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Introduzione
Plotino un pensatore dellAntichit che ha cercato con passione
di elaborare una spiegazione coerente sui principali temi della filosofia: lorigine e il fondamento della realt, la specificit dellanima, la
conoscenza umana, il problema del male, la costituzione della materia,
il modo di essere delle cause ultime.
Lo studio di Plotino diventa necessario per capire un modo di vedere il tutto e le parti sotto lottica di unaffermazione centrale: la dipendenza radicale degli esseri dallUno. LUno il principio, la sorgente, la spiegazione e il sostegno di ogni singola realt. Allo stesso
tempo, lUno indipendente dalle realt che si originano da Lui, tramite una presenza che non intacca per niente la sua radicale condizione di principio incondizionato.
Attraverso questo lavoro tentiamo di offrire una presentazione
sintetica di alcuni punti centrali della metafisica plotiniana. Dopo una
breve contestualizzazione biografico-culturale (1), faremo alcune considerazioni sui presupposti gnoseologici ed epistemologici che servono di base alle proposte del nostro autore (2). Sar allora il momento
di fare una riflessione globale sulla proposta metafisica di Plotino (3),
sul suo sistema derivativo (4), sui grandi problemi che essa vuole risolvere (5), e sul problema del male (6), per finire con una valutazione
conclusiva (7).
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Sul tempo tragico nel quale trascorre la vita di Plotino, e sulla sua scuola, cf. P.
PRINI, Plotino e la fondazione dellumanesimo interiore, Vita e Pensiero, Milano 19934, 9-27.
2
Cf. M.L. GATTI, Plotinus: The Platonic tradition and the foundation of Neoplatonism, in L.P. GERSON (ed.), The Cambridge Companion to Plotinus, Cambridge University
Press, Cambridge 1996, 15-16.
3
Su Ammonio e il suo pensiero, cf. G. REALE, Storia della filosofia greca e romana,
VIII, Bompiani, Milano 2004, 7-17.
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6
Useremo, come traduzione di riferimento, PLOTINO, Enneadi (testo greco a fronte),
traduzione di Roberto Radice, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2002.
7
Per la diversit di opinioni, cf. M.L. GATTI, Plotinus: The Platonic tradition, 17-22.
8
Cf. M.L. GATTI, Plotinus: The Platonic tradition, 22-34.
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Sono molto presenti in I,6 idee del Simposio platonico, che appaiono anche in I,3,2.
Cf. G. REALE, Plotino come Erma bifronte, saggio introduttivo a PLOTINO, Enneadi (testo greco e traduzione), Arnoldo Mondadori Editore, Milano 2002, XIX-XXII.
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Bene e Bellezza, per non cadere nel rischio di fermarsi ad una specie
di immagine del Bene, e per poter cos arrivare direttamente ad esso
(cf. I,6,9; V,5,12).
Occorre chiarire che il percorso di risalita suppone la fiducia nella
capacit dellintelligenza umana, senza, per, dimenticare i limiti e gli
ostacoli quando si tratta di vedere e di capire il principio sommo,
lUno-Bene. In altre parole, luomo che cerca di andare verso la Causa
si trova in una particolare tensione fra le proprie possibilit e la distanza immensa che lo separa da Lei. La fiducia nelle proprie possibilit nasce da un riconoscersi come anima ispiratrice della vita (cf.
V,1,1-2). Ma il percorso verso la conoscenza (se di conoscenza si pu
parlare) verso il principio implica un profondo lasciare tutto (phele
pnta, V,3,17; cf. V,8,9; VI,8,21), perfino il proprio pensiero, fino ad
arrivare ad una particolare unione che diventa poi difficilmente narrabile (VI,9,7-11); infatti, dopo lesperienza di comunione con Lui
lanima ridiscende alla vita propria del corpo e torna a pensare di nuovo secondo la pluralit che gli pi familiare, il che non gli permette
di esprimersi in modo giusto sulla purezza e sulla semplicit che
propria dellUno. Tutti i nomi che si riferiscono a Lui, tutte le descrizioni che possiamo farne, sono sempre approssimative e manchevoli,
come ricorda un testo di VI,8:
Se siamo costretti a riferire questi nomi alloggetto della nostra ricerca, dobbiamo ribadire che essi non sono esatti, perch non lecito, neppure per ragionamento, duplicare lUno: solo per farci
capire che nel discorso sacrifichiamo un poco la coerenza. Se noi
assegnamo certe attivit allUno, e, per cos dire, alla sua volont di fatto non c atto senza volont-, allora tali atti finiscono con
lessere la sua essenza, e la sua volont e la sua essenza coincideranno (VI,8,13).
