Sei sulla pagina 1di 156

Appunti di Analisi Matematica 1

Docente:Fabio Camilli

SAPIENZA, Universit`a di Roma


A.A. 2011/12

http://www.dmmm.uniroma1.it/~fabio.camilli/

(Versione del 19 settembre 2011)

Note scritte in collaborazione con il prof. Klaus Engel, Universit`a dellAquila

Indice
Capitolo 0. Concetti Fondamentali
Insiemi
Funzioni
Fattoriale e Coefficienti Binomiali
Formula del Binomio di Newton
Principio di Induzione

5
5
8
9
10
10

Capitolo 1. Successioni Numeriche


Convergenza, Divergenza e Irregolarit`a per Successioni
Regole per il Calcolo dei Limiti
Limiti e Ordinamento
Confronto tra Successioni

13
13
15
18
21

Capitolo 2. Serie numeriche


Convergenza e prime Propriet`
a
Serie a Termini Positivi
Serie a Termini di Segno Variabili

23
23
26
29

Capitolo 3. Limiti per Funzioni Reali di una Variabile Reale


Operazioni e Composizione tra Funzioni
Propriet`
a di Funzioni Reali
Funzioni Elementari
Limiti delle Funzioni Reali

32
32
33
35
39

Capitolo 4. Funzioni Continue di una Variabile Reale


Funzioni Continue
Funzioni Continue su Intervalli
Altre Funzioni Invertibili
Funzioni Continue su Intervalli Chiusi e Limitati

45
45
46
49
51

Capitolo 5. Calcolo Dierenziale per Funzioni di una Variabile


Derivata: Definizione e prime Propriet`a
Regole per la Derivazione
Estremi Locali e il Teorema di Fermat
I Teoremi di Rolle e Lagrange
Conseguenze del Teorema di Lagrange
Le Regole di de lHospital
Approssimazione Lineare di Funzioni
La Formula di Taylor
Applicazioni della Formula di Taylor
Serie di Taylor
Studio di Funzione

53
53
56
59
62
63
66
68
69
74
83
84

Capitolo 6. Calcolo Integrale per Funzioni di una Variabile


Integrale: Definizione e prime Propriet`a
Il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale

91
91
95

INDICE

Metodi di Integrazione
Integrazione di Funzioni Razionali
Calcolo di Aree Piane
Calcolo di Volumi di Corpi di Rotazione
Integrali Impropri

98
106
109
110
111

Capitolo 7. Funzioni Reali di Pi`


u Variabili: limiti e continuit`a
N
La Struttura di R
Funzioni Reali di pi`
u Variabili Reali: Prime Propriet`a
Limiti di Funzioni Reali di pi`
u Variabili Reali
Calcolo dei Limiti in RN
Continuit`
a

119
119
120
121
122
125

Capitolo 8. Calcolo Dierenziale per Funzioni Reali di pi`


u Variabili
I Concetti di Derivabilit`
a in RN
Derivate di Ordine Superiore

126
126
130

Capitolo 9. Funzioni a Valori Vettoriali


Trasformazioni Regolari di Coordinate

132
133

Capitolo 10. Calcolo Integrale per Funzioni di pi`


u Variabili
Integrali Doppi: Definizione e prime Propriet`a
Teorema di FubiniTonelli
Cambiamento di Variabili negli Integrali Doppi
Integrali Tripli

136
136
138
141
145

Note

150

Appendice A. Appendice
Tre Principali Modi di Dimostrazioni
Elenco di alcuni Limiti Notevoli
Definizione alternativa dei Limiti per Funzioni

151
151
152
153

Elenco delle figure

154

CAPITOLO 0

Concetti Fondamentali
In questo capitolo introduttivo raccoglieremo alcuni concetti di matematica che servono
successivamente ed inoltre stabiliremo le principale notazioni.
Insiemi
Intuitivamente un insieme `e una raccolta di oggetti (chiamati elementi ) distinguibili tra
di loro che formano una totalit`
a. Per indicare uninsieme si usano generalmente lettere
maiuscole A, B, C,. . . , X, Y , Z, per gli elementi invece lettere minuscole a, b, c,. . . , x,
y, z.
Prima di fare esempi introduciamo alcune
Notazioni.

Spesso useremo i cosiddetti quantificatori


8 = per ogni

9 = esiste

Per evidenziare che A = B per definizione scriviamo A := B oppure B =: A.


) indica unimplicazione.
E indica una contraddizione.
2 indica il simbolo di appartenenza, 2
/ indica il simbolo di non-appartenenza.
, indicano i simboli di inclusione.

Per definire un insieme ci sono in pratica 2 possibilit`a:


elencando tutti gli elementi tra parentesi grae, per esempio A := {1, 2, 3}, oppure
attraverso una propriet`
a che caratterizza tutti gli elementi dellinsieme, per esempio
P := {n : n `e un numero primo}
Consideriamo alcuni
Esempi.
Siano A := {1, 2, 3}, B := {2, 7, 8}, C := {1, 2, 3, 5, 7, 8}, allora 2 2 A,
52
/ B, A C, A 2
/ C, A 2
/ A.
Linsieme senza alcun elemento si chiama insieme vuoto e si usa la notazione ; :=
{}.
Questa vista semplificata di insiemi, che comunque `e sufficiente per i nostri scopi, porta
facilmente a problemi come si vede dal seguente
Esempio. Paradosso di Russell: Consideriamo linsieme
A := {X : X `e uninsieme tale che X 2
/ X}.

Ora per A stesso si deve verificare A 2 A oppure il contrario A 2


/ A. Per`
o
A2A)A2
/ A E poiche A non verifica la condizione che definisce gli elementi X
di A, ma anche
A 2
/ A ) A 2 A E poiche A per ipotesi verifica la condizione che definisce gli
elementi X di A.
Operazioni tra insiemi. Dati due insiemi A e B chiamiamo
A [ B := {x : x 2 A oppure x 2 B} lunione tra A e B,
A \ B := {x : x 2 A e x 2 B} lintersezione tra A e B,
A \ B := {x : x 2 A e x 2
/ B} la dierenza tra A e B,
5

0. CONCETTI FONDAMENTALI

A B := {(a, b) : x 2 A e x 2 B} il prodotto cartesiano tra A e B, gli elementi


(a, b) si chiamano coppie ordinate.
Osservazione. Se A e B sono insiemi, allora
vale sempre A [ B = B [ A e A \ B = B \ A;
in generale A \ B 6= B \ A e A B 6= B A;
se A ha n elementi e B ha m elementi, allora A B ha n m elementi;
definiamo A2 := A A.
Consideriamo un

Esempio. Se A := {1, 2, 3}, B := {2, 7, 8}, allora A [ B = {1, 2, 3, 7, 8}, A \ B = {2},


A \ B = {1, 3} =: C, A C = {(1, 1), (1, 3), (2, 1), (2, 3), (3, 1), (3, 3)} con 3 2 = 6
elementi.
Insiemi Numerici. Definiamo i seguenti insiemi numerici
N : = {n : n `e un numero naturale} = {0, 1, 2, 3, 4, 5, . . . } = insieme dei numeri naturali ,

Z : = {n : n `e un numero intero} = {. . . , 2, 1, 0, 1, 2, . . . } = insieme dei numeri interi ,


n
o
Q : = {r : r `e un numero razionale} = pq : p, q 2 Z, q 6= 0 = insieme dei numeri razionali ,
R : = {x : x `e un numero reale}

= p, 0 1 2 3 . . . : p 2 Z, k 2 {0, 1, 2, . . . , 9} 8 k 2 N = insieme dei numeri reali .


p
p
Esempi.
2 2 R \ Q (! corso di Algebra e Geometria), 2 = 1, 414213 . . ., cio`e
qui abbiamo p = 1, 0 = 4, 1 = 1, 2 = 4, 3 = 2, 4 = 1, 5 = 3.
Oppure per 2 R \ Q vale
= |{z}
3 , |{z}
1 |{z}
4 |{z}
1 |{z}
5 |{z}
9 |{z}
2 |{z}
6 ...
=p

=0 =1 =2 =3 =4 =5 =6

Propriet`
a dei Numeri Reali R.
(1) In R valgono per le operazioni somma + e prodotto tutte le regole dellalgebra,
per esempio 8 x, y, z 2 R vale
x + y = y + x,

x (y z) = (x y) z,

x (y + z) = x y + x z.

Pi`
u precisamente si dice che (R, +, ) `e un campo ! corso di Algebra e Geometria.
(2) In R esiste unordinamento totale <, cio`e per x, y 2 R vale una ed una sola delle
relazioni
x = y, x < y oppure y < x.
(3) R `e completo, cio`e la retta reale non ha buchi.
Prima di spiegare meglio la Propriet`a (3) di R facciamo alcune
Osservazioni.
anzich`e y < x scriviamo anche x > y, x y significa x < y oppure
x = y.
Usando lordinamento in R definiamo per a, b 2 R i seguenti insiemi detti intervalli :
[a, b] : = {x 2 R : a x b} = intervallo chiuso,

(a, b) : = {x 2 R : a < x < b} = intervallo aperto,


[a, b) : = {x 2 R : a x < b},
(a, b] : = {x 2 R : a < x b},

( 1, b] : = {x 2 R : x b} = intervallo chiuso,

[a, +1) : = {x 2 R : a x} = intervallo chiuso,

( 1, b) : = {x 2 R : x < b} = intervallo aperto,

(a, +1) : = {x 2 R : a < x} = intervallo aperto.

( 1, +1) : = R.

INSIEMI

Valgono le seguenti regole:


Se a b e x y allora a + x b + y.
Se a b e x > 0 allora a x b x.
Attenzione: Se a b e x < 0 allora a x b x.
Se 0 < a b allora 0 < 1b a1 .
Le Propriet`
a (1) e (2) valgono anche in Q, cio`e anche Q `e un campo ordinato.
Per continuare servono i concetti di
Maggioranti ed Estremo Superiore. Sia ; =
6 A R.
(a) Se s 2 R tale che a s per ogni a 2 A, allora s si chiama maggiorante di A.
(b) Se s0 2 R `e un maggiorante di A tale che s0 s per ogni maggiorante s di A,
allora s0 si chiama estremo superiore di A. Notazione: sup A := s0 = maggiorante
pi`
u piccolo di A.
(c) se s0 = sup A 2 A allora s0 si chiama anche massimo di A. Notazione: max A := s0 =
elemento pi`
u grande di A.
Osservazioni. Valgono le seguenti caratterizzazioni:
(
a s0 8 a 2 A (cio`e s0 `e un maggiorante)
s0 = sup A ()
8 " > 0 9 a 2 A tale che s0 " < a (cio`e s0
(
a s0 8 a 2 A
s0 = max A ()
s0 2 A.

" non `e pi`


u un maggiorante),

Esempi.
Se A = (0, 1], allora sup A = max A = 1.
Se A = (0, 1), allora sup A = 1 2
/ A e quindi max A non esiste.

Osservazione.
Non tutti gli insiemi hanno maggioranti, per esempio A = N non
ha maggiorante poiche non esiste s 2 R tale che n s per ogni n 2 N. In tal caso
si scrive sup A = +1.
Nellipotesi che ; =
6 A R abbia un maggiorante (e in tal caso ne ha infiniti), allora
si dice che A `e superiormente limitato. Per esempio A = (0, 1) `e superiormente
limitato poiche s = 2 `e un maggiorante di A.
Dopo questo intermezzo torniamo alla Propriet`a 3, cio`e alla completezza di R.
LAssioma della Completezza. R `e completo, cio`e ogni insieme ; =
6 A R superiormente limitato ammette estremo superiore.
In altre termini, se A ha maggioranti, allora esiste sempre il maggiorante pi`
u piccolo.
Esempi.
A := {x 2 R : x2 < 2} `e superiormente limitato. Per esempio, s = 1, 5 `e
un maggiorante poiche se x e tale che
x > 1, 5 ) x2 > (1, 5)2 = 2, 25

cio`e x 6= A. Quindi la completezza


o
p di R implica che esiste s0 = sup A. Ora si pu`
2
verificare che s0 = 2, cio`e s0 = 2.
Sia A = 1 + n1 )n : n 2 N, n 1 Q. Usando la formula del binomio di Newton
(cfr. pagina 10) si pu`
o verificare che s = 3 `e un maggiorante di A. Quindi esiste
s0 = sup A =: e.
Osservazioni.
e = 2, 7182818 . . . 2
/ Q viene chiamato numero di Nepero.
Il secondo esempio dimostra che in Q la propriet`a (3) non vale, cio`e Q non `e
completo. In
p parole povere questo significa che la retta razionale ha buchi, per
esempio in 2 oppure in e.
Analogamente ai concetti di maggiorante ed estremo speriore possiamo introdurre i
concetti di

0. CONCETTI FONDAMENTALI

Minoranti ed Estremo Inferiore. Sia ; =


6 A R.
(a) Se r 2 R tale che r a per ogni a 2 A, allora r si chiama minorante di A.
(b) Se r0 2 R `e un minorante di A tale che r0 r per ogni minorante r di A, allora r0
si chiama estremo inferiore di A. Notazione: inf A := r0 = minorante pi`
u grande di
A.
(c) se r0 = inf A 2 A allora r0 si chiama anche minimo di A. Notazione: min A := r0 =
elemento pi`
u piccolo di A.
Osservazioni. Valgono le seguenti caratterizzazioni:
(
r0 a 8 a 2 A (cio`e r0 `e un minorante)
r0 = inf A ()
8 " > 0 9 a 2 A tale che r0 + " > a (cio`e r0 + " non `e pi`
u un minorante),
(
r0 a 8 a 2 A
r0 = min A ()
r0 2 A.
Esempi.
Se A = [0, 1], allora inf A = min A = 0.
Se A = (0, 1], allora inf A = 0 2
/ A quindi min A non esiste.

Osservazione.
Non tutti gli insiemi hanno minoranti, per esempio A = Z non ha
minoranti poiche non esiste r 2 R tale che r n per ogni n 2 Z. In tal caso si
scrive inf A = 1.
Nellipotesi che ; =
6 A R abbia un minorante (e in tal caso ne ha infiniti), allora
si dice che A `e inferiormente limitato. Per esempio A = (0, +1) `e inferiormente
limitato poiche s = 1 `e un minorante di A.
Se A `e superiormente e anche inferiormente limitato, allora si chiama limitato. Per
esempio A = (0, 1] [ [3, 5) `e limitato mentre N non lo `e.
Funzioni
Definizione 0.1. Se A, B 6= ; sono insiemi, allora una funzione da A a B `e una legge
(spesso in forma di una formula) che ad ogni a 2 A associa un unico b 2 B. In breve si
scrive
f : A ! B, f (a) = b.
Inoltre si chiama
A il dominio di f ,
B il codominio di f ,
f (A) := {f (a) : a 2 A} limmagine di f ,
G(f ) := a, f (a) : a 2 A A B il grafico di f .
Esempio. Il modulo: Per x 2 R definiamo il suo modulo (oppure valore assoluto) come
(
x se x 0,
|x| :=
x se x < 0.

Per esempio |3| = 3, | 4| = ( 4) = 4. Quindi f (x) := |x|, x 2 R definisce una


funzione f : R ! R con immagine f (R) = [0, +1). Il grafico G(f ) R2 `e riportato
nella seguente figura.
Osservazioni. Per il modulo valgono le seguente relazioni importanti: Se x, y, l 2 R,
allora
|x| 0 e |x| = 0 () x = 0.
|x| < l () l < x < l.
| x| = |x| e |x| = |x|.
|x y| = |x| |y| e xy = |x|
|y| .
|x + y| |x| + |y| (disuguaglianza triangolare).

FATTORIALE E COEFFICIENTI BINOMIALI

|x|
3
2
1
3

00

x
1

Figura 1. Il grafico del modulo.


|x|

|y| |x

y|.

Limportanza del modulo si basa in particolare sulla seguente


Osservazione. Per ogni x, y 2 R,
|x

y| = distanza tra x e y sulla retta reale

Quindi il modulo ci permette di misurare distanze.


Fattoriale e Coefficienti Binomiali
Definizione 0.2. Per n 2 N definiamo il suo fattoriale
(
1
se n = 0,
n! :=
1 2 . . . n se n > 0.
Per esempio 4! = 1 2 3 4 = 24.
Osservazioni.
n! = numero di permutazioni di n oggetti distinti. Per esempio per
tre oggetti a, b, c esistono 3! = 6 permutazioni: abc, acb, bac, bca, cab, cba.
Se n 1 allora vale n! = n (n 1)!.
Definizione 0.3. Per n, k 2 N con 0 k n definiamo il coefficiente binomiale

n
n!
:=
k
k! (n k)!
Per esempio

4
2

4!
2!(4 2)!

24
22

= 6.

Osservazioni. Per n, k 2 N con 0 k n vale


n
k
n
k

2 N, cio`e i coefficienti binomiali sono sempre numeri naturali.


= numero di sottoinsiemi di {1, 2, 3, . . . , n} di k elementi. Per esempi linsieme {1, 2, 3, . . . , 89, 90} ha 90
6 = 622.614.630 sottoinsiemi con 6 elementi. Quin1
di la probabilita di fare 6 al Superennalotto giocando una scheda `e 622.614.630
=
0.0000000016061 . . .
1)(n 2)...(n k+1)
4
43
12
nk = 1n(n
2 3 ... (k 1) k , per esempio 2 = 12 = 2 = 6.

Osservazioni. Per i coefficienti binomiali valgono le seguenti propriet`a.

n
0
n
k
n
k

=
=
=

n
n = 1 per ogni
n 1
n 1
k 1 +
k .
n
.
n k

n 2 N.

Le prime due regole si possono utilizzare per calcolare coefficienti binomiali con il triangolo di Tartaglia. La terza regola stabilisce la simmetria di questo triangolo.

10

0. CONCETTI FONDAMENTALI
n
k

k=0 =1 =2 =3 =4
1
1
1
1
2 + 1

per esempio

n=0
=1
=2
=3
=4

1
1

3
4

3
6

1
4

2
1

2
2

3
2

Formula del Binomio di Newton


Introduciamo dapprima il concetto di sommatoria: Se m, n 2 N con m n e am , am+1 , . . . , an 2
R allora poniamo per la loro somma

Per esempio

n
X

ak := am + am+1 + . . . + an .

k=m

Pn

k=1 k

= 1 + 2 + 3 + . . . + n.

Per le sommatorie valgono le seguente regole


n
n
n
X
X
X

ak =
ai = . . .
al .

k=m
n
X

ak =

k=m

n
X

k=m
n
X
k=m

l=m

ak

k=m+1
n
X

ak =

k=m

n
X

i=m
n+1
X

ak =
ak +

k=m

l
X

k=m
n
X

k=m

1.

r ak per ogni r 2 R.

ak +
bk =

n
X

k=l+1
n
X

ak per ogni m l < n.

(ak + bk ).

k=m

Se inoltre definiamo a0 := 1 per ogni a 2 R allora vale la

Proposizione 0.4 (Formula del Binomio di Newton). Se a, b 2 R e n 2 N, allora


n
X
n k n k
n
(a + b) =
a b
.
k
k=0

Per esempio per n = 4 troviamo i coefficienti binomiali necessari nella 4. riga del triangolo
di Tartaglia e quindi risulta:
(a + b)4 = 1 a0 b4 + 4 a1 b3 + 6 a2 b2 + 4 a3 b1 + 1 a4 b0
= b4 + 4 ab3 + 6 a2 b2 + 4 a3 b + a4 .
Principio di Induzione
Passiamo a un principio che `e collegato ai numeri naturali. Dato un numero fisso n0 2 N
supponiamo che per ogni n 2 N con n n0 sia data unaermazione A(n).
Problema. Verificare che A(n) sia vera per ogni n
infinito di aermazioni.
Esempio. Per n

n0 , cio`e verificare un numero

1 =: n0 sia A(n) laermazione che vale la formula


1 + 2 + 3 + ... + n =

n (n + 1)
.
2

PRINCIPIO DI INDUZIONE

11

Per esempio A(3): 1 + 2 + 3 = 3(3+1)


= 6 che `e vera. Abbiamo quindi dato un numero
2
infinito di formule da verificare e ovviamente non si pu`o procedere verificandole una per
una.
Per risolvere questo problema useremo il seguente
Teorema 0.5 (Principio di Induzione). Se
(base dellinduzione) A(n0 ) `e vera, e
(passo induttivo) lipotesi
A(n) vera
| {z }

implica che anche A(n + 1) `e vera,

ipotesi dellinduzione

allora A(n) `e vera per ogni n

n0 .

