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Estrazione : 06/03/2015 17:55:48


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#1/2015 | Il nuovo biotech made in Italy alla ribalta

Tutte le carte in regola per


essere il Paese delle
biotecnologie, l'Italia non le
ha ancora.
Ma leggendo i dati e
guardando alle start up pi
brillanti, almeno l'ambizione
la si pu coltivare: il
Belpaese pu diventare un
punto di riferimento per il
biotech, un settore che crea
occupazione, fa nascere
nuove imprese e attrae
grandi investimenti.
L'ultimo
rapporto
dell'associazione
di
categoria
Assobiotec,
evidenzia che l'industria
tricolore delle biotecnologie
fattura oltre 7 miliardi di
euro e d lavoro a 6.700
persone.
In pi, se ci si concentra solo sulle aziende neonate, come segnala l'Osservatorio start up del
Politecnico di Milano, tra le prime 10 exit (ovvero le vendite della maggioranza di quote di
un'azienda) messe a segno da start up italiane nel biennio 2013-14, ben 4 sono state realizzate in
ambito biotech: Gentium, che ha messo a punto un farmaco per curare una malattia epatica,
rilevata dall'irlandese Jazz per 1 miliardo di dollari; Eos, che ha sviluppato una molecola anticancro,
acquistata dall'americana Clovis per mezzo miliardo di dollari; Okairos (l'attuale ReiThera), che
produce vaccini, comprata da GlaxoSmithKline per 250 milioni; Intercept, che ha prodotto una
molecola per aggredire alcune patologie al fegato, quotata al Nasdaq.
E ci sono realt come Genenta Science, una start up che lavora all'utilizzo della terapia genica
contro i tumori, che nei primi mesi del 2015 ha ricevuto un investimento complessivo di oltre 10
milioni.
Insomma, le scienze della vita si candidano come nuove punte di diamante del Made in Italy.
Fare impresa nel settore complicato ma pu portare a grandi risultati, dice il venture capitalist
Pierluigi Paracchi, che di Genenta Science Ceo e co-fondatore insieme agli scienzati Luigi Naldini
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e Bernhard Gentner e all'Ospedale San Raffaele di Milano.


Il percorso parte dalla ricerca.
Si partecipa a bandi pubblici e si ottengono grant per portare avanti il lavoro, che spesso finisce in
una pubblicazione o, meglio ancora, in un brevetto.
A quel punto, o si cede la licenza del brevetto del farmaco a una societ gi esistente o si crea
un'azienda.
Non facile: chi non imprenditore - e spesso i ricercatori non lo sono - deve trovare partner
competenti e mettersi in cerca di finanziamenti milionari.
Ecco perch il biotech puro produce 3-4 start up "vere" all'anno.
Ma i motivi per pensare a una crescita ci sono tutti.
A cominciare dalla qualit della ricerca biotech fatta in Italia.
Per esempio, secondo l'International Comparative Performance Index, i ricercatori italiani (solo
l'1,1% di quelli mondiali) hanno prodotto il 3,8% degli articoli scientifici a livello globale e il 6% delle
citazioni, un livello - quest'ultimo - sei volte superiore alla media dei Paesi occidentali, Usa compresi.
Al netto delle carenze del sistema, tra cui la mancanza di venture capital dedicati e di un
meccanismo di trasferimento tecnologico adeguato, i casi di imprese che ce l'hanno fatta negli ultimi
anni innescano un circolo virtuoso che porta a creare nuove aziende e spinge gli stessi imprenditori
di successo a investire in start up, afferma Luca Benatti, Ceo di Erydel, uno spinoff dell'Universit
di Urbino nato nel 2008 dal lavoro dello scienziato Mauro Magnani, che ha realizzato una tecnologia
per utilizzare i globuli rossi come sistema di trasporto di farmaci e diagnostici.
Da quest'idea la societ, che nel 2014 ha ricevuto un investimento di 15 milioni, ha sviluppato un
device medico e porta avanti progetti terapeutici legati allo stesso dispositivo, tra cui uno che
riguarda un trattamento per l'atassia-teleangiectasia, una patologia neurologica rara.
Un'altra storia che dimostra il fermento del biotech tricolore quella di Naicons, nata nel 2006, che
si occupa di ricerca, caratterizzazione e sviluppo di nuove molecole, in particolare antibiotici.
La start up, che dal 2014 si trasferita nei laboratori dell'acceleratore biotech milanese Fondazione
Filarete, ha ricevuto nel 2010 un grant di oltre 4 milioni da Regione Lombardia e FP7 per
l'avanzamento dei prodotti e un altro grant dall'agenzia statunitense NIH.
Anche il Ceo di Naicons, Stefano Donadio, convinto che il Paese possa fare molto di pi.
L'Italia, per capacit imprenditoriale, competenze scientifiche e creativit, potrebbe svolgere un
ruolo molto pi importante nel biotech.
Nella scena biotech talvolta si include anche il biomedicale, che per un settore diverso.
E anche nel medtech ci sono realt promettenti.
Sempre in Fondazione Filarete, per esempio, ha sede Wise, una start up fondata nel 2011 che mira
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a produrre e commercializzare elettrodi per neuromodulazione di nuova generazione per la cura del
dolore cronico e per il monitoraggio preoperatorio dell'epilessia.
Nel 2013 la societ ha chiuso un round di investimento di 1 milione.
Per il Ceo Luca Ravagnan, anche il medtech un campo su cui scommettere.

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