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Cf. anche, fra altri testi che possono essere menzionati, VI,8,11. Il trattato I,3
lunico nelle Enneadi dove si parla del dialettico (non appare mai la parola dialettica),
mentre tale termine risulta pi presente nei Dialoghi di Platone.
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Come sottolinea Isnardi Parente, mentre risulta alquanto problematico conoscere se ci
sia in Platone un sistema e quale potrebbe essere, risulta chiaramente manifesta in Plotino la
sistematicit, grazie alleredit degli sviluppi filosofici dellAccademia e del medio platonismo. Cf. M. ISNARDI PARENTE, Introduzione a Plotino, 67-68.
21
Cf. specialmente Repubblica, Fedro e Sofista.
22
Cf. anche VI,2,10-11. Come abbiamo detto in diversi momenti, lunit intrinseca degli esseri rimanda sempre allUnit originaria, fonte di ogni essere, di ogni bellezza, di ogni
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bene (III,8,10). Senza unit non ci sarebbe nemmeno molteplicit, perch lesistenza possibile solo tramite la partecipazione allUno (VI,1,26; VI,6,14). Questo secondo testo accenna
direttamente al complesso tema della partecipazione (metlepsis) delle idee. Ci soffermeremo
su questo tema pi avanti.
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Parte di questo principio illustrato dal seguente testo: sotto gli occhi di tutti che,
fra gli altri enti, quello che giunge alla perfezione genera, e, non tollerando pi di rimanere
chiuso in se stesso, mette al mondo un altro essere; e questo vale non solo per quelli che hanno la facolt della scelta morale, ma anche per quelli che si riproducono senza questa facolt,
al punto che addirittura le realt inanimate danno parte di se stesse quando possono (V,4,1).
Cf. anche IV,8,6: in ogni natura si d un impulso a creare qualcosa di successivo e a svilupparsi completamente, come fa il seme che da unorigine invisibile culmina in una realt ben
percepibile.
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Questo secondo principio viene illustrato con lesempio dellanima: lanima, in virt
della sua unit, trasferisce ad altri esseri lunit, che, del resto, lei stessa accoglie per averla
ricevuta da un altro (VI,9,1). Vedremo pi avanti come questo secondo principio spiega in
parte la nozione che Plotino ha sulla materia (che potrebbe coincidere con il male primario,
I,8), il quale viene visto come limite inferiore della comunicazione delle altre realt superiori,
come quel momento nel quale il processo comunicativo arriva alla sua fine, che quella del
massimo allontanamento possibile dallUnit originaria e causale. Rimane, come uno dei
grossi problemi di Plotino, spiegare se e come la materia riesca a ricevere qualcosa della forma... (cf. per esempio III,6,13 e tutte le discussioni sulla materia e sul male).
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I due principi sono collegati fra loro, in quanto che lunit di ogni
cosa dipende dalla sua posizione nella scala degli esseri, la quale
dovuta alla sua ricettivit e alla sua capacit (che dipende, ovviamente, dalla sua ricettivit) di comunicare qualche cosa alle realt che
vengono dopo di essa (cf. per esempio V,3,1626; V,6,3-4; V,9,14;
VI,5,10; VI,7,18), in modo tale che tutto deriva e procede (e cos pu
esistere) dal principio semplice, dal Primo, dallUno-Bene, e cos
lUno , in certo modo, presente in tutte le cose (cf. VI,9,3-6; V,3,12),
in quanto tutto esiste nellUno (cf. anche VI,5,6-7.12; VI,9,7-9) che
causa in senso superiore; anzi, sarebbe la causa pi autentica, perch
racchiude in s, tutte insieme, le cause dellIntelligenza che da Lui
verranno, attuando Egli una generazione che non per caso, ma come Lui vuole (VI,8,18).