Esempio. Verifichiamo per induzione che 1 + 2 + 3 + . . . + n =


Base: Dobbiamo verificare A(1), cio`e che vale 1 =
Passo induttivo:

1(1+1)
2

n(n+1)
2

per ogni n

1.

che `e vero.

Sotto lipotesi che A(n) sia vera per un certo n n0 (non per tutti, quello infatti `e da
verificare!) dobbiamo verificare che anche A(n + 1) vale. Allora per ipotesi vale
1 + 2 + 3 + ... + n =

n (n + 1)
2

quindi risulta
n (n + 1)
+ (n + 1)
2
(n + 1) (n + 2)
=
2
che `e esattamente A(n + 1), cio`e la formula che si ottiene sostituendo in A(n) il numero
n con (n + 1).
(1 + 2 + 3 + . . . + n) + (n + 1) =

In un certo senso il principio di induzione formalizza leetto domino: La base fa cadere


il primo pezzo mentre il passo induttivo aerma che con un pezzo cade anche sempre
quello successivo. Quindi se facciamo cadere il primo pezzo alla fine cadranno tutti i
pezzi.
Consideriamo altre due esempi.
Esempio (Disuguaglianza di Bernoulli). Se x
(1 + x)n

1+nx

1, allora
per ogni n 2 N.

Dimostrazione. Per induzione.


Base: Per n = 0 laermazione diventa (1 + x)0 = 1 + 0 x che `e vera.
Passo induttivo: Supponiamo che per un certo n 2 N vale
()

(1 + x)n

1+nx

per ogni n 2 N.

Sotto questo ipotesi dobbiamo verificare la disuguaglianza che si ottiene sostituendo


n con n + 1. Perci`
o moltiplichiamo () con 1 + x 0
(1 + x)n+1 = (1 + x) (1 + x)n

(1 + x) (1 + n x)

= 1 + (n + 1) x + n
x}2
| {z
0

1 + (n + 1) x

che era da verificare.

12

0. CONCETTI FONDAMENTALI

Esempio (Progressione Geometrica). Sia 1 6= q 2 R, allora


n
X
1 q n+1
qk =
per ogni n 2 N.
1 q
k=0

Dimostrazione. Per induzione.

0
X

q 0+1
che `e vera.
1 q
k=0
Passo induttivo: Supponiamo che per un certo n 2 N vale
n
X
1 q n+1
(#)
qk =
.
1 q
Base: Per n = 0 laermazione diventa

qk = q0 =

k=0

Sotto questo ipotesi dobbiamo verificare la formula che si ottiene sostituendo n con
n + 1. Perci`
o sommiamo su entrabi i lati di (#) la quantit`a q n+1
n+1
X

qk =

k=0

n
X

q k + q n+1 =

k=0

q n+1
+ q n+1
1 q

q n+1 + q n+1
1 q
n+2
1 q
=
1 q
=

q n+2

che era da verificare.

Concludiamo con la seguente domanda.


Dov`e lerrore? Tutti i cavalli sono bianchi.
Sia A(n) laermazione tutti i cavalli in un insieme di n cavalli hanno lo stesso colore.
Base: Per n = 1 laermazione `e ovviamente vera.
Passo induttivo: Supponendo che in un insieme di n cavalli tutti hanno sempre
lo stesso colore dobbiamo verificare che anche in un insieme di n + 1 cavalli tutti
hanno lo stesso colore. Allora togliendo dallinsieme di n + 1 cavalli un cavallo
rimangono n cavalli che per ipotesi hanno lo stesso colore. Rimettiamo il cavallo
tolto dallinsieme e togliamo unaltro. Di nuovo rimane un insieme con n cavalli
che per ipotesi hanno lo stesso colore. Quindi per transitivit`a tutti i n + 1 cavalli
hanno lo stesso colore.
Inoltre laltro ieri ho visto un cavallo bianco in televisione e quindi tutti cavalli sono
bianchi.

CAPITOLO 1

Successioni Numeriche
Lo scopo di questo capitolo `e di studiare il comportamento di unespressione dipendente
da un parametro naturale n per n sempre pi`
u grande, cioe per n tendente a +1.
Iniziamo con la definizione rigorosa di una successione.
Definizione 1.1. Una successione numerica `e una funzione a : N ! R, cio`e una regola
che fa corrispondere ad ogni n 2 N ununico a(n) 2 R.
Generalmente si usa la notazione an := a(n). Inoltre si rappresenta una successione
elencando tutti i valori assunti in ordine crescente oppure attraverso una formula che
definisce gli elementi an .
Esempio. a : N ! R, a(n) :=
come
(an )n2N

1
n+1

definisce una successione che si pu`o rappresentare

1
1 1 1
= 1, 2 , 3 , 4 , . . .
oppure
(an )n2N =
n + 1 n2N

Pu`o accadere che una formula che definisce gli elementi an di una successione non ha
senso per alcuni valori di n, cio`e il dominio di a non `e tutto N = {0, 1, 2, 3, 4, . . .} ma
soltanto un sottoinsieme della forma {n0 , n0 + 1, n0 + 2, n0 + 3, . . .}. Comunque anche
in questo caso si parla di successioni.
Esempio. La formula an := n(n1 3) definisce una successione a : {4, 5, 6, 7, . . .} ! R (il
problema `e che qui il denominatore si annulla per n = 0 e n = 3 e quindi non sono
definiti gli elementi a0 e a3 ). In questo caso si scrive

1
(an )n 4 =
n (n 3) n 4
Altri esempi di successioni sono
(2, 3, 5, 7, 11, 13, . . .) (successione dei numeri primi),
n
1 + n1
,
n 1
n
0
(q )n2N = (q , q 1 , q 2 , q 3 , . . .) per un q 2 R fisso (successione geometrica).
Convergenza, Divergenza e Irregolarit`
a per Successioni
Come gi`
a accennato sopra vogliamo studiare il seguente
Problema. Studiare il comportamento degli elementi an di una successione (an )n2N
per n sempre pi`
u grande.
Consideriamo alcuni
Esempi.
Per la successione (an )n2N = n1 n 1 = 1, 12 , 13 , 14 , 15 , . . . n 1 gli elementi
tendono a l = 0 se n diventa sempre pi`
u grande.
Per la successione (an )n2N = (n)n2N = (0, 1, 2, 3, 4, 5, . . .)n2N gli elementi superano
qualsiasi valore fissato se n diventa sempre pi`
u grande.
Per la successione (an )n2N = (( 1)n )n2N = (+1, 1, +1, 1, +1, 1, . . .)n2N gli
elementi oscillano tra i valori 1 e 1.
Nelle seguenti definizioni formalizziamo questi tre tipi di comportamenti per le successioni.
13

14

1. SUCCESSIONI NUMERICHE

Definizione 1.2 (Successione convergente). (i) Si dice che la successione (an )n2N `e
convergente al limite l 2 R se per ogni " > 0 esiste n0 2 N tale che
|l

In questo caso si scrive

an | < " per ogni n

lim an = l

an ! l per n ! +1

oppure

n!+1

n0 .

(ii) Se lim an = 0, allora (an )n2N si chiama successione infinitesima.


n!+1

Esempio. Vogliamo verificare che


lim 1
n!+1 n

= 0.

Perci`o `e da verificare che per " > 0 esiste n0 tale che


1
< " () n > .
"
1
Quindi, se scegliamo n0 2 N tale che n0 > " allora
1
n!+1 n

cio`e lim

1
n

1
n0 ,
n < " per ogni n
1
e infinitesima.
n n 1 `

= 0, in altre parole

1
n

Proposizione 1.3 (Unicit`


a del limite). Il limite di una successione (an )n2N , se esiste,
`e unico.
Dimostrazione. Per assurdo1 supponiamo che esiste una successione (an )n2N tale che
lim an = l1

e lim an = l2

n!+1

con l1 , l2 2 R e l1 6= l2 . Allora " :=


|l1

an | < "

per ogni n

|l1 l2 |
4

n1

n!+1

> 0 e quindi esistono n1 , n2 2 N tale che


|l2

an | < "

per ogni n

Usando la disuguaglianza triangolare risulta per N := max{n1 , n2 }


|l1

l2 | = |(l1

aN ) + (aN

< " + " = 2" =


Dividendo per |l1

l2 | > 0 segue 1 <

1
2

l2 )| |l1

|l1 l2 |
2 .

aN | + |aN

n2

l2 |

E. Quindi il limite `e unico.


n
n!+1 2n+5

Esercizio. Utilizzando la definizione di convergenza verificare che lim

= 12 .

Definizione 1.4 (Successione divergente). Si dice che la successione (an )n2N


diverge a +1, se per ogni M > 0 esiste n0 2 N tale che an > M per ogni n
e in questo caso si scrive
lim an = +1

n!+1

oppure

an ! +1 per n ! +1;

diverge a 1, se per ogni M < 0 esiste n0 2 N tale che an < M per ogni n
e in questo caso si scrive
lim an =

n!+1

oppure

diverge se diverge a +1 oppure

n0

an !

n0

1 per n ! +1.

1.

Per esempio lim n = +1. Se (an )n2N ammette limite finito (cio`e se converge) oppure
n!+1

infinito (cio`e se diverge), allora si dice regolare. Rimane quindi la classe delle successioni
che non ammettono limite.
1Per i tre principali modi di dimostrazioni cfr. pagina 151.

REGOLE PER IL CALCOLO DEI LIMITI

15

Definizione 1.5 (Successione irregolare). Se la successione (an )n2N non `e convergente


ne divergente allora si dice irregolare (oppure oscillante).
Per esempio la successione (( 1)n )n2N `e irregolare. Pi`
u in generale consideriamo il
seguente
Esempio (Successione geometrica). Per q 2 R fisso definiamo an := q n . Allora la
successione geometrica (an )n2N
(i) diverge a +1 se q > 1,
(ii) `e costante (cio`e an = a0 per ogni n 2 N) se q = 1 e quindi lim an = a0 = 1,
n!+1
(iii) `e infinitesima se |q| < 1,
(iv) `e irregolare se q 1.
Dimostrazione. Verifichiamo soltanto (i). Per ipotesi q > 1 e quindi q
disuguaglianza di Bernoulli segue
q n = 1 + (q

1)

1 + n (q

Ora per M > 0 scegliamo n0 2 N con n0 >


qn

1 + n (q

1)

1 + n0 (q

M 1
q 1 .

1) > 1 +

M
q

1)

1 > 0. Per la

per ogni n 2 N.

Allora risulta che


1
(q
1

1) = M

per ogni n

n0 .

Quindi lim q n = +1 per ogni q > 1.


n!+1

Consideriamo unaltra successione importante.


Esempio (Successione armonica). Per 2 R fisso definiamo an := n . Allora la
successione armonica (an )n 1
(i) diverge a +1 se > 0,
(ii) `e costante (cio`e an = a0 per ogni n 2 N) se = 0 e quindi lim an = a1 = 1,
n!+1
(iii) `e infinitesima se < 0,
Il prossimo risultato d`
a una condizione necessaria per la convergenza di una successione.
Proposizione 1.6. Una successione convergente (an )n2N `e limitata, cio`e esistono m, M 2
R tale che
m an M per ogni n 2 N.
Dimostrazione. Se l := lim an allora per " = 1 esiste n0 2 N tale che |l
n!+1

cio`e l

1 < an < l + 1, per ogni n

m := min{l

1, a0 , a1 , . . . , an0

n0 . Quindi per
1}

M := max{l + 1, a0 , a1 , . . . , an0

segue m an M per ogni n 2 N, cio`e (an )n2N `e limitata.

an | < 1 ,
1}

Il contrario della proposizione precedente non vale, cio`e una successione limitata non
deve essere convergente, basta considerare la successione (( 1)n )n2N che `e limitata ma
non converge.
Cerchiamo ora modi per semplificare lo studio della convergenza di una successione senza
dover verificare direttamente la definizione.
Regole per il Calcolo dei Limiti
Problema. Data una successione complicata (an )n2N , studiare la sua convergenza.
Una soluzione parziale per questo problema fornisce il seguente risultato
Proposizione 1.7 (Regole per il calcolo dei limiti ). Siano (an )n2N , (bn )n2N due successioni convergenti con an ! l1 e bn ! l2 per n ! +1. Allora per n ! +1
(i) an bn ! l1 l2 ;
(ii) an bn ! l1 l2 ;

16

1. SUCCESSIONI NUMERICHE

(iii) abnn ! ll12 se l2 6= 0;


(iv) (an )bn ! l1 l2 se l1 > 0;
(v) |an | ! |l1 |.
Dimostrazione. Verifichiamo solo (ii) cio`e che an bn ! l1 l2 per n ! +1:
Visto che (an )n2N converge, per la proposizione precedente esiste M > 0 tale che |an |
M per ogni n 2 N. Inoltre poiche an ! l1 e bn ! l2 , per ogni " > 0 esiste n0 2 N tale
che
"/2
"/2
|l1 an | <
e
|l2 bn | <
8 n n0 .
M + |l2 |
M + |l2 |
Quindi con la disuguaglianza triangolare segue
|l1 l2

=0

}|
{
an bn | = (l1 l2 an l2 ) + (an l2 an bn )
| l1 l2
= |l1

a n l2 | + | a n l2

a n bn |

an | |l2 | + |an | |l2

bn |

"/2
"/2
|l2 | + M
M + |l2 |
M + |l2 |
|l2 |
M
= "/2
+ "/2
M + |l |
M + |l |
| {z 2}
| {z 2}

"/2 + "/2 = "

8n

n0 ,

cio`e an bn ! l1 l2 per n ! +1.


Esempi.

Calcolare, se esiste, il seguente limite

7n2 2n + 3
.
n!+1 3n2 + n
1
Lespressione rappresenta il rapporto da due successioni ma scritto cos` non si
pu`o ancora utilizzare la regola per abnn poiche sia il numeratore sia il denumeratore
divergono. Comunque basta mettere in evidenza nel numeratore e nel denumeratore
la quantit`
a che cresce pi`
u rapidamente, in questo caso n2 . Utilizzando le regole per
somma, dierenza, prodotto e rapporto otteniamo
lim

!7 20+302 =7

}|
2
(7
+
7n2 2n + 3
n
=
1
3n2 + n 1
n2 ( 3 +
n
|
{z
n2

{
3
)
n2 !
1
)
n2 }

7
3

! 3+0 02 = 3

Calcolare, se esiste, il limite

lim

n!+1

n+3

n.

Non si pu`
o applicare direttamente la regola per le dierenze poiche i due termini
divergono entrambi. Per procedere si sfrutta la formula (a b) (a + b) = a2 b2 :
p
p
p
p
p
p
n+3+ n
n+3
n=
n+3
n p
p
n+3+ n
n+3 n
3
3
=p
=0
p =p
p !
+1
n+3+ n
n+3+ n
Qui lultimo passaggio viene giustificato dalla seguente

REGOLE PER IL CALCOLO DEI LIMITI

17

Osservazione. Le regole per il calcolo dei limiti si possono estendere alle successioni
divergenti se al limite si ottiene una delle seguenti forme determinate: Per ogni a 2 R
definiamo
(
1 se a > 0
a
1 + a := 1
1 a :=
:= 0
1
1 se a < 0
(1) + (1) := 1
(
+1 se q > 1
q +1 :=
0
se 0 < q < 1
Per esempio, se an !
an
3
bn ! +1 = 0.

(1) (1) := +1
(
0
se q > 1
q 1 :=
+1 se 0 < q < 1

3 e bn ! +1 allora an bn !

(1) (1) :=
q 0 := 1 se q > 0

3 (+1) =

1 oppure

a
Osservazione. La forma determinata 1
= 0 si pu`o generalizzare: Sia (an )n2N limitata, cio`e esistono m, M 2 R tale che m an M per ogni n 2 N. Allora abnn ! 0
per ogni successione divergente (bn )n2N e an cn ! 0 per ogni successione infinitesima
(cn )n2N . Quindi possiamo definire altre 2 forme determinate

limitata
=0
1

limitata 0 = 0.

Esempi concreti sono dati da


sin(n)
p
n

in quanto

!0

cos(n2 )

1 sin(x), cos(x) 1 per ogni x 2 R,

1 n
3

! 0.

n ! +1 e

1 n
3

! 0 per n ! +1.

Osservazione. Con le forme determinate abbiamo esteso le operazioni algebriche in


alcuni casi per gli elementi dei numeri reali estesi
R := R [ { 1, +1}.
Non si possono per`
o definire tutte le operazioni tra elementi in R, per esempio le seguenti
operazioni rappresentano forme indeterminate:
(1)
1
1
(1)0

(1)

0 (1)

a
per ogni a 2 R
0
00

0
0
11

Quindi se per la composizione di due successioni (an )n2N e (bn )n2N al limite otteniamo una forma indeterminata, allora non si pu`o dire nulla sul comportamento della
composizione avendo soltanto informazioni sulla convergenza o divergenza di (an )n2N e
(bn )n2N .
Esempio. Verifichiamo che (+1) (+1) `e indeterminata, cio`e sapendo soltanto che
an ! +1 e bn ! +1 non si pu`
o dire nulla sul comportamento di an bn per n ! +1.
Basta considerare bn := n e
an := n ) an bn = 0 ! 0, cio`e la dierenza converge;
an := n2 ) an bn = n2 n = n2 (1 n1 ) ! +1 1 = +1, cio`e la dierenza
diverge;
an := n + ( 1)n ) an bn = ( 1)n , cio`e la dierenza `e irregolare.
Le regole per il calcolo dei limiti manifestano che il concetto di limite `e compatibile con
le operazioni algebriche.

18

1. SUCCESSIONI NUMERICHE

Esercizio. Calcolare il limite


lim n

n!+1

(Risultato l =

5
5 ).

q
5

2
n

Continuiamo studiando il comportamento tra


Limiti e Ordinamento
Se an ! l1 e b ! l2 per n ! +1 con l1 , l2 2 R e an bn per ogni n 2 N, allora
l1 l2 (Teorema del Confronto);
se inoltre an cn bn per ogni n 2 N e l1 = l2 , allora anche cn ! l1 per n ! +1
(Teorema dei Carabinieri).
In particolare il Teorema dei Carabinieri `e molto utile per studiare successioni complicate
(cn )n2N incastrandole tra 2 successioni (an )n2N , (bn )n2N pi`
u semplici (cio`e tra i due
carabinieri).
Vogliamo studiare la convergenza della successione (cn )n2N con

n
1
cn :=
.
3 + cos(n2 )

Esempi.

Allora,
)

1 cos(n2 ) 1 ) 2 = 3

1 3 + cos(n2 ) 3 + 1 = 4

n
n n
1
1
1

4
3 + cos(n2 )
2
| {z }
| {z }

=:an !0

per n ! +1

=:bn !0

e di conseguenza lim cn = 0.
n!+1

Verifichiamo che

lim

p
n

per ogni a > 0.


p
p
Consideriamo prima il caso a > 1 e poniamo dn := n a 1 > 0 cio`e n a = 1 + dn
per ogni n 2 N. Per la disuguaglianza di Bernoulli segue
n!+1

(1 + dn )n
| {z }

1 + n dn

a=1

=a

p
n

n }
| {z
!0

dn

0
|{z}
!0

per n ! +1.

