla grata del parlatorio, dove l' attendeva.
Era accompagnata da due anziane ; e quando lo vide
comparire, signor principe, disse : per ubbidire alle
regole per adempire una formalit indispensabile,
166 I PROMESSI SPOSI
sebbene in questo caso . . . pure devo dirle che, ogni
volta che una figlia chiede d' essere ammessa a vestir
l'abito, la superiora, quale io sono indegnamente,
obbligata d' avvertire i genitori che se, per caso
forzassero la volont della figlia, incorrerebbero nella
scomunica. Mi scuser
Benissimo, benissimo, reverenda madre. Lodo la sua
esattezza : troppo giusto Ma lei non pu dubitare ...
Oh! pensi, signor principe,... ho parlato per obbligo
preciso,... del resto.....
Certo, certo, madre badessa.
Barattate queste poche parole, i due interlocutori s'inchi
narono vicendevolmente, e si separarono, come se a tutt' e
due pesasse di rimaner li testa testa; e andarono a riunirsi
ciascuno alla sua compagnia, l'uno fuori, l'altra dentro
la soglia claustrale.
Oh via, disse il principe : Gertrude potr presto
godersi a suo bell' agio la coinpagnia di queste madri. Per
ora le abbiamo incomodate abbastanza. Cos detto, lece
un inchino; la famiglia si mosse con lui; si rinnovarono i
complimenti, e si part.
Gertrude, nel tornare, non aveva troppa voglia di discor
rere. Spaventata del passo che aveva fatto, vergognosa della
sua dappocaggine, indispettita contro gli altri e contro se
stessa, faceva tristamente il conto dell'occasioni, che le ri
manevano ancora di dir di no; e prometteva debolmente e
confusamente a s stessa che, in questa, o in quella, o in
quell'altra, sarebbe pi destra e pi forte. Con tutti questi
pensieri, non le era per cessato affatto il terrore di quel
cipiglio del padre ; talch, quando, con un'occhiata datagli
alla sfuggita, pot chiarirsi che sul volto di lui non c'era
pi alcun vestigio di collera, quando anzi vide che si mo
strava soddisfattissimo di lei, le parve una bella cosa, e
fu, per un istante, tutta contenta.
Appena arrivati, bisogn rivestirsi e rilisciarsi; poi il
desinare, poi alcune visite, poi la trottata, poi la conversa
zione, poi la cena. Sulla fine di questa, il principe mise in
campo un altro affare, la scelta della madrina. Cosi si
CAPITOLO X. 169
chiamava una dama, la quale, pregata da' genitori, diventava
custode e scorta della giovane monacanda, nel tempo tra la
richiesta e l'entratura nel monastero; tempo che veniva
speso in visitar le chiese, i palazzi pubblici, le conversazioni,
le ville, i santuari: tutte le cose insomma pi notabili della
citt e de' contorni ; affinch le giovani, prima di proferire
un voto irrevocabile, vedessero bene a cosa davano un calcio.
Bisogner pensare a una madrina, disse il principe:
perch domani verr il vicario delle monache, per la for
malit dell' esame, e subito dopo, Gertrude verr proposta
in capitolo, per esser accettata dalle madri. Nel dir que
sto, s'era voltato verso la principessa ; e questa, credendo che
fosse un invito a proporre, cominciava: ci sarebbe
Ma il principe interruppe: No, no, signora principessa:
la madrina deve prima di tutto piacere alla sposina ; e ben
ch l'uso universale dia la scelta ai parenti, pure Gertrude
ha tanto giudizio, tanta assennatezza, che merita bene che
si faccia un'eccezione per lei. E qui, voltandosi a Gertrude,
in atto di chi annunzia una grazia singolare , continu :
ognuna delle dame che si son trovate questa sera alla con
versazione, ha quel che si richiede per esser madrina d'una
figlia della nostra casa; non ce n' nessuna, crederei, che
non sia per tenersi onorata della preferenza: scegliete voi.
Gertrude vedeva bene che far questa scelta era dare un
nuovo consenso; ma la proposta veniva fatta con tanto
apparato, che il rifiuto, per quanto fosse umile, poteva parer
disprezzo, o almeno capriccio e leziosaggine. Fece dunque
anche quel passo ; e nomin la dama che, in quella sera,
le era andata pi a genio; quella cio che le aveva fatto
pi carezze, che l' aveva pi lodata, che l' aveva trattata
con quelle maniere famigliari, affettuose e-premurose, che,
ne' primi momenti d' una conoscenza, contraffanno un' an
tica amicizia. Ottima scelta, disse il principe, che desi
derava e aspettava appunto quella. Fosse arte o caso, era
avvenuto come quando il giocator di bussolotti facendovi
scorrere davanti agli occhi le carte d' un mazzo, vi dice che
ne pensiate una, e lui poi ve la indoviner ; ma le ha fatte
scorrere in maniera che ne vediate una sola. Quella dama
ITO I PROMESSI SPOSI
era stata tanto intorno a Gertrude tutta la sera, l' aveva
tanto occupata di s, che a questa sarebbe bisognato uno
sforzo di fantasia per pensarne un' altra. Tante premure poi
non eran senza motivo : la dama aveva, da molto tempo,
messo gli occhi addosso al principino, per farlo suo genero :
quindi riguardava le cose di quella casa come sue proprie ;
ed era ben naturale che s' interessasse per quella cara Ger
trude, niente meno de' suoi parenti pi prossimi.
Il giorno dopo, Gertrude si svegli col pensiero dell' esa
minatore che doveva venire ; e mentre stava ruminando se
potesse cogliere queir occasione cos decisiva, per tornare
indietro, e in qual maniera, il principe la fece chiamare.
Ors, figliuola, le disse: finora vi siete portata egre
giamente : oggi si tratta di coronar 1' opera. Tutto quel che
s' fatto finora, s' fatto di vostro consenso. Se in questo
tempo vi fosse nato qualche dubbio, qualche pentimentuccio,
grilli di giovent, avreste dovuto spiegarvi; ma al punto
a cui sono ora le cose, non pi tempo di far ragazzate.
Queir uomo dabbene che deve venire stamattina, vi far
cento domande sulla vostra vocazione : e se vi fate monaca
di vostra volont, e il perch e il per come, e che so io?
Se voi titubate nel rispondere, vi terr sulla corda chi sa
quanto. Sarebbe un' uggia, un tormento per voi ; ma ne po
trebbe anche venire un altro guaio pi serio. Dopo tutte le
dimostrazioni pubbliche che si son fatte, ogni pi piccola
esitazione che si vedesse in voi, metterebbe a repentaglio
il mio onore, potrebbe far credere ch' io avessi presa una
vostra leggerezza per una ferma risoluzione, che avessi pre
cipitata la cosa, che avessi che so io? In questo caso,
mi troverei nella necessit di scegliere tra due partiti dolo
rosi : o lasciar* che il mondo formi un tristo concetto della
mia condotta : partito che non pu stare assolutamente con
ci che devo a me stesso. 0 svelare il vero motivo della
vostra risoluzione e Ma qui, vedendo che Gertrude
era diventata scarlatta, che le si gonflavan gli occhi, e il
viso si contraeva, come le foglie d' un fiore, nell' afa che
precede la burrasca, tronc quel discorso, e, con aria serena,
riprese : via, via, tutto dipende da voi, dal vostro giudizio.
CAPITOLO X. 171
So che n'avete molto, e non siete ragazza da guastar
sulla fine una cosa fatta bene ; ma io doveva preveder tutti
i casi. Non se ne parli pi; e restiam d'accordo che voi
risponderete con franchezza, in maniera di non far nascer
dubbi nella testa di quell' uomo dabbene. Cos anche voi ne
sarete fuori pi presto. E qui, dopo aver suggerita qual
che risposta all' interrogazioni pi probabili, entr nel solito
discorso delle dolcezze e de' godimenti ch' eran preparati a
Gertrude nel monastero ; e la trattenne in quello, fin che
venne un servitore ad annunziare il vicario. Il principe
rinnov in fretta gli avvertimenti pi importanti, e lasci
la figlia sola con lui, com' era prescritto.
L' uomo dabbene veniva con un po' d' opinione gi fatta
che Gertrude avesse una gran vocazione al chiostro: perch
cos gli aveva detto il principe, quando era stato a invitarlo.
vero che il buon prete, il quale sapeva che la diffidenza
era una delle virt pi necessarie nel suo ufizio, aveva per
massima d' andar adagio nel credere a simili proteste, e di
stare in guardia contro le preoccupazioni ; ma ben di rado
avviene che le parole affermative e sicure d' una persona
autorevole, in qualsivoglia genere, non tingano del loro
colore la mente di chi le ascolta.
Dopo i primi complimenti, signorina, le disse, io
vengo a far la parte del diavolo ; vengo a mettere in dub
bio ci che, nella sua supplica, lei ha dato per certo ; vengo
a metterle davanti agli occhi le difficolt, e ad accertarmi
se le ha ben considerate. Si contenti ch' io le faccia qual
che interrogazione.
Dica pure, rispose Gertrude.
Il buon prete cominci allora a interrogarla, nella forma
prescritta dalle regole. Sente lei in cuor suo una libera,
spontanea risoluzione di farsi monaca? Non sono state
adoperate minacce, o lusinghe ? Non s' fatto uso di nes
suna autorit, per indurla a questo ? Parli senza riguardi,
e con sincerit, a un uomo il cui dovere di conoscere
la sua vera volont, per impedire che non le venga usata
violenza in nessun modo.
La vera risposta a una tale domanda s' affacci subito
172 I PROMESSI SPOSI
alla mente di Gertrude, con un' evidenza terribile. Per dare
quella risposta, bisognava venire a una spiegazione, dire
di che era stata minacciata, raccontare una storia
L' infelice rifugg spaventata da questa idea; cerc in fretta
un'altra risposta; ne trov una sola che potesse liberarla
presto e sicuramente da quel supplizio , la pi contraria
al vero. Mi fo monaca, disse, nascondendo il suo tur
bamento, mi fo monaca, di mio genio, liberamente.
Da quanto tempo le nato codesto pensiero? do
mand ancora il buon prete.
L' ho sempre avuto, rispose Gertrude, divenuta, dopo
quel primo passo, pi franca a mentire contro s stessa.
Ma quale il motivo principale che la induce a farsi
monaca?
Il buon prete non sapeva che terribile tasto toccasse ; e
Gertrude si fece una gran forza per non lasciar trasparire
sul viso l' effetto che quelle parole le producevano nel-
l' animo. Il motivo, disse, di servire a Dio, e di
fuggire i pericoli del mondo.
Non sarebbe mai qualche disgusto? qualche mi
scusi capriccio ? Alle volte, una cagione momentanea
pu fare un' impressione che par che deva durar sempre ; e
quando poi la cagione cessa, e l'animo si muta, allora
No, no, rispose precipitosamente. Gertrude : la
cagione quella che le ho detto.
Il vicario, pi per adempire interamente il suo obbligo,
che per la persuasione che ce ne fosse bisogno, insistette
con le domande ; ma Gertrude era determinata d'ingannarlo.
Oltre il ribrezzo che le cagionava il pensiero di render con
sapevole della sua debolezza quel grave e dabben prete,
che pareva cos lontano dal sospettar tal cosa di lei ; la po
veretta pensava poi anche ch' egli poteva bene impedire
che si facesse monaca ; ma l finiva la sua autorit sopra di
lei, e la sua protezione. Partito che fosse, essa rimarrebbe
sola col principe. E qualunque cosa avesse poi a patire in
quella casa, il buon prete non n'avrebbe saputo nulla, o sapen
dolo, con tutta la sua buona intenzione, non avrebbe potuto
far altro che aver compassione di lei, quella compassione
CAPITOLO X. 173
tranquilla e misurata, che, in generale, s'accorda, come per
cortesia, a chi abbia dato cagione o pretesto al male che gli
fanno. L'esaminatore fu prima stanco d'interrogare, che
la sventurata di mentire : e, sentendo quelle risposte sem
pre conformi, e non avendo alcun motivo di dubitare della
loro schiettezza, mut finalmente linguaggio; si rallegr
con lei, le chiese, in certo modo, scusa d'aver tardato tanto
a far questo suo dovere ; aggiunse ci che credeva pi
atto a confermarla nel buon proposito ; e si licenzi.
Attraversando le sale per uscire, s' abbatt nel principe,
il quale pareva che passasse di l a caso ; e con lui pure si
congratul delle buone disposizioni in cui aveva trovata la
sua figliuola. Il principe era stato fino allora in una sospen
sione molto penosa: a quella notizia, respir, e dimen
ticando la sua gravit consueta, and quasi di corsa da
Gertrude, la ricolm di lodi, di carezze e di promesse, con
un giubilo cordiale, con una tenerezza in gran parte sin
cera: cos fatto questo guazzabuglio del cuore umano.
Noi non seguiremo Gertrude in quel giro continuato di
spettacoli e di divertimenti. E neppure descriveremo, in
particolare e per ordine, i sentimenti dell'animo suo in tutto
iiuel tempo : sarebbe una storia di dolori e di fluttuazioni,
troppo monotona, e troppo somigliante alle cose gi dette.
L' amenit de' luoghi, la variet degli oggetti, quello svago
che pur trovava nello scorrere in qua e in l all'aria aperta,
le rendevan pi odiosa l'idea del luogo dove alla fine si
smonterebbe per l' ultima volta, per sempre. Pi pungenti
ancora eran V impressioni che riceveva nelle conversazioni
e nelle feste. La vista delle spose alle quali si dava questo
titolo nel senso pi ovvio e pi usitato, le cagionava un' in
vidia, un rodimento intollerabile; e talvolta l'aspetto di
qualche .altro personaggio le faceva parere che, nel sentirsi
'lare quel titolo, dovesse trovarsi il colmo d' ogni felicit.
Talvolta la pompa de' palazzi, lo splendore degli addobbi, il
brulicho e il fracasso giulivo delle feste, le comunicavano
un'ebbrezza, un ardor tale di viver lieto, che prometteva a
s stessa di disdirsi, di soffrir tutto, piuttosto che tornare
all'ombra fredda e morta del chiostro. Ma tutte quelle
174 I PROMESSI SPOSI
risoluzioni sfumavano alla considerazione pi riposata delle
difficolt, al solo fissar gli occhi in viso al principe. Talvolta
anche, il pensiero di dover abbandonare per sempre que' go
dimenti, gliene rendeva amaro e penoso quel piccol saggio ;
come l' infermo assetato guarda con rabbia , e quasi re
spinge con dispetto il cucchiaio d' acqua che il medico gli
concede a fatica. Intanto il vicario delle monache ebbe rila
sciata l'attestazione necessaria, e venne la licenza di tenere
il capitolo per l'accettazione di Gertrude. Il capitolo si
tenne; concorsero, com'era da aspettarsi, i due terzi de'voti
segreti ch'eran richiesti da' regolamenti; e Gertrude fu ac
cettata. Lei medesima, stanca di quel lungo strazio, chiese
allora d'entrar pi presto che fosse possibile, nel monastero.
Non c'era sicuramente chi volesse frenare una tale im
pazienza. Fu dunque fatta la sua volont ; e, condotta pom
posamente al monastero, vesti l'abito. Dopo dodici mesi di
noviziato, pieni di pentimenti e di ripentimenti, si trov
al momento della professione, al momento cio in cui con
veniva, o dire un no pi strano, pi inaspettato, pi
scandaloso che mai, o ripetere un s tante volte detto ; lo
ripet, e fu monaca per sempre.
una delle facolt singolari e incomunicabili della reli
gione cristiana, il poter indirizzare e consolare chiunque, in
qualsivoglia congiuntura, a qualsivoglia termine, ricorra ad
essa. Se al passato c' rimedio, essa lo prescrive, lo sommi
nistra, d lume e vigore per metterlo in opera, a qualunque
costo; se non c', essa d il modo di far realmente e in
effetto, ci che si dice in proverbio, di necessit virt. In
segna a continuare con sapienza ci ch' stato intrapreso
per leggerezza; piega l'animo ad abbracciar con propen
sione ci che stato imposto dalla prepotenza, e d a una
scelta che fu temeraria, ma che irrevocabile, tutta la san
tit, tutta la saviezza, diciamolo pur francamente, tutte le
gioie della vocazione. una strada cos fatta che, da qua
lunque laberinto, da qualunque precipizio, l'uomo capiti
ad essa, e vi faccia un passo, pu d'allora in poi camminare
con sicurezza e di buona voglia, e arrivar lietamente a un
lieto fine. Con questo mezzo, Gertrude avrebbe potuto
CAPITOLO X. 175
essere una monaca santa e contenta, comunque lo fosse di
venuta. Ma l' infelice si dibatteva in vece sotto il giogo, e
cosi ne sentiva pi forte il peso e le scosse. Un rammarico
incessante della libert perduta, l'abborrimento dello stato
presente, un vagar faticoso dietro a desidri che non sa
rebbero mai soddisfatti, tali erano le principali occupazioni
dell' animo suo. Rimasticava queir amaro passato, ricom
poneva nella memoria tutte le circostanze per le quali si
trovava l ; e disfaceva mille volte inutilmente col pensiero
ci che aveva fatto con l'opera; accusava s di dappocag
gine, altri di tirannia e di perfidia; e si rodeva. Idolatrava
insieme e piangeva la sua bellezza, deplorava una giovent
destinata a struggersi in un lento martirio, e invidiava, in
certi momenti, qualunque donna, in qualunque condizione,
con qualunque coscienza, potesse liberamente godersi nel
mondo que' doni.
La vista di quelle monache che avevan tenuto di mano a
tirarla l dentro, le era odiosa. Si ricordava l'arti e i rag
giri che avevan messi in opera, e le pagava con tante sgarba
tezze, con tanti dispetti, e anche con aperti rinfacciamenti.
A quelle conveniva le pi volte mandar gi e tacere : perch
il principe aveva ben voluto tiranneggiar la figlia quanto
era necessario per ispingerla al chiostro; ma ottenuto l' in
tento, non avrebbe cos facilmente sofferto che altri pre
tendesse d'aver ragione contro il suo sangue: e ogni po' di
rumore che avesser fatto, poteva esser cagione di far loro
perdere quella gran protezione, o cambiar per avventura
il protettore in nemico. Pare che Gertrude avrebbe dovuto
sentire una certa propensione per l' altre suore, che non
avevano avuto parte in quegl' intrighi, e che, senza averla
desiderata per compagna, l'amavano come tale; e pie,
occupate e ilari, le mostravano col loro esempio come anche
l dentro si potesse non solo vivere, ma starci bene. Ma
queste pure le erano odiose, per un altro verso. La loro
aria di piet e di contentezza le riusciva come un rimpro
vero della sua inquietudine, e della sua condotta bisbetica ;
e non lasciava sfuggire occasione di deriderle dietro le
spalle, come pinzochere, o di morderle come ipocrite. Forse
176 I PROMESSI SPOSI
sarebbe stata meno avversa ad esse, se avesse saputo o
indovinato che le poche palle nere, trovate nel bossolo
che decise della sua accettazione, c'erano appunto state
messe da quelle.
Qualche consolazione le pareva talvolta di trovar nel
comandare, nell'esser corteggiata in monastero, nel ricever
visite di complimento da persone di fuori, nello spuntar
qualche impegno, nello spendere la sua protezione, nel
sentirsi chiamar la signora; ma quali consolazioni! Il
cuore, trovandosene cos poco appagato, avrebbe voluto di
quando in quando aggiungervi, e goder con esse le con
solazioni della religione; ma queste non vengono se non
a chi trascura queil' altre : come il naufrago, se vuole af
ferrar la tavola che pu condurlo in salvo sulla riva, deve
pure allargare il pugno, e abbandonar l' alghe, che aveva
prese , per una rabbia d' istinto.
Poco dopo la professione, Gertrude era stata fatta mae
stra dell'educande ; ora pensate come dovevano stare quelle
giovinette, sotto una tal disciplina. Le sue antiche confidenti
eran tutte uscite ; ma lei serbava vive tutte le passioni di
quel tempo ; e, in un modo o in un altro, l' allieve dovevan
portarne il peso. Quando le veniva in mente che molte di
loro eran destinate a vivere in quel mondo dal quale essa
era esclusa per sempre, provava contro quelle poverine un
astio, un desiderio quasi di vendetta; e le teneva sotto, le
bistrattava, faceva loro scontare anticipatamente i piaceri
che avrebber goduti un giorno. Chi avesse sentito, in
que' momenti, con che sdegno magistrale le gridava, per
ogni piccola scappatella, l'avrebbe creduta una donna d'una
spiritualit salvatica e indiscreta. In altri momenti, lo
stesso orrore per il chiostro, per la regola, per l'ubbidienza,
scoppiava in accessi d'umore tutto opposto. Allora, non
solo sopportava la svagatezza clamorosa delle sue allieve,
ma l'eccitava ; si mischiava ne' loro giochi, e li rendeva pi
sregolati ; entrava a parte de' loro discorsi, e li spingeva
pi in l dell' intenzioni con le quali esse gli avevano inco
minciati. Se qualcheduna diceva una parola sul cicalio della
madre badessa, la maestra lo imitava lungamente, e ne
cxriTOi.o x. 177
faceva una scena di commedia; contraffaceva il volto d'una
monaca, l'andatura d'un'altra: rideva allora sgangherata
mente ; ma eran risa che non la lasciavano pi allegra di
prima. Cos era vissuta alcuni anni, non avendo comodo,
n occasione di far di pi ; quando la sua disgrazia volle
ohe un'occasione si presentasse.
Tra l'altre distinzioni e privilegi che le erano stati con
cessi, per. compensarla di non poter esser badessa, c' era
anche quello di stare in un quartiere a parte. Quel lato del
monastero era contiguo a una casa abitata da un giovine,
scellerato di professione, uno de' tanti, che, in que' tempi, e
co' loro sgherri, e con l'alleanze d'altri scellerati, potevano,
nno a un certo segno, ridersi della forza pubblica e delle
leggi. Il nostro manoscritto lo nomina Egidio, senza parlar
del casato. Costui; da una sua flnestrina che dominava un
cortiletto di quel quartiere, avendo veduta Gertrude qual
che volta passare o girondolar l, per ozio, allettato anzi
che atterrito dai pericoli e dall'empiet dell'impresa, un
giorno os rivolgerle il discorso. La sventurata rispose.
In que' primi momenti, prov una contentezza, non
schietta al certo, ma viva. Nel vto uggioso dell'animo suo
s'era venuta a infondere un'occupazione forte, continua e,
<lirei quasi, una vita potente ; ma quella contentezza era
simile alla bevanda ristorativa che la crudelt ingegnosa
degli antichi mesceva al condannato, per dargli forza a so
stenere i tormenti. Si videro, nello stesso tempo, di gran
novit in tutta la sua condotta: divenne, tutt'a un tratto,
pi regolare, pi tranquilla, smesse gli scherni e il brontolio,
si mostr anzi carezzevole e manierosa, dimodoch le suore
si rallegravano a vicenda del cambiamento felice ; lontane
com'erano dall' immaginarne il vero motivo, e dal compren
dere che quella nuova virt non era altro che ipocrisia ag
giunta all' antiche magagne. Quell' apparenza per, quella,
per dir cos, imbiancatura esteriore, non dur gran tempo,
almeno con quella continuit e uguaglianza: ben presto tor
narono in campo i soliti dispetti e i soliti capricci, torna
rono a farsi sentire l' imprecazioni e gli scherni contro la
prigione claustrale, e talvolta espressi in un linguaggio
/ Promessi Sposi. 12
178 I PROMESSI SPOSI
insolito in quel luogo, e anche in quella bocca. Per, ad
ognuna di queste scappate veniva dietro un pentimento, una
gran cura di farle dimenticare, a forza di moine e buone
parole. Le suore sopportavano alla meglio tutti questi alt' e
bassi, e gli attribuivano all'indole bisbetica e leggiera
della signora.
Per qualche tempo, non parve che nessuna pensasse pi
in l ; ma un giorno che la signora, venuta a parole con
una conversa, per non so che pettegolezzo, si lasci andare
a maltrattarla fuor di modo, e non la finiva pi, la conversa,
dopo aver sofferto, ed essersi morse le labbra un pezzo,
scappatale finalmente la pazienza, butt l una parola, che
lei sapeva qualche cosa, e che, a tempo e luogo, avrebbe
parlato. Da quel momento in poi, la signora non ebbe pi
pace. Non pass per molto tempo, che la conversa fu aspet
tata in vano, una mattina, a' suoi ufizi consueti: si va a
veder nella sua cella, e non si trova : chiamata ad alta
voce ; non risponde : cerca di qua, cerca di l, gira e rigira,
dalla cima al fondo; non c' in nessun luogo. E chi sa
quali congetture si sarebber fatte, se, appunto nel cercare,
non si fosse scoperto una buca nel muro dell' orto ; la qual
cosa fece pensare a tutte, che fosse sfrattata di l. Si fe
cero gran ricerche in Monza e ne' contorni, e principalmente
a Meda, di dov'era quella conversa ; si scrisse in varie parti :
non se n' ebbe mai la pi piccola notizia. Forse se ne sa
rebbe potuto saper di pi, se, invece di cercar lontano, si
fosse scavato vicino. Dopo molte maraviglie, perch nessuno
l' avrebbe creduta capace di ci, e dopo molti discorsi, si
concluse che doveva essere andata lontano, lontano. E per
ch scapp detto a una suora: s' rifugiata in Olanda di
sicuro , si disse subito, e si ritenne per un pezzo, nel
monastero e fuori, che si fosse rifugiata in Olanda. Non
pare per che la signora fosse di questo parere. Non gi che
mostrasse di non credere, o combattesse l' opinion comune,
con sue ragioni particolari : se ne aveva, certo, ragioni non
furono mai cosi ben dissimulate ; n c'era cosa da cui s'aste
nesse pi volentieri che da rimestar quella storia, cosa di
cui si curasse meno che di toccare il fondo di quel mistero.
CAPITOLO X. 170
Ma quanto meno ne parlava, tanto pi ci pensava. Quante
volte al giorno l'immagine di quella donna veniva a cac
ciarsi d' improvviso nella sua mente, e si piantava li, e non
voleva moversi ! Quante volte avrebbe desiderato di veder
sela dinanzi viva e reale, piuttosto che averla sempre fissa
nel pensiero, piuttosto che dover trovarsi, giorno e notte,
in compagnia di quella forma vana, terribile, impassibile !
Quante volte avrebbe voluto sentir davvero la voce di colei,
qualunque cosa avesse potuto minacciare, piuttosto che aver
sempre nell'intimo dell'orecchio mentale il susurro fanta
stico di quella stessa voce, e sentirne parole ripetute con
una pertinacia, con un' insistenza infaticabile, che nessuna
persona vivente non ebbe mai!
Era scorso circa un anno dopo quel fatto, quando Lucia
fu presentata alla signora, ed ebbe con lei quel colloquio
al quale siam rimasti col racconto. La signora moltiplicava
le domande intorno alla persecuzione di don Rodrigo, e en
trava in certi particolari, con una intrepidezza, che riusci
e doveva riuscire pi che nuova a Lucia, la quale non aveva
mai pensato che la curiosit delle monache potesse eserci
tarsi intorno a simili argomenti. I giudizi poi che quella
frammischiava all'interrogazioni, o che lasciava trasparire,
non eran meno strani. Pareva quasi che ridesse del gran
ribrezzo che Lucia aveva sempre avuto di quel signore, e do
mandava se era un mostro, da far tanta paura : pareva quasi
che avrebbe trovato irragionevole e sciocca la ritrosia della
giovine, se non avesse avuto per ragione la preferenza data
a Renzo. E su questo pure s'avanzava a domande, che fa
cevano stupire e arrossire l'interrogata. Avvedendosi poi di
aver troppo lasciata correr la lingua dietro agli svagamenti
del cervello, cerc di correggere e d'interpretare in meglio
quelle sue ciarle; ma non pot fare che a Lucia non ne
rimanesse uno stupore dispiacevole, e come un confuso spa
vento. E appena pot trovarsi sola con la madre, se n' apr
con lei ; ma Agnese, come pi esperta, sciolse, con poche
parole, tutti que' dubbi, e spieg tutto il mistero. Non te
ne far maraviglia, disse: quando avrai conosciuto il
mondo quanto me, vedrai che non son cose da farsene
180 I promessi srosi
maraviglia. I signori, chi pi, chi meno, chi per un verso, chi
per un altro, han tutti un po' del matto. Convien lasciarli
dire, principalmente quando s' ha bisogno di loro; far vista
d' ascoltarli sul serio, come se dicessero delle cose giuste.
Hai sentito come m' Ha dato sulla voce, come se avessi detto
qualche gran sproposito ? Io non me ne son fatta caso punto.
Son tutti cos. E con tutto ci, sia ringraziato il cielo, che
pare che questa signora t' abbia preso a ben volere, e voglia
proteggerci davvero. Del resto, se camperai, figliuola mia,
e se t' accader ancora d' aver che fare con de' signori, ne
sentirai, ne sentirai, ne sentirai.
Il desiderio d'obbligare il padre guardiano, la compiacenza
di proteggere, il pensiero del buon concetto che poteva frut
tare la protezione impiegata cos santamente, una certa in
clinazione per Lucia, e anche un certo sollievo nel far del
bene a una creatura innocente, nel soccorrere e consolare
oppressi, avevan realmente disposta la signora a prendersi
a petto la sorte delle due povere fuggitive. A sua richiesta,
e a suo riguardo, furono alloggiate nel quartiere della fat-
toressa attiguo al chiostro, e trattate come se fossero
addette al servizio del monastero. La madre e la figlia si ral
legravano insieme d'aver trovato cos presto un asilo sicuro
e onorato. Avrebber anche avuto molto piacere di rimanervi
ignorate da ogni persona ; ma la cosa non era facile in un
monastero: tanto pi che c' era un uomo troppo premuroso
d' aver notizie d' una di loro, e nell' animo del quale, alla
passione e alla picca di prima s'era aggiunta anche la stizza
d' essere stato prevenuto e deluso. E noi, lasciando le donne
nel loro ricovero, torneremo al palazzotto di costui, nell'ora
in cui stava attendendo l'esito della sua scellerata spedizione.

CAPITOLO XI.

Come un branco di segugi, dopo aver inseguita invano una


lepre, tornano mortificati verso il padrone, co' musi bassi,
e con le code ciondoloni, cos, in quella scompigliata notte,
tornavano i bravi al palazzotto di don Rodrigo. Egli cam
minava innanzi e indietro, al buio, per una stanzaccia
CAPITOLO XI. 181
disabitata dell'ultimo piano, che rispondeva sulla spianata.
Ogni tanto si fermava, tendeva l' orecchio, guardava dallo
fessure dell'imposte intarlate, pieno d'impazienza e non privo
d'inquietudine, non solo per l' incertezza della riuscita, ma
anche per le conseguenze possibili ; perch era la pi grossa
e la pi arrischiata a cui il brav'uomo avesse ancor messo
mano. S'andava per rassicurando col pensiero delle precau
zioni prese per distrugger gl' indizi, se non i sospetti. In
quanto ai sospetti, pensava me ne rido. Vorrei un
po' sapere chi sar quel voglioso che venga quass a
veder se c' o non c' una ragazza. Venga, venga quel
tanghero, che sar ben ricevuto. Venga il frate, venga. La
vecchia? Vada a Bergamo la vecchia. La giustizia? Poh la
giustizia ! Il podest non un ragazzo, n un matto. E a
Milano ? Chi si cura di costoro a Milano ? Chi gli darebbe
retta? Chi sa che ei siano? Son come gente perduta sulla
terra; non hanno n anche un padrone: gente di nessuno.
Via, via, niente paura. Come rimarr Attilio, domattina ! Ve*
dr, vedr s' io fo ciarle o fatti. E poi se mai nascesse
qualche imbroglio che so io ? qualche nemico che volesse
cogliere quest' occasione , . . . anche Attilio sapr consigliar
mi: c' impegnato l'onore di tutto il parentado. Ma il
pensiero sul quale si fermava di pi, perch in esso trovava
insieme un acquietamento de'dubbi, e un pascolo alla pas-
sion principale, era il pensiero delle lusinghe, delle promessa
che adoprerebbe per abbonire Lucia. Avr tanta paura
di trovarsi qui sola, in mezzo a costoro, a queste facce,
che il viso pi umano qui son io, per bacco... che
dovr ricorrere a me, toccher a lei a pregare; e se
prega...
Mentre fa questi bei conti, sente un calpestio, va alla
finestra, apre un poco, fa capolino; son loro. E la bus
sola? Diavolo! dov' la bussola? Tre, cinque, otto: ci son
tutti; c' anche il Griso; la bussola non c': diavolo!
diavolo! il Griso me ne render conto.
Entrati che furono, il Griso pos in un angolo d'una stanza
terrena il suo bordone, pos il cappellaccio e il sanrocchino,
e, come richiedeva la sua carica, che in quel momento
182 I PROMESSI SPOSI
nessuno gl'invidiava, sal a render quel conto a don Rodrigo.
Questo l'aspettava in cima alla scala ; e vistolo apparire
con quella goffa e sguaiata presenza del birbone deluso,
ebbene , gli disse , o gli grid : signore spaccone ,
signor capitano, signor lascifareame ?
L' dura, rispose il Griso, restando con un piede sul
primo scalino, l' dura di ricever de' rimproveri, dopo aver
lavorato fedelmente, e cercato di fare il proprio dovere,
e arrischiata anche la pelle.
Com' andata? Sentiremo, sentiremo, disse don Rodri
go, e s' avvi verso la Sua camera, dove il Griso lo segu, e.
fece subito la relazione di ci che aveva disposto, fatto, ve-"
(luto e non veduto, sentito, temuto, riparato : e la fece con
quell' ordine e con quella confusione, con quella dubbiezza
e con quello sbalordimento, che dovevano per forza regnare
insieme nelle sue idee.
Tu non hai torto, e ti sei portato bene, disse don
Rodrigo : hai fatto quello che si poteva ; ma .... ma, che
sotto questo tetto ci fosse una spia ! Se c' , se lo arrivo a
scoprire, e lo scopriremo se c', te l'accomodo io; ti so
dir io, Griso, che lo concio per il d delle feste.
Anche a me, signore, disse il Griso, passato per
la mente un tal sospetto : e se fosse vero, se si venisse a
scoprire un birbone di questa sorte, il signor padrone lo
deve metter nelle mie mani. Uno che si fosse preso il
divertimento di farmi jjassare una notte come questa ! toc
cherebbe a me a pagarlo. Per, da varie cose m' parso di
poter rilevare che ci dev' essere qualche altro intrigo, che
per ora non si pu capire. Domani, signore, domani se ne
verr in chiaro.
Non siete stati riconosciuti almeno?
Il Griso rispose che sperava di no; e la conclusione del
discorso fu che don Rodrigo gli ordin, per il giorno dopo,
tre cose che colui avrebbe sapute ben pensare anche da s.
Spedire la mattina presto due uomini a fare al console
quella tale intimazione, che fu poi fatta, come abbiam ve
duto ; due altri al casolare a far la ronda, per tenerne lon
tano ogni ozioso che vi capitasse, e sottrarre a ogni sguardo
CAPITOLO XI. 183
la bussola fino alla notte prossima, in cui si manderebbe a
prenderla ; giacch per allora non conveniva fare altri mo
vimenti da dar sospetto ; andar poi lui, e mandare anche
altri, de' pi disinvolti e di buona testa, a mescolarsi con
la gente, per scovar qualcosa intorno all'imbroglio di
quella notte. Dati tali ordini, don Rodrigo se n'and a
dormire, e ci lasci andare anche il Griso, congedandolo
con molte lodi, dalle quali traspariva evidentemente l' in
tenzione di risarcirlo degl' improperi precipitati coi quali
lo aveva accolto.
Va a dormire, povero Griso, che tu ne devi aver biso
gno. Povero Griso t In faccende tutto il giorno, in faccende
mezza la notte, senza contare il pericolo di cader sotto l'un
ghie de'villani, o di buscarti una taglia per rapto di donna
, hmiesta, per giunta di quelle che hai gi addosso ; e poi es
ser ricevuto in quella maniera ! Ma ! cos pagano spesso gli
uomini. Tu hai per potuto vedere, in questa circostanza,
che qualche volta la giustizia, se non arriva alla prima,
arriva, o presto o tardi anche in questo mondo. Va a dor
mire per ora: che un giorno avrai forse a somministrar
cene un'altra prova, e pi notabile di questa.
La mattina seguente, il Griso era fuori di nuovo in fac
cende, quando don Rodrigo s' alz. Questo cerc subito del
conte Attilio, il quale, vedendolo spuntare, fece un viso e
un atto canzonatorio, e gli grid : san Martino !
Non so cosa vi dire, rispose don Rodrigo, arrivan
dogli accanto : pagher la scommessa ; ma non questo
quel che pi mi scotta. Non v' avevo detto nulla, perch,
lo confesso, pensavo di farvi rimanere stamattina. Ma
basta, ora vi racconter tutto.
Ci ha messo uno zampino quel frate in quest'affare,
disse il cugino, dopo aver sentito tutto, con pi seriet che
non si sarebbe aspettato da un cervello cos balzano. Quel
frate, continu, con quel suo fare di gatta morta, e con
quelle sue proposizioni sciocche, io l' ho per un dirittone, e
per un impiccione. E voi non vi siete fidato di me , non
m' avete mai detto chiaro cosa sia venuto qui a impastoc
chiarvi l' altro giorno. Don Rodrigo rifer il dialogo. E
184 I PROMESSI SPOSI
voi avete avuto tanta sofferenza? esclam il conte At
tilio: e l'avete lasciato andare com'era venuto?
Che volevate ch' io mi tirassi addosso tutti i cappuc
cini d' Italia ?
Non so, disse il conte Attilio, se, in quel momento,
mi sarei ricordato che ci fossero al mondo altri cappuccini-
che quel temerario birbante; ma via, anche nelle regole
delia prudenza, manca la maniera di prendersi soddisfazione
anche d'un cappuccino? Bisogna saper raddoppiare a tempo-
le gentilezze a tutto il corpo, e allora si pu impunemente
dare un carico di bastonate a un membro. Basta; ha scan
sato la punizione che gli stava pi bene; ma lo prendo
io sotto la mia protezione, e voglio aver la consolazione
d'insegnargli come si parla co' pari nostri.
Non mi fate peggio.
Fidatevi una volta, che vi servir da parente e da
amico.
Cosa pensate di fare?
Non lo so ancora ; ma lo servir io di sicuro il frate.
Ci penser, e . . . . il signor conte zio del Consiglio segreto
lui che mi deve fare il servizio. Caro signor conte ziof
Quanto mi diverto ogni volta che lo posso far lavorare per
me, un politicone di quel calibro ! Doman l'altro sar a Mi
lano, e, in una maniera o in un'altra, il frate sar servito.
Venne intanto la colazione, la quale non interruppe il di
scorso d'un affare di queir importanza. Il conte Attilio ne
parlava con disinvoltura; e, sebbene ci prendesse quella
parte che richiedeva la sua amicizia per il cugino, e l'onore
del nome comune, secondo le' idee che aveva d' amicizia e
d'onore, pure ogni tanto non poteva tenersi di non rider
sotto i baffi, di quella bella riuscita. Ma don Rodrigo, ch'era
in causa propria, e che, credendo di far quietamente un
gran colpo, gli era andato fallito con fracass, era agitato-
da passioni pi gravi, e distratto da pensieri pi fastidiosi.
Di belle ciarle, diceva, faranno questi mascalzoni,
in tutto il contorno. Ma che m'importa? In quanto alla
giustizia , me ne rido : prove non ce n' ; quando ce ne
fosse, me ne riderei ugualmente: a buon conto, ho fatto
CAPITOLO XI. 185
stamattina avvertire il console che guardi bene di non far
deposizione dell' avvenuto. Non ne seguirebbe nulla ; ma
le ciarle, quando vanno in lungo, mi seccano. anche
troppo ch'io sia stato burlato cos barbaramente.
Avete fatto benissimo , rispondeva il conte Attilio.
Codesto vostro podest gran caparbio, gran testa
vota, gran seccatore d' un podest poi un galantuomo,
un uomo che sa il suo dovere ; e appunto quando s' ha che
fare con persone tali, bisogna aver pi riguardo di non
metterle in impicci. Se un mascalzone di console fa una
deposizione, il podest, per quanto sia ben intenzionato,
bisogna pure che
Ma voi, interruppe, con un po' di stizza, don Rodrigo,
voi guastate le mie faccende, con quel vostro contraddir
gli in tutto, e dargli sulla voce, e canzonarlo anche, all'oc
correnza. Che diavolo, che un podest non possa esser bestia
e ostinato, quando nel rimanente un galantuomo !
Sapete, cugino, disse guardandolo, maravigliato,
il conte Attilio, sapete, che comincio a credere che
abbiate un po' di paura? Mi prendete sul serio anche il
podest
Via via, non avete detto voi stesso che bisogna tenerlo
di conto?
L'ho detto: e quando si tratta d'un affare serio, vi
far vedere che non sono un ragazzo. Sapete cosa mi basta
l' animo di far per voi ? Son uomo da andare in persona a
far visita al signor podest. Ah ! sar contento dell' onore ?
E son uomo da lasciarlo parlare per mezz' ora del conte
duca, e del nostro signor castellano spagnolo, e da dargli
ragione in tutto, anche quando ne dir di quelle cos mas
sicce. Butter poi l qualche parolina sul conte zio del Con
siglio segreto: e sapete che effetto fanno quelle paroline
nell' orecchio del signor podest. Alla fin de' conti, ha pi
bisogno lui della nostra protezione, che voi della sua con
discendenza. Far di buono, e ci ander, e ve lo lascer
meglio disposto che mai.
Dopo queste e altre simili parole, il conte Attilio usc,
per andare a caccia; e don Rodrigo stette aspettando con
18G I PROMESSI SPOSI
ansiet il ritorno del Griso. Venne costui finalmente, sul-
l'ora del desinare, a far la sua relazione.
Lo scompiglio di quella notte era stato tanto clamoroso,
la sparizione di tre persone da un paesello era un tal av
venimento, che le ricerche, e per premura e per curiosit,
dovevano naturalmente esser molte e calde e insistenti ; e
dall'altra parte, gl' informati di qualche cosa eran troppi,
per andar tutti d' accordo a tacer tutto. Perpetua non po
teva farsi veder sull'uscio, che non fosse tempestata da
quello e da quell' altro, perch dicesse chi era stato a far
quella gran paura al suo padrone : e Perpetua, ripensando
a tutte le circostanze del fatto, e raccapezzandosi finalmente
ch'era stata infinocchiata da Agnese , sentiva tanta rabbia
di quella perfidia, che aveva proprio bisogno d' un po' di
sfogo. Non gi che andasse lamentandosi col terzo e col
quarto della maniera tenuta per infinocchiar lei : su questo
non fiatava; ma il tiro fatto al suo povero padrone non
lo poteva passare affatto sotto silenzio ; e sopra tutto, che
un tiro tale fosse stato concertato e tentato da quel giovine
dabbene, da quella buona vedova, da quella madonnina in
filzata. Don Abbondio poteva ben comandarle risolutamente,
e pregarla cordialmente che stesse zitta ; lei poteva bene
ripetergli che non faceva bisogno di suggerirle una cosa
tanto chiara e tanto naturale; certo che un cos gran
segreto stava nel cuore della povera donna, come, in una
botte vecchia e mal cerchiata, un vino molto giovine, che
grilla e gorgoglia e ribolle, e, se non manda il tappo per
aria, gli geme all' intorno, e vien fuori in ischiuma, e trapela
tra doga e doga, e gocciola di qua e di l, tanto che uno pu
assaggiarlo, e dire a un di presso che vino . Gervaso, a cui
non pareva vero d'essere una volta pi informato degli altri,
a cui non pareva piccola gloria l'avere avuta una gran paura,
a cui, per aver tenuto di mano a una cosa che puzzava di
criminale, pareva d' esser diventato un uomo come gli altri,
crepava di voglia di vantarsene. E quantunque Tonio, che
pensava seriamente all' inquisizioni e ai processi possibili e
al conto da rendere , gli comandasse, co' pugni sul viso, di
non dir nulla a nessuno, pure non ci fu verso di soffogargli
CAPITOLO XI. 137
in bocca ogni parola. Del resto Tonio, anche lui, dopo essere
stato quella notte fuor di casa in ora insolita, tornandovi,
con un passo e con un sembiante insolito, e con un'agi-
tazion d'animo che lo disponeva alla sincerit, non pot
dissimulare il fatto a sua moglie ; la quale non era muta.
Ohi parl meno, fu Menico ; perch, appena ebbe raccontata
ai genitori la storia e il motivo della sua spedizione, parve
a questi una cosa cos terribile che un loro figliuolo avesse
avuto parte a buttare all' aria un' impresa di don Rodrigo,
che quasi quasi non lasciaron finire al ragazzo il suo rac
conto. Gli fecero poi subito i pi forti e minacciosi comandi
che guardasse bene di non far neppure un cenno di nulla:
e la mattina seguente, non parendo loro d'essersi abbastanza
assicurati, risolvettero di tenerlo chiuso in casa, per quel
giorno, e per qualche altro ancora. Ma che ? essi medesimi
poi, chiacchierando con la gente del paese, e senza voler
mostrar di saperne pi di loro, quando si veniva & quel
punto oscuro della fuga de' nostri tre poveretti, e del come,
e del perch, e del dove, aggiungevano, come cosa cono
sciuta, che s' eran rifugiati a Pescarenico. Cos anche questa
circostanza entr ne' discorsi comuni.
Con tutti questi brani di notizie, messi poi insieme e uniti
come s'usa, e con la frangia che ci s' attacca naturalmente
nel cucire, c' era da fare una storia d'una certezza e d' una
chiarezza tale, da esserne pago ogni intelletto pi critico.
Ma quella invasion de' bravi, accidente troppo grave e troppo
rumoroso per esser lasciato fuori, e del quale nessuno aveva
una conoscenza un po' positiva, queil' accidente era ci che
imbrogliava tutta la storia. Si mormorava il nome di don
Rodrigo: in questo andavan tutti d'accordo; nel resto tutto
era oscurit e congetture diverse. Si parlava molto de' due
bravacci ch' erano stati veduti nella strada, sul far della
sera, e dell' altro che stava sull' uscio dell' osteria; ma che
lume si poteva ricavare da questo fatto cos asciutto? Si
domandava bene all'oste chi era stato da lui la sera avanti;
ma l'oste, a dargli retta, non si rammentava neppure se
avesse veduto gente quella sera; e badava a dire che
l'osteria un porto di mare. Sopra tutto, confondeva lo
188 I PROMESSI SPOSI
teste, e disordinava le congetture quel pellegrino veduto da
Stefano e da Carlandrea, quel pellegrino che i malandrini
volevano ammazzare, e che se n'era andato con loro, o che
essi avevan portato via. Cos' era venuto a fare ? Era un' a-
nima del purgatorio, comparsa per aiutar le donne; era
un'anima dannata d'un pellegrino birbante e impostore, che
veniva sempre di notte a unirsi con chi facesse di quelle
che lui aveva fatto vivendo ; era un pellegrino vivo e vero,
che coloro avevan voluto ammazzare, per timor che gri
dasse, e destasse il paese ; era (vedete un po' cosa si va a
pensare !) uno di quegli stessi malandrini travestito da pel
legrino ; era questo, era quello, era tante cose che tutta la
sagacit e l' esperienza del Griso non sarebbe bastata a sco
prire chi fosse, se il Griso avesse dovuto rilevar questa
parte della storia da' discorsi altrui. Ma, come il lettore sa,
ci che la rendeva imbrogliata agli altri, era appunto il
pi chiaro per lui : servendosene di chiave per interpretare
le altre notizie raccolte da lui immediatamente, o col mezzo
degli esploratori subordinati! pot di tutto comporne per
don Rodrigo una relazione bastantemente distinta. Si chiuse
subito con lui, e l'inform del colpo tentato dai poveri
sposi, il che spiegava naturalmente la casa trovata vota e
il sonare a martello, senza che facesse bisogno di supporre
che in casa ci fosse qualche traditore, come dicevano que'due
galantuomini. L' inform della fuga ; e anche a questa era
facile trovarci le sue ragioni: il timore degli sposi colti
in fallo, o qualche avviso dell' invasione, dato loro quan
d'era scoperta, e il paese tutto a soqquadro. Disse finalmente
che s'eran ricoverati a Pescarenico; pi in l non andava
la sua scienza. Piacque a don Rodrigo l' esser certo che
nessuno l' aveva tradito, e il vedere che non rimanevano
tracce del suo fatto; ma fu quella una rapida e leggiera
compiacenza. Fuggiti insieme ! grid : insieme ! E quel
frate birbante ! Quel frate ! la parola gli usciva arrantolata
dalla gola, e smozzicata tra' denti, che mordevano il dito:
il suo aspetto era brutto come le sue passioni. Quel frate
me la pagher. Griso ! non son chi sono voglio sapere,
voglio trovare questa sera, voglio saper dove sono. Non
CAPITOLO XI. 189
lio pace. A Pescarenico, subito, a sapere, a vedere, a tro
vare Quattro scudi subito, e la mia protezione per sem
pre. Questa sera lo voglio sapere. E quel birbone .... !
quel frate !
Il Griso di nuovo in campo; e, la sera di quel giorno
medesimo, pot riportare al suo degno padrone la notizia
desiderata: ed ecco in qual maniera.
Una delle pi gran consolazioni di questa vita l' amici
zia; e una delle consolazioni dell'amicizia quell'avere a
cui confidare un segreto. Ora, gli amici non sono a due a
due, come gli sposi; ognuno, generalmente parlando, ne ha
pi d'uno: il che forma una catena, di cui nessuno po
trebbe trovar la fine. Quando dunque un amico si procura
quella consolazione di deporre un segreto nel seno d' un
altro, d a costui la voglia di procurarsi la stessa conso
lazione anche lui. Lo prega, vero, di non dir nulla a
nessuno ; e una tal condizione, chi la prendesse nel senso
rigoroso delle parole, troncherebbe immediatamente il corso
delle consolazioni. Ma la pratica generale ha voluto che ob
blighi soltanto a non confidare il segreto, se non a chi sia
un amico ugualmente fidato, e imponendogli la stessa con
dizione. Cos, d' amico fidato in amico fidato, il segreto gira
e gira per queir immensa catena, tanto che arriva all'orec
chio di colui o di coloro a cui il primo che ha parlato in
tendeva appunto di non lasciarlo arrivar mai. Avrebbe per
ordinariamente a stare un gran pezzo in cammino, se ognuno
non avesse che due amici: quello che gli dice e quello a
cui ridice la cosa da tacersi. Ma ci son degli uomini pri
vilegiati che li contano a centinaia ; e quando il segreto
venuto a uno di questi uomini, i giri- divengon s rapidi e
ri moltiplici, che non pi possibile di seguirne la traccia.
Il nostro autore non ha potuto accertarsi per quante bocche
l'osse passato il segreto che il Griso aveva ordine di scovare :
il fatto sta che il buon uomo da cui erano state scortate le
donne a Monza, tornando, verso le ventitr, col suo baroc
co, a Pescarenico, s' abbatt, prima d' arrivare a casa, in
un amico fidato, al quale raccont, in gran confidenza, l' o-
pera buona che aveva fatta, e il rimanente ; e il fatto sta
190 I PROMESSI SPOSI
che il Griso pot, due ore dopo, correre al palazzotto,,
a riferire a don Rodrigo che Lucia e sua madre s' eran
ricoverate in un convento di Monza, e che Renzo aveva
seguitata la sua strada fino a Milano.
Don Rodrigo prov una scellerata allegrezza di quella
separazione, e sent rinascere un po' di quella scellerata
speranza d'arrivare al suo intento. Pens alla maniera, gran
parte della notte ; e s' alz presto, con due disegni, Y uno
stabilito, l' altro abbozzato. Il primo era di spedire imman
tinente il Griso a Monza, per aver pi chiare notizie di
Lucia, e sapere se ci fosse da tentar qualche cosa. Fece
dunque chiamar subito quel suo fedele, gli mise in mano i
quattro scudi, lo lod di nuovo dell' abilit con cui gli aveva
guadagnati, e gli diede l' ordine che aveva premeditato.
Signore disse, tentennando, il Griso.
Che? non ho io parlato chiaro?
Se potesse mandar qualchedun altro
Come?
Signore illustrissimo, io son pronto a metterci la pelle
per il mio padrone: il mio dovere; ma so anche che lei
non vuole arrischiar troppo la vita de' suoi sudditi.
Ebbene?
Vossignoria illustrissima sa bene quelle poche taglie
ch' io ho addosso: e.... Qui son sotto la sua protezione;
siamo una brigata ; il signor podest amico di casa; i birri
mi portan rispetto ; e anch' io cosa che fa poco onore,
ma per viver quieto li tratto da amici. In Milano la li
vrea di vossignoria conosciuta; ma in Monza ci sono
conosciuto io invece. E sa vossignoria che, non fo per dire,
chi mi potesse consegnare alla giustizia, o presentar la mia
testa, farebbe un bel colpo? Cento scudi l'uno sull'altro,
e la facolt di liberar due banditi.
Che diavolo ! disse don Rodrigo : tu mi riesci ora un
can da pagliaio che ha cuore appena d'avventarsi alle gambe
di chi passa sulla porta, guardandosi indietro se quei di
casa lo spalleggiano, e non si sente d' allontanarsi !
Credo, signor padrone, d' aver date prove ...
Dunque !
CAPITOLO XI. 191
Dunque, ripigli francamente il Griso, messo cos al
punto, dunque vossignoria faccia conto ch'io non abbia par
lato: cuor di leone, gamba di lepre, e son pronto a partire.
E io non ho detto che tu vada solo. Piglia con te un
paio de' meglio . . . . lo Sfregiato, e il Tira-dritto ; e va di buon
animo, e sii il Griso. Che diavolo ! Tre figure come le vo
stre, e che vanno per i fatti loro, chi vuoi che non sia con
tento di lasciarle passare? Bisognerebbe che a' birri di
Monza fosse ben venuta a noia la vita, per metterla su con
tro cento scudi a un gioco cos rischioso. E poi, e poi, non
credo d'esser cos sconosciuto da quelle parti, che la qualit
di mio servitore non ci si conti per nulla.
Svergognato cos un poco il Griso, gli diede poi pi am
pie e particolari istruzioni. Il Griso prese i due compagni,
e part con faccia allegra e baldanzosa, ma bestemmiando in
cuor suo Monza e le taglie e le donne e i capricci de' pa
droni ; e camminava come il lupo, che spinto dalla fame,
col ventre raggrinzato, e con le costole che gli si potrebber
contare, scende da' suoi monti, dove non c' che neve,
s' avanza sospettosamente nel piano, si ferma ogni tanto,
con una zampa sospesa, dimenando la coda spelacchiata,
Leva il muso, odorando il vento infido,
se mai gli porti odore d' uomo o di ferro, rizza gli orec
chi acuti, e gira due occhi sanguigni, da cui traluce insieme
l'ardore della preda, e il terrore della caccia. Del rima
nente, quel bel verso, chi volesse saper donde venga,
tratto da una diavoleria inedita di crociate e di lombardi,
che presto non sar pi inedita, e far un bel rumore ; e io
l'ho preso, perch mi veniva a taglio; e dico dove, per non
farmi bello della roba, altrui : che qualcheduno non pensasse
che sia una mia astuzia per far sapere che l' autore di
quella diavoleria ed io siamo come fratelli, e ch' io frugo a
piacer mio ne' suoi manoscritti.
L' altra cosa che premeva a don Rodrigo era di trovar
la maniera che Renzo non potesse pi tornar con Lucia, n
metter piede in paese ; e a questo fine, macchinava di fare
sparger voci di minacce e d' insidie, che , venendogli al
192 I PROMESSI SPOSI
l' orecchio, per mezzo di qualche amico, gli facessero passar
la voglia di tornar da quelle parti. Pensava per che la pi
sicura sarebbe se si potesse farlo sfrattar dallo stato : e per
riuscire in questo, vedeva che pi della forza gli avrebbe
potuto servir la giustizia. Si poteva, per esempio, dare un
po' di colore al tentativo fatto nella casa parrocchiale, di
pingerlo come un'aggressione, un atto sedizioso, e, per mezzo
del dottore, fare intendere al podest ch'era il caso di spe
dir contro Renzo una buona cattura. Ma pens che non con
veniva a lui di rimestar quella brutta faccenda : e senza star
altro a lambiccarsi il cervello, si risolvette d' aprirsi col
dottor Azzecca-garbugli, quanto era necessario per fargli
comprendere il suo desiderio. Le gride son tante!
pensava : e il dottore non un' oca : qualcosa che faccia al
caso mio sapr trovare, qualche garbuglio da azzeccare a
quel villanaccio : altrimenti gli muto nome. Ma (come
vanno alle, volte le cose di queste mondo !) intanto che co
lui pensava al dottore, come all' uomo pi abile a servirlo
in questo, un. altr'uomo, l'uomo che nessuno s' immagi
nerebbe, Renzo medesimo, per dirla, lavorava di cuore a
servirlo, in un modo pi certo e pi spedito di tutti quelli
che il dottore avrebbe mai saputi trovare.
Ho visto pi volte un caro fanciullo, vispo, per dire il
vero, pi del bisogno, ma che, a tutti i segnali, mostra di
voler riuscire un galantuomo; l'ho visto, dico, pi volte
affaccendato sulla sera a mandar al coperto un suo gregge
di porcellini d'India, che aveva lasciati scorrer liberi il
giorno, in un giardinetto. Avrebbe voluto fargli andar tutti
insieme al covile ; ma era fatica buttata : uno si sbandava a
destra, e mentre il piccolo pastore correva per cacciarlo nel
branco, un altro, due, tre ne uscivano a sinistra, da ogni
parte. Dimodoch, dopo essersi un po' impazientito, s'adat
tava al loro genio, spingeva prima dentro quelli ch' eran
pi vicini all'uscio, poi andava a prender gli altri, a uno, a
due, a tre, come gli riusciva. Un gioco simile ci convien
fare co' nostri personaggi: ricoverata Lucia, siameorsia
don Rodrigo ; e ora lo dobbiamo abbandonare, per andar
dietro a Renzo, che avevam perduto di vista.
CAPITOLO XI. 193
Dopo la separazione dolorosa che abbiam raccontata, cam
minava Renzo da Monza verso Milano, in quello stato d'ani
mo che ognuno pu immaginarsi facilmente. Abbandonar
la casa, tralasciare il mestiere, e quel ch' era pi di tutto,
allontanarsi da Lucia, trovarsi sur una strada, senza saper
dove anderebbe a posarsi ; e tutto per causa di quel birbone !
Quando si tratteneva col pensiero sull' una o sull' altra di
queste cose, s'ingolfava tutto nella rabbia, nel desiderio
della vendetta ; ma gli tornava poi in mente quella preghiera
che aveva recitata anche lui col suo buon frate, nella chiesa
di Pescarenico ; e si ravvedeva : gli s risvegliava ancora
la stizza ; ma vedendo un' immagine sul muro, si levava
il cappello, e si fermava un momento a pregar di nuovo :
tanto che, in quel viaggio, ebbe ammazzato in cuor suo don
Rodrigo, e risuscitatolo, almeno venti volte. La strada era
allora tutta sepolta tra due alte rive, fangosa, sassosa, sol
cata da rotaie profonde, che, dopo una pioggia, divenivan
rigagnoli ; e in certe parti pi basse, s' allagava tutta, che
si sarebbe potuto andarci in barca. A que' passi, un piccol
sentiero erto, a scalini, sulla riva, indicava che altri passeg
geri b' eran fatta una strada ne' campi. Renzo, salito per un
di que'valichi sul terreno pi elevato, vide quella gran mae-
.china del duomo sola sul piano, come se, non di mezzo a
una citt, ma sorgesse in un deserto; e si ferm su due piedi,
dimenticando tutti i suoi guai, a contemplare anche da
lontano queir ottava maraviglia, di cui aveva tanto sentito
parlare fin da bambino. Ma dopo qualche momento, voltan
dosi indietro, vide all'orizzonte quella cresta frastagliata di
montagne, vide distinto e alto tra quelle il suo Resegone, si
sent tutto rimescolare il sangue, stette l alquanto a guar
dar tristamente da quella parte, poi tristamente si volt, e
seguit la sua strada. A poco a poco cominci poi a scoprir
campanili e torri e cupole e tetti ; scese allora nella strada,
cammin ancora qualche tempo, e quando s'accorse d'esser
ben vicino alla citta, s' accost a un viandante, e, inchina
tolo, con tutto quel garbo che seppe, gli disse : di grazia,
quel signore.
Che volete, bravo giovine?
I Promessi Spoti. 13
194 I PROMESSI SPOSI
Saprebbe insegnarmi la strada pi corta, per andare al
convento de' cappuccini dove sta il padre Bonaventura ?
L' uomo a cui Renzo s' indirizzava, era un agiato abitante
del contorno, che, andato quella mattina a Milano, per certi
suoi affari, se ne tornava, senza aver fatto nulla, in gran
fretta, ch non vedeva l' ora di trovarsi a casa, e avrebbe
fatto volentieri di meno di quella fermata. Con tutto ci,
senza dar segno d'impazienza, rispose molto gentilmente:
figliuol caro, de' conventi ce n' pi d'uno : bisognerebbe
che mi sapeste dir pi chiaro quale quello che voi cer
cate. Renzo allora si lev di seno la lettera del padre
Cristoforo, e la fece vedere a quel signore, il quale, lettovi :
porta orientale, gliela rendette dicendo : siete fortunato,
bravo giovine ; il convento che cercate poco lontano iii
qui. Prendete per questa viottola a mancina: una scor
ciatoia: in pochi minuti arriverete a una cantonata d'una
fabbrica lunga e bassa : il lazzeretto ; costeggiate il fos
sato che lo circonda, e riuscirete a porta orientale. Entrate,
e, dopo tre o quattrocento passi, vedrete una piazzetta con
de' begli olmi : l il convento : non potete sbagliare. Dio
v' assista, bravo giovine. E, accompagnando l' ultime pa
role con un gesto grazioso della mano, se n' and. Renzo
rimase stupefatto e edificato della buona maniera de' citta
dini verso la gente di campagna; e non sapeva ch' era un
giorno fuor dell'ordinario, un giorno in cui le cappe s'in
chinavano ai farsetti. Fece la strada che gli era stata inse
gnata, e si trov a porta orientale. Non bisogna per che,
a questo nome, il lettore si lasci correre alla fantasia l' im
magini che ora vi sono associate. Quando Renzo entr per
quella porta, la strada al di fuori non andava diritta che
per tutta la lunghezza del lazzeretto ; poi scorreva serpeg
giante e stretta, tra due siepi. La porta consisteva in due
pilastri, con sopra una tettoia, per riparare i battenti, e da
una parte, una casuccia per i gabellini. I bastioni scende
vano in pendio irregolare, e il terreno era una superficie
aspra e inuguale di rottami e di cocci buttati l a caso. La
strada che s' apriva dinanzi a chi entrava per quella porta,
non si paragonerebbe male a quella che ora si presenta ;>
CAPITOLO XI; 195
chi entri da porta Tosa. Un fossatello le scorreva nel mezzo,
fino a poca distanza dalla porta, e la divideva cos in due
stradette tortuose, ricoperte di polvere o di fango, secondo
la stagione. Al punto dov' era, e dov' tuttora quella viuzza
chiamata di Borghetto, il fossatello si perdeva in una fo
gna. L c' era una colonna, con sopra una croce, detta di
san Dionigi: a destra e a sinistra, erano orti cinti di siepe
e, ad intervalli, casucce, abitate per lo pi da lavandai.
Renzo entra, passa; nessuno de' gabellini gli bada : cosa che
gli parve strana, giacch, da que' pochi del suo paese che
potevan vantarsi d'essere stati a Milano, aveva sentito rac
contar cose grosse de'frugamenti e dell' interrogazioni a cui
venivan sottoposti quelli che arrivavan dalla campagna. La
strada era deserta, dimodoch, se non avesse sentito un
ronzio lontano che indicava un gran movimento, gli sarebbe
parso d' entrare in una citt disabitata. Andando avanti,
senza saper cosa si pensare, vide per terra certe strisce
bianche e soffici, come di neve; ma neve non poteva es
sere; che non viene a strisce, n, per il solito, in quella
stagione. Si chin sur una di quelle, guard, tocc, e trov
ch' era farina. Grand' abbondanza, disse tra s, ci
dev'essere in Milano, se straziano in questa maniera la gra
zia di Dio. Ci davan poi ad intendere che la carestia per
tutto. Ecco come fanno, per tener quieta la povera gente
di campagna. Ma, dopo pochi altri passi, arrivato a fianco
della colonna, vide, appi di quella, qualcosa di pi strano :
vide sugli scalini del piedestallo certe cose sparse, che cer
tamente non eran ciottoli, e se fossero state sul banco d' un
fornaio, non si sarebbe esitato un momento a chiamarli pani.
Ma Renzo non ardiva creder cos presto a' suoi occhi ; per
ch, diamine t non era luogo da pani quello. Vediamo
un po' che affare questo, disse ancora tra s; and
verso la colonna, si chin, ne raccolse uno : era veramente
un pan tondo, bianchissimo, di quelli che Renzo non era
solito mangiarne che nelle solennit. pane davvero !
disse ad alta voce ; tanta era la sua maraviglia : cos
lo seminano in questo paese ? in quest' anno ? e non si sco
modano neppure per raccoglierlo, quand cade? Che sia il
106 I PROMESSI SPOSI
paese di cuccagna questo? Dopo dieci miglia di strada,
all'aria fresca della mattina, quel pane, insieme con la mara
viglia, gli risvegli l' appetito. Lo piglio ? deliberava
tra s : poh ! l'hanno lasciato qui alla discrezion de'cani :
tant' che ne goda anche un cristiano. Alla fine, se com
parisce il padrone, glielo pagher. Cos pensando, si mise
in una tasca quello che aveva in mano, ne prese un se
condo, e lo mise nell'altra; un terzo, e cominci a man
giare ; e si rincammin, pi incerto che mai, e desideroso
di chiarirsi che storia fosse quella. Appena mosso, vide
spuntar gente che veniva dall' interno della citt, e guard
attentamente quelli che apparivano i primi. Erano un uomo,
una donna e, qualche passo indietro, un ragazzotto ; tutt' e
tre con un carico addosso, che pareva superiore alle loro
forze, e tutt' e tre in una figura strana. I vestiti o gli stracci
infarinati ; infarinati i visi, e di pi stravolti e accesi ; e
andavano, non solo curvi, per il peso, ma sopra doglia,
come se gli fossero state pste l'ossa. L'uomo reggeva a
stento sulle spalle un gran sacco di farina, il quale, bucato
qua e l, ne seminava un poco, a ogni intoppo, a ogni
mossa disequilibrata. Ma pi sconcia era la figura della
donna : un pancione smisurato, che pareva tenuto a fatica
da due braccia piegate : come una pentolaccia a due mani
chi; e di sotto a quel pancione useivan due gambe, nude
fin sopra il ginocchio, che venivano innanzi barcollando.
Renzo guard pi attentamente, e vide che quel gran corpo
ora la sottana che la donna teneva per il lembo, con den
tro farina quanta ce ne poteva stare, e un po' di pi ; di
modoch, quasi a ogni passo, ne volava via una ventata. Il
ragazzotto teneva con tutt' e due le mani sul capo una pa
niera colma di pani; ma, per aver le gambe pi corte
de' suoi genitori, rimaneva a poco a poco indietro, e, al
lungando poi il passo ogni tanto, per raggiungerli, la
paniera perdeva l' equilibrio, e qualche pane cadeva.
Buttane via ancor un altro, buono a niente che sei,
disse la madre, digrignando i denti verso il ragazzo.
Io non li butto via; cascan da s: com'ho a fare?
rispose quello.
CAPITOLO XI. 197
Ih ! buon per te, che ho le mani impicciate, riprese
la donna, dimenando i pugni, come se desse una buona
scossa al povero ragazzo ; e, con quel movimento, fece vo
lar via pi farina, di quel che ci sarebbe voluto per farne
i due pani lasciati cadere allora dal ragazzo. Via, via,
disse l' uomo : torneremo indietro a raccoglierli, o qual-
cheduno li raccoglier. Si stenta da tanto tempo : ora che
viene un po' d' abbondanza, godiamola in santa pace.
Intanto arrivava altra gente dalla porta; e uno di questi,
accostatosi alla donna, le domand : dove si va a pren
dere il pane?
Pi avanti, rispose quella ; e quando furon lontani
dieci passi, soggiunse borbottando : questi contadini bir
boni verranno a spazzar tutti i forni e tutti i magazzini,
e non rester pi niente per noi.
Un po' per uno, tormento che sei, disse il marito :
abbondanza, abbondanza.
Da queste e da altrettali cose che vedeva e sentiva, Renzo
cominci a raccapezzarsi ch' era arrivato in una citt solle
vata, e che quello era un giorno di conquista, vale a dire
che ognuno pigliava, a proporzione della voglia e della forza,
dando busse in pagamento. Per quanto noi desideriamo di
far fare buona figura al nostro povero montanaro, la since
rit storica ci obbliga a dire che il suo primo sentimento
fu di piace're. Aveva cos poco da lodarsi dell'andamento or
dinario delle cose, che si trovava inclinato ad approvare ci
che lo mutasse in qualunque maniera. E del resto, non es
sendo punto un uomo superiore al suo secolo, viveva anche
lui in queir opinione o in quella passione comune, che la
scarsezza del pane fosse cagionata dagl' incettatori e da'for-
nai; ed era disposto a trovar giusto ogni modo di strappar
loro dalle mani l' alimento che essi, secondo queir opinione,
negavano crudelmente alla fame di tutto un popolo. Pure,
si propose di star fuori del tumulto, e si rallegr d' esser
diretto a un cappuccino, che gli troverebbe ricovero, e gli
farebbe da padre. Cos pensando, e guardando intanto i nuovi
conquistatori che venivano carichi di preda, fece quella
po' di strada che gli rimaneva per arrivare al conventa
198 I PROMESSI SPOSI
Dove ora sorge quel bel palazzo, con quell' alto loggiato,
c' era allora, e c' era ancora non son molt' anni, una piaz
zetta, e in fondo a quella la chiesa e il convento de' cap
puccini, con quattro grand'olmi davanti. Noi ci rallegriamo,
non senza invidia, con que' nostri lettori che non han viste
le cose in quello stato: ci vuol dire che son molto gio
vani, e non hanno avuto tempo di far molte corbellerie.
Renzo and diritto alla porta, si ripose in seno il mezzo
pane che gli rimaneva, lev fuori e tenne preparata in mano
la lettera, e tir il campanello. S' apr uno sportellino che
aveva una grata, e vi comparve la faccia del frate porti
naio a domandar chi era.
Uno di campagna, che porta al padre Bonaventura
una lettera pressante del padre Cristoforo.
Date qui, disse il portinaio, mettendo una mano alla
grata.
No, no, disse Renzo: gliela devo consegnare in
proprie mani.
Non in convento.
Mi lasci entrare, che l' aspetter.
Fate a mio modo, rispose il frate : andate a aspet
tare in chiesa, che intanto potrete fare un po' di bene. In
convento, per adesso, non s'entra. E detto questo, richiuse
10 sportello. Renzo rimase l, con la sua lettera in mano.
Fece dieci passi verso la porta della chiesa, per seguire il
consiglio del portinaio ; ma poi pens di dar prima un' altra
occhiata al tumulto. Attravers la piazzetta, si port sul-
l' orlo della strada, e si ferm, con le braccia incrociate sul
petto, a guardare a sinistra, verso l' interno della citt, dove
11 brulichio era pi folto e pi rumoroso. Il vortice attrasse
lo spettatore. Andiamo a vedere, disse tra s ; tir
fuori il suo mezzo pane, e sbocconcellando, si mosse verso
quella parte. Intanto che s' incammina, noi racconteremo,
pi brevemente che sia possibile, le cagioni e il principio
<li quello sconvolgimento.

*
199

CAPITOLO XII.

Era quello il second' anno di raccolta scarsa. Neil' antece


dente, le provvisioni rimaste degli anni addietro avevan
supplito, fino a un certo segno, al difetto ; e la popolazione
-era giunta, non satolla n affamata, ma, certo, affatto sprov
veduta, alla messe del 1628, nel quale siamo con la nostra
storia. Ora, questa messe tanto desiderata riusc ancor pi
misera della precedente, in parte per maggior contrariet
delle stagioni (e questo non solo nel milanese, ma in un
buon tratto di paese circonvicino) ; in parte per colpa degli
uomini. Il guasto e lo sperperio della guerra, di quella bella
guerra di cui abbiam fatto menzione di sopra, era tale, che,
nella parte dello stato pi vicina ad essa, molti poderi pi
,dell' ordinario rimanevano incolti e abbandonati da' conta
dini,! quali, in vecedi procacciar col lavoro pane per seper
gli altri, eran costretti d'andare ad accattarlo per carit. Ho
detto : pi dell'ordinario ; perch le insopportabili gravezze,
imposte con una cupidigia e con un' insensatezza del pari
sterminate, la condotta abituale, anche in piena pace, delle
truppe alloggiate nei paesi, condotta che i dolorosi documenti
di que' tempi uguagliano a quella d' un nemico invasore, al-'
tre cagioni che non qui il luogo di mentovare, andavano
gi da qualche tempo operando lentamente quel tristo ef
fetto in tutto il milanese : le circostanze particolari di cui
ora parliamo, erano come una repentina esacerbazione d'un
mal cronico. E quella qualunque raccolta non era ancor
finita di riporre, che le provvisioni per l'esercito, e lo sciu-
pino che sempre le accompagna, ci fecero dentro un tal
vto, che la penuria si fece subito sentire, e con la pe
nuria quel suo doloroso, ma salutevole come inevitabile
effetto, il rincaro.
Ma quando questo arriva a un certo segno, nasce sempre
<o almeno sempre nata finora; e se ancora, dopo tanti
scritti di valentuomini, pensate in quel tempo !), nasce un'opi
nione ne' molti, che non ne sia cagione la scarsezza. Si di
mentica d' averla temuta, predetta ; si suppone tutt' a un
200 , I PROMESSI SPOSI
tratto che ci sia grano abbastanza, e che il male venga dal
non vendersene abbastanza per il consumo; supposizioni
che non stanno n in cielo, n in terra ; ma che lusingano
a un tempo la collera e la speranza. Gl' incettatori di grano,
reali o immaginari, i possessori di terre, che non lo ven
devano tutto in un giorno , i fornai che ne compravano,
tutti coloro in somma che ne avessero o poco o assai, o
che avessero il nome d' averne, a questi si dava la colpa
della penuria e del rincaro, questi erano il bersaglio del
lamento universale, l'abbominio della moltitudine male e ben
vestita. Si diceva di sicuro dov'erano i magazzini, i granai,
colmi, traboccanti, appuntellati ; s'indicava il numero de'sac-
chi, spropositato; si parlava con certezza dell'immensa
quantit di granaglie che veniva spedita segretamente in al
tri paesi; ne' quali probabilmente si gridava, con altrettanta
sicurezza e con fremito uguale, che le granaglie di l veni
vano a Milano. S' imploravan da' magistrati que' provvedi
menti, che alla moltitudine paion sempre, o almeno sono
sempre parsi finora, cosi giusti, cos semplici, eos atti a far
saltar fuori il grano, nascosto, murato, sepolto, come diceva
no, e a far ritornare l'abbondanza. I magistrati qualche cosa
facevano : come di stabilire il prezzo massimo d'alcune der
rate, d'intimar pene a chi ricusasse di vendere, e altri editti
di quel genere. Siccome per tutti i provvedimenti di questo
mondo, per quanto siano gagliardi, non hanno virt di dimi
nuire il bisogno del cibo, n di far venir derrate fuor di sta
gione ; e siccome questi in ispecie non avevan certamente
quella d' attirarne da dove ce ne potesse essere di soprab
bondanti; cos il male durava e cresceva. La moltitudine
attribuiva un tale effetto alla scarsezza e alla debolezza de'ri-
medi, e ne sollecitava ad alte grida de' pi rigorosi e decisivi.
E per sua sventura, trovo l' uomo secondo il suo cuore.
Nell' assenza del governatore don Gonzalo Fernandez de
Cordova, che comandava l'assedio di Casale del Monferrato,
faceva le sue veci in Milano il gran cancelliere Antonio
Ferrer, pure spagnolo. Costui vide, e chi non V avrebbe ve
duto ? che l' essere il pane a un prezzo giusto, per s una
cosa molto desiderabile; e pens, e qui fu lo sbaglio, ch
CAPITOLO XII. 201
un suo ordine potesse bastare a produrla. Fiss la meta
(cos chiamano qui la tariffa in materia di commestibili),
fiss la meta del pane al prezzo che sarebbe stato il giusto,
se il grano ri fosse comunemente venduto trentatre lire il
moggio : e si vendeva fino a ottanta. Fece come una donna
stata giovine, che pensasse di ringiovinire , alterando la
sua fede di battesimo.
Ordini meno insensati e meno iniqui eran , pi d' una
volta, per la resistenza delle cose stesse, rimasti ineseguiti :
ma all' esecuzione di questo vegliava la moltitudine, che,
vedendo finalmente convertito in legge il suo desiderio,
non avrebbe sofferto che fosse per celia. Accorse subito ai
forni, a chieder pane al prezzo tassato ; e lo chiese con quel
fare di risolutezza e di minaccia, che danno la passione, la
forza e la legge riunite insieme. Se i fornai strillassero, non lo
domandate. Intridere, dimenare, infornare e sfornare senza
posa ; perch il popolo, sentendo in confuso che l' era una
cosa violenta, assediava i forni di continuo, per goder quella
cuccagna fin che durava ; affacchinarsi, dico, e scalmanarsi
pi del solito, per iscapitarci, ognun vede che bel piacere
dovesse essere. Ma, da una parte i magistrati che intimavan
pene, dall' altra il popolo che voleva esser servito, e, punto
punto che qualche fornaio indugiasse, pressava e brontolava,
con quel suo vocione, e minacciava una di quelle sue giu
stizie, che sono delle peggio che si facciano in questo mondo ;
non c' era redenzione, bisognava rimenare, infornare, sfor
nare e vendere. Per, a farli continuare in quell' impresa,
non bastava che fosse lor comandato, n che avessero molta
paura; bisognava potere: e un po' pi che la cosa fosse
durata, non avrebbero pi potuto. Facevan vedere ai ma
gistrati l'iniquit e l'insopportabilit del carico imposto loro,
protestavano di voler gettar la pala nel forno, e an
darsene ; e intanto tiravano avanti come potevano, sperando,
sperando che, una voltao l'altra, il gran cancelliere avrebbe
inteso la ragione. Ma Antonio Ferrer, il quale era quel
che ora si direbbe un uomo di carattere, rispondeva che
i fornai s'erano avvantaggiati molto e poi molto nel passato,
che s'avvantaggerebbero molto e poi molto col ritornar
202 I PROMESSI SPOSI
dell'abbondanza ; che anche si vedrebbe, si penserebbe forse
a dar loro qualche risarcimento; e che intanto tirassero
ancora avanti. 0 fosse veramente persuaso lui di queste ra
gioni che allegava agli altri, o che, anche conoscendo dagli
effetti l' impossibilit di mantener quel suo editto, volesse
lasciare agli altri l' odiosit di rivocarlo ; giacch, chi pu
ora entrar nel cervello d'Antonio Ferrer? il fatto sta che
rimase fermo su ci che aveva stabilito. Finalmente i decu
rioni (un magistrato municipale composto di nobili, che dur
lino al novantasei del secolo scorso) informaron per lettera
il governatore, dello stato in cui eran le cose: trovasse lui
qualche ripiego, che le facesse andare.
Don Gonzalo, ingolfato fin sopra i capelli nelle faccende
della guerra, fece ci che il lettore s'immagina certamente :
nomin una giunta, alla quale confer l'autorit di stabilire
al pane un prezzo che potesse correre; una cosa da poterci
campar tanto una parte che 1' altra. I deputati si raduna
rono, o come qui si diceva spagnolescamente nel gergo se
gretariesco d'allora, si giuntarono; e dopo mille riverenze,
complimenti, preamboli, sospiri, sospensioni, proposizioni in
aria, tergiversazioni, strascinati tutti verso una delibera
zione da una necessit sentita da tutti, sapendo bene che
giocavano una gran carta, ma convinti che non c'era da
far altro, conclusero di rincarare il pane. I fornai respira
rono'; ma il popolo imbestial.
La sera avanti questo giorno in cui Renzo arriv in Mi
lano, le strade e le piazze brulicavano d' uomini, che tra
sportati da una rabbia comune, predominati da un pensiero
comune, conoscenti o estranei, si riunivano in crocchi, senza
essersi dati l' intesa, quasi senza avvedersene, -come gocciole
sparse sullo stesso pendio. Ogni discorso accresceva la per
suasione e la passione degli uditori, come di colui che l'aveva
proferito. Tra tanti appassionati, c'eran pure alcuni pi di
sangue freddo, i quali stavano osservando con molto pia
cere, che l'acqua s' andava intorbidando ; e s' ingegnavan
d' intorbidarla di pi, con que' ragionamenti, e con quelle
storie che i furbi sanno comporre, e che gli animi alterati
sanno credere; e si proponevano di non lasciarla posare,
CAPITOLO XII. 203
quell'acqua, senza farci un po' di pesca. Migliaia d'uomini an
darono a letto col sentimento indeterminato che qualche cosa
bisognava fare, che qualche cosa si farebbe. Avanti giorno,
le strade eran di nuovo sparse di crocchi: fanciulli, donne,
uomini, vecchi, operai, poveri, si radunavano a sorte : qui
era un bisbiglio confuso di molte voci; l uno predicava, e
gli altri applaudivano ; questo faceva al pi vicino la stessa
domanda ch'era allora stata fatta a lui; quest'altro ripeteva
l'esclamazione che s'era sentita risonare agli orecchi; per
tutto lamenti, minacce, maraviglie: un piccol numero di
vocaboli era il materiale di tanti discorsi.
Non mancava altro che un'occasione, una spinta, un av
viamento qualunque, per ridurre le parole a fatti ; e non
tard molto. Uscivano, sul far del giorno, dalle botteghe
de' fornai i garzoni che, con una gerla carica di pane, anda
vano a portarne alle solite case. Il primo comparire d'uno
di que' malcapitati ragazzi dov' era un crocchio di gente, fu
come il cadere d' un salterello acceso in una polveriera.
Ecco se c' il pane ! gridarono cento voci insieme.
S, per i tiranni, che notano nell' abbondanza, e voglion
far morir noi di fame, dice uno; s'accosta al ragazzetto,
avventa la mano all'orlo della gerla, d una stratta, e dice :
lascia vedere. Il ragazzetto diventa rosso, pallido, trema,
vorrebbe dire : lasciatemi andare ; ma la parola gli muore
in bocca; allenta le braccia, e cerca di liberarle in fretta
dalle cigne. Gi quella gerla, si grida intanto. Molte
mani l' afferrano a un tempo : in terra; si butta per aria
il canovaccio che la copre: una tepida fragranza si diffonde
all' intorno. Siam cristiani anche noi : dobbiamo mangiar
pane anche noi, dice il primo; prende un pan tondo,
l'alza, facendolo veder alla folla, l'addenta: mani alla gerla,
pani per aria; in men che non si dice, fu sparecchiato. Co
loro a cui non era toccato nulla, irritati alla vista del gua
dagno altrui, e animati dalla facilit dell' impresa, si mos
sero a branchi, in cerca d' altre gerle : quante incontrate,
tante svaligiate. E non c'era neppur bisogno di dar l'as
salto ai portatori : quelli che, per loro disgrazia, si trova?.
vano in giro, vista la mala parata, posavano volontariamente
204 I P1OMESSI SPOSI
il carico, e via a gambe. Con tutto ci, coloro che rimane
vano a denti secchi, erano senza paragone i pi ; anche i
conquistatori non eran soddisfatti di prede cos piccole, e,
mescolati poi con gli uni e con gli altri, c' eran coloro che
avevan fatto disegno sopra un disordine pi co' flocchi. Al
forno ! al forno ! si grida.
Nella strada chiamata la Corsia de' Servi, c' era, ec'
tuttavia un forno, che conserva lo stesso nome ; nome che
in toscano viene a dire il forno delle grucce, e in mila
nese composto di parole cos eteroclite, cos bisbetiche,
cosi salvatiche, che L' alfabeto della lingua non ha i segni
.per indicarne il suono (*). A quella parte s'avvent la gente.
Quelli della bottega stavano interrogando il garzone tor
nato scarico, il quale, tutto sbigottito e abbaruffato, riferiva
balbettando la sua trista avventura; quando si sente un
calpestio e un urlio insieme; cresce e s'avvicina; compa
riscono i forieri della masnada.
Serra, serra ; presto, presto : uno corre a chiedere aiuto
al capitano di giustizia ; gli altri chiudono in fretta la bot
tega, e appuntellano i battenti. La gente comincia a affol
larsi di fuori, e a gridare : pane ! pane l aprite ! aprite !
Pochi momenti dopo, arriva il capitano di giustizia, con
una scorta d'alabardieri. Largo, largo, figliuoli: a casa,
a casa; fate luogo al capitano di giustizia, grMa lui e
gli alabardieri. La gente, che non era ancor troppo fitta,
fa un po' di luogo; dimodoch quelli poterono arrivare,
e postarsi, insieme, se non in ordine, davanti alla porta
della bottega.
Ma figliuoli, predicava di l il capitano, che fate qui ?
A casa, a casa. Dov' il timor di Dio ? Che dir il re nostro
signore? Non vogliam farvi male; ma andate a casa. Da
bravi ! Che diamine volete far qui, cos ammontati ? Niente
di bene, n per l'anima, n per il corpo. A casa, a casa.
Ma quelli che vedevan la faccia del dicitore, e sentivan
le sue parole, quand'anche avessero voluto ubbidire, dite
un poco in che maniera avrebber potuto, spinti com'erano,

(') El prestin di scansc.


CAPITOLO XII. 205
e incalzati da quelli di dietro, spinti anch'essi da altri,
come flutti da flutti, via via fino all'estremit della folla,
ehe andava sempre crescendo. Al capitano, cominciava a
mancargli il respiro. Fateli dare addietro ch' io possa ri
prender flato, diceva agli alabardieri : ma non fate male
a nessuno. Vediamo d'entrare in bottega: picchiate; fateli
stare indietro.
Indietro ! indietro ! gridano gli alabardieri, buttandosi
tutti insieme addosso ai primi, e respingendoli con l' aste
dell' alabarde. Quelli urlano, si tirano indietro, come pos
sono; danno con le schiene ne' petti, co' gomiti nelle pance,
co' calcagni sull punte de' piedi a quelli che son dietro a
loro : si fa tun pigio, una calca, che quelli che si trovavano
in mezzo, avrebbero pagato qualcosa a essere altrove.
Intanto un po' di vto s' fatto davanti alla porta: il
capitano picchia, ripicchia, urla che gli aprano: quelli di
dentro vedono dalle finestre, scendon di corsa, aprono ; il
capitano entra, chiama gli alabardieri, che si ficcan dentro
anch'essi l' un dopo l' altro, gli ultimi rattenendo la folla
con l' alabarde. Quando sono entrati tutti, si mette tanto
<li catenaccio, si riappuntella; il capitano sale di corsa, e
s'affaccia a una finestra. Uh, che formicolaio !
Figliuoli, grida: molti si voltano in su; figliuoli,
andate a casa. Perdono generale a chi torna subito a casa.
Pane ! pane ! aprite ! aprite ! eran le parole pi di
stinte nell' urlio orrendo, che la folla mandava in risposta.
Giudizio, figliuoli ! badate bene ! siete ancora a tempo.
Via, andate, tornate a casa. Pane, ne avrete; ma non
questa la maniera. Eh ! ... eh ! che fate laggi ! Eh ! a quella
porta! Oib oibot Vedo, vedo: giudizio! badate bene! un
delitto grosso. Or ora vengo io. Eh! eh! smettete con
que' ferri ; gi quelle mani. Vergogna ! Voi altri milanesi,
che, per la bont, siete nominati in tutto il mondo ! Sentite,
sentite : siete sempre stati buoni fi Ah canaglia !
Questa rapida mutazione di stile fu cagionata da una
pietra che, uscita dalle mani d' uno di que' buoni figliuoli,
venne a batter nella fronte del capitano, sulla protuberanza
sinistra della profondit metafisica. Canaglia ! canaglia !
206 I PROMESSI SPOSI
continuava a gridare, chiudendo presto presto la finestra, e
ritirandosi. Ma quantunque avesse gridato quanto n'aveva
in canna, le sue parole, buone e cattive, s' eran tutte dile
guate e disfatte a mezz'aria, nella tempesta delle grida che
venivan di gi. Quello poi che diceva di vedere, era un
gran lavorare di pietre, di ferri (i primi che coloro ave
vano potuto procacciarsi per la strada), che si faceva alla
porta, per sfondarla, e alle finestre, per svellere l' infer
riate: e gi l'opera era molto avanzata.
Intanto, padroni e garzoni della bottega, ch' erano"alle
finestre de' piani di sopra, con una munizione di pietre 1
(avranno probabilmente disselciato un cortile), urlavano e
i'acevan versacci a quelli di gi, perch smettessero; fa-
cevan vedere le pietre, accennavano di volerle buttare.
Visto ch'era tempo perso, cominciarono a buttarle davvero.
Neppur tfna ne cadeva in fallo ; giacch la calca era tale,
che un granello di miglio, come si suol dire, non sarebbe
andato in terra.
Ah birboni ! ah furfantoni ! questo il pane, che date
alla povera gente ? Ahi ! Ahim ! Ohi ! Ora, ora ! s'urlava
di gi. Pi d'uno fu conciato male ; due ragazzi vi rimasero
morti. Il furore accrebbe le forze della moltitudine : la porta
fu sfondata, l' inferriate, svelte ; e il torrente penetr per
tutti i varchi. Quelli di dentro, vedendo la mala parata,
scapparono in soffitta : il capitano, gli alabardieri, e alcuni
della casa stettero l rannicchiati ne' cantucci; altri, uscendo
per gli abbaini, andavano su pe' tetti, come i gatti.
La vista della preda fece dimenticare ai vincitori i dise
gni di vendette sanguinose. Si slanciano ai cassoni ; il pane
messo a ruba. Qualcheduno in vece corre al banco, butta
gi la serratura, agguanta le ciotole, piglia a manate, inta
sca, ed esce carico di quattrini, per tornar poi a rubar
pane, se ne rimarr. La folla si sparge ne' magazzini. Met-
ton mano ai sacchi, li strascicano, li rovesciano : chi se ne
caccia uno tra le gambe, gli scioglie la bocca, e, per ridurlo
a un carico da potersi portare, butta via una parte della
farina: chi, gridando: aspetta, aspetta, si china a pa
rare il grembiule, un fazzoletto, il cappello, per ricever
CAPITOLO XII. 207
quella grazia di Dio ; uno corre a una madia, e prende un
pezzo di pasta, che s'allunga, e gli scappa da ogni parte ;
un altro, che ha conquistato un burattello, lo porta per
aria : chi va, chi viene : uomini, donne, fanciulli, spinte, ri-
spinte, urli, e un bianco polverio che per tutto si posa,
per tutto si solleva, e tutto vela e annebbia. Di fuori, una
calca composta di due processioni opposte, che si rompono
e s' intralciano a vicenda, di chi esce con la preda, e di
chi vuol entrare a farne.
Mentre quel forno veniva cos messo sottosopra, nessun
altro della citt era quieto e senza pericolo. Ma a nessuno
la gente accorse in numero tale da potere intraprender
tutto ; in alcuni, i padroni avevan raccolto degli ausiliari, e
stavan sulle difese ; altrove, trovandosi in pochi, venivano
incerto modo a patti: distribuivan pane a quelli che s'eran
cominciati a affollare davanti alle botteghe, con questo che
se n'andassero. E quelli se n'andavano, non tanto perch
l'osser soddisfatti, quanto perch gli alabardieri e la sbirra
glia, stando alla larga da quel tremendo forno delle grucce,
si facevan per vedere altrove, in forza bastante a tenere
in rispetto i tristi che non fossero una folla. Cos il tram
busto andava sempre crescendo a quel primo disgraziato
forno ; perch tutti coloro che gli pizzicavan le mani di far
qualche bell' impresa, correvan l, dove gli amici erano i
pi forti, e l' impunit sicura.
A questo punto eran le cose, quando Renzo, avendo or
mai sgranocchiato il suo pane, veniva avanti per il borgo
di porta orientale, e s' avviava, senza saperlo, proprio al
luogo centrale del tumulto. Andava, ora lesto, ora ritardato
dalla folla ; e andando, guardava e stava in orecchi, per ri
cavar da quel ronzio confuso di discorsi qualche notizia pi
positiva dello stato delle cose. Ed ecco a un di presso le
parole che gli riusc di rilevare in tutta la strada che fece.
Ora scoperta, gridava uno, l' impostura infame
di que' birboni, che dicevano che non c'era n pane, n fe
rina, n grano. Ora si vede la cosa chiara e lampante ; e non
ce la potranno pi dare ad intendere. Viva l'abbondanza !
Vi dico io che tutto questo non serve a nulla, diceva
- 208 I PROMESSI SPOSI
un altro : un buco nell' acqua ; anzi sar peggio, se non
si fa una buona giustizia. Il pane verr a buon mercato, ma
ci metteranno il veleno, per far morire la povera gente,
come mosche. Gi lo dicono che Siam troppi ; l' hanno detto
nella giunta; e lo so di certo, per averlo sentito dir io,
con quest'orecchi, da una mia comare, che amica d' un
parente d'uno sguattero d'uno di que' signori.
Parole da non ripetersi diceva, con la' schiuma alla
bocca, un altro, che teneva con una mano un cencio di
fazzoletto su' capelli arruffati e insanguinati. E qualche
vicino, come per consolarlo, gli faceva eco.
Largo, largo, signori, in cortesia; lascin passare un
povero padre di famiglia, che porta da mangiare a cinque
figliuoli. Cos diceva uno che veniva barcollando sotto
un gran sacco di farina; e ognuno s' ingegnava di ritirarsi,
per fargli largo.
Io? diceva un altro, quasi sottovoce, a un suo com
pagno : io me la batto. Son uomo di mondo, e so come
vanno queste cose. Questi merlotti che fanno ora tanto
fracasso, domani o doman l'altro, se ne staranno in casa,
tutti pieni di paura. Ho gi visto certi visi, certi galan
tuomini che giran, facendo l'indiano, e notano chi c' e
chi non c' : quando poi tutto finito , si raccolgono i
conti, e a chi tocca, tocca. ,
Quello che protegge i fornai, gridava una voce so
nora, che attir l'attenzione di Renzo, il vicario di
provvisione.
Son tutti birboni, diceva Un vicino.
S; ma il capo lui, replicava il primo.
Il vicario di provvisione, eletto ogn'anno dal governatore
tra sei nobili proposti dal consiglio de'decurioni, era il pre-.
sidente di questo, e del tribunale di provvisione; il quale,
composto di dodici, anche questi nobili, aveva, con altre
attribuzioni, quella principalmente dell'annona. Chi oc
cupava un tal posto doveva necessariamente, in tempi di
fame e d'ignoranza, esser detto l'autore de' mali: meno
che non avesse fatto ci che fece Ferrer; cosa che non
era nelle sue facolt, se anche fosse stata nelle sue idee.
CAPITOLO XII. 209
Scellerati ! esclamava un altro : si pu far di peggio?
sono arrivati a dire che il gran cancelliere un vecchio
rimbambito, per levargli il credito, e comandar loro soli.
Bisognerebbe fare una gran stia, e metterli dentro, a viver
di vecce e di loglio, come volevano trattar noi.
Pane eh? diceva uno che cercava d'andar in fretta:
sassate di libbra: pietre di questa fatta, che venivan
gi come la grandine. E che schiacciata di costole! Non
vedo l'ora d'essere a casa mia.
Tra questi discorsi, dai quali non saprei dire se fosse
pi informato o sbalordito, e tra gli urtoni, arriv Renzo
finalmente davanti a quel 'forno. La gente era gi molto
diradata, dimodoch pot contemplare il brutto e recente
soqquadro. Le mura scalcinate e ammaccate da sassi, da
mattoni, le finestre sgangherate, diroccata la porta.
Questa poi non una bella cosa, disse Renzo tra
s: se concian cos tutti i forni, dove voglion fare il
pane ? Ne' pozzi ?
Ogni tanto, usciva dalla bottega qualcheduno che portava
'un pezzo di cassone, o di madia, o di frullone, la stanga
d' una gramola, una panca, una paniera, un libro di conti,
qualche cosa in somma di quel povero forno ; e gridando :
largo, largo, passava tra la gente. Tutti questi s' incam
minavano dalla stessa parte, e a un luogo convenuto, si ve
deva. Cos' quest'altra storia? pens di nuovo Renzo;
e and dietro a uno che, fatto un fascio d' asse spezzate e
di schegge, se lo mise in ispalla, avviandosi, come gli altri,
per la strada che costeggia il fianco settentrionale del
duomo, e ha preso nome dagli scalini che c'erano, e da poco
in qua non ci son pi. La voglia d'osservar gli avvenimenti
non pot fare che il montanaro, quando gli si scopr davanti
la gran mole, non si soffermasse a guardare in su, con la
bocca aperta. Studi poi il passo, per raggiunger colui che
aveva preso come per guida ; volt il canto, diede un' oc
chiata anche alla facciata del duomo, rustica allora in gran
parte e ben lontana dal compimento ; e sempre dietro a co
lui, che andava verso il mezzo della piazza. La gente era
pi fitta quanto pi s'andava avanti, ma al portatore gli si
/ Promessi Sposi. 14
210 I PROMESSI SPOSI
faceva largo: egli fendeva l'onda del popolo, e Renzo,
standogli sempre attaccato , arriv con lui al centro della
folla. L c'era uno spazio vto, e in mezzo, un mucchio
di brace, reliquie degli attrezzi detti di sopra. All' intorno
era un batter di mani e di piedi, un frastono di mille grida
di trionfo e d' imprecazione.
L'uomo del fascio lo butt su quel mucchio ; un altro, con
un mozzicone di pala mezzo abbruciacchiato, sbracia il
fuoco: il fumo cresce e s'addensa; la fiamma si ridesta;
con essa le grida sorgon pi forti. Viva l' abbondanza !
Moiano gli affamatori! Moia la carestia ! Crepi la Prov
visione! Crepi la giuntai Viva il pane!
Veramente, la distruzion de' frulloni e delle madie, la
devastazion de' forni, e lo scompiglio de' fornai, non sono
i mezzi pi spicci per far vivere il pane ; ma questa una
di quelle sottigliezze metafisiche, che una moltitudine non
ci arriva. Per, senza essere un gran metafisico, un uomo
ci arriva talvolta alla prima, fin ch' nuovo nella questione;
e solo a forza di parlarne, e di sentirne parlare, diventer
inabile anche a intenderle. A Renzo in fatti quel pensiero
gli era venuto da principio, e gli tornava, come abbiam
visto, ogni momento. Lo tenne per altro in s; perch,
di tanti visi, non ce n'era uno che sembrasse dire: fra
tello, se fallo, correggimi, che l'avr caro.
Gi era di nuovo finita la fiamma; non si vedeva pi ve
nir nessuno con altra materia, e la gente cominciava a
annoiarsi ; quando si sparse la voce, che, al Cordusio (una
piazzetta o un crocicchio non molto distante di l), s'era
messo l' assedio a un forno. Spesso, in simili circostanze,
l' annunzio d'una cosa la fa essere. Insieme con quella voce,
si diffuse nella moltitudine una voglia di correr l: io vo;
tu, vai ? vengo ; andiamo, si sentiva per tutto : la calca si
rompe, e diventa una processione. Renzo rimaneva indietro,
non movendosi quasi, se non quanto era strascinato dal
torrente ; e teneva intanto consiglio in cuor suo, se dovesse
uscir dal baccano, e ritornare al convento, in cerca del pa
dre Bonaventura, o andare a vedere anche quest'altra.
Prevalse di nuovo la curiosit. Per risolvette di non
CAPITOLO XII. 211
cacciarsi nel fitto della mischia, a farsi ammaccar l'ossa, o
a risicar qualcosa di peggio ; ma di tenersi in qualche di
stanza, a osservare. E trovandosi gi un poco al largo,
si lev di tasca il secondo pane, e attaccandoci un morso,
s'avvi alla coda dell'esercito tumultuoso.
Questo, dalla piazza, era gi entrato nella strada corta e
stretta di Pescheria vecchia, e di l, per quell'arco a sbieco,
ella piazza de' Mercanti. E l eran ben pochi quelli che,
nel passar davanti alla nicchia che taglia il mezzo della
loggia dell'ediflzio chiamato allora il collegio de' dottori, non
dessero un' occhiatina alla grande statua che vi campeg
giava, a quel viso serio, burbero, accipigliato, e non dico
abbastanza, di don Filippo II, che, anche dal marmo, im
poneva un non so che di rispetto, e, con quel braccio teso,
pareva che fosse li per dire : ora vengo io, marmaglia.
Quella statua non c' pi, per un caso singolare. Circa
cento settant' anni dopo quello che stiam raccontando, un
porno le fu cambiata la testa, le fu levato di mano lo scet
tro, e sostituito a questo un pugnale; e alla statua fu
messo nome Marco Bruto. Cosi accomodata stette forse un
par d'anni ; ma, una mattina, certuni che non avevan sim
patia con Marco Bruto, anzi dovevano avere con lui una
ruggine segreta, gettarono una fune intorno alla statua, la
tiraron gi, le fecero cento angherie ; e, mutilata e ridotta
a un torso informe, la strascinarono, con gli occhi in fuori,
e con le lingue fuori, per le strade, e, quando furono strac
cili bene, la ruzzolarono non so dove. Chi l' avesse detto a
Andrea Biffi, quando la "scolpiva!
Dalla piazza de'Mercanti, la marmaglia insacc, per quel-
l'altr'arco, nella via de' fustagnai, e di li si sparpagli nel
Oordusio. Ognuno, al primo sboccarvi, guardava subito
verso il forno ch'era stato indicato. Ma in vece della molti
tudine d'amici che s' aspettavano di trovar l gi al lavoror
videro soltanto alcuni starsene, come esitando, a qualche'
distanza della bottega, la quale era chiusa, e alle finestre
gente armata, in atto di star pronti a difendersi. A quella
vista, chi si maravigliava, chi sagrava, chi rideva; chi si
voltava, per informar quelli che arrivavan via via ; chi si
212 I PROMESSI SPOSI
fermava, chi voleva tornare indietro, chi diceva : avanti,
avanti. C'era un incalzare e un rattenere, come un rista
gno, una titubazione, un ronzio confuso di contrasti e di
consulte. In questa, scoppi di mezzo alla folla una male
detta voce : c' qui vicino la casa del vicario di provvi
sione : andiamo a far giustizia, e a dare il sacco. Parve il
rammentarsi comune d'un concerto preso, piuttosto che
l'accettazione d'una proposta. Dal vicario ! dal vicario!
il solo grido che si possa sentire. La turba si move,
tutta insieme, verso la strada dov'era la casa nominata
in un cos cattivo punto.

CAPITOLO XIII.

Lo sventurato vicario stava, in quel momento, facendo


un chilo agro e stentato d'un desinare biascicato senza ap
petito, e senza pan fresco ; e attendeva, con gran sospen
sione, come avesse a finire quella burrasca, lontano per dal
sospettar che dovesse cader cos spaventosamente addosso
a lui. Qualche galantuomo precorse di galoppo la folla, per
avvertirlo di quel che gli sovrastava. I servitori, attirati
gi dal rumore sulla porta, guardavano sgomentati lungo la
strada, dalla parte donde il rumore veniva avvicinandosi.
Mentre ascoltan l'avviso, vedon comparire la vanguardia:
in fretta e in furia, si porta l'avviso al padrone : mentre que
sto pensa a fuggire, e come fuggire, un altro viene a dirgli che
non pi a tempo. I servitori ne hanno appena tanto che ba
sti per chiuder la porta. Metton la stanga, metton puntelli,
corrono a chiuder le finestre, come quando si vede venire
avanti un tempo nero, e s' aspetta la grandine, da un mo
mento all'altro. L' urlio crescente, scendendo dall'alto come
un tuono, rimbomba nel vto cortile ; ogni buco della casa
ne rintrona : e di mezzo al vasto e confuso strepito, si sen-
ton forti e fitti colpi di pietre alla porta.
Il vicario! Il tiranno! L' affamatore ! Lo vogliamo!
vivo o morto!
Il meschino girava di stanza in stanza, pallido, senzafiato,
battendo palma a palma, raccomandandosi a Dio, e a' suoi
CAPITOLO XIII. 213
servitori, che tenessero fermo, che trovassero la maniera di
farlo scappare. Ma come, e di dove? Sal in soffitta; da un
pertugio, guard ansiosamente nella strada, e la vide piena
zeppa di furibondi; sent le voci che chiedevan la sua morte ;
e pi smarrito che mai, si ritir, e and a cercare jl pi si
curo e riposto nascondiglio. L rannicchiato, stava attento,
attento, se mai il funesto rumore s'affievolisse, se il tumulto
s'acquietasse un poco ; ma sentendo in vece il muggito al
zarsi pi feroce e pi rumoroso, e raddoppiare i picchi, preso
da un nuovo soprassalto al cuore, si turava gli orecchi in
fretta. Poi, come fuori di s, stringendo i denti, e raggrin
zando il viso, stendeva le braccia, e puntava i pugni, come se
volesse tener ferma la porta .... Del resto, quel che facesse
precisamente non si pu sapere, giacch era solo ; e la storia
costretta a indovinare. Fortuna che c' avvezza.
Renzo, questa volta, si trovava nel forte del tumulto, non
gi portatovi dalla piena, ma cacciatovisi deliberatamente.
A quella prima proposta di sangue, aveva sentito il suo
rimescolarsi tutto: in quanto al saccheggio, non avrebbe
saputo dire se fosse bene o male in quel caso ; ma l' idea
dell' omicidio gli cagion un orrore pretto e immediato. E"
quantunque, per quella funesta docilit degli animi appas
sionati all'affermare appassionato di molti, fosse persuasis-
simo che il vicario era la cagion principale della fame, il ne
mico de'poveri, pure, avendo, al primo moversi della turba,,
sentita a caso qualche parola che indicava la volont di fare
ogni sforzo per salvarlo, s'era subito proposto d' aiutare an
che lui un'opera tale ; e, con quest'intenzione, s'era cacciato,,
quasi fino a quella porta, che veniva travagliata in cento
modi. Chi con ciottoli picchiava su' chiodi della serratura,.,
per isconficcarla ; altri, con pali e scarpelli e martelli, cer
cavano di lavorar pi in regola: altri poi, con pietre, con
coltelli spuntati, con chiodi, con bastoni, con l' unghie,, non
avendo altro, scalcinavano e sgretolavano il muro, e s' inge
gnavano di levare i mattoni, e fare una breccia. Quelli che
non potevano aiutare, facevan coraggio con gli urli; ma
nello stesso tempo, con lo star l a pigiare, impicciavan
di pi il lavoro gi impicciato dalla gara disordinate.
214 I PROMESSI SPOSI
de' lavoranti : giacch, per grazia del cielo, accade talvolta
anche nel male quella cosa troppo frequente nel bene, che
i fautori pi ardenti divengano un impedimento.
I magistrati ch'ebbero i primi l' avviso di quel che acca
deva, spediron subito a chieder soccorso al comandante del
castello, che allora si diceva di porta Giovia; il quale mand
alcuni soldati. Ma, tra l'avviso, e l'ordine, e il radunarsi, e
il mettersi in cammino, e il cammino, essi arrivarono che
la casa era gi cinta di vasto assedio ; e fecero alto lontano
da quella, all'estremit della folla. L' uflziale che li coman
dava, non sapeva che partito prendere. Li non era altro che
una, lasciatemi dire, accozzaglia di gente varia d' et e di
sesso, che stava a vedere. All' intimazioni che gli venivan
fatte, di sbandarsi, e di dar luogo, rispondevano con un cupo
e lungo mormorio; nessuno si moveva. Far fuoco sopra
quella ciurma, pareva all'uflziale cosa non solo crudele, ma
piena di pericolo; cosa che, offendendo i meno terribili,
avrebbe irritato i molti violenti : e del resto, non aveva una
tale istruzione. Aprire quella prima folla, rovesciarla a de
stra e a sinistra, e andare avanti a portar la guerra a chi
la faceva, sarebbe stata la meglio ; ma riuscirvi, l stava il
punto. Chi sapeva se i soldati avrebber potuto avanzarsi
uniti e ordinati? Che se, in vece di romper la folla, si fossero
sparpagliati loro tra quella, si sarebber trovati a sua discre
zione, dopo averla aizzata. L'irresolutezza del comandante e
l'immobilit de' soldati parve, a diritto o a torto, paura. La
gente che si trovavan vicino a loro, si contentavano di guar
dargli in viso, con un' aria, come si dice, di me n' impipo ;
quelli ch'erano un po' pi lontani, non se ne stavano di pro
vocarli, con visacci e con grida di scherno ; pi in l , pochi
sapevano o si curavano che ci fossero ; i guastatori seguita
vano a smurare, senz' altro pensiro che di riuscir presto
nell' impresa; gli spettatori non cessavano d' animarla con
gli urli.
Spiccava tra questi, ed era lui stesso spettacolo, un vec
chio mal vissuto, che, spalancando due occhi affossati e in
focati, contraendo le grinze a un sogghigno di compiacenza
diabolica, con le mani alzate sopra una canizie vituperosa,
CAPITOLO XIII. 215
.agitava in aria un martello, una corda, quattro gran chiodi,
con che diceva di volere attaccare il vicario a un battente
della sua porta, ammazzato che fosse.
Oib! vergognai scapp fuori Renzo, inorridito a
quelle parole, alla vista di ta'nt'altri visi che davan segno
d'approvarle, e incoraggito dal vederne degli altri, sui quali,
bench muti, traspariva lo stesso orrore del quale era com
preso lui. Vergogna ! Vogliam noi rubare il mestiere al
boia? assassinare un cristiano? Come volete che Dio ci dia
del pane, se facciamo di queste atrocit? Ci mander
<e' fulmini, e non del pane!
Ah cane ! ah traditor della patria ! grid, voltandosi
a Renzo, con un viso da indemoniato, un di coloro che
avevan potuto sentire tra il frastono quelle sante parole.
- Aspetta, aspetta ! un servitore del vicario, travestito
da contadino : una spia: dalli, dalli ! Cento voci si
spargono all' intorno. Cos' ? dov' ? chi ? Un servitore
del vicario. Una spia. Il vicario travestito da contadino,
che scappa. Dov'? dov'? dalli, dalli !
Renzo ammutolisce, diventa piccino piccino, vorrebbe
sparire; alcuni suoi vicini lo prendono in mezzo; e con
alte e diverse grida cercano di confondere quelle voci ne
miche e omicide. Ma ci che pi di tutto lo serv fu un
largo , largo , che si senti gridar l vicino : largo !
oqui l'aiuto: largo, ohe!
Cos' era? Era una lunga scala a mano, che alcuni porta
vano, per appoggiarla alla casa, e entrarci da una finestra.
Ma per buona sorte, quel mezzo, che avrebbe resa la cosa
facile, non era facile esso a mettere in opera. I portatori,
all' una e all' altra cima, e di qua e di l della macchina,
urtati, scompigliati, divisi dalla calca, andavanoaonde : uno,
con la testa tra due scalini e gli staggi sulle spalle, oppresso
come sotto un giogo scosso, mugghiava ; un altro veniva
staccato dal carico con una spinta; la scala abbandonata
picchiava spalle, braccia, costole : pensate cosa dovevan dire
coloro de' quali erano. Altri sollevano con le mani il peso
morto, vi si caccian sotto, se lo mettono addosso, gridando :
animo ! andiamo ! La macchina Male s'avanza balzelloni,
216 I PROMESSI SPOSI
e serpeggiando. Arriv a tempo a distrarre e a disordinare*
i nemici di Renzo, il quale profitt della confusione nata
nella confusione ; e, quatto quatto sul principio, poi giocando-
di gomita a pi non posso, s' allontan da quel luogo, dove
non c'era buon'aria per lui, con l' intenzione anche d' uscire,,
pi presto che potesse, dal tumulto , e d' andar davvero-
a trovare o a aspettare il padre Bonaventura.
Tutt'a un tratto, un movimento straordinario cominciato
a un'estremit, si propaga per la folla, una voce si sparge,,
viene avanti di bocca in bocca : Ferrer ! Ferrer ! Una
maraviglia, una gioia, una rabbia, un'inclinazione, una.
ripugnanza, scoppiano per tutto dove arriva quel nome;
chi lo grida, chi vuol soffogarlo; chi afferma, chi nega;
chi benedice, chi bestemmia.
qui Ferrer ! Non vero, non vero ! S, s ; viva
Ferrer ! quello che ha messo il pane a buon mercato. No,
no ! qui, qui in carrozza. Cosa importa? che c' en
tra lui ? non vogliamo nessuno ! Ferrer ! viva Ferrer !
l' amico della povera gente ! viene per condurre in prigione
il vicario. No, no : vogliamo far giustizia noi : indietro,
indietro ! Si, s : Ferrer ! venga Ferrer ! in prigione il.
vicario!
E tutti, alzandosi in punta di piedi, si voltano a guardare-
daquella parte donde s'annunziava l'inaspettato arrivo. Al
zandosi tutti, vedevano n pi n meno che se fossero stati
tutti con le piante in terra; ma tant', tutti s'alzavano.
In fatti, all' estremit della folla, dalla parte opposta a
quella dove stavano i soldati, era arrivato in carrozza An
tonio Ferrer, il gran cancelliere ; il quale, rimordendogli
probabilmente la coscienza d'essere co'suoi spropositi e con
la sua ostinazione, stato causa, o almeno occasione di quella
sommossa, veniva ora a cercar d'acquietarla, e d'impedirne
almeno il pi terribile e irreparabile effetto: veniva a
spender bene una popolarit mal acquistata.
Ne' tumulti popolari e' sempre un certo numero d' uo
mini che, o per un riscaldamento di passione, o per una
persuasione fanatica, o per un disegno scellerato, o per un
maledetto gusto del soqquadrasi fanno d tutto per ispinger
CAPITOLO XIII. 21?
le cose al peggio : propongono e promovono i pi spietati
consigli, soffian nel fuoco ogni volta che principia a illan
guidire : non mai troppo per costoro : non vorrebbero che
il tumulto avesse n fine n misura. Ma per contrappeso,
c' sempre anche un certo numero d'altri uomini che, con
pari ardore e con insistenza pari, s' adoprano per produr
l' effetto contrario : taluni mossi da amicizia o da parzialit,
per le persone minacciate ; altri senz'altro impulso che d'un
pio e spontaneo orrore del sangue e de'fatti atroci. Il cielo
li benedica. In ciascuna di queste due parti opposte, anche
quando non ci siano concerti antecedenti, l'uniformit de'vo-
leri crea un concerto istantaneo nell' operazioni. Chi forma
poi la massa, e quasi il materiale del tumulto, un miscu
glio accidentale d' uomini, che, pi o meno, per gradazioni
indefinite, tengono dell' uno e dell' altro estremo : un po'ri-
scaldati, un po' furbi, un po' inclinati a una certa guistizia,
come l'intendon loro, un po' vogliosi di vederne qualcheduna
grossa, pronti alla ferocia. e alla misericordia, a detestare e
ad adorare, secondo che si presenti l' occasione di provar
con pienezza l'uno o l'altro sentimento ; avidi ogni momento
di sapere, di credere qualche cosa grossa, bisognosi di gri
dare, d' applaudire a qualcheduno, o d'urlargli dietro. Viva
e moia, son le parole che mandan fuori pi volentieri ; e
chi riuscito a persuaderli che un tale non meriti d'essere
squartato, non ha bisogno di spender pi parole per con
vincerli che sia degno d'esser portato in trionfo: attori,
spettatori, strumenti, ostacoli, secondo il vento ; pronti an
che a stare zitti, quando non sentan pi grida da ripetere,
a finirla, quando manchino gl'istigatori, a sbandarsi, quando
molte voci concordi e non contraddette abbiano detto : an
diamo ; e a tornarsene a casa, domandandosi l'uno con l'al
tro: cos' stato? Siccome per questa massa, avendo la
maggior forza, la pu dare a chi vuole, cos ognuna dello
due parti attive usa ogni arte per tirarla dalla sua, per im
padronirsene : sono quasi due anime nemiche, che combat
tono per entrare in quel corpaccio, e farlo movere. Fanno
a chi sapr sparger le voci pi atte a eccitar le passioni, a
dirigere i movimenti a favore dell' uno o dell' altro intento ;
218 I PROMESSI SPOSI
a chi sapr pi a proposito trovare le nuove che riaccen
dano gli sdegni, o gli affievoliscano, risveglino le speranze
o i terrori ; a chi sapr trovare il grido, che ripetuto dai
pi e pi forte, esprima, attesti e crei nello stesso tempo il
voto della pluralit, per l' una o per l' altra parte. Tutta
questa chiacchierata s' fatta per venire a dire che, nella
lotta tra le due parti che si contendevano il voto della gente
affollata alla casa del vicario, l' apparizione d'Antonio Fer-
rer diede, quasi in un momento, un gran vantaggio alla
parte degli umani, la quale era manifestamente al di sotto,
e, un po' pi che quel soccorso fosse tardato, non avrebbe
avuto pi n forza, n motivo di combattere. L' uomo era
gradito alla moltitudine, per quella tariffa di sua invenzione
cos favorevole a' compratori, e per quel suo eroico star
duro contro ogni ragionamento in contrario. Gli animi gi
propensi erano ora ancor pi innamorati dalla fducia ani
mosa del vecchio che, senza guardie, senza apparato, veniva
cos a trovare, ad affrontare una moltitudine irritata e pro
cellosa. Faceva poi un effetto mirabile il sentire che veniva
a condurre in prigione il vicario : cos il furore contro co
stui, che si sarebbe scatenato peggio, chi l'avesse preso con
le brusche, e non gli avesse voluto conceder nulla, ora, con
quella promessa di soddisfazione, con queir osso in bocca,
s' acquietava un poco, e dava luogo agli altri opposti sen
timenti, che sorgevano in una gran parte degli animi.
I partigiani della pace, ripreso fiato, secondavano Ferrer
in cento maniere : quelli che si trovavan vicini a lui, ecci
tando e rieccitando col loro il pubblico applauso, e cercando
insieme di far ritirare la gente, per aprire il passo alla
carrozza ; gli altri, applaudendo, ripetendo e facendo pas
sare le sue parole, o quelle che a loro parevano le migliori
che potesse dire, dando sulla voce ai furiosi ostinati, e ri
volgendo contro di loro la nuova passione della mobile adu
nanza. Chi che non vuole che si dica: viva Ferrer?
Tu non vorresti ch, che il pane fosse a buon mercato? Son
birboni che non vogliono una giustizia da cristiani: e c'
di quelli che schiamazzano pi degli altri, per fare scappare
il vicario. In prigione il vicario ! Viva Ferrer ! Largo a
CAPITOLO XIII. 219
Ferrer ! E crescendo sempre pi quelli che parlavan cosi,
,s'andava a proporzione abbassando la baldanza della parte
contraria ; di maniera che i primi dal predicare vennero an
che a dar sulle mani a quelli che diroccavano ancora, a
acciarli indietro, a levar loro dall'unghie gli ordigni. Que
sti fremevano, minacciavano anche, cercavan di rifarsi;
ma la causa del sangue era perduta: il grido che predomi
nava era: prigione, giustizia, Ferrer ! Dopo un po' di dibat
timento, coloro furon respinti : gli altri s'impadroniron della
porta, e per tenerla difesa da nuovi assalti, e per prepa
rarvi l'adito a Ferrer; e alcuno di essi, mandando dentro
una voce a quelli di casa (fessure non ne mancava), gli av
vis che arrivava soccorso, e che facessero star pronto il
vicario, per andar subito in prigione: ehm, avete
inteso?
quel Ferrer che aiuta a far le gride ? domand a
un nuovo vicino U nostro Renzo, che si ramment del vidit
Ferrer che il dottore gli aveva gridato all'orecchio, fa
cendoglielo vedere in fondo di quella tale.
Gi: il gran cancelliere, gli fu risposto.
un galantuomo, n' vero ?
Eccome se un galantuomo t quello che aveva messo
il pane a buon mercato ; e gli altri non hanno voluto ; e
ora viene a condurre in prigione il vicario, che non ha fatto
le cose giuste.
Non fa bisogno di dire che Renzo fu subito per Ferrer.
Volle andargli incontro addirittura : la cosa non era facile ;
ma con certe sue spinte e gomitate da alpigiano, riusc a
farsi far largo, e a arrivare in prima fila, proprio di fianco
alla carrozza.
Era questa gi un po' inoltrata nella folla; e in quel mo
mento stava ferma, per uno di quegl' incagli inevitabili e
frequenti, in un' andata di quella sorte. Il vecchio Ferrer
presentava ora all' uno , ora all' altro sportello , un viso
tutto umile, tutto ridente, tutto amoroso, un viso che
aveva tenuto sempre in serbo per quando si trovasse alla,
presenza di don Filippo IV; ma fu costretto a spenderlo an
che in quest' occasione. Parlava anche ; ma il chiasso e il
220 I PROMESSI SPOSI
ronzio di tante voci, gli evviva stessi che si facevano a lui,
lasciavano ben poco e a ben pochi sentir le sue parole.
S'aiutava dunque co'gesti, ora mettendo la punta delle mani
sulle labbra, a prendere un bacio che le mani, separandosi
subito, distribuivano a destra e a sinistra in ringraziamento
alla pubblica benevolenza ; ora stendendole e movendole
lentamente fuori d' uno sportello, per chiedere un po' di
luogo ; ora abbassandole garbatamente, per chiedere un po'
di silenzio. Quando n' aveva ottenuto un poco, i pi vicini
sentivano e ripetevano le sue parole: pane, abbondanza
vengo a far giustizia : un po' di luogo di grazia. Sopraf
fatto poi e come soffogato dal fracasso di tante voci, dalla
vista di tanti visi ftti, di tant' occhi addosso a lui, si tirava
indietro un momento, gonfiava le gote, mandava un gran
soffio, e diceva tra s : por mi videi, que de gente !
Viva Ferrer ! Non abbia paura. Lei un galantuomo.
Pane, pane!
Si ; pane, pane, rispondeva Ferrer : abbondanza ;.
lo prometto io, e metteva la mano al petto.
Un po' di luogo, aggiungeva subito: vengo per
condurlo in prigione, per dargli il giusto gastigo che si me
rita: e soggiungeva sotto voce: si es culpable. Chi
nandosi poi innanzi verso il cocchiere, gli diceva in fretta:
adelante, Pedro, si puedes.
Il cocchiere sorrideva anche lui alla moltitudine, con una
grazia affettuosa, come se fosse stato un gran personaggio ;
e con un garbo ineffabile, dimenava adagio adagio la fru
sta, a destra e a sinistra, per chiedere agl' incomodi vicini
che si ristringessero e si ritirassero un poco. Di grazia,
diceva anche lui, signori miei, un po' di luogo, un po
chino; appena appena da poter passare.
Intanto i benevoli pi attivi s' adopravano a far fare il
luogo chiesto cos gentilmente. Alcuni davanti ai cavalli fa-
cevan ritirar le persone, con buone parole, con un mettere
le mani sui petti, con certe spinte soavi: in l, via, un
po' di luogo, signori; alcuni facevan lo stesso dalle due
parti della carrozza, perch potesse passare senza arro
tar piedi, n ammaccar mostacci ; che, oltre il male delle
CAPITOLO XIII. 221
persone, sarebbe stato porre a un gran repentaglio l'auge
d'Antonio Ferrer.
Renzo, dopo essere stato qualche momento a vagheggiare
quella decorosa vecchiezza, conturbata un po' dall' angu
stia, aggravata dalla fatica, ma animata dalla sollecitudine,
abbellita, per dir cos, dalla speranza di togliere un uomo
all'angosce mortali, Renzo, dico, mise da parte ogni pen
siero d'andarsene ; e si risolvette d'aiutare Ferrer, e di non
abbandonarlo, fin che non fosse ottenuto l' intento. Detto
fatto, si mise con gli altri a far far largo ; e non era certo
de'meno attivi. Il largo si fece ; venite pure avanti, diceva
pi d' uno al cocchiere, ritirandosi o andando a fargli un
po' di strada pi innanzi. Adelante, presto, con juicio,
gli disse anche il padrone ; e la carrozza si mosse. Ferrer,
in mezzo ai saluti che scialacquava al pubblico in massa,
ne faceva certi particolari di ringraziamento, con un sorriso
d' intelligenza, a quelli che vedeva adprarsi per lui : e di
questi sorrisi n tocc pi d' uno a Renzo, il quale per ve
rit se li meritava, e serviva in quel giorno il gran can
celliere meglio che non avrebbe potuto fare il pi bravo
de' suoi segretari. Al giovane montanaro invaghito di quella
buona grazia, pareva quasi d' aver fatto amicizia cou An
tonio Ferrer.
La carrozza, una volta incamminata, seguit poi, pi o
meno adagio, e non senza qualche altra fermatina. Il tra
gitto non era forse pi che un tiro di schioppo; ma riguardo
al tempo impiegatovi, avrebbe potuto parere un viaggetto,
anche a chi non avesse avuto la santa fretta di Ferrer. La
gente si moveva, davanti e di dietro, a destra e a sinistra
della carrozza, a guisa di cavalloni intorno a una nave che
avanza nel forte della tempesta. Pi acuto, pi scordato,
pi assordante di quello della tempesta era il frastono. Fer
rer, guardando ora da una parte, ora dall'altra ; atteggian
dosi e gestendo insieme, cercava d'intender qualche cosa,
per accomodar le risposte al bisogno ; voleva far alla meglio
un po' di dialogo con quella brigata d' amici ; ma la cosa
era difficile, la pi difficile forse che gli fosse ancora capi
tata, in tant'anni di gran-cancellierato. Ogni tanto per,
222 I PROMESSI SPOSI
qualche parola, anche qualche frase, ripetuta da un crocchio
nel suo passaggio, gli si faceva sentire, come lo scoppio di
un razzo pi forte si fa sentire nell' immenso scoppiettio
d' un fuoco artiflziale. E lui, ora ingegnandosi di rispondere
in modo soddisfacente a queste grida, ora dicendo a buon
conto le parole che sapeva dover essere pi accette, o
che qualche necessit istantanea pareva richiedere, parl-
anche lui per tutta la strada. S, signori ; pane, abbondanza.
Lo condurr io in prigione : sar gastigato si es culpa-
Ile. S, s, comander io : il pane a buon mercato. Asi es....
cos , voglio dire : il re nostro signore non vuole che co
desti fedelissimi vassalli patiscan la fame. Ox ! Ox ! guar-
daos : non si facciano male, signori. Pedro, addante con
juicio. Abbondanza, abbondanza. Un po'di luogo, per carit.
Pane, pane. In prigione, in prigione. Cosa? domandava poi
a uno che s'era buttato mezzo dentro lo sportello, a urlargli
qualche suo consigli o preghiera o applauso che fosse. Ma
costui, senza poter neppure ricevere il cosa? , era stato
tirato indietro da uno che lo vedeva l l per essere schiac
ciato da una rota. Con queste botte e risposte, tra le inces
santi acclamazioni, tra qualche fremito anche d'opposizione,
che si faceva sentire qua e l, ma era subito soffogato, ecco
alla fine Ferrer arrivato alla casa, per opera principal
mente di que' buoni ausiliari.
Gli altri che, come abbiam detto, eran gi l con le
medesime buone intenzioni, avevano intanto lavorato a
lare e a rifare un po' di piazza. Prega, esorta, minaccia;
pigia, ripigia, incalza di qua e di l, con quel raddop
piare di voglia, e con quel rinnovamento di forze che
viene dal veder vicino il fine desiderato; gli era final
mente riuscito di divider la calca in due, e poi di spin
gere indietro le due calche ; tanto che, tra la porta e la
carrozza, che vi si ferm davanti, v'era un piccolo spazio
vto. Renzo, che, facendo un po' da battistrada, un po' da
scorta, era arrivato con la carrozza, pot collocarsi in
una di quelle due frontiere di benevoli, che facevano,
nello stesso tempo, ala alla carrozza e argine alle due
onde prementi di popolo. E aiutando a rattenerne una
CAPITOLO XIII. 223
con le poderose sue spalle, si trov anche in un bel posto
per poter vedere.
Ferrer mise un gran respiro, quando vide quella piazzetta
libera, e la porta ancor chiusa. Chiusa qui vuol dire non
aperta; del resto i gangheri eran quasi sconficcati fuor
de'pilastri : i battenti scheggiati, ammaccati, sforzati e scom
baciati nel mezzo, lasciavano veder fuori da un largo spira
glio un pezzo di catenaccio storto, allentato, e quasi divelto,
che, se vogliam .dir cos, li teneva insieme. Un galantuomo'
s'era affacciato a quel fesso, a gridar che aprissero ; un altro
spalanc in fretta lo sportello della carrozza: il vecchio
mise fuori la testa, s'alz, e afferrando con la destra il
braccio di quel galantuomo; usc e scese sul predellino.
La folla, da una parte e dall'altra, stava tutta in punta
di piedi per vedere : mille visi, mille barbe in aria : la cu
riosit e l'attenzione generale cre un momento di generale
silenzio. Ferrer, fermatosi quel momento sul predellino,
diede un' occhiata in giro, salut con un inchino la molti
tudine, come da un pulpito, e messa la mano sinistra al petto,
grid: pane e giustizia; e franco, diritto, togato, scese
in terra, tra l' acclamazioni che andavano alle stelle.
Intanto quelli di dentro avevano aperto, ossia avevan
finito d'aprire, tirando via il catenaccio insieme con gli
anelli gi mezzi sconficcati, e allargando lo spiraglio, ap
pena quanto bastava per fare entrare il desideratissimo
ospite. Presto, presto, diceva lui: aprite bene, ch'io
possa entrare : e voi, da bravi, tenete indietro la gente ,
non mi lasciate venire addosso per l' amor del cielo !
Serbate un po' di largo per tra poco Ehi ! ehi ! signori,
un momento, diceva poi ancora a quelli di dentro : adagio
con quel battente, lasciatemi passare : eh t le mie costole ;
vi raccomando le mie costole. Chiudete ora: no; chi eh!
la toga! la togal Sarebbe infatti rimasta presa tra i bat
tenti, se Ferrer non n'avesse ritirato con molta disinvoltura
lo strascico, che disparve come la coda d'una serpe, che si .
rimbuca inseguita.
Riaccostati 5 battenti, furono anche riappuntellati alla
meglio. Di fuori , quelli che s' eran costituiti guardia del
22* I PROMESSI SPOSI
corpo di Ferrei", lavoravano di spalle, di braccia e di grida,
a mantener la piazza vta, pregando in cor loro il Signore
che lo facesse far presto.
Presto, presto, diceva anche Ferrer di dentro, sotto
il portico, ai servitori, che gli si eran messi d' intorno an
santi, gridando : sia benedetto ! ah eccellenza ! oh eccel
lenza! uh eccellenza!
Presto, presto, ripeteva Ferrer : dov' questo be-
nedett' uomo?
Il vicario scendeva le scale, mezzo strascicato e mezzo
portato da altri suoi servitori, bianco come un panno lavato.
Quando vide il suo aiuto, mise un gran respiro ; gli torn
il polso, gli scorse un po' di vita nelle gambe, un po' di co
lore sulle gote ; e corse, come pot, verso Ferrer, dicendo :
sono nelle mani di Dio e di vostra eccellenza. Ma come
uscir di qui ? Per tutto c' gente che mi vuol morto.
Venga usted coti migo, e si faccia coraggio : qui fuori
c' la mia carrozza ; presto, presto. Lo prese per la mano,
e lo condusse verso la porta, facendogli coraggio tuttavia;
ma diceva intanto tra s : aqui est el busilis; Dios nos
valga!
La porta s'apre ; Ferrer esce il primo ; l'altro dietro, ran
nicchiato, attaccato, incollato alla toga salvatrice, come un
bambino alla sottana della mamma. Quelli che avevan man
tenuta la piazza vta, fanno ora, con un alzar di mani, di
cappelli, come una rete, una nuvola, per sottrarre alla vi
sta pericolosa della moltitudine il vicario ; il quale entra il
primo nella carrozza, e vi si rimpiatta in un angolo. Ferrer
sale dopo ; lo sportello vien chiuso. La moltitudine vide in
confuso, riseppe, indovin quel ch' era accaduto ; e mand
un urlo d' applausi e d' imprecazioni.
La parte della strada che rimaneva da farsi, poteva parer
la pi difficile e la pi pericolosa. Ma il voto pubblico era
abbastanza spiegato per lasciar andare in prigione il vica
rio; e nel tempo della fermata, molti di quelli che avevano
agevolato 1' arrivo di Ferrer, s'eran tanto ingegnati a pre
parare e a mantener come una corsia nel mezzo della folla,
che la carrozza pot, questa seconda volta, andare un po'
CAPITOLO XIII. 225
pi lesta, e di seguito. Di mano in mano che s'avanzava, le
due folle rattenute dalle parti, si ricadevano addosso e si
rimischiavano, dietro a quella.
Ferrer, appena seduto, s'era chinato per avvertire il
vicario, che stesse ben rincantucciato nel fondo, e non si
facesse/vedere, per l'amor del cielo; ma l'avvertimento era
superfluo. Lui, in vece, bisognava che si facesse vedere, per
,occupare e attirare a s tutta l' attenzione del pubblico. E
per tutta questa gita, come nella prima, fece al mutabile
uditorio un discorso, il pi continuo nel tempo, e il pi
sconnesso nel senso, che fosse mai ; interrompendolo per
ogni tanto con qualche parolina spagnola, che in fretta in
fretta si voltava a bisbigliar nell'orecchio del suo acquat
tato compagno. S, signori ; pane e giustizia : in castello,
in prigione, sotto la mia guardia. Grazie, grazie, grazie
tante. No, no : non iscapper t Por ablandarlos. troppo
giusto; s'esaminer, si vedr. Anch' io voglio bene a lor si
gnori. Un gastigo severo. Esto lo digopor su bien. Una meta
giusta, una meta onesta, e gastigo agli affamatori. Si tirin
da parte, di grazia. S, s ; io sono un galantuomo, amico del
popolo. Sar gastigato : vero, un birbante, uno scelle
rato. Perdone, usted. La passer male, la passer male
si es culpable. S, si, li faremo rigar diritto i fornai. Viva il
re, e i buoni milanesi, suoi fedelissimi vassalli ! Sta fresco,
sta fresco. Animo ; estamos ya quasi fuera.
Avevano in fatti attraversata la maggior calca, e gi eran
vicini a uscir al largo, del tutto. L Ferrer, mentre comin
ciava a dare un po' di riposo a' Suoi polmoni, vide il soc
corso di Pisa, que' soldati spagnoli, che per sulla fine non
erano stati affatto inutili, giacch sostenuti e diretti da
,qualche cittadino, avevano cooperato a mandare in pace un
po' di gente, e a tenere il passo libero all' ultima uscita.
All' arrivar della carrozza, fecero ala, e presentaron l' arme
al gran cancelliere, il quale fece anche qui un saluto a de
stra, un saluto a sinistra; e all'uflziale, che venne pi
vicino a fargli il suo, disse, accompagnando le parole con
un cenno della destra: beso a usted las manos: parole
che l' uflziale intese per quel che volevano dir realmente,
/ Promessi Sposi
226 I PROMESSI SPOSI
cio : m'avete dato un bell' aiuto ! In risposta, fece un altro>
saluto, e si ristrinse nelle spalle. Era veramente il caso di
dire : cedant arma togoe; ma Ferrer non aveva in quel mo
mento la testa a citazioni : e del resto sarebbero state pa
role buttate via, perch l' uflziale non intendeva il latino.
A Pedro, nel passar tra quelle due file di micheleiti, tra
que' moschetti cos rispettosamente alzati, gli torn in petto
il cuore antico. Si riebbe affatto dallo sbalordimento, si ram
ment chi era, e chi conduceva; e gridando : ohe ! ohe !
senz' aggiunta d'altre cerimonie, alla gente ormai raila ab
bastanza per poter esser trattata cos, e sferzando i cavalli,
fece loro prender la rincorsa verso il castello.
Levantese, levantese; estmos ya fuera, disse Ferrer
al vicario ; il quale, rassicurato dal cessar delle grida, e dal
rapido moto della carrozza, e da quelle parole, si svolse, si
sgrupp, s' alz ; e riavutosi alquanto, cominci a render
grazie, grazie e grazie al suo liberatore. Questo, dopo es
sersi condoluto con lui del pericolo, e rallegrato della sal
vezza : ah t esclam, battendo la mano sulla sua zucca
monda, que dir de esto su excelencia, che ha gi tanto la
luna a rovescio, per quel maledetto Casale, che non vuole
arrendersi ? Que dir el conde duque, che piglia ombra se
una foglia fa pi rumore del solito ? Que dir el rey nuestro
seor, che pur qualche cosa bisogner che venga a risapere
d' un fracasso cos ? E poi sar finito ? Dios lo sabe.
Ah ! per me, non voglio pi impicciarmene, diceva
il vicario : me ne chiamo fuori ; rassegno la mia carica
nelle mani di vostra eccellenza, e vo a vivere in una grotta,
sur una montagna, a far l'eremita, lontano, lontano da.
questa gente bestiale. \
Usted far quello che sar pi conveniente por el
servicio de su magestad, rispose gravemente il gran
cancelliere.
Sua maest non vorr la mia morte, replicava il vica
rio : in una grotta, in una grotta ; lontano da costoro.
Che avvenisse poi di questo suo proponimento non lo dico
il nostro autore, il quale, dopo avere accompagnato il pc-
ver' uomo in castello, non fa pi menzione de' fatti suoi.
227

CAPITOLO XIV.