4. Il sistema e il processo derivativo; scala degli esseri
Il sistema derivativo di Plotino potrebbe essere chiamato monistico nel senso che tutto viene ricondotto ad un unico principio, appunto allUno-Bene27, un principio divino dal quale tutto dipende e a
25
Cf. anche IV,8,7 e I,6,6: diventano belli i corpi raggiunti dallAnima (che pu essere
considerata divina e come un frammento del Bello) per quanto essi riescano ad averne
parte.
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Un testo di questo capitolo abbastanza significativo: siccome negli esseri generati
non possibile ascendere <nel grado di perfezione>, ma sempre si costretti a discendere
progressivamente moltiplicandosi, il principio di ciascuna cosa generata di natura pi semplice rispetto a essa. Per tale ragione la causa del cosmo sensibile non potrebbe essere essa
stessa un cosmo sensibile, ma deve essere Intelligenza e mondo intelligibile. Ancora prima di
questo, la causa che lha prodotto non pu essere n lIntelligenza, n un cosmo intelligibile,
ma qualcosa di pi semplice sia delluna che dellaltro. Il molteplice non viene dal molteplice,
ma questo genere di molteplicit viene dal non-molteplice (V,3,16).
27
Cf. P. MERLAN, Dal Platonismo al Neoplatonismo, introduzione di Giovanni Reale,
traduzione italiana di E. Peroli di From Platonism to Neoplatonism (19683), Vita e Pensiero,
Milano 1990, 192-193. Merlan preferirebbe parlare non di monismo ma dellelemento
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cui ciascuno guarda e per il quale , vive e pensa (I,6,7, cf. VI,7,41).
La dipendenza radicale dallUno viene espressa attraverso il procedere
di ogni realt da quella che la precede, cio, si realizza per mezzo
dintermediari, come dice il testo finale del trattato VI,7:
Ora, se lAnima dipende dallIntelligenza e lIntelligenza dal Bene, allora tutte le cose, per via di intermedi, dipendono dal Bene:
alcune da vicino, altre vicino ai vicini del Bene; lestrema lontananza poi costituita dalle realt sensibili che dipendono
dallAnima (VI,7,42)28.
monistico che presente in Plotino. Dobbiamo chiarire che il termine monismo non va
inteso come se tutto fosse ununica realt, il che implicherebbe un panteismo che non corrisponde affatto con il pensiero plotiniano.
28
Fra i tanti testi che confermano questa visione di gradazione dipendente, cf. IV,3,17
(la fonte luminosa e le luci che ne derivano e ne dipendono) e IV,4,16 (con limmagine dei
cerchi intorno a un punto centrale).
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Uno studioso attuale riassume la graduatoria delle realt plotiniane con queste formule: il Principio primo esclusivamente Uno, lIntelligenza uno-molti, lAnima uno-e-molti
(unit-e-pluralit), e i corpi sono esclusivamente molti (cf. G. REALE, Storia della filosofia
greca e romana, VIII, 117), partendo da ci che lo stesso Plotino afferma in V,1,8 (che a sua
volta si rif a ci che viene scritto da Platone nel Parmenide) e in VI,2,22.
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parla pure della divisione fra le diverse anime (quella superiore, quella
del tutto, le anime singole, molte di esse non unite e molte altre unite
alla materia), in una struttura complessa e non facilmente comprensibile nella molteplicit dei testi dedicata alla tematica dellanima.
-Il mondo materiale con la sua complessit e molteplicit, originata dal fatto che diverse anime hanno dato origine (in un modo non
facile di capire e di spiegare) alla materia con la quale poi si sono
messi in comunicazione31.
In questo schema derivativo appare, dunque, come un limite inferiore concepibile ma senza esistenza autonoma (per la sua mancanza
di unit), la nozione di materia, che sarebbe solo ricettivit senza poter
comunicare niente a nessuno (cf. V,3,15). Le ragioni formali che si
uniscono alla materia e danno origine ai corpi non hanno pi capacit
di riprodursi, di originare qualcosa di pi inferiore (cf. la fine di
III,8,2). Rimane chiaro che non esiste la materia da sola, la quale potrebbe essere pensata come opposizione al bene e, in quanto tale, come spiegazione della diversit, contingenza, fragilit del mondo materiale, e come causa, in senso molto analogico, del male (cf. I,8 e
II,4, e ci che diremmo pi avanti).
Lo schema rimane fortemente legato ai principi che abbiamo considerato prima: il posto di ogni realt dipende dalla sua unit, e questa,
a sua volta, dipende dalla sua ricettivit (la quale maggiore o minore
asseconda della vicinanza o della lontananza dal Primo).
Sarebbe, tuttavia, errato non vedere un profondo nesso fra tutte le
realt, come se, per esempio, nei corpi non ci fosse nessun rapporto
con lUno, ma solo con lAnima che li precede. In realt, tutti gli esseri si trovano in comunicazione gli uni con gli altri, in modo tale che gli
intermedi permettono la comunicazione degli inferiori con i superiori
e, in modo fondativo ultimo, con lUno. Cos, leggiamo nel trattato
II,9:
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Un testo di IV,4,13 spiega questo modo di essere dellAnima e la sua differenza se la
si paragona con lIntelligenza: Pertanto, se lIntelligenza ha di suo, lAnima del tutto riceve
senza sosta, oggi come nel passato, perch proprio in ci consiste la sua vita, nel comprendere, ogni volta che pensa, ci che le appare.
31
Possiamo continuare la lettura del testo citato nella nota precedente: La parte di lei
[dellAnima] che si proietta nella materia costituisce la natura e nella natura -o forse ancor
prima di essa- stanno gli esseri, i quali, dunque, risultano le estreme propaggini
dellintelligibile. Da questo punto in avanti non si incontrano che imitazioni. Mentre la natura
agisce sulla materia e ne affetta, <lipostasi> che la precede e confina con essa, pur agendo,
non subisce affezioni, e quella ancor pi in alto non interviene per nulla sui corpi o sulla materia (IV,4,13).
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Tentiamo adesso di offrire una breve presentazione di questi gradi di realt, in modo da evidenziare la grandezza speculativa di Plotino
nel suo sforzo per spiegare il principio e il procedere da esso di tutte le
cose.
a. Il Bene-Uno
Abbiamo accennato ai problemi gnoseologici collegati ai tentativi
di elaborare un discorso sul Principio, sullUno-Bene, e torneremo su
di essi pi avanti33. Proviamo adesso, malgrado tutte le difficolt, di
costruire una breve presentazione dellUno di Plotino.
Il discorso plotiniano sullUno ha due valenze. Una, positiva, in
quanto troviamo in Lui il principio di tutta la realt e la causa profonda e ultima dellesistenza di ogni cosa (del suo originarsi e del suo
tendere verso di Lui come fine perfezionante). Laltra, negativa, in
32
Sullubiquit dellUno, cf. VI,5,4-12 (dove viene menzionato anche Dio in un modo
che potrebbe essere visto come sinonimo dellUno), V,3,12 (lUno non separato da niente
perch causa di tutto senza essere nessuna cosa) e III,9,4 (lUno riempie tutte le cose senza
essere tutto ci che crea). Sono molto suggestive le riflessioni sullargomento di W.
BEIERWALTES, Pensare lUno. Studi sulla filosofia neoplatonica e sulla storia dei suoi influssi, traduzione di Maria Luisa Gatti dalloriginale tedesco Denken des einen. Studien zum Neoplatonismus und dessen Wirkungsgeschichte (1985), Vita e Pensiero, Milano 19922, 46-67.
33
Non risulta facile distinguere fra i diversi usi che vengono fatti della parola uno nei
testi plotiniani, la quale pi significare un termine numerico, un genere, oppure il massimo
principio (identico al Bene). LUno come Bene viene presentato specialmente nei trattati VI,7,
VI,8 e VI,9, ma pervade molti altri testi delle Enneadi.
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quanto i nostri concetti, non potendo esprimere la sua natura, si limitano ad analogie e ad approssimazioni mai pienamente soddisfacenti. Le due valenze avanzano insieme, in quanto che il momento affermativo spesso collegato al momento negativo.
LUno-Bene ci si presenta, dunque, come causa e principio della
molteplicit, come quella realt, al di l di ogni divisione, che in
grado di sostenere ogni forma di essere (dalle pi perfette, come
lIntelligenza e lAnima, alle pi imperfette e fragili, come le cose
corporee). La sua caratteristica fondamentale quella della semplicit,
in quanto la sua potenza (in senso di potere causativo) tale da non
ammettere nessuna composizione n dualit, mentre esiste dualit in
ogni realt che procede dallUno, anche in quella pi degna e pi vicina allUno, lIntelligenza (nella quale esiste divisione fra pensante e
pensato). Solo grazie al suo distacco, al suo non essere in atto nessuna
delle altre cose, al suo non avere nessuna composizione, lUno pu
diventare il principio della molteplicit e del divenire (III,8,9).
LUno-Causa , cos, la potenza [dynamis] di tutte le cose
(III,8,10, cf. V,3,15-16; VI,8,9). Questo possibile soltanto in quanto
lUno rimane in s, differente da tutto. Sono famose le immagini che
usa Plotino per descrivere in questa sua dimensione causale la potenza produttrice dellUno: come una sorgente che origina tutti i
fiumi pur rimanendo sempre stabile in s; oppure, come la vita di un
albero immenso, ben fondata nella sua radice e presente e diffusa
(senza dissiparsi) in tutte le parti dellalbero (queste due immagini si
trovano in III,8,10)34; oppure, come una sostanza aromatica, che riempie tutto con il suo profumo; oppure, come il sole dal quale viene fuori
un raggio alimentato dal suo centro senza che il sole cambi per niente
(V,1,6).
Tali immagini servono per ribadire la convinzione plotiniana circa la totale trascendenza dellUno, il suo modo di essere superiore ad
ogni altra forma di essere, totalmente distinto da tutto e, allo stesso
tempo, presente in tutto grazie alla sua causalit (III,9,4; V,5,8). La
sua autonomia tale che non gli permette di avere qualcosa; neanche possiamo predicare di Lui propriet cos eccelse come
lintelligenza o come la bellezza. Allora, come parlare di Lui? Spogliandolo di ogni cosa, nulla affermando sul suo conto, evitando
lerrore di attribuirgli propriet come se lo riguardassero, lo si riduce
al solo senza attestare caratteri che in lui non ci sono (V,5,13). Il
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sarebbe identica con lagire e con lessere dellUno). Si possono perfino trovare in Plotino
formulazioni che non sono di facile interpretazione: il Bene visto come amore di s
(VI,8,15), anzi, Lui stesso per prima cosa volont (VI,8,21), il che mostra quanto siano
complesse le riflessioni di Plotino su queste tematiche.
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Ho messo in minuscola la parola intelligenza, che si trovava in maiuscola nella
traduzione di Radice. Sul tema del pensiero nellUno, cf. W. BEIERWALTES, Pensare lUno,
50-53.
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Il termine appare, secondo il recente lessico di Roberto Radice gi citato, per ben
1509 volte, praticamente in tutti i trattati.
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SullAnima e la sua complessit, cf. M. ISNARDI PARENTE, Introduzione a Plotino,
120-128.
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Esiste, comunque, qualche testo contrario allinterpretare lunione fra anime e materia con laiuto della categoria della caduta, come, per esempio, II,9,4: Noi non sosteniamo
che lAnima divenuta creativa in seguito a una inclinazione; anzi, al contrario, diciamo che
ha creato proprio perch non ha subto inclinazione. Questultima, infatti, sarebbe senzaltro
da imputarsi alloblio delle realt trascendenti; ma, in tal caso, come avrebbe potuto creare?.
41
Su questa tematica, cf. E. PEROLI, Dio, uomo e mondo, 132-153 e 172-185 (dove si
sottolinea specialmente limportanza dellanalogia che scaturisce grazie allazione
dellAnima sulle cose sensibili, e dove si indica che tale azione possibile soltanto perch
lAnima dipende dallIntelligenza).
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Pu essere possibile considerare in modo separato le due domande, ma in certo modo esiste una profonda vertebrazione che spiega la
necessit del venir fuori delle realt dallUno nella stessa costituzione
dellUno (come avevamo gi visto citando II,9,3). Anzi, la natura autonoma dellUno diventa una esigenza necessaria della sua condizione
di realt che Primo e principio, perch se Lui non fosse semplice,
alieno da ogni relazione e combinazione, e se non fosse veramente
uno, non potrebbe essere principio (V,4,1), e perch dalla sua condi
42
Cf. G. REALE, Plotino come Erma bifronte, XXI-XXII. Reale aggiunge un terzo
problema: Perch e come i molti ritornano allUno? (p. XXII), che noi non considereremo
direttamente, e che spiega tutta la trattazione plotiniana sul ritorno (sullepistroph).
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In questo senso sono giuste le osservazioni di J.M. Rist nel mettere in luce, commentando specialmente il trattato VI,8, che la natura dellUno deve essere considerata come la
volont di esso, un tipo di volont tale da essere contemporaneamente volont e il suo compimento (J.M. RIST, Plotino. La via verso la realt, traduzione di Paola Graffigna
delloriginale inglese Plotinus. The Road to Reallity (1966), Il Melangolo, Genova 1995,
121).
44
Il testo di questo trattato V,2 si conclude con queste parole: Ma per vedere come ci
avvenga [il produrre dellAnima che si trova nei vegetali], bisogna assumere un altro principio (V,2,2). Ci sembra che cos viene indicato il passo al seguente scritto (secondo
lordinamento cronologico riportato da Porfirio), cio, a II,4, dedicato allo studio della materia e, come concetto parallelo, al tema del male.
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Sullimmobilit del Principio, sul suo essere in se stesso e, allo stesso tempo, sul suo
comprendere tutte le cose, cf. VI,8,17.
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La domanda sul come le cose possono venire dallUno, se questo semplice trova la sua risposta proprio in tale semplicit: Proprio perch nulla era in Lui, tutto pu derivare da Lui, affinch
lEssere possa esistere, Lui stesso non Essere, semmai il padre
dellEssere: e questa , per cos dire, la prima generazione (V,2,1)47.
Il testo che segue sottolinea la perfezione dellUno, dalla quale scaturisce (straripa) qualcosa di diverso:
LUno, infatti, perfetto, perch non in cerca di nulla, non ha
nulla n ha necessit di qualcosa: la sua straripante sovrabbondanza a produrre qualcosa daltro. Questo altro, per, una volta
generato, si rivolge allUno e viene fecondato, e, nel contemplare
s, diviene questa Intelligenza (V,2,1).
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Su tale presenza risulta chiara laffermazione di V,3,15: Ma che cosa pi bisognoso dellUno? Il non-Uno, ossia il molteplice, il quale tuttavia aspira allUno e per questo sar
uno-molti. In verit, tutto quello che non-Uno tenuto in essere dallUno, ed quello che
grazie a Lui. In un altro testo leggiamo: Quando si afferma che lUno contiene se stesso, se
si vuole essere precisi, bisogna intendere che Egli include in s tutte quante le altre realt che
vengono da Lui: in verit, esse sussistono in virt di una certa partecipazione a Lui, e sempre
a Lui, senza eccezione, tutte vogliono ascendere (VI,8,21).
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Il trattato V,2 inizia con una citazione, leggermente modificata, del Parmenide
(160b) di Platone: LUno tutte le cose e non una sola (V,2,1), un testo che mostra sia la
condizione originaria dellUno nei confronti del Tutto-Molteplice, sia la sua radicale trascendenza. Su questo passo, cf. W. BEIERWALTES, Pensare lUno, 47-50.
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Sul problema della necessit del procedere di tutto dallUno, cf. J.M. RIST, Plotino.
La via..., 104-123 (pagine che contengono il capitolo VI, titolato Emanazione e necessit).
Specialmente sono suggestive le parole conclusive di questo capitolo: lUno non si preoccupa direttamente di una seconda ipostasi ma soltanto di se stesso nei confronti di se stesso. Tuttavia, il risultato di voler se stesso il suo produrre una seconda ipostasi, poich esso vuole
esser tale da generarla; la creazione dunque libera, al modo n pi n meno dello stesso Uno. Quanto al panteismo, si tratta di una questione irrilevante (123). Rist spiega, nella prefazione alledizione italiana del 1992 (p. 21), che molti gli hanno suggerito di non usare la parola emanazione nel parlare di questo derivare delle cose dallUno, ma di ricorrere ad altre
formule (per esempio, processo creativo). Sembrerebbe pi giusto, secondo me, aver usato
processione o derivazione, come fanno altri studiosi (cf., per esempio, G. REALE, Plotino
come Erma bifronte, XXVIII-XXX), sebbene sia abbastanza chiaro che per Rist il termine
emanazione applicato a Plotino non ha il senso pi usuale del termine.
151
cose sono si deve affermare la necessit di tale processione. Un testo di VI,8 illustra abbastanza bene questa idea:
necessario che il principio di tutte le realt sia superiore a quelle
che seguono a lui. Dunque, Egli determinato, e dico determinato
perch uno solo e non per necessit49, dato che la necessit allora
non cera, ma venne con le realt successive al principio, sulle
quali essa non esercita alcuna costrizione. Il Bene uno solo in
virt di se stesso. quel che e non altro: esattamente quello
che bisognava che fosse. Non si fatto cos a un certo punto, ma
in tale modo doveva essere; e questo doveva principio del
dover essere di tutte le cose cos come sono. [...] Si pu dire ancora meglio: il Bene non ci che doveva essere, ma sono piuttosto
gli altri enti che stanno in paziente attesa del manifestarsi del loro
re, in modo da poterlo affermare quale , non come unoccasionale
apparizione, ma come un re che esiste davvero, un autentico principio e un autentico Bene: vale a dire, non come qualcosa che agisca in conformit col bene -perch in tal modo, evidentemente, risulterebbe seguire qualcun altro- ma in quanto lUno, non conforme allUno, ma proprio lUno (VI,8,9).
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Pi avanti, in questo stesso capitolo, Plotino dir che esiste un modo di vedere lUno
come un essere privo di determinazione (VI,8,9), a partire dalle cose che vengono dopo di
lui, in un modo che apre una certa possibilit allanalogia conoscitiva.
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Cf. II,4, parti consistenti di III,6, VI,1 e VI,3, e alcuni importanti riflessioni di
VI,7,25-28.
51
Occorre sottolineare che i due estremi di realt inconoscibile sono quella massimamente perfetta, lUno-Bene, e quella massimamente imperfetta, il male. In altre parole, gli
occhi della nostra anima non possono arrivare a vedere quando si trovano di fronte alla luce in
eccesso oppure quando si trovano di fronte alla massima oscurit...
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Cf. I,8,10: la materia sarebbe una specie di qualit negativa senza essere qualit...
153
entit, un essere in-forme (senza nessuna forma, I,8,3 e VI,7,33) e inqualificabile (I,8,10), talmente negativo da non poter avere nessuna
qualit n poter essere un certo tipo di sostanza (contro ogni pretesa
manichea o dualistica). In questa seconda prospettiva, il male (la materia) potrebbe essere vista come lesaurimento, meglio, come il massimo allontanamento dalla potenza produttrice dellUno-Bene, come
una realt (una quasi non-realt) che non in grado di accogliere perfezione alcuna in s (I,8,7). Proprio per questo, sarebbe capace (negativamente) di limitare la perfezione delle forme che vengono dalle
anime e di diventare una specie di co-principio negativo che entra negli esseri materiali e giustifica tutti i mali derivati (di secondo ordine)
che si danno in essi.
Si possono intuire facilmente le contraddizioni inerenti a questo
impianto teoretico, e, allo stesso tempo, laudacia di Plotino di fronte a
questa problematica. Il suo sforzo per spiegare la realt partendo da un
unico principio causale implica dover dar ragione anche del male,
senza aprire lo spiraglio allipotesi dellesistenza di un male in s, e
senza negare una certa consistenza ad un male che, pur venendo ultimamente dal bene, diventa in certo modo (un modo paradossale)
causa e origine dei mali derivati (secondari) in quanto causati
da lui (e non dal bene). Tuttavia, proprio laffermare una causalit ad
un principio cos povero e cos carente come il male (la materia)
sembra di far cadere Plotino nella tentazione di reintrodurre il dualismo che invece si voleva superare nellimpianto generale del suo pensiero, il che implica una tensione interna e un conflitto di prospettive
difficilmente superabili53.
53
Al riguardo, osserva Reale: la potenza o forza infinita che deriva dallUno-Bene infinito in realt non risulta essere infinita e illimitata, in quanto si esaurisce e si spegne; nel
momento in cui questa potenza o forza si esaurisce, sorge quella materia-male, la quale, pur
essendo privazione della realt dellessere intelligibile (il non-essere di quellessere), viene ad
avere una sua consistenza, che diventa forza in senso negativo. [...] nella sfera del sensibile
questo si erge non solo come privazione del Bene, ma come opposizione al Bene. Anche se
rimane sottomesso al Bene, la forza negativa antitetica che gli viene attribuita [al male] non
rimane dedotta, e quindi viene introdotta in maniera surrettizia sulla base delle concezioni tradizionali; che non rientrano nel nuovo paradigma metafisico [dellhenologia] (G. REALE,
Introduzione a I,8, in PLOTINO, Enneadi, 213). Ma si potrebbe fare una lettura diversa di questo spegnersi della potenza dellUno, vista non come un limite oppure una negazione della
potenza stessa, ma come conseguenza logica e ontologica del fatto della derivazione: ci che
procede automaticamente diverso e inferiore dalla sua causa, e la inferiorit sar maggiore
dipendendo dal grado di allontanamento e di presenza di materialit.
154
7. Valutazione
Fra le molte letture che si possono fare della metafisica di Plotino, vorrei sottolinearne due. La prima nasce dalla constatazione di un
vuoto di vera metafisica e di spiritualit in una parte importante del
pensiero moderno. Di fronte al nichilismo, al pensiero debole, al materialismo, a certe espressioni del darwinismo in chiave antispiritualista,
alla riduzione delluomo alle sue capacit neuronali oppure alle costruzioni sociali, alla negazione dellimmortalit e della grandezza
dellessere umano, Plotino offre un modo di riflettere che dischiude
nuovi orizzonti che sono in grado di aiutare alla riscoperta della spiritualit e al superamento delle visioni riduttivistiche e impoverite di
una realt cos ricca e cos dinamica che solo pu essere spiegata se
tentiamo di tornare, con il pensiero e con la vita, al Principio,
allOrigine, alla Fonte e al Bene dal quale tutto trae la sua origine e
tutto dipende, e verso il quale tutto desidera ritornare.
La seconda nasce, invece, dal confronto fra pensiero plotiniano e
metafisiche della trascendenza, specialmente quelle elaborate nel
mondo cristiano e, in modo particolare, nel XIII secolo (pensiamo
specialmente a san Tommaso dAquino). Plotino crede nella totale trascendenza, nellindipendenza radicale, dellUno nei confronti di ogni
altra possibile realt (siano esse intelligibili oppure sensibili). In altre
parole, lUno esiste in s e per s, non dipende minimamente dagli esseri che vengono dopo di Lui (i quali, invece, dipendono radicalmente
da Lui). Capire correttamente questa caratteristica del pensiero plotiniano ci allontaner dal rischio di considerarlo panteista oppure emanazionista54. Plotino non pu essere panteista perch i derivati non sono n parte dellUno n necessari per la sua autocostituzione. La loro
necessit, come abbiamo visto, sarebbe piuttosto fattuale e derivata,
originata dalla potenza di un Principio che esiste da s, in modo pienamente autonomo e massimamente libero.
Laffermazione della totale trascendenza dellUno non impedisce
a Plotino di sottolineare la presenza radicale (fondante) del Principio
54
Gli studiosi contemporanei sono chiaramente a favore del superamento dellidea, non
poco diffusa, secondo la quale Plotino sarebbe panteista. Come dice John Bussanich, the
radical disjunction between the One and its products acquits Plotinus of the charge of pantheism and of propounding an emanationist scheme, at least in the literal sense that the Ones
being actually constitutes the many existent things (J. BUSSANICH, Plotinuss metaphysics of
the One, in L.P. GERSON (ed.), The Cambridge Companion to Plotinus, 58). G. Reale considera come pregiudizi ermeneutici le affermazioni di coloro che credono di trovare in Plotino una
proposta emanazionistica, oppure una forma di monismo e di panteismo (cf. G. REALE, Plotino come Erma bifronte, LXIII-LXV).
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