Di conseguenza dn ! 0 e quindi a = 1 + dn ! 1 + 0 = 1 per n ! +1. Se


0 < a < 1 poniamo a
:= a1 > 1. Da sopra segue quindi
p
p
1
1
n
n
a
!1
)
a= p
! =1
per n ! +1.
n
1
a

Osservazione. Il concetto di limite per una successione (an )n2N `e collegato al comportamento degli elementi an per n sempre pi`
u grande. Quindi i primi elementi non influiscono sulla esistenza oppure sul valore del limite. Nel seguito diremo che una propriet`a
per una successione vale definitivamente, se esiste un n0 tale che tale propriet`a vale per
n > n0 . Per esempio la successione (an )n2N = (n 1000)n2N `e positiva definitivamente
poiche an > 0 per ogni n > 1000 =: n0 .
Osservazioni.
Dal teorema del confronto segue che per una successione (an )n2N
convergente al limite l e con an 2 [, ] definitivamente vale l 2 [, ]. In particolare
segue il Teorema della permanenza del segno: Se (an )n2N `e positiva definitivamente
e lim an = l allora l 0.
n!+1

LIMITI E ORDINAMENTO

19

Non vale losservazione precedente per intervalli aperti oppure disuguaglianze strette. Per esempio, se an > 0 per ogni n 2 N e lim an = l allora NON segue l > 0!!
n!+1

Come controesempio basta considerare


1
an :=
! |{z}
0 =l
+ 1}
|n {z
>0 8 n2N

6>0

per n ! +1.

Abbiamo detto che a0 anche per a 6= 0 `e una forma indeterminata. Tuttavia si


potrebbe pensare che sia invece determinata con il valore 1. Il problema `e che non
si pu`
o decidere il segno dellinfinito. Si possono seguire 2 strade:
Si introduce un terzo infinito 1 senza segno e si pone a0 := 1 per ogni a 6= 0,
oppure
si considerano soltanto gli infiniti 1 e +1 (come faremo nel seguito) e di
conseguenza a0 diventa una forma indeterminata come si vede dal seguente
n
esempio: an := ( n1) ! 0 ma a1n = ( 1)n n `e oscillante.

Il problema posto nellultima osservazione si pu`o risolvere parzialmente introducendoinfinitesimi con segno.
Definizione 1.8. Sia (an )n2N una successione infinitesima, cio`e an ! 0 per n ! +1.
Se
an 0 definitivamente, allora scriviamo an ! 0+ (oppure lim an = 0+ ),
n!+1

an 0 definitivamente, allora scriviamo an ! 0 (oppure lim an = 0 ).


n!+1

Cos` otteniamo altre due forme determinate


a
a
: = 1 se a > 0,
: = 1 se a < 0.

0
0
Inoltre abbiamo
a
a
: = 0 se a > 0,
: = 0 se a < 0.
1
1
Con queste definizioni le regole per il calcolo dei limiti restano validi. Per esempio
an ! 2, bn ! 0 ) abnn ! 02 = 1,
1
an ! 1, bn ! +1 ) abnn ! +1
=0 .

Problema. Per studiare la convergenza di una successione abbiamo finora avuto bisogno di avere almeno un candidato per il suo limite.
Per esempio, come vedremo tra poco la successione (an )n2N = (1 + n1 )n n2N converge
ma ci`o non si pu`
o dimostrare usando la definizione oppure le regole per il calcolo dei
limiti.
Per risolvere questo problema cerchiamo quindi criteri che implicano la convergenza
senza fare riferimento al limite. Prima ci serve una
Definizione 1.9. Una successione (an )n2N si dice
crescente, se an+1 an per ogni n 2 N,
decrescente, se an+1 an per ogni n 2 N,
monotona, se `e crescente oppure decrescente.
Il seguente risultato `e molto importante.

Teorema 1.10 (Convergenza delle successione monotone). Se (an )n2N `e monotona, allora ammette limite. Questo limite `e finito, cio`e (an )n2N converge, se (an )n2N `e limitata.
Inoltre vale
(
sup{an : n 2 N} se (an )n2N `e crescente,
lim an =
n!+1
inf{an : n 2 N}
se (an )n2N `e decrescente.

20

1. SUCCESSIONI NUMERICHE

Dimostrazione. Verifichiamo soltanto che una successione crescente e limitata converge. Per la completezza di R esiste l := sup{an : n 2 N} 2 R. Sia " > 0. Allora usando la
caratterizzazione dellestremo superiore segue che
an l () 0 l an 8 n 2 N
9 an0 tale che l " < an0 () l

e
an0 < ".

Usando inoltre la crescenza di (an )n2N otteniamo


e quindi |l

0l

an l

an | < " per ogni n

an0 < "

per ogni n

n0

n0 , cio`e lim an = l.
n!+1

Per dimostrare limportanza di questo risultato consideriamo due applicazioni. Inoltre


sar`a utilizzato per dimostrare il Teorema degli Zeri, cfr. pagina 46.
Il Metodo di Erone. Per a > 0, k 2 N con k
come

1 definiamo la successione (xn )n2N

x0 : = 1
1
a
xn+1 : = (k 1)xn + k 1
k
xn
In questo caso non `e data una formula per calcolare direttamente xn per un valore n 2 N,
ma una regola per calcolare il termine successivo xn+1 della successione conoscendo
quello precedente xn . Questo modo di definire una successione si dice per ricorrenza ed
`e legata al principio di induzione. Nel seguente grafico `e riportato come viene costruito
xn+1 da xn :
xk-- a

xn+1

xn

--a

Figura 2. Il metodo di Erone.


si traccia in x = xn la retta tangente al grafico della funzione f (x) = xk a che poi
interseca lasse-x in xn+1 (come verificheremo a pagina 55). In particolare si vede che
(xn )n2N `e
definitivamente decrescente (per n 1), e
limitata (xn 0 per ogni n 2 N).
Quindi per il teorema precedente esiste r 2 [0, +1) tale che
lim xn =: r

n!+1

converge. Per calcolare r notiamo che anche lim xn+1 = r e poi usiamo le regole per
n!+1

il calcolo dei limiti: Per n ! +1 vale


1
a
1
r
xn+1 = (k 1) xn + k 1 ! (k
|{z} xn
k
k
| {z }
!r
!r k

quindi

r=

1
(k
k

1)r +

rk

1)r +

rk = a

rk

CONFRONTO TRA SUCCESSIONI

cio`e abbiamo costruito


r =:

p
k

21

= radice k-esima di a.

Interesse Composte e il Numero e di Nepero. Se un capitale di 1 e viene


investito a 100% di interesse annuale, allora dopo un anno il capitale `e di e

1 n
an := 1 +
,
n
se linteresse viene pagato ogni n-esimo dellanno. Quindi ci si pu`o chiedere che cosa
succede se gli interessi vengono pagati dopo periodi sempre pi`
u brevi: per esempio dopo
ogni mese: n = 12 ) a12 = 2, 61303529 . . .,
ogni giorno: n = 365 ) a365 = 2, 71456748 . . .,
orni ora: n = 8760 ) a8760 = 2, 71812669 . . .,
ogni secondo: n = 31536000 ) a31536000 = 2, 71828178 . . .
etc. Visto che per n crescente si accumulano sempre pi`
u interessi composti, la successione
(an )n2N = (1 + n1 )n n2N `e crescente. Quindi (an )n2N `e
crescente, e
limitata in quanto an 2 [2, 3] per ogni n 2 N (usare la formula del binomio di
Newton).
Quindi per il teorema precedente sulla convergenza delle successioni monotone (an )n2N
converge e si pone

1 n
e := lim 1 +
= Numero di Nepero.
n!+1
n
Per il teorema del confronto vale e 2 [2, 3]. Si pu`o verificare che e 2
/Qe
e = 2, 718281828459045 . . .

Confronto tra Successioni


an
n!+1 bn

Definizione 1.11. Se per due successioni si ha lim

= 1, allora si dice che (an )n2N

e (bn )n2N sono asintotiche e si scrive an bn per n ! +1.


Osservazioni.
Se an bn per n ! +1, allora (an )n2N e (bn )n2N hanno lo stesso
comportamento asintotico, cio`e
(an )n2N converge () (bn )n2N converge e in tal caso lim an = lim bn ;
n!+1

n!+1

(an )n2N diverge () (bn )n2N diverge e in tal caso lim an = lim bn ;
n!+1

n!+1

(an )n2N `e irregolare () (bn )n2N `e irregolare.


`e una relazione di equivalenza sullinsieme delle successioni, cio`e
an an per n ! +1 (reflessivit`a),
an bn ) bn an per n ! +1 (simmetria),
an bn e bn cn ) an cn per n ! +1 (transitivit`a).
Il seguente principio `e spesso utile per semplificare il calcolo dei limiti.

Teorema 1.12 (Principio di Sostituzione). Se an a0n , bn b0n e cn c0n per n ! +1,


allora
a n bn
a 0 b0
n0 n
per n ! +1.
cn
cn
In particolare an bn a0n b0n e

an
bn

a0n
b0n

per n ! +1.

Quindi in prodotti e rapporti si possono sostituire successioni con altre successioni asintotiche senza cambiare il comportamento asintotico, in particolare senza cambiare il
limite se esiste.

22

1. SUCCESSIONI NUMERICHE

Esempi.
2n3

2n3

5n2

3n + 11 2n3 per n ! +1 poiche

5n2 3n + 11
5
3
11
=1
+ 3 !1 0 0+0=1
per n ! +1.
3
2
2n
2n 2n
2n
n + 5 n poiche n+5
= 1 + n5 ! 1 per n ! +1. Quindi per il principio di
n
sostituzione segue (n + 5)3 n3 e
2n3

5n2 3n + 11
2n3
2n3

=
2
!
2
=
lim
n!+1
(n + 5)3
n3

5n2 3n + 11
.
(n + 5)3

` doveroso fare la seguente


E
Osservazione. Il principio di sostituzione !!! NON !!! vale per somme, dierenze o
potenze, cio`e se an a0n e bn b0n allora
6) an + bn a0n + b0n per n ! +1,
6) an bn a0n b0n per n ! +1,
0
6) (an )bn (a0n )bn per n ! +1,

Controesempi.
(per la somma) an := n + 1 n =: a0n e bn := n n =: b0n
ma an + bn = (n + 1) n = 1 e a0n + b0n = n n = 0 non sono asintotiche in quanto
ammettono limiti diversi.
(per la potenza) an := 1 + n1 1 =: a0n e bn := n n =: b0n ma (an )bn = (1 + n1 )n
0
e (a0n )bn = 1n = 1 non sono asintotiche sempre poiche ammettono limiti diversi.
Concludiamo questo capitolo con un criterio che `e utile per studiare limiti che coinvolgono radici n-esime.
Proposizione 1.13. Se (an )n2N `e una successione tale che an > 0 definitivamente e
lim an+1 =: q esiste, allora segue che anche
n!+1 an
p
lim n an = q.
n!+1

Esempio. Sia an = n. Allora

an+1
an

Esercizio. Calcolare, se esiste,

n+1
n

= 1 + n1 ! 1 e quindi
p
lim n n = 1.

n!+1
p
n
lim nn! .
n!+1

(Suggerimento: n =

p
n

nn )

CAPITOLO 2

Serie numeriche
Consideriamo il seguente
Problema. Sommare tutti gli elementi di una successione (an )n2N , cio`e dare senso alla
somma infinita
+1
X
a0 + a1 + a2 + a3 + . . . =
ak .
k=0

Lidea per risolvere questo problema `e di considerare prima le somme parziali (oppure
ridotte) n-esime
sn := a0 + a1 + a2 + . . . + an =

n
X

ak ,

k=0

n2N

e poi mandare n ! +1.


Convergenza e prime Propriet`
a
Definizione 2.1. Diremo che la serie numerica

+1
P

ak

k=0

converge alla somma s 2 R, se lim sn = s e in questo caso scriveremo


n!+1

diverge a 1, se lim sn = 1 e in questo caso scriveremo


n!+1

`e irregolare (oppure oscillante), se (sn )n2N `e irregolare.


Quindi studiare una serie

+1
P

+1
P

k=0

+1
P

ak = s;

k=0

ak = 1;

ak significa studiare la successione delle somme parziali

k=0

(sn )n2N .
Esempi.

Serie geometrica. Se q 2 R allora

8
1
>
<1 q
q k = 1 + q + q 2 + q 3 + q 4 + . . . = +1
>
:
k=0
`e irregolare

se |q| < 1,
se q 1,
se q 1.

+1
X

Dimostrazione. 1 caso q = 1: Se q = 1 allora q k = 1 per ogni k 2 N e quindi


sn = 10 + 11 + 12 + . . . + 1n = n + 1 ! 1.

2 caso q 6= 1: In questo caso le somme parziali valgono (cfr. pagina 12)


sn = q 0 + q 1 + q 2 + . . . + q n =

q n+1
1
=
1 q
1 q

q
1

qn.

La tesi ora segue dal comportamento della successione geometrica, cfr. pagina 15

23

24

2. SERIE NUMERICHE

Serie armonica.
+1
X
1
1 1 1 1
= 1 + + + + + . . . = +1.
k
2 3 4 5
k=1

Idea della dimostrazione.

+1
X
1
1
1 1
1 1 1 1
1
1
1
=1+ +
+
+
+ + +
+
+
+ ... +
+...
k
2
3 4
5 6 7 8
9 10
16
k=1
| {z } |
{z
} |
{z
}
2 14 = 12

1+

4 18 = 12

1
8 16
= 12

1 1 1 1
+ + + + . . . = +1.
2 2 2 2

Osservazione. Useremo la divergenza della serie armonica per dimostrare che


(teoricamente) si pu`
o costruire una scala autoportante che superare qualsiasi distanza. Perci`
o consideriamo gradini della lunghezza l = 2 e del peso 1 che sistemiamo uno sul altro (senza usare colle o fissaggi) in maniera di superare una distanza
massima. Usando solo 2 gradini `e molto semplice: dobbiamo sistemare il gradino
sotto tale che lo spigolo capita esattamente sotto il (bari)centro del gradino sopra:
Continuiamo e sistemiamo un terzo gradino sotto i primi due:1 Se x indica lo sbalzo
l=2

s
= baricentro

Figura 3. Scala autoportante: 2 gradini.


del secondo al terzo gradino, dalla legge della leva (cfr. grafico) segue
baricentro 2 gradino: peso 1
1

baricentro 1 gradino: peso 1


= spigolo 2 gradino

1--x x
spigolo 3 gradino

1--x x

Figura 4. Scala autoportante: 3 gradini.


1 (1

x) = 1 x

x = 12 .

Continuando in questa maniera arriviamo al punto in cui dobbiamo sistemare il


(n + 1)-esimo gradino sotto quelli n precedenti. Come prima dobbiamo piazzare il
gradino sottostante in maniera che lo spigolo capita esattamente sotto il baricentro
del corpo fatto dai n = (n 1) + 1 gradini sovrastanti. Visto che
lo spigolo del n-esimo gradino capita esattamente sotto il baricentro del corpo
fatto dai primi (n 1) gradini (e quindi dal peso n 1) e
la distanza tra lo spigolo del n-esimo gradino e il suo baricentro `e 1

`
CONVERGENZA E PRIME PROPRIETA

25

baricentro n gradino: peso 1


baricentro primi (n-1) gradini: peso n-1
= spigolo n gradino

1--x x
spigolo (n+1) gradino

Figura 5. Scala autoportante: n + 1 gradini.


sempre per la legge della leva segue (cfr. grafico)
1 (1

x) = (n

1) x

x = n1 .

1 gradino
2 gradino
1
3 gradino 1/2
4 gradino 1/3
5 gradino 1/4
6 gradino 1/5

(n-1) grad.
n gradino 1/(n-1)
(n+1) grad. 1/n

sn

Figura 6. Scala autoportante che supera (teoricamente) qualsiasi distanza.


Cos` con n + 1 gradini abbiamo costruita una scala autoportante che supera la
distanza
sn := 1 + 12 + 13 + . . . + n1 ! +1 per n ! +1.
Comunque, con 10.000 gradini di lunghezza l = 2m in questa maniera si superano
appena 9, 21m e per superare 10m servono addirittura 22028 gradini!
Serie di Mengoli.

+1

X
1
1
1
1
1
+
+
+
... =
= 1.
12 23 34 45
k (k + 1)
k=1

Dimostrazione. Per induzione si pu`o dimostrare (Esercizio!)2 che


n
X
1
1
sn =
=1
!1
per n ! +1.
k (k + 1)
n+1
k=1

1sopra non si pu`


o aggiungere niente senza che crollasse tutto!
2In alternativa si pu`
o usare il seguente trucco:
=1

z
}|
{
X
n
n
n
X
X
(k + 1) k
1
1
1
sn =
=
=
k (k + 1)
k
k+1
k
k=1
k=1
k=1
|
{z
}
=somma telescopica

n+1
X
k=2

1
=1
k

1
n+1

26

2. SERIE NUMERICHE

Solo in casi rari `e possibile trovare una formula esplicita semplice per le somme parziali
di una serie. Di conseguenza si pone il seguente
+1
P
Problema. Come si pu`
o studiare la convergenza di una serie
ak senza conoscere
k=0
una formula semplice per le somme parziali sn ?
Evidenziamo che cos` non chiediamo pi`
u di calcolare la somma della serie ma soltanto
di verificare che la somma esiste e sia finita. Iniziamo con la seguente
Proposizione 2.2 (Condizione necessaria). Se

+1
P

ak converge, allora lim ak = 0.


k!+1

k=0

Dimostrazione. Sia s :=

+1
P

ak , cio`e s =

k=0

quindi lim (sn

sn

n!+1

sn

sn

1)

=s

lim sn . Allora anche

n!+1

lim sn

n!+1

= s e

s = 0. Cos` risulta

= (a0 + a1 + a2 + . . . + an
= an ! 0 per n ! +1.

+ an )

(a0 + a1 + a2 + . . . + an

1)

Evidentemente questa condizione `e soltanto necessaria ma non sufficiente per la convergenza come si vede dalla serie armonica. Come vedremo nel seguente paragrafo lordine
in R ci aiuta a risolvere il problema posto sopra.
Serie a Termini Positivi
Se ak
0 per ogni k 2 N, allora sn+1 = sn + an+1
sn e quindi (sn )n2N `e crescente.
Quindi possiamo usare il teorema sulla convergenza delle successioni monotone (cfr.
+1
P
pagina 19) per studiare il comportamento della serie
ak . In questa maniera otteniamo
k=0

0 per ogni k 2 N (basta anche ak 0 definitivamente), allora


(
+1
X
converge
se e solo se (sn )n2N `e limitata,
ak
diverge a +1 se e solo se (sn )n2N non `e limitata.
k=0

Teorema 2.3. Se ak
la serie

Quindi per una serie a termini positivi basta verificare la limitatezza della successione
delle somme parziali per ottenere convergenza. Inoltre risulta che una serie a termini
positivi non pu`
o essere irregolare.
Esempio. Consideriamo la serie a termini positivi
+1
X
1
k!

= serie esponenziale

k=0

Per verificare la convergenza osserviamo che per k


k! = 1 2
| 3 {z. . . k}
22...2=2k

2k

2 vale
1
k!

1
2k

=2

1 k
2

Questa relazione vale per`


o anche per k = 0 e k = 1 e quindi risulta che
sn =

n
X
k=0

1
k!

n
X
k=0

1 k
2

+1
X

1 k
2

k=0

Quindi (sn )n2N `e limitata e di conseguenza s :=


confronto segue che s 4.

2
1
2

+1
P

k=0

1
k!

=4

per ogni n 2 N.

converge. Inoltre dal teorema del

SERIE A TERMINI POSITIVI

27

Osservazione. In seguito dimostreremo che s = e, cio`e


+1
X
1
= e.
k!
k=0

Nellesempio precedente per dimostrare la convergenza della serie esponenziale labbiamo


confrontata con la serie geometrica con q = 12 . Nel seguente risultato generalizziamo
questa idea e consideriamo 2 serie qualsiasi.
Proposizione 2.4 (Criterio del confronto). Sia 0 ak bk definitivamente. Allora
+1
X

bk

converge

|k=0
{z }

Maggiorante

oppure

+1
X

ak

+1
X

ak

converge

|k=0
{z }

Minorante

k=0

| {z }

Minorante

bk

diverge

k=0

| {z }

Maggiorante

Esempio. Consideriamo la serie

+1
X
k=1

divergenza della serie armonica

+1
X

diverge

+1
X

1
k

p1 .
k

Visto che

p1
k

la divergenza di

k=1

1
k

+1
X
k=1

per ogni k

1 segue dalla

p1 .
k

Del criterio precedente esiste anche una versione asintotica.


Proposizione 2.5 (Criterio del confronto, versione asintotica). Sia ak
definitivamente tali che esista

0 e bk > 0

bk
=: l 2 R.
k!+1 ak
lim

Allora
+1
X

bk converge

k=0

oppure

+1
X

ak diverge

k=0

+1
X

ak converge

+1
X

bk diverge

k=0

k=0

Se inoltre l 6= 0 (in particolare se ak bk per k ! +1), allora valgono anche le


implicazioni opposte, cio`e
+1
X

ak converge

k=0

oppure

+1
X
k=0

ak diverge

()

+1
X

bk converge

()

+1
X

bk diverge

k=0

k=0

28

2. SERIE NUMERICHE

Esempio. Consideriamo la serie

+1
X

1
.
k2

Per studiare la convergenza confrontiamola con

k=1

la serie di Mengoli

+1
X

1
k(k+1) .

Allora

1
k2
1
k(k+1)

k=1

k (k + 1)
1
= 1 + ! 1 = l 6= 0.
2
k
k

Quindi, visto che la serie di Mengoli converge, converge anche la serie

+1
X

1
.
k2

k=1

Osservazione. Usando metodi pi`


u sofisticati si pu`o dimostrare che
+1
X
1
2
=
k2
6
k=1

Problema. Data una serie, trovare una serie minorante divergente oppure una serie
maggiorante convergente per applicare il Criterio del Confronto.
Una possibilit`
a per arontare questo problema `e di usare come seconda serie la serie
+1
P k
geometrica
q per q > 0. Sfruttando questa idea si possono dimostrare i seguenti due
criteri.

k=0

Proposizione 2.6 (Criterio del Radice). Sia ak


+1
P
p
lim k ak , allora la serie
ak
k!+1

0 definitivamente. Se esiste q :=

k=0

converge se q < 1,
diverge se q > 1,
non si pu`
o concludere nulla sul comportamento della serie se q = 1.

Esempio. Sia ak :=

e quindi la serie

+1
P

ak
kk

per a > 0 fisso. Allora


p
a
k
ak = ! 0 = q < 1
k

ak converge.

k=0

Proposizione 2.7 (Criterio della Rapporto). Sia ak > 0 definitivamente. Se esiste


+1
P
a
q := lim k+1
ak
ak , allora la serie
k!+1

k=0

converge se q < 1,
diverge se q > 1,
non si pu`
o concludere nulla sul comportamento della serie se q = 1.

Esempio (Serie Esponenziale). Sia ak :=


ak+1
=
ak

ak+1
(k+1)!
ak
k!

ak
k!

per a > 0 fisso. Allora

ak+1 k!
a
=
!0=q<1
k
k+1
(k + 1)! a
| {z }

=k!(k+1)

e quindi la serie

+1
P

k=0

ak
k!

converge.

Concludiamo questa sezione con un importante

SERIE A TERMINI DI SEGNO VARIABILI

Esempio (Serie Armonica Generalizzata). Sia ak :=


+1
P
per il criterio del confronto che la serie
ak

1
k

29

per 2 R fisso. Allora sappiamo

k=0

diverge per = 1 ) diverge per ogni 1,


converge per = 2 ) converge per ogni 2
dove le implicazioni seguono dal criterio del confronto:
1

1
k

1
k2

1
k

cio`e

1
k

cio`e

+1
X
k=1
+1
X

1
k

`e un minorante divergente,

1
k2

`e un maggiorante convergente

k=1

della serie armonica generalizzata.


Mancano per`
o i parametri 2 (1, 2). Quindi si pone la domanda come si comporta
la serie armonica generalizzata per questi parametri. Come vedremo in seguito (cfr.
pagina 118) vale la seguente.
Proposizione 2.8.
+1
X
1
k

()

converge

k=1

>1

Serie a Termini di Segno Variabili


Abbiamo visto che la serie armonica diverge:
+1
X
1
1 1 1 1
= 1 + + + + + . . . = +1.
k
2 3 4 5
k=1

Cio`e facendo un numero sufficientemente grande di passi di lunghezza


supera qualsiasi limite.

1
k

in avanti si

1
+ 12

+ 13

+ 41

+ 15

+ 16

! +1
0

Figura 7. Divergenza della serie armonica


Problema. Che cosa succede se dopo ogni passo cambiamo direzione o, in termini
matematici, se i termini cambiamo segno? Cio`e come si comporta la Serie di Leibniz
+1
X
k=1

( 1)k

1
=
k

1+

1
2

1 1
+
3 4

1
...
5

Per ottenere una idea tracciamo un grafico simile a quello precedente:


Dalla figura precedente si pu`
o avere limpressione che la serie converge. Ci`o `e infatti vero
per la
Proposizione 2.9 (Criterio di Leibniz ). Se la successione (ak )k2N `e
decrescente, e

30

2. SERIE NUMERICHE

+ 21
+ 41
-1+ 21

:::

-1

- 31

-1

Figura 8. Convergenza della serie di Leibniz.


infinitesima
+1
P
allora la serie
( 1)k ak =: s 2 R converge. Inoltre vale
k=0

|s

per ogni n 2 N.

sn | an+1

Osservazione. Si pu`
o verificare che
+1
X
k=1

Esempio. Sia ak :=

1
k

( 1)k

1
=
k

ln(2)

per > 0. Allora (ak )k2N `e decrescente e infinitesima e quindi

+1
X

( 1)k

k=1

1
k

converge per ogni > 0.

Confrontando la serie armonica con la serie di Leibniz ricaviamo unimportante


Osservazione. Se
+1
X

ak converge

|k=0 {z
}
convergenza (semplice)

Infatti per ak = ( 1)k k1 la serie


+1
X
k=1

|ak | =

Invece vale il contrario:

Proposizione 2.10. Se

+1
P

k=0

+1
P

+1
X

6)

|ak | converge

|k=0
{z
}
convergenza assoluta

ak converge mentre

k=1
+1
X
k=1

+1
X
1
( 1)
=
k
k
k1

diverge.

k=1

|ak | converge, allora converge anche

genza assoluta implica la convergenza semplice.


Questa proposizione `e molto utile in quanto la serie

+1
P

k=0

+1
P

ak , cio`e la conver-

k=0

|ak | `e sempre a termini positivi e

quindi pu`
o essere studiata con i criteri per tale serie. Per esempio, applicando il criterio
+1
P
del rapporto e della radice a
|ak | otteniamo la seguente
k=0

Proposizione 2.11. Se
q := lim

k!+1

allora

+1
P

k=0

ak+1
<1
ak

oppure

q := lim

k!+1

p
k
|ak | < 1

ak converge assolutamente e quindi anche semplicemente.

SERIE A TERMINI DI SEGNO VARIABILI

Esempio (Serie Esponenziale). Sia ak :=


ak+1
=
ak
e quindi la serie

+1
P

|a|k+1
(k+1)!
|a|k
k!

ak
k!

31

per a 2 R fisso. Allora


|a|
!0=q<1
k+1

ak converge.

k=0

Osservazione. Pi`
u tardi (vedi pagina 84) dimostreremo che
+1 k
X
a
k=0

k!

= ea

per ogni a 2 R.

Concludiamo con unosservazione abbastanza sorprendente.


Osservazione. Mentre per una somma finita lordine degli addenti non influisce al
risultato, p.e.
1 + 2 + 3 + 4 = 10 = 4 + 1 + 3 + 2 = 3 + 1 + 2 + 4 = . . .
ci`o in generale non vale per le serie, cio`e per somme infinite.
Per esempio si pu`
o verificare che per qualsiasi s 2 R esiste un riordinamento della
+1
P
serie di Leibniz
( 1)k k1 , cio`e unordine per sommare gli elementi della successione
k=1

( 1)k k1 k 1 , che converge esattamente alla somma s. In altre parole, sommando gli
elementi ( 1)k k1 , k = 1, 2, 3, 4, . . . nellordine giusto si pu`o avere qualsiasi somma. In
questo senso una somma infinita non `e pi`
u commutativa, cio`e indipendente dallordine
degli addendi.
Questo fenomeno, per`
o, si verifica solo per le serie che convergono ma non convergono assolutamente come per esempio la serie di Leibniz. Per una serie che converge
assolutamente invece ogni riordinamento converge alla stessa somma.

CAPITOLO 3

Limiti per Funzioni Reali di una Variabile Reale


Definizione 3.1. Una funzione f : X R ! Y R si dice funzione reale di una
variabile reale. In questo caso il grafico
n
o
G(f ) = x, f (x) : x 2 X R2 ,
cio`e si pu`
o disegnare nel piano xy.

Esempio. Definiamo A(r) := area di un cerchio di raggio r 0. Questa regola definisce


und funzione A : [0, +1) ! R con immagine A(R) = [0, +1). Inoltre A(r) = r2 e
quindi il grafico G(A) R2 `e dato da (parte di) una parabola:

A(r)
25
20
15
10
5
0

0.5

1.5

2.5

Figura 9. Grafico di A(r).

Operazioni e Composizione tra Funzioni


Somma, Dierenza, Prodotto e Frazioni di Funzioni. Le operazioni algebriche si
possono facilmente estendere dai numeri alle funzioni.
Se f : X1 R ! R e g : X2 R ! R sono due funzioni allora definiamo per
X := X1 \ X2

la
la
la
la

somma f + g : X ! R, (f + g)(x) := f (x) + g(x) per x 2 X;


dierenza f g : X ! R, (f g)(x) := f (x) g(x) per x 2 X;
prodotto f g : X ! R, (f g)(x) := f (x) g(x) per x 2 X;
(x)
frazione fg : X0 ! R, fg (x) := fg(x)
per x 2 X0 := {z 2 X : g(z) 6= 0};

Un altro modo per costruire una nuova funzione da due funzioni date `e la

Composizione di funzioni. Se f : X ! Y e g : Y ! Z allora la funzione


g f : X ! Z,

(g f )(x) := g f (x) , x 2 X

si dice funzione composta di f e g.


Esempio. Se f (x) = |x| e g(x) = sin(x) allora (g f )(x) = sin |x|. In questo esempio
possiamo anche considerare f g per il quale si ottiene (g f )(x) = sin(x) . Quindi in
generale f g 6= g f .
32

` DI FUNZIONI REALI
PROPRIETA

33

Propriet`
a di Funzioni Reali
Elenchiamo in seguito alcune propriet`a importanti di funzioni reali.
Funzioni Invertibili.
Definizione 3.2. Una funzione f : X ! Y si dice
iniettiva, se per ogni x1 , x2 2 X, x1 6= x2 si ha f (x1 ) 6= f (x2 ), cio`e se per ogni
y 2 Y esiste al pi`
u un x 2 X con f (x) = y;
suriettiva se per ogni y 2 Y esiste almeno un x 2 X con f (x) = y;
biettiva se f `e iniettiva e suriettiva, cio`e se per ogni y 2 Y esiste un unico x 2 X
con f (x) = y.
Esempio. Consideriamo la funzione fk : Xk ! Yk , fk (x) := x2 per diverse scelte di
Xk , Yk R (k = 1, 2):
(a) X1 = R, Y1 = R. In questo caso
p
p
per 0 < y 2 Y1 esistono due x1 , x2 2 X1 , x1 =
y 6= x2 = + y con
(x1 )2 = (x2 )2 = y e quindi f1 non `e iniettiva;
per y < 0 non esiste x 2 X1 tale che f1 (x) = x2 = y e quindi f1 non `e suriettiva.
Riassumendo f1 non `e ne iniettiva ne suriettiva.
(b) X2 = R, Y2 = [0, +1). In questo caso
p
p
per 0 < y 2 Y2 esistono due x1 , x2 2 X2 , x1 =
y 6= x2 = + y con
(x1 )2 = (x2 )2 e quindi f2 non `e iniettiva;
p
per y 2 Y2 definiamo x := + y 2 X2 che implica f2 (x) = x2 = y e quindi f1 `e
suriettiva.
Riassumendo f2 non `e iniettiva ma `e suriettiva.
p
(c) X3 = [0, +1), Y3 = R. In questo caso per 0 y 2 Y3 x := + y `e lunico x 2 X3
con x2 = y mentre per 0 > y 2 Y3 non esiste x 2 X3 tale che f3 (x) = x2 = y. Quindi
f3 `e iniettiva;
f3 non `e suriettiva.
Riassumendo f3 `e iniettiva ma non `e suriettiva.
p
(d) X4 = [0, +1), Y4 = [0, +1). In questo caso per ogni y 2 Y4 x := + y `e lunico
x 2 X4 con x2 = y. Quindi
f4 `e iniettiva;
f4 `e suriettiva.
Riassumendo f4 `e biettiva.
Osservazioni.
Al livello del grafico G(f ) per una funzione reale f : X ! Y vale:
f `e iniettiva () ogni retta orizzontale attraverso un punto y 2 Y interseca
G(f ) al pi`
u una volta;
f `e suriettiva () ogni retta orizzontale attraverso un punto y 2 Y interseca
G(f ) almeno una volta;
f `e biettiva () ogni retta orizzontale attraverso un punto y 2 Y interseca
G(f ) ununica volta;
cfr. Figura 10
Una funzione f : X ! Y `e biettiva se e solo se esiste una funzione g : Y ! X tale
che
(g f )(x) = g f (x) = x per ogni x 2 X, e
(f g)(y) = f g(y) = y per ogni y 2 Y .
In questo caso g `e unica, si chiama funzione inversa di f e si scrive f 1 := g.
Dal fatto che f (x) = y () x = f 1 (y) segue che i grafici G(f ) di f e G(f 1 ) di
f 1 sono simmetrici rispetto alla bisettrice y = x, cfr. Figura 11.
Esempio. Abbiamo visto nellesempio precedente che la funzione f : [0, +1) ! [0, +1),
f (x) := x2 `e invertibile.
In questo caso la funzione inversa f 1 : [0, +1) ! [0, +1) `e
p
1
1
data da f (x) = x. In particolare, f 1 (x) 6= f (x)
= x12 !!!

34

3. LIMITI PER FUNZIONI REALI

(a)

(c)

(b)

f1(x)

x1

f3(x)

f2(x)
y>0

f4(x)
y>0

y>0

x2

(d)

x2

x1

x2

y<0

y>0

y<0

Figura 10. Funzione (a) non iniettiva, non suriettiva; (b) non iniettiva
ma suriettiva; (c) iniettiva ma non suriettiva; (d) iniettiva e suriettiva
cio`e biettiva.
f (x) = x2

1 (x)

1
1
Figura 11. Grafico di f (x) = x2 e f

x
1 (x)

x.

Funzioni Limitate. Una funzione f : X R ! R si dice


limitata superiormente se esiste M 2 R tale che f (x) M per ogni x 2 X;
limitata inferiormente se esiste m 2 R tale che m f (x) per ogni x 2 X;
limitata se `e superiormente e inferiormente limitata, cio`e se esistono m, M 2 R tale
che m f (x) M per ogni x 2 X.
Esempi.
f (x) = x2 , x 2 R `e inferiormente ma non superiormente limitata;
f (x) = x3 , x 2 R non `e inferiormente ne superiormente limitata;
f (x) = sin(x), x 2 R `e limitata, cfr. pagina 38.

Funzioni Simmetriche. Sia X R simmetrico rispetto a x = 0 (cio`e x 2 X )


X). Allora f : X ! R si dice
pari, se f ( x) = f (x) per ogni x 2 X;
dispari, se f ( x) = f (x) per ogni x 2 X.

x2

Osservazioni.
f `e pari () il grafico di f `e simmetrico rispetto allasse y;
f `e dispari () il grafico di f `e simmetrico rispetto allorigine, cfr. Figura 12
Se f `e dispari e 0 2 X (= dominio di f ) allora f (0) = 0.
Valgono le seguente regole per prodotto e rapporto tra funzioni pari (=p) e dispari
(=d):
f1 f2 opp.
f2 =p
=d

f1
f2

f1 =p
p
d

=d
d
p

Esempi.
f (x) = x2 , x 2 R `e pari, f (x) = x3 , x 2 R `e dispari.

FUNZIONI ELEMENTARI

35

f dispari

f pari

Figura 12. Funzione pari e dispari.


Pi`
u in generale si ha: f (x) = xn con n 2 N `e
pari () n `e pari,
dispari () n `e dispari.

Funzioni Monotone. Sia X R, x1 , x2 2 X con x1 < x2 . Allora f : X ! R si dice


crescente, se f (x1 ) f (x2 );
strettamente crescente, se f (x1 ) < f (x2 );
decrescente, se f (x1 ) f (x2 );
strettamente decrescente, se f (x1 ) > f (x2 ).
(strettamente) monotona, se `e (strettamente) crescente oppure (strettamente) decrescente.
Esempi.
f (x) = x3 , x 2 R `e strettamente crescente;
f (x) = x2 , x 2 R non `e monotona;
f (x) = x2 , x 2 ( 1, 0] `e decrescente.

Funzioni Periodiche. Sia X R e T > 0 tale che x + T 2 X per ogni x 2 X. Allora


f : X ! R si dice periodica di periodo T , se T `e il pi`
u piccolo numero > 0 tale che
f (x + T ) = f (x) per ogni x 2 X.
Esempio. f (x) = sin(x) `e periodica di periodo T = 2.
Funzioni Elementari
Nel seguito iniziamo una lista di funzioni elementari che utilizzeremo nello svolgimento
del corso.
Polinomi. Se a0 , a1 , . . . , an 2 R allora lespressione
p(x) := an xn + an

1x

n 1

+ . . . + a1 x + a0

con x 2 R

si dice polinomio. Se an 6= 0 allora n si dice grado di p. Un polinomio della forma


p(x) = axn si dice anche monomio.
Esempio. p(x) = 2x3

5x2

6x + 1 `e un polinomio di grado n = 3.

Funzioni Razionali. Se p e q sono due polinomi di grado n ed m rispettivamente,


lespressione
p(x)
r(x) =
q(x)
si chiama funzione razionale con grado n m. Il dominio X della funzione razionale r
`e data da {x 2 R : q(x) 6= 0}.
2

Esempio. r(x) = 2x5 2x10x31+8x `e una funzione razionale di grado 2


dominio X = R \ { 2, 1, 0, 1, 2}.

5 =

3 e con

36

3. LIMITI PER FUNZIONI REALI

Potenze ed Esponenziali.
Problema. Come si pu`
o definire ar per a > 0 e r 2 R, per esempio quanto vale
2 = ?

Per risolvere questo problema, cio`e per dare una definizione rigorosa di ar , useremo
alcuni risultati del Capitolo 1 procedendo in 2 passi:
1 Caso: r = pq 2 Q. Se p 2 Z e 0 6= q 2 N, allora usando le radici (introdotte con il
metodo di Erone a pagina 20) definiamo
p
p
1
p p
ar = a q := (ap ) q = q ap = q a
Per esempio
a

3
4

:=

p
4

1
p
4a

23,141 :=

1000

23141 .

p
Si osservi che per definire q a, per q pari, deve essere a > 0.
2 Caso: r 2 R. Per semplificare la presentazione consideriamo solo il caso a > 1 e
r > 0, gli altri casi si possono trattare similmente.
Se r 2 R ha la rappresentazione r = p, 0 1 2 3 4 . . . n n+1 . . . allora definiamo
p0 1 2 3 4 . . . n
rn := p, 0 1 2 3 4 . . . n 000 . . . =
2 Q.
10n+1
Per esempio per r = vale r2 = 3, 141 = 3141
abbiamo definito una
1000 . Cos`
successione (rn )n2N con le propriet`a
rn 2 Q per ogni n 2 N,
rn 2 [p, p + 1] per ogni n 2 N,
lim rn = r poiche 0 r rn = 0, 0 . . . 0n+1 n+2 . . . 10 n ! 0 per
n!+1
n ! +1,
(rn )n2N `e crescente.
Visto che rn 2 Q possiamo definire
an := arn

come nel primo passo. Siccome la funzione ax con x 2 Q per a > 1 `e crescente, la
successione (an )n2N `e
crescente poiche (rn )n2N `e crescente, e
limitata poiche an 2 [ap , ap+1 ].
Quindi per il teorema sulle successioni monotone limitate (cfr. pagina 19) il limite
ar := lim an = lim arn

converge e definisce la

n!+1
n!+1
r
potenza a di base a ed esponente

r.

Proposizione 3.3. Per le potenze valgono le regole


ar as = ar+s per ogni a > 0, r, s 2 R;
(ar )s = ars per ogni a > 0, r, s 2 R;
ar br = (a b)r per ogni a, b > 0, r 2 R.
Fissando la base e facendo variare lesponente come argomento, oppure il viceversa,
possiamo definire altre 2 funzioni elementari.
Definizione 3.4.
f : (0, +1) ! R, f (x) := xr per r 2 R fisso si dice funzione
potenza di esponente r.
g : R ! R, g(x) := ax per a > 0 fisso si dice funzione esponenziale di base a.
Osservazione. Per r 0 si pu`
o estendere la funzione potenza xr su [0, +1) definendo
0r := 0. Inoltre per certi valori di r 2 R si pu`o definire xr anche per x < 0, per esempio
p
1
x2 = x x oppure ( 8) 3 = 3 8 = 2.

FUNZIONI ELEMENTARI
xr

r>1

37

r=1

0<r<1
1

r=0
r<0
1

Figura 13. La funzione potenza.


ax

0<a<1

ex

a>1
4
3
2

a=1
x

1,5

0,5

0,5

1,5

Figura 14. Funzione esponenziale di base a e funzione esponenziale.


Lesponenziale pi`
u importante `e quello in base a = e che si chiama funzione esponenziale
e che fornisce una delle funzioni pi`
u importanti della matematica.
Funzioni Iperboliche. Con la funzione esponenziale definiamo le seguenti tre funzioni:
x

Coseno Iperbolico cosh(x) := e +e


, x 2 R.
2
ex e x
Seno Iperbolico sinh(x) :=
, x 2 R.
2
sinh(x)
Tangente Iperbolico tanh(x) := cosh(x) , x 2 R.

10

cosh(x)
5

tanh(x)

0.5

sinh(x)

0.5

10

Figura 15. Le funzioni iperboliche.


Osservazioni.
cosh `e pari e inferiormente limitata. Infatti cosh(x) 1, in particolare cosh(x) 6= 0, per ogni x 2 R. Il grafico di cosh si chiama anche catenaria
in quanto landamento `e quello caratteristico di una catena che si lascia pendere
(cfr. Figura 16).

Figura 16. La catenaria.


sinh `e dispari e strettamente crescente.

38

3. LIMITI PER FUNZIONI REALI

tanh `e dispari, strettamente crescente e limitata: 1 tanh(x) 1 per ogni x 2 R.


Vale la relazione cosh2 (x) sinh2 (x) = 1 per ogni x 2 R.
Funzioni Circolari. Per definire le funzioni circolari dobbiamo dapprima misurare
angoli in radianti (cfr. Figura 17).
1

Q
x

#
1

Figura 17. Misura di angoli in radianti.


Quindi langolo # = x (radianti), dove x = lunghezza dellarco P Q 2 [0, 2) orientato
in senso antiorario. Per x < 0 oppure x
2 si pu`o identificare x con x mod 2. Per
esempio 90 = 2 , 180 = , 270 = 3
,
360
= 2 e 3 mod 2 = , 5 mod 2 =
2
etc.
Introduciamo ora con # = x radianti graficamente le funzioni
1

tan(x)
sin(x)
x
1

cos(x)

Figura 18. Definizione delle funzioni circolari.


Seno: sin(x), x 2 R,
Coseno: cos(x), x 2 R,
sin(x)
Tangente: tan(x) = cos(x)
, x 2 R \ { 2k+1
2 : k 2 Z}.
Osservazioni.
cos `e pari, limitata ( 1 cos(x) 1 8 x 2 R) e periodica di
periodo T = 2.
sin `e dispari, limitata ( 1 sin(x) 1 8 x 2 R) e periodica di periodo T = 2.
tan `e definita per x 6= 2k+1
e inferiormente ne superiormente
2 , k 2 Z, dispari, n
limitata ma periodica di periodo T = .
Per le funzioni circolari valgono numerose relazioni, per esempio
cos2 (x) + sin2 (x) = 1 per ogni x 2 R (ci`o segue dal Teorema di Pitagora, cfr.
Figura 18);
sin(x) sin(y) = 2 sin x 2 y cos x+y
per ogni x, y 2 R;
2
cos(x) cos(y) = 2 sin x 2 y sin x+y
per ogni x, y 2 R.
2
Le ultime due relazioni si chiamano formule di prostaferesi.

LIMITI DELLE FUNZIONI REALI

sin(x)

1
0

---

3
----

39

3
---2

--2

tan(x)

--2

3
---2

cos(x)

3
----

1
0

--2

--2

3
---2

3
---2

--2

Figura 19. Grafici di sin, cos e tan.


Limiti delle Funzioni Reali
Data una funzione f : X R ! R e c 2 R consideriamo il seguente
Problema. Studiare il comportamento di f (x) per x vicino (ma dierente!) a c.
Esempio. Se X = N e c = +1, f : N ! R diventa una successione (an )n2N dove
an = f (n) e il problema si trasforma nello studio di an per n vicino a +1, cio`e ci ha
portato al concetto di limite per le successioni.
Per analizzare questo problema per una funzione qualsiasi ci serve dapprima una
Definizione 3.5. c 2 R si dice punto di accumulazione dell insieme X R se esiste
una successione (xn )n2N con
xn 2 X per ogni n 2 N,
xn 6= c per ogni n 2 N,
lim xn = c.
n!+1

I primi 2 punti si possono brevemente scrivere come (xn )n2N X \ {c}. Quindi c `e un
punto di accumulazione di X se in X \ {c} si pu`o avvicinare al punto c.

Esempi.
c = 3 non `e un punto di accumulazione di N in quanto non esiste una
successione (xn )n2N N \ {3} con lim xn = 3.
n!+1

c = +1 `e infatti lunico punto di accumulazione di N.


c = 1 non `e un punto di accumulazione di [0, +1).
Se I R `e un qualsiasi intervallo con gli estremi a e b, allora c `e un punto di
accumulazione di I () c 2 [a, b].

Ora siamo in grado di generalizzare il concetto di limite dalle successioni alle funzioni
reali arbitrarie.
Definizione 3.6 (Limiti per le Funzioni ). Sia f : X R ! R una funzione reale e sia
c 2 R un punto di accumulazione di X. Allora diremo che
f tende a l 2 R per x tendente a c
se per ogni successione (xn )n2N X \ {c} con lim xn = c segue che lim f (xn ) = l.
n!+1

In questo caso scriviamo

lim f (x) = l

x!c

Osservazioni.

oppure

Il limite, se esiste, `e unico.

f (x) ! l per x ! c .

n!+1

40

3. LIMITI PER FUNZIONI REALI

Se nel seguito scriviamo lim f (x) supponiamo sempre che c sia un punto di
x!c
p
accumulazione del dominio X di f . Per esempio lim x non `e ammesso poiche
x! 1

c = 1 non `e un punto di accumulazione del dominio X = [0, +1) della radice.


Il fatto che nella definizione di limite consideriamo soltanto successioni (xn )n2N
convergenti a c con xn 6= c per ogni n 2 N riflette il fatto che studiamo f (x) per x
vicino ma dierente a c.
Il concetto di limite per le funzioni come definito sopra si basa su quello del limite
per le successioni. Esiste anche unaltra possibili`a di introdurre limiti per le funzioni
che non fa riferimento alle successioni. Questa alternativa dipende per`o dal fatto
se c ed l sono finiti oppure infiniti e quindi servono molti casi per coprire tutte le
possibilita, cfr. pagina 153 nellAppendice.
Esempi.

lim sin(x) = 0. Dal grafico su pagina 38 si vede che 0 | sin(x)| |x| per
x!0

ogni x 2 R. Quindi per (xn )n2N R \ {0} con lim xn = 0 risulta


n!+1

0 < | sin(xn )| |xn |


|{z}
|{z}
!0

per n ! +1

!0

e per il teorema dei Carabinieri segue sin(xn ) ! 0 per n ! +1. Allora lim sin(x) =

0 per definizione.
lim cos(x) = 1. Per la formula di prostaferesi (cfr. pagina 38) segue

x!0

x!0

cos(x) = cos(0)

cos(x) = 2 sin2

x
2

Allora per ogni successione (xn )n2N R \ {0} con lim xn = 0 risulta
n!+1

1
Quindi lim 1

lim |x|
x!0 x

x!0

cos(xn ) =

2 sin2 x2n

! 2 02 .

cos(x) = 0 cio`e lim cos(x) = 1.


x!0

non esiste. Definiamo f (x) :=

|x|
x

per x 6= 0. Allora
f (x)

f (x) =

1
1
1

se x > 0,
se x < 0.

x
1
Figura 20. Funzione segno.

Quindi per xn := ( n1) ! 0 per n ! +1 segue f (xn ) = ( 1)n che non ammette
limite per n ! +1. Ci`
o dimostra che lim f (x) non esiste.
x!0

Osservazione. Nonostante lultimo limite di f (x) = |x|


x per x ! 0 non esista, si ha che
f (x) tende a +1 se ci avviciniamo a c = 0 da destra,
f (x) tende a 1 se ci avviciniamo a c = 0 da sinistra.
Per precisare ci`
o ci serve una
Definizione 3.7 (Limite Destro e Sinistro). Sia f : X R ! R. Diremo che
xn ! c da destra per n ! +1, se xn ! c e xn c definitivamente. In questo caso
usiamo la notazione: xn ! c+ per n ! +1 oppure lim xn = c+ .
n!+1

xn ! c da sinistra per n ! +1, se xn ! c e xn c definitivamente. In questo


caso usiamo la notazione: xn ! c per n ! +1 oppure lim xn = c .
n!+1

LIMITI DELLE FUNZIONI REALI

41

f (x) ! l 2 R per x tendente a c da destra, se per ogni successione (xn )n2N X \{c}
con xn ! c+ segue f (xn ) = l per n ! +1. In questo caso usiamo la notazione:
f (x) ! l per x ! c+ oppure lim f (x) = l.
x!c+

f (x) ! l 2 R per x tendente a c da sinistra, se per ogni successione (xn )n2N


X \ {c} con xn ! c segue f (xn ) = l per n ! +1. In questo caso usiamo la
notazione: f (x) ! l per x ! c oppure lim f (x) = l.
x!c

lim f (x) = l e lim f (x) = l si dicono limite destro e limite sinistro rispettivamente.

x!c+

x!c

Esempi.
lim

x!0+

1
x

lim

x!0+

Osservazioni.

1
0+

|x|
x

|x|
x =
x!0
1
lim x = 01 =
x!0

= +1, lim

= +1,

1.
1.

lim f (x) = l () lim f (x) = l = lim f (x).


x!c

x!c+

x!c

Il concetto di limite destro e sinistro si possono definire anche senza lutilizzo delle
successioni. Per`
o facendo cos` si devono considerare vari casi secondo le possibilit`a
c, l 2 R, c, l = 1, cfr. pagina 153 nellAppendice.
Limiti ed Asintoti.
Se lim f (x) = 1 con c 2 R, allora si dice che f ha unasintoto verticale x = c.
x!c()

Se lim f (x) = l con l 2 R, allora si dice che f ha unasintoto orizzontale y = l.


x!1

Esempi.
La funzione tan(x) ha asintoti verticali nei punti xk = 2k+1
2 per k 2 Z,
cfr. il grafico a pagina 39.
La funzione tanh(x) ha asintoti orizzontali nei punti y = 1, +1, cfr. il grafico su
pagina 37.
Come nel caso delle successioni esistono anche per i limiti delle funzioni.
Regole per il Calcolo dei Limiti. Se lim f (x) = l1 e lim g(x) = l2 con c 2 R e
x!c
x!c
l1 , l2 2 R, allora
lim f (x) g(x) = l1 l2 ;
x!c

lim f (x) g(x) = l1 l2 ;


x!c

f (x)
l1
=
se l2 6= 0;
x!c g(x)
l2
g(x)
lim f (x)
= (l1 )l2 se l1 > 0;
lim

x!c

lim |f (x)| = |l1 |.


x!c

Queste regole seguono direttamente dalle regole corrispondenti per le successioni. Inoltre
valgono anche per il limite destro e sinistro e anche per l1 , l2 2 R se al limite si ottiene
una forma determinata.
In sostanza il risultato precedente manifesta il fatto che le operazioni algebriche sono
compatibili con il concetto di limite. Cio`e non ha importanza se si fa prima loperazione
e poi il limite oppure viceversa, se tutte le forme ottenute sono determinate.
Anche i risultati riguardanti limiti e ordinamento per le successioni si generalizzano
facilmente alle funzioni.
Limiti e Ordinamento. Se f, g : X R ! R tale che f (x) g(x) per ogni x 2 X e
f (x) ! l1 , g(x) ! l2 per x ! c, allora
l1 l2 (Teorema del Confronto);
se inoltre per h : X ! R vale f (x) h(x) g(x) per x 2 X e l1 = l2 , allora anche
h(x) ! l1 per x ! c (Teorema dei Carabinieri).

42

3. LIMITI PER FUNZIONI REALI

Come gi`
a per le successioni anche per calcolare limiti di funzioni il Teorema dei Carabinieri `e spesso molto utile. Lidea per la sua applicazione `e di incastrare lespressione
che si vuole studiare (= h(x)) tra due carabinieri (= f (x) e g(x)) che sono pi
u semplici
da studiare e ammettono lo stesso limite. Consideriamo alcuni esempi.
Tre Limiti Notevoli.
sin(x)
=1
x!0
x

(1) lim

Dimostrazione. Graficamente si vede che per ogni x 2 (0, 2 ) vale


1

sin(x) x tan(x)

0 < sin(x) x tan(x) =

sin(x)
cos(x)

1
Figura 21. Relazione tra x, sin(x) e tan(x).
dividendo per sin(x) > 0 segue
1

x
1

sin(x)
cos(x)

quindi per gli inversi otteniamo


1
|{z}
!1

Inoltre

sin(x)
x

sin(x)
x

cos(x)
| {z }

per x ! 0+ .

!1

`e pari e quindi dal Teorema dei Carabinieri segue che lim

x!0

1.
(2) lim

sin(x)
x

cos(x)
1
=
2
x
2

x!0

Dimostrazione. Per x 2 ( , ) vale


=sin2 (x)

z
}|
{
2
cos(x)
1 cos(x) 1 + cos(x)
1 cos (x)
=

= 2
x2
x2
1 + cos(x)
x 1 + cos(x)

sin(x) 2
1
1
1
=

!1 =
x }
1 + cos(x)
2
2
| {z
| {z }
!1
| {z } | {z!1 }
!12 =1

per x ! 0.
(3) lim

x!0

ex

1
x

=1

1
! 1+1
= 12

LIMITI DELLE FUNZIONI REALI

Dimostrazione. Partiamo dalla relazione ex =

43

lim (1 + nx )n . Dalla disugua-

n!+1

glianza di Bernoulli segue


1+
Allora

x n
n

(1 + nx )n

1+n

x
n

=1+x

se

x
n

1 cio`e n

1 + x definitivamente e quindi per il teorema del confronto risulta


lim

n!+1

1+

x n
n

= ex

Sostituendo in questa relazione x con


x

per ogni x 2 R.

1+x

x otteniamo inoltre

1
ex

1| {z x}

>0 per x<1

e quindi per gli inversi vale

1
se x < 1.
1 x
Riassumendo abbiamo verificato che per ogni x < 1 vale
1
1 + x ex
(sottraendo 1) )
1 x
1
x
x ex 1
1=
(dividendo per x 6= 0) )
1 x
1 x
ex 1
1
se 1 > x > 0: |{z}
1

x
|1 {z x}
ex

!1 per x!0

se x < 0:

1
|{z}

ex

!1 per x!0

!1 per x!0

|1 {z x}

!1 per x!0

Laermazione ora segue dal Teorema dei Carabinieri.

Anche il teorema sulla convergenza delle successioni monotone (cfr. pagina 19) si generalizza facilmente alle funzioni.
Teorema 3.8. Se f : X R ! R `e monotona allora
lim f (x) =: l 2 R

x!c

lim f (x) =: l+ 2 R

x!c+

esistono. Inoltre vale


l = sup{f (x) : x 2 X, x < c}, l+ = inf{f (x) : x 2 X, x > c}
l = inf{f (x) : x 2 X, x < c},

l+ = sup{f (x) : x 2 X, x > c}

se f `e crescente,
se f `e decrescente.

Passiamo ora ai
Limiti per le Funzioni Composte. Se per f : X R ! Y R e g : Y ! R e
c, l, y0 2 R vale
lim f (x) = y0 ,
x!c

lim g(y) = l,
y!y0

esiste
allora

> 0 tale che f (x) 6= y0 per ogni x 2 X con 0 < |x

c| <

lim g f (x) = l.

x!c

Questo risultato non vale senza la terza condizione che riflette il fatto che per lesistenza
e il valore del limite il valore della funzione nel punto limite `e indierente.
Esempio. Sappiamo che
lim sin(x) = 0 (qui f = sin, c = 0 e y0 = 0),
x!0

44

3. LIMITI PER FUNZIONI REALI

lim cos(y) = 1 (qui g = cos, l = 1),


y!0

sin(x) 6= 0 per ogni x 2 R con 0 < |x| < (quindi possiamo scegliere
Con il risultato precedente risulta che
lim cos sin(x) = 1

x!0

:= )

CAPITOLO 4

Funzioni Continue di una Variabile Reale


Funzioni Continue
Osservazione. Sia f : X R ! R. Per lesistenza e il valore del limite lim f (x) = l
x!c

non `e importante che c 2 X, e


che, nel caso c 2 X, f (c) = l.

Queste due condizioni invece in un certo senso caratterizzano funzioni continue.


Definizione 4.1 (Continuit`
a ). f : X R ! R si dice
continua in x0 2 X se per ogni successione (xn )n2N X con xn ! x0 segue
f (xn ) ! f (x0 ) per n ! +1.
continua, se `e continua in ogni x 2 X.

Osservazioni.
La continuit`
a si pu`o anche definire senza fare riferimento alle successioni: f `e continua in x0 ()
per ogni " > 0 esiste > 0 tale che |f (x) f (x0 )| " per ogni x 2 X con
|x x0 | < .
Se x0 2 X `e un punto di accumulazione di X, allora f `e continua in x0 ()
limx!x0 f (x) = f (x0 ).
Se x0 2 X non `e un punto di accumulazione di X (in questo caso si dice anche che
x0 `e un punto isolato), allora f `e sempre continua in x0 .
Dalla definizione di continuit`
a e dalle regole per il calcolo dei limiti segue facilmente la
seguente
Proposizione 4.2. Se f, g : X R ! R sono continue (in x0 2 X), allora anche
f g : X ! R sono continue,
f g : X ! R `e continua,
fg : X0 ! R `e continua, dove X0 := {x 2 X : g(x) 6= 0},
|f | : X ! R `e continua.
Quindi somme, dierenze, prodotti, rapporti e moduli di funzioni continue sono anche
continue.
Da questo risultato segue che per ogni X R linsieme

C(X) := {f : X ! R : f `e continua},

`e uno spazio vettoriale (o addirittura un algebra).


Con il teorema sul limite delle funzioni composte si pu`o dimostrare il seguente risultato.
Proposizione 4.3. Se f : X R ! Y R `e continua in x0 e g : Y ! R `e continua
in y0 := f (x0 ), allora la funzione composta g f : X ! R `e continua in x0 . Quindi la
composizione di funzioni continue e sempre continua.
Con le due proposizioni precedenti e usando i limiti notevoli `e facile verificare la continuit`a di vari funzioni elementari.
Esempi.
Polinomi: f (x) = 1 e g(x) := x, x 2 R sono continue ) h(x) := xk `e
continua per ogni k 2 N ) p(x) = a0 + . . . + an xn `e continua per ogni scelta di
a0 , . . . , an 2 R cio`e ogni polinomio e continuo.
45

46

4. FUNZIONI CONTINUE

Funzioni razionali: Ogni funzione razionale `e continua (nel suo dominio!), essendo
il rapporto di due polinomi che sono continui.
Modulo: f (x) = |x| per x 2 R `e continuo.
Funzioni circolari : Per la formula di prostaferesi vale per ogni x, x0 2 R
!0

sin(x)

z }| {
0
sin(x0 ) = 2 sin x 2 x0 cos x+x
!0
|
{z
} | {z2 }
!0

per x ! x0 ,

limitata

quindi sin `e continua. Similmente segue che anche cos `e continua e quindi anche
sin
tan = cos
`e continua.
Funzione esponenziale: Per ogni x, x0 2 R, x 6= x0 e h := x x0 vale x ! x0 ()
h ! 0. Quindi
ex

ex0 = (x

x 0 ) e x0

e x x0 1
x x0

eh

1
! 0 ex0 1 = 0
per h ! 0.
h
per x ! x0 e di conseguenza la funzione esponenziale `e

= h e x0

Ci`o dimostra ex ! ex0


continua.
x
x
Funzioni iperboliche: sinh(x) = e 2e e cosh(x) =
sinh(x)
anche tanh(x) = cosh(x)
`e continua.
Se per l 2 R definiamo f : R ! R come
(
sin(x)
se x 6= 0
x
f (x) :=
l
se x = 0

ex +e
2

sono continue e quindi

allora f `e sempre continua in ogni x0 6= 0. Inoltre f `e continua in x0 = 0 ()


sin(x)
lim f (x) = lim
= 1 = f (0) = l
x!0
x!0
x
cio`e () l = 1. Si dice anche che f (x) = sin(x)
ha una discontinuit`
a rimovibile in
x
x = 0.
Se per l 2 R definiamo f : R ! R come
(
|x|
se x 6= 0
f (x) := x
l se x = 0
allora f per qualsiasi scelta di l 2 R `e discontinua (cio`e non continua) in x = 0.
Funzione di Dirichlet: Se definiamo f : R ! R come
(
1 se x 2 Q
f (x) :=
0 se x 2 R \ Q
allora f `e discontinua in ogni x 2 R.

Funzioni Continue su Intervalli


Problema. Data una funzione f : X R ! R,
verificare che f ammette uno zero, cio`e che esiste c 2 X tale che f (c) = 0,
calcolare (un valore approssimativo per) c.
Il seguente teorema, che `e uno dei pi`
u importanti risultati del corso, fornisce una soluzione a questo problema sotto alcune ipotesi su f . Nel seguito, per intervalli [a, b],
supponiamo sempre che sia a < b.
Teorema 4.4 (Teorema degli Zeri). Sia f : [a, b] ! R continua tale che f (a) e f (b)
abbiano segno opposto (cio`e f (a) f (b) < 0), allora esiste c 2 (a, b) tale che f (c) = 0.

FUNZIONI CONTINUE SU INTERVALLI

47

Dimostrazione. Usiamo il metodo di bisezione: Esiste una successione (In )n2N di


intervalli In = [an , bn ] tale che
(i) [a, b] = I0 I1 I2 In . . .,
(ii) la lunghezza di In `e data da bn an = b2na ,
(iii) f (an ) f (bn ) 0.

f(x)

a1+ b1
b3

= b2

a0+b0

a=a0

=a1 = a2 = a3

b=b0 = b1

Figura 22. Il metodo di bisezione.


Allora, per la propriet`
a (i) abbiamo che
a = a 0 a 1 a 2 . . . a n . . . bn . . . b2 b1 b0 = b

da cui (an )n2N e (bn )n2N sono monotone e limitate e quindi convergenti. Sia
lim an =: c1

n!+1

lim bn =: c2 .

n!+1

Da (ii) segue
bn = a n +
|{z}
|{z}
!c2

!c1

per n ! +1

2n

| {z }

! b+1a =0

e quindi c1 = c2 =: c. Infine per (iii), il teorema del confronto e per la continuit`a di f


risulta che
0 f (an ) f (bn ) ! f 2 (c)
per n ! +1.
| {z } | {z }
Quindi

f 2 (c)

!f (c)

!f (c)

0 che `e possibile solo se f (c) = 0.

Osservazione. Il teorema degli zeri non soltanto stabilisce lesistenza di uno zero c per
f ma la dimostrazione d`
a anche un modo per trovare un valore approssimativo di c. In
casi come questo si dice anche che la dimostrazione `e costruttiva.
Dal Teorema degli zeri segue facilmente la seguente generalizzazione.
Teorema 4.5 (Teorema dei Valori intermedi ). Sia I R un intervallo qualsiasi (non
necessariamente chiuso), f : I ! R continua e siano
m := inf f := inf f (x) : x 2 I ,

M := sup f := sup f (x) : x 2 I .

Allora per ogni y 2 (m, M ) esiste x 2 I tale che f (x) = y. In altre parole, f assume
tutti i valori tra m = inf f e M = sup f .
La dimostrazione si fa applicando il Teorema degli Zeri alla funzione f(x) := f (x) y.
Questo teorema ha delle applicazioni molto importanti. Come esempio dimostreremo
lesistenza dei

48

4. FUNZIONI CONTINUE

Logaritmi. Sia 0 < a 6= 1. Allora per ogni y > 0 esiste un unico x 2 R tale che ax = y.
Questo valore x si chiama logaritmo di y in base a e si scrive
x =: loga (y).
Per la base a = e useremo la notazione ln(y) := loge (y).
Dimostrazione. Procediamo in 2 passi:
1 Caso: a = e. Abbiamo visto (cfr. pagina 43) che ex
sup{ex : x 2 R}

sup{1 + x : x 2 R} = +1

1 + x per ogni x 2 R e quindi

M := sup{ex : x 2 R} = +1.

Inoltre,
0 < ex =

1
x

e
|{z}

1
=0
+1

per x !

m := inf{ex : x 2 R} = 0.

!+1

Visto che I := R `e un intervallo e ex , x 2 I `e continua, per il teorema dei valori


intermedi per ogni y 2 (m, M ) = (0, +1) esiste x 2 R tale che ex = y. Questo x `e
unico poiche ex `e strettamente crescente.
2 Caso: 0 < a 6= 1. Cerchiamo per y > 0 un x 2 R tale che ax = y. Per`
o
x
exln(a) = eln(a) = ax = y = eln(y) () x ln(a) = ln(y)
e quindi

x = loga (y) =

ln(y)
.
ln(a)

Regole per i Logaritmi. Siano 0 < a, b 6= 1, x, y > 0 e r 2 R. Allora


loga (1) = 0, loga (a) = 1,
loga (x y) = loga (x) + loga (y),
loga xy = loga (x) loga (y), in particolare loga y1 = loga (y),
loga (xr ) = r loga (x),
loga (x) = loga (b) logb (x) in particolare loga (x) = loga (e) ln(x).
Osservazione. Con lesistenza dei logaritmi abbiamo dimostrato che per 0 < a 6= 1 la
funzione f : R ! (0, +1), f (x) = ax `e invertibile con f 1 : (0, +1) ! R, f 1 (x) =
loga (x). In particolare i grafici di ax e loga (x) sono simmetrici rispetto alla bisettrice
y = x.
0<a<1

a>1

loga(x)

ax

ax

ln(x)

loga(x)
1

1
x

0
-1

1
-2

x
-3

-4

Figura 23. I Logaritmi.


Visto che in questo capitolo stiamo studiando funzioni continue si pone il
Problema. loga : (0, +1) ! R `e una funzione continua?
La risposta `e si per il seguente

ALTRE FUNZIONI INVERTIBILI

49

Teorema 4.6. Sia I R un intervallo e sia f 2 C(I). Allora anche J := f (I) = {f (x) :
x 2 I} `e unintervallo e
f : I ! J `e invertibile () f `e strettamente crescente oppure strettamente
decrescente;
se f `e invertibile, f 1 : J ! I `e continua.
Il teorema precedente non vale se il dominio di f non `e unintervallo.
Esempio. Consideriamo f : [ 1, 0] [ (1, 2] ! [0, 2], f (x) = |x|. Allora f `e continua e
invertibile ma non `e strettamente monotona e f 1 : [0, 2] ! [ 1, 0] [ (1, 2] `e discontinua
in x = 1.
2

f(x)
2

f -1(x)

1
1

x
1

Figura 24. Funzione continua con inversa discontinua.

Altre Funzioni Invertibili


Osservazione. Possiamo utilizzare lo stesso schema che abbiamo usato per invertire
lesponenziale ax per invertire altre funzioni f . Pi`
u precisamente, usiamo
il teorema dei valori intermedi per verificare la suriettivit`a di f ,
la stretta monotonia per ottenere liniettivit`a di f ,
il teorema sulla continuit`
a della funziona inversa per ottenere la continuit`a di f 1 .
In questa maniera possiamo costruire altre funzioni elementari.
Radici. Consideriamo f : [0, +1) ! [0, +1), f (x) = xn per n 1. Allora, f `e continua, strettamente crescente, il dominio X = [0, +1) `e un intervallo, inf f = min f = 0
e sup f = +1. Quindi f `e invertibile e la funzione inversa f 1 : [0, +1) ! [0, +1) `e
p
1
continua e data da f 1 (x) = n x = x n .
xn
xn
n

ex

ex

(n dispari)

(n pari)

Figura 25. La radice n-esima.

50

4. FUNZIONI CONTINUE

Osservazione. Se nel precedente n `e dispari, allora possiamo considerare f anche come


funzione f : R ! R. In questo caso f rimane continua, strettamente crescente con
p
1
inf f = 1, sup f = +1 cio`e `e invertibile
con f 1 : R ! R, f 1 (x) = n x = x n .
p
In altre parole,
per n dispari la radice n x `e anche definita
per argomenti x < 0, per
p
p
3
n
esempio
8 = 2. Invece
p per n pari e x < 0 la radice x non ha senso nel campo dei
numeri reali, per esempio
1 non `e pi`
u un numero reale ma complesso. Al livello della
funzione f : R ! R, f (x) = xn ci`
o si rispecchia nel fatto che f : R ! R per n pari non
`e suriettiva (e neanche iniettiva, cfr. pagina 33).
p
1
Potenze. Dal paragrafo precendente sappiamo che x n = n x, x
0 definisce una
funzione continua per ogni n = 1, 2, 3, 4, . . .. Pi`
u in generale vale che
r

xr = eln(x)

= erln(x) ,

x>0

come composizione di funzioni continue `e continua.


Inverse delle Funzioni Circolari. Considerando il grafico della funzione sin : R ! R
si vede che non `e invertibile non essendo ne suriettiva ne iniettiva. La suriettivit`a, per`o
si ottiene considerando come codominio linsieme [min sin, max sin] = [ 1, 1] mentre
per ottenere liniettivit`
a basta considerare soltanto una parte del dominio R in cui la
funzione sin `e strettamente monotona. Perci`o ci sono infinite scelte ma generalmente si
ristringe il dominio allintervallo [ 2 , 2 ]. Quindi consideriamo ora
sin : [


2, 2]

! [ 1, 1]

che cos` diventa invertibile. Nella stessa maniera, considerando


cos : [0, ] ! [ 1, 1]
tan : (


2, 2)

!R

anche loro diventano invertibili e tutte le inverse arcoseno, arcocoseno e arcotangente


arcsin := sin

: [ 1, 1] ! [

arccos := cos

arctan := tan

sono nuovamente continue.


2 , 2 ],

: [ 1, 1] ! [0, ],
:R!(


2, 2)

Inverse delle Funzioni Iperboliche. Ragionando come prima si vede che le funzioni
iperboliche sinh : R ! R, cosh : [0, +1) ! [1, +1) e tanh : R ! ( 1, 1) sono invertibili
e le loro inverse arcosenoiperbolico, arcocosenoiperbolico e arcotangenteiperbolico
arcsinh := sinh

: R ! R,

arccosh := cosh

arctanh := tanh

sono nuovamente continue.

: [1, +1) ! [0, +1),


: R ! ( 1, 1)

Osservazione. Visto che sinh(x) = y () x = arcsinh(y), risolvendo lequazione


x
x
sinh(x) = e 2e = y per x si ottiene la rappresentazione

p
arcsinh(y) = ln y + y 2 + 1 , per ogni y 2 R.
Similmente segue

p
arccosh(y) = ln y + y 2 1 , per ogni y 1,
1 + x
arctanh(y) = ln
, per ogni y 2 ( 1, 1).
1 x

FUNZIONI CONTINUE SU INTERVALLI CHIUSI E LIMITATI

arcsin(x)

--1.5
2

51

arccos(x)

sin(x)

2
0.5

1.5

0.5

0.5

1.5

0.5
1

1.5 --2

cos(x)

tan(x)
4

2
--2
4

arctan(x)

--2

Figura 26. Inverse delle funzioni circolari.


6

sinh(x)

arcsinh(x)
2

cosh(x)

arccosh(x)

arctanh(x)

tanh(x)

Figura 27. Inverse delle funzioni iperboliche.


Funzioni Continue su Intervalli Chiusi e Limitati
Ci poniamo il seguente

52

4. FUNZIONI CONTINUE

Problema. Data una funzione f : X R ! R, determinare, se esistono, il valore


minimo e quello massimo di f , cio`e
m := min f := min{f (x) : x 2 X},

M := max f := max{f (x) : x 2 X},

La soluzione del problema si svolge in 2 passi:


(1) Verificare che che minimo e massimo di f esistono,
(2) trovare x0 , x1 tale che min f = f (x0 ), max f = f (x1 ).
Il primo punto si risolve con il seguente teorema mentre aronteremo il secondo punto
nel prossimo capitolo usando il calcolo dierenziale.
Teorema 4.7 (Teorema di Weierstra ). Se f 2 C[a, b], allora esistono m := min f e
M := max f . Inoltre, limmagine f ([a, b]) = {f (x) : x 2 [a, b]} = [m, M ], in particolare
f `e limitata;
esistono x0 , x1 2 [a, b] tale che f (x0 ) f (x) f (x1 ) per ogni x 2 [a, b];
per ogni y 2 [m, M ] esiste x 2 [a, b] tale che f (x) = y.
Osservazioni.
Il Teorema di Weierstra vale soltanto su intervalli chiusi e limitati
cio`e del tipo [a, b].
La funzione f : [0, 1] ! R,
v
!
u
p
sin x+2
u
1
+
e
3
f (x) := tln
2 + cos |x 12 | + arctan(1 + x2 )

`e una composizione di funzioni continue e quindi continua. Per Weierstra ammette


minimo e massimo che, per`
o, saranno quasi impossibili da determinare. Quindi
Weierestra `e un risultato di esistenza ma non aiuta per trovare x0 , x1 e min f =
f (x0 ) e max f = f (x1 ).

CAPITOLO 5

Calcolo Dierenziale per Funzioni di una Variabile


Problemi. Data una funzione f : (a, b) ! R e un punto x0 2 (a, b),
(i) Trovare la retta tangente t al grafico di f nel punto P0 = (x0 , f (x0 )) (problema
geometrico), e
(ii) trovare unapprossimazione lineare g(x) (cio`e della forma g(x) = x+ , , 2 R)
per f (x) per x vicino a x0 (problema analitico).
Iniziamo a studiare il problema (i). Come vedremo nel seguito la sua soluzione risolve
anche il problema (ii). Per risolvere (i) consideriamo prima la retta secante sh attraverso
i punti
P0 = x0 , f (x0 )

per h 6= 0.

Ph := x0 + h, f (x0 + h)

Lequazione della retta sh `e data da


y

t
sh
'

f (x0 +h)

Ph

f (x0 )

P0

x0

x0 +h

Figura 28. Retta secante e tangente.


f (x0 + h) f (x0 )
sh (x) = f (x0 ) +
(x x0 ).
h
|
{z
}
= pendenza di sh
=: rapporto incrementale
Quindi solo il rapporto incrementale dipende da h che, nel passo successivo, mandiamo
a 0.
Derivata: Definizione e prime Propriet`
a
Considerando il limite del rapporto incrementale per h ! 0 arriviamo alla seguente
Definizione 5.1. Se per f : (a, b) ! R e x0 2 (a, b) converge
f (x0 + h)
h!0
h
lim

f (x0 )

=
|{z}

x=x0 +h

lim

x!x0

f (x)
x

f (x0 )
=: f 0 (x0 ) 2 R
x0

allora f si dice derivabile in x0 con derivata f 0 (x0 ). Se f `e derivabile in ogni x0 2 (a, b)


allora si dice derivabile e la funzione f 0 : (a, b) ! R `e la derivata di f . Altre notazioni:
df
f 0 = dx
= Df .
53

54

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Se f `e derivabile in x0 allora otteniamo lequazione t(x) della retta tangente t sostituendo


il rapporto incrementale nellequazione della retta secante sh con la derivata f 0 (x0 ), cio`e
t(x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x

x0 ).

Quindi (cfr. il grafico precedente)

f 0 (x0 ) = tan(') = pendenza della retta tangente t,


f (x0 + h) f (x0 )
= tan( ) = pendenza della retta secante sh
h
In particolare f 0 (x0 ) = 0 significa che la retta tangente ha pendenza 0, cio`e `e orizzontale.
Consideriamo alcuni
Esempi.
Se f `e costante cio`e se esiste c 2 R tale che f (x) = c per ogni x 2 (a, b)
allora il rapporto incrementale `e sempre uguale a 0. Quindi una funzione costante
e sempre derivabile con derivata nulla.
Sia f (x) = xn per n = 1, 2, 3, 4, . . . e x 2 R. Allora, dalla formula del binomio di
Newton segue usando che n0 = nn = 1, x0 0 = h0 = 1 e nn 1 = n che
f (x0 + h)
h

f (x0 )

n
0

(x0 + h)n
h
n
1

x 0 0 hn +

x 0 1 hn

x0

+ ... +

n
n 2

x0 n

n
0

2 h2

h
n
0

x0

0 hn 1

x 0 0 hn

! n x0 n

n
1

+
n
1

x0

1 hn 2

x 0 1 hn

= f 0 (x0 )

+ ... +

h
+ ... +

n
n 2

n
n 2

x0

n 2 h1

x0 n

per h ! 0.

Quindi f (x) = xn `e derivabile per ogni n


(xn )0 = n xn

=nx0 n
n
n 1

}|
x0 n

+ n x0

2 1

h + n x0 n

=xn
0

1 h

{ z }| {
1 1
h + nn x0 n h0

n 1

xn0

1, n 2 N con
1

Per esempio, (x5 )0 = 5 x4 .


Sia f (x) = ex , x 2 R. Allora
f (x0 + h)
h
Quindi f (x) =

f (x0 )

ex

eh 1
ex0 +h ex0
= e x0
! e x0
h
h
| {z }

per h ! 0.

!1

`e derivabile con

(ex )0 = ex
cio`e f = f 0 che e una propriet`a molto particolare e che (a meno di una costante
moltiplicativa) caratterizza la funzione esponenziale.
Sia f (x) = sin(x), x 2 R. Allora usando la formula di prostaferesi, il limite notevole
lim sin(x)
= 1 e la continuit`
a della funzione cos risulta
x
x!0

f (x0 + h)
h

f (x0 )

2 sin h2 cos x0 + h2
sin(x0 + h) sin(x0 )
=
h
h
sin h2
h
=
cos x0 +
! cos(x0 ) = f 0 (x0 )
per h ! 0.
h
2
|
{z
}
2
| {z }
=

!1

!cos(x0 )

`
DERIVATA: DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETA

55

Quindi f (x) = sin(x) `e derivabile con


sin0 (x) = cos(x)
Similmente segue che cos : R ! R `e derivabile con
cos0 (x) =

sin(x)

Osservazione. Ricordiamo che sin `e una funzione dispari (come anche sin)
mentre cos `e pari. Nellesempio precedente abbiamo visto che sin0 = cos e cos0 =
sin e quindi la derivata ha trasformata una funzione dispari in un una pari e
viceversa. Ci`
o vale sempre, cioe se f `e derivabile e
f dispari ) f 0 pari,
f pari ) f 0 dispari.
Sia f (x) := |x|. Allora f non `e derivabile in x0 = 0, infatti abbiamo
(
+1 se h > 0,
f (h) f (0)
|h|
=
=
h
h
1 se h < 0
e quindi non esiste il limite del rapporto incrementale in x0 = 0 per h ! 0.
Comunque in questo esempio esistono limite destro e limite sinistro del rapporto
incrementale. Questa osservazione d`a luogo alla seguente
Definizione 5.2. Se per f : (a, b) ! R e x0 2 (a, b) converge
lim

f (x0 + h)
h

f (x0 )

lim

f (x0 + h)
h

f (x0 )

h!0+

= lim

f (x)
x

f (x0 )
=: f+0 (x0 ) = derivata destra
x0

= lim

f (x)
x

f (x0 )
=: f 0 (x0 ) = derivata sinistra
x0

x!x+
0

oppure
h!0

x!x0

allora diremo che f `e derivabile da destra oppure derivabile da sinistra in x0 .


Esempio. f (x) := |x| `e derivabile da destra e anche da sinistra in x0 = 0 con f+0 (0) = +1,
f 0 (0) = 1.
Osservazione. f : (a, b) ! R `e derivabile in x0 2 (a, b) () f `e derivabile da destra
e da sinistra in x0 con f+0 (0) = f 0 (0).
Studiamo ora il legame tra derivabilit`a e continuit`a.
Proposizione 5.3. Se f : (a, b) ! R `e derivabile in x0 2 (a, b) allora `e anche continua
in x0
Dimostrazione.
f (x)

f (x0 ) =

f (x) f (x0 )
(x x0 ) ! f 0 (x0 ) 0 = 0
| {z }
x x0
|
{z
}
!0
!f 0 (x0 )

Cio`e lim f (x) = f (x0 ) e quindi f `e continua in x0 .


x!x0

per x ! x0 .

Osservazione. Non vale il contrario cio`e f continua 6) f derivabile, per esempio f (x) =
|x| `e continua ma non derivabile in x0 = 0.
Esercizio. (Metodo di Erone, cfr. pagina 20) Sia f (x) := xk a per a > 0 e k 2 N,
k 2.
Calcolare lequazione della retta tangente t al grafico di f nel punto x0 > 0.

56

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Verificare che lintersezione tra t e lasse x `e data da


1
a
x1 := (k 1)x0 + k 1 .
k
x0
Regole per la Derivazione

Cerchiamo ora modi per semplificare il calcolo delle derivate.


Derivazione di Somme, Prodotti e Rapporti di Funzioni. Siano f, g : (a, b) ! R
derivabili in x0 , allora
(i) per ogni , 2 R anche f + g `e derivabile in x0 con
g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) +

( f +

g 0 (x0 )

(ii) f g `e derivabile in x0 con

(f g)0 (x0 ) = f 0 (x0 ) g(x0 ) + f (x0 ) g 0 (x0 )

(iii) se g(x0 ) 6= 0 anche

f
g

`e derivabile in x0 con
f 0
g (x0 )

g(x0 )f 0 (x0 ) g 0 (x0 )f (x0 )


g 2 (x0 )

In particolare
1 0
g (x0 )

g 0 (x0 )
g 2 (x0 )

Dimostrazione. Dimostriamo soltanto (ii). Perci`o studiamo il rapporto incrementale


del prodotto utilizzando che g `e continua in x0
(f g)(x)
x

f (x) g(x) f (x0 ) g(x) + f (x0 ) g(x) f (x0 ) g(x0 )


(f g)(x0 )
=
x0
x x0
f (x) f (x0 )
g(x) g(x0 )
=
g(x) +f (x0 )
|{z}
x x0
x x0
|
{z
} !g(x )
|
{z
}
0

!f 0 (x0 )

! f 0 (x0 ) g(x0 ) + f (x0 ) g 0 (x0 )

!g 0 (x0 )

per x ! x0 .

La regola (i) stabilisce che la derivazione `e unoperazione lineare, cio`e la derivata di


una combinazione lineare e la combinazione lineare delle derivate. Inoltre implica che
linsieme

f `e derivabile e
1
C (a, b) := f : (a, b) ! R 0
f `e continua

`e uno spazio vettoriale. Se f 2 C1 (a, b) si dice anche che f `e derivabile con continuit`
a
(qui la continuit`
a si riferisce a f 0 non a f che essendo derivabile `e anche continua).
Con queste regole diventa semplice verificare la derivabilit`a di varie funzioni elementari.
Esempi.
Visto che ogni monomio xk per k = 1, 2, 3, . . . `e derivabile, per le prime
due regole ogni polinomio `e derivabile con
p0 (x) = (an xn +an

1x

n 1

+. . .+a1 x+a0 )0 = nan xn

(3x4

7x3

11)0

2x2

12x3

+(n 1)an

1x

n 2

21x2

+. . .+2a2 x+a1 .

Per esempio,
+
=
+ 4x.
Per lesempio precedente e la terza regola, ogni funzione razionale `e derivabile. Per
esempio per ogni n = 1, 2, 3, . . . vale
x

n 0

1 0
xn

Quindi, per ogni n 2 Z vale

nxn 1
x2n

(xn )0 = n xn

n
xn+1

nx

n 1

REGOLE PER LA DERIVAZIONE

57

Infatti questa regola abbiamo visto precedentemente per n = 1, 2, 3, . . . (cfr. pagina 54), per n = 0 vale poiche la derivata di una funzione costante = 0, mentre per
n = 1, 2, 3, . . . `e stata appena dimostrata.
sin
Visto che sin e cos sono derivabili anche la funzione tan = cos
`e derivabile con
tan0 (x) =
=

cos(x) sin0 (x) cos0 (x) sin(x)


cos2 (x) + sin2 (x)
=
2
cos (x)
cos2 (x)
(
1
cos2 (x)

1 + tan2 (x)

Derivazione delle Funzioni composte. Sia f : (a, b) ! (c, d) derivabile in x0 2 (a, b)


e sia g : (c, d) ! R derivabile in y0 := f (x0 ). Allora la funzione composta g f : (a, b) ! R
`e derivabile in x0 con
(g f )0 (x0 ) = g 0 f (x0 ) f 0 (x0 )
Questa formula si chiama Regola della Catena.

Esempi.
Se g : R ! R `e derivabile, allora anche h(x) := g( x) `e derivabile poiche
0
h(x) = (g f )(x) per f (x) = x. Inoltre h0 (x) = g( x) = g 0 ( x) ( x)0 =
g 0 ( x).
x
x
Dal esempio precedente segue che le funzioni iperboliche sinh(x) = e 2e e cosh(x) =
ex +e
2

x 0

x 0

sono derivabili con sinh0 (x) = (e ) 2(e ) = e +e


= cosh(x). Similmente
2
0
segue che cosh (x) = sinh(x). Infine, utilizzando la regola di derivazione per un
sinh
rapporto segue che anche tanh = cosh
`e derivabile con
(
1
2
2
cosh
(x)
sinh
(x)
cosh2 (x)
tanh0 (x) =
=
cosh2 (x)
1 tanh2 (x)
Quindi abbiamo dimostrato che per ogni x 2 R vale
0

sinh (x) = cosh(x)

cosh (x) = sinh(x)

tanh (x) =

1
cosh2 (x)

tanh2 (x)

Sia a > 0, allora ax = exln(a) , x 2 R, `e derivabile (visto che `e la composizione


(g f )(x) per f (x) = x ln(a) e g(y) = ey ) con (ax )0 = (exln(a) )0 = ln(a) exln(a) =
ln(a) ax cio`e
ax

= ln(a) ax

Per funzioni pi`


u complesse (cio`e composizioni di pi`
u di due funzioni) si pu`o iterare
2
la regole della catena iniziando allesterno. Per esempio, ecos(3x 2x+1) `e derivabile
con

0
2
2
0
ecos(3x 2x+1) = ecos(3x 2x+1) cos(3x2 2x + 1)
=

ecos(3x

2x+1)

sin(3x2

2x + 1) (6x

2).

Lultima regola per la derivazione tratta la


Derivazione delle Funzioni Inverse. 1
Sia f : (a, b) ! (c, d) continua, biettiva e derivabile in x0 2 (a, b). Se f 0 (x0 ) 6= 0 allora
f 1 : (c, d) ! (a, b) `e derivabile in y0 := f (x0 ) con
f
1Quanto si considerano sia f e f

e y come variabile per f

1 0 (y

0)

1
f 0 (x0 )

conviene, per non confondersi, usare sempre x come variabile per f

58

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

` importante osservare che mentre f viene derivata in x0 la deriOsservazioni.


E
1
vata di f
si riferisce al punto y0 = f (x0 )! Questo fatto e anche la formula per
1
si
spiega
dal seguente grafico
0
f (x0 )
y

t = retta tangente al grafico di f in x0


r = retta tangente al grafico di f

in y0 = f (x0 )

r
f

f 0 (x0 )
1
f

1 (y

0)

f 0 (x0 )

f (x0 )

y0

pendenza di t =

f 0 (x0 )
1

= f 0 (x0 )

pendenza di r =

1
f 0 (x0 )

= (f

1 )0 (y

0)

x0

Figura 29. Derivata della funzione inversa.


Si nota che una retta tangente orizzontale al grafico di f in x0 (cio`e se f 0 (x0 ) = 0)
corrisponde a una retta verticale al grafico di f 1 in y0 = f (x0 ) che significa che
f 1 non `e derivabile in y0 .
0
Non come dimostrazione, ma come modo per ricordare la formula per f 1 , si pu`
o
1
utilizzare la regola della catena: Per definizione, x = f (f (x)) per ogni x 2 (a, b).
Derivando entrambi i lati di questa equazione otteniamo con y = f (x)
h
i0
1 = (x)0 = f 1 f (x)
= f

1 0

= f

1 0

f (x) f 0 (x)

(y) f 0 (x)

1 0

(y) =

1
f 0 (x)

Esempi.
Sia f (x) = ax , x 2 R per 0 < a 6= 1 che `e derivabile con f 0 (x) = ln(a)ax 6=
0 per ogni x 2 R. Inoltre abbiamo visto (cfr. pagina 48) che f `e invertibile con
f 1 (y) = loga (y), y > 0. Quindi loga `e derivabile e per y := f (x) = ax vale
loga 0 (y) =

1
1
1
x =
0 =
x
ln(a) |{z}
a
ln(a) y
(a )
=y

Sostituendo y con x otteniamo cos` per ogni x > 0


loga 0 (x) =

1
ln(a)x

in particolare per a = e

ln0 (x) =

1
x

Per ogni r 2 R e x > 0 la potenza xr = erln(x) `e derivabile con (usare la regola


della catena)

0
r
r 1
(xr )0 = erln(x) = e|rln(x)
{z } x = r x .
r
=x
n
x per

Quindi la regola per la derivazione di


n 2 Z (cfr. pagina 56) vale anche per
esponenti reali r 2 R, cio`e per ogni x > 0 si ha
(xr )0 = r xr

ESTREMI LOCALI E IL TEOREMA DI FERMAT

59

Se f e g sono due funzioni con lo stesso dominio e f (x) > 0 per ogni x allora
possiamo definire

g(x)
h(x) := f (x)g(x) = eln f (x)
= eg(x)ln f (x) .
Quindi, se f e g sono derivabili anche h `e derivabile con

f 0 (x)
h0 (x) = f (x)g(x) = eg(x)ln f (x) g 0 (x) ln f (x) + g(x)
f (x)

0 (x)
f
= f (x)g(x) g 0 (x) ln f (x) + g(x)
f (x)

Abbiamo visto (cfr. pagina 50) che f := sin : [ 2 , 2 ] ! [ 1, 1] `e invertibile.


Inoltre f = sin `e derivabile con f 0 (x) = sin0 (x) = cos(x). Per`o, cos(x) si annulla
nellintervallo [ 2 , 2 ] negli estremi x = 2 e quindi per ottenere una funzione
inversa derivabile dobbiamo togliere questi punti dal dominio di f = sin. Allora
consideriamo
f = sin : ( 2 , 2 ) ! ( 1, 1)
che `e invertibile e derivabile con f 0 (x) = cos(x) 6= 0 per ogni x 2 ( 2 , 2 ). Quindi
f 1 = arcsin : ( 1, 1) ! ( 2 , 2 ) `e derivabile in y = f (x) = sin(x) con
arcsin0 (y) =

1
1
=
.
sin0 (x)
cos(x)

Per ottenere una rappresentazione di arcsin0 (y) nella variabile y dobbiamo esprimere ora cos(x) in funzione dipy = sin(x). Perci`o utilizziamo la relazione sin2 (x) +
p
cos2 (x) = 1, cio`e cos(x) = 1 sin2 x = 1 y 2 . Per decidere il segno +
oppure basta osservare che x 2 ( 2 , 2 ) e quindi cos(x) > 0. Quindi dobbiamo
scegliere il segno + e sostituendo y con x otteniamo finalmente
arcsin0 (x) =

p 1
1 x2

8 x 2 ( 1, 1)

Raggiornando come nel esempio precedente si possono derivare anche le seguenti


funzioni inverse:
arccos0 (x) =

p 1
1 x2

arctan0 (x) =

1
1+x2

8 x 2 ( 1, 1)
8x2R

arcsinh0 (x) =

p 1
1+x2

8x2R

arccosh0 (x) =

p 1
x2 1

8x>1

arctanh0 (x) =

1
1 x2

8 x 2 ( 1, 1)

Estremi Locali e il Teorema di Fermat


Torniamo al problema che abbiamo posto a pagina 52 sullesistenza e il calcolo del
minimo e del massimo di una funzione. Per il Teorema di Weierstra sappiamo almeno
che ogni f 2 C[a, b] ammette massimo e minimo, ma rimane il seguente
Problema. Come si pu`
o determinare minimo e massimo di una funzione.

60

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Prima di arontare questo problema generalizziamo il concetto di minimo e massimo


per una funzione.
Definizione 5.4. Sia f : X R ! R una funzione reale, allora
x0 2 X si dice punto di minimo locale, se esiste > 0 tale che f (x0 ) f (x) per
ogni x 2 X con |x x0 | < ; se x0 `e un punto di minimo locale, f (x0 ) si dice
minimo locale;
x0 2 X si dice punto di massimo locale, se esiste > 0 tale che f (x0 ) f (x) per
ogni x 2 X con |x x0 | < ; se x0 `e un punto di massimo locale, f (x0 ) si dice
massimo locale;
se x0 `e un punto di minimo o di massimo locale, allora si dice punto di estremo
locale mentre f (x0 ) si chiama estremo locale.
Esempio. Consideriamo il seguente grafico. In questo caso abbiamo:

f
M

x1

x0

x2

x3

x4

Figura 30. Esempi di estremi locali.

a, x2 e x3 e b sono punti di massimo locale di f ,


x0 e x4 sono punti di minimo locale di f ,
x1 non `e un punto di estremo locale di f ,
x2 `e un punto di massimo assoluto di f ,
M = f (x2 ) `e il massimo assoluto di f , il minimo assoluto non esiste (soltanto
lestremo inferiore).

Per trovare i punti di estremo locale si usa il


Teorema 5.5 (Teorema di Fermat). Sia x0 2 (a, b) un punto di estremo locale di f :
[a, b] ! R. Se f `e derivabile in x0 allora f 0 (x0 ) = 0.
Dimostrazione. Supponiamo che x0 sia un punto di minimo locale. Allora
0

f 0 (x0 ) =

z
}|
{
8 0
f (x0 + h) f (x0 )
f+ (x0 ) = lim
>
>
>
h
h!0+
>
|{z}
>
>
>
>0
>
<

>
>
0
>
>
z
}|
{
>
>
>
f
(x
+
h)
f
(x
>
0
0)
:f 0 (x0 ) = lim
0
h
h!0
|{z}
<0

Quindi 0

f 0 (x

0)

0 che implica

f 0 (x

0)

= 0.

ESTREMI LOCALI E IL TEOREMA DI FERMAT

61

x1

x0

x2

x3

x4

Figura 31. Estremi locali e tangenti orizzontali.


Esempio. Consideriamo di nuovo il grafico
Allora la derivata f 0 (x) si annulla negli estremi locali x = x0 e x = x2 che graficamente
corrisponde ad una retta tangente orizzontale.
Osservazioni.
Come si vede nel grafico sopra il teorema di Fermat non vale negli
estremi dellintervallo [a, b]. Cio`e se x0 = a oppure x0 = b `e un punto di estremo
locale ci`
o non implica (come si vede nel grafico) che f 0 (x0 ) = 0.
Se f 0 (x0 ) = 0 allora x0 si dice punto critico oppure punto stazionario di f .
Il Teorema di Fermat fornisce soltanto una condizione necessaria ma non sufficiente
per estremi locali, cio`e non ogni punto critico `e un punto di estremo locale. Basta
considerare f (x) = x3 per x 2 R. Allora f 0 (x) = 3x2 e quindi x0 = 0 `e un punto
critico ma non `e un punto di estremo locale.
Tornando al problema di trovare gli estremi locali di una funzione f : X R ! R
possiamo aermare che i candidati per punti di estremo locale sono
i punti in cui f non `e derivabile,
i punti sul bordo del dominio X di f ,
i punti critici all interno del dominio.
I punti delle prime due classi sono quelli per i quali non si pu`o applicare Fermat, la
terza classe invece sono quelli che vengono da Fermat.
Consideriamo un altro
Esempio. Definiamo f : [0, 1] ! R,
f (x) :=

1
xx

se x = 0,
se x 2 (0, 1].

Per studiare f si rappresenta usando logaritmo ed esponenziale, cio`e si scrive


xx = eln(x)

= exln(x)

per ogni x > 0.

Per procedere calcoliamo il limite


lim f (x) = lim exln(x) .

x!0+

x!0+

Usando la sostituzione
e visto che et = 1 + t +

t2
2

ln(x) = t ! +1 per x ! 0+

t3
3!

+ ...

t
t
t!+1 e

0 lim |x ln(x)| = lim


x!0+

t2
2

per ogni t > 0 segue

t
2
t!+1 t

lim

=0

lim x ln(x) = 0.

x!0+

62

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Quindi dalla continuit`


a dellesponenziale risulta2
lim exln(x) = e0 = 1 = f (0)

x!0+

implicando che f `e continua in x = 0. Siccome f , come composizione di funzioni continue,


`e anche continua in ogni x 2 (0, 1] risulta che f 2 C[0, 1] e quindi ammette minimo e
massimo per il teorema di Weierstra. Per calcolarli useremo il teorema di Fermat. Allora
per x 2 (0, 1) la funzione f e derivabile con
f 0 (x) = exln(x)

= x

1
x

+ 1 ln(x) exln(x) = 1 + ln(x) xx = 0

()

x = 1e ,

cio`e x0 := 1e 2 [0, 1] `e lunico punto critico di f . Quindi sappiamo:


i candidati per i punti di estremo locale sono gli estremi dellintervallo 0, 1 e il
punto critico x0 = 1e ,
f ammette m := min f e M := max f nellintervallo [0, 1],
1
1
f (0) = f (1) = 1, f (x0 ) = ( 1e )( e ) = e e < 1.
Ci`o implica M = max f = f (0) = f (1) = 1 e m = min f = f ( 1e ) = e

1
e

xx
1

0.8

0.6

0.4

0.2

0.2

1/e0.4

0.6

0.8

Figura 32. Grafico di f (x) = xx .


I Teoremi di Rolle e Lagrange
Il seguente risultato stabilisce lesistenza di punti critici sotto certi ipotesi.
Teorema 5.6 (Teorema di Rolle). Sia f 2 C[a, b] derivabile in (a, b). Se f (a) = f (b)
allora esiste c 2 (a, b) tale che f 0 (c) = 0.

f(x)

f(a)=f(b)

c1

c2

c3

Figura 33. Teorema di Rolle: Tre punti con f 0 (c1 ) = 0 = f 0 (c2 ) =


f 0 (c3 ) () retta tangente orizzontale
Dimostrazione. Per Weierstra f ammette minimo m := min f = f (x0 ) e massimo
M := max f = f (x1 ) in x0 , x1 2 [a, b]. Ora ci sono 2 possibilit`a:
2Vedremo in seguito metodi pi`
u semplici per calcolare questo limite

CONSEGUENZE DEL TEOREMA DI LAGRANGE

63

1 Caso: m = M , allora f `e costante e quindi f 0 (x) = 0 per ogni x 2 (a, b).


2 Caso: m < M . Poiche f (a) = f (b) almeno uno dei punti x0 , x1 `e diverso da a e da
b e in questo punto f 0 si annulla per il teorema di Fermat.

Il Teorema di Rolle si pu`


o generalizzare togliendo la condizione f (a) = f (b). Cos` segue
il prossimo risultato che `e uno dei pi`
u importanti di questo corso.
Teorema 5.7 (Teorema di Lagrange (o del valor medio)). Sia f 2 C[a, b] derivabile in
(a, b). Allora esiste c 2 (a, b) (detto punto di Lagrange) tale che
f 0 (c)
| {z }
=pendenza della retta

f (b) f (a)
| b {z a }

tangente t in (c, f (c))

=pendenza della retta


secante s attraverso
(a, f (a)) e (b, f (b))

t1

f(x)

s
t2

x
a

c1

c2

Figura 34. Teorema di Lagrange: Due punti di Lagrange c1 e c2 .


Quindi il teorema stabilisce che esiste un punto c tale che la retta tangente t al grafico
di f in (c, f (c)) e la retta secante attraverso (a, f (a)) e (b, f (b)) sono parallele.
Dimostrazione. Basta applicare il Teorema di Rolle alla funzione f : [a, b] ! R,
f(x) := f (x)

f (b)
b

f (a)
(x
a

a).

Conseguenze del Teorema di Lagrange


Il Teorema di Lagrange ha molte applicazioni per le quali, per`o, viene usato nel seguente
modo: Se f 2 C[a, b] `e derivabile in (a, b) allora per ogni x1 , x2 2 [a, b] esiste c tra x1 e
x2 tale che
f (x2 ) = f (x1 ) + f 0 (c) (x2 x1 ).

Per ottenere questa versione del teorema basta sostituire a, b con x1 , x2 e poi risolvere
lequazione per f (x2 ).
Test di Monotonia. Se f 2 C[a, b] `e derivabile in (a, b) allora
f `e crescente () f 0 (x) 0 per ogni x 2 (a, b);
f `e decrescente () f 0 (x) 0 per ogni x 2 (a, b);
f 0 (x) > 0 per ogni x 2 (a, b) ) f `e strettamente crescente;
f 0 (x) < 0 per ogni x 2 (a, b) ) f `e strettamente decrescente.

64

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Prima di dimostrare il test osserviamo che nel punto 3 e 4 non vale lequivalenza, basta
considerare f (x) = x3 per x 2 R che `e strettamente crescente nonostante che f 0 (x) = 3x2
si annulla per x = 0.
Dimostrazione. Dimostreremo soltanto il primo punto. ): Se f `e crescente, allora
f (x)

z }| {
f (x + h) f (x)
0
0
f (x) = f+ (x) = lim
+
h
h!0
|{z}

0.

>0

f 0 (x)

(: Sia
0 per ogni x 2 (a, b). Allora per x1 , x2 2 [a, b] con x1 < x2 esiste
c 2 (a, b) tale che
f (x2 ) = f (x1 ) + f 0 (c) (x2 x1 ) f (x1 ),
| {z } | {z }
0

>0

cio`e f `e crescente.

Esempio. Consideriamo la funzione f : R ! R, f (x) := x3


f 0 (x) = 3x2

6x + 6 = 3(x2

2x + 1) + 3 = 3(x

3x2 + 6x

1)2 + 3 > 0

3. Allora

per ogni x 2 R

e quindi f `e strettamente crescente e di conseguenza iniettiva. Inoltre limx!1 f (x) =


1 e quindi f : R ! R `e anche suriettiva e quindi invertibile. Visto che f 0 (x) 6= 0 dal
risultato sulla derivabilit`
a della funzione inversa (cfr. pagina 57) segue che f 1 : R ! R
1
`e derivabile con (f 1 )0 (y0 ) = f 0 (x
dove y0 = f (x0 ). Per esempio, per y0 = 3 vale
0)
y0 = f (0), cio`e x0 = 0 e quindi
(f

1 0

) ( 3) =

1
1
= .
f 0 (0)
6

Dal test di monotonia segue anche facilmente la seguente


Proposizione 5.8. Se f, g 2 C[a, b] sono derivabili in (a, b) e
f (a)
allora f (x)

g(a)

f 0 (x)

g(x) per ogni x 2 [a, b].

Dimostrazione. Definiamo h := f
`e crescente con h(a) = f (a) g(a)
f (x) g(x) per ogni x 2 [a, b].

g 0 (x)

per ogni x 2 (a, b)

g. Allora h0 (x) = f 0 (x) g 0 (x)


0 e quindi h
0. Ci`o implica h(x) = f (x) g(x)
0, quindi

Criterio per Estremi Locali. Sia f : (a, b) ! R derivabile e sia x0 2 (a, b) un punto
critico di f (cio`e f 0 (x0 ) = 0). Allora x0 `e un punto di
massimo locale, se f 0 (x) cambia in x0 segno da + a ;
minimo locale, se f 0 (x) cambia in x0 segno da a +;
max locale

min locale

f 0(x)>0 )

f 0(x)<0 )

f 0(x)<0 )

f 0(x)>0 )

--

--

f crescente

f decrescente

f crescente

f decrescente

x0

x0

Figura 35. Criterio per estremi locali.

CONSEGUENZE DEL TEOREMA DI LAGRANGE

65

Dimostrazione. Laermazione segue dal test di monotonia: se vale la prima condizione, allora f poco prima di x0 `e crescente mentre poco dopo `e decrescente e quindi
x0 `e un punto di massimo locale. Similmente segue la seconda aermazione, cfr. anche
i grafici.

Esempio. Sia f : (0, +1) ! R, f (x) :=

Allora f `e derivabile con

1
x

1 ln(x)
1 ln(x)
=
.
2
x
x2
Quindi f 0 (x) = 0 () ln(x) = 1 () x = e, cio`e x0 = e `e lunico punto critico di f .
Inoltre,
ln(x) < 1 per x 2 (0, e) ) f 0 (x) `e positiva prima di x0 = e,
ln(x) > 1 per x 2 (e, +1) ) f 0 (x) `e negativa dopo x0 = e
cio`e f 0 (x) cambia in x0 = e segno da + a ) x0 = e `e un punto di massimo locale.
f 0 (x) =

ln(x)
x .

ln(x)/x

Figura 36. Grafico di f (x) =

ln(x)
x .

Caratterizzazione di Funzioni Costanti. Se f : (a, b) ! R e derivabile, allora


f `e costante () f 0 (x) = 0 per ogni x 2 (a, b)

Dimostrazione. ) Questa implicazione `e banale visto che per f `e costante il rapporto incrementale `e 0 e quindi anche ammette limite 0. ( Usando il test di monotonia
dallipotesi
(
) f 0 (x) 0 per ogni x 2 (a, b) ) f `e crescente, inoltre
0
f (x) = 0 per ogni x 2 (a, b)
) f 0 (x) 0 per ogni x 2 (a, b) ) f `e decrescente.

Questa caratterizzazione sembra banale ma tuttavia `e utile per dimostrare risultati che
non sono cos` ovvi.
Esempio. Definiamo f : R \ {0} ! R,
f (x) := arctan(x) + arctan
Allora f `e derivabile con
1
1
f 0 (x) =
+
2
1+x
1+ 1

1
x2

1
1 + x2

1
x

x2

x 6= 0.

1
=0
+1

per ogni x 6= 0.

A questo punto, per`


o, non possiamo concludere che f `e costante visto che il dominio
X := R \ {0} non `e un intervallo. Comunque X = ( 1, 0) [ (0, +1) `e lunione di due

66

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

intervalli e quindi f `e costante sia sul intervallo ( 1, 0) che su (0, +1). Quindi esistono
c1 , c2 2 R tale che
f (x) = c1 per ogni x > 0

f (x) = c2 per ogni x < 0.

Per calcolare le costanti c1 , c2 (che, come vedremo sono diversi) basta scegliere un valore
opportuno x1 > 0 e x2 < 0 poiche in ogni caso f (x1 ) = c1 e f (x2 ) = c2 . Per la funzione
f possiamo per esempio scegliere x = 1 e x2 = 1 e cos` risulta
arctan(x) + arctan x1 = f (x) =
(
f (1) = arctan(1) + arctan(1) = 2 4 = 2
=
f ( 1) = arctan( 1) + arctan( 1) = 2 4 =

per ogni x > 0,


per ogni x < 0.

Criterio per Funzioni Lipschitziane.


Definizione 5.9. Se per f : X R ! R esiste una costante L
Lipschitz ) tale che
f (x2 )

f (x1 ) L |x2

x1 |

0 (della costante di

per ogni x1 , x2 2 X

allora f si dice funzione lipschitziana con costante L.

` semplice verificare che ogni funzione lipschitziana `e continua mentre


Osservazione. E
il contrario non vale. Ci`
o si vede riscrivendo la relazione nella definizione come
f (x2 ) f (x1 )
L
per ogni x1 , x2 2 X, x1 6= x2 ,
x2 x1
che in pratica significa che la pendenza di qualsiasi retta secante attraverso i punti
(x1 , f (x1 )) e (x2 , f (x2 )) ha (in modulo)
p al massimo pendenza L. Se ora consideriamo
il grafico di f : [0, 1] ! R, f (x) = x e scegliamo x1 = 0 e x2 2 (0, 1] si vede che la
pendenza della retta secante tende per x2 ! 0+ a +1 e quindi f non `e lipschitziana.
Dal Teorema di Lagrange segue il seguente Criterio.
Proposizione 5.10. Sia f : [a, b] ! R derivabile tale che |f 0 (x)| L per ogni x 2 (a, b).
Allora f `e lipschitziana con costante L. In particolare ogni f 2 C1 [a, b] `e lipschitziana.
Dimostrazione. Siano x1 , x2 2 [a, b], x1 6= x2 . Allora per Lagrange esiste c 2 (a, b)
tale che
f (x2 ) f (x1 )
= f 0 (c) L
per ogni x1 , x2 2 X
x2 x1
Se f 2 C1 [a, b], allora f 0 2 C[a, b] `e limitata per il teorema di Weierstra.

Le Regole di de lHospital
Partiamo con il seguente importante
Problema. Calcolare il limite

f (x)
x!x0 g(x)
che al limite rappresenta una forma indeterminata del tipo
lim

0
0

oppure

1
1 .

Per esempio
sin(x)
0
ln(x)
+1
=
oppure
lim
=
.
x!+1
x
0
x
+1
Nonostante i due limiti precedenti si possano calcolare anche direttamente, le seguenti regole ne semplificano molto lo svolgimento. Non presentiamo la dimostrazione che
comunque si basa sempre sul Teorema di Lagrange.
lim

x!0

Teorema 5.11 (Regole di de lHospital ). Siano


tale che

1 a < b +1 e f, g : (a, b) ! R

LE REGOLE DI DE LHOSPITAL

67

lim f (x) = lim g(x) = 0 oppure = 1,


x!a+

x!a+

f, g sono derivabili con g 0 (x) 6= 0 per ogni x vicino ad a,


0 (x)
lim fg0 (x)
=: l 2 R esiste.
x!a+

Allora anche

f (x)
= l.
g(x)
La stessa conclusione vale anche per limiti del tipo lim e lim per x0 2 (a, b).
lim

x!a+

x!b

x!x0

Prima di svolgere alcuni esempi facciamo le seguenti


Osservazione.

Se lim

x!a+

f 0 (x)
g 0 (x)

non esiste non si pu`o dedurre che anche lim

x!a+

f (x)
g(x)

non esiste. Cio`e lHospital ore soltanto una condizione sufficiente ma non necessaria per lesistenza di un limite. Per verificare ci`o consideriamo
limitato

z }| {
x + sin(x)
sin(x)
lim
= lim 1 +
=1
x!+1
x!+1
x
x
|{z}
!+1

che quindi converge mentre


lim

x!+1

x + sin(x)
(x)0

= lim

x!+1

1 + cos(x)
1

non esiste.
LHospital non si deve applicare a forme determinate. Per esempio
1+x
1
(1 + x)0
1
= 6= lim
= lim = 1.
0
x!0 2 + x
x!0 1
2 x!0 (2 + x)
lim

Consideriamo ora alcuni esempi in cui il simbolo = significa che abbiamo applicato
lHospital, cio`e derivato numeratore e denumeratore.
Sia > 0. Allora
1
ln(x) +1 H
1
x
lim
=
=
lim
= lim
= 0.
+1
x!+1 x
x!+1 x
x!+1 x 1
Usando piccoli trucchi si possono anche studiare limiti che allinizio non sono della
forma indeterminata 00 oppure 1
1 . Per esempio, per > 0 vale
1

ln(x)
x
1 H
x
lim x ln(x) = 0 ( 1) = lim
=
=
lim
= lim
= 0.
+1

1
x

x!0+
x!0+ x
x!0+
x!0+
Puo succedere anche che dopo unapplicazione di lHospital si ottiene nuovamente una forma indeterminata ammessa. In questi casi si pu`o provare ad applicare
lHospital pi`
u volte. Per esempio

x sin(x)
1 cos(x) 0 H
sin(x) 0 H
cos(x)
1
0 H
lim
=
=
lim
=
=
lim
= 0 = lim
= .
0
0
x!0
x!0
x!0 6x
x!0
x3
3x2
6
6
Qui la seconda e terza applicazione di lHospital si potrebbe evitare ricordando i
limiti notevoli (1) e (2) a pagina 42. Per`o confrontando i procedimenti si vede che
le regole di lHospital hanno semplificato notevolmente il calcolo di questi limiti.
Per calcolare limiti del tipo lim f (x)g(x) si procede come segue:

Esempi.

x!x0

lim f (x)

x!x0

g(x)

= lim eg(x)ln
x!x0

f (x)

lim g(x)ln f (x)

= ex!x0

dove lultima uguaglianza segue dalla continuit`a della funzione esponenziale.

68

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Per dare un esempio concreto consideriamo


lim x + e

1
sin(x)

x!0

=e
H

=e

ln x+ex

lim

sin(x)

x!0

1 (1+ex )
x+ex
cos(x)

lim

x!0

=e

ln(0+e0 )
0

=e

ln(1)
0

= e0

= e2 .
Approssimazione Lineare di Funzioni
Torniamo ora al problema iniziale posto a pagina 53: Data f : (a, b) ! R e un punto
x0 2 (a, b), trovare
(i) la retta tangente t al grafico di f nel punto P0 = (x0 , f (x0 )), e
(ii) unapprossimazione lineare g(x) = x + (cio`e g `e un polinomio di grado 1)
per f (x) per x vicino a x0 .
Abbiamo risolto (i): Se f `e derivabile, allora la retta tangente t `e data dallequazione
t(x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x

x0 ).

Quindi la retta tangente definisce un polinomio di grado 1 e di conseguenza si pu`o


avere lidea di usare proprio g(x) := t(x) come approssimazione lineare. Come vedremo
in seguito, questa scelta `e infatti in un certo senso la migliore possibile. Per verificare
ci`o scriviamo
f (x) = t(x) + r(x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x
|
{z

x0 )
}

approssimazione lineare

cio`e r(x) = f (x)

t(x).

t
t(x)
f
f(x)

r(x)
|{z}

resto (o errore)

= r(x)

f(x0 )

x0

Figura 37. Il resto r(x).


Studiamo le propriet`
a di r(x):
r(x0 ) = 0 cio`e nel punto x0 lapprossimazione d`a il valore esatto,
vale
r(x)
f (x) f (x0 )
f 0 (x0 ) ! 0
per x ! x0 .
=
x x0
x x0
|
{z
}
!f 0 (x0 )

Cio`e r(x) tende a 0 pi`


u rapidamente di x x0 per x ! x0 .
Per confrontare meglio il comportamento di due funzioni facciamo la seguente
Definizione 5.12. Se

f (x)
=0
g(x)
allora si dice che f `e o-piccolo di g per x ! x0 e in questo caso si scrive f (x) = o(g(x))
per x ! x0 o pi`
u brevemente f = o(g) per x ! x0 .
lim

x!x0

LA FORMULA DI TAYLOR

69

Osservazioni.
o() si chiama simbolo di Landau.
f = o(g) per x ! x0 significa per
infinitesimi che f (x) ! 0 pi`
u rapidamente che g(x) ! 0 per x ! x0 ;
infiniti che f (x) ! 1 pi`
u lentamente che g(x) ! 1 per x ! x0 .
Esempi.
ln(x) = o(x) per x ! +1 poiche
1 cos(x) = o(x) per x ! 0 poiche
1

cos(x)
1
=
x
|

cos(x)
|{z}
x !
2
x
{z }

! 12

!0

ln(x)
x

1
2

! 0 per x ! +1.

0=0

per x ! 0.

x = o(x2 ) per x ! 1 mentre x2 = o(x) per x ! 0.


f (x) ! 0 per x ! x0 () f (x) = o(1) per x ! x0 .
Tornando al problema di approssimazione lineare possiamo ora dire che r(x) =
o(x x0 ) per x ! x0 .

Con gli o-piccoli si possono caratterizzare le funzioni derivabili.

Proposizione 5.13. Per una funzione f : (a, b) ! R e x0 2 (a, b) le seguenti aermazioni sono equivalenti.
(a) f `e derivabile in x0 .
(b) Esiste A 2 R tale che f (x) = f (x0 ) + A (x x0 ) + o(x x0 ).
In questo caso A = f 0 (x0 ).
Quindi questa proposizione stabilisce che lapprossimazione lineare t(x) data dalla retta
tangente t `e lunica che lascia un resto r(x) che per x ! x0 tende a 0 pi`
u rapidamente
che la distanza x x0 tra x e x0 . Cio`e per ogni altra scelta di approssimazione con un
polinomio di grado 1 il resto tende a zero pi`
u lentamente. In questo senso t(x) `e la
migliore approssimazione lineare possibile di f (x) per x vicino a x0 .
Consideriamo alcuni
Esempi.
Se f (x) = ex e x0 = 0, allora la derivabilit`a di f implica
x
e = f (0) + f 0 (0) x + o(x) = e0 + e0 x + o(x), cio`e
ex = 1 + x + o(x) per x ! 0.

Se f (x) = sin(x) e x0 = 0, allora la derivabilit`a di f implica


sin(x) = f (0) + f 0 (0) x + o(x) = sin(0) + cos(0) x + o(x), cio`e
sin(x) = x + o(x) per x ! 0.
Se f (x) = ln(1 + x) e x0 = 0, allora la derivabilit`a di f implica
1
ln(1 + x) = f (0) + f 0 (0) x + o(x) = ln(1) + 1+0
x + o(x), cio`e
ln(1 + x) = x + o(x) per x ! 0.
La Formula di Taylor
Abbiamo quindi risolto anche il problema dellapprossimazione lineare, cio`e di approssimare il valore f (x) di un funzione (possibilmente molto complicata) vicino al punto x0
con un polinomio t(x) (cio`e con una funzione molto semplice) di grado 1.
A questo punto si pu`
o avere lidea di limitare il grado dellapprossimazione non a 1 ma
a un numero n 2 N qualsiasi. Cio`e si pu`o generalizzare il problema dellapprossimazione
lineare nel seguente modo:
Problema. Data f : (a, b) ! R, x0 2 (a, b) e n 2 N, approssimare f (x) per x vicino a
x0 con un polinomio Tn (x) di grado n
Per n = 1 abbiamo visto che T1 (x) = t(x) `e la migliore scelta possibile. Per risolvere il
problema per n 2 N dobbiamo prima introdurre le

70

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Derivate Successive.
Definizione 5.14. Se f `e derivabile e tale che f 0 `e nuovamente derivabile, allora
possiamo definire
f0

=: f 00 = derivata seconda =: D2 f =:

d2 f
.
dx2

Se si pu`o continuare in questa maniera n volte otteniamo


f (n) = derivata n-esima =: Dn f =:

dn f
.
dxn

Inoltre, se I `e unintervallo e n 2 N definiamo C0 (I) := C(I) (e f (0) := f ) e per n

f `e derivabile n-volte
C (I) := f : I ! R
e f (n) `e continua
n

Se f 2 Cn (I) si dice anche che f `e derivabile n-volte con continuit`


a (qui la continuit`a si
riverisce alla derivata n-esima f (n) e non a f ).
Esempio. Se f (x) = sin(x), allora f `e derivabile con f 0 (x) = cos(x) che `e anche derivabile. Quindi otteniamo f 00 (x) = cos0 (x) = sin(x) che `e nuovamente derivabile. Cos`
otteniamo f 000 (x) = sin0 (x) = cos(x) che `e sempre derivabile. Quindi esiste anche
la derivata quarta che indichiamo con il simbolo f (4) (x) = cos0 (x) = sin(x) = f (x).
Quindi dopo 4 derivazioni si ritorna alla funzione originale.
Dopo questo intermezzo sulle derivate successive possiamo tornare al problema dellapprossimazