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La Sicilia 28 Novembre 2009

Gli appalti e le estorsioni


dei figliocci di Bonanno
AGRIGENTO. La mafia ad Agrigento non ammazza pi da tempo, punta alla cassaforte.
Agli appaltoni per portare l'acqua ai cittadini o l'energia elettrica sfruttando il vento.
Ogni tanto per l'ingranaggio s'inceppa e scattano le manette. Sono in tutto otto le persone
raggiunte da ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'ambito di un'operazione
antimafia della Dia di Agrigento denominata Minoa. Un duro colpo alle famiglie di Cattolica Eraclea, Montallegro e Ribera vicine al boss latitante Giuseppe Falsone.
I provvedimenti emessi dal gip del Tribunale di Palermo Silvana Saguto, su richiesta della
Dda sono stati notificati ad Andrea Amoddeo 45 anni, ristoratore di Cattolica Eraclea;
Francesco Manno 46 anni, impiegato comunale di Cattolica Eraclea, Damiano Marrella 59
anni, macellaio di Montallegro, Paolo Miccich 35 anni, imprenditore di Cattolica Eraclea,
Domenico Terrasi 67 anni pensionato, di Cattolica Eraclea di cui sarebbe il boss, Giuseppe
Terrasi 38 anni, imprenditore di Cattolica Eraclea, Gaspare Tutino 39 anni imprenditore,
di Cattolica Eraclea, Marco Vinti 37 anni, imprenditore di Ribera.
Ai primi 7 stato contestato il reato di associazione mafiosa, costituendo il punto di
riferimento territoriale per il rappresentante provinciale di cosa nostra di Agrigento,
appunto Falsone. A Marco Vinti contestato il concorso esterno in associazione mafiosa,
per avere messo a disposizione della cosca la sua ditta individuale, agendo sotto le
direttive della famiglia mafiosa Capizzi di Ribera.
Nell'ambito dell'operazione sono stati sottoposti a sequestro sette tra imprese individuali e
societ operanti nel settore edile, riconducibili agli arrestati ed stato sequestrato anche un
ristorante in contrada Verdura, a Sciacca, di propriet dell'Amoddeo.
Inoltre sono stati notificati avvisi di garanzia ad altre persone indagate per
favoreggiamento nei confronti degli arrestati. L'operazione costituisce l'epilogo di una
complessa attivit investigativa condotta nei confronti delle cosche mafiose di Cattolica
Eraclea e Ribera. L'indagine, durata due anni circa, ha riguardato personaggi residenti a
Cattolica Eraclea, storicamente legati alla famiglia mafiosa dei Bonanno di New York ed
in affari, sin dagli anni 60, con i Cuntrera-Caruana, noti esponenti della mafia italocanadese. Domenico
Terrasi, gi condannato per il reato di partecipazione all'associazione mafiosa, accusato
di essere il capo della famiglia mafiosa di Cattolica, di avere gestito e realizzato lavori,
non avendone titolo ed imponendo operai, mezzi e forniture di materiale, nel territorio di
Cattolica Eraclea. In particolare avrebbe effettuato i lavori di rifacimento dell'acquedotto
Favara. di Burgio, inserito tra le cosiddette Grandi Opere; i lavori di costruzione di un
incubatone d'impresa nell'ambito del patto territoriale Terre Sicane; i lavori di
riqualificazione urbana ingresso citt, via Enna; l'acquisto di terreni ove realizzare una
centrale per la produzione di energia alternativa eolica, da parte del gruppo che fa capo

all'imprenditore Salvatore Moncada.


Questi accortosi della magagna, lo ha segnalato alla Prefettura di Agrigento, facendo
scattare l'indagine. Nel frattempo ha cambiato il progetto e dopo 3 anni di attesa ha iniziato
i lavori che concluder a breve. Sarebbero state accertate anche indebite ingerenze e
collegamenti con soggetti della locale pubblica amministrazione. Dall'indagine emerso,
inoltre, che il territorio provinciale rimane ancora oggi rigidamente suddiviso in zone di
competenza delle singole famiglie mafiose locali ed i responsabili di ciascuna area
territoriale gestiscono i lavori appaltati dalle imprese estranee all'organizzazione ancor
prima dell'inizio dei lavori. Gli imprenditori aggiudicatari che provengono da un territorio
diverso da quello dove dovr essere realizzata l'opera, si rivolgono al responsabile locale
di cosa nostra del territorio - anche senza pressioni o minacce - per svolgere i lavori.
Nella realizzazione della condotta idrica stata accertata la posizione dominante della
famiglia mafiosa Capizzi di Ribera, alla quale, quella di Cattolica si sarebbe rivolta per
avere il permesso a concorrere ai lavori. Infatti, Giuseppe Terrasi, pur non risultando in
alcuna documentazione inerente l'appalto, avrebbe impegnato propri mezzi per la
realizzazione degli scavi ed anche personale che, formalmente licenziato, sarebbe stato
assunto dalla ditta subappaltante.
L'operazione stata illustrata ieri dal procuratore della Dda Vittorio Teresi e dal capo
regionale della Dia Rodolfo Passaro.
Francesco Di Mare
EMEROTECA ASSOCIAZIONE MESSINESE ANTIUSURA ONLUS

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