La folla rimasta indietro cominci a sbandarsi, a dira


marsi a destra e a sinistra, per questa e per quella strada.
Chi andava a casa, a accudire anche alle sue faccende ; chi
s'allontanava, per respirare un po' al largo, dopo tante ore
di stretta; chi, in cerca d' amici, per ciarlare de' gran fatti
della giornata. Lo stesso sgombero s' andava facendo dal
l'altro sbocco della strada, nella quale la gente rest abba
stanza rada perch quel drappello di spagnoli potesse, senza
trovar resistenza, avanzarsi e postarsi alla casa del vicario.
Accosto a quella stava ancor condensato il fondaccio , per
dir cos, del tumulto ; un branco di birboni, che malcon
tenti d'una fine cos fredda e cosi imperfetta d'un cos
grand'apparato, parte brontolavano, parte bestemmiavano,
parte tenevan consiglio, per veder se qualche cosa si potesse
ancora intraprendere ; e, come per provare, andavano ur
tacchiando e pigiando quella povera porta, ch' era stata di
nuovo appuntellata alla meglio. All' arrivar del drappello,,
tutti coloro, chi diritto diritto, chi baloccandosi, e come a
otento, se n'andarono dalla parte opposta, lasciando il campo
libero a'soldati, che lo presero, e vi si postarono, a guardia
della casa e della strada. Ma tutte le strade del contorno
erano seminate di crocchi : dove c' eran due p tre persone
ferme, se ne fermavano tre, quattro, venti altre : qui qual-
cheduno si staccava; l tutto un crocchio si moveva in
sieme; era come quella nuvolaglia che talvolta rimane
sparsa, e gira per l' azzurro del cielo, dopo una burrasca ;
e fa dire a chi guarda in su : questo tempo non rimesso
bene. Pensate poi che babilonia di discorsi. Chi raccontava
con enfasi i casi particolari che aveva visti ; chi raccontava
ci che lui stesso aveva fatto ; chi si rallegrava che la cosa
fosse finita bene, e lodava Ferrer, e pronosticava guai seri
per il vicario; chi, sghignazzando, diceva: non abbiate
paura, che non l' ammazzeranno : il lupo non mangia la
carne del lupo; chi pi stizzosamente mormorava che
non s'eran fatte le cose a dovere, ch'era un inganno, e
228 I PROMESSI SPOSI
ch' era stata una pazzia il far tanto chiasso, per lasciarsi
poi canzonare in quella maniera.
Intanto il sole era andato sotto, le cose diventavan tutte
d' un colore ; e molti, stanchi della giornata e annoiati di
ciarlare al buio, tornavano verso casa. Il nostro giovine,
dopo aver aiutato il passaggio della carrozza, finch c' era
stato bisogno d' aiuto, e esser passato anche lui dietro a
quella, tra le file de' soldati, come in trionfo, si rallegro
quando la vide correr liberamente, e fuor di pericolo ; fece
un po' di strada con la folla, e n' usc, alla prima cantonata,
per respirare anche lui un po' liberamente. Fatto ch' ebbe
pochi passi al largo, in mezzo all' agitazione di tanti senti
menti, di tante immagini, recenti e confuse, sent un gran
bisogno di mangiare e di riposarsi ; e cominci a guardare
in su, da una parte e dall' altra, cercando un' insegna d' o-
steria ; giacch, per andare al convento de' cappuccini, era
troppo tardi. Camminando cos con la testa per aria, si trov
a ridosso a un crocchio ; e fermatosi, sent che vi discorre-
van di congetture, di disegni, per il giorno dopo. Stato un
momento a sentire, non pot tenersi di non dire anche lui
la sua; parendogli che potesse senza presunzione proporre
qualche cosa chi aveva fatto tanto. E persuaso, per tutto
ci che aveva visto in quel giorno, che ormai, per mandare
a effetto una cosa, bastasse farla entrare in grazia a quelli
che giravano per le steade, signori miei ! grid, in tono
d'esordio: devo dire anch'io il mio debol parere? Il mio
debol parere questo : che non solamente nell' affare del
pane che si fanno delle bricconerie : e giacch oggi s' visto
chiaro che, a farsi sentire, s' ottiene quel che giusto ; biso
gna andar avanti cos, fin che non si sia messo rimedio a tutte
quelle altre scelleratezze, e che il mondo vada un po' pi da
cristiani. Non vero, signori miei, che c' una mano di ti
ranni, che fanno proprio al rovescio de' dieci comandamenti,
e vanno a cercar la gente quieta, che non pensa a loro, per
farle ogni male, e poi hanno sempre ragione ? anzi quando
n'hanno fatta una pi grossa del solito, camminano con la
testa pi alta, che par che gli s'abbia a rifare il resto?
Gi anche in Milano ce ne dev'essere la sua parte.
CAPITOLO XIV. 223
Pur troppo, disse una voce.
Lo dicevo io, riprese Renzo : gi le storie si rac
contano anche da noi. E poi la cosa parla da s. Mettiamo,
per esempio, che qualcheduno di costoro che voglio dir io
stia un po' in campagna, un po' in Milano : se un diavolo
l, non vorr essere un angiolo qui ; mi pare. Dunque mi
dicano un poco, signori miei, se hanno mai visto uno di
questi col muso all'inferriata. E quel che peggio (e questo
lo posso dir io di sicuro), che la gride ci sono, stampate, per
gastigarli : e non gi gride senza costrutto ; fatte benissimo,
che noi non potremmo trovar niente di meglio ; ci son no
minate le bricconerie chiare, proprio come succedono ; e a
ciascheduna, il suo buon gastigo. E dice: sia chi si sia, vili
plebei, e che so io. Ora, andate a dire ai dottori, scribi
farisei, che vi facciano far giustizia, secondo che canta la
grida: vi danno retta come il papa ai furfanti: cose da far
girare il cervello a qualunque galantuomo. Si vede dunque
chiaramente che il re, e quelli che comandano, vorrebbero
che i birboni fossero gastigati ; ma non se ne fa nulla, per
ch c' una lega. Dunque bisogna romperla; bisogna andar
domattina da Ferrer, che quello un galantuomo, un si
gnore alla mano; e oggi s' potuto vedere com'era contento
di trovarsi con la povera gente, e come cercava di sentir
le ragioni che gli venivan dette, e rispondeva con buona
grazia. Bisogna andar da Ferrer, e dirgli come stanno le
cose; e io, per la parte mia, gliene posso raccontar delle
belle; che ho visto io, co' miei occhi, una grida con tanto
ci' arme in cima, ed era stata fatta da tre di quelli che pos
sono, che d'ognuno c'era sotto il suo nome bell'e stampato,
e uno di questi nomi era Ferrer, visto da me, co' miei oc
chi : ora, questa grida diceva proprio le cose giuste per me ;
e un dottore al quale io gli dissi che dunque mi facesse
render giustizia, com' era l' intenzione di que' tre signori,
tra i quali c' era anche Ferrer, questo signor dottore, che
m' aveva fatto veder la grida lui medesimo, che il pi
bello, ah ! ah ! pareva che gli dicessi delle pazzie. Son si
curo che, quando quel caro vecchione sentir queste belle
cose; che lui non le pu saper tutte, specialmente quelle
230 I PROMESSI SPOSI
di fuori ; non vorr pi che il mondo vada cos, e ci met
ter un buon rimedio. E poi, anche loro, se fanno le gride,
devono aver piacere che s'ubbidisca: che anche un di
sprezzo, un pitaffio col loro nome, contarlo per nulla. E se
i prepotenti, non vogliono abbassar la testa, e fanno il pazzo,
siam qui noi per aiutarlo, come s' fatto oggi. Non dico che
deva andar lui in giro, in carrozza, ad acchiappar tutti i
birboni, prepotenti e tiranni: s; ci vorrebbe l'arca di No.
Bisogna che lui comandi a chi tocca, e non solamente in
Milano, ma per tutto, che faccian le cose conforme dicon le
gride: e formare un buon processo addosso a tutti quelli
che hanno commesso di quelle bricconerie; e dove dice
prigione, prigione ; dove dice galera, galera ; e dire ai po
dest che faccian davvero; se no, mandarli a spasso, e
metterne de' meglio : e poi, come dico, ci saremo anche noi
a dare una mano. E ordinare a' dottori che stiano a sen
tire i jioveri e parlino in difesa della ragione. Dico bene,
signori miei?
Renzo aveva parlato tanto di cuore, che, fin dall'esordio,
una gran parte de' radunati, sospeso ogni altro discorso,
s'eran rivoltati a lui J e a un certo punto, tutti erano dive
nuti suoi uditori. Un grido confuso d'applausi, di bravo:
sicuro : ha ragione : vero pur troppo, fu come la risposta
dell'udienza. Nonmancaron per i critici. Eh s, diceva
uno : dar retta a' montanari : son tutti avvocati ; e se ne
andava. Ora, mormorava un altro : ogni scalzacane
vorr dir la sua ; e a furia di metter carne a fuoco, non
s'avr il pane a buon mercato ; che quello per cui ci siam
mossi. Renzo per non sent che i complimenti ; chi gli
prendeva una mano, chi gli prendeva l'altra. A rivederci
a domani. Dove? Sulla piazza del duomo. Va bene.
"Va bene. E qualcosa si far. E qualcosa si far.
Chi di questi bravi signori che voglia insegnarmi
un' osteria , per mangiare un boccone , e dormir da povero
figliuolo ? disse Renzo.
Son qui io a servirvi, quel bravo giovine, disse uno,
ohe aveva ascoltata attentamente la predica, e non aveva
.'ietto ancor nulla. Conosco appunto un' osteria che far
CAPITOLO XIV. 231
ni caso vostro ; e vi raccomander al padrone, che mio
amico, e galantuomo.
Qui vicino ? domand Renzo. Poco distante , ri
spose colui.
La radunata si sciolse ; e Renzo, dopo molte strette di
mani sconosciute, s' avvi con lo sconosciuto, ringrazian
dolo della sua cortesia.
Di che cosa ? diceva colui : una mano lava l' altra ,
,e tutt' e due lavano il viso. Non siamo obbligati a far ser
vizio al prossimo? E camminando, faceva a Renzo, in
aria di discorso, ora una, ora un'altra domanda. Non per
sapere i fatti vostri ; ma voi mi parete molto stracco : da
he paese venite?
Vengo, rispose Renzo, fino, fino da Lecco.
* Fin da Lecco? Di Lecco siete?
Di Lecco... cio del territorio.
Povero giovine ! per quanto ho potuto intendere da'vo-
stri discorsi, ve n' hanno fatte delle grosse.
Eh! caro il mio galantuomo! ho dovuto parlare con un
po' di politica, per non dire in pubblico i fatti miei; ma.. .
basta, qualche giorno si sapr; e allora... Ma qui vedo
n' insegna d'osteria; e, in fede mia, non ho voglia d'andar
pi lontano.
No, no; venite dov'ho detto io. che c' poco, disse
la guida: qui non istareste bene.
Eh, si ; rispose il giovine : non sono un signorino
avvezzo a star nel cotone : qualcosa alla buona da mettere
in castello, e un saccone, mi basta : quel che mi preme
di trovar presto l' uno e l' altro. Alla provvidenza ! Ed
ntr in un usciaccio, sopra il quale pendeva l'insegna
della luna piena. Bene; vi condurr qui, giacch vi
piace cos,- disse lo sconosciuto ; e gli and dietro.
Non occorre che v'incomodiate di pi, rispose Renzo.
- Per, soggiunse, se venite a bere un bicchiere con
me, mi fate piacere.
Accetter le vostre grazie, rispose colui; e and, come
pi pratico del luogo, innanzi a Renzo, per un cortiletto ;
s'accost all'uscio che metteva in cucina, alz il saliscendi,
232 i promessi srosi
apr, e v'entr col suo compagno. Due lumi a mano, pen
denti da due pertiche attaccate alla trave del palco, vi span
devano una mezza luce. Molta gente era seduta, non pert)
in ozio, su due panche, di qua e di l d'una tavola stretta
e lunga, che teneva quasi tutta una parte della stanza: a
intervalli, tovaglie e piatti; a intervalli, carte voltate e ri
voltate, dadi buttati e raccolti; fiaschi e bicchieri per tutto.
Si vedevano anche correre berlinghe, reali eparpagliole, che,
se avessero potuto parlare, avrebbero detto probabilmente :-
noi eravamo stamattina nella ciotola d'un fornaio, o nelle
tasche;di qualche spettatore del tumulto, che tutt'intento a
vedere come andassero gli affari pubblici, si dimenticava di
vigilar le sue faccendole private. Il chiasso era grande.
Un garzone girava innanzi e indietro, in fretta e in furia,
al servizio di quella tavola insieme e tavoliere: l'oste era a
sedere sur una piccola panca, sotto la cappa del cammino,
occupato, in apparenza, in certe figure che faceva e disfa
ceva nella cenere, con le molle ; ma in realt intento a tutto-
ci che accadeva intorno a lui. S'alz, al rumore del sali
scendi ; e and incontro ai soprarrivati. Vista ch'ebbe la-
guida, maledetto! disse tra s: che tu m'abbia ave
nir sempre tra piedi, quando meno ti vorrei ! Data por
un'occhiata in fretta a Renzo, disse, ancora tra s : non
ti conosco ; ma venendo con un tal cacciatore, o cane o lepre
sarai: quando avrai detto due parole, ti conoscer.
Per, di queste riflessioni nulla trasparve sulla faccia
dell'oste, la quale stava immobile come un ritratto: una
faccia pienotta e lucente, con una barbetta folta, rossic
cia, e due occhietti chiari e fissi.
Cosa comandan questi signori? disse ad alta voce.
Prima di tutto, un buon fiasco di vino sincero, disse
Renzo : e poi un boccone. Cos dicendo, si butt a se
dere sur una panca, verso la cima della tavola, e mando
un ahi sonoro, come se volesse dire: fa bene un po' ili
panca, dopo essere stato, tanto tempo, ritto e in faccende.
Ma gli venne subito in mente quella panca e quella tavola,
a cui era stato seduto l'ultima volta, con Lucia e con
Agnese : e mise un sospiro. Scosse poi la testa, come per
CAPITOLO XIV. 233
iscacciar quel pensiero : e vide venir l'oste col vino. Il com
pagno s' era messo a sedere in faccia a Renzo. Questo gli
mesc subito da bere, dicendo: per bagnarle labbra,
E riempito l'altro bicchiere, lo tracann in un sorso.
Cosa mi darete da mangiare ? disse poi all' oste.
Ho dello stufato : vi piace ? disse questo.
S, bravo; dello stufato.
Sarete servito, disse l'oste a Renzo; e al garzone:
servite questo forestiero. E s'avvi verso il cammino.
Ma... riprese poi, tornando verso Renzo: ma pane,
non ce n' ho in questa giornata.
Al pane, disse Renzo, ad alta voce e ridendo, ci
ha pensato la provvidenza. E tirato fuori il terzo e ul
timo di que' pani raccolti sotto la croce di san Dionigi ,
l'alz per aria, gridando: ecco il pane della provvi
denza! -. .
All'esclamazione, molti si voltarono; e vedendo quel tro
feo in aria, uno grid: viva il pane a buon mercato! *
A buon mercato? disse Renzo: gratis et amore.
Meglio, meglio.
Ma, soggiunse subito Renzo: non vorrei che lor
signori pensassero a male. Non ch' io l' abbia, come si
uol dire, sgraffignato. L'ho trovato in terra ; e se potessi
trovare anche il padrone, son pronto a pagarglielo.
Bravo ! bravo ! gridarono, sghignazzando pi forte,
i compagnoni ; a nessuno dei quali pass per la mente che
quelle parole fossero dette davvero.
Credono ch' io canzoni ; ma l' proprio cosi, disse
Renzo alla sua guida ; e, girando in mano quel pane, sog
giunse: vedete come l'hanno accomodato; pare una schiac
ciata: ma ce n'era del prossimo! Se ci si trovavan di
quelli che han l'ossa un po'tenere, saranno stati freschi.
E subito, divorati tre -o quattro bocconi di quel pane, gli
mand dietro un secondo bicchier di vino; e soggiunse:
da s non vuol andar gi questo pane. Non ho avuto
mai la gola tanto secca. S' fatto un gran gridare !
Preparate un buon letto a questo bravo giovine ,
disse la guida : perch ha intenzione di dormir qui.
234 I PROMESSI SPOSI
Volete dormir qui ? domand !' oste a Renzo, av
vicinandosi alla tavola.
Sicuro, rispose Renzo : un letto alla buona ; basta
che i lenzoli sian di bucato; perch son povero figliuolo,
ma avvezzo alla pulizia.
Oh, in quanto a questo ! disse l' oste : and al banco,
eh' era in un angolo della cucina ; e ritorn, con un cala
maio e un pezzetto di carta bianca in una mano , e una
penna nell' altra.
Cosa vuol dir questo? esclam Renzo, ingoiando un
boccone dello stufato che il garzone gli aveva messo da
vanti, e sorridendo poi con maraviglia, soggiunse : il
lenzolo di bucato, codesto?
L' oste, senza rispondere, pos sulla tavola il calamaio e
la carta; poi appoggi sulla tavola medesima il braccio si
nistro e il gomito destro; e, con la penna in aria, e il viso
alzato verso Renzo, gli disse : fatemi il piacere di dirmi
il vostro nome, cognome e patria.
Cosa? disse Renzo: cosa c'entrano codeste storie
col letto?
Io fo il mio dovere, disse Y oste, guardando in viso
alla guida : noi siamo obbligati a render conto di tutte le
persone che vengono a alloggiar da noi : nome e cognome, e
di che nazione sar, a che negozio viene, se ha seco armi....
quanto tempo ha di fermarsi in questa citt Son pa
role della grida.
Prima di rispondere, Renzo vot un altro bicchiere : era
il terzo; e d'ora in poi ho paura che non li potremo pi
contare. Poi disse : ah ah ! avete la grida ! E io fo conto
d' esser dottor di legge ; e allora so subito che caso si fa
delle gride.
Dico davvero, disse l'oste, sempre guardando il muto
compagno di Renzo ; e, andato di nuovo al banco, ne lev
dalla cassetta un gran foglio, un proprio esemplare della
grida; e venne a spiegarlo davanti agli occhi di Renzo.
Ah ! ecco ! esclam questo, alzando con una mano il
bicchiere riempito di nuovo, e rivotandolo subito e sten
dendo poi l' altra mano, con un dito teso, verso la grida :
CAPITOLO XIV. 235
ecco quel bel foglio di messale. Me ne rallegro moltis
simo. La conosco queil' arme ; so cosa vuol dire quella fac
cia d' ariano, con la corda al collo. (In cima alle gride si
metteva allora l'arme del governatore; e in quella di don
Gonzalo Fernandez de Cordova, spiccava un re moro inca
tenato per la gola.) Vuol dire, quella faccia : comanda chi
pu, e ubbidisce chi vuole. Quando questa faccia avr fatto
andare in galera il signor don basta, lo so io ; come
dice in un altro foglio di messale compagno a questo ; quando
avr fatto in maniera che un giovine onesto possa sposare
una giovine onesta che contenta di sposarlo, allora le dir
il mio nome a questa faccia; le dar anche un bacio per di
pi. Posso aver delle buone ragioni per non dirlo, il mio
nome. Oh bella ! E se un furfantone, che avesse al suo co
mando una mano d'altri furfanti : perch se fosse solo
e qui fin la frase con un gesto: se un furfantone vo
lesse saper dov'io sono, per farmi qualche brutto tiro,
domando io se questa faccia si moverebbe per aiutarmi.
Devo dire i fatti miei! Anche questa nuova'. Son ve
nuto a Milano per confessarmi, supponiamo; ma voglio
confessarmi da un padre cappuccino, per modo di dire,
e non da un oste.
L' oste stava zitto , e seguitava a guardar la guida, la
quale non faceva dimostrazione di sorte veruna. Renzo, ci
dispiace il dirlo, tracann un altro bicchiere, e prosegui :
ti porter una ragione, il mio caro oste, che ti capaciter.
Se le gride che parlan bene, in favore de' buoni cristiani,
non contano ; tanto meno devon contare q uelle che parlan
male. Dunque leva tutti quest' imbrogli, e porta in vece
un altro nasco ; perch questo fesso. Cos dicendo, lo
percosse leggermente con le nocca, e soggiunse : senti,
senti, oste, come crocchia.
Anche questa volta, Renzo aveva, a poco a poco, atti
rata l' attenzione di quelli che gli stavan d' intorno : e
-anche questa volta, fu applaudito dal suo uditorio.
Cosa devo fare ? disse l' oste , guardando quello
sconosciuto, che non era tale per lui.
Via, via, gridaron molti di que' compagnoni : ha
236 I PROMESSI SPOSI
ragione quel giovine: son tutte angherie, trappole, im
picci: legge nuova oggi, legge nuova.
In mezzo a queste grida, lo sconosciuto, dando all' oste
un'occhiata di rimprovero, per quell'interrogazione troppo
scoperta, disse : lasciatelo un po' fare a suo modo : non
fate scene.
Ho fatto il mio dovere, disse l' oste, forte ; e poi tra
se : ora ho le spalle al muro. E prese la carta, la
penna, il calamaio , la grida, e il fiasco vto , per conse
gnarlo al garzone.
Porta del medesimo, disse Renzo: che lo trovo
galantuomo; e lo metteremo a letto come l'altro, senza
domandargli nome e cognome, e di che nazione sar, e
cosa viene a fare, e se ha a stare un pezzo in questa citt.
Del medesimo, disse l' oste al garzone, dandogli il
fiasco ; e ritorn a sedere sotto la cappa del cammino.
Altro che lepre! pensava, istoriando di nuovo la ce
nere : e in che mani sei capitato ! Pezzo d' asino ! se
vuoi affogare, affoga ; ma l' oste della luna piena non de ve
andarne di mezzo, per le tue pazzie.
Renzo ringrazi la guida, e tutti quegli altri che avevan
prese le sue parti. Bravi amici ! disse : ora vedo pro
prio che i galantuomini si danno la mano , e si sosten
gono. Poi, spianando la destra per aria sopra la tavola,
e mettendosi di nuovo in attitudine di predicatore, gran
cosa, esclam : che tutti quelli che regolano il mondo,
voglian fare entrar per tutto carta, penna e calamaio !
sempre la penna per aria! Grande smania che hanno
quel signori d' adoprar la penna !
Ehi, quel galantuomo di campagna ! volete saperne la
ragione? disse ridendo uno di que' giocatori, che vinceva.
Sentiamo un poco, rispose Renzo.
La ragione questa, disse colui : che que' signori
son loro che mangian Y oche, e si trovan li tante penne,
tante penne, che qualcosa bisogna che ne facciano.
Tutti si misero a ridere, fuor che il compagno che perdeta.
To', disse Renzo : un poeta costui. Ce n' anche
qui de' poeti: gi ne nasce per tutto. N'ho una vena
CAPIT0I.0 XIV. 237
anch' io, e qualche volta ne dico delle curiose ma quando
le cose vanno bene.
Per capire questa baggianata del povero Renzo, bisogna
sapere che, presso il volgo di Milano, e del contado ancora
pi, poeta non significa gi, come per tutti i galantuomini,
un sacro ingegno, un abitator di Pindo, un allievo delle
Muse; vuol dire un cervello bizzarro e un po' balzano, che,
ne' discorsi e ne' fatti, abbia pi dell' arguto e del singolare
che del ragionevole. Tanto quel guastamestieri del volgo
ardito a manomettere le parole, e a far dir loro le cose pi
lontane dal loro legittimo significato ! Perch, vi domando
io, cosa ci ha che fare poeta con cervello balzano?
Ma la ragione giusta la" dir io, soggiunse Renzo :
perch la penna la tengon loro : e cos, le parole che
dicon loro, volan via, e spariscono; le parole che dice un
povero figliuolo, stanno attenti bene, e presto presto le
infilzan per aria, con quella penna, e te le inchiodano sulla
carta, per servirsene, a tempo e luogo. Hanno poi anche
un' altra malizia; che, quando vogliono imbrogliare un po
vero figliuolo, che non abbia studiato, ma che abbia un
po' di so io quel che voglio dire e, per farsi in
tendere, andava picchiando, e come arietando la fronte con
la punta dell' indice ; e s' accorgono che comincia a capir
l' imbroglio, taffete, buttan dentro nel discorso qualche pa
rola in latino, per fargli perdere il filo, per confondergli la
testa. Basta; se ne deve smetter dell'usanze! Oggi, a buon
conto, s' fatto tutto in volgare, e senza carta, penna e
calamaio ; e domani, se la gente sapr regolarsi, se ne far
anche delle meglio: senza torcere un capello a nessuno,
per; tutto per via di giustizia:
Intanto alcuni di que' compagnoni s' erano rimessi a giuo-
care, altri a mangiare, molti a gridare ; alcuni se n' anda
vano ; altra gente arrivava ; l' oste badava agli uni e agli
altri: tutte cose che non hanno che fare colla nostra storia.
Anche la sconosciuta guida non vedeva l'ora d'andarsene;
non aveva, a quel che paresse, nessun affare in quel luogo ;
eppure non voleva partire prima d'aver chiacchierato
un altro poco con Renzo in particolare. Si volt a lui,
238 I PROMESSI SPOSI
riattacc il discorso del pane; e dopo alcune di quelle frasi
che, da qualche tempo, correvano per tutte le bocche,
venne a metter fuori un suo progetto. Eh ! se comandassi
io, disse : lo troverei il verso di fare andar le cose bene.
Come vorreste fare? domand Renzo, guardandolo
con due occhietti brillanti pi del dovere, e storcendo un
po' la bocca, come per star pi attento.
Come vorrei fare ? disse colui : vorrei che ci fosse
pane per tutti; tanto per i poveri, come per i ricchi.
Ah! cos va bene, disse Renzo.
Ecco come farei. Una meta onesta, che tutti ci potes
sero campare. E poi, distribuire il pane in ragione delle
bocche: perch c' degl'ingordi indiscreti, che vorrebbero
tutto per loro, e fanno a ruffa raffa, pigliano a buon conto;
e poi manca il pane alla povera gente. Dunque dividere il
pane. E come si fa? Ecco: daxe un bel biglietto a ogni fa
miglia, in proporzion delle bocche, per andare a prendere
il pane dal fornaio. A me, per esempio, dovrebbero rilasciare
un biglietto in questa forma: Ambrogio Fusella, di profes
sione spadaio, con moglie e quattro figliuoli, tutti in et da
mangiar pane (notate bene) : gli si dia pane tanto, e paghi
soldi tanti. Ma far le cose giuste, sempre in ragion delle
bocche. A voi, per esempio, dovrebbero fare un biglietto
per il vostro nome?
Lorenzo Tramaglino, disse il giovine; il quale, inva
ghito del progetto, non fece attenzione ch'era tutto fondato
su carta, penna e calamaio ; e che, per metterlo in opera,
la prima cosa doveva essere di raccogliere i nomi delle
persone.
Benissimo, disse lo sconosciuto : ma avete moglie
e figliuoli?
Dovrei bene figliuoli no i troppo presto
ma la moglie se il mondo andasse come dovrebbe an
dare .
Ah siete solo ! Dunque abbiate pazienza, ma una por
zione pi piccola.
giusto ; ma se presto, come spero e con l' aiuto
di Dio Basta; quando avessi moglie anch'io?
CAPITOLO XIV. 23
Allora si cambia il biglietto, e si cresce la porzione.
Come T' ho detto ; sempre in ragion delle bocche, disse
lo sconosciuto, alzandosi.
Cosi va bene, grid Renzo ; e continu, gridando e
battendo il pugno sulla tavola: e perch non la fanno
una legge cosi?
<t Cosa volete che vi dica? Intanto vi do la buona notte,
e me ne vo; perch penso che la moglie e i figliuoli m' a-
spetteranno da un pezzo.
Un altro gocciolino, un altro gocciolino, gridava Renzo,
riempiendo in fretta il bicchiere di colui ; e subito alzatosi,
e acchiappatolo per una falda del farsetto, tirava forte, per
farlo seder di nuovo. Un altro gocciolino : non mi fate
quest' affronto.
Ma l' amico, con una stratta, si liber, e lasciando Renzo
lare un guazzabuglio d'istanze e di rimproveri, disse di
nuovo : buona notte, e se n'and. Renzo seguitava ancora
a predicargli, che quello era gi in istrada; e poi ripiomb
sulla panca. Fiss gli occhi su quel bicchiere che aveva
riempito ; e, vedendo passar davanti alla tavola il garzone,
gli accenn di fermarsi, come se avesse qualche affare da
comunicargli ; poi gli accenn il bicchiere, e con una pro
nuncia lenta e solenne, spiccando le parole in un certo
modo particolare, disse: ecco, l'avevo preparato per quel
galantuomo : vedete ; pieno raso, proprio da amico ; ma non
l'ha voluto. Alle volte, la gente ha dell'idee curiose. Io
non ci ho colpa : il mio buon cuore l' ho fatto vedere. Ora,
giacch la cosa fatta, non bisogna lasciarlo andare a,
male. Cos detto, lo prese, e lo vot in un sorso.
Ho inteso, disse il garzone, andandosene.
Ah ! avete inteso anche voi, riprese Renzo : dunque
vero. Quando le ragioni son giuste !
Qui necessario tutto l'amore, che portiamo alla verit,
per farci proseguire fedelmente un racconto di cos poco
onore a un personaggio tanto principale, si potrebbe quasi
dire al primo uomo della nostra storia. Per questa stessa ra
gione d'imparzialit, dobbiamo per anche avvertire ch'era
la prima volta, che a Renzo avvenisse un caso simile : e
'240 I PROMESSI SPOSI
appunto questo suo non esser uso a stravizi fu cagione in
gran parte che il primo gli riuscisse cos fatale. Que'pochi
bicchieri che aveva buttati gi da principio, l' uno dietro
l'altro, contro il suo solito, parte per queil' arsione che si
sentiva, parte per una certa alterazione d' animo, che non
gli lasciava far nulla con misura, gli diedero subito alla
testa : a un bevitore un po'esercitato non avrebbero fatto
altro che levargli la sete. Su questo il nostro anonimo fa
una osservazione, che noi ripeteremo: e conti quel che
pu contare. Le abitudini temperate e oneste, dice, recano
anche questo vantaggio, che, quanto pi sono inveterate e
radicate in un uomo, tanto pi facilmente, appena appena
se n'allontani, se ne risente subito; dimodoch se ne ri
corda poi per un pezzo ; e anche uno sproposito gli serve
di scola.
Comunque sia, quando que' primi fumi furono saliti alla
testa di Renzo, vino e parole continuarono a andare, l'uno
in gi e l'altre in su, senza misura n regola: e, al punto
a cui l' abbiam lasciato, stava gi come poteva. Si sentiva
una gran voglia di parlare : ascoltatori, o almeno uomini
presenti che potesse prender per tali, non ne mancava ; e,
per qualche tempo, anche le parole eran venute via senza
farsi pregare, e s' eran lasciate collocare in un certo qual
ordine. Ma a poco a poco, quella faccenda di finir le frasi
cominci a divenirgli fieramente difficile. Il pensiero, che
s'era presentato vivo e risoluto alla sua mente, s'annebbiava
e svaniva tutt'a un tratto; e la parola, dopo essersi fatta
aspettare un pezzo, non era quella che fosse al caso. In
queste angustie, per uno di que' falsi istinti che, in tante
cose, rovinan gli uomini, ricorreva a quel benedetto fiasco.
Ma di che aiuto gli potesse essere il fiasco, in una tale
circostanza, chi ha fior di senno lo dica.
. Noi riferiremo soltanto alcune delle moltissime parole che
mand fuori, in quella sciagurata sera: le molte pi che
tralasciamo, disdirebbero troppo; perch, non solo non
hanno senso, ma non fanno vista d'averlo: condizione
necessaria in un libro stampato.
Ah oste, oste! ricominci, accompagnandolo con
CAPITOLO XIV. 241
l'occhio intorno alla tavola, o sotto la cappa del cammino;
talvolta fissandolo dove non era, e parlando sempre in mezzo
al chiasso della brigata : oste che tu sei ! Non posso man
darla gi quel tiro del nome, cognome e negozio. A un
figliuolo par mio ! Non ti sei portato bene. Che sod
disfazione, che sugo, che gusto di mettere in carta
un povero figliuolo ? Parlo bene, signori ? Gli osti dovreb
bero tenere dalla parte de' buoni figliuoli Senti, senti,
oste; ti voglio fare un paragone per la ragione Ri
dono eh? Ho un po' di brio, s ma le ragioni le dico
giuste. Dimmi un poco; chi che ti manda avanti la bot
tega? I poveri figliuoli, n' vero? dico bene? Guarda un
po' se que' signori delle gride vengono mai da te a bere
un bicchierino?
Tutta gente che beve acqua, disse un vicino di Renzo.
Vogliono stare' in se, soggiunse un altro, per poter
dir le bugie a dovere.
Ah ! grid Renzo : ora il poeta che ha parlato. Dun
que intendete anche voi altri le mie ragioni. Rispondi dun
que, oste: e Ferrer, che il meglio di tutti, mai venuto
qui a fare un brindisi, e a spendere un becco d' un quat
trino ? E quel cane assassino di don ? Sto zitto, perch
sono in cervello anche troppo. Ferrer e il padre Crrr so
io, son due galantuomini ; ma ce n' pochi de' galantuomini.
I vecchi peggio de'giovani; e i giovani peggio ancora
de'vecchi. Per, son contento che non si sia fatto sangue :
oib; barbarie, da lasciarle fare al boia. Pane; oh questo s.
Ne ho ricevuti degli urtoni ; ma ne ho anche dati. Largo!
abbondanza ! viva ! Eppure, anche Ferrer qualche
parolina in latino sisbarastrapolorum Maledetto
vizio ! Viva t giustizia ! pane ! ah, ecco le parole giuste ! . . .
L ci volevano quei galantuomini .... quando scapp fuori
quel maledetto ton ton ton, e poi ancora ton ton ton. Non
si sarebbe fuggiti, ve', allora. Tenerlo li quel signor cu
rato So io a chi penso!
A questa parola, abbass la testa, e stette qualche tempo,
come assorto in un pensiero : poi mise un gran sospiro, e
alz il viso, con due occhi inumiditi e lustri, con un certo
1 Promessi Sposi. 16
242 I PROMESSI SPOSI
accoramento cos svenevole, cos sguaiato, che guai se chi
n'era l'oggetto avesse potuto vederlo un momento. Ma
quegli omacci che gi avevan cominciato a prendersi spasso
dell'eloquenza appassionata e imbrogliata di Renzo, tanto
pi se ne presero della sua aria compunta; i pi vicini di
cevano agli altri: guardate; e tutti si voltavano a lui ; tanto
che divenne lo zimbello della brigata. Non gi che tutti
fossero nel loro buon senno, o nel loro qual si fosse senno
ordinario; ma, per dir il vero, nessuno n'era tanto uscito,
quanto il povero Renzo : e per dir di pi era contadino. Si
misero, or l'uno or l'altro, a stuzzicarlo con domande
sciocche e grossolane, con cerimonie canzonatorie. Renzo,
ora dava segno d'averselo per male, ora prendeva la cosa
in ischerzo, ora, senza badare a tutte quelle voci, parlava di
tutt'altro, ora rispondeva, ora interrogava ; sempre a salti,
e fuor di proposito. Per buona sorte, in quel vaneggiamento,
gli era per rimasta come un'attenzione istintiva a scansare
i nomi delle persone ; dimodoch anche quello che doveva
esser pi altamente fitto nella sua memoria, non fu pro
ferito : ch troppo ci dispiacerebbe se quel nome , per il
quale anche noi sentiamo un po' d'affetto e di riverenza,
fosse stato strascinato per quelle boccacce, fosse divenuto
trastullo di lingue sciagurate.

CAPITOLO XV.

L'oste, vedendo che il gioco andava in lungo, s'era ac


costato a Renzo; e pregando, con buona grazia, quegli altri
che lo lasciassero stare, l'andava scotendo per un braccio,
e cercava di fargli intendere e di persuaderlo che andasse
a dormire. Ma Renzo tornava sempre da capo col nome
e cognome, e con le gride, e co'buoni figliuoli. Per quelle
parole : letto e dormire, ripetute al suo orecchio, gli entra-
ron finalmente in testa; gli fecero sentire un po' pi distin
tamente il bisogno di ci che significavano, e produssero
un momento di lucido intervallo. Quel po' di senno che gli
torn, gli fece in certo modo capire che il pi se n'era
andato : a un di presso come l'ultimo moccolo rimasto acceso
CAPITOLO XV. 243
il'un'illuminazione, fa vedere gli altri spenti. Si fece corag
gio ; stese le mani, e le appuntell sulla tavola ; tent, una
e due volte, d'alzarsi; sospir, barcoll: alla terza, sorretto
dall'oste, si rizz. Quello, reggendolo tuttavia, lo fece uscire
di tra la tavola e la panca; e, preso con una mano un lume,
con l'altra, parte lo condusse, parte lo tir, alla meglio,
verso l'uscio di scala. Li Renzo, al chiasso de' saluti che
coloro gli urlavan dietro, si volt in fretta; e se il suo so
stenitore non fosse stato ben lesto a tenerlo per un braccio,
la voltata sarebbe stata un capitombolo ; si volt dunque,
e, con l'altro braccio che gli rimaneva libero, andava
trinciando e iscrivendo nell'aria certi saluti, a guisa d'un
nodo di Salomone.
Andiamo a letto, a letto, disse l'oste, strascicandolo ;
gli fece imboccar l'uscio; e con pi fatica ancora, lo tir
in cima di quella scaletta, e poi nella camera che gli aveva
destinata. Renzo, visto il letto che l'aspettava, si rallegr:
guard amorevolmente l'oste, con due occhietti che ora scin-
tillavan pi che mai, ora s'ecclissavano, come due lucciole ;
cerc d'equilibrarsi sulle gambe ; e stese la mano al viso
dell'oste, per prendergli il ganascino, in segno d'amicizia
e di riconoscenza ; ma non gli riusc. Bravo oste ! gli
riusc per di dire : ora vedo che sei un galantuomo : que
sta un'opera buona, dare un letto a un buon figliuolo ;
ma quella figura che m'hai fatta, sul nome e cognome,
quella non era da galantuomo. Per buona sorte che an
ch'io son furbo la mia parte
L'oste, il quale non pensava che colui potesse ancor tanto
connettere; l'oste che, per lunga esperienza, sapeva quanto
gli uomini, in quello stato, sian pi soggetti del solito a
cambiar di parere , volle approfittare di quel lucido in
tervallo, per fare un altro tentativo. Figliuolo caro, disse,
con una voce e con un fare tutto gentile: non l'ho fatto
per seccarvi, n per sapere i fatti vostri. Cosa volete?
legge: anche noi bisogna ubbidire ; altrimenti siamo i primi
a portarne la pena. meglio contentarli, e . . . Di che si tratta
finalmente? Gran cosai dir due parole. Non per loro, ma
por fare un piacere a me: via; qui tra noi, a quattr'occhi,
244 I PROMESSI SPOSI
facciam le nostre cose; ditemi il vostro nome, e... e poi
andate a letto col cuor quieto.
Ah birbone ! esclam Renzo : mariolo ! tu mi torni
ancora in iampo con quell'infamit del nome, cognome e
negozio !
Sta zitto, buffone ; va a letto, diceva l'oste.
Ma Renzo continuava pi forte : ho inteso : sei della
lega anche tu. Aspetta, aspetta, che t' accomodo io. E
voltando la testa verso la scaletta, cominciava a urlare
pi forte ancora : amici! l'oste della
Ho detto per celia, grid questo sul viso di Renzo,
spingendolo verso il letto : per celia ; non hai inteso
che ho detto per celia?
Ah ! per celia : ora parli bene. Quando hai detto per
celia Son proprio celie. E cadde bocconi sul letto.
Animo; spogliatevi; presto, disse l'oste, e al consiglio
aggiunse l'aiuto; che ce n'era bisogno. Quando Renzo si fu
levato il farsetto, (e ce ne volle) l'oste l'agguant subito,
e corse con le mani alle tasche, per vedere se c'era il morto.
Lo trov : e pensando che, il giorno dopo, il suo ospite avreb
be avuto a fare i conti con tutt' altri che con lui, e che quel
morto sarebbe probabilmente caduto in mani di dove un
oste non avrebbe potuto farlo uscire ; volle provarsi se
almeno gli riusciva di concluder quest'altro affare.
Voi siete un buon figliuolo, un galantuomo; n' vero?
disse.
Buon figliuolo, galantuomo, rispose Renzo, facendo
tuttavia litigar le dita co' bottoni de' panni che non s'era
ancora potuto levare.
Bene, replic l' oste : saldate ora dunque quel
poco conticino , perch domani io devo uscire per certi
miei affari
Quest' giusto, disse Renzo. Son furbo, ma ga
lantuomo Ma i danari ? Andare a cercare i danari ora !
Eccoli qui, disse l'oste: e, mettendo in opera tutta la
sua pratica, tutta la sua pazienza, tutta la sua destrezza,
gli riusc di fare il conto con Renzo, e di pagarsi.
Dammi una mano, ch'io possa finir di spogliarmi, oste,
CAPITOLO XV. 245
disse Renzo. Lo vedo anch'io, ve', che ho addosso un
gran sonno.
L'oste gli diede l'aiuto richiesto; gli stese per di pi la
coperta addosso, e gli disse sgarbatamente buona notte,
che gi quello russava. Poi, per quella specie d'attrattiva,
che alle volte ci tiene a considerare un oggetto di stizza,
al pari che un oggetto d'amore, e che forse non altro che
il desiderio di conoscere ci che opera fortemente sull'animo
nostro, si ferm un momento a contemplare l'ospite cos
noioso per lui, alzandogli il lume sul viso, e facendovi, con la
mano stesa, ribatter soprala luce ; in quell'atto a un dipresso
che vien dipinta Psiche, quando sta a spiare furtivamente
le forme del consorte sconosciuto. Pezzo d'asino ! disse
nella sua mente al povero addormentato : sei andato pro
prio a cercartela. Domani poi, mi saprai dire che bel gusto ci
avrai. Tangheri, che volete girare il mondo, senza saper da
che parte si levi il sole; per imbrogliar voi e il prossimo.
Cosi detto o pensato, ritir il lume, si mosse, usc dalla
camera, e chiuse l'uscio a chiave. Sul pianerottolo della
scala , chiam l' ostessa ; alla quale disse che lasciasse i
figliuoli in guardia a una loro servetta, e scendesse in cu
cina, a far le sue veci. Bisogna ch' io vada fuori, in grazia
d' un forestiero capitato qui, non so come diavolo, per mia
disgrazia, soggiunse.; e le raccont in compendio il noioso
accidente. Poi soggiunse ancora : occhio a tutto ; e sopra
tutto prudenza, in questa maledetta giornata. Abbiamo lag
gi una mano di scapestrati che, tra il bere, e tra che di
matura sono sboccati, ne dicon di tutti i colori. Basta, se
qualche temerario
Oh ! non sono una bambina, e so anch' io quel che va
fatto. Finora, mi pare che non si possa dire
Bene, bene ; e badar che paghino ; e tutti que' discorsi
che fanno, sul vicario di provvisione e il governatore e Fer-
rer e i decurioni e i cavalieri e Spagna e Francia e altre
simili corbellerie, far vista di non sentire; perch, se si
contraddice, la pu andar male subito ; e se si d ragione,
la pu andar male in avvenire: e gi sai anche tu che qual
che volta quelli che le dicon pi grosse Basta ; quando
246 I PROMESSI SPOSI
si senton certe proposizioni, girar la testa, e dire : vengo ;
come se qualcheduno chiamasse da un un' altra parte. Io
cercher di tornare pi presto che posso.
Ci detto, scese con lei in cucina, diede un'occhiata in giro,
per veder se c'era novit di rilievo; stacc da un cavicchio
il cappello e la cappa, prese un randello da un cantuccio,
ricapitol, con un' altra occhiata alla moglie , l' istruzioni
che le aveva date ; e usc. Ma, gi nel far quelle operazioni,
aveva ripreso, dentro di s, il filo dell' apostrofe cominciata
al letto del povero Renzo : e la proseguiva, camminando in
istrada.
Testardo d'un montanaro! Ch, per quanto Renzo
avesse voluto tener nascosto l' esser suo, questa qualit si
manifestava da s, nelle parole, nella pronunzia, nell'aspetto
e negli atti. Una giornata come questa, a forza di poli
tica, a forza d' aver giudizio, io n' uscivo netto ; e dovevi
venir tu sulla fine, a guastarmi l' uova nel paniere. Manca
osterie in Milano, che tu dovessi proprio capitare alla mia ?
Fossi almeno capitato solo; che avrei chiuso un occhio, per
questa sera; e domattina t' avrei fatto intender la ragione.
Ma no signore : in compagnia ci vieni ; e in compagnia d'un
bargello, per far meglio!
A ogni passo, l'oste incontrava o passeggieri scompagnati,
o coppie, o brigate di gente, che giravano susurrando. A
questo punto della sua muta allocuzione, vide venire una
pattuglia di soldati; e tirandosi da parte, per lasciarli pas
sare, li guard con la coda dell' occhio, e continu tra s :
eccoli i gastigamatti. E tu, pezzo d' asino, per aver visto
un po' di gente in giro a far baccano, ti sei cacciato in testa
che il mondo abbia a mutarsi. E su questo bel fondamento,
ti sei rovinato te, e volevi anche rovinar me; che non
giusto. Io facevo di tutto per salvarti ; e tu bestia, in con
traccambio, c' mancato poco che non m'hai messo sottosopra
l' osteria. Ora toccher a te a levarti d' impiccio: per me ci
penso io. Come se io volessi sapere il tuo nome per una mia
curiosit ! Cosa m' importa a me che tu ti chiami Taddeo
o Bartolommeo ? Ci ho un bel gusto anch' io a prender la
penna in mano ! ma non siete voi altri soli a voler le cose
CAPITOLO XV. 247
a modo vostro. Lo so anch' io che ci son delle gride che non
-contan nulla : bella novit, da venircela a dire un monta
naro! Ma tu non sai che le gride contro, gli osti contano.
E pretendi girare il mondo, e parlare; e non sai che, a
voler fare a modo suo, e impiparsi delle gride, la prima cosa
di parlarne con gran riguardo. E per un povero oste che
fosse del tuo parere, e non domandasse il nome di chi capita
a favorirlo, sai tu, bestia, cosa c' di bello ? Sotto pena a
qual si voglia dei detti osti, tavernai ed altri, come sopra,
di trecento scudi : s, son l che covano trecento scudi ; e
per ispenderli cos bene ; da essere applicati, per i due terzi
alla regia Camera, e l'altro all'accusatore o delatore: quel
bel cecino ! Ed in caso di inabilit, cinque anni di galera,
e maggior pena, pecuniaria o corporale, all'arbitrio di sua
^eccellenza. Obbligatissimo alle sue grazie.
A queste parole, l' oste toccava la soglia del palazzo di
giustizia.
In, come a tutti gli altri uflzi,'c'era un gran da fare : per
tutto s' attendeva a dar gli ordini che parevan pi atti a
preoccupare il giorno seguente, a levare i pretesti e l'ardire
agli animi vogliosi di nuovi tumulti, ad assicurare la forza
nelle mani solite a adoprarla. S'accrebbe la soldatesca alla
casa del vicario; gli sbocchi della strada furono sbarrati di
travi, trincerati di carri. S'ordin a tutti i fornai che faces
sero pane senza intermissione; si spedirono staffette a' paesi
circonvicini, con ordini di mandar grano alla citt ; a ogni
forno furono deputati nobili, che vi si portassero di buon
mattino, a invigilare sulla distribuzione e a tenere a freno
gY inquieti, con l' autorit della presenza, e con le buone
parole. Ma per dar, come si dice, un colpo al cerchio e uno
alla botte, e render pi efficaci i consigli con un po' di spa
vento, si pens anche a trovar la maniera di metter le mani
addosso a qualche sedizioso : e questa era principalmente la
parte del capitano di giustizia; il quale, ognuno pu pensare
che sentimenti avesse per le sollevazioni e per i sollevati,
con una pezzetta d' acqua vulneraria sur uno degli organi
della profondit metafisica. I suoi bracchi erano in campo
fino dal principio del tumulto : e quel sedicente Ambrogio
248 I PROMESSI SPOSI
Fusella era, come ha detto l' oste, un bargello travestito,,
mandato in giro appunto per cogliere sul fatto qualcheduno
da potersi riconoscere, e tenerlo in petto, e appostarlo, e
acchiapparlo poi, a notte affatto quieta, o il giorno dopo.
Sentite quattro parole di quella predica di Renzo, colui gli
aveva fatto subito assegnamento sopra ; parendogli quello
un reo buon uomo, proprio quel che ci voleva. Trovandolo
poi nuovo affatto del paese, aveva tentato il colpo maestro
di condurlo caldo caldo alle carceri, come alla locanda pi
sicura della citt ; ma gli and fallito, come avete visto. Pot
per portare a casa la notizia sicura del nome, cognome e
patria, oltre cent'altre belle notizie congetturali ; dimodoch,
quando l'oste capit l, a dir ci che sapeva intorno a Renzo,
ne sapevan gi pi di lui. Entr nella solita stanza, e fece
la sua deposizione : come era giunto ad allogiar da lui un
forestiero, che non aveva mai voluto manifestare il suo nome.
Avete fatto il vostro dovere a informar la giustizia; in
disse un notaio criminale, mettendo gi la penna, ma gi
lo sapevamo.
Bel segreto ! pens l'oste: ci vuole un gran
talento !
E sappiamo anche, continu il notaio, quel rive
rito nome.
Diavolo ! il nome poi, com' hanno fatto? pens l'oste
questa volta.
Ma voi, riprese l'altro, con volto serio, voi non dite
tutto sinceramente.
Cosa devo dire di pi?
Ah ! ah t sappiamo benissimo che colui ha portato nella
vostra osteria una quantit di pane rubato, e rubato con
violenza, per via di saccheggio e di sedizione.
Vien uno con un pane in tasca ; so assai dov' andato
a prenderlo. Perch, a parlar come in punto di morte, posso
dire di non avergli visto che un pane solo.
Gi; sempre scusare, difendere: chi sente voi altri, son
tutti galantuomini. Come potete provare che quel pane fosse
di buon acquisto?
Cosa ho da' provare io ? io non c' entro : io fo l' oste.
CAPITOLO XV. 249
Non potrete per negare che codesto vostro avventore
non abbia avuta la temerit di proferir parole ingiuriose
contro le gride, e di far atti mali e indecenti contro l' arme
di sua eccellenza.
Mi faccia grazia, vossignoria : come pu mai essere mio
avventore, se lo vedo per la prima volta? il diavolo, con
rispetto parlando, che l'ha mandato a casa mia: e se lo
conoscessi, vossignoria vede bene che non avrei avuto bi
sogno di domandargli il suo nome. i
Per, nella vostra osteria, alla vostra presenza, si son
dette cose di fuoco: parole temerarie, proposizioni sedi
ziose, mormorazioni, strida, clamori.
Come vuole vossignoria ch' io badi agli spropositi che
posson dire tanti urloni che parlan tutti insieme ? Io devo
attendere a' miei interessi, che sono un pover' uomo. E poi
vossignoria sa bene che chi di lingua sciolta, per il solito
anche lesto di mano, tanto pi quando sono una bri
gata, e ...
S, s ; lasciateli fare e dire : domani, domani, vedrete
se gli sar passato il ruzzo. Cosa credete?
Io non credo nulla.
Che la canaglia sia diventata padrona di Milano?
Oh giusto!
Vedrete, vedrete.
Intendo benissimo: il re sar sempre il re ; ma chi avr
riscosso, a vr riscosso : e naturalmente un povero padre di
famiglia non ha voglia di riscotere. Lor signori hanno la
forza: a lor signori tocca.
Avete ancora molta gente in casa ?
Un visibilio.
E quel vostro avventore cosa fa? Continua a schiamaz
zare, a metter su la gente, a preparar tumulti per domani ?
Quel forestiero, vuol dire vossignoria : andato a letto.
Dunque avete molta gente Basta ; badate a non
lasciarlo scappare.
Che devo fare il birr'o io? pens l'oste; ma non
disse n s n no.
Tornate pure a casa; e abbiate giudizio, riprese il notaio.
250 I PROMESSI SPOSI
Io ho sempre avuto giudizio. Vossignoria pu dire se
ho mai dato da fare alla giustizia.
E non crediate che la giustizia abbia perduta la sua
forza.
Io ? per carit ! io non credo nulla : abbado a far l'oste.
La solita canzone: non avete mai altro da dire.
Che ho da dire altro? La verit una sola.
Basta; per ora riteniamo ci che avete deposto; se
verr poi il caso, informerete pi minutamente la giustizia,
intorno a ci che vi potr venir domandato.
Cosa ho da informare? io non so nulla; appena ho la
testa da attendere ai fatti miei.
Badate a non lasciarlo partire.
Spero che l' illustrissimo signor capitano sapr che son
venuto subito a fare il mio dovere. Bacio le mani a vos
signoria.
Allo spuntar del giorno, Renzo russava da circa sett'ore,
ed era ancora, poveretto ! sul pi bello, quando due forti
scosse alle braccia, e una voce che dappi del letto gridava:
Lorenzo Tramaglino! , lo fecero riscotere. Si risenti,
ritir le braccia, apr gli occhi a stento ; e vide ritto appi
del letto un uomo vestito di nero, e due armati, uno di qua,
uno di l del capezzale. E, tra la sorpresa, e il non esser desto
bene, e la spranghetta di quel vino che sapete, rimase un mo
mento come incantato ; e credendo di sognare, e non piacen
dogli quel sogno, si dimenava, come per isvegliarsi affatto.
Ah! avete sentito una volta, Lorenzo Tramaglino?
disse l' uomo dalla cappa nera, quel notaio medesimo della
sera avanti. Animo dunque ; levatevi, e venite con noi.
Lorenzo Tramaglino ! disse Renzo Tramaglino : cosa
vuol dir questo ? Cosa volete da me ? Chi v' ha detto il mio
nome?
Meno ciarle, e fate presto, disse uno de' birri che gh
stavano a fianco, prendendogli di nuovo il braccio.
Ohe ! che prepotenza questa ? grid Renzo, ritirando
il braccio. Oste! o l'oste!
Lo portiam via in camicia? disse ancora quel birro.
voltandosi al notaio.
CAPITOLO XV. 251
Avete inteso ? disse questo a Renzo : si far cosi,
se non vi levate subito subito, per venir con noi.
E perch? domand Renzo.
Il perch lo sentirete dal signor capitano di giustizia.
Io? Io sono un galantuomo: non ho fatto nulla; e mi
maraviglio
Meglio per voi, meglio per voi; cos, in due parole
sarete spicciato, e potrete andarvene per i fatti vostri.
Mi lascino andare ora, disse Renzo : io non ho a
che far nulla con la giustizia.
Ors, finiamola! disse un birre
Lo portiamo via davvero? disse l' altro.
Lorenzo Tramaglino ! disse il notaio.
Come sa il mio nome, vossignoria?
Fate il vostro dovere, disse il notaio a' birri; i quali
misero subito le mani addosso a Renzo, per tirarlo fuori
del letto.
Eh ! non toccate la carne d' un galantuomo, che !
Mi so vestir da me.
Dunque vestitevi subito, disse il notaio.
Mi vesto, rispose Renzo ; e andava di fatti raccogliendo
qua e l i panni sparsi sul letto, come gli avanzi d' un nau
fragio sul lido. E cominciando a metterseli, proseguiva tut
tavia dicendo : ma io non ci voglio andare dal capitano di
giustizia. Non ho che far nulla con lui. Giacch mi si fa
quest'affronto ingiustamente, voglio esser condotto da Fer-
rer. Quello lo conosco, so che un galantuomo; e m'ha
dell'obbligazioni.
S, s, figliuolo, sarete condotto da Ferrer, rispose il
notaio. In altre circostanze, avrebbe riso, proprio di gusto,
d' una richiesta simile ; ma non era momento da ridere. Gi
nel venire, aveva visto per le strade un certo movimento,
da non potersi ben definire se fossero rimasugli d' una sol
levazione non del tutto sedata, o principi d'una nuova:
uno sbucar di persone, un accozzarsi, un andare a brigate,
un far crocchi. E ora, senza farne sembiante, o cercando
almeno di non farlo, stava in orecchi, e gli pareva che il
ronzio andasse crescendo. Desiderava dunque di spicciarsi;
252 I PROMESSI SPOSI
ma avrebbe anche voluto condur via Renzo d'amore e
d' accordo ; giacch, se si fosse venuti a guerra aperta con
lui, non poteva esser certo, quando fossero in istrada, di
trovarsi tre contr' uno. Perci dava d' occhio a' birri, che
avessero pazienza, e non inasprissero il giovine ; e dalla parte
sua, cercava di persuaderlo con buone parole. Il giovine
intanto, mentre si vestiva adagino adagino, richiamandosi,
come poteva, alla memoria gli avvenimenti del giorno
avanti, indovinava bene, a un dipresso, che le gride e il
nome e il cognome dovevano esser la causa di tutto ; ma
come diamine colui lo sapeva quel nome ? E che diamine era
accaduto in quella notte, perch la giustizia avesse preso
tant' animo , da venire a colpo sicuro , a metter le mani
addosso a uno de'buoni figliuoli che, il giorno avanti, avevan
tanta voce in capitolo ? e che non dovevano esser tutti addor
mentati, poich Renzo s' accorgeva anche lui d' un ronzio
crescente nella strada. Guardando poi in viso il notaio,
vi scorgeva in pelle in pelle la titubazione che costui si
sforzava invano di tener nascosta. Onde, cos per venire
in chiaro delle sue congetture, e scoprir paese, come per
tirare in lungo, e anche per tentare un colpo, disse : vedo
bene cos' l' origine di tutto questo : gli per amor del
nome e del cognome. Ier sera veramente ero un po' allegro :
questi osti alle volte hanno certi vini traditori ; e alle volte,
come dico, si sa, quando il vino gi, lui che parla. Ma,
se non si tratta d' altro, ora son pronto a darle ogni sod
disfazione. E poi, gi lei lo sa il mio nome. Chi diamine
gliel ha detto?
Bravo, figliuolo, bravo ! rispose il notaio, tutto ma
nieroso : vedo che avete giudizio ; e, credete a me che son
del mestiere, voi siete pi furbo che tant'altri. la miglior
maniera d'uscirne presto e bene: con codeste buone dispo
sizioni, in due parole siete spicciato, e lasciato in libert.
Ma io, vedete figliuolo, ho le mani legate, non posso rila
sciarvi qui, come vorrei. Via, fate presto, e venite pure senza
timore; che quando vedranno chi siete; e poi io dir
Lasciate fare a me Basta; sbrigatevi, figliuolo.
Aht lei non pu: intendo, disse Renzo; e continuava
CAPITOLO XV. 253
a vestirsi, respingendo con de' cenni i cenni che i birri fa
cevano di mettergli le mani addosso, per farlo spicciare.
Passeremo dalla piazza del duomo? domand poi
al notaio.
Di dove volete; per la pi corta, affine di lasciarvi
pi presto in libert, disse quello, rodendosi dentro di s,
di dover lasciar cadere in terra quella domanda misteriosa
di Renzo, che poteva divenire un tema di cento interroga
zioni. Quando uno nasce disgraziato ! pensava. Ecco ;
mi viene alle mani uno che, si vede, non vorrebbe altro che
cantare : e, un po'di respiro che s'avesse, cos extra formam,
accademicamente, in via di discorso amichevole, gli si fa
rebbe confessar, senza corda, quel che uno volesse ; un uomo
da condurlo in prigione gi bell' e esaminato, senza che se
ne fosse accorto : e un uomo di questa sorte mi deve per
l'appunto capitare in un momento cos angustiato. Eh ! non
c' scampo, continuava a pensare, tendendo gli orecchi,
e piegando la testa all' indietro : non c' rimedio ; e'risica
d' essere una giornata peggio di ieri. Ci che lo fece
pensar cos, fu un rumore straordinario che si sent nella
strada: e non pot tenersi di non aprir l' impannata, per
dare un' occhiatina. Vide ch' era u-n crocchio di cittadini, i
quali, all' intimazione di sbandarsi, fatta loro da una pattu
glia, avevan da principio risposto con cattive parole, e final
mente si separavan continuando a brontolare ; e quel che
al notaio parve un segno mortale, i soldati eran pieni di
civilt. Chiuse l' impannata, e stette un momento in forse,
se dovesse condur l' impresa a termine, o lasciar Renzo in
guardia de' due birri, e correr dal capitano di giustizia, a
render conto di ci che accadeva. Ma, pens subito,
mi si dir che sono un buon a nulla, un pusillanime, e
che dovevo eseguir gli ordini. Siamo in ballo ; bisogna bal
lare. Malannaggia la furia ! Maledetto il mestiere !
Renzo era levato ; i due satelliti gli stavano a' fianchi. Il
notaio accenn a costoro che non lo sforzasser troppo, e
disse a lui: da bravo, figliuolo; a noi, spicciatevi.
Anche Renzo sentiva, vedeva e pensava. Era ormai tutto
vestito, salvo il farsetto, che teneva con una mano, frugando
254 I PROMESSI SPOSI
con l'altra nelle tasche. Ohe ! disse, guardando il no
taio, con un viso molto significante : qui c' era de' soldi
e una lettera. Signor mio!
Vi sar dato ogni cosa puntualmente, disse il notaio,
dopo adempite quelle poche formalit. Andiamo, andiamo.
No, no, no, disse Renzo, tentennando il capo : que
sta non mi va : voglio la roba mia, signor mio. Render
conto delle mie azioni; ma voglio la roba mia.
Voglio farvi vedere che mi fido di voi : tenete, e fate
presto, disse il notaio, levandosi di seno, e consegnando,
con un sospiro, a Renzo le cose sequestrate. Questo, ripo
nendole al loro posto, mormorava tra' denti : alla larga !
bazzicate tanto co' ladri, che avete un poco imparato il me
stiere. I birri non potevan pi stare alle mosse ; ma il
notaio li teneva a freno con gli occhi, e diceva intanto tra
s : se tu arrivi a metter piede dentro quella soglia, l' hai
da pagar con usura, l'hai da pagare. '
Mentre Renzo si metteva il farsetto, e prendeva il cap
pello, il notaio fece cenno a un de'birri, che s'avviasse per la
scala; gli mand dietro il prigioniero, poi l' altro amico; poi
si mosse anche lui. In cucina che furono, mentre Renzo
dice : e quest' oste benedetto dove s' cacciato ? il no
taio fa un altro cenno a' birri; i quali afferrano, l'uno la
destra, l' altro la sinistra del giovine, e in fretta in fretta
gli legano i polsi con certi .ordigni, per quell' ipocrita figura
d' eufemismo, chiamati manichini. Consistevano questi (ci
dispiace di dover discendere a particolari indegni della gra
vit storica ; ma la chiarezza lo richiede), consistevano in
una cordicella lunga un po' pi che il giro d' un polso or
dinario, la quale aveva nelle cime due pezzetti di legno,
come due piccole stanghette. La cordicella circondava il
polso del paziente; i legnetti, passati tra il medio e l' anu
lare del prenditore, gli rimanevano chiusi in pugno, di modo
che, girandoli, ristringeva la legatura, a volont ; e con ci
aveva mezzo, non solo d' assicurare la presa, ma anche di
martirizzare un ricalcitrante: e a questo fine, la cordicella
era sparsa di nodi.
Renzo si divincola, grida: che tradimento questo? A
CAPITOLO XV. 255
un galantuomo ! Ma il notaio, che per ogni tristo fatto
aveva le sue buone parole, abbiate pazienza, diceva :
fanno il loro dovere. Cosa volete ? son tutte formalit ;
e anche noi non possiam trattar la gente a seconda del
nostro cuore. Se non si facesse quello che ci vien coman
dato, staremmo freschi noi altri, peggio di voi. Abbiate
pazienza.
Mentre parlava, i due a cui toccava a fare, diedero una
girata a'legnetti. Renzo s'acquiet, come un cavallo bizzarro
che si sente il labbro stretto tra le morse, e esclam:
pazienza !
Bravo figliuolo ! disse il notaio : questa la vera
maniera d'uscirne a bene. Cosa volete ? una seccatura ;
lo vedo anch'io ; ma, portandovi bene, in un momento ne
siete fuori. E giacch vedo che siete ben disposto, e io mi
sento inclinato a aiutarvi, voglia darvi anche un altro pa
rere, per vostro bene. Credete a me, che son pratico di que
ste cose : andate via diritto diritto, senza guardare in qua
e in l, senza farvi scorgere: cos nessuno bada a voi,
nessuno s'avvede di quel che ; e voi conservate il vostro
onore. Di qui a un'ora voi siete in libert: c' tanto da
fare, che avranno fretta anche loro di sbrigarvi : e poi par
ler io ... . Ve n'andate per i fatti vostri: e nessuno sapr
che siete stato nelle mani della giustizia. E voi altri,
continu poi, voltandosi a'birri, con un viso severo : guar
date bene di non fargli male, perch lo proteggo io : il vo
stro dovere bisogna che lo facciate ; ma ricordatevi che
un galantuomo, un giovine civile, il quale, di qui a poco,
sar in libert; e che gli deve premere il suo onore. An
date in maniera che nessuno s'avveda di nulla: come se
foste tre galantuomini che vanno a spasso. E, con tono
imperativo, e con sopracciglio minaccioso, concluse : m'a
vete inteso. Voltatosi poi a Renzo, col sopracciglio spia
nato, e col viso divenuto a un tratto ridente, che pareva
volesse dire: oh noi s che siamo amici!, gli bisbigli di
nuovo : giudizio ; fate a mio modo ; andate raccolto e quieto ;
fidatevi di chi vi vuol bene: andiamo. E la comitiva
s'avvi.
256 I PROMESSI SPOSI
Per, di tante belle parole, Renzo non ne credette una :
n che il notaio volesse pi bene a lui che a'birri, n che
prendesse tanto a cuore la sua riputazione, n che avesse
intenzion d' aiutarlo : cap benissimo che il galantuomo,
temendo che si presentasse per la strada qualche buona
occasione di scappargli dalle mani, metteva innanzi que'bei
motivi, per istornar lui dallo starci attento e da appro
fittarne. Dimodoch tutte quelle esortazioni non servirono
ad altro che a confermarlo nel disegno che gi aveva in
testa, di far tutto il contrario.
Nessuno concluda da ci che il notaio fosse un furbo ine
sperto e novizio; perch s'ingannerebbe. Era un furbo ma
tricolato, dice il nostro storico, il quale pare che fosse nel
numero de' suoi amici : ma, in quel momento, si trovava con
l'animo agitato. A sangue freddo, vi so dir io come si sa
rebbe fatto beffe di chi, per indurre un altro a fare una cosa
per s sospetta, fosse andato suggerendogliela e inculcan
dogliela caldamente, con quella miserabile finta di dargli un
parere disinteressato, da amico. Ma una tendenza generale
degli uomini, quando sono agitati e angustiati, e vedono
ci che un altro potrebbe fare per levarli d'impiccio, di chie
derglielo con istanza e ripetutamente e con ogni sorte di
pretesti; ei furbi, quando sono angustiati e agitati, cadono
anche loro sotto questa legge comune. Quindi che, in si
mili circostanze, fanno per lo pi una cos meschina figura.
<Jue' ritrovati maestri, quelle belle malizie, con le quali sono
avvezzi a vincere, che son diventate per loro quasi una
seconda natura, e che, messe in opera a tempo, e condotte
con la pacatezza d'animo, con la serenit di mente neces
sarie, fanno il colpo cos bene e cos nascostamente, e co
nosciute anche, dopo la riuscita, riscotono l'applauso uni
versale ; i poverini quando sono alle strette, le adoprano
in fretta, all'impazzata, senza garbo n grazia. Di maniera
che a uno che li veda ingegnarsi e arrabattarsi a quel
modo, fanno piet e movon le risa, e l'uomo che preten
dono allora di mettere in mezzo, quantunque meno accorto
di loro, scopre benissimo tutto il loro gioco, e da quegli
artiflzi ricava lume per s, contro di loro. Perci non si
CAPITOLO XV. 257
pu mai abbastanza raccomandare a' furbi di professione
di conservar sempre il loro sangue freddo, o d'esser sempre
i pi forti, che la pi sicura.
Renzo adunque, appena furono in istrada, cominci a gi
rar gli occhi in qua e in l, a sporgersi con la persona, a
destra e a sinistra, a tender gli orecchi. Non c'era per
concorso straordinario; e bench sul viso di pi d'un pas-
seggiero si potesse legger facilmente un certo non so che
di sedizioso, pure ognuno andava diritto per la sua strada;
e sedizione propriamente detta, non c'era.
Giudizio, giudizio ! gli susurrava il notaio dietro le
-spalle : il vostro onore ; l' onore, figliuolo. Ma quando
Renzo, badando attentamente a tre che venivano con visi
accesi, sent che parlavan d'un forno, di farina nascosta,
di giustizia, cominci anche a far loro de' cenni col viso,
e a tossire in quel modo che indica tutt'altro che un raf
freddore. Quelli guardarono pi attentamente la comitiva,
e si fermarono; con loro si fermarono altri che arriva
vano; altri, che gli eran passati davanti, voltatisi al bi
sbiglio, tornavano indietro, e facevan coda.
Badate a voi ; giudizio, figliuolo ; peggio per voi vedete ;
non guastate i fatti vostri; l'onore, la riputazione, conti
nuava a susurrare il notaio. Renzo faceva peggio. I birri,
dopo essersi consultati con l'occhio, pensando di far bene
.(ognuno soggetto a sbagliare), gli diedero una stretta
di manichini.
Ahi! ahi! ahi ! grida il tormentato : al grido, la gente
s'affolla intorno; n'accorre da ogni parte della strada: la
comitiva si trova incagliata. un malvivente, bisbi
gliava il notaio a quelli che gli erano a ridosso: un ladro
colto sul fatto. Si ritirino, lascin passar la giustizia. Ma
Renzo, visto il bel momento, visti i birri diventar bianchi,
o almeno pallidi, se non m'aiuto ora, pens, mio danno.
E subito alz la voce : figliuoli ! mi menano in prigione,
perch ieri ho gridato : pane e giustizia. Non ho fatto nulla ;
son galantuomo : aiutatemi, non m'abbandonate, figliuoli !
Un mormorio favorevole, voci pi chiare di protezione
s'alzano in risposta: i birri sul principio comandano, poi
/ Promessi Sposi. 17
258 I PROMESSI SPOSI
chiedono, poi pregano i pi vicini d' andarsene , e di far
largo: la folla invece incalza e pigia sempre pi. Quelli,
vista la mala parata, lascian andare i manichini, e non si
curan pi d'altro che di perdersi nella folla, per uscirne
inosservati. Il notaio desiderava ardentemente di far la
stesso ; ma c'era de' guai, per amor della cappa nera. Il
pover'uomo, pallido e sbigottito, cercava di farsi piccino
piccino, s'andava storcendo, per isgusciar fuor della folla;
ma non poteva alzar gli occhi, che non se ne vedesse venti
addosso. Studiava tutte le maniere di comparire un estra
neo che, passando di li a caso, si fosse trovato stretto nella
calca, come una pagliucola nel ghiaccio ; e riscontrandosi a
viso a viso con uno che lo guardava fisso, con un cipiglio
peggio degli altri, lui, composta la bocca al sorriso, con
un suo fare sciocco, gli domand: cos' stato?
Uh corvacciot rispose colui. Corvaccio! corpac
cio ! rison all'intorno. Alle grida s'aggiunsero gli ur-
toni; di maniera che, in poco tempo, parte con le gambe
proprie, parte con le gomita altrui, ottenne ci che pi
gli premeva in quel momento, d'esser fuori di quel serra
serra.

CAPITOLO XVI.

Scappa, scappa, galantuomo : l c' un convento, ecco


l una chiesa; di qui, di l, si grida a Renzo da ogni
parte. In quanto allo' scappare, pensate se aveva bisogno di
consigli. Fin dal primo momento che gli era balenato in
mente una speranza d' uscir da quell' unghie, aveva comin
ciato a fare i suoi conti, e stabilito, se questo gli riusciva,
d' andare senza fermarsi, fin che non fosse fuori, non solo
della citt, ma del ducato. Perch, aveva pensato,
il mio nome l' hanno su'loro libracci, in qualunque maniera
l'abbiano avuto ; e col nome e cognome, mi vengono a pren
dere quando vogliono. E in quanto a un asilo, non vi si
sarebbe cacciato che quando avesse avuto i birri alle spalle.
Perch, se posso essere uccel di bosco , aveva an
che pensato, non voglio diventare uccel di gabbia.
CAPITOLO XVI. 259
Aveva dunque disegnato per suo rifugio quel paese nel ter
ritorio di Bergamo, dov' era accasato quel suo cugino Bor
tolo, se ve ne rammentate, che pi volte l'aveva invitato a
andar l. Ma trovar la strada, l stava il male. Lasciato in
una parte sconosciuta d' una citt si pu dire sconosciuta,
Renzo non sapeva neppure da che porta s' uscisse per an
dare a Bergamo ; e quando l' avesse saputo, non sapeva poi
andare alla porta. Fu l l per farsi insegnar la strada da
qualcheduno de' suoi liberatori; ma siccome nel poco tempo
che aveva avuto per meditare su' casi suoi, gli eran passate
per la mente certe idee su quello spadaio cos obbligante,
padre di quattro figliuoli, cos\ a buon conto, non volle ma
nifestare i suoi disegni a una gran brigata, dove ce ne po
teva essere qualche altro di quel conio ; e risolvette subito
d' allontanarsi in fretta di l : che la strada se la farebbe poi
insegnare, in luogo dove nessuno sapesse chi era, n il per
ch la domandasse. Disse a' suoi liberatori : grazie tante,
figliuoli : siate benedetti, e, uscendo per il largo che gli
fu fatto immediamente , prese la rincorsa, e via; dentro
per un vicolo, gi per una stradetta, galopp un pezzo ,
senza saper dove. Quando gli parve d'essersi allontanato ab
bastanza, rallent il passo, per non dar sospetto ; e cominci
a guardare in qua e in l, per isceglier la persona a cui
far la sua domanda, una faccia che ispirasse confidenza. Ma
anche qui c' era dell' imbroglio. La domanda per s era so
spetta ; il tempo stringeva : i birri, appena liberati da quel
piccolo intoppo, dovevan senza dubbio essersi rimessi in
traccia del loro fuggitivo ; la voce di quella fuga poteva es
sere arrivata fin l ; e in tali strette, Renzo dovette fare
forse dieci giudizi fisionomici, prima di trovar la figura che
gli paresse a proposito. Quel grassotto, che stava ritto sulla
soglia della sua bottega, a gambe larghe, con le mani di
dietro, con la pancia in fuori, col mento in aria, dal quale
pendeva una gran pappagorgia, e che, non avendo altro che
fare, andava alternativamente sollevando sulla punta
de' piedi la sua massa tremolante, e lasciandola ricadere sui
calcagni, aveva un viso di cicalone curioso, che, in vece
di dar delle risposte, avrebbe fatto delle interrogazioni.
260 I PROMESSI SPOSI
Quell'altro che veniva innanzi, con gli occhi fissi, e col labbro
in fuori, non che insegnar presto e bene la strada a un
altro, appena pareva conoscer la sua. Quel ragazzotto, che,
a dire il vero, mostrava d' esser molto sveglio, mostrava
per d'essere anche pi malizioso ; e probabilmente avrebbe
avuto un gusto matto a far andare un povero contadino dalla
parte opposta a quella che desiderava. Tant' vero che al
l' uomo impicciato, quasi ogni cosa un nuovo impiccio !
Visto finalmente uno che veniva in fretta, pens che que
sto, avendo probabilmente qualche affare pressante, gli
risponderebbe subito, senz' altre chiacchiere ; e sentendolo
parlar da s, giudic che dovesse essere un uomo sincero.
Gli s' accost, e disse : di grazia, quel signore, da che parte
si va per andare a Bergamo ?
Per andare a Bergamo? Da porta orientale.
Grazie tante ; e per andare a porta orientale ?
Prendete questa strada a mancina; vi troverete sulla
piazza del duomo; poi...
Basta, signore; il resto lo so. Dio gliene renda me
rito. E diviato s' incammin dalla parte che gli era stata
indicata. L'altro gli guard dietro un momento, e, ac
cozzando nel suo pensiero quella maniera di camminare
con la domanda, disse tra s : o n' ha fatta una, o qual-
cheduno la vuol fare a lui.
Renzo arriva sulla piazza del duomo; l' attraversa, passa
accanto a un mucchio di cenere e di carboni spenti, e ri
conosce gli avanzi del fal di cui era stato spettatore il
giorno avanti; costeggia gli scalini del duomo, rivede il
forno delle grucce, mezzo smantellato, e guardato da sol
dati ; e tira diritto per la strada da cui era venuto insieme
con la folla ; arriva al convento de' cappuccini ; d un' oc
chiata a quella piazza e alla porta della chiesa, e dice tra
s, sospirando: m' aveva per dato un buon parere quel
frate di ieri: che stessi in chiesa a aspettare, e a fare un
po' di bene.
Qui, essendosi fermato un momento a guardare attenta
mente alla porta per cui doveva passare, e vedendovi, cosi
da lontano, molta gente a guardia, e avendo la fantasia un
CAPITOLO XVI. 2G1
po' riscaldata (bisogna compatirlo; aveva i suoi motivi) ,
prov una certa ripugnanza ad affrontare quel passo. Si tro
vava cos a mano un luogo d' asilo, e dove, con quella let
tera, sarebbe ben raccomandato; fu tentato fortemente
d'entrarvi. Ma, subito ripreso animo, pens: uccel di bo
sco, fin che si pue ' Chi mi conosce ? Di ragione, i birri non
si saran fatti in pezzi, per andarmi ad aspettare a tutte le
porte. Si volt, per vedere se mai venissero da quella
parte : non vide n quelli, n altri che paressero occuparsi
di lui. Va innanzi; rallenta quelle gambe benedette, che
volevan sempre correre, mentre conveniva soltanto cam
minare ; e adagio adagio, fischiando in semitono, arriva alla
porta.
C era, proprio sul passo, un mucchio di gabellini, e, per
rinforzo, anche de'micheletti spagnoli ; ma stavan tutti at
tenti verso il di fuori, per non lasciare entrar di quelli che,
alla notizia d' una sommossa, v' accorrono, come i corvi al
campo dove stata data battaglia ; di maniera che Renzo,
con un'aria indifferente, con gli occhi bassi, e con un andare
cos tra il viandante e uno che vada a spasso, usci, senza
che nessuno gli dicesse nulla ; ma il cuore di dentro faceva
un gran battere. Vedendo a diritta una viottola, entr in
quella, per evitare la strada maestra ; e cammin un pezzo
prima di voltarsi neppure indietro.
Cammina, cammina; trova cascine, trova villaggi, tira in
nanzi senza domandarne il nome; certo d'allontanarsi da
Milano, spera d'andar verso Bergamo ; questo gli basta per
ora. Ogni tanto, si voltava indietro; ogni tanto, andava
anche guardando e strofinando or l' uno or l' altro polso,
ancora un po'indolenziti, e segnati in giro d'una striscia ros
seggiante, vestigio della cordicella. I suoi pensieri erano,
come ognuno pu immaginarsi, un guazzabuglio di penti
menti, d'inquietudini, di rabbie, di tenerezze ; era uno studio
faticoso di raccapezzare le cose dette e fatte la sera avanti,
di scoprir la parte segreta della sua dolorosa storia, e sopra
tutto come avevan potuto risapere il suo nome. I suoi so
spetti cadevan naturalmente sullo spadaio, al quale si
rammentava bene d' averlo spiattellato. E ripensando alla
262 I PROMESSI SPOSI
maniera con cui gliel aveva cavato di bocca, e a tutto il fare
di colui, e a tutte queir esibizioni che riuscivan sempre a
voler saper qualcosa, il sospetto diveniva quasi certezza. Se
non che si rammentava poi anche, in confuso, d' aver, dopo
la partenza dello spadaio, continuato a cicalare ; con chi,
indovinala grillo ; di cosa, la memoria, j^er quanto venisse
esaminata, non lo sapeva dire : non sapfeva dir altro che
d' essersi in quel tempo trovata fuor di casa. Il poverino si
smarriva in quella ricerca : era come un uomo che ha sot
toscritti molti fogli bianchi, e gli ha affidati a uno che
credeva il fior de' galantuomini ; e scoprendolo poi un im
broglione, vorrebbe conoscere lo stato de' suoi affari : che
conoscere ? un caos. Un altro studio penoso era quello di
far sull' avvenire un disegno che gli potesse piacere : quelli
che non erano in aria, eran tutti malinconici.
Ma ben presto, lo studio pi penoso fu qullo di trovar
la strada. Dopo aver camminato un pezzo, si pu dire, alla
ventura, vide che da s non ne poteva uscire. Provava bens
una certa ripugnanza a metter fuori quella parola Bergamo,
come se avesse un non so che di sospetto, di sfacciato; ma
non si poteva far di meno. Risolvette dunque di rivolgersi,
come aveva fatto in Milano, al primo viandante la cui fiso-
nomia gli andasse a genio; e cos fece.
Siete fuor di strada, gli rispose questo ; e, pensatoci
un poco, parte con parole, parte co' cenni, gl' indic il giro
che doveva fare, per rimettersi sulla strada maestra. Renzo
Lo ringrazi, fece le viste di far come gli era stato detto,
prese in fatti da quella parte, con intenzione per d'avvici
narsi bens a quella benedetta strada maestra, di non per
derla di vista, di costeggiarla pi che fosse possibile; ma
senza mettervi piede. Il disegno era pi facile da concepirsi
che da eseguirsi. La conclusione fu che, andando cos da de
stra a sinistra, e, come si dice, a zig zag, parte seguendo l'al
tre indicazioni che si faceva coraggio a pescar qua e l, parte
correggendole secondo i suoi lumi, e adattandole al sub in
tento, parte lasciandosi guidar dalle strade in cui si trovava
incamminato, il nostro fuggitivo aveva fatte forse dodici
miglia , che non era distante da Milano pi di sei ; e in
CAPITOLO XVI. 263
-quanto a Bergamo, era molto se non se n' era allontanato.
Cominci a persuadersi che, anche in quella maniera, non
se n' usciva a bene ; e pens a trovar qualche altro ripiego.
Quello che gli venne in mente, fu di scovar, con qualche
astuzia, il nome di qualche paese vicino al confine, e al
-quale si potesse andare per istrade comunali : e domandando
di quello, si farebbe insegnar la strada, senza seminar qua
e l quella domanda di Bergamo, che gli pareva puzzar
tanto di fuga, di sfratto, di criminale.
Mentre cerca la maniera di pescar tutte quelle notizie,
senza dar sospetto, vede pendere una frasca da una casuc-
cia solitaria, fuori d' un paesello. Da qualche tempo, sentiva
anche crescere il bisogno di ristorar le sue forze; pens
,che li sarebbe il luogo di fare i due servizi in una volta ;
entr. Non c' era che una vecchia, con la rocca al fianco,
,e col fuso in mano. Chiese un boccone; gli fu offerto un
po' di stracchino e del vin buono : accett lo stracchino ,
del vino la ringrazi (gli era venuto in odio, per quello
scherzo che gli aveva fatto la sera avanti) ; e si mise a se
dere, pregando la donna che facesse presto. Questa, in un
momento, ebbe messo in tavola ; e subito dopo cominci a
tempestare il suo ospite di domande, e sul suo essere, e
sui gran fatti di Milano: ch la voce n'era arrivata fin l.
Renzo, non solo seppe schermirsi dalle domande, con
molta disinvoltura ; ma, approfittandosi della difficolt me
desima, fece servire al suo intento la curiosit della vecchia,
che gli domandava, dove fosse incamminato.
Devo andare in molti luoghi, rispose : e, se trovo
un ritaglio di tempo, vorrei anche passare un momento da
quel paese, piuttosto grosso, sulla strada di Bergamo, vicino
al confine, per nello stato di Milano . . . Come si chiama ?
Qualcheduno ce ne sar, pensava intanto tra s.
Gorgonzola, volete dire, rispose la vecchia.
Gorgonzola ! ripet Renzo, quasi per mettersi meglio
in mente la parola. molto lontano di qui? riprese poi.
Non lo so precisamente : saranno dieci, saranno dodici
miglia. Se ci fosse qualcheduno de' miei figliuoli , ve lo
saprebbe dire.
264 I PROMESSI SPOSI
E credete che ci si possa andare per queste belle viot
tole, senza prender la strada maestra? dove c' una polvere,
una polvere ! Tanto tempo che non piove !
A me mi par di s : potete domandare nel primo paese
che troverete andando a diritta. E glielo nomin.
Va bene; disse Renzo; s'alz, prese un pezzo di pane
che gli era avanzato della magra colazione, un pane ben
diverso da quello che aveva trovato, il giorno avanti, appi
della croce di san Dionigi : pag il conto, usc, e prese a
diritta. E, per non ve l' allungar pi del bisogno, col nome
di Gorgonzola in bocca, di paese in paese, ci arriv, un'ora
circa prima di sera.
Gi cammin facendo, aveva disegnato di far l un' altra
fermatina, per fare un pasto un po' pi sostanzioso. Il corpo
avrebbe anche gradito un po' di letto ; ma prima che conten
tarlo in questo, Renzo l' avrebbe lasciato cader rifinito sulla
strada. Il suo proposito era d' informarsi all'osteria, della
distanza dell'Adda, di cavar destramente notizia di qualche
traversa che mettesse l, e di rincamminarsi da quella parte,
subito dopo essersi rinfrescato. Nato cresciuto alla seconda
sorgente, per dir cos, di quel fiume, aveva sentito dir pi
volte, che, a un certo punto, e per un certo tratto,, esso
faceva confine tra lo stato milanese e il veneto : del punto
e del tratto non aveva un'idea precisa ; ma, allora come al
lora, l'affar pi urgente era di passarlo, dovunque si fosse.
Se non gli riusciva in quel giorno, era risoluto di cammi
nare fin che l'ora e la lena glielo permettessero : e d'aspet
tar poi l' alba, in un campo, in un deserto ; dove piacesse a
Dio: pur che non fosse un'osteria.
Fatti alcuni passi in Gorgonzola, vide un' insegna, entr;
e all'oste, che gli venne incontro, chiese un boccone, e una
mezzetta di vino : le miglia di pi, e il tempo gli avevan fatto
passare quell'odio cosi estremo e fanatico. Vi prego di far
presto, soggiunse : perch ho bisogno di rimettermi subito
in istrada. E questo lo disse, non solo perch era vero, ma
anche per paura che l'oste, immaginandosi che volesse dor
mir l, non gli uscisse fuori a domandar del nome e del co
gnome, e donde veniva, e per che negozio Alla largar
CAPITOLO XVI. 265-
L'oste rispose a Renzo, che sarebbe servitole questo si
mise a sedere in fondo della tavola, vicino all'uscio: il po
rto de' vergognosi.
C'erano in quella stanza alcuni sfaccendati del paese, i
quali, dopo aver discusse e commentate le gran notizie di
Milano del giorno avanti, si struggevano di sapere un poco
come fosse andata anche in quel giorno; tanto pi che
quelle prime eran pi atte a stuzzicar la curiosit, che a
soddisfarla : una sollevazione, n soggiogata n vittoriosa,
sospesa pi che terminata dalla notte ; una cosa tronca, la
fine d' un atto piuttosto che d' un dramma. Un di coloro si
stacc dalla brigata, s'accost al soprarrivato, e gli domand-
se veniva da Milano. ,
f Io ? disse Renzo sorpreso, per prender tempo a ri
spondere.
Voi, se la domanda lecita.
Renzo, tentennando il capo, stringendo le labbra, e fa
cendone uscire un suono inarticolato, disse : Milano, da
quel che ho sentito dire . . . non dev' essere un luogo da an
darci in questi momenti, meno che per una gran necessit.
Continua dunque anche oggi il fracasso? domand,,
con pi istanza, il curioso.
Bisognerebbe esser l, per saperlo, disse Renzo.
Ma voi, non venite da Milano ?
Vengo da Liscate, rispose lesto il giovine, che intanto
aveva pensata la sua risposta. Ne veniva in fatti, a rigor
di termini, perch c'era passato; e il nome l'aveva saputo,
a un certo punto della strada, da un viandante che gli aveva
indicato quel paese come il primo che doveva attraversare,
per arrivare a Gorgonzola.
Oh ! disse l' amico ; come se volesse dire : faresti me
glio a venir da Milano, ma pazienza. E a Liscate, sog
giunse, non si sapeva niente da Milano ?
Potrebb' essere benissimo che qualcheduno l sapesse
qualche cosa, rispose il montanaro : ma io non ho sen
tito dir nulla.
E queste parole le proferi in quella maniera particolare
che par che voglia dire: ho finito. Il curioso ritorn al suo
206 I PROMESSI SPOSI
posto ; e, un momento dopo , l' oste venne a mettere in
tavola.
Quanto c' di qui all'Adda? gli disse Renzo, mezzo
tra' denti, con un fare da addormentato, che gli abbiam visto
qualche altra volta.
All'Adda, per passare? disse l'oste.
Cio s all'Adda.
Volete passare dal ponte di Cassano,' o sulla chiatta di
Canonica?
Dove si sia Domando cos per curiosit.
Eh, volevo dire, perch quelli sono i luoghi dove pas
sano i galantuomini, la gente che pu dar conto di s.
Va bene: e quanto c'?
Fate conto che, tanto a un luogo, come all' altro, poco
pi, poco meno, ci sar sei miglia.
Sei miglia ! non credevo tanto, disse Renzo. E gi,
riprese poi, con un'aria d'indifferenza, portata fino all'affet
tazione : e gi, chi avesse bisogno di prender una scor
ciatoia, ci saranno altri luoghi da poter passare?
Ce n' sicuro, rispose l' oste, ficcandogli in viso due
occhi pieni d' una curiosit maliziosa. Bast questo per far
morir tra' denti al giovine l' altre domande che aveva pre
parate. Si tir davanti il piatto ; e guardando la mezzetta
che l' oste aveva posata, insieme con quello, sulla tavola,
disse: il vino sincero?
Come V oro, disse l' oste : domandatene pure a tutta
la gente del paese e del contorno, che se n' intende : e poi,
lo sentirete. E cos dicendo, torn verso la brigata.
Maledetti gli osti ! esclam Renzo tra s : pi ne
conosco, peggio li trovo. Non ostante, si mise a mangiare
con grand' appetito, stando, nello stesso tempo, in orecchi,
.senza che paresse suo fatto, per veder di scoprir paese, di
rilevare come si pensasse col sul grand' avvenimento nel
quale egli aveva avuta non piccola parte, e d'osservare spe
cialmente se, tra que' parlatori, ci fosse qualche galantuomo,
a cui un povero figliuolo potesse fidarsi di domandar la
strada, senza timore d' esser messo alle strette, e forzato
a ciarlare de' fatti suoi.
CAPITOLO XVI. 267
Ma! diceva uno: questa volta par proprio che i
milanesi abbian voluto far davvero. Basta; domani al pi
tardi, si sapr qualcosa.
Mi pento di non esser andato a Milano stamattina,
diceva un altro.
Se vai domani, vengo anch' io, disse un terzo ; poi un
altro, poi un altro.
Quel che vorrei sapere, riprese il primo, se
qu e' signori di Milano penseranno anche alla povera gente
<li campagna, o se faranno far la legge buona solamente
per loro. Sapete come sono eh? Cittadini superbi, tutto
per loro : gli altri, come se non ci fossero.
La bocca l' abbiamo anche noi, sia per mangiare, sia
per dir la nostra ragione, disse un altro, con voce tanto
pi modesta, quanto pi la proposizione era avanzata : e
quando la cosa sia incamminata Ma credette meglio
di non finir la frase.
Del grano nascosto, non ce n' solamente in Milano,
cominciava un altro, con un' aria cupa e maliziosa; quando
sentono avvicinarsi un cavallo. Corron tutti all'uscio; e,
riconosciuto colui che arrivava, gli vanno incontro. Era un
mercante di Milano, che, andando pi volte l' anno a Ber
gamo, per i suoi traffichi, era solito passar la notte in
quell'osteria; e siccome ci trovava quasi sempre la stessa
compagnia, li conosceva tutti. Gli s' affollano intorno; uno
prende la briglia, un altro la staffa. Ben arrivato, ben
arrivato!
Ben trovati.
Avete fatto buon viaggio?
Bonissimo; e voi altri, come state?
Bene, bene. Che nuove ci portate di Milano?
Ah ! ecco quelli delle novit, disse il mercante, smon
tando, e lasciando il cavallo in mano d' un garzone. E poi,
e poi, continu, entrando con la compagnia, a quest' ora
le saprete forse meglio di me.
Non sappiamo nulla, davvero, disse pi d' uno, met
tendosi la mano al petto.
Possibile ? disse il mercante. Dunque ne sentirete
26S I PROMESSI SPOSI
delle belle o delle brutte. Ehi, oste, il mio letto solito
in libert? Bene.: un bicchier di vino, e il mio solito
boccone, subito ; perch voglio andare a letto presto, peT
partir presto domattina, e arrivare a Bergamo per l' ora
del desinare. E voi altri, continu, mettendosi a sedere,
dalla parte opposta a quella dove stava Renzo, zitto e at
tento, voi altri non sapete di tutte quelle diavolerie di
ieri?
Di ieri s.
Vedete dunque, riprese il mercante, se le sapete
le novit. Lo dicevo io che, stando qui sempre di guardia,
per frugar quelli che passano
Ma oggi, com' andata oggi?
Ah oggi. Non sapete niente d' oggi ?
Niente affatto: non passato nessuno.
Dunque lasciatemi bagnar le labbra; e poi vi dir le
cose d' oggi. Sentirete. Emp il bicchiere, lo prese con
una mano, poi con le prime due dita dell' altra sollev i
baffi, poi si lisci la barba, bevette, e riprese : oggi, amici
cari, ci manc poco, che non fosse una giornata brusca
come ieri, o peggio. E non mi par quasi vero d'esser qui
a chiacchierar con voi altri; perch avevo gi messo da
parte ogni pensiero di viaggio, per restare a guardar la
mia povera bottega.
Che diavolo c'era? disse uno degli ascoltanti.
Proprio il diavolo : sentirete. E trinciando la pietanza
che gli era stata messa davanti, e poi mangiando, continu
il suo racconto. I compagni, ritti di qua e di l della tavola,
lo stavano a sentire, con la bocca aperta ; Renzo, al suo
posto, senza che paresse suo fatto, stava attento, forse pi
di tutti, masticando adagio adagio gli ultimi suoi bocconi.
Stamattina dunque que' birboni che ieri avevano fatto
quel chiasso orrendo, si trovarono a' posti convenuti (gi
c'era un' intelligenza : tutte cose preparate) ; si riunirono, e
ricominciarono quella bella storia di girare di strada fai
strada, gridando per tirar altra gente. Sapete che come
quando si spazza, con riverenza parlando, la casa; il muc
chio del sudiciume ingrossa quanto pi va avanti. Quando
CAPITOLO XVI. 269
parve loro d'esser gente abbastanza, s' avviarono verso la
casa del signor vicario di provvisione ; come se non bastas
sero le tirannie che gli hanno fatte ieri : a un signore di
quella sorte ! oh che birboni ! E la roba che dicevan contro
di lui ! Tutte invenzioni : un signor dabbene, puntuale ; e
io lo posso dire, che son tutto di casa, e lo servo di panno
per le livree della servit. S' incamminaron dunque verso
quella casa: bisognava veder che canaglia, che facce: figura
tevi che son passati davanti alla mia bottega : facce che
i giudei della Via Crucis non ci son per nulla. E le cose
che uscivan da quelle bocche ! da turarsene gli orecchi, se
non fosse stato che non tornava conto di farsi scorgere.
Andavan dunque con la buona intenzione di dare il sacco ;
ma E qui, alzata in aria, e stesa la mano sinistra, si
mise la punta del pollice alla punta del naso. . - ,
Ma? dissro forse tutti gli ascoltatori.
Ma, continu il mercante, trovaron la strada chiusa
con travi e con carri, e, dietro quella barricata, una bella
fila di micheletti, con gli archibusi spianati per riceverli
come si meritavano. Quando videro questo bell' apparato
Cosa avreste fatto voi altri?
Tornare indietro.
Sicuro; e cos fecero. Ma vedete un poco se non era il
demonio che li portava. Son l sul Cordusio, vedon l quel
forno che, fin da ieri, avevan voluto saccheggiare ; e cosa
si faceva in quella bottega ? si distribuiva il pane agli av
ventori ; c'era de'cavalieri, e fior di cavalieri, a invigilare
che tutto andasse bene; e costoro (avevano il diavolo ad
dosso vi dico, e poi c' era chi gli aizzava) costoro, dentro
come disperati; piglia tu, che piglio anch'io: in un batter
d' occhio, cavalieri, fornai, avventori, pani, banco, panche,
madie, casse, sacchi, frulloni, crusca, farina, pasta, tutto
sottosopra.
E i micheletti?
I micheletti avevan la casa del vicario da guardare:
non si pu cantare, e portar la croce. Fu in un batter d'oc
chio, vi dico: piglia piglia; tutto ci che c'era buono a
qualcosa, fu preso. E poi torna in campo quel bel ritrovato
270 I PROMESSI SPOSI
di ieri, di portare il resto sulla piazza, e di farne una fiam
mata. E gi cominciavano, i manigoldi, a tirar fuori roba:
quando uno pi manigoldo degli altri, indovinate un po'
con che bella proposta venne fuori.
Con che cosa?
Di fare un mucchio di tutto nella bottega, e di dar
fuoco al mucchio e alla casa insieme. Detto fatto
Ci han dato fuoco?
Aspettate. Un galantuomo del vicinato ebbe un'ispira
zione dal cielo. Corse su nelle stanze, cerc d'un Crocifisso,
lo trov, l'attacc all'archetto d'una finestra, prese da capo
d'un letto due candele benedette, le accese, e le mise sul
davanzale, a destra e a sinistra del Crocifisso. La gente
guarda in su. In un Milano, bisogna dirla, c' ancora del
timor di Dio; tutti tornarono in s. La pi parte, voglio
dire; c'era bens de'diavoli che, per rubare, avrebbero dato
fuoco anche al paradiso ; ma visto che la gente non era del
loro parere, dovettero smettere, e star cheti. Indovinate ora
chi arriv all'improvviso. Tutti i monsignori del duomo, in
processione, a croce alzata, in abito corale ; e monsignor
Mazenta, arciprete, cominci a predicare da una parte, e
monsignor Settala, penitenziere, da un'altra, e gli altri an
che loro : ma , brava gente ! ma cosa volete fare ? ma
questo l'esempio che date a' vostri figliuoli ? ma tornate a
casa; ma non sapete che il pane a buon mercato, pi
di prima? ma andate a vedere, che c' l'avviso sulle can
tonate.
Era vero?
Diavolo ! Volete che i monsignori del duomo venissero
in cappa magna a dir delle fandonie?
E la gente cosa fece?
A poco a poco se n'andarono; corsero alle cantonate:
e, chi sapeva leggere, la c'era proprio la meta. Indovinato
un poco : un pane d'ott'once, per un soldo.
Che bazza !
La vigna bella; pur che la duri. Sapete quanta farina
hanno mandata a male, tra ieri e stamattina? Da man
tenerne il ducato per due mesi.
CAPITOLO XVI. 271
E per fuori di Milano , non s' fatta nessuna legge
buona?
Quel che s' fatto per Milano, tutto a spese della
citt. Non so che vi dire : per voi altri sar quel che Dio
vorr. A buon conto, i fracassi son finiti. Non v'ho detto
tutto; ora viene il buono.
Cosa c' ancora?
C che , ier sera o stamattina che sia, ne sono stati
agguantati molti : e subito s' saputo che i capi saranno
impiccati. Appena cominci a spargersi questa voce, ognuno
andava a casa per la pi corta, per non arrischiare d'esser
nel numero. Milano, quand' io ne sono uscito, pareva un
convento di frati.
Gl' impiccheranno poi davvero ?
Eccome! e presto, rispose il mercante.
E la gente cosa far? domand ancora colui che
aveva fatta l'altra domanda.
La gente ? ander a vedere, disse il mercante. Ave-
van tanta voglia di vedere morire un cristiano all'aria
aperta, che volevano, birboni! far la festa al signor vi
cario di provvisione. In vece sua, avranno quattro tristi,
serviti con tutte le formalit, accompagnati da' cappuccini,
e da'confratelli della buona morte ; e gente che se l' me
ritato. una provvidenza, vedete ; era una cosa necessaria.
Cominciavan gi a prender il vizio d'entrar nelle botteghe,
e di .servirsi, senza metter mano alla borsa; se li lasciavan
fare, dopo il pane sarebbero venuti al vino, e cos di mano
in mano Pensate se coloro volevano smettere, di loro
spontanea volont, ima usanza cos comoda. E vi so dir io
che, per un galantuomo che ha bottega aperta, era un
pensier poco allegro.
Davvero, disse uno degli ascoltatori. Davvero,
ripeteron gli altri, a una voce.
E, continu il mercante, asciugandosi la barba col tova
gliolo, l'era ordita da un pezzo : c'era una lega, sapete ?
C'era una lega?
C'era una lega. Tutte cabale ordite da'navarrini, da
quel cardinale l di Francia, sapete chi voglio dire, che ha
272 I TROMESSI SPOSI
un certo nome mezzo turco, e che ogni giorno ne pensa
una, per far qualche dispetto alla corona di Spagna. Ma
sopra tutto, tende a far qualche tiro a Milano; perch
vede bene, il furbo, che qui sta la forza del re.
Gi.
Ne volete una prova ? Chi ha fatto il pi gran chiasso,
eran forestieri ; andavano in giro facce, che in Milano non
s' eran mai vedute. Anzi mi dimenticavo di dirvene una
che m' stata data per certa. La giustizia aveva acchiap
pato uno in un'osteria Renzo, il quale non perdeva
un ette di quel discorso, al tocco di questa corda, si sent
venir freddo, e diede un guizzo, prima che potesse pensare
a contenersi. Nessuno per se n'avvide; e il dicitore, senza
interrompere il filo del racconto, seguit: uno che non si
sa bene ancora da che parte fosse venuto, da chi fosse man
dato, n che razza d' uomo si fosse ; ma certo era uno
de'capi. Gi ieri, nel forte del baccano, aveva fatto il diavolo ;
e poi, non contento di questo, s'era messo a predicare, e a
proporre, cos una galanteria, che s'ammazzassero tutti i
signori. Birbante t Chi farebbe viver la povera gente, quando
i signori fossero ammazzati? La giustizia, che l'aveva ap
postato, gli mise l'unghie addosso; gli trovarono un fascio
di lettere ; e lo menavano in gabbia : ma che ? i suoi com
pagni, che facevan la ronda intorno all'osteria, vennero in
gran numero, e lo liberarono, il manigoldo.
E cosa n' stato?
Non si sa ; sar scappato, o sar nascosto in Milano :
son gente che non ha n casa n tetto, e trovan per tutto
da alloggiare e da rintanarsi: per finch il diavolo pu, e
vuole aiutarli : ci dan poi dentro quando meno se lo pen
sano; perch, quando la pera matura, convienche caschi.
Per ora si sa di sicuro che le lettere son rimaste in mano
della giustizia, e che c' descritta tutta la cabala; e si dice
che n'ander di mezzo molta gente. Peggio per loro; che
hanno messo a soqquadro mezzo Milano, e volevano anche
far peggio. Dicono che i fornai son birboni. Lo so anch'io ;
ma bisogna impiccarli per via di giustizia. C del grano
nascosto. Chi non lo sa? Ma tocca a chi comanda a tener
CAPITOLO XVI. 273
buone spie, e andarlo a disotterrare, e mandare anche gl'in
cettatori a 'dar calci all' aria, in compagnia de' fornai. E se
chi comanda non fa nulla, tocca alla citt a ricorrere; e se
non danno retta alla prima, ricorrere ancora ; ch a forza di
ricorrere s'ottiene ; e non metter su un'usanza cosi scellerata
.d'entrar nelle botteghe e ne' fondachi, a prender la roba a
man salva.
A Renzo quel poco mangiare era andato in tanto veleno.
.Gli pareva mill'anni d'esser fuori e lontano da quell'osteria,
da quel paese; e pi di dieci volte aveva detto a s stesso:
andiamo, andiamo. Ma quella paura di dar sospetto, cresciuta
allora oltremodo, e fatta tiranna di tutti i suoi pensieri, l'a
veva tenuto sempre inchiodato sulla panca. In quella per
plessit, pens che il ciarlone doveva poi Unire di parlar di
lui; e concluse tra s, di moversi, appena sentisse attaccare
qualche altro discorso.
E per questo, disse uno della brigata, io che so come
vanno queste faccende, e che ne'tumulti i galantuomini non
ci stanno bene, non mi son lasciato vincere dalla curiosit,
e son rimasto a casa mia.
E io, mi son mosso? disse un altro.
Io ? soggiunse un terzo : se per caso mi fossi trovato
in Milano, avrei lasciato imperfetto qualunque affare, e
sarei tornato subito a casa mia. Ho moglie e figliuoli; e poi,
dico la verit, i baccani non mi piacciono.
A. questo punto, l' oste, ch' era stato anche lui a sentire,
and verso l'altra cima della tavola, per veder cosa faceva
quel forestiero. Renzo colse l'occasione, chiam l'oste con un
cenno, gli chiese il conto, lo sald senza tirare, quantunque
l'acque fossero molto basse ; e, senza far altri discorsi, and
diritto all' uscio, pass la soglia, e, a guida della Provvidenza,
s'incammin dalla parte opposta a quella per cui era venuto.

CAPITOLO XVII.

Basta spesso una voglia, per non lasciar ben avere un


omo; pensate poi due alla volta, l'una in guerra coll'altra.
Il povero Renzo n'aveva, da molte ore, due tali in corpo, come
/ Promessi Sposi. 18
274 I PROMESSI SPOSI
sapete : la voglia di correre, e quella di star nascosto : e le
sciagurate parole del mercante gli avevano accresciuta
oltremodo l'una e l'altra a un colpo. Dunque la sua avven
tura aveva fatto chiasso ; dunque lo volevano a qualunque
patto; chi sa quanti birri erano in campo per dargli la
caccia ! quali ordini erano stati spediti di frugar ne' paesi,
nell' osterie, per le strade ! Pensava bens che finalmente i
birri che lo conoscevano, eran due soli, e che il nome non
lo portava scritto in fronte; ma gli tornavano in mente
certe storie che aveva sentite raccontare, di fuggitivi colti
e scoperti per istrane combinazioni, riconosciuti all'andare,
all' aria sospettosa, ed altri segnali impensati : tutto gli fa
ceva ombra. Quantunque, nel momento che usciva di Gor
gonzola, scoccassero le ventiquattro, e le tenebre che veni
vano innanzi, diminuissero sempre pi que'pericoli, ci non
ostante prese contro voglia la strada maestra, e si propose
d' entrar nella prima viottola che gli paresse condur dalla
parte dove gli premeva di riuscire. Sul principio, incontrava
qualche viandante ; ma, pieno la fantasia di quelle brutte
apprensioni, non ebbe cuore d'abbordarne nessuno, per
informarsi della strada. Ha detto sei miglia , colui,
pensava: se andando fuor di strada, dovessero anche
diventar otto o dieci, le gambe che hanno fatte l'altre, faranno
anche queste. Verso Milano non vo di certo ; dunque vo verso
l'Adda. Cammina, cammina, o presto o tardi ci arriver.
L'Adda ha buona voce; e, quando le sar vicino, non ho pi
bisogno di chi me l' insegni. Se qualche barca c', da poter
passare, passo subito ; altrimenti mi fermer fino alla mat
tina, in un campo, sur una pianta, come le passere : meglio
sur una pianta, che in prigione.
Ben presto vide aprirsi una straducola a mancina; e v'en
tr. A queir ora, se si fosse abbattuto in qualcheduno, non
avrebbe pi fatte tante cerimonie per farsi insegnar la
strada; ma non sentiva anima vivente. Andava dunque
dove la strada lo conduceva; e pensava.
Io fare il diavolo t Io ammazzare tutti i signori ! Un
fascio di lettere, io ! I miei compagni che mi stavano a far
la guardia ! Pagherei qualche cosa a trovarmi a viso a viso
CAPITOLO XVII. 27
con quel mercante, di l dall'Acida (ah quando l' avr pas
sata quest'Adda benedetta!), e fermarlo, e domandargli con
comodo dov'abbia pescate tutte quelle belle notizie. Sappiate
ora, mio caro signore, che la cosa andata cosi e cos, e
che il diavolo ch' io ho fatto, stato d' aiutar Ferrer, come
se fosse stato un mio fratello ; sappiate che que'birboni che,
a sentir voi, erano i miei amici, perch, in un certo momento,
io dissi una parola da buon cristiano, mi vollero fare un
brutto scherzo ; sappiate che, intanto che voi stavate a guar
dar la vostra bottega, io mi faceva schiacciar le costole, per
salvare il vostro signor vicario di provvisione, che non l'ho
mai n visto n conosciuto. Aspetta che mi mova un' altra
volta, per aiutar signori vero che bisogna farlo per
l'anima: son prossimo anche loro. E quel gran fascio di
lettere, dove c' era tutta la cabala, e che adesso in mano
della giustizia, come voi sapete di certo; scommettiamo
che ve lo fo comparir qui , senza l' aiuto del diavolo ?
Avreste curiosit di vederlo quel fascio ? Eccolo qui . . .
Una lettera sola ? Si signore, una lettera sola; e que
sta lettera, se lo volete sapere, l' ha scritta un religioso
che vi pu insegnar la dottrina, quando si sia; un reli
gioso che, senza farvi torto, val pi un pelo della sua
barba che tutta la vostra; e scritta, questa lettera,
come vedete, a un altro religioso, un uomo anche lui
Vedete ora quali sono i furfanti miei amici. E imparate
a parlare un'altra volta; principalmente quando si tratta
del prossimo.
Ma dopo qualche tempo, questi pensieri ed altri siirtil
cessarono affatto : le circostanze presenti occupavan tutte le
facolt del povero pellegrino. La paura d' essere inseguito o
scoperto, che aveva tanto amareggiato il viaggio in pieno
giorno, non gli dava ormai pi fastidio ; ma quante cose
rendevan questo molto pi noioso ! Le tenebre, la solitudine,
la stanchezza cresciuta, e ormai dolorosa; tirava una brez-
zolina sorda, uguale, sottile, che doveva far poco servizio a
chi si trovava ancora indosso quegli stessi vestiti che s'era
messi per andare a nozze in quattro salti, e tornare subito
trionfante a casa sua; e, ci che rendeva ogni cosa pi grave,
276 I PROMESSI SPOSI
queir andare alla ventura, e, per dir cos, al tasto, cer
cando un luogo di riposo e di sicurezza.
Quando s' abbatteva a passare per qualche paese, andava
adagio adagio, guardando per se ci fosse ancora qualche
uscio aperto ; ma non vide mai altro segno di gente desta,
che qualche lumicino trasparente da qualche impannata.
Nella strada fuor dell'abitato, si soffermava ogni tanto;
stava in orecchi, per veder se sentiva quella benedetta voce
dell'Adda; ma invano. Altre voci non sentiva, che un mu
golio di cani, che veniva da qualche cascina isolata, va
gando per l'aria, lamentevole insieme e minaccioso. Al suo
avvicinarsi a qualcheduna di quelle, il mugolio si cambiava
in un abbaiar frettoloso e rabbioso : nel passar davanti alla
porta, sentiva, vedeva quasi, il bestione, col muso al fesso-
lino della porta, raddoppiar gli urli : cosa che gli faceva
andar via la tentazione di picchiare, e di chieder ricovero.
E forse, anche senza i cani, non ci si sarebbe risolto. Chi
l? pensava: cosa volete a quest'ora? Come siete ve
nuto qui? Fatevi conoscere. Non c' osterie da alloggiare ?
Ecco, andandomi bene, quel che mi diranno, se piccino :
quand'anche non ci dorma qualche pauroso che, a buon
conto, si metta a gridare : aiuto ! al ladro ! Bisogna aver su
bito qualcosa di chiaro da rispondere : e cosa ho da rispon
dere io? Chi sente un rumore la notte, non gli viene in
testa altro che ladri, malviventi, trappole : non si pensa mai
che uri galantuomo possa trovarsi in istrada di notte, se non
un cavaliere in carrozza. Allora serbava quel partito
all' estrema necessit, e tirava innanzi, con la speranza di
scoprire almeno l'Adda, se non passarla, in quella notte;
e di non dover andarne alla cerca, di giorno chiaro.
Cammina, cammina; arriv dove la campagna coltivata
moriva in una sodaglia sparsa di felci e di scope. Gli parve,
se non indizio, almeno un certo qual argomento di fiume
vicino, e s' inoltr per quella, seguendo un sentiero che l'at
traversava. Fatti pochi passi, si ferm ad ascoltare : ma
ancora invano. La noia dei viaggio veniva accresciuta dalla
salvatichezza del luogo, da quel non veder pi n un gelso,
n una vite, n altri segni di coltura umana, che prima
CAPITOLO XVII. . 277
pareva quasi che gli facessero una mezza compagnia. Ci non
ostante and avanti; e siccome nella sua mente comincia
vano a suscitarsi certe immagini, certe apparizioni, lascia
tevi iu serbo dalle novelle sentite raccontar da bambino, cos,
per discacciarle, o per acquietarle, recitava, camminando,
dell'orazioni per i morti.
poco a poco, si trov tra macchie pi alte, di pruni,
ili quercioli, di marruche. Seguitando a andare avanti, e
allungando il passo, con pi impazienza che voglia, comin
ci a veder tra le macchie qualche albero sparso ; e andando
ancora, sempre per lo stesso sentiero, s' accorse d' entrare
in un bosco. Provava un certo ribrezzo a inoltrarvisi ; ma
lo vinse, e contro voglia and avanti ; ma pi che s' inoltrava,
pi il ribrezzo cresceva, pi ogni cosagli dava fastidio. Gli
alberi che vedeva in lontananza, gli rappresentavan figure
strane, deformi, mostruose; l'annoiava l'ombra delle cime
leggermente agitate, che tremolava sul sentiero illuminato
qua e l dalla luna; lo stesso scrosciar delle foglie secche
che calpestava o moveva camminando, aveva per il suo
orecchio un non so che d'odioso. Le gambe provavano come
una smania, un impulso di corsa, e nello stesso tempo pa
reva che durassero fatica a regger la persona. Sentiva la
brezza notturna batter pi rigida e maligna sulla fronte e
sulle gote ; se la sentiva scorrer tra i panni e le carni, e
raggrinzarle, e penetrar pi acuta nelle ossa rotte dalla
stanchezza, e spegnervi queir ultimo rimasuglio di vigore.
A un certo punto, quell'uggia, quell' orrore indefinito con
cui l'animo combatteva da qualche tempo, parve che a un
tratto lo soverchiasse. Era per perdersi affatto ; ma atterrito,
pi che d' ogni altra cosa, del suo terrore, richiam al cuore
gli antichi spiriti, e gli comand che reggesse. Cos rinfran
cato un momento, si ferm su' due piedi a deliberare ; e
risolveva d'uscir subito di l per la strada gi fatta, d'andar
diritto all' ultimo paese per cui era passato, di tornar tra
gli uomini, e di cercare un ricovero, anche all' osteria. E
stando cos fermo, sospeso il fruscio de'piedi nel fogliame,
tutto tacendo d' intorno a lui, cominci a sentire un rumore,
un mormorio, un mormorio d'acqua corrente. Sta in orecchi ;
278 I PROMESSI SPOSI
n' certo; esclama: l'Adda! Fu il ritrovamento d' un
amico, d' un fratello, d' un salvatore. La stanchezza quasi
scomparve, gli torn il polso, sent il sangue scorrer li
bero e tepido per tutte le vene, sent crescer la fiducia
ile'pensieri, e svanire in gran parte queil' incertezza e gra
vit delle cose; e non esit a internarsi sempre pi nel
bosco, dietro all'amico rumore.
Arriv in pochi momenti all'estremit del piano, sull'orlo
d'una riva profonda; e guardando in gi tra le macchie
ohe tutta la rivestivano, vide Y acqua luccicare e correre.
Alzando poi lo sguardo, vide il vasto piano dell'altra riva,
sparso di paesi, e al di l i colli, e sur uno di quelli una
gran macchia biancastra, che gli parve dover essere una
citt, Bergamo sicuramente. Scese un po' sul pendio, e, se
parando e diramando, con le mani e con le braccia, il
prunaio, guard gi, se qualche barchetta si movesse nel
fiume, ascolt se sentisse batter de' remi; ma non vide n
sent nulla. Se fosse stato qualcosa di meno dell'Adda, Renzo
scendeva subito, per tentarne il guado; ma sapeva bene
che l'Adda non era fiume da trattarsi cos in confidenza.
Perci si mise a consultar tra s, molto a sangue freddo,
sul partito da prendere. Arrampicarsi sur una pianta, e star
li a aspettar l'aurora, per forse sei ore che poteva ancora
indugiare, con quella brezza, con quella brina, vestito cos,
c' era pi che non bisognasse per intirizzir davvero. Pas
seggiare innanzi e indietro, tutto quel tempo, oltre che sa
rebbe stato poco efficace aiuto contro il rigore del sereno,
era un richieder troppo da quelle povere gambe, che gi
avevano fatto pi del loro dovere. Gli venne in mente d'aver
veduto, in uno de' campi pi vicini alla sodaglia, una di
quelle capanne coperte di paglia, costrutte di tronchi e di
rami, intonacati poi con la mota, dove i contadini del mi
lanese usan, l'estate, depositar la raccolta, e ripararsi la
notte a guardarla : nell' altre stagioni, rimangono abbando
nate. La disegn subito per suo albergo ; si rimise sul sen
tiero, ripass il bosco, le macchie, la sodaglia; e and verso
la capanna. Un usciaccio intarlato e sconnesso, era rabbat
tuto, senza chiave n catenaccio; Renzo l' apr, entr; vide
CAPITOLO XVII. 279
sospeso per aria, e sostenuto da ritorte di rami, un gra
ticcio, a foggia d'hamac; ma non si cur di salirvi. Vide in
terra un po'di paglia; e pens che, anche l, una dormitina
sarebbe ben saporita.
Prima per di sdraiarsi su quel letto che la Provvidenza
gli aveva preparato, vi s' inginocchi, a ringraziarla di quel
benefizio, e di tutta l'assistenza che aveva avuta da essa,
in quella terribile giornata. Disse poi le sue solite divozioni :
e per di pi, chiese perdono a Domeneddio di non averle
dette la sera avanti ; anzi, per dir le sue parole, d' essere
andato a dormire come un cane, e peggio. E per questo,
soggiunse poi tra s ; appoggiando le mani sulla paglia,
ed'inginocchioni mettendosi a giacere : per questo, m'
toccata, la mattina, quella bella svegliata. Raccolse poi
tutta la paglia che rimaneva all' intorno, e se l' accomod
addosso, facendosene, alla meglio, una specie di coperta, per
temperare il freddo, che anche l dentro si faceva sentir
molto bene; e vi si rannicchi sotto, con l'intenzione di
dormire un bel sonno, parendogli d' averlo comprato anche
pi caro del dovere.
Ma appena ebbe chiusi gli occhi, cominci nella sua me
moria o nella sua fantasia (il luogo preciso non ve lo sa
prei dire), cominci, dico, un andare e venire di gente, cos
affollato, cosi incessante, che addio sonno. Il mercante, il
notaio, i birri, lo spadaio, l' oste, Ferrer, il vicario, la bri
gata dell'osteria, tutta quella turba delle strade, poi don Ab
bondio, poi don Rodrigo : tutta gente con cui Renzo aveva
che dire.
Tre-sole immagini gli si presentavano non accompagnate
da alcuna memoria amara, nette d'ogni sospetto, amabili in
tatto; due principalmente, molto differenti al certo, ma
strettamente legate nel cuore del giovine : una treccia nera
e una barba bianca. Ma anche la consolazione che provava
nel fermare sopra di esse il pensiero, era tutt' altro che
pretta e tranquilla. Pensando al buon frate, sentiva pi
vivamente la vergogna delle proprie scappate, della turpe
intemperanza, del bel caso che aveva fatto de' paterni con
sigli di lui ; e contemplando l' immagine di Lucia ! non ci
280 I promessi srosi
proveremo a dire ci che sentisse : il lettore conosce le circo
stanze ; se lo figuri. E quella povera Agnese, come l'avrebbe
potuta dimenticare? Quell'Agnese, che l' aveva scelto, che
l'aveva gi considerato come una cosa sola con la sua unica
figlia, e prima di ricever da lui il titolo di madre, n' aveva
preso il linguaggio e il cuore, e dimostrata co' fatti la pre
mura. Ma era un dolore di pi, e non il meno pungente,
quel pensiero, che, in grazia appunto di cos amorevoli in
tenzioni, di tanto bene che voleva a lui, la povera donna
si trovava ora snidata, quasi raminga, incerta dell'avvenire,
e raccoglieva guai e travagli da quelle cose appunto da cui
aveva sperato il riposo e la giocondit degli ultimi suoi
anni. Che notte, povero Renzo ! Quella che doveva esser la
quinta delle sue nozze ! Che stanza ! che letto matrimoniale !
E dopo qual giornata ! E per arrivare a qual domani, a qual
serie di giorni ! Quel che Dio vuole, rispondeva ai
pensieri che gli davan pi noia: quel che Dio vuole.
Lui sa quel che fa : c' anche per noi. Vada tutto in isconto-
de' miei peccati. Lucia tanto tuona t non vorr poi farla
patire un pezzo, un pezzo, un pezzo !
Tra questi pensieri, e disperando ormai d'attaccar sonno,
e facendosegli il freddo sentir sempre pi, a segno ch'era
costretto ogni tanto a tremare e a battere i denti, sospirava
la venuta del giorno, e misurava con impazienza il lento-
scorrer dell'ore. Dico misurava, perch, ogni mezz'ora, sen
tiva in quel vasto silenzio, rimbombare i tocchi d' un oro
logio : m' immagino che dovesse esser quello di Trezzo. E la
prima volta che gli fer gli orecchi quello scocco, cos
inaspettato, senza che potesse avere alcuna idea del luogo
donde venisse, gli fece un senso misterioso e solenne, come
d' un avvertimento che venisse da persona non vista, con
una voce sconosciuta.
Quando finalmente quel martello ebbe battuto undici toc
chi, ch' era l' ora disegnata da Renzo per levarsi, s' alz
mezzo intirizzito, si mise inginocchioni, disse, e con pi fer
vore del solito, le divozioni della mattina, si rizz, si stiro-
in lungo e in largo, scosse la vita e le spalle, come per
mettere insieme tutte le membra, che ognuno pareva che
CAPITOLO XVII. 281
facesse da s, soffi in una mano, poi noll' altra, se le stro
picci, apri l'uscio della capanna; e, per la prima cosa,
diede un' occhiata in qua e in la, per veder se c' era nes
suno. E non vedendo nessuno, cerc con l' occhio il sen
tiero della sera avanti ; lo riconobbe subito, e prese per
quello.
Il cielo prometteva una bella giornata : la luna, in un
canto, pallida e senza raggio, pure spiccava nel campo im
menso d' un bigio ceruleo , che , gi gi verso l' oriente ,
s'andava sfumando leggermente in un giallo roseo. Pi gi,
all'orizzonte, si stendevano, a lunghe falde ineguali poche
nuvole, tra l' azzurro e il bruno, le pi basse orlate al di
sotto d'una striscia quasi di fuoco, che di mano in mano
si faceva pi viva e tagliente : da mezzogiorno, altre nuvole
ravvolte insieme, leggieri e soffici, per dir cos, s' andavan
lumeggiando di mille colori senza nome : quel cielo di Lom
bardia, cos bello quand' bello, cos splendido, cos in pace.
,Se Renzo si fosse trovato l andando a spasso, certo avrebbe
guardato in su, e ammirato quell'albeggiare cos diverso da
quello ch'era solito vedere ne'suoi monti; ma badava alla
sua strada, e camminava a passi lunghi, per riscaldarsi, e
per arrivar presto. Passa i campi, passa la sodaglia, passa
le macchie, attraversa il bosco, guardando in qua e in l,
e ridendo e vergognandosi nello stesso tempo, del ribrezzo
che vi aveva provato poche ore prima; sul ciglio della
riva, guarda gi ; e, di tra i rami, vede una barchetta di
pescatore, che veniva adagio, contr'acqua, radendo quella
sponda. Scende subito per la pi corta, tra i pruni ; sulla
riva; d una voce leggiera leggiera al pescatore; e, con
l' intenzione di far come se chiedesse un servizio di poca
importanza, ma, senza avvedersene, in una maniera mezzo
supplichevole, gli accenna che approdi. Il pescatore gira
uno sguardo lungo la riva, guarda attentamente lungo
l'acqua che viene, si volta a guardare indietro, lungo
l'acqua che va, e poi dirizza la prora verso Renzo, e ap
proda. Renzo che stava sull' orlo della riva, quasi con un
piede nell'acqua, afferra la punta del battello, ci salta
dentro, e dice: mi fareste il servizio, col pagare, d
282 I PROMESSI SPOSI
tragittarmi di l? Il pescatore l'aveva indovinato, e gi
voltava da quella parte. Renzo, vedendo sul fondo della
barca un altro remo, si china, e l' afferra.
Adagio, adagio, disse il padrone ; ma nel veder poi
con che garbo il giovine aveva preso lo strumento, e si
disponeva a maneggiarlo, ah, ah, riprese : siete del
mestiere.
Un pochino, rispose Renzo, e ci si mise con un vigore
e con una maestria, pi che da dilettante. E senza mai ral
lentare, dava ogni tanto un' occhiata ombrosa alla riva da
ni s'allontanavano, e poi una impaziente a quella dov'eran
rivolti, e si coceva di non poterci andar per la pi corta; ch
la corrente era, in quel luogo, troppo rapida, per tagliarla
direttamente ; e la barca, parte rompendo, parte secondando
il filo dell'acqua, doveva fare un tragitto diagonale. Come
accade in tutti gli affari un po' imbrogliati, che le difficolt
alla prima si presentino all'ingrosso, e nell' eseguire poi,
vengan fuori per minuto, Renzo, ora che l'Adda era, si pub
dir, passata, gli dava fastidio il non saper di certo se li essa
fosse confine, o se, superato quell'ostacolo, gliene rimanesse
un altro da superare. Onde, chiamato il pescatore, e accen
nando col capo quella macchia biancastra che aveva veduta
la notte avanti, e che allora gli appariva ben pi distinta,
disse : Bergamo, quel paese ?
La citt di Bergamo, rispose il pescatore.
E quella riva l, bergamasca?
Terra di san Marco.
Viva san Marco ! esclam Renzo. Il pescatore non
disse nulla.
Toccano finalmente quella riva; Renzo vi si slancia; rin
grazia Dio tra s, e poi con la bocca il barcaiolo; mette
le mani in tasca, tira fuori una berlinga, che, attese le cir
costanze, non fu un piccolo sproprio, e la porge al galan
tuomo ; il quale, data ancora un'occhiata alla riva milanese,
e al fiume di sopra e di sotto, stese la mano, prese la mancia,
la ripose, poi strinse le labbra, e pei- di pi ci mise il dito
in croco, accompagnando quel gesto con un'occhiata espres
siva ; e disse poi : buon viaggio, e torn indietro.
CAPITOLO XVII. 283
Perch la cosi pronta e discreta cortesia di costui verso
uno sconosciuto non faccia troppo maravigliare il lettore ,
dobbiamo informarlo che quell'uomo, pregato spesso d'un
simile servizio da contrabbandieri e da banditi, era avvezzo
a farlo ; non tanto per amore del poco e incerto guadagno
che gliene poteva venire, quanto per non farsi de' nemici
in quelle classi. Lo faceva, dico, ogni volta che potesse esser
sicuro che non lo vedessero n gabellieri, n birri, n esplo
ratori. Cos, senza voler pi bene ai primi che ai secondi,
cercava di soddisfarli tutti, con queil' imparzialit, che
la dote ordinaria di chi obbligato a trattar con cert' uni ,
e soggetto a render conto a cert' altri.
Renzo si ferm un momentino sulla riva a contemplar la
riva opposta, quella terra che poco prima scottava tanto
sotto i suoi piedi. Ah! ne son proprio fuori ! fu il
suo primo pensiero. Sta l, maledetto paese, fu il
secondo, l'addio alla patria. Ma il terzo corse a chi lasciava
in quel paese. Allora incroci le braccia sul petto, mise un
sospiro, abbass gli occhi sull'acqua che gli scorreva a'piedi,
e pens passata sotto il ponte! Cos, all'uso del suo
paese, chiamava, per antonomasia, quello di Lecco. Ah
mondo birbone ! Basta; quel che Dio vuole.
Volt le spalle a que' tristi oggetti, e s' incammin, pren
dendo per punto di mira la macchia biancastra sul pendio
del monte, finch trovasse qualcheduno da farsi insegnar la
strada giusta. E bisognava vedere con che disinvoltura s'ac
costava a' viandanti, e, senza tanti rigiri, nominava il paese
dove abitava quel suo cugino. Dal primo a cui si rivolse,
seppe che gli rimanevano ancor nove miglia da fare.
Quel viaggio non fu lieto. Senza parlare de' guai che Renzo
portava con s, il suo occhio veniva ogni momento rattri
stato da oggetti dolorosi, da' quali dovette accorgersi che
troverebbe nel paese in cui s' inoltrava, la penuria che aveva
lasciata nel suo. Per tutta la strada, e pi ancora nelle
terre e ne' borghi, incontrava a ogni passo poveri, che non
eran poveri di mestiere, e mostravan la miseria pi nel
viso che nel vestiario: contadini, montanari, artigiani,
famiglie intere ; e un misto ronzio di preghiere, di lamenti
284 I PROMESSI SPOSI
e di vagiti. Quella vista, oltre la compassione e la ma
linconia, lo metteva anche in pensiero de' casi suoi.
Chi sa, andava meditando, se trovo da far bene ?
?e c' lavoro, come negli anni passati? Basta; Bortolo mi
voleva bene, un buon figliuolo, ha fatto danari, m'ha invi
tato tante volte ; non m'abbandoner. E poi, la Provvidenza
m'ha aiutato finora; m'aiuter anche per l'avvenire.
Intanto l'appetito, risvegliato gi da qualche tempo, an
dava crescendo di miglio in miglio ; e quantunque Renzo,
quando cominci a dargli retta, sentisse di poter reggere,
senza grand'incomodo, per quelle due o tre che gli potevan
rimanere ; pens, da un' altra parte, che non sarebbe una
bella cosa di presentarsi al cugino, come un pitocco, e dir
gli, per primo complimento : dammi da mangiare. Si lev
di tasca tutte le sue ricchezze, le fece scorrere sur una
mano, tir la somma. Non era un conto che richiedesse
una grande aritmetica ; ma per c' era abbondantemente
da fare una mangiatina. Entr in un' osteria a ristorarsi
lo stomaco; e infatti, pagato che ebbe, gli rimase ancor
qualche soldo.
Neil' uscire , vide , accanto alla porta , che quasi V in
ciampava, sdraiate in terra, pi che sedute, due donne, una
attempata, un' altra pi giovine, con un bambino, che, dopo
aver succhiata invano l' una e l'altra mammella, piangeva,
piangeva ; tutti del color della morte : e ritto, vicino a loro,
un uomo, nel viso del quale e nelle membra, si potevano
ancora vedere i segni d'un'antica robustezza, domata e quasi
spenta dal lungo disagio. Tutt' e tre stesero la mano verso
colui che usciva con passo franco, e con l' aspetto riani
mato: nessuno parl; che poteva dir di pi una preghiera?
La c' la Provvidenza ! disse Renzo; e, cacciata su
bito la mano in tasca, la vot di que' pochi soldi; li mise
nella mano che si trov pi vicina, e riprese la sua strada.
La refezione e l'opera buona (giacch siam composti
d'anima e di corpo) avevano riconfortati e rallegrati tutti
i suoi pensieri. Certo, dall' essersi cos spogliato degli ul
timi danari, gli era venuto pi di confidenza per l'avvenire,
che non gliene avrebbe dato il trovarne dieci volte tanti.
CAPITOLO XVII. , 2i>5
Perch, se a sostenere in quel giorno que' poverini ohe man
cavano sulla strada, la Provvidenza aveva tenuti in serbo
proprio gli ultimi quattrini d'un estraneo, fuggitivo, incerto
anche lui del come vivrebbe ; chi poteva credere che vo
lesse poi lasciare in secco colui del quale s' era servita a
ci, e a cui aveva dato un sentimento cos vivo di se stessa,
cos efficace, cos risoluto? Questo era, a un di presso, il
pensiero del giovine; per men chiaro ancora di quello
eh' io l'abbia saputo esprimere. Nel rimanente della strada,
ripensando a' casi suoi, tutto gli si spianava. La carestia
doveva poi finire : tutti gli anni si miete : intanto aveva il
cugino Bortolo e la propria abilit: aveva, per di pi, a
casa un po' di danaro, che si farebbe mandar subito. Con
quello, alla peggio, camperebbe, giorno per giorno, finch
tornasse l'abbondanza. Ecco poi tornata finalmente l'ab
bondanza, proseguiva Renzo nella sua fantasia: rina
sce la furia de' lavori: i padroni fanno a gara per aver degli
operai milanesi, che son quelli che sanno bene il mestiere ;
gli operai milanesi alzan la cresta; chi vuol gente abile,
bisogna che la paghi; si guadagna da vivere per pi d'uno,
,e da metter qualcosa da parte ; e si fa scrivere alle donne
che vengano .... E poi, perch aspettar tanto ? Non vero
che, con quel poco che abbiamo in serbo, si sarebbe campati
la, anche quest' inverno ? Cos camperemo qui. De' curati
ce n' per tutto. Vengono quelle due care donne : si mette
su casa. Che piacere, andar passeggiando su questa stessa
strada tutti insieme ! andar fino all' Adda in baroccio , e
far merenda sulla riva, proprio sulla riva, e far vedere
alle donne il luogo dove mi sono imbarcato, il prunaio
da cui sono sceso, quel posto dove sono stato a guardare
se c' era un battello.
Arriva al paese del cugino; nell'entrare, anzi prima di
mettervi piede, distingue una casa alta alta, a pi ordini
di finestre lunghe lunghe ; riconosce un filatoio, entra, do
manda ad alta voce, tra il rumore dell'acqua cadente e delle
rote, se stia l un certo Bortolo Castagneri.
Il signor Bortolo! Eccolo l.
Signore ? buon segno, pensa Renzo ; vede il cugino,
286 , I PROMESSI SPOSI
gli corre incontro. Quello si volta , riconosce il giovine ,
che gli dice: son qui. Un oh! di sorpresa, un alzar di
braccia, un gettarsele al collo scambievolmente. Dopo quelle
prime accoglienze, Bortolo tira il nostro giovine lontano
dallo strepito degli ordigni, e dagli occhi de' curiosi, in
un'altra stanza, e gli dice: ti vedo volentieri; ma sei
un benedetto figliuolo. T'avevo invitato tante volte; non
sei mai voluto venire ; ora arrivi in un momento un p-'
critico.
Se te lo devo dire, non sono venuto via di mia vo
lont, disse Renzo ; e, con la pi gran brevit, non pero
senza molta commozione, gli raccont la dolorosa storia.
un altro par di maniche, disse Bortolo. Oh po
vero Renzo ! Ma tu hai fatto capitale di me ; e io non t'ab
bandoner. Veramente, ora non c' ricerca d'operai; anzi
appena appena ognuno tiene i suoi, per non perderli e di
sviare il negozio ; ma il padrone mi vuol bene, e ha della
roba. E, a dirtela, in gran parte la deve a me, senza van
tarmi : lui il capitale, e io quella poca abilit. Sono il primo
lavorante, sai ? e poi, a dirtela, sono il factotum. Povera
Lucia Mondella ! Me ne ricordo, come se fosse ieri : una buona
ragazza ! sempre la pi composta in chiesa; e quando si
passava da quella sua casuccia ... Mi par di vederla, quella
casuccia, appena fuor del paese, con un bel fico che pas
sava il muro
No, no; non ne parliamo.
Volevo dire che, quando si passava da quella casuccia.
sempre si sentiva quell'aspo, che girava, girava, girava. E
quel don Rodrigo ! gi, anche al mio tempo, era per quella
strada ; ma ora fa il diavolo affatto, a quel che vedo : fin
che Dio gli lascia la briglia sul collo. Dunque, come ti di
cevo, anche qui si patisce un po' la fame ... A proposito,
come stai d'appetito?
Ho mangiato poco fa, per viaggio.
E a danari, come stiamo?
Renzo stese una mano, l'avvicin alla bocca, e vi fece
scorrer sopra un piccol soflio.
Non importa , disse Bortolo : n' ho io : e non ci
CAPITOLO XVII. v 287
pensare, che, presto presto, cambiandosi le cose, se Dio
vorr, me li ' renderai, e te n' avanzer anche per te.
Ho qualcosina a casa; e me li far mandare.
Va bene; e intanto fa conto di me. Dio m'ha dato del
bene, perch faccia del bene ; e se non ne fo a' parenti e
agli amici, a chi ne far?
L'ho detto io della Provvidenza! esclam Renzo,
strigendo affettuosamente l mano al buon cugino.
Dunque, riprese questo, in Milano hanno fatto tutto
quel chiasso. Mi paiono un po'matti coloro. Gi, n'era corsa
la voce anche qui; ma voglio che tu mi racconti poi la
cosa pi minutamente. Eh! n'abbiamo delle cose da discor
rere. Qui per, vedi, la va pi quietamente, e si fanno le
cose con un po' pi di giudizio. La citt ha comprate due
mila some di grano da un mercante che sta a Venezia :
grano che vien di Turchia ; ma, quando si tratta di man
giare, la non si guarda tanto per il sottile. Ora senti un
po' cosa nasce : nasce che i rettori di Verona e di Brescia chiu
dono i passi, e dicono : di qui non passa grano. Che ti fanno
i bergamaschi? Spediscono a Venezia Lorenzo Torre, un
dottore, ma di quelli ! partito in fretta, s' presentato al
doge, e ha detto: che idea venuta a que' signori rettori?
Ma un discorso ! un discorso, dicono, da dare alle stampe.
Cosa vuol dire avere un uomo che sappia parlare ! Subito
un ordine che si lasci passare il grano ; e i rettori , non
solo lasciarlo passare, ma bisogna che lo facciano scortare ;
ed in viaggio. E s' pensato anche al contado. Giovanba-
tista Biava, nunzio di Bergamo in Venezia (un uomo anche
quello !) ha fatto intendere al Senato che, anche in campa
gna, si pativa la fame ; e il senato ha concesso quattromila
staia di miglio. Anche questo aiuta a far pane. E poi, lo
vuoi sapere ? se non ci sar pane, mangeremo del compa
natico. Il Signore m'ha dato del bene, come ti dico. Ora ti
condurr dal mio padrone : gli ho parlato di te tante volte, e
ti far buona accoglienza. Un buon bergamascone all'antica,,
un uomo di cuor largo. Veramente, ora non t'aspettava;
ma quando sentir la storia E poi gli operai sa tenerli di
conto, perch la carestia passa, e il negozio dura. Ma prima
288 I PROMESSI SPOSI
di tutto, bisogna che t'avverta d'una cosa. Sai come ci chia
mano in questo paese, noi altri dello stato di Milano?
Come ci chiamano ?
Ci chiaman baggiani.
Non un bel nome.
Tant': chi nato nel milanese, e vuol vivere nel
bergamasco, bisogna prenderselo in santa pace. Per questa
gente, dar del baggiano a un milanese, come dar del
l' illustrissimo a un cavaliere.
Lo diranno, m' immagino, a chi se lo vorr lasciar dire.
Figliuolo mio, se tu non sei disposto a succiarti del
"baggiano a tutto pasto, non far conto di poter viver qui.
Bisognerebbe esser sempre col coltello in mano : e quando,
supponiamo, tu n'avessi ammazzati due, tre, quattro, ver
rebbe poi quello che ammazzerebbe te : e allora, che bel
gusto di comparire al tribunal di Dio, con tre o quattro
omicidi sull'anima!
E un milanese che abbia un po' di e qui picchi
la fronte col dito, come aveva fatto nell'osteria della luna
piena. Voglio dire, uno che sappia bene il suo mestiere?
Tutt' uno : qui un baggiano anche lui. Sai come dice
il mio padrone, quando parla di me co' suoi amici? Quel
baggiano stato la man di Dio, per il mio negozio ; se non
,avessi quel baggiano, sarei ben impicciato. L' usanza
cos.
L' un' usanza sciocca. E vedendo quello che sappiam
fare (ch finalmente chi ha portata qui quest' arte, e chi la
fa andare, siamo noi), possibile che non si sian corretti?
Finora no : col tempo pu essere ; i ragazzi che vengon
su; ma gli uomini fatti, non c' rimedio: hanno preso quel
Tizio ; non lo smetton pi. Cos' poi finalmente ? Era ben
un'altra cosa quelle galanterie che t'hanno fatte, e il di
pi che ti volevan fare i nostri cari compatriotti.
Gi, vero: se non c' altro di male
Ora che sei persuaso di questo, tutto ander bene.
Vieni dal padrone, e coraggio.
Tutto in fatti and bene, e tanto a seconda delle promesso
'di Bortolo, che crediamo inutile di farne particolar relazione.
CAPITOLO XVII. 289
E fu veramente provvidenza ; perch la roba e i quattrini
che Renzo aveva lasciati in casa, vedremo or ora quanto
fosse da farci assegnamento.

CAPITOLO XVIII.

Quello stesso giorno, 13 di novembre, arriva un espresso


al signor podest di Lecco, e gli presenta un dispaccio del
signor capitano di giustizia, contenente un ordine di fare
ogni possibile e pi opportuna inquisizione, per iscoprire se
un certo giovine nominato Lorenzo Tramaglino, filatore di
seta, scappato dalle forze prcedicti egregii domini capitanei,
sia tornato,palam vel clam, al suo paese, ignotum quale pei'
l'appunto, veruni in territorio Leuci: quod si compertum
fuerit sic esse, cerchi il detto signor podest, quanta maxi
ma diligentia fieri poterli, d' averlo nelle mani; e, legato a
dovere, videlicet con buone manette, attesa l' esperimentata
insufficienza de'manichini perii nominato soggetto, lo faccia
condurre nelle carceri, e lo ritenga l, sotto buona custodia,
per farne consegna a chi sar spedito a prenderlo; e tanto nel
caso del s, come nel caso del no, accedatis ad domum pra-
dicti Laurenti Tramalimi; et, facta debita diligentia, quid-
quid ad rem repertum fuerit auferatis; et informationesde
illius prava qualitate, vita, et complicibus sumatis; e di
tutto il detto e il fatto, il trovato e il non trovato, il preso e il
lasciato, diligenter referatis. Il signor podest, dopo essersi
umanamente cerziorato che il soggetto non era tornato in
paese, fa chiamare il console del villaggio, e si fa condur
da lui alla casa indicata, con gran treno di notaio e di birri.
La casa chiusa; chi ha le chiavi non c', o non si lascia
trovare. Si sfonda l'uscio; si fa la debita diligenza, vale a
dire che si fa come in una citt presa d'assalto. La voce di
quella spedizione si sparge immediatamente per tutto il
contorno ; viene agli orecchi del padre Cristoforo ; il quale,
attonito non meno che afflitto, domanda al terzo e al quarto,
per aver qualche lume intorno alla cagione d'un fatto co
inaspettato ; ma non raccoglie altro che congetture in aria,
e scrive subito al padre Bonaventura, dal quale spera di
/ Promessi Sposi. 19
290 I PROMESSI SPOSI
poter ricevere qualche notizia pi precisa. Intanto i parenti
e gli amici di Renzo vengono citati a deporre ci che pos-
son sapere della ma.prava qualit : aver nome Tramaglino
una disgrazia, una vergogna, un delitto: il paese sotto
sopra. A poco a poco, si viene a sapere che Renzo scap
pato dalla giustizia, nel bel mezzo di Milano, e poi scom
parso ; corre voce che abbia fatto qualcosa di grosso ; ma la
cosa poi non si sa dire, o si "racconta in cento maniere.
Quanto pi grossa, tanto meno vien creduta nel paese,
dove Renzo conosciuto per un bravo giovine : i pi presu
mono, e vanno susurrandosi agli orecchi l' uno con l' altror
che una macchina mossa da quel prepotente di don Ro
drigo, per rovinare il suo povero rivale. Tant' vero cher
a giudicar per induzione, e senza la necessaria cognizione
de' fatti, si fa alle volte gran torto anche ai birbanti.
Ma noi, co' fatti alla mano, come si suol dire, possiamo af
fermare che, se colui non aveva avuto parte nella sciagura
di Renzo, se ne compiacque per, come se fosse opera sua,
e ne trionf co' suoi fidati, e principalmente col conte At
tilio. Questo, secondo i suoi primi disegni, avrebbe dovuto a
quell'ora trovarsi gi in Milano; ma, alle prime notizie del
tumulto, e della canaglia che girava per le strade, in tut-
t' altra attitudine che di ricever bastonate, aveva creduto
bene di trattenersi in campagna, fino a cose quiete. Tanto
pi che, avendo offeso molti, aveva qualche ragion di te
mere che alcuno de'tanti, che solo per impotenza stavano
cheti, non prendesse animo dalle circostanze, e giudicasse il
momento buono da far le vendette di tutti. Questa sospen
sione non fu di lunga durata : l' ordine venuto da Milano
dell'esecuzione da farsi contro Renzo era gi un indizio che
!e cose avevan ripreso il corso ordinario; e, quasi nello
stesso tempo, se n'ebbe la certezza positiva. Il conte Attilio
part immediatamente, animando il cugino a persister nel
l'impresa, a spuntar l'impegno, e promettendogli che, dal
canto suo, metterebbe subito mano a sbrigarlo dal frate ; al
qual affare, il fortunato accidente dell'abietto rivale doveva
fare un gioco mirabile. Appena partito Attilio, arriv il
Griso da Monza sano e salvo, rifer al suo padrone ci
CAPITOLO XVIII. 291
che aveva potuto raccogliere : che Lucia era ricoverata nel
tal monastero, sotto la protezione della tal signora; e stava
sempre nascosta, come se fosse una monaca anche lei, non
mettendo mai piede fuor della porta, e assistendo alle
funzioni di chiesa da una fnestrina con la grata : cosa che
dispiaceva a molti, i quali avendo sentito motivar non so
die di sue avventure, e dir gran cose del suo viso, avreb
bero voluto un poco vedere come fosse fatto.
Questa relazione mise il diavolo addosso a don Rodrigo, o,
per dir meglio, rend pi cattivo quello che gi ci stava di
casa. Tante circostanze favorevoli al suo disegno infiamma
vano sempre pi la sua passione, cio quel misto di punti
glio, di rabbia e d'infame capriccio, di cui la sua passione
era composta. Renzo assente, sfrattato, bandito, di maniera
che ogni cosa diventava lecita contro di lui, e anche la sua
sposa poteva esser considerata, in certo modo, come roba di
rubello: il solo uomo al mondo che volesse e potesse pren
der le sue parti, e fare un rumore da esser sentito anche lon
tano e da persone alte, l'arrabbiato frate, tra poco sarebbe
probabilmente anche lui fuor del caso di nuocere. Ed ecco
die un nuovo impedimento, non che contrappesare tutti
iiue'vantaggi, li rendeva, si pu dire, inutili. Un monastero
di Monza, quand'anche non ci fosse stata una principessa,
era un osso troppo duro per i denti di don Rodrigo ; e per
luanto egli ronzasse con la fantasia intorno a quel ricovero,
non sapeva immaginar n via n verso d'espugnarlo, n
con la forza, n per insidie. Fu quasi quasi per abbandonai'
l'impresa; fu per risolversi d'andare a Milano, allungando
anche la strada, per non passar neppure da Monza ; e a Mi
lano, gettarsi in mezzo agli amici e ai divertimenti, per di
scacciar, con pensieri affatto allegri, quel pensiero divenuto
ormai tutto tormentoso. Ma, ma, ma, gli amici; piano un
poco con questi amici. In vece d'una distrazione, poteva
aspettarsi di trovar nella loro compagnia, nuovi dispiaceri :
perch Attilio certamente avrebbe gi preso la tromba, e
messo tutti in aspettativa. Da ogni parte gli verrebbero do
mandate notizie della montanara : bisognava render ragione.
S'era voluto, s'era tentato; cosa s'era ottenuto ? S'era preso
292 I PROMESSI SPOSI
un impegno : un impegno un po' ignobile, a dire il vero : ma,
via, uno non pu alle volte regolare i suoi capricci ; il punto
di soddisfarli,; e come s'usciva da quest'impegno? Dan
dola vinta a un villano e a un frate ! Uh ! E quando una
buona sorte inaspettata, senza fatica del buon a nulla, aveva
tolto di mezzo l'uno, e un abile amico l'altro, il buon a
nulla non aveva saputo valersi della congiuntura, e si riti
rava vilmente dall'impresa. Ce n'era pi del bisogno, per
non alzar mai pi il viso trai galantuomini, o avere ogni mo
mento la spada alle mani. E poi, come tornare, o come ri
manere in quella villa, in quel paese, dove, lasciando da
parte i ricordi incessanti e pungenti della passione, si por
terebbe lo sfregio d' un colpo fallito ? dove, nello stesso
tempo, sarebbe cresciuto l'odio pubblico, e scemata la ripu-
tazion del potere? dove sul viso d'ogni mascalzone, anche
in mezzo agl'inchini, si potrebbe leggere un amaro: l'hai
ingoiata , ci ho gusto ? La strada dell' iniquit , dice qui
il manoscritto, larga ; ma questo non vuol dire che sia
comoda: ha i suoi buoni intoppi, i suoi passi scabrosi;
noiosa la sua parte, e faticosa, bench vada all' ingi.
A don Rodrigo, il quale non voleva uscirne, n dare ad
dietro, n fermarsi, e non poteva andare avanti da s, ve
niva bens in mente un mezzo con cui potrebbe : ed era di
chieder l'aiuto d' un tale, le cui mani arrivavano spesso
dove non arrivava la vista degli altri : un uomo o un dia
volo, per cui la difficolt dell'imprese era spesso uno sti
molo a prenderle sopra di s. Ma questo partito aveva
anche i suoi inconvenienti e i suoi rischi, tanto pi gravi,
quanto meno si potevano calcolar prima ; giacch nessuno
avrebbe saputo prevedere fin dove anderebbe, una volta
che si fosse imbarcato con quell'uomo, potente ausiliario
certamente, ma non meno assoluto e pericoloso condottiere.
Tali pensieri tennero per pi giorni don Rodrigo tra un
s e un no, l'uno e l'altro pi che noiosi. Venne intanto
una lettera del cugino, la quale diceva che la trama era
ben avviata. Poco dopo il baleno, scoppi il tuono; vale a
dire che, una bella mattina, si sent che il padre Cristoforo
era partito dal convento di Pescarenico. Questo buon
CAPITOLO XVIII. 293
successo cos pronto, la lettera d'Attilio che faceva un gran
coraggio, e minacciava di gran canzonature, fecero inclinar
sempre pi don Rodrigo al partito rischioso: ci che gli
diede l'ultima spinta, fu la notizia inaspettata che Agnese
era tornata a casa sua : un impedimento di meno vicino
a Lucia. Rendiam conto di questi due avvenimenti, co
minciando dall' ultimo.
Le due povere donne s'erano appena accomodate nel loro
ricovero, che si sparse per Monza, e per conseguenza anche
nel monastero, la nuova di quel gran fracasso di Milano ; e
dietro alla nuova grande, una serie infinita di particolari,
che andavano crescendo e variandosi ogni momento. La fat-
toressa, che, dalla sua casa, poteva tenere un orecchio alla
strada, e uno al monastero, raccoglieva notizie di qui, noti
zie di l, e ne faceva parte all'ospiti. Due, sei, otto, quat
tro, sette ne hanno messi in prigione; gl' impiccheranno,
parte davanti al forno delle grucce, parte in cima alla
strada dove c' la casa del vicario di provvisione. . . . Ehi,
ehi, sentite questa! n' scappato uno, che di Lecco, o
di quelle parti. Il nome non lo so ; ma verr qualcheduno
che me lo sapr dire; per veder se lo conoscete.
Quest'annunzio, con la circostanza d'esser Renzo appunto
arrivato in Milano nel giorno fatale, diede qualche inquie
tudine alle donne, e principalmente a Lucia ; ma pensate
cosa fu quando la fattoressa venne a dir loro : proprio
del vostro paese quello che se l' battuta, per non essere
impiccato ; un filatore di seta, che si chiama Tramaglino :
10 conoscete?
A Lucia, ch'era a sedere, orlando non so che cosa, cadde
11 lavoro di mano; impallid, si cambi tutta, di maniera
che la fattoressa se ne sarebbe avvista certamente, se le
fosse stata pi vicina. Ma era ritta sulla soglia con Agnese ;
la quale, conturbata anche lei, per non tanto, pot star
forte; e, per risponder qualcosa, disse che, in un piccolo
paese, tutti si conoscono, e che lo conosceva ; ma che non
sapeva pensare come mai gli fosse potuta seguire una
cosa simile ; perch era un giovine posato. Domand poi
se era scappato di certo, e dove.
201 I PROMESSI SPOSI
Scappato, lo dicon tutti: dove, non si sa; pu essere
che l'acchiappino ancora, pu essere che sia in salvo; ma
se gli torna sotto l' unghie, il vostro giovine posato
Qui, per buona sorte, la fattoressa fu chiamata, e se n'and :
figuratevi come rimanessero la madre e la figlia. Pi d'un
giorno, dovettero la povera donna e la desolata fanciulla
stare in una tale incertezza, a mulinare sul come, sul per
ch, sulle conseguenze di quel fatto doloroso, a commentare,
ognuna tra s, o sottovoce tra loro, quando potevano, quelle
terribili parole.
Un gioved, finalmente, capit al monastero un uomo
a cercar d' Agnese. Era un pesciaiolo di Pescarenico, che
andava a Milano, secondo l'ordinario, a spacciar la sua
mercanzia; e il buon frate Cristoforo l'aveva pregato che,
passando per Monza, facesse una scappata al monastero, sa
lutasse le donne da parte sua, raccontasse loro quel che si
sapeva del tristo caso di Renzo, raccomandasse loro d'aver
pazienza, e confidare in Dio; e che lui potero frate non si
dimenticherebbe certamente di loro, e spierebbe l'occasione
di poterle aiutare ; e intanto non mancherebbe, ogni setti
mana, di far loro saper le sue nuove, per quel mezzo, o al
trimenti. Intorno a Renzo, il messo non seppe dir altro di
nuovo e di certo, se non la visita fattagli in casa, e le ri
cerche per averlo nelle mani ; ma insieme ch'erano andate
tutte a vto, e si sapeva di certo che s' era messo in salv
sul bergamasco. Una tale certezza, e non fa bisogno di
dirlo, fu un gran balsamo per Lucia : d'allora in poi le sue
lacrime scorsero pi facili e pi dolci; prov maggior con
forto negli sfoghi segreti con la madre ; e in tutte le sue
preghiere, c'era mescolato un ringraziamento.
Gertrude la faceva venire spesso in un- suo parlatorio pri
vato, e la tratteneva talvolta lungamente, compiacendosi
dell' ingenuit e della dolcezza della poverina, e nel sen
tirsi ringraziare e benedire ogni momento. Le raccontava
anche, in confidenza, una parte (la parte netta) della sua
storia, di ci che aveva patito, per andar l a patire; e
quella prima maraviglia sospettosa di Lucia s'andava cam
biando in compassione. Trovava in quella storia ragioni pi.
CAPITOLO XVIII. 295
<che sufficienti a spiegar ci che c' era d' un po' strano nelle
maniere della sua benefattrice ; tanto pi con l' aiuto di
-quella dottrina d'Agnese su'cervelli de' signori. Per quanto
per si sentisse portata a contraccambiare la confidenza che
,Gertrude le dimostrava, non le pass neppur per la testa
'di parlarle delle sue nuove inquietudini, della sua nuova
,disgrazia, di dirle chi fosse quel filatore scappato ; per non
rischiare di spargere una voce cos piena di dolore e di
scandolo. Si schermiva anche, quanto poteva, dal rispon
dere alle domande curiose di quella, sulla storia antecedente
alla promessa ; ma qui non eran ragioni di prudenza. Era
perch alla povera innocente quella storia pareva pi spi
nosa, pi difficile da raccontarsi, di tutte quelle che aveva
sentite, e che credesse di poter sentire dalla signora. In
queste c'era tirannia, insidie, patimenti ; cose brutte e do
lorose, ma che pur si potevan nominare : nella sua c'era
mescolato per tutto un sentimento, una parola, che non le
pareva possibile di proferire, parlando di s ; e alla quale
non avrebbe mai trovato da sostituire una perifrasi che
non le paresse sfacciata: l' amore !
- Qualche volta, Gertrude quasi s'indispettiva di quello star
,cos sulle difese ; ma vi traspariva tanta amorevolezza, tanto
rispetto, tanta riconoscenza, e anche tanta fiducia ! Qualche
volta forse, quel pudore cos delicato, cos ombroso, le di
spiaceva ancor pi per un altro verso ; ma tutto si perdeva
nella soavit d' un pensiero che le tornava ogni momento,
guardando Lucia: a questa fo del bene. Ed era vero;
,perch, oltre il ricovero, que discorsi, quelle carezze fami
gliari erano di non poco conforto a Lucia. Un altro ne
trovava nel lavorar di continuo; e pregava sempre che le
dessero qualcosa da fare: anche nel parlatorio, portava
sempre qualche lavoro da tener le mani in esercizio: ma,
come i pensieri dolorosi si caccian per tutto ! cucendo, cu
cendo, ch'era un mestiere quasi nuovo per lei, le veniva
ogni poco in mente il suo aspo; e dietro all'aspo, quante
cose !
Il secondo gioved, torn quel pesciaiolo o un altro messo,
.co'saluti del padre Cristoforo, e con la conferma della fuga
296 I PROMESSI SPOSI
felice di Renzo. Notizie pi positive intorno a' suoi guair
nessuna ; perch, come abbiam detto al lettore, il cappuc
cino aveva sperato d'averle dal suo confratello di Milano,
a cui l' aveva raccomandato ; e questo rispose di non aver
veduto n la persona, n la lettera; che uno di campagna
era bens venuto al convento, a cercar di lui ; ma che, non
avendocelo trovato, era andato via, e non era pi comparso.
Il terzo gioved* non si vide nessuno; e, per le povere
donne, fu non solo una privazione d'un conforto desiderato
e sperato, ma, come accade per ogni piccola cosa a chi
afflitto e impicciato, una cagione d' inquietudine, di cento
sospetti molesti. Gi prima d'allora, Agnese aveva pensato a
fare una scappata a casa; questa novit di non vedere l'am
basciatore promesso, la fece risolvere. Per Lucia era una
faccenda seria il rimanere distaccata dalla gonnella della
madre ; ma la smania di saper qualche cosa, e la sicurezza
che trovava in quell'asilo cos guardato e sacro, vinsero le
sue ripugnanze. E fu deciso tra loro che Agnese anderebbe
il giorno seguente ad aspettar sulla strada il pesciaiolo che
doveva passar di l, tornando da Milano ; e gli chiederebbe
in cortesia un posto sul baroccio, per farsi condurre a' suoi
monti. Lo trov infatti, gli domand se il padre Cristoforo-
non gli aveva data qualche commissione per lei : il pesciaiolo,
tutto il giorno avanti la sua partenza era stato a pescare, e
non aveva saputo niente del padre. La donna non ebbe bi
sogno di pregare, per ottenere il piacere che desiderava :
prese congedo dalla signora e dalla figlia, non senza lacrime,
promettendo di mandar subito le sue nuove, e di tornar
presto; e part.
Nel viaggio, non accadde nulla di particolare. Riposarono
parte della notte in un'osteria, secondo il solito : ripartirono
innanzi giorno; e arrivaron di buon'ora a Pescarenico.
Agnese smont sulla piazzetta del convento, lasci andare
il suo conduttore con molti: Dio ve ne renda merito; e
giacch era l, volle, prima d' andare a casa, vedere il suo
buon frate benefattore. Son il campanello ; chi venne a
aprire, fu fra Galdino, quel delle noci.
Oh! la mia donna, che vento v'ha portata?
CAPITOLO XVIII. 207
Vengo a cercare il padre Cristoforo.
Il padre Cristoforo ? Non c' .
Oh! star molto a tornare?
Ma ? disse il frate, alzando le spalle, e ritirando
nel cappuccio la testa rasa.
Dov' andato?
A Rimini.
A?
A Rimini.
Dov' questo paese ?
Eh eh eh ! rispose il frate, trinciando verticalmente
l'aria con la mano distesa, per significare una gran distanza.
Oh povera me ! Ma perch andato via cos all' im
provviso?
Perch ha voluto cos il padre provinciale.
E perch mandarlo via? che faceva tanto bene qui?
Oh Signore!
Se i superiori dovessero render conto degli ordini che
danno, dove sarebbe l'ubbidienza, la mia donna?
S; ma questa la mia rovina.
Sapete cosa sar ? Sar che a Rimini avranno avuto
bisogno d'un buon predicatore; (ce n'abbiamo per tutto; ma
alle volte ci vuol queil' uomo fatto apposta) il padre provin
ciale di l avr scritto al padre provinciale di qui, se aveva
un soggetto cos e cos ; e il padre provinciale avr detto :
qui ci vuole il padre Cristoforo. Dev' esser proprio cos^
vedete.
Oh poveri noi! Quand' partito?
Jerlaltro.
Ecco! s'io davo retta alla mia ispirazione di venir via
qualche giorno prima ! E non si sa quando possa tornare ?
cos a un di presso?
Eh la mia donna ! lo sa il padre provinciale ; se lo sa
anche lui. Quando un nostro padre predicatore ha preso il
volo, non si pu prevedere su che ramo potr andarsi a
posare. Li cercan di qua, li cercan di l : e abbiamo con
venti in tutte le quattro parti del mondo. Supponete che, a
Rimini, il padre Cristoforo faccia un gran fracasso col suo
298 I PROMESSI SPOSI
quaresimale: perch non predica sempre a braccio, come
faceva qui, per i pescatori e i contadini: per i pulpiti delle
citt, ha le sue belle prediche scritte; e fior di roba. Si
sparge la voce, da quelle parti, di questo gran predicatore;
e lo possono cercare da . . . da che so io ? E allora, bisogna
mandarlo; perch noi viviamo della carit di tutto il mondo,
ed giusto che serviamo tutto il mondo.
Oh Signore ! Signore ! esclam di nuovo Agnese, quasi
piangendo: come devo fare, senza queir uomo? Era quello
che ci faceva da padre ! Per noi una rovina.
Sentite, buona donna ; il padre Cristoforo era veramente
un uomo; ma ce n'abbiamo degli altri, sapete? pieni di ca
rit e di talento, e che sanno trattare ugualmente co' signori
e co' poveri. Volete il padre Atanasio ? volete il padre Gi
rolamo ? volete il padre Zaccaria ? un uomo di vaglia, ve
dete, il padre Zaccaria. E non istate a badare, come fanno
certi ignoranti, che sia cos mingherlino, con una vocina
fessa, e una barbetta misera misera : non dico per predicare,
perch ognuno ha i suoi doni; ma per dar pareri, un
uomo, sapete?
Oh per carit! esclam Agnese, con quel misto di
gratitudine e d' impazienza, che si prova a un'esibizione in
cui si trovi pi la buona volont altrui, che la propria con
venienza : cosa m' importa a me che uomo sia o non sia
un altro, quando quel pover'uomo che non c' pi, era
quello che sapeva le nostre cose, e aveva preparato tutto
per aiutarci?
Allora, bisogna aver pazienza.
Questo lo so, rispose Agnese : scusate dell'incomodo.
Di che cosa, la mia donna? mi dispiace per voi. E
se vi risolvete di cercar qualcheduno de' nostri padri , il
convento qui che non si move. Ehi, mi lascer poi veder
presto, per la cerca dell' olio.
State bene , disse Agnese ; e s' incammin verso il
suo paesetto, desolata, confusa, sconcertata, come il povero
cieco che avesse perduto il suo bastone.
Un po' meglio informati che fra Galdino, noi possiamo
<lire come and veramente la cosa. Attilio, appena arrivato
CAPITOLO XVIII. 299
a Milano, and, come aveva promesso a don Rodrigo, a far
visi.ta al loro comune zio del Consiglio segreto. (Era una
consulta, composta allora di tredici personaggi di toga e di
spada, da cui il governatore prendeva parere, e che, morendo
uno di questi, o venendo mutato, assumeva temporariamente
il governo.) Il conte zio, togato, e uno degli anziani del con
siglio, vi godeva un certo credito ; ma nel farlo valere, e
nel farlo rendere con gli altri, non c' era il suo compagno.
Un parlare ambiguo, un tacere significativo, un restare
a mezzo, uno stringer d'occhi che esprimeva: non posso
parlare : un lusingare senza promettere, un minacciare in
cerimonia; tutto era diretto a quel fine; e tutto, o pi o
meno, tornava in pro. A segno che fino a un : io non posso
niente in questo affare : detto talvolta per la pura verit,
ma detto in modo che non gli era creduto, serviva ad ac
crescere il concetto, e quindi la realt del suo potere : come
quelle scatole che si vedono ancora in. qualche bottega di
speziale, con su certe parole arabe, e dentro non c' nulla;
ma servono a mantenere il credito alla bottega. Quello del
conte zio, che, da gran tempo, era sempre andato crescendo
a lentissimi gradi, ultimamente aveva fatto in una volta un
passo, come si dice, di gigante, per un' occasione straordi
naria, un viaggio a Madrid, con una missione alla corte ;
dove, che accoglienza gli fosse fatta, bisognava sentirlo
raccontar da lui. Per non dir altro, il conte duca l'aveva
trattato con una degnazione particolare, e ammesso alla sua
confidenza, a segno d'avergli una volta domandato, in pre
senza, si pu dire, di mezza la corte, come gli piacesse
Madrid, e d'avergli un'altra volta detto a quattr'occhi, nel
vano d' una finestra, che il duomo di Milano era il tempio
pi grande che fosse negli stati del re.
Fatti i suoi complimenti al conte zio, e presentatigli quelli
del cugino, Attilio, con un suo contegno serio, che sapeva
prendere a tempo , disse : credo di fare il mio dovere,
senza mancare alla confidenza di Rodrigo, avvertendo il,
signore zio d' un affare che, se lei non ci mette una mano,
pu diventar serio, e portar delle conseguenze ...
Qualcheduna delle sue, m'immagino.
800 I PROMESSI SPOSI
Per giustizia, devo dire che il torto non dalla parte
di mio cugino. Ma riscaldato ; e, come dico, non c'. che
il signore zio, che possa
Vediamo, vediamo.
C da quelle parti un frate cappuccino che l' ha con
Rodrigo; e la cosa arrivata a un punto che
Quante volte v' ho detto, all'uno e all'altro, che i frati
bisogna lasciarli cuocere nel loro brodo? Basta il da fere
che danno a chi deve ... a chi tocca ... E qui soffi. Ma
voi altri che potete scansarli
Signore zio, in questo, mio dovere di dirle che Rodrigo
l'avrebbe scansato, se avesse potuto. il frate che l'ha con
lui, che ha preso a provocarlo in tutte le maniere
Che diavolo ha codesto frate con mio nipote?
Prima di tutto, una testa inquieta, conosciuto per
tale, e che fa professione di prendersela coi cavalieri. Costui
protegge, dirige, che so io? una contadinotta di la; e ha per
questa creatura una carit, una carit non dico pelosa,
ma una carit molto gelosa, sospettosa, permalosa.
Intendo, disse il conte zio ; e sur un certo fondo di
goffaggine, dipintogli in viso dalla natura, velato poi e
ricoperto, a pi mani, di politica, balen un raggio di ma
lizia, che vi faceva un bellissimo vedere.
Ora, da qualche tempo, continu Attilio, s' cacciato
in testa questo frate, che Rodrigo avesse non so che disegni
sopra questa...
S' cacciato in testa, s' cacciato in testa : lo conosco
anch'io il signor don Rodrigo; e ci vuol altro avvocato che
vossignoria, per giustificarlo in queste materie.
Signore zio, che Rodrigo possa aver fatto qualche scherzo
a quella creatura, incontrandola per la strada, non sarei
lontano dal crederlo : giovine, e finalmente non cappuc
cino; ma queste son bazzecole da non trattenerne il signor
zio : il serio che il frate s' messo a parlar di Rodrigo
come si farebbe d' un mascalzone, cerca d' aizzargli contro
tutto il paese
E gli altri frati ?
Non se ne impicciano, perch lo conoscono per una testa
CAPITOLO XVIII. 301
calda, e hanno tutto il rispetto per Rodrigo; ma, dall'altra
parte, questo frate ha un gran credito presso i villani, per
ch fa poi anche il santo, e . . . .
M'immagino che non sappia che Rodrigo mio nipote.
Se lo sa ! Anzi questo quel che gli mette pi il diavolo
addosso.
Come? come?
Perch, e lo va dicendo lui, ci trova pi gusto a farla
vedere a Rodrigo, appunto perch questo ha un protettor
naturale, di tanta autorit come vossignoria: e che lui se
la ride de' grandi e de' politici, e che il cordone di san Fran
cesco tien legate anche le spade, e che...
Oh frate temerario! Come si chiama costui?
Fra Cristoforo da*** disse Attilio; e il conte zio,
preso da una cassetta del suo tavolino, un libriccino di me
morie, vi scrisse, soffiando, soffiando, quel povero nome. In
tanto Attilio seguitava : sempre stato di queil' umore,
costui : si sa la sua vita. Era un plebeo che, trovandosi aver
quattro soldi, voleva competere coi cavalieri del suo paese ;
e, per rabbia di non poterla vincere con tutti, ne ammazz
uno; onde, per iscansar la forca, .si fece frate.
Ma bravo ! ma bene ! La vedremo, la vedremo, di
ceva il conte zio, seguitando a soffiare.
Ora poi, continuava Attilio, pi arrabbiato che
mai, perch gli andato a monte un disegno che gli pre
meva molto molto : e da questo il signore zio capir che
uomo sia. Voleva costui maritare quella sua creatura: fosse
per levarla dai pericoli del mondo, lei m' intende, o per che
altro si fosse, la voleva maritare assolutamente ; e aveva
trovato il l'uomo: un'altra sua creatura, un soggetto,
che, forse e senza forse, anche il signore zio lo conoscer
di nome; perch tengo per certo che il Consiglio segreto
avr dovuto occuparsi di quel degno soggetto.
Chi costui ?
Un filatore di seta, Lorenzo Tramaglino, quello che....
Lorenzo Tramaglino ! esclam il conte zio. Ma bene !
ma bravo, padre! Sicuro in fatti... aveva una lettera
per un.... Peccato che Ma non importa; va bene. E
302 I PROMESSI SPOSI
perch il signor don Rodrigo non mi dice nulla di tutto
questo ? perch lascia andar le cose tant' avanti, e non si
rivolge a chi lo pu e vuole dirigere e sostenere?
Dir il vero anche in questo, proseguiva Attilio. Da
una parte, sapendo quante brighe, quante cose ha per la
testa il signore zio (questo, soffiando, vi mise la mano,
come per significare la gran fatica ch' era a farcele stai-
tutte) s' fatto scrupolo di darle una briga di pi. E poi,
dir tutto : da quello che ho potuto capire, cos irritato,
cos fuor de'gangheri, cos stucco delle villanie di quel frate,
che ha pi voglia di farsi giustizia da s, in qualche ma
niera sommaria, che d' ottenerla in una maniera regolare,
dalla prudenza e dal braccio del signore zio. Io ho cercato
di smorzare ; ma vedendo che la cosa andava per le brutte,
ho creduto che fosse mio dovere d' avvertir di tutto il
signore zio , che alla fine il capo e la colonna della
casa ....
Avresti fatto meglio a parlare un poco prima.
vero ; ma io andavo sperando che la cosa svanirebbe
da s, o che il frate tornerebbe finalmente in cervello, o
che se n' anderebbe da quel convento, come accade di que
sti frati, che ora sono qua, ora sono l; e allora tutto sa
rebbe finito. Ma
Ora toccher a me a raccomodarla.
Cos ho pensato anch' io. Ho detto tra me : il signore
zio, con la sua avvedutezza, con la sua autorit, sapr lui
prevenire uno scandolo, e insieme salvar l'onore di Rodrigo,
che poi anche il suo. Questo frate, dicevo io, l' ha sempre
col cordone di san Francesco ; ma per adoprarlo a proposito,
il cordone di san Francesco, non necessario d' averlo in
torno alla pancia. Il signore zio ha cento mezzi ch'io non
conosco : so che il padre provinciale ha, com' giusto, una
gran deferenza per lui; e se il signore zio crede che in
questo caso il miglior ripiego sia di far cambiar aria al
frate, lui con due parole ...
Lasci il pensiero a chi tocca, vossignoria, disse un
po' ruvidamente il conte zio.
Ah vero ! esclam Attilio, con una tentennatina di
CAPITOLO XVIII. 303
testa , e con un sogghigno di compassione per s stesso.
Son io l' uomo da dar pareri al signore zio ! Ma la pas
sione che ho della riputazione del casato che mi fa parlare.
E ho anche paura d' aver fatto un altro male, soggiunse
con un'aria pensierosa : ho paura d'aver fatto torto a Ro
drigo nel concetto del signore zio. Non mi darei pace, se
fossi cagione di farle pensare che Rodrigo non abbia tutta
quella fede in lei, tutta quella sommissione che deve avere.
Creda, signore zio, che in questo caso proprio
Via, via; che torto, che torto tra voi altri due ? che sa
rete sempre amici, finch l' uno non metta giudizio. Scape
strati, scapestrati, che sempre ne fate una; e a me tocca di
rattopparle : che mi fareste dire uno spoposito, mi date
pi da pensare voi altri due, che, e qui immaginatevi che
soffio mise, tutti questi benedetti affari di stato.
Attilio fece ancora qualche scusa, qualche promessa,
qualche complimento; poi si licenzi, e se n'and, accompa
gnato da un e abbiamo giudizio, ch' era la formola di
commiato del conte zio per i suoi nipoti.

CAPITOLO XIX.

Chi, vedendo in un campo mal coltivato, un'erbaccia, per


esempio un bel lapazio, volesse proprio sapere se sia venuto
da un seme maturato nel campo stesso, o portatovi dal
vento, o lasciatovi cader da un uccello, per quanto ci pen
sasse, non ne verrebbe mai a una conclusione. Cosi anche
noi non sapremmo dire se dal fondo naturale del suo cer
vello, o dall' insinuazione d'Attilio, venisse al conte zio la
risoluzione di servirsi del padre provinciale per troncare
nella miglior maniera quel nodo imbrogliato. Certo che
Attilio non aveva detta a caso quella parola ; e quantunque
dovesse aspettarsi che, a un suggerimento cos scoperto, la
boria ombrosa del conte zio avrebbe ricalcitrato, a ogni
modo volle fargli balenar dinanzi l' idea di quel ripiego, e
metterlo sulla strada, dove desiderava che andasse. Dal
l' altra parte, il ripiego era talmente adattato all' umore
del conte zio, talmente indicato dalle circostanze, che,
301 I PROMESSI SPOSI
senza suggerimento di chi si sia, si pu scommettere che
l'avrebbe trovato da s. Si trattava che, in una guerra
pur troppo aperta, uno del suo nome, un suo nipote, non
rimanesse al di sotto: punto essenzialissimo alla riputa
zione del potere che gli stava tanto a cuore. La soddi
sfazione che il nipote poteva prendersi da s, sarebbe
stata un rimedio peggior del male, una sementa di guai : e
bisognava impedirla, in qualunque maniera, e senza perder
tempo. Comandargli che partisse in quel momento dalla
sua villa; gi non avrebbe ubbidito; e quand'anche avesse,
era un cedere il campo, una ritirata della casa dinanzi a un
convento. Ordini, forza legale, spauracchi di tal genere, non
valevano contro un avversario di quella condizione : il clero
regolare e secolare era affatto immune da ogni giurisdizione
laicale ; non solo le persone, ma i luoghi ancora abitati da
esso : come deve sapere anche chi non avesse letta altra
storia che la presente ; che starebbe fresco. Tutto quel che si
poteva contro un tale avversario era cercar d'allontanarlo,
,e il mezzo a ci era il padre provinciale, in arbitrio del
quale era l'andare e lo stare di quello.
Ora, tra il padre provinciale e il conte zio passava un' an
tica conoscenza : s'eran veduti di rado, ma sempre con gran
dimostrazioni d'amicizia, e con esibizioni sperticate di servizi.
E alle volte, meglio aver che fare con uno che sia sopra
a molti individui, che con uno solo di questi, il quale non
vede che la sua causa, non sente che la sua passione, non
cura che il suo punto; mentre l'altro vede in un tratto cento
relazioni, cento conseguenze, cento interessi, cento cose da
scansare, cento cose da salvare ; e si pu quindi prendere
<la cento parti.
Tutto ben ponderato, il conte zio invit un giorno a pranzo
il padre provinciale, e gli fece trovare una corona di com
mensali assortiti con un intendimento sopraffino. Qualche
parente de' pi titolati, di quelli il cui solo casato era un
gran titolo; e che, col solo contegno, con una certa sicurezza
nativa, con una sprezzatura signorile, parlando di cose grandi
con termini famigliari, riuscivano, anche senza farlo appo
sta, a imprimere e rinfrescare, ogni momento, l' idea della
CAPITOLO XIX. * 305
superiorit e della potenza; e alcuni clienti legati alla casa
per una dipendenza ereditaria, e al personaggio per una ser
vit di tutta la vita; i quali, cominciando dalla minestra a
dir di s, con la bocca, con gli occhi, con gli orecchi, con tutta
la testa, con tutto il corpo, con tutta l'anima, alle frutte
v'avevan ridotto un uomo a non ricordarsi pi come si
facesse a dir di no.
A tavola, il conte padrone fece cader ben presto il discorso
sul tema di Madrid. A Roma si va per pi strade; a Madrid
egli andava per tutte. Parl della corte, del conte duca,
de'ministri, della famiglia del governatore, delle cacce del
toro, che lui poteva descriver benissimo, perch le aveva
godute da un posto distinto dell' Escuriale, di cui poteva
render conto a un puntino, perch un creato del conte
duca l'aveva condotto per tutti i buchi. Per qualche tempo,
tutta la cpmpagnia stette, come un uditorio, attenta a lui
solo, poi si divise in colloqui particolari ; e lui allora con
tinu a raccontare altre di quelle belle cose, come in con
fidenza, al padre provinciale che gli era accanto, e che
10 lasci dire, dire e dire. Ma a un certo punto, diede una
giratina al discorso, lo stacc da Madrid, e di corte in
corte, di dignit in dignit, lo tir sul cardinal Barberini,
'Ch' era cappuccino, e fratello del papa allora sedente, Ur
bano VIII: niente meno. Il conte zio dovette anche lui
lasciar parlare un poco, e stare a sentire, e ricordarsi
che finalmente, in questo mondo, non c'era soltanto i perso
naggi che facevan per lui. Poco dopo alzati da tavola, preg
1l padre provinciale di passar con lui in un' altra stanza.
Due potest, due canizie, due esperienze consumate si
trovavano a fronte. Il magnifico signore fece sedere il
padre molto reverendo , sedette anche lui , e cominci :
stante l' amicizia che passa tra di noi, ho creduto di far
parola a vostra paternit d' un affare di comune interesse,
da concluder tra di noi, senz' andar per altre strade, che
potrebbero E perci, alla buona, col cuore in mano, le
dir di che si tratta; e in due parole son certo che an-
deremo d' accordo. Mi dica : nel loro convento di Pesca
renico e' un padre Cristoforo da * * * ?
I Promessi Sposi. 20
306 ' I PROMESSI SPOSI
Il provinciale fece cenno di s.
Mi dica un poco vostra paternit, schiettamente, da
t>uon amico questo soggetto questo padre Di
persona io non lo conosco ; e si che de' padri cappuccini
ne conosco parecchi: uomini d'oro, zelanti, prudenti, umili:
sono stato amico dell'ordine fin da ragazzo Ma in tutte
le famiglie un po' numerose c' sempre qualche indi
viduo, qualche testa E questo padre Cristoforo, so da
certi ragguagli che un uomo un po' amico de' con
trasti che non ha tutta quella prudenza, tutti que' ri
guardi Scommetterei che ha dovuto dar pi d'una
volta da pensare a vostra paternit.
Ho inteso: un impegno, pensava intanto il pro
vinciale: Colpa mia; lo sapevo che quel benedetto Cri
stoforo era un soggetto da farlo girare di pulpito in pulpito,
e non lasciarlo fermare sei mesi in un luogo, specialmente
in conventi di campagna.
Oh! disse poi: mi dispiace davvero di sentire che
vostra magnificenza abbia in un tal concetto il padre Cri
stoforo; mentre, per quanto ne so io, un religioso....
esemplare in convento, e tenuto in molta stima anche di
fuori.
Intendo benissimo; vostra paternit deve.... Per, peri>,
da amico sincero, voglio avvertirla d' una cosa che le sar
utile di sapere; e se anche ne fosse gi informata, posso,
senza mancare a'miei doveri, metterle sottocchio certe con
seguenze possibili : non dico di pi. Questo padre Cri
stoforo, sappiamo che proteggeva un uomo di quelle parti,
un uomo vostra paternit n' avr sentito parlare ; quella
che, con tanto scandolo, scapp dalle mani della giustizia,
dopo aver fatto, in quella terribile giornata di san Martino,
cose cose Lorenzo Tramaglino!
Ahi ! pens il provinciale ; e disse : questa circo
stanza mi riesce nuova ; ma vostra magnificenza sa bene che
una parte del nostro uflzio appunto d' andare in cerca
de' traviati, per ridurli
Va bene, ma la protezione de' traviati d' una certa spe
cie ! Son cose spinose, affari delicati .... E qui, in
CAPITOLO XIX. 307
vece di gonfiar le gote e di soffiare, strinse le labbra, e
tir dentro tant' aria quanta ne soleva mandar fuori, sof
fiando. E riprese: ho creduto bene di darle un cenno su
questa circostanza, perch se mai sua eccellenza Po
trebbe esser fatto qualche passo a Roma non so niente . . .
e da Roma venirle
Son ben tenuto a vostra magnificenza di codesto av
viso ; per son certo che, se si prenderanno informazioni su
questo proposito, si trover che il padre Cristoforo non avr
avuto che fare con V uomo che lei dice, se non a fine di met
tergli il cervello a partito. Il padre Cristoforo, lo conosco.
Gi lei sa meglio di me che soggetto fosse al secolo,
le cosette ehe ha fatte in giovent.
la gloria dell'abito questa, signor conte, che un
uomo, il quale al secolo ha potuto far dir di s, con questo
indosso, diventi un altro. E da che il padre Cristoforo
porta quest'abito
Vorrei crederlo : lo dico di cuore : vorrei crederlo ;
ma alle volte, come dice il proverbio l'abito non fa
il monaco.
Il proverbio, non veniva in taglio esattamente ; ma il
conte l'aveva sostituito in fretta a un altro che gli era
venuto sulla punta della lingua: il lupo cambia il pelo,
ma non il vizio.
Ho de' riscontri, continuava, ho de'contrassegni
Se lei sa positivamente, disse il provinciale, che
questo religioso abbia commesso qualche errore (tutti si
pu mancare), avr per un vero favore l'esserne informato.
Son superiore: indegnamente; ma lo sono appunto per
correggere, per rimediare.
Le dir : insieme con questa circostanza dispiacevole
della protezione aperta di questo padre per chi le ho detto,
c' un'altra cosa disgustosa, e che potrebbe Ma, tra di
noi, accomoderemo tutto in una volta. C', dico, che lo
stesso padre Cristoforo ha preso a cozzare con mio nipote,
don Rodrigo * * *.
Oh ! questo mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace dav
vero.
308 I PROMESSI SPOSI
Mio nipote giovine, vivo, si sente quello che , non
avvezzo a esser provocato
Sar mio dovere di prender buone informazioni d' un
fatto simile. Come ho gi detto a vostra magnificenza, e
parlo con un signore che non ha meno giustizia che pra
tica di mondo, tutti siamo di carne, soggetti a sbagliare
tanto da una parte, quanto dall'altra: e se il padre Cri
stoforo avr mancato
Veda vostra paternit; son cose, come io le dicevo, da
finirsi tra di noi, da seppellirsi qui, cose che a rimestarle
troppo si fa peggio. Lei sa cosa segue : quest' urti, que
ste picche, principiano talvolta da una bagattella, e vanno
avanti, vanno avanti A voler trovarne il fondo, o non
se ne viene a capo, o vengon fuori cent' altri imbrogli. So
pire, troncare, padre molto reverendo : troncare, sopire. Mio
nipote giovine ; il religioso, da quel che sento, ha ancora
tutto lo spirito, le inclinazioni d' un giovine : e tocca a
noi, che abbiamo i nostri anni... pur troppo eh, padre
molto reverendo?
Chi fosse stato l a vedere, in quel punto, fu come quando,
nel mezzo d' un' opera seria, s' alza, per isbaglio, uno sce
nario, prima del tempo, e si vede un cantante che, non
pensando, in quel momento, che ci sia un pubblico al mondo,
discorre alla buona con un suo compagno. Il viso, l'atto,
la voce del conte zio, nel dir quel pur troppo!, tutto fu
naturale : l non c' era politica : era proprio vero che gli
dava noia d' avere i suoi anni. Non gi che piangesse i pas
satempi, il brio, l'avvenenza della giovent: frivolezze,
sciocchezze, miserie ! La cagion del suo dispiacere era ben
pi soda e importante : era che sperava un certo posto pi
alto, quando fosse vacato ; e temeva di non arrivare a tempo.
Ottenuto che l' avesse, si poteva esser certi che non si sa
rebbe pi curato degli anni, non avrebbe desiderato altro,
e sarebbe morto contento, come tutti quelli che desideran
molto una cosa, assicurano di voler fare, quando siano
arrivati a ottenerla.
Ma per lasciarlo parlar lui, tocca a noi, continu,
a aver giudizio per i giovani, e a rassettar le loro
CAPITOLO XIX. 30'J
malefatte. Per buona sorte, siamo ancora a tempo; la cosa
non ha fatto chiasso; ancora il caso d'un buon principiis
obsta. Allontanare il fuoco dalla paglia. Alle volte un sog
getto che, in un luogo, non fa bene, o che pu esser causa di
qualche inconveniente, riesce a maraviglia in un altro. Vo
stra paternit sapr ben trovare la nicchia conveniente a
questo religioso. C giusto anche l' altra circostanza, che
possa esser caduto in sospetto di chi potrebbe deside
rare che fosse rimosso : e, collocandolo in qualche posto un
po' lontanetto, facciamo un viaggio e due servizi; tutto
s'accomoda da s, o per dir meglio, non c' nulla di
guasto.
Questa conclusione, il padre provinciale se l'aspettava
Uno dal principio del discorso. Eh gi ! pensava tra
s : vedo dove vuoi andar a parare : delle solite ; quando
un povero frate preso a noia da voi altri, o da Uno di
voi altri, o vi d ombra, subito, senza cercar se abbia torto
o ragione, il superiore deve farlo sgomberare.
E quando il conte ebbe finito, e messo un lungo soffio,
che equivaleva a un punto fermo, intendo benissimo,
disse il provinciale, quel che il signor conte vuol dire ;
ma prima di fare un passo ...
un passo e non un passo, padre molto reverendo :
una cosa naturale, una cosa ordinaria ; e se non si prende
questo ripiego, e subito, prevedo un morite di disordini,
un' iliade di guai. Uno sproposito mio nipote non cre
derei .... ci son io, per questo Ma, al punto a cui la
cosa arrivata, se non la tronchiamo noi, senza perder
tempo, con un colpo netto, non possibile che si fermi,
che resti segreta e allora non pi solamente mio
nipote Si stuzzica un vespaio, padre molto reverendo.
Lei vede; siamo una casa, abbiamo attinenze
Cospicue.
Lei m' intende : tutta gente che ha sangue nelle vene, e
che, a questo mondo qualche cosa. C entra il punti
glio ; diviene un affare comune ; e allora anche chi
amico della pace Sarebbe un vero crepacuore per me,
di dovere di trovarmi io che ho sempre avuta
310 I PROMESSI SPOSI
tanta propensione per i padri cappuccini ! Loro padri,
per far del bene, come fanno con tanta edificazione del
pubblico, hanno bisogno di pace, di non aver contese, di
stare in buona armonia con chi.... E poi, hanno de' pa
renti al secolo e questi affaracci di puntiglio, per poco
che vadano in lungo, s' estendono, si ramificano, tiran den
tro mezzo mondo. Io mi trovo in questa benedetta ca
rica, che m' obbliga a sostenere un certo decoro Sua
eccellenza i miei signori colleghi tutto diviene al-
far di corpo tanto pi con queil' altra circostanza
Lei sa come vanno queste cose.
Veramente, disse il padre provinciale, il padre Cri
stoforo predicatore; e avevo gi qualche pensiero.. . . Mi
si richiede appunto Ma in questo momento, in tali cir
costanze, potrebbe parere una punizione ; e una punizione
prima d'aver ben messo in chiaro
No punizione, no : un provvedimento prudenziale, un
ripiego di comune convenienza, per impedire i sinistri che
potrebbero mi sono spiegato.
Tra il signor conte e me, la cosa rimane in questi ter
mini ; intendo. Ma, stando il fatto come fu riferito a vostra
magnificenza, impossibile, mi pare, che nel paese non sia
traspirato qualcosa. Per tutto c' degli aizzatori, de' metti
male, o almeno de' curiosi maligni che, se posson vedere
alle prese signori e religiosi, ci hanno un gusto matto; e
fiutano, interpretano, ciarlano Ognuno ha il suo decoro
da conservare; e io poi, come superiore (indegno), ho un
dovere espresso L'onor dell'abito non cosa mia ....
un deposito del quale Il suo signor nipote, giacch
cos alterato, come dice vostra magnificenza, potrebbe
prender la cosa come una soddisfazione data a lui, e....
non dico vantarsene, trionfarne, ma
Le pare, padre molto reverendo? Mio nipote un ca
valiere che nel mondo considerato secondo il suo
grado e il dovere: ma davanti a me un ragazzo; e non
far n pi n meno di quello che gli prescriver io. Le
dir di pi : mio nipote non ne sapr nulla. Che bisogno
.abbiamo noi di render conto? Son cose che facciamo tra di
-capitolo xix: - 311
noi, da buoni amici ; e tra di noi hanno da rimanere. Non
si dia pensiero di ci. Devo essere avvezzo a non parlare.
E soffi. In quanto ai cicaloni, riprese, che vuol che
dicano? Un religioso che vada a predicare in un altro paese,
cosa cos ordinaria ! E poi, noi che vediamo noi che
prevediamo noi che ci tocca non dobbiamo poi cu
rarci delle ciarle. "
Per, affine di prevenirle, sarebbe bene che, in que
st'occasione, il suo signor nipote facesse qualche dimostra
zione, desse qualche segno palese d'amicizia, di riguardo
non per" noi, ma per l'abito
Sicuro, sicuro; quest' giusto Per non c' biso
gno : so che i cappuccini son sempre accolti come si deve
da mio nipote. Lo fa per inclinazione : un genio in fami
glia: e poi sa di far cosa grata a me. Del resto, in questo
caso qualcosa di straordinario troppo giusto. La
sci fare a me, padre molto reverendo; che comander a
mio nipote Cio bisogner insinuargli con prudenza,
affinch non s' avveda di quel che passato tra di noi.
Perch non vorrei alle volte che mettessimo un impiastro
dove non c' ferita. E per quel che abbiamo concluso ,
quanto pi presto sar, meglio. E se si trovasse qualche
nicchia un po' lontana per levar proprio ogni occa
sione
Mi vien chiesto per l' appunto un predicatore da Ri
mini; e fors' anche, senz' altro motivo, avrei potuto metter
gli occhi
Molto a proposito, molto a proposito. E quando ?
Giacch la cosa si deve fare, si far presto.
Presto, presto, padre molto reverendo: meglio oggi
-che domani. E, continuava poi, alzandosi da sedere, se
posso qualche cosa, tanto io, come la mia famiglia, per i
nostri buoni padri cappuccini
Conosciamo per prova la bont della casa, disse il
padre provinciale, alzatosi anche lui, e avviandosi verso
l'uscio, dietro al suo vincitore.
Abbiamo spento una favilla, disse questo, sofferman
dosi, una favilla, padre molto reverendo, che poteva
312 I PROMESSI SPOSI
destare un grand' incendio. Tra buoni amici, con due pa
role s'accomodano di gran cose.
Arrivato all' uscio, lo spalanc, e volle assolutamente che
il padre provinciale andasse avanti : entrarono nell' altra
stanza, e si riunirono al resto, della compagnia.
Un grande studio, una grand' arte, di gran parole, met
teva quel signore nel maneggio d' un affare; ma produceva
poi anche effetti corrispondenti. Infatti, col colloquio che
ibbiam riferito, riusc a far andar fra Cristoforo a piedi
da Pescarenico a Rimini, che una bella passeggiata.
Una sera, arriva a Pescarenico un cappuccino di' Milano,
con un plico per il padre guardiano. C dentro l' obbe
dienza per fra Cristoforo, di portarsi a Rimini, dove predi
cher la quaresima. La lettera al guardiano porta l' istru
zione d' insinuare al detto frate che deponga ogni pensiero
d'affari che potesse avere avviati nel paese da cui deve
partire, e che non vi mantenga corrispondenze: il frate
latore dev' essere il compagno d viaggio. Il guardiano non
dice nulla la sera ; la mattina, fa chiamar fra Cristoforo, gli
fa vedere l'obbedienza, gli dice che vada a prender la sporta,
il bastone, il sudario e la cintura, e con quel padre compa
gno che gli presenta, si metta poi subito in viaggio.
Se fu un colpo per il nostro frate, lo lascio pensare a
voi. Renzo, Lucia, Agnese, gli vennero subito in mente ; e
esclam, per dir cos, dentro di s: Oh Dio! cosa faranno
que' meschini, quando io non sar pi qui! Ma alz gli
occhi al cielo, e s' accus d' aver mancato di fiducia, d' es
sersi creduto necessario a qualche cosa. Mise le mani in
croce sul petto , in segno d' ubbidienza T e chin la testa
davanti al padre guardiano ; il quale lo tir poi in disparte,
e gli diede quell'altro avviso, con parole di consiglio, e
con significazione di precetto. Fra Cristoforo and alla sua
cella, prese la sporta, vi ripose il breviario, il suo qua
resimale, e il pane del perdono, s' allacci la tonaca con
la sua cintura di pelle, si licenzi da' suoi confratelli che
si trovavano in convento, and da ultimo a prender la
benedizione del guardiano, e col compagno, prese la strada
che gli era stata prescritta.
CAPITOLO XIX. 313
Abbiamo detto che don Rodrigo, intestato pi che mai di
venire a fine della sua bella impresa, s' era risoluto di cer
care il soccorso d'un terribile uomo.' Di costui non possiam
dare n il nome, n il cognome, n un titolo, e nemmeno
una congettura sopra nulla di tutto ci: cosa tanto pi
strana, che del personaggio troviamo memoria in pi d' un
libro (libri stampati, dico) di quel tempo. Che il personag
gio sia quel medesimo, l' identit de' fatti non lascia luogo
a dubitarne ; ma per tutto un grande studio a scansarne il
nome, quasi avesse dovuto bruciar la penna, la mano dello
scrittore. Francesco Rivola, nella vita del cardinal Federigo
Borromeo, dovendo parlar di quell' uomo, lo chiama un
signore altrettanto potente per ricchezze, quanto nobile per
nascita, e fermi l. Giuseppe Ripamonti, che, nel quinto
libro della quinta decade della sua Storia Patria, ne fa pi
distesa menzione, lo nomina uno, costui, colui, quest'uomo,
quel personaggio. Riferir, dice, nel suo bel latino, da
cui traduciamo come ci riesce , il caso d' un tale che ,
essendo de' primi tra i grandi della citt, aveva stabilita la
sua dimora in una campagna , situata sul confine ; e l ,
assicurandosi a forza di delitti, teneva per niente i giudizi,
i giudici, ogni magistratura, la sovranit; menava una vita
affatto indipendente ; ricettatore di forusciti , foruscito un
tempo anche lui ; poi tornato, come se niente fosse
Da questo scrittore prenderemo qualche altro passo, che ci
venga in taglio per confermare e per dilucidare il racconto
del nostro anonimo ; col quale tiriamo avanti.
Fare ci eh' era vietato dalle leggi, o impedito da una
forza qualunque ; esser arbitro, padrone negli affari altrui,
senz' altro interesse che il gusto di comandare ; esser te
muto da tutti, aver la mano da coloro ch' eran soliti averla
dagli altri ; tali erano state in ogni tempo le passioni prin
cipali di costui. Fino dall' adolescenza, allo spettacolo e al
rumore di tante prepotenze, di tante gare, alla vista di tanti,
tiranni, provava un misto sentimento di sdegno e d' invidia
impaziente. Giovine, e vivendo in citt, non tralasciava oc-
asione, anzi n' andava in cerca, d' aver che dire co' pi
famosi di quella professione, d'attraversarli, per provarsi
314 I PROMESSI SPOSI
con loro, e farli Stare a dovere, o tirarli a cercare l sua
amicizia. Superiore di ricchezze e di seguito alla pi parte,
e forse a tutti d'ardire e di costanza, ne ridusse molti a
ritirarsi da ogni rivalit, molti ne conci male, molti n'ebbe
amici ; non gi amici del pari, ma, come soltanto potevan
piacere a lui, amici subordinati, che si riconoscessero suoi
inferiori, che gli stessero alla sinistra. Nel fatto per, ve
niva anche lui a essere il faccendiere, lo strumento di tutti
coloro : essi non mancavano di richiedere ne' loro impegni
l'opera d'un tanto ausiliario ; per lui, tirarsene indietro sa
rebbe stato decadere dalla sua riputazione, mancare al suo
assunto. Di maniera che, per conto suo, e per conto d'altri,
tante ne fece che, non bastando n il nome, n il paren
tado, n gli amici, n la sua audacia a sostenerlo contro i
bandi pubblici, e contro tante animosit potenti, dovette dar
luogo, e uscir dallo stato. Credo che a questa circostanza si
riferisca un tratto notabile raccontato dal Ripamonti. Una
volta che costui ebbe a sgomberare il paese, la segretezza
che us, il rispetto, la timidezza, furon tali : attravers la
citt a cavallo, con un seguito di cani, a suon di tromba ;
e passando davanti al palazzo di corte, lasci alla guardia
un'imbasciata d'impertinenze per il governatore.
Nell'assenza, non ruppe le pratiche, n tralasci le cor
rispondenze con que' suoi tali amici, i quali rimasero uniti
con lui, per tradurre letteralmente dal Ripamonti, in lega
occulta di consigli atroci, e di cose funeste. Pare anzi che
allora contraesse con pi alte persone, certe nuove terribili
pratiche , delle quali lo_ storico summentovato parla con
una brevit misteriosa. Anche alcuni principi esteri,
dice, si valsero pi volte dell'opera sua, per qualche im
portante omicidio, e spesso gli ebbero a mandar da lontano
rinforzi di gente che servisse sotto i suoi ordini.
Finalmente (non si sa dopo quanto tempo), o fosse levato
il bando, per qualche jiotente intercessine, o l'audacia di
quell' uomo gli tenesse luogo d' immunit, si risolvette di
tornare a casa, e vi torn difatti ; non per in Milano, ma
,m un castello confinante col territorio bergamasco, che
allora era, come ognun sa, stato veneto. Quella casa,
CAPITOLO XIX. 3l5
cito ancora il Ripamonti, era come un' officina di mandati
sanguinosi: servitori la cui testa era messa a taglia, e
che avevan per mestiere di troncar teste; n cuoco, n
sguattero dispensati dall' omicidio : le mani de' ragazzi in
sanguinate. Oltre questa bella famiglia domestica, n'aveva,
come afferma lo stesso storico, un' altra di soggetti simili,
dispersi e posti come a quartiere in vari luoghi de' due stati
sul lembo de' quali viveva, e pronti sempre a' suoi ordini.
Tutti itiranni, per un bel tratto di paese all' intorno, ave
van dovuto, chi in un' occasione e chi in un' altra, scegliere
tra l' amicizia e l' inimicizia di quel tiranno straordinario.
Ma i primi che avevano voluto provar di resistergli, la gli
era andata cos male, che nessuno si sentiva pi di met
tersi a quella prova. E neppur col badare a' fatti suoi, con
lo stare a s, uno non poteva rimanere indipendente da lui.
Capitava un suo messo a intimargli che abbandonasse la
tale impresa, che cessasse di molestare il tal debitore, o
cose simili: bisognava rispondere si ono. Quando una parte,
con un omaggio vassallesco, era andata a rimettere in lui
un affare qualunque, l' altra parte si trovava a quella dura
scelta, o di stare alla sua sentenza, o di dichiararsi suo ne
mico; il che equivaleva a esser, come si diceva altre volte,
tisico in terzo grado. Molti, avendo il torto, ricorrevano a
lui per aver ragione in effetto ; molti anche, avendo ragione,
per preoccupare un cos gran patrocinio, e chiuderne
l' adito all' avversario : gli uni e gli altri divenivano pi
specialmente suoi dipendenti. Accadde qualche volta che un
debole oppresso, vessato da un prepotente, si rivolse a lui ;
e lui, prendendo le parti del debole, forz il prepotente a
finirla, a riparare il mal fatto, a chiedere scusa ; o, se stava
duro, gli mosse tal guerra, da costringerlo a sfrattar dai
luoghi che aveva tiranneggiati, o gli fece anche pagare un
pi pronto e pi terribile fio. E in quei casi, quel nome
tento temuto e abborrito era stato benedetto un momento :
perch, non dir quella giustizia, ma quel rimedio, quel
compenso qualunque, non si sarebbe potuto, in que' tempi,
aspettarlo da nessun' altra forza n privata, n pubblica.
Pi spesso, anzi per l' ordinario, la sua era stata ed era
316 I PROMESSI SPOSI
ministra di voleri iniqui, d soddisfazioni atroci, di capricci
superbi. Ma gli usi cos diversi di quella forza producevan
sempre l' effetto medesimo, d' imprimere negli animi una
grand' idea di quanto egli potesse volere e eseguire in onta
dell' equit e dell' iniquit, quelle due cose che metton tanti
ostacoli alla volont degli uomini, e li fanno cos spesso
tornare indietro. La fama de' tiranni ordinari rimaneva per
lo pi ristretta in quel piccolo tratto di paese dov' erano i
pi ricchi e i pi forti: ogni distretto aveva i suoi; e si
rassomigliavan tanto, che non c' era ragione che la gente
s'occupasse di quelli che non aveva a ridosso. Ma la fama di
questo nostro era gi da gran tempo diffusa in ogni parte
del milanese: per tutto, la sua vita era un soggetto di
racconti popolari; e il suo nome significava qualcosa
d'irresistibile, di strano, di favoloso. Il sospetto che per
tutto s'aveva de' suoi collegati e de' suoi sicari, contribuiva
anch'esso a tener viva per tutto la memoria di lui. Non
eran pi che sospetti; giacch chi avrebbe confessata
apertamente una tale dipendenza? ma ogni tiranno poteva
essere un suo collegato, ogni malandrino, uno de' suoi:
e l'incertezza stessa rendeva pi vasta l'opinione, e pi
cupo il terrore della cosa. E ogni volta che in qualche
parte si vedessero comparire figure di bravi sconosciute
e pi brutte dell'ordinario, a ogni fatto enorme di cui
non si sapesse alla prima indicare o indo vinar l' autore, si
proferiva, si mormorava il nome di colui che noi, grazie
a quella benedetta, per non dir altro, circospezione de' no
stri autori, saremo costretti a chiamare l'innominato.
Dal castellacelo di costui al palazzotto di don Rodrigoy
non c'era pi di sette miglia: e quest'ultimo, appena
,divenuto padrone e tiranno, aveva dovuto vedere che,
a cos poca distanza da un tal personaggio, non era pos
sibile far quel mestiere senza venire alle prese, o andar
d'accordo con lui. Gli s' era perci offerto e gli era dive
nuto amico, al modo di tutti gli altri, s'intende; gli aveva
reso pi d'un servizio (il manoscritto non dice di pi); e
n'aveva riportate ogni volta promesse di contraccambio e
d'aiuto, in qualunque occasione. Metteva per molta cura a
CAPITOLO XIX. 317
nascondere una tale amicizia, o almeno a non lasciare scor
gere quanto stretta, e di che natura fosse. Don Rodrigo
voleva bens fare il tiranno, ma non il tiranno salvatico : la
professione era per lui un mezzo, non uno scopo : voleva
dimorar liberamente in citt; godere i comodi, gli spassi,
gli onori della vita civile ; e perci bisognava che usasse
certi riguardi, tenesse di conto parenti, coltivasse l'ami
cizia di persone alte, avesse una mano sulle bilance della
giustizia, per farle a un bisogno traboccare dalla sua
parte, o per farle sparire, o per darle anche, in qualche
occasione, sulla testa di qualcheduno che in quel modo si
potesse servir pi facilmente che con l'armi della violenza
privata. Ora ,l' intrinsichezza, diciam meglio, una lega con
un uomo di quella sorte , con un aperto nemico , della
forza pubblica, non gli avrebbe certamente fatto buon
gioco a ci, specialmente presso il conte zio. Per quel
tanto d' una tale amicizia che non era possibile di nascon
dere, poteva passare per una relazione indispensabile con
un uomo la cui inimicizia era troppo pericolosa; e cos
ricevere scusa dalla necessit: giacch chi ha l'assunto
ili provvedere, e non n' ha la volont, o non ne trova il
verso , alla lunga acconsente che altri provveda da s ,
fino a un certo segno, a' casi suoi; e se non acconsente
espressamente, chiude un occhio.
Una mattina, don Rodrigo usc a cavallo, in treno da
caccia, con una piccola scorta di bravi a piedi; il Griso
alla staffa, e quattro altri in coda ; e s' avvi al castello
dell' innominato.

CAPITOLO XX.

Il castello dell'innominato era a cavaliere a una valle


angusta e uggiosa, sulla cima d'un poggio che sporge in fuori
da un'aspra giogaia di monti, ed , non si saprebbe dir bene,
se congiunto ad essa o separatone, da un mucchio di massi
e di dirupi, e da un andirivieni di tane e di precipizi, che
si prolungano anche dalle due parti. Quella che guarda la
valle la sola praticabile; un pendio piuttosto erto, ma
318 I PROMESSI SPOSI
uguale e continuato ; a prati in alto ; nelle falde a campi,
sparsi qua e l di casucce. Il fondo un letto di ciottotoni,
dove scorre un rigagnolo o torrentaccio, secondo la stagione:
allora serviva di confine ai due stati. I gioghi opposti, che
formano, per dir cos, l'altra parete della valle, hanno
anch' essi un po' di falda coltivata ; il resto schegge e
macigni, erte ripide, senza strada e nude, meno qualche
cespuglio ne' fessi e sui ciglioni.
Dall'alto del castellaccio, come l'aquila dal suo nido insan
guinato, il selvaggio signore dominava all'intorno tutto 1
spazio dove piede d'uomo potesse posarsi, e non vedeva mai
nessuno al di sopra di s, n pi in alto. Dando un'occhiata
in giro, scorreva tutto quel recinto, i pendii, il fondo, le
strade praticate l dentro. Quella che, a gomiti e a gira
volte, saliva al terribile domicilio, si spiegava davanti a
chi guardasse di lass, come un nastro serpeggiante : dalle
finestre, dalle feritoie, poteva il signore contare a suo Del
l' agio i passi di chi veniva, e spianargli l'arme contro,
cento volte. E anche d'una grossa compagnia, avrebbe po
tuto, con quella guarnigione di bravi che teneva lass,
stenderne sul sentiero, o farne ruzzolare al fondo parecchi,
prima che uno arrivasse a toccar la cima. Del resto, non
che lass, ma neppure nella valle, e neppur di passaggio, non
ardiva metter piede nessuno che non fosse ben visto dal
padrone del castello. Il birro poi che vi si fosse lasciato
vedere, sarebbe stato trattato come una spia nemica che
venga colta in un accampamento. Si raccontavano le storie
tragiche degli ultimi che avevano voluto tentar l'impresa;
ma eran gi storie antiche ; e nessuno de' giovani si ram
mentava d' aver veduto nella valle uno di quella razza, ne
vivo, n morto.
Tale la descrizione che l'anonima fa del luogo : del nome,
nulla; anzi, per non metterci sulla strada di scoprirlo, non
dice niente del viaggio di don Rodrigo, e lo porta addirittura
nel mezzo della valle, appi del poggio, all'imboccatura
dell' erto e tortuoso sentiero. Li c' era una taverna, che si
sarebbe anche potuta chiamare un corpo di guardia. Sur
una vecchia insegna che pendeva sopra l'uscio, era dipinto
CAPITOLO XX. 319
da tutt' e due le parti un sole raggiante ; ma la voce pub
blica, che talvolta ripete i nomi come le vengono inse
gnati, tal volta li rif a modo suo, non chiamava quella
taverna che col nome della Malanotte.
Al rumore d'una cavalcatura che s'avvicinava, comparve
sulla soglia un ragazzaccio, armato come un Saracino; e
data un'occhiata, entr ad informare tre sgherri, che stavan
giocando, con certe carte sudice e piegate in forma di tegoli.
Comi che pareva il capo s' alz, s' affacci all' uscio, e, rico
nosciuto un amico del suo padrone, lo salut rispettosa
mente. Don Rodrigo, resogli con molto garbo il saluto,
domand se il signore si trovasse al castello ; e rispostogli
da quel caporalaccio, che credeva di s, smont da cavallo,
e butt la briglia al Tiradritto , uno del suo seguito. Si
lev lo schioppo, e lo consegn al Montanarolo, come per
isgravarsi d'un peso inutile, e salir pi lesto; ma, in realt
perch sapeva bene, che su queir erta non era permesso
d'andar con lo schioppo. Si cav poi di tasca alcune berlin
ghe, e le diede al Tanabuso, dicendogli : voi altri state
ad aspettarmi ; e intanto starete un po' allegri con questa
brava gente. Cav finalmente alcuni scudi d'oro, e li
mise in mano al caporalaccio , assegnandone met a lui,
e met da dividersi tra i suoi uomini. Finalmente, col
Griso, ohe aveva anche lui posato lo schioppo, cominci a
piedi la salita. Intanto i tre bravi sopraddetti, e lo Squin-
ternotto ch'era il quarto (oh! vedete che bei nomi, da
serbarceli con tanta cura), rimasero coi tre dell' innomi
nato, e con quel ragazzo allevato alle forche, a giocare,
a trincare, e a raccontarsi a vicenda le loro prodezze.
Un altro bravaccio dell' innominato, che saliva, raggiunse
poco dopo don Rodrigo; lo guard, lo riconobbe, e s'ac
compagn con lui; e gli risparmi cos la noia di dire il
suo nome, e di rendere altro conto di s a quant' altri
avrebbe incontrati, che non lo conoscessero. Arrivato al
castello, e introdotto (lasciando per il Griso alla porta),
fu fatto passare per un andirivieni di corridoi bui, e per
varie sale tappezzate di moschetti, di sciabole e di par
tigiane, e in ognuna delle "quali c' era di guardia qualche
320 I PROMESSI SPOSI
bravo; e, dopo avere alquanto aspettato, fu ammesso in
quella dove si trovava l'innominato.
Questo gli and incontro, rendendogli il saluto, e insieme
guardandogli le mani e il viso, come faceva per abitudine,
,e ormai quasi involontariamente, a chiunque venisse da
lui, per quanto fosse de' pi vecchi e provati amici. Era
grande, bruno, calvo; bianchi i pochi capelli che gli ri
manevano; Algosa la faccia: a prima vista, gli si sarebbe
dato pi de' sessant' anni che aveva; ma il contegno', le
mosse, la durezza risentita de' lineamenti , il lampeggiar
sinistro, ma vivo degli occhi, indicavano una forza di corpo
e d' animo, che sarebbe stata straordinaria in un giovine.
Don Rodrigo disse che veniva per consiglio e per aiuto ;
che, trovandosi in un impegno difficile , dal quale il suo
onore non gli permetteva di ritirarsi, s' era ricordato delle
promesse di queil' uomo che non prometteva mai troppo,
n invano; e si fece ad esporre il suo scellerato imbroglio.
L' innominato che ne sapeva gi qualcosa, ma in confuso,
stette a sentire con attenzione, e come curioso di simili
storie , e per essere in questa mischiato un nome a lui
noto e odiosissimo, quello di fra Cristoforo, nemico aperto
de' tiranni, e in parole e, dove poteva, in opere. Don Ro
drigo, sapendo con chi parlava, si mise poi a esagerare
le difficolt dell'impresa; la distanza del luogo, un mo
nastero , la signora ! A questo , l' innominato , come
se un demonio nascosto nel suo cuore gliel avesse co
mandato, interruppe subitamente, dicendo che prendeva
l' impresa sopra di s. Prese l' appunto del nome della
nostra povera Lucia, e licenzi don Rodrigo, dicendo : tra
poco avrete da me l'avviso di quel che dovrete fare.
Se il lettore si ricorda di quello sciagurato Egidio che
abitava accanto al monastero dove la povera Lucia stava
ricoverata, sappia ora che costui era uno de' pi stretti
ed intimi colleghi di scelleratezze che avesse l' innominato :
perci questo aveva lasciata correre cos prontamente e
risolutamente la sua parola. Ma appena rimase solo, si
trov, non dir pentito, ma indispettito d'averla data.
Gi da qualche tempo cominciava a provare, se non un
CAPITOLO XX. 321
rimorso, una cert'uggia delle sue scelleratezze. Quelletante
-ch'erano ammontate, se non sulla sua coscienza, almeno
nella sua memoria, si risvegliavano ogni volta che ne
commettesse una di nuovo, e si presentavano all'animo
brutte e troppe : era come il crescere e crescere d' un peso
gi incomodo. Una certa ripugnanza provata ne' primi
delitti, e vinta poi, e scomparsa quasi affatto, tornava ora
a farsi sentire. Ma in que' primi tempi, l' immagine d' un
avvenire lungo, indeterminato, il sentimento d'una vitalit
vigorosa, riempivano.!' animo d'una fiducia spensierata :
ora all' opposto, i pensieri dell' avvenire eran quelli che
rendevano pi noioso il passato. Invecchiare ! morire !
e poi ? E, cosa notabile ! l' immagine della morte, che,
in un pericolo vicino, a fronte d' un nemico, soleva rad
doppiar gli spiriti di quell'uomo, e infondergli un' ira piena
di coraggio, quella stessa immagine, apparendogli nel si
lenzio della notte, nella sicurezza del suo castello, gli
metteva addosso una costernazione repentina. Non era la
morte minacciata da un avversario mortale anche lui;
non si poteva respingerla con armi migliori, e con un
braccio pi pronto; veniva sola, nasceva di dentro; era
forse ancor lontana, ma faceva un passo ogni momento:
e, intanto che la mente combatteva dolorosamente per al
lontanarne il pensiero, quella s'avvicinava. Ne' primi tempi,
gli esempi cos frequenti, lo spettacolo, per dir cos, con
tinuo della violenza, della vendetta, dell' omicidio , ispi
randogli un' emulazione feroce, gli avevano anche servito
-come d' una specie d' autorit contro la coscienza : ora, gli
rinasceva ogni tanto nell'animo l'idea confusa, ma ter
ribile, d' un giudizio individuale, d' una ragione indipen
dente dall'esempio ; ora, l'essere Uscito dalla turba volgare
-de' malvagi, l'essere innanzi a tutti, gli dava talvolta il
sentimento d'una solitudine tremenda. Quel Dio di cui
aveva sentito parlare, ma che, da gran tempo, non si
curava di negare n di riconoscere, occupato soltanto a
vivere come se non ci fosse, ora, in certi momenti d'ab
battimento senza motivo, di terrore senza pericolo, gli
pareva sentirlo gridar dentro di s: Io sono per. Nel
/ Promessi Sposi. 21
322 1 PROMESSI SPOSI
primo bollor delle passioni, la legge che aveva, se non
altro, sentita annunziare in nome di Lui, non gli era parsa
che odiosa : ora, quandoglitornavad'improvviso alla mente,
la mente, suo malgrado, la concepiva come una cosa che
ha il suo adempimento. Ma, non che aprirsi con nessuno
su questa sua nuova inquietudine, la copriva anzi profon
damente, e la mascherava con l' apparenze d' una pi cupa
ferocia ; e con questo mezzo cercava anche di nasconderla a
se stesso, o di soffogarla. Invidiando (giacch non poteva
annientarli n dimenticarli) que' tempi in cui era solito com
mettere l' iniquit senza rimorso, senz' altro pensiero che
della riuscita, faceva ogni sforzo per farli tornare, per rite
nere o per riafferrare quell'antica volont, pronta, superba,
imperturbata, per convincer s stesso ch' era ancor quello.
Cos in quest' occasione, aveva subito impegnata la sua
parola a don Rodrigo, per chiudersi l' adito a ogni esita
zione. Ma appena partito costui, sentendo scemare quella
fermezza che s' era comandata per promettere, sentendo a
poco a poco venirsi innanzi nella mente pensieri che lo
tentavano di mancare a quella parola, e l' avrebbero con
dotto a scomparire in faccia a un amico, a un complice
secondario ; per troncare a un tratto quel contrasto penoso,
chiam il Nibbio, uno de' pi destri ed arditi ministri
delle sue enormit, e quello di cui era solito servirsi per
la corrispondenza con Egidio. E, con aria risoluta, gli
comand che montasse subito a cavallo, andasse diritto a
Monza, informasse Egidio dell'impegno contratto, e ri
chiedesse il suo aiuto per adempirlo.
Il messo ribaldo torn pi presto che il suo padrone non
se l'aspettasse, con la risposta d'Egidio: che l' impresa era
facile e sicura ; gli si mandasse subito una carrozza, con due
o tre bravi ben travisati ; e lui prendeva la cura di tutto
il resto, e guiderebbe la cosa. A quest' annunzio, l' innomi
nato, comunque stesse di dentro, diede ordine in fretta al
Nibbiostesso, chedisponesse tutto secondo aveva detto Egi
dio, e andasse con due altri che gli nomin, alla spedizione.
Se per rendere l'orribile servizio che gli era stato chiestor
Egidio avesse dovuto far conto de' soli suoi mezzi ordinari,.
CAPITOLO XX. 323
non avrebbe certamente data cos subito una promessa
cos decisa. Ma, in quell'asilo stesso dove pareva che tutto
dovesse essere ostacolo, l' atroce giovine aveva un mezzo
noto a lui solo ; e ci che per gli altri sarebbe stata la mag
gior difficolt, era strumento per lui. Noi abbiamo riferito
come la sciagurata signora desse una volta retta alle sue
paro'.e ; e il lettore pu avere inteso che quella volta non
fu l' ultima , non fu che un primo passo in una strada
d'abbominazione e di sangue. Quella stessa voce, che aveva
acquistato forza e, direi quasi, autorit dal delitto, le impose
ora il sagriflzio dell' innocente che aveva in custodia.
La proposta riusc spaventosa a Gertrude. Perder Lucia
per un caso impreveduto, senza colpa, le sarebbe parsa una
sventura, una punizione amara: e le veniva comandato di
privarsene con una scellerata perfidia, di cambiare in un
nuovo rimorso un mezzo d'espiazione. La sventurata tent
fatte le strade per esimersi dall'orribile comando; tutte,
fuorch la sola ch' era sicura, e che le stava pur sempre
aperta davanti. Il delitto un padrone rigido e inflessibile,
contro cui non divien forte se non chi se ne ribella intera
mente. A questo Gertrude non voleva risolversi; e ubbid.
Era il giorno stabilito ; l' ora convenuta s' avvicinava ;
Gertrude, ritirata con Lucia nel suo parlatorio privato, te
faceva pi carezze dell' ordinario, e Lucia le riceveva e te
contraccambiava con tenerezza crescente : come la pecora,
tremolando senza timore sotto la mano del pastore che
la palpa e la strascina mollemente, si volta a leccar quella
mano; e non sa che, fuori della stalla, l'aspetta il ma
cellaio, a cui il pastore l' ha venduta un momento prima.
Ho bisogno d' un gran servizio; e voi sola potete far
melo. Ho tanta gente a' miei comandi; ma di cui mi fidi,
nessuno. Per un affare di grand' importanza, che vi dir poi,
ho bisogno di parlar subito subito con quel padre guardiano
de' cappuccini che v' ha condotta qui da me, la mia povera
Lucia ; ma anche necessario che nessuno sappia che l' ho
mandato a chiamare io. Non ho che voi per far segretamente
quest' imbasciata.
Lucia fu atterrita d'una tale richiesta; e con quella
32f I TROMESSI SPOSI
sua suggezione, ma senza nascondere una gran maraviglia,
addusse subito, per disimpegnarsene , le ragioni che la
signora doveva intendere, che avrebbe dovute prevedere :
senza la madre, senza nessuno, per una strada solitaria,
in un paese sconosciuto Ma Gertrude, ammaestrata a
una scola infernale, mostr tanta maraviglia anche lei, e
tanto dispiacere di trovare una tal ritrosia nella persona
li cui credeva poter far pi conto, figur di trovar cosi
vane quelle scuse! di giorno chiaro, quattro passi, una
strada che Lucia aveva fatta pochi giorni prima, e che,
quand'anche non l'avesse mai veduta, a insegnargliela,
non la poteva sbagliare ! Tanto disse, che la poverina,
commossa e punta a un tempo, si lasci sfuggir di bocca:
e bene; cosa devo fare?
Andate al convento de' cappuccini : e le descrisse la
strada di nuovo : fate chiamare il padre guardiano, ditegli,
da solo a solo, che venga da me subito subito; ma che
non dica a nessuno che sonio che lo mando a chiamare. >>
Ma cosa dir alla fattoressa, che non m' ha mai vista
uscire, e mi domander dove vo?
Cercate di passare senz' esser vista ; e se non vi rie
sce, ditele che andate alla chiesa tale, dove avete promesso
di fare orazione.
Nuova difficolt per la povera giovine: dire una bu
gia; ma la signora si mostr di nuovo cos afflitta delle
ripulse, le fece parer cos brutta cosa l' anteporre un vano
scrupolo alla riconoscenza, che Lucia, sbalordita pi che
convinta, e soprattutto commossa pi che mai , rispose :
e bene; ander. Dio m' aiuti! E si mosse.
Quando Gertrude, che dalla grata la seguiva con l'occhio
fisso e torbido, la vide metter piede sulla soglia, come
sopraffatta da un sentimento irresistibile, apri la bocca,
e disse: sentite, Lucia!
Questa si volt, e torn verso la grata. Ma gi un altro
pensiero, un pensiero avvezzo a predominare, aveva vinto
di nuovo nella mente sciagurata di Gertrude. Facendo le
viste di non esser contenta dell' istruzioni gi date, spieg
di nuovo a Lucia la strada che doveva tenere, e la licenzio
CAPITOLO xx. 32r>
dicendo: fatte ogni cosa come v'ho detto, e tornate
presto. Lucia part.
Pass inosservata la porta del chiostro, prese la strada,
con gli occhi bassi, rasente al muro; trov, con l'indica
zioni avute e con le proprie rimembranze, la porta del
borgo, n' usc, and tutta raccolta e un po' tremante, per
la strada maestra, arriv in pochi momenti a quella che
conduceva al convento; e la riconobbe. Quella strada era,
ed tutt' ora, affondata, a guisa d' un letto di fiume, tra
due alte rive orlate di macchie, che vi forman sopra una
specie di volta. Lucia, entrandovi, e vedendola affatto
solitaria, sent crescere la paura, e allungava il passo;
ma poco dopo si rincor alquanto, nel vedere una car
rozza da viaggio ferma, e accanto a quella, davanti allo
sportello aperto, due viaggiatori che guardavano in qua
e in l, come incerti della strada. Andando avanti, sent i
uno di que'due, che diceva: ecco una buona giovine che
c' insegner la strada. Infatti , quando fu arrivata alla
carrozza, quel medesimo, con un fare pi gentile che non
fosse l' aspetto, si volt, e disse : quella giovine, ci sa
preste insegnar la strada di Monza?
Andando di l, vanno a rovescio, rispondeva la pove
rina: Monza di qua e si voltava, per accennar col
dito; quando l'altro compagno (era il Nibbio), afferrandola
d'improvviso per la vita, l'alz da terra. Lucia gir la testa
indietro atterrita, e cacci un urlo; il malandrino la mise
per forza nella carrozza: uno che stava a sedere davanti, la
prese e la cacci, per quanto lei si divincolasse e stridesse,
a sedere dirimpetto a s : un altro, mettendole un fazzoletto
alla bocca, le chiuse il grido in gola. Intanto il Nibbio entr
presto presto anche lui nella carrozza : lo sportello si chiuse,
e la carrozza part di carriera. L' altro che le aveva fatta
quella domanda traditora, rimasto nella strada, diede
un'occhiata in qua e in l, per veder se fosse accorso
qualcheduno agli urli di Lucia : non c' era nessuno ; salt
sur una riva, attaccandosi a un albero della macchia, e
disparve. Era costui uno sgherro d' Egidio ; era stato, fa
cendo l'indiano, sulla porta del suo padrone, per veder
326 I PROMESSI SPOSI
quando Lucia usciva dal monastero; l'aveva osservata
bene, per poterla riconoscere ; ed era corso, per una scor
ciatoia, ad aspettarla al posto convenuto.
Chi potr ora descrivere il terrore, l'angoscia di costei,
esprimere ci che passava nel suo animo? Spalancava gli
occhi spaventati, per ansiet di conoscere la sua orribile
situazione, e li richiudeva subito, per il ribrezzo e per il
terrore di que' visacci : si storceva, ma era tenuta da tutte
le parti : raccoglieva tutte le sue forze, e dava delle stratte,
per buttarsi verso lo sportello ; ma due braccia nerborute
la tenevano come conticcata nel fondo della carrozza ;
quattro altre manacce ve l' appuntellavano. Ogni volta
che aprisse la bocca per cacciare un urlo, il fazzoletto ve
niva a soffogarglielo in gola. Intanto tre bocche d' inferno,
con la voce pi umana che sapessero formare , andavan
ripetendo : zitta, zitta, non abbiate paura, non vogliamo
farvi male. Dopo qualche momento d' una lotta cos
angosciosa, parve che s'acquietasse; allent le braccia,
lasci cader la testa all' indietro, alz a stento le palpe
bre , tenendo l' occhio immobile ; e quegli orridi visacci
che le stavan davanti le parvero confondersi e ondeggiare
insieme in un miscuglio mostruoso : le fugg il colore dal
viso; un sudor freddo glielo copr; s'abbandon, e svenne.
Su, su, coraggio, diceva il Nibbio. Coraggio, co
raggio, ripetevan gli altri due birboni ; ma lo smarri
mento d'ogni senso preservava in quel momento Lucia
dal sentire i conforti di quelle orribili voci.
Diavolo! par morta, disse uno di coloro: se fosse
morta davvero?
Oh! morta! disse l'altro: uno di quegli sveni
menti che vengono alle donne. Io so che, quando ho vo
luto mandare all' altro mondo qualcheduno, uomo o donna
che fosse, c' voluto altro.
Via ! disse il Nibbio : attenti al vostro dovere ,
e non andate a cercar altro. Tirate fuori dalla cassetta
i tromboni , e teneteli pronti ; ch in questo bosco dove
s' entra ora, c' sempre de' birboni annidati. Non cos in
mano, diavolo! riponeteli dietro le spalle, l stesi: non
CAPITOLO XX. 327
vedete che costei un pulcin bagnato che basisce per
nulla ? Se vede armi, capace di morir davvero. E quando
sar rinvenuta , badate bene di non farle paura ; non la
toccate , se non vi fo segno ; a tenerla basto io. E zitti :
lasciate parlare a me.
Intanto la carrozza, andando sempre di corsa, s'era inol
trata nel bosco.
Dopo qualche tempo, la povera Lucia cominci a risentirsi,
-come da un sonno profondo e affannoso, e apr gli occhi.
Pen alquanto a distinguere gli spaventosi oggetti che la
-circondavano, a raccogliere i suoi pensieri : alfine comprese
di nuovo la sua terribile situazione. Il primo uso che fece
delle poche forze ritornatele, fu di buttarsi ancora verso lo
sportello, per slanciarsi fuori ; ma fu ritenuta, e non pot
-che vedere un momento la solitudine selvaggia del luogo
per cui passava. Cacci di nuovo un urlo; ma il Nibbio,
alzando la manaccia col fazzoletto, via, le disse, pi
dolcemente che pot; state zitta, che sar meglio per
voi : non vogliamo farvi male ; ma se non istate zitta, vi
faremo star noi.
< Lasciatemi andare ! Chi siete voi ? Dove mi conducete ?
Perch irf avete presa ? Lasciatemi andare, lasciatemi an
dare l
Vi dico che non abbiate paura : non siete una bambina,
e dovete capire che noi non vogliamo farvi male. Non ve
dete 'Che avremmo potuto ammazzarvi cento volte, se aves
simo cattive intenzioni ? Dunque state quieta.
No, no, lasciatemi andare per la mia strada : io non
vi conosco.
Vi conosciamo noi.
Oh santissima Vergine ! come mi conoscete ? Lasciatemi
andare, per carit. Chi siete voi? Perch m'avete presa?
Perch c' stato comandato.
Chi? chi? chi ve lo pu aver comandato?
Zitta ! disse con un visaccio severo il Nibbio : a
noi non si fa di codeste domande.
Lucia tent un' altra volta di buttarsi d' improvviso allo
sportello; ma vedendo ch' era inutile, ricorse di nuovo alle
328 I PROMESSI SPOSI
preghiere ; e con la testa bassa, con le gote irrigate di la
crime, con la voce interrotta dal pianto, con le mani giunte
dinanzi alle labbra, ohi diceva: per l'amor di Dio,
e della Vergine santissima, lasciatemi andare ! Cosa v' ho
latto di male io ? Sono una po vera creatura che non v' ha
fatto niente. Quello che m' avete fatto voi, ve lo perdono d
cuore ; e pregher Dio per voi. Se avete anche voi una figlia,
una moglie, una madre, pensate quello che patirebbero, se
fossero in questo stato. Ricordatevi che dobbiamo morir
tutti, e che un giorno desidererete che Dio vi usi miseri
cordia. Lasciatemi andare, lasciatemi qui: il Signore mi
far trovar la mia strada.
Non possiamo.
Non potete? Oh Signore! perch non potete? Dove
volete condurmi ? Perch ?
Non possiamo : inutile : non abbiate paura, che non
vogliamo farvi male : state quieta, e nessuno vi toccher. .
Accorata, affannata, atterrita sempre pi nel vedere che
le sue parole non facevano nessun colpo, Lucia si rivolse a
Colui che tiene in mano il cuore degli uomini, e pu, quando
voglia, intenerire i pi duri. Si strinse, il pi che pot, nel
canto della carrozza, mise le braccia in croce sul petto, e
preg qualche tempo con la mente ; poi, tirata fuori la co
rona, cominci a dire il rosario, con pi fede e con pi af
fetto che non avesse ancor fatto in vita sua. Ogni tanto,
sperando d' avere impetrata la misericordia che imploravar
si voltava a ripregar coloro; ma sempre inutilmente. Poi
ricadeva ancora senza sentimenti, poi si riaveva di nuovo,
per rivivere a nuove angosce. Ma ormai non ci regge il
cuore a descriverle pi a lungo : una piet troppo dolorosa
ci affretta al termine di quel viaggio, che dur pi di quat
ti'' ore; e dopo il quale avremo altre ore angosciose da pas
sare. Trasportiamoci al castello dove l'infelice era aspettata.
Era aspettata dall' innominato, con un' inquietudine, con
una sospension d' animo insolita. Cosa strana ! queir uomo,
che aveva disposto a sangue freddo di tante -\site,. che in
tanti suoi fatti non aveva contato per nulla i dolori da lui,
cagionati, se non qualche volta per assaporare in essi una
CAPITOLO XX. 32*
selvaggia volutt di vendetta, ora, nel metter le mani ad
dosso a questa sconosciuta, a questa povera contadina, sen
tiva come un ribrezzo, direi quasi un terrore. Da un' alta
finestra del suo castellacelo, guardava da qualche tempo
verso uno sbocco della valle ; ed ecco spuntar la carrozza,
e venire innanzi lentamente: perch quel primo andar di
carriera aveva consumata la foga, e domate le forze de' ca
valli. E bench, dal punto dove stava a guardare, la non
paresse pi che una di quelle carrozzine che si danno per
balocco ai fanciulli, la riconobbe subito, e si senti il cuore
batter pi forte.
Ci sar ? pens subito ; e continuava tra s : che
noia mi d costei! Liberiamocene.
E voleva chiamare uno de' suoi sgherri, e spedirlo subito
incontro alla carrozza, a ordinare al Nibbio che voltasse, e
conducesse colei al palazzo di don Rodrigo. Ma un no im
perioso che rison nella sua mente, fece svanire quel dise
gno. Tormentato per dal bisogno di dar qualche ordine,
riuscendogli intollerabile lo stare aspettando oziosamente
quella carrozza che veniva avanti passo passo, come un tra
dimento, che so io? come un gastigo, fece chiamare una
sua vecchia donna. < 'fWbf* >
Era costei nata in quello stesso castello, da un antico
custode di esso, e aveva passata l tutta la sua vita. Ci che
aveva veduto e sentito Un dalle fasce, le aveva impresso
nella mente un concetto magnifico e terribile del potere
de'suoi padroni; e la massima principale che aveva attinta
dall' istruzioni e dagli esempi, era che bisognava ubbidirli
in ogni cosa, perch potevano far del gran male e del gran
bene. L'idea del dovere, deposta come un germe nel cuore
di tutti gli uomini, svolgendosi nel suo, insieme co' sentimenti
d' un rispetto, d' un terrore, d' una cupidigia servile, s' era
associata e adattata a quelli. Quando l'innominato, divenuto
padrone, cominci a far quell'uso spaventevole della sua
forza, costei ne prov da principio un certo ribrezzo insieme,
e un sentimento pi profondo di sommissione. Col tempo,
s'era avvezzata a ci che aveva tutto il giorno davanti agli
occhi e negli orecchi : la volont potente e sfrenata d'un cos
330 I PROMESSI SPOSI
gran signore, era per lei come una specie di giustizia fatale.
Ragazza gi fatta, aveva sposato un servitor di casa, il quale,
poco dopo, essendo andato a una spedizione rischiosa, lasci
l'ossa sur una strada, e lei vedova nel castello. La vendetta
che il signore ne fece subito, le diede una consolazione feroce,
e le accrebbe l'orgoglio di trovarsi sotto una tal protezione.
D'allora in poi, non mise piede fuor del castello, che molto
di rado; e a poco a poco non le rimase del vivere umano
quasi altre idee, salvo quelle che ne riceveva in quel luogo.
Non era addetta ad alcun servizio particolare, ma, in quella
masnada di sgherri, ora l'uno ora l'altro, le davan da fare
ogni poco ; ch'era il suo rodimento. Ora aveva cenci da rat
toppare, ora da preparare in fretta da mangiare a chi tor
nasse da una spedizione, ora feriti da medicare. I comandi
poi di coloro, i rimproveri, i ringraziamenti, eran conditi di
beffe e d'improperi : vecchia, era il suo appellativo usuale
gli aggiunti, che qualcheduno sempre ci se n'attaccava,
variavano secondo le circostanze e l'umore dell'amico. E
colei, disturbata nella pigrizia, e provocata nella stizza,
eh' erano due delle sue passioni predominanti, contraccam
biava alle volte que' complimenti con parole, in cui Satana
avrebbe riconosciuto pi del suo ingegno, che in quelle
<le' provocatori.
Tu vedi laggi quella carrozza ! le disse il signore.
La vedo, rispose la vecchia, cacciando avanti il mente
appuntato, e aguzzando gli occhi infossati, come se cercasse
,di spingerli su gli orli dell'occhiaie.
Fa allestir subito una bussola, entraci, e fatti portare
alla Malanotte. Subito subito; che tu ci arrivi prima di
quella carrozza : gi la viene avanti col passo della morte.
In quella carrozza c' ci dev' essere . . . una giovine. Se
-c', d al Nibbio, in mio nome, che la metta nella bussola, e
lui venga su subito da me. Tu starai nella bussola, con
quella . . . giovine ; e quando sarete quass , la condurrai
nella tua camera. Se ti domanda dove la meni, di chi
il castello, guarda di non
Oht disse la vecchia.
Ma, continu l' innominato, falle coraggio.
CAPITOLO XX. 331
Cosa le devo dire ?
Cosa le devi dire? Falle coraggio, ti dico. Tu sei venuta
a codesta et, senza sapere come si fa coraggio a una crea
tura, quando si vuole ! Hai tu mai sentito affanno di cuore ?
Hai tu mai avuto paura ? Non sai le parole che fanno pia
cere in que' momenti? Dille di quelle parole: trovale, alla
malora. Ara.
E partita che fu, si ferm alquanto alla finestra, con gli
occhi fissi a quella carrozza, che gi appariva pi grande
di molto; poi gli alz al sole, che in quel momento si na
scondeva dietro la montagna ; poi guard le nuvole sparse
al di sopra, che di brune si fecero, quasi a un tratto, di
fuoco. Si ritir, chiuse la finestra, e si mise a camminare
innanzi e indietro per la stanza, con un passo di viag
giatore frettoloso.

CAPITOLO XXI.

La vecchia era corsa a ubbidire e a comandare, con l'au


torit di quel nome che, da chiunque fosse pronunziato in
quel luogo, li faceva spicciar tutti ; perch a nessuno ve
niva in testa che ci fosse uno tanto ardito da servirsene
falsamente. Si trov infatti alla Malanotte un po' prima che
la carrozza ci arrivasse; e vistala venire, usc di bussola, fece
segno al cocchiere che fermasse, s' avvicin allo sportello ;
e al Nibbio, che mise il capo fuori, rifer sottovoce gli
ordini del padrone.
Lucia, al fermarsi della carrozza, si scosse, e rinvenne
da una specie di letargo. Si sent da capo rimescolare il
sangue, spalanc la bocca e gli occhi, e guard. Il Nibbio
s' era tirato indietro ; e la vecchia, col mento sullo spor
tello, guardando Lucia, diceva : venite, la mia giovine ;
venite, poverina ; venite con me, che ho ordine di trattarvi
bene e di farvi coraggio.
Al suono d' una voce di donna, la poverina prov un con
forto, un coraggio momentaneo ; ma ricadde subito in uno
spavento pi cupo. Chi siete ? disse con voce tremante
fissando lo sguardo attonito in viso alla vecchia.
332 I PROMESSI SPOSI
Venite, venite, poverina, andava questa ripetendo. Il
Nibbio e gli altri due, argomentando dalle parole e dalla
voce cos straordinariamente raddolcita di colei, quali fos
sero l' intenzioni del signore, cercavano di persuader con
le buone l' oppressa a ubbidire. Ma lei seguitava a guardar
fuori ; e bench il luogo selvaggio e sconosciuto, e la sicu
rezza de' suoi guardiani non le lasciassero concepire spe
ranza di soccorso, apriva non ostante la bocca per gridare ;
ma vedendo il Nibbio far gli occhiacci del fazzoletto, ri
tenne il grido, trem, si storse, fu presa e messa nella bus
sola. Dopo, c' entr la vecchia ; il Nibbio disse ai due altri
manigoldi che andassero dietro, e prese speditamente la
salita, per accorrere ai comandi del padrone.
Chi siete ? domandava con ansiet Lucia al ceffo sco
nosciuto e deforme: perch son con voi? dove sono?
dove mi conducete?
Da chi vuol farvi del bene, rispondeva la vecchia,
da un gran Fortunati quelli a cui vuol far del bene
Buon per voi, buon per voi. Non abbiate paura, state alle
gra, ch m' ha comandato di farvi coraggio. Glielo direte,
eh ? che v' ho fatto coraggio ?
Chi ? perch? che vuol da me? Io non son sua. Di
temi dove sono ; lasciatemi andare ; dite a costoro che mi
lascino andare, che mi portino in qualche chiesa. Oh ! voi
che siete una donna, in nome di Maria Vergine !
Quel nome santo e soave, gi ripetuto con venerazione
ne' primi anni, e poi non pi invocato per tanto tempo, n
forse sentito proferire, faceva nella mente della sciagurata
che lo sentiva in quel momento, un' impressione confusa,
strana, lenta, come la rimembranza della luce, in un vec
chione accecato da bambino.
Intanto l' innominato, ritto sulla porta del castello, guar
dava in gi ; e vedeva la bussola venir passo passo, come
prima la carrozza, e avanti, a una distanza che cresceva
ogni momento, salir di corsa il Nibbio. Quando questo fu
in cima, il signore gli accenn che lo seguisse ; e and con
lui in una stanza del castello.
Ebbene? disse, fermandosi l.
CAPITOLO XXI. 333
Tutto a un puntino, rispose, inchinandosi, il Nibbio:
, Y avviso a tempo, la donna a tempo, nessuno sul luogo,
un urlo solo, nessuno comparso, il cocchiere pronto, i cavalli
lravi, nessun incontro: ma
Ma che?
Ma dico il vero, che avrei avuto pi piacere che
l'ordine fosse stato di darle una schioppettata nella schiena,
senza sentirla parlare, senza vederla in viso.
Cosa? cosa? che vuoi tu dire?
Voglio dire che tutto quel tempo, tutto quel tempo....
M'ha fatto troppa compassione.
Compassione! Che sai tu di compassione? Cos' la
compassione?
Non l'ho mai capito cos bene come questa volta: e
una storia la compassione un poco come la paura: se uno ,
la lascia prender possesso, non. pi uomo.
Sentiamo un poco come ha fatto costei per moverti a
compassione.
O signore illustrissimo ! tanto tempo ! piangere, pre
gare, e far cert'occhi, e diventar bianca bianca come morta,
e poi singhiozzare, e pregar di nuovo, e certe parole
Non la voglio in casa costei, pensava intanto l'in
nominato. Sono stato una bestia a impegnarmi ; ma ho
promesso, ho promesso. Quando sar lontana E al
zando la testa, in atto di comando, verso il Nibbio, ora,
gli disse, metti da parte la compassione : monta a ca
vallo, prendi un compagno, due se vuoi ; e va di corsa a
casa di quel don Rodrigo che tu sai. Digli che mandi
ma subito subito, perch altrimenti
Ma un altro no interno pi imperioso del primo gli proib
di finire. No, disse con voce risoluta, quasi per espri
mere a s stesso il comando di quella voce segreta, no :
va a riposarti ; e domattina farai quello che ti dir !
Un qualche demonio ha costei dalla sua, pensava
poi, rimasto solo, ritto, con le braccia incrociate sul petto,
e con lo sguardo immobile sur una parte del pavimento,
dove il raggio della luna, entrando da una finestra alta,
disegnava un quadrato di luce pallida, tagliata a scacchi
331 I PROMESSI SPOSI
dalle grosse inferriate, e intagliata pi minutamente dai
piccoli compartimenti delle vetriate. Un qualche demo
nio, o un qualche angelo che la protegge Compas
sione al Nibbio t Domattina, domattina di buon'ora, fuor-
di qui costei; al suo destino, e non se ne parli pi, e,
proseguiva tra s, con queil' animo con cui si comanda a un
ragazzo indocile, sapendo che non ubbidir, e non ci si
pensi pi. Queil' animale di don Rodrigo non mi venga a
romper la testa con ringraziamenti; che non voglio pi
sentir parlar di costei. L'ho servito perch perch
ho promesso : e ho promesso perch il mio destino.
Ma voglio che me lo paghi bene questo servizio, colui.
Vediamo un poco....
E voleva almanaccare cosa avrebbe potuto richiedergli
di scabroso, per compenso, e quasi per pena; ma gli si
attraversaron di nuovo alla mente quelle parole: com^
passione al Nibbio ! Come pu aver fatto costei?
continuava strascinato da quel pensiero. Voglio ve
derla Ehi no S, voglio vederla.
E d'una stanza in un' altra, trov una scaletta, e su a
tastone, and alla camera della vecchia, e picchi all' usci
con un calcio.
Chi ?
Apri.
A quella voce, la vecchia fece tre salti ; e subito si sent
scorrere il paletto negli anelli, e l'uscio si spalanc. L'in
nominato, dalla soglia, diede un'occhiata in giro ; e, al lume
d' una lucerna che ardeva sur un tavolino, vide Lucia ran
nicchiata in terra, nel canto il pi lontano dall' uscio.
Chi t'ha detto che tu la buttassi l come n sacco
di cenci, sciagurata? disse alla vecchia con un cipiglio
iracondo.
S' messa dove le piaciuto, rispose umilmente
colei: io ho fatto di tutto per farle coraggio: lo pu-
dire anche lei ; ma non c' stato verso.
Alzatevi, disse l' innominato a Lucia, andandole vi
cino. Ma Lucia, a cui il picchiare, l'aprire, il comparir
di queil' uomo , le sue parole , avevan messo un nuovo
CAPITOLO XXI.
spavento nell' animo spaventato, stava pi che mai raggo
mitolata nel cantuccio, col viso nascosto tra le mani, e
non movendosi, se non che tremava tutta.
Alzatevi, ch non voglio farvi del male e posso farvi
del bene, ripet il signore Alzatevi! ton poi
quella voce, sdegnata d'aver due volte comandato invano.
Come rinvigorita dallo spavento, l' infelicissima si rizz-
subito inginocchioni ; e giungendo le mani, come avrebbe
fatto davanti a un'immagine, alz gli occhi in viso al
l' innominato , e riabbassandoli subito disse : son qui :.
m'ammazzi.
V ho detto che non voglio farvi del male, rispose^
con voce mitigata, l' innominato , fissando quel viso tur
bato dall'accoramento e dal terrore.
Coraggio, coraggio, diceva la vecchia : se ve lo dico
lui, che non vuol farvi del male
E perch, riprese Lucia con una voce, in cui, col
tremito della paura, si sentiva una certa sicurezza del
l' indegnazione disperata, perch mi fa patire le pene
dell'inferno? Cosa le ho fatto io?
V hanno forse maltrattata ? Parlate.
Oh maltrattata ! M' hanno presa a tradimento , per
forza! perch? perch m'hanno presa? perch son qui?
dove sono? Sono una povera creatura: cosa le ho fatto?
In nome di Dio
Dio, Dio, interruppe l' innominato : sempre Dio :
coloro che non possono difendersi da s, che non hanno la
forza, sempre han questo Dio da mettere in campo, come
se gli avessero parlato. Cosa pretendete con codesta vo
stra parola? Di farmi ? e lasci la frase a mezzo.
Oh Signore ! pretendere ! Cosa posso pretendere io me
schina, se non che lei mi usi misericordia? Dio perdona
tante cose, per un'opera di misericordia! Mi lasci andare;
per carit mi lasci andare ! Non torna conto a uno che un
giorno deve morire di far patir tanto una povera creatura.
Oh! lei che pu comandare, dica che mi lascino andare!
M'hanno portata qui per forza. Mi mandi con questa donna
a***, dov' mia madre. Oh Vergine santissima ! mia madre f
336 i Promessi sposi
mia madre, per carit, mia madre ! Forse non lontana
di qui ho veduto i miei monti ! Perch lei mi fa patire ?
Mi faccia condurre in una chiesa. Pregher per lei, tutta
la mia vita. Cosa le costa dire una parola? Oh ecco! vedo
che si move a compassione : dica una parola, la dica. Dio
perdona tante cose, per un' opera di misericordia !
Oh perch non figlia d'uno di que'cani che m'hanno
bandito ! pensava l'innominato: d'uno di que'vili
che mi vorrebbero morto! che ora godrei di questo suo
strillare : e in vece
Non iscacci una buona ispirazione ! proseguiva fer
vidamente Lucia , rianimata dal vedere una cert' aria
d' esitazione nel viso e nel contegno del suo tiranno. Se
lei non mi fa questa carit, me la far il Signore : mi far
morire, e per me sar finita; ma lei! Forse un giorno
anche lei Ma no, no; pregher sempre io il Signore
che la preservi da ogni malo. Cosa le costa dire una pa
rola ? Se provasse lei a patir queste pene !
Via, fatevi coraggio, interruppe l' innominato , con
una dolcezza che fece strasecolar la vecchia. V ho fatto
nessun male? V'ho minacciata?
Oh no ! Vedo che lei ha buon cuore , e che sente
piet di questa povera creatura. Se lei volesse, potrebbe
farmi paura pi di tutti gli altri, potrebbe farmi morire ;
e in vece mi ha un po' allargato il cuore. Dio gliene
render merito. Compisca l'opera di misericordia: mi li
beri, mi liberi.
Domattina
Oh mi liberi ora, subito
Domattina ci rivedremo, vi dico. Via, intanto fatevi
coraggio. Riposate. Dovete aver bisogno di mangiare. Ora
ve ne porteranno.
No, no; io moio se alcuno entra qui: io moio. Mi
conduca lei in chiesa que' passi Dio glieli conter.
Verr una donna a portarvi da mangiare , disse
l'innominato; e dettolo, rimase stupito anche lui che gli
fosse venuto in mente un tal ripiego, e che gli fosse nato il
, bisogno di cercarne uno, per assicurare una donnicciola.
CAPITOLO XXI. 337
E tu, riprese poi subito, voltandosi alla vecchia, falle
-coraggio che mangi ; mettila a dormire in questo letto : e
se ti vuole in compagnia, bene ; altrimenti, tu puoi ben
dormire una notte in terra. Falle coraggio, ti dico ; tienla
allegra. E che non abbia a lamentarsi di tei
Cos detto, si mosse rapidamente verso l' uscio. Lucia
s'alz e corse per trattenerlo, e rinnovare la sua preghiera ;
ma era sparito.
Oh povera me ! Chiudete, chiudete subito. E sentito
ch'ebbe accostare i battenti e scorrere il paletto, torn a
rannicchiarsi nel suo cantuccio. Oh povera me ! esclam
di nuovo singhiozzando: chi pregher ora? Dove sono?
Ditemi voi, ditemi per carit, chi quel signore quello
che m' ha parlato ?
Chi , eh? chi ? Volete ch'io ve lo dica. Aspetta
eh' io te lo dica. Perch vi protegge, avete messo su su
perbia- e volete esser soddisfatta voi, e farne andar di
mezzo me. Domandatene a lui. S' io vi contentassi anche
in questo, non mi toccherebbe di quelle buone parole che
avete sentite voi. Io son vecchia, son vecchia, con
tinu, mormorando tra i denti. Maledette le giovani, che
fanno bel vedere a piangere e a ridere, e hanno sempre ra
gione. Ma sentendo Lucia singhiozzare, e tornandole
minaccioso alla mente il comando del padrone, si chin
Terso la povera rincantucciata, e, con voce raddolcita, ri
prese: via, non v'ho detto niente di male: state alle
gra. Non mi domandate di quelle cose che non vi posso
-dire; e del resto, state di buon animo. Oh se sapeste quanta
gente sarebbe contenta di sentirlo parlare come ha parlato
a voi ! State allegra, ch or ora verr da mangiare ; e io
che capisco nella maniera che v'ha parlato, ci sar
della roba buona. E poi anderete a letto, e mi lascerete
mi cantuccino anche a me, spero, soggiunse, con una voce,
suo malgrado, stizzosa.
Non voglio mangiare, non voglio dormire. Lasciatemi
stare; non v'accostate; non partite di qui!
No, no, via, disse la vecchia, ritirandosi, e mettendosi
.a sedere sur una seggiolaccia, donde dava alla poverina
I Promessi Sposi. 22
33S I PROMESSI SPOSI
certe occhiate di terrore e d' astio insieme ; e poi guardava
il suo covo, rodendosi d' esserne forse esclusa per tutta la
notte, e brontolando contro il freddo. Ma si rallegrava col
pensiero della cena, e con la speranza che ce ne sarebbe
anche per lei. Lucia non s' avvedeva del freddo, non sen
tiva la fame, e come sbalordita, non aveva de' suoi dolori,
de' suoi terrori stessi, che un sentimento confuso , simile
all'immagini sognate da un febbricitante.
Si riscosse quando sent picchiare ; e, alzando la faccia
atterrita, grid: chi ? chi ? Non venga nessuno!
Nulla, nulla ; buone nuove, disse la vecchia : Marta
che porta da mangiare.
Chiudete, chiudete! gridava Lucia.
Ih ! subito, subito, rispondeva la vecchia : e presa una
paniera dalle mani di quella Marta, la mand via, richiuse,
e venne a posar la paniera sur una tavola nel mezzo della
camera. Invit poi pi volte Lucia che venisse a goder di
quella buona roba. Adoprava le parole pi efficaci, secondo
lei, a mettere appetito alla poverina, prorompeva in escla
mazioni sulla squisitezza de' cibi : di que' bocconi che,
quando le persone come noi possono arrivare a assaggiarne,
se ne ricordan per un pezzo ! Del vino che beve il padrone
co' suoi amici quando capita qualcheduno di quelli... !
e vogliono stare allegri ! Ehm ! Ma vedendo che tutti gl' in
canti riuscivano inutili, siete voi che non volete, disse.
Non istate poi a dirgli domani ch'io non v'ho fatto
coraggio. Manger io; e ne rester pi che abbastanza
per voi, per quando metterete giudizio, e vorrete ubbi
dire. Cosi detto, si mise a mangiare avidamente. Sa
ziata che fu, s' alz, and verso il cantuccio, e, chinandosi
sopra Lucia, l'invit di nuovo a mangiare, per andar
poi a letto.
No, no, non voglio nulla, rispose questa, con voce
fiacca e come sonnolenta. Poi, con pi risolutezza, riprese:
serrato l' uscio? serrato bene ? E dopo aver guardato
in giro per la camera, s' alz, e, con le mani avanti, con
passo sospettoso, andava verso quella parte.
La vecchia ci corse prima di lei, stese la mano al
CAPITOLO XXI. 339
paletto, lo scosse, e disse: sentite? vedete? serrato
bene? siete contenta ora?
Oh contentai contenta io qui! disse Lucia, rimet
tendosi di nuovo nel suo cantuccio. Ma il Signore lo sa
che ci sono!
Venite a letto: cosa volete far li, accucciata come un cane ?
S' mai visto rifiutare i comodi, quando si possono avere ?
No, no; lasciatemi stare.
Siete voi che lo volete. Ecco, io vi lascio il posto buono :
mi metto sulla sponda ; star incomoda per voi. Se volete
venire a letto, sapete come avete a fare. Ricordatevi che
v'ho pregata pi volte. Cosi dicendo, si cacci sotto,
vestita; e tutto tacque.
Lucia stava immobile in quel cantuccio, tutta in un gomi
tolo, con le ginocchia alzate, con le mani appoggiate sulle
ginocchia,, e col viso nascosto nelle mani. Non era il suo
n sonno n veglia, ma una rapida successione, una torbida
vicenda di pensieri, d' immaginazioni, di spaventi. Ora, pi
presente a s stessa, e rammentandosi pi distintamente gli
orrori veduti e sofferti in quella giornata, s' applicava dolo
rosamente alle circostanze dell' oscura e formidabile realt
in cui si trovava avviluppata ; ora la mente, trasportata in
una regione ancor pi oscura, si dibatteva contro i fantasmi
nati dall'incertezza e dal terrore. Stette un pezzo in quest'an
goscia*; alfine, pi che mai stanca e abbattuta, stese le mem
bra intormentite, si sdrai, o cadde sdraiata, e rimase al
quanto in uno stato pi somigliante a un sonno vero. Ma tutt'a
un tratto si risent, come a una chiamata interna, e prov il
bisogno di risentirsi interamente, di riaver tutto il suo pen
siero, di conoscere dove fosse, come, perch. Tese l'orecchio
a un suono : era il russare lento, arrantolato della vecchia ;
spalanc gli occhi, e vide un chiarore fioco apparire e spa
rire a vicenda : era il lucignolo della lucerna, che, vicino a
spegnersi, scoccava una luce tremola, e subito la ritirava,
per dir cosi, indietro, come il venire e l' andare dell' onda
sulla riva: e quella luce, fuggendo dagli oggetti, prima che
prendessero da essa rilievo e colore distinto, non rappresen
tava allo sguardo che una successione di guazzabugli. Ma
340 I PROMESSI SPOSI
ben presto le recenti impressioni, ricomparendo nella mente,
l' aiutarono a distinguere ci che appariva confuso al senso.
L' infelice risvegliata riconobbe la sua prigione : tutte le me
morie dell'orribil giornata trascorsa, tuttii terrori dell'avve
nire, 1' assalirono in una volta : quella nuova quiete stessa
dopotante agitazioni, quella specie di riposo, quell'abbandono
in cui era lasciata, le facevano un nuovo terrore : e fu vinta
da un tale affanno, che desider di morire. Ma in quel mo
mento, si ramment che poteva almen pregare, e insieme
con quel pensiero, le spunt in cuore come un' improvvisa
speranza. Prese di nuovo la sua corona, e ricominci a dire
,il rosario ; e, di mano in mano che la preghiera usciva dal
suo labbro tremante, il cuore sentiva crescere una fiducia
indeterminata. Tutt' a un tratto, le pass per la mente un
altro pensiero : che la sua orazione sarebbe stata pi accetta
e pi certamente esaudita, quando, nella sua desolazione,
facesse anche qualche offerta. Si ricord di quello che aveva
di pi caro, o che di pi caro aveva avuto ; giacch, in quel
momento, l' animo suo non poteva sentire altra affezione
ohe di spavento, n concepire altro desiderio che della li
berazione; se ne ricord, e risolvette subito di farne un
sacrifizio. S'alz, e si mise in ginocchio, e tenendo giunte al
petto le mani, dalle quali pendeva la corona, alz il viso e
le pupille al cielo, e disse : o Vergine santissima ! Voi, a
cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte
m' avete consolata ! Voi che avete patito tanti dolori, e siete
ora tanto gloriosa, e avete fatti tanti miracoli per i poveri
tribolati , aiutatemi f fatemi uscire da questo pericolo, fatemi
tornar salva con mia madre, Madre del Signore ; e fo voto
a voi di rimaner vergine ; rinunzio per sempre a quel mio
,poveretto, per non esser mai d'altri che vostra.
Proferite queste parole, abbass la testa, e si mise la co
rona intorno al collo, quasi come un segno di consacrazione,
,e una salvaguardia a un tempo, come un' armatura della
nuova milizia a cui s'era ascritta. Rimessasi a sedere in
terra, sent entrar Bell' animo una certa tranquillit, una
pi larga fiducia. Le venne in mente quel domattina ripetuto
dallo sconosciuto potente, e le parve di sentire in quella
CAPITOLO XXI. 34l
parola una promessa di salvazione. I sensi affaticati da
tanta guerra s' assopirono a poco a poco in queil' acquie
tamento di pensieri; e finalmente, gi vicino a giorno, col
nome della sua protettrice tronco tra le labbra, Lucia
s'addorment d'un sonno perfetto e continuo.
Ma c' era qualchedun altro in quello stesso castello, che
avrebbe voluto fare altrettanto, e non pot mai. Partito, o
quasi scappato da Lucia, dato l'ordine per la cena; di lei, fatta
una consueta visitaa certi posti del castello, sempre con quel-
l' immagine viva nella mente, e con quelle parole risonani i
all' orecchio, il signore s' era andato a cacciare in camera,
s'era chiuso dentro in fretta e in furia, come se avesse avuto
a trincerarsi contro una squadra di nemici; e spogliatosi,
pure in furia, era andato a letto. Ma queil' immagine, pi
che mai presente, parve che in quel momento gli dicesse :
tu non dormirai. Che sciocca curiosit da donnicciola,
pensava, m' venuta di vederla? Ha ragione quel bestione
del Nibbio ; uno non pi uomo ; vero, non pi uomo ! . . .
Io?... io non son pi uomo, io? Cos' stato? che diavolo
m' venuto addosso? che c' di nuovo? Non lo sapevo io
prima d' ora , che le donne strillano ? Strillano anche gli
uomini alle volte, quando non si possono rivoltare. Che dia
volo! non ho mai sentito belar donne?
E qui, senza che s' affaticasse molto a rintracciare nella
memoria, la memoria da s gli rappresent pi d'un caso in
cui n preghi n lamenti non l' avevano punto smosso dal
compire le sue risoluzioni. Ma la rimembranza di tali im
prese, non che gli ridonasse la fermezza, che gi gli mancava,
di compir questa: non che spegnesse nell'animo quella mo
lesta piet; vi destava in vece una specie di terrore, una non
so qual rabbia di pentimento. Di maniera che gli parve un
sollievo il tornare a quella prima immagine di Lucia, contro
la quale aveva cercato di rinfrancare il suo coraggio.
viva costei, pensava, qui ; sono a tempo ; le posso dire :
andate, rallegratevi; posso veder quel viso cambiarsi, le
posso anche dire : perdonatemi .... Perdonatemi ? io doman
dar perdono? a una donna? io...! Ah, eppure! se una pa
rola, una parola tale mi potesse far bene, levarmi d'addoss
312 I PROMESSI SPOSI
un po' di questa diavoleria, la direi ; eh ! sento che la direi.
A che cosa son ridotto! Non son pi uomo, non son pi
uomo ! . . . Via ! disse poi, rivoltandosi arrabbiatamente
nel letto divenuto duro duro, sotto le coperte divenute
pesanti pesanti: via! sono sciocchezze che mi son pas
sate per la testa altre volte Passer anche questa.
E per farla passare, and cercando col pensiero qualche
cosa importante, qualcheduna di quelle che solevano occu
parlo fortemente, onde applicarvelo tutto ; ma non ne trov
nessuna. Tutto gli appariva cambiato : ci che altre volte
stimolava pi fortemente i suoi desidri, ora non aveva pi
nulla di desiderabile : la passione, come un cavallo divenuto
tutt'a un tratto restio per un'ombra, non voleva pi andare
avanti. Pensando all' imprese avviate e non finite, in vece
d'animarsi al compimento, in vece d'irritarsi degli ostacoli
(ch l'ira in quel momento gli sarebbe parsa soave), sentiva
una tristezza, quasi uno spavento de'passi gi fatti. Il tempo
gli s'affacci davanti vto d'ogni intento, d'ogni occupazione,
d'ogni volere, pieno soltanto di memorie intollerabili ; tutte
V ore somiglianti a quella che gli passava cos lenta, cos
pesante sul capo. Si schierava nella fantasia tutti i suoi
malandrini, e non trovava da comandare a nessuno di loro
una cosa che gl' importasse ; anzi l'idea di rivederli, di
trovarsi tra loro, era un nuovo peso, un'idea di schifo e
d' impiccio. E se volle trovare un' occupazione per l' indo
mani, un' opera fattibile, dovette pensare che all' indomani
poteva lasciare in libert quella poverina.
La liberer, s ; appena spunta il giorno, correr da
lei, e le dir: andate, andate. La far accompagnare
E la promessa? e l' impegno? e don Rodrigo?. . . Chi don
Rodrigo?
A guisa di chi colto da una interrogazione inaspettata
e imbarazzante d'un superiore, l'innominato pens subito a
rispondere a questa che s' era fatta lui stesso, o piuttosto
quel nuovo lui, che cresciuto terribilmente a un tratto, sor
geva come a giudicare l'antico. Andava dunque cercando le
ragioni per cui, prima quasi d' esser pregato, s' era potuto
risolvere a prender l'impegno di far tanto patire, senz'odio,
CAPITOLO XXI. 343
senza timore, un'infelice sconosciuta, per servire colui; ma,
non che riuscisse a trovar ragioni che in quel momento gli
paressero buone a scusare il fatto, non sapeva quasi spiegare
a s stesso come ci si fosse indotto. Quel volere, piuttosto
che una deliberazione, era stato un movimento istantaneo
dell'animo ubbidiente a sentimenti antichi, abituali, una
.conseguenza di mille fatti antecedenti ; e il tormentato esa-
minator di s stesso, per rendersi ragione d' un sol fatto,
si trov ingolfato nell' esame di tutta la sua vita. Indietro,
indietro, d' anno in anno, d' impegno in impegno, di sangue
in sangue, di scelleratezza in scelleratezza: ognuna ricom
pariva all' animo consapevole e nuovo, separata da' senti
menti che l'avevan fatta volere e commettere ; ricompariva
con una mostruosit che que' sentimenti non avevano allora
lasciato scorgere in essa. Eran tutte sue, eran lui : l'orrore
di questo pensiero, rinascente a ognuna di queir immagini,
attaccato a tutte, crebbe fino alla disperazione. S' alz in
furia a sedere, gett in furia le mani alla parete accanto al
letto, afferr una pistola, la stacc, e al momento di
finire una vita divenuta insopportabile, il suo pensiero sor
preso da un terrore, da un'inquietudine, .per dir cos, super
stite, si slanci nel tempo che pure continuerebbe a scorrere
dopo la sua fine. S'immaginava con raccapriccio il suo cada
vere sformato, immobile, in balia del pi vile sopravvissuto ;
la sorpresa, la confusione nel castello, il giorno dopo : ogni
-cosa sottosopra; lui, senza forza, senza voce, buttato chi sa
dove. Immaginava i discorsi che se ne sarebber fatti l, d'in
torno, lontano ; la gioia de' suoi nemici. Anche le tenebre,
anche il silenzio, gli facevan veder nella morte qualcosa di
pi tristo, di spaventevole; gli pareva che non avrebbe esi
tato, se fosse stato di giorno, all'aperto, in faccia alla gente :
buttarsi in un fiume e sparire. E assorto in queste contem
plazioni tormentose, andava alzando e riabbassando, con una
forza convulsiva del pollice, il cane della pistola ; quando gli
balen in mente un altro pensiero. Se queir altra vita
-di cui m' hanno parlato quand' ero ragazzo, di cui parlano
sempre, come se fosse cosa sicura ; se quella vita non c' ;
se un'invenzione de' preti; che fo io? perch morirei
34-t I PROMESSI SPOSI
cos'importa quello che ho fatto? cos'importa? una pazzia^
la mia E se c' quest' altra vita ... !
A un tal dubbio, a un tal rischio, gli venne addosso una
disperazione pi nera, pi grave, dalla quale non si poteva
fuggire, neppur con la morte. Lasci cader l'arme, e stava
con le mani ne' capelli, battendo i denti, tremando. Tutt' a
un tratto, gli tornarono in mente parole che aveva sentite
e risentite poche ore prima : Dio perdona tante cose, per
un' opera di misericordia ! E non gli tornavan gi con
queir accento d' umile preghiera, con cui erano state pro
ferite; ma con un suono pieno d'autorit, e che insieme
induceva una lontana speranza. Fu quello un momento di
sollievo : lev le mani dalle tempie, e, in un' attitudine pi
composta, fiss gli occhi della mente in colei da cui aveva
sentite quelle parole ; e la vedeva, non come la sua prigio
niera, non come una supplichevole, ma in atto di chi dispensa
grazie e consolazioni. Aspettava ansiosamente il giorno,
per correre a liberarla, a sentire dalla bocca di lei altre
parole di refrigerio e di vita ; s'immaginava di condurla lui
stesso alla madre. E poi ? che far domani, il resto della
giornata? che far doman l'altro? che far dopo doman
F altro ? E la notte ? la notte, che torner tra dodici ore !
Oh la notte ! no, no, la notte ! E ricaduto nel vto penoso
dell' avvenire, cercava indarno un impiego del tempo, una
maniera di passare i giorni, le notti. Ora si proponeva
d' abbandonare il castello, e d' andarsene in paesi lontani,
dove nessun lo conoscesse, neppur di nome ; ma sentiva che
lui, lui sarebbe sempre con s : ora gli rinasceva una fosca
speranza di ripigliar l'animo antico, le antiche voglie; e che
quello fosse come un delirio passeggiero; ora temeva il
giorno, che doveva farlo vedere a' suoi cos miserabilmente
mutato ; ora lo sospirava, come se dovesse portar la luce
anche ne' suoi pensieri. Ed eccot appunto sull' albeggiare,
pochi momenti dopo che Lucia s' era addormentata, ecco
che, stando cos immoto a sedere, sent arrivarsi all'orecchio
come un'onda di suono non bene espresso, ma che pure
aveva non so che d'allegro. Stette attento, e riconobbe uno
scampanare a festa lontano ; e dopo qualche momento, senti
CAPITOLO XXI. 345
anche l' eco del monte, che ogni tanto ripeteva languida
mente il concento, e si confondeva con esso. Di li a poco,
sente un altro scampanio pi vicino, anche quello a festa;
poi un altro. Che allegria c'? cos'hanno di bello tutti
costoro? Salt fuori da quel covile di pruni; e vestitosi
a mezzo, corse a aprire una finestra, e guard. Le montagne
eran mezze velate di nebbia ; il cielo, piuttosto che nuvoloso,
era tutto una nuvola cenerognola ; ma, al chiarore che pure
andava a poco a poco crescendo, si distingueva, nella strada
in fondo alla valle, gente che passava, altra che usciva dalle
case, e s'avviava, tutti dalla stessa parte, verso lo sbocco,
a destra del castello, tutti col vestito delle feste, e con
un' alacrit straordinaria.
Che diavolo hanno costoro ? che c' d'allegro in questo
maledetto paese ? dove va tutta quella canaglia? E data
una voce a un bravo fidato che dormiva in- una stanza ac
canto, gli domand qual fosse la cagione di quel movimento.
Quello, che ne sapeva quanto lui, rispose che anderebbe
subito a informarsene. Il signore rimase appoggiato alla
finestra, tutto intento al mobile spettacolo. Erano uomini,
donne, fanciulli, a brigate, a coppie, soli; uno, raggiungendo
chi gli era avanti, s'accompagnava con lui ; un altro, uscendo
di casa, s' univa col primo che rintoppasse ; e andavano in
sieme, come amici a un viaggio convenuto. Gli atti indicavano
manifestamente una fretta e una gioia comune ; e quel rim
bombo non accordato ma consentaneo delle varie campane,
quali pi, quali meno vicine, pareva, per dir cos, la voce di
que' gesti, e il supplimento delle parole che non potevano
arrivar lass. Guardava, guardava; e gli cresceva in cuore
una pi che curiosit di saper cosa mai potesse comunicare
un trasporto uguale a tanta gente diversa.

CAPITOLO XXII.

Poco dopo, il bravo venne a riferire che, il giorno avanti,


il cardinal Federigo Borromeo, arcivescovo di Milano, era
arrivato a * * *, e ci starebbe tutto quel giorno ; e che la
nuova sparsa la sera di quest'arrivo ne' paesi d'intorno
346 I PROMESSI SPOSI
aveva invogliati tutti d'andare a veder quell'uomo; e si
scampanava pi per allegria, che per avvertir la gente. Il
signore, rimasto solo, continu a guardar nella valle, ancor
pi pensieroso. Per un uomo! Tutti premurosi, tutti
allegri, per vedere un uomo ! E per ognuno di costoro avr
il suo diavolo che lo tormenti. Ma nessuno, nessuno n'avr
uno come il mio ; nessuno avr passata una notte come la
mia! Cos'ha quell'uomo, per render tanta gente allegra?
Qualche soldo che distribuir cos alla ventura Ma
costoro non vanno tutti per l'elemosina. Ebbene, qualche
segno nell' aria, qualche parola Oh se le avesse per me
le parole che possono consolare ! se ! Perch non vado
anch'io? Perch no? Ander, ander; e gli voglio par
lare: a quattr'occhi gli voglio parlare. Cosa gli dir? Eb
bene, quello che, quello che..., Sentir cosa sa dir lui,
quest'uomo!
Fatta cos in confuso questa risoluzione, fini in fretta di
vestirsi, mettendosi una sua casacca d'un taglio che aveva
qualche cosa del militare; prese la terzetta rimasta sul letto,
e l' attacc alla cintura da una parte ; dall' altra, un' altra
che stacc da un chiodo della parete ; mise in quella stessa
cintura il suo pugnale; e staccata pur dalla parete una
carabina famosa quasi al par di lui, se la mise ad arma
collo; prese il cappello, usc di camera; e and prima di
tutto a quella dove aveva lasciata Lucia. Pos fuori la ca
rabina in un cantuccio vicino all' uscio, e picchi, facendo
insieme sentir la sua voce. La vecchia scese il letto in un
salto, e corse ad aprire. Il signore entr, e data un'oc
chiata per la camera, vide Lucia rannicchiata nel suo can
tuccio e quieta.
Dorme ? domand sotto voce alla vecchia: l, dorme ?
eran questi i miei ordini, sciagurata?
Io ho fatto di tutto, rispose quella : ma non ha mai
voluto mangiare, non mai voluta venire
Lasciala dormire in pace ; guarda di non la disturbare ;
e quando si sveglier Marta verr qui nella stanza
vicina ; e tu manderai a prendere qualunque cosa che costei
possa chiederti. Quando si sveglier dille che io che
CAPITOLO XXII. 347
il padrone partito per poco tempo, che torner, e Che
far tutto quello che lei vorr.
La vecchia rimase tutta stupefatta pensando tra s :
che sia qualche principessa costei?
Il signore usc, riprese la sua carabina, mand Marta a fare
anticamera, mand il primo bravo che incontr a far la guar
dia, perch nessun altro che quella donna mettesse piede nella
camera; e poi usc dal castello, e prese la scesa, di corsa.
Il manoscritto non dice quanto ci fosse dal castello al paese
,dov' era il cardinale ; ma dai fatti che siam per raccontare,
risulta che non doveva esser pi che una lunga passeggiata.
Dal solo accorrere de'valligiani, e anche di gente pi lontana,
a quel paese, questo non si potrebbe argomentare ; giacch
nelle memorie di quel tempo troviamo che da venti e pi
miglia veniva gente in folla, per veder Federigo.
I bravi che s'abbattevano sulla salita, si fermavano rispet
tosamente al passar del signore, aspettando se mai avesse
ordini da dar loro, o se volesse prenderli seco, per qualche
spedizione ; e non sapevan che si pensare della sua aria, e
dell' occhiate, che dava in risposta a' loro inchini.
Quando fu nella strada pubblica, quello che faceva mara
vigliare i passeggieri, era di vederlo senza seguito. Del resto,
ognuno gli faceva luogo, prendendola larga, quanto sarebbe
bastato anche per il seguito, e levandosi rispettosamente il
cappello. Arrivato al paese, trov una gran folla; ma il suo
nome pass subito di bocca in bocca ; e la folla s' apriva.
S'accost a uno, e gli domand dove fosse il cardinale. In
casa del curato, rispose quello, inchinandosi, e gl' indic
dov'era. Il signore and l, entr in un cortiletto dove c'eran
molti preti, che tutti lo guardarono con un' attenzione ma
ravigliata e sospettosa. Vide dirimpetto un uscio spalancato,
che metteva in un salottino, dove molti altri preti eran con
gregati. Si lev la carabina, e l' appoggi in un canto del
cortile; poi entr nel salottino: e anche l, occhiate, bisbigli,
un nome ripetuto, e silenzio. Lui, voltatosi a uno di quelli,
gli domand dove fosse il cardinale ; e che voleva parlargli.
i Io son forestiero, rispose l' interrogato, e data un' oc
chiata intorno, chiam il cappellano crocifero, che in un canto
348 I PROMESSI SPOSI
del salottino, stava appunto dicendo sotto voce a un sud
compagno : colui ? quel famoso ? che ha a far qui colui ? alla
larga l Per, a quella chiamata che rison nel silenzio gene
rale, dovette venire; inchin l'innominato, stette a sentir quel
che voleva, e alzando con una curiosit inquieta gli occhi su
quel viso, e riabbassandoli subito, rimase li un poco, poi disse
o balbett : non saprei se monsignore illustrissimo in
questo momento ..... si trovi sia ... . possa Basta,
vado a vedere. E and a malincorpo a far l' imbasciata
nella stanza vicina, dove si trovava il cardinale.
A questo punto della nostra storia, noi non possiam far
a meno di non fermarci qualche poco, come il viandante,
stracco e tristo da un lungo camminare per un terreno arido
e salvatico, si trattiene e perde un po' di tempo all' ombra
d'un bell'albero, sull'erba, vicino a una fonte d'acqua viva.
Ci siamo abbattuti in un personaggio, il nome e la memoria
del quale, affacciandosi, in qualunque tempo, alla mente, la
ricreano con una placida commozione di riverenza, e con
un senso giocondo di simpatia : ora, quanto pi dopo tante
immagini di dolore, dopo la contemplazione d' una molti-
plice e fastidiosa perversit ! Intorno a questo personaggio
bisogna assolutamente che noi spendiamo quattro parole :
ehi non si curasse di sentirle, e avesse per voglia d'andare
avanti nella storia, salti addirittura al capitolo seguente.
Federigo Borromeo, nato nel 1564, fu degli uomini rari
in qualunque tempo, che abbiano impiegato un ingegno
egregio, tutti i mezzi d' una grand'opulenza, tutti i vantaggi
d'una condizione privilegiata, un intento continuo, nella ri
cerca e nell'esercizio del meglio. La sua vita come un ru
scello che, scaturito limpido dalla roccia, senza ristagnare
n intorbidarsi mai, in un lungo corso per diversi terreni,
va limpido a gettarsi nel fiume. Tra gli agi e le pompe,
bad fin dalla puerizia a quelle parole d'annegazione e d' u-
milt, a quelle massime intorno alla vanit de' piaceri, al
l' ingiustizia dell' orgoglio, alla vera dignit e a' veri beni,
che, sentite o non sentite ne' cuori, vengono trasmesse da
una generazione all'altra, nel pi elementare insegnamento
della religione. Bad, dico, a quelle parole, a quelle massime,
CAPITOLO XXII. 349
le prese sul serio, le gust, le trov vere ; vide che non pote-
van dunque esser vere altre parole e altre massime opposte,
che pure si trasmettono di generazione in generazione, con
la stessa sicurezza, e talora dalle stesse labbra; e propose
<ii prender per norma dell' azioni e de' pensieri quelle che
erano il vero. Persuaso che la vita non gi destinata
ad essere un peso per molti, e una festa per alcuni, ma
per tutti un impiego, del quale ognuno render conto, co
minci da fanciullo a pensare come potesse render la sua
utile e santa.
Nel 1580, manifest la risoluzione di dedicarsi al mini
stero ecclesiastico, e ne prese l' abito dalle mani di quel suo
cugino Carlo, che una fama, gi fin d' allora antica e uni
versale, predicava santo. Entr poco dopo nel collegio fon
dato da questo in Pavia, e che porta ancora il nome del
loro casato ; e l, applicandosi assiduamente alle occupazioni
che trov prescritte, due altre ne assunse di sua volont ; e
furono d' insegnar la dottrina cristiana ai pi rozzi e dere
litti del popolo, e di visitare, servire, consolare e soccorrere
gl' infermi. Si valse dell' autorit che tutto gli conciliava in
quel luogo, per attirare i suoi compagni a secondarlo in
tali opere ; e in ogni cosa onesta e profittevole esercit come
un primato d'esempio, un primato che le sue doti personali
sarebbero forse bastate a procacciargli, se fosse anche stato
l' infimo per condizione. I vantaggi d' un altro genere, che
la sua gli avrebbe potuto procurare, non solo non li ricerc,
ma mise ogni studio a schivarli. Volle una tavola piuttosto
povera che frugale, us un vestiario piuttosto povero che
semplice ; a conformit di questo, tutto il tenore della vita e
il contegno. N credette mai di doverlo mutare, .per quanto
alcuni congiunti gridassero e si lamentassero che avvilisse
cos la dignit della casa. Un' altra guerra ebbe a sostenere
con gl' istitutori, i quali, furtivamente e come per sorpresa,
cercavano di mettergli davanti, addosso, intorno, qualche
suppellettile pi signorile, qualcosa che lo facesse distinguer
dagli altri, e figurare come il principe del luogo : o credes
sero di farsi alla lunga ben volere con ci; o fossero mossi
da quella svisceratezza servile che s' invanisce e si ricrea
350 I PROMESSI SPOSI
nello splendore altrui; o fossero di que' prudenti che s'a
dombrano delle vi rt come de' vizi, predicano sempre che
la perfezione sta nel mezzo ; e il mezzo lo fissan giusto in
quel punto dov'essi sono arrivati, e ci stanno comodi. Fede
rigo, non che lasciarsi vincere da que' tentativi, riprese co
loro che li facevano ; e ci tra la pubert e la giovinezza.
Che, vivente il cardinal Carlo, maggior di lui di ventisei
anni, davanti a quella presenza grave, solenne, ch'esprimeva
cos al vivo la santit, e ne rammentava le opere, e alla
quale, se ce ne fosse stato bisogno, avrebbe aggiunto autorit
ogni momento l'ossequio manifesto e spontaneo de' circo
stanti, quali e quanti si fossero, Federigo fanciullo e giovi
netto cercasse di conformarsi al contegno e al pensare d' un
tal superiore, non certamente da farsene maraviglia; ma
bens cosa molto notabile che, dopo la morte di lui, nessuno
si sia potuto accorgere che a Federigo, allor di vent' anni,
fosse mancata una guida e un censore. La fama crescente
del suo ingegno, della sua dottrina e della sua piet, la pa
rentela e gl' impegni di pi d'un cardinale potente, il credito
della sua famiglia, il nome stesso, a cui Carlo aveva quasi
annessa nelle menti un' idea di santit e di preminenza, tutto
ci che deve, e tutto ci che pu condurre gli uomini alle
dignit ecclesiastiche, concorreva a pronosticargliele. Ma
egli, persuaso in cuore di ci che nessuno il quale professi cri
stianesimo pu negar con la bocca, non ci esser giusta su
periorit d' uomo sopra gli uomini, se non in loro servizio,
temeva le dignit, e cercava di scansarle ; non certamente
perch sfuggisse di servire altrui ; ch poche vite furono
spese in questo come la sua; ma perch non si stimava
abbastanza degno n capace di cos alto e pericoloso servizio.
Perci, venendogli, nel 1 595, proposto da Clemente VIII l'ar
civescovado di Milano, apparve fortemente turbato, e ricus
senza esitare. Cedette poi al comando espresso del papa.
Tali dimostrazioni, e chi non lo sa? non sono n difficili
n rare; e l' ipocrisia non ha bisogno d' un pi grande sforzo
d' ingegno per farle, che la buffoneria per deriderle a buon
conto, in ogni caso. Ma cessan forse per questo d' esser l' e-
spressione naturale d'un sentimento virtuoso e sapiente ? La

a
CAPITOLO XXII. 351
,vita il paragone delle parole : e le parole eh' esprimono-
quel sentimento, fossero anche passate sulle labbra di tutti
gl' impostori e di tutti i beffardi del mondo, saranno sem
pre belle, quando siano precedute e seguite da una vita
di disinteresse e di sacriflzio.
In Federigo arcivescovo apparve uno studio singolare e
continuo di non prender per s, delle ricchezze, del tempo,
delle cure, di tutto s stesso in somma, se non quanto fosse
strettamente necessario. Diceva, come tutti dicono, che le
rendite ecclesiastiche sono patrimonio de' poveri: come poi
intendesse infatti una tal massima, si veda da questo. Volle
che si stimasse a quanto poteva ascendere il suo manteni
mento e quello della sua servit ; e dettogli che seicento scudi
(scudo si chiamava allora quella moneta d' oro che, rima
nendo sempre dello stesso peso e titolo, fu poi detta zecchino),
diede ordine che tanti se ne contasse ogni anno dalla sua
cassa particolare a quella della mensa ; non credendo che a
lui ricchissimo fosse lecito vivere di quel patrimonio. Del
suo poi era cos scarso e sottile misuratore a s stesso, che
badava di non ismettere un vestito, prima che fosse logoro
affatto : unendo per, come fu notato da scrittori contempo
ranei, al genio della semplicit quello d'una squisita pulizia:
due abitudini notabili infatti, in queil' et sudicia e sfar
zosa. Similmente, affinch nulla si disperdesse degli avanzi
della sua mensa frugale, gli assegn a un ospizio di poveri ;
e uno di questi, per suo ordine, entrava ogni giorno nella
sala del pranzo a raccoglier ci che fosse rimasto. Cure,
che potrebbero forse indur concetto d' una virt gretta ,
misera, angustiosa, d' una mente impaniata nelle minuzie,
e incapace di disegni elevati ; se non fosse in piedi questa
biblioteca ambrosiana, che Federigo ide con s animosa
lautezza, ed eresse, con tanto dispendio, da' fondamenti ;
per fornir la quale di libri e di manoscritti, oltre il dono
de'gi raccolti con grande studio e spesa da lui, sped otto
uomini, de'pi colti ed esperti che pot avere, a farne incetta,
per l' Italia, per la Francia, per la Spagna, per la Germa
nia, per le Fiandre, nella Grecia, al Libano, a Gerusalemme.
Cos riusc a radunarvi circa trentamila volumi stampati, e
352 I PROMESSI SPOSI
quattordicimila manoscritti. Alla biblioteca un un collegio
di dottori (furon nove, e pensionati da lui fin che visse;
dopo, non bastando a quella spesa l'entrate ordinarie, furon
ristretti a due) ; e il loro uflzio era di coltivare vari studi,
teologia, storia, lettere, antichit ecclesiastiche, lingue
orientali, con l' obbligo ad ognuno di pubblicar qualche la
voro sulla materia assegnatagli ; v' un un collegio da lui
detto trilingue, per lo studio delle lingue greca , latina e
italiana; un collegio d'alunni, ,che venissero istruiti in
,quelle facolt e lingue, per insegnarle un giorno; v' un una
stamperia di lingue orientali, dell'ebraica cio, della caldea,
dell'arabica, della persiana, dell'armena; una galleria di
quadri, una di statue, e una scuola delle tre principali arti
del disegno. Per queste, pot trovar professori gi formati;
per il rimanente, abbiam visto che da fare gli avesse dato
la raccolta de' libri e de' manoscritti ; certo pi difficili
a trovarsi dovevano essere i tipi di quelle lingue, allora
molto men coltivate in Europa che al presente; pi ancora
de'tipi, gli uomini. Baster il dire che, di nove dottori, otto
ne prese tra i giovani alunni del seminario ; e da questo si
pu argomentare che giudizio facesse degli studi consumati
e delle riputazioni fatte di quel tempo: giudizio conforme
a quello che par che n' abbia portato la posterit, col met
tere gli uni e le altre in dimenticanza. Nelle regole che sta
bil per l' uso e per il governo della biblioteca, si vede un
intento d' utilit perpetua, non solamente bello in s, ma
in molte parti sapiente e gentile molto al di l dell' idee e
dell' abitudini comuni di quel tempo. Prescrisse al bibliote
cario che mantenesse commercio con gli uomini pi dotti
d'Europa, per aver da loro notizie dello stato delle scienze,
e avviso de' libri migliori che venissero fuori in ogni ge
nere, e farne acquisto ; gli prescrisse d' indicare agli stu
diosi i libri che non conoscessero, e potesser loro esser
utili ; ordin che atutti, fossero cittadini o forestieri, si desse
comodit e tempo di servirsene, secondo il bisogno. Una
tale intenzione deve ora parere ad ognuno troppo naturale,
e immedesimata con la fondazione d' una biblioteca: allora
non era cos. E in una storia dell' ambrosiana, scritta (col
CAPITOLO XXII. 355
costrutto e con l' eleganze comuni del secolo) da un Pier
paolo Bosca, che vi fu bibliotecario dopo la morte di Fede
rigo, vien notato espressamente, come cosa singolare, che in
questa libreria, eretta da un privato, quasi tutta a sue spese,
i libri fossero esposti alla vista del pubblico, dati a chiunque
-Ii chiedesse, e datogli anche da sedere, e carta, penne e cala
maio, per prender gli appunti che gli potessero bisognare ;
mentre in qualche altra insigne biblioteca pubblica d'Italia,
i libri non erano nemmen visibili, ma chiusi in armadi,
donde non si levavano se non per gentilezza de'bibliotecari,
quando si sentivano di farli vedere un momento ; di dare
<ii concorrenti il comodo di studiare, non se n' aveva nep-
pur l'idea. Dimodoch arricchir tali biblioteche era un sot-
trar libri all' uso comune : una di quelle coltivazioni, come
ce n' era e ce n' tuttavia molte, che isteriliscono il campo.
Non domandate quali siano stati gli effetti di questa fon
dazione del Borromeo sulla coltura pubblica : sarebbe facile
dimostrare in due frasi, al modo che si dimostra, che furon
miracolosi, o che non furon niente ; cercare e spiegare, fino a
un certo segno, quali siano stati veramente, sarebbe cosa di
molta fatica, di poco costrutto, e fuor di tempo. Ma pensate
che generoso, che giudizioso, che benevolo, che perseverante
amatore del miglioramento umano, dovess' essere colui che
volle una tal cosa, la volle in quella maniera, e l' esegu, in
mezzo a queir ignorantaggine, a queir inerzia, a quell'anti
patia generale per ogni applicazione studiosa, e per conse
guenza in mezzo ai cos' importa ? e c'era altro da pensare ?
e che beli' invenzione ! e mancava anche questa, e simili;
che saranno certissimamente stati pi che gli scudi spesi
-da lui in quell'impresa; i quali furon centocinquemila ,
la pi parte de' suoi.
Per chiamare un tal uomo sommamente benefico e libe
rale, pu parer che non ci sia bisogno di sapere se n' abbia
spesi molt'altri in soccorso immediato de' bisognosi ; e ci son
forse ancora di quelli che pensano che le spese di quel ge
nere, e sto per dire tutte le spese, siano la migliore e la
pi utile elemosina. Ma Federigo teneva l' elemosina pro
priamente detta per un dovere prin cipalissimo; e qui, come
/ Promessi Sposi. 23
354 I PROMESSI SPOSI
nel resto, i suoi fatti furon consentanei all' opinione. La sua
vita fu un continuo profondere ai poveri ; e a proposito d
questa stessa carestia di cui ha gi parlato la nostra storia ,
avremo tra poco occasione di riferire alcuni tratti, dai quali
si vedr che sapienza e che gentilezza abbia saputo mettere
anche in questa liberalit. De' molti esempi singolari che
d'una tale sua virt hanno notati i suoi biografi, ne ci
teremo qui un solo. Avendo risaputo che un nobile usava
artifizi e angherie per far monaca una sua figlia, la quale
desiderava piuttosto di maritarsi, fece venire il padre ; e
cavatogli di bocca che il vero motivo di quella vessazione era
il non avere quattromila scudi che, secondo lui, sarebbero
stati necessari a maritar la figlia convenevolniente, Fe
derigo la dot di quattromila scudi. Forse a taluno parr
questa una larghezza eccessiva, non ben ponderata, troppo
condiscendente agli stolti capricci d'un superbo ; e che quat
tromila scudi potevano esser meglio impiegati in cent'altre
maniere. A questo non abbiamo nulla da rispondere, se non
che sarebbe da desiderarsi che si vedessero spesso eccessi
d' una virt cos libera dall' opinioni dominanti (ogni tempo
ha le sue), cosi indipendente dalla tendenza generale, come,
in questo caso, fu quella che mosse un uomo a dar quat
tromila scudi, perch una giovine non fosse fatta monaca.
La carit inesausta di quest'uomo, non meno che nel dare,
spiccava in tutto il suo contgno. D facile abbordo con
tutti, credeva di dovere specialmente a quelli che si chia
mano di bassa condizione, un viso gioviale, una cortesia
affettuosa ; tanto pi, quanto ne trovan meno nel mondo.
E qui pure ebbe a combattere co'galantuomini del ne quid
nimis, i quali, in ogni cosa, avrebbero voluto farlo star
ne' limiti, cio ne' loro limiti. Uno di costoro, una volta che,
nella visita d'un paese alpestre e salvatico, Federigo istruiva
certi poveri fanciulli, e, tra l' interrogare e l' insegnare, gli
andava amorevolmente accarezzando, l' avvert che usasse
pi riguardo nel far tante carezze a que' ragazzi, perch
eran troppo sudici e stomacosi : come se supponesse, il buon
uomo, che Federigo non avesse senso abbastanza per fare
una tale scoperta, o non abbastanza perspicacia, per trovar
CAPITOLO XXII. 355
da s quel ripiego cos fino. Tale , in certe condizioni di tempi
e di cose, la sventura degli uomini costituiti in certe dignit :
che mentre cos di rado si trova chi gli avvisi de' loro
mancamenti, non manca poi gente coraggiosa a riprenderli
del loro far bene. Ma il buon vescovo, non senza un certo
risentimento, rispose : sono mie anime, e forse non vedranno
mai pi la mia faccia ; e non volete che gli abbracci ?
Ben raro per era il risentimento in lui, ammirato per
la soavit de'suoi modi, per una pacatezza imperturbabile,
che si sarebbe attribuita a una felicit straordinaria di tem
peramento ; ed era l' effetto d' una disciplina costante sopra
un' idole viva e risentita. Se qualche volta si mostr severo,
anzi brusco, fu co' pastori suoi subordinati che scoprisse
rei d' avarizia o di negligenza o d' altre tacce specialmente
opposte allo spirito del loro nobile ministero. Per tutto
ci che potesse toccare o il suo interesse, o la sua gloria tem
porale, non dava mai segno di gioia, n di rammarico, n
d'ardore, n d'agitazione : mirabile se questi moti non si de
stavano nell'animo suo, pi mirabile se vi si destavano. Non
solo da' molti conclavi ai quali assistette, riport il con
cetto di non aver mai aspirato a quel posto cos desidera
bile all' ambizione, e cos terribile alla piet ; ma una volta
che un collega, il quale contava molto, venne a offrirgli il
suo voto e quelli della sua fazione (brutta parola, ma era
quella che usavano), Federigo rifiut una tal proposta in
modo, che quello depose il pensiero, e si rivolse altrove.
Questa stessa modestia, quest' avversione al predominare
apparivano ugualmente nell'occasioni pi comuni della vita.
Attento e infaticabile a disporre e a governare, dove rite
neva che fosse suo dovere il farlo, sfugg sempre d'impicciarsi
negli affari altrui; anzi si scusava a tutto potere dall' inge-
rirvisi ricercato : discrezione e ritegno non comune, come
ognuno sa, negli uomini zelatori del bene, qual era Federigo.
Se volessimo lasciarci andare al piacere di raccogliere i
tratti notabili del suo carattere, ne risulterebbe certamente
un complesso singolare di meriti in apparenza opposti, e
certo difficili a trovarsi insieme. Per non ometteremo di
notare un' altra singolarit di quella bella vita : che, piena
356 I PROMESSI SPOSI
come fu d' attivit, di governo, di funzioni, d' insegnamento,
d' udienze, di visite diocesane, di viaggi, di contrasti, non
solo lo studio c'ebbe una parte, ma ce n'ebbe tanta, che per
un letterato di professione sarebbe bastato. E infatti, con
tant' altri e diversi titoli di lode, Federigo ebbe anche, presso
i suoi contemporanei, quello d' uom dotto.
Non dobbiamo per dissimulare che tenne con ferma per
suasione, e sostenne in pratica, con lunga costanza, opinioni,
che al giorno d' oggi parrebbero a ognuno piuttosto strane
che mal fondate ; dico anche a coloro che avrebbero una
gran voglia di trovarle giuste. Chi lo volesse difendere in
questo, ci sarebbe quella scusa cos corrente e ricevuta,
ch' erano errori del suo tempo, piuttosto che suoi: scusa che,
per certe cose , e quando risulti dall' esame particolare
de' fatti, pu aver qualche valore, o anche molto ; ma che
applicata cos nuda e alla cieca, come si fa d' ordinario, non
significa proprio nulla. E perci, non volendo risolvere con
formole semplici questioni complicate, n allungar troppo
un episodio, tralasceremo anche d' esporle ; bastandoci d' a-
vere accennato cos alla sfuggita che , d' un uomo cos
ammirabile in complesso, noi non pretendiamo che ogni
cosa lo fosse ugualmente ; perch non paia che abbiam
voluto scrivere un'orazion funebre.
Non certamente fare ingiuria ai nostri lettori il supporre
che qualcheduno di loro domandi se di tanto ingegno e di
tanto studio quest'uomo abbia lasciato qualche monumento.
Se n' ha lasciati ! Circa cento son l' opere che rimangon di
lui, tra grandi e piccole, tra latine e italiane, tra stampate
e manoscritte, che si serbano nella biblioteca da lui fondata :
trattati di morale, orazioni, dissertazioni di storia, d' anti
chit sacra e profana, di letteratura, d' arti e d' altro.
E come mai, dir codesto lettore, tante opere sono
dimenticate, o almeno cos poco conosciute, cos poco ricer
cate ? Come mai, con tanto ingegno, con tanto studio, con
tanta pratica degli uomini e delle cose, con tanto meditare,
con tanta passione per il buono e per il bello, con tanto
candor d' animo, con tant' altre di quelle qualit che fanno
il grande scrittore, questo, in cento opere, non ne ha
CAPITOLO XXII. 357
lasciata neppur una di quelle che son riputate insigni anche
da chi non le approva in tutto, e conosciute di titolo anche
da chi non le legge? Come mai, tutte insieme, non sono
bastate a procurare, almeno col numero, al suo nome una
fama letteraria presso noi posteri?
La domanda ragionevole senza dubbio, e la questione,
molto interessante ; perch le ragioni di questo fenomeno si
troverebbero con l' osservar molti fatti generali : e trovate,
condurrebbero alla spiegazione di pi altri fenomeni simili.
Ma sarebbero molte e prolisse : e poi se non v' andassero a
senio? se vi facessero arricciare il naso? Sicch sar me
glio che riprendiamo il filo della storia, e che, in vece di
cicalar pi a lungo intorno a quest'uomo, andiamo a vederlo
in azione, con la guida del nostro autore.

CAPITOLO XXIII.

Il cardinal Federigo, intanto che aspettava l'ora d' andar


in chiesa a celebrar gli ufizi divini, stava studiando, com'era
solito di fare in tutti i ritagli di tempo; quando entr il
cappellano crocifero, con un viso alterato.
Una strana visita, strana davvero, monsignore illu
strissimo !
Chi ? domand il cardinale.
Nient meno che il signor... riprese il cappellano:
e spiccando le sillabe con una gran significazione, profer
quel nome che noi non possiamo scrivere ai nostri lettori.
Poi soggiunse : qui fuori in persona ; e chiede nient' al
tro che d' esser introdotto da vossignoria illustrissima.
Lui t disse il cardinale, con un viso animato, chiu
dendo il libro, e alzandosi da sedere: venga! venga
subito!
Ma replic il cappellano, senza moversi : vos
signoria illustrissima deve sapere chi costui : quel ban
dito, quel famoso ...
E non una fortuna per un vescovo, che a un tal
omo sia nata la volont di venirlo a trovare?
Ma ... insistette il cappellano : noi non possiamo
358 I PROMESSI SPOSI
mai parlare di certe cose, perch monsignore dice che le
son ciance: per, quando viene il caso, mi pare che sia
un dovere Lo zelo fa de' nemici , monsignore ; e noi
sappiamo positivamente che pi d' un ribaldo ha osato
vantarsi che, un giorno o l'altro
E che hanno fatto? interruppe il cardinale.
Dico che costui un appaltatore di delitti, un dispe
rato, che tiene corrispondenza co' disperati pi furiosi, e
che pu esser mandato
Oh, che disciplina codesta, interruppe ancora sor
ridendo Federigo, che i soldati esortino il generale aii
aver paura ? Poi, divenuto serio e pensieroso, riprese :
san Carlo non si sarebbe trovato nel caso di dibattere
se dovesse ricevere un tal uomo : sarebbe andato a cer
carlo. Fatelo entrar subito: ha gi aspettato troppo.
Il cappellano si mosse, dicendo tra s : non c' ri
medio: tutti questi santi sono ostinati.
Aperto l' uscio, e affacciatosi alla stanza dov' era il si
gnore e la brigata, vide questa ristretta in una parte, a
bisbigliare e a guardar di sott' occhio quello, lasciato solo
in un canto. S' avvi verso di lui : e intanto squadrandolo,
come poteva,, con la coda dell'occhio, andava pensando che
diavolo d' armeria poteva esser nascosta sotto quella ca
sacca ; e che, veramente, prima d' introdurlo, avrebbe do
vuto proporgli almeno ma non si seppe risolvere. Gli
s'accost, e disse: monsignore aspetta vossignoria. Si
contenti di venir con me. E precedendolo in quella pic
cola folla, che subito fece ala, dava a destra e a sinistra
occhiate, le quali significavano : cosa volete ? non lo sapete
anche voi altri, che fa sempre a modo suo?
Appena introdotto l'innominato, Federigo gli and in
contro, con un volto premuroso e sereno, e con le braccia
aperte, come a una persona desiderata, e fece subito cenno
al cappellano che uscisse: il quale ubbid.
I due rimasti stettero alquanto senza parlare, e diversa
mente sospesi. L' innominato, ch' era stato come portato li
per forza da unu smania inesplicabile, piuttosto che condotto
4a un determinato disegno, ci stava anche come per forza,
CAPITOLO XXIII. 350
straziato da due passioni opposte, quel desiderio e quella
speranza confusa di trovare un refrigerio al tormento in
terno, e dall' altra parte una stizza, una vergogna di venir
li come un pentito, come un sottomesso, come un mise
rabile, a confessarsi in colpa, a implorare un uomo: e
non trovava parole, n quasi ne cercava. Per, alzando
gli occhi in viso a queir uomo, si sentiva sempre pi pe
netrare da un sentimento di venerazione imperioso in
sieme e soave, che, aumentando la fiducia, mitigava il
dispetto, e senza prender l'orgoglio di fronte, l'abbatteva,
e, dir cosi, gl' imponeva silenzio.
La presenza di Federigo era infatti di quelle che an
nunziano una superiorit, e la fanno amare. Il portamento
ra naturalmente composto, e quasi involontariamente
maestoso, non incurvato n impigrito punto dagli anni;
l' occhio grave e vivace, la fronte serena e pensierosa ; con
la canizie, nel pallore, tra i segni dell'astinenza, della me
ditazione, della fatica, una specie di floridezza verginale :
tutte le forme del volto indicavano che, in altre et, c'era
stata quella che pi propriamente si chiama bellezza : l'abi
tudine de1 pensieri solenni e benevoli, la pace interna d' una
lunga vita, l' amore degli uomini, la gioia continua d' una
-speranza ineffabile, vi avevano sostituita una, direi quasi,
bellezza senile, che spiccava ancor pi in quella magnifica
semplicit della porpora.
Tenne anche lui, qualche momento, fisso nell' aspetto del
l' innominato il suo sguardo penetrante, ed esercitato da
lungo tempo a ritrarre dai sembianti i pensieri ; e, sotto a
quel fosco e a quel turbato, parendogli di scoprire sempre
pi qualcosa di conforme alla speranza da lui concepita al
primo annunzio d' una tal visita, tutt'animato, oh ! disse :
che preziosa visita questa! e quanto vi devo esser
grato d" una s buona risoluzione ; quantunque per me
abbia un po' del rimprovero !
Rimprovero r esclam il signore maravigliato, ma
raddolcito da quelle parole e da quel fare, e contento
die il cardinale avesse rptto il ghiaccio, e avviato un di
scorso qualunque.
360 I PROMESSI SPOSI
Certo, m' un rimprovero, riprese questo, ch'io
mi sia lasciato prevenir da voi ; quando, da tanto tempo,
tante volte, avrei dovuto venir da voi io.
Da me, voi ! Sapete chi sono ? V hanno detto bene il
mio nome?
E questa consolazione ch' io sento, e che, certo, vi si
manifesta nel mio aspetto, vi par egli ch'io dovessi provarla
all' annunzio, alla vista d' uno sconosciuto ? Siete voi che me
la fate provare ; voi, dico, che avrei dovuto cercare ; voi che
almeno ho tanto amato e pianto, per cui ho tanto pregato;
voi, de' miei figli, che pure amo tutti e di cuore, quello che
avrei pi desiderato d' accogliere e d' abbracciare, se avessi
creduto di poterlo sperare. Ma Dio sa fare Egli solo le ma
raviglie, e supplisce alla debolezza, alla lentezza de' suoi-
poveri servi.
L' innominato stava attonito a quel dire cosi infiammato,
a quelle parole, che rispondevano tanto risolutamente a ci
che non aveva ancor detto, n era ben determinato di dire:
e commosso ma sbalordito, stava in silenzio. E che ?
riprese, ancor pi affettuosamente, Federigo: voi avete -
una buona nuova da darmi, e me la fate tanto sospirare?
Una buona nuova, io ? Ho l' inferno nel cuore ; e vi dar
una buona nuova? Ditemi voi, se lo sapete, qual questa
buona nuova che aspettate da un par mio.
Che Dio v'ha toccato il cuore, e vuol farvi suo,
rispose pacatamente il cardinale.
Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov'
questo Dio?
Voi me lo domandate ? voi ? E chi pi di voi l' ha vi
cino? Non ve lo sentite in cuore, che v' opprime, che v'agita,
che non vi lascia stare, e nello stesso tempo v' attira, vi fa
presentire una speranza di quiete, di consolazione, d' una
consolazione che sar piena, immensa, subito che voi lo-
riconosciate, lo confessiate, l'imploriate?
Oh, certo ! ho qui qualche cosa che m' opprime, che mi
rode! Ma Dio! Se c' questo Dio, se quello che dicono,
cosa volete che faccia di me?
Queste parole furon dette con un accento disperato;- ma
CAPITOLO XXIII. 36 1!
Federigo, con un tono solenne, come di placida ispirazione,
rispose: cosa pu far Dio di voi? cosa vuol farne? Un
segno della sua potenza e della sua bont : vuol cavar da
voi una gloria che nessun altro gli potrebbe dare. Che il
mondo gridi da tanto tempo contro di voi, che mille e mille
voci detestino le vostre opere ... (l' innominato si scosse,
e rimase stupefatto un momento nel sentir quel linguaggio
cos insolito, pi stupefatto ancora di non provarne sdegno,
anzi quasi un sollievo) ; che gloria, proseguiva Federigo,
ne viene a Dio ? Son voci di terrore, son voci d' interesse -r
voci forse anche di giustizia, ma d' una giustizia cosi facile,
cos naturale ! alcune forse, pur troppo, d' invidia di codesta
vostra sciagurata potenza, di codesta, fino ad oggi, deplo
rabile sicurezza d' animo. Ma quando voi stesso sorgerete
a condannare la vostra vita, ad accusar voi stesso, allora f
allora Dio sar glorificato ! E voi domandate cosa Dio possa
far di voi ? Chi son io pover'uomo, che sappia dirvi fin d'ora
che profitto possa ricavar da voi un tal Signore ? cosa possa
fare di codesta volont impetuosa, di codesta imperturbata
costanza, quando l' abbia animata, infiammata d' amore, d
speranza, di pentimento? Chi siete voi, pover'uomo, che vi
pensiate d' aver saputo da voi immaginare e fare cose pi
grandi nel male, che Dio non possa farvene volere e operare
nel bene ? Cosa pu Dio far di voi ? E perdonarvi ? e farvi
salvo? e compire in voi l'opera della redenzione? Non son
cose magnifiche e degne di Lui ? Oh pensate t se io omiccia-
tolo, io miserabile, e pur cos pieno di me stesso, io qua!
mi sono, mi struggo ora tanto della vostra salute, che per-
essa darei con gaudio (Egli m' testimonio) questi pochi
giorni che mi rimangono ; oh pensate ! quanta, quale debba
essere la carit di Colui che m' infonde questa cos imper
fetta, ma cos viva ; come vi ami, come vi voglia Quello che
mi comanda e m' ispira un amore per voi che mi divora !
A misura che queste parole uscivan dal suo labbro, il
volto, lo sguardo, ogni moto ne spirava il senso. La fac
cia del suo ascoltatore, di stravolta e convulsa, si fece da
principio attonita e intenta; poi si compose a una com
mozione pi profonda e meno angosciosa; i suoi occhi, che
,"362, I PROMESSI SPOSI
dall' infanzia pi non conoscevan le lacrimo, si gonfiarono ;
quando le parole furon cessate, si copri il viso con le mani,
e diede in un dirotto pianto, che fu come l' ultima e pi
chiara risposta. 1
Dio grande e buono ! esclam Federigo, alzando gli
occhi e le mani al cielo : che ho mai fatto io, servo inutile,
pastore sonnolento, perch Voi mi chiamaste a questo con
vito di grazia, perch mi faceste degno d' assistere a un si
giocondo prodigio ! Cos dicendo, stese la mano a prender
quella dell' innominato.
No ! grid questo, no i lontano, lontano da me voi :
non lordate quella mano innocente e benefica. Non sapete
tutto ci che ha fatto questa che volete stringere.
Lasciate, disse Federigo, prendendola con amorevole
violenza, lasciate ch' io stringa codesta mano che riparer
tanti torti, che sparger tante beneficenze, che sollever
tanti afflitti, che si stender disarmata, pacifica, umile a
tanti nemici.
troppo ! disse singhiozzando l' innominato. Lascia
temi, monsignore; buon Federigo, lasciatemi. Un popolo
affollato v' aspetta ;tant' anime buone, tant' innocenti, tanti
venuti da lontano, per vedervi una volta, per sentirvi: e
voi vi trattenete con chi!
Lasciamo le novantanove pecorelle, rispose il cardi
nale : sono in sicuro sul monte : io voglio ora stare con
quella ch' era smarrita. Queil' anime son forse ora ben pi
contente, che di vedere questo povero vescovo. Forse Dio,
che ha operato in voi il prodigio della misericordia, diffonde
in esse una gioia di cui non sentono ancora la cagione. Quel
popolo forse unito a noi senza saperlo: forse lo Spirito
mette ne' loro cuori un ardore indistinto di carit , una
preghiera ch' esaudisce per voi, un rendimento di grazie di
cui voi siete l' oggetto non ancor conosciuto. Cos di
cendo, stese le braccia al collo dell' innominato ; il quale,
dopo aver tentato di sottrarsi, e resistito un momento, ce
dette, come vinto da quell'impeto di carit, abbracci anche i
lui il cardinale, e abbandon sull' omero di lui il suo volto
tremante e mutato. Le sue lacrime ardenti cadevano sulla
CAPITOLO XXIII. 363
porpora incontaminata di Federigo ; e le mani incolpevoli
,di questo stringevano affettuosamente quelle membra ,
premevano quella casacca, avvezza a portar l' armi della
violenza e del tradimento.
L'innominato, sciogliendosi da quell'abbraccio, si copr di
nuovo gli occhi con una mano, e, alzando insieme la faccia,
esclam : Dio veramente grande ! Dio veramente buono !
io mi conosco ora, comprendo chi sono ; le mie iniquit mi
stanno davanti ; ho ribrezzo di me stesso ; eppure f
eppure provo un refrigerio, una gioia, s una gioia, quale
non ho provata mai in tutta questa mia orribile vita !
un saggio, disse Federigo, che Dio vi d per
-cattivarvi al suo servizio, per animarvi ad entrar risoluta
mente nella nuova vita in cui avrete tanto da disfare, tanto
da riparare, tanto da piangere!
Me sventurato ! esclam il signore, quante, quante....
cose, le quali non potr se non piangere ! Ma almeno ne
ho d' intraprese, d'appena avviate, che posso, se non altro,
rompere a mezzo: una ne ho, che posso romper subito,
disfare, riparare.
Federigo si mise in attenzione ; e l' innominato raccont
brevemente, ma con parole d' esecrazione anche pi forti
di quelle che abbiamo adoprato noi, la prepotenza fatta a
Lucia, i terrori, i patimenti della poverina, e come aveva
implorato, e la smania che queil' implorare aveva messa
addosso a lui, e come essa era ancor nel castello
Ah, non perdiam tempo ! esclam Federigo, ansante
di piet e di sollecitudine. Beato voi ! Questo pegno del
perdono di Dio ! far che possiate diventar strumento di sal
vezza a chi volevate esser di rovina. Dio vi benedica! Dio
v' ha benedetto ! Sapete di dove sia questa povera nostra
travagliata?
Il signore nomin il paese di Lucia.
Non lontano di qui, disse il cardinale : lodato sia
Dio ; e probabilmente Cos dicendo, corse a un tavolino,
e scosse un campanello. E subito entr con ansiet il cap
pellano crocifero, e per la prima cosa, guard l' innominato ;
e vista quella faccia mutata, e quegli occhi rossi di pianto,
S64 I PROMESSI SPOSI
guard il cardinale ; e sotto queir inalterabile compostezza,
scorgendogli in volto come un grave contento, e una pre
mura quasi impaziente, era per rimanere estatico con la
bocca aperta, se il cardinale non l' avesse subito svegliato
da quella contemplazione, domandandogli se, tra i parrochi
radunati li, si trovasse quello di * * *.
C , monsignore illustrissimo, rispose il cappellano.
Fatelo venir subito, disse Federigo, e con lui il
parroco qui della chiesa.
Il cappellano usc, e and nella stanza dov' eran que' preti
riuniti : tutti gli occhi si rivolsero a lui. Lui, con la bocca
tuttavia aperta, col viso ancor tutto dipinto di queir estasi,
alzando le mani, e movendole per aria, disse : signori ! si
gnori ! hoec mutatio dexteroe Excelsi. E stette un mo
mento senza dir altro. Poi, ripreso il tono e la voce della
carica, soggiunse : sua signoria illustrissima e reveren
dissima vuole il signor curato della parrocchia, e il signo?
curato di ** *.
Il primo chiamato venne subito avanti, e nello stesso
tempo, usci di mezzo alla folla un: io? strascicato,
con un' intonazione di maraviglia.
Non lei il signor curato di * * * ? riprese il cap
pellano.
Per l'appunto; ma
Sua signoria illustrissima e reverendissima vuol lei.
Me? disse ancora quella voce, significando chiara
mente in quel monosillabo : come ci posso entrar io ? Ma
questa volta, insieme con la voce, venne fuori l" uomo, don
Abbondio in persona, con un passo forzato, e con un viso
tra l' attonito e il disgustato. Il cappellano gli fece un cenno
con la mano , che voleva dire : a noi ; andiamo ; ci vuol
tanto? E precedendo i due curati, and all'uscio, l'apri,
e gl' introdusse.
Il cardinale lasci andar la mano dell' innominato, col
quale intanto aveva concertato quello che dovevan fare; si
discost un poco, e chiam con un cenno il curato della
chiesa. Gli disse in succinto di che si trattava; e se saprebbe
trovar subito una buona donna che volesse andare in una
CAPITOLO XXIII. 365
lettiga al castello, a prender Lucia : una donna di cuore e
di testa, da sapersi ben governare in una spedizione cos
nuova, e usar le maniere pi a proposito, trovar le parole
pi adattate, a rincorare, a tranquillizzare quella poverina,
a cui, dopo tante angosce, e in tanto turbamento, la libe
razione stessa poteva metter nell' animo una nuova confu
sione. Pensato un momento, il curato disse cbe aveva la
persona a proposito, e usc. Il cardinale chiam con un
altro cenno il cappellano, al quale ordin che facesse pre
parare subito la lettiga e i lettighieri, e sellare due mule.
Uscito anche il cappellano, si volt a don Abbondio.
Questo, che gi gli era vicino, per tenersi lontano da
quell'altro signore, e che intanto dava un' occhiatina di
sotto in su ora all' uno ora all' altro, seguitando a alma
naccar tra s che cosa mai potesse essere tutto quel rigirio,
s' accost di pi, fece una riverenza, e disse : m' hanno
.significato che vossignoria illustrissima mi voleva me; ma
io eredo che abbiano sbagliato.
Non hanno sbagliato, rispose Federigo: ho una
buona nuova da darvi, e un consolante, un soavissimo inca
rico. Una vostra parrocchiana, che avrete pianta per ismar-
rita, Lucia Mondella, ritrovata, qui vicino, in casa di
questo mio caro amico ; e voi anderete ora con lui, e con
una donna che il signor curato di qui andato a cercare,
anderete, dico, a prendere quella vostra creatura, e l' ac
compagnerete qui.
Don Abbondio fece di tutto per nascondere la noia, che
dico ? l' affanno e l' amaritudine che gli dava una tale pro
posta, o comando che fosse; e non essendo pi a tempo a
sciogliere e a scomporre un versaccio gi formato sulla sua
faccia, lo nascose, chinando profondamente la testa, in segno
d' ubbidienza. E non l' alz che per fare un altro profondo
inchino all'innominato, con un' occhiata pietosa che di
ceva : sono nelle vostre mani : abbiate misericordia : par
s-ere subjectis.
Gli domand poi il cardinale, che parenti avesse Lucia.
Di stretti, e con cui viva, o vivesse, non ha che la
madre, rispose don Abbondio.
366 I PROMESSI SPOSI
E questa si trova al suo paese?
Monsignor, s.
Giacch, riprese Federigo, quella povera giovine
non potr esser cosi presto restituita a casa sua, le sar
una gran consolazione di veder subito la madre : quindi, se
il signor curato di qui non torna prima ch' io vada in chiesa,
fatemi voi il piacere di dirgli che trovi un baroecio o una
cavalcatura; e spedisca un uomo di giudizio a cercar quella
donna, per condurla qui.
E se andassi io? disse don Abbondio.
No, no, voi: v'ho gi pregato d'altro, rispose il
cardinale.
Dicevo, replic don Abbondio, per disporre quella
povera madre. una donna molto sensitiva ; e ci vuole uno
che la conosca, e la sappia prendere per il suo verso, per
non farle male in vece di bene.
E per questo, vi prego d' avvertire il signor curato che
scelga un uomo di proposito : voi siete molto pi necessario
altrove, * rispose il cardinale. E avrebbe voluto dire : quella
povera giovine ha molto pi bisogno di veder subito una
faccia conosciuta, una persona sicura, in quel castello, dopo
tant' ore di spasimo, e in una terribile oscurit dell' avve
nire. Ma questa non era ragione da dirsi cos chiaramente
davanti a quel terzo. Parve per strano al cardinale che
don Abbondio non l' avesse intesa per aria, anzi pensata da
s; e cos fuor di luogo gli parve la proposta e l' insistenza,
che pens doverci esser sotto qualche cosa. Lo guard in
viso, e vi scopr facilmente la paura di viaggiare con quel-
Y uomo tremendo, d' andare in quella casa, anche per pochi
momenti. Volendo quindi dissipare affatto queir ombre co
darde, e non piacendogli di tirare in disparte il curato e di
bisbigliar con lui in segreto, mentre il suo nuovo amico era
l in terzo, pens che il mezzo pi opportuno era di far ci
che avrebbe fatto anche senza questo motivo, parlare al
l' innominato medesimo; e dalle sue risposte don Abbondio
intenderebbe finalmente che quello non era pi uomo da
averne paura. S'avvicin dunque all'innominato, e con
quell'aria di spontanea confidenza, che si trova in una nuova
CAPITOLO XXIII. 367
e potente affezione, come in un' antica intrinsichezza, non
crediate, gli disse, ch' io mi contenti di questa visita per
oggi. Voi tornerete, n' vero ? in compagnia di questo ec
clesiastico dabbene?
S'io torner? rispose V innominato: quando voi mi
rifiutaste, rimarrei ostinato alla vostra porta, come il po
vero. Ho bisogno di parlarvi! ho bisogno di sentirvi, di
vedervi! ho bisogno di voi!
Federigo gli prese la mano, gliela strinse, e disse : fa
vorirete dunque di restare a desinare con noi. V aspetto.
Intanto, io vo a pregare, e a render grazie col popolo; e-
voi a cogliere i primi frutti della misericordia.
Don Abbondio, a quelle dimostrazioni, stava come un
ragazzo pauroso, che veda uno accarezzar con sicurezza un
suo cagnaccio grosso, rabbuffato, con gli occhi rossi, con
un nomaccio famoso per morsi e per ispaventi, e senta dire
al padrone che il suo cane un buon bestione, quieto, quieto :.
guarda il padrone, e non contraddice n approva; guarda
il cane, e non ardisce accostarglisi, per timore che il buon
Ustione non gli mostri i denti, fosse anche per fargli le
teste; non ardisce allontanarsi, per non farsi scorgere; e
dice in cuor suo: oh se fossi a casa mia!
Al cardinale, che s' era mosso per uscire, tenendo sempre
per la mano e conducendo seco l' innominato, diede di nuovo
nell' occhio il pover' uomo, che rimaneva indietro, mortifi
cato, malcontento, facendo il muso senza volerlo. E pensando
che forse quel dispiacere gli potesse anche venire dal pa
rergli d' esser trascurato, e come lasciato in un canto, tanto
pi in paragone d' un facinoroso cos ben accolto, cos ac
carezzato, se gli volt nel passare, si ferm un momento, e
con un sorriso amorevole, gli disse : signor curato, voi
siete sempre con me nella casa del nostro buon Padre ; ma
questo .... questo penerai, et inventus est.
Oh quanto me ne rallegro ! disse don Abbondio, fa
cendo una gran riverenza a tutt' e due in comune.
L'arcivescovo and avanti, spinse l'uscio, che fu subito
spalancato di fuori da due servitori, che stavano uno di qua
e uno di l: e la mirabile coppia apparve agli sguardi
308 I PROMESSI SPOSI
bramosi del clero raccolto nella stanza. Si videro que' due
volti sui quali era dipinta una commozione diversa, ma
ugualmente profonda; una tenerezza riconoscente, un'umile
gioia nell'aspetto venerabile di Federigo ; in quello dell' in
nominato, una confusione temperata di conforto, un nuovo
pudore, una compunzione, dalla quale per traspariva tut
tavia il vigore di quella selvaggia e risentita natura. E si
seppe poi, che a pi d' uno de' riguardanti era allora venuto
in mente quel detto d' Isaia : il lupo e l' agnello andranno
ad un pascolo ; il leone e il bue mangeranno insieme lo
strame. Dietro veniva don Abbondio, a cui nessuno bad.
Quando furono nel mezzo della stanza, entr dall' altra
parte l'aiutante di camera del cardinale, e gli s1 accost, per
dirgli che aveva eseguiti gli ordini comunicatigli dal cap
pellano ; che la lettiga e le due mule eran preparate, e s' a-
spettava soltanto la donna che il curato avrebbe condotta.
Il cardinale gli disse che, appena arrivato questo, lo facesse
parlar subito con don Abbondio : e tutto poi fosse agli or
dini di questo e dell' innominato ; al quale strinse di nuovo
la mano, in atto di commiato, dicendo : v' aspetto. Si
volt a salutar don Abbondio, e s'avvi dalla parte che
conduceva alla chiesa. Il clero gli and dietro, tra in folla
e in processione: i due compagni di viaggio rimasero soli
nella stanza.
Stava l' innominato tutto raccolto in s, pensieroso, im
paziente che venisse il momento d' andare a levar di pene
e di carcere la sua Lucia : sua ora in un senso cos diverso
da quello che lo fosse il giorno avanti : e il suo viso espri
meva un' agitazione concentrata, che all' occhio ombroso di
,don Abbondio poteva facilmente parere qualcosa di peggio.
Lo sogguardava, avrebbe voluto attaccare un discorso
amichevole ; ma, cosa devo dirgli ? pensava : devo
dirgli ancora: mi rallegro? Mi rallegra di che? che essendo
stato finora un demonio, vi siate finalmente risoluto di di
ventare un galantuomo come gli altri ? Bel complimento !
Eh ch eh ! in qualunque maniera io le rigiri, le congratu
lazioni non vorrebbero dir altro che questo. E se sar poi
vero che sia diventato galantuomo: cos a un tratto! Delle
CAPITOLO XXIII. 309
dimostrazioni se ne fanno tante a questo mondo, e per tante
cagioni ! Che so io, alle volte ? E intanto mi tocca a andar
.con lui l in quel castello ! Oh che storia ! che storia t che sto
ria ! Chi me l' avesse detto stamattina t Ah, se posso uscirne
a salv amento, m' ha da sentire la signora Perpetua, d' avermi
cacciato qui per forza, quando non c'era necessit, fuor della
mia pieve : e che tutti i parrochi d' intorno accorrevano,
anche pi da lontano ; e che non bisognava stare indietro ;
e che questo, e che quest' altro; e imbarcarmi in un affare
di questa sorte ! Oh povero me t Eppure qualcosa bisogner
,dirgli a costui. E pensa e ripensa, aveva trovato che gli
avrebbe potuto dire : non mi sarei mai aspettato questa for
tuna d' incontrarmi in una cos rispettabile compagnia ; e
stava per aprir bocca, quando entr Y aiutante di camera,
col curato del paese, il quale annunzi che la donna era
pronta nella lettiga; e poi si volt a don Abbondio, per ri
cevere da lui l' altra commissione del cardinale. Don Ab
bondio se ne sbrig come pot, in quella confusione di
mente ; e accostatosi poi all' aiutante, gli disse : mi dia
almeno una bestia quieta ; perch, dico la verit, sono un
povero cavalcatore.
Si figuri, rispose l' aiutante, con un mezzo sogghigno :
, la mula del segretario, che un letterato.
Basta replic don Abbondio, e continu pen
sando: il cielo me la mandi buona.
Il signore s' era incamminato di corsa, al primo avviso :
arrivato all' uscio, s' accorse di don Abbondio, ch' era rima
sto indietro. Si ferm ail aspettarlo; e quando questo arriv
frettoloso, in aria di chieder perdono, l' inchin, e lo fece
passare avanti, con un atto cortese e umile : cosa che rac
comod alquanto lo stomaco al povero tribolato. Ma appena
messo piede nel cortiletto, vide un' altra novit che gli gua
st quella poca consolazione ; vide l' innominato andar verso
un canto, prender per la canna, con una mano, la sua ca
rabina, poi per la cigna con l' altra, e, con un movimento
spedito, come se facesse l'esercizio, mettersela ad armacollo.
Ohi ! ohi t ohi ! pens don Abbondio : cosa vuol
farne di quell' ordigno, costui ? Bel cilizio, bella disciplina
/ Promessi Sposi. 24
370 I . PROMESSI SPOSI
da convertito ! E se gli salta qualche grillo ? Oh che spe
dizione! oh che spedizione!
Se quel signore avesse potuto appena sospettare che
razza di pensieri passavano per la testa al suo compagno,
non si pu dire cosa avrebbe fatto per rassicurarlo ; ma era
lontano le mille miglia da un tal sospetto; e don Abbondio
stava attento a non far nessun atto che significasse chiara
mente: non mi fido di vossignoria. Arrivati all'uscio di
strada, trovarono le due cavalcature in ordine : l' innomi
nato salt su quella che gli fu presentata da un palafreniere.
Vizi non ne ha? disse all' aiutante di camera don Ab
bondio, rimettendo in terra il piede, che aveva gi alzato
verso la staffa.
Vada pur su di buon animo: un agnello. Don Ab-,
bondio, arrampicandosi alla sella, sorretto dall'aiutante,
su, su, su, a cavallo.
. La lettiga, ch' era innanzi qualche passo, portata da due
mule, si mosse, a una voce del lettighiero; e la comitiva parti.
Si doveva passar davanti alla chiesa piena zeppa di po
polo, per una piazzetta piena anch' essa d' altro popolo del
paese e forestieri, che non avevan potuto entrare in quella.
Gi la gran nuova era corsa ; e all' apparir della comitiva,
all' apparir di queil' uomo, oggetto ancor poche ore prima
di terrore e d' esecrazione', ora di lieta maraviglia, s' alz-
nella folla un mormorio quasi d'applauso; e facendo largo,
si faceva insieme alle spinte, per vederlo da vicino. La let
tiga pass, l' innominato pass ; e davanti alla porta spa
lancata della chiesa, si lev il cappello, e chin quella fronte
tanto temuta, fin sulla criniera della mula, tra il susurro
di cento voci che dicevano : Dio la benedica ! Don Abbondio
si lev anche lui il cappello, si chin, si raccomand al cielo ;
ma sentendo il concerto solenne de' suoi confratelli che
cantavano a distesa, prov un'invidia, una mesta tenerezza,
un accoramento tale, che dur fatica a tener le lacrime.
Fuori poi dell' abitato, nell' aperta campagna, negli an
dirivieni talvolta affatto deserti della strada, un velo pi
nero si stese sui suoi pensieri. Altro oggetto non aveva su
cui riposar con fiducia lo sguardo, che il lettighiero, il
CAPITOLO XXIII. 371
quale, essendo al servizio del cardinale, doveva essere cer
tamente un uomo dabbene, e insieme non aveva aria d' im
belle. Ogni tanto, comparivano viandanti, anche a comitive,
che accorrevano per vedere il cardinale ; ed era un ristoro
per don Abbondio; ma passeggiero, ma s'andava verso
quella valle tremenda, dove non s' incontrerebbe che sud
diti dell'amico: e che sudditi! Con l'amico avrebbe de
siderato ora pi che mai d' entrare in discorso, tanto per
tastarlo sempre pi, come per tenerlo in buona ; ma ve
dendolo cos soprappensiero, gliene passava la voglia.
Dovette dunque parlar con s stesso ; ed ecco una parte
di ci che il pover' uomo si disse in quel tragitto : ch, a
scriver tutto, ci sarebbe da farne un libro.
un gran dire che tanto i santi come i birboni gli
abbiano a aver l' argento vivo addosso, e non si contentino
d' esser sempre in moto loro, ma voglian tirare in ballo,
se potessero, tutto il genere umano ; e che i pi faccendoni
mi devan proprio venire a cercar me, che non cerco nes
suno , e tirarmi per i capelli ne' loro affari : io che non
chiedo altro che d' esser lasciato vivere ! Quel matto bir
bone di don Rodrigo ! Cosa gli mancherebbe per esser
l' uomo il pi felice di questo mondo, se avesse appena un
pochino di giudizio ? Lui ricco, lui giovine, lui rispettato,
lui corteggiato: gli d noia il bene stare; e bisogna che
vada accattando guai per s e per gli altri. Potrebbe far
l' arte di Michelaccio ; no, signore : vuol fare il mestiere di
molestar le femmine : il pi pazzo, il pi ladro, il pi ar
rabbiato mestiere di questo mondo; potrebbe andare in
paradiso in carrozza, e vuol andare a casa del diavolo a
pi zoppo. E costui ! E qui lo guardava , come se
avesse sospetto che quel costui sentisse i suoi pensieri,
costui, dopo aver messo sottosopra il mondo con le scelle
ratezze, ora lo mette sottosopra con la conversione .... se
sar vero. Intanto tocca a me a farne l' esperienza ! . . . .
Anita: quando son nati con quella smania in corpoybisogna
che faccian sempre fracasso. Ci vuol tanto a fare il galan
tuomo tutta la vita, com'ho fatt'io? No, signore: si deve
squartare, ammazzare, fare il diavolo .... oh povero me ! . . .
372 I PROMESSI SPOSI
e poi uno scompiglio, anche per far penitenza. La penitenza,
quando s' ha buona volont, si pu farla a casa sua, quie
tamente, senza tant' apparato, senza dar tant' incomodo al
prossimo. E sua signoria illustrissima, subito subito, a brac
cia aperte, caro amico, amico caro; stare a tutto quel che
gli dice costui, come se l' avesse visto far miracoli ; e pren
dere addirittura una risoluzione, mettercisi dentro con le
mani e co' piedi, presto di qua, presto di l : a casa mia si
chiama precipitazione. E senza avere una minima caparra,
dargli in mano un povero curato ! questo si chiama giocare
un uomo a pari e caffo. Un vescovo santo, com' lui, depu
rati dovrebbe esserne geloso, come della pupilla degli occhi
suoi. Un pochino di flemma, un pochino di prudenza, un
pochino di carit, mi pare che possa stare anche con la san
tit E se fosse tutto un'apparenza? Chi pu conoscer
tutti i fini degli uomini? e dico degli uomini come costui!
A pensare che mi tocca a andar con lui, a casa sua ! Ci pu
esser sotto qualche diavolo : oh povero me ! meglio non
oi pensare. Che imbroglio questo di Lucia ? Che ci fosse
un' intesa con don Rodrigo? che gente ! ma almeno la cosa
sarebbe chiara. Ma come l' ha avuta nell' unghie costui?
Chi lo sa? tutto un segreto con monsignore: e a me che
mi fanno trottare in questa maniera, non si dice nulla. Io
non mi curo di sapere i fatti degli altri ; ma quando uno ci
ha a metter la pelle, ha anche ragione di sapere. Se fosse
proprio per andare a prendere quella povera creatura, pa
zienza ! Bench, poteva ben condurla con s addirittura. E
poi, se cos convertito, se diventato un santo padre, che
bisogno c'era di me? Oh che caos! Basta; voglia il cielo
clie la sia cos : sar stato un incomodo grosso, ma pazienza I
Sar contento anche per quella povera Lucia: anche lei
deve averla scampata grossa; sa il cielo cos'ha patito: la
compatisco; ma nata per la mia rovina Almeno po
tessi vedergli proprio in cuore a costui, come la pensa. Chi
lo pu conoscere ? Ecco l, ora pare sant' Antonio nel de
serto ; ora pare Oloferne in persona. Oh povero me ! po
vero me ! Basta : il cielo in obbligo d' aiutarmi, perch
non mi ci son messo io di mio capriccio.
CAPITOLO XXIII. 373
Infatti, sul volto dell' innominato si vedevano, per dir
cos, passare i pensieri, come, in un'ora burrascosa, le
nuvole trascorrono dinanzi alla faccia del sole, alternando
ogni momento una luce arrabbiata e un freddo buio. V ani
mo, ancor tutto inebriato dalle soavi parole di Federigo, e
come rifatto e ringiovanito nella nuova vita , s' elevava a
queil' idee di misericordia, di perdono e d' amore ; poi rica
deva sotto il peso del terribile passato. Correva con ansiet
a cercare quali fossero le iniquit riparabili, cosa si potesse
troncare a mezzo, quali i rimedi pi espedienti e pi sicuri,
come scioglier tanti nodi, che fare di tanti complici : era uno
sbalordimento a pensarci. A quella stessa spedizione, ch'era
la pi facile e cos vicina al termine, andava con un' impa
zienza mista d' angoscia, pensando che intanto quella crea
tura pativa, Dio sa quanto, e che lui, il quale pure si strug
geva di liberarla, era lui che la teneva intanto a patire.
Dove c' eran due strade, il lettighiero si voltava, per saper
quale dovesse prendere : l' innominato gliel' indicava con la
mano, e insieme accennava di far presto.
Entrano nella valle. Come stava allora il povero don
Abbondio t Quella valle famosa, della quale aveva sentito
raccontar tante storie orribili, esserci dentro: que' famosi
uomini, il fiore della braveria d' Italia, quegli uomini senza
paura e senza misericordia, vederli in carne e in ossa, in
contrarne uno o due o tre a ogni voltata di strada. Si china-
Tano sommessamente al signore ; ma certi visi abbronzati !
certi baffi irti ! certi occhiacci, che a don Abbondio pareva
che volessero dire : fargli la festa a quel prete ? A segno che,
in un punto di somma costernazione, gli venne detto tra s:
gli avessi maritati ! non mi poteva accader di peggio.
Intanto s' andava avanti per un sentiero sassoso, lungo il
torrente: al di l quel prospetto di balze aspre, scure, disa
bitate ; al di qua quella popolazione da far parer desidera
bile ogni deserto : Dante non istava peggio nel mezzo di
Malebolge.
Passan davanti la Malanotte ; bravacci sull' uscio , in
chini al signore, occhiate al suo compagno e alla lettiga.
Coloro non sapevan cosa si pensare : gi la partenza
374 I PROMESSI SPOSI
dell' innominato solo, la mattina, aveva dello straordina
rio ; il ritorno non lo era meno. Era una preda che con
duceva? E come l' aveva fatta da s? E come una lettiga
forestiera? E di chi poteva esser quella livrea? Guarda
vano, guardavano, ma nessuno si moveva , perch questo
era i' ordine che il padrone dava loro con dell' occhiate.
Fanno la salita, sono in cima. I bravi che si trovan sulla
spianata e sulla porta, si ritirano di qua e di l, per lasciare
il passo libero : l' innominato fa segno che non si movan di
pi; sprona, e passa davanti alla lettiga; accenna al letti-
ghiero e a don Abbondio che lo seguano ; entra in un primo
cortile, da quello in un secondo; va verso un usciolino,
fa stare indietro con un gesto un bravo che accorreva per
tenergli la staffa, e gli dice : tu sta cost, e non venga
nessuno. Smonta, lega in fretta la mula a un' inferriata,
va alla lettiga, s' accosta alla donna, che aveva tirata la
tendina, e le dice sotto voce : consolatela subito ; fatele
subito capire che libera, in mano d'amici. Dio ve ne ren
der merito. Poi fa cenno al lettighiero, che apra ; poi
s' avvicina a don Abbondio, e, con un sembiante cos sereno
come questo non gliel aveva ancor visto, n credeva che
lo potesse avere, con dipintavi la gioia dell' opera buona
die finalmente stava per compire, gli dice, ancora sotto
voce : signor curato, non le chiedo scusa dell' incomodo
che ha per cagion mia : lei lo fa per Uno che paga bene,
e per questa sua poverina. Ci detto, prende con una
mano il morso, con V altra la staffa , per aiutar don Ab
bondio a scendere.
Quel volto, quelle parole, queir atto, gli avevan dato la
vita. Mise un sospiro, che da un' ora gli s' aggirava dentro,
senza mai trovar l' uscita ; si chin verso l' innominato, ri
spose a voce bassa bassa : le pare ? Ma, ma, ma, ma,
e sdrucciol alla meglio dalla sua cavalcatura. L' innomi
nato leg anche quella, e detto al lettighiero che stesse l a
aspettare, si lev una chiave di tasca, apr l' uscio, entr,
fece entrare il curato e la donna, s' avvi davanti a loro
.alla scaletta : e tutt' e tre salirono in silenzio.
3-;r>

CAPITOLO XXIV.

Lucia s'era risentita da poco tempo; e di quel tempo


una parte aveva penato a svegliarsi affatto, a separar le
torbide visioni del sonno dalle memorie e dall' immagini di
quella realt troppo somigliante a una funesta visione d' in
fermo. La vecchia le si era subito avvicinata, e, con quella
voce forzatamente umile, le aveva detto: ah ! avete dor
mito ? Avreste potuto dormire in letto : ve l' ho pur detto
tante volte ier sera. E non ricevendo risposta, aveva
continuato, sempre con un tono di supplicazione stizzosa:
mangiate una volta: abbiate giudizio. Uh come siete
brutta ! Avete bisogno di mangiare. E poi se, quando torna,
la piglia con me?
No, no ; voglio andar via, voglio andar da mia madre.
Il padrone me l'ha promesso, ha detto: domattina. Dov'
il padrone ?
uscito; m'ha detto che torner presto, e che far
"tutto quel che volete.
Ha detto cos ? ha detto cos ? Ebbene ; io voglio andar
<la mia madre; subito, subito.
Ed ecco si sente un calpestio nella stanza vicina ; poi un
picchio all'uscio. La vecchia accorre, domanda: chi ?
Apri, risponde sommessamente la nota voce. La vec
chia tira il paletto; l' innominato, spingendo leggermente i
battenti, fa un po' di spiraglio : ordina alla vecchia di venir
fuori, fa entrar subito don Abbondio con la buona donna.
Socchiude poi di nuovo l' uscio, si ferma dietro a quello, e
manda la vecchia in una parte lontana del castellacelo ;
come aveva gi mandata via anche l' altra donna che stava
fuori, di guardia.
Tutto questo movimento, quel punto d'aspetto, il primo
apparire di persone nuove, cagionarono un soprassalto
d' agitazione a Lucia, alla quale, se lo stato presente era
intollerabile, ogni cambiamento per era motivo di sospetto
e di nuovo spavento. Guard, vide un prete, una donna ; si
rincor alquanto : guarda pi attenta : lui, o non lui ?
376 I PROMESSI SPOSI
Riconosce don Abbondio, e rimane con gli occhi fissi, come-
incantata. La donna, andatale vicino, si chin sopra di lei,,
e, guardandola pietosamente, prendendole le mani, come
per accarezzarla e alzarla a un tempo, le disse : oh po
verina ! venite, venite con noi.
Chi siete? le domand Lucia; ma, senza aspettar
la risposta, si volt ancora a don Abbondio, che s'era
trattenuto discosto due passi, con un viso, anche lui, tutto
compassionevole ; lo fiss di nuovo, e esclam : lei ! lei t
il signor curato? Dove siamo?... Oh povera me! son
fuori di sentimento !
No, no, rispose don Abbondio: son io davvero: fa
tevi coraggio. Vedete ? siam qui per condurvi via. Son pro
prio il vostro curato, venuto qui apposta, a cavallo
Lucia, come riacquistate in un tratto tutte le sue forze,
si rizz precipitosamente ; poi fiss ancora lo sguardo sa
que' due visi, e disse : dunque la Madonna che vi ha
mandati.
Io credo di s, disse la buona donna.
Ma possiamo andar via, possiamo andar via davvero ? ,
riprese Lucia, abbassando la voce, e con uno sguardo
timido e sospettoso. E tutta quella gente...? conti
nu, con le labbra contratte e tremanti di spavento e
d'orrore: e quel signore...! quell'uomo...! Gi, me-
l'aveva promesso
qui anche lui in persona, venuto apposta con noi, i
disse don Abbondio: qui fuori che aspetta. Andiamo
presto; non lo facciamo aspettare, un par suo.
Allora, quello di cui si parlava, spinse l' uscio, e si fece-
vedere; Lucia, che poco prima lo desiderava anzi, non
avendo speranza in altra cosa del mondo, non desiderava
ohe lui, ora, dopo aver veduti visi, e sentite voci amiche,
non pot reprimere un subitaneo ribrezzo; si riscosse,
ritenne il respiro, si strinse alla buona donna, e le na
scose il viso in seno. L' innominato , alla vista di quel-
l' aspetto sul quale gi la sera avanti non aveva potuto
tener fermo lo sguardo, di quell' aspetto reso ora pi squal
lido, sbattuto, affannato dal patire prolungato e dal digiuno,
CAPITOLO XXIV. 377
era rimasto l fermo, quasi sull' uscio; nel veder poi quel
l'atto di terrore, abbass gli occhi, stette ancora un mo
mento immobile e muto; indi rispondendo a ci che la
poverina non aveva detto, vero, esclam : perdo
natemi!
Viene a liberarvi; non pi quello; diventato
buono : sentite che vi chiede perdono ? diceva la buona
donna all' orecchio di Lucia.
Si pu dir di pi? Via, su quella testa; non fate la
bambina; che possiamo andar presto, le diceva don Ab
bondio. Lucia alz la testa, guard l' innominato, e, vedendo
bassa quella fronte, atterrato e confuso quello sguardo,
presa da un misto sentimento di conforto, di riconoscenza
e di piet, disse: oh, il mio signore ! Dio le renda me
rito della sua misericordia !
E a voi, cento volte, il bene che mi fanno codeste
vostre parole.
Cos detto, si volt, and verso l' uscio, e usc il primo.
Lucia, tutta rianimata, con la donna che le dava braccio,
gli and dietro ; don Abbondio in coda. Scesero la scala,
arrivarono all' uscio che metteva nel cortile. L' innominato
lo spalanc, and alla lettiga, apr lo sportello, e, con una
eerta gentilezza quasi timida (due cose nuove in lui) sor
reggendo il braccio di Lucia, l'aiut ad entrarvi, poi la
buona donna. Sleg quindi la mula di don Abbondio, e
l'aiut anche lui a montare.
Oh che degnazione ! disse questo ; e mont molto pi
lesto che non avesse fatto la prima volta. La comitiva si
mosse quando l' innominato fu anche lui a cavallo. La sua
fronte s'era rialzata; lo sguardo aveva ripreso la solita
espressione d'impero. I bravi che incontrava, vedevan
bene sul suo viso i segni d' un forte pensiero, d' una preoc-
supazione straordinaria; ma non capivano, n potevan
capire pi in l. Al castello, non si sapeva ancor nulla
della gran mutazione di queir uomo ; e per congettura ,
certo, nessun di coloro vi sarebbe arrivato.
La buona donna aveva subito tirate le tendine della let
tiga: prese poi affettuosamente le mani di Lucia, s'era
378' I PROMESSI SPOSI
messa a confortarla, con parole di piet, di congratulazione
e di tenerezza. E vedendo come, oltre la fatica di tanto tra
vaglio sofferto, la confusione e l'oscurit degli avvenimenti
impedivano alla poverina di sentir pienamente la conten
tezza della sua liberazione, le disse quanto poteva trovar
di pi atto a distrigare, a ravviare, per dir cos, i suoi
poveri pensieri. Le nomin il paese dove andavano.
S ? disse Lucia, la qual sapeva ch' era poco disco
sto dal suo. Ah Madonna santissima, vi ringrazio ! Mia
madre! mia madre !
La manderemo a cercar subito, disse la buona
donna, la quale non sapeva che la cosa era gi fatta.
S, s; che Dio ve ne renda merito E voi, chi
siete ? Come siete venuta
M' ha mandata il nostro curato, disse la buona donna :
perch questo signore, Dio gli ha toccato il cuore (sia
benedetto ! ), ed venuto al nostro paese, per parlare al
signor cardinale arcivescovo (che l'abbiamo l in visita,
quel sant' uomo), e s' pentito de' suoi peccatucci, e vuol
mutar vita; e ha detto al cardinale che aveva fatta ru
bare una povera innocente, che siete voi, d' intesa con un
altro senza timor di Dio , che il curato non m' ha detto
chi possa essere.
Lucia alz gli occhi al cielo.
Lo saprete forse voi, continu la buona donna : ba
sta; dunque il signor cardinale Impensato che, trattandosi
d' una giovine, ci voleva una donna per venire in compa
gnia, e ha detto al curato che ne cercasse una-; e il curato,
per sua bont, venuto da me
Oh! il Signore vi ricompensi della vostra carit!
Che dite mai, la mia povera giovine? E m'ha detto
il signor curato, che vi facessi coraggio, e cercassi di sol
levarvi subito, e farvi intendere come il Signore v' ha sal
vata miracolosamente
Ah s ! proprio miracolosamente ; per intercession della
Madonna.
Dunque, che stiate di buon animo, e perdonare a chi
v'ha fatto del male, e esser contenta che Dio gli abbia
CAPITOLO XXIV. 379
usata misericordia, anzi pregare per lui; ch,. oltre al
l'acquistarne merito, vi sentirete anche allargare il cuore.
Lucia rispose con uno sguardo che diceva di si, tanto
chiaro come avrebbero potuto far le parole, e con una
dolcezza che le parole non avrebbero saputa esprimere.
Brava giovine ! riprese la donna : e trovandosi al
nostro paese anche il vostro curato (che ce n' tanti tanti,
di tutto il contorno, da mettere insieme quattro uflzi gene
rali), ha pensato il signor cardinale di mandarlo anche lui
in compagnia; ma stato di poco aiuto. Gi l'avevo sen
tito dire ch' era un uomo da poco ; ma in quest' occasione,
ho dovuto proprio vedere che pi impicciato che un pul-
cin nella stoppa.
E questo domand Lucia, questo che diven
tato buono chi ?
Come1 non lo sapete? disse la buona donna, e lo
nomin.
Oh misericordia ! esclam Lucia. Quel nome, quante
volte l' aveva sentito ripetere con orrore in pi d' una sto
ria, in cui figurava sempre come in altre storie quello del
l' orco ! E ora, al pensiero d' essere stata nel suo terribil
potere, e d' essere sotto la sua guardia pietosa; al pensiero
d' una cos orrenda sciagura, e d' una cos improvvisa re
denzione ; a considerare di chi era quel viso che aveva ve
duto burbero, poi commosso, poi umiliato, rimaneva come
estatica, dicendo solo, ogni poco: oh misericordia!
una gran misericordia davvero ! diceva la buona
donna : dev' essere un gran sollievo per mezzo mondo. A
pensare quanta gente teneva sottosopra; e ora, come m'ha
detto il nostro curato e poi, solo a guardarlo in viso,
diventato un santo! E poi si vedon subito le opere.
Dire che questa buona donna non provasse molta curio
sit di conoscere un po' pi distintamente la grande avven
tura nella quale si trovava a fare una parte, non sarebbe la
verit. Ma bisogna dire a sua gloria che, compresa d' una
piet rispettosa per Lucia, sentendo in certo modo la gra
vit e la dignit dell' incarico che le era stato affidato, non
pens neppure a farle una domanda indiscreta, n oziosa :
380 I PROMESSI 9POSI
tutte le sue parole, in quel tragitto, furono di conforto e
di premura per la povera giovine.
Dio sa quant' che non avete mangiato !
Non me ne ricordo pi Da un pezzo.
Poverina! avrete bisogno di ristorarvi.
S, rispose Lucia con voce fioca.
A casa mia, grazie a Dio, troveremo subito qualcosa.
Fatevi coraggio, che ormai c' poco.
Lucia si lasciava poi cader languida sul fondo della let
tiga, come assopita ; e allora la buona donna la lasciava
in riposo.
Per don Abbondio questo ritorno non era certo cos an
goscioso come l' andata di poco prima ; ma non fu neppur
esso un viaggio di piacere. Al cessar di quella pauraccia,
s' era da principio sentito tutto scarico, ma ben presto co
minciarono a spuntargli in cuore ce'nt' altri dispiaceri ; come,
quand' stato sbarbato un grand' albero, il terreno rimane
sgombro per qualche tempo, ma poi si copre tutto d'erbacce.
Era diventato pi sensibile a tutto il resto; e tanto nel
presente, quanto nei pensieri dell' avvenire, non gli man
cava pur troppo materia di tormentarsi. Sentiva ora, molto
pi che nell' andare, l' incomodo di quel modo di viaggiare,
al quale non era molto avvezzo; e specialmente sul princi
pio, nella scesa dal castello al fondo delle valle. Il lettighiero,
stimolato da' cenni dell' innominato, faceva andar di buon
passo le sue bestie ; le due cavalcature andavan dietro die
tro, con lo stesso passo ; onde seguiva che, a certi luoghi
pi ripidi, il povero don Abbondio, come se fosse messo a
leva per di dietro, tracollava sul davanti, e, per reggersi,
doveva appuntellarsi con la mano all' arcione ; e non osava
per pregare che s' andasse pi adagio, e dall' altra parte
avrebbe voluto esser fuori di quel paese pi presto che fosse
possibile. Oltre di ci, dove la strada era sur un rialto, sur
un ciglione, la mula, secondo l' uso de' pari suoi, pareva che
facesse per dispetto a tener sempre dalla parte di fuori, e a
metter proprio le zampe sull' orlo; e don Abbondio vedeva
sotto di s, quasi a perpendicolo, un salto, o come pensava
lui, un precipizio. Anche tu, diceva tra s alla
CAPITOLO XXIV. 381
bestia, hai quel maledetto gusto d' andare a cercare i
pericoli, quando c' tanto sentiero ! E tirava la briglia
dall' altra parte ; ma inutilmente. Sicch, al solito, roden
dosi di stizza e di paura, si lasciava condurre a piacere
altrui. I bravi non gli facevan pi tanto spavento, ora che
sapeva pi di certo come la pensava il padrone. Ma,
rifletteva per, se la notizia di questa gran conversione
si sparge qua dentro, intanto che ci siamo ancora, chi sa
come l' intenderanno costoro ! Chi sa cosa nasce ! Che
s'andassero a immaginare che sia venuto io a fare il
missionario! Povero me! mi martirizzano! Il cipiglio
dell' innominato non gli dava fastidio. Per tenere a segno
quelle facce l, pensava, non ci vuol meno di questa
qui; lo capisco anch'io; ma perch deve toccare a me a
trovarmi tra tutti costoro!
Basta ; s' arriv in fondo alla scesa, e s' usc finalmente
anche dalla valle. La fronte dell' innominato s' and spia
nando. Anche don Abbondio prese una faccia pi naturale,
sprigion alquanto la testa di tra le spalle, sgranch le
braccia e le gambe, si mise a stare un po' pi sulla vita,
che faceva un tutt' altro vedere, mand pi larghi respiri,
e. con animo pi riposato, si mise a considerare altri lontani
pericoli. Cosa dir quel bestione di don Rodrigo? Rima
ner con tanto di naso a questo modo, col danno e con le
beffe, figuriamoci se la gli deve parere amara. Ora quando
fa il diavolo davvero. Sta a vedere che se la piglia anche
con me, perch mi son trovato dentro in questa cerimonia.
Se ha avuto cuore fin d' allora di mandare que' due demni
a farmi una figura di quella sorte sulla strada, ora poi, chi
sa cosa far ! Con sua signoria illustrissima non la pu pren
dere, che un pezzo molto pi grosso di lui; l bisogner
rodere il freno. Intanto il veleno l' avr in corpo, e sopra
qualcheduno lo vorr sfogare. Come finiscono queste faccen
de? I colpi cascano sempre all' ingi; i cenci vanno all'aria.
Lucia, di ragione, sua signoria illustrissima penser a met
terla in salvo: quell'altro poveraccio mal capitato fuor
del tiro, e ha gi avuto la sua: ecco che il cencio son di
ventato io. La sarebbe barbara, dopo tant' incomodi, dopo
382 I PROMESSI SPOSI
tante agitazioni, e senza acquistarne merito, che ne dovessi
portar la pena io. Cosa far ora sua signora illustrissima
per difendermi, dopo avermi messo in ballo ? Mi pu star
mallevadore lui che quel dannato non mi faccia un' azione
peggio della prima? E poi, ha tanti affari per la testa!
mette mano a tante cose ! come si pu badare a tutto ?
Lascian poi alle volte le cose pi imbrogliate di prima.
Quelli che fanno il bene, lo fanno all'ingrosso : quand'hanno
provato quella soddisfazione, n' hanno abbastanza, e non
si voglion seccare a star dietro a tutte le conseguenze;
ma coloro che hanno quel gusto di fare il male, ci mettono
pi diligenza, ci stanno dietro Ano alla fine, non prendon
mai requie, perch hanno quel canchero che li rode. Devo
andar io a dire che son venuto qui per comando espresso
di sua signoria illustrissima, e non di mia volont ? Par
rebbe che volessi tenere dalla parte dell' iniquit. Oh santo
cielo ! Dalla parte dell' iniquit io t Per gli spassi che la
mi d ! Basta ; il meglio sar raccontare a Perpetua la
cosa com' ; e lascia poi fare a Perpetua a mandarla in
giro. Purch a monsignore non venga il grillo di far qual
che pubblicit, qualche scena inutile, e mettermici dentro
anche me. A buon conto, appena siamo arrivati, se uscito
di chiesa, vado a riverirlo in fretta in fretta: se no, lascio
le mie scuse, e me ne vo diritto diritto a casa mia. Lucia
bene appoggiata; di me non ce n' pi bisogno; e dopo
tant' incomodi, posso pretendere anch' io d' andarmi a ri
posare. E poi che non venisse anche curiosit a mon
signore di saper tutta la storia , e mi toccasse a rendei'
conto dell'affare del matrimonio! Non ci mancherebbe
altro. E se viene in visita anche alla mia parrocchia ! . . . .
Oh ! sar quel che sar ; non vo' confondermi prima del
tempo : n' ho abbastanza de' guai. Per ora vo a chiudermi
in casa. Fin che monsignore si trova da queste parti, don
Rodrigo non avr faccia di far pazzie. E poi E poi?
Ah ! vedo che i miei ultimi anni- ho da passarli male !
La comitiva arriv che le funzioni di chiesa non erano
ancor terminate; pass per mezzo alla folla medesima non
meno commossa della prima volta ; e poi si divise. I due a
CAPITOLO XXIV. 383
cavallo voltarono sur una piazzetta di fianco, in fondo a
cui era la casa del parroco ; la lettiga and avanti verso
quella della buona donna.
Don Abbondio fece quello che aveva pensato: appena
smontato, fece i pi sviscerati complimenti all'innominato,
e lo preg di volerlo scusar con monsignore ; ch lui doveva
tornare alla parrocchia addirittura, per affari urgenti. And
a cercare quel che chiamava il suo cavallo, cio il bastone
che aveva lasciato in un cantuccio del salotto, e s' incam
min. L'innominato stette a aspettare che il cardinale tor
nasse di chiesa.
La buona donna, fatta seder Lucia nel miglior luogo della
sua cucina, s' affaccendava a preparar qualcosa da risto
rarla, ricusando, con una certa rustichezza cordiale, i rin
graziamenti e le scuse che questa rinnovava ogni tanto.
Presto presto, rimettendo stipa sotto un calderotto, dove
notava un buon cappone, fece alzare il bollore al brodo, e
riempitane una scodella gi guarnita di fette di pane, pot
finalmente presentarla a Lucia. E nel vedere la poverina a
riaversi a ogni cucchiaiata, si congratulava ad alta voce con
s stessa che la cosa fosse accaduta in un giorno in cui,
com'essa diceva, non c'era il gatto nel fuoco. Tutti
s' ingegnano oggi a far qualcosina, aggiungeva : meno
que' poveri poveri che stentano a aver pane di vecce e
polenta di saggina; per oggi da un signore cosi carita
tevole sperano di buscar tutti qualcosa. Noi, grazie al
cielo, non siamo in questo caso: tra il mestiere di mio
marito, e qualcosa che abbiamo al sole, si campa. Sicch
mangiate senza pensieri intanto: ch presto il cappone
sar a tiro, e potrete ristorarvi un po' meglio. Cosi
detto, ritorn ad accudire al desinare, e ad apparecchiare.
Lucia, tornatele alquanto le forze, e acquietandosele
sempre pi l' animo , andava intanto assettandosi, per
un' abitudine , per un istinto di pulizia e di verecondia :
rimetteva e fermava le trecce allentate e arruffate, rac
comodava il fazzoletto sul seno, e intorno al collo. In far
questo , le sue dita s' intralciarono nella corona che ci
aveva messa, la notte avanti; lo sguardo vi corse; si
384 I PROMESSI SPOSI
fece nella mente un tumulto istantaneo ; la memoria del
voto, oppressa fino allora e soffogata da tante sensazioni
presenti, vi si suscit d' improvviso, e vi comparve chiara
e distinta. Allora tutte le potenze del suo animo, appena
riavute, furon sopraffatte di nuovo, a un tratto: e se
quell'animo non fosse stato cos preparato da una vita
d'innocenza, di rassegnazione e di fiducia, la costerna
zione che prov in quel momento, sarebbe stata dispera
zione. Dopo un ribollimento di que' pensieri che non ven
gono con parole , le prime che si formarono nella sua
mente furono : oh povera me, cos' ho fatto !
Ma non appena l'ebbe pensate, ne risent come uno
spavento. Le tornarono in mente tutte le circostanze del
voto, l' angoscia intollerabile, il non avere una speranza
di soccorso, il fervore della preghiera, la pienezza del
sentimento con cui la promessa era stata fatta. E dopo
avere ottenuta la grazia, pentirsi della promessa, le parve
un'ingratitudine sacrilega, una perfidia verso Dio e la
Madonna : le parve che una tale infedelt le attirerebbe
nuove e pi terribili sventure, in mezzo alle quali non
potrebbe pi sperare neppur nella preghiera; e s'affrett
di rinnegar quel pentimento momentaneo. Si lev con
divozione la corona dal collo, e tenendola nella mano
tremante, conferm, rinnov il voto, chiedendo nello stesso
tempo, con una supplicazione accorata, che le fosse con
cessa la forza d'adempirlo, che le fossero risparmiati i
pensieri e l'occasioni le quali avrebbero potuto, se non
ismovere il suo animo, agitarlo troppo. La lontananza
di Renzo, senza nessuna probabilit di ritorno, , quella lon
tananza che fin allora le era stata cos amara, le parve
ora una disposizione della Provvidenza, che avesse fatti
andare insieme i due avvenimenti per un fine solo; e si
studiava di trovar nell'uno la ragione d'esser contenta
dell' altro. E dietro a quel pensiero, s' andava figurando
ugualmente che quella Provvidenza medesima, per com
pir l' opera, saprebbe trovar la maniera di far che Renzo
si rassegnasse anche lui, non pensasse -pi Ma una
tale idea, appena trovata, mise sottosopra la mente ch' era
CAPITOLO XXIV. 385
andata a cercarla. La povera Lucia, sentendo che il cuore
era li li per pentirsi, ritorn alla preghiera, alle conferme,
al combattimento, dal quale s' alz, se ci si passa que-
st' espressione, come il vincitore stanco e ferito, di sopra
il nemico abbattuto: non dico ucciso.
Tutt' a un tratto, si sente uno scalpiccio, e un chiasso di
voci allegre. Era la famigliola che tornava di chiesa. r>ue
bambinette e un fanciullo entran saltando , si fermano un
momento a dare un' occhiata curiosa a Lucia, poi corrono
alla mamma, e le s' aggruppano intorno : chi domanda il
nome dell'ospite sconosciuta, e il come e il perch; chi
vuol raccontare le maraviglie vedute : la buona donna ri
sponde a tutto e a tutti con un zitti, zitti. Entra poi,
con un passo pi quieto, ma con una premura cordiale di
pinta in viso, il padrone di casa. Era, se non l' abbiamo
ancor detto, il sarto del villaggio, e de' contorni ; un uomo
che sapeva leggere, che aveva letto in fatti pi d'una volta
il Leggendario de' Santi, il Guerrin Meschino e i Reali di
Francia, e passava, in quelle parti, per un uomo di talento
e di scienza : lode per che rifiutava modestamente, dicendo
soltanto che aveva sbagliato la vocazione ; e che se fosse
andato agli studi, in vece di tant' altri ! Con questo,
la miglior pasta del mondo. Essendosi trovato presente
quando sua moglie era stata pregata dal curato d'intra
prendere quel viaggio caritatevole, non solo ci aveva data
la sua approvazione, ma le avrebbe fatto coraggio, se ce
ne fosse stato bisogno. E ora che la funzione, la pompa,
il concorso, e soprattutto la predica del cardinale avevano,
come si dice, esaltati tutti i suoi buoni sentimenti, tornava
a casa con un' aspettativa, con un desiderio ansioso di sa
pere come la cosa fosse riuscita, e di trovare la povera
innocente salvata.
Guardate un poco, gli disse, al suo entrare, la buona
donna, accennando Lucia; la quale fece il viso rosso, s'alz,
e cominciava a balbettar qualche scusa. Ma lui, avvicina
tosele, l'interruppe facendole una gran festa, e esclamando :
ben venuta, ben venuta ! Siete la benedizione del cielo
in questa casa. Come son contento di vedervi qui t Gi er
I Promessi Sposi. 25
386 I promessi srosi
sicuro che sareste arrivata a buon porto ; perch non ho-
mai trovato che il Signore abbia cominciato un miracolo
senza finirlo bene: ma son contento di vedervi qui. Po
vera giovine ! Ma per una gran cosa d' aver ricevuto
un miracolo! s>
N si creda che fosse lui il solo a qualificar cos quel-
l' avvenimento , perch aveva letto il Leggendario: per
tutto il paese e per tutt' i contorni non se ne parl con
altri termini, fin che ce ne rimase la memoria. E, a dir
la verit, con le frange che vi s'attaccarono, non gli poteva
convenire altro nome.
Accostatosi poi passo passo alla moglie, che staccava il
calderotto dalla catena, le disse sottovoce : andato bene
ogni cosa ?
Benone: ti racconter poi tutto.
S, s; con comodo.
Messo poi subito in tavola, la padrona and a prender
Lucia, ve l' accompagn, la fece sedere ; e staccata un' ala
di quel cappone, gliela mise davanti ; si mise a sedere anche
lei e il marito, facendo tutt' e due coraggio all' ospite ab
battuta e vergognosa, perch mangiasse. Il sarto cominci,
ai primi bocconi, a discorrere con grand' enfasi, in mezzo
all' interruzioni de' ragazzi, che mangiavano intorno alla
tavola, e che in verit avevano viste troppe cose straor
dinarie, per fare alla lunga la sola parte d'ascoltatori.
Descriveva le cerimonie solenni, poi saltava a parlare
della conversione miracolosa. Ma ci che' gli aveva fatto
pi impressione, e su cui tornava pi spesso, era la predica
del cardinale.
A vederlo l davanti all' altare, diceva, un signore
di quella sorte, come un curato
E quella cosa d' oro che aveva in testa .... diceva
una bambinetta.
Sta zitta. A pensare, dico, che un signore di quella sorte,
e un uomo tanto sapiente, che, a quel che dicono, ha letto
tutti i libri che ci sono, cosa a cui non mai arrivato nessun
altro, n anche in Milano ; a pensare che sappia adattarsi
a dir quelle cose in maniera che tutti intendano
CAPITOLO XXIV. . 387
Ho inteso anch'io, disse l'altra chiacchierina.
Sta zitta! cosa vuoi avere inteso, tu?
Ho inteso che spiegava il Vangelo in vece del signor
curato.
Sta zitta. Non dico chi sa qualche cosa; ch allora uno
obbligato a intndere; ma anche i pi duri di testa, i
pi ignoranti, andavan dietro al filo del discorso. Andate
ora a domandar loro se saprebbero ripeter le parole che
diceva: s; non ne ripescherebbero una; mail sentimento
lo hanno qui. E senza mai nominare quel signore, come
si capiva che voleva parlar di lui ! E poi, per capire, sa
rebbe bastato osservare quando aveva le lacrime agli occhi.
E allora tutta la gente a piangere ....
proprio vero, scapp fuori il fanciullo : ma perch
piangevan tutti a quel modo, come bambini?
Sta zitto. E si che c' de' cuori duri in questo paese.
E ha fatto proprio vedere che, bench ci sia la carestia,
bisogna ringraziare il Signore, ed esser contenti : far quel
che si pub, industriarsi, aiutarsi, e poi esser contenti. Per
ch la disgrazia non il patire, e l'esser poveri; la di
sgrazia il far del male. E non son belle parole ; perch
si sa che anche lui vive da pover'uomo, e si leva il pane
di bocca per darlo agli affamati : quando potrebbe far vita
scelta, meglio di chi si sia. Ah! allora un uomo d sod
disfazione a sentirlo discorrere ; non come tant' altri, fate
quello che dico, e non fate quel che fo. E poi ha fatto
proprio vedere che anche coloro che non son signori, se
hanno pi del necessario, sono obbligati di farne parte a
chi patisce.
Qui interruppe il discorso da s, come sorpreso da un
pensiero. Stette un momento; poi mise insieme un piatto
delle vivande ch' eran sulla tavola, e aggiuntovi un pane,
mise il piatto in un tovagliolo, e preso questo per le quat
tro cocche, disse alla sua bambinetta maggiore: piglia
qui. Le diede nell'altra mano un fiaschetto di vino, e
soggiunse: va qui da Maria vedova; lasciale questa
roba, e dille che per stare un po' allegra co' suoi bam
bini. Ma con buona maniera, ve' ; che non paia che tu le
SSrf I PROMESSI SPOSI
faccia l' elemosina. E non dir niente, se incontri qualche-
duno; e guarda di non rompere.
Lucia fece gli occhi rossi, e sent in cuore una tenerezza
ricreatrice ; come gi da' discorsi di prima aveva ricevuto
un sollievo che un discorso fatto apposta non le avrebbe
potuto dare. L'animo attirato da quelle descrizioni, da
quelle fantasie di pompa, da quelle commozioni di piet
e di maraviglia, preso dall' entusiasmo medesimo del nar
ratore , si staccava da' pensieri dolorosi di s ; e anche
ritornandoci sopra, si trovava pi forte contro di essi. Il
pensiero stesso del gran sacrifizio, non gi che avesse
perduto il suo amaro, ma insiem con esso aveva un non
so che d' una gioia austera e solenne.
Poco dopo, entr il curato del paese, e disse d'esser
mandato dal cardinale a informarsi di Lucia, ad avvertirla
che monsignore voleva vederla in quel giorno, e a ringra
ziare in suo nome il sarto e la moglie. E questi e quella,
commossi e confusi, non trovavan parole per corrispon
dere a tali dimostrazioni d' un tal personaggio.
E vostra madre non ancora arrivata? disse il
curato a Lucia.
Mia madre ! esclam questa. Dicendole poi il curato,
che l' aveva mandata a prendere , d' ordine dell' arcive
scovo, si mise il grembiule agli occhi, e diede in un dirotto
pianto, che dur un pezzo dopo che fu andato via il curato.
Quando poi gli affetti tumultuosi che le si erano suscitati
a queil' annunzio, cominciarono a dar luogo a pensieri pi
posati, la poverina si ricord che quella consolazione allora
cos vicina, d riveder la madre, una consolazione cos ina
spettata poche ore prima, era stata da lei espressamente
implorata in queil' ore terribili, e messa quasi come una
condizione al voto. Fatemi tornar salva con mia madre,
aveva detto ; e queste parole le ricomparvero ora distinte
nella memoria. Si conferm pi che mai nel proposito di
mantener la promessa, e si fece di nuovo, e pi amara
mente, scrupolo di quel povera me! che le era scappato
detto tra s, nel primo momento.
Agnese infatti, quando si parlava di lei, era gi poco
CAPITOLO XXIV. 389
lontana. facile pensare come la povera donna fosse rima
sta, a queil' invito cosi inaspettato, e a quella notizia, neces
sariamente tronca e confusa, d' un pericolo, si poteva dir,
cessato, ma spaventoso ; d' un caso terribile, che il messo
aon sapeva n circostanziare n spiegare ; e lei non aveva a
che attaccarsi per ispiegarlo da s. Dopo essersi cacciate le
mani ne' capelli, dopo aver gridato pi volte : ah Signore !
ah Madonna ! dopo aver fatte al messo varie domande,
alle quali questo non sapeva che rispondere, era entrata in
fretta e in furia nel baroccio, continuando per la strada a
esclamare e interrogare, senza profitto. Ma, a un certo
punto, aveva incontrato don Abbondio che veniva adagio
adagio, mettendo avanti, a ogni passo, il suo bastone. Dopo
un oh ! di tutt'e due le parti, lui s' era fermato, lei aveva
fatto fermare, ed era smontata ; e s' eran tirati in disparte
in un castagneto che costeggiava la strada. Don Abbondio
l' aveva ragguagliata di ci che aveva potuto sapere e do
vuto vedere. La cosa non era chiara; ma almeno Agnese
fu assicurata che Lucia era affatto in salvo; e respir.
Dopo, don Abbondio era voluto entrare in un altro di
scorso, e darle una lunga istruzione sulla maniera di rego
larsi con l'arcivescovo, se questo, com'era probabile, avesse
desiderato di parlar con lei e con la figliuola ; e soprattutto
che non conveniva far parola del matrimonio Ma Agne
se, accorgendosi che il brav' uomo non parlava che per il
suo proprio interesse, l'aveva piantato, senza promettergli,
anzi senza risolver nulla; ch aveva tutt'altro da pensare.
E s'era rimessa in istrada.
Finalmente il baroccio arriva, e si ferma alla casa del
sarto. Lucia s'alza precipitosamente; Agnese scende,
dentro di corsa: sono nelle braccia l'una dell'altra. La
moglie del sarto, ch' era la sola che si trovava l presente,
fa coraggio a tutt' e due, le acquieta, si rallegra con loro, e
poi, sempre discreta, le lascia sole, dicendo che andava a
preparare un letto per loro ; che aveva il modo, senza in
comodarsi ; ma che, in ogni caso, tanto lei, come suo marito,
avrebbero piuttosto voluto dormire in terra, che lasciarle
andare a cercare un ricovero altrove.
390 I PROMESSI SPOSI
Passato quel primo sfogo d'abbracciamenti e di sin
ghiozzi, Agnese volle sapere i casi di Lucia, e questa si
mise affannosamente a raccontarglieli. Ma, come il lettore
sa, era una storia che nessuno la conosceva tutta; e per
Lucia stessa c' eran delle parti oscure, inesplicabili affatto.
E principalmente quella fatale combinazione d' essersi la
terribile carrozza trovata l sulla strada, per l' appunto
quando Lucia vi passava per un caso straordinario : su di
clie la madre e la figlia facevan cento congetture, senza
mai dar nel segno, anzi senza neppure andarci vicino.
In quanto all' autor principale della trama, tanto l' una
che l' altra non potevano fare a meno di non pensare che
fosse don Rodrigo.
Ah anima nera! ah tizzone d' inferno ! esclamava
Agnese : ma verr la sua ora anche per lui. Domeneddio
lo pagher secondo il merito; e allora prover anche lui....
No, no, mamma; no! interruppe Lucia: non gli
augurate di patire, non l' augurate a nessuno ! Se sapeste
cosa sia patire ! Se aveste provato t No , no ! preghiamo
piuttosto Dio e la Madonna per lui: che Dio gli tocchi il
cuore, come ha fatto a quest' altro povero signore, ch' era
peggio di lui; e ora un santo.
Il ribrezzo che Lucia provava nel tornare sopra memorie
cos recenti e cos crudeli, la fece pi d' una volta restare
a mezzo ; pi d' una volta disse che non le bastava l' animo
di continuare, e dopo molte lacrime, riprese la parola a
stento. Ma un sentimento diverso la tenne sospesa, a un
certo punto del racconto: quando fu al voto. Il timore che
la madre le desse dell' imprudente e della precipitosa; e
che, come aveva fatto nell' affare del matrimonio, mettesse
in campo qualche sua regola larga di coscienza, e volesse
fargliela trovar giusta per forza ; o che, povera donna, di
cesse la cosa a qualcheduno in confidenza, se non altro per
aver lume e consiglio, e la facesse cos divenir pubblica,
cosa che Lucia, solamente a pensarci, si sentiva venire il
viso rosso ; anche una certa vergogna della madre stessa,
una -ripugnanza inesplicabile a entrare in quella mate
ria; tutte queste cose insieme fecero che nascose quella
CAPITOLO XXIV. S91
-circostanza importante, proponendosi di farne prima la
confidenza al padre Cristoforo. Ma come rimase allorch ,
domandando di lui, si sent rispondere che non c' era pi,
eh' era stato mandato in un paese lontano lontano, in un
paese che aveva un certo nome!
E Renzo? disse Agnese.
in salvo, n' vero ? disse ansiosamente Lucia.
Questo sicuro, perch tutti lo dicono ; si tien per certo
-che si sia ricoverato sul bergamasco ; ma il luogo proprio
nessuno lo sa dire: e lui finora non ha mai fatto saper nulla.
Che non abbia ancora trovata la maniera.
Ah, se in salvo, sia ringraziato il Signore ! disse
Lucia; e cercava di cambiar discorso ; quando il discorso
fu interrotto da una novit inaspettata : la comparsa del
cardinale arcivescovo.
Questo, tornato di chiesa, dove l' abbiam lasciato, sentito
-dall' innominato che Lucia era arrivata, sana e salva, era
andato a tavola con lui, facendoselo sedere a destra, in
mezzo a una corona di preti, che non potevano saziarsi di
dare occhiate a quell' aspetto cos ammansato senza debo
lezza, cos umiliato senza abbassamento, e di paragonarlo
con V idea che da lungo tempo s'eran fatta del personaggio.
Finito di desinare, loro due s' eran ritirati di nuovo in
sieme. Dopo un colloquio che dur molto pi del primo,
l' innominato era partito per il suo castello, su quella stessa
mula della mattina ; e il cardinale, fatto chiamare il curato,
gli aveva detto che desiderava d' esser condotto alla casa
dov'era ricoverata Lucia.
Ohi monsignore, aveva risposto il curato, non s' in
comodi: mander io subito ad avvertire che venga qui la
giovine, la madre, se. arrivata, anche gli ospiti, se mon
signore li vuole, tutti quelli che desidera vossignoria il
lustrissima.
Desidero d' andar io a trovarli, aveva replicato Fe
derigo.
Vossignoria illustrissima non deve incomodarsi : man
der io subito a chiamarli : cosa d' un momento, aveva
insistito il curato guastamestieri (buon uomo del resto), non
392 I PROMESSI SPOSI
intendendo che il cardinale voleva con quella visita ren
dere onore alla sventura, all' innocenza, all'ospitalit e ak
suo proprio ministero in un tempo. Ma, avendo il superiore
espresso di nuovo il medesimo desiderio, l' inferiore s' in
chin e si mosse.
Quando i due personaggi furon veduti spuntar nella stra
da, tutta la gente che c' era and verso di loro ; e in pochi
momenti n' accorse da ogni parte, camminando loro ai fian
chi chi poteva, e gli altri dietro, alla rinfusa. Il curato ba
dava a dire : via, indietro, ritiratevi ; ma ! ma ! Federigo
gli diceva : lasciateli fare, e andava avanti, ora alzando
la mano a benedir la gente, ora abbassandola ad accarez
zare i ragazzi che gli venivan tra' piedi. Cosi arrivarono
alla casa, e c' entrarono : la folla rimase ammontata al di
fuori. Ma nella folla si trovava anche il sarto, il quale era
andato dietro come gli altri, con gli occhi fissi e con la bocca
aperta, non sapendo dove si riuscirebbe. Quando vide quel
dove inaspettato, si fece far largo, pensate con che strepito,
gridando e rigridando : lasciate passare chi ha da pas
sare; e entr.
Agnese e Lucia sentirono un ronzio crescente nella stra
da; mentre pensavano cosa potesse essere, videro l' uscio
spalancarsi, e comparire il porporato col parroco.
quella? domand il primo al secondo; e, a un cenno
affermativo, and verso Lucia, ch' era rimasta l con la ma
dre, tutt' e due immobili e mute dalla sorpresa e dalla ver
gogna. Ma il tono di quella voce, l" aspetto, il contegno, e
soprattutto le parole di Federigo l'ebbero subito rianimate.
Povera giovine, cominci : Dio ha permesso che foste
messa a una gran prova ; ma v' ha anche fatto vedere che
non aveva levato l' occhio da voi, che non v' aveva dimen
ticata. V ha rimessa in salvo ; e s' servito di voi per una
grand' opera, per fare una gran misericordia a uno, e per
sollevar molti nello stesso tempo.
Qui comparve nella stanza la padrona, la quale, al ru
more, s' era affacciata anch' essa alla finestra, e avendo ve
duto chi le entrava in casa, aveva sceso le scale, di corsa*
dopo essersi raccomodata alla meglio ; e quasi nello stesso
CAPITOLO XXIV. 393.
tempo, entr il sarto da un altr' uscio. Vedendo avviato il
discorso, andarono a riunirsi in un canto, dove, rimasero
con gran rispetto. Il cardinale, salutatili cortesemente, con
tinu a parlar con le donne, mescolando ai conforti qualche
domanda, per veder se nelle risposte potesse trovar qualche
congiuntura di far del bene a chi aveva tanto patito.
Bisognerebbe che tutti i preti fossero come vossignoria,
che tenessero un po' dalla parte de' poveri, e non aiutassero
a metterli in imbroglio, per cavarsene loro, disse Agnese,
animata dal contegno cos famigliare e amorevole di Fede
rigo, e stizzita dal pensare che il signor don Abbondio, dopo
aver sempre sacrificati gli altri, pretendesse poi anche
d'impedir loro un piccolo sfogo, un lamento con chi era
al di sopra di lui, quando, per un caso raro, n' era venuta
Y occasione.
Dite pure tutto quello che pensate, disse il cardinale :
parlate liberamente.
Voglio dire che, se il nostro signor curato avesse fatto
il suo dovere, la cosa non sarebbe andata cos.
Ma facendole il cardinale nuove istanze perch si spie
gasse meglio, quella cominci a trovarsi impicciata a dover
raccontare una storia nella quale aveva anch' essa una
parte che non si curava di far sapere, specialmente a un
tal personaggio. Trov per il verso d' accomodarla con un
piccolo stralcio: raccont del matrimonio concertato, del
rifiuto di don Abbondio, non lasci fuori il pretesto de' su
periori che lui aveva messo in campo (ah, Agnese !) ; e salt
all' attentato di don Rodrigo, e come, essendo stati avver
titi, avevano potuto scappare. Ma s, soggiunse e con
cluse: scappare per inciamparci di nuovo. Se in vece il
signor curato ci avesse detto sinceramente la cosa, e avesse
subito maritati i miei poveri giovani, noi ce n' andavamo
Tu subito, tutti insieme, di nascosto, lontano, in luogo che
n anche l' aria non l' avrebbe saputo. Cos s' perduto
tenpo; ed nato quel che nato.
Il signor curato mi render conto di questo fatto,
disse il cardinale.
No, signore, no, signore, > disse subito Agnese : non
394 I PROMESSI SPOSI
ho parlato per questo: non lo gridi, perch gi quel che
stato stato; e poi non serve a nulla: un uomo fatto
cos: tornando il caso, farebbe lo stesso.
Ma Lucia, non contenta di quella maniera di raccontar la
storia, soggiunse : anche noi abbiamo fatto del male : si
vede che non era la volont del Signore che la cosa dovesse
riuscire.
Che male avete potuto far voi, povera giovine? disse
Federigo.
Lucia, malgrado gli occhiacci che la madre cercava di
farle alla sfuggita, raccont la storia del tentativo fatto in
casa di don Abbondio ; e concluse dicendo : abbiam fatto
male; e Dio ci ha gastigati.
Prendete dalla sua mano i patimenti che avete sofferti,
e state di buon animo, disse Federigo : perch, chi avr
ragione di rallegrarsi e di sperare, se non chi ha patito, e
pensa ad accusar s medesimo?
Domand allora dove fosse il promesso sposo, e sentendo
da Agnese (Lucia stava zitta, con la testa e gli occhi bassi)
ch'era scappato dal suo paese, ne prov e ne mostr
maraviglia e dispiacere; e volle sapere il perch.
Agnese raccont alla meglio tutto quel poco che sapeva
della storia di Renzo.
Ho sentito parlare di questo giovine, disse il cardi
nale : ma come mai uno che si trov involto in affari di
quella sorte, poteva essere in trattato di matrimonio con
una ragazza cos?
Era un giovine dabbene, disse Lucia,, facendo il viso
rosso, ma con voce sicura.
Era un giovine quieto, fin troppo, soggiunse Agnese :
e questo lo pu domandare a chi si sia, anche al signor
curato. Chi sa che imbroglio avranno fatto laggi, che ca
bale ? I poveri, ci vuol poco a farli comparir birbon:'.
vero pur troppo, disse il cardinale : m' inforner
di lui senza dubbio : e fattosi dire nome e cognome del
giovine, ne prese l' appunto sur un libriccin di menorie.
Aggiunse poi che contava di portarsi al loro paese trapochi
giorni, che allora Lucia potrebbe venir l senz a tinure, e
CAPITOLO XXIV. 395
che intanto penserebbe lui a provvederla d' un luogo dove
potesse esser al sicuro, fin che ogni cosa fosse accomodata
per il meglio.
Si volt quindi ai padroni di casa, che vennero subito
avanti. Rinnov i ringraziamenti che aveva fatti fare dal
curato, e domand se sarebbero stati contenti di ricoverare,
per que' pochi giorni, le ospiti che Dio aveva loro mandate.
Oh ! s signore, rispose la donna, con un tono di voce
e con un viso ch' esprimeva molto pi di queir asciutta ri
sposta, strozzata dalla vergogna. Ma il marito, messo in or
gasmo dalla presenza d'un tale interrogatore, dal desiderio
di farsi onore in un' occasione di tanta importanza, studiava
ansiosamente qualche bella risposta. Raggrinz la fronte,
torse gli occhi in traverso, strinse le labbra, tese a tutta
forza l' arco dell' intelletto, cerc, frug, sent di dentro un
cozzo d' idee monche di mezze parole : ma il momento
stringeva; il cardinale accennava gi d' avere interpretato
il silenzio: il pover' uomo apr la bocca, e disse: si
figuri ! Altro non gli volle venire. Cosa, di cui non solo
rimase avvilito sul momento; ma sempre poi quella ri
membranza importuna gli guastava la compiacenza del
grand' onore ricevuto. E quante volte, tornandoci sopra, e
rimettendosi col pensiero in quella circostanza, gli venivano
in mente, quasi per dispetto, parole che tutte sarebbero
state meglio di queir insulso si figuri! Ma, come dice un
antico proverbio, del senno di poi ne son piene le fosse.
Il cardinale part, dicendo: la benedizione del Signore
sia sopra questa casa.
Domand poi la sera al curato come si sarebbe potuto in
modo convenevole ricompensare queir uomo, che non do
veva esser ricco, dell' ospitalit costosa, specialmente in
que' tempi. Il curato rispose che, per verit, n i guadagni
<Iella professione, n le rendite di certi campicelli, che il
buon sarto aveva del suo, non sarebbero bastate, in quel-
l' annata, a metterlo in istato d' esser liberale con gli altri ;
ma che, avendo fatto degli avanzi negli anni addietro, si
trovava de' pi agiati del contorno, e poteva far qualche
spesa di pi, senza dissesto, come certo faceva questa
396 I PROMESSI SPOSI
volentieri; e che, del rimanente, non ci sarebbe stato
verso di fargli accettare nessuna ricompensa.
Avr probabilmente, disse il cardinale, crediti
con gente che non pu pagare.
Pensi, monsignore illustrissimo : questa povera gente
paga con quel che le avanza della raccolta: l' anno scorso,
non avanz nulla ; in questo, tutti rimangono indietro del
necessario.
Ebbene , disse Federigo : prendo io sopra di me
tutti que' debiti: e voi mi farete il piacere d'aver da lui
la nota delle partite, e di saldarle.
Sar una somma ragionevole.
Tanto meglio : e avrete pur troppo di quelli ancor-
pi bisognosi , che non hanno debiti perch non trovan
credenza.
Eh, pur troppo ! Si fa quel che si pu ; ma come ar
rivare a tutto, in tempi di questa sorte?
Fate che lui li vesta a mio conto, e pagatelo bene-
Veramente , in quest' anno , mi par rubato tutto ci che
non va in pane; ma questo un caso particolare.
Non vogliam per chiudere la storia di quella giornata,
senza raccontar brevemente come la terminasse l'inno
minato.
Questa volta, la nuova della sua conversione l'aveva
preceduto nella valle ; vi s' era subito sparsa , e aveva
messo per tutto uno sbalordimento, un'ansiet, un cruccio,
un susurro. Ai primi bravi , o servitori (era tutt' uno)
che vide , accenn che lo seguissero ; e cos di mano in
mano. Tutti venivan dietro, con una sospensione nuova,
e con la suggezione solita ; finch, con un seguito sempre
crescente, arriv al castello. Accenn a quelli che si tro
vavan sulla porta, che gli venissero ditro con gli altri ;
entr nel primo cortile, and verso il mezzo, e li, essendo
ancora a cavallo, mise un suo grido tonante : era il segno
usato, al quale accorrevano tutti que' suoi che l' avessero-
sentito. In un momento, quelli ch' erano sparsi per il ca
stello, vennero dietro alla voce, e s' univano ai gi radu
nati, guardando tutti il padrone.
CAPITOLO XXIV. 397
Andate ad aspettarmi nella sala grande, disse loro ;
e dall' alto della sua cavalcatura, gli stava a veder partire.
Ne scese poi, la men lui stesso alla stalla, e and do-
y' era aspettato. Al suo apparire , cess subito un gran
bisbiglio che c' era; tutti si ristrinsero da una parte, la
sciando vto per lui un grande spazio della sala: pote
vano essere una trentina.
L'innominato alz la mano, come per mantener quel
silenzio improvviso; alz la testa, che passava tutte quelle
della brigata, e disse: ascoltate tutti, e nessuno parli,
se non interrogato. Figliuoli! la strada per la Quale
siamo andati finora, conduce nel fondo dell'inferno. Non
un rimprovero ch' io voglia farvi, io che sono avanti a
tutti, il peggiore di tutti ; ma sentite ci che v' ho da dire.
Dio misericordioso m'ha chiamato a mutar vita; e io la
muter, l' ho gi mutata : cosi faccia con tutti voi. Sap
piate dunque, e tenete per fermo che son risoluto di prima
morire che far pi nulla contro la sua santa legge. Levo
a ognun di voi gli ordini scellerati che avete da me ; voi ,
m' intendete ; anzi vi comando di non far nulla di ci che
v'era comandato. E tenete per fermo ugualmente, che
nessuno, da qui avanti, potr far del male con la mia
protezione, al mio servizio. Chi vuol restare a questi
patti, sar per me come un figliuolo : e mi troverei con
tento alla fine di quel giorno, in cui non avessi mangiato
per satollar l' ultimo di voi , con l' ultimo pane che mi
rimanesse in casa. Chi non vuole, gli sar dato quello che
gli dovuto di salario, e un regalo di pi : potr andarsene ;
ma non metta pi piede qui : quando non fosse per mutar
vita; che per questo sar sempre ricevuto a braccia aperte.
Pensateci questa notte : domattina vi chiamer, a uno a
uno, a darmi la risposta; e allora vi dar nuovi ordini.
Per ora, ritiratevi, ognuno al suo posto. E Dio che ha usato
con me tanta misericordia, vi mandi il buon pensiero.
Qui fin, e tutto rimase in silenzio. Per quanto vari e
tumultuasi fossero i pensieri che ribollivano in quei cer
vellacci, non ne apparve di fuori nessun segno. Erano
avvezzi a prender la voce del loro signore come la
398 I PROMESSI SPOSI
manifestazione d' una volont con la quale non c' era da ri
petere : e quella voce, annunziando che la volont era mu
tata, non dava punto indizio che fosse indebolita. A nessuno
di loro pass neppur per la mente che, per esser lui con
vertito, si potesse prendergli il sopravvento, rispondergli
come a un altr' uomo. Vedevano in lui un santo, ma uno
di que' santi che si dipingono con la testa alta, e con la
spada in pugno. Oltre il timore, avevano anche per lui
(principalmente quelli ch' eran nati sul suo, ed erano una
gran parte) un' affezione come d' uomini ligi ; avevan poi
tutti una benevolenza d' ammirazione ; e alla sua presenza
sentivano una specie di quella, dir pur cos, verecondia,
che anche gli animi pi zotici e pi petulanti provano
davanti a una superiorit che hanno gi riconosciuta. Le
cose poi che allora avevan sentite da quella bocca, erano
bens odiose a' loro orecchi, ma non false n affatto estra
nee ai loro intelletti : se mille volte se n' eran fatti beffe,
non era gi perch non le credessero, ma per prevenir
con le beffe la paura che gliene sarebbe venuta, a pen
sarci sul serio. E ora, a veder l'effetto di quella paura
in un animo come quello del loro padrone , chi pi , chi
meno, non ce ne fu uno che non gli se n' attaccasse, al
meno per qualche tempo. S' aggiunga a tutto ci , che
quelli tra loro che, trovandosi la mattina fuor della valle,
avevan risaputa per i primi la gran nuova, avevano in
sieme veduto, e avevano anche riferito la gioia, la bal
danza della popolazione , l' amore e la venerazione per
l' innominato, ch' erano entrati in luogo dell' antico odio e
dell' antico terrore. Di maniera che, nell' uomo che avevan
sempre riguardato, per dir cos, di basso in alto, anche
quando loro medesimi erano in gran parte la sua forza,
vedevano ora la maraviglia, l'idolo d'una moltitudine;
lo vedevano al di sopra degli altri, ben diversamente di
prima, ma non meno ; sempre fuori della schiera comune,
sempre capo.
Stavano adunque sbalorditi, incerti l'uno dell'altro, e
ognun di s. Chi si rodeva, chi faceva disegni del dove sa
rebbe andato a cercar ricovero e impiego; chi s'esaminava
CAPITOLO XXIV. 399
se avrebbe potuto adattarsi a diventar galantuomo; chi
anche, tocco da quelle parole, se ne sentiva una certa incli
nazione; chi, senza risolver nulla, proponeva di prometter
tutto a buon conto, di rimanere intanto a mangiare quel
pane offerto cos di buon cuore, e allora cos scarso, e
d' acquistar tempo : nessuno fiat. E quando l' innominato,
alla fine delle sue parole, alz di nuovo quella mano impe
riosa per accennar che se n'andassero, quatti quatti, come
un branco di pecore, tutti insieme se la batterono. Usc
anche lui, dietro a loro, e, piantatosi prima nel mezzo del
cortile, stette a vedere al barlume come si sbrancassero, e
ognuno s' avviasse al suo posto. Salito poi a prendere una
sua lanterna, gir di nuovo i cortili, i corridoi, le sale,
visit tutte l'entrature, e, quando vide ch'era tutto quieto,
and finalmente a dormire. S, a dormire ; perch aveva
sonno.
Affari intralciati, e insieme urgenti, per quanto ne fosse
sempre andato in cerca, non se n' era mai trovati addosso
tanti, in nessuna congiuntura, come allora; eppure aveva
sonno. I rimorsi che gliel avevan levato la notte avanti,
non che essere acquietati, mandavano anzi grida pi alte,
pi severe, pi assolute ; eppure aveva sonno. L'ordine, la
specie di governo stabilito l dentro da lui in tant' anni,
con tante cure, con un tanto singolare accoppiamento d'au
dacia e di perseveranza, ora l'aveva lui medesimo messo in
forse, con poche parole ; la dipendenza illimitata di que'suoi,
quel loro esser disposti a tutto, quella fedelt da masna
dieri, sulla quale era avvezzo da tanto tempo a riposare,
l' aveva ora smossa lui medesimo ; i suoi mezzi, gli aveva
fatti diventare un monte d' imbrogli, s' era messa la con
fusione e l'incertezza in casa; eppure aveva sonno.
And dunque in camera, s' accost a quel letto in cui la
notte avanti aveva trovate tante spine ; e vi s' inginocchi
accanto, con l'intenzione di pregare. Trov in fatti in un
cantuccio riposto e profondo della mente, le preghiere
ch'era stato ammaestrato a recitar da bambino; cominci a
recitarle ; e quelle parole, rimaste l tanto tempo ravvolte
insieme, venivano P una dopo l' altra come sgomitolandosi.
400 I PROMESSI SPOSI
Provava in questo un misto di sentimenti indefinibile ; una
certa dolcezza in quel ritorno materiale all' abitudini del
l' innocenza; un inasprimento di dolore al pensiero dell' a-
bisso che aveva messo tra quel tempo e questo ; un ardore
d'arrivare, con opere di espiazione, a una coscienza nuova,
a uno stato il pi vicino all' innocenza, a cui non poteva
tornare; una riconoscenza, una fiducia in quella miseri
cordia che lo poteva condurre a quello stato, e che gli aveva
gi dati tanti segni di volerlo. Rizzatosi poi, and a letto,
e s'addorment immediatamente.
Cos termin quella giornata, tanto celebre ancora quando
scriveva il nostro anonimo ; e ora, se non era lui, non se
ne saprebbe nulla, almeno de' particolari : giacch il Ri
pamonti e il Rivola, citati di sopra, non dicono se non che
quel s segnalato tiranno, dopo un abboccamento con Fe
derigo, mut mirabilmente vita, e per sempre. E quanti son
quelli che hanno letto i libri di que' due ? Meno ancora di
quelli che leggeranno il nostro. E chi sa se, nella valle
stessa, chi avesse voglia di cercarla, e l'abilit di trovarla,
sar rimasta qualche stracca e confusa tradizione del fatto ?
Son nate tante cose da quel tempo in poi!

CAPITOLO XXV.

Il giorno seguente, nel paesetto di Lucia e in tutto il ter


ritorio di Lecco, non si parlava che di lei, dell'innominato,
dell'arcivescovo e d'un altro tale, che, quantunque gli pia
cesse molto d'andar per le bocche degli uomini, n'avrebbe,
in quella congiuntura, fatto volentieri di meno: vogliam
dire il signor don Rodrigo.
Non gi che prima d' allora non si parlasse de' fatti suoi;
ma eran discorsi rotti, segreti : bisognava che due si co
noscessero bene bene tra di loro, per aprirsi sur un tale
argomento. E anche, non ci mettevano tutto il sentimento
di che sarebbero stati capaci : perch gli uomini, general
mente parlando, quando l'indegnazione non si possa sfogare
senza grave pericolo, non solo dimostran meno, o tengono
affatto in s quella che sentono, ma ne senton meno in
CAPITOLO XXV. 401
' -effetto. Ma ora, chi si sarebbe tenuto d'informarsi, e di
ragionare d' un fatto cos strepitoso, in cui s' era vista la
mano del cielo, e dove facevan buona figura due personaggi
tali? uno, in cui un amore della giustizia tanto animoso
andava unito a tanta autorit; l'altro, con cui pareva che
la prepotenza in persona si fosse umiliata, che la braveria
fosse venuta, per dir cos, a render l' armi, e a chiedere
il riposo. A tali paragoni, il signor don Rodrigo diveniva
un po' piccino. Allora si capiva da tutti cosa fosse tormen-
.tar l'innocenza per poterla disonorare, perseguitarla con
un' insistenza cos sfacciata, con s atroce violenza, con s
abbominevoli insidie. Si faceva, in queil' occasione, una ri
vista di tant' altre prodezze di quel signore : e su tutto la
dicevan come la sentivano, incoraggiti ognuno dal trovarsi
d' accordo con tutti. Era un susurro, un fremito generale ;
alla larga per, per ragione di tutti que' bravi che colui
aveva d'intorno.
Una buona parte di quest'odio pubblico cadeva ancora sui
suoi amici e cortigiani. Si rosolava bene il signor podest,
sempre sordo e cieco e muto sui fatti di quel tiranno ; ma
,alla lontana, anche lui, perch, se non aveva i bravi, aveva
i birri. Col dottor Azzecca-garbugli, che non aveva se non
chiacchiere e cabale, e con altri cortigianelli suoi pari, non
s' usava tanti riguardi : eran mostrati a dito, e guardati
con occhi torti; di maniera che, per qualche tempo, sti-
maron bene di non farsi veder per le strade.
Don Rodrigo, fulminato da quella notizia cos impensata,
osi diversa dall'avviso che aspettava di giorno in giorno,
di momento in momento, stette l'intanato nel suo palazzotto,
solo co' suoi bravi, a rodersi, per due giorni ; il terzo, part
per Milano. Se non fosse stato altro che quel mormorac
chiare della gente, .forse, poich le cose erano andate tan-
V avanti, sarebbe rimasto apposta per affrontarlo, anzi per
cercar l' occasione di dare un esempio a tutti sopra qual-
cheduno de' pi arditi ; ma chi lo cacci, fu l' essersi saputo
per certo, che il cardinale veniva anche da quelle parti. Il
conte zio, il quale di tutta quella storia non sapeva se
non quel cho gli aveva' detto Attilio, avrebbe- certamente
/ Promessi Sposi. 26
402 I PROMESSI SPOSI
preteso che, in una congiuntura simile, don Rodrigo facesse
una gran figura, e avesse in pubblico dal cardinale le pi
distinte accoglienze: ora, ognun -vede come ci fosse incam
minato. L' avrebbe preteso, e se ne sarebbe fatto render
conto minutamente ; perch era un' occasione importante di
far vedere in che stima fosse tenuta la famiglia da una pri
maria autorit. Per levarsi da un impiccio cos noioso, don
Rodrigo, alzatosi una mattina prima del sole, si mise in una
carrozza, col Griso e con altri bravi, di fuori, davanti e di
dietro ; e, lasciato l' ordine che il resto della servit venisse
poi in seguito, part come un fuggitivo, come (ci sia un po'
lecito di sollevare i nostri personaggi con qualche illustre
paragone), come Catilina da Roma, sbuffando, e giurando di
tornar ben presto, in altra comparsa, a far le sue vendette.
Intanto, il cardinale veniva visitando, a una per giorno,
le parrocchie del territorio di Lecco. Il giorno in cui doveva
arrivare a quella di Lucia, gi una gran parte degli abi
tanti erano andati sulla strada a incontrarlo. All'entrata del
paese, proprio accanto alla casetta delle nostre due donne,
c' era un arco trionfale, costrutto di stili per il ritto, e di
pali per il traverso, rivestito di paglia e di borraccina, e
ornato di rami verdi di pugnitopo e d' agrifoglio, distinti
di bacche scarlatte ; la facciata della chiesa era parata di
tappezzerie ; al davanzale d'ogni finestra pendevano coperte
e lenzoli distesi, fasce di bambini disposte a guisa di pen
doni ; tutto quel poco necessario che fosse atto a fare, o bene
o male, figura di superfluo. Verso le ventidue, ch'era l'ora
in cui s' aspettava il cardinale, quelli ch' eran rimasti in
casa, vecchi, donne e fanciulli la pi parte, s'avviarono an
che loro a incontrarlo, parte in fila, parte in truppa, prece
duti da don Abbondio, uggioso in mezzo a tanta festa, e per
il fracasso che lo sbalordiva, e per il brulicar della gente
innanzi e indietro, che, come andava ripetendo, gli faceva
girar la testa, e per il rodio segreto che le donne avesser
potuto cicalare, e dovesse toccargli a render conto del ma
trimonio.
Quand' ecco si vede spuntare il cardinale, o per dir me
glio, la turba in mezzo a cui si trovava nella sua lettiga,
CAPITOLO XXV. 403
col suo seguito d' intorno ; perch di tutto questo non si
vedeva altro che un indizio in aria, al di sopra di tutte le
teste, un pezzo della croce portata dal cappellano che caval
cava una mula. La gente che andava con don Abbondio,
s' affrett alla rinfusa, a raggiunger quel]' altra : e lui, dopo
aver detto, tre e quattro volte : adagio ; in fila ; cosa fate ?
si volt indispettito ; e seguitando a borbottare : una ba
bilonia, una babilonia, entr in chiesa, intanto ch' era
vota; e stette l ad aspettare.
Il cardinale Veniva avanti, dando benedizioni con la mano,
e ricevendone dalle bocche della gente, che quelli del se
guito avevano un bel da fare a tenere un po' indietro. Per
esser del paese di Lucia, avrebbe voluto quella gente fare
all'arcivescovo dimostrazioni straordinarie ; ma la cosa non
ora facile, perch era uso che, per tutto dove arrivava, tutti
facevano pi che potevano. Gi sul principio stesso del suo
pontificato, nel primo solenne ingresso in duomo, la calca e
l' impeto della gente addosso a lui era stato tale, da far te
mere della sua vita; e alcuni gentiluomini che gli eran pi
vicini, avevano sfoderate le spade, per atterrire e respinger
la folla. Tanto c' era in que' costumi di scomposto e di vio
lento, che, anche nel far dimostrazioni di benevolenza a un
vescovo in chiesa, e nel moderarle, si dovesse andar vicino
all' ammazzare. E quella difesa non sarebbe forse bastata,
se il maestro e il sottomaestro delle cerimonie, un Clerici
e un Picozzi, giovani preti che stavan bene di corpo e d' a-
nimo, non l' avessero alzato sulle braccia, e portato di peso,
dalla porta fino all' aitar maggiore. D'allora in poi, in tante
visite episcopali ch'ebbe a fare, il primo entrar nella chiesa
si pu senza scherzo contarlo tra le sue pastorali fatiche,
e qualche volta, tra i pericoli passati da lui.
Entr anche in questa come pot; and all'altare e, dopo
essere stato alquanto in orazione, fece, secondo il suo so
lito, un piccol discorso al popolo, sul suo amore per loro,
sul suo desiderio della loro salvezza, e come dovessero di
sporsi alle funzioni del giorno dopo. Ritiratosi poi nella casa
del parroco, tra gli altri discorsi, gli domand informazione
di Renzo. Don Abbondio disse ch' era un giovine un po'
401 I PROMESSI SPOSI
vivo, un po' testardo, un po' collerico. Ma, a pi particolari e
precise domande, dovette rispondere ch'era un galantuomo,
e che anche lui non sapeva capire come, in Milano, avesse
potuto fare tutte quelle diavolerie che avevan detto.
In quanto alla giovine, riprese il cardinale, pare
anche a voi che possa ora venir sicuramente a dimorare
in casa sua?
Per ora, rispose don Abbondio, pu venire e stare,
come vuole: dico, per ora; ma, soggiunse poi con un
sospiro, bisognerebbe che vossignoria illustrissima fosse
sempre qui, o almeno vicino.
Il Signore sempre vicino, disse il cardinale: del
resto, penser io a metterla al sicuro. E diede subito or
dine che, il giorno dopo, di buon' ora, si spedisse la lettiga,
con una scorta, a prender le due donne.
Don Abbondio usc di l tutto contento che il cardinale
gli avesse parlato de' due giovani, senza chiedergli conto
del suo rifiuto di maritarli. Dunque non sa niente,
diceva tra s: Agnese stata zitta: miracolo! vero
che s' hanno a tornare a vedere ; ma le daremo un' altra
istruzione, le daremo. E non sapeva, il pover' uomo, che
Federigo non era entrato in quell'argomento, appunto per
ch intendeva, di parlargliene a lungo, in tempo pi libero:
e, prima di dargli ci che gli era dovuto, voleva sentire
anche le sue ragioni.
Ma i pensieri del buon prelato per jnetter Lucia al sicuro
eran divenuti inutili: dopo che l'aveva lasciata, eran, nate
delle cose, che dobbiamo raccontare.
Le due donne, in que' pochi giorni ch' ebbero a passare
nella casuccia ospitale del sarto, avevan ripreso, per quan!o
avevan potuto, ognuna il suo antico tenor di vita. Lucia
aveva subito chiesto da lavorare; e, come aveva fatto nel
monastero, cuciva, cuciva, ritirata in una stanzina, lontano
dagli occhi della gente. Agnese andava un po' fuori, un po'
lavorava in compagnia della figlia. I loro discorsi eran
tanto pi tristi, quanto pi affettuosi : tutt' e due eran pre
parate a. una separazione ; giacch la pecora non poteva tor
nare a star cosi vicino alla tana del lupo : e quando, quale,
CAPITOLO XXV. 405
sarebbe il termine di questa separazione ? L' avvenire era
oscuro, imbrogliato: per una di loro principalmente. Agnese
tanto ci andava facendo dentro le sue congetture allegre :
che Renzo finalmente, se non gli era accaduto nulla di
sinistro, dovrebbe presto dar le sue nuove; e se aveva
trovato da lavorare e da stabilirsi, se (e come dubitarne?)
stava fermo nelle sue promesse, perch non si p otrebbe
andare a star con lui ? E di tali speranze, ne parlava e ne
riparlava alla figlia, per la quale non saprei dire se fosse
maggior dolore il sentire, o pena il rispondere. Il suo gran
segreto l'aveva sempre tenuto in s; e, inquietata bens
dal dispiacere di fare a una madre cos buona un Sotterfu
gio, che non era il primo; ma trattenuta, come invincibil
mente, dalla vergogna e da' vari timori che abbiam detto
di sopra, andava d' oggi in domani, senza dir nulla. I suoi
disegni eran ben diversi da quelli della madre, o, per dir
meglio, non n'ave va ; s'era abbandonata alla Provvidenza.
Cercava dunque di lasciar cadere, o di stornare quel di
scorso ; o diceva, in termini generali, di non aver pi spe
ranza, n desiderio di cosa di questo mondo, fuorch di poter
presto riunirsi con sua madre; le pi volt, il pianto ve
niva opportunamente a troncar le parole.
Sai perch ti par cos ? diceva Agnese : perch hai
tanto patito, e non ti par vero che la possa voltarsi in bene.
Ma lascia fare al Signore; e se Lascia che si veda
un barlume, appena un barlume di speranza ; e allora mi
saprai dire se non pensi pi a nulla. Lucia baciava la
madre, e piangeva.
Del rsto, tra loro e i loro ospiti era nata subito una grah-
d' amicizia : e dove nascerebbe, se non tra beneficati e be
nefattori, quando gli uni e gli altri son buona gente ? Agnese
specialmente faceva di gran chiacchiere con la padrona. 11
sarto poi dava loro un po' di svago con delle storie, con
de' discorsi morali : e, a desinare soprattutto, aveva sempre
qualche bella cosa da raccontare, di Bovo d'Antoha o
de' Padri del deserto.
Poco distante da quel pasetto, villeggiava una coppia
d' alto affare ; don Ferrante e donna Prassede : il casato,, al
406 I PROMESSI SPOSI
solito, nella penna dell' anonimo. Era donna Prassede una
vecchia gentildonna molto inclinata a far del bene: me
stiere certamente il pi degno che l' uomo possa esercitare;
ma che pur troppo pu anche guastare, come tutti gli altri.
Per fare il bene, bisogna conoscerlo ; e, al pari d' ogni altra
cosa, non possiamo conoscerlo che in mezzo alle nostre
passioni, per mezzo de' nostri giudizi, con le nostre idee ;
le quali bene spesso stanno come possono. GonT idee donna
Prassede si regolava come dicono che si deve far con gli
amici : n' aveva poche ; ma a quelle poche era molto affe
zionata. Tra le poche, ce n' era per disgrazia molte delle
storte ; e non eran quelle che le fossero men care. Le acca
deva quindi, o di proporsi per bene ci che non lo fosse,
o di prender per mezzi, cose che potessero piuttosto far
riuscire dalla parte opposta, o di crederne leciti di quelli
che non lo fossero punto, per una certa supposizione in
confuso, che chi fa pi del suo dovere possa far pi di quel
che avrebbe diritto ; le accadeva di non vedere nel fatto ci
che e era di reale, o di vederci ci che non c' era ; e molte
altre cose simili, che possono accadere, e che accadono a
tutti, senza eccettuarne i migliori ; ma a donna Prassede.
troppo spesso e, non di rado, tutte in una volta.
Al sentire il gran caso di Lucia, e tutto ci che, in quel-
l' occasione, si diceva della giovine, le venne la curiosit di
vederla; e mand una carrozza, con un vecchio bracciere,
a prender la madr e e la figlia. Questa si ristringeva nelle
spalle, e pregava il sarto, il quale aveva fatta loro l'imba
sciata, che trovasse maniera di scusarla. Finch s' era trat
tato di gente alla buona che cercava di conoscer la giovine
ilei miracolo, il sarto le aveva reso volentieri un tal ser
vizio; ma in questo caso, il rifiuto gli pareva una specie di
ribellione. Fece tanti versi, tant' esclamazioni, disse tante
cose : e che non si faceva cosi, e ch' era una casa grande, c
che ai signori non si dice di no, e che poteva esser la loro
fortuna, e che la signora donna Prassede, oltre il resto, era
anche una santa ; tante cose insomma, che Lucia si dovette
arrendere: molto pi che Agnese confermava tutle quelle
ragioni con altrettanti sicuro, sicuro.
CAPITOLO XXV. 407
Arrivate davanti alla signora, essa fece loro grand' acco
glienza, e molte congratulazioni; interrog, consigli: il
tutto con una certa superiorit quasi innata, ma corretta
<la tante espressioni umili, temperata da tanta premura,
condita di tanta spiritualit, che, Agnese quasi subito, Lucia
jioco dopo, cominciarono a sentirsi sollevate dal rispetto
opprimente che da principio aveva loro incusso quella si
gnorile presenza; anzi ci trovarono una certa attrattiva.
E per venire alle corte, donna Prassede, sentendo che il
cardinale s' era incaricato di trovare a Lucia un ricovero,
punta dal desiderio di secondare e di prevenire a un tratto
quella buona intenzione, s' esib di prender la giovine in
casa, dove, senz' essere addetta ad alcun servizio partico
lare, potrebbe, a piacer suo, aiutar l' altre donne ne' loro
lavori. E soggiunse che penserebbe lei a darne parte a
monsignore.
Oltre il bene chiaro e immediato che c' era in un' opera
tale, donna Prassede ce ne vedeva, e se ne proponeva un
altro, forse pi considerabile, secondo lei ; di raddirizzare
un cervello, di metter sulla buona strada chi n' aveva gran
Insogno. Perch, fin da quando aveva sentito la prima volta
parlar di Lucia, s' era subito persuasa che una giovine la
<iuale aveva potuto promettersi a un poco di buono, a un
sedizioso, a uno scampaforca in somma, qualche magagna,
qualche pecca nascosta la doveva avere. Dimmi chi pratichi,
e ti dir chi sei. La visita di Lucia aveva confermata quella
persuasione. Non che, in fondo, come si dice, non le pa
resse una buona giovine ; ma c' era molto da ridire. Quella
testina bassa, col mento inchiodato sulla fontanella della
Sola, quel non rispondere, o risponder secco secco , come
per forza, potevano indicar verecondia; ma denotavano
sicuramente molta caparbiet : non ci voleva molto a in
dovinare che quella testina aveva le sue idee. E queir ar
rossire ogni momento, e quel rattenere i sospiri Due
occhioni poi, che a donna Prassede non piacevan punto.
Teneva essa per certo, come se lo sapesse di buon luogo,
ohe tutte le sciagure di Lucia erano una punizione del cielo
per la sua amicizia con quel poco di buono, e un avviso per
408 I PROMESSI SPOSI
far che se ne staccasse affatto; e stante questo, si propo
neva di cooperare a un cos buon fine. Giacch, come diceva
spesso agli altri e a s stessa, tutto il suo studio era di se
condare i voleri del cielo: ma faceva spesso uno sbaglio
grosso, ch' era di prender per cielo il suo cervello. Pero,
della seconda intenzione che abbiam detto, si guard bene
di darne il minimo indizio. Era una delle sue massime
questa, che, per riuscire a far del bene alla gente, la prima
cosa, nella maggior parte de' casi, di non metterli a parte
del disegno.
La madre e la figlia si guardarono in viso. Nella dolorosa
necessit di dividersi, l'esibizione parve a tutt' e due da ac
cettarsi, se non altro per esser quella villa cosi vicina al
loro paesetto: per cui, alla peggio de'peggi, si ravvicinereb
bero e potrebbero trovarsi insieme, alla prossima villeg
giatura. Visto, l' una negli occhi dell' altra, il consenso, si
voltaron tutt' e due a donna Prassede con quel ringraziare
che accetta. Essa rinnov le gentilezze e le promesse, e
disse che manderebbe subito una lettera da presentare
a monsignore.
Partite le donne, la lettera se la fece distendere da don
Ferrante, di cui, per esser letterato, come diremo pi in
particolare, si serviva per segretario, nell' occasioni d' im
portanza. Trattandosi d' una di questa sorte, don Ferrante
ci mise tutto il suo sapere, e, consegnando la minuta da co
piare alla consorte, le raccomand caldamente l'ortografia?
ch'era una delle molte cose che aveva studiate, e delle poche
sulle quali avesse lui il comando in casa. Donna Prassede
copi diligentissimamente, e spedi la lettera alla casa del
sarto. Questo fu due o tre giorni prima che il cardinale
mandasse la lettiga per ricondur le donne al loro paese.
Arrivate, smontarono alla casa parrocchiale, dove si tro
vava il cardinale. C era ordine d' introdurle subito : il cap
pellano, ohe fu il primo a vederle, l' esegui, trattenendole
solo quant' era necessario per dar loro, in fretta in fretta,
un po' d' istruzione sul cerimoniale da usarsi con monsi
gnore, e sui titoli da dargli; cosa che soleva fare, ogni volta
che lo potesse di nascosto a lui. Era per il pover' uomo un
CAPITOLO XXV. 409
tormento continuo il vedere il poco ordine che regnava
intorno al cardinale, su quel particolare : tutto, diceva
con gli altri della famiglia, per la troppa bont di quel
benedett' uomo ; per quella gran famigliarit. E raccon
tava d' aver perfino sentito pi d' una volta co'suoi orecchi,
rispondergli: messer si, e messer no.
Stava in quel momento il cardinale discorrendo con don
Abbondio, sugli affari della parrocchia: dimodoch questo
non ebbe campo di dare anche lui, come avrebbe desiderato,
le sue istruzioni alle donne. Solo, nel passar loro accanto,
mentre usciva, e quelle venivano avanti, pot dar loro
d'occhio, per accennare ch' era contento di loro, e che con
tinuassero, da brave, a non dir nulla.
Dopo le prime accoglienze da una parte, e i primi inchini
dall' altra, Agnese si cav di seno la lettera, e la present
al cardinale, dicendo : della signora donna Prassede,
la quale dice che conosce molto vossignoria illustrissima,
monsignore; come naturalmente, tra loro signori grandi,
sidevon conoscer tutti. Quand'avr letto, vedr.
Bene, disse Federigo, letto che ebbe, e ricavato il sugo
del senso da' fiori di don Ferrante. Conosceva quella casa
quanto bastasse per esser certo che Lucia c' era invitata
con buona intenzione, e che li sarebbe sicura dall' insidie e
dalla violenza del suo persecutore. Che concetto avesse
della testa di donna Prassede, non n' abbiam notizia posi
tiva. Probabilmente, non era quella la persona che avrebbe
scelta a un tal intento ; ma, come abbiam detto o fatto in
tendere altrove, non era suo costume di disfar le cose che
non toccavano a lui, per rifarle meglio.
Prendete in pace anche questa separazione, e V incer
tezza in cui vi trovate, soggiunse poi : confidate che sia
per finir presto, e che il Signore voglia guidar le cose a
quel termine a cui pare che le avesse indirizzate; ma tenete
per certo che quello che vorr Lui, sar il meglio per voi.
Diede a Lucia in particolare qualche altro ricordo amore
vole; qualche altro conforto a tutt'e due; le benedisse, e
le lasci andare. Appena fuori, si trovarono addosso uno
sciame d' amici e d' amiche, tutto il comune, si pu dire,
410 I. PROMESSI SPOSI
che le aspettava, e le condusse a casa, come in trionfo.
Era tra tutte quelle donne una gara di congratularsi, di
compiangere, di domandare ; e tutte esclamavano dal di
spiacere, sentendo che Lucia se n'anderebbe il giorno dopo.
Oli uomini gareggiavano nell' offrir servizi; ognuno voleva
star quella notte a far la guardia alla casetta. Sul qual
fatto, il nostro anonimo cred bene di formare un pro
verbio : volete aver molti in aiuto ? cercate di non averne
bisogno.
Tante accoglienze confondevano e sbalordivano Lucia:
Agnese non s' imbrogliava cos per poco. Ma in sostanza
fecero bene anche aLucia, distraendola alquanto da' pensieri
e dalle rimembranze che, pur troppo, anche in mezzo al
frastono, le si risvegliavano, su queir uscio, in quelle stan-
zucce, alla vista d'ogni oggetto.
Al tocco della campana che annunziava vicino il comin
ciar delle funzioni, tutti si mossero verso la chiesa, e fu
per le nostre donne un'altra passeggiata trionfale.
Terminate le funzioni, don Abbondio, ch'era corso a ve
dere se Perpetua aveva ben disposto ogni cosa per il desi
nare, fu chiamato dal cardinale. And subito dal grand' o-
spite, il quale, lasciatolo venir vicino, signor curato,
cominci; e quelle parole furon dette in maniera, da dover
capire, ch'erano il principio d'un discorso lungo e serio:
signor curato : perch non avete voi unita in matrimonio
quella povera Lucia col suo promesso sposo?
Hanno vtato il sacco stamattina coloro, pens don
Abbondio ; e rispose borbottando : monsignore illustris
simo avr ben sentito parlare degli scompigli che son nati
in queir affare : stata una confusione tale, da non poter,
neppure al giorno d'oggi, vederci chiaro: come anche
vossignoria illustrissima pu argomentare da questo, che
la giovine qui, dopo tanti accidenti, come per miracolo;
c il giovine, dopo altri accidenti, non si sa dove sia.
Domando, riprese il cardinale, se vero che, prima
di tutti codesti casi, abbiate rifiutato di celebrare il ma
trimonio, quando n'eravate richiesto, nel giorno fissato;
o il perch.
CAPITOLO XXV. 411
Veramente se vossignoria illustrissima sapesse....
ohe intimazioni che comandi terribili ho avuti di non
parlare . . . E rest l senza concludere, in un cert' atto,
da far rispettosamente intendere che sarebbe indiscrezione
il voler saperne di pi.
Ma ! disse il cardinale, con voce e con aria grave fuor
del consueto : il vostro vescovo che, per suo dovere e
per vostra giustificazione, vuol saper da voi il perch non
abbiate fatto ci che, nella via regolare, era obbligo vostro
di fare.
Monsignore, disse don Abbondio, facendosi piccino
piccino, non ho gi voluto dire Ma m' parso che,
essendo cose intralciate, cose vecchie e senza rimedio, fosse
inutile di rimestare Per, per, dico so che vossi
gnoria illustrissima non vuol tradire un suo povero parroco.
Perch vede bene, monsignore ; vossignoria illustrissima
non pu esser per tutto ; e io resto qui esposto Per,
quando lei me lo comanda, dir, dir tutto.
Dite : io non vorrei altro che trovarvi senza colpa.
Allora don Abbondio si mise a raccontare la dolorosa
storia; ma tacque il nome principale, e vi sostitu: un
gran signore : dando cos alla prudenza tutto quel poco
riie si poteva, in una tale stretta.
E non avete avuto altro motivo? domand il car
dinale, quando don Abbondio ebbe finito.
Ma forse non mi sono spiegato abbastanza, rispose
questo: sotto pena della vita, m'hanno intimato di non
&f quel matrimonio.
E vi par codesta una ragion bastante, per lasciar d' a-
dempire un dovere preciso?
Io ho sempre cercato di farlo, il mio dovere, anche con
mio grave incomodo, ma quando si tratta della vita
E quando vi siete presentato alla Chiesa, disse, con
accento ancor pi grave, Federigo, per addossarvi co
desto ministero, v'ha essa fatto sicurt della vita? V'ha
detto che i doveri annessi al ministero fossero liberi da
ogni ostacolo, immuni da ogni pericolo? O v' ha detto forse
ohe dove cominciasse il pericolo, ivi cesserebbe il dovere ?
412 I PROMESSI SPOSI
O non v'ha espressamente detto il contrario? Non v'ha
avvertito che vi mandava come un agnello tra i lupi? Non
sapevate voi che c'eran de' violenti, a cui potrebbe di
spiacere ci che a voi sarebbe comandato? Quello da Cui
abbiam la dottrina e l'esempio, ad imitazione di Cui ii
lasciam nominare e ci nominiamo pastori, venendo in terra
a esercitarne l'uflzio, mise forse per condizione d'aver
salva la vita ? E per salvarla, per conservarla, dico, qual
che giorno di pi sulla terra, a spese della carit e del
dovere, c' era bisogno dell'unzione santa, dell' imposizion
delle mani, della grazia del sacerdozio ? Basta il mondo a
dar questa virt, a insegnar questa dottrina. Che dico?
oh vergogna! il mondo stesso la rifiuta: il mondo fa an
ch' esso le sue leggi, che prescrivono il male' come il bene;
ha il suo vangelo anch'esso, un vangelo di superbia e d'o
dio; e non vuol che si dica che l'amore della vita sia una
ragione per trasgredirne i comandamenti. Non lo vuole;
ed ubbidito. E noi! noi figli e annunziatori della pro
messa ! Che sarebbe la Chiesa, se codesto vostro linguaggio
fosse quello di tutti i vostri confratelli ? Dove sarebbe, se
fosse comparsa nel mondo con codeste dottrine?
Don Abbondio stava a capo basso : il suo spirito si tro
vava tra quegli argomenti, come un pulcino negli artigli
del falco, che lo tengono sollevato in una regione scono
sciuta, in un' aria che non ha mai respirata. Vedendo che
qualcosa bisognava rispondere, disse, con una certa som
missione forzata : monsignore illustrissimo, avr torto.
Quando la vita non si deve contare, non so cosa mi dire. Ma
quando s' ha che fare con certa gente, con gente che ha la
forza, e che non vuol sentir ragioni, anche a voler fare il
bravo, non saprei cosa ci si potesse guadagnare. un si
gnore quello, con cui non si pu n vincerla n impattarla.
E non sapete voi che il soffrire per la giustizia il
nostro vincere ? E se non sapete questo, che cosa predi
cate ? di che siete maestro ? qual la buona nuota che
annunziate a' poveri? Chi pretende da voi Che vinciaftela
forza con la forza ? ('erto non vi sar domandato, un giorno,
se abbiate saputo fare stare a dovere i potenti; che a
CAPITOLO XXV. 413
questo non vi fu dato n missione, n modo. Ma vi sar
ben domandato se avrete adoprati i mezzi ch'erano in
vostra mano per far ci che v'era prescritto, anche quando
avessero la temerit di proibirvelo.
Anche questi santi son curiosi, pensava intanto don
Abbondio: in sostanza, a spremerne il sugo, gli stanno
pi a cuore gli amori di due giovani, che la vita d' un po
vero sacerdote. E, in quant' a lui, si sarebbe volentieri
,contentato che il discorso finisse l ; ma vedeva il cardinale,
a ogni pausa, restare in atto di chi aspetti una risposta :
una confessione, o un' apologia, qualcosa in somma.
Torno a dire, monsignore, rispose dunque, che
avr torto io.... Il coraggio, uno non se lo pu dare.
, E perch dunque, potrei dirvi, vi siete voi impegnato
in un ministero che. v' impone di stare in guerra con le
passioni del secolo? Ma come, vi dir piuttosto, come non
pensate che, se in codesto ministero, comunque vi ci siate
messo, v' necessario il coraggio, per adempir le vostre
obbligazioni , c' Chi ve lo dar infallibilmente , quando
glielo chiediate? Credete voi che tutti que' milioni di mar
tiri avessero naturalmente coraggio? che non facessero
naturalmente nessun conto della vita? tanti giovinetti che
cominciavano a gustarla, tanti vecchi avvezzi a ramma
ricarsi che fosse gi vicina a finire, tante donzelle, tante
spose, tante madri ? Tatti hanno avuto coraggio ; perch il
coraggio era necessario, ed essi confidavano. Conoscendo la
vostra debolezza e i vostri doveri, avete voi pensato a
prepararvi ai passi difficili a cui potevate trovarvi, a cui
vi siete trovato in effetto? Ah! se per tant' anni d'uflzio
pastorale, avete (e come non avreste?) amato il vostro
gregge, se avete riposto in esso il vostro cuore, le vostre
cure, le vostre delizie, il coraggio non doveva mancarvi
al bisogno: l'amore intrepido. Ebbene, se voi gli ama
vate, quelli che sono affidati alle vostre cure spirituali,
quelli che voi chiamate figliuoli; quando vedeste due di
loro minacciati insieme con voi, ah certo ! come la debo
lezza della carne v'ha fatto tremar per voi, cos la carit
v' avr fatto tremar per loro. Vi sarete umiliato di quel
414 I PROMESSI SPOSI
primo timore, perch era un effetto della vostra miseria ;
avrete implorato la forza per vincerlo, per discacciarlo,
perch era una tentazione: ma il timor santo e nobile
per gli altri, per i vostri figliuoli, quello l' avrete ascoltato,
quello non v'avr dato pace, quello v'avr eccitato, co
stretto, a pensare, a fare ci che si potesse, per riparare
al pericolo che lor sovrastava Cosa v' ha ispirato il
timore, l' amore ? Cosa avete fatto per loro ? Cosa avete
pensato ?
E tacque in atto di chi aspetta.

CAPITOLO XXVI.

A una siffatta domanda, don Abbondio, che pur s' era


ingegnato di rispondere qualcosa a delle meno precise, re
st li senza articolar parola. E, per dir la verit, anche
noi, con questo manoscritto davanti, con una penna in
mano, non avendo da contrastare che con le frasi, n altro
da temere che le critiche de' nostri lettori ; anche noi, dico,
sentiamo una eerta ripugnanza a proseguire : troviamo
un non so che di strano in questo' mettere in campo, con
cos poca fatica, tanti bei precetti di fortezza e di carit,
di premura operosa per gli altri, di sacrifizio illimitato
di s. Ma pensando che quelle cose erano dette da uno
che poi le faceva, tiriamo avanti con coraggio.
Voi non rispondete? riprese il cardinale. Ah, se
aveste fatto, dalla parte vostra, ci che la carit, ci che
il dovere richiedeva; in qualunque maniera poi le cose
fossero andate, non vi mancherebbe ora una risposta. Ve
dete dunque voi stesso cosa avete fatto. Avete ubbidito
all' iniquit, non curando ci che il dovere vi prescriveva.
L' avete ubbidita puntualmente : s' era fatta vedere a voi,
per intimarvi il suo desiderio; ma voleva rimanere oc
culta a chi avrebbe potuto ripararsi da essa, e mettersi
in guardia; non voleva che si facesse rumore, voleva il
segreto, per maturare a suo bell' agio i suoi disegni d' in
sidie o di forza ; vi comand la trasgressione e il silenzio :
voi avete trasgredito, e non parlavate. Domando ora a
CAPITOLO XXVI. 415.
voi se non avete fatto di pi; voi mi direte se vero
che abbiate mendicati de' pretesti al vostro rifiuto, per
non rivelarne il motivo. E stette l alquanto, aspettando
di nuovo una risposta.
Anche questa gli hanno rapportata le chiacchierone,
pensava don Abbondio : ma non dava segno d' aver
nulla da dire ; onde il cardinale riprese : se vero, che
abbiate detto a que' poverini ci che non era, per tenerli:
nell'ignoranza, nell'oscurit, in cui l' iniquit li voleva.. . ..
Dunque lo devo credere ; dunque non mi resta che d' ar
rossirne con voi, e di sperare che voi ne piangerete con
me. Vedete a che v' ha condotto (Dio buono ! e pur' ora
voi la adducevate per iscusa) quella premura per la vita
che deve finire. V ha condotto ribattete liberamente
queste parole, se vi paiono ingiuste, prendetele in umi
liazione salutare, se non lo sono v'ha condotto a in
gannare i deboli, a mentire ai vostri figliuoli.
Ecco come vanno le cose, diceva ancora tra s don
Abbondio : a quel satanasso, e pensava all'innominato,
le braccia al collo ; e con me, per una mezza bugia, detta
a solo fine di salvar la pelle, tanto chiasso. Ma sono su
periori ; hanno sempre ragione. il mio pianeta, che tutti
m'abbiano a dare addosso; anche i santi. E ad alta
voce, disse: ho mancato; capisco che ho mancato; ma
cosa dovevo fare in un frangente di quella sorte?
E ancor lo domandate? E non ve l'ho detto? E dovevo
dirvelo? Amare, figliuolo; amare e pregare. Allora avre
ste sentito che l' iniquit pu aver bens delle minacce da
fare, de' colpi da dare, ma non de' comandi; avreste unito,
secondo la legge di Dio, ci che l'uomo voleva separare;
avreste prestato a quegl' innocenti infelici il ministero che
avevan ragione di richieder da voi : delle conseguenze sa
rebbe restato mallevadore Iddio, perch si sarebbe andati
per la sua strada: avendone presa un'altra, ne restate
mallevadore voi ; e di quali conseguenze ! Ma forse che
tutti i ripari umani vi mancavano ? forse che non era aperta
alcuna via di scampo , quand' aveste voluto guardarvi
d' intorno, pensarci , cercare ? Ora voi potete sapere che
416 I PROMESSI SPOSI
.que' vostri poverini, quando fossero stati maritati, avreb
bero pensato da s al loro scampo, eran disposta fuggire
dalla faccia del potente, s' eran gi disegnato il luogo di
rifugio. Ma anche senza questo, non vi venne in niente
che alla fine avevate un superiore? Il quale, come mai
avrebbe quest' autorit di riprendervi d' aver mancalo
al vostro uflzio, se non avesse anche l' obbligo d' aiutarvi
ad adempirlo ? Perch non avete pensato a informare il
vostro vescovo dell' impedimento che un' infame violenza
metteva all'esercizio del vostro ministero?
I pareri di Perpetua,! pensava stizzosamente don
Abbondio, a cui, in mezzo a que' discorsi, ci che stava pi
vivamente davanti, era l'immagine di que' bravi, e il pen
siero che don Rodrigo era vivo e sano, e, un giorno o l'altro,
tornerebbe glorioso e trionfante, e arrabbiato. E bench
quella dignit presente, queir aspetto e quel linguaggio, lo
facessero star confuso, e gl' incutessero un certo timore, era
per un timore che non lo soggiogava affatto, n impediva
al pensiero di ricalcitrare : perch e' era in quel pensiero,
che, alla fin delle fini, il cardinale non adoprava n schioppo.
n spada, n bravi.
Come non avete pensato, proseguiva questo, che, se
a quegl'innocenti insidiati non rosse stato aperto altro rifu
gio, c' ero io, per accoglierli, per metterli in salvo, quando
voi me gli aveste indirizzati, indirizzati dei derelitti a un
veseovo, come cosa sua, come parte preziosa, non dico del
suo carico, ma delle sue ricchezze ? E in quanto a voi, io,
sarei divenuto inquieto per voi; io, avrei dovuto non dor
mire, fin che non fossi sicuro che non vi sarebbe torto un
capello. Ch'io non avessi come, dove, mettere in sicuro
la vostra vita? Ma quell'uomo che fu tanto ardito, credete
voi che non gli si sarebbe scemato punto l' ardire, quando
avesse saputo che le sue trame eran note fuor di qui, note
a me, ch'io vegliavo, ed ero risoluto d'usare in vostra
difesa tutti i mezzi che fossero in mia mano? Non sapevate
che, se V uomo promette troppo spesso pi che non sia per
mantenere, minaccia anche non di rado, pi che non s'at
tenti poi di commettere? Non sapevate che l'iniquit non
CAPITOLO XXVI. 417
si fonda soltanto sulle sue forze, ma anche sulla credulit
e sullo spavento altrui?
Proprio le ragioni di Perpetua, pens anche qui
don Abbondio, seuza riflettere che quel trovarsi d'accordo
la sua serva e Federigo Borromeo su ci che si sarebbe
potuto e dovuto fare, voleva dir molto contro di lui.
Ma voi, prosegu e concluse il cardinale, non avete
visto, non avete voluto veder altro che il vostro pericolo
temporale ; qual maraviglia che vi sia parso tale, da tra
scurar per esso ogni altra cosa?
Gli perch le ho viste io quelle facce, scapp detto
a don Abbondio; le ho sentite io quelle parole. Vossi
gnoria illustrissima parla bene; ma bisognerebbe esserne'
panni d' un povero prete, e essersi trovato al punto.
Appena ebbe proferite queste parole, si morse la lingua ;
s' accorse A' ssersi lasciato troppo vincere dalla stizza, e
disse tra se: ora vien la grandine. Ma alzando dub
biosamente lo sguardo, fu tutto maravigliato, nel veder
l' aspetto di quell' uomo, che non gli riusciva mai d' indo
vinare n di capire, nel vederlo, dico, passare, da quella
gravit autorevole e correttrice, a una gravit compunta
e pensierosa.
Pur troppo ! disse Federigo, tale la misera e ter
ribile nostra condizione. Dobbiamo esigere rigorosamente
dagli altri quello che Dio sa se noi saremmo pronti a dare :
dobbiamo giudicare, correggere, riprendere ; e Dio sa quel
che faremmo noi nel caso stesso, quel che abbiam fatto in
casi somiglianti ! Ma guai s' io dovessi prender la mia de
bolezza per misura del dovere altrui, per norma del mio
insegnamento ! Eppure certo che, insieme con le dottrine,
io devo dare agli altri l' esempio, non rendermi simile al
dottor della legge, che carica gli altri di pesi che non pos-
son portare, e che lui non toccherebbe con un dito. Ebbene,
figliuolo e fratello ; poich gli errori di quelli che presie
dono, sono spesso pi noti agli altri che a loro ; se voi sapete
eh' io abbia, per pusillanimit, per qualunque rispetto, tra
scurato qualche mio obbligo, ditemelo francamente, fatemi
ravvedere; affinch, dov'^ mancato l'esempio, supplisca
I Promessi Sposi. 27
4I8 I PROMESSI SPOSI
almeno la confessione. Rimproveratemi liberamente le mie
debolezze ; e allora le parole acquisteranno pi valore nella
mia bocca, perch sentirete pi vivamente, che non son
mie, ma di Chi pu dare a voi e a me la forza necessaria
per far ci che prescrivono.
Oh che sant' uomo ! ma che tormento ! pensava don
Abbondio: anche sopra di s; purch frughi, rimesti,
critichi, inquisisca ; anche sopra di s. Disse poi ad alta
voce : oh monsignore t che mi fa celia ? Chi non conosce
il petto forte, lo zelo imperterrito di vossignoria illustris
sima? E tra s soggiunse: anche troppo.
Io non vi chiedevo una lode, che mi fa tremare,
disse Federigo, perch Dio conosce i miei mancamenti, e
quello che ne conosco anch' io, basta a confondermi. Ma
avrei voluto, vorrei che ci confondessimo insieme davanti
a Lui, per confidare insieme. Vorrei, per amor vostro, che
intendeste quanto la vostra condotta sia stata opposta,
quanto sia opposto il vostro linguaggio alla legge che pur
predicate, e secondo la quale sarete giudicato.
Tutto casca addosso a me, disse don Abbondio:
ma queste persone che son venute a rapportare, non le
hanno poi detto d' essersi introdotte in casa mia, a tradi
mento, per sorprendermi, e per fare un matrimonio contro
le regole.
Me l' hanno detto, figliuolo : ma questo m' accora, que
sto m' atterra, che voi desideriate ancora di scusarvi ; che
pensiate di scusarvi, accusando; che prendiate materia
d' accusa da ci che dovrebb' esser parte della vostra con
fessione. Chi gli ha messi, non dico nella necessit, ma nella
tentazione di far ci che hanno fatto? Avrebbero essi cer
cata quella via irregolare, se la legittima non fosse loro
stata chiusa ? pensato a insidiare il pastore, se fossero stati
accolti nelle sue braccia, aiutati, consigliati da lui ? a sor
prenderlo, se non si fosse nascosto ? E a questi voi date ca
rico? e vi sdegnate perch, dopo tante sventure, che dico?
nel mezzo della sventura, abbian detto una parola di sfogo
al loro, al vostro pastore ? Che il ricorso dell' oppresso, la
querela dell' afflitto siano odiosi al mondo, il mondo tale;
CAPITOLO XXVI. il'J
ma noi! E che pro sarebbe stato per voi, se avessero
taciuto ? Vi tornava conto che la loro causa andasse intera
al giudizio di Dio ? Non per voi una nuova ragione d'amar
queste persone (e gi tante ragioni n' avete) , che v' abbian
dato occasione di sentir la voce sincera del vostro vescovo,
che v' abbian dato un mezzo di conoscer meglio, e di scon
tare in parie il gran debito che avete con loro ? Ah ! se
v'avessero provocato, offeso, tormentato, vi direi (e dovrei
10 dirvelo?) d'amarli, -appunto per questo. Amateli perch
hanno patito, perch patiscono, perch son vostri, perch
son deboli, perch avete bisogno d' un perdono, a ottenervi
11 quale, pensate di qual forza possa essere la loro pre
ghiera.
Don Abbondio stava zitto ; ma non era pi quel silenzio
forzato e impaziente : stava zitto come chi ha pi cose da
pensare che da dire. Le parole che sentiva, eran conse
guenze inaspettate, applicazioni nuove, ma d' una dottrina
antica per nella sua mente, e non contrastata. Il male de
gli altri, dalla considerazion del quale l' aveva sempre di
stratto la paura del proprio, gli faceva ora un' impressione
nuova. E se non sentiva tutto il rimorso che la predica vo
leva produrre (ch quella stessa paura era sempre li a far
l'uiizio di difensore), ne sentiva per; sentiva un certo di
spiacere di s, una compassione per gli altri, un misto di
tenerezza e di confusione. Era, se ci si lascia passare que
sto paragone, come lo stoppino umido e ammaccato d' una
candela, che presentato alla fiamma di una gran torcia, da
principio fuma, schizza, scoppietta, non ne vuol saper nulla ;
ma alla fine s' accende e, bene o male, brucia. Si sarebbe
apertamente accusato, avrebbe pianto, se non fosse stato il
pensiero di don Rodrigo ; ma tuttavia si mostrava abba
stanza commosso, perch il cardinale dovesse accorgersi
che le sue parole non erano state senza effetto.
Ora, prosegu questo, uno fuggitivo da casa sua,
l' altra in procinto d' abbandonarla, e tutt' e due con troppo
forti motivi di starne lontani, senza probabilit di riunirsi
mai qui, e contenti di sperare che Dio li riunisca altrove;
ora, pur troppo, non hanno bisogno di voi ; pur troppo, voi
420 I PROMESSI SPOSI
non avete occasione di far loro del bene . n il corto nostro
prevedere pu scoprirne alcuna nell'avvenire. Ma chi sa se
Dio misericordioso non ve ne prepara ? Ah non le lasciate
sfuggirei cercatele, state alle velette, pregatelo che le
faccia nascere.
Non mancher, monsignore, non mancher, davvero,
rispose don Abbondio, con una voce che, in quel momento,
veniva proprio dal cuore.
Ah s, figliuolo, s! esclam Federigo; e con una
dignit piena d' affetto, concluse : lo sa il cielo se avrei
desiderato di tener con voi tutt' altri discorsi. Tutt' e due
abbiamo gi vissuto molto : lo sa il cielo se m' stato duro
di dover contristar con rimproveri codesta vostra canizie,
e quanto sarei stato pi contento di consolarci insieme delle
nostre cure comuni, de' nostri guai, parlando della beata
speranza, alla quale siamo arrivati cos vicino. Piaccia a
Dio che le parole le quali ho pur dovuto usar con voi, ser
vano a voi e a me. Non fate che m' abbia a chieder conto,
in quel giorno, d' avervi mantenuto in un ufizio, al quale
avete cos infelicemente mancato. Ricompriamo il tempo:
la mezzanotte vicina; lo Sposo non pu tardare; teniamo
acceso le nostre lampade. Presentiamo a Dio i nostri cuori
miseri, vti, perch Gli piaccia riempirli di quella carit,
che ripara al passato, che assicura l' avvenire, che teme
e confida, piange e si rallegra, con sapienza ; che diventa
in ogni caso la virt di cui abbiamo bisogno.
Cos detto, si mosse; e don Abbondio gli and dietro.
Qui l' anonimo ci avvisa che non fu questo il solo abboc-
mento di que' due personaggi, n Lucia il solo argomento
de' loro abboccamenti; ma che lui s' ristretto a questo,
per non andar lontano dal soggetto principale del racconto.
E che, per lo stesso motivo, non far menzione d'altre cose
notabili, dette da Federigo in tutto il corso d'ella visita, n
delle sue liberalit, n delle discordie sedate, degli odi an
tichi tra persone, famiglie, terre intere, spenti o (cosa ch'era
pur troppo pi frequente) sopiti, n di qualche bravaccio o
tirannello ammansato, o per tutta la vita, o per qualche
tempo ; cose tutte delle quali ce n' era sempre pi o meno,
CAPITOLO XXVI. 421
in ogni luogo della diocesi dove queir uomo eccellente fa
cesse qualche soggiorno.
Dice poi, che, la mattina seguente, venne donna Prassede,
secondo il fissato, a prender Lucia, e a complimentare il
cardinale, il quale gliela lod, e raccomand caldamente.
Lucia si stacc dalla madre, potete pensar con che pianti ;
e usc dalla sua casetta ; disse per la seconda volta addio
al paese, con quel senso di doppia amarezza, che si prova
lasciando un luogo che fu unicamente caro, e che non pu
esserlo pi. Ma i congedi con la madre non eran gli ulti
mi ; perch donna Prassede aveva detto che si starebbe an
cor qualche giorno in quella sua villa, la quale non era
molto lontana ; e Agnese promise alla figlia d' andar l a
trovarla, a dare e a rice vere un pi doloroso addio.
Il cardinale era anche lui sulle mosse per continuar la
sua visita, quando arriv, e chiese di parlargli il curato
della parrocchia, in cui era il castello dell' innominato. In
trodotto, gli present un gruppo e una lettera di quel si
gnore, la quale lo pregava di far accettare alla madre di
Lucia cento scudi d' oro ch' eran nel gruppo, per servir di
dote alla giovine, o per quell' uso che ad esse sarebbe parso
migliore ; lo pregava insieme di dir loro, che, se mai, in
qualunque tempo, avessero creduto che potesse render loro
qualche servizio, la povera giovine sapeva pur troppo dove
stesse ; e per lui, quella sarebbe una delle fortune pi desi
derate. Il cardinale fece subito chiamare Agnese, le rifer
la commissione, che fu sentita con altrettanta soddisfazione
che maraviglia; e le present il rotolo, ch' essa prese, senza
far gran complimenti. Dio gliene renda merito, a quel
signore, disse: e vossignoria illustrissima lo ringrazi
tanto tanto. E non dica nulla a nessuno, perch questo
un certo paese ... Mi scusi, veda ; so bene che un par suo
non va a chiacchierare di queste cose ; ma ... lei m' in
tende.
And a casa, zitta, zitta; si chiuse in camera, svolt il
rotolo, e quantunque preparata, vide con ammirazione, tutti
in un mucchietto e suoi, tanti di que' ruspi, de' quali non
aveva forse mai visto pi d' uno per volta, e anche di rado;
422 I PROMESSI SPOSI
li cont, pen alquanto a metterli di nuovo per taglio, e a
tenerli l tutti, ch ogni momento facevan pancia, e sgu
sciavano dalle sue dita inesperte ; ricomposto finalmente un
rotolo alla meglio, lo mise in un cencio, ne fece un involto,
un batuffoletto, e legatolo bene in giro con della cordellina,
l' and a ficcare in un cantuccio del suo saccone. Il resto di
quel giorno, non fece altro che mulinare, far disegni sul
l'avvenire, e sospirar l' indomani. Andata a letto, stette de
sta un pezzo, col pensiero in compagnia di que' cento che
aveva sotto: addormentata, li vide in sogno. All'alba,
s' alz e s' incammin subito verso la villa, dov' era Lucia.
Questa, dal canto suo, quantunque non le fosse diminuita
quella gran ripugnanza a parlar del voto, pure era risoluta
di farsi forza, e d' aprirsene con la madre in queil' abbocca
mento, che per lungo tempo doveva chiamarsi l'ultimo.
Appena poterono esser sole, Agnese, con una faccia tutta
animata, e insieme a voce bassa, come se ci fosse stato pre
sente qualcheduno a cui non volesse farsi sentire, cominci :
ho da dirti una gran cosa; e le raccont l'inaspettata
fortuna.
Iddio lo benedica, quel signore, disse Lucia : cos
avrete da star bene voi, e potrete anche far del bene a
qualchedun altro.
Come ? rispose Agnese : non vedi quante cose pos
siamo fare, con tanti danari? Senti; io non ho altro che te,
che voi due, posso dire ; perch Renzo, da che cominci a
discorrerti, l' ho sempre riguardato come un mio figliuolo.
Tutto sta che non gli sia accaduta qualche disgrazia, a ve
dere che non ha mai fatto saper nulla : ma eh ! deve andar
tutto male ? Speriamo di no, speriamo. Per me, avrei avuto
caro di lasciar l' ossa nel mio paese ; ma ora che tu non ci
puoi stare, in grazia di quel birbone, e anche solamente a
pensare d' averlo vicino colui, m' venuto in odio il mio
paese : e con voi altri io sto per tutto. Ero disposta, fin
d' allora, a venir con voi altri, anche in capo al mondo ; e
son sempre stata di quel parere ; ma senza danari come si
la ? Intendi ora? Que' quattro, che quel poverino aveva messi
da parte, con tanto stento e con tanto risparmio, venuta
CAPITOLO XXVI. 423
Sa giustizia, e ha spazzato ogni cosa; ma, per ricompensa,
il Signore ha mandato la fortuna a noi. Dunque, quando
avr trovato il bandolo di far saper se vivo, e dov' , p
che intenzioni ha, ti vengo a prender io a Milano; io ti
vengo a prendere. Altre volte mi sarebbe parso un gran
che ; ma le disgrazie fanno diventar disinvolti ; fino a Monza
ci sono andata, e so cos' viaggiare. Prendo con me un
uomo di proposito, un parente, come sarebbe a dire Alessio
di Maggianico : ch, a voler dir proprio in paese, un uomo
di proposito non c' : vengo con lui : gi la spesa la fac
ciamo noi, e... intendi?
Ma vedendo che, in vece d' animarsi, Lucia s'andava ac
corando, e non dimostrava che una tenerezza senz'allegria,
lasci il discorso a mezzo, e disse : ma cos' hai ? non ti
pare?
Povera mamma ! esclam Lucia, gettandole un brac
cio al collo, e nascondendo il viso nel seno di lei.
Cosa c' ? domand di nuovo ansiosamente la madre.
Avrei dovuto drvelo prima, rispose Lucia, alzando
il viso, e asciugandosi le lacrime ; ma non ho mai avuto
cuore: compatitemi.
Ma d su, dunque.
Io non posso pi esser moglie di quel poverino !
Come? come?
Lucia, col capo basso, col petto ansante, lacrimando senza
piangere, come chi racconta una cosa che, quand' anche di
spiacesse, non si pu cambiare, rivel il voto; e insieme,
giungendo le mani, chiese di nuovo perdono alla madre,
<li non aver parlato fin allora ; la preg di non ridir la cosa
ad anima vivente, e d' aiutarla ad adempire ci che aveva
promesso.
Agnese era rimasta stupefatta e costernata. Voleva sde
gnarsi del silenzio tenuto con lei ; ma i gravi pensieri del
caso soffogavano quel dispiacere suo proprio ; voleva dirle :
cos' hai fatto ? ma le pareva che sarebbe un prendersela col
cielo: tanto pi che Lucia tornava a dipinger co' pi vivi
colori quella notte, la desolazione cos nera, e la liberazione
cos impreveduta, tra le quali la promessa era stata fatta.
424 I PROMESSI SPOSI
cos espressa, cosi solenne. E intanto, ad Agnese veniva an
che in mente questo e quell'esempio, che aveva sentito
raccontar pi volte, che lei stessa aveva raccontato alla
figlia, di gastighi strani e terribili, venuti per la violazione
di qualche voto. Dopo esser rimasta un poco come incan
tata, disse: e ora cosa farai?
Ora, rispose Lucia, tocca al Signore a pensarci ;
al Signore e alla Madonna. Mi son messa nelle lor mani :
non m' hanno abbandonata finora ; non m' abbandoneranno
ora che ... La grazia che chiedo per me al Signore, la sola
grazia, dopo la salvazion dell' anima, che mi faccia tornar
con voi : e me la conceder, s, me la conceder. Quel gior
no .. . in quella carrozza ... ah Vergine santissima ! . . .
quegli uomini ! . . . chi m' avrebbe detto che mi menavano
da colui che mi doveva menare a trovarmi con voi, il
giorno dopo?
Ma non parlarne subito a tua madre ! disse Agnese
con una certa stizzetta temperata d'amorevolezza e di piet.
Compatitemi ; non avevo cuore ... e che sarebb gio
vato d'affliggervi qualche tempo prima?
E Renzo? disse Agnese, tentennando il capo.
Ah t esclam Lucia, riscotendosi , io non ci devo
pensar pi a quel poverino. Gi si vede che non era desti
nato . . . Vedete come pare che il Signore ci abbia voluti
proprio tener separati. E chi sa ... ? ma no , no : l' avr
preservato Lui da' pericoli, e lo far esser fortunato anche
di pi, senza di me.
Ma intanto, riprese la madre, se non fosse che tu
ti sei legata per sempre, a tutto il resto, quando a Renzo
non gli sia accaduta qualche disgrazia, con que' danari io
ci avevo trovato rimedio.
Ma que' danari, replic Lucia, ci sarebbero venuti,
s' io non avessi passata quella notte ? il Signore che ha
voluto che tutto andasse cos : sia fatta la sua volont.
E la parola mor nel pianto.
A queir argomento inaspettato , Agnese rimase l pen
sierosa. Dopo qualche momento, Lucia, rattenendo i sin
ghiozzi, riprese : ora che la cosa fatta, bisogna adattarsi
CAPITOLO XXVI. 425
Ji buon animo ; e voi, povera mamma, voi mi potete aiutare,
prima, pregando il Signore per la vostra povera figlia, e
poi . . . bisogna bene che quel poverino lo sappia. Pensateci
voi, fatemi anche questa carit : ch voi ci potet pensare.
Quando saprete dov', fategli scrivere, trovate un uomo. . ..
appunto vostro cugino Alessio, che un uomo prudente e
caritatevole, e ci ha sempre voluto bene, e non ciarler :
fategli scriver da lui la cosa coni' andata, dove mi son
trovata, come ho patito, e che Dio ha voluto cos, e che
metta il cuore in pace, e ch' io non posso mai mai esser di
nessuno. E fargli capir la cosa con buona grazia, spiegargli
che ho promesso, che ho proprio fatto voto. Quando sapr
che ho promesso alla Madonna. . . ha sempre avuto il timor
di Dio. E voi, la prima volta che avrete le sue nuove, fa
temi scrivere, fatemi saper che sano; e poi... non mi
fate pi saper nulla.
Agnese, tutta intenerita, assicur la figlia che ogni cosa
ri farebbe come desiderava.
Vorrei dirvi un' altra cosa, riprese questa: quel po
verino, se non avesse avuto la disgrazia di pensare a me,
non gli sarebbe accaduto ci che gli accaduto. per il
mondo; gli hanno troncato il suo avviamento, gli hanno
portato via la sua roba, que' risparmi che aveva fatti, po
verino, sapete perch ... E noi abbiamo tanti danari ! Oh
mamma ! giacch il Signore ci ha mandato tanto bene, e
quel poverino, proprio vero che lo riguardavate come
vostro... s, come un figliuolo, oh! fate mezzo per uno;
ch, sicuro, Iddio non ci mancher. Cercate un' occasione
fidata, e mandateglieli, ch sa il cielo come n' ha bisogno !
Ebbene, cosa credi ? rispose Agnese : glieli mander
davvero. Povero giovine ! Perch pensi tu ch' io fossi cosi
contenta di que' danari ? Ma ... ! io era proprio venuta qui
tutta contenta. Basta, io glieli mander, povero Renzo ! ma
anche lui so quel che dico ; certo che i danari fanno
piacere a chi n'ha bisogno; ma questi non saranno quelli
che lo faranno ingrassare.
Lucia ringrazi la madre di quella pronta e liberale
condiscendenza, con una gratitudine, con un affetto, da far
426 I PROMESSI SPOSI
capire a chi l'avesse osservata, che il suo cuore faceva
ancora a mezzo con Renzo, forse pi che lei medesima
non lo credesse.
E senza di te, che far io povera donna ? disse Agnese,
piangendo anch'essa.
E io senza di voi, povera mamma ? e in casa di fore
stieri? e laggi in quel Milano... ! Ma il Signore sar con
tutt' e due ; e poi ci far tornare insieme. Tra otto o nove
mesi ci rivedremo; e di qui allora, e anche prima, spero
avr accomodate le cose Lui, per riunirci. Lasciamo fare a
Lui. La chieder sempre sempre alla Madonna questa gra
zia. Se avessi qualche altra cosa da offrirle, lo farei ; ma
tanto misericordiosa, che me l' otterr per niente.
Con queste ed altre simili, e pi volte ripetute parole
di lamento e di conforto, di rammarico e di rassegnazione,
con molte raccomandazioni e promesse di non dir nulla,
on molte lacrime, dopo lunghi e rinnovati abbracciamenti,
le donne si separarono, promettendosi a vicenda di rive
dersi il prossimo autunno, al pi tardi; come se il man
tenere dipendesse da loro, e come per si fa sempre in
casi simili.
Intanto cominci a passar molto tempo senza che Agnese
potesse saper nulla di Renzo. N lettere n imbasciate
da parte di lui, non ne veniva ; di tutti quelli del paese,
del contorno, a cui pot domandare, nessuno ne sapeva
pi di lei.
E non era la sola che facesse invano una tal ricerca: il
cardinal Federigo, che non aveva detto per cerimonia alle
povere donne, di voler prendere informazioni del povero
giovine, aveva infatti scritto subito per averne. Tornato poi
dalla visita a Milano, aveva ricevuto la risposta in cui gli
si diceva che non s'era potuto trovar recapito dell' indicato
soggetto; che veramente era stato qualche tempo in casa
d' un suo parente, nel tal paese, dove non aveva fatto dir
di s ; ma, una mattina, era scomparso all' improvviso,
quel suo parente stesso non sapeva cosa ne fosse stato, e
non poteva che ripetere certe voci in aria e contraddittorie
che correvano, essersi il giovine arrolato per il Levante,
CAPITOLO XXVI. 42T
esser passato in Germania, perito nel guadare un fiume :
che non si mancherebbe di stare alle velette, se mai si po
tesse saper qualcosa di pi positivo, per farne subito parte
a sua signoria illustrissima e reverendissima.
Pi tardi, quelle ed altre voci si sparsero anche nel ter
ritorio di Lecco, e vennero per conseguenza agli orecchi
ii'Agnese. La povera donna faceva di tutto per venire in
oMaro qual fosse la vera, per arrivare alla fonte di questa
e di quella, ma non riusciva mai a trovar di pi di quel
dicono, che, anche al giorno d' oggi, basta da s ad attestar
tante cose. Talora, appena glien' era stata raccontata una,
veniva uno e le diceva che non era vero nulla; ma per
dargliene in cambio un' altra, ugualmente strana o sini
stra. Tutte ciarle: ecco il fatto.
Il governatore di Milano e capitano generale in Italia,
don Gonzalo Fernandez di Cordova, aveva fatto un gran
fracasso col signor residente di Venezia in Milano, perch
un malandrino, un ladrone pubblico, un promotore di sac
cheggio e d' omicidio, il famoso Lorenzo Tramaglino, che,
nelle mani stesse della giustizia, aveva eccitato sommossa
per farsi liberare, fosse accolto e ricettato nel territorio
bergamasco. Il residente avea risposto che la cosa gli riu
sciva nuova, e che scriverebbe a Venezia, per poter dare a
sua eccellenza quella spiegazione che il caso avesse portato.
A Venezia avevarn per massima di secondare e di colti
vare l' inclinazione degli operai di seta milanesi a traspor
tarsi nel territorio bergamasco, e quindi di far che ci tro
vassero molti vantaggi e, soprattutto quello senza di cui
ogni altro nulla, la sicurezza. Siccome per, tra due grossi
litiganti, qualche cosa, per poco che sia, bisogna sempre che
il terzo goda ; cos Bortolo fu avvisato in confidenza, non si
sa da chi, che Renzo non istava bene in quel paese, e che
farebbe meglio a entrare in qualche altra fabbrica, cam
biando anche nome per qualche tempo. Bortolo intese per
aria, non domand altro, corse a dir la cosa al cugino, lo
prese con s in un calessino, lo condusse a un altro filatoio>
discosto da quello forse quindici miglia, e lo present, sotto
il nome d'Antonio Rivolta, al padrone, ch'era nativo anche
428 I PROMESSI SPOSI
lui dello stato di Milano , e suo antico conoscente. Questo ,
quantunque l'annata fosse scarsa, non si fece pregare a
ricevere un operaio che gli era raccomandato come onesto
e abile, da un galantuomo che se n'intendeva. Alla prova
poi, non ebbe che a lodarsi dell'acquisto; meno che, sul
principio, gli era parso che il giovine dovesse essere un
po' stordito, perch, quando si chiamava : Antonio ! le pi
volte non rispondeva.
Poco dopo, venne un ordine da Venezia, in istile pacato,
al capitano di Bergamo, che prendesse e desse informa
zione, se nella sua giurisdizione, e segnatamente net tal
paese, si trovasse il tal soggetto. Il Capitano, fatte le sue
diligenze, come aveva capito che si volevano, trasmisi! la
risposta negativa, la quale fu. trasmessa al residente in
Milano, che la trasmettesse a don Gonzalo Fernandez di
Cordova.
Non mancavan poi curiosi, che volessero saper da Bor
tolo il perch quel giovine non c' era pi, e dove fosse an
dato. Alla prima domanda Bortolo rispondeva: ma!
scomparso. Per mandar poi in pace i pi insistenti, senza
dar loro sospetto di quel che n'era davvero, aveva creduto
bene di regalar loro, a chi l' una, a chi l' altra delle notizie
da noi riferite di sopra : per, come cose incerte, che aveva
sentite dire anche lui, senza averne un riscontro positivo.
Ma quando la domanda gli venne fatta per commission
del cardinale, senza nominarlo, e con un certo apparato
d'importanza e di mistero, lasciando capire ch'era in
nome d'un gran personaggio, tanto pi Bortolo s'inso
spett, e cred necessario di risponder secondo il solito;
anzi , trattandosi d' un gran personaggio , diede in una
volta tutte le notizie che aveva stampate a una a una,
in quelle diverse occorrenze.
Non si creda per che don Gonzalo, un signore di quella
sorte, l' avesse proprio davvero col povero filatore di mon
tagna; che informato forse del poco rispetto usato, e delle
cattive parole dette da colui al suo re moro incatenato per
la gola, volesse fargliela pagare ; o che lo credesse un sog
getto tanto pericoloso, da perseguitarlo anche fuggitivo, da
CAPITOLO XXVI. 429
non lasciarlo vivere anche lontano, come il senato romano
con Annibale. Don Gonzalo aveva troppe e troppo gran
cose in testa, per darsi tanto pensiero de' fatti di Renzo ; e
se parve che se ne desse, nacque da un concorso singolare
di circostanze, per cui il poveraccio, senza volerlo, e senza
.saperlo n allora n mai, si trov, con un sottilissimo e in
visibile filo, attaccato a quelle troppe e troppo gran cose.

CAPITOLO XXVII.

Cria pi d' una volta c' occorso di far menzione della


guerra che allora bolliva, per la successione agli stati del
duca Vincenzo Gonzaga, secondo di quel nome; ma c'
occorso sempre in momenti di gran fretta : sicch non ab
biada mai potuto darne pi che un cenno alla sfuggita. Ora
per, all' intelligenza del nostro racconto si richiede pro
prio d'averne qualche notizia pi particolare. Son cose
che chi conosce la storia le deve sapere ; ma siccome, per
un giusto sentimento di noi medesimi, dobbiam supporre
che quest' opera non possa esser letta se non da ignoranti,
cos non sar male che ne diciamo qui quanto basti per
infarinarne chi n' avesse bisogno.
Abbiam detto che, alla morte di quel duca, il primo chia
mato, in linea di successione, Carlo Gonzaga, capo d' un
ramo cadetto trapiantato in Francia, dove possedeva i
ducati di Nevers e di Rhtel, era entrato al possesso di
Mantova; e ora aggiungiamo, del Monferrato: che la fretta
appunto ce l' aveva fatto lasciar nella penna. La corte di
Madrid, che voleva a ogni patto (abbiam detto anche questo)
escludere da que' due feudi il nuovo principe, e per esclu
derlo aveva bisogno d' una ragione (perch le guerre fatte
senza una ragione sarebbero ingiuste), s'era dichiarata
sostenitrice di quella che pretendevano avere, su Mantova
un altro Gonzaga, Ferrante, principe di Guastalla; sul
Monferrato Carlo Emanuele I, duca di Savoia, e Marghe
rita Gonzaga, duchessa vedova di Lorena. Don Gonzalo,
eh' era della casa del gran capitano, e ne portava il nome, e
che aveva gi fatto la guerra in Fiandra, voglioso oltremodo
430 I PROMESSI SPOSI
di condurne una in Italia, era forse quello che faceva
pi fuoco, perch questa si dichiarasse; e intanto, inter
pretando l' intenzioni e precorrendo gli ordini della corte
suddetta, aveva concluso col duca di Savoia un trattato
d' invasione e di divisione del Monferrato ; e n' aveva poi
ottenuta facilmente la ratificazione dal conte duca, facen
dogli creder molto agevole l' acquisto di Casale, ch' era il
punto pi difeso della parte pattuita al re di Spagna.
Protestava per, in nome di questo, di non volere occupar
paese, se non a titolo di deposito, fino alla sentenza del
l' imperatore ; il quale; in parte per gli uflzi altrui, in parte
per suoi propri motivi, aveva intanto negata l' investitura
al nuovo duca, e intimatogli che rilasciasse a lui in se
questro gli stati controversi: lui poi, sentite le parti, li
rimetterebbe a chi fosse di dovere. Cosa alla quale il
Nevers non s' era voluto piegare.
Aveva anche lui amici d' importanza : il cardinale di Ri-
chelieu, i signori veneziani, e il papa, ch'era, come abbiani
detto, Urbano VIII. Ma il primo, impegnato allora nell'as
sedio della Roccella e in una guerra con l' Inghilterra, at
traversato dal partito della regina madre, Maria de'Medici.
contraria, per certi suoi motivi, alla casa di Nevers, non
poteva dare che .delle speranze. I veneziani non .volevan
moversi, e nemmeno dichiararsi, se prima un esercito fran
cese non fosse calato in Italia; e, aiutando il duca sotto
mano, come potevano, con la corte di Madrid e col go
vernatore di Milano stavano sulle proteste, sulle proj>oste,
sull'esortazioni, placide o minacciose, secondo i momenti. 1'
papa raccomandava il Nevers agli amici, intercedeva in suo
favore presso gli avversari, faceva progetti d' accomoda
mento ; di metter gente in campo non ne voleva saper nulla.
Cos i due alleati alle offese poterono, tanto pi sicura
mente, cominciar l' impresa concertata. Il duca di Savoia
era entrato, dalla sua parte, nel Monferrato ; don Gonzalo
aveva messo, con gran voglia, l'assedio a Casale; ma non
ci trovava tutta quella soddisfazione che s'era immaginato:
che non credeste che nella guerra sia tutto rose. La corte
non V aiutava a seconda de' suoi desideri, anzi gli laseiava
CAPITOLO XXVII. 431
mancare i mezzi pi necessari; l' alleato l'aiutava troppo:
voglio dire che, dopo aver presa la sua porzione, andava
spilluzzicando quella assegnata al re di Spagna. Don Gon
zalo se ne rodeva quanto mai si possa dire ; ma temendo, se
faceva appena un po' di rumore, che quel Carlo Emanuele,
m'attivo ne'maneggi e mobile ne'trattati, come prode nel
l'armi, si voltasse alla Francia, doveva chiudere un occhio,
mandarla gi, e stare zitto. L' assedio poi andava male, in
lungo, ogni tanto all'indietro, e per il contegno saldo, vigi
lante, risoluto degli assediati, e per aver lui poca gente, e,
al dire di qualche storico, per i molti spropositi che faceva.
Su questo noi lasciamo la verit a suo luogo, disposti anche,
quando la cosa fosse realmente cos, a trovarla bellissima,
se fu cagione che in quell'impresa sia restato morto, smoz
zicato, storpiato qualche uomo di meno, e, ceteris paribus,
anche soltanto un po' meno danneggiati i tegoli di Casale.
In questi frangenti ricevette la nuova della sedizione di
Milano, e ci accorse in persona.
Qui, ne,l ragguaglio che gli si diede, fu fatta anche men
zione della fuga ribelle e clamorosa di Renzo, de' fatti veri
'! supposti ch' erano stati cagione del suo arresto ; e gli si
seppe anche dire che questo tale s' era rifugiato sul terri
torio di Bergamo. Questa circostanza ferm l' attenzione
ili don Gonzalo. Era informato da tutt'altra parte, che a
Venezia avevano alzata la cresta, per la sommossa di Mi
lano; che da principio avevan creduto che sarebbe costretto
alevar l'assedio da Casale, e pensavan tuttavia che ne fosse
ancora sbalordito, e in gran pensiero : tanto pi che, subito
dopo queir avvenimento, era arrivata la notizia, sospirata
da que' signori e temuta da lui, della resa della Roecella. E
scottandogli molto, e come uomo e come politico, che que' si
gnori avessero un tal concetto de' fatti suoi , spiava ogni
occasione di persuaderli, per via d'induzione, che non aveva
perso nulla dell'antica sicurezza; giacch il dire espres
samente: non ho paura, come non dir nulla. Un buon
mezzo di fare il disgustato, di querelarsi, di reclamare : e
perci, essendo venuto il residente di Venezia a fargli un
complimento, e ad esplorare insieme, nella sua faccia e nel
432 I PROMESSI SPOSI
suo contegno, come stesse dentro di s (notate tutto; ch
questa politica di quella vecchia fine), don Gonzalo, dopo
aver parlato del tumulto, leggermente e da uomo che ha
gi messo riparo a tutto ; fece quel fracasso che sapete a
proposito di Renzo; come sapete anche quel che ne venne
in conseguenza. Dopo, non s' occup pi d' un affare cosi
minuto e, in quanto a lui, terminato ; e quando poi, che fu
un pezzo dopo, gli arriv la risposta, al campo sopra Casale,
dov' era tornato, e dove aveva tutt' altri pensieri, alz e
dimen la testa, come un baco da seta che cerchi la foglia;
stette l un momento, per farsi tornar vivo nella memoria
quel fatto, di cui non ci rimaneva pi che un' ombra ; si
ramment della cosa, ebbe un'idea fugace e confusa del
personaggio: pass ad altro, e non ci pens pi.
Ma Renzo, il quale, da quel poco che gli s' era fatto ve
der per aria, doveva supporre tutt'altro che una cos beni
gna noncuranza, stette un pezzo senz' altro pensiero o, per
dir meglio, senz'altro studio, che di viver nascosto. Pensate
se si struggeva di mandar le sue nuove alle donne, e d'a
ver le loro : ma c' eran due gran difficolt. Una, che avrebbe
dovuto anche lui confidarsi a un segretario, perch il pove
rino non sapeva scrivere, e neppur leggere, nel senso esteso
della parola ; e se, interrogato di ci, come forse vi ricorde
rete, dal dottor Azzecca-garbugli, aveva risposto di si, non
fu un vanto, una sparata, come si dice ; ma era la verit
che lo stampato lo sapeva leggere, mettendoci il suo tempo:
lo scritto un altro par di maniche. Era dunque costretto
a mettere un terzo a parte de' suoi interessi, d' un segreto
cos geloso : e un .uomo che sapesse tener la penna in
mano, e di cui uno si potesse fidare, a que' tempi non si
trovava cos facilmente ; tanto pi in un paese dove non
s' avesse nessuna antica conoscenza. L' altra difficolt era
d' avere anche un corriere ; un uomo che andasse appunto
da quelle parti, che volesse incaricarsi della lettera, e darsi
davvero il pensiero di recapitarla ; tutte cose, anche queste,
diffcili a trovarsi in un uomo solo.
Finalmente, cerca e ricerca, trov chi scrivesse per lui.
Ma, non sapendo se le donne fossero ancora a Monza, o
CAPITOLO XXVII. 433
dove, cred tene di fare accluder la lettera per Agnese in
un' altra diretta al padre Cristoforo. Lo scrivano prese an
che l'incarico di far recapitare il plico; lo consegn a uno
che doveva passare non lontano da Pescarenico; costui lo
lasci, con molte raccomandazioni, in un' osteria sulla stra
da, al punto pi vicino ; trattandosi che il plico era indi
rizzato a un convento, ci arriv; ma cosa n'avvenisse dopo,
non s' mai saputo. Renzo, non vedendo comparir risposta,
fece stendere un'altra lettera, a un di presso come la prima,
e accluderla in un' altra a un suo amico di Lecco, o parente
che fosse. Si cerc un altro latore, si trov ; questa volta la
lettera arriv a chi era diretta. Agnese trott a Maggianico,
se la fece leggere e spiegare da queir Alessio suo cugino :
concert con lui una risposta, che questo mise in carta; si
trov il mezzo di mandarla ad Antonio Rivolta nel luogo
del suo domicilio : tutto questo per non cosi presto come
noi lo raccontiamo. Renzo ebbe la risposta, e fece riscrivere.
In somma, s' avvi tra le due parti un carteggio, n rapido
n regolare, ma pure, a balzi e ad intervalli, continuato.
Ma per avere un' idea di quel carteggio, bisogna sapere
un poco come andassero allora tali cose, anzi come vadano ;
perch, in questo particolare, credo che ci sia poco o nulla
di cambiato.
Il contadino che non sa scrivere, e che avrebbe bisogno
di scrivere, si rivolge a uno che conosca queir arte, sce
gliendolo, per quanto pu, tra quelli della sua condizione,
perch degli altri si perita, o si fida poco ; l' informa, con
pi o meno ordine e chiarezza, degli antecedenti: e gli
espone, nella stessa maniera, la cosa da mettere in carta.
Il letterato, parte intende, parte frantende, d qualche con
siglio, propone qualche cambiamento, dice : lasciate fare a
me ; piglia la penna, mette come pu in forma letteraria i
pensieri dell' altro, li corregge, li migliora, carica la mano,
oppure smorza, lascia anche fuori, secondo gli pare che torni
meglio alla cosa: perch, non c' rimedio, chi ne sa pi
degli altri non vuol essere strumento materiale nelle loro
mani; e quando entra negli affari altrui, vuol anche far
gli andare un po' a modo suo. Con tutto ci, al letterato
/ Promessi Sposi. - 28
434 I PROMESSI SPOSI
suddetto non gli riesce sempre di dire tutto quel che vor
rebbe; qualche volta gli accade di dire tutt' altro: accade an
che a noi altri, che scriviamo per la-stampa. Quando la let
tera cos composta arriva alle mani del corrispondente, eho
anche lui non abbia pratica dell' abbicc, la porta a un altro
dotto di quel calibro, il quale gliela legge e gliela spiega.
Nascono delle questioni sul modo d' intendere ; perch l' in
teressato, fondandosi sulla cognizione de' fatti antecedenti,
pretende che certe parole voglian dire una cosa; il lettore,
stando alla pratica che ha della composizione, pretende che
ne vogliano dire un' altra. Finalmente bisogna che chi non
sa si metta nelle mani di chi sa, e dia a lui l' incarico della
risposta : la quale, fatta sul gusto della proposta, va poi sog
getta a un'interpretazione simile. Che se, per di pi, il
soggetto della corrispondenza un po' geloso ; se c' entrano
affari segreti, che non si vorrebbero lasciar capire a un
terzo, caso mai che la lettera andasse persa ; se, per questo
riguardo, c' stata anche l' intenzione positiva di non dir le
cose affatto chiare ; allora, per poco che la corrispondenza
duri, le parti finiscono a intendersi tra di loro come altre
volte due scolastici che da quattr'ore disputassero sull' en
telechia: per non prendere una similitudine da cose vive;
che ci avesse poi a toccare qualche scappellotto.
Ora, il caso de' nostri due corrispondenti era appunto
quello che abbiam detto. La prima lettera scritta in nome
di Renzo conteneva molte materie. Da principio, oltre un
racconto della fuga, molto pi conciso, ma anche pi arruf
fato di quello che avete letto, un ragguaglio delle sue cir
costanze attuali; dal quale, tanto Agnese quanto il suo
turcimanno furono ben lontani di ricavare un costrutto
chiaro e intero : avviso segreto, cambiamento di nome, es
ser sicuro, ma dovere star nascosto; cose per s non troppo
famigliari a' loro intelletti, e nella lettera dette anche un
po' in cifra. C'era poi delle domande affannose, appassio
nate, su' casi di Lucia, con de' cenni oscuri e dolenti, intorno
alle voci che n' erano arrivate fino a Renzo. C erano Anal
mente speranze incerte, e lontane, disegni lanciati nell'av
venire, e intanto promesse e preghiere di mantener la lede
CAPITOLO XXVII. 435
data, di non perder la pazienza n il coraggio, d' aspettar
migliori circostanze.
Dopo un po' di tempo, Agnese trov un mezzo fidato di
far pervenire nelle mani di Renzo una risposta, co'cinquanta
scudi assegnatigli da Lucia. Al veder tant' oro, Renzo non
sapeva cosa si pensare; e con l' animo agitato da una ma
raviglia e da una sospensione che non davan luogo a con
tentezza, corse in cerca del segretario, per farsi interpretar
la lettera, e aver la chiave d' un cos strano mistero.
Nella lettera, il segretario d' Agnese, dopo qualche la
mento sulla poca chiarezza della proposta, passava a descri
vere, con chiarezza a un di presso uguale, la tremenda
storia di quella persona (cos diceva); e qui rendeva ragione
de' cinquanta scudi ; poi veniva a parlar del voto, ma per
via di perifrasi, aggiungendo, con parole pi dirette e
aperte, il consiglio di mettere il cuore in pace, e di non
pensarci pi.
Renzo, poco manc che non se la prendesse col lettore in
terprete : tremava, inorridiva, s'infuriava, di quel che aveva
capito, e di quel che non aveva potuto capire. Tre o quat
tro volte si fece rileggere il terribile scritto, ora parendogli
d' intender meglio, ora divenendogli buio ci che prima gli
era parso chiaro. E in quella febbre di passioni, volle che
il segretario mettesse subito mano alla penna, e rispondesse.
Dopo l'espressioni pi forti che si possano immaginare di
piet e di terrore per i casi di Lucia, scrivete, prose
guiva dettando, che io il cuore in pace non lo voglio met
tere, e non lo metter mai ; e che non son pareri da darsi
a un figliuolo par mio; e che i danari non li toccher;
che li ripongo, e li tengo in deposito, per la dote della
giovine ; che gi la giovine dev' esser mia ; che io non so
di promessa ; e che ho ben sempre sentito dire che la Ma
donna c' entra per aiutare i tribolati, e per ottener delle
grazie, ma per far dispetto e per mancar di parola, non
l' ho sentito mai ; e che codesto non pu stare ; e che, con
questi danari, abbiamo a metter su casa qui ; e che, se ora
sono un po' imbrogliato, l' una burrasca che passer pre
sto; e cose simili.
436 I PROMESSI SPOSI
Agnese ricev poi quella lettera, e fece riscrivere ; e il
carteggio continu, nella maniera che abbiam detto.
Lucia, quando la madre ebbe potuto, non so per qual
mezzo, farle sapere che quel tale era vivo e in salvo e av
vertito, sent un gran sollievo, e non desiderava pi altro,
se non che si dimenticasse di lei ; o, per dir la cosa proprio
a un puntino, che pensasse a dimenticarla. Dal canto suo,
faceva cento volte al giorno una risoluzione simile riguardo
a lui ; e adoprava anche ogni mezzo, per mandarla ad ef
fetto. Stava assidua al lavoro, cercava d' occuparsi tutta in
quello : quando l' immagine di Renzo le si presentava, e lei
a dire o a cantare orazioni a mente. Ma queil' immagine,
proprio come se avesse avuto malizia, non veniva per lo
pi, cos alla scoperta; s' introduceva di soppiatto dietro
all' altre, in modo che la mente non s' accorgesse d' averla
ricevuta, se non dopo qualche tempo che la c' era. Il pen
siero di Lucia stava spesso con la madre : come non ci sa
rebbe stato? e il Renzo ideale veniva pian piano a mettersi
in terzo, come il reale aveva fatto tante volte. Cos con tutte
le persone, in tutti i luoghi, in tutte le memorie del pas
sato, colui si veniva a ficcare. E se la poverina si lasciava
andar qualche volta a fantasticar sul suo avvenire, anche
l compariva colui, per dire, se non altro: io a buon conto
non ci sar. Per, se il non pensare a lui era impresa di
sperata, a pensarci meno, e meno intensamente che il cuore
avrebbe voluto, Lucia ci riusciva fino a un certo segno':" ci
sarebbe anche riuscita meglio, se fosse stata sola a volerlo.
Ma c' era donna Prassede, la quale, tutta impegnata dal
canto suo a levarle dall' animo colui, non aveva trovato
miglior espediente che di parlargliene spesso. Ebbene ?
le diceva: non ci pensiam pi a colui?
Io non penso a nessuno, rispondeva Lucia.
Donna Prassede non s'appagava d'una risposta simile; re
plicava che ci volevan fatti e non parole; si diffondeva a par
lare sul costume delle giovani, le quali, diceva, quando
hanno nel cuore uno scapestrato (ed li che inclinano sem
pre), non se lo staccan pi. Un partito onesto, ragionevole,
d' un galantuomo, d' un uomo assestato, che, per qualche
CAPITOLO XXVII. 437
accidente, vada a monte, son subito rassegnate; ma un rom
picollo, piaga incurabile. E allora principiava il pane
girico del povero assente, del birbante venuto a Milano, per
rubare e scannare ; e voleva far confessare a Lucia le bric
conate che colui doveva aver fatte, anche al suo paese.
Lucia, con la voce tremante di vergogna, di dolore, e di
quello sdegno che poteva aver luogo nel suo animo dolce e
nella sua umile fortuna, assicurava e attestava, che, al suo
paese, quel poveretto non aveva mai fatto parlar di s, al
tro che in bene; avrebbe voluto, diceva, che fosse presente
qualcheduno di l, per fargli far testimonianza. Anche sul-
l' avventure di Milano, delle quali non era ben informata,
lo difendeva, appunto con la cognizione che aveva di lui e
de' suoi portamenti fino dalla fanciullezza. Lo difendeva o
si proponeva di difenderlo, per puro dovere di carit, per
-amore del vero, e, a dir proprio la parola con la quale spie
gava a s stessa il suo sentimento, come prossimo. Ma da
, queste apologie donna Prassede ricavava nuovi argomenti
per convincer Lucia, che il suo cuore era ancora perso die
tro a colui. E per verit, in que' momenti, non saprei ben
dire come la cosa stesse. L' indegno ritratto che la vecchia
faceva del poverino, risvegliava, per opposizione, pi viva e
pi distinta che mai, nella mente della giovine l' idea che
vi s'era formata in una cos lunga consuetudine; le ri
membranze compresse a forza, si svolgevano in folla; l'av
versione e il disprezzo richiamavano tanti antichi motivi di
stima ; l' odio cieco e violento faceva sorger pi forte la
piet : e con questi affetti, chi sa quanto ci potesse essere
non essere di queil' altro che dietro ad essi s' introduce cos
facilmente negli animi ; figuriamoci cosa far in quelli, donde
si tratti di scacciarlo per forza. Sia come si sia, il discorso,
per la parte di Lucia, non sarebbe mai andato molto in
lungo; ch le parole flnivan' presto in pianto.
Se donna Prassede fosse stata spinta a trattarla in quella
maniera da qualche odio inveterato contro di lei, forse quelle
lacrime l' avrebbero tocca, e fatta smettere ; ma parlando a
fin di bene, tirava avanti, senza lasciarsi smovere : come i
gemiti, i gridi supplichevoli, potranno ben trattenere l'arme
438 I PROMESSI SPOSI
d' un nemico, ma non il ferro d' un chirurgo. Fatto pero
bene il suo dovere per quella volta, dalle stoccate e da' rab
buffi veniva all'esortazioni, ai consigli, conditi anche di
qualche lode, per temperar cos l' agro col dolce, e ottener
meglio l'effetto, operando sull' animo in tutti i versi. Certo*
di quelle baruffe (che avevan sempre a un di presso lo
stesso principio, mezzo e fine), non rimaneva alla buona
Lucia propriamente astio contro l' aceVba predicatrice, la
quale poi nel resto la trattava con gran dolcezza ; e anche
in questo, si vedeva una buona intenzione. Le rimaneva
bens un ribollimento, una sollevazione di pensieri e d' af
fetti tale, che ci voleva molto tempo e molta fatica per
tornare a quella qualunque calma di prima.
Buon per lei, che non era la sola a cui donna Prassede
avesse a far del bene ; sicch le baruffe non potevano esser
cos frequenti. Oltre il resto dell servit, tutti cervelli che
avevan bisogno, pi o meno, d' esser raddirizzati e guidati ;
oltre tutte Y altre occasioni di prestar lo stesso uflzio, per
buon cuore, a molti con cui non era obbligata a niente :
occasioni che cercava, se non s' offrivan da s; aveva anche
cinque figlie; nessuna in casa, ma che le davan pi da pen
sare, che se ci fossero state. Tre eran monache, due mari
tate; e donna Prassede si trovava naturalmente aver tre
monasteri e due case a cui soprintendere : impresa vasta e
complicata, e tanto pi faticosa, che due mariti, spalleggiati
. da padri, da madri, da fratelli, e tre badesse, fiancheggiate
da altre dignit e da molte monache, non volevano accet
tare la sua soprintendenza. Era una guerra , anzi cinque
guerre, coperte, gentili, fino a un certo segno, ma vive e
senza tregua : era in tutti que' luoghi un' attenzione con
tinua a scansare la sua premura, a chiuder l' adito a' suoi
pareri, a eludere le sue richieste, a far che fosse al buio,
pi che si poteva, d' ogni affare. Non parlo de' contrasti,
delle difficolt che incontrava nel maneggio d' altri affari
anche pi estranei : si sa che agli uomini il bene bisogna,
le pi volte, farlo per forza. Dove il suo zelo poteva eser
citarsi liberamente, era in casa : l ogni persona era sog
getta, in tutto e per tutto, alla sua autorit, fuorch don
CAPITOLO XXVII, 431>
Ferrante, col quale le cose andavano in un modo affatto
particolare.
Uomo di studio, non gli piaceva n di comandare n
<F ubbidire. Che, in tutte le cose di casa, la signora moglie
fosse la padrona, alla buon'ora; ma lui servo, no. E se,
pregato, le prestava a un' occorrenza l' uflzio della penna,
era perch ci aveva il suo genio ; del rimanente, anche in
questo sapeva dir di no, -quando non fosse persuaso di ci
-he lei voleva fargli scrivere. La s' ingegni, diceva in
que' casi; faccia da s, giacch la cosa le par tanto chia
ra. Donna Prassede, dopo aver tentato per qualche tempo,
e inutilmente, di tirarlo dal lasciar fare al fare, s' era ri
stretta a brontolare spesso contro di lui, a nominarlo uno
schivafatiche, un uomo fisso nelle sue idee, un letterato ;
titolo nel quale, insieme con la stizza, c' entrava anche un
po' di compiacenza.
Don Ferrante passava di grand' ore nel suo studio, dove
aveva una raccolta di libri considerabile, poco meno di tre
cento volumi : tutta roba scelta, tutte opere delle pi ripu
tate, in varie materie ; in ognuna delle quali era pi o meno
versato. Neil' astrologia, era tenuto, e con ragione, per pi
che un dilettante ; perch non ne possedeva soltanto quelle
nozioni generiche, e quel vocabolario comune, d'influssi,
<T aspetti, di congiunzioni ; ma sapeva parlare a proposito, e
come dalla cattedra, delle dodici case del cielo, de' circoli
-massimi, de' gradi lucidi e tenebrosi, d' esaltazione e di de
iezione, di transiti e di rivoluzioni, de' principi in somma
pi certi e pi reconditi della scienza. Ed eran forse
vent' anni, che, in dispute frequenti e lunghe, sosteneva la
domificazione del Cardano contro un altro dotto attaccato
ferocemente a quella dell' Alcabizio, per mera ostinazione,
diceva don Ferrante ; il quale, riconoscendo volentieri la
superiorit degli antichi, non poteva per soffrire quel non
voler dar ragione a' moderni, anche dove l' hanno chiara
che la vedrebbe ognuno. Conosceva anche, pi che medio
cremente, la storia della scienza; sapeva a un bisogno ci
tare le pi celebri predizioni avverate, e ragionar sot
tilmente ed eruditamente sopra altre celebri predizioni
440 I PROMESSI SPOSI
andate a vto , per dimostrar che la colpa non era della
scienza, ma di chi non l'aveva saputa adoprar bene.
Della filosofia antica aveva imparato quanto poteva ba
stare, e n' andava di continuo imparando di pi, dalla let
tura di Diogene Laerzio. Siccome per que' sistemi, per
quanto sian belli, non si pu adottarli tutti ; e, a voler es
ser filosofo, bisogna scegliere un autore, cos don Ferrante
aveva scelto Aristotile, il quale, come diceva lui, non n
antico n moderno ; il filosofo. Aveva anche varie opere
de' pi savi e sottili seguaci di lui, tra i moderni: quelle
de' suoi impugnatori non aveva mai voluto leggerle, per
non buttar via il tempo, diceva; n comprarle, per non
buttar via i danari. Per eccezione per, dava luogo nella
sua libreria a que' celebri ventidue libri De subtilitate, e
a qualche altr' opera antiperipatetica del Cardano, in
grazia del suo valore in astrologia ; dicendo che chi aveva
potuto scrivere il trattato De restituitone temporum et
motuum ccelestium, e il libro Duodecim geniturarum, me
ritava d'essere ascoltato, anche quando spropositava; e
che il gran difetto di quell' uomo era stato d' aver troppo
ingegno ; e che nessuno si pu immaginare dove sarebbe
arrivato, anche in filosofia, se fosse stato sempre nella
strada retta. Del rimanente, quantunque, nel giudizio
de' dotti, don Ferrante passasse per un peripatetico consu
mato, non ostante a lui non pareva di saperne abbastanza;
e pi d' una volta disse, con gran modestia, che l' essenza,
gli universali, l' anima del mondo, e la natura delle cose
non eran cose tanto chiare, quanto si potrebbe credere.
Della filosofia naturale s' era fatto pi un passatempo che
uno studio ; l' opere stesse d' Aristotile su questa materia,
e quelle di Plinio le aveva piuttosto lette che studiate: non
di meno, con questa lettura, con le notizie raccolte inciden
temente da' trattati di filosofia generale, con qualche scorsa
data alla Magia naturale del Porta, alle tre storie lapi
dumi, animalium, plantarum, del Cardano, al Trattato
dell' erbe, delle piante, degli animali, d'Alberto Magno, a
qualche altr' opera di minor conto, sapeva a tempo tratte
nere una conversazione ragionando delle virt pi mirabili
CAPITOLO XXVII. 441
e delle curiosit pi singolari di molti semplici ; descrivendo,
esattamente le forme e l' abitudini delle sirene e dell'unica
fenice ; spiegando come la salamandra stia nel fuoco senza
bruciare ; come la remora, quel pesciolino, abbia la forza e
l' abilit di fermare di punto in bianco, in alto mare, qua
lunque gran nave ; come le gocciole della rugiada diventin
perle in seno delle conchiglie ; come il camaleonte si cibi
d'aria ; come dal ghiaccio lentamente indurato, con l' andar
de' secoli, si formi il cristallo ; e altri de' pi maravigliosi
segreti della natura.
In quelli della magia e della stregoneria s' era internato
di pi, trattandosi, dice il nostro anonimo, di scienza molto
pi in voga e pi necessaria, e nella quale i fatti sono di
molto maggiore importanza, e pi a mano, da poterli veri
ficare. Non c' bisogno di dire che, in un tale studio, non
aveva mai avuto altra mira che d' istruirsi e di conoscere a
fondo le pessime arti de' maliardi, per potersene guardare,
e difendere. E, con la scorta principalmente del gran Mar
tino Delrio (l' uomo della scienza), era in grado di discorrere
ex professo del maleficio amatorio, del maleficio sonnifero,
del maleficio ostrle, e dell' infinite specie che, pur troppo,
dice ancora l' anonimo, si vedono in pratica alla giornata,
di questi tre generi capitali di malie, con effetti cosi dolo
rosi. Ugualmente vaste e fondate eran le cognizioni di don
Ferrante in fatto di storia, specialmente universale: nella
quale i suoi autori erano il Tarcagnota, il Dolce, il Bugatti,
il Campana, il Guazzo, i pi riputati in somma.
Ma cos' mai la storia, diceva spesso don Ferrante, senza
la politica? Una guida che cammina, cammina, con nessuno
dietro che impari la strada, e per conseguenza butta via i
suoi passi ; come la politica senza la storia uno che cam
mina senza guida. C era dunque ne' suoi scaffali un pal
chetto assegnato agli statisti; dove, tra molti di piccola
mole, e di fama secondaria, spiccavano il Bodino, il Caval
canti, il Sansovino, il Paruta, il Boccalini. Due per erano
i libri che don Ferrante anteponeva a tutti, e di gran lunga,
in questa materia; due che, fino a un certo tempo, fu solito
di chiamare i primi, senza mai potersi risolvere a qual
412 I PROMESSI SPOSI
de' due convenisse unicamente quel grado: l' uno, il Prin
cipe e i Discorsi del celebre segretario fiorentino ; mariolo
si, diceva don Ferrante, ma profondo : l' altro, la Ragion di
Stato del non men celebre Giovanni Botero; galantuomo si,
diceva pure, ma acuto. Ma, poco prima del tempo nel quale
circoscritta la nostra storia, era venuto fuori il libro che
termin la questione del primato, passando avanti anche
all' opere di que' due matadori , diceva don Ferrante ; il
libro in cui si trovan racchiuse e come stillate tutte le ma
lizie, per poterle conoscere, e tutte le virt, per poterle
praticare ; quel libro piccino, ma tutto d'oro ; in una parola,
lo Statista Regnante di don Valeriano Castiglione, di quel-
l' uomo celeberrimo , di cui si pu dire , che i pi gran let
terati lo esaltavano a gara, e i pi gran personaggi face
vano a rubarselo ; di queil' uomo, che il papa Urbano VIIi
onor, come noto, di magnifiche lodi"; che il cardinal
Borghese e il vicer di Napoli, don Pietro di Toledo, sol
lecitarono a descrivere, il primo i fatti di papa Paolo V,
l' altro le guerre del re cattolico in Italia, l' uno e Y altro
invano ; di quell' uomo, che Luigi XIII, re di Francia, per
suggerimento del cardinal di Richelieu, nomin suo isto-
riografo ; a cui il duca Carlo Emanuele di Savoia confer la
stessa carica; in lode di cui, per tralasciare altre gloriose
testimonianze, la duchessa Cristina, figlia del cristianissimo
pe Enrico IV, pot in un diploma, con molti altri titoli, an
noverare la certezza della fama ch' egli ottiene in Italia,
di primo scrittore de' nostri tempi.
Ma se, in tutte le scienze suddette, don Ferrante poteva
dirsi addottrinato, una ce n' era in cui meritava e godeva il
titolo di professore : la scienza cavalleresca. Non solo ne
ragionava con vero possesso, ma pregato frequentemente
d' intervenire in affari d' onore, dava sempre qualche deci
sione. Aveva nella sua libreria, e si pu dire in testa, le
opere degli scrittori pi riputati in tal materia : Paride dal
Pozzo, Fausto da Longiano, l' Urrea, il Muzio, il Romei,
l' Albergato, il Forno primo e il Forno secondo di Torquato
Tasso, di cui aveva anche in pronto, e a un bisogno sapeva
citare a memoria tutti i passi della Gerusalemme Liberata,
CAPITOLO XXVII. 443
come della Conquistata, che possono far testo in materia di
cavalleria. L' autore per degli autori, nel suo concetto, era
il nostro celebre Francesco Birago, con cui si trov anche,
pi d'una volta, a dar giudizio sopra casi d'onore; e il
tinaie, dal canto suo, parlava di don Ferrante in termini di
stima particolare. E fin da quando venner fuori i Discorsi
Cavallereschi di queil' insigne scrittore, don Ferrante pro
nostic, senza esitazione, che quest' opera avrebbe rovinata
l'autorit dell' Olevano , e sarebbe rimasta, insieme con
l' altre sue nobili sorelle, come codice di primaria autorit
presso ai posteri: profezia, dice l'anonimo, che ognun pu
vedere come si sia avverata.
Da questo passa ' poi alle lettere amene ; ma noi co
minciamo a dubitare se veramente il lettore abbia una gran
voglia d'andar avanti con lui in questa rassegna, anzi a te
mere di non aver gi buscato il titolo di copiator servile
per noi, e quello di seccatore da dividersi con l' anonimo
sullodato, per averlo bonariamente seguito fin qui, in cosa
estranea al racconto principale, e nella quale probabilmente
non s' tanto disteso , che per isfoggiar dottrina , e far
vedere che non era indietro del suo secolo. Per, lasciando
scritto quel che scritto, per non perder la nostra fatica,
ometteremo il rimanente, per rimetterci in istrada: tanto
pi che ne abbiamo un bel pezzo da percorrere, senza
incontrare alcun de' nostri personaggi , e uno pi lungo
ancora , prima di trovar quelli ai fatti de' quali certa
mente il lettore s' interessa di pi, se a qualche cosa s' in
teressa in tutto questo.
Fino all' autunno del seguente anno 1629, rimasero tutti,
chi per volont, chi per forza, nello stato, a un di presso in
cui gli abbiam lasciati, senza che ad alcuno accadesse, n
che alcun altro potesse far cosa degna d'esser riferita.
Venne l' autunno, in cui Agnese e Lucia avevan fatto conto
di ritrovarsi insieme : ma un grande avvenimento pubblico
mand quel conto all'aria: e fu questo certamente uno
de' suoi pi piccoli effetti. Seguiron pokaltri grandi avveni
menti, che per non portarono nessun cambiamento notabile
nella sorte de' nostri personaggi. Finalmente nuovi casi, pi
414 I PROMESSI SPOSI
generali, pi forti, pi estremi, arrivarono anche fino a loro,
fino agli infimi di loro, secondo la scala del mondo : come
un turbine vasto, incalzante, vagabondo, scoscendendo e
sbarbando alberi, arruffando tetti, scoprendo campanili,
abbattendo muraglie, e sbattendone qua e l i rottami,
solleva anche i fuscelli nascosti tra l'erba, va a cercare
negli angoli le foglie passe e leggieri, che un minor vento vi
aveva confinate, e le porta in giro involte nella sua rapina.
Ora, perch i fatti privati che ci rimangon da raccon
tare, riescan chiari, dobbiamo assolutamente premettere
un racconto alla meglio di quei pubblici, prendendola anche
un po' da lontano.

CAPITOLO XXVIII.

Dopo quella sedizione del giorno di san Martino e del


seguente, parve che l' abbondanza fosse tornata in Milano,
come per miracolo. Pane in quantit da tutti i fornai ; il
prezzo, come nell'annate migliori; le farine a proporzione.
Coloro che, in que' due giorni, s' erano addati a urlare o
a far anche qualcosa di pi, avevano ora (meno alcuni
pochi stati presi ) di che lodarsi : e non crediate che se ne
stessero, appena cessato quel primo spavento delle catture.
Sulle piazze, sulle cantonate, nelle bettole, era un tripudio
palese, un congratularsi e un vantarsi tra' denti d'aver
trovata la maniera di far rinviliare il pane. In mezzo
per alla festa e alla baldanza, c' era (e come non ci sa
rebbe stata?) un'inquietudine, un presentimento che la
cosa non avesse a durare. Assediavano i fornai e i fari-
naioli, come gi avevan fatto in queil' altra fattizia e pas-
seggiera abbondanza prodotta dalla prima tariffa d'Antonio
Ferrer; tutti consumavano senza risparmio; chi aveva
qualche quattrino da parte, l' investiva in pane e in farine ;
facevan magazzino delle casse, delle botticine, delle caldaie.
Cos, facendo a gara a goder del buon mercato presente, ne
rendevano, non dico impossibile la lunga durata, che gi lo
era per s, ma sempre pi difficile anche la continuazione
momentanea. Ed ecco che, il 15 di novembre, Antonio
CAPITOLO XXTIII. 445
Ferrer, De orden de Su Exceleneia, pubblic una grida,
con la quale, a chiunque avesse granaglie o farine in casa,
veniva proibito di comprarne n punto n poco, e ad ognuno
di comprar pane, per pi che il bisogno di due giorni,
sotto pene pecuniarie e corporali, all' arbitrio di Sua Ec
cellenza; intimazione a chi toccava per uflzio, e a ogni
persona, di denunziare, i trasgressori; ordine a' giudici, di
far ricerche nelle case che potessero venir loro indicate ;
insieme per, nuovo comando a' fornai di tener le botteghe
ben fornite di pane, sotto pena, in caso di mancamento,
di cinque anni di galera, et maggiore, all' arbitrio di S. E.
Chi sa immaginarsi una grida tale eseguita, deve avere
una bella immaginazione; e certo, se tutte quelle che si
pubblicavano in quel tempo erano eseguite, il ducato di
Milano doveva avere almeno tanta gente in mare, quanta
ne possa avere ora la gran Bretagna.
Sia com' esser si voglia, ordinando ai fornai di far tanto
pane , bisognava anche fare in modo che la materia del
pane non mancasse loro. S' era immaginato (come sempre
in tempo di carestia rinasce uno studio di ridurre in pane
de' prodotti che d' ordinario si consumano sott'altra forma),
s'era, dico, immaginato di far entrare il riso nel composto
del pane detto di mistura. Il 23 di novembre, grida che
sequestra, agli ordini del vicario e de' dodici di provvi
sione, la met del riso vestito {risone lo dicevano qui, e
lo dicon tuttora) che ognuno possegga; pena a chiunque
ne disponga senza il permesso di que' signori, la perdita
della derrata, e una multa di tre scudi per moggio. ,
come ognun vede, la pi onesta.
Ma questo riso bisognava pagarlo, e un prezzo troppo
sproporzionato da quello del pane. Il carico di supplire al
l'enorme differenza era stato imposto alla citt; mail Con
siglio de' decurioni, che l'aveva assunto per essa, deliber, lo
stesso giorno 23 di novembre, di rappresentare al gover
natore l'impossibilit di sostenerlo pi a lungo. E il gover
natore, con grida del 7 di dicembre, fiss il prezzo del riso
suddetto a lire dodici il moggio : a chi ne chiedesse di pi,
come a chi ricusasse di vendere, intim la perdita della
446 I PROMESSI SPOSI
derrata e una multa d'altrettanto valore, et maggior pena
pecuniaria et ancora corporale tino alla galera, all'arbi
trio di S. E-, secondo la qualit de' casi et delle persom.
Al riso brillato era gi stato fissato il prezzo prima della
sommossa ; come probabilmente la tariffa o, per usare quella
denominazione celeberrima negli annali moderni, il maxi
mum del grano e dell' altre granaglie pi ordinarie sar
stato fissato con altre gride, che non c' avvenuto di vedere.
Mantenuto cos il pane e la farina a buon mercato in
Milano, ne veniva di conseguenza che dalla campagna ac
corresse gente a processione a comprarne. Don Gonzalo, per
riparare a questo, come dice lui, inconveniente, proib, con
un'altra grida del 15 di dicembre, di portar fuori della citt
pane, per pi del valore di venti soldi ; pena la perdita del
pane medesimo, e venticinque scudi, et in caso di inhabilit,
di due tratti di corda in publico, et maggior pena ancora,
secondo il solito, all'arbitrio di S. E. Il 22 dello stesso mese
(e non si vede perch cos tardi), pubblici) un ordine somi
gliante per le farine e per i grani.
La moltitudine aveva voluto far nascere l'abbondanza col
saccheggio e con l' incendio; il governo voleva mantenerla
con la galera e con la corda. I mezzi erano convenienti tra
loro ; ma cosa avessero a fare col fine, il lettore lo vede :
come valessero infatto ad ottenerlo, lo vedr a momenti.
poi facile anche vedere, e non inutile l' osservare come tra
quegli strani provvedimenti ci sia per- una connessione ne
cessaria: ognuno era una conseguenza inevitabile dell'ante
cedente, e tutti del primo, che fissava al pane un prezzo cos
lontano dal prezzo reale, da quello cio che sarebbe risultato
naturalmente dalla proporzione tra il bisogno e la quantit.
Alla moltitudine un tale espediente sempre parso, e lui
sempre dovuto parere, quanto conforme all'equit, altret
tanto semplice e agevole a mettersi in esecuzione: quindi
cosa naturale che, nell' angustie e ne' patimenti della care
stia, essa lo desideri, l'implori e, se pu, l'imponga. Di mano
in mano poi che le conseguenze si fanno sentire, conviene che
coloro a cui tocca, vadano al riparo di ciascheduna, con una
legge la quale proibisca agli uomini di far quello a che eran
CAPITOLO XXVIII. 447
portati dall' antecedente. Ci si permetta d' osservar qui di
passaggio una combinazione singolare. In un paese e in un'e
poca vicina, nell' epoca la pi clamorosa e la pi notabile
della storia moderna, si ricorse, in circostanze simili, a si
mili espedienti (i medesimi, si potrebbe quasi dire, nella
sostanza, con la sola differenza di proporzione, e a un di
presso nel medesimo ordine) ad onta de' tempi tanto cam
biati, e delle cognizioni cresciute in Europa, e in quel paese
forse pi che altrove ; e ci principalmente perch] la gran
massa popolare, alla quale quelle cognizioni non erano ar
rivate, pot far prevalere a lungo il suo giudizio, e forzare,
come col si dice, la mano a quelli che facevan la legge.
Cos, tornando a noi, due erano stati, alla fin de' conti, i
frutti principali della sommossa : guasto e perdita effettiva
di viveri, nella sommossa medesima; consumo, fin che dur
la tariffa, largo, spensierato, senza misura, a spese di quel
poco grano, che pur doveva bastare fino alla nuova raccolta.
A questi effetti generali s'aggiunga quattro disgraziati, im
piccati come capi del tumulto : due davanti al forno delle
grucce, due in cima della strada dov'era l casa del vicario
di provvisione.
Del resto, le relazioni storiche di que' tempi son fatte cosi
a caso, che non ci si trova neppur la notizia del come e del
quando cessasse quella tariffa violenta. Se, in mancanza di
notizie positive, lecito propor congetture, noi incliniamo a
credere che sia stata abolita poco prima o poco dopo il 24
di dicembre, che fu il giorno di quell'esecuzione. E in quanto
alle gride, dopo l'ultima che abbiam citata del 22 dello stesso
mese, non ne troviamo altre in materia di grasce ; sian esse
perite, o siano sfuggite alle nostre ricerche, o sia finalmente
che il governo, disanimato, se non ammaestrato dall'ineffi
cacia di que' suoi rimedi, e sopraffatto dalle cose, le abbia
abbandonate al loro corso. Troviamo bens nelle relazioni
di pi d' uno storico (inclinati, com' erano, pi a descriver
grand'avvenimenti, che a notarne le cagioni e il progresso) il
ritratto del paese, e della citt principalmente, nell'inverno
avanzato e nella primavera, quando la cagion del male, la
sproporzione cio tra i viveri e il bisogno, non distrutta,
448 I PROMESSI SPOSI
anzi accresciuta da' rimedi che ne sospesero temporaria-
mente gli effetti, e neppure da un'introduzione sufficiente
di granaglie estere, alla quale ostavano l' insufficienza de'
mezzi pubblici e privati, la penuria de' paesi circonvicini,
l scarsezza, la lentezza e i vincoli del commercio, e le leggi
tesse tendenti a produrre e mantenere il prezzo basso,
quando, dico, la cagion vera della carestia, o per dir meglio,
la carestia stessa operava senza ritegno, e con tutta la sua
forza. Ed ecco la copia di quel ritratto doloroso.
A ogni passo, botteghe chiuse; le fabbriche in gran parte
deserte; le strade, un indicibile spettacolo, un corso in
cessante di miserie, un soggiorno perpetuo di patimenti. Gli
accattoni di mestiere, diventati ora il minor numero, confusi
e perduti in una nuova moltitudine, ridotti a litigar l' ele
mosina con quelli talvolta da cui in altri giorni l' avevan
ricevuta. Garzoni e giovani licenziati da padroni di bot
tega, che, scemato o mancato affatto il guadagno giorna
liero, vivevano stentatamente degli avanzi e del capitale ;
de' padroni stessi, per cui il cessar delle faccende era stato
fallimento e rovina ; operai, e anche maestri d' ogni mani
fattura e d' ogn' arte, delle pi comuni come delle pi raf
finate, delle pi necessarie come di quelle di lusso, vaganti
di porta in porta, di strada in istrada, appoggiati alle canto
nate, accovacciati sulle lastre, lungo le case e le chiese, chie-
,dendo pietosamente l' elemosina, o esitanti tra il bisogno e
una vergogna non ancor domata, smunti, spossati, rabbrivi
diti dal freddo e dalla fame ne' panni logori e scarsi, ma che
in molti serbavano ancora i segni d" un' antica agiatezza;
come nell' inerzia e nell' avvilimento , compariva non so
quale indizio d'abitudini operose e franche. Mescolati tra la
deplorabile turba, e non piccola parte di essa, servitori
licenziati da padroni caduti allora dalla mediocrit nella
strettezza, o che quantunque facoltosissimi si trovavano
inabili, in una tale annata, a mantenere quella solita pompa
di seguito. E a tutti questi diversi indigenti s'aggiunga un
numero d' altri, avvezzi in parte a vivere del guadagno di
essi: bambini, donne, vecchi, aggruppati co' loro antichi
sostenitori, o dispersi in altre parti all'accatto.
CAPITOLO XXVIII. 449
C'eran pure, e si distinguevano ai ciuffi arruffati, ai cenci
sfarzosi, o anche a un certo non so che nei portamento e nel
gesto, a quel marchio che le consuetudini stampano su' visi,
tanto pi rilevato e chiaro, quanto pi sono strane, molti
-di quella genia de' bravi che, perduto, per la condizion co
mune, quel loro pane scellerato, ne andavan chiedendo per
carit. Domati dalla fame, non gareggiando con gli altri che
-di preghiere, spauriti, incantati, si strascicavan per le
strade che avevano per tanto tempo passeggiate a testa
alta, con isguardo sospettoso e feroce, vestiti di livree ricche
-e bizzarre, con gran penne, guarniti di ricche armi, attillati,
profumati ; e paravano umilmente la mano, che tante volte
avevano alzata insolente a minacciare, o traditrice a ferire.
Ma forse il pi brutto e insieme il pi compassionevole
spettacolo erano i contadini, scompagnati, a coppie, a fami
glie intere ; mariti, mogli, con bambini in collo, o attaccati
dietro le spalle, con ragazzi per la mano, con vecchi dietro.
Alcuni che, invase e spogliate le loro case dalla soldatesca,
alloggiata l o di passaggio, n'eran fuggiti disperatamente ;
e tra questi ce n' era di quelli che, per far pi compassione,
e come per distinzione di miseria, facevan vedere i lividi e
-le margini de' colpi ricevuti nel difendere quelle loro poche
ultime provvisioni, o scappando da una sfrenatezza cieca e
brutale. Altri, andati esenti da quel ffagello particolare, ma
.spinti da que' due da cui nessun angolo era stato immune,
la sterilit e le gravezze, pi esorbitanti che mai per sod
disfare a ci che si chiamava i bisogni della guerra, eran
venuti, venivano alla citt, come a sede antica e ad ultimo
asilo di ricchezza e di pia munificenza. Si potevan distin
guere gli arrivati di fresco, pi ancora che all' andare in
certo e all'aria nuova, a un fare maravigliato e indispettito
di trovare una tal piena, una tale rivalit di miseria, al
termine dove avevan creduto di comparire oggetti singolari
di compassione, e d'attirare a s gli sguardi e i soccorsi. Gli
altri, che da pi o men tempo giravano e abitavano le strade
<lella citt, tenendosi ritti co' sussidi ottenuti o toccati come
in sorte, in una tanta sproporzione tra i mezzi e il bisogno,
avevan dipinta ne' volti e negli atti una pi cupa e stanca
I Promessi Sposi. 29
450 I PROMKSSI SPOSI
costernazione. Vestiti diversamente, quelli che ancora si
potevano dir vestiti; e diversi anche nell'aspetto: facce di
lavate del basso paese, abbronzate del pian di mezzo e delle
colline, sanguigne di montanari ; ma tutte affliate e stra
volte, tutte con occhi incavati, con isguardi fissi, tra il torvo
e l' insensato ; arruffati i capelli, lunghe e irsute le barbe :
corpi cresciuti e indurati alla fatica, esausti ora dal disagio;
raggrinzata la pelle sulle braccia aduste e sugli stinchi e sui
petti scarniti, che si vedevan di mezzo ai cenci scomposti.
E diversamente, ma non meno doloroso di questo aspetto-
di vigore abbattuto, l'aspetto d'una natura pi presto vinta,
d'un languore e d'uno sfinimento pi abbandonato, nel sesso
e nell' et pi deboli.
Qua e l per le strade, rasente ai muri delle case, qual
che po' di paglia pesta, trita e mista d' immondo ciarpume.
E una tal porcheria era per un dono e uno studio della
carit; eran covili apprestati a qualcheduno di que' me
schini,' per posarci il capo la notte. Ogni tanto, ci si vedeva,
anche di giorno, giacere o sdraiarsi taluno a cui la stan-r
chezza o il digiuno aveva levate le forze e tronche le
gambe: qualche volta quel tristo letto portava un cada
vere : qualche volta si vedeva uno cader come un cencio-
all' improvviso, e rimaner cadavere sul selciato.
Accanto a qualcheduno di que' covili, si vedeva pure chi
nato qualche passeggiero o vicino, attirato da una com-
passion subitanea. In qualche luogo appariva un soccorso
ordinato con pi lontana previdenza, mosso da una mano
ricca di mezzi, e avvezza a beneficare in grande ; ed era
la mano del buon Federigo. Aveva scelto sei preti ne' quali
una carit viva e perseverante fosse accompagnata e ser
vita da una complessione robusta; gli aveva divisi in coppie,,
e ad ognuna assegnata una terza parte della citt da per
correre, con dietro facchini carichi di vari cibi, d' altri pi
sottili e pi pronti ristorativi, e di vesti. Ogni mattina, le
tre coppie si mettevano in istrada da diverse parti, s'av
vicinavano a quelli che vedevano abbandonati per terra, e.
davano a ciascheduno aiuto secondo il bisogno. Taluno gi
agonizzante e non pi in caso di ricevere alimento, riceveva
CAPITOLO XXVIII. bl
gli ultimi soccorsi e le consolazioni della religione. Agli
affamati dispensavano minestra, ova, pane, vino ; *d altri,
estenuati da pi antico digiuno, porgevano consumati, stil
lati, vino pi generoso, riavendoli prima, se faceva di bi
sogno, con cose spiritose. Insieme, distribuivano vesti alla
nudit pi sconce e pi dolorose.
N qui finiva la loro assistenza: il buon pastore aveva
voluto che, almeno dov' essa poteva arrivare, recasse un
sollievo efficace e non momentaneo. Ai poverini a cui quel
primo ristoro avesse rese forze bastanti per reggersi e per
camminare, davano un' po' di danaro , affinch il bisogno
rinascente e la mancanza d' altro soccorso non li rimet
tesse ben presto nello stato di prima ; agli altri cercavano
ricovero e mantenimento, in qualche casa delle pi vicine.
In quelle de' benestanti , erano per lo pi ricevuti per
carit, e come raccomandati, dal cardinale; in altre, dove
alla buona volont mancassero i mezzi, chiedevan que'preti
che il poverino fosse ricevuto a dozzina, fissavano il prezzo,
e ne sborsavan subito una parte a conto. Davano poi, di
questi ricoverati, la nota ai parrochi, acciocch li visitai
sero; e tornavano essi medesimi a visitarli.
Non c' bisogno di dire che Federigo non ristringeva le
sue cure a questa estremit di patimenti, n l' aveva aspet
tata per commoversi. Quella carit ardente e versatile
doveva tutto sentire, in tutto adoprarsi, accorrere dove
non aveva potuto prevenire, prender, per dir cos, tante
forme, in quante variava il bisogno. Infatti, radunando
tutti i suoi mezzi, rendendo pi rigoroso il risparmio, met
tendo mano a risparmi destinati ad altre liberalit, dive
nute ora d' un' importanza troppo secondaria, aveva cer
cato ogni maniera di far danari, per impiegarli tutti in
soccorso degli affamati. Aveva fatte gran compre di gra
naglie, e speditane una buona parte ai luoghi della diocesi,
che n'eran pi scarsi; ed essendo il soccorso troppo infe
riore al bisogno, mand anche del sale, con cui, dice,
raccontando la cosa, il Ripamonti*), l' erbe del prato e

(') Historiac Patriae, Decadis V, Lib. VI ., p.ig. 386.


452 I PROMESSI SPOSI
le cortecce degli alberi si convertono in cibo. Granaglie
pure e danari aveva distribuiti ai parrochi della citt; lui
stesso la visitava, quartiere per quartiere, dispensando
elemosine; soccorreva in segreto molte famiglie povere;
nel palazzo arcivescovile, come attesta uno scrittore con
temporaneo, il medico Alessandro Tadino, in un suo Rag
guaglio che avremo spesso occasion di citare andando
avanti, si distribuivano ogni mattina due mila scodelle di
minestra di riso (*).
Ma questi effetti di carit, che possiamo certamente chia
mar grandiosi, quando si consideri che venivano da un sol
uomo e dai soli suoi mezzi (giacch Federigo ricusava, per
sistema, di farsi dispensatore delle liberalit altrui), que
sti, insieme con le liberalit d' altre mani private, se non
cos feconde, pur numerose ; insieme con le sovvenzioni che
il Consiglio de' decurioni aveva decretate, dando al tribu
nal di provvisione 1' incombenza di distribuirle ; erano an
cor poca cosa in paragone del bisogno. Mentre ad alcuni
montanari vicini a morir di fame, veniva, per la carit del
cardinale, prolungata la vita, altri arrivavano a queir e-
stremo ; i primi, finito quel misurato soccorso, ci ricade
vano ; in altre parti, non dimenticate, ma posposte, come
meno angustiate, da una carit costretta a scegliere, l' an
gustie divenivan mortali ; per tutto si periva, da ogni parte
s' accorreva alla citt. Qui, due migliaia, mettiamo, d' affa
mati pi robusti ed esperti a superar la concorrenza e a
farsi largo, avevano acquistata una minestra, tanto da non
morire in quel giorno; ma pi altre migliaia rimanevano
indietro, invidiando quei, diremo noi, pi fortunati, quando,
tra i rimasti indietro, c'erano spesso le mogli, i figli, i
padri loro? E mentre in alcune parti della citt, alcuni di
que' pi abbandonati e ridotti all' estremo venivan levati
di terra, rianimati, ricoverati e provveduti per qualche
tempo ; in cent' altre parti, altri cadevano, languivano o
anche spiravano, senza aiuto, senza refrigerio.

(*) Ragguaglio dell" origine el giornali successi della gran peste con
tagiosa, venefica et malefica, seguita nella citt di Milano eie Mi
lano, 1648, pag. 10.
CAPITOLO XXVIII. 453
Tutto il giorno, si sentiva per le strade un ronzio con
fuso di voci supplichevoli; la notte, un susurro di gemiti,
rotto di quando in quando da alti lamenti scoppiati all' im
provviso, da urli, da accenti profondi d'invocazione, che
terminavano ih istrida acute.
cosa notabile che, in un tanto eccesso di stenti, in una
tanta variet di querele, non si vedesse mai un tentativo,
non iscappasse mai un grido di sommossa : almeno non se
ne trova il minimo cenno. Eppure, tra coloro che vivevano
e morivano in quella maniera, c'era un buon numero
d' uomini educati a tutt' altro che a tollerare ; c' erano a
centinaia, di qu' medesimi che, il giorno di San Martino,
s'erano tanto fatti sentire. N si pu pensare che l' esempio
de' quattro disgraziati che n' avevan portata la pena per
tutti, fosse quello che ora li tenesse tutti a freno : qual forza
poteva avere, non la presenza, ma la memoria de' supplizi
sugli animi d' una moltitudine vagabonda e riunita, che si
vedeva come condannata a un lento supplizio, che gi lo
pativa? Ma noi uomini siam in generale fatti cosi: ci ri
voltiamo sdegnati e furiosi contro i mali mezzani, e ci
eurviamo in silenzio sotto gli estremi; sopportiamo, non
rassegnati ma stupidi, il colmo di ci che da principio
avevamo chiamato insopportabile.
Il vto che la mortalit faceva ogni giorno in quella de
plorabile moltitudine, veniva ogni giorno pi che riempito :
era un concorso continuo, prima da' paesi circonvicini, poi
da tutto il contado, poi dalle citt dello stato, alla fine an
che da altre. E intanto, anche da questa partivano ogni
giorno antichi abitatori ; alcuni per sottrarsi alla vista di
tante piaghe ; altri, vedendosi, per dir cos, preso il posto
da' nuovi concorrenti d' accatto, uscivano a un' ultima di
sperata prova di chieder soccorso altrove, dove si fosse,
dove almeno non fosse cos fitta e cos incalzante la folla e
la rivalit del chiedere. S' incontravano nell' opposto viag
gio questi e que' pellegrini, spettacolo di ribrezzo gli uni
agli altri, e saggio doloroso, augurio sinistro del termine a
cui gli uni e gli altri erano incamminati. Ma seguitavano
ognuno la sua strada, se non pi per la speranza di mutar
454 I PROMESSI SPOSI
sorte, almeno per non tornare sotto un. cielo divenuto
odioso, per non rivedere i luoghi dove avevan disperato. Se
non che taluno, mancandogli affatto le forze, cadeva per la
strada, e rimaneva l morto : spettacolo ancor pi funesto
ai suoi compagni di miseria, oggetto d' orrore, forse di rim-
- provero agli altri passeggieri. Vidi io, scrive il Ripa
monti, nella strada che gira le mura, il cadavere d' una
donna Le usciva di bocca dell' erba mezza rosicchiata,
e le labbra facevano ancora quasi un atto di sforzo rab
bioso Aveva un fgottino in ispalla, e attaccato con
le fasce al petto un bambino, che piangendo chiedeva la
poppa .... Ed erano sopraggiunte persone compassionevoli,
le quali, raccolto il meschinello di terra, lo portavan via,
adempiendo cos intanto il primo uflzio materno.
Quel contrapposto di gale e di cenci, di superfluit e di
miseria, spettacolo ordinario de' tempi ordinari, era allora
affatto cessato. I cenci e la miseria eran quasi per tutto;
e ci che se ne distingueva, era appena un' apparenza di
parca mediocrit. Si vedevano i nobili camminare in abito
semplice e dimesso, o anche logoro e gretto; alcuni, perch
le cagioni comuni della miseria avevan mutata a quel se-
no anche la loro fortuna, o dato il tracollo a patrimoni gi
sconcertati: gli altri, o che temessero di provocare col fasto
la pubblica disperazione, o che si vergognassero d' insul
tare alla pubblica calamit. Que' prepotenti odiati e rispet
tati, soliti a andare in giro con uno strascico di bravi, an
davano ora quasi soli, a capo basso, con visi che parevano
offrire e chieder pace. Altri che, anche nella prosperit,
erano stati di pensieri pi umani, e di portamenti pi
modesti, parevano anch'essi confusi, costernati, e come
sopraffatti dalla vista continua d' una miseria che sorpas
sava, non solo la possibilit del soccorso, ma direi quasi,
le forze della compassione. Chi aveva.il modo di far qual
che elemosina, doveva per fare una trista scelta tra fame
e fame, tra urgenze e urgenze. E appena si vedeva una
mano pietosa avvicinarsi alla mano d' un infelice, nasceva
all' intorno una gara d' altri infelici ; coloro a cui rimaneva
3 >iu vigore, si facevano avanti a chieder con pi istanza ;
CAPITOLO XXVIII. 455
gli estenuati, i vecchi, i fanciulli, alzavano le mani scarne ;
de madri alzavano e facevan vedere da lontano i bambini
piangenti, mal rinvoltati nelle fasce cenciose, e ripiegati
per languore nelle loro mani.
Cos pass l' inverno e la primavera : e gi da qualche
!empo il tribunale della sanit andava rappresentando a
quello della provvisione il pericolo del contagio, che so
vrastava alla citt, per tanta miseria ammontata in ogni
parte di essa ; e proponeva che gli accattoni venissero rac
colti in diversi ospizi. Mentre si discute questa proposta,
mentre s' approva, mentre si pensa ai mezzi, ai modi, ai
luoghi, per mandarla ad effetto, i cadaveri crescono nelle
strade ogni giorno pi ; a proporzion di questo, cresce tutto
F altro ammasso di miserie. Nel tribunale di provvisione
vien proposto, come pi facile e pi speditivo, un altro ri
piego, di radunar tutti gli accattoni, sani e infrmi, in un sol
luogo, nel lazzeretto, dove fosser mantenuti e curati a
spese del pubblico ; e cosi vien risoluto, contro il parere
della Sanit, la quale opponeva che, in una cos gran riu
nione, sarebbe cresciuto il pericolo a cui si voleva metter
riparo.
Il lazzeretto di Milano (se, per caso, questa storia capi
tasse nelle mani di qualcheduno che non lo conoscesse, n di
vista n per descrizione) un recinto quadrilatero e quasi
quadrato, fuori della citt, a sinistra della porta detta
orientale , distante dalle mura lo spazio della fossa, d' una
strada di circonvallazione, e d' una gora che gira il recinto
medesimo. I due lati maggiori son lunghi a un di presso
-cinquecento passi; gli altri due, forse quindici meno; tutti,
dalla parte esterna, son divisi in piccole stanze d' un piano
solo; di dentro gira intorno a tre di essi un portico con
tinuo a volta, sostenuto da piccole e magre colonne.
Le stanzine eran dugent' ottantotto, o gi di l : a' nostri
giorni, uiaa grande apertura fatta nel mezzo, e una piccola,
in un canto della facciata del 1 ato che costeggia la strada
maestra, ne hanno portate via non so quante. Al tempo
-della nostra storia, non c' eran che due entrature ; una nel
mezzo del lato che guarda le mura della citt, l' altra di
456 I PROMESSI SPOSI
rimpetto, nell'opposto. Nel centro dello spazio interno r
e' era, e c' tutt' ora, una piccola chiesa ottangolare.
La prima destinazione di tutto V edifzio, cominciato nel-
l' anno 1489, co' danari d' un lascito privato, continuato poi
con quelli del pubblico e d' altri testatori e donatori, fu,
come l' accenna il nome stesso, di ricoverarvi, all' occor
renza, gli ammalati di peste ; la quale, gi molto prima di
queir epoca, era solita, e lo fu per molto tempo dopo, a
comparire quelle due, quattro, sei, otto volte per secolo,
ora in questo, ora in quel paese d' Europa, prendendone
talvolta una gran parte, o anche scorrendola tutta, per
il lungo e per il largo. Nel momento di cui parliamo, il
lazzeretto non serviva che per deposito delle mercanzie
soggette a contumacia.
Ora, per metterlo in libert, non si stette al rigor delie-
leggi sanitarie, e fatte in fretta in fretta le purghe e gli
esperimenti prescritti, si rilasciaron tutte le mercanzie a
un tratto. Si fece stender della paglia in tutte le stanze,
si fecero provvisioni di viveri, della qualit e nella quan
tit che si pot; e s'invitarono, con pubblico editto, tutti
gli accattoni a ricoverarsi li.
Molti vi concorsero volontariamente ; tutti quelli che gia
cevano infermi per le strade e per le piazze, ci vennero
trasportati ; in pochi giorni, ce ne fu, tra gli uni e gli altri,
pi di tre mila. Ma molti pi furon quelli che restaron
fuori. 0 che ognun di loro aspettasse di veder gli altri an
darsene, e di rimanere in pochi a goder l' elemosine della
citt, o fosse quella natural ripugnanza alla clausura, o
quella diffidenza de' poveri per tutto ci che vien loro pro
posto da chi possiede le ricchezze e il potere (diffidenza
sempre proporzionata all' ignoranza comune di chi la sente
e di chi l' ispira, al numero de' poveri, e al poco giudizi
delle leggi), o il saper di fatto quale fosse in realt il be
nefizio offerto, o fosse tutto questo insieme, o che altro, il
fatto sta che la pi parte, non facendo conto dell'invito,
continuavano a strascicarsi stentando per le strade. Visto
ci, si cred bene di passar dall' invito alla forza. Si man
darono in ronda birri che cacciassero gli accattoni al
CAPITOLO XXVIII. 45T
lazzeretto, e vi menassero legati quelli che resistevano;
per ognun de' quali fu assegnato a coloro il premio di dieci
soldi: ecco se, anche nelle maggiori strettezze, i danari
del pubblico si trovan sempre, per impiegarli a spropo
sito. E quantunque, com' era stata congettura, anzi intento
espresso della Provvisione, un certo numero d' accattoni
sfrattasse dalla citt, per andare a vivere o a morire
altrove, in libert almeno ; pure la caccia fu tale che, in
poco tempo, il numero de' ricoverati, tra ospiti e prigio
nieri, s'accost a dieci mila.
Le donne e i bambini, s i vuol supporre che saranno stati
messi in quartieri separati, bench le memorie del tempo
non ne dican nulla. Regole poi e provvedimenti per il buon
ordine, non ne saranno certamente mancati ; ma si figuri
ognuno qual ordine potesse essere stabilito e mantenuto,
in que' tempi specialmente e in quelle circostanze, in una
cos vasta e varia riunione, dove coi volontari si trova
vano i forzati; con quelli per cui l'accatto era una ne
cessit, un dolore, una vergogna, coloro di cui era il
mestiere; con molti cresciuti nell'onesta attivit de' campi
e dell' officine , molti altri educati nelle piazze, nelle ta
verne, ne' palazzi de' prepotenti, all' ozio, alla truffa, allo
scherno, alla violenza.
Come stessero poi tutti insieme d' alloggio e di vitto, si
potrebbe tristamente congetturarlo, quando non n'aves
simo notizie positive; ma le abbiamo. Dormivano am
montati a venti, a trenta per ognuna di quelle cellette, o
accovacciati sotto i portici, sur un po' di paglia putrida e
fetente, o sulla nuda terra: perch, s'era bens ordinato
che la paglia fosse fresca e a sufficienza, e cambiata spesso ;
ma in effetto era stata cattiva, scarsa, e non si cambiava.
S' era ugualmente ordinato che il pane fosse di buona qua
lit: giacch, quale amministratore ha mai detto che si fac
cia e si dispensi roba cattiva? ma ci che non si sarebbe
ottenuto nelle circostanze solite, anche per un pi ristretto
servizio, come ottenerlo in quel caso, e per quella moltitu
dine ? Si disse allora, come troviamo nelle memorie, che il
pane del lazzeretto fosse alterato con sostanze pesanti e
458 1 PROMESSI SPOSI
Tion nutrienti : ed pur troppo credibile che non fosse tino
-di que' lamenti in aria. D' acqua perfino c' era scarsit;
d'acqua, voglio dire, viva e salubre: il pozzo comune, do
veva esser la gora che gira le mura del recinto, bassa,
lenta, dove anche motosa, e divenuta poi quale poteva
renderla 1' uso e la vicinanza d'una tanta e tal moltitudine.
A tutte queste cagioni di mortalit, tanto pi attive, che
operavano sopra corpi ammalati o ammalazzati, s'aggiunga
una gran perversit della stagione : piogge ostinate, seguite
da una siccit ancor pi ostinata, e con essa un caldo anti
cipato e violento. Ai mali s'aggiunga il sentimento de' mali,
la noia e la smania della prigionia, la rimembranza dell'an
tiche abitudini, indolore di cari perduti, la memoria in
quieta di cari assenti, il tormento e il ribrezzo vicendevole,
tant' altre passioni d' abbattimento o di rabbia, portate o
nate l dentro ; l' apprensione poi e lo spettacolo continuo
della morte, resa frequente da tante cagioni, e divenuta essa
medesima una nuova e potente cagione. E non far stupore
che la mortalit crescesse e regnasse in quel recinto a se
gno di prendere aspetto e, presso molti, nome di pestilenza:
*ia che la riunione e l' aumento di tutte quelle cause non
facesse che aumentare l' attivit d'un' influenza puramente
epidemica ; sia (come par che avvenga nelle carestie anche
men grvi e men prolungate di quella) che vi avesse luogo
-un certo contagio, il quale ne' corpi affetti e preparati dal
disagio e dalla cattiva qualit degli alimenti, dall'intempe
rie, dal sudiciume, dal travaglio e dall' avvilimento trovi
la tempera, per dir cos, e la stagione sua propria, le con
dizioni necessarie in somma per nascere, nutrirsi e molti
plicare (se a un ignorante lecito buttar l queste parole,
dietro l' ipotesi proposta da alcuni fisici e riproposta da
ultimo, con molte ragioni e con molta riserva, da uno, di
ligente quanto ingegnoso (*) ) : sia poi che il contagio scop
piasse da principio nel lazzeretto medesimo, come, da
un'oscura e inesatta relazione, par che pensassero i medici

(.) Del morbo pelccchiale . , . . e degli altri contagi in yoneralt,


opera del dott. F. Enrico Acerbi, Cap. Ili, l e 2.
CAPITOLO XXVIII. 459
Iella Sanit; sia che vivesse e andasse covando prima
d' allora (ci che par forse pi verisimile, chi pensi come il
disagio era gi antico e generale, e la mortalit gi fre
quente), e che portato in quella folla permanente, vi si pro
pagasse con nuova e terribile rapidit. Qualunque di queste
congetture sia la vera , il numero giornaliero de' morti
nel lazzeretto oltrepass in poco tempo il centinaio.
Mentre in quel luogo tutto il resto era languore, angoscia,
spavento, rammarichio, fremito, nella Provvisione era ver
gogna, stordimento, incertezza. Si discusse, si sent il pa
rere della Sanit ; non si trov altro che di disfare ci che
s' era fatto con tanto apparato, con tanta spesa, con tante
vessazioni. S' apr il lazzeretto, si licenziaron tutti i poveri
non ammalati che ci rimanevano, e che scapparon fuori con
una gioia furibonda. La citt torn a risonare dell' antico
lamento, ma pi debole e interrotto ; rivide quella turba
pi rada e pi compassionevole, dice il Ripamonti, per il
pensiero del come fosse di tanto scemata. Gl' infermi furon
trasportati a Santa Maria della Stella, allora ospizio di
poveri; dove la pi parte perirono.
Intanto per cominciavano que' benedetti campi a im
biondire. Gli accattoni venuti dal contado se n' andarono,
ognuno dalla sua parte, a quella tanto sospirata segatura.
Il buon Federigo gli accomiat con un ultimo sforzo, e con
un nuovo ritrovato di carit: a ogni contadino che si
presentasse all' arcivescovado, fece dare un giulio, e una
falce da mietere.
Con la messe Analmente cess la carestia: la mortalit,
epidemica o contagiosa, scemando di giorno in giorno, si
prolung per fin nell' autunno. Era sul finire, quand' ecco
un nuovo flagello.
Molte cose importanti, di quelle a cui pi specialmente si
il titolo di storiche, erano accadute in questo frattempo.
Il cardinal di Richelieu, presa, come s' dett, la Roccella,
abborracciata alla meglio una pace col re d' Inghilterra,
aveva proposto e persuaso con la sua potente parola, nel
Consiglio di quello di Francia, che si soccorresse efficace
mente il duca di Nevers ; e aveva insieme determinato il
460 I PROMESSI SPOSI
re medesimo a condurre in persona la spedizione. Mentre
si facevan gli apparecchi, il conte di Nassau, commissario
imperiale, intimava in Mantova al nuovo duca, che desse
gli stati in mano a Ferdinando, o questo manderebbe un
esercito ad occuparli. Il duca che, in pi disperate circo
stanze , s' era schermito d' accettare una condizione cosi
dura e cos sospetta, incoraggito ora dal vicino soccorso di
Francia, tanto pi se ne schermiva; per con termini in
cui il no fosse rigirato e allungato, quanto si poteva, e con
proposte di sommissione, anche pi apparente, ma meno
costosa. Il commissario se n' era andato, protestandogli che
si verrebbe alla forza. In marzo, il cardinal di Richelieu
era poi calato infatti col re, alla testa d' un esercito ; aveva
chiesto il passo al duca di Savoia: s'era trattato; non
s'era concluso; dopo uno scontro, col vantaggio de' Fran
cesi, s'era trattato di nuovo, e concluso un accordo, nel
quale il duca, tra l' altre cose, aveva stipulato che il Cor
dova leverebbe l' assedio da Casale; obbligandosi, se questo
ricusasse^ a unirsi co' Francesi, per invadere il ducato di
Milano. Don Gonzalo, parendogli anche d' uscirne con poco,
aveva levato l' assedio da Casale, dov' era subito entrato
un corpo di Francesi, a rinforzar la guarnigione.
Fu in questa occasione che l'Achillini scrisse al re Luigi
quel suo famoso sonetto:
Sudale, o fochi, a preparar metalli:
e un altro, con cui l' esortava a portarsi subito alla libera
zione di Terra santa. Ma un destino che i pareri de' poeti
non siano ascoltati : e se nella storia trovate de' fatti con
formi a qualche loro suggerimento, dite pur francamente
ch' eran cose risolute prima. Il cardinal di Richelieu aveva
invece stabilito di ritornare in Francia, per affari che a lui
parevano pi urgenti. Girolamo Soranzo, inviato de' Veme-
ziani, pot bene addurre ragioni per combattere quella
risoluzione ; che il re e il cardinale, dando retta alla sua
prosa come ai versi dell'Achillini , se ne ritornarono col
grosso dell' esercito, lasciando soltanto sei mila uomini in
Susa, per mantenere il passo, e per caparra del trattata
CAPITOLO XXVIII. 461
Mentre quell'esercito se n'andava da una parte, quello di
Ferdinando s' avvicinava dall' altra ; aveva invaso il paese
-de' Grigioni e la Valtellina ; si disponeva a calar nel mila
nese. Oltre tutti i danni che si potevan temere da un tal
passaggio, eran venuti espressi avvisi al tribunale della
.sanit, che in queir esercito covasse la peste, della quale
allora nelle truppe alemanne c'era sempre qualche sprazzo,
come dice il Varchi, parlando di quella che, un secolo
avanti, avevan portata in Firenze. Alessandro Tadino, uno
de' conservatori della Sanit (eran sei, oltre il presidente:
quattro magistrati e due medici), fu incaricato dal tribu
nale, come racconta lui stesso, in quel suo ragguaglio gi
citato (*), di rappresentare al governatore lo spaventoso
pericolo che sovrastava al paese, se quella gente ci passava,
per andare all' assedio di Mantova, come s' era sparsa la
voce. Da tutti i portamenti di don Gonzalo, pare che avesse
una gran smania d'acquistarsi un posto nella storia, la quale
infatti non pot non occuparsi di lui ; ma (come spesso le ac
cade) non conobbe, o non si cur di registrare l' atto di lui
pi degno di memoria, la risposta che diede al Tadino in
quella circostanza. Rispose che non sapeva cosa farci ; che i
motivi d'interesse e di riputazione, per i quali s'era mosso
queir esercito, pesavan pi che il pericolo rappresentato ;
che con tutto ci si cercasse di riparare alla meglio, e si
sperasse nella Provvidenza.
Per riparar dunque alla meglio, i due medici della Sanit
(il Tadino suddetto e Senatore Settala, figlio del celebre
Lodovico) proposero in quel tribunale che si proibisse sotto
severissime pene di comprar roba di nessuna sorte da' sol
dati ch' eran per passare ; ma non fu possibile far intendere
la necessit d' un tal ordine al presidente, uomo, dice il
Tadino, di molta bont, che non poteva credere dovesse
succedere incontri di morti di tante migliaia di persone,
per il comercio di questa gente,' et loro robbe. Citiamo
questo tratto, per uno de' singolari di quel tempo : ch di
certo, da che ci son tribunali di sanit, non accadde mai a

C) Pag. 16.
462 I PROMESSI SPOSI
un altro presidente d'un tal corpo, di fare un ragionamento
simile; se ragionamento si pu chiamare.
In quanto a Don Gonzalo, poco dopo quella risposta, s
n' and da Milano ; e la partenza fu triste per lui, come lo
era la cagione. Veniva rimosso per i cattivi successi della
guerra, della quale era stato il promotore e il capitano ;
e il popolo lo incolpava della fame sofferta sotto il suo go
verno. (Quello che aveva fatto per la peste, o non si sapeva,
o ceTto nessuno se n' inquietava, come vedremo pi avanti,
fuorch il tribunale della sanit, e i due medici special
mente.) AH' uscir dunque, in carrozza da viaggio, dal pa
lazzo di corte, in mezzo a una guardia d'alabardieri, con due
trombetti a cavallo davanti, e con altre carrozze di nobili
che gli facevan seguito, fu accolto con gran fischiate da
ragazzi ch' eran radunati sulla piazza del duomo , e cha
gli andaron dietro alla rinfusa. Entrata la comitiva nella
strada che conduce a porta ticinese, di dove si doveva
uscire, cominci a trovarsi in mezzo a una folla di gente
che, parte era l ad aspettare, parte accorreva ; tanto pi
che i trombetti, uomini di formalit, non cessaron di sonare,
dal palazzo di corte, fino alla porta. E nel processo che si
fece poi su quel tumulto, uno di costoro, ripreso che, con
quel suo trombettare, fosse stato cagione di farlo crescere,
risponde: caro signore, questa la nostra professione; et
se S. E. non hauesse hauuto a caro che noi hauessimo sonato,
doveva comandarne che tacessimo. Ma don Gonzalo, o per
ripugnanza a far cosa che mostrasse timore, o per timore di
render con questo pi ardita la moltitudine, o perch fosse
in effetto un po' sbalordito , non dava nessun ordine. La
moltitudine, che le guardie avevan tentato in vano di
respingere, precedeva, circondava, seguiva le carrozze,
gridando : la va via la carestia, va via il sangue de' pol
veri, e peggio. Quando furon vicini alla porta, comincia
rono anche a tirar sassi, mattoni, torsoli, bucce d'ogni sorte,
la munizione solita in somma di quelle spedizioni ; una parte
corse sulle mura, e di l fecero un'ultima scarica sulle
carrozze che uscivano. Subito dopo si sbandarono.
In luogo di don Gonzalo, fu mandato il marchese Ambrogio
CAPITOLO XXVIII. 46*
Spinola, il cui nome aveva gi acquistata, nelle guerre, di
Fiandra, quella celebrit militare che ancor gli rimane.
Intanto l' esercito alemanno, sotto il comando supremo
lei conte Rambaldo di Collalto, altro condottiere italiano,
di minore, ma non d' ultima fama, aveva ricevuto l' ordine
definitivo di portarsi all'impresa di Mantova; e nel mese
di settembre, entr nel ducato di Milano.
La milizia, a que' tempi, era ancor composta in gran parte
di soldati di ventura arrotati da condottieri di mestiere,
per commissione di questo o di quel principe, qualche volta
anche per loro proprio conto, e per vendersi poi insieme con
essi. Pi che dalle paghe, erano gli uomini attirati a quel
mestiere dalle speranze del saccheggio e da tutti gli allet
tamenti della licenza. Disciplina stabile e generale non ce
n' ora ; n avrebbe potuto accordarsi cos facilmente con
l'autorit in parte indipendente de' vari condottieri. Questi
poi in particolare, n erano molto raffinatori in fatto di di
sciplina, n, anche volendo, si vede come avrebbero potuto
riuscire a stabilirla e a mantenerla ; ch soldati di quella
razza, o si sarebbero rivoltati contro un condottiere nova
tore che si fosse messo in testa d'abolire il saccheggio ; o per
lo meno, l' avrebbero lasciato solo a guardar le bandiere.
Oltre di ci. siccome i principi, nel prendere, per dir cos,
ad affitto' quelle bande, guardavan' pi ad aver gente in
quantit, per assicurar l' imprese, che a proporzionare il
numero alla loro facolt di pagare, per il solito molto
scarsa; cos le paghe venivano per lo pi tarde, a conto,
a spizzico; e le spoglie de' paesi a cui la toccava, ne di
venivano come un supplimento tacitamente convenuto.
celebre, poco meno del nome di Wallenstein, quella sua
sentenza : esser pi facile mantenere un esercito di cento
mila uomini, che uno di dodici mila. E questo di cui parliamo
era in gran parte composto della gente che, sotto il suo co
mando, aveva desolata la Germania, in quella guerra ce
lebre tra le guerre, e per s e per i suoi effetti, che ricevette
poi il nome da' trent'anni della sua durata : e allora ne cor
reva l' undecimo. C era anzi, condotto da un suo luogote
nente, il suo proprio reggimento; degli altri condottieri^
464 I PROMESSI SPOSI
la pi parte avevan comandato sotto di lui, e ci si trovava
pi d'uno di quelli che, quattr'anni dopo, dovevano aiutare
a fargli far quella cattiva fine che ognun sa.
Eran vent' otto mila fanti, e sette mila cavalli ; e, scen
dendo dalla Valtellina per portarsi nel mantovano, do-
vevan seguire tutto il corso che fa l'Adda per due rami
di lago, e poi di nuovo come fiume fino al suo sbocco in
Po, e dopo avevano un buon tratto di questo da costeg
giare: in tutto otto giornate nel ducato di Milano.
Una gran parte degli abitanti si rifugiavano su per i
monti, portandovi quel che avevan di meglio, e cacciandosi
innanzi le bestie ; altri rimanevano, o per non abbandonar
qualche ammalato, o per preservar la casa dall'incendio, o
per tener d'occhio cose preziose nascoste, sotterrate; altri
perch non avevan nulla da perdere, o anche facevan conto
d' acquistare. Quando la prima squadra arrivava al paese
della fermata, si spandeva subito per quello e per i circon
vicini, e li metteva a sacco addirittura : ci che c' era da
godere o da portar via, spariva; il rimanente, lo distrugge
vano o lo rovinavano; i mobili diventavan legna, le case,
stalle: senza parlar delle busse, delle ferite, degli stupri.
Tutti i ritrovati, tutte l'astuzie per salvar la roba, riu
scivano per lo pi inutili, qualche volta portavano danni
maggiori. I soldati, gente ben pi pratica degli stratagemmi
anche di questa guerra, frugavano per tutti i buchi delle
case, smuravano, diroccavano; conoscevan facilmente negli
orti la terra smossa di fresco ; andarono fino su per i monti
a rubare il bestiame; andarono nelle grotte, guidati da
qualche birbante del paese, in cerca di qualche ricco che
vi si fosse rimpiattato; lo strascinavano alla sua casa, e
con tortura di minacce e di percosse, lo costringevano a
indicare il tesoro nascosto.
Finalmente se n' andavano ; erano andati ; si sentiva da
lontano morire il suono de' tamburi o delle trombe ; succe
devano alcune ore d' una quiete spaventata ; e poi un nuovo
maledetto batter di cassa, un nuovo maledetto suon di
trombe, annunziava un'altra squadra. Questi, non trovando
pi da far preda, con tanto pi furore facevano sperpero
CAPITOLO XXVIII. 465
,del resto, bruciavan le botti votate da quelli, gli usci delle
stanze dove non c' era pi nulla, davan fuoco anche alle
case; e con tanta pi rabbia, s'intende, maltrattavan le
persone; e cos di peggio in peggio, per venti giorni: ch
in tante squadre era diviso l' esercito.
Colico fu la prima terra del ducato, che invasero que' de
mni; si gettarono poi sopra Bellano; di l entrarono e si
sparsero nella Valsassina, da dove sboccarono nel territorio
di Lecco.
t
CAPITOLO XXIX.

Qui, tra i poveri spaventati troviamo persone di nostra


conoscenza.
Chi non ha visto don Abbondio, il giorno che si sparsero
tutte in una volta le notizie della calata dell' esercito, del
suo avvicinarsi, e de' suoi portamenti, non sa bene cosa sia
impiccio e spavento. Vengono ; son trenta, son quaranta, son
cinquanta mila; son diavoli, sono ariani, sono anticristi;
hanno saccheggiato Cortenuova; han dato fuoco a Primalu-
na; devastano Introbbio, Pasturo, Barsio; sono arrivati a
Balabbio ; domani son qui : tali eran le voci che passavan
,di bocca in bocca; e insieme un correre, un fermarsi a vi
cenda, un consultare tumultuoso, un' esitazione tra il fug
gire e il restare, un radunarsi di donne, un metter le mani
ne' capelli. Don Abbondio, risoluto di fuggire, risoluto prima
,di tutti e pi di tutti, vedeva per, in ogni strada da pren
dere, in ogni luogo da ricoverarsi, ostacoli insuperabili e
pericoli spaventosi. Come fare ? esclamava : dove
andare? I monti, lasciando da parte la difficolt del cam
mino, non eran sicuri : gi s' era saputo che i lanzichenecchi
vi s' arrampicavano come gatti, dove appena avessero in
dizio o speranza di far preda. Il lago era grosso ; tirava
un gran vento : oltre di questo, la pi parte de' barcaioli,
temendo d'esser forzati a tragittar soldati o bagagli, s'eran
rifugiati, con le loro barche, all'altra riva : alcune poche ri
maste, eran poi partite stracariche di gente ; e, travagliate
,dal peso e dalla burrasca, si diceva che pericolassero ogni
/ Promessi Sposi. 30
466 I PROMESSI SPOSI
momento. Per portarsi lontano e fuori della strada che
l'esercito aveva a percorrere, non era possibile trovar ne-
un calesse, n un cavallo, n alcun altro mezzo : a piedi,
don Abbondio non avrebbe potuto far troppo cammino, e
temeva d' esser raggiunto per istrada. Il territorio berga
masco non era tanto distante, che le sue gambe non ce lo
potessero portare in una tirata ; ma si sapeva ch' era stato
spedito in fretta da Bergamo uno squadrone di cappelletti,
il qual doveva costeggiare il confine, per tenere in sogge
zione i lanzichenecchi ; e quelli eran diavoli in carne, h pi
n meno di questi, e facevan dalla parte loro il peggio che
potevano. Il pover' uomo correva, stralunato e mezzo fuor
di s, per la casa; andava dietro a Perpetua, per concertale
una risoluzione con lei ; ma Perpetua, affaccendata a racco
gliere il meglio di casa, e a nasconderlo in soffitta, o per i
bugigattoli, passava di corsa, affannata, preoccupata, con le
mani o con le braccia piene, e rispondeva : or ora finisco
di metter questa roba al sicuro, e poi faremo anche noi
come fanno gli altri. Don Abbondio voleva trattenerla,
e discuter con lei i vari partiti; ma lei, tra il da fare, e la
fretta, e lo spavento che aveva anch'essa in corpo, e la rab
bia che le faceva quello del padrone, era, in tal congiun
tura, meno trattabile di quel che fosse stata mai. S' inge
gnano gli altri ; c' ingegneremo anche noi. Mi scusi, ma non
capace che d' impedire. Crede lei che anche gli altri non
abbiano una pelle da salvare? Che vengono per far la
guerra a lei i soldati ? Potrebbe anche dare una mano, in
questi momenti, in vece di venir tra' piedi a piangere e a
impicciare. Con queste e simili risposte si sbrigava da lui,
avendo gi stabilito, finita che fosse alla meglio quella tu
multuaria operazione, di prenderlo per un braccio, come un
ragazzo, e di strascinarlo su per una montagna. Lasciato cos
solo, s' affacciava alla finestra, guardava, tendeva gli orec
chi ; e vedendo passar qualcheduno, gridava con una voce
mezza di pianto e mezza di rimprovero : fate questa ca
rit al vostro povero curato di cercargli qualche cavallo,
qualche mulo, qualche asino. Possibile che nessuno mi vo
glia aiutare ! Oh che gente ! Aspettatemi almeno, che possa
CAPITOLO XXIX. 467
venire anch' io con voi; aspettate d' esser quindici o venti,
da condurmi via insieme, ch' io non sia abbandonato. Vo
lete lasciarmi in man de' cani ? Non sapete che sono lute
rani la pi parte, che ammazzare un sacerdote l'hanno per
opera meritoria ? Volete lasciarmi qui a ricevere il marti
rio? Oh che gente! Oh che gente!
Ma a chi diceva queste cose ? Ad uomini che passavano
curvi sotto il peso della loro povera roba, pensando a quella
che lasciavano in casa, spingendo le loro vaccherelle, con
ducendosi dietro i figli, carichi anch' essi quanto potevano,
e le donne con in collo quelli che non potevan camminare.
Alcuni tiravan di lungo, senza rispondere n guardare in
su; qualcheduno diceva: eh messere! faccia anche lei
come pu; fortunato lei che non ha da pensare alla fa
miglia; s'aiuti, s' inggni.
Oh povero me ! esclamava don Abbondio : oh che
gente! che cuori! Non c' carit: ognun pensa a s; e a
me nessuno vuol pensare. E tornava in cerca di Perpetua.
Oh appunto! gli disse questa: e i danari?
Come faremo?
Li dia a me, che ander a sotterrarli qui nell'orto
di casa, insieme con le posate.
Ma
Ma, ma; dia qui; tenga qualche soldo, per quel che
pu occorrere; e poi lasci fare a me.
Don Abbondio ubbid, and allo scrigno, cav il suo teso-
retto, e lo consegn a Perpetua; la quale disse : vo a sot
terrarli nell'orto, appi del fico; o and. Ricomparve poco
dopo, con un paniere dove c'era della munizione da bocca,
e con una piccola gerla vta ; e si. mise in fretta a collocarvi
nel fondo un po' di biancheria sua e del padrone, dicendo
intanto: il breviario almeno lo porter lei.
Ma dove andiamo?
Dove vanno tutti gli altri ? Prima di tutto, anderemo in
istrada; e l sentiremo, e vedremo cosa convenga di fare.
In quel momento entr Agnese con una gerletta sulle
spalle, e in aria di chi viene a fare una proposta importante.
Agnese, risoluta anche lei di non aspettare ospiti di
468 I PROMESSI SPOSI
quella sorte, sola in casa, com' era, e con ancora un po' di
quell' oro dell' innominato, era stata qualche tempo in forse
del luogo dove ritirarsi. Il residuo appunto di quegli scudi,
che ne' me si della fame le avevan fatto tanto pro, era la ca-
gion principale della sua angustia e dell' irresoluzione, per
aver essa sentito che, ne' paesi gi invasi, quelli che avean
danari, s' eran trovati a pi terribil condizione, esposti in
sieme alla violenza degli stranieri, e all' insidie de' paesani.
Era vero che, del bene piovutole, come si dice, dal cielo,
non aveva fatta la confidenza a nessuno, fuorch a don Ab
bondio ; dal quale andava, volta per volta, a farsi spicciolare
uno scudo, lasciandogli sempre qualcosa da dare a qualche-
duno pi povero di lei. Ma i danari nascosti, specialmente
chi non avvezzo a maneggiarne molti, tengono il posses
sore in un sospetto continuo del sospetto altrui. Ora, mentre
andava anch' essa rimpiattando qua e l alla meglio ci che
non poteva portar con s, e pensava agli scudi, che teneva
cuciti nel busto, si ramment che, insieme con essi, l' inno
minato, le aveva mandate le pi larghe offerte di servizi ;
si ramment le cose che aveva sentito raccontare di quel
suo castello posto in luogo cos sicuro, e dove, a dispetto
del padrone, non potevano arrivar se non gli uccelli ; e si
risolvette d' andare a chiedere un asilo lass. Pens come
potrebbe farsi conoscere da quel signore, e le venne subito
in mente don Abbondio; il quale, dopo quel colloquio cos
fatto con l' arcivescovo, le aveva sempre fatto festa, e tanto
pi di cuore, che lo poteva senza compromettersi con nes
suno, e che, essendo lontani i due giovani, era anche lontano
il caso che a lui venisse fatta una richiesta, la quale avrebbe
messa quella benevolenza a un gran cimento. Suppose che,
in un tal parapiglia, il pover' uomo doveva esser ancor pi
impicciato e pi sbigottito di lei, e che il partito potrebbe
parer molto buono anche a lui ; e glielo veniva a proporre.
Trovatolo con Perpetua, fece la proposta a tutt'e due.
Che ne dite, Perpetua? domand don Abbondio.
Dico che un' ispirazione del cielo, e che non bisogna
perder tempo, e mettersi la strada tra le gambe.
E poi
CAPITOLO XXIX. A69
E poi, e poi, quando saremo l, ci troveremo ben con
tenti . Quel signore, ora si sa che non vorrebbe altro che far
servizi al prossimo; e sar ben contento anche lui di rico
verarci. L, sul confine, e cos per aria, soldati non ne verr
certamente. E poi e poi, ci troveremo anche da mangiare ;
che, su per i monti, finita questa poca grazia di Dio, e
cos dicendo, l'accomodava nella gerla, sopra la biancheria,
ci saremmo trovati a mal partito.
Convertito, convertito davvero, eh?
Che c' da dubitarne ancora , dopo tutto quello che
si sa, dopo quello che anche lei ha veduto?
E se andassimo, a metterci in gabbia?
Che gabbia? Con tutti codesti suoi casi, mi scusi, non
si verrebbe mai a una conclusione. Brava Agnese ! v' pro
prio venuto un buon pensiero. E messa la gerla sur un ta
volino, pass le braccia nelle cigne, e la prese sulle spalle.
Non si potrebbe, disse don Abbondio, trovar qual
che uomo che venisse con noi, per far la scorta al suo cu
rato ? Se incontrassimo qualche birbone, che pur troppo ce
n' in giro parecchi, che aiuto m' avete a dar voi altre ?
Un'altra, per perder tempo! esclam Perpetua.
Andarlo a cercar ora l' uomo, che ognuno ha da pensare
a' fatti suoi. Animo ! vada a prendere il breviario e il cap
pello; e andiamo.
Don Abbondio and, torn, di l a un momento, col brevia
rio sotto il braccio, col cappello in capo, e col suo bordone
in mano ; e uscirono tutt'e tre per un usciolino che metteva
sulla piazzetta. Perpetua richiuse, pi "per non trascurare
una formalit, che per fede che avesse in quella toppa e
in que' battenti, e mise la chiave in tasca. Don Abbondio
diede, nel passare, un'occhiata alla chiesa, e disse tra i denti :
al popolo tocca a custodirla, che serve a lui. Se hanno un
po' di cuore per la loro chiesa, ci penseranno ; se poi non
hanno cuore, tal sia di loro.
Presero per i campi, zitti zitti, pensando ognuno a' casi
suoi, e guardandosi intorno, specialmente don Abbondio, se
apparisse qualche figura sospetta, qualcosa di straordina
rio. Non s' incontrava nessuno : la gente era, o nelle case
470 I PROMESSI SPOSI
a guardarle, a far fagotto, a nascondere, o per le strade che
conducevan direttamente all' alture.
Dopo aver sospirato e risospirato, e poi lasciato scappar
qualche interiezione, don Abbondio cominci a bronto
lare pi di seguito. Se la prendeva col duca di Nevers, che
avrebbe potuto stare in Francia a godersela, a fare il prin
cipe, e voleva esser duca di Mantova a dispetto del mondo ;
con l' imperatore, che avrebbe dovuto aver giudizio per gli
altri, lasciar correr l'acqua all' ingi, non istar su tutti
i puntigli : ch Analmente, lui sarebbe sempre stato l' im
peratore, fosse duca di Mantova Tizio o Sempronio.
L'aveva principalmente col governatore, a cui sarebbe
toccato a far di tutto, per tener lontani i flagelli dal paese,
ed era lui che ce gli attirava: tutto per il gusto di far
la guerra. Bisognerebbe, diceva, che fossero qui
que' signori a vedere, a provare, che gusto . Hanno da
rendere un bel conto ! Ma intanto, ne va di mezzo chi
non ci ha colpa. ,
Lasci un po' star codesta gente ; che gi non son quelli
che ci verranno a aiutare, diceva Perpetua. Codeste,
mi scusi, sono di quelle sue solite chiacchiere che non con-
cludon nulla. Piuttosto, quel che mi d noia
Cosa c'?
Perpetua, la quale, in quel pezzo di strada, aveva pensato
con comodo al nascondimento fatto in furia, cominci a la
mentarsi d'aver dimenticata la tal cosa, d'aver mal riposta
la tal altra ; qui, d' aver lasciata una traccia che poteva
guidare i ladroni, l...
Brava ! disse don Abbondio, ormai sicuro della vita,
quanto bastava per poter angustiarsi della roba: brava !
cosi avete fatto? Dove avevate la testa?
Come ! esclam Perpetua, fermandosi un momento su
due piedi, e mettendo i pugni su' fianchi, in quella maniera
che la gerla glielo permetteva: come! verr ora a farmi
codesti rimproveri, quand' era lei che me la faceva andar
via, la testa, in vece d'aiutarmi e farmi coraggio! Ho
pensato forse pi alla roba di casa che alla mia; non ho
avuto chi mi desse una mano; ho dovuto far da Marta c
CAPITOLO XXIX. 471
Maddalena; se qualcosa ander a male, non so cosa mi
dire: ho fatto anche pi del mio dovere.
Agnese interrompeva questi contrasti, entrando anche lei
a parlare de'suoi guai : e non si rammaricava tanto dell' in
comodo e del dann, quanto di vedere svanita la speranza
<li riabbracciar presto la sua Lucia; ch, se vi rammentate,
era appunto quell autunno sul quale avevan fatto assegna
mento : n era da supporre che donna Prassede volesse
venire a villeggiare da quelle parti, in tali circostanze:
piuttosto ne sarebbe partita, se ci si fosse trovata, come
f'acevan tutti gli altri villeggianti.
La vista de' luoghi rendeva ancor pi vivi que' pensieri
d'Agnese, e pi pungente il suo dispiacere. Usciti da' sen
tieri, avevan presa la strada pubblica, quella medesima per
cui la povera donna era venuta riconducendo, per cos
poco tempo, a casa la figlia, dopo aver soggiornato con lei,
in casa del sarto. E gi si vedeva il paese.
Anderemo bene a salutar quella brava gente, disse
Agnese.
E anche a riposare un pochino : ch di questa gerla
10 comincio ad averne abbastanza; e poi per .mangiare
un boccone, disse Perpetua.
Con patto di non perder tempo; ch non siamo in
viaggio per divertimento, concluse don Abbondio.
Furono ricevuti a braccia aperte, e veduti con gran pia
cere : rammentavano una buona azione. Fate del bene a
quanti pi potete, dice qui il nostro autore; e vi seguir
tanto pi spesso d'incontrar de'visi che vi mettano allegria.
Agnese, nell' abbracciar la buona donna, diede in un di
rotto pianto, che le fu d' un gran sollievo; e rispondeva con
singhiozzi alle domande che quella e il marito le facevan
di Lucia.
Sta meglio di noi, disse don Abbondio : a Mi
lano, fuor de' pericoli, lontana da queste diavolerie.
Scappano, eh? il signor curato e la compagnia, disse
11 sarto.
Sicuro, risposero a una voce il padrone e la serva.
Li compatisco.
472 I PROMESSI SPOSI
Siamo incamminati, disse don Abbondio, al castello1
di***.
L'hanno pensata bene: sicuri come in chiesa.
E qui, non hanno paura? disse don Abbondio.
Dir, signor curato: propriamente in ospitazione ,
come lei sa che si dice, a parlar bene, qui non dovrebbero
venire coloro : siam troppo fuori della loro strada, grazie
al cielo. Al pi al pi , qualche scappata , che Dio non
voglia : ma in ogni caso c' tempo ; s' hanno a sentir pri
ma altre notizie da' poveri paesi dove anderanno a fer
marsi.
Si concluso di star li un poco a prender fiato; e, sic
come era l'ora del desinare, signori, disse il sarto;
devono onorare la mia povera tavola: alla buona: ci
sar un piatto di buon viso.
Perpetua disse d' aver con s qualcosa da rompere il
digiuno. Dopo un po' di cerimonie da una parte e dal
l' altra, si venne a patti d' accozzar, come si dice, il pen
tolino, e di desinare in compagnia.
I ragazzi s' eran messi con gran festa intorno ad Agnese
loro amica vecchia. Presto, presto ; il sarto ordin a una
bambina (quella che aveva portato quel boccone a Maria
vedova: chi sa se ve ne rammentate pi!), che andasse a
diricciar quattro castagne primaticce, ch' eran riposte in
un cantuccio: e le mettesse a arrostire.
E tu, disse a un ragazzo, va nell' orto, a dare una
scossa al pesco, da farne cader quattro, e portale qui :. tutte,
ve'. E tu, disse a un altro, va sul fico, a coglierne quat
tro de' pi maturi. Gi lo conoscete anche troppo quel me
stiere. Lui and a spillare una sua botticina ; la donna a
prendere un po' di biancheria da tavola. Perpetua caviv
fuori le provvisioni; s'apparecchi: un tovagliolo e un
piatto di maiolica al posto d' onore, per don Abbondio, con
una posata che Perpetua aveva nella gerla. Si misero a
tavola, e desinarono, se non con grand' allegria, almeno
con molta pi che nessuno de' commensali si fosse aspettato
d'averne in quella giornata.
Cosa ne dice, signor curato, d' uno scombussolamento
CAPITOLO XXIX. 473
di questa sorte ? disse il sarto : mi par di leggere la
storia de' mori di Francia.
Cosa devo dire? Mi doveva cascare addosso anche
questa!
Per, hanno scelto un buon ricovero, riprese quello :
chi diavolo ha a andar luss per forza ? E troveranno
compagnia : che gi s' sentito che ci sia rifugiata molta
gente, e che ce n'arrivi tutt'ora.
c Voglio sperare, disse don Abbondio, che saremo ben
accolti. Lo conosco quel bravo signore ; e quando ho avuto
un'altra volta l'onore di trovarmi con lui, fu cosi compito !
E a me, disse Agnese, m' ha fatto dire dal signor
monsignor illustrissimo, che, quando avessi bisogno di
qualcosa, bastava che andassi da lui.
Gran bella conversione ! riprese don Abbondio : e
si mantiene, n' vero? si mantiene.
Il sarto si mise a parlare alla distesa della santa vita
dell' innominato , e come , dall' essere il flagello de' con
torni, n'era divenuto l'esempio e il benefattore.
E quella gente che teneva con s?... tutta quella
servit ? ... riprese don Abbondio, il quale n' aveva pi
d' una volta sentito dir qualcosa, ma non era mai quieto
abbastanza.
Sfrattati la pi parte, rispose il sarto: e quelli
che son rimasti, han mutato sistema, ma come ! In somma
diventato quel castello una Tebaide: lei le sa queste
cose.
Entr poi a parlar con Agnese della visita del cardinale.
Grand' uomo! diceva; grand' uomo! Peccato che sia
passato di qui cos in furia, che non ho n anche potuto
fargli un po' d'onore. Quanto sarei contento di potergli
parlare un' altra volta, un po' pi con comodo.
Alzati poi da tavola, le fece osservare una stampa rap
presentante il cardinale, che teneva attaccata a un battente
d' uscio, in venerazione del personaggio, e anche per poter
dire a chiunque capitasse, che non era somigliante ; giacch
lui aveva potuto esaminar da vicino e con comodo il car
dinale in persona, in quella medesima stanza.

474 I PROMESSI SPOSI
L'hanno voluto far lui, con questa cosa qui? disse
Agnese. Nel vestito gli somiglia; ma...
N' vero che non somiglia? disse il sarto: lo dico
sempre anch'io: noi, non c'ingannano, eh? ma, se non
altro, c' sotto il suo nome: una memoria.
Don Abbondio faceva fretta; il sarto s'impegn di tro
vare un baroccio che li conducesse appi della salita; n'and
subito in cerca, e poco dopo, torn a dire che arrivava.
Si volt poi a don Abbondio, e gli disse : signor curato,
se mai desiderasse di portar lass qualche libro, per pas
sare il tempo, da pover'uomo posso servirla: ch anch'io
mi diverto un po' a leggere. Cose non da par suo, libri in
volgare; ma per...
Grazie, grazie, rispose don Abbondio : son circo
stanze, che si ha appena testa d' occuparsi di quel che
di precetto.
Mentre si fanno e si ricusano ringraziamenti, e si barat
tano saluti e buoni augri, inviti e promesse d'un' altra
fermata al ritorno, il baroccio arrivato davanti all' uscio
di strada. Ci metton le gerle, salgon su, e principiano,
con un po' pi d' agio e di tranquillit d' animo, la seconda
met del viaggio.
Il sarto aveva detto la verit a don Abbondio, intorno al
l' innominato. Questo, dal giorno che l' abbiam lasciato,
aveva sempre continuato a far ci che allora s'era proposto,
compensar danni, chieder pace, soccorrer poveri, sempre
del bene in somma, secondo l' occasione. Quel coraggio che
altre volte aveva mostrato nelT offendere e nel difendersi,
ora lo mostrava nel non fare n l' una cosa n 1' altra. An
dava sempre solo e senz' armi, disposto a tutto quello che gli
potesse accadere dopo tante violenze commesse, e persuaso
che sarebbe commetterne una nuova l' usar la forza in di
fesa di chi era debitore di tanto e a tanti ; persuaso che ogni
male che gli venisse fatto, sarebbe un' ingiuria riguardo a
Dio, ma riguardo a lui una giusta retribuzione ; e che del
l' ingiuria, lui meno d' ogni altro, aveva diritto di farsi pu
nitore. Con tutto ci, era rimasto non meno inviolato di
quando teneva armate, per la sua sicurezza, tante braccia
CAPITOLO XXIX. 475
,e il suo. La rimembranza dell' antica feroe a, e la vista della
mansuetudine presente, una, che doveva aver lasciati tanti
desideri di vendetta, l' altra, che la rendeva tanto agevole,
cospiravano in vece a procacciargli e a mantenergli un'am
mirazione, che gli serviva principalmente di salvaguardia.
Era queil' uomo che nessuno aveva potuto umiliare, e che
s' era umiliato da s. I rancori, irritati altre volte dal suo
disprezzo e dalla paura degli altri, si dileguavano ora da
vanti a quella nuova umilt : gli offesi avevano ottenuta,
contro ogni aspettativa, e senza pericolo, una soddisfazione
che non avrebbero potuta promettersi dalla pi fortunata
vendetta, la soddisfazione di vedere un tal uomo pentito
de' suoi torti, e partecipe, per dir cos, della loro indegna
zione. Molti, il cui dispiacere pi amaro e pi intenso era
stato per molt' anni, di non veder probabilit di trovarsi in
nessun caso pi forti di colui, per ricattarsi di qualche gran
torto; incontrandolo poi solo, disarmato, e in atto di chi non
farebbe resistenza, non s' eran sentiti altro impulso che di
fargli dimostrazioni d' onore. In queil' abbassamento volon
tario, la sua presenza e il suo contegno avevano acquistato,
senza che lui lo sapesse, un non so che di pi alto e di pi
nobile ; perch ci si vedeva, ancor meglio di prima, la non
curanza d' ogni pericolo. Gli odi, anche i pi rozzi e rab
biosi, si sentivano come legati e tenuti in rispetto dalla
venerazione pubblica per l'uomo penitente e benefico. Que
sta era tale, che spesso queil' uomo si trovava impicciato a
schermirsi dalle dimostrazioni che gliene venivan fatte, e
doveva star attento a non lasciar troppo trasparire nel
volto e negli atti il sentimento interno di compunzione, a
non abbassarsi troppo, per non essere troppo esaltato. S'era
scelto nella chiesa l' ultimo luogo ; e non c' era pericolo che
nessuno glielo prendesse : sarebbe stato come usurpare un
posto d' onore. Offender poi queil' uomo, o anche trattarlo
con poco riguardo, poteva parere non tanto un' insolenza e
una vilt, quanto un sacrilegio : e quelli stessi a cui questo
sentimento degli altri poteva servir di ritegno, ne parte
cipavano anche loro, pi o meno.
Queste medesime ed altre cagioni, allontanavano pure da
476 I PROMESSI SPOSI
lui le vendette della forza pubblica, e gli procuravano, an
che da questa parte, la sicurezza della quale non si dava
pensiero. Il grado e le parentele , che in ogni tempo gli
erano state di qualche difesa, tanto pi valevano per lai,
ora che a quel nome gi illustre e infame, andava aggiunta
la lode d' una condotta esemplare, la gloria della conver
sione. I magistrati e i grandi s' eran rallegrati di questa,
pubblicamente come il popolo ; e sarebbe parso strano 1' in
fierire contro chi era stato soggetto di tante congratula
zioni. Oltre di ci, un potere occupato in una guerra per
petua, e spesso infelice, contro ribellioni vive e rinascenti,
poteva trovarsi abbastanza contento d'esser liberato dalla
pi indomabile e molesta, per non andare a cercar altro:
tanto pi, che quella conversione produceva riparazioni che
non era avvezzo ad ottenere, e nemmeno a richiedere. Tor
mentare un santo, non pareva un buon mezzo di cancella',
la vergogna di non aver saputo fare stare a dovere un fa
cinoroso: e l'esempio che si fosse dato col punirlo, non
avrebbe potuto aver altro effetto, che di stornare i suoi si
mili dal divenire inoffensivi. Probabilmente anche la parte
che il cardinal Federigo aveva avuta nella conversione, e
il suo nome associato a quello del convertito, servivano a
questo come d' uno scudo sacro. E in quello stato di cose e
d'idee, in quelle singolari relazioni dell' autorit spirituale
e del poter civile, ch' eran cos spesso alle prese tra loro,
senza mirar inai a distruggersi, anzi mischiando sempre
alle ostilit atti di riconoscimento e proteste di deferenza,
e che, spesso pure, andavan di conserva a un fine comune,
senza far mai pace, pot parere, in certa maniera, che la
riconciliazione della prima portasse con s l'oblivione, se
non l' assoluzione del secondo , quando quella s' era sola
adoprata a produrre un effetto voluto da tutt' e due.
Cos quell'uomo sul quale, se fosse caduto, sarebbero corsi
a gara grandi e piccoli a calpestarlo ; messosi volontaria
mente a terra, veniva risparmiato da tutti, e inchinato'ila
molti.
vero ch' eran anche molti a cui quella strepitosa mu
tazione dovette far tutt'altro che piacere : tanti esecutori
CAPITOLO XXIX. 477
stipendiati di delitti, tanti compagni nel delitto, che perde
vano una cos gran forza sulla quale erano avvezzi a fare
assegnamento, che anche si trovavano a un tratto rotti i fili
di trame ordite da un pezzo, nel momento forse che aspet
tavano la nuova dell'esecuzione. Ma gi abbiam veduto
quali diversi sentimenti quella conversione facesse nascere
negli sgherri che si trovavano allora con lui, e che la sen
tirono annunziare dalla sua bocca: stupore, dolore, abbat
timento, stizza; un po' di tutto, fuorch disprezzo n odio.
Lo stesso accadde agli altri che teneva sparsi in diversi
posti, lo stesso a' complici di pi alto affare, quando risep
pero la terribile nuova, e a tutti per le cagioni medesime.
Molt'odio, come trovo nel luogo altrove citato del Ripa
monti, ne venne piuttosto al cardinal Federigo. Riguarda-
van questo come uno che s'era mischiato ne' loro affari,
per guastarli ; l' innominato aveva voluto salvar l' anima
sua: nessuno aveva ragion di lagnarsene.
Di mano in mano poi, la pi parte degli sgherri di casa,
non potendo accomodarsi alla nuova disciplina, n vedendo
probabilit che s' avesse a mutare, se n' erano andati. Chi
avr cercato altro padrone, e fors'anche fra gli antichi amici
di quello che lasciava; chi si sar arrolato in qualche terzo,
come allora dicevano, di Spagna o di Mantova, o di qualche
altra parte belligerante ; chi si sar messo alla strada, per
far la guerra a minuto, e per conto suo ; chi si sar anche
contentato d' andar birboneggiando in libert. E il simile
avranno fatto quegli altri che stavano prima a' suoi ordini,
in diversi paesi. Di quelli poi che s' eran potuti avvezzare
al nuovo tenor di vita, o che lo avevano abbracciato volen
tieri, i pi, nativi della valle, eran tornati ai campi, o ai
mestieri imparati nella prima et, e poi abbandonati ; i fo
restieri eran rimasti nel castello, come servitori : gli uni e
gli altri, quasi ribenedetti nello stesso tempo che il loro pa
drone, se la passavano, al par di lui, senza fare n ricever
torti, inermi e rispettati.
Ma quando, al calar delle bande alemanne, alcuni fuggia
schi di paesi invasi o minacciati capitarono su al castello a
chieder ricovero, l' innominato, tutto contento che quelle
478 I PROMESSI SPOSI
sue mura fossero cercate come asilo da'deboli, che per tanto
tempo le avevan guardate da lontano come un enorme
spauracchio, accolse quegli sbandati, con espressioni piutto
sto di riconoscenza che di cortesia ; fece sparger la voce, clic
la sua casa sarebbe aperta a chiunque ci si volesse rifu
giare, e pens subito a mettere, non solo questa, ma anche
la valle, in istato di difesa, se mai lanzichenecchi o cappel
letti volessero provarsi di venirci a far delle loro. Radun-
i servitori che gli eran rimasti, pochi e valenti, come i versi
di Torti ; fece loro una parlata sulla buona occasione che
Dio dava a loro e a lui, d' impiegarsi una volta in aiuto del
prossimo, che avevan tanto oppresso e spaventato; e, con
quel tono naturale di comando, ch' esprimeva la certezza
dell'ubbidienza, annunzi loro in generale ci che intendeva
che facessero, e soprattutto prescrisse come dovessero con
tenersi, perch la gente che veniva a ricoverarsi lass, non
vedesse in loro che amici e difensori. Fece poi portar gi
da una stanza a tetto l' armi da fuoco, da taglio, in asta, che
da un pezzo stavan li ammucchiate, e gliele distribu ; fece
dire a' suoi contadini e affittuari della valle, che chiunque
si sentiva, venisse con armi al castello; a chi non n' aveva,
ne diede; scelse alcuni, che fossero come uflziali, e avessero
altri sotto il loro comando; assegn i posti all'entrature e
in altri luoghi della valle, sulla salita, alle porte di ca
stello ; stabili l' ore e i modi di dar la muta, come in un
campo, o come gi s'era costumato in quel castello mede
simo, ne' tempi della sua vita disperata.
In un canto di quella stanza a tetto, c' erano in disparte
l' armi che lui solo aveva portate : quella sua famosa cara
bina, moschetti, spade, spadoni, pistole, coltellacci, pugnati,
per terra, o appoggiati al muro. Nessuno de' servitori le
tocc ; ma concertarono di domandare al padrone quali vo
leva che gli fossero portate. Nessuna, rispose; e, fosse
voto, fosse proposito, rest sempre disarmato, alla testa
di quella specie di guarnigione.
Nello stesso tempo, aveva messo in moto altr' uomini e
donne di servizio, o suoi dipendenti, a preparar nel castello
alloggio a quante pi persone fosse possibile, a rizzar letti.
CAPITOLO XXIX. 479
a disporre sacconi e strapunti nelle stanze, nelle sale, che
diventavan dormitri. E aveva dato ordine di far. venere
provvisioni abbondanti, per ispesare gli ospiti che Dio gli
manderebbe, e i quali infatti andavan crescendo di giorno
in giorno. Lui intanto non ista,va mai fermo ; dentro e fuori
del castello, su e gi per la salita, in giro per la valle, a
stabilire, a rinforzare, a visitar posti, a vedere, a farsi ve
dere, a mettere e a tenere in regola, con le parole, con gli
occhi, con la presenza. In casa, per la strada, faceva acco
glienza a quelli che arrivavano ; e tutti, o lo avessero gi
visto, o lo vedessero per la prima volta, lo guardavano esta
tici, dimenticando un momento i guai e i timori che gli
avevano spinti lass ; e si voltavano ancora a guardarlo,
quando, staccatosi da loro, seguitava la sua strada.

CAPITOLO XXX.

Quantunque il concorso maggiore non fosse dalla parte


per cui i nostri tre fuggitivi s' avvicinavano alla valle, ma
all' imboccatura opposta, con tutto ci, cominciarono a tro
var compagni di viaggio e di sventura, che da traverse c
viottole erano sboccati o sboccavano nella strada. In cir
costanze simili, tutti quelli che s' incontrano, come se si
conoscessero. Ogni volta che il baroccio aveva raggiunto
qualche pedone, si barattavan domande e risposte. Chi era
scappato, come i nostri, senza aspettar l' arrivo de' soldati ;
chi aveva sentiti i tamburi o le trombe ; chi gli aveva visti
coloro, e li dipingeva come gli spaventati soglion dipingere.
Siamo ancora fortunati, dicevan le due donne : rin
graziamo il cielo. Vada la roba; ma almeno siamo in salvo.
Ma don Abbondio non trovava che ci fosse tanto da ral
legrarsi ; anzi quel concorso, e pi ancora il maggiore che
sentiva esserci dall'altra parte, cominciava a dargli ombra.
Oh che storia ! borbottava alle donne, in un momento
che non c' era nessuno d' intorno : oh che storia ! Non ca
pite, che radunarsi tanta gente in un luogo lo stesso che
volerci tirare i soldati per forza? Tutti nascondono, tutti
portan via; nelle case non resta nulla; crederanno che lass
480 I PROMESSI SPOSI
ci siano tesori. Ci vengono sicuro. Oh povero me! dove
mi sono imbarcatoi
<H Oh '- - voglion far altro che venir lass, diceva Perpe
tua: anche loro devono andar per la loro strada. E poi,
io ho sempre sentito dire che, ne' pericoli, meglio essere
in molti.
In molti? in molti? replicava don Abbondio: po
vera donna ! Non sapete che ogni lanzichenecco ne mangia
cento di costoro ? E poi, se volessero far delle pazzie, sa
rebbe un bel gusto, eh ? di trovarsi in una battaglia. Oh po
vero me ! Era meno m ale andar su per i monti. Che abbian
tutti a voler cacciarsi in un luogo ! . . . Seccatori ! borbot
tava poi, a voce pi bassa: tutti qui: e via, e via, e via;
l' uno dietro l' altro, come pecore senza ragione.
A questo modo, disse Agnese, anche loro potreb
bero dir lo stesso di noi.
Chetatevi un po', disse don Abbondio : ch gi le
chiacchiere non servono a nulla. Quel ch' fatto fatto:
ci siamo, bisogna starci. Sar quel che vorr la Provvi
denza: il cielo ce la mandi buona.
Ma fu ben peggio quando, all' entrata della valle, vide
un buon posto d'armati, parte sull'uscio d'una casa, e
parte nelle stanze terrene : pareva una caserma. Li guard
con la coda dell' occhio : non eran quelle facce che gli era
toccato a vedere nell' altra dolorosa sua gita, o se ce n'era
di quelle, erano ben cambiate ; ma con tutto ci, non si
pu dire che noia gli desse quella vista. Oh povero me!
pensava : ecco se le fanno le pazzie. Gi non poteva
essere altrimenti : me lo sarei dovuto aspettare da un
uomo di quella qualit. Ma cosa vuol fare? vuol far la
guerra ? vuol fare il re, lui ? Oh povero me ! In circostanze
che si vorrebbe potersi nasconder sotto terra, e costui
cerca ogni maniera di farsi scorgere, di dar nell' occhio;
par che li voglia invitare!
Vede ora, signor padrone, gli disse Perpetua, se
c' della brava gente qui, che ci sapr difendere. Ven
gano ora i soldati: qui non sono come que' nostri spau
riti, che non son buoni che a menar le gambe.
CAPITOLO XXX. 48
Zitta ! rispose, con voce bassa ma iraconda, don Ab
bondio : zitta ! che non sapete quel che vi dite. Pregate il
cielo che abbian fretta i soldati, o che non vengano a sa
pere le cose che si fanno qui, e che si mette all' ordine que
sto luogo come una fortezza. Non sapete che i soldati il
loro mestiere di prender le fortezze ? Non cercan altro ; per
loro, dare un assalto come andare a nozze ; perch tutto
quel che trovano per loro, e passano la gente a HI di
spada. Oh povero me ! Basta, vedr se ci sar maniera di
mettersi in salvo su per queste balze. In una battaglia non
mi ci colgono : oh ! in una battaglia non mi ci colgono.
Se ha poi paura anche d'esser difeso e aiutato...
ricominciava Perpetua; ma don Abbondio l' interruppe
aspramente, sempre per a voce bassa: zitta! E badate
bene di non riportare questi discorsi. Ricordatevi che qui
bisogna far sempre viso ridente, e approvare tutto quello
che si vede.
Alla Malanotte, trovarono un altro picchetto d'armati, ai
quali don Abbondio fece una scappellata, dicendo intanto
tra s : ohim, ohim : son proprio venuto in un accampa
mento ! Qui il baroccio si ferm; ne scesero; don Abbondio
pag in fretta, e licenzi il condottiero; e s' incammin con
le due compagne per la salita, senza far parola. La vista di
que' luoghi gli andava risvegliando nella fantasia, e mesco
lando all'angosce presenti, la rimembranza di quelle che vi
aveva sofferte l'altra volta. E Agnese, la quale non gli aveva
mai visti que' luoghi, e se n' era fatta in mente una pittura
fantastica che le si rappresentava ogni volta che pensava al
viaggio spaventoso di Lucia, vedendoli ora quali eran dav
vero, provava come un nuovo e pi vivo sentimento di
quelle crudeli memorie. Oh signor curato ! esclam : a
pensare che la mia povera Lucia passata per questa
strada!
Volete stare zitta? donna senza giudizio ! le grid in
un orecchio don Abbondio : son discorsi codesti da farsi
qui ? Non sapete che siamo in casa sua ? Fortuna che ora
nessun vi sente; ma se parlate in questa maniera *
Oh ! disse Agnese : ora che santo ... !
/ Promessi Sposi. 31
482 1 PROMESSI SPOSI
State zitta, le replic don Abbondio: credete voi
che ai santi si possa dire, senza riguardo, tutto ci che passa
per la mente ? Pensate piuttosto a ringraziarlo del bene che
v' ha fatto.
Oh ! per questo, ci avevo gi pensato : che crede che
non le sappia un pochino le creanze?
La creanza di non dir le cose che posson dispiacere,
specialmente a chi non avvezzo a sentirne. E intendetela
bene tutt' e due, che qui non luogo da far pettegolezzi,
e da dir tutto quello che vi pu venire in testa. casa
d'un gran signore, gi lo sapete: vedete che compagnia
c' d' intorno: ci vien gente di tutte le sorte; sicch, giu
dizio, se potete : pesar le parole, e soprattutto dirne poche,
e solo quando c' necessit : ch a stare zitti non si sba
glia mai.
Fa peggio lei con tutte codeste sue... riprendeva
Perpetua.
Ma: zitta ! grid sottovoce don Abbondio, e insieme
si lev il cappello in fretta, e fece un profondo inchino:
ch, guardando in su, aveva visto l'innominato scender
verso di loro. Anche questo aveva visto e riconosciuto don.
Abbondio; e affrettava il passo per andargli incontro.
Signor curato, disse, quando gli fu vicino, avrei
voluto offrirle la mia casa in miglior occasione ; ma, a ogni
modo, son ben contento di poterle esser utile in qualche
cosa.
Confidato nella gran bont di vossignoria illustrissima, -
rispose don Abbondio, mi son preso l' ardire di venire,,
in queste triste circostanze, a incomodarla: e, come vede
vossignoria illustrissima, mi son preso anche la libert di
menar compagnia. Questa la mia governante ...
Benvenuta, disse l' innominato.
E questa, continu don Abbondio, una donna a.
cui vossignoria ha gi fatto del bene : la madre di quella . . .
di quella...
Di Lucia, disse Agnese.
Di Lucia ! esclam l' innominato, voltandosi, con la te
sta bassa, ad Agnese. Del bene, io ! Dio immortale ! Voi,
CAPITOLO XXX. 483
mi fate del bene, a venir qui ... da me . . . in questa casa.
Siate la benvenuta. Voi ci portate la benedizione.
Oh giusto ! disse Agnese : vengo a incomodarla.
Anzi, continu, avvicinandosegli all' orecchio, ho anche
a ringraziarla ...
L'innominato tronc quelle parole, domandando pre
murosamente le nuove di Lucia; e sapute che l' ebbe, si
volt per accompagnare al castello i nuovi ospiti, come
fece, malgrado la loro resistenza cerimoniosa. Agnese diede
al curato un'occhiata che voleva dire: veda un poco s
c' bisogno che lei entri di mezzo tra noi due a dar
pareri.
Sono arrivati alla sua parrocchia? gli domand
l' innominato.
No, signore, che non gli ho voluti aspettare que' dia
voli, rispose don Abbondio. Sa il cielo se avrei potuto
uscir vivo dalle loro mani, e venire a incomodare vossi
gnoria illustrissima.
Bene, si faccia coraggio, riprese l' innominato : ch
ora in sicuro. Quass non verranno; e se si volessero
provare, siam pronti a riceverli.
Speriamo che non vengano, disse don Abbondio. E
sento, soggiunse, accennando col dito i monti che chiude
vano la valle di rimpetto, sento che, anche da quella"
parte, giri un' altra masnada di gente, ma . . . ma ...
vero, rispose l' innominato : ma non dubiti, che
siam pronti anche per loro.
Tra due fuochi, diceva tra s don Abbondio :
proprio tra due fuochi. Dove mi son lasciato tirare ! e da
due pettegole ! E costui par proprio che ci sguazzi dentro f
Oh che gente c' a questo mondo !
Entrati nel castello, il signore fece condurre Agnese e
Perpetua in una stanza del quartiere assegnato alle donne,
che occupava tre lati del secondo cortile, nella parte poste
riore dell' ediflzio situata sur un masso sporgente e isolato,
a cavaliere a un precipizio. Gli uomini alloggiavano ne' lati
dell' altro cortile a destra e a sinistra, e in quello che ri
spondeva sulla spianata. Il corpo di mezzo, che separava i
431 I PROMESSI SPOSI
due cortili, e dava passaggio dall' uno all'altro, per un vasto
andito di rimpetto alla porta principale, era in parte occu
pato dalle provvisioni, e in parte doveva servir di deposito
per la roba che i rifugiati volessero mettere in salvo lass.
Nel quartiere degli uomini, c'erano alcune camere destinate
agli ecclesiastici, che potessero capitare. L'innominato
v' accompagn in persona don Abbondio, che fu il primo
a prenderne il possesso.
Ventitr o ventiquattro giorni stettero i nostri fuggitivi
nel castello, in mezzo a un movimento continuo, in una gran
compagnia, e che, ne' primi tempi, and sempre crescendo ;
ma senza che accadesse nulla di straordinario. Non pass
forse giorno, che non si desse all' armi. Vengon lanzichenec
chi di qua ; si son veduti cappelletti di l. A ogni avviso,
l'innominato mandava uomini a esplorare; e, se faceva biso
gno, prendeva con s della gente che teneva sempre pronta
a ci, e andava con essa fuor della valle, dalla parte dov'era
indicato il pericolo. Ed era cosa singolare, vedere una
schiera d' uomini armati da capo a piedi, e schierati come
una truppa, condotti da un uomo senz' armi. Le pi volte
non erano che foraggieri e saccheggiatori sbandati, che se
n'andavano prima d'esser sorpresi. Ma una volta, cacciando
alcuni di costoro, per insegnar loro a non venir pi da quelle
parti, l' innominato ricevette avviso che un paesetto vicino
ora invaso e messo a sacco. Erano lanzichenecchi di vari
corpi che, rimasti indietro per rubare, s'eran riuniti, e
andavano a gettarsi all'improvviso sulle terre vicine a
quelle dove alloggiava l' esercito ; spogliavano gli abitanti,
e gliene facevan di tutte le sorte. L' innominato fece un
breve discorso a' suoi uomini, e li condusse al paesetto.
Arrivarono inaspettati. I ribaldi che avevan creduto di
non andar che alla preda, vedendosi venire addosso gente
.schierata e pronta a combattere, lasciarono il saccheggio a
mezzo, e se n' andarono in fretta, senz' aspettarsi l' uno con
l' altro, dalla parte dond' eran venuti. L' innominato gl' in
segu per un pezzo di strada; poi, fatto far alto, stette
i;ualche tempo aspettando, se vedsse qualche novit; e
filialmente se ne ritorn. E ripassando nel paesetto salvato,
CAPITOLO XXX. 485
non si potrebbe dire con quali applausi e benedizioni fof se
accompagnato il drappello liberatore e il condottiero.
Nel castello, tra quella moltitudine, formata a caso, di
persone, varie di condizione, di costumi, di sesso e d' et,
non nacque mai alcun disordine d' importanza. L' inno
minato aveva messe guardie in diversi luoghi, le quali
tutte invigilavano che non seguisse nessun inconveniente,
con quella premura che ognuno metteva nelle cose di cui
s'avesse a rendergli conto.
Aveva poi pregati gli ecelesiastici, e gli uomini pi auto
revoli che si trovavan tra i ricoverati, d' andare in giro e
d' invigilare anche loro. E pi spesso che poteva, girava an
che lui, e si faceva veder per tutto ; ma, anche in sua as
senza, il ricordarsi di chi s' era in casa, serviva di freno a
chi ne potesse aver bisogno. E, del resto, era tutta gente
scappata, e quindi inclinata in generale alla quiete : i pen
sieri della casa e della roba, per alcuni anche di congiunti
o d'amici rimasti nel pericolo, le nuove che venivan di
fuori, abbattendo gli animi, mantenevano e accrescevano
sempre pi quella disposizione.
C era per anche de' capi scarichi, degli uomini d' una
tempra pi salda e d' un coraggio pi verde, che cercavano
di passar que' giorni in allegria. Avevano abbandonate le
loro case, per non esser forti abbastanza da difenderle ; ma
non trovavan gusto a piangere e a sospirare sur una cosa
che non c' era rimedio, n a figurarsi e a contemplar con la
fantasia il guasto che vedrebbero pur troppo co' loro occhi.
Famiglie amiche erano andate di conserva, o s'eran ritro
vate lass, s'eran fatte amicizie nuove; e la folla s'era
divisa in crocchi, secondo gli umori e l' abitudini. Chi aveva
danari e discrezione, andava a desinare gi nella valle,
dove in quella circostanza, s" eran rizzate in fretta osterie :
in alcune, i bocconi erano alternati co' sospiri, e non era
lecito parlar d' altro che di sciagure : in altre, non si ram-
mentavan le sciagure, se non per dire che non bisognava
pensarci. A chi non poteva o non voleva farsi le spese, si
distribuiva nel castello pane, minestra e vino: oltre al
cune tavole ch' eran servite ogni giorno, per quelli che il
486 I PROMESSI SPOSI
padrone vi aveva espressamente invitati; e i nostri eran
di questo numero.
Agnese e Perpetua, per non mangiare il pane a ufo, ave-
van voluto esser impiegate ne' servizi che richiedeva una
cos grande ospitalit;*e in questo spendevano una buona
parte della giornata; il resto nel chiacchierare con eerte
amiche che s' eran fatte, o col povero don Abbondio. Questo
non aveva nulla da fare, ma non s' annoiava per ; la paura
gli teneva compagnia. La paura proprio d'un assalto, credo
che la gli fosse passata, o se pur gliene rimaneva, era quella
che gli dava meno fastidio; perch, pensandoci appena
appena, doveva capire quanto poco fosse fondata. Ma l' im
magine del paese circonvicino inondato, da una parte e dal
l' altra, da soldatacci, le armi e gli armati che vedeva
sempre in giro, un castello, quel castello, il pensiero di
tante cose che potevan nascere ogni momento in tali circo
stanze , tutto gli teneva addosso uno spavento indistinto,
generale, continuo ; lasciando stare il rodio che gli dava il
pensare alla sua povera casa. In tutto il tempo che stette in
quell'asilo, non se ne discost mai quanto un tiro di schioppo,
n mai mise piede sulla discesa : l' unica sua passeggiata
era d'uscire sulla spianata, e d'andare, quando da una parte
e quando dall' altra del castello, a guardar gi per le balze
e per i burroni, per istudiare se ci fosse qualche passo un
po' praticabile, qualche po' di sentiero, per dove andar cer
cando un nascondiglio in caso d' un serra serra. A tutti i
suoi compagni di rifugio faceva gran riverenze o gran sa
luti, ma bazzicava con pochissimi : la sua conversazione pi
frequente era con le due donne, come abbiam detto ; con
loro andava a fare i suoi sfoghi, a rischio che talvolta gli
fosse dato sulla voce da Perpetua, e che lo svergognasse
anche Agnese. A tavola poi, dove stava poco e parlava po
chissimo, sentiva le nuove del terribile passaggio, le quali
arrivavano ogni giorno, o di paese in paese e di bocca in
bocca, o portate lass da qualcheduno, che da principio
aveva voluto restarsene a casa, e scappava in ultimo, senza
aver potuto salvar nulla, e a un bisogno anche malconcio: e
ogni giorno c'era qualche nuova storia di sciagura. Alcuni,
CAPITOLO XXX. 487
novellisti di professione, raccoglievan diligentemente tutte
le voci, abburattavan tutte le relazioni, e ne davan poi
il flore agli altri. Si disputava quali fossero i reggimenti
pi indiavolati, se fosse peggio la fanteria o la cavalleria ;
si ripetevano, il meglio che si poteva, certi nomi di con
dottieri; d'alcuni si raccontavan l'imprese passate, si spe
cificavano le stazioni e le marce: quel giorno, il tale reggi
mento si spandeva ne' tali paesi, domani anderebbe addosso
ai tali altri, dove intanto il tal altro faceva i diavolo e
peggio. Sopra tutto si cercava d' aver informazione, e si
teneva il conto de' reggimenti che passavan di mano in
mano il ponte di Lecco, perch quelli si potevano considerar
,come andati, e fuori veramente del paese. Passano i cavalli
di Wallenstein, passano i fanti di Merode, passano i cavalli
di Anhalt, passano i fanti di Brandeburgo, e poi i cavalli di
Montecuccoli, e poi quelli di Ferrari ; passa Altringer, passa
Furstenberg, passa Colloredo; passano i Croati, passa Tor
quato Conti, passano altri e altri; quando piacque al cielo,
pass anche Galasso, che fu l' ultimo. Lo squadron volante
de' veneziani fin d' allontanarsi, e tutto il paese, a destra
,e a sinistra, si trov libero anch' esso. Gi quelli delle terre
invase e sgombrate le prime, eran partiti dal castello; e
ogni giorno ne partiva : come, dopo un temporale d'autunno,
si vede dai palchi fronzuti d' un grand' albero uscire da ogni
parte gli uccelli che ci s' erano riparati. Credo che i nostri
tre fossero gli ultimi ad andarsene; e ci per volere di don
Abbondio, il quale temeva, se si tornasse subito a casa, di
trovare ancora in giro lanzichenecchi rimasti indietro sbran
cati, in coda all' esercito. Perpetua ebbe un bel dire che,
quanto pi s' indugiava, tanto pi si dava agio ai birboni
' del paese d'entrare in casa a portar via il resto; quando
si trattava d1 assicurar la pelle, era sempre don Abbondio
che la vinceva; meno che l' imminenza del pericolo non gli
avesse fatto perdere affatto la testa.
Il giorno fissato per la partenza, l' innominato fece trovar
pronta alla Malanotte una carrozza, nella quale aveva gi
fatto mettere un corredo di biancheria per Agnese. E tira
tala in disparte, le fece anche accettare un gruppetto di
488 I PROMESSI SPOSI
scudi, per riparare al guasto che troverebbe in casa; quan
tunque, battendo la mano sul petto, essa andasse ripetendo
che ne aveva li ancora de' vecchi.
Quando vedrete quella vostra buona, povera Lucia ...
le disse in ultimo : gi son certo che prega per me, poich
le ho fatto tanto male : ditele adunque ch' io la ringrazio,
e confido in Dio, che la sua preghiera torner anche in tanta
benedizione per lei.
Volle poi accompagnar tutti e tre gli ospiti, fino alla car
rozza. I ringraziamenti umili e sviscerati di don Abbondio
e i complimenti di Perpetua, se gl' immagini il lettore. Par
tirono; fecero, secondo il fissato, una fermatina, ma senza
neppur mettersi a sedere, nella casa del sarto, dove senti
rono raccontar cento cose del passaggio : la solita storia di
ruberie, di percosse, di sperpero, di sporchizie : ma l, per
buona sorte, non s'eran visti lanzichenecchi.
Ah signor curato ! disse il sarto, dandogli di braccio
a rimontare in carrozza : s' ha da far de' libri in istampa,
sopra un fracasso di questa sorte.
Dopo un' altra po' di strada , cominciarono i nostri viag
giatori a veder co' loro occhi qualche cosa di quello che
avevan tanto sentito descrivere : vigne spogliate, non come
dalla vendemmia, ma come dalla grandine e dalla bufera
che fossero venute in compagnia : tralci a terra, sfrondati
e scompigliati; strappati i pali, calpestato il terreno, e
sparso di schegge, di foglie, di sterpi ; schiantati, scapezzati
gli alberi ; sforacchiate le siepi : i cancelli portati via.
Ne'paesi poi, usci sfondati, impannate lacere, rottami d'ogni
sorte, cenci a mucchi, o seminati per le strade ; un' ariape-
sante, zaffate di puzzo pi forte che uscivan dalle case; la
gente, chi a buttar fuori porcherie, chi a raccomodar le
imposte alla meglio, chi in crocchio a lamentarsi insieme;
e, al passar della carrozza, mani di qua e di l tese agli
sportelli, per chieder l'elemosina.
Con queste immagini, ora davanti agli occhi, ora nella
mente, e con l'aspettativa di trovare altrettanto a casa loro,
ei arrivarono ; e trovarono infatti quello che s' aspettavano..
Agnese fece posare i fagotti in un canto del cortiletto,
CAPITOLO XXX. 48!>
eh' era rimasto il luogo pi pulito della casa ; si mise poi
a spazzarla, a raccogliere e a rigovernare quella poca roba
che le ave van lasciata ; fece venire un legnaiolo e un fabbro,
per riparare i guasti pi grossi, e guardando poi, capo per
capo, la biancheria regalata, e contando que' nuovi ruspi,
diceva tra s : son caduta in piedi ; sia ringraziato Id
dio e la Madonna e quel buon signore: posso proprio dire
d'esser caduta in piedi.
Don Abbondio e Perpetua entrano in casa, senza aiuto di
chiavi ; ogni passo che fanno nell' andito, senton crescere
un tanfo, un veleno, una peste, che li respinge indietro;
con la mano al naso, vanno all' uscio di cucina; entrano in
punta di piedi, studiando dove metterli, per iscansar pi
che possono la porcheria che copre il pavimento ; e danno
un'occhiata in giro. Non c'era nulla d'intero; ma avanzi
e frammenti di quel che c' era stato, l e altrove, se ne ve
deva in ogni canto : piume e penne delle galline di Perpetua,
pezzi di biancheria, fogli de' calendari di don Abbondio,
cocci di pentole e di piatti ; tutto insieme o sparpagliato.
Solo nel focolare si potevan vedere i segni d' un vasto sac
cheggio accozzati insieme, come molte idee sottintese, in un
periodo steso da un uomo di garbo. C era, dico, un rima
suglio di tizzi e tizzoni spenti, i quali mostravano d' essere
stati, un bracciolo di seggiola, un piede di tavola, uno spor
tello d' armadio, una panca di letto, una doga della botti-
cina, dove ci stava il vino che rimetteva lo stomaco a
don Abbondio. Il resto era cenere e carboni: e con que' car
boni stessi, i guastatori, per ristoro, avevano scarabocchiati
i muri di figuracce, ingegnandosi, con certe berrettine o con
certe cheriche, e con certe larghe facciole, di farne de'preti,
e mettendo studio a farli orribili e ridicoli : intento che,
per verit, non poteva andar fallito a tali artisti.
Ah porci ! esclam Perpetua. Ah baroni ! esclam
don Abbondio ; e, come scappando, andaron fuori, per un
altr' uscio che metteva nell' orto. Respirarono ; andaron di
viato al fico ; ma gi prima d' arrivarci , videro la terra
smossa, e misero un grido tutt' e due insieme ; arrivati, tro
varono effettivamente, invece del morto, la buca aperta. Qui
490 I PROMESSI SPOSI
nacquero de' guai : don Abbondio cominci a prendersela con
Perpetua, che non avesse nascosto bene : pensate se questa
rimase zitta : dopo ch' ebbero ben gridato, tutt' e due col
braccio teso, e con l' indice appuntato verso la buca, se ne
tornarono insieme, brontolando. E fate conto che per tutto
trovarono a un di presso la medesima cosa. Penarono non
so quanto, a far ripulire e smorbare la casa, tanto pi che,
in que' giorni, era difficile trovar aiuto ; e non so quanto
dovettero stare come accampati, accomodandosi alla me
glio, o alla peggio, e rifacendo a poco a poco usci, mobili,
utensili, con danari prestati da Agnese.
Per giunta poi, quel disastro fu una semenza d' altre que
stioni molto noiose ; perch Perpetua, a forza di chiedere e
domandare, di spiare e fiutare, venne a saper di certo che
alcune masserizie del suo padrone, credute preda o strazio
de' soldati, erano in vece sane e salve in casa di gente del
paese ; e tempestava il padrone che si facesse sentire, e ri
chiedesse il suo. Tasto pi odioso non si poteva toccare per
don Abbondio; giacch la sua roba era in mano di birboni,
cio di quella specie di persone con cui gli premeva pi di
stare in pace.
Ma se non ne voglio saper nulla di queste cose, diceva.
Quante volte ve lo devo ripetere, che quel che andato
andato? Ho da esser messo anche in croce, perch m'
stata spogliata la casa?
Se lo dico, rispondeva Perpetua, che lei si lasce
rebbe cavar gli occhi di testa. Rubare agli altri peccato,
ma a lei, peccato non rubare.
. Ma vedete se codesti sono spropositi da dirsi ! repli
cava don Abbondio: ma volete stare zitta?
Perpetua si chetava, ma non subito subito; e prendeva
pretesto da tutto per riprincipiare, Tanto che il pover'uomo
s' era ridotto a non lamentarsi pi, quando trovava man
cante qualche cosa, nel momento che ne avrebbe avuto
bisogno; perch, pi d'una volta, gli era toccato a sentirsi
dire : vada a chiederlo al tale che l' ha, e non l' avrebbe
tenuto fino a quest'ora, se non avesse che fare con un
buon uomo.
CAPITOLO XXX. 491
Un'altra e pi viva inquietudine gli dava il sentire
che giornalmente continuavano a passar soldati alla spic
ciolata, come aveva troppo ben congetturato ; onde stava
sempre in sospetto di vedersene capitar qualcheduno o
anche una compagnia sull' uscio, che aveva fatto raccomo
dare in fretta per la prima cosa, e che teneva chiuso con
gran cura ; ma, per grazia del cielo, ci non avvenne mai.
N per questi terrori erano ancora cessati, che un nuovo
ne sopraggiunse.
Ma qui lasceremo da parte il pover' uomo: si tratta ben
d'altro che di sue apprensioni private, che de' guai d'alcuni
paesi, che d'un disastro passeggiero.

CAPITOLO XXXI.

La peste che il tribunale della sanit aveva temuto che


potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c' era
entrata davvero, come noto ; ed noto parimente che non
si ferm qui, ma invase e spopol una buona parte d' Ita
lia. Condotti dal filo della nostra storia, noi passiamo a rac
contar gli avvenimenti principali di quella calamit; nel
milanese, s'intende, anzi in Milano quasi esclusivamente:
ch della citt quasi esclusivamente trattano le memorie del
tempo, come a un di presso accade sempre e per tutto, per
buone e per cattive ragioni. E in questo racconto, il nostro
fine non , per dir la verit, soltanto di rappresentar lo
.stato delle cose nel quale verranno a trovarsi i nostri per
sonaggi ; ma di far conoscere insieme, per quanto si pu
in ristretto, e per quanto si pu da noi, un tratto di storia
patria pi famoso che conosciuto.
Delle molte relazioni contemporanee, non ce n' alcuna
che basti da s a darne un' idea un po' distinta e ordinata;
come non ce n' alcuna che non possa aiutare a formarla.
In ognuna di queste relazioni, senza eccettuarne quella del
Ripamonti (*), la quale le supera tutte, per la quantit e

(') Joseph! Ripamonti!, canonici scalensis, chronisl urbis Mediolani,


De peste qnae fuit anno 1630, Libri V. Mediolani, 16t0, apud Malalestas.
492 I PROMESSI SPOSI
per la scelta de' fatti, e ancor pi per il modo d' osservarli,
in ognuna sono omessi fatti essenziali, che son registrati in
altre ; in ognuna ci sono errori materiali, che si posson rico
noscere e rettificare con l'aiuto di qualche altra, o di que'po-
chi atti della pubblica autorit, editi e inediti, che riman
gono ; spesso in una si vengono a trovar le cagioni di cui
nell' altra s' eran visti, come in aria, gli effetti. In tutte poi
regna una strana confusione di tempi e di cose ; un con
tinuo andare e venire, come alla ventura, senza disegno
generale, senza disegno ne' particolari : carattere, del resto,
de' pi comuni e de' pi apparenti ne' libri di quel tempo,
principalmente in quelli scritti in lingua volgare, almeno in
Italia; se anche nel resto d' Europa, i dotti lo sapranno, noi
lo sospettiamo. Nessuno scrittore d'epoca posteriore s'
proposto d' esaminare e di confrontare quelle memorie, per
ritrarne una serie concatenata degli avvenimenti, una storia
di quella peste ; sicch l' idea che se ne ha generalmente,
dev'essere, di necessit, molto incerta, e un po' confusa:
un' idea indeterminata di gran mali e di grand' errori (e per
verit ci fu dell' uno e dell' altro, al di l di quel che si
possa immaginare), un' idea composta pi di giudizi che di
fatti, alcuni fatti dispersi, non di rado scompagnati dalle
circostanze pi caratteristiche, senza distinzion di tempo,
cio senza intelligenza di causa e d' effetto, di corso, di pro
gressione. Noi, esaminando e confrontando, con molta dili
genza se non altro, tutte le relazioni stampate, pi d' una
inedita, molti (in ragione del poco che ne rimane) documenti,
come dicono, uflziali, abbiam cercato di farne non gi quel
che si vorrebbe, ma qualche cosa che non stato ancor
fatto. Non intendiamo di riferire tutti gli atti pubblici, e
nemmeno tutti gli avvenimenti degni, in qualche modo, di
memoria. Molto meno pretendiamo di rendere inutile a chi
voglia farsi un' idea pi compita della cosa, la lettura delle
relazioni originali: sentiamo troppo che forza viva, propria
e, per dir cos, incomunicabile, ci sia sempre nell'opere di
quel genere, comunque concepite e condotte. Solamente ab
biam tentato di distinguere e di verificare i fatti pi gene
rali e pi importanti, di disporli nell'ordine reale della loro
CAPITOLO XXXI. 493
successione, per quanto lo comporti la ragione e la natura
d'essi, d'osservare la loro efficienza reciproca, e di dar
cos, per ora e finch qualchedun altro non faccia meglio,
una notizia succinta, ma sincera e continuata, di quel
disastro.
Per tutta adunque la striscia di territorio percorsa dal
l' esercito, s' era trovato qualche cadavere nelle case, qual-
cheduno suila strada. Poco dopo, in questo e in quel paese,
cominciarono ad ammalarsi, a morire, persone, famiglie, di
mali violenti, strani, con segni sconosciuti alla pi parte
ile'viventi. C'era soltanto alcuni a cui non riuscissero nuovi :
que' pochi che potessero ricordarsi della peste che, cin-
quantatr anni avanti, aveva desolata pure una buona
parte d' Italia, e in ispecie il milanese, dove fu chiamata,
ed tuttora, la peste di san Carlo. Tanto forte la carit!
Tra le memorie cos varie e cos solenni d' un infortunio
generale, pu essa far primeggiare quella d' un uomo, per
ch a quest' uomo ha ispirato sentimenti e azioni pi me
morabili ancora de' mali; stamparlo nelle menti, come
un sunto di tutti que' guai, perch in tutti l' ha spinto e
intromesso, guida, soccorso, esempio, vittima volontaria;
d' una calamit per tutti, far per quest' uomo come un' im
presa; nominarla da. lui, come una conquista, o una sco
perta.
Il protofisico Lodovico Settala, che, non solo aveva ve
duta quella peste, ma n'era stato uno de' pi attivi e
intrepidi, e, quantunque allor giovinissimo, de' pi riputati
curatori; e che ora, in gran sospetto di questa, stava
all' erta e sull' informazioni, rifer, il 20 d' ottobre, nel tri
bunale della sanit, come, nella terra di Chiuso (l' ultima
del territorio di Lecco, e confinante col bergamasco), era
scoppiato indubitabilmente il contagio. Non fu per questo
presa veruna risoluzione, come si ha dal Ragguaglio del
Tadino (*).
Ed ecco sopraggiungere avvisi somiglianti da Lecco e da
Pellano. Il tribunale allora si risolvette e si content di

O Pag. 24.
494 I PROMESSI SPOSI
spedire un commissario che, strada facendo, prendesse un
medico a Como, e si portasse con lui a visitare i luoghi
indicati. Tutt' e due, o per ignoranza o per altro, si la-
sciorno persuadere da un vecchio et ignorante barbiero
di Bellano, che quella sorte de mali non era Peste (*);
ma, in alcuni luoghi, effetto consueto dell'emanazioni
autunnali delle paludi , e negli altri , effetto de' disagi e
degli strapazzi sofferti, nel passaggio degli alemanni. Una
tale assicurazione fu riportata al tribunale, il quale pare
che ne mettesse il cuore in pace.
Ma arrivando senza posa altre e altre notizie di mone
da diverse parti, furono spediti due delegati a vedere e a
provvedere : il Tadino suddetto, e un auditore del tribunale.
Quando questi giunsero, il male s'era gi tanto dilatato,
che le prove si offrivano, senza che bisognasse andarne
in cerca. Scorsero il territorio di Lecco, la Valsassina, le
coste del lago di Como, i distretti denominati il Monte di
Brianza, e la Gera d'Adda; e per tutto trovarono paesi
chiusi da cancelli all'entrature, altri quasi deserti, e gli
abitanti scappati e attendati alla campagna, o dispersi:
et ci parevano, dice il Tadino, tante creature selua-
tiche, portando in mano chi l' herba menta, chi la ruta,
chi il rosmarino et chi una ampolla d'aceto. S' infor
marono del numero de' morti: era spaventevole; visita
rono infermi e cadaveri, e per tutto trovarono le brutte
e terribili marche della pestilenza. Diedero subito, per
lettere, quelle sinistre nuove al tribunale della sanit, il
quale, al riceverle, che fu il 30 d' ottobre, si dispose,
dice il medesimo Tadino, a prescriver le bullette, per chiu
der fuori dalla citt le persone provenienti da' paesi dove
il contagio s'era manifestato; et mentre si compilaua la
grida, ne diede anticipatamente qualche ordine somma
rio a' gabellieri.
Intanto i delegati presero in fretta e in furia quelle mi
sure che parver loro migliori ; e se ne tornarono, con la
trista persuasione che non sarebbero bastate a rimediare e
a fermare un male gi tanto avanzato e diffuso.
(*) Tadino, pag. 24.
CAPITOLO XXXI.
Arrivati il 14 di novembre, dato ragguaglio, a voce e di
nuovo in iscritto, al tribunale, ebbero da questo commis
sione di presentarsi al governatore, e d' esporgli lo stato
delle cose. V'andarono, e riportarono: aver lui di tali
nuove provato molto dispiacere, mostratone un gran sen
timento; ma i pensieri della guerra esser pi pressanti:
sed belli graviores esse curas. Cos il Ripamonti, il quale
aveva spogliati i registri della Sanit, e conferito col Ta
dino, incaricato specialmente della missione: era la se
conda, se il lettore se ne ricorda, per quella causa, e con
quell'esito. Due o tre giorni dopo, il 18 di novembre, eman
il governatore una grida, in cui ordinava pubbliche feste,
per la nascita del principe Carlo , primogenito del re Fi
lippo IV, senza sospettare o senza curare il pericolo d' un
gran concorso, in tali circostanze : tutto come in tempi or
dinari, come se non gli fosse stato parlato di nulla.
Era quest' uomo, come gi s' detto, il celebro Ambrogio
Spinola, mandato per raddirizzar quella guerra e riparare
agli errori di don Gonzalo, e incidentemente, a governare ;
e noi pure possiamo qui incidentemente rammentar che
mor dopo pochi mesi, in quella stessa guerra che gli stava
tanto a cuore; e mor, non gi di ferite sul campo, ma in
letto, d' affanno e di struggimento, per rimproveri, torti,
disgusti d' ogni specie ricevuti da quelli a cui serviva. La
storia ha deplorata la sua sorte, e biasimata l' altrui sco
noscenza ; ha descritte con molta diligenza le sue imprese
militari e politiche, lodata la sua previdenza, l' attivit, la
costanza: poteva anche cercare cos'abbia fatto di tutte
queste qualit, quando la peste minacciava, invadeva una
popolazione datagli in cura, o piuttosto in balia.
Ma ci che, lasciando intero il biasimo, scema la mara
viglia di quella sua condotta, ci che fa nascere un' altra e
pi forte maraviglia, la condotta della popolazione mede
sima, di quella, voglio dire, che, non tocca ancora dal con
tagio, aveva tanta ragion di temerlo. All' arrivo di quelle
nuove de' paesi che n' erano cos malamente imbrattati, di
paesi che formano intorno alla citt quasi un semicircolo,
in alcuni punti distante da essa non pi di diciotto o venti
496 I PROMESSI SPOSI
miglia; chi non crederebbe che vi si suscitasse un movi
mento generale, un desiderio di precauzioni bene o male
intese, almeno una sterile inquietudine? Eppure, se in
qualche cosa le memorie di quel tempo vanno d' accordo,
nell' attestare che non ne fu nulla. La penuria dell' anno
antecedente, le angherie della soldatesca, le afflizioni d'ani
mo, parvero pi che bastanti a render ragione della mor
talit : sulle piazze, nelle botteghe, nelle case, chi buttasse
l una parola del pericolo, chi motivasse peste, veniva ac
colto con beffe incredule, con disprezzo iracondo. La me
desima miscredenza, la medesima, per dir meglio, cecit
e fissazione prevaleva nel senato, nel Consiglio de' decu
rioni, in ogni magistrato.
Trovo che il cardinal Federigo, appena si riseppero i
primi casi di mal contagioso, prescrisse, con lettera pa
storale a' parrochi, tra le altre cose, che ammonissero pi
e pi volte i popoli dell' importanza e dell' obbligo stretto
di rivelare ogni simile accidente, e di consegnar le robe
infette o sospette (*): e anche questa pu essere contata
tra le sue lodevoli singolarit.
Il tribunale della sanit chiedeva, implorava coopera
zione, ma otteneva poco o niente. E nel tribunale stesso, la
premura era ben lontana da uguagliare l' urgenza : erano,
come afferma pi volte il Tadino, e come appare ancor me
glio da tutto il contesto della sua relazione, i due fisici che,
persuasi della gravit e dell' imminenza del pericolo, sti-
molavan quel corpo, il quale aveva poi a stimolare gli altri.
Abbiam gi veduto come, al primo annunzio della peste,
andasse freddo nell' operare, anzi nell' informarsi : ecco ora
un altro fatto di lentezza non men portentosa, se per non
era forzata, per ostacoli frapposti da magistrati superiori.
Quella grida per le bullette, risoluta il 30 d' ottobre, non
fu stesa che il d 23 del mese seguente, non fu pubblicata
che il 29. La peste era gi entrata in Milano.
Il Tadino e il Ripamonti vollero notare il nome di chi

() Vita di Federigo Borromeo, compilata da Francesco Rivola. Milano,


<6G6, pag. 582.
CAPITOL -\XXI. 49T
ce la port il primo, e altre circostanze della persona e del
caso: e infatti, nell' osservare i principi d'una vasta mor
talit, in cui le vittime, non che esser distinte per nome,
appena si potranno indicare all' incirca, per il numero delle
migliaia, nasce una non so quale curiosit di conoscere
(lue' primi e pochi nomi che poterono essere notati e con
servati: questa specie di distinzione, la precedenza nel-
l' esterminio, par che faccian trovare in essi, e nelle par
ticolarit, per altro pi indifferenti, qualche cosa di fatale
e di memorabile.
L'uno e l'altro storico dicono che fu un soldato italiano
al servizio di Spagna ; nel resto non sono ben d' accordo,
neppur sul nome. Fu, secondo il Tadino, un Pietro Antonio
Lovato, di quartiere nel territorio di Lecco ; secondo il RiT
pamonti, un Pier Paolo Locati, di quartiere a Chiavenna.
Differiscono anche nel giorno della sua entrata in Milano :
il primo la mette al 22 d' ottobre, il secondo ad altrettanti
del mese seguente : e non si pu stare n all' uno n al
l' altro. Tutt' e due l' epoche sono in contraddizione con
altre ben pi verificate. Eppure il Ripamonti, scrivendo
per ordine del consiglio generale de' decurioni , doveva
avere al suo comando molti mezzi di prender l' informa
zioni necessarie ; e il Tadino, per ragione del suo impiego,
poteva, meglio d' ogni altro, essere informato d' un fatto
di questo genere. Del resto, dal riscontro d'altre date che
ci paiono, come abbiam detto, pi esatte, risulta che fu
prima della pubblicazione della grida sulle bullette; e,
.se ne mettesse conto, si potrebbe anche provare o quasi
provare, che dovette essere ai primi di quel mese; ma
certo, il lettore ce ne dispensa.
Sia come si sia, entr questo fante sventurato e portator
di sventura, con un gran fagotto di vesti comprate o rubate
a soldati alemanni ; and a fermarsi in una casa di suoi
parenti, nel borgo di porta orientale, vicino ai cappuc.r
cini ; appena arrivato, s' ammal ; fu portato allo spedale ;
dove un bubbone che gli .si scopr sotto un' ascella, mise
chi lo curava in sospetto di ci ch'era infatti; il quarta
giorno mori.
/ Promessi Sposi. 32
493 I PROMESSI SPOSI
Il tribunale della sanit fece segregare e sequestrare in
casa la di lui famiglia ; suoi vestiti e il letto in cui era
stato allo spedale, furon bruciati. Due serventi che l' ave
vano avuto in cura , e un buon frate che l' aveva assistito ,,
caddero anch' essi ammalati in pochi giorni, tutt' e tre di
peste. Il dubbio che in quel luogo s' era avuto, fin da prin
cipio, della natura del male, e le cautele usate in conse
guenza, fecero s che il contagio non vi si propagasse di pi.
Ma il soldato ne aveva lasciato di fuori un seminio che
non tard a germogliare. Il primo a cui s' attacc, fu il
padrone della casa dove quello aveva alloggiato, un Carlo
Colonna sonator di liuto. Allora tutti i pigionali di quella
casa furono, d' ordine della Sanit, condotti al lazzeretto,,
.flove la pi parte s'ammalarono; alcuni morirono, dopo
poco tempo, di manifesto contagio.
Nella citt, quello che gi c' era stato disseminato da
costoro, da' loro panni, da' loro mobili trafugati da parenti,
da pigionali, da persone di servizio, alle ricerche e al fuoco
prescritto dal tribunale, e di pi quello che c' entrava di
nuovo, per l'imperfezion degli editti, per la trascuranza
nell' eseguirli , e per la destrezza nell' eluderli, and co
vando e serpendo lentamente, tutto il restante dell' anno,
e ne' primi mesi del susseguente 1630. Di quando in quando,
ora in questo, ora in quel quartiere, a qualcheduno s'attac
cava, qualcheduno ne moriva : e la radezza stessa de' casi
allontanava il sospetto della verit, confermava sempre
pi il pubblico in quella stupida e micidiale fiducia che non
ci fosse peste, n ci fosse stata neppure un momento. Molti
medici ancora, facendo eco alla voce del popolo (era, anche
in questo caso, voce di Dio ? ), deridevan gli augri sinistri,
gli avvertimenti minacciosi de' pochi; e avevan pronti
nomi di malattie comuni, per qualificare ogni caso di peste
che fossero chiamati a curare, con qualunque sintomo, con
qualunque segno fosse comparso.
Gli avvisi di questi accidenti, quando pur pervenivano
alla Sanit, ci pervenivano tardi per lo pi e incerti.
Il terrore della contumacia e del lazzeretto aguzzava
tutti gl' ingegni : non si denunziavan gli ammalati , si
CAPITOLO XXXI. 49i>
corrompevano i becchini e i loro soprintendenti; da su
balterni del tribunale stesso, deputati da esso a visitare
i cadaveri, s'ebbero, con danari, fa si attestati.
Siccome per, a ogni scoperta che gli riuscisse fare, il tri
bunale ordinava di bruciar robe, metteva in sequestro case,
mandava famiglie al lazzeretto, cos facile argomentare
quanta dovesse essere contro di esso l'ira e la mormora
zione del pubblico, della Nobilt, delli Mercanti et della
plebe, dice il Tadino; persuasi, com'eran tutti, che fossero
vessazioni senza motivo, e senza costrutto. L' odio princi
pale cadeva sui due medici ; il suddetto Tadino, e Senatore
Settala, figlio del protofisico : a tal segno, che ormai non
potevano attraversar le piazze senza essere assaliti da pa
rolacce, quando non eran sassi. E certo fu singolare, e me
rita che ne sia fatta memoria, la condizione in cui, per
qualche mese, si trovaron quegli uomini, di veder venire
avanti un orribile flagello, d'affaticarsi in ogni maniera
a stornarlo, d'incontrare ostacoli dove cercavano aiuti,
volont, e d'essere insieme bersaglio delle grida, avere
il nome di nemici della patria: pro patri hostibus, dice
il Ripamonti. .
Di queil' odio ne toccava una parte anche agli altri medici
che, convinti come loro, della realt del contagio, suggeri
vano precauzioni, cercavano di comunicare a tutti la loro
dolorosa certezza. I pi discreti li tacciavano di credulit
e d'ostinazione : per tutti gli altri, era manifesta impostura,
cabala ordita per, far bottega sul pubblico spavento.
Il protonsico Lodovico Settala, allora poco men che ot
tuagenario, stato professore di medicina all' universit di
Pavia, poi di filosofia morale a Milano, autore di molte opere
riputatissime allora, chiaro per inviti a cattedre d' altre
universit, Ingolstadt, Pisa, Bologna, Padova, e per il ri
fiuto di tutti questi inviti, era certamente uno degli uomini
pi autorevoli del suo tempo. Alla riputazione della scienza
s' aggiungeva quella della vita, e all' ammirazione la bene
volenza, per la sua gran carit nel curare e nel beneficare
i poveri. E, una cosa che in noi turba e contrista il senti
mento di stima ispirato da questi meriti, ma che allora
500 i promessi srosi
doveva renderlo pi generale e pi forte, il pover' uomo
partecipava de' pregiudizi pi comuni e pi funesti de' suoi
contemporanei: era pi avanti di loro, ma senza allonta
narsi dalla schiera, che quello che attira i guai, e fa
molte volte perdere l' autorit acquistata in altre maniere.
Eppure quella grandissima che godeva, non solo non bast
a vincere, in questo caso, l' opinion di quello che i poeti
chiamavan volgo profano, e i capocomici, rispettabile pub
blico ; ma non pot salvalo dall' animosit e dagl' insulti
di quella parte di esso, che corre pi facilmente da' giu
dizi alle dimostrazioni e ai fatti. .
Un giorno che andava in bussola a visitare i suoi amma
lati, principi a radunarglisi intorno gente, gridando esser
lui il capo di coloro che volevano per forza che ci fosse la
peste; lui che metteva in ispavento la citt, con quel suo
cipiglio, con quella sua barbacela : tutto per dar da fare ai
medici. La folla e il furore andavan crescendo : i portantini,
vedendo la mala parata, ricoverarono il padrone in una casa
d' amici, che per sorte era vicina. Questo gli tocc per aver
veduto chiaro, detto ci che era, e voluto salvar dalla peste
molte migliaia di persone : quando, con un suo deplorabile
consulto, cooper a far torturare, tanagliare e bruciare,
come strega, una povera infelice sventurata, perch il suo
padrone pativa dolori strani di stomaco, e un altro padrone
di prima era stato fortemente innamorato di lei (*), allora
ne avr avuta presso il pubblico nuova lode di sapiente e,
ci che intollerabile a pensare, nuovo titolo di benemerito.
Ma sul finire del mese di marzo, cominciarono, prima nel
borgo di porta orientale, poi in ogni quartiere della citt,
a farsi frequenti le malattie, le morti, con accidenti strani
di spasimi, di palpitazioni, di letargo, di delirio, con quelle
insegne funeste di lividi e di bubboni ; morti per lo pi ce
leri, violente, non di rado repentine, senza alcun indizio
antecedente di malattia. I medici opposti alla opinion del
contagio, non volendo ora confessare ci che avevan deriso,
e dovendo pur dare un nome generico alla nuova malattia,

C) Storia di Milano rlel Conte Pietro Verri; Milano 1825, Tom. *,p. 155.
CAPITOLO XXXI. 501
divenuta troppo comune e troppo palese per andarne senza,
trovarono quello di febbri maligne, di febbri pestilenti:
miserabile transazione, anzi trufferia di parole, e che pur
faceva gran danno ; perch, figurando di riconoscere la ve
rit, riusciva ancora a non lasciar credere ci che pi im
portava di credere, di vedere, che il male s'attaccava per
mezzo del contatto. I magistrati, come chi si risente da un
profondo sonno, principiarono a dare un po' pi orecchio
agli avvisi, alle proposte della Sanit, a far eseguire i suoi
editti, i sequestri ordinati, le quarantene prescritte da
quel tribunale. Chiedeva esso di continuo anche danari
per supplire alle spese giornaliere, crescenti, del lazze
retto, di tanti altri servizi; e li chiedeva ai decurioni, in
tanto che fosse deciso (che non fu, credo, mai, se non col
fatto) se tali spese toccassero alla citt, o all' erario regio.
Ai decurioni faceva pure istanza il gran cancelliere, per
ordine anche df governatore, ch' era andato di nuovo n
metter l'assedio a quel povero Casale; faceva istanza il
senato, perch pensassero alla maniera di vettovagliar la
citt, prima che, dilatandovisi per isventura il contagio, le
venisse negato pratica dagli altri paesi; perch trovassero
il mezzo di mantenere una gran parte della popolazione,
a cui eran mancati i lavori. I decurioni cercavano di far
danari per via d' imprestiti, d' imposte ; e di quel che ne
raccoglievano, ne davano un po' alla Sanit, un po' a' po
veri ; un po' di grano compravano : supplivano a una parte
del bisogno. E le grandi angosce non erano, ancor venute.
Nel lazzeretto, dove la popolazione, quantunque deci
mata ogni giorno, andava ogni giorno crescendo, era un' al
tra ardua impresa quella d' assicurare il servizio e la su
bordinazione , di conservar le separazioni prescritte , di
mantenervi in somma o, per dir meglio, di stabilirvi il
governo ordinato dal tribunale della sanit : ch , fin
da'primi momenti, c'era stata ogni cosa in confusione, per
la sfrenatezza di molti rinchiusi, per la trascuratezza e per
la connivenza de' serventi. Il tribunale e i decurioni, non
sapendo dove battere il capo, pensaron di rivolgersi ai
cappuccini , e supplicarono il padre commissario della
502 I PROMESSI SPOSI
provincia, il quale faceva le veci del provinciale, morto poco
prima, acci volesse dar loro de' soggetti abili a governare
quel regno desolato. Il commissario propose loro, per
principale, un padre Felice Casati, uomo d' et matura, il
quale godeva una gran fama di carit, d' attivit, di man
suetudine insieme e di fortezza d'animo, a quel che il se
guito fece vedere, ben meritata ; e per compagno e come
ministro di lui, un padre Michele Pozzobonelli, ancor gio
vine, ma grave e severo, di pensieri come d'aspetto. Furono
accettati con gran piacere; e il 30 di marzo, entrarono
nel lazzeretto. Il presidente della Sanit li condusse in
giro, come per prenderne il possesso ; e, convocati i ser
venti e gl'impiegati d'ogni grado, dichiar, davanti a loro,
presidente di quel luogo il padre Felice, con primaria e
piena autorit. Di mano in mano poi che la miserabile ra
dunanza and crescendo, v'accorsero altri cappuccini; e
furono in quel luogo soprintendenti, concessori , ammini
stratori, infermieri, cucinieri, guardarobi, lavandai, tutto
ci che occorresse. Il padre Felice, sempre affaticato e
sempre sollecito, girava di girno, girava di notte, per
i portici, per le stanze, per quel vasto spazio interno, tal
volta portando un' asta, talvolta non armato che di cilizio ;
animava e regolava ogni cosa; sedava i tumulti, faceva
ragione alle querele, minacciava, puniva, riprendeva, con
fortava, asciugava e spargeva lacrime. Prese, sul principio,
la peste ; ne guar, e si rimise, con nuova lena, alle cure di
prima. I suoi, confratelli ci lasciarono la pi parte la vita,
e tutti con allegrezza.
Certo, una tale dittatura era uno strano ripiego ; strano
come la calamit, come i tempi ; e quando non ne sapessimo
altro, basterebbe per argomento, anzi per saggio d'una
societ molto rozza e mal regolata, il veder che quelli a cui
toccava un cos importante governo, non sapesser pi farne
altro che cederlo, n trovassero a chi cederlo, che uomini,
per istituto, il pi alieni da ci. Ma insieme un saggio
non ignobile della forza e dell' abilit che la carit pu
dare in ogni tempo, e in qualunque ordin di cose, il veder
quest' uomini sostenere un tal carico cos bravamente. E
CAPITOLO XXXI. 503
fu bello lo stesso averlo accettato, senz' altra ragione che
il non esserci chi lo volesse, senz' altro fine che di servire,
.senz' altra speranza in questo mondo, che d'una morte
molto pi invidiabile che invidiata ; fu bello lo stesso esser
loro offerto, solo perch era difficile e pericoloso, e si sup
poneva che il vigore e il sangue freddo, cosi necessario e
raro in que' momenti , essi lo dovevano avere. E perci
l'opera e il cuore di que' frati meritano che se ne faccia
memoria, con ammirazione, con tenerezza, con quella specie
di gratitudine che dovuta, come in solido, per i gran ser
vizi resi da uomini a uomini, e pi dovuta a quelli che non se
la propongono per ricompensa. Che se questi Padri iui non
si ritrouauano, dice il Tadino, al sicuro tutta la Citt
4 annichilata si trouaua ; puoich fu cosa miracolosa l'hauer
questi Padri fatto in cos puoco spatio di tempo tante
cose per benefitio publico , che non hauendo hauuto
agiutto, o almeno puoco dalla Citt, con la sua industria
et prudenza haueuano mantenuto nel Lazeretto tante
migliaia de poueri. Le persone ricoverate in quel luogo,
durante i sette mesi che il padre Felice n' ebbe il governo,
furono circa cinquantamila, secondo il Ripamonti; il quale
dice con ragione , che d' un uomo tale avrebbe dovuto
ugualmente parlare , se in vece di descriver le miserie
d'una citt, avesse dovuto raccontar le cose che posson
farle onore.
Anche nel pubblico, quella caparbiet di negar la peste
andava naturalmente cedendo e perdendosi, di mano in
mano che il morbo si diffondeva, e si diffondeva per via
<lel contatto e della pratica ; e tanto pi quando, dopo esser
qualche tempo rimasto solamente tra' poveri, cominci a
toccar persone pi conosciute. E tra queste, come allora
fu il pi notato, cosi merita anche adesso un'espressa men
zione il protofisico Settala. Avranno almen confessato che
il povero vecchio aveva ragione ? Chi lo sa ? Caddero in
fermi di peste, lui, la moglie, due figliuoli, sette persone di
servizio. Lui e uno de' figliuoli n'usciron salvi; il resto mor.
Questi casi, dice il Tadino, occorsi nella Citt in case
Nobili, disposero la Nobilflta, et la plebe a pensare, et
504 i Promessi sposi
gli increduli Medici, et la plebe ignorante et temeraria
cominci stringere le labra, chiudere li denti, et inarcare
le ciglia.
Ma l' uscite, i ripieghi, le vendette, per dir cos, della
caparbiet convinta, sono alle volte tali da far desiderare
che fosse rimasta ferma e invitta, fino all' ultimo, contro la
ragione e l' evidenza : e questa fu bene una di quelle volte.
Coloro i quali avevano impugnato cosi risolutamente, e cos
a lungo, che ci fosse vicino a loro, tra loro, un germe di
male, che poteva, per mezzi naturali, propagarsi e fare
una strage ; non potendo ormai negare il propagamento-
di esso, e non volendo attribuirlo a que' mezzi (che sarebbe
stato confessare a un tempo un grand' inganno e una gran
colpa), erano tanto pi disposti a trovarci qualche altra
causa, a menar buona qualunque ne venisse messa in
campo. Per disgrazia, ce n' era una in pronto nelle idee
e nelle tradizioni comuni allora, non qui soltanto, ma in
ogni parte d' Europa: arti. venefiche, operazioni diaboliche^
gente congiurata a sparger la peste, per mezzo di veleni
contagiosi, di malie. Gi cose tali, o somiglianti, erano-
state supposte e credute in molte altre pestilenze, e qui
segnatamente, in quella di mezzo secolo innanzi. S'ag
giunga che, fin dall' anno antecedente, era venuto un di
spaccio, sottoscritto dal re Filippo IV, al governatore, per
avvertirlo ch' erano scappati da Madrid quattro francesi,
ricercati come sospetti di spargere unguenti velenosi ,
pestiferi : stesse all' erta, se mai coloro fossero capitati a
Milano. Il governatore aveva comunicato il dispaccio al
senato e al tribunale della sanit; n, per allora, pare che
ci si badasse pi che tanto. Per, scoppiata e riconosciuta
la peste, il tornar nelle menti queil' avviso poto servir di
conferma al sospetto indeterminato d'una frode scellerata;,
pot anche essere la prima occasione di farlo nascere.
Ma due fatti, l'uno di cieca e indisciplinata paura, l'altro
di non so quale cattivit, furon quelli che convertirono quel
sospetto indeterminato d' un attentato possibile , in so
spetto, e per molti in certezza, d'un attentato positivo,
e d' una trama reale. Alcuni? ai quali era parso di vedere,
CAPITOLO XXXI. 505
la sera del 17 di maggio, persone in duomo andare un
gendo un assito che serviva a dividere gli spazi assegnati
a' due sessi, fecero, nella notte, portar fuori della chiesa
l'assito e una quantit di panche rinchiuse in quello ; quan
tunque il presidente della Sanit, accorso a far la visita,
con quattro persone dell' ufizio, avendo visitato l'assito,
le panche, le pile dell' acqua benedetta, senza trovar nulla
che potesse confermare l'ignorante sospetto d'un attentato
venefico, avesse, per compiacere all'immaginazioni altrui,
e pi tosto per abbondare in cautela , che per bisogno ,
avesse, dico, deciso che bastava dar una lavata all' assito.
Quel volume di roba accatastata produsse una grand' im
pressione di spavento nella moltitudine, per cui un oggetto
diventa cos facilmente un argomento. Si disse e si credette
generalmente che fossero state unte in duomo tutte le pan
che, le pareti, e fin le corde delle campane. N si disse
soltanto allora : tutte le memorie de' contemporanei che
parlano di quel fatto (alcune scritte molt' anni dopo), ne
parlano con ugual sicurezza: e la storia sincera di esso,
bisognerebbe indovinarla, se non si trovasse in una lettera
del tribunale della sanit al governatore, che si conserva
nell'archivio detto di san P'edele; dalla quale l'abbiamo
cavata, e della quale sono le parole che abbiam messe in
corsivo.
La mattina seguente, un nuovo e pi strano, pi signi
ficante spettacolo colp gli occhi e le menti de' cittadini.
In ogni parte della citt, si videro le porte delle case c
le muraglie, per lunghissimi tratti, intrise di non so che
sudiceria, giallognola, biancastra, sparsavi come con delle
spugne. O sia stato un gusto sciocco di far nascere uno
spavento pi rumoroso e pi generale, o sia stato un pi
reo disegno d'accrescer la pubblica confusione, o non saprei
che altro ; la cosa attestata di maniera, che ci parrebbe
men ragionevole l' attribuirla a un sogno di molti, che al
fatto d' alcuni : fatto, del resto, che non sarebbe stato, n
il primo n l'ultimo d" tal genere. Il Ripamonti, che spesso,
su questo particolare dell'unzioni, deride, e pi spesso
deplora la credulit popolare, qui afferma d' aver veduto
06 I PROMESSI SPOSI
queir impiastramento, e lo descrive (*). Nella lettera so
praccitata, i signori della Sanit raccontan la cosa ne' me
desimi termini; parlan di visite, d'esperimenti fatti con
quella materia sopra de' cani, e senza cattivo effetto; ag
giungono, esser loro opinione, che cotale temerit sia
pi tosto proceduta da insolenza, che -da fine scelerato:
pensiero che indica in loro, fino a quel tempo, pacatezza
d'animo bastante per non vedere ci che non ci fosse stato.
L' altre memorie contemporanee, raccontando la cosa, ac
cennano anche, essere stata, sulle prime, opinion di molti,
che fosse fatta per burla, per bizzarria ; nessuna parla di
nessuno che la negasse ; e n'avrebbero parlato certamente,
se ce ne fosse stati; se non altro, per chiamarli strava
ganti. Ho creduto che non fosse fuor di proposito il riferire
e il mettere insieme questi particolari, in parte poco noti,
in parte affatto ignorati, d'un celebre delirio; perch, negli
errori e massime negli errori di molti, ci che pi in
teressante e pi utile a osservarsi, mi pare che sia appunto
la strada che hanno fatta, l'apparenze, i modi con cui
hanno potuto entrar nelle menti, e dominarle.
La citt gi agitata ne* fu sottosopra : i padroni delle
case, con paglia accesa, abbruciacchiavano gli spazi unti;
i passeggieri si fermavano, guardavano, inorridivano, fre
mevano. I forestieri, sospetti per questo solo, e che allora
si conoscevan facilmente al vestiario, venivano arrestati
nelle strade dal popolo, e condotti alla giustizia. Si fecero
interrogatri , esami d' arrestati , d' arrestatori , di testi
moni ; non si trov reo nessuno : le menti erano ancor ca
paci di dubitare, d'esaminare, d'intendere. Il tribunale
della sanit pubblic una grida, con la quale prometteva
premio e impunit a chi mettesse in chiaro l' autore o gli
autori del fatto. Ad ogni modo non parendoci comteniente,
dicono que' signori nella citata lettera, che porta la data

(").... et nos quoque ivimus visere. Maculse erant sparsim insequi-


literque manantes, velini si quis haustam spongia saniem adspersissel,
impressissetve parieti: et ianuae passim, ostiaque aedium eadem adsper-
gine contaminata cernebantur. Pag. 73.
CAPITOLO XXXI. 507
del 21 di maggio, ma che fu evidentemente scritta il 19,
giorno segnato nella grida stampata, che questo delitto in
qualsiuoglia triodo resti impunito, massime in tempo tanto
pericoloso e sospettoso, per consolatione e quiete di questo
Popolo, e per cauare indicio del fatto, iiabbiamo oggi
piMicata grida, etc. Nella grida stessa per, nessun cenno,
almen chiaro, di quella ragionevole e acquietante conget
tura, che partecipavano al governatore : silenzio che accusa
a un tempo una preoccupazione furioga nel popolo , e in
loro una condiscendenza, tanto pi biasimevole, quanto
pi poteva esser perniciosa.
Mentre il tribunale cercava, molti nel pubblico, come
accade, avevan gi trovato. Coloro che credevano esser
quella un'unzione velenosa, chi voleva che la fosse una
vendetta di don Gonzalo Fernandez de Cordova, per gli
insulti ricevuti nella sua partenza, chi un ritrovato del
cardinal di Richelieu, per spopolar Milano, e impadronir
sene senza fatica; altri, e non si sa per quali ragioni, ne
volevano autore il conte di Collalto, Wallenstein, questo,
queir altro gentiluomo milanese. Non mancavan, come ab-
biam detto, di quelli che non vedevano in quel fatto altro
che uno sciocco scherzo, e l'attribuivano a scolari, a si
gnori, a ufiziali che s'annoiassero all'assedio di Casale.
Il non veder poi , come si sar temuto , che ne seguisse
addirittura un infettamento, un eccidio universale, fu pro
babilmente cagione che quel primo spavento s' andasse per
allora acquietando, e la cosa fosse o paresse messa in oblio.
C era, del resto, un certo numero di persone non ancora
persuase che questa peste ci fosse. E perch, tanto nel
lazzeretto, come per la citt, alcuni pur ne guarivano,
si diceua , (gli ultimi argomenti d' una opinione bat
tuta dall' evidenza son sempre curiosi a sapersi) si di-
ceua dalla plebe, et ancora da molti medici partiali, non
essere vera peste , perch tutti sarebbero morti (*).
Per levare ogni dubbio, trov il tribunale della sanit un
espediente proporzionato al bisogno, un modo di parlare

O Tadino, pag. 93.


508 I. PROMESSI SPOSI
agli occhi, quale i tempi potevano richiederlo o suggerirlo.
In una delle feste della Pentecoste, usavano i cittadini di
concorrere al cimitero di san Gregorio, fuori di Porta
Orientale, a pregar per i morti dell' altro contagio, ch' erart
sepolti l; e, prendendo dalla divozione opportunit di
divertimento e di spettacolo, ci andavano, ognuno pi in
gala che potesse. Era in quel giorno morta di peste, tra
gli altri , un' intera famiglia. Neil' ora del maggior con
corso, in mezzo alle carrozze, alla gente a cavallo, e a
piedi, i cadaveri di quella famiglia furono, d' ordine della
Sanit, condotti al cimitero suddetto, sur un carro, ignudi,
affinch la folla potesse vedere in essi il marchio manifesto
della pestilenza. Un grido di ribrezzo, di terrore, s' alzava
per tutto dove passava il carro ; un lungo mormorio re
gnava dove era passato ; un altro mormorio lo precorreva.
La peste fu pi creduta : ma del resto andava acquistan
dosi fede da s, ogni giorno pi ; e quella riunione mede
sima non dov servir poco a propagarla.
In principio dunque, non peste, assolutamente no, per
nessun conto : proibito anche di proferire il vocabolo. Poi,
febbri pestilenziali : l' idea s' ammette per isbieco in un ag
gettivo. Poi, non vera peste ; vale a dire peste si, ma in
un certo senso ; non peste proprio, ma una cosa alla quale
non si sa trovare un altro nome. Finalmente, peste senza
dubbio, e senza contrasto : ma gi ci s' attaccata un' altra
idea, l' idea del venefzio e del malefizio, la quale altera e
confonde l' idea espressa dalla parola che non si pu pi
mandare indietro.
Non , credo, necessario d' esser molto versato nella sto
ria dell' idee e delle parole, per vedere che molte hanno
fatto un simil corso. Per grazia del cielo, che non sono
molte quelle d' una tal sorte, e d' una tale importanza, e
che conquistino la loro evidenza a un tal prezzo, e alle-
,quali si possano attaccare accessri d' un tal genere. Si
potrebb per, tanto nelle cose piccole, come nelle grandi,
evitare, in gran parte, quel corso cos lungo e cos storto,
prendendo il metodo proposto da tanto tempo, d' osservare,
ascoltare, paragonare, pensare, prima di parlare.
CAPITOLO XXXI. 509
Ma parlare, questa cosa cosi sola, talmente pi facile
<li tutte queil' altre insieme , che anche noi, dico noi uo
mini in generale, siamo un po' da compatire.

CAPITOLO XXXII.

Divenendo sempre pi difficile il supplire all'esigenze


dolorose della circostanza, era stato, il 4 di maggio, deciso
nel consiglio de' decurioni, di ricorrer per aiuto al gover
natore. E, il 22, furono spediti al campo due di quel corpo,
<,he gli rappresentassero i guai e le strettezze della citt:
le spese enormi, le casse vote, le rendite degli anni avve
nire impegnate, le imposte correnti non pagate, per la
miseria generale, prodotta da tante cause, e dal guasto
militare in ispecie ; gli mettessero in considerazione che,
per leggi e consuetudini non interrotte, e per decreto spe
ciale di Carlo V, le spese della peste dovevan essere a ca
rico del fisco: in quella del 1576, avere il governatore,
marchese d' Ayamonte, non solo sospese tutte le impo
sizioni camerali, ma data alla citt una sovvenzione di
quarantamila scudi della stessa Camera; chiedessero final
mente quattro cose : che l' imposizioni fossero sospese, come
allora s' era fatto ; la Camera desse danari ; il governatore
informasse il re, delle miserie della citt e della provincia;
dispensasse da nuovi alloggiamenti militari il paese gi
rovinato dai passati. Il governatore scrisse in risposta con
doglianze, e nuove esortazioni : dispiacergli di non poter
trovarsi nella citt, per impiegare ogni sua cura in sollievo
di quella ; ma sperare che a tutto avrebbe supplito lo zelo
di que' signori : questo essere il tempo di spendere senza
risparmio, d' ingegnarsi in ogni maniera. In quanto alle ri
chieste espresse, proueer en el mejor modo que el tiempo
y necesidades presentes permitieren. E sotto, un girigo
golo, che voleva dire Ambrogio Spinola, chiaro come le sue
promesse. Il gran cancelliere Ferrer gli scrisse che quella
risposta era stata letta dai decurioni, con gran descon-
xuelo ; ci furono altre andate e venute, domande e risposte ;
ma non trovo che se ne venisse a pi strette conclusioni.
510 I PROMESSI SPOSI
Qualche tempo dopo, nel colmo della peste, il governatore
trasfer, con lettere patenti, la sua autorit a Ferrer me
desimo, avendo lui, come scrisse, da pensare alla guerra.
La quale, sia detto qui incidentemente, dopo aver portato-
via, senza parlar de' soldati, un milion di persone, a dir
poco, per mezzo del contagio, tra la Lombardia, il Vene
ziano, il Piemonte, la Toscana, e una parte della Romagna ;
dopo aver desolati, come s' visto di sopra, i luoghi per
cui pass, e figuratevi quelli dove fu fatta ; dopo la presa
e il sacco atroce di Mantova; fin con riconoscerne tutti
il nuovo duca, per escludere il quale la guerra era stata
intrapresa. Bisogna per dire che fu obbligato a cedere al
duca di. Savoia un pezzo del Monferrato, della rendita di
quindicimila scudi, e a Ferrante duca di Guastalla altre
terre, della rendita di seimila ; e che ci fu un altro trattato
a parte e segretissimo, col quale il duca di Savoia suddetto
ced Pinerolo alla Francia: trattato eseguito qualche
tempo dopo, sott' altri pretesti, e a furia di furberie.
Insieme con quella risoluzione, i decurioni ne avevan
presa un' altra : di chiedere al cardinale arcivescovo, che
si facesse una processione solenne, portando per la citt il
corpo di san Carlo.
Il buon prelato rifiut, per molte ragioni. Gli dispiaceva
quella fiducia in un mezzo arbitrario, e temeva che, se l'ef
fetto non avesse "corrisposto, come pure temeva, la fiducia
si cambiasse in iscandolo (1). Temeva di pi. che, se pur
c'era di questi untori, la processione fosse un'occasione
troppo comoda al delitto: se non ce n'era, il radunarsi
tanta gente non poteva che spander sempre pi il con
tagio: pericolo ben pi reale (2). Ch il sospetto sopito

(1) Memoria delle cose notabili successe in Milano inlorno al mal con-
taggioso l'anno 1630, ee. raccolte da D. Pio la Croce, Mila.no, 1750.
tratta evidentemente da scritto inedito d'autore vissuto al tempo della
pestilenza: se pure non una semplice edizione, piuttostoche una nuova
compilazione.
(2) Si unguenta scelerata et unctores in urbe essent... Si non es-
sent... Certiusque adeo malum. Ripamonti, pag. 185.
CAPITOLO XXX\l. 511
dell'unzioni s'era intanto ridestato, pi generale e pi
furioso di prima.
S' era visto di nuovo, o questa volta era parso di vedere,,
unte muraglie, porte d' ediflzi pubblici, usci di case, mar
telli. Le nuove di tali scoperte volavan di bocca in bocca ;
e, come accade pi che mai, quando gli animi son preoccu
pati, il sentire faceva l'effetto del vedere. Gli animi, sempre
pi amareggiati dalla presenza de' mali, irritati dall' insi
stenza del pericolo, abbracciavano pi volentieri quella
credenza : ch la collera aspira a punire : e, come osservo
acutamente, a 'questo stesso proposito, un uomo d'inge
gno (*), le piace pi d' attribuire i mali a una perversit
umana, contro cui possa far le sue vendette, che di rico
noscerli da una causa, con la quale non ci sia altro da fare
che rassegnarsi. Un veleno squisito, istantaneo, penetran
tissimo, eran parole pi che bastanti a spiegar la violenza,
e tutti gli accidenti pi oscuri e disordinati del morbo. Si
diceva composto, quel veleno, di rospi, di serpenti, di bava
e di materia d' appestati, di peggio, di tutto ci che selvagge
e stravolte fantasie sapessero trovar di sozzo e d' atroce.
Vi s' aggiunsero poi le malie, per le quali ogni effetto di
veniva possibile, ogni obiezione perdeva la forza, si scio
glieva ogni difficolt. Se gli effetti non s' eran veduti subito
dopo quella prima unzione, se ne capiva il perch; era
stato un tentativo sbagliato di venefici ancor novizi: ora
l' arte era perfezionata, e le volont pi accanite nell' infer
nale proposito. Ormai chi avesse sostenuto ancora ch' era
stata una burla, chi avesse negata l' esistenza d' una trama,
passava per cieco, per ostinato; se pur non cadeva in
sospetto d' uomo interessato a stornar dal vero l' attenzion
del pubblico, di complice, d' untore : il vocabolo fu ben
presto comune, solenne, tremendo. Con una tal persua
sione che ci fossero untori, se ne doveva scoprire, quasi
infallibilmente: tutti gli occhi stavano all'erta; ogni atto
poteva dar gelosia. E la gelosia diveniva facilmente cer
tezza, la certezza furore.
(*) P. Verri, Osservazioni sulla tortura: Scrittori italiani d'economia
politica; parte moderna, tom. 17, pag. 303.
512 I PROMESSI SPOSI
Due fatti ne adduce in prova il Ripamonti, avvertendo
d' averli scelti, non come i pi atroci tra quelli che segui
vano giornalmente, ma perch dell' uno e dell' altro era
stato pur troppo testimonio.
Nella chiesa di sant' Antonio, un giorno di non so quale
solennit, un vecchio pi che ottuagenario, dopo aver pre
gato alquanto inginocchioni, volle mettersi a sedere; e
prima, con la cappa, spolver la panca. Quel vecchio unge
la panche ! gridarono a una voce alcune donne che vider
l' atto. La gente che si trovava in chiesa (in chiesa!), fu
addosso al vecchio ; lo prendon per i capelli, bianchi co
m' erano; lo carican di pugni e di calci; parte lo tirano,
parte lo spingon fuori; se non lo finirono, fu per istrasci-
narlo, cos semivivo, alla prigione, ai giudici, alle torture.
Io lo vidi mentre lo strascinavan cos, dice il Ripa
monti: e non ne seppi pi altro: credo bene che non
abbia potuto sopravvivere pi di qualche momento.
L'altro caso (e segu il giorno dopo) fu ugualmente strano,
ma non ugualmente funesto. Tre giovani compagni francesi,
un letterato, un pittore, un meccanico, venuti per veder
V Italia, per istudiarvi le antichit, e per cercarvi occasion
di guadagno, s' erano accostati a non so qual parte esterna
del duomo, e stavan l guardando attentamente. Uno che
passava, li vede e si ferma ; gli accenna a un altro, ad altri
che arrivano : si form un crocchio, a guardare, a tener
il' occhio coloro, che il vestiario, la capigliatura, le bisacce,
accusavano di stranieri e, quel ch' era peggio, di francesi.
Come per accertarsi ch' era marmo, stesero essi la mano
a toccare. Bast. Furono circondati, afferrati, malmenati,
spinti, a furia di percosse, alle carceri. Per buona sorte, il
palazzo di giustizia poco lontano dal duomo ; e per uns
sorte ancor pi felice, furon trovati innocenti, e rilasciati.
N tali cose accadevan soltanto in citt: la frenesia
s' era propagata come il contagio. Il viandante che fosse
incontrato da de' contadini, fuor della strada maestra, o
che in quella si dondolasse a guardar in qua e in l, o si
buttasse gi per riposarsi ; lo sconosciuto a cui si trovasse
qualcosa di strano, d sospetto nel volto, nel vestito, erano
CAPITOLO XXXII. 513
untori: al primo avviso di chi si fosse, al grido d'un ra
gazzo, si sonava a martello, s' accorreva ; gl' infelici eran
tempestati di pietre, o, presi, venivan menati, a furia
di popolo, in prigione. Cosi il Ripamonti medesimo. E
la prigione, fino a un certo tempo, era un porto di sal
vamento.
Ma i decurioni, non disanimati dal rifiuto del savio pre
lato, andavan replicando le loro istanze, che il voto pub
blico secondava rumorosamente. Federigo resistette ancor
qualche tempo, cerc di convincerli ; questo quello che
pot il senno d' un uomo, contro la forza de' tempi, e l' in
sistenza di molti. In quello stato d' opinioni, con l'idea del
pericolo, confusa com' era allora, contrastata, ben lontana
dall' evidenza che ci si trova ora, non difficile a capire
come le sue buone ragioni potessero, anche nella sua mente,
esser soggiogate dalle cattive degli altri. Se poi, nel ceder
che fece, avesse o non avesse parte un po' di debolezza della
volont, sono misteri del cuore umano. Certo, se in alcun
caso par che si possa dare in tutto l' errore all' intelletto,
e scusarne la coscienza, quando si tratti di que' pochi (e
questo fu ben nel numero), nella vita intera de' quali appa
risca un ubbidir risoluto alla coscienza, senza riguardo
a interessi temporali di nessun genere. Al replicar del
l' istanze, cedette egli dunque, acconsent che si facesse la
processione, acconsent di pi al desiderio, alla premura
generale, che la cassa dov' eran rinchiuse le reliquie di san
Carlo, rimanesse dopo esposta, per otto giorni, sull' altar
maggiore del duomo.
Non trovo che il tribunale della sanit, n altri, facessero
rimostranza n opposizione di sorte alcuna. Soltanto, il
tribunale suddetto ordin alcune precauzioni che, senza
riparare" al pericolo, ne indicavano il timore. Prescrisse
pi strette regole per l' entrata delle persone in citt ; e,
per assicurarne l' esecuzione , fece star chiuse le porte :
come pure, a fine d' escludere, per quanto fosse possibile,
dalla radunanza gli infetti e i sospetti, fece inchiodar gli
usci delle case sequestrate : le quali, per quanto pu va
lere, in un fatto di questa sorte, la semplice affermazione
/ Promessi Sposi. 33
$14 I PROMESSI SPOSI
d'uno scrittore, e d'uno scrittore di quel tempo, erari
circa cinquecento (*).
Tre giorni furono spesi in preparativi : V undici di giu
gno, ch' era il giorno stabilito, la processione usci, sull'alba,
dal duomo. Andava dinanzi una lunga schiera di popolo,
, donne la pi parte, coperte, il volto d' ampi zendali, molte
scalze, e vestite di sacco. Venivan poi l' arti , precedute
da' loro gonfaloni, le confraternite, in abiti vari di forme
e di colori ; poi le fraterie, poi il clero secolare, ognuno
con l' insegne del grado, e con una candela o un torcetto
in mano. Nel mezzo, tra il chiarore di pi fitti lumi, tra
un rumor pi alto di canti, sotto un ricco baldacchino,
s' avanzava la cassa, portata da quattro canonici, parati in
gran pompa, che si cambiavano ogni tanto. Dai cristalli
traspariva il venerato cadavere vestito di splendidi abiti
pontificali, e mitrato il teschio ; e nelle forme mutilate e
scomposte, si poteva ancora distinguere qualche vestigio
dell' antico sembiante, quale lo rappresentano l' immagini,
quale alcuni si ricordavan d' averlo visto e onorato in vita.
Dietro la spoglia del morto pastore (dice il Ripamonti, da
cui principalmente prendiamo questa descrizione), e vi
cino a lui, come di meriti e di sangue e di dignit, cosi ora
anche di persona, veniva l' arcivescovo Federigo. Seguiva
l'altra parte del clero; poi i magistrati, con gli abiti di >
maggior cerimonia; poi i nobili, quali vestiti sfarzosa
mente, come a dimostrazione solenne di' culto, quali, in
segno di penitenza, abbrunati, o scalzi e incappati, con
la buffa sul viso ; tutti con torcetti. Finalmente una coda
d'altro popolo misto.
Tutta la strada era parata a festa; i ricchi avevan ca
vate fuori le suppellettili pi preziose; le facciate delle
case povere erano state ornate da de' vicini benestanti,
o a pubbliche spese ; dove in luogo di parati, dove sopra i
parati, c' eran de' rami fronzuti; da ogni parte pendevano
quadri, iscrizioni, imprese; su' davanzali delle finestre

O Alleggiamento dello Slato di Milano etc. di C. G. Cavalio della So


miglia. Milano, 1633, pag. 481
CAPITOLO XXXII. 515
stavano in mostra vasi, anticaglie, rarit diverse ; per tutto
lumi. A molte di quelle finestre, infermi sequestrati guar-
davan la processione , e l' accompagnavano con le loro
preci. L'altre strade, mute, deserte; se non che alcuni,
pur dalle finestre , tendevan l' orecchio al ronzio vaga
bondo ; altri, e tra questi si videro fin delle monache, eran
saliti sui tetti, se di li potessero veder da lontano quella
cassa, il corteggio, qualche cosa.
La processione pass per tutti i quartieri della citt : a
ognuno di que' crocicchi, o piazzette, dove le strade prin
cipali sboccan ne' borghi ,' e che allora serbavan l' antico
nome di carrobi, ora rimasto a uno solo, si faceva una
fermata, posando la cassa accanto alla croce che in ognuno
era stata eretta da san Carlo, nella peste antecedente, e
delle quali alcune sono tuttavia in piedi : di maniera che
si torn in duomo un pezzo dopo il mezzogiorno.
Ed ecco che, il giorno seguente, mentre appunto regnava
quella presontuosa fiducia, anzi in molti una fanatica si
curezza che la processione dovesse aver troncata la peste,
morti crebbero, in ogni classe, in ogni parte della citt,
a un tal eccesso, con un salto cos subitaneo, che non ci fa
chi non ne vedesse la causa, o l' occasione, nella proces
sione medesima. Ma , oh forze mirabili dolorose d' un
pregiudizio generale t non gi al trovarsi insieme tanta
persone, e per tanto tempo, non all'infinita moltiplica
zione de' contatti fortuiti, attribuivano i pi quell'effetto;
l' attribuivano alla facilit che gli untori ci avessero tro
vata d' eseguire in grande il loro empio disegno. Si disse
che, mescolati nella folla, avessero infettati col loro un
guento quanti pi avevan potuto. Ma siccome questo non
pareva un mezzo bastante, n appropriato a una mortalit
cos vasta, e cos diffusa in ogni classe di persone ; siccome,
a quel che pare , , non era stato possibile all' occhio cos
attento, e pur cos travedente, del sospetto, di scorgere
untumi, macchie di nessuna sorte, su' muri , n altrove ;
cos si ricorse, per la spiegazion del fatto, a quell'altro
ritrovato, gi vecchio, e ricevuto allora nella scienza co
mune d'Europa, delle polveri venefiche e malefiche; si
,>IG I PROMESSI SPOSI
disse che polveri tali, sparse lungo la strada, e special
mente ai luoghi delle fermate, si fossero attaccate agli
strascichi de' vestiti, e tanto pi ai piedi, che in gran nu
mero, erano quel giorno andati in giro scalzi. Vide per-
tanto, dice uno scrittore contemporaneo (*), l'istesso
giorno della processione, la piet cozzar con l' empiet,
la perfidia con la sincerit, la perdita con l' acquisto.
Ed era in vece il povero senno umano che cozzava co' fan
tasmi creati da s.
Da quel giorno, la furia del contagio and sempre cre
scendo: in poco tempo, non ci fu quasi pi casa che non
fosse toccata: in poco tempo la popolazione del lazzeretto,
al dir del Somaglia citato di sopra, mont da duemila a
dodici mila : pi tardi, al dir di quasi tutti, arriv fino a
sedici mila. Il 4 di luglio, come trovo in un' altra lettera
de' conservatori della sanit al governatore, la mortalit
giornaliera oltrepassava i cinquecento. Pi innanzi, e nel
colmo, arriv, secondo il calcolo pi comune, a mille du
gento, mille cinquecento ; e a pi di tremila cinquecento,
se vogliam credere al Tadino. Il quale anche afferma che,
per le diligenze fatte, dopo la peste, si trov la po-
polazion di Milano ridotta a poco pi di sessantaquattro
mila anime, e che prima passava le dugento cinquanta
mila. Secondo il Ripamonti , era di sole dugento mila :
de' morti, dice che ne risulta cento quaranta mila da' re
gistri civici, oltre quelli di cui non si pot tener conto.
Altri dicon pi o meno, ma ancor pi a caso.
Si pensi ora in che angustie dovessero trovarsi i decu
rioni, adosso ai quali era rimasto il peso di provvedere alle
pubbliche necessit, di riparare a ci che c' era di ripara
bile in un tal disastro. Bisognava ogni giorno sostituire,
ogni giorno aumentare serventi pubblici di varie specie :
monatti, apparitori, commissari. I primi erano addetti ai
servizi pi penosi e pericolosi della pestilenza : levar dalle
case, dalle strade, dal lazzeretto, i cadaveri; condurli sui

O Agostino Lampugnano ; La pestilenza seguita in Milano, l'anne 1630.


Milano, I634, pag. il.
CAPITOLO XXXII. 517
carri alle fosse, e sotterrarli ; portare o guidare al lazze
retto gl' infermi, e governarli ; bruciare, purgare la roba
infetta e sospetta. Il nome, vuole il Ripamonti che venga
dal greco monos; Gaspare Bugatti (in una descrizion della
peste antecedente), dal latino monere ; ma insieme dubita,
con pi ragione, che sia parola tedesca, per esser quegli
uomini arrolati la pi parte nella Svizzera e ne' Grigioni.
N sarebbe infatti assurdo il crederlo una troncatura del
vocabolo monathlich (mensuale); giacch, nell'incertezza
di quanto potesse durare il bisogno, probabile che gli
accordi non fossero che di mese in mese. L' impiego spe
ciale degli apparitori era di precedere i carri, avvertendo,
col suono d' un campanello, i passeggieri, che si ritirassero.
I commissari regolavano gli uni e gli altri, sotto gli ordini
immediati del tribunale della sanit. Bisognava tener for
nito il lazzeretto di medici, di chirurghi, di medicine, di
vitto, di tutti gli attrezzi d'infermeria; bisognava trovare
e preparar nuovo alloggio per gli ammalati che soprag
giungevano ogni giorno. Si fecero a quest' effetto costruire
in fretta capanne di legno e di paglia nello spazio interno
del lazzeretto ; se ne piant un nuovo, tutto di capanne,
cinto da un semplice assito, e capace di contener quattro
mila persone. E non bastando, ne furon decretati due al
tri; ci si mise anche mano; ma, per mancanza di mezzi
d'ogni genere, rimasero in tronco. I mezzi, le persone,
il coraggio, diminuivano di mano in mano che il bisogno
cresceva.
E non solo l'esecuzione rimaneva sempre addietro
de' progetti e degli ordini ; non solo, a molte necessit, pur
troppo riconosciute, si provvedeva scarsamente, anche in
parole ; s' arriv a quest' eccesso d' impotenza e di dispe
razione, che a molte, e delle pi pietose, come delle pi
urgenti, non si provvedeva in nessuna maniera. Moriva,
per esempio, d' abbandono una gran quantit di bambini,
ai quali eran morte le madri di peste : la Sanit propose
che s' instituisse un ricovero per questi e per le parto
rienti bisognose, che qualcosa si facesse per loro ; e non
pot ottener nulla. Si doueua non di meno, dice il
518 I PROMESSI SPOSI
Tadino, compatire ancora alli Decurioni della Citt, li
quali si trouauano afflitti, mesti et lacerati dalla Soldadesca
senza regola, et rispetto alcuno; come molto meno nel-
l' infelice Ducato, atteso che aggiutto alcuno, n prolusione
si poteua hauere dal Gouernatore, se non che si trouaua
tempo di guerra, et bisognaua trattar bene li Soldati (*).
Tanto importava il prender Casale ! Tanto par bella l
lode del vincere, indipendentemente dalla cagione, dallo
scopo per cui si combatta !
Cos pure, trovandosi colma di cadaveri un' ampia, ma
unica fossa, ch'era stata scavata vicino al lazzeretto; e
rimanendo, non solo in quello, ma in ogni parte della citt,
insepolti i nuovi cadaveri, che ogni giorno eran di pi, i
magistrati, dopo avere invano Cercato braccia per il tristo
lavoro, s' eran ridotti a dire di non saper pi che partito
prendere. N si vede come sarebbe andata a finire, se non
veniva un soccorso straordinario. Il presidente della Sanit
ricorse, per disperato, con le lacrime agli occhi, a que' due
bravi frati che soprintendevano al lazzeretto; e il padre
Michele s' impegno a dargli , in capo a quattro giorni ,
sgombra la citt di cadaveri ; in capo a otto, aperte fosse
sufficienti, non solo al bisogno presente, ma a quello che
si potesse preveder di peggio nell' avvenire. Con un frate
compagno, e con persone del tribunale, dategli dal presi
dente, and fuor della citt, in cerca di contadini ; e, parte
con l'autorit del tribunale, parte con quella dell'abito
e delle sue parole, ne raccolse circa dugento, ai quali fece
scavar tre grandissime fosse ; sped poi dal lazzeretto mo
natti a raccogliere i morti; tanto che, il giorno prefisso,
la sua promessa si trov adempita.
Una volta, il lazzeretto rimase senza medici ; e, con of
ferte di grosse paghe e d' onori, a fatica e non subito, se ne
pot avere ; ma molto men del bisogno. Fu spesso li l per
mancare affatto di viveri, a segno di temere che ci s'avesse
a morire anche di fame ; e pi d' una volta, mentre non si
sapeva pi dove batter la testa per trovare il bisognevole,
CAPITOLO XXXII. 51!>
-vennero a tempo abbondanti sussidi, per inaspettato dono
di misericordia privata : ch, in mezzo allo stordimento ge
nerale, all' indifferenza per gli altri, nata dal continuo te
mer per s, ci furono degli animi sempre desti alla cariti,
ce ne furon degli altri in cui la carit nacque al cessare
d' ogni allegrezza terrena ; come, nella strage e nella fuga
ili molti a cui toccava di soprintendere e di provvedere,
ce ne furono alcuni, sani sempre di corpo, e saldi di co
raggio al loro posto : ci furon pure altri che, spinti dalla
piet, assunsero e sostennero virtuosamente le cure a cui
non eran chiamati per impiego.
Dove spicc una pi generale e pi pronta e costante
fedelt ai doveri difficili della circostanza, fu negli eccle-
siastici. Ai lazzeretti, nella citt, non manc mai la loro
assistenza: dove si pativa, ce n'era; sempre si videro
mescolati, confusi co' languenti, co' moribondi, languenti e
moribondi qualche volta loro medesimi; ai soccorsi spi
rituali aggiungevano, per quanto potessero, i temporali;
prestavano ogni servizio che richiedessero le circostanze.
Pi di sessanta parrochi, della citt solamente, morirou
di contagio : gli otto noni* all' incirca.
Federigo dava a tutti, com' era da aspettarsi da lui,
incitamento ed esempio. Mortagli intorno quasi tutta la
famiglia arcivescovile, e facendogli istanza parenti, alti
magistrati, principi circonvicini, che s' allontanasse dal pe
ricolo, ritirandosi in qualche villa, rigett un tal consiglio,
e resistette all' istanze, con quell'animo, con cui scriveva ai
parrochi : siate disposti ad abbandonar questa vita mor
tale,' piuttosto che questa famiglia, questa figliolanza no
stra : andate con amore incontro alla peste, come a un pre
mio, come a una vita, quando ci sia da guadagnare un'anima
a Cristo (* ). Non trascur quelle cautele che non gl' im
pedissero di fare il suo dovere (sulla qual cosa diede anche
istruzioni e regole al clero) ; e insieme non cur il pericolo,
n parve che se n'avvedesse, quando, per far del bene, biso
gnava passar per quello. Senza parlare degli ecclesiastici,

-'.") Ripamonti, png. 164.


520 I PROMESSI SPOSI
coi quali era sempre per lodare e regolare il loro zelo,,
per eccitare chiunque di loro andasse freddo nel lavoro,
per mandarli ai posti dove altri eran morti , volle che
fosse aperto l' adito a chiunque avesse bisogno di lui. Vi
sitava i lazzeretti, per dar consolazione agl' infermi, e
per animare i serventi ; scorreva la citt, portando soccorsi
ai poveri sequestrati nelle case, fermandosi agli usci, sotto
le finestre, ad ascoltare i loro lamenti, a dare in cambio
parole di consolazione e di coraggio. Si cacci in somma
e visse nel mezzo della pestilenza, maravigliato anche lui
alla fine, d' esserne uscito illeso.
Cos, ne' pubblici infortuni, e nelle lunghe perturbazioni
di quel qual si sia ordine consueto, si vede sempre un au
mento, una sublimazione di virt; ma, pur troppo, non
manca mai insieme un aumento, e d'ordinario ben pi
generale, di perversit. E questo pure fu segnalato. I bir
boni che la peste risparmiava e non atterriva, trovarono
nella confusion comune , nel rilasciamento d' ogni forza
pubblica, una nuova occasione d' attivit, e una nuova si
curezza d' impunit a un tempo. Che anzi, l' uso della forza
pubblica stessa venne a trovarsi in gran parte nelle mani
de' peggiori tra loro. All' impiego di monatti e d' apparitori
non s' adattavano generalmente che uomini, sui quali l'at
trattiva delle rapine e della licenza potesse pi che il terror
del contagio, che ogni naturale ribrezzo. Erano a costoro
prescritte strettissime regole, intimate severissime pene,
assegnati posti, dati per superiori de' commissari ; sopra
questi e quelli eran delegati, come abbiam detto, in ogni
quartiere, magistrati e nobili, con l' autorit di provveder
sommariamente a ogni occorrenza di buon governo. Un tal
ordin di cose cammin, e fece effetto, fino a un certo tempo;
ma, crescendo, ogni giorno, il numero di quelli che mori
vano, di quelli che andavan va, di quelli che perdevan la
testa, venner coloro a non aver quasi pi nessuno che li
tenesse a freno; si fecero, i monatti principalmente, ar
bitri d' ogni cosa. Entravano da padroni, da nemici nelle
case, e, senza parlar de'' rubarnenti , e come trattavano
gl'infelici ridotti dalla peste .a passar per tali mani, le
CAPITOLO XXXII. 52!
mettevano, quelle mani infette e scellerate, sui sani, figliuoli,
parenti, mogli, mariti, minacciando di strascinarli al laz
zeretto, se non si riscattavano, o non venivano riscattati
con danari. Altre volte, mettevano a prezzo i loro servizi,
ricusando di portar via i cadaveri gi putrefatti, ameno di
tanti scudi. Si disse (e tra la leggerezza degli uni e la mal
vagit degli altri, ugualmente malsicuro il credere e il
non credere), si disse, e l' afferma anche il Tadino (*), che
monatti e apparitori lasciassero cadere apposta dai carri
robe infette, per propagare e mantenere la pestilenza, di
venuta per essi un'entrata, un regno, una festa. Altri
sciagurati, fingendosi monatti, portando un campanello at
taccato a un piede, com' era prescritto a quelli, per distin
tivo e per avviso del loro avvicinarsi, s' introducevano
nelle case a farne di tutte le sorte. In alcune, aperte e vte
d' abitanti, o abitate soltanto da qualche languente, da qual
che moribondo, entravan ladri , a man salva, a saccheg
giare : altre venivan sorprese, invase da birri che facevan
lo stesso, e anche cose peggiori. Del pari con la perversit,
crebbe la pazzia : tutti gli errori gi dominanti pi o meno,
presero dallo sbalordimento, e dall' agitazione delle menti,
una forza straordinaria, produssero effetti pi rapidi e pi
vasti. E tutti servirono a rinforzare e a ingrandire quella
paura speciale dell' unzioni, la quale, ne' suoi effetti, ne'suoi
sfoghi, era spesso, come abbiam veduto, un'altra perversit.
L' immagine di quel supposto pericolo assediava e marti
rizzava gli animi, molto pi che il pericolo reale e presente.
E mentre, dice il Ripamonti, i cadaveri sparsi, o i
mucchi di cadaveri, sempre davanti agli occhi, sempre
tra' piedi, facevano della citt tutta come un solo mortorio,
c' era qualcosa di pi brutto, di pi funesto, in queir acca
nimento vicendevole, in quella sfrenatezza e mostruosit
di sospetti. . . Non del vicino soltanto si prendeva ombra,
dell'amico, dell'ospite; ma que'nomi, que' vincoli del
l' umana carit, marito e moglie, padre e figlio, fratello e
fratello, eran di terrore : e, cosa orribile e indegna a dirsi !

C) Pag. 102.
522 1 PROMESSI SPOSI
la mensa domestica, il letto nuziale, si temevano, come
agguati, come nascondigli di veneflzio.
La vastit immaginata, la stranezza della trama turba-
van tutti i giudizi, alteravan tutte le ragioni della fiducia
reciproca. Da principio, si credeva soltanto che quei sup
posti untori fosser mossi dall' ambizione e dalla cupidigia;
andando avanti, si sogn, si credette che ci fosse una non
so quale volutt diabolica in queir ungere, un' attrattiva
che dominasse le volont. I vaneggiamenti degl'infermi
che accusavan s stessi di ci che avevan temuto dagli
altri, parevano rivelazioni, e rendevano ogni cosa, per dir
cosi, credibile d' ognuno. E pi delle parole, dovevan far
colpo le dimostrazioni, se accadeva che appestati in delirio
andasser facendo di quegli atti che s' erano figurati che do
vessero fare gli untori: cosa insieme molto probabile, e
atta a dar miglior ragione della persuasion generale e del
l' affermazioni di molti scrittori. Cos, nel lungo e tristo
periodo de' processi per stregoneria , le confessioni , non
sempre estorte, degl' imputati, non serviron poco a pro-
movere e a mantener l' opinione che regnava intorno ad
essa: ch, quando un' opinione regna per lungo tempo, e in
una buona parte del mondo, finisce a esprimersi in tutte le
maniere, a tentar tutte l' uscite, a scorrer per tutti i gradi
della persuasione ; ed difficile che tutti o moltissimi cre
dano a lungo che una cosa strana si faccia, senza che
venga alcuno il quale creda di farla.
Tra le storie che quel delirio dell' unzioni fece immagi
nare, una merita che se ne faccia menzione, per il credito
che acquist, e per il giro che fece. Si raccontava, non da
tutti nell' istessa maniera (che sarebbe un troppo singoiar
privilegio delle favole), ma a un dipresso, che un tale, il
tal giorno, aveva visto arrivar sulla piazza del duomo un
tiro a sei, e dentro, con altri, un gran personaggio, con
una faccia fosca e infocata, con gli occhi accesi, coi capelli
ritti, e il labbro atteggiato di minaccia. Mentre quel tale
stava intento a guardare, la carrozza s'era fermata; e il
cocchiere l' aveva invitato a salirvi ; e lui non aveva saputo
dir di no. Dopo diversi rigiri, erano smontati alla porta
CAPITOLO XXXII. 523
<T un tal palazzo, dove entrato anche lui, con la compagnia,
aveva trovato amenit e orrori, deserti e giardini, caverne
e sale; e in esse, fantasime sedute a consiglio. Finalmente,
gli erano state fatte vedere gran casse di danaro, e detto
che ne prendesse quanto gli fosse piaciuto, con questo per,
che accettasse un vasetto d' unguento, e andasse con esso
ungendo per la citt. Ma non avendo voluto acconsentire,
s' era trovato, in un batter d' occhio, nel medesimo luogo
dov'era stato preso. Questa storia, creduta qui general
mente dal popolo, e, al dir del Ripamonti, non abbastanza
derisa da qualche uomo di peso (*), gir per tutta Italia e
fuori. In Germania se ne fece una stampa : l' elettore ar
civescovo di Magonza scrisse al cardinal Federigo, per
domandargli cosa si dovesse credere de' fatti maravi-
gliosi che si raccontavn di Milano ; e n' ebbe in risposta
ch'eran sogni.
D' ugual valore, se non in tutto d' ugual natura, erano i
sogni de' dotti ; come disastrosi del pari n' eran gli effetti.
Vedevano, la pi parte di loro, l' annunzio e la ragione in
sieme de' guai in una cometa apparsa l' anno 1628, e in una
congiunzione di Saturno con Giove, inclinando, scrive il
Tadino, la congiontione sodetta sopra questo anno 1630,
tanto chiara, che ciascun la poteua intendere. Mortales pa
rat morbos, miranda videntur. Questa predizione, ca
vata, dicevano, da un libro intitolato Specchio degli alma
nacchi perfetti, stampato in Torino, nel 1623, correva per
le bocche di tutti. Un' altra cometa, apparsa nel giugno
dell'anno stesso della peste, si prese per un nuovo avviso;
anzi per una prova manifesta dell' unzioni. Pescavan ne' li
tri, e pur troppo ne trovavano in quantit, esempi di peste,
come dicevano, manufatta : citavano Livio, Tacito, Dione,
che dico? Omero e Ovidio, i molti altri antichi che hanno rac
contati o accennati fatti somiglianti : di moderni ne avevano
ancor pi in abbondanza. Citavano cent' altri autori che
hanno trattato dottrinalmente, o parlato incidentemente

(') Apud prndentium plerosque, non siculi debuerat irrisa. De pe


ste, eie. pag. 77.
524 I PROMESSI SPOSI
di veleni, di malie, d'unti, di polveri: il Cesalpino, il
Cardano , il Grevino , il Salio, il Pareo, lo Schenchio, lo
Zachia e, per finirla, quel funesto Delrio, il quale, se la ri
nomanza degli autori fosse in ragione del bene e del male
, prodotto dalle loro opere, dovreW essere uno de' pi fa
mosi ; quel Delrio, le cui veglie costaron la vita a pi uomini
che l'imprese di qualche conquistatore; quel Delrio, le cui
Disquisizioni Magiche, (il ristretto di tutto ci che gli uo
mini avevano, fino a' suoi tempi, sognato in quella materia)
divenute il testo pi autorevole, pi irrefragabile, furono,
per pi d' un secolo, norma e impulso potente di legali,
orribili, non interrotte carnificine.
Da' trovati del volgo, la gente istruita prendeva ci che
si poteva accomodar con le sue idee ; da' trovati della gente
istruita, il volgo prendeva ci che ne poteva intendere, e
come lo poteva; e di tutto si formava una massa enorme
e confusa di pubblica follia.
Ma ci che reca maggior maraviglia, il vedere i me
dici, dico i medici che fin da principio avevan creduta la
peste, dico in ispecie il Tadino, il quale l' aveva pronosti
cata, vista entrare, tenuta d' occhio, per dir cosi, nel suo
progresso, il quale aveva detto e predicato che l' era peste,
e s'attaccava col contatto, che non mettendovi riparo, ne
sarebbe infettato tutto il paese, vederlo poi, da questi ef
fetti medesimi cavare argomento certo dell' unzioni ve
nefiche e malefiche ; lui che in quel Carlo Colonna, il secondo
che mor di peste in Milano, aveva notato il delirio come un
accidente della malattia, vederlo poi addurre in prova
dell' unzioni e della congiura diabolica, un fatto di questa
sorte: che due testimoni deponevano d'aver sentito rac
contare da un loro amico infermo, come, una notte, gli eran
venute persone in camera, a esibirgli la guarigione e da
nari, se avesse voluto unger le case del contorno ; e come,
al suo rifiuto, quelli se n' erano andati, e in loro vece, era
rimasto un lupo sotto il letto, e tre gattoni sopra, che
sino al far del giorno vi dimororno (*).

n Pag. 123, m.
CAPITOLO XXXII. 525
Se fosse stato uno solo che connettesse cos, si dovrebbe
dire che aveva una testa curiosa ; o piuttosto non ci sa
rebbe ragion di parlarne; ma siccome eran molti, anzi
quasi tutti, cosi storia dello spirito umano, e d occasion
d'osservare quanto una serie ordinata e ragionevole d' idee
possa essere scompigliata da un' altra serie d' idee, che ci
,si getti a traverso. Del resto, quel Tadino era qui uno de
gli uomini pi riputati del suo tempo.
Due illustri e benemeriti scrittori hanno affermato che il
cardinal Federigo dubitasse del fatto dell' unzioni (1). Noi
vorremmo poter dare a queil' inclita e amabile memoria
una lode ancor pi intera, e rappresentare il buon prelato,
in questo, come in tant' altre cose, superiore alla pi parte
de' suoi contemporanei, ma siamo in vece costretti di notar
di nuovo in lui un esempio della forza d' un' opinione co
mune anche sulle menti pi nobili. S' visto, almeno da
quel che ne dice il Ripamonti, come da principio, vera
mente stesse indubbio: ritenne poi sempre che in quel-
l' opinione avesse gran parte la credulit, l' ignoranza^ la
paura, il desiderio di scusarsi d' aver cos tardi riconosciuto
il contagio, e pensato a mettervi riparo; che molto ci fosse
d' esagerato, ma insieme, che qualche cosa ci fosse di vero.
Nella biblioteca ambrosiana si conserva un'operetta scritta
di sua mano intorno a quella peste; e questo sentimento
c' accennato spesso, anzi una volta enunciato espressa
mente. Era opinion comune, dice a un di presso, che
di questi unguenti se ne componesse in vari luoghi, e che
molte fossero l' arti di metterlo in opera : delle quali al
cune ci paion vere, altre inventate. Ecco le sue parole :
Unguenta vero hcec aebant componi conficique rnulti-
fariam, fraudisque vias fuisse complures ; quarum sane
fraudum, et artium, aliis quidem assentimur , alias
vero fictas fuisse commentitiasque arbitramur (2).
Ci furon per di quelli che pensarono fino alla fine, e fin

(1) Muratori ; Del governo della peste; Modena, 17I4, pag. 117.
P. Verri; opuscolo citato, pag. 26I.
(2) ne Pestilentia, qua? Mediolani anno 1630 magnani slragem edidit.
526 I PROMESSI SPOSI
che visserov che tutto fosse immaginazione : e lo sappiamo,
non da loro, cb nessuno fu abbastanza ardito per esporre
al pubblico un sentimento cos opposto a quello del pub
blico ; lo sappiamo dagli scrittori che lo deridono o lo ri
prendono o lo ribattono, come un pregiudizio d' alcuni, un
errore che non s' attentava di venire a disputa palese, ma
che pur viveva ; lo sappiamo anche da chi ne aveva noti
zia per tradizione. Ho trovato gente savia in Milano,
dice il buon Muratori, nel luogo sopraccitato, che aveva
buone relazioni dai loro maggiori, e non era molto per-
suasa che osse vero il fatto di quegli unti velenosi. S
vede ch' era uno sfogo segreto della verit, una confidenza
domestica : il buon senso e' era ; ma se ne stava nascosto,
per paura del senso comune.
I magistrati, scemati ogni giorno, e sempre pi smarriti
e confusi, tutta, per dir cos, quella poca risoluzione di cui
eran capaci, l' impiegarono a cercar di questi untori. Tra le-
carte del tempo della peste,- che si conservano nell' archi
vio nominato di sopra, e una lettera (senza alcun altro
documento relativo) in cui il gran cancelliere informa, sul
serio e con gran premura, il governatore d' aver ricevuto
un avviso che, in una casa di campagna de' fratelli Giro
lamo e Giulio Monti, gentiluomini milanesi, si componeva
veleno in tanta quantit, che quaranta uomini erano occu
pati en este exercicio, con F assistenza di quattro cavalieri
bresciani, i quali facevano venir materiali dal veneziano,
para la fabrica del veneno. Soggiunge che lui aveva preso,
in gran segreto, i concerti necessari per mandar l il po
dest di Milano e l' auditore della Sanit, con trenta sol
dati di cavalleria; che pur troppo uno de' fratelli era stato
avvertito a tempo per poter trafugare gl' indizi del delitto,
e probabilmente dall' auditor medesimo, suo amico ;H e che
questo trovava delle scuse per non partire ; ma che non
ostante, il podest co' soldati era andato a reconocer la
casa, y a ver si hallard algunos vestigios, e prendere in
formazioni, e arrestar tutti quelli che fossero incolpati.
La cosa dov finire in nulla, giacch gli scritti del tempo
che parlano de' sospetti che c'eran su que' gentiluomini ,,
CAPITOLO XXXII. 527
non citano alcun fatto. Ma pur troppo, in un' altra occa
sione, si cred d' aver trovato.
I processi che ne vennero in conseguenza, non eran cer
tamente i primi d' un tal genere : e non si pu neppur con
siderarli come una rarit nella storia della giurisprudenza.
Ch, per tacere dell'antichit, e accennar solo qualcosa
de' tempi pi vicini a quello di cui trattiamo, in Palermo,
del 152(3; in Ginevra, del 1530, poi del 1545, poi ancora
del 1574; in Casal Monferrato, del 1536; in Padova, del
1555; in Torino, del. 1599, e di nuovo, in quel medesi-
m' anno 1630, furon processati e condannati a supplizi, per
lo pi atrocissimi, dove qualcheduno, dove molti infelici,
come rei d'aver propagata la peste, con polveri, o con
unguenti, o con malie, o con tutto ci insieme. Ma l' affare
delle cos dette unzioni di Milano, come fu il pi celebre,
cos fors' anche il pi osservabile; o, almeno, c' pi
campo di farci sopra osservazione, per esserne rimasti
documenti pi circostanziati e pi autentici. E quantun
que uno scrittore lodato poco sopra se ne sia occupato,
pure, essendosi lui proposto, non tanto di farne propria
mente la storia, quanto di cavarne sussidio di ragioni, per
un assunto di maggiore, o certo di pi immediata impor
tanza, c' parso che la storia potesse esser materia d' un
nuovo lavoro. Ma non cosa da uscirne con poche parole ;
e non qui il luogo di trattarla con l' estensione che me
rita. E oltre di ci, dopo essersi fermato su que' casi, il
lettore non si curerebbe pi certamente di conoscere ci
che rimane del nostro racconto. Serbando per a un al
tro scritto la storia e l' esame di quelli, torneremo final
mente a' nostri personaggi , per non lasciarli pi , fino
alla fine.

CAPITOLO XXXIII.

Una notte, verso la fine d'agosto, proprio nel colmo


della peste, tornava don Rodrigo a casa sua, in Milano,
accompagnato dal fedel Griso, l' uno de' tre o quattro che,
528 I PROMESSI SPOSI
di tutta la famiglia, gli eran rimasti vivi. Tornava da un
ridotto d' amici soliti a straviziare insieme, per passar la
malinconia di quel tempo : e ogni volta ce n' eran de' nuovi,
e ne mancava de' vecchi. Quel giorno , don Rodrigo era
stato uno de' pi allegri; e tra l'altre cose, aveva fatto
rider tanto la compagnia, con una specie d' elogio funebre
del conte Attilio, portato via dalla peste, due giorni prima.
Camminando per, sentiva un mal essere, un abbatti
mento, una fiacchezza di gambe, una gravezza di respiro,
un'arsione interna, che avrebbe voluto attribuir solamente
al vino, alla veglia, alla stagione. Non apr bocca, per
tutta la strada; e la prima parola, arrivati a casa, fu
d' ordinare al Griso che gli facesse lume per andare in
camera. Quando ci furono, il Griso osserv il viso del pa
drone, stravolto, acceso, con gli occhi in fuori, e lustri
lustri; e gli stava alla lontana: perch, in quelle circo
stanze, ogni mascalzone aveva dovuto acquistar, come si
dice, l'occhio medico.
Sto bene, ve', disse don Rodrigo, che lesse nel fare
del Griso il pensiero che gli passava per la mente. Sto
benone ; ma ho bevuto, ho bevuto forse un po' troppo. C'era
una vernaccia ! . . . Ma, con una buona dormita , tutto se
ne va. Ho un gran sonno . . . Levami un po' quel lume di
nanzi, che m'accieca... mi d una noia...!
Scherzi della vernaccia, disse il Griso, tenendosi
sempre alla larga. Ma vada a letto subito, ch il dor
mire le far bene.
Hai ragione : se posso dormire . . . Del resto, sto bene.
Metti qui vicino, a buon conto, quel campanello, se per
caso, stanotte avessi bisogno di qualche cosa: e sta attento,
ve', se mai senti sonare. Ma non avr bisogno di nulla...
Porta via presto quel maledetto lume, riprese poi, intanto
che il Griso eseguiva l' ordine, avvicinandosi meno che po
teva. Diavolo! che m'abbia a dar tanto fastidio!
Il Griso prese il lume , e , augurata la buona notte al
padrone, se n'and in fretta, mentre quello si cacciava
-sotto.
Ma le coperte gli parvero una montagna. Le butt via, e
CAPITOLO XXXIII. 529
si rannicchi, per dormire ; ch infatti moriva dal sonno.
Ma, appena velato l' occhio, si svegliava con un riscossone,
come se uno, per dispetto,, fosse venuto a dargli una ten
tennata: e sentiva cresciuto il caldo, cresciuta la smania.
Ricorreva col pensiero all'agosto, alla vernaccia, al di
sordine; avrebbe voluto poter dar loro tutta la colpa; ma
a queste idee si sostituiva sempre da s quella che allora
era associata con tutte, ch' entrava, per dir cos, da tutti
i sensi, che s' era ficcata in tutti i discorsi dello stravizio,
giacch era ancor pi facile prenderla in ischerzo, che
passarla sotto silenzio: la peste.
Dopo un lungo rivoltarsi, finalmente s'addorment, e
cominci a fare i pi brutti e arruffati sogni del mondo.
E d'uno in un altro, gli parve di trovarsi in una gran
chiesa, in su, in su, in mezzo a una folla; di trovarcisi,
ch non sapeva come ci fosse andato, come gliene fosse
venuto il pensiero, in quel tempo specialmente ; e n' era
arrabbiato. Guardava i circostanti ; eran tutti visi gialli,
distrutti, con cert' occhi incantati, abbacinati, con le lab
bra spenzolate ; tutta gente con certi vestiti che cascavano
a pezzi ; e da' rotti si vedevano macchie e bubboni. Largo
canaglia! gli pareva di gridare, guardando alla porta,
ch' era lontana lontana, e accompagnando il grido con un
viso minaccioso, senza per moversi, anzi ristringendosi,
per non toccar que' sozzi corpi, che gi lo toccavano anche
troppo da ogni parte. Ma nessuno di quegl' insensati dava
segno di volersi scostare, e nemmeno d' avere inteso ; anzi
gli stavan pi addosso: e sopra tutto gli pareva che qual-
cheduno di loro, con le gomita o con altro, lo pigiasse a
sinistra, tra il cuore e l' ascella, dove sentiva una puntura
dolorosa, e come pesante. E se si storceva, per veder di
liberarsene, subito un nuovo non so che veniva a pun-
targlisi al luogo medesimo. Infuriato, volle metter mano
alla spada ; e appunto gli parve che, per la calca, gli fosse
andata in su, e fosse il pomo di quella che lo premesse in
quel luogo; ma, mettendoci la mano, non ci trov la spada,
e sent invece una trafitta pi forte. Strepitava, era tut-
t' affannato, e voleva gridar pi forte ; quando gli parve
/ Promessi Sposi. 34
530 * I PROMESSI SPOSI
che tutti que' visi si rivolgessero a una parte. Guard-
anche lui ; vide un pulpito, e dal parapetto di quello spun
tar su un non so che di convesso, liscio e luccicante ; poi
alzarsi e comparir distinta una testa pelata, poi due occhi,
un viso, una barba lunga e bianca, un frate ritto, fuor del
parapetto lino alla cintola, fra Cristoforo. Il quale, fulmi
nato uno sguardo in giro su tutto l' uditorio, parve a don
Rodrigo che lo fermasse in viso a lui, alzando insieme la
mano, nell' attitudine appunto che aveva presa in quella
sala a terreno del suo palazzotto. Allora alz anche lui
la mano in furia, fece uno sforzo, come per islanciarsi ad
acchiappar quel braccio teso per aria; una voce che gli
andava brontolando sordamente nella gola, scoppi in un
grand' urlo ; e si dest. Lasci cadere il braccio che aveva
alzato davvero; stent alquanto a ritrovarsi, ad aprir ben
gli occhi ; ch la luce del giorno gi inoltrato gli dava noia,
quanto quella della candela, la sera avanti ; riconobbe il
suo letto, la sua camera; si raccapezz che tutto era
stato un sogno: la chiesa, il popolo, il frate, tutto era
sparito; tutto fuorch una cosa, quel dolore dalla parte
sinistra. Insieme si sentiva al cuore una palpitazion vio
lenta, affannosa, negli orecchi un ronzio, un fischio conti
nuo, un fuoco di dentro, una gravezza in tutte le membra,
peggio di quando era andato a letto. Esit qualche mo
mento, prima di guardar la parte dove aveva il dolore ;
finalmente la scopr, ci diede un' occhiata paurosa ; e vide
un sozzo bubbone d' un livido paonazzo.
L' uomo si vide perduto : il terror della morte l' invase,
e, con un senso per avventura pi forte, il terrore di di
ventar preda de' monatti, d'esser portato, buttato al lazze
retto. E cercando la maniera d'evitare quest'orribile sorte,
sentiva i suoi pensieri confondersi e oscurarsi, sentiva
avvicinarsi il momento che non avrebbe pi testa, se non
quanto bastasse per darsi alla disperazione. Afferr il cam
panello, e lo scosse con violenza. Comparve subito il Griso
il quale stava all' erta. Si ferm a una certa distanza dal
letto ; guard attentamente il padrone, e s'accert di quello
che, la sera, aveva congetturato.
CAPITOLO XXXIII. 531
Griso ! disse don Rodrigo, rizzandosi stentatamente
a sedere: tu sei sempre stato il mio fido.
S, signore.
T'ho sempre fatto del bene.
Per sua bont.
Di te mi posso fidare ... !
Diavolo!
Sto male, Griso.
Me n' ero accorto.
Se guarisco, ti far del bene ancor pi di quello che
te n' ho fatto per il passato.
Il Griso non rispose nulla, e stette aspettando dove
andassero a parare questi preamboli.
Non voglio fidarmi d' altri che di te , riprese don
Rodrigo: fammi un piacere, Griso.
Comandi, disse questo, rispondendo con la formola
solita a quell'insolita.
Sai dove sta di casa il Chiodo chirurgo?
Lo so benissimo.
un galantuomo, che, chi lo paga bene, tien segreti gli
ammalati. Va a chiamarlo : digli che gli dar quattro, sei
scudi per visita, di pi, se di pi ne chiede ; ma che venga
qui subito; e fa la cosa bene, che nessun se n'avveda.
Ben pensato, disse il Griso : vo e torno subito.
Senti, Griso : dammi prima un po' d' acqua. Mi sento
un'arsione, che non ne posso pi.
No, signore, riprese il Griso : niente senza il pa
rere del medico. Son mali bisbetici : non c' tempo da
perdere. Stia quieto: in tre salti son qui col Chiodo.
Cos detto, usc, raccostando l'uscio.
Don Rodrigo, tornato sotto, l' accompagnava con l' im
maginazione alla casa del Chiodo, contava i passi, calcolava
il tempo. Ogni tanto ritornava a guardare il suo bubbone ;
ma voltava subito la testa dall' altra parte, con ribrezzo.
Dopo qualche tempo, cominci a stare in orecchi, per sen
tire se il chirurgo arrivava : e quello sforzo d' attenzione
sospendeva il sentimento del male, e teneva in sesto i suoi
pensieri. Tutt' a un tratto, sente uno squillo lontano, ma
532 I PROMESSI SPOSI
che gli par che venga dalle stanze, non dalla strada. Sta
attento; lo sente pi forte, pi ripetuto, e insieme uno
stropiccio di piedi: un orrendo sospetto gli passa per la
mente. Si rizza a sedere , e si mette ancor pi attento ;
sente un rumor cupo nella stanza vicina, come d' un peso
che venga messo gi con riguardo ; butta le gambe fuor del
letto, come per alzarsi, guarda all' uscio, lo vede aprirsi,
vede presentarsi e venire avanti due logori e sudici vestiti
rossi, due facce scomunicate, due monatti, in una parola :
vede mezza la faccia del Griso che, nascosto dietro un
battente socchiuso, riman l a spiare.
Ah traditore infame ! . . . Via, -canaglia t Biondino ! Car
lotta ! aiuto ! son assassinato ! grida don Rodrigo ; caccia
una mano sotto il capezzale, per cercare una pistola; l' af
ferra, la tira fuori ; ma al primo suo grido, i monatti ave-
van preso la rincorsa verso il letto; il pi pronto gli
addosso , prima che lui possa far nulla ; gli strappa la
pistola di mano, la getta lontano, lo butta a giacere, e lo
tien l, gridando, con un versacelo di rabbia insieme e di
scherno : ah birbone ! contro i monatti ! contro i mini
stri del tribunale ! contro quelli che fanno l' opere di mi
sericordia!
Tienlo bene, fin che lo portiam via, disse il com
pagno, andando verso uno scrigno. E in quella il Griso
entr, e si mise con colui a scassinar la serratura.
Scellerato! url don Rodrigo, guardandolo per di
sotto all' altro che lo teneva, e divincolandosi tra quelle
braccia forzute. Lasciatemi ammazzar queil' infame, di
ceva quindi ai monatti, e poi fate di me quel che volete.
Poi ritornava a chiamar, con quanta voce aveva, gli altri
suoi servitori ; ma era inutile, perch l' abbominevole Griso
gli aveva mandati lontano, con finti ordini del padrone
stesso , prima d' andare a fare ai monatti la proposta di
venire a quella spedizione, e divider le spoglie.
Sta buono, sta buono, diceva allo sventurato Rodrigo
l' aguzzino che lo teneva appuntellato sul letto. E voltando
poi il viso ai due che facevan bottino, gridava : fate le
cose da galantuomini!
CAPITOLO XXXIII. ,533
Tu ! tu ! mugghiava don Rodrigo verso il Griso, che
vedeva affaccendarsi a spezzare, a cavar fuori danaro,
roba, a far le parti. Tu ! dopo ... ! Ah diavolo dell' in
ferno t Posso ancora guarire ! posso guarire ! Il Griso non
fiatava, e neppure, per quanto poteva, si voltava dalla
parte di dove venivan quelle parole.
Tienlo forte, diceva l' altro monatto: fuor di s.
Ed era ormai vero. Dopo un grand' urlo, dopo un ultimo
e pi violento sforzo per mettersi in libert, cadde tutt' a
un tratto rifinito e stupido: guardava per ancora, come
incantato, e ogni tanto si riscoteva, o si lamentava.
I monatti lo presero, uno per i piedi, e l'altro per le
spalle, e andarono a posarlo sur una barella che avevan
lasciata nella stanza accanto; poi uno torn a prender la
preda; quindi, alzato il miserabil peso, lo portaron via.
II Griso rimase a scegliere in fretta quel di pi che po
tesse far per lui; fece di tutto un fagotto, e se n'and.
Aveva bens avuto cura di non toccar mai i monatti, di
non lasciarsi toccar da loro; ma, in queil' ultima furia del
frugare, aveva poi presi, vicino al letto, i panni del pa
drone, e gli aveva scossi, senza pensare ad altro, per veder
se ci fosse danaro. C'ebbe per a pensare il giorno dopo,
che, mentre stava gozzovigliando in una bettola, gli ven
nero a un tratto de' brividi, gli s' abbagliaron gli occhi, gli
mancaron le forze, e casc. Abbandonato da' compagni,
and in mano de' monatti, che, spogliatolo di quanto aveva
indosso di buono, lo buttarono sur un carro; sul quale
spir, prima d' arrivare al lazzeretto, dov' era stato por
tato il suo padrone.
Lasciando ora questo nel soggiorno de' guai, dobbiamo
andare in cerca d' un altro, la cui storia non sarebbe mai
stata intralciata con la sua, se lui non l' avesse voluto per
forza ; anzi si pu dir di certo che non avrebbero avuto
storia n l' uno n l' altro : Renzo, voglio dire, che abbiam
lasciato al nuovo filatoio, sotto il nome d'Antonio Rivolta.
C'era stato cinque o sei mesi, salvo il vero; dopo i quali,
dichiarata l' inimicizia tra la repubblica e il re di Spagna,
e cessato quindi ogni timore di ricerche e d' impegni dalla
534 I PROMKSSI SPOSI
parte di qui, Bortolo s' era dato premura d' andarlo a pren
dere, e di tenerlo ancora con s, e perch gli voleva bene,
e perch Renzo, come giovine di talento, e abile nel me
stiere, era, in una fabbrica, di grande aiuto al factotum,
senza poter mai aspirare a divenirlo lui, per quella bene
detta disgrazia di non saper tener la penna in mano. Sic
come anche questa ragione c' era entrata per qualche cosa,
cos abbiam dovuto accennarla. Forse voi vorreste un
Bortolo pi ideale : non so che dire : fabbricatevelo. Quello
era cos.
Renzo era poi sempre rimasto a lavorare presso di lui.
Pi d' una volta, e specialmente dopo aver ricevuta qual-
cheduna di quelle benedette lettere da parte d'Agnese, gli
era saltato il grillo di farsi soldato, e finirla : e l' occasioni
non mancavano ; ch, appunto in queir intervallo di tempo,
la repubblica aveva avuto bisogno di far gente. La tenta
zione era qualche volta stata per Renzo tanto pi forte, che
s' era anche parlato d' invadere il milanese ; e natural
mente a lui pareva che sarebbe stata una bella cosa, tor
nare in figura di vincitore a casa sua, riveder Lucia, e
spiegarsi una volta con lei. Ma Bortolo, con buona maniera,
aveva sempre saputo smontarlo da quella risoluzione.
Se ci hanno da andare, gli diceva, ci anderanno
anche senza di te, e tu potrai andarci dopo, con tuo como
do ; se tornano col capo rotto, non sar meglio essere stato
a casa tua? Disperati che vadano a far la strada, non ne
mancher. E, prima che ci possan mettere i piedi . . . ! Per
me, sono eretico : costoro abbaiano ; ma s ; lo stato di Mi
lano non un boccone da ingoiarsi cos facilmente. Si tratta
della Spagna, figliuolo mio: sai che affare la Spagna?
San Marco forte a casa sua; ma ci vuol altro. Abbi pa
zienza : non istai bene qui ? Vedo cosa vuoi dire ; ma,
se destinato lass che la cosa riesca, sta sicuro che, a non
far pazzie, riuscir anche meglio. Qualche santo t' aiuter.
Credi pure che non mestiere per te. Ti par che convenga
lasciare d' incannar seta, per andare a ammazzare ? Cosa
vuoi fare con quella razza di gente? Ci vuol degli uomini
atti apposta.
CAPITOLO XXXIII. 535
Altre -volte Renzo si risolveva d' andar di nascosto, tra
vestito, e con un nome finto. Ma anche da questo, Bortolo
seppe svolgerlo ogni volta, con ragioni troppo facili a in
dovinarsi.
Scoppiata poi la peste nel milanese, e appunto, come ab-
biam detto, sul confine del bergamasco, non tard molto a
passarlo ; e . . -. . non vi sgomentate, ch' io non vi voglio rac
contar la storia anche di questa : chi la volesse, la c' ,
scritta per ordine pubblico da un certo Lorenzo Ghirar-
delli : libro raro per e sconosciuto, quantunque contenga
forse pi roba che tutte insieme le descrizioni pi celebri
di pestilenze : da tante cose dipende la celebrit de' libri !
Quel ch' io volevo dire che Renzo prese anche lui la peste,
si cur da s, cio non fece nulla ; ne fu in fin di morte, ma
la sua buona complessione vinse la forza del male : in po
chi giorni, si trov fuor di pericolo. Col tornar della vita,
risorsero pi che mai rigogliose nell' animo suo le memorie,
i desidri, le speranze, i disegni della vita; vai a dire che
pens pi che mai a Lucia. Cosa ne sarebbe di lei, in quel
tempo, che il vivere era come un' eccezione? E, a cos poca
distanza, non poterne saper nulla ! E rimaner, Dio sa
quanto, in una tale incertezza ! E quand' anche questa si
fosse poi dissipata, quando, cessato ogni pericolo, venisse
a risaper che Lucia fosse in vita; c' era sempre queir altro
mistero, quell'imbroglio del voto. Ander io, ander a
sincerarmi di tutto in una volta, disse tra s, e lo disse
prima d' essere ancora in caso di reggersi. Purch sia
viva ! Trovarla, la trover io ; sentir una volta da lei
proprio, cosa sia questa promessa, le far conoscere che
non pu stare, e la conduco via con me, lei e quella povera
Agnese, se vivai che m' ha sempre voluto bene, e son si
curo che me ne vuole ancora. La cattura? ehi adesso
hanno altro da pensare, quelli che son vivi. Giran sicuri,
anche qui, certa gente, che n' hann' addosso Ci ha a esser
salvocondotto solamente per i birboni ? E a Milano, dicono
tutti che l' una confusione peggio. Se lascio scappare una
occasion cos bella, (La peste ! Vedete un poco come ci
fa qualche volta adoprar le parole quel benedetto istinto
53G I PROMESSI SPOSI
di riferire e di subordinar tutto a noi medesimi !) non
ne ritorna pi una simile!
Giova sperare, caro il mio Renzo.
Appena pot strascicarsi, and in cerca di Bortolo, il
quale, fino allora, aveva potuto scansar la peste, e stava
riguardato. Non gli entr in casa, ma, datogli una voce
dalla strada, lo fece affacciare alla finestra.
Ah ah ! disse Bortolo : Y hai scampata, tu. Buon
per te!
Sto ancora un po' male in gambe, come vedi, ma, in
quanto al pericolo, ne son fuori.
Eh ! vorrei esser io ne' tuoi piedi. A dire : sto bene, le
altre volte, pareva di dir tutto ; ma ora conta poco. Chi pu
arrivare a dire : sto meglio ; quella s una bell'a parola !
Renzo, fatto al cugino qualche buon augurio, gli co
munic la sua risoluzione.
Va, questa volta, che il cielo ti benedica, rispose
quello : cerca di schivar la giustizia, com' io cercher di
schivare il contagio e, se Dio vuole che la ci vada bene
a tutt' e due, ci rivedremo.
Oh ! torno sicuro : e se potessi non tornar solo ! Basta :
spero.
Torna pure accompagnato ; che, se Dio vuole, ci sar
da lavorar per tutti, e ci faremo buona compagnia. Purch
tu mi ritrovi, e che sia finito questo diavolo d' influsso !
Ci rivedremo, ci rivedremo ; ci dobbiam rivedere !
Torno a dire: Dio voglia!
Per alquanti giorni, Renzo si tenne in esercizio, per
esperimentar le sue forze, e accrescerle ; e appena gli parve
di poter far la strada, si dispose a partire. Si mise sotto
panni una cintura, con dentro que' cinquanta scudi, che non
aveva mai intaccati, e de' quali non aveva mai fatto pa
rola, neppur con Bortolo ; prese alcuni altri pochi quattrini,
che aveva messi da parte giorno per giorno, risparmiando
su tutto; prese sotto il braccio un fagottino di panni; si
mise in tasca un benservito, che s' era fatto fare a buon
conto, dal secondo padrone, sotto il nome d' Antonio Ri
volta; in un taschino de' calzoni si mise un coltellaccio.
CAPITOLO XXXIII. 537
ch' era il meno che un galantuomo potesse portare a
que' tempi ; e s' avvi, ali ultimi d' agosto, tre giorni dopo
che don Rodrigo era stato portato al lazzeretto. Prese
verso Lecco, volendo, per non andar cos alla cieca a Mi
lano, passar dal suo paese, dove sperava di trovare Agnese
viva, e di cominciare a saper da lei qualcheduna delle
tante cose che si struggeva di sapere.
I pochi guariti dalla peste erano, in mezzo al resto della
popolazione, veramente come una classe privilegiata. Una
gran parte dell'altra gente languiva o moriva; e quelli
ch' erano stati fin allora illesi dal morbo, ne vivevano in
continuo timore ; andavan riservati, guardinghi, con passi
misurati, con visi sospettosi, con fretta ed esitazione insie
me: ch tutto poteva esser contro di loro arme di ferita
mortale. Quegli altri all' opposto, sicuri a un di presso del
fatto loro (giacch aver due volte la peste era caso piutto
sto prodigioso che raro), giravano per mezzo al contagio
franchi e risoluti ; come i cavalieri d' un' epoca del medio
evo, ferrati ln dove ferro ci poteva stare, e sopra palafreni
accomodati anch' essi, per quanto era fattibile, in quella
maniera, andavano a zonzo (donde quella loro gloriosa de
nominazione d' erranti), a zonzo e alla ventura, in mezzo a
una povera marmaglia pedestre di cittadini e di villani,
che, per ribattere e ammortire i colpi, non avevano in
dosso altro che cenci. Bello, savio ed utile mestiere ! me
stiere , proprio, da far la prima figura in un trattato d' eco
nomia politica.
Con una tale sicurezza, temperata per dall' inquietudini
che il lettore sa, e contristata dallo spettacolo frequente,
dal pensiero incessante della calamit comune, andava
Renzo verso casa sua, sotto un bel cielo e per un bel paese,
ma non incontrando, dopo lunghi tratti di tristissima soli
tudine, se non qualche ombra vagante piuttosto che per
sona viva, o cadaveri portati alla fossa, senza onor d' ese
quie, senza canto, senza accompagnamento. A mezzo circa
della giornata, si ferm in un boschetto, a mangiare un po'
di pane e di companatico che aveva portato con s. Frutte,
n' aveva a sua disposizione, lungo la strada, anche pi del
538 I PROMESSI SPOSI
bisogno: fichi, pesche, susine, mele, quante n'avesse vo
lute ; bastava ch' entrasse ne' campi a coglierne, o a raccat
tarle sotto gli alberi, dove ce n' era come se fosse grandi
nato ; giacch l' anno era straordinariamente abbondante,
di frutte specialmente ; e non c' era quasi chi se ne pren
desse pensiero : anche l' uve nascondevano, per dir cos, i
pampani, ed eran lasciate in balia del primo occupante.
Verso sera, scopr il suo paese. quella vista, quantun
que ci dovesse esser preparato, si sent dare come una
stretta al cuore : fu assalito in un punto da una folla di ri
membranze dolorose, e di dolorosi presentimenti : gli pa
reva d' aver negli orecchi que' sinistri tocchi a martello che
l' avevan come accompagnato, inseguito, quand' era fuggito
da que' luoghi ; e insieme sentiva, per dir cos, un silenzio
di morte che ci regnava attualmente. Un turbamento ancor
pi forte prov allo sboccare sulla piazzetta davanti alla
chiesa; e ancora peggio s' aspettava al termine del cam
mino : ch dove aveva disegnato d' andare a fermarsi, era
a quella casa ch' era stato solito altre volte di chiamar la
casa di Lucia. Ora non poteva essere, tutt'al pi, che quella
d' Agnese ; e la sola grazia, che sperava dal cielo, era di
trovarcela in vita e in salute. E in quella casa si proponeva
di chiedere alloggio, congetturando bene che la sua non
dovesse esser pi abitazione che da topi e da faine.
Non volendo farsi vedere, prese per una viottola di
fuori, quella stessa per cui era venuto in buona compagnia,
quella notte cos fatta, per sorprendere il curato. A mezzo
circa c' era da una parte la vigna, e dall' altra la casetta di
Renzo ; sicch, passando, potrebbe entrare un momento nel-
l' una e nell'altra, a vedere un poco come stesse il fatto suo.
Andando, guardava innanzi, ansioso insieme e timoroso
di veder qualcheduno ; e, dopo pochi passi, vide infatti un
uomo in camicia, seduto in terra, con le spalle appoggiate
a una siepe di gelsomini, in un' attitudine d' insensato : e,
a questa, e poi anche alla fisonomia, gli parve di raffigurar
quel povero mezzo scemo di Gervaso ch' era venuto per se
condo testimonio alla sciagurata spedizione. Ma essendo-
segli avvicinato, dovette accertarsi ch'era invece quel
CAPITOLO XXXIII. 539
Tonio cos sveglio che ce l' aveva condotto. La peste, to
gliendogli il vigore del corpo insieme e della mente, gli
aveva svolto in faccia e in ogni suo atto un piccolo e
velato germe di somiglianza che aveva con l'incantato
fratello.
Oh Tonio! gli disse Renzo, fermandosegli davanti :
sei tu?
Tonio alz gli occhi, senza mover la testa.
Tonio ! non mi riconosci ?
A chi la tocca, la tocca, rispose Tonio, rimanendo
poi con la bocca aperta.
L'hai addosso eh? povero Tonio; ma non ini rico
nosci pi?
A chi la tocca, la tocca, replic quello, con un certo
sorriso sciocco. Renzo, vedendo che non ne caverebbe altro,
seguit la sua strada, pi contristato. Ed ecco spuntar da
una cantonata, e venire avanti una cosa nera, che rico
nobbe subito per don Abbondio. Camminava adagio adagio,
portando il bastone come chi n' portato a vicenda; e di
mano in mano che s' avvicinava, sempre pi si poteva co
noscere nel suo volto pallido e smunto, e in ogni atto,
che anche lui doveva aver passata la sua burrasca. Guar
dava anche lui; gli pareva e non gli pareva: vedeva qual
cosa di forestiero nel vestiario ; ma era appunto forestiero
di quel di Bergamo.
lui senz' altro ! disse tra s, e alz le mani al
cielo, con un movimento di maraviglia scontenta, restan
dogli sospeso in aria il bastone che teneva nella destra ;
e si vedevano quelle povere braccia ballar nelle maniche,
dove altre volte stavano appena per l' appunto. Renzo gli
and incontro, allungando il passo, e gli fece una rive
renza; ch, sebbene si fossero lasciati come sapete, era
jper sempre il suo curato.
Siete qui, voi? esclam don Abbondio.
Son qui, come lei vede. Si sa niente di Lucia?
Che volete ohe se ne sappia ? Non se ne sa niente.
a Milano, se pure ancora in questo mondo. Ma voi
E Agnese, viva?
5-tO I PROMESSI SPOSI
Pu essere ; ma chi volete che lo sappia ? non qui.
Ma...
Dov' ?
andata a starsene nella Valsassina, da que' suoi
parenti, a Pasturo, sapete bene; ch l dicono che la peste
non faccia il diavolo come qui. Ma voi, dico
Questa la mi dispiace. E il padre Cristoforo ?
andato via che un pezzo. Ma ...
Lo sapevo ; me l' hanno fatto scrivere : domandavo se
per caso fosse tornato da queste parti.
Oh giusto ! non se n' pi sentito parlare. Ma voi
La mi dispiace anche questa.
Ma voi, dico, cosa venite a far da queste parti, per
l' amor del cielo ! Non sapete che bagattella di cat
tura...?
Cosa m' importa? Hanno altro da pensare. Ho voluto
venire anch' io una volta a vedere i fatti miei. E non si
sa proprio ?
Cosa volete vedere ? che or ora non c' pi nessuno,
non c' pi niente. E dico, con quella bagattella di cattura,
venir qui, proprio in paese, in bocca al lupo, c' giudizio ?
Fate a modo d' un vecchio che obbligato ad averne pi
di voi, e che vi parla per l' amore che vi porta ; legatevi
le scarpe bene, e, prima che nessuno vi veda, tornate di
dove siete venuto; e se siete stato visto, tanto pi tor-
natevene di corsa. Vi pare che sia aria per voi, questa?
Non sapete che sono venuti a cercarvi , che hanno fru
gato, frugato, buttato sottosopra ...
Lo so pur troppo, birboni!
Ma dunque ... !
Ma se le dico che non ci penso. E colui, vivo an
cora? qui?
Vi dico che non c' nessuno; vi dico che non pen
siate alle cose di qui; vi dico che
Domando se qui, colui.
Oh santo cielo ! Parlate meglio. Possibile che abbiate
ancora addosso tutto quel fuoco, dopo tante coset
C', o non c'?
CAPITOLO XXXIII. 541
Non c' , via. Ma, e la peste, figliuolo, la peste ! Chi
che vada in giro, in questi tempi?
Se non ci fosse altro che la peste in questo mondo
dico per me : l' ho avuta, e son franco.
Ma dunque ! ma dunque ! non sono avvisi questi ?
Quando se n' scampata una di questa sorte, mi pare
che si dovrebbe ringraziare il cielo, e
Lo ringrazio bene.
E non andarne a cercar dell' altre, dico. Fate a modo
mio
L'ha avuta anche lei, signor curato, se non m'in
ganno.
Se l' ho avuta ! Perfida e infame stata : son qui per
miracolo : basta dire che m' ha conciato in questa maniera
che vedete. Ora avevo proprio bisogno d' un po' di quiete,
per rimettermi in tono: via, cominciavo a stare un po'
meglio In nome del cielo, cosa venite a far qui ? Tor
nate
Sempre l'ha con questo tornare, lei. Per tornare,
tanto n'avevo a non movermi. Dice: cosa venite? cosa
venite? Oh bella ! vengo, anch'io, a casa mia.
Casa vostra
Mi dica ; ne son morti molti qui ...
Eh eh ! esclam don Abbondio ; e , cpminciando da
Perpetua, nomin una filastrocca di persone e di famiglie
intere. Renzo s' aspettava pur troppo qualcosa di simile ;
ma al sentir tanti nomi di persone che conosceva, d'amici,
di parenti, stava addolorato, col capo basso, esclamando
ogni momento: *t poverino ! poverina! poverini!
Vedete! continu don Abbondio: e non finita.
Se quelli che restano non metton giudizio questa volta, e
scacciar tutti i grilli dalla testa, non c' pi altro che
la fine del mondo.
Non dubiti ; che gi non fa conto di fermarmi qui.
Ah! sia ringraziato il cielo, che la v' entrata!
E, gi s'intende, fate ben conto di ritornar sul berga
masco.
Di questo non si prenda pensiero.
542 I PROMESSI SPOSI
Che ! non vorreste gi farmi qualche sproposito peggio
di questo?
Lei non ci pensi, dico; tocca a me: non son pi un
bambino : ho l' uso della ragione. Spero che, a buon conto,
non dir a nessuno d' avermi visto. sacerdote ; sono una
sua pecora: non mi vorr tradire.
Ho inteso, disse don Abbondio, sospirando stizzo
samente : ho inteso. Volete rovinarvi voi, e rovinarmi
me. Non vi basta di quelle che avete passate voi; non vi
basta di quelle che ho passate io. Ho inteso, ho inteso.
E, continuando a borbottar tra i denti quest' ultime pa
role, riprese per la sua strada.
Renzo rimase li tristo e scontento, a pensar dove ande-
rebbe a fermarsi. In quella enumerazion di morti fattagli
da don Abbondio, c' era una famiglia di contadini portata
via tutta dal contagio, salvo un giovinotto, dell' et di
Renzo a un di presso, e suo compagno fin da piocino ; la
casa era pochi passi fuori del paese. Pens d'andar l.
E andando, pass davanti alla sua vigna; e gi dal di
fuori pot subito argomentare in che stato la fosse. Una
vetticciola, una fronda d' albero di quelli che ci aveva la
nciati, non si vedeva passare il muro ; se qualcosa si ve
deva, era tutta roba venuta in sua assenza. S'affacci
all' apertura (del cancello non c' eran pi neppure i gan
gheri); diede un'occhiata in giro: povera vigna! Per due
inverni di seguito, la gente del paese era andata a far legna
nel luogo di quel poverino, come dicevano. Viti, gelsi,
frutti d' ogni sorte, tutto era stato strappato alla peggio, o
tagliato al piede. Si vedevano per ancora i vestigi dell'an
tica coltura : giovani tralci, in righe spezzate, ma che pure
segnavano la traccia de' filari desolati ; qua e l, rimessi
ticci o getti di gelsi, di fichi, di peschi, di ciliegi, di susini :
ma anche questo si vedeva sparso, soffogato, in mezzo a
una nuova, varia e fitta generazione, nata e cresciuta senza
l' aiuto della man dell' uomo. Era una marmaglia d'ortiche,
di felci, di logli, di gramigne, di farinelli, d' avene saba
tiche, d'amaranti verdi, di radicchielle, d'acetoselle, di pa-
nicastrelle e d'altrettali piante; di quelle, voglio dire, di
CAPITOLO XXXIII. 543
cui il contadino d' ogni paese ha fatto una gran classe a
modo suo, denominandole erbacce, o qualcosa di simile.
Era un guazzabuglio di steli, che facevano a soverchiarsi
l' uno con P altro nell' aria, o a passarsi avanti, strisciando
sul terreno, a rubarsi in somma il posto per ogni verso ;
una confusione di foglie, di fiori, di frutti, di cento colori,
di cento forme, di cento grandezze: spighette, pannoc-
chiette, ciocche, mazzetti, capolini bianchi, rossi, gialli,
azzurri. Tra questa marmaglia di piante ce n' era alcune
di pi rilevate e vistose, non per migliori, almeno la pi
parte : l' uva turca, pi alta di tutte, co' suoi rami allar
gati, rosseggiante co' suoi pomposi foglioni verdecupi, al
cuni gi orlati di porpora, co' suoi grappoli ripiegati, guar
niti di bacche paonazze al basso, pi su di porporine, poi di
verdi, e in cima di fiorellini biancastri ; il tasso barbasso,
con le sue gran foglie lanose a terra, e lo stelo diritto al
l' aria, e le lunghe spighe sparse e come stellate di vivi
fiori gialli: cardi, ispidi ne' rami, nelle foglie, ne' calici,
donde uscivano ciuffetti di fiori bianchi o porporini, ovvero
si staccavano, portati via dal vento, pennacchioli argentei
e leggieri. Qui una quantit di vilucchioni arrampicati e
avvoltati a' nuovi rampolli d' un gelso, gli avevan tutti
ricoperti delle lor foglie ciondoloni, e spenzolavano dalla
cima di quelli le lor campanelle candide e molli : l una
zucca salvatica, co' suoi chicchi vermigli , s' era avvitic
chiata ai nuovi tralci d' una vite ; la quale, cercato invano
un pi saldo sostegno, aveva attaccati a vicenda i suoi vi
ticci a quella ; e, mescolando i loro deboli steli e le loro
foglie poco diverse, si tiravan gi, pure a vicenda, come
accade spesso ai deboli che si prendon l'uno con l'altro
per appoggio. Il rovo era per tutto ; andava da una pianta
all' altra, saliva, scendeva, ripiegava i rami o gli stendeva,
secondo gli riuscisse ; e, attraversato davanti al limitare
stesso, pareva che fosse l per contrastare il passo, anche
al padrone.
Ma questo non si curava d' entrare in una tal vigna ; e
forse non istette tanto a guardarla, quanto noi a farne que
sto po' di schizzo. Tir di lungo : poco lontano e era la sua
544 I PROMESSI SPOSI
casa ; attravers l' orto, camminando fino a mezza gamba
tra l' erbacce di cui era popolato, coperto, come la vigna.
Mise piede sulla soglia d' una delle due stanze che c' era a
terreno: al rumore de' suoi passi, al suo affacciarsi, uno
scompiglio, uno scappare incrocicchiato di topacci, un cac
ciarsi dentro il sudiciume che copriva tutto il pavimento:
,era ancora il letto de' lanzichenecchi. Diede un'occhiata
alle pareti : scrostate, imbrattate, affumicate. Alz gli occhi
al palco: un parato di ragnateli. Non c'era altro. Se n'and
anche di l, mettendosi le mani ne' capelli; torn indietro,
rifacendo il sentiero che aveva aperto lui, un momento
prima; dopo pochi passi, prese un' altra straducola a man
cina, che metteva ne' campi; e senza veder n sentire
anima vivente, arriv vicino alla casetta dove aveva pen
sato di fermarsi. Gi principiava a farsi buio. L' amico era
sull' uscio, a sedere sur un panchetto di legno, con le brac
cia incrociate, con gli occhi fissi al cielo, come un uomo
sbalordito dalle disgrazie, e insalvatichito dalla solitudine.
Sentendo un calpestio, si volt a guardar chi fosse , e, a
quel che gli parve di vedere cosi al barlume, tra i rami
e le fronde, disse, ad alta voce, rizzandosi e alzando le
mani : non ci son che io ? non ne ho fatto abbastanza ieri?
Lasciatemi un po' stare, che sar anche questa un' opera
di misericordia.
Renzo, non sapendo cosa volesse dir questo, gli rispose
chiamandolo per nome.
Renzo t disse quello, esclamando insieme e in
terrogando.
Proprio, disse Renzo; e si corsero incontro.
Sei proprio tu ! disse l'amico, quando furon vicini : oh
che gusto ho di vederti ! Chi l' avrebbe pensato ? T avevo
preso per Paolin de' morti, che vien sempre a tormentarmi,
perch vada a sotterrare. Sai che son rimasto solo ? solo !
solo, come un romito!
Lo so pur troppo, disse Renzo. E cos, barattando e
mescolando in fretta saluti, domande e risposte, entrarono
insieme nella casuccia. E l, senza sospendere i discorsi,
l' amico si mise in faccende per fare un po' d'onore' a Renzo,
CAPITOLO XXXIII. 545
-come si poteva cos all' improvviso e in quel tempo. Mise
l' acqua al fuoco, e cominci a far la polenta ; ma ced poi
il matterello a Renzo, perch la dimenasse ; e se n' and
-dicendo: son rimasto solo; mal son rimasto solo!
Torn con un piccol secchio di latte, con un po' di carne
secca, con un paio di raveggioli, con fichi e pesche; e po
sato il tutto, scodellata la polenta sulla tafferia, si misero
insieme a tavola, ringraziandosi scambievolmente, l' uno
della visita, l' altro del ricevimento. E, dopo un' assenza di
l'orse due anni, si trovarono a un tratto molto pi amici di
-quello che avesser mai saputo d'essere nel tempo che si ve
devano quasi ogni giorno ; perch all' uno e all' altro, dice
qui il manoscritto, eran toccate di quelle cose che fanno
conoscere che balsamo sia all' animo la benevolenza; tanto
quella che si sente, quanto quella che si trova negli altri.
Certo, nessuno poteva tenere presso di Renzo il luogo
<l' Agnese, n consolarlo della di lei assenza, non solo per
queir antica e speciale affezione, ma anche perch, tra le
cose che a lui premeva di decifrare, ce n' era una di cui
essa sola aveva la chiave. Stette un momento tra due, se
dovesse continuare il suo viaggio, o andar prima in cerca
d'Agnese, giacch n' era'cosi poco lontano; ma, considerato
che della salute di Lucia, Agnese non ne saprebbe nulla,
rest nel primo proposito d' andare addirittura a levarsi
questo dubbio, a aver la sua sentenza, e di portar poi lui le
nuove alla madre. Per, anche dall' amico seppe molte cose
che ignorava, e di molte venne in chiaro che non sapeva
bene, sui casi di Lucia, e sulle persecuzioni che gli avevan
fatte a lui, e come don Rodrigo se n' era andato con la coda
tra le gambe, e non s' era pi veduto da quelle parti; in
somma su tutto queir intreccio di cose. Seppe anche (e non
era per Renzo cognizione di poca importanza) come fosse
proprio il casato di don Ferrante : ch Agnese gliel aveva
bens fatto scrivere dal suo segretario; ma sa il cielo co
m'era stato scritto; e l'interprete bergamasco, nel leg
gergli la lettera, n'aveva fatta una parola tale, che, se
Renzo fosse andato con essa a cercar ricapito di quella casa
in Milano, probabilmente non avrebbe trovato persona che
I Promessi Sposi. 33
546 I PROMESSI SPOSI
indovinasse di chi voleva parlare. Eppure quello era l'unico
rno che avesse, per andar in cerca di Lucia. In quanto alla
giustizia, pot confermarsi sempre pi ch' era un pericolo
abbastanza lontano, per non darsene gran pensiero : il si
gnor podest era morto di peste: chi sa quando se ne
manderebbe un altro ; anche la sbirraglia se n' era andata
la pi parte ; quelli che rimanevano, avevan tutt' altro da
pensare che alle cose vecchie.
Raccont anche lui all' amico le sue vicende, e n' ebbe in
contraccambio cento storie, del passaggio dell'esercito,,
della peste, d' untori, di prodigi. Son cose brutte, disse
l' amico, accompagnando Renzo in una camera che il con
tagio aveva resa disabitata; cose che non si sarebbe mai
creduto di vedere; cose da levarvi l'allegria per tutta la
vita; ma per, a parlarne tra amici, un sollievo. >-
Allo spuntar del giorno, eran tutt' e due in cucina ; Renzo
in arnese da viaggio, con la sua cintura nascosta sotto il
farsetto, e il coltellaccio nel taschino de' calzoni: il fagot-
tino, per andar pi lesto, lo lasci in deposito presso al
l'ospite. Se la mi va bene, gli disse, se la trovo in vita,
se basta ripasso di qui ; corro a Pasturo, a dar
la buona nuova a quella povera Agnese, e poi, e poi
Ma se, per disgrazia, per disgrazia che Dio non voglia
allora, non so quel che far, non so dov' ander : certo, da
queste parti non mi vedete pi. E cosi parlando, ritto
sulla soglia dell' uscio, con la testa per aria, guardava, con
un misto di tenerezza e d'accoramento, l'aurora del suo
paese che non aveva pi veduta da tanto tempo. L' amico
gli disse, come s' usa, di sperar bene ; volle che prendesse
con s qualcosa da mangiare ; l' accompagn per un pez
zetto di strada, e lo lasci con nuovi auguri.
Renzo, s' incammin con la sua pace, bastandogli d' arri
var vicino a Milano in quel giorno, per entrarci il seguente,
di buon' ora, e cominciar subito la sua ricerca. Il viaggio
fu senza accidenti e senza nulla che potesse distrar Renzo
da' suoi pensieri, fuorch le solite miserie e malinconie.
Come aveva fatto il giorno avanti, si ferm a suo tempo,
in un boschetto a mangiare un boccone, e a riposarsi.
CAPITOLO XXXIII. 547
Passando per Monza, davanti a una bottega aperta, dove
c' era de' pani in mostra, ne chiese due, per non rimanere
sprovvisto, in ogni caso. Il fornaio, gl' intim di non entrare,
e gli porse sur una piccola pala una scodelletta, con dentro
acqua e aceto, dicendogli che buttasse l i danari ; e fatto
questo, con certe molle, gli porse, l' uno dopo l' altro, i due
pani, che Renzo si mise uno per tasca.
Verso sera, arriva a Greco, senza per saperne il nome ;
ma, tra un po' di memoria de' luoghi, che gli era rimasta
dell' altro viaggio, e il calcolo del cammino fatto da Monza
in poi, congetturando che doveva esser poco lontano dalla
citt, usc dalla strada maestra, per andar ne' campi in
cerca di qualche cascinotto, e l passar la notte ; ch con
osterie non si voleva impicciare. Trov meglio di quel che
cercava: vide un'apertura in una siepe che cingeva il
cortile d' una cascina; entr a buon conto. Non c' era nes
suno: vide da un canto un gran portico, con sotto del
fieno ammontato, e a quello appoggiata una scala a mano;
diede un' occhiata in giro, e poi sal alla ventura; s' acco
mod per dormire, e infatti s'addorment subito, per non
destarsi che all'alba. Allora, and carpon carponi verso
l'orlo di quel gran letto; mise la testa fuori, e non ve
dendo nessuno, scese di dov'era salito, usc di dov'era
entrato , s' incammin per viottole , prendendo per sua
stella polare il duomo; e dopo un brevissimo cammino,
venne a sbucar sotto le mura di Milano, tra porta Orien
tale e porta Nuova, e molto vicino a questa.

capitolo xxxrv. .

In quanto alla maniera di penetrare in citt, Renzo aveva


sentito, cos all' ingrosso, che c' eran ordini severissimi di
non lasciar entrar nessuno, senza bulletta di sanit ; ma che
in vece ci s' entrava benissimo, chi appena sapesse un po'
aiutarsi e cogliere il momento. Era infatti cosi ; e lasciando
anche da parte le cause generali, per cui in que' tempi
ogni ordine era poco eseguito ; lasciando da parte le spe
ciali, che rendevano cos malagevole la rigorosa esecuzione
548 I PROMESSI SPOSI
di questo ; Milano si trovava ormai in tale stato, da non
veder cosa giovasse guardarlo, e da cosa; e chiunque ci
venisse, poteva parer piuttosto noncurante della propria
salute, che pericoloso a quella de' cittadini.
Su queste notizie, il disegno di Renzo era di tentare d'en
trar dalla prima porta a cui si fosse abbattuto ; se ci fosse
qualche intoppo, riprender le mura di fuori, finch ne tro
vasse un'altra di pi facile accesso. E sa il cielo quante porte
s' immaginava che Milano dovesse avere. Arrivato dunque
sotto le mura, si ferm a guardar d' intorno, come fa chi,
non sapendo da che parte gli convenga di prendere, par che
n' aspetti, e ne chieda qualche indizio da ogni cosa. Ma, a
destra e a sinistra, non vedeva che due pezzi d' una strada
storta; dirimpetto, un tratto di mura; da nessuna parte,
nessun segno d' uomini viventi : se non che, da un certo
punto del terrapieno , s' alzava una colonna d' un fumo
oscuro e denso, che salendo s' allargava e s' avvolgeva in
ampi globi, perdendosi poi nell' aria immobile e bigia. Eran
vestiti, letti e altre masserizie infette che si bruciavariT) :
e di tali triste fiammate se ne faceva di continuo, non li
soltanto, ma in varie parti delle mura.
Il tempo era chiuso, l' aria pesante, il cielo velato per
tutto da una nuvola o da un nebbione uguale, inerte, che
pareva negare il sole , senza prometter la pioggia ; la
campagna d'intorno, parte incolta, e tutta arida; ogni
verzura scolorita, e neppure una gocciola di rugiada sulle
foglie passe e cascanti. Per di pi, quella solitudine, quel
silenzio, cos vicino a una gran citt, aggiungevano una
nuova costernazione all' inquietudine di Renzo, e rendevan
pi tetri tutti i suoi pensieri.
Stato li alquanto, prese la diritta, alla ventura, andando,
senza saperlo, verso porta Nuova, della quale, quantunque
vicina, non poteva accorgersi, a cagione d'un baluardo, die
tro cui era allora nascosta. Dopo pochi passi, principi a
sentire un tintinnio di campanelli, che cessava e ricomin
ciava ogni tanto, e poi qualche voce d' uomo. And avanti
o, passato il canto del baluardo, vide per la prima cosa, un
casotto di legno, e sull' uscio, una guardia appoggiata al
CAPITOLO XXXIV. 54U
moschetto, con una cert' aria stracca e trascurata : dietro
c'era uno stecconato, e dietro quello, la porta, cio due
alacce di muro, con una tettoia sopra, per riparare i bat
tenti ; i quali erano spalancati, come pure il cancello dello
stecconato. Per, davanti appunto all' apertura, c' era in
terra un tristo impedimento: una barella, sulla quale due
monatti accomodavano un poverino, per portarlo via. Era
il capo de' gabellieri, a cui, poco prima, s' era scoperta la
peste. Renzo si ferm, aspettando la fine : partito il con
voglio, e non venendo nessuno a richiudere il cancello, gli
parve tempo, e ci s' avvi in fretta ; ma la guardia, con
una manieraccia, gli grid : ol ! Renzo si ferm di nuovo
su due piedi, e, datogli d' occhio, tir fuori un mezzo duca
tone, e glielo fece vedere. Colui, o che avesse gi avuta la
peste, o che la temesse meno di quel che amava i mezzi
ducatoni, accenn a Renzo che glielo buttasse ; e vistoselo
volar subito a' piedi, susurr : va innanzi presto. Renzo
non se lo fece dir due volte ; pass lo stecconato, pass la
porta, and avanti, senza che nessuno s' accorgesse di lui,
o gli badasse ; se non che, quando ebbe fatti forse quaranta
passi, sent un altro ol che un gabelliere gli gridava
dietro. Questa volta, fece le viste di non sentire, e, senza
voltarsi nemmeno, allung il passo. Ol ! grid di nuovo
il gabelliere, con una voce per che indicava pi impa
zienza che risoluzione di farsi ubbidire ; e non essendo ub
bidito , alz le spalle , e torn nella sua casaccia , come
persona a cui premesse pi di non accostarsi troppo ai
passeggieri, che d'informarsi de' fatti loro.
La strada che Renzo aveva presa, andava allora, come
adesso, diritta fino al canale detto il Naviglio : i lati erano
siepi o muri d'orti, chiese e conventi, e poche case. In cima
a questa strada, e nel mezzo di quella che costeggia il ca
nale, c'era una colonna, con una croce detta la croce di
sant'Eusebio. E per quanto Renzo guardasse innanzi, non
vedeva altro che quella croce. Arrivato al crocicchio che
divide la strada circa alla met, e guardando dalle due
parti, vide a diritta, in quella strada che si chiama lo
stradone di santa Teresa, un cittadino che veniva appunto
550 I PROMESSI SPOSI
verso di lui. Un cristiano, finalmente ! disse tra s ;
e si volt subito da quella parte, pensando di farsi insegnar
la strada da lui. Questo pure aveva visto il forestiero che
s' avanzava ; e andava squadrandolo da lontano, con uno
sguardo sospettoso ; e tanto pi, quando s' accorse che, in
vece d'andarsene per i fatti suoi, gli veniva incontro.
Renzo, quando fu poco distante, si lev il cappello, da quel
montanaro rispettoso ohe era; e tenendolo con la sinistra,
mise l' altra mano nel cocuzzolo, e and pi direttamente
verso lo sconosciuto. Ma questo, stralunando gli occhi af
fatto, fece un passo addietro, alz un noderoso bastone e
voltava la punta, ch' era di ferro, alla vita di Renzo, grid:
via! via! via!
Oh oh ! grid il giovine anche lui; rimise il eappello
in testa , e , avendo tutt' altra voglia , come diceva poi ,
quando raccontava la cosa, che di metter su lite in quel
momento, volt le spalle a quello stravagante, e continuo
la sua strada, o, per meglio dire, quella in cui si trovava
avviato.
L' altro tir avanti anche lui per la sua, tutto fremente,
e voltandosi, ogni momento, indietro. E arrivato a casa,
raccont che gli s' era accostato un untore con un' aria
Hmile, mansueta, con un viso d' infame impostore, con lo
scatolino dell' unto , o l' involtino della polvere ( non era
ben certo qual de' due ) in mano, nel cocuzzolo del cap
pello, per fargli il tiro, se lui non l' avesse saputo tener
lontano. Se mi s' accostava un passo di pi, soggiunse,
l'infilavo addirittura, prima che avesse tempo d'acco
modarmi me , il birbone. La disgrazia fu ch' eravamo in
un luogo cos solitario, ch se era in mezzo Milano, chia
mavo gente, e mi facevo aiutare a acchiapparlo. Sicuro
che gli si trovava quella scellerata porcheria nel cappello.
Ma l da solo a solo, mi son dovuto contentare di fargli
paura, senza risicare di cercarmi un malanno ; perch un
po' di polvere subito buttata; e coloro hanno una de
strezza particolare ; e poi hanno il diavolo dalla loro. Ora
sar in giro per Milano : chi sa che strage fa ! E fin che
visse, che fu per molt'anni, ogni volta che si parlasse
CAPITOLO XXXIV. 551
*F untori, ripeteva la sua storia, e soggiungeva : quelli
che sostengono ancora che non era vero, non lo vengano
a dire a me; perch le cose bisogna averle viste.
Renzo, lontano dall' immaginarsi come l'avesse scampata
bella, e agitato pi dalla rabbia che dalla paura, pensava,
camminando, a quell'accoglienza, e indovinava bene a un
di presso ci che lo sconosciuto aveva pensato di lui; ma la
cosa gli pareva cos irragionevole, che concluse tra s che
colui doveva essere un qualche mezzo matto. La princi
pia male, pensava per : par che ci sia un pianeta per
me, in questo Milano. Per entrare, tutto mi va a seconda;
,e poi, quando ci son dentro, trovo i dispiaceri li apparec
chiati. Basta coll' aiuto di Dio ... . se trovo se ci
riesco a trovare eh! tutto sar stato niente.
Arrivato al ponte, volt, senza esitare, a sinistra, nella
strada di san Marco, parendogli, a ragione, che dovesse
condurre verso l'interno della citt. E andando avanti,
guardava in qua e in l, per veder se poteva scoprire
qualche creatura umana ; ma non ne vide altra che uno
sformato cadavere nel piccol fosso che corre tra quelle
poche case (che allora erano anche meno), e un pezzo della
strada. Passato quel pezzo, senti gridare : o queil' uomo!
,e guardando da quella parte, vide poco lontano, a un ter
razzino d' una casuccia isolata, una povera donna, con una
nidiata di bambini intorno ; la quale, seguitandolo a chia
mare, gli fece cenno anche con la mano. Ci and di corsa ;
e quando fu vicino, o quel giovine, disse quella donna:
per i vostri poveri morti, fate la carit d' andare a av
vertire il commissario che siamo qui dimenticati. Ci hanno
chiusi In casa come sospetti, perch il mio povero marito
morto ; ci hanno inchiodato l' uscio, come vedete ; e da
per mattina, nessuno venuto a portarci da mangiare.
In tante ore che siam qui, non m' mai capitato un cri
stiano che me la facesse questa carit: e questi poveri
innocenti moion di fame.
Di fame ! esclam Renzo ; e, cacciate le mani nelle
tasche, ecco, ecco^ disse, tirando fuori i due pani:
, calatemi gi qualcosa da metterli dentro.
552 I PROMESSI SPOSI
Dio ve ne renda merito ; aspettate un momento, disse
quella donna; e and a cercare un paniere, e una fune da
calarlo, come fece. A Renzo intanto gli vennero in mente
que' pani che aveva trovati vicino alla croce, nell'altra sua
entrata in Milano, e pensava: ecco: una restituzione,
e forse meglio che se gli avessi restituiti al proprio padro
ne ; perch qui veramente un' opera di misericordia.
In quanto al commissario che dite, la mia donna,
disse poi, mettendo i pani nel paniere, io non vi posso-
servire in nulla ; perch, per dirvi la verit, son forestiero,
e non son niente pratico di questo paese. Per, se in
contro qualche uomo un po' domestico e umano, da po
tergli parlare, lo dir a lui.
La donna lo preg che facesse cos, e gli disse il noma
della strada, onde lui sapesse indicarla. ,
Anche voi, riprese Renzo, credo che potrete farmi
un piacere, una vera carit, senza vostro incomodo. Una
casa di cavalieri, di gran signoroni, qui di Milano, casa
sapreste insegnarmi dove sia?
So che la c' questa casa, rispose la donna : ma
dove sia, non lo so davvero. Andando avanti di qua, qual-
cheduno che ve la insegni, lo troverete. E ricordatevi di
dirgli anche di noi.
Non dubitate, disse Renzo, e and avanti.
A ogni passo, sentiva crescere e avvicinarsi un rumore,
che gi aveva cominciato a sentire mentre era l fermo a
discorrere : un rumor di ruote e di cavalli , con un tin
tinnio di campanelli, e ogni tanto un chioccar di fruste,
con un accompagnamento d'urli. Guardava innanzi, ma
non vedeva nulla. Arrivato allo sbocco di quella strada,
scoprendosegli davanti la piazza di san Marco, la prima
cosa che gli diede nell' occhio, furon due travi ritte, con
una corda, e con certe carrucole; e non tard a ricono
scere (ch' era cosa famigliare in quel tempo) l' abbomine-
vole macchina della tortura. Era rizzata in quel luogo T
e non in quello soltanto, ma in tutte le piazze e nelle
strade pi spaziose, affinch i deputati d'ogni quartiere,
muniti a questo d'ogni facolt pi arbitraria, potessero
CAPITOLO XXXIV. 553
farci applicare immediatamente chiunque paresse loro me
ritevole di pena: o sequestrati che uscissero di casa, o
subalterni che non facessero il loro dovere, o chiunque
altro. Era uno di que' rimedi eccessivi e inefficaci de' quali,
a quel tempo, e in que' momenti specialmente, si faceva
tanto scialacquio.
Ora, mentre Renzo guarda quello strumento, pensando
perch possa essere alzato in quel luogo, sente avvicinarsi
sempre pi il rumore, e vede spuntar dalla cantonata della
chiesa un uomo che scoteva un campanello : era un ap-
paritore ; e dietro a lui due cavalli che, allungando il collo,
e puntando le zampe, venivano avanti a fatica; e stra
scinato da quelli, un carro di morti, e dopo quello un altro,
e poi un altro e un altro ; e di qua e di l, monatti alle
costole de' cavalli, spingendoli, a frustate, a punzoni, a be-
stemmie. Eran que' cadaveri, la pi parte ignudi, alcuni
mal involtati in qualche cencio, ammonticchiati, intrec
ciati insieme, come un gruppo di serpi che lentamente si
svolgano al tepore della primavera; ch, a ogni intoppo, a
ogni scossa, si vedevan que' mucchi funesti tremolare e
scompaginarsi bruttamente, e ciondolar teste, e chiome
verginali arrovesciarsi, e braccia svincolarsi, e batter sulle
rote, mostrando all'occhio gi inorridito come un tale
spettacolo poteva divenire pi doloroso e pi sconcio.
Il giovine s'era fermato sulla cantonata della piazza,
vicino alla sbarra del canale , e pregava intanto per
que' morti sconosciuti. Un atroce pensiero , gli balen in
mente: forse l, l insieme, l sotto... Oh, Signore-!
fate che non sia vero! fate ch'io non ci pensiJ
Passato il convoglio funebre, Renzo si mosse, attravers
la piazza, prendendo lungo il canale a mancina, senz' altra
ragione della scelta, se non che il convoglio era andato
dall' altra parte. Fatti que' quattro passi tra il fianco della
chiesa e il canale, vide a destra il ponte Marcellino ; prese
ili li, e riusc in Borgo Nuovo. E guardando innanzi, sempre
con quella mira di trovar qualcheduno da farsi insegnar
la strada, vide in fondo a quella un prete in farsetto, con
un bastoncino in mano, ritto vicino a un uscio socchiuso,
55* I PROMESSI SPOSI
col capo chinato, e l' orecchio allo spiraglio ; e poco dopo lo
ride alzar la mano e benedire. Congettur quello ch'era
di fatto, cio che finisse di confessar qualcheduno; e disse
tra s: questo l' uomo che fa per me. Se un prete,
in funzion di prete, non ha un po' di carit, un po' d' amore
e di buona grazia, bisogna dire che non ce ne sia pi in
questo mondo.
Intanto il prete, staccatosi dall' uscio, veniva dalla parte
di Renzo, tenendosi, con gran riguardo, nel mezzo della
strada. Renzo, quando gli fu vicino, si lev il cappello, egli
accenn che desiderava parlargli, fermandosi nello stesso
tempo, in maniera da fargli intendere che non si sarebbe
accostato di pi. Quello pure si ferm, in atto di stare a
sentire, puntando per in terra il suo bastoncino davanti
a s, come per farsene un baluardo. Renzo espose la sua
domanda, alla quale il prete soddisfece, non solo con dirgli
il nome della strada dove la casa era situata, ma dan
dogli anche, come vide che il poverino n' aveva bisogno,
un po' d'itinerario; indicandogli, cio, a forza di diritte
e di mancine, di chiese e di croci , queir altre sei o otto
strade che aveva da passare per arrivarci.
Dio la mantenga sano, in questi tempi, e sempre, disse
Renzo : e mentre quello si moveva per andarsene, un'al
tra carit, soggiunse; e gli disse della povera donna
dimenticata. Il buon prete ringrazi lui d' avergli dato
occasione di fare una carit cos necessaria; e, dicendo
che andava ad avvertire chi bisognava, tir avanti. Renzo
si mosse anche lui, e, camminando, cercava di fare a s
stesso una ripetizione dell'itinerario, per non esser da
capo a dover domandare a ogni cantonata. Ma non po
treste immaginarvi come queir operazione gli riuscisse
penosa, e non tanto per la difficolt della cosa in s, quanto
per un nuovo turbamento che gli era nato nell'animo.
Quel nome della strada, quella traccia del cammino l'avevan
messo cos sottosopra. Era l' indizio che aveva desiderato
e domandato, e del quale non poteva far di meno ; n gli
era stato detto nient' altro, da che potesse ricavare nessun
augurio sinistro; ma che volete? quell'idea un po' pi
CAPITOLO XXXIV. 555
distinta d'un termine vicino, dove uscirebbe d'una grand'in-
eertezza, dove potrebbe sentirsi dire: viva, o sentirsi
dire : morta; queir idea l' aveva cos colpito, che, in quel
momento, gli sarebbe piaciuto pi di trovarsi ancora al
buio di tutto, d' essere al principio del viaggio, di cui ormai
toccava la Une. Raccolse per le sue forze, e disse a s
stesso: ehi! se principiamo ora a fare il ragazzo, co-
m' ander? Cos rinfrancato alla meglio, seguit la sua
strada, inoltrandosi nella citt.
Quale citt ! e cos' era mai, al paragone, quello ch' era
stata l' anno avanti, per cagion della fame !
Renzo s'abbatteva appunto a passare per una delle parti
pi squallide e pi desolate : quella crociata di strade che
si chiamava il carrobio di porta Nuova. (C era allora una
croce nel mezzo, e, dirimpetto ad essa, accanto a dove ora
san Francesco di Paola, una vecchia chiesa col titolo di
sant'Anastasia.) Tanta era stata in quel vicinato la furia del
contagio, e il fetor de' cadaveri lasciati l, che i pochi ri
masti vivi erano stati costretti a sgomberare : sicch, alla
mestizia che dava al passeggiero quell' aspetto di solitu
dine e d' abbandono, s' aggiungeva l' orrore e lo schifo delle
tracce e degli avanzi della recente abitazione. Renzo af
frett il passo, facendosi coraggio col pensare che la meta
non doveva essere cos vicina, e sperando che, prima d' ar
rivarci, troverebbe mutata, almeno in parte, la scena ; e
infatti, di l a non molto, riusc in un luogo che poteva pur
dirsi citt di viventi ; ma quale citt ancora, e quali vi
venti ! Serrati, per sospetto e per terrore, tutti gli usci di
strada, salvo quelli che fossero spalancati per esser le case
disabitate, o invase; altri inchiodati e sigillati, per esser
nelle case morta o ammalata gente di peste ; altri segnati
d' una croce fatta col carbone, per indizio ai monatti, che
c' eran de' morti da portar via : il tutto pi alla ventura
che altro, secondo che si tosse trovato piuttosto qua che l
un qualche commissario della Sanit o altro impiegato, che
avesse voluto eseguir gli ordini, o fare un' angheria. Per
tutto cenci e, pi ributtanti de' cenci, fasce marciose, stra
me ammorbato, o lenzoli buttati dalle finestre; talvolta
556 I PROMESSI SPOSI
corpi, o di persone morte all' improvviso, nella strada, e
lasciati l fin che passasse un carro da portarli via, o ca
scati da' carri medesimi, o buttati anch' essi dalle finestre :
tanto l' insistere e l' imperversar del disastro aveva insal
vatichiti gli animi, e fatto dimenticare ogni cura di piet,
ogni riguardo sociale! Cessato per tutto ogni rumor di
botteghe, ogni strepito di carrozze, ogni grido di venditori,
ogni chiacchierio di passeggieri, era ben raro che quel si
lenzio di morte fosse rotto da altro che da rumor di carri
funebri, da lamenti di poveri, da rammarichio d' infermi,
da urli di frenetici, da grida di monatti. All' alba, a mez
zogiorno, a sera, una campana del duomo dava il segno di
recitar certe preci assegnate dall'arcivescovo : a quel tocco
rispondevan le campane dell'altre chiese; e allora avreste
veduto persone affacciarsi alle finestre, a pregare in co
mune; avreste sentito un bisbiglio di voci e di gemiti,
che spirava una tristezza mista pure di qualche conforto.
Morti a quell'ora forse i due terzi de' cittadini, andati
via o ammalati una buona parte del resto, ridotto quasi a
nulla il concorso della gente di fuori, de' pochi che andavan
per le strade, non se ne sarebbe per avventura, in un
lungo giro, incontrato uno solo in cui non si vedesse qual
cosa di strano, e che dava indizio d'una funesta muta
zione di cose. Si vedevano gli uomini pi qualificati, senza
cappa n mantello, parte allora essenzialissima del ve
stiario civile; senza sottana i preti, e anche de' religiosi
in farsetto ; dismessa in somma ogni sorte di vestito che
potesse con gli svolazzi toccar qualche cosa, o dare (ci
che si temeva pi di tutto il resto) agio agli untori. E
fuor di questa cura d' andar succinti e ristretti il pi ch
fosse possibile, negletta e trasandata ogni persona; lunghe
le barbe di quelli che usavan portarle, cresciute a quelli
che prima costumavan di raderle; lunghe pure e arruf
fate le capigliature, non solo per quella trascuranza che
nasce da un invecchiato abbattimento, ma per esser di
venuti sospetti i barbieri, da che era stato preso e condan
nato, come untor famoso, uno di loro, Giangiacomo Mora :
nome che, per un pezzo, conserv una celebrit municipale
CAPITOLO XXXIV. 557
d' infamia, c ne meriterebbe una ben pi diffusa e perenne
di piet. I pi tenevano da una mano un bastone, alcuni
anche una pistola, per avvertimento minaccioso a chi avesse
voluto avvicinarsi troppo; dall'altra pasticche odorose, o
palle di metallo o di legno traforate, con dentro spugne
inzuppate d'aceti medicati; e se le andavano ogni tanto
mettendo al naso, o ce le tenevano di continuo. Portavano
alcuni attaccata al collo una boccetta con dentro un po'
d'argento vivo, persuasi che avesse la virt d'assorbire
e di ritenere ogni esalazione pestilenziale; e avevan poi
cura di rinnovarlo ogni tanti giorni. I gentiluomini, non
solo uscivano senza il solito seguito, ma si vedevano, con
una sporta in braccio, andare a comprar le cose necessarie
al vitto. Gli amici, quando pur due s' incontrassero per la
strada, si salutavan da lontano, con cenni taciti e fretto
losi. Ognuno, camminando, aveva molto da fare, per iscan-
sare gli schifosi e mortiferi inciampi di cui il terreno era
sparso e, in qualche luogo, anche affatto ingombro : ognuno
cercava di stare in mezzo alla strada, per timore d' altro
sudiciume, o d' altro pi funesto peso che potesse venir gi ,
dalle finestre ; per timore delle polveri venefiche che si di
ceva essere spesso buttate da quelle su' passeggieri ; per
timore delle muraglie, che potevan esser unte. Cos l' igno
ranza, coraggiosa e guardinga alla rovescia, aggiungeva
ora angustie all' angustie, e dava falsi terrori, in compenso
de' ragionevoli e salutari che aveva levati da principio.
Tal era ci che di meno- deforme e di men compassione
vole si faceva vedere intorno, i sani, gli agiati : ch, dopo
tante immagini di miseria, e pensando a quella ancor pi
grave, per mezzo alla quale dovrem condurre il lettore,
non ci fermeremo ora a dir qual fosse lo spettacolo degli
appestati che si strascicavano o giacevano per le strade,
de' poveri, de' fanciulli, delle donne. Era tale, che il ri
guardante poteva trovar quasi un disperato conforto in
ci che ai lontani e ai posteri fa la pi forte e dolorosa
impressione ; nel pensare, dico, nel vedere quanto que' vi
venti fossero ridotti a pochi. -
In mezzo a questa desolazione aveva Renzo fatto gi una
558 I PROMESSI SPOSI
buona parte del suo cammino, quando, distante ancor molti,
passi da una strada in cui doveva voltare, sent venir da
quella un vario frastono, nel quale si faceva distinguere
quel solito orribile tintinnio.
Arrivato alla cantonata della strada, ch' era una delle
pi larghe, vide quattro carri fermi nel mezzo; e come, in
un mercato di granaglie, si vede un andare e venire di
gente, un caricare e un rovesciar di sacchi, tale era il mo
vimento in quel luogo: monatti ch'entravan nelle case,
monatti che n' uscivano con un peso su le spalle, e lo met
tevano su l' uno o l' altro carro : alcuni con la divisa rossa,
altri senza quel distintivo, molti con uno ancor pi odioso,
pennacchi e fiocchi di vari colori, che quegli sciagurati por
tavano come per segno d' allegria, in tanto pubblico lutto.
Ora da una, ora da un' altra finestra , veniva una voc<*
lugubre : qua. monatti ! E con suono ancor pi sinistro,
da quel tristo brulichio usciva qualche vociaccia che rispon
deva : ora, ora. Ovvero eran pigionali che brontolavano,
e dicevano di far presto : ai quali i monatti rispondevano
con bestemmie.
Entrato nella strada, Renzo allung il passo, cercando
di non guardar quegl' ingombri, se non quanto era necessa
rio per iscansarli; quando il suo sguardo s'incontr in un
oggetto singolare di piet, d'una piet che invogliava
l' animo a contemplarlo ; di maniera che si ferm, quasi
senza volerlo.
Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso
il convoglio, una donna, il cui aspetto annunciava una gio
vinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una
bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran
passione, e da un languor mortale : quella bellezza molle a
un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La
sua andatura era affaticata, ma non cascante ; gli occhi non
davan lacrime, ma portavan segno d' averne sparse tante ;
c' era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo,
che attestava un' anima tutta consapevole e presente a sen
tirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie,
la indicasse cos particolarmente alla piet, e ravvivasse per
CAPITOLO XXXIV. 559
lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori.
Portava essa in collo una bambina di forse nov' anni ,
morta : ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla
fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani
l'avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo,
e data per premio. N la teneva a giacere, ma sorretta,
a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto,
come se fosse stata viva ; se non che una manina bianca
a guisa di cera spenzolava da una parte , con una certa
inanimata gravezza , e il capo posava sull' omero della
madre, con un abbandono pi forte del sonno : della ma
dre, ch, se anche la somiglianza de' volti non n'avesse
fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due-
ch' esprimeva ancora un sentimento.
Un turpe monatto and per levarle la bambina dalle
braccia, con una specie per d' insolito rispetto, con un' esi
tazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza
per mostrare sdegno n disprezzo, no ! disse : non.
me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro:
prendete. Cos dicendo, apri una mano, fece vedere una
borsa, e la lasci cadere in quella che il monatto le tese.
Poi continu: promettetemi di non levarle un filo d'in
torno, n di lasciar che altri ardisca di farlo, e di met
terla sotto terra cos.
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto pre
muroso, e quasi ossequioso, pi per il nuovo sentimento
da cui era come soggiogato, che per l' inaspettata ricom
pensa, s' affaccend a far un po' di posto sul carro per la
morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la
mise l come sur un letto, ce l'accomod, le stese sopra
un panno bianco, e disse l' ultime parole : addio, Ceci
lia ! riposa in pace ! Stasera verremo anche noi, per restar
sempre insieme. Prega intanto per noi; ch'io pregher per
te e per gli altri. Poi voltatasi di nuovo al monatto,
voi, disse, passando di qui verso sera, salirete a
prendere anche me, e non me sola.
Cos detto, rientr in casa, e, un momento dopo, s' affac
ci alla finestra, tenendo in collo un' altra bambina pi
560 I PROMESSI SPOSI
piccola, -viva, ma coi segni della morte in volto. Stette a
contemplare quelle cos indegne esequie della prima, fin
ch il carro non si mosse, finch lo pot vedere ; poi di-
sparve. E che altro pot fare, se non posar sul letto l'.u- 1
nica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire
insieme ? come il fiore gi rigoglioso sullo stelo cade in
sieme col fiorellino ancora in boccia, al passar della falce
che pareggia tutte l' erbe del prato.
O Signore ! esclam Renzo : : esauditela ! tiratela
a voi, lei e la sua creaturina: hanno patito abbastanza!
hanno patito abbastanza t
Riavuto da quella commozione straordinaria, e mentre
cerca di tirarsi in mente l' itinerario per trovare se alla
prima strada deve voltare, e se a diritta o a mancina, sente
anche da questa venire un altro e diverso strepito, un
suono confuso di grida imperiose, di fiochi lamenti, un
pianger di donne, un mugolio di fanciulli.
And avanti, con in, cuore quella solita trista e oscura
aspettativa. Arrivato al crocicchio, vide da una parte una
moltitudine confusa che s' avanzava, e si ferm l, per la
sciarla passare. Erano ammalati che venivan condotti al
lazzeretto; alcuni, spinti a forza> resistevano in vano, in
vano gridavano che volevan morire sul loro letto , e ri
spondevano con inutili imprecazioni alle bestemmie e ai
comandi de' monatti che li guidavano; altri camminavano
in silenzio, senza mostrar dolore, n alcun altro senti
mento, come insensati ; donne co' bambini in collo ; fanciulli
spaventati dalle grida, da quegli ordini, da quella compa
gnia, pi che dal pensiero confuso dlla morte, i quali ad
alte strida imploravano la madre e le sue braccia fidate, e
la casa loro. Ahi ! e forse la madre, che credevano d' aver
lasciata addormentata sul suo letto, ci s' era buttata, sor
presa tutt' a un tratto dalla peste ; e stava l senza senti
mento, per esser portata sur un carro al lazzeretto, o alla
fossa, se il carro veniva pi tardi. Forse, o sciagura degna
di lacrime ancor pi amare ! la madre, tutta occupata
de' suoi patimenti , aveva dimenticato ogni cosa , anche i
figli, e non aveva pi che un pensiero : di morire in pace.
CAPITOLO XXXIV. 561
Pure, in tanta confusione, si vedeva ancora qualche esem
pio di fermezza e di piet : padri, madri, fratelli, figli, con
sorti, che sostenevano i cari loro, e gli accompagnavano
con parole di conforto : n adulti soltanto, ma ragazzetti,
ma fanciulline che guidavano i fratellini pi teneri, e, con
giudizio e con compassione da grandi, raccomandavano loro
d'essere ubbidienti, gli assicuravano che s'andava in un
luogo dove c' era chi avrebbe cura di loro per farli guarire.
In mezzo alla malinconia e alla tenerezza di tali viste,
una cosa toccava pi sul vivo, e teneva in agitazione il
nostro viaggiatore. La casa doveva esser li vicina, e chi
sa se tra quella gente Ma passata tutta la comitiva, e
cessato quel dubbio, si volt a un monatto che veniva die
tro, e gli domand della strada e della casa di don Fer
rante. In malora, tanghero, fu la risposta che n' ebbe.
N si cur di dare a colui quella che si meritava; ma,
visto, a due passi, un commissario che veniva in coda al
convoglio, e aveva un viso un po' pi di cristiano, fece a
Iui la stessa domanda. Questo, accennando con un bastone
la parte donde veniva, disse : la prima strada a diritta,
l'ultima casa grande a sinistra.
Con una nuova e pi forte ansiet in cuore, il giovine
prende da quella parte. nella strada; distingue subito
la casa tra l' altre , pi basse e meschine ; s' accosta al
portone che chiuso, mette la mano sul martello, e ce la
tien sospesa, come in un'urna, prima di tirar su la po
lizza dove fosse scritta la sua vita, o la sua morte. Fi
nalmente alza il martello, e d un picchio risoluto.
Dopo qualche momento , s' apre un poco una finestra ;
una donna fa capolino, guardando chi era, con un viso
ombroso che par che dica: monatti? vagabondi? commis
sari? untori? diavoli?
Quella signora, disse Renzo guardando in su, e con
voce non troppo sicura: ci sta qui a servire una gio
vine di campagna, che ha nome Lucia?
La non c' pi; andate, rispose quella donna, fa
cendo atto di chiudere.
Un momento, per carit! La non c' pi? Dov'?
l Promessi Sposi. 36
562 I PROMESSI SPOSI
Al lazzeretto; e di nuovo voleva chiudere.
Ma un momento, per l' amor del cielo ! Con la peste ?
Gi. Cosa nuova, eh? Andate.
Oh povero me ! Aspetti : era ammalata molto ? Quanto,
tempo ?
Ma intanto la finestra fu chiusa davvero.
Quella signora t quella signora! una parola, per carit t
per i suoi poveri morti ! Non le chiedo niente del suo:
ohe t Ma era come dire al muro.
Afflitto della nuova, e arrabbiato della maniera, Renzo
afferr ancora il martello, e, cos appoggiato alla porta,
andava stringendolo e storcendolo, l' alzava per picchiar
di nuovo alla disperata, poi lo teneva sospeso. In quest'a
gitazione, si volt per vedere se mai ci fosse d'intorno
qualche vicino, da cui potesse forse aver qualche informa
zione pi precisa, qualche indizio, qualche lume. Ma la
prima, l'unica persona che vide, fu un'altra donna, di
stante forse un venti passi ; la quale, con un viso ch' espri
meva terrore, odio, impazienza e malizia, con cert' occhi
stravolti che volevano insieme guardar lui, e guardar lon
tano, spalancando la bocca come in atto di gridare a pi.
non posso, ma rattenendo anche il respiro, alzando due
braccia scarne, allungando e ritirando due mani grinzose e
piegate a guisa d' artigli, come se cercasse d' acchiappar
qualcosa, si vedeva che voleva chiamar gente, in modo che
qualcheduno non se n'accorgesse. Quando s'incontrarono
a guardarsi, colei, fattasi ancor pi brutta, si riscosse come
persona sorpresa. .
Che diamine ? cominciava Renzo, alzando anche
lui le mani verso la donna; ma questa, perduta la speranza
di poterlo far cogliere all'improvviso, lasci scappare il
grido che aveva rattenuto fin allora: l'untore! dagli !
dagli! dagli all'untore!
Chi? io! ah strega bugiarda! sta zitta, grid Renzo:
e fece un salto verso lei, per impaurirla e farla chetare.
Ma s' avvide subito, che aveva bisogno piuttosto di pen
sare ai casi suoi. Allo strillar della vecchia, accorreva
gente di qua e di l; non la folla che, in un caso simile,
CAPITOLO XXXIV. 56.1
sarebbe stata, tre mesi prima; ma pi che abbastanza per
poter fare d' un uomo solo quel che volessero? Nello stesso
tempo, s' apr di nuovo la finestra, e quella medesima sgar
bata di prima ci s' affacci questa volta, e gridava anche
lei : pigliatelo, pigliatelo ; che dev' essere uno di que' bir
boni che vanno in giro a unger le porte de' galantuomini.
Renzo non istette l a pensare : gli parve subito miglior
partito sbrigarsi da coloro, che rimanere a dir le sue ra
gioni : diede un' occhiata a destra e a sinistra, da che parte
ci fosse men gente, e svign di l. Rispinse con un urtone
uno che gli parava la strada; con un gran punzone nel
petto, fece dare indietro otto o dieci passi un altro che gli
correva incontro ; e via di galoppo , col pugno in aria ,
stretto, nocchiuto, pronto per qualunque altro gli fosse ve
nuto tra' piedi. La strada davanti era sempre libera; ma
dietro le spalle sentiva il calpestio e, pi forti del calpe
stio, quelle grida amare : dagli ! dagli ! all' untore t Non
sapeva quando fossero per fermarsi; non vedeva dove si
potrebbe mettere in salvo. IT ira divenne rabbia, l' ango
scia si cangi in disperazione; e, perso il lume degli oc
chi, mise mano al suo coltellaccio, lo sfoder, si ferm su
due piedi, volt indietro il viso pi torvo e pi cagnesco che
avesse fatto a' suoi giorni ; e, col braccio teso, brandendo
in aria la lama luccicante, grid: chi ha cuore, venga
avanti , canaglia ! che l' unger io davvero con questo.
Ma, con maraviglia, e con un sentimento confuso di
consolazione, vide che i suoi persecutori s' eran gi fer
mati, e stavan l come titubanti, e che, seguitando a ur
lare, facevan, con le mani per aria, certi cenni da spiri
tati, come a gente che venisse di lontano dietro a lui. Si
volt di nuovo, e vide (ch il gran turbamento non gliel
aveva lasciato vedere un momento prima) un carro che
s'avanzava, anzi una fila di que' soliti carri funebri, col
solito accompagnamento ; e dietro, a qualche distanza, un
altro mucchietto di gente che avrebbero voluto anche loro
dare addosso all' untore, e prenderlo in mezzo ; ma eran
trattenuti dall' impedimento medesimo. Vistosi cos tra
due fuochi, gli venne in mente che ci che era di terrore
564 I PROMESSI SPOSI
a coloro, poteva essere a lui di salvezza; pens che non
era tempo di far lo schizzinoso; rimise il coltellaccio
nel fodero, si tir da una parte, prese la rincorsa verso
i carri, pass il primo, e adocchi nel secondo un buono
spazio vto. Prende la mira, spicca un salto; su, pian
tato sul piede destro, col sinistro in aria, e con le brac
cia alzate.
Bravo! bravo! esclamarono, a una voce, i monatti,
alcuni de' quali seguivano il convoglio a piedi, altri erari
seduti sui carri, altri, per dire l' orribil cosa com' era, sui
cadaveri, trincando da un gran fiasco che andava in giro.
Bravo ! bel colpo !
Sei venuto a metterti sotto la protezione de' monatti;
fa conto d'essere in chiesa, gli disse uno de' due che
stavano sul carro dov' era montato.
I nemici, all' avvicinarsi del treno, avevano, i pi, vol
tate le spalle, e se n'andavano, non lasciando di gridare:
dagli ! dagli ! all' untore ! Qualcheduno si ritirava pi
adagio, fermandosi ogni tanto, e voltandosi, con versacci
e con gesti di minaccia, a Renzo; il quale, dal carro, ri
spondeva loro dibattendo i pugni in aria.
Lascia fare a me, gli disse un monatto ; e strappato
d' addosso a un cadavere un laido cencio , l' annod in
fretta, e, presolo per una delle cocche, l'alz come una
fionda verso quegli ostinati, e fece le viste di buttarglielo,
gridando: aspetta, canaglia ! A quell'atto, fuggiron
tutti, inorriditi ; e Renzo non vide pi che schiene di ne
mici, e calcagni che ballavano rapidamente per aria, a
guisa di gualchiere.
Tra i monatti s' alz un urlo di trionfo, uno scroscio pro
celloso di risa, un uh ! prolungato, come per accom
pagnar quella fuga.
Ah ah ! vedi se noi sappiamo proteggere i galantuo
mini? disse a Renzo quel monatto: vai pi uno di noi
che cento di que' poltroni.
Certo, posso dire che vi devo la vita, rispose Renzo :
e vi ringrazio con tutto il cuore.
Di che cosa ? disse il monatto: tu lo meriti : si vede che
CAPITOLO XXXIV. 565
sei un bravo giovine. Fai bene a ungere questa canaglia :
ungili, estirpali costoro, che non vaglion qualcosa, se non
quando son morti ; che, per ricompensa della vita che fac
ciamo, ci maledicono, e vanno dicendo che, finita la moria,
ci voglion fare impiccar tutti. Hanno a finir prima loro
che la moria; e i monatti hanno a restar soli, a cantar
vittoria, e a sguazzar per Milano.
Viva la moria, e moia la marmaglia ! esclam l' al
tro ; e, con questo bel brindisi, si mise il fiasco alla bocca,
e, tenendolo con tutt' e due le mani, tra le scosse del carro,
diede una buona bevuta, poi lo porse a Renzo, dicendo:
bevi alla nostra salute.
Ve l' auguro a tutti, c on tutto il cuore, disse Renzo :
ma non ho sete-; non ho proprio voglia di bere in que
sto momento.
Tu hai avuto una bella paura, a quel che mi pare,
disse il monatto: m'hai aria d'un pover'uomo; ci vuol
altri visi a far l'untore.
Ognuno s' ingegna come pu, disse l' altro.
Dammelo qui a me, disse uno di quelli che venivano
a piedi accanto al carro, ch ne voglio bere anch' io un
altro sorso, alla salute del suo padrone, che si trova qui
in questa bella compagnia l, l, appunto, mi pare, in
quella bella carrozzata.
E, con un suo atroce e maledetto ghigno, accennava il
carro davanti a quello su cui stava il povero Renzo. Poi,
composto il viso a un atto di seriet ancor pi bieco e fel
lonesco, fece una riverenza da quella parte, e riprese:
si contenta, padron mio, che un povero monattuccio as
saggi di quello della sua cantina? Vede bene: si fa certe
vite : siam quelli che l' abbiam messo in carrozza, per con
durlo in villeggiatura. E poi, gi a loro signori il vino fa
subito male: i poveri monatti han lo stomaco buono.
E tra le risate de' compagni, prese il fiasco, e l' alz; ma,
prima di bere, si volt a Renzo, gli fiss gli occhi in viso,
e gli disse, con una cert' aria di compassione sprezzante :
bisogna che il diavolo col quale hai fatto il patto, sia
ben giovine ; ch, se non eravamo l noi a salvarti, lui ti
566 I PROMESSI SPOSI
dava un bell' aiuto. E tra un nuovo scroscio di risa, s' at
tacc il fiasco alle labbra.
E noi ? eh ! e noi ? . gridaron pi voci dal carro ch' era
avanti. Il birbone, tracannato quanto ne volle, porse, con
tutt' e due le mani, il gran fiasco a quegli altri suoi simili,
i quali se lo passaron dall' uno all' altro, fino a uno che,
votatolo, lo prese per il collo, gli fece fare il mulinello, e
l0 scagli a fracassarsi sulle lastre, gridando: viva la
moria! Dietro a queste parole, inton una loro canzo
nacela; e subito alla sua voce s' accompagnaron tutte l' al
tre di quel turpe coro. La cantilena infernale, mista al
tintinnio de' campanelli , al cigolio de' carri, al calpestio
de' cavalli, risonava nel vto silenzioso delle strade, e, rim
bombando nelle case, stringeva amaramente il cuore de' po
chi che ancor le abitavano.
Ma cosa non pu alle volte venire in acconcio? cosa non
pu far piacere in qualche caso? Il pericolo d'un mo
mento prima aveva resa pi che tollerabile a Renzo la
compagnia di que' morti e di que' vivi ; e ora fu a' suoi orec
chi una musica, sto per dire, gradita, quella che lo levava
dall' impiccio d' una tale conversazione. Ancor mezzo af
fannato, e tutto sottosopra, ringraziava intanto alla me
glio in cuor suo la Provvidenza, d' essere uscito d' un tal
frangente, senza ricever male n farne; la pregava che
l' aiutasse ora a liberarsi anche da' suoi liberatori ; e dal
canto suo, stava all'erta, guardava quelli, guardava la
strada, per cogliere il tempo di sdrucciolar gi quatto
quatto, senza dar loro occasione di far qualche rumore ,
qualche scenata, che mettesse in malizia i passeggieri.
Tutt' a un tratto, a una cantonata, gli parve di ricono
scere il luogo : guard pi attentamente, e ne fu sicuro.
Sapete dov'era? Sul corso di porta orientale, in quella
strada per cui era venuto adagio, e tornato via in fretta,
circa venti mesi prima. Gli venne subito in mente che di
l1 s' andava diritto al lazzeretto ; e questo trovarsi sulla
strada giusta, senza studiare, senza domandare, l'ebbe per
un tratto speciale della Provvidenza, e per buon augurio
del rimanente. In quel punto, veniva incontro ai carri un
CAPITOLO XXXIV. 567
-commissario, gridando a' monatti di fermare, e non so che
altro : il fatto che il convoglio si ferm, e la musica si
cambi in un diverbio rumoroso. Uno de' monatti ch' eran
sul carro di Renzo, salt gi: Renzo disse all'altro: vi
ringrazio della vostra carit: Dio ve ne renda merito ;
e gi anche lui, dall' altra parte.
Va, va, povero untorello, rispose colui: non sarai
tu quello che spianti Milano.
Per fortuna, non c' era chi potesse sentire. Il convoglio
era fermato sulla sinistra del corso: Renzo prende in
fretta dall'altra parte, e, rasentando il muro, trotta in
nanzi verso il ponte; lo passa, continua per la strada del
borgo, riconosce il convento de' cappuccini , vicino alla
porta, vede spuntar l' angolo del lazzeretto, passa il can
cello, e gli si spiega davanti la scena esteriore di quel re
cinto : un indizio appena e un saggio, e gi una vasta, di
versa, indescrivibile scena.
Lungo i due lati che si presentano a chi guardi da quel
punto, era tutto un brulichio ; erano ammalati che anda
vano , in compagnie , al lazzeretto ; altri che sedevano o
giacevano sulle sponde del fossato che lo costeggia; sia
che le forze non fosser loro bastate per condursi lin den
tro al ricovero, sia che, usciti di l per disperazione, le
forze fosser loro ugualmente mancate per andar pi avanti.
Altri meschini erravano sbandati, come stupidi, e non
pochi fuor di s affatto ; uno stava tutto infervorato a rac
contar le sue immaginazioni a un disgraziato che giaceva
oppresso dal male ; un altro dava nelle smanie ; un altro
guardava in qua e in l con un visino ridente, come se
assistesse a un lieto spettacolo. Ma la specie pi strana e
pi rumorosa d' una tal trista allegrezza, era un cantare
alto e continuo, il quale pareva che non venisse fuori da
quella miserabile folla, e pure si faceva sentire pi che
tutte l' altre voci: una canzone contadinesca d' amore gaio
e scherzevole, di quelle che chiamavan villanelle; e an
dando con lo sguardo dietro al suono, per iscoprire chi
mai potesse esser contento, in quel tempo, in quel luogo,
si vedeva un meschino che, seduto tranquillamente in
568 I PROMESSI SPOSI
fondo al fossato, cantava a pi non posso, con la testa
per aria.
Renzo aveva appena fatti alcuni passi lungo il lato me
ridionale dell' edifzio, che si senti in quella moltitudine
un rumore straordinario, e di lontano voci che gridavano:
guardai piglia! S'alza in punta di piedi, e vede un ca
vallaccio che andava di carriera, spinto da un pi strano
cavaliere : era un frenetico . che, vista quella bestia sciolta
e non guardata, accanto a un carro, c'era montato in
fretta a bisdosso, e, martellandole il collo co' pugni, e fa
cendo sproni de' calcagni, la cacciava in furia ; e monatti
dietro, urlando ; e tutto si ravvolse in un nuvolo di pol
vere, che volava lontano.
Cos, gi sbalordito e stanco di veder miserie, il giovine
arriv alla porta di quel luogo dove ce n'eran adunate
forse pi che non ce ne fosse di sparse in tutto lo spazio
che gli era gi toccato di percorrere. S' affaccia a quella
porta, entra sotto la volta, e rimane un momento immo
bile a mezzo del portico.

CAPITOLO XXXV.

S' immagini il lettore il recinto del lazzeretto, popolato


di sedici mila appestati ; quello spazio tutt' ingombro, dove
di capanne e di baracche, dove di carri, dove di gente;
quelle due interminate fughe di portici, a destra e a si
nistra, piene, gremite di languenti o di cadaveri confusi,
sopra sacconi, o sulla paglia; e su tutto quel quasi im
menso covile, un brulichio, come un ondeggiamento; e qua
e l, un andare e venire, un fermarsi, un correre, un
chinarsi, un alzarsi, di convalescenti, di frenetici, di ser
venti. Tale fu lo spettacolo che riemp a un tratto la
vista di Renzo, e lo tenne l, sopraffatto e compreso. Que
sto spettacolo, noi non ci proponiam certo di descriverlo
a parte a parte, n il lettore lo desidera; solo, seguendo
il nostro giovine nel suo penoso giro, ci fermeremo alle
sue fermate, e di ci che gli tocc di vedere diremo quanto
sia necessario a raccontar ci che fece, e ci che gli segui.
CAPITOLO XXXV. . 50t)
Dalla porta dove s'era fermato, fino alla cappella del
mezzo, e di l all'altra porta in faccia, c'era come un
viale sgombro di capanne e d' ogni altro impedimento sta
bile ; e alla seconda occhiata, Renzo vide in quello un tra
menio di carri, un portar via roba, per far luogo; vido
cappuccini e secolari che dirigevano quell'operazione, e
insieme mandavan via chi non ci avesse che fare. E te
mendo d' essere anche lui messo fuori in quella maniera,
si cacci addirittura tra le capanne, dalla parte a cui si
trovava casualmente voltato, alla diritta.
Andava avanti, secondo che vedeva posto da poter met
tere il piede, da capanna a capanna, facendo capolino in
ognuna, e osservando i letti ch'eran fuori allo scoperto,
esaminando volti abbattuti dal patimento, o contratti dallo
spasimo, o immobili nella morte, se mai gli venisse fatto
di trovar quello che pur temeva di trovare. Ma aveva gi
fatto un bel pezzetto di cammino, e ripetuto pi e pi volte
quel doloroso esame, senza veder mai nessuna donna: onde
s' immagin che dovessero essere in un luogo separato. E
indovinava; ma dove fosse, non n'aveva indizio, n po
teva argomentarlo. Incontrava ogni tanto ministri, tanto
diversi d' aspetto e di maniere e d' abito, quanto diverso
e opposto era il principio che dava agli uni e agli altri
una forza uguale di vivere in tali servizi : negli uni l' estin
zione d'ogni senso di piet, negli altri una piet sovrumana.
Ma n agli uni n agli altri si sentiva di far domande,
per non procacciarsi alle volte un inciampo; e deliber
d' andare, andare, fin che arrivasse a trovar donne. E an
dando non lasciava di spiare intorno; ma di tempo in
tempo era costretto a ritirare lo sguardo contristato, e
come abbagliato da tante piaghe. Ma dove rivolgerlo, dove
riposarlo, che sopra altre piaghe ?
L'aria stessa e il cielo accrescevano, se qualche cosa po
teva accrescerlo, l' orrore di quelle viste. La nebbia s' era
a poco a poco addensata e accavallata in nuvoloni che,
rabbuiandosi sempre pi, davano idea d' un annottar tem
pestoso; se non che, verso il mezzo di quel cielo cupo e
abbassato, traspariva, come da un fitto velo, la spera del
570 0 I promessi srosi
sole, pallida, che spargeva intorno a s un barlume fioco e
sfumato, e pioveva un calore morto e pesante. Ogni tanto,
tra mezzo al ronzio continuo di quella confusa moltitudine,
si sentiva un borbottar di tuoni, profondo, come tronco,
irresoluto; n, tendendo l'orecchio, avreste saputo distin
guere da che parte venisse; o avreste potuto crederlo un
correr lontano di carri, che si fermassero improvvisamente.
Non si vedeva, nelle campagne d' intorno, moversi un ramo
d' albero, n un ucce Ilo andarvisi a posare, o staccarsene :
solo la rondine, comparendo subitamente di sopra il tetto
del recinto, sdrucciolava in gi con l'ali tese, come per
rasentare il terreno del campo; ma sbigottita da quel bruli
chio, risaliva rapidamente, e fuggiva. Era uno di que'tempi,
in cui, tra una compagnia di viandanti non c' nessuno
che rompa il silenzio ; e il cacciatore cammina pensieroso,
con lo sguardo a terra ; e la villana, zappando nel campo,
smette di cantare, senza avvedersene ; di que' tempi forieri
della burrasca, in cui la natura, come immota al di fuori, e
agitata da un travaglio interno, par che opprima ogni vi
vente, e aggiunga non so quale gravezza a ogni operazione,
all' ozio, all' esistenza stessa. Ma in quel luogo destinato
per s al patire e al morire, si vedeva l' uomo gi alle prese
col male soccombere alla nuova oppressione ; si vedevan
centinaia e centinaia peggiorar precipitosamente ; e insieme,
l' ultima lotta era pi affannosa, e nell' aumento de'dolori,
i gemiti pi soffogati : n forse su quel luogo di miserie era
ancor passata un' ora crudele al par di questa.
Gi aveva il giovine girato un bel pezzo, e senza frutto,
per queil' andirivieni di capanne, quando, nella variet
de' lamenti e nella confusione del mormorio, cominci a di
stinguere un misto singolare di vagiti e di belati ; fin che
arriv a un assito scheggiato e sconnesso, di dentro il quale
veniva quel suono straordinario. Mise un occhio a un largo
spiraglio, tra due asse, e vide un recinto con dentro capanne
sparse, e, cos in quelle, come nel piccol campo, non la so
lita infermeria, ma bambinelli a giacere sopra materassine,
o guanciali, o lenzoli distesi, otopponi; e balie e altre donne
in faccende ; e, ci che pi di tutto attraeva e fermava lo
CAPITOLO XXXV. 571
sguardo, capre mescolate con quelle, e fatte loro aiutanti :
uno spedale d' innocenti, quale il luogo e il tempo potevan
darlo. Era, dico, una cosa singolare a vedere alcune di quelle
bestie, ritte e quiete sopra questo e quel bambino, dargli
la poppa ; e qualche altra accorrere a un vagito, come con
senso materno, e fermarsi presso il piccolo allievo, e pro
curar d' accomodarcisi sopra, e belare, e dimenarsi, quasi
chiamando chi venisse in aiuto a tutt' e due.
Qua e l eran sedute balie con bambini al petto; alcune
in tal atto d' amore, da far nascer dubbio nel riguardante,
se fossero state attirate in quel luogo dalla paga, o da quella
carit spontanea che va in cerca de' bisogni e de' dolori. Una
ili esse, tutta accorata, staccava dal suo petto esausto un
meschinello piangente, e andava tristamente cercando la
bestia, che potesse far le sue veci. Un' altra guardava con
occhio di compiacenza quello che le si era addormentato
alla poppa, e baciatolo mollemente, andava in una capanna
a posarlo sur una materassina. Ma una terza, abbando
nando il suo petto al lattante straniero, con una cert' aria
per non di trascuranza, ma di preoccupazione, guardava
fisso il cielo: a che pensava essa, in queir atto, con quello
sguardo, se non a un nato dalle sue viscere, che, forse poco
prima, aveva succhiato quel petto, che forse c' era spirato
sopra? Altre donne pi attempate attendevano ad altri
servizi. Una accorreva alle grida d' un bambino affamato,
lo prendeva e lo portava vicino a una capra che pascolava
a un mucchio d' erba fresca, e glielo presentava alle poppe,
gridando l'inesperto animale e accarezzandolo insieme,
-affinch si prestasse dolcemente all' ufizio. Questa correva
a prendere un poverino, che una capra tutt' intenta a al
lattarne un altro, pestava con una zampa: quella portava
in qua e in l il suo, ninnandolo, cercando, ora d' addor
mentarlo col canto, ora d'acquietarlo con dolci parole,
chiamandolo con un nome ch' essa medesima gli aveva
messo. Arriv in quel punto un cappuccino con la barba
bianchissima, portando due bambini strillanti, uno per
braccio, raccolti allora vicino alle madri spirate; e una
-donna corse a riceverli, e andava guardando tra la brigata
572 I PROMESSI SPOSI
e nel gregge , per trovar subito chi tenesse lor luogo di
madre.
Pi d' una volta il giovine, spinto da quello ch' era il pri
mo, e il pi forte de' suoi pensieri, s'era staccato dallo spi
raglio per andarsene ; e poi ci aveva rimesso l' occhio, per
guardare ancora un momento.
Levatosi di l finalmente, and costeggiando l'assito, fin
che un mucchietto di capanne appoggiate a quello, lo co
strinse a voltare. And allora lungo le capanne, con la mira
di riguadagnar l' assito, d' andar fino alla fine di quello, e
scoprir paese nuovo. Ora, mentre guardava innanzi, per
studiar la strada, un' apparizione repentina, passeggiera,
istantanea, gli feri lo sguardo, e gli mise l' animo sottoso
pra. Vide, a un cento passi di distanza, passare e perdersi
subito tra le baracche un cappuccino, un cappuccino che,
anche cos da lontano e cos di fuga, aveva tutto l' andare,
tutto il fare, tutta la forma del padre Cristoforo. Con la
smania che potete pensare, corse verso quella parte; e l,
a girare, a cercare, innanzi, indietro, dentro e fuori, per
quegli andirivieni, tanto che rivide, con altrettanta gioia,
quella forma, quel frate medesimo ; lo vide poco lontano,
che, scostandosi da una caldaia, andava, con una scodella
in mano, verso una capanna; poi lo vide sedersi sull'uscio
di quella, fare un segno di croce sulla scodella che teneva
dinanzi ; e, guardando intorno, come uno che stia sempre
all' erta, mettersi a mangiare. Era proprio il padre Cri
stoforo.
La storia del quale, dal punto che l' abbiam perduto di
vista, fino a quest' incontro, sar raccontata in due parole.
Non s' era mai mosso da Rimini, n aveva pensato a mo
versene, se non quando la peste scoppiata in Milano gli
offr occasione di ci che aveva sempre tanto desiderato,
di dar la sua vita per il prossimo. Preg, con grand' istanza,
d' esserci richiamato, per assistere e servire gli appestati.
Il conte zio era morto ; e del resto c' era pi bisogno d' in
fermieri che di politici : sicch fu esaudito senza difficolt.
Venne subito a Milano ; entr nel lazzeretto ; e e' era da
circa tre mesi.
CAPITOLO XXXV. 573
Ma la consolazione di Renzo nel ritrovare il suo buon
frate, non fu intera neppure un momento : nell' atto stesso
d' accertarsi ch' era lui, dovette vedere quant' era mutato.
Il portamento curvo e stentato ; il viso scarno e smorto ;
e in tutto si vedeva una natura esausta, una carne rotta
e cadente, che s' aiutava e si sorreggeva, ogni momento,
con uno sforzo dell' animo.
Andava anche lui fissando lo sguardo nel giovine che ve
niva verso di lui, e che, col gesto, non osando con la voce,
cercava di farsi distinguere e riconoscere. Oh padre Cri
stoforo t disse poi, quando gli fu vicino da poter esser
sentito senza alzar la voce.
Tu qui ! disse il frate, posando in terra la scodella, e
alzandosi da sedere.
(Dome sta, padre ? come sta ?
Meglio di tanti poverini che tu vedi qui, rispose il
frate : e la sua voce era fioca, cupa, mutata come tutto il
resto. L' occhio soltanto era quello di prima, e un non so
che pi vivo e pi splendido ; quasi la carit, sublimata nel-
l' estremo dell'opera, ed esultante di sentirsi vicina al suo
principio, ci rimettesse un fuoco pi ardente e pi puro di
quello che l'infermit ci andava a poco a poco spegnendo.
Ma tu, proseguiva, come sei qui ? perch vieni cosi
ad affrontar la peste?
L'ho avuta, grazie al cielo. Vengo... a cercar di...
I.wcia.
Lucia ! qui Lucia?
qui: almeno spero in Dio che ci sia ancora.
tua moglie?
Oh caro padre ! no che non mia moglie. Non sa nulla
di tutto quello che accaduto?
No, figliuolo : da che Dio m' ha allontanato da voi altri,
io non n'ho saputo pi nulla; ma ora ch'Egli mi ti manda,
dico la verit che desidero molto di saperne. Ma ... e il
bando?
Le sa dunque, le cose che m' hanno fatto ?
Ma tu, che avevi fatto?
Senta: se volessi dire d'aver avuto giudizio, quel giorno
574 I PROMESSI SPOSI
in Milano, direi una bugia ; ma cattive azioni non n' ho fatte
punto.
Te lo credo, e lo credevo anche prima.
Ora dunque le potr dir tutto.
Aspetta, disse il frate ; e andato alcuni passi fuor
della capanna, chiam: padre Vittore! Dopo qualche
momento, comparve un giovine cappuccino, al quale disse:
fatemi la carit, padre Vittore, di guardare anche per me,
a questi nostri poverini, intanto ch'io me ne sto ritirato;
e se alcuno per mi volesse, chiamatemi. Quel tale princi
palmente I se mai desse il pi piccolo segno di tornare in
s, avvisatemi subito, per carit.
Non dubitate, rispose il giovine; e il vecchio, tornato
verso Renzo, entriamo qui, gli disse. Ma... sog
giunse subito, fermandosi, tu mi pari ben rifinito: devi
aver bisogno di mangiare.
vero, disse Renzo: ora che lei mi ci fa pensare,
mi ricordo che sono ancora digiuno.
Aspetta, disse il frate ; . e, presa un' altra scodella,
l' and a empire alla caldaia: tornato, la diede, con un cuc
chiaio, a Renzo ; lo fece sedere sur un saccone che gli ser
viva di letto; poi and a una botte ch'era in un canto, e
ne spill un bicchier di vino, che mise sur un tavolino, da
vanti al suo convitato ; riprese quindi la sua scodella, e si
mise a sedere accanto a lui.
Oh padre Cristoforo ! disse Renzo : tocca a lei a far
codeste cose ? Ma gi lei sempre quel medesimo. La rin
grazio proprio di cuore.
Non ringraziar me, disse il frate : roba de' poveri;
ma anche tu sei un povero, in questo momento. Ora dimmi
quello che non so, dimmi di quella nostra poverina ; e cerca
di spicciarti ; ch c' poco tempo, e molto da fare, come
tu vedi.
Renzo principi, tra una cucchiaiata e l' altra, la storia di
Lucia : com' era stata ricoverata nel monastero di Monza,
come rapita . . . All' immagine di tali patimenti e di tali pe
ricoli, al pensiero d' essere stato lui quello che aveva indi
rizzata in quel luogo la povera innocente, il buon frate
CAPITOLO XXXV. 575
rimase senza flato ; ma lo riprese subito, sentendo com' era
stata mirabilmente liberata, resa alla madre, e allogata da
questa presso a donna Prassede.
Ora le racconter di me, prosegu Renzo ; e raccont
in succinto la giornata di Milano, la fuga; e come era sem
pre stato lontano da casa, e ora, essendo ogni cosa sottoso
pra, s'era arrischiato d' andarci ; come non ci aveva trovato
Agnese; come in Milano aveva saputo che Lucia era al
lazzeretto. E son qui, concluse, son qui a cercarla, a
veder se viva, e se ... mi vuole ancora . . . perch . . . alle
volte...
Ma, domand il frate, hai qualche indizio dove sia
stata messa, quando ci sia venuta ?
Niente, caro padre ; niente se non che qui, se pur la
c', che Dio voglia!
Oh poverino ! ma che ricerche hai tu finora fatte qui ?
Ho girato e rigirato ; ma, tra l' altre cose, non ho mai
visto quasi altro che uomini. Ho ben pensato che le donn#
devono essere in un luogo a parte, ma non ci sono mai po
tuto arrivare: se cos, ora lei me l'insegner.
Non sai, figliuolo, che proibito d' entrarci agli uomini
che non ci abbiano qualche incombenza?
Ebbene, cosa mi pu accadere?
La regola giusta e santa, figliuolo caro; e se la
quantit e la gravezza de' guai non lascia che si possa farla
osservar con tutto il rigore, una ragione questa perch
un galantuomo la trasgredisca?
Ma, padre Cristoforo ! disse Renzo : Lucia doveva
esser mia moglie; lei sa come siamo stati separati; son
venti mesi che patisco, e ho pazienza ; son venuto fin qui, a
rischio di tante cose, l' una peggio dell' altra, e ora ...
Non so cosa dire, riprese il frate, rispondendo piut
tosto a' suoi pensieri che alle parole del giovine: tu vai
con buona intenzione ; e piacesse a Dio che tutti quelli che
hanno libero l' accesso in quel luogo, ci si comportassero
come posso fidarmi che farai tu. Dio, il quale certamente
benedice questa tua perseveranza d' affetto, questa tua fe
delt in volere e in cercare colei ch'Egli t'aveva data; Dio,
576 I PROMESSI SPOSI
che pi rigoroso degli uomini, ma pi indulgente, non
vorr guardare a quel che ci possa essere d' irregolare in
codesto tuo modo di cercarla. Ricordati solo, che, della tua
condotta in quel luogo, avremo a render conto tutt' e due :
agli uomini facilmente no, ma a Dio senza dubbio. Vien
qui. In cos dire, s'alz, e nel medesimo tempo anche
Renzo; il quale, non lasciando di dar retta alle sue parole,
s' era intanto consigliato tra s di non parlare, come s' era
proposto prima, di quella tal promessa di Lucia. Se sente
anche questo, aveva pensato, mi fa dell' altre diffi
colt sicuro. O la trovo ; e saremo sempre a tempo a discor
rerne; o... e allora! che serve?
Tiratolo sull' uscio della capanna, ch' era a settentrione,
il frate riprese: Senti; il nostro padre Felice, che il
presidente qui de| lazzeretto, conduce oggi a far la qua
rantina altrove i pochi guariti che ci sono. Tu vedi quella
chiesa l nel mezzo e, alzando la mano scarna e tre
molante, indicava a sinistra nell' aria torbida la cupola
della cappella, che torreggiava sopra le miserabili tende ;
e prosegu: l intorno si vanno ora radunando, per
uscire in processione dalla porta per la quale tu devi
essere entrato.
Ah ! era per questo dunque, che lavoravano a sbrat
tare la strada.
Per l' appunto : e tu devi anche aver sentito qualche
tocco di quella campana.
N'ho sentito uno.
Era il secondo: al terzo saran tutti radunati: il padre
Felice far loro un piccolo discorso; e poi s'avver con
loro. Tu, a quel tocco, portati l; cerca di metterti dietro
quella gente, da una parte della strada, dove, senza distur
bare, n dar nell'occhio, tu possa vederli passare ; e vedi . . .
vedi... se la ci fosse. Se Dio non ha voluto che la ci sia:
quella parte, e alz di nuovo la mano, accennando il lato
dell' edifizio che avevan dirimpetto : quella parte della
fabbrica, e una parte del terreno che l davanti, asse
gnata alle donne. Vedrai uno stecconato che divide questo
da quel quartiere, ma in certi luoghi interrotto, in altri
CAPITOLO XXXV. 577
aperto, sicch non troverai difficolt per entrare. Dentro
poi, non facendo tu nulla che dia ombra a nessuno, nessuno
probabilmente non dir nulla a te. Se per ti si facesse
,qualche ostacolo, d che il padre Cristoforo da"** ti cono
sce, e render conto di te. Cercala li ; cercala con fiducia
,e . . . con rassegnazione. Perch, ricordati che non poco
ci che tu sei venuto a cercar qui: tu chiedi una persona
viva al lazzeretto! Sai tu quante volte io ho veduto rin
novarsi questo mio povero popolo ! quanti ne ho veduti
portar via! quanti pochi uscire!... Va preparato a fare
lin sacrifizio...
Gi; intendo anch'io, interruppe Renzo trasvol
gendo gli occhi, e cambiandosi tutto in viso; intendo!
Vo : guarder, cercher, in un luogo, nell' altro, e poi an
cora, per tutto il lazzeretto, in lungo e in largo... e se
non la trovo!...
Se non la trovi? disse il frate, con un'aria di se
riet e d' aspettativa, e con uno sguardo che ammoniva.
Ma Renzo, a cui la rabbia riaccesa dall'idea di quel
dubbio aveva fatto perdere il lume degli occhi, ripet e
seguit: se non la trovo, vedr di trovare qualchedun
altro. O in Milano, o nel suo scellerato palazzo, o in capo
al mondo, o a casa del diavolo, lo trover quel furfante
che ci ha separati; quel birbone che, se non fosse stato
lui, Lucia sarebbe mia, da venti mesi ; e se eravamo de
stinati a morire , almeno saremmo morti insieme. Se c'
ancora colui, lo trover
Renzo! disse il frate, afferrandolo per un braccio,
e guardandolo ancor pi severamente.
E se lo trovo, continu Renzo, cieco affatto dalla
collera, se la peste non ha gi fatto giustizia Non
pi il tempo che un poltrone , co' suoi bravi d' intorno ,
possa metter la gente alla disperazione, e ridersene:
venuto un tempo che gli uomini s' incontrino a viso a viso :
e la far io la giustizia!
Sciagurato ! grid il padre Cristoforo, con una voce
che aveva ripresa tutta l' antica pienezza e sonorit :
sciagurato! e la sua testa cadente sul petto s'era
I Promessi Sposi. S7
578 I PROMESSI SPOSI
sollevata ; le gote si colorivano dell'antica vita ; e il fuoco
degli occhi aveva un non so che di terribile. Guarda,
sciagurato ! E mentre con una mano stringeva e scoteva
forte il braccio di Renzo, girava l' altra davanti a se, ac
cennando quanto pi poteva della dolorosa scena all'in
torno. Guarda chi Colui che gastiga! Colui che giu
dica, e non giudicato ! Colui che flagella e che perdona !
Ma tu, verme della terra, tu vuoi far giustizia ! Tu lo sai.
tu, quale sia la giustizia ! Va, sciagurato, vattene ! Io, spe
ravo s, ho sperato che, prima della mia morte, Dio
m' a vrebbe data questa consolazione di sentir che la mia
povera Lucia fosse viva; forse di vederla, e di sentirmi
prometter da lei che rivolgerebbe una preghiera l verso
quella fossa dov' io sar. Va, tu m' hai levata la mia spe
ranza. Dio non l' ha lasciata in terra per te ; e tu, certo,
non hai l'ardire di crederti degno che Dio pensi a con
solarti. Avr pensato a lei, perch lei una di queir anime
a cui son riservate le consolazioni eterne. Val non ho pi
tempo di darti retta.
E cos dicendo, rigett da s il braccio di Renzo , e si
mosse verso una capanna d'infermi.
Ah padre ! disse Renzo, andandogli dietro in atto
supplichevole : mi vuol mandar via in questa maniera?
Come ! riprese, con voce non meno severa, il cap
puccino. Ardiresti tu di pretendere ch'io rubassi il
tempo a questi afflitti, i quali aspettano ch'io parli loro
del perdono di Dio, per ascoltar le tue voci di rabbia, i
tuoi proponimenti di vendetta ? T" ho ascoltato quando tu
chiedevi consolazione e aiuto ; ho lasciata la carit per la
carit ; ma ora tu hai la tua vendetta in cuore : che vuoi
da me? vattene. Ne ho visti morire qui degli offesi che
perdona vano ; degli offensori che gemevano di non potersi
umiliare davanti all' offeso : ho pianto con gli uni e con gli
altri; ma con te che ho da fare?
Ah gli perdono! gli perdono davvero, gli perdono per
sempre ! esclam il giovine.
Renzo ! disse, con una seriet pi tranquilla, il frate
pensaci ; e dimmi un poco quante volte gli hai perdonato.
CAPITOLO XXXV. 579
E, stato alquanto senza ricever risposta, tutt' a un tratto
abbass il capo, e, con voce cupa e lenta, riprese: tu
fai perch io porto quest'abito.
Renzo esitava.
Tu lo sai! riprese il vecchio.
Lo so, rispose Renzo.
Ho odiato anch' io : io, che t' ho ripreso per un pen
siero, per una parola, l' uomo ch' io odiavo cordialmente,
che odiavo da gran tempo, io l' ho ucciso.
S, ma un prepotente, uno di quelli
Zitto! interruppe il frate: credi tu che, se ci fosse
una buona ragione, io non l' avrei trovata in trent' anni ?
Ah! s'io potessi ora metterti in cuore il sentimento che
dopo ho avuto sempre, e che ho ancora, per l' uomo ch' io
odiavo ! S' io potessi ! io ? ma Dio lo pu : Egli lo faccia ! . . .
Senti, Renzo : Egli ti vuol pi bene di quel che te ne vuoi
tu : tu hai potuto macchinar la vendetta ; ma Egli ha ab
bastanza forza e abbastanza misericordia per impedirtela;
'i fa una grazia di cui qualchedun altro era troppo inde
gno. Tu sai, tu l' hai detto tante volte, ch' Egli pu fermar
la mano d' un prepotente; ma sappi che pu anche fermar
quella d' un vendicativo. E perch sei povero, perch sei
offeso, credi tu ch'Egli non possa difendere contro di te
un uomo che ha creato a sua immagine ? Credi tu ch' Egli
ti lascerebbe fare tutto quello che vuoi? No! ma sai tu
cosa puoi fare ? Puoi odiare, e perderti ; puoi, con un tuo
sentimento, allontanar da te ogni benedizione. Perch, in
qualunque maniera t'andassero le cose, qualunque for
tuna tu avessi, tien per certo che tutto sar gastigo, fin
ch tu non abbia perdonato in maniera da non poter mai
pi dire: io gli perdono.
S, s, disse Renzo, tutto commosso, e tutto con
fuso : capisco che non gli avevo mai perdonato davvero ;
capisco che ho parlato da bestia, e non da cristiano : e ora,
con la grazia del Signore, s, gli perdono proprio di cuore
E se tu lo vedessi?
Pregherei il Signore di dar pazienza a me, e di toc
care il cuore a lui.
530 I PROMESSI SPOSI
Ti ricorderesti che il Signore non ci ha detto di per
donare a' nostri nemici, ci ha detto d' amarli ? Ti ricorde
resti ch' Egli lo ha amato a segno di morir per lui ?
S, col suo aiuto.
Ebbene, vieni con me. Hai detto: lo trover ; lo tro
verai. Vieni, e vedrai con chi tu potevi tener odio, a chi
potevi desiderar del male, volergliene fare, sopra che vita
tu volevi far da padrone.
E, presa la mano di Renzo, e strettala come avrebbe
potuto fare un giovine sano, si mosse. Quello, senza osar
di domandar altro, gli and dietro.
Dopo pochi passi, il frate si ferm vicin1 all'apertura
d'una capanna, fiss gli occhi in viso a Renzo, con un
misto di gravit e di tenerezza ; e lo condusse dentro.
La prima cosa che si vedeva, nell' entrare, era un in
fermo seduto sulla paglia nel fondo; un infermo per non
aggravato, e che anzi poteva parer vicino alla convale
scenza; il quale, visto il padre, tentenn la testa, come
accennando di no: il padre abbass la sua, con un atto
di tristezza e di rassegnazione. Renzo intanto, girando,
con una curiosit inquieta, lo sguardo sugli altri oggetti,
vide tre o quattro infermi, ne distinse uno da una parte
sur una materassa, involtato in un lenzolo, con una cappa
signorile indosso, a guisa di coperta: lo fiss, riconobbe ,
don Rodrigo, e fece un passo indietro; ma il frate, facen
dogli di nuovo sentir fortemente la mano con cui lo te
neva, lo tir appi del covile, e, stesavi sopra l'altra mano,
accennava col dito l'uomo che vi giaceva.
Stava l' infelice, immoto ; spalancati gli occhi, ma senza
sguardo; pallido il viso e sparso di macchie nere; nere
ed enfiate le labbra : l' avreste detto il viso d' un cadavere,
se una contrazione violenta non avesse reso testimonio
d' una vita tenace. Il petto si sollevava di quando in
quando, con un respiro affannoso; la destra, fuor della
cappa , lo premeva vicino . al cuore , con uno stringere
adunco delle dita, livide tutte, e sulla punta nere.
Tu vedi! disse il frate, con voce bassa e grave.
Pu esser gastigo, pu esser misericordia. Il sentimento
CAPITOLO XXXV. 581
che tu proverai ora per quest' uomo che t' ha offeso, s ;
lo stesso sentimento, il Dio, che tu pure hai offeso, avr
per te in quel giorno. Benedicilo, e sei benedetto. Da quat
tro giorni qui come tu lo vedi, senza dar segno di sen
timento. Forse il Signore pronto a concedergli un' ora
di ravvedimento ; ma voleva esserne pregato da te : forse
vuole che tu ne lo preghi con quella innocente ; forse serba
la grazia alla tua sola preghiera , alla preghiera d' un
cuore afflitto e rassegnato. Forse la salvezza di que
st' uomo e la tua dipende ora da te, da un tuo sentimento
di perdono, di compassione... d' amore !
Tacque; e, giunte le mani, chin il viso sopra di esse,
e preg: Renzo fece lo stesso.
Erano da pochi momenti in quella positura, quando
scocc la campana. Si mossero tutt'e due, come di con
certo ; e uscirono. N. l' uno fece domande, n l' altro pro
teste: i loro visi parlavano.
Va ora, riprese il frate, va preparato, sia a ricevere
una grazia, sia a fare un sacrifizio ; a lodar Dio, qualunque
sia l' esito delle tue ricerche. E qualunque sia, vieni a dar
mene notizia ; noi lo loderemo insieme.
Qui, senza dir altro, si separarono; uno torn dond'era
venuto ; l' altro s' avvi alla cappella, che non era lontana
pi d'un cento passi.

CAPITOLO XXXVI.

Chi avrebbe mai detto a Renzo, qualche ora prima, che,


nel forte d' una tal ricerca, al cominciar de' momenti pi
dubbiosi e pi decisivi, il suo cuore sarebbe stato diviso
tra Lucia e don Rodrigo? Eppure era cos: quella figura
veniva a mischiarsi con tutte l' immagini care o terribili
che la speranza o il timore gli mettevan davanti a vicenda,
in quel tragitto ; le parole sentite appi di quel covile, si
cacciavano tra i s e i no, ond'era combattuta la sua mente ;
e non poteva terminare una preghiera per l'esito felice del
gran cimento, senza attaccarci quella che aveva principiata
l, e che lo scocco della campana aveva troncata.
582 I PROMESSI SPOSI
La cappella ottangolare che sorge, elevata d'alcuni
scalini; nel mezzo del lazzeretto, era, nella sua costruzione
primitiva, aperta da tutti i lati, senz' altro sostegno che
di pilastri e di colonne, una fabbrica, per dir cos, traforata :
in ogni facciata un arco tra due intercolunni; dentro gi
rava un portico intorno a quella che si direbbe pi propria
mente chiesa, non composta che d'otto archi, rispondenti a
quelli delle facciate, con sopra una cupola; di maniera che
l'altare eretto nel centro, poteva esser veduto da ogni
finestra delle stanze del recinto , e quasi da ogni punto del
campo. Ora, convertito l'edifizio a tutt' altr' uso, i vani
delle facciate son murati ; ma l' antica ossatura, rimasta
intatta, indica chiaramente l'antico stato, e l'antica de
stinazione di quello.
Renzo s'era appena avviato, che vide il padre Felice
comparire nel portico della cappella, e affacciarsi sull'arco
di mezzo del lato che guarda verso la citt; davanti al
quale era radunata la comitiva, al piano, nella strada di
mezzo; e subito dal suo contegno s' accorse che aveva co
minciata la predica.
Gir per quelle viottole, per arrivare alla coda dell' udi
torio, come gli era stato suggerito. Arrivatoci, si ferm
cheto cheto, lo scorse tutto con lo sguardo ; ma non vedeva
di l altro che un folto, direi quasi un selciato di teste. Nel
mezzo, ce n' era un certo numero coperte di fazzoletti, o di
veli : in quella parte ficc pi attentamente gli occhi : ma,
non arrivando a scoprirci dentro nulla di pi, gli alz an
che lui dove tutti tenevan fissi i loro. Rimase tocco e com
punto dalla venerabil figura del predicatore ; e, con quel
che gli poteva restar d'attenzione in un tal momento
d'aspettativa, sent questa parte del solenne ragionamento.
Diamo un pensiero ai mille e mille che sono usciti di
l; e, col dito alzato sopra la spalla, accennava dietro s
la porta che mette al cimitero detto di san Gregorio, il quale
allora era tutto, si pu dire, una gran fossa: diamo in
torno un' occhiata ai mille e mille che rimangon qui, troppo
incerti di dove sian per uscire; diamo un'occhiata a noi,
cos pochi, che n'usciamo a salvamento. Benedetto il
CAPITOLO XXXVI. 583
Signoret Benedetto nella giustizia, benedetto nella mise
ricordia! benedetto nella morte, benedetto nella salute !
benedetto in questa scelta che ha voluto far di noi ! Oh (
perch l' ha voluto, figliuoli, se non per serbarsi un piccol
popolo corretto dall'afflizione, e infervorato dalla grati
tudine? se non a fine che, sentendo ora pi vivamente,
che la vita un suo dono, ne facciamo quella stima che
merita una cosa data da Lui , 1' impieghiamo nell' opere
che si possono offrire a Lui ? se non a Une che la memoria
-de' nostri patimenti ci renda compassionevoli e soccor-
'revoli ai nostri prossimi? Questi intanto, in compagnia
.de' quali abbiamo penato, sperato, temuto; tra i quali
lasciamo degli amici, de' congiunti ; e che tutti son poi final
mente nostri fratelli; quelli tra questi, che ci vedranno
gassare in mezzo a loro, mentre forse riceveranno qualche
sollievo nel pensare che qualcheduno esce pur salvo di qui,
ricevano edificazione dal nostro contegno. Dio non voglia
che possano vedere in noi una gioia rumorosa, una gioia
mondana d' avere scansata quella morte, con la quale essi
stanno ancor dibattendosi. Vedano che partiamo ringra
ziando per noi, e pregando per loro ; e possan dire : anche
tfuor di qui, questi si ricorderanno di noi, continueranno a
pregare per noi meschini. Cominciamo da questo viaggio,
da' primi passi che siam per fare, una vita tutta di carit.
"Quelli che sono tornati nell' antico vigore, diano un braccio
fraterno ai fiacchi ; giovani, sostenete i vecchi ; voi che siete
rimasti senza figliuoli, vedete, intorno a voi, quanti figliuoli
rimasti senza padre ! siatelo per loro ! E questa carit, rico
prendo i vostri peccati, raddolcir anche i vostri dolori.
Qui un sordo mormorio di gemiti, un singhiozzio che an
dava crescendo nell'adunanza, fu sospeso a un tratto, nel
vedere il predicatore mettersi una corda al collo, e buttarsi
in ginocchio : e si stava in gran silenzio, aspettando quel
che fosse per dire.
Per me, disse, e per tutti i miei compagni, che,
senza alcun nostro merito, siamo stati scelti all' alto pri
vilegio di servir Cristo in voi; io vi chiedo umilmente
perdono se non abbiamo degnamente adempito un s gran
584 I PROMESSI SPOSI
ministero. Se la pigrizia, se l' indocilit della carne ci ha
resi meno attenti alle vostre necessit, men pronti alle
vostre chiamate ; se un' ingiusta impazienza, se un colpevol
tedio ci ha fatti qualche volta comparirvi davanti con un
volto annoiato e severo; se qualche volta il miserabile
pensiero che voi aveste bisogno di noi, ci ha portati a non
trattarvi con tutta quell'umilt che si conveniva, se la
nostra fragilit ci ha fatti trascorrere a qualche azione
che vi sia stata di scandolo ; perdonateci ! Cosi Dio rimetta
a voi ogni vostro debito, e vi benedica. E, fatto sul-
l' udienza un gran segno di croce, s' alz.
Noi abbiam potuto riferire, se non le precise parole, il
senso almeno, il tema di quelle che profer davvero; ma la
maniera con cui furon dette non cosa da potersi descri
vere. Era la maniera d' un uomo che chiamava privilegio
quello di servir gli appestati, perch lo teneva per tale;
che confessava di non averci degnamente corrisposto, per
ch sentiva di non averci corrisposto degnamente; che
chiedeva perdono, perch era persuaso d' averne bisogno.
Ma la gente che s'era veduti d' intorno que' cappuccini non
occupati d'altro che di servirla, e tanti n'aveva veduti
morire, e quello che parlava per tutti, sempre il primo alla,
fatica, come nell'autorit, se non quando s'era trovato
anche lui in fin di morte ; pensate con che singhiozzi, con
che lagrime rispose a tali parole. Il mirabil frate prese
poi una gran croce ch' era appoggiata a un pilastro, se la
inalber davanti , lasci sull' orlo del portico esteriore i
sandali, scese gli scalini, e, tra la folla che gli fece rispet
tosamente largo, s' avvi per mettersi alla testa di essa.
Renzo, tutto lacrimoso, n pi n meno che se fosse stato-
uno di quelli a cui era chiesto quel singolare perdono, si
ritir anche lui, e and a mettersi di fianco a una capanna;
e stette l aspettando, mezzo nascosto, con la persona in
dietro e la testa avanti, con gli occhi spalancati, con una
gran palpitazion di cuore, ma insieme con una certa nuova
e particolare fiducia, nata, cred'io, dalla tenerezza che
gli aveva ispirata la predica, e lo spettacolo della tene
rezza generale.
CAPITOLO XXXVI. 585
Ed ecco arrivare il padre Felice, scalzo, con quella, corda
al collo, con quella lunga e pesante croce alzata ; pallido
e scarno il -viso, un viso che spirava compunzione insieme
e coraggio ; a passo lento, ma risoluto, come di chi pensa
soltanto e risparmiare l' altrui debolezza ; e in tutto come
un uomo a cui un di pi di fatiche e di disagi desse la
forza di sostenere i tanti necessari e inseparabili da quel
suo incarico. Subito dopo lui, venivano i fanciulli pi gran
dini, scalzi una gran parte, ben pochi interamente vestiti,
chi affatto in camicia. Venivan poi le donne, tenendo quasi
tutte per la mano una bambina, e cantando alternativa
mente il Miserere; e il suono fiacco di quelle voci, il pallore
e la languidezza di que' visi eran cose da occupar tutto di
compassione l' animo di chiunque si fosse trovato l come
semplice spettatore. Ma Renzo guardava, esaminava, di
fila in fila, di viso in viso, senza passarne uno ; che la pro
cessione andava tanto adagio, da dargliene tutto il comodo.
Passa e passa ; guarda e guarda ; sempre inutilmente : dava
qualche occhiata di corsa alle file che rimanevano ancora
indietro: sono ormai poche; siamo all'ultima; son passate
tutte; furon tutti visi sconosciuti. Con le braccia cion
doloni, e con la testa piegata sur una spalla, accompagno-
con l'occhio quella schiera, mentre gli passava davanti
quella degli uomini. Una nuova attenzione, una nuova spe
ranza gli nacque riel veder, dopo questi, comparire alcuni
carri, su cui erano i convalescenti che non erano ancora
in istato di camminare. L le donne venivan l' ultime ; e-
il treno andava cos adagio che Renzo pot ugualmente
esaminarle tutte, senza che gliene sfuggisse una. Ma che ?
esamina il primo carro, il secondo, il terzo, e via discor
rendo, sempre con la stessa riuscita, fino a uno, dietro al
quale non veniva pi che un altro cappuccino , con un
aspetto serio, e con un bastone in mano, come regolatore
della comitiva. Era quel padre Michele che abbiam detto
essere stato dato per compagno nel governo al padre Felice.
Cos svan affatto quella cara speranza; e, andandosene,
non solo port via il conforto che aveva recato, ma, come
accade le pi volte , lasci V uomo in peggiore stato di
586 I PROMESSI SPOSI
prima. Ormai quel che ci poteva esser di meglio, era di
trovar Lucia ammalata. Pure, all' ardore d' una speranza
presente sottentrando quello del timore cresciuto, il po
verino s' attacc con tutte le forze dell' animo a quel tristo
,e debole filo ; entr nella corsia, e s' incammin da quella
parte di dove era venuta la processione. Quando fu appi
della cappella, and a inginocchiarsi sull' ultimo scalino ;
,e l fece a Dio una preghiera, o, per dir meglio, una confu
sione di parole arruffate, di frasi interrotte, d'esclamazioni,
d' istanze , di lamenti , di promesse : uno di que' discorsi
che non si fanno agli uomini, perch non hanno abbastanza
penetrazione per intenderli, n pazienza per ascoltarli;
non son grandi abbastanza per sentirne compassione senza
disprezzo.
S'alz alquanto pi rincorato ; gir intorno alla cappella ;
si trov nell' altra corsia che non aveva ancor veduta, e
die riusciva all' altra porta; dopo pochi passi, vide lo stec
conato di cui gli aveva parlato il frate, ma interrotto qua
e l, appunto come questo aveva detto; entr per una di
quelle aperture, e si trov nel quartiere delle donne. Quasi
al primo passo che fece, vide in terra un campanello, di
quelli che i monatti portavano a un piede ; gli venne in
mente che un tale strumento avrebbe potuto servirgli come
di passaporto l dentro; lo prese, guard se nessuno lo
guardava, e se lo leg come usavan quelli. E si mise su
bito alla ricerca, a quella ricerca, che, per la quantit sola
degli oggetti sarebbe stata fieramente gravosa, quand' an
che gli oggetti fossero stati tutt' altri ; cominci a scorrer
con l' occhio, anzi a contemplar nuove miserie, cos simili
in parte alle gi vedute, in parte cos diverse : ch, sotto
la stessa calamit, era qui un altro patire, per dir cos,
un altro languire, un altro lamentarsi, un altro soppor
tare, un altro compatirsi e soccorrersi a vicenda; era, in
chi guardasse, un'altra piet e un altro ribrezzo.
Aveva gi fatto non so quanta strada, senza frutto e
senza accidenti ; quando si sent dietro le spalle un oh f
una chiamata, che pareva diretta a lui. Si volt e vide, a
ima certa distanza, un commissario, che alz una mano,
CAPITOLO XXXVI. 587
accennando proprio a lui, e gridando : l nelle stanze, che
c' bisogno d'aiuto: qui s' finito ora di sbrattare.
Renzo s' avvide subito per chi veniva preso, e che il cam
panello era la cagione dell' equivoco ; si diede della bestia
d' aver pensato solamente agl' impicci che queir insegna gli
poteva scansare, e non a quelli che gli poteva tirare ad
dosso; ma pens nello stesso tempo alla maniera di sbri
garsi subito da colui. Gli fece replicatamente, e in fretta un
cenno col capo, come per dire che aveva inteso, e che ub
bidiva ; e si lev dalla sua vista, cacciandosi da una parte
tra le capanne.
Quando gli parve d' essere abbastanza lontano, pens an
che a liberarsi dalla causa dello scandolo ; e, per far quel-
l' operazione senz' essere osservato, and a mettersi in un
piccolo spazio tra due capanne che si voltavan, per dir cos,
la schiena. Si china per levarsi il campanello, e stando
cosi col capo appoggiato alla parete di paglia d' una delle
capanne, gli vien da quella all'orecchio una voce... Oh
cielo ! possibile? Tutta la sua anima in quell'orecchio:
la respirazione sospesa ... S ! s ! quella voce ... Paura
<li che? diceva quella voce soave: abbiam passato ben
altro che un temporale. Chi ci ha custodite finora, ci cu
stodir anche adesso.
Se Renzo non cacci un urlo, non fu per timore di farsi
scorgere, fu perch non n' ebbe il fiato. Gli mancaron le gi
nocchia, gli s'appann la vista; ma fu un primo momento;
al secondo, era ritto, pi desto, pi vigoroso di prima ; in -
tre salti gir la capanna, fu sull'uscio, vide colei che aveva
parlato, la vide levata, chinata sopra un lettuccio. Si volta
cssa al rumore; guarda, crede di travedere, di sognare;
guarda pi attenta, e grida : oh Signor benedetto !
Lucia ! v' ho trovata ! vi trovo ! siete proprio voi t siete
viva! esclam Renzo, avanzandosi, tutto tremante.
Oh Signor benedetto ! replic, ancor pi tremante,
Lucia: voi? che cosa questa! in che maniera? perch?
La peste !
L'ho avuta. E voi...?
Ahi anch'io. E di mia madre...?
588 I PROMESSI SPOSI
Non l' ho vista, perch a Pasturo ; credo per che
stia bene. Ma voi.... come siete ancora pallida ! come pa
rete debole! Guarita per, siete guarita?
Il Signore m' ha voluto lasciare ancora quaggi. Ah
Renzo ! perch siete voi qui ?
Perch? disse Renzo avvicinandosele sempre pi:
mi domandate perch ? Perch ci dovevo venire ? Avete
bisogno che ve lo dica? Chi ho io a cui pensi ? Non mi chiamo
pi Renzo, io? Non siete pi Lucia, voi?
Ah cosa dite ! cosa dite ! Ma non v' ha fatto scrivere
mia madre ... ?
S : pur troppo m' ha fatto scrivere. Belle cose da fare
scrivere a un povero disgraziato, tribolato, ramingo, a un
giovine che, dispetti almeno, non ve n' aveva mai fatti !
Ma Renzo ! Renzo ! giacch sapevate . . . perch venire ?
perch?
Perch venire? Oh Lucia! perch venire, mi dite?
Dopo tante promesse ! Non siam pi noi? Non vi ricordate
pi? Che cosa ci mancava?
Oh Signore ! esclam dolorosamente Lucia, giungendo
le mani, e alzando gli occhi al cielo: perch non m'avete
fatta la grazia di tirarmi a Voi ... ! Oh Renzo ! cos' avete
mai fatto ? Ecco ; cominciavo a sperare che . . . col tempo . . .
mi sarei dimenticata ...
Bella speranza! belle cose da dirmele proprio sul
viso!
Ah, cos' avete fatto ! E in questo luogo l tra queste mi
serie ! tra questi spettacoli ! qui dove non si fa altro che
morire, avete potuto ... !
Quelli che moiono, bisogna pregare Iddio per loro, e
sperare che anderanno in un buon luogo; ma non giusto,
n anche per questo, che quelli che vivono abbiano a viver
disperati
Ma, Renzo ! Renzo ! voi non pensate a quel che dite.
Una promessa alla Madonna!... Un voto!
E io vi dico che son promesse che non contan nulla.
Oh Signore! Cosa dite? Dove siete stato in questo
tempo? Con chi avete trattato? Come parlate?
CAPITOLO XXXVI. 589
Parlo da buon cristiano ; e della Madonna penso meglio
io che voi ; perch credo che non vuol promesse In danno
del prossimo. Se la Madonna avesse parlato, oh, allora !
Ma cos' stato? una vostra idea. Sapete cosa dovete pro
mettere alla Madonna? Promettetele che la prima figlia
che avremo, le metteremo nome Maria : ch questo son qui
anch' io a prometterlo : queste son cose che fanno ben pi
onore alla Madonna : queste son divozioni che hanno pi
costrutto, e non portan danno a nessuno.
No no ; non dite cos : non sapete quello che vi dite :
non lo sapete voi cosa sia fare un voto : non ci siete stato
voi in quel caso : non avete provato. Andate, andate, per
amor del cielo !
E si scost impetuosamente da lui, tornando verso il
lettuccio.
Lucia ! disse Renzo, senza moversi : ditemi almeno,
ditemi : se non fosse questa ragione sareste la stessa
per me?
Uomo senza cuore ! rispose Lucia, voltandosi, e rat-
tenendo a stento le lacrime : quando m' aveste fatte dir
delle parole inutili, delle parole che mi farebbero male,
delle parole che sarebbero forse peccati, sareste contento?
Andate, oh andate ! dimenticatevi di me : si vede che non
eravamo destinati ! Ci rivedremo lass : gi non ci si deve
star molto in questo mondo. Andate; cercate di far sapere
a mia madre che son guarita, che anche qui Dio m' ha sem
pre assistita, che ho trovato un' anima buona, questa brava
donna, che mi fa da madre ; ditele che spero che lei sar
preservata da questo male, e che ci rivedremo quando Dio
vorr, e come vorr Andate, per amor del cielo, e non
pensate a me se non quando pregherete il Signore.
E, come chi non ha pi altro da dire, n vuol sentir al
tro, some chi vuol sottrarsi a un pericolo, si ritir ancor
pi vicino al lettuccio, dov'era la donna di cui aveva
parlato.
Sentite, Lucia, sentite ! disse Renzo, senza per ac
costarsele di pi.
No, no; andate per carit !
590 I PROMESSI SPOSI
Sentite: il padre Cristoforo
Che?
qui.
Qui? dove? Come lo sapete?
Gli ho parlato poco fa ; sono stato un pezzo con lui : e
un religioso della sua qualit, mi pare
qui t per assistere i poveri appestati, sicuro. Ma lui?
l' ha avuta la peste ?
Ah Lucia ! ho paura, ho paura pur troppo ... e men
tre Renzo esitava cos a proferir la parola dolorosa per lui,
e che doveva esserlo tanto a Lucia, questa s'era staccata di
nuovo dal lettuccio, e si ravvicinava a lui: ho paura che
l'abbia adesso!
Oh povero sant' uomo ! Ma cosa dico, pover' uomo ? Po
veri noi ! Com' ? a letto ? assistito ?
levato, gira, assiste gli altri; ma se lo vedeste, che
colore che ha, come si regge l Se n' visti tanti e tanti, che
pur troppo... non si sbaglia!
Oh poveri noi! E proprio qui!
Qui, e poco lontano : poco pi che da casa vostra a
casa mia se vi ricordate !
Oh Vergine santissima t
Bene, poco pi. E pensate se abbiam parlato di voi!
M' ha detto delle cose ... E se sapeste cosa m' ha fatto ve
dere ! Sentirete ; ma ora voglio cominciare a dirvi quel che
m' ha dett prima, lui, con la sua propria bocca. M'ha detto
che facevo bene a venirvi a cercare, e che al Signore gli
piace che un giovine tratti cos, e m' avrebbe aiutato a far
che vi trovassi; come proprio stato la verit: ma gi
un santo. Sicch, vedete !
Ma, se ha parlato cos, perch lui non sa
Che volete che sappia lui delle cose che avete fatte voi
di vostra testa, senza regola e senza il parere di nessuno?
Un brav' uomo, un uomo di giudizio, come lui, non va a
pensar cose di questa sorte. Ma quel che m' ha fatto ve
dere ! E qui raccont la visita fatta a quella capanna :
Lucia, quantunque i suoi sensi e il suo animo, aves
sero, in quel soggiorno, dovuto avvezzarsi alle pi forti
CAPITOLO XXXVI. 591
impressioni, stava tutta compresa d'orrore e di com
passione.
E anche l, prosegu Renzo, ha parlato da santo :
ha detto che il Signore forse, ha destinato di far la grazia
a quel meschino (ora non potrei proprio dargli un altro
nome) . . . che aspetta di prenderlo in un buon punto ; ma
vuole che noi preghiamo insieme per lui Insieme t avete
inteso?
S, s ; lo pregheremo, ognuno dove il Signore ci terr :
le orazioni le sa mettere insieme Lui.
Ma se vi dico le sue parole !
Ma Renzo, lui non sa...
Ma non capite che, quando un santo che parla, il
Signore che lo fa parlare ? e che non avrebbe parlato cos,
se non dovesse esser proprio cos E l'anima di quel
poverino ? Io ho bens pregato, e pregher per lui : di cuore
ho pregato, proprio come se fosse stato per un mio fratello.
Ma come volete che stia nel mondo di l, il poverino, se di
qua non s' accomoda questa cosa, se non disfatto il male
che ha fatto lui? Che se voi intendete la ragione, allora
tutto, come prima : quel che stato stato i lui ha fatta
la sua penitenza di qua
No, Renzo, no. Il Signore non vuole che facciamo del
male, per far Lui misericordia. Lasciate fare a Lui, per
questo : noi, il nostro dovere di pregarlo. S' io fossi morta
quella notte, non gli avrebbe dunque potuto perdonare ?
E se non son morta, se sono stata liberata...
E vostra madre, quella povera Agnese, che m' ha sem
pre voluto tanto bene, e che si struggeva tanto di vederci
marito e moglie, non ve l'ha detto anche lei che l' un' idea
storta? Lei, che v'ha fatto intender la ragione anche del
l'altre volte, perch, in certe cose, pensa pi giusto di voi...
Mia madre ! volete che mia madre mi desse il parere
di mancare a un voto! Ma, Renzo ! non siete in voi.
Oh ! volete che ve la dica? Voi altre donne, queste cose
non le potete sapere. Il padre Cristoforo m' ha detto che
tornassi da lui a raccontargli se v' avevo trovata. Vo : lo
sentiremo: quel che dir lui...
592 I PROMESSI SPOSI
S, s; andate da quel sant' uomo; ditegli che prego per
lui, e che preghi per me, che n' ho bisogno tanto tanto l
Ma, per amor del cielo, per l' anima vostra, per l' anima
mia, non venite pi qui, a farmi del male, a . . . tentarmi.
Il padre Cristoforo, lui sapr spiegarvi le cose, e farvi tor
nare in voi; lui vi far mettere il cuore in pace.
Il cuore in pace t Oh ! questo, levatevelo dalla testa.
Gi me l' avete fatta scrivere questa parolaccia ; e so io
quel che m' ha fatto patire ; e ora avete anche il cuore di
dirmela. E io in vece vi dico chiaro e tondo che il cuore in
pace non lo metter mai. Voi volete dimenticarvi di me ; e
io non voglio dimenticarmi di voi. E vi prometto, vedete,
che, se mi fate perdere il giudizio, non lo racquisto pi. Al
diavolo il mestiere, al diavolo la buona condotta ! Volete
condannarmi a essere arrabbiato per tutta la vita; e da
arrabbiato viver E quel disgraziato! Lo sa il Signore
se gli ho perdonato di cuore ; ma voi . . . Volete dunque
farmi pensare per tutta la vita che se non era lui ... ? Lu
cia t avete detto ch' io vi dimentichi : ch' io vi dimentichi !
Come devo fare ? A chi credete ch' io pensassi in tutto que
sto tempo?... E dopo tante cose! dopo tante promesse l
Cosa v' ho fatto io, dopo che ci siamo lasciati ? Perch ho
patito, mi trattate cos ? perch ho avuto delle disgrazie ?
perch la gente del mondo m'ha perseguitato? perch ho
passato tanto tempo fuori di casa, tristo, lontano da voi?
perch, al primo momento che ho potuto, son venuto a
cercarvi?
Lucia, quando il pianto le permise di formar parole,
esclam, giungendo di nuovo le mani, e alzando al cielo gli
occhi pregni di lacrime : O Vergine santissima, aiutatemi
voi ! Voi sapete che, dopo quella notte, un momento come
questo non l'ho mai passato. M'avete soccorsa allora;
soccorretemi anche adesso!
S, Lucia ; fate bene d' invocar la Madonna ; ma perch
volete credere che Lei che tanto buona, la madre delle
misericordie, possa aver piacere di farci patire me al
meno per una parola scappata in un momento che non
sapevate quello che vi dicevate ? Volete credere che v'abbia
CAPITOLO XXXVI. 593
aiutata allora, per lasciarci imbrogliati dopo?... Se poi
questa fosse una scusa ; se ch' io vi sia venuto in odio
ditemelo parlate chiaro.
Per carit, Renzo, per carit, per i vostri poveri morti,
finitela, finitela; non mi fate morire... Non sarebbe un
buon momento. Andate dal padre Cristoforo, raccomanda
temi a lui, non tornate pi qui, non tornate pi qui.
Vo ; ma pensate se non voglio tornare ! Tornerei se fosse
in capo al mondo, tornerei. E disparve.
Lucia and a sedere, o piuttosto si lasci cadere in terra,
accanto al tettuccio: e, appoggiata a quello la testa, conti-
1 nu a piangere dirottamente. La donna, che fin allora era
stata a occhi e orecchi aperti, senza fiatare, domand cosa
fosse queil' apparizione, quella contesa, questo pianto. Ma
forse il lettore domanda dal canto suo chi fosse costei ; e, per
soddisfarlo, non ci vorranno, n anche qui, troppe parole.
Era un' agiata mercantessa, di forse trent' anni. Nello
spazio di pochi giorni, s' era visto morire in casa il marito
e tutti i figliuoli : di li a poco, venutale la peste anche a
lei, era stata trasportata al lazzeretto, e messa in quella
capannuccia, nel tempo che Lucia, dopo aver superata,
senza avvedersene, la furia del male, e cambiate, ugual
mente senza avvedersene, pi compagne, cominciava a ria
versi, e a tornare in s ; ch, fin dal principio della malattia,
trovandosi ancora in casa di don Ferrante, era rimasta
come insensata. La capanna non poteva contenere che due
persone : e tra queste due, afflitte, derelitte, sbigottite, sole
in tanta moltitudine, era presto nata un'intrinsichezza,
un'affezione, che appena sarebbe potuta venire da un lungo
vivere insieme. In poco tempo, Lucia era stata in grado di
potere aiutar l' altra, che s' era trovata aggravatissima.
Ora che questa pure era fuori di pericolo, si facevano com
pagnia e coraggio e guardia a vicenda ; s' eran promesse
di non uscir dal lazzeretto, se non insieme ; e avevan presi
altri concerti per non separarsi neppur dopo. La mercan
tessa che, avendo lasciato in custodia d' un suo fratello
commissario della sanit, la casa e il fondaco e la cassa,
lutto ben fornito, era per trovarsi sola e trista padrona
I Promessi Sposi. 38
594 I PROMESSI SPOSI
di molto pi di quel che le bisognasse per viver comoda
mente, voleva tener Lucia con s, come una figliuola o una
sorella. Lucia aveva aderito, pensate con che gratitudine
per lei, e per la Provvidenza; ma soltanto fin che potesse
aver nuove di sua madre, e sapere, come sperava, la vo
lont di essa. Del resto, riservata com' era, n della pro
messa dello sposalizio, n dell' altre sue avventure straor
dinarie, non aveva mai detta una parola. Ma ora, in un cosi
gran ribollimento d' affetti, aveva almen tanto bisogno di
sfogarsi, quanto l' altra desiderio di sentire. E, stretta con
tutt'e due le mani la destra di lei, si mise subito a soddisfare
alla domanda, senz' altro ritegno, che quello che le face
vano i singhiozzi.
Renzo intanto trottava verso il quartiere del buon frato.
Con un po' di studio, e non senza dover rifare qualche pez
zetto di strada, gli riusci finalmente d' arrivarci. Trov la
capanna; lui non ce lo trov ; ma, ronzando e cercando nel
contorno, lo vide in una baracca, che, piegato a terra, e
quasi bocconi, stava confortando un moribondo. Si ferm li,
aspettando in silenzio. Poco dopo, lo vide chiuder gli occhi
a quel poverino, poi mettersi in ginocchio, far orazione un
momento, e alzarsi. Allora si mosse, e gli and incontro.
, Oh! disse il frate, vistolo venire; ebbene?
La c' : l' ho trovata !
In che stato?
Guarita, o almeno levata.
Sia ringraziato il Signore!
Ma disse Renzo, quando gli fu vicino da poter
parlar sottovoce: c' un altro imbroglio.
Cosa c'?
Voglio dire che . . . Gi lei lo sa come buona quella
povera giovine ; ma alle volte un po' fissa nelle sue idee.
Dopo tante promesse, dopo tutto quello che sa anche lei,
ora dice che non mi pu sposare, perch dice, che so io?
che, quella notte della paura, s' scaldata la testa, e s' ,
come a dire, votata alla Madonna. Cose senza costrutto,
n' vero ? Cose buone, chi ha la scienza e il fondamento
da farle, ma per noi gente ordinaria, che non sappiamo
CAPITOLO XXXVI. 595
bene come si devon fare .... n' vero che son cose che
non valgono? .
Dimmi: molto lontana di qui?
Oh no : pochi passi di l dalla chiesa.
Aspettami qui un momento, disse il frate : e poi
ci anderemo insieme.
Vuol dire che lei le far intendere
Non so nulla, figliuolo ; bisogna ch' io senta lei.
Capisco, disse Renzo, e stette con gli occhi fissi a
terra, e con le braccia incrociate sul petto, a masticarsi la
sua incertezza, rimasta intera. Il frate and di nuovo in
cerca di quel padre Vittore, lo preg di supplire ancora per
lui, entr nella sua capanna, n'usc con la sporta in braccio,
torn da Renzo, gli disse : andiamo ; e and innanzi, av
viandosi a quella tal capanna, dove, qualche tempo prima,
erano entrati insieme. Questa volta, entr solo, e dopo un
momento ricomparve, e disse : niente ! Preghiamo ; pre
ghiamo. Poi riprese: ora, conducimi tu.
E senza dir altro, s'avviarono.
Il tempo s' era andato sempre pi rabbuiando, e annun
ziava ormai certa e poco lontana la burrasca. De' lampi fitti
rompevano l'oscurit cresciuta, e lumeggiavano d' un chia
rore istantaneo i lunghissimi tetti e gli archi de' portici, la
cupola della cappella, i bassi comignoli delle capanne ; e i
tuoni scoppiati con istrepito repentino, scorrevano rumo
reggiando dall' una all' altra regione del cielo. Andava
innanzi il giovine, attento alla strada, con una grand' im
pazienza d'arrivare, e rallentando per il passo, per misu
rarlo alle forze del compagno ; il quale, stanco dalle fatiche,
aggravato dal male, oppresso dall' afa, camminava stenta
tamente, alzando ogni tanto al cielo la faccia smunta, come
per cercare un respiro pi libero.
Renzo, quando vide la capanna, si ferm, si volt indie
tro, disse con voce tremante : qui.
Entrano ... Eccoli ! grida la donna del lettuccio. Lu
cia si volta, s'alza precipitosamente, va incontro al vecchio,
gridando: oh chi vedo! O padre Cristoforo !
Ebbene, Lucia! da quante angustie v'ha liberata il
596 I PROMESSI SPOSI
Signore ! Dovete esser ben contenta d' aver sempre spe
rato in Lui.
Oh sii Ma lei, padre? Povera me, come cambiato !
Come sta? dica: come sta?
Come Dio vuole, e come, per sua grazia, voglio an
eli' io, rispose, con volto sereno, il frate. E, tiratala in
un canto, soggiunse : sentite : io non posso rimaner qui
che pochi momenti. Siete voi disposta a confidarvi in me,
come altre volte?
Oh! non lei sempre il mio padre?
Figliuola, dunque ; cos' codesto voto che m' ha detto
Renzo?
un voto che ho fatto alla Madonna oh! in una
gran tribolazione!... di non maritarmi.
Poverina! Ma avete pensato allora, ch' eravate legata
da una promessa?
Trattandosi del Signore e della Madonna ! . . . non ci
ho pensato.
Il Signore, figliuola, gradisce i sagriflzi, l'offerte, quando
le facciamo del nostro. il cuore che vuole, la volont :
ma voi non potevate offrirgli la volont d'un altro, al quale
v'eravate gi obbligata.
Ho fatto male?
No, poverina, non pensate a questo : io credo anzi che
la Vergine santa avr gradita l' intenzione del vostro cuore
afflitto, e l' avr offerta a Dio per voi. Ma ditemi ; non vi
siete mai consigliata con nessuno su questa cosa?
Io non pensavo che fosse male, da dovermene confes
sare : e quel poco bene che s pu fare, si sa che non biso
gna raccontarlo.
Non avete nessun altro motivo che vi trattenga dal
mantener la promessa che avete fatta a Renzo?
In quanto a questo per me che motivo ... ? Non
potrei proprio dire ... rispose Lucia, con un' esitazione
che indicava tutt' altro che un' incertezza del pensiero: e
il suo viso ancora scolorito dalla malattia, fiori tutt' a un
tratto del pi vivo rossore.
Credete voi, riprese il vecchio, abbassando gli occhi,
CAPITOLO XXXVI. 597
che Dio ha data alla sua Chiesa l' autorit di rimettere c
di ritenere, secondo che torni in maggior bene, i debiti e gli
obblighi che gli uomini possono aver contratti con Lui ?
S, che lo credo.
Ora sappiate che noi, deputati alla cura dell' anime in
questo luogo, abbiamo, per tutti quelli che ricorrono a noi,
le pi ampie facolt della Chiesa; e che per conseguenza,
io posso, quando voi lo chiediate, sciogliervi dall' obbligo,
qualunque sia, che possiate aver contratto a cagion di co
desto voto.
Ma non peccato tornare indietro, pentirsi d' una pro
messa fatta alla Madonna ? Io allora Y ho fatta proprio di
cuore ... disse Lucia, violentemente agitata dall' assalto
d' una tale inaspettata, bisogna pur dire speranza, e dal
l' insorgere opposto d' un terrore fortificato da tutti i pen
sieri che, da tanto tempo, eran la principale occupazione
dell'animo suo.
Peccato, figliuola ? disse il padre : peccato il ricor
rere alla Chiesa, e chiedere al suo ministro che faccia uso
dell'autorit che ha ricevuto da essa, e che essa ha ricevuta
da Dio ? Io ho veduto in che maniera voi due siete stati
condotti ad unirvi ; e, certo, se mai m' parso che due
fossero uniti da Dio, voi altri eravate quelli : ora non vedo
perch Dio v'abbia a voler saparati. E lo benedico che m'ab
bia dato, indegno come sono, il potere di parlare in suo
nome, e di rendervi la vostra parola. E se voi mi chiedete
ch' io vi dichiari sciolta da codesto voto, io non esiter a
farlo; e desidero anzi che me lo chiediate.
Allora ... ! allora ... ! lo chiedo ; disse Lucia, con un
volto non turbato pi che di pudore.
Il frate chiam con un cenno il giovine, il quale se ne
stava nel cantuccio il pi lontano, guardando (giacch non
poteva far altro) fisso fisso al dialogo in cui era tanto in
teressato; e, quando quello fu li, disse, a voce pi alta, a
Lucia: con l'autorit che ho dalla Chiesa, vi dichiaro
sciolta dal voto di verginit, annullando ci che ci pot
essere d' inconsiderato, e liberandovi da ogni obbligazione
che poteste averne contratta.
598 I PROMESSI SPOSI
. Pensi il lettore che snono facessero all'orecchio di Renzo
tali parole. Ringrazi vivamente con gli occhi colui che le
aveva proferite ; e cerc subito, ma invano, quelli di Lucia.
Tornate, con sicurezza e con pace, ai pensieri d' una
volta, segu a dirle il cappuccino : chiedete di nuovo al
Signore le grazie che Gli chiedevate, per essere una moglie
santa ; e confidate che ve le conceder pi abbondanti, dopo
tanti guai. E tu, disse, voltandosi a Renzo, ricordati,
figliuolo, che se la Chiesa ti rende questa compagna, non lo
la per procurarti una consolazione temporale e mondana,
la quale, se anche potesse essere intera, e senza mistura
d' alcun dispiacere, dovrebbe finire in un gran dolore, al
momento di lasciarvi ; ma lo fa per avviarvi tutt'e due sulla
strada della consolazione che non avr fine. Amatevi come
compagni di viaggio, con questo pensiero d'avere a la
sciarvi, e con la speranza di ritrovarvi per sempre. Rin
graziate il cielo che v'ha condotti a questo stato, non per
mezzo dell' allegrezze turbolente e passeggiere, ma co' tra
vagli e tra le miserie, per disporvi a un'allegrezza raccolta
e tranquilla. Se Dio vi concede figliuoli, abbiate in mira
<{' allevarli per Lui, d' istillar loro l' amore di Lui e di tutti
gii uomini; e allora li guiderete bene in tutto il resto. Lu
cia ! v' ha detto, e accennava Renzo, chi ha visto qui ?
Oh padre, me l' ha detto !
Voi pregherete per lui ! Non ve ne stancate. E anche
per me pregherete ! . . . Figliuoli ! voglio che abbiate un ri
cordo del povero frate. E qui lev dalla sporta una sca
tola d' un legno ordinario, ma tornita e lustrata con una
certa finitezza cappuccinesca ; e prosegu : qui dentro c"
il resto di quel pane ... il primo che ho chiesto per ca
rit ; quel pane, di cui avete sentito parlare ! Lo lascio a voi
altri: serbatelo; fatelo vedere ai vostri figliuoli. Verranno
in un tristo mondo, e in tristi tempi, in mezzo a' superbi
e a' provocatori : dite loro che perdonino sempre, sempre I
tatto, tutto! e che preghino, anche loro, per il povero
frate!
E porse la scatola a Lucia, che la prese con rispetto,
otne si farebbe d' una reliquia. Poi, con voce pi tranquilla,
CAPITOLO XXXVI. 599
riprese : ora ditemi ; che appoggi avete qui in Milano ?
Dove pensate d' andare a alloggiare, appena uscita di qui ?
E chi vi condurr da vostra madre, che Dio voglia aver
conservata in salute?
Questa buona signora mi fa lei intanto da madre : noi
due usciremo di qui insieme, e poi essa penser a tutto.
Dio la benedica, disse il frate, accostandosi al let
tuccio.
La ringrazio anch' io, disse la vedova, della consola
zione che ha data a queste povere creature; sebbene io
avessi fatto conto di tenerla sempre con me, questa cara
Lucia. Ma la terr intanto ; l' accompagner io al suo paese,
la consegner a sua madre ; e, soggiunse poi sotto voce,
voglio farle io il corredo. N'ho troppa della roba; e di
quelli che dovevan goderla con me, non ho pi nessuno !
Cos, rispose il frate, lei pu fare un gran sacrifizio
al Signore, e del bene al prossimo. Non le raccomando que
sta giovine : gi vedo che come sua : non c' che da lo
dare il Signore, il quale sa mostrarsi padre anche ne' fla
gelli, e che, col farle trovare insieme, ha dato un cos chiaro
segno d' amore all' una e all'altra. Ors, riprese poi, vol
tandosi a Renzo, e prendendolo per una mano : noi due
non abbiam pi nulla da far qui : e ci siamo stati anche
troppo. Andiamo.
Oh padre ! disse Lucia: la vedr ancora ? Io sono gua
rita, io che non fo nulla di bene a questo mondo ; e lei ... !
gi molto tempo, rispose con tono serio e dolce il .
vecchio, che chiedo al Signore una grazia, e ben grande :
di finire i miei giorni in servizio del prossimo. Se me la
volesse ora concedere, ho bisogno che tutti quelli che hanno
carit per me, m' aiutino a ringraziarlo. Via; date a Renzo
. ie vostre commissioni per vostra madre.
Raccontatele quel che avete veduto, disse Lucia al
promesso sposo : che ho trovata qui un' altra madre, che
. verr con questa pi presto che potr, e che spero, spero
di trovarla sana.
Se avete bisogno di danari, disse Renzo, ho qui
tutti quelli che m' avete mandati, e ...
600 I PROMESSI SPOSI
No, no, interruppe la vedova: ne ho io anche
troppi.
Andiamo, replic il frate.
A rivederci, Lucia ...te anche lei, dunque, quella buona
signora, disse Renzo, non trovando parole cha significas
sero quello che sentiva.
Chi sa che il Signore ci faccia la grazia di rivederci
ancora tutti ! esclam Lucia.
Sia Egli sempre con voi, e vi benedica, disse alle due
compagne fra Cristoforo ; e usc con Renzo dalla capanna.
Mancava poco alla sera, e il tempo pareva sempre pi
vicino a risolversi. Il cappuccino esib di nuovo al giovine
di ricoverarlo per quella notte nella sua baracca. Com
pagnia, non te ne potr fare, soggiunse : ma avrai da
stare al coperto.
Renzo per si sentiva una smania d'andare; e non si cu
rava di rimaner pi a lungo in un luogo simile, quando
non poteva profittarne per veder Lucia, e non avrebbe nep-
pur potuto starsene un po' col buon frate. In quanto all'ora
e al tempo, si pu dire che notte e giorno, sole e pioggia,
zeffiro e tramontano, eran tutt' uno per lui in quel mo
mento. Ringrazi dunque il frate, dicendo che voleva andar
pi presto che fosse possibile in cerca d'Agnese.
Quando furono nella strada di mezzo, il frate gli strinse
la mano, e disse : se la trovi, che Dio voglia ! quella buona
Agnese, salutala anche in mio nome ; e a lei, e a tutti quelli
che rimangono; e si ricordano di fra Cristoforo, di' che pre-
ghin per lui. Dio t' accompagni, e ti benedica per sempre.
Oh caro padre ... ! ci rivedremo ? ci rivedremo ?
Lass, spero. E con queste parole, si stacc da Ren
zo ; il quale, stato l a guardarlo fin che non l' ebbe perso
di vista, prese in fretta verso la porta, dando a destra e a
sinistra l' ultime occhiate di compassione a quel luogo di
dolori. C era un movimento straordinario, un correr di
monatti, un trasportar di roba, un accomodar le tende delle
baracche, uno strascicarsi di convalescenti a queste e ai
portici, per ripararsi dalla burrasca imminente.
601

CAPITOLO XXXVII.

Appena infatti ebbe Renzo passata la soglia del lazze


retto, e preso a diritta, per ritrovar la viottola di dov' era
sboccato la mattina sotto le mura, principi come una
grandine di goccioloni radi e impetuosi, che, battendo e
risaltando sulla strada bianca e arida, sollevavano un mi
nuto polverio; in un momento, diventaron fitti; e prima
che arrivasse alla viottola, la veniva gi a secchie. Renzo,
invece d' inquietarsene, ci sguazzava dentro, se la godeva,
in quella rinfrescata, in quel susurrio, in quel brulichio
dell' erbe e delle foglie, tremolanti, gocciolanti, rinverdite,
lustre; metteva certi respironi larghi e pieni; e in quel
risolvimento della natura sentiva come pi liberamente e
pi vivamente quello che s'era fatto nel suo destino.
Ma quanto pi schietto e intero sarebbe stato questo sen
timento, se Renzo avesse potuto indovinare quel che si vide
pochi giorni dopo: che quell'acqua portava via il contagio;
che, dopo quella, il lazzeretto, se non era per restituire ai
viventi tutti i viventi che conteneva, almeno non n'avrebbe
pi ingoiati altri ; che, tra una settimana, si vedrebbero
riaperti usci e botteghe, non si parlerebbe quasi pi che di
quarantina ; e della peste non rimarrebbe se non qualche
resticciolo qua e l ; quello strascico che un tal flagello la
sciava sempre dietro a s per qualche tempo.
Andava dunque il nostro viaggiatore allegramente,
senza aver disegnato n dove, n come, n quando, n se
avesse da fermarsi la notte, premuroso soltanto di portarsi
avanti, d'arrivar presto al suo paese, di trovar con chi
parlare, a chi raccontare, soprattutto di poter presto ri
mettersi in cammino per Pasturo, in cerca d'Agnese. An
dava, con la mente tutta sottosopra dalle cose di quel
giorno ; ma di sotto le miserie, gli orrori, i pericoli, veniva
sempre a galla un pensierino: l'ho trovata; guarita;
mia ! E allora faceva uno sgambetto, e con ci dava un'an
naffiata all'intorno, come un can barbone uscito dall'acqua ;
qualche volta si contentava d'una fregatina di mani; e
t02 I PROMESSI SPOSI
avanti, con pi ardore di prima. Guardando per la strada,
raccattava, per dir cos, i pensieri, che ci aveva lasciati la
mattina e il giorno avanti, nel venire ; e con pi piacere
quelli appunto che allora aveva pi cercato di scacciare, i
dubbi, le difficolt, trovarla, trovarla viva, tra tanti morti
e moribondi ! E l' ho trovata viva ! concludeva. Si
rimetteva col pensiero nelle circostanze pi terribili di
quella giornata; si figurava con quel martello in mano:
ci sar o non ci sar? e una risposta cos poco allegra; e
non aver nemmeno il tempo di masticarla, che addosso
quella furia di matti birboni ; e quel lazzeretto, quel mare !
l ti volevo a trovarla! E averla trovata ! Ritornava sa
quel momento quando fu finita di passare la processione
de' convalescenti : che momento ! che crepacore non tro
varcela ! e ora non gliene importava pi nulla. E quel quar
tiere delle donne ! E l dietro a quella capanna, quando
meno se l' aspettava, quella voce, quella voce proprio ! E
vederla, vederla levata ! Ma che ? c' era ancora quel nodo
del voto, e pi stretto che mai. Sciolto anche questo. E
quell'odio contro don Rodrigo, quel rodio continuo che
esacerbava tutti i guai, e avvelenava tutte le consola
zioni, scomparso anche quello. Talmentech non saprei
immaginare una contentezza pi viva, se non fosse stata
l'incertezza intorno ad Agnese, il tristo presentimento
intorno al padre Cristoforo, e quel trovarsi ancora in
mezzo a una peste.
Arriv a Sesto, sulla sera ; n pareva che l' acqua volesse
cessare. Ma, sentendosi pi in gambe che mai, e con tante
difficolt di trovar dove alloggiare, e cos inzuppato, non
ci pens neppure. La sola cosa che l'incomodasse, era
un grand' appetito; ch una consolazione come quella gli
avrebbe fatto smaltire altro che la poca minestra del
cappuccino. Guard se trovasse anche qui una bottega di
fornaio ; ne vide una ; ebbe due pani con le mol le, e con
queir altre cerimonie. Uno in tasca e l' altro alla bocca,
e avanti. .
Quando pass per Monza, era notte fatta : nonostante, gli
riusc di trovar la porta che metteva sulla strada giusta.
CAPITOLO XXXVII. 603
Ma meno questo, che, per dir la verit, era un gran merito,
potete immaginarvi come fosse quella strada, e come an
dasse facendosi di momento in momento. Affondata (co-
in' eran tutte ; e dobbiamo averlo detto altrove) tra due
-rive, quasi un letto di fiume, si sarebbe a queir ora potuta
dire, se non un fiume, una gora davvero; e ogni tanto
pozze, da volerci del buono e del bello a levarne i piedi,
non che le scarpe. Ma Renzo n' usciva come poteva, sen-
z' atti d' impazienza , senza parolacce , senza pentimenti ;
pensando che ogni passo, per quanto costasse, lo conduceva
avanti, e che l' acqua cesserebbe quando a Dio piacesse, e
che, a suo tempo, spunterebbe il giorno, e che la strada
che faceva intanto, allora sarebbe fatta.
E dir anche che non ci pensava se non proprio quande
non poteva far di meno. Eran distrazioni queste; il gran la
voro della sua mente era di riandare la storia di que'tristi
anni passati : tant' imbrogli, tante traversie, tanti momenti
in cui era stato per perdere anche la speranza, e fare an
data ogni cosa; e di contrapporci l'immaginazioni d'un
avvenire cos diverso: e l'arrivar di Lucia, e le nozze,
e il metter su casa, e il raccontarsi le vicende passate,
e tutta la vita.
Come la facesse quando trovava due strade ; se quella
poca pratica, con quel poco barlume, fossero quelli che
l'aiutassero a trovar sempre la buona, o se l'indovinasse
sempre alla ventura, non ve lo saprei dire ; ch lui mede
simo, il quale soleva raccontar la sua storia molto per
minuto, lunghettamente anzi che no (e tutto conduce a
credere che il nostro anonimo l' avesse sentita da lui pi
d'una volta), lui medesimo, a questo punto, diceva che, di
quella notte, non se ne rammentava che come se l' avesse
passata in letto a sognare. Il fatto sta che, sul finir di essa,
si trov alla riva dell'Adda.
Non era mai spiovuto ; ma, a un certo tempo, da diluvio
era diventata pioggia, e poi un' acquerugiola fine fine, cheta
cheta, ugual uguale: i nuvoli alti e radi stendevano un
velo non interrotto, ma leggiero e diafano ; e il lume del
crepuscolo fece vedere a Renzo il paese d' intorno. C era
604 I PROMESSI SPOSI
dentro il suo ; e quel che sent, a quella vista, non si sa
prebbe spiegare. Altro non vi so dire, se non che que'monti,
quel Resegone vicino, il territorio di Lecco, era diventato
tutto come roba sua. Diede un' occhiata anche a s, e si
trov un po' strano, quale, per dir la verit, . da quel che
si sentiva, s' immaginava gi di dover parere : sciupata e
attaccata addosso ogni cosa: dalla testa alla vita, tutto un
fradiciume, una grondaia ; dalla vita alla punta de' piedi,
melletta e mota : le parti dove non ce ne fosse si sarebbero
potute chiamare esse zacchere e schizzi. E se si fosse visto
tutt' intero in uno specchio, con la tesa del cappello floscia
e cascante, e i capelli stesi e incollati sul viso, si sarebbe
fatto ancor pi specie. In quanto a stanco, lo poteva es
sere, ma non ne sapeva nulla: e il frescolino dell'alba
aggiunto a quello della notte e di quel poco bagno, non
gli dava altro che una fierezza, una voglia di camminar
pi presto.
a Pescate; costeggia quest'ultimo tratto dell'Adda,
dando per un' occhiata malinconica a Pescarenico ; passa
il ponte; per istrade e campi, arriva in un momento alla
casa dell' ospite amico. Questo, che s' era levato allora, e
stava sull' uscio, a guardare il tempo, alz gli occhi a quella
figura cos inzuppata, cos infangata, diciam pure cos lercia,
e insieme cos viva e disinvolta : a' suoi giorni non aveva
visto un uomo peggio conciato e pi contento.
Ohe ! disse : gi qui ? e con questo tempo ? Com'
andata?
La c' , disse Renzo : la c' : la c' .
Sana?
Guarita, che meglio. Devo ringraziare il Signore e
la Madonna fin che campo. Ma cose grandi, cose di fuoco :
ti .racconter poi tutto.
Ma come sei conciato !
Son bello eh?
A dir la verit, potresti adoprare il da tanto in su, pei
lavare il da tanto in gi. Ma, aspetta, aspetta; che ti faccia
un buon fuoco.
Non dico di no. Sai dove la m' ha preso? proprio alla
CAPITOLO XXXVII. 605
porta del lazzeretto. Ma niente ! il tempo il suo mestiere,
e io il mio.
L' amico and e torn con due bracciate di stipa : ne mise
una in terra, l' altra sul focolare, e, con un po' di brace ri
masta della sera avanti, fece presto una bella fiammata.
Renzo intanto s' era levato il cappello, e, dopo averlo scosso
due o tre volte, l' aveva buttato in terra: e, non cos fa
cilmente, s' era tirato via anche il farsetto. Lev poi dal ta
schino de' calzoni il coltello, col fodero tutto fradicio, che
pareva stato in molle ; lo mise su un panchetto, e disse :
anche costui accomodato a dovere; ma l' acqua! l'
acqua ! sia ringraziato il Signore Sono stato l l !
Ti dir poi. E si fregava le mani. Ora fammi un altro
piacere, soggiunse : quel fagottino che ho lasciato su in
camera, va a prendermelo, ch prima che s'asciughi questa
roba che ho addosso !
Tornato col fagotto, l' amico disse : penso che avrai
anche appetito : capisco che da bere, per la strada, non te
ne sar mancato ; ma da mangiare
Ho trovato da comprar due pani, ieri sul tardi; ma,
per dir la verit, non m' hanno toccato un dente.
Lascia fare, disse l' amico ; mise l' acqua in un paiolo,
che attacc poi alla catena; e soggiunse: vado a mun
gere: quando torner col latte, l' acqua sar all' ordine; e
si fa una buona polenta. Tu intanto fa il tuo comodo.
Renzo, rimasto solo, si lev, non senza fatica, il re
sto de' panni , che gli s' eran come appiccicati addosso ;
s'asciug, si rivest da capo a piedi. L'amico torn, e
and al suo paiolo : Renzo intanto si mise a sedere, aspet
tando.
. Ora sento che sono stanco, disse : ma una bella
tirata! Per questo nulla. Ne ho da raccontartene per
tutta la giornata. Com' conciato Milano ! Le cose che biso
gna vedere ! Le cose che bisogna toccare ! Cose da farsi poi
schifo a s medesimo. Sto per dire che non ci voleva meno
di quel bucatino che ho avuto. E quel che m' hanno voluto
fare que'signori di laggi ! Sentirai. Ma se tu vedessi il laz
zeretto ! C' da perdersi nelle miserie. Basta; ti racconter
606 I PROMESSI SPOSI
tutto.... E la c', e la verr qui, e sar mia moglie-, e tu
devi far da testimonio, e, peste o non peste, almeno qual
che ora, voglio che stiamo allegri.
Del resto mantenne ci che aveva detto all' amico, di vo
ler raccontargliene per tutta la giornata ; tanto pi, che,
avendo sempre continuato a piovigginare, questo la pass-
tutta in casa, parte seduto accanto all' amico, parte in fac
cende intorno a un suo piccolo tino, e a una botticina, e
ad altri lavori, in preparazione della vendemmia; ne' quali
Renzo non lasci di dargli una mano; ch, come soleva
dire, era di quelli che si stancano pi a star senza far nulla,
che a lavorare. Non pot per tenersi di non fare una
scappatina alla casa d'Agnese, per rivedere una certa fine
stra, e per dare anche l una fregatina di mani. Torn
senza essere stato visto da nessuno ; e and subito a letto.
S'alz prima che facesse giorno ; e, vedendo cessata l'acqua,
se non ritornato il sereno, si mise in cammino per Pasturo.
Era ancor presto quando ci arriv : ch non aveva meno-
fretta e voglia di finire, di quel che possa averne il lettore.
Cerc d'Agnese; sent che stava bene, e gli fu insegnate
una casuccia isolata dove abitava. Ci and ; la chiam dalla
strada : a una tal voce, essa s'affacci di corsa alla finestra ;
e, mentre stava a bocca aperta per mandar fuori non so
che parola, non so che suono, Renzo la prevenne dicendo :
Lucia guarita: l'ho veduta ierlaltro; vi saluta; verr
presto. E poi ne ho, ne ho delle cose da dirvi.
Tra la sorpresa dell' apparizione, e la contentezza della
notizia, e la smania di saperne di pi, Agnese cominciava
ora un'esclamazione, ora una domanda, senza finir nulla:
poi, dimenticando le precauzioni ch' era solita a prender*
da molto tempo, disse: vengo ad aprirvi.
Aspettate : e la peste ? disse Renzo : voi non l'avete
avuta, credo.
Io no: e voi?
Io s; ma voi dunque dovete aver giudizio. Vengo da
Milano ; e, sentirete, sono proprio stato nel contagio fino
agli occhi. vero che mi son mutato tutto da capo a piedi :
ma l' una porcheria che s'attacca alle volte come un
CAPITOLO XXXVII. 607
malefizio. E giacch il Signore v'ha preservata finora,
voglio che stiate riguardata fin che non finito quest' in
flusso; perch siete la nostra mamma: e voglio che cam
piamo insieme un bel pezzo allegramente, a conto del gran
patire che abbiam fatto, almeno io.
Ma cominciava Agnese.
Eh ! interruppe Renzo : non c' ma che tenga. So
quel che volete dire ; ma sentirete, sentirete, che de'ma non
ce n' pi. Andiamo in qualche luogo all' aperto, dove si
possa parlar con comodo, senza pericolo ; e sentirete.
Agnese gl' indic un orto ch'era dietro alla casa; e sog
giunse : entrate l, e vedrete che c' due panche, l' una in
Caccia all'altra, che paion messe apposta. Io vengo subito.
Renzo and a mettersi a sedere sur una: un momento
dopo, Agnese si trov li sull' altra : e son certo che, se il
lettore, informato come delle cose antecedenti, avesse po
tuto trovarsi l in terzo, a veder con gli occhi quella con
versazione cos animata, a sentir con gli orecchi que' rac
conti, quelle domande, quelle spiegazioni, queir esclamare,
quel condolersi, quel rallegrarsi, e don Rodrigo, e il padre
Cristoforo, e tutto il resto, e quelle descrizioni dell' avve
nire, chiare e positive come quelle del passato, son certo,
dico, che ci avrebbe preso gusto, e sarebbe stato l' ultimo
a venir via. Ma d' averla sulla carta tutta quella conver
sazione, con parole mute, fatte d' inchiostro, e senza tro
varci un solo fatto nuovo, son di parere che non se ne curi
molto, e che gli piaccia pi d' indovinarla da s. La conclu
sione fu che s' anderebbe a metter su casa tutti insieme in
quel paese del bergamasco dove Renzo aveva gi un buon
avviamento: in quanto al tempo, non si poteva decider
nulla, perch dipendeva dalla peste, e da altre circostanze :
appena cessato il pericolo, Agnese tornerebbe a casa, ad
aspettarvi Lucia, o Lucia ve l'aspetterebbe : intanto Renzo
farebbe spesso qualche altra corsa a Pasturo, a veder la
sua mamma, e a tenerla informata di quel che potesse
accadere.
Prima di partire, offri anche a lei danari, dicendo : gli
ho qui tutti, vedete, que' tali : avevo fatto voto anch' io di
608 I PROMESSI SPOSI
non toccarli, fin che la cosa non fosse venuta in chiaro.
Ora, se n' avete bisogno, portate qui una scodella d'acqua
e aceto: vi butto dentro i cinquanta scudi belli e lam
panti. .
No, no, disse Agnese: ne ho ancora pi del bi
sogno per me : i vostri , serbateli , che saran buoni per
metter su casa.
Renzo torn al paese con questa consolazione di pi
l' aver trovata sana e salva una persona tanto cara. Stette
il rimanente di quella giornata, e la notte, in casa del
l' amico ; il giorno dopo, in viaggio di nuovo, ma da un' al
tra parte, cio verso il paese adottivo.
Trov Bortolo, in buona salute anche lui, e in minor ti
more di perderla ; ch, in que' pochi giorni, le cose, anche
l, avevan preso rapidamente una bonissima piega. Pochi
eran quelli che s' ammalavano : e il male non era pi quello:
non pi que' lividi mortali, n quella violenza di sintomi:
ma febbriciattole, intermittenti la maggior parte, con al
pi qualche piccol bubbone scolorito, che si curava come
un Agnolo ordinario. Gi l' aspetto del paese compariva
mutato; i rimasti vivi cominciavano a uscir fuori, a contarsi
tra loro, a farsi a vicenda condoglianze e congratulazioni.
Si parlava gi di ravviare i lavori: i padroni pensavano
gi a cercare e a caparrare operai, e in queir arti princi
palmente dove il numero n' era stato scarso anche -prima
del contagio, com' era quella della seta. Renzo, senza fare
il lezioso, promise (salve per le debite approvazioni) al
cugino di rimettersi al lavoro, quando verrebbe accompa
gnato, a stabilirsi in paese. S'occup intanto de' preparativi
pi necessari : trov una casa pi grande ; cosa divenuta
pur troppo facile e poco costosa; e la forn di mobili e
d' attrezzi, intaccando questa volta il tesoro, ma senza farci
un gran buco, ch tutto era a buon mercato, essendoci
molta pi roba che gente che la comprassero.
Dopo non so quanti giorni, ritorn al paese nativo, che
trov ancor pi notabilmente cambiato in bene. Trotti>
subito a Pasturo; trov Agnese rincoraggita affatto, e di
sposta a ritornare a casa quando si fosse ; di maniera che
CAPITOLO XXXVII. ' 609-
-ce la condusse lui : n diremo quali fossero i loro senti
menti, quali le parole, al rivedere insieme que' luoghi.
Agnese trov ogni cosa come l' aveva lasciata. Sicch
non pot far a meno di non dire che, questa volta, trat
tandosi d' una povera vedova "e d' una povera fanciulla.,
-avevan fatto la guardia gli angioli. E l'altra volta,
soggiungeva, che si sarebbe creduto che H, Signore guar
dasse altrove , e non pensasse a noi , giacch lasciava
portar via il povero fatto nostro ; ecco che ha fatto vedere
il contrario, perch m' ha mandato da un' altra parte di
bei danari, con cui ho potuto rimettere ogni cosa. Dico
ogni cosa, e non dico bene ; perch il corredo di Lucia che
coloro avevan portato via bell' e nuovo, insieme col resto,
quello mancava ancora; ma ecco che ora ci viene da un'al
tra parte. Chi m'avesse detto, quando io m'arrapinavo
tanto a allestir quell' altro: tu credi di lavorar per Lucia:
ch povera donna ! lavori per chi non sai : sa il cielo, questa
tela, questi panni, a che sorte di creature anderanno in
dosso: quelli per Lucia, il corredo davvero che ha da
servire per lei, ci penser un' anima buona, la quale tu
non sai n anche che la sia in questo mondo.
Il primo pensiero d' Agnese fu quello di preparare nella
sua povera casuccia l' alloggio il pi decente che potesse,
a queir anima buona : poi and in cerca di seta da anna
spare; e lavorando ingannava il tempo.
Renzo, dal canto suo, non pass in ozio que' giorni gi
tanto lunghi per s: sapeva far due mestieri per buona
sorte; si rimise a quello del contadino. Parte aiutava il
suo ospite, per il quale era una gran fortuna l' avere in
tal tempo spesso al suo comando un' opera, e un' opera di
quell'abilit; parte coltivava, anzi dissodava l' orticello
d' Agnese, trasandato affatto nell' assenza di lei. In quanto
al suo proprio podere, non se n' occupava punto, dicendo
ch' era una parrucca troppo arruffata , e che ci voleva
altro che due braccia a ravviarla. E non ci metteva
neppure i piedi ; come n anche in casa : ch gli avrebbe
fatto male a vedere quella desolazione ; e aveva gi preso
il partito di disfarsi d'ogni cosa, a qualunque prezzo, e
/ Promessi Sposi. 39
filO I PROMESSI SPOSI
d' impiegar nella nuova patria quel tanto che ne potrebbe-
ricavare.
Se i rimasti vivi erano, l' uno per l' altro, come morti re
suscitati, Renzo, per quelli del suo paese, lo era, come a
dire, due volte: ognuno glifaceva accoglienze e congratu
lazioni, ognuno voleva sentir da lui la sua storia. Direte
forse: come andava col bando? L' andava benone: lui non
ci pensava quasi pi, supponendo che quelli i quali avreb
bero potuto eseguirlo, non ci pensassero pi n anche loro :
e non s' ingannava. E questo non nasceva solo dalla peste
che aveva fatto monte di tante cose ; ma era, come s' po
tuto vedere anche in vari luoghi di questa storia, cosa co
mune a que' tempi, che i decreti, tanto generali quanto
speciali, contro le persone, se non c' era qualche animosit
privata e potente che li tenesse vivi, e li facesse valere, ri
manevano spesso senza effetto , quando non l' avessero
avuto sul primo momento ; come palle di schioppo, che, se
non fanno colpo, restano in terra, dove non danno fastidio
a nessuno. Conseguenza necessaria della gran facilit con
cui li seminavano que' decreti. L' attivit dell' uomo li
mitata ; e tutto il di pi che c' era nel comandare, doveva
tornare in tanto meno nell' eseguire. Quel che va nelle
maniche, non pu andar ne' gheroni.
Chi volesse anche sapere come Renzo se la passasse con
don Abbondio, in quel tempo d' aspetto, dir che stavano
alla larga l' uno dall' altro : don Abbondio, per timore di
sentire intonar qualcosa di matrimonio : e, al solo pensarci,
si vedeva davanti agli occhi don Rodrigo da una parte,
co' suoi bravi, il cardinale dall'altra, co' suoi argomenti:
Renzo, perch aveva fissato di non parlargliene che al
momento di concludere, non volendo risicare di farlo inal
berar prima del tempo, di suscitar, chi sa mai ? qualcho
difficolt, e d'imbrogliar le cose con chiacchiere inutili.
Le sue chiacchiere, le faceva con Agnese. Credete voi
che verr presto ? domandava l' uno. Io spero di si,
rispondeva l' altro : e spesso quello che aveva data ]a ri
sposta, faceva poco dopo la domanda medesima. E con
queste e con simili furberie, s' ingegnavano a far passaiv
CAPITOLO XXXVII. 11
il tempo, che pareva loro pi lungo, di mano in mano
che n'era pi passato.
Al lettore noi lo faremo passare in un momento tutto
quel tempo, dicendo in compendio che, qualche giorn
dopo la visita di Renzo al lazzeretto, Lucia n'usc con
la huona vedova; che, essendo stata ordinata una qua
rantina generale, la fecero insieme, rinchiuse nella casa
di quest'ultima; che una parte del tempo fu spesa in al
lestire il corredo di Lucia, al quale, dopo aver fatto un
po' di cerimonie, dovette lavorare anche lei ; e che, ter
minata che fu la quarantina, la vedova lasci in consegna
il fondaco e la casa a quel suo fratello commissario ; e si
fecero i preparativi per il viaggio. Potremmo anche sog
giunger subito : partirono, arrivarono, e quel che seguo ;
ma, con tutta la volont che abbiamo di secondar la fretta
del lettore, ci son tre cose appartenenti a quell'inter
vallo di tempo, che non vorremmo passar sotto silenzio ;
e, per due almeno, crediamo che il lettore stesso dira che
avremmo fatto male.
La prima, che, quando Lucia torn a parlare alla ve
dova delle sue avventure, pi in particolare, e pi ordina
tamente di quel che avesse potuto in queil' agitazione della
prima confidenza, o fece menzione pi espressa della si
gnora che l' aveva ricoverata nel monastero di Monza ,
venne a sapere di costei cose che, dandole la chiave di
molti misteri, le riempiron Y anima d' una dolorosa e pau
rosa maraviglia. Seppe, dalla vedova che la sciagurata,
caduta in sospetto d'atrocissimi fatti, era stata, per ordine
del cardinale, trasportata in un monastero di Milano ; ch
li, dopo molto infuriare e dibattersi, s' era ravveduta, s'era
accusata; e che la sua vita attuale era supplizio volon
tario tale, che nessuno, a meno di non togliergliela, ne
avrebbe potuto trovare un pi severo. Chi volesse co
noscere un po' pi in particolare questa trista storia, la
trover nel libro e al luogo che abbiam citato altrove,
a proposito della stessa persona (*).

(*) Ripam. HUL Pat., Dec. V. Lib. VI, Cap. III.


G12 I PROMESSI SPOSI
L' altra cosa che Lucia, domandando del padre Cristo
foro a tutti i cappuccini che pot vedere nel lazzeretto,
genti, con pi dolore che maraviglia, ch'era morto di peste.
Finalmente, prima di partire, avrebbe anche desiderato
di saper qualcosa de' suoi antichi padroni, e di fare, come
diceva, un atto del suo dovere, se alcuno ne rimaneva. La
vedova l' accompagn alla casa , dove seppero che l' uno
e l'altra erano andati tra que' pi. Di donna Prassede,
quando si dice ch'era morta, detto tutto; ma intorno
a don Ferrante, trattandosi ch' era stato dotto, l' anonimo
ha creduto d' estendersi un po' pi; e noi, a nostro rischio,
trascriveremo a un di presso quello che ne lasci scritto.
Dice adunque che, al primo parlar che si fece di peste,
don Ferrante fu uno de' pi risoluti a negarla, e che so
stenne costantemente fino all'ultimo, queir opinione ; non
gi con ischiamazzi, come il popolo, ma con ragionamenti,
ai quali nessuno potr dire almeno che mancasse la con
catenazione. -
In rerum natura, diceva, non ci son che due generi
di cose : sostanze e accidenti ; e se io provo che il contagio
non pu esser n l'uno n l'altro, avr provato che non
esiste, che una chimera. E son qui. Le sostanze sono,
o spirituali, o materiali. Che il contagio sia sostanza spi
rituale, uno sproposito che nessuno vorrebbe sostenere;
sicch inutile parlarne. Le sostanze materiali sono, o
semplici, o composte. Ora, sostanza semplice il contagio
non ; e si dimostra in quattro parole. Non sostanza
aerea; perch, se fosse tale, invece di passar da un corpo
all'altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non acquea:
perch bagnerebbe , e verrebbe asciugata da' venti. Non
ignea ; perch brucerebbe. Non terrea ; perch sarebbe
visibile. Sostanza composta, neppure : perch a ogni modo
dovrebbe esser sensibile all' occhio o al tatto ; e questo
contagio, chi l'ha veduto? chi l'ha toccato? Riman da
vedere se possa essere accidente. Peggio che peggio. Ci
dicono questi signori dottori che si comunica da un corpo
all' altro ; ch questo il loro achille, questo il pretesto per
far tante prescrizioni senza costrutto. Ora, supponendolo
CAPITOLO XXXVII. 613
accidente, verrebbe a essere un accidente trasportato : due
parole che fanno ai calci, non essendoci, in tutta la filo
sofia, cosa pi chiara, pi liquida di questa: che un ac
cidente non pu passar da un soggetto all'altro. Che se,
per evitar questa Scilla, si riducono a dire che sia acci
dente prodotto, danno in Cariddi: perch, se prodotto,
dunque non si comunica, non si propaga, come vanno bla-1
terando. Posti questi principi, cosa serve venirci tanto a
parlare di vibici, d'esantemi, d'antraci...?
Tutte corbellerie', scapp fuori una volta un tale.
No, no, riprese don Ferrante: non dico questo:
la scienza scienza; solo bisogna saperla adoprare. Vibici,
esantemi, antraci, parotidi, bubboni violacei, furoncoli
nigricanti, son tutte parole rispettabili, che hanno il loro
significato bell' e buono ; ma dico che non han che fare con
la questione. Chi nega che ci possa essere di queste cose,
anzi che ce ne sia ? Tutto sta a veder di dove vengano.
Qui cominciavano i guai anche per don Ferrante. Fin
che non faceva che dar addosso all' opinion del contagio,
trovava per tutto orecchi attenti e ben disposti: perch
non si pu spiegare quanto sia grande l'autorit d'un
dotto di professione, allorch vuol dimostrare agli altri
le cose di cui sono gi persuasi. Ma quando veniva a di
stinguere, e a voler dimostrare che l' errore di que' me
dici non consisteva gi nell' affermare che ci fosse un male
terribile e generale; ma nell' assegnarne la cagione; allora
( parlo de' primi tempi , in cui non si voleva sentir di
scorrere di peste), allora, in vece d'orecchi, trovava lingue
ribelli, intrattabili ; allora, di predicare a distesa era finita1;
e la sua dottrina non poteva pi metterla fuori, che a
pezzi e bocconi.
La c' pur troppo la vera cagione, diceva; e son
costretti a riconoscerla anche quelli che sostengono poi
quell' altra cosi in aria ... La neghino un poco , se pos
sono, quella fatale congiunzione di Saturno con Giove.
E quando mai s' sentito dire che l'influenze si propa
ghino ... ? E lor signori mi vorranno negar l' influenze 1
Mi negheranno che ci sian degli astri? 0 mi vorranno
614 I PROMESSI SPOSI
dire che stian lass a far nulla, come tante capocchie di
spilli ficcati in un guancialino? Ma quel che non mi
pu entrare, di questi signori medici; confessare che
ci troviamo sotto una congiunzione cos maligna, e poi
venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non
toccate l, e sarete sicuri ! Come se questo schivare il con
tatto materiale de' corpi terreni, potesse impedir l' effetto
virtuale de' corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar
de' cenci ! Povera gente! brucerete Giove? brucerete Sa
turno?
Ilis fretus, vale a dire su questi bei fondamenti, non
prese nessuna precauzione contro la peste ; gli s' attacc ;
and a letto, a morire, come un eroe di Metastasio, pren
dendosela con le stelle.
E quella sua famosa libreria? forse ancora dispersa
su per i muriccioli.

CAPITOLO XXXVIII.

Una sera, Agnese sente fermarsi un legno all' uscio.


E lei, di certo! Era proprio lei, con la buona vedova.
L' accoglienze vicendevoli se le immagini il lettore.
La mattina seguente, di buon' ora, capita Renzo che non
sa nulla, e vien solamente per isfogarsi un po' con Agnese
su quel gran tardare di Lucia. Gli atti che fece, e le cose
die disse, al trovarsela davanti, si rimettono anche quelli
all' immaginazion del lettore. Le dimostrazioni di Lucia
in vece furon tali, che non ci vuol molto a descriverle.
Vi saluto: come state? disse, a occhi bassi, e senza
scomporsi. E non crediate che Renzo trovasse quel fare
troppo asciutto, e se l' avesse per male. Prese benissimo
la cosa per il suo verso; e, come, tra gente educata, si
sa far la tara ai complimenti, cos lui intendeva bene
che quelle parole non esprimevan tutto ci che passava
nel cuore di Lucia. Del resto, era facile accorgersi che
aveva due maniere di pronunziarle: una per Renzo, e
un' altra per tutta la gente che potesse conoscere.
<s Sto bene quando vi vedo, rispose il giovine, con una
CAPITOLO XXXVIII. 615
frase vecchia, ma che avrebbe inventata lui, in quel mo
mento.
Il nostro povero padre Cristoforo ... ! disse Lucia :
- pregate per l'anima sua: bench si pu esser quasi
sicuri che a quest' ora prega lui per noi lass.
Me l' aspettavo, pur troppo, disse Renzo. E non fu
questa la sola trista corda che si toccasse in quel colloquio.
Ma che ? di qualunque cosa si parlasse, il colloquio gli riu
sciva sempre delizioso. Come que' cavalli bisbetici che
s' impuntano, e si piantan l, e alzano una zampa e poi
un' altra, e le ripiantano al medesimo posto, e fanno mille
cerimonie prima di fare un passo, e poi tutto a un tratto
prendon l' andare, e via, come se il vento li portasse, cos
era divenuto il tempo per lui: prima i minuti gli parevan
.ore; poi l'ore gli parevan minuti.
La vedova, non solo non guastava la compagnia, ma oi
faceva dentro molto bene ; e certamente, Renzo, quando la
vide in quel lettuccio, non se la sarebbe potuta immaginare
d'umore cos socievole e gioviale. Ma il lazzeretto e la
.campagna, la morte e le nozze, non son tutt'uno. Con
Agnese essa aveva gi fatto amicizia ; con Lucia poi era un
piacere a vederla, tenera insieme e scherzevole, e come la
stuzzicava garbatamente, e senza spinger troppo, appena
quanto ci voleva per obbligarla a dimostrar tutta l'al
legria che aveva in cuore.
Renzo disse finalmente che andava da don Abbondio, a
prendere i concerti per lo sposalizio. Ci and, e, con un
-certo fare tra burlevole e rispettoso, signor curato, gli
disse : le poi passato quel dolor di capo, per cui mi di
ceva di non poterci maritare? Ora siamo a tempo; la sposa
*c': e son qui per sentire quando le sia di comodo: ma
.questa volta, sarei a pregarla di far presto. Don Ab
bondio non disse di no; ma cominci a tentennare, a trovar
.cert' altre scuse, a far cert' altre insinuazioni : e perch
mettersi in piazza, e far gridare il suo nome, con quella
cattura addosso ? e che la cosa potrebbe farsi ugualmente
altrove; e questo e quest'altro.
Ho inteso, disse Renzo : lei ha ancora un po' di quel
616 I PROMESSI SPOSI
mal di capo. Ma senta, senta. E cominci a descrivere in
che stato aveva visto quel povero don Rodrigo ; e che gi.
a quell'ora doveva sicuramente essere andato. Spe
riamo, concluse, che il Signore gli avr usato mi
sericordia. ...
Questo non ci ha che fare, disse don Abbondio:
v'ho forse detto di no? Io non dico di no; parlo
parlo per delle buone ragioni. Del resto, vedete, fin che
c' flato . . . Guardatemi me : sono una conca fessa ; sono
stato anch' io, pi di l che "ti qua : e son qui ; e... s*
non mi vengono addosso de' guai . . . basta . . . posso spe
rare di starci ancora un pochino. Figuratevi poi certi,
temperamenti. Ma, come dico, questo non ci ha che iar
nulla.
Dopo qualche altra botta e risposta, n pi n meno
concludenti, Renzo strisci una bella riverenza, se ne
torn alla sua compagnia, fece la sua relazione, e fini
con dire: son venuto via, che n'ero pieno, e per non
risicar di perdere la pazienza, -e di levargli il rispetto-
In certi momenti, pareva proprio quello dell'altra volta:
proprio quella mutria, quelle ragioni : son sicuro che, se
la durava ancora un poco, mi .tornava in campo con
qualche parola in latino. Vedo che vuol essere un' altra
lungagnata : meglio fare addirittura come dice lui, an
dare a maritarsi dove andiamo a stare.
Sapete cosa faremo? disse la vedova: voglio che
andiamo noi altre donne a fare un' altra prova, e vedere
se ci riesce meglio. Cos avr anch'io il gusto di cono
scerlo quest' uomo, se proprio come dite. Dopo desinare
voglio che andiamo; per non tornare a dargli addosso-
subito. Ora, signore sposo, menateci un po' a spasso noi
altre due, intanto che Agnese in faccende : che a Lucia
far io da mamma : e ho proprio voglia di vedere un
po' meglio queste montagne, questo lago, di cui ho sentito
tanto parlare ; e il poco che n' ho gi visto, mi pare una
gran bella cosa.
Renzo le condusse prima di tutto alla casa del suo ospite,
love fu un' altra festa : e gli fecero promettere che, non
CAPITOLO XXXVIH. 617
solo quel giorno, ma tutti i giorni, se potesse, verrebbe
a desinare con loro.
Passeggiato, desinato, Renzo se n' and, senza dir dove.
Le donne rimasero un pezzetto a discorrere, a concer
tarsi sulla maniera di prender don Abbondio; e final
mente andarono all' assalto. . . -
Son qui loro, disse questo tra s ; ma fece faccia
tosta: gran congratulazioni a Lucia, saluti ad Agnese,
iomplimenti alla forestiera. Le fece mettere a sedere, e
poi entr subito a parlar della peste: volle sentir da Lucia
come l'aveva passata in que'guai: il lazzeretto diede op
portunit di far parlare anche quella che l' era stata com
pagna ; poi , com' era giusto , don Abbondio parl anche
della sua burrasca ; poi de' gran mirallegri anche a Agnese, ,
che l'aveva passata liscia. La cosa andava in lungo : gi
fin dal primo momento, le due anziane stavano alle velette,
se mai venisse l'occasione d'entrar nel discorso essenziale :
finalmente non so quale delle due ruppe il ghiaccio. Ma
cosa volete? Don Abbondio era sordo da quell'orecchio.
Non che dicesse di no; ma eccolo di nuovo a quel suo
serpeggiare, volteggiare e saltar di palo in frasca. Biso
gnerebbe, diceva, poter far levare quella catturaccia.
lei, signora, che di Milano, conoscer pi o meno il
filo delle cose, avr delle buone protezioni, qualche cava
liere di peso : ch con questi mezzi si sana ogni piaga.
Se poi si volesse andar per la pi corta, senza imbarcarsi
in tante storie; giacch codesti giovani, e qui la nostra
Agnese, hanno gi intenzione di spatriarsi (e io non sa
prei cosa dire: la patria dove si sta bene), mi pare che
si potrebbe ar tutto l, dove non c' cattura che tenga.
Non vedo proprio l' ora di saperlo concluso questo pa
rentado, ma lo vorrei concluso bene, tranquillamente.
Dico la verit: qui, con quella cattura viva, spiattellar
dall' altare quel nome di Lorenzo Tramaglino, non lo
farei col cuor quieto : gli voglio troppo bene ; avrei paura
di fargli un cattivo servizio. Veda lei; vedete voi altre.
Qui, parte Agnese, parte la vedova, a ribatter quelle
ragioni; don Abbondio a rimetterle in campo, sott' altra
1$ I PROMESSI SPOSI
forma: s' era sempre da capo; quando entra Renzo, con un
passo risoluto, e con una notizia in riso ; e dice : ar
rivato il signor marchese***.
Cosa vuol dir questo ? arrivato dove ? domanda don
Abbondio, alzandosi.
i arrivato nel suo palazzo, ch' era quello di don Ro
drigo ; perch questo signor marchese l' erede per fide-
commisso, come dicono; sicch non c' pi dubbio. Per me,
ne sarei contento, se potessi sapere che quel pover' uom
fosse morto bene. A buon conto, finora ho detto per lui
de' paternostri, adesso gli dir de' De profundis. E questo
signor marchese un bravissim' uomo.
Sicuro, disse don Abbondio : l' ho sentito nominar
pi d' una volta per un bravo signore davvero, per un
omo della stampa antica. Ma che sia proprio vero ?
Al sagrestano gli crede?
Perch?
Perch lui l' ha veduto co' suoi occhi. Io sono stato so
lamente l ne' contorni, e, per dir la verit, ci sono andato
appunto perch ho pensato: qualcosa l si dovrebbe sa
pere. E pi d' uno m' ha detto lo stesso. Ho poi incontrato
Ambrogio che veniva proprio di lass, e che l' ha veduto,
come dico, far da padrone. Lo vuol sentire, Ambrogio?
L'ho fatto aspettar qui fuori apposta.
Sentiamo, disse don Abbondio. Renzo and a chia
mare il sagretano. Questo conferm la cosa in tutto e per
tutto, ci aggiunse altre circostanze, sciolse tutti i dubbi;
poi se n' and.
Ah ! morto dunque ! proprio andato! esclam don
Abbondio. Vedete, figliuoli, se la Provvidenza arriva alla
fine certa gente. Sapete che l' una gran cosa ! un gran re
spiro per questo povero paese ! ch non ci si poteva vivere
con colui. E stata un gran flagello questa peste ; ma an
che stata una scopa ; ha spazzato via certi soggetti, che,,
figliuoli miei, non ce ne liberavamo pi: verdi, freschi,
prosperosi : bisognava dire che chi era destinato a far loro
l'esequie, era ancora in seminario, a fare i latinucci. E
in un batter d' occhio, sono spariti, a cento per volta. Noh
CAPITOLO XXXVIII. 619
. lo vedremo pi andare in giro con quegli sgherri dietro,
con queir albagia, con queir aria, con quel palo in corpo,
con quel guardar la gente, che pareva che si stesse tutti
al mondo per sua degnazione. Intanto, lui non c' pi, e
noi ci siamo. Non mander pi di quell' imbasciate ai ga
lantuomini. Ci ha dato un gran fastidio a tutti, vedete:
-ch adesso lo possiamo dire.
Io gli ho perdonato di cuore, disse Renzo.
E fai il tuo dovere, rispose don Abbondio : ma si
.pu anche ringraziare il cielo, che ce n' abbia liberati. Ora,
-tornando a noi, vi ripeto : fate voi altri quel che credete.
Se volete che vi mariti io, son qui ; se vi torna pi comodo
in altra maniera, fate voi altri. In quanto alla cattura,
vedo anch'io che, non essendoci ora pi nessuno che vi
tenga di mira, e voglia farvi del male, non cosa da pren
dersene gran pensiero : tanto pi, che c' stato di mezzo
quel decreto grazioso, per la nascita del serenissimo in
fante. E poi la peste ! la peste ! ha dato di bianco a di
gran cose la peste! Sicch, se volete oggi gioved....
domenica vi dico in chiesa ; perch quel che s' fatto l' al
tra volta, non conta pi niente, dopo tanto tempo ; e poi
ho la consolazione di maritarvi io.
Lei sa bene ch' eravamo venuti appunto per questo,
disse Renzo.
Benissimo ; e io vi servir : e voglio darne parte subito
a sua eminenza.
Chi sua eminenza? domand Agnese.
<t Sua eminenza, rispose don Abbondio, il nostro
cardinale arcivescovo, che Dio conservi.
Oh! in quanto a questo mi scusi, replic Agnese:
ch, sebbene io sia una povera ignorante, le posso accer
tare che non gli si dice cos; perch, quando siamo state la
seconda volta per parlargli, come parlo a lei, uno di q ue' si
gnori preti mi tir da. part e, e m' insegn come si doveva
trattare con quel signore, e che gli si doveva dire vossi
gnoria illustrissima, e monsignore.
E ora, se vi dovesse tornare a insegnare, vi direbbe
che gli va dato dell'eminenza : avete inteso ? Perch il papa,
620 I PROMESSI SPOSI
che Dio lo conservi anche lui, ha prescritto, fin dal mese
di giugno, che ai cardinali si dia questo titolo. E sapete
perch sar venuto a questa risoluzione ? Perch l' illustris
simo, ch' era riservato a loro e a certi principi, ora, vedete
anche voi altri, cos' diventato, a quanti si d: e come se
lo succiano volentieri! E cosa doveva fare, il papa? Le
varlo a tutti? Lamenti, ricorsi, dispiaceri, guai; e per di
pi, continuar come prima. Dunque ha trovato un bonissimo
l'ipiego. A poco a poco poi, si comincer a dar dell' emi
nenza ai vescovi; poi lo vorranno gli abati, poi i proposti;
perch gli uomini san fatti cos; sempre voglion salire,
sempre salire; poi i canonici....
Poi i curati, disse la vedova,
No, no, riprese don Abbondio : i curati a tirar la
carretta : non abbiate paura che gli av vezzin male, i curati :
del reverendo, fino alla fin del mondo. Piuttosto, non mi
maravigilerei punto che i cavalieri, i quali sono avvezzi a
sentirsi dar dell' illustrissimo, a esser trattati come i car
dinali, un giorno volessero dell' eminenza anche loro. E se
la vogliono, vedete, troveranno chi gliene dar. E allora,
il papa che ci sar allora, trover qualche altra cosa per i
cardinali. Ors, ritorniamo alle nostre cose : domenica vi
dir in chiesa; e intanto, sapete cos' ho pensato per servirvi
meglio? Intanto chiederemo la dispensa per l'altre due de
nunzie. Hanno a avere un bel da fare laggi in curia, a dar
dispense, se la va per tutto come qui. Per domenica ne ho
gi uno due tre ; senza contarvi voi altri : e ne
pu capitare ancora. E poi vedrete, andando avanti, che
affare vuol essere: non ne deve rimanere uno scompa
gnato. Ha proprio fatto uno sproposito Perpetua a mo
rire ora; ch questo era il momento che trovava l'av
ventore anche lei. E a Milano, signora, mi figuro che sar
lo stesso.
Eccome! si figuri che, solamente nella mia cura, do
menica passata, cinquanta denunzie.
Se lo dico; il mondo non vuol finire. E lei, signora,
non hanno principiato a ronzarle intorno de' mosconi?
No, no; io non ci penso, n ci voglio pensare.
CAPITOLO XXXVIII. 4 621
S, s, che vorr esser lei sola. Anche Agnese, veda ;
anche Agnese
Uh! ha voglia di scherzare, lei, disse questa.
Sicuro che ho voglia di scherzare : e mi pare che sia
ora finalmente. Ne abbiam passate delle brutte, n' vero, i
miei giovani ? delle brutte n' abbiam passate : questi quat
tro giorni che dobbiamo stare in questo mondo, si pu
sperare che vogliano essere un po' meglio. Ma ! fortunati
voi altri, che, non succedendo disgrazie, avete ancora un
pezzo da parlare de' guai passati : io in vece, sono alle ven
titr e tre quarti, e i birboni posson morire; della
peste si pu guarire; ma agli anni non c' rimedio: e,
come dice, senectus ipsa est morbus.
Ora, disse Renzo, parli pur latino quanto vuole;
che non me n'importa nulla.
Tu l' hai ancora col latino, tu : bene bene, t'accomoder
io : quando mi verrai davanti, con questa creatura, per sen
tirvi dire appunto certe paroline in latino, ti dir : latino
tu non ne vuoi: vattene in pace. Ti piacer?
Eh ! so io quel che dico, riprese Renzo : non quel
latino l che mi fa paura: quello un latino sincero, sacro
santo, come quel della messa : anche loro, l, bisogna che
leggano quel che c' sul libro. Parlo di quel latino birbone,
fuor di chiesa, che viene addosso a tradimento, nel buono
d' un discorso. Per esempio, ora che siam qui, che tutto
finito ; quel latino che andava cavando fuori, l proprio, in
quel canto, per darmi ad intendere che non poteva, e che
ci voleva dell' altre cose, e che so io ? me lo volti un po' in
volgare ora.
Sta zitto, buffone, sta zitto : non rimestar queste cose ;
che, se dovessimo ora fare i conti, non so chi avanzerebbe.
Io ho perdonato tutto : non ne parliam pi ; ma me n' avete
fatti de' tiri. Di te non mi fa specie, che sei un malandri-
naccio ; ma dico quest' acqua cheta, questa santerella, que
sta madonnina infilzata, che si sarebbe creduto far peccato
a guardarsene. Ma gi, lo so io chi ' aveva ammaestrata,
lo so io, lo so io. Cos dicendo, accennava Agnese col dito,
che prima aveva tenuto rivolto a Lucia : e non si potrebbe
622 I PROMESSI SPOSI
spiegare con che bonariet, con che piacevolezza facesse
que' rimproveri. Quella notizia gli aveva dato una disinvol
tura, una parlantina, insolita da gran tempo ; e saremmo
ancor ben lontani dalla fine, se volessimo riferir tutto il
rimanente di que' discorsi, che lui tir in lungo, ritenendo
pi d' una volta la compagnia che voleva andarsene, e fer
mandola poi ancora un pochino sull' uscio di strada, sempre
a parlar di bubbole.
Il giorno seguente, gli capit una visita, quanto meno
aspettata tanto pi gradita : il signor marchese del quale
s'era parlato: un uomo tra la virilit e la vecchiezza, il
cui aspetto era come un attestato di ci che la fama diceva
di lui : aperto, cortese, placido, umile, dignitoso, e qualcosa
che indicava una mestizia rassegnata.
Vengo, disse, a portarle i saluti del cardinale ar
civescovo.
Oh che degnazione di tutt' e due !
Quando fui a prender congedo da quest' uomo incom
parabile, che m' onora della sua amicizia, mi parl di due
giovani di codesta cura, ch'eran promessi sposi, e che hanno
avuto de' guai, per causa di quel povero don Rodrigo.
Monsignore desidera d' averne notizia. Son vivi ? e le lor o
cose sono accomodate?
Accomodato ogni cosa. Anzi, io m' era proposto di scri
verne a sua eminenza ; ma ora che ho l' onore ....
Si trovan qui?
Qui; e, pi presto che s potr, saranno marito e
moglie.
E io la prego di volermi dire se si possa far loro del
bene, e anche d' insegnarmi la maniera pi conveniente. In
questa calamit, ho perduto i due soli figli che avevo, e
la madre loro, e ho avuto tre eredit considerabili. Del
superfluo, n'avevo anche prima: sicch lei vede che il
darmi una occasione d' impiegarne, e tanto pi una come
questa, farmi veramente un servizio.
Il cielo la benedica ! Perch non sono tutti come lei
i . . . ? Basta ; la ringrazio anch' io di cuore per questi miei
figliuoli. E giacch vossignoria illustrissima mi d tanto
CAPITOLO XXXVIII. 62*
coraggio, si signore, che ho un espediente da suggerirle, il
quale forse non le dispiacer. Sappia dunque che questa
buona gente son risoluti d'andare a metter su casa al
trove, e di vender quel poco che hanno al sole qui: una
vignetta, il giovine, di nove o dieci pertiche, salvo il vero,
ma trasandata affatto : bisogna far conto del terreno, nien-
t' altro; di pi una casuccia lui, e un'altra la sposa: due
topaie, veda. Un signore come vossignoria non pu sapere
come la vada per i poveri, quando voglion disfarsi del loro.
Finisce sempre a andare in bocca di qualche furbo, che
forse sar gi un pezzo che fa all' amore a quelle quattro
braccia di terra, e quando sa che l'altro ha bisogno di ven
dere, si ritira, fa lo svogliato; bisogna corrergli dietro, e
dargliele per un pezzo di pane : specialmente poi in cir
costanze come queste. Il signor marchese ha gi veduto
dove vada a parare il mio discorso. La carit pi fiorita
che vossignoria illustrissima possa fare a questa gente,
di cavarli da quest' impiccio, comprando quel poco fatto
loro. Io, per dir la verit, do un parere interessato, per
ch verrei ad acquistare nella mia cura un compadrone
come il signor marchese ; ma vossignoria decider secondo
che le parr meglio: io ho parlato per ubbidienza.
Il marchese lod molto il suggerimento ; ringrazi don
Abbondio, e lo preg di voler esser arbitro del prezzo,
e di fissarlo alto bene; e lo fece poi restar di sasso, col
proporgli che s' andasse subito insieme a casa della sposa,
dove sarebbe probabilmente anche lo sposo.
Per la strada, don Abbondio, tutto gongolante, come vi
potete immaginare, ne pens e ne disse un' altra. Giac
ch vossignoria illustrissima tanto inclinato a far del
bene a questa gente, ci sarebbe un altro servizio da ren
der loro. Il giovine ha addosso una cattura, una specie di
bando, per qualche scappatuccia che ha fatta in Milano, due
anni sono, quel giorno del gran fracasso, dove s' trovato
impicciato, senza malizia, da ignorante, come un topo
nella trappola : nulla di serio , veda : ragazzate, scapatag
gini : di far del male veramente, non capace : e io posso
dirlo, che l' ho battezzato, e l' ho veduto venir su : e poi,
624 I PROMESSI SPOSI
se vossignoria vuol prendersi il divertimento di sentir
questa povera gente ragionar su alla carlona, potr fargli
raccontar la storia a lui, e sentir. Ora, trattandosi di cose
vecchie, nessuno gli d fastidio ; e, come le ho detto, lui
pensa d'andarsene fuor di stato; ma, col tempo, o tor
nando qui , o altro , non si sa mai , lei m' insegna che
sempre meglio non esser su que' libri. Il signor marchese,
in Milano, conta, come giusto, e per quel gran cavaliere,
e per quel grand' uomo che No, no, mi lasci dire; che
la verit vuole avere il suo luogo. Una raccomandazione,
una parolina d' un par suo, pi del bisogno per ottenere
una buona assolutoria.
Non c' impegni forti contro codesto giovine ?
No, no; non crederei. Gli hanno fatto fuoco addosso
nel primo momento ; ma ora credo che non ci sia pi altro
che la semplice formalit.
Essendo cos, la cosa sar facile ; e la prendo volen
tieri sopra di me.
E poi non vorr che si dica che un grand' uomo.
Lo dico, e lo voglio dire; a suo dispetto, lo voglio di.
E anche se io stessi zitto, gi non servirebbe a nuto,
perch parlan tutti; e vox populi, vox Dei. .
Trovarono appunto le tre donile e Renzo. Come questi
rimanessero, lo lascio considerare a voi : io credo che an
che quelle nude e ruvide pareti, e l' impancate, e i pan
chetti, e le stoviglie si maravigliassero di ricever tra loro
una visita cos straordinaria. Avvi lui la conversazione,
parlando del cardinale e dell'altre cose, con aperta cor
dialit, e insieme con delicati riguardi. Pass poi a far la
proposta per cui era venuto. Don Abbondio, pregato da
lui di fissare il prezzo, si fece avanti: e, dopo un po' di
cerimonie e di scuse, e che non era sua farina, e che non
potrebbe altro che andare a tastoni , e che parlava per
ubbidienza, e che si rimetteva, proferi, a parer suo, uno
sproposito. Il compratore disse che, per la parte sua, era
contentissimo, e, come se avesse franteso, ripet il doppio;
non volle sentir rettificazioni, e tronc e concluse ogni di
scorso invitando la compagnia a desinare per il giorno
CAPITOLO XXXVIII. 625
dopo le nozze, al suo palazzo, dove si farebbe l' istrumento
in regola.
Ah! diceva poi tra s don Abbondio, tornato a
casa: se la peste facesse sempre e per tutto le cose in
questa maniera, sarebbe proprio peccato il dirne male:
quasi quasi ce ne vorrebbe una, ogni generazione: e si
potrebbe stare a patti d'averla; ma guarire, ve'.
Venne la dispensa, venne l'assolutoria, venne quel be
nedetto giorno: i due promessi andarono, con sicurezza
trionfale, proprio a quella chiesa, dove, proprio per bocca
di don Abbondio, furono sposi. Un altro trionfo, e ben pi
singolare, fu l' andare a quel palazzotto ; e vi lascio pen
sare che cose dovessero passar loro per la mente, in far
quella salita, all'entrare in quella porta; e che discorsi
dovessero fare, ognuno secondo il suo naturale. Accenner
soltanto che, in mezzo all' allegria, ora l' uno, ora l' altro
motiv pi d' una volta, che per compir la festa, ci man
cava il povero padre Cristoforo. Ma per lui, dicevan
poi, sta meglio di noi sicuramente.
Il marchese fcvce loro una gran festa, li condusse in un
bel tinello, mise a tavola gli sposi, con Agnese e con la
mercantessa; e prima di ritirarsi a pranzare altrove con
don Abbondio, volle star l un poco a far compagnia
agl'invitati, e aiut anzi a servirli. A nessuno verr,
spero, in testa di dire che sarebbe stata cosa pi semplice
fare addirittura una tavola sola. Ve l' ho dato per un bra-
v' uomo, ma non per un originale , come si direbbe ora ;
v'ho detto ch'era umile, non gi che fosse un portento
d' umilt. N' aveva quanta ne bisognava per mettersi al
di sotto di quella buona gente, ma non per istar loro
in pari.
Dopo i due pranzi, fu steso il contratto per mano d' un
dottore, il quale non fu l' Azzecca-garbugli. Questo, voglio
dire la sua spoglia, era ed tuttavia a Canterelli. E per
chi non di quelle parti, capisco anch' io che qui ci vuole
una spiegazione.
Sopra Lecco forse un mezzo miglio, e quasi sul fianco
dell' altro paese chiamato Castello , c' un luogo detto
/ Promessi Sposi. 40
626 I TROMESSI SPOSI
Canterelli, dove s' incrociali due strade; e da una parte
del crocicchio, si vede un rialto, come un poggetto arti
ficiale, con una croce in cima; il quale non altro che
un gran mucchio di morti in quel contagio. La tradizione,
per dir la verit, dice semplicemente i morti del conta
gio; ma dev'esser quello senz'altro, che fu l'ultimo, e
il pi micidiale di cui rimanga memoria. E sapete che le
tradizioni, chi non le aiuta, da s dicon sempre troppo poco.
Nel ritorno non ci fu altro inconveniente, se non che
Renzo era un po' incomodato dal peso de' quattrini che
portava via. Ma l'uomo, come sapete, aveva fatto ben
altre vite. Non parlo del lavoro della mente, che non era
piccolo, a pensare alla miglior maniera di farli fruttare.
A vedere i progetti che passavan per quella mente, le
riflessioni, l' immaginazioni ; a sentire i pro e i contro, per
l' agricoltura e per l' industria, era come se ci si fossero
incontrate due accademie del secolo passato. E per lui l' im
piccio era ben pi reale; perch, essendo un uomo solo,
non gli si poteva dire : che bisogno c' di scegliere ? l' uno
e l' altro, alla buon' ora ; ch i mezzi, in sostanza, sono i
medesimi ; e son due cose come le gambe, che due vanno
meglio d'una sola.
Non si pens pi che a fare i fagotti, e a mettersi in
viaggio: casa Tramaglino per la nuova patria, e la ve
dova per Milano. Le lacrime, i ringraziamenti, le pro
messe d' andarsi a trovare furon molte. Non meno tenera,
eccettuate le lacrime, fu la separazione di Renzo e della
famiglia dall' ospite amico: e non crediate che con don Ab
bondio le cose passassero freddamente. Quelle buone crea
ture avevan sempre conservato un certo attaccamento ri
spettoso per il loro curato; e questo, in fondo, aveva
sempre voluto bene a loro. Son que' benedetti affari, che
imbroglian gli affetti.
Chi domandasse se non ci fu anche del dolore in di
staccarsi dal paese nativo, da quelle montagne; ce ne fu
sicuro: ch del dolore, ce n', sto per dire, un po' per
tutto. Bisogna per che non fosse molto forte, giacch
avrebbero potirto risparmiarselo, stando a casa loro, ora
CAPrroLo xxxviii. 627
che i due grand' inciampi, don Rodrigo e il bando, eran
levati. Ma, gi da qualche tempo, erano avvezzi tutt' e tre
a riguardar come loro il paese dove andavano. Renzo
l'aveva fatto entrare in grazia alle donne, raccontando
l' agevolezze che ci trovavano gli operai, e cento cose della
bella vita che si faceva l. Del resto, avevan tutti pas
sato de' momenti ben amari in quello a cui voltavan le
spalle; e le memorie triste, alla lunga guastan sempre
nella mente i luoghi che le richiamano. E se que' luoghi
son quelli dove siam nati, c' forse in tali memorie qual
cosa di pi aspro e pungente. Anche il bambino, dice il
manoscritto, riposa volentieri sul seno della balia, cerca
con avidit e con fiducia la poppa che l'ha dolcemente
alimentato fino allora ; ma se la balia, per divezzarlo, la
bagna d' assenzio, il bambino ritira la bocca, poi torna a
provare, ma finalmente se ne stacca; piangendo s, ma
se ne stacca.
Cosa direte ora, sentendo che, appena arrivati e acco
modati nel nuovo paese, Renzo ci trov de' disgusti bell' e
preparati? Miserie; ma ci vuol cosi poco a disturbare uno
stato felice! Ecco, in poche parole, la cosa.
Il parlare che, in quel paese, s' era fatto di Lucia, molto
tempo prima che la ci arrivasse; il saper che Renzo aveva
avuto a patir tanto per lei, e sempre fermo, sempre fedele;
forse qualche parola di qualche amico parziale per lui e per
tutte le cose sue, avevan fatto nascere una certa curio
sit di veder la giovine, e una certa aspettativa della sua
bellezza. Ora sapete come l'aspettativa: immaginosa,
credula, sicura; alla prova poi, difficile, schizzinosa: non
trova mai tanto che le basti, perch, in sostanza, non sapeva
quello che si volesse; e fa scontare senza piet il dolce che
aveva dato senza ragione. Quando comparve questa Lucia,
molti i quali credevan forse che dovesse avere i capelli
proprio d' oro, e le gote proprio di rosa, e due occhi l' uno
pi bello dell'altro, e che so io? cominciarono a alzar le
spalle, ad arricciare il naso, e a dire:. eh! l' questa?
Dopo tanto tempo, dopo tanti discorsi, s' aspettava qual
cosa di meglio. Cos' poi ? Una contadina come tant' altre.
628 I PROMESSI SPOSI
Eh ! di queste e delle meglio, ce n' per tutto. Venendo
poi a esaminarla in particolare, notavan chi un difetto,
chi un altro : e ci furon fin di quelli che la trovavan brutta
affatto.
Siccome per nessuno le andava a dir sul viso a Renzo,
queste cose; cos non c'era gran male fin li. Chi lo fece
il male, furon certi tali che gliele rapportarono: e Renzo,
che volete? ne fu tocco sul vivo. Cominci a ruminarci
sopra* a farne di gran lamenti, e con chi gliene parlava,
e pi a lungo tra s. E cosa v' importa a voi altri ? E
chi v' ha detto d' aspettare ? Son mai venuto io a parlar-
vene? a dirvi che la fosse bella? E quando me lo dice
vate voi altri, v'ho mai risposto altro, se non che era
una buona giovine? una contadina ! V'ho detto mai che
v'avrei menato qui una principessa? Non vi piace? Non
la guardate. N' avete delle belle donne : guardate quelle.
E vedete un poco come alle volte una corbelleria basta
a decidere dello stato d'un uomo per tutta la vita. Se
Renzo avesse dovuto passar la sua vita in quel paese,
secondo il suo primo disegno, sarebbe stata una vita poco
allegra. A forza d' esser disgustato, era ormai diventato
disgustoso. Era sgarbato con tutti, perch ognuno poteva
essere uno de' critici di Lucia. Non gi che trattasse pro
prio contro il galateo; ma sapete quante belle cose si
posson fare senza offender le regole della buona creanza :
fino sbudellarsi. Aveva un non so che di sardonico in ogni
sua parola; in tutto trovava anche lui da criticare, a
segno che, se faceva cattivo tempo due giorni di seguito,
subito diceva: eh gi, in questo paese! Vi dico che
non eran pochi quelli che l' avevan gi preso a noia , e
anche persone che prima gli volevan bene ; e col tempo,
d' una cosa pell' altra , si sarebbe trovato , per dir cosi ,
in guerra con quasi tutta la popolazione, senza poter
forse n anche lui conoscer la prima cagione d' un cosi
gran male.
Ma si direbbe che la peste avesse preso l'impegno di
raccomodar tutte le malefatte di costui. Aveva essa por
tato via il padrone d' un altro filatoio, situato quasi sulle
CAPITOLO XXXVM.
porte di Bergamo; e l'erede, giovine scapestrato, che in
tutto queir edifzio non trovava che ci fosse nulla di di
vertente, era deliberato, anzi smanioso di vendere, anche
a mezzo prezzo; ma voleva i danari l'uno sopra l'altro,
per poterli impiegar subito in consumazioni improduttive.
Venuta la cosa agli orecchi di Bortolo, corse a vedere;
tratt : patti pi grassi non si sarebbero potuti sperare ;
ma quella condizione de' pronti contanti guastava tutto ,
perch quelli che aveva messi da parte, a poco a poco,
a forza di risparmi, erano ancor lontani da arrivare alla
somma. Tenne l'amico in mezza parola, torn indietro
in fretta, comunic l' affare al cugino, e gli propose di farlo
a mezzo. Una cos bella proposta tronc i dubbi econo
mici di Renzo, che si risolvette subito per l' industria, e
disse di s. Andarono insieme, e si strinse il contratto.
Quando poi i nuvi padroni vennero a stare sul loro ,
Lucia, che .l non era aspettata per nulla, non solo non
and soggetta a critiche, ma si pu dire che non dispiac
que; e Renzo venne a risapere che s'era detto da pi
d' uno : avete veduto quella bella baggiana che c' ve
nuta? L'epiteto faceva passare il sostantivo.
E anche del dispiacere che aveva provato nell'altro
paese, gli rest un utile ammaestramento. Prima d' allora
era stato un po' lesto nel sentenziare, e si lasciava andar
volentieri a criticar la donna d' altri, e ogni cosa. Allora
s'accorse che le parole fanno un effetto in bocca, e un altro
negli orecchi; e prese un po' pi d'abitudine d'ascoltar di
dentro le sue, prima di proferirle.
Non crediate per che non ci fosse qualche fastidiuccio
anche l. L'uomo (dice il nostro anonimo: e gi sapete
per prova che aveva un gusto un po' strano in fatto di
similitudini; ma passategli anche questa, che avrebbe a
esser l' ultima), l' uomo, fin che sta in questo mondo, un
infermo che si trova sur un letto scomodo pi o meno,
e vede intorno a s altri letti, ben rifatti al di fuori, piani,
a livello: e si figura che ci si deve star benone. Ma se
gli riesce di cambiare, appena s' accomodato nel nuovo,
comincia, pigiando, a sentire, qui ima lisca che lo punge,
630 I PROMSSI SPOSI
l un bernoccolo che lo preme : siamo in somma, a un di
presso, alla storia di prima. E per questo, soggiunge l'ano
nimo, si dovrebbe pensare pi a far bene, che a star bene:
e cos si finirebbe anche a star meglio. tirata un po'
con gli argani, e proprio da secentista; ma in fondo ha
ragione. Per altro, prosegue, dolori e imbrogli della qua
lit ,e della forza di quelli che abbiami raccontati, non ce
ne furon pi per la nostra buona gente : fu, da quel punto
in poi, una vita delle pi tranquille, delle pi felici, delle
pi invidiabili; di maniera che, se ve l'avessi a raccon
tare, vi seccherebbe a morte.
Gli affari andavan d' incanto : sul principio ci fu un po'
d' incaglio per la scarsezza de' lavoranti e per lo sviamento
e le pretensioni de' pochi ch' eran rimasti. Furon pubbli
cati editti che limitavano le paghe degli operai; malgrado
quest'aiuto, le cose si rincamminarono, perch alla fine
bisogna che si rincamminino. Arriv da Venezia un altro
editto, un po' pi ragionevole: esenzione, per dieci anni,
da ogni carico reale e personale ai forestieri che venis
sero a abitare in quello stato. Per i nostri fu una nuova
cuccagna. .- -
Prima che finisse l'anno del matrimonio, venne alla
luce una bella creatura; e, come se fosse fatto apposta per
dar subito opportunit a Renzo d'adempire quella sua
magnanima promessa, fu una bambina; e potete credere
che le fu messo nome Maria. Ne vennero poi col tempo
non so quant' altri, dell' uno e dell' altro sesso : e Agnese
affaccendata a portarli in qua e in l, l'uno dopo l'altro,
chiamandoli cattivacci, e stampando loro in viso de' ba
cioni, che ci lasciavano il bianco per qualche tempo. E
furon tutti ben inclinati ; e Renzo volle che imparassero
tutti a leggere e scrivere, dicendo che, giacch la c'era
questa birberia, dovevano almeno profittarne anche loro.
Il bello era a sentirlo raccontare le sue avventure: e
finiva sempre col dire le gran cose che ci aveva imparafo,
per governarsi meglio in avvenire. Ho.imparato, di
ceva, a non mettermi ne' tumulti: ho imparato a non
predicare in piazza: ho imparato a non alzar troppo iJ
CAPITOLO XXXVIII. 631
gomito: ho imparato a non tenere in mano il martello
delle porte, quando c' l d' intorno gente che ha la testa
calda: ho imparato a non attaccarmi un campanello al
piede, prima d'aver pensato quel che ne possa nascere.
E cent' altre cose.
Lucia per, non che trovasse la dottrina falsa in s, ma
non n'era soddisfatta; le pareva, cos in confuso, che ci
mancasse qualcosa. A forza di sentir ripetere la stessa
canzone, e di pensarci sopra ogni volta, e io, disse un
giorno al suo moralista, cosa volete che abbia imparato?
Io non sono andata a cercare i guai: son loro che sono
venuti a cercar me. Quando non voleste dire, aggiunse,
soavemente sorridendo, che il mio sproposito sia stato
quello di volervi bene, e di promettermi a voi.
Renzo, alla prima, rimase impicciato. Dopo un lungo
dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono
bens spesso, perch ci si dato cagione ; ma che la con
dotta pi cauta e pi innocente non basta a tenerli lon
tani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa,
la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una
vita migliore. Questa conclusione, bench trovata da po
vera gente, c' parsa cos giusta, che abbiam pensato di
metterla qui, come il sugo di tutta la storia.
. La quale, se non v' dispiaciuta affatto, vogliatene
bene a chi l' ha scritta , e anche un pochino a chi l' ha
raccomodata. Ma se invece fossimo riusciti ad annoiarvi,
credete che non s' fatto apposta.

FINE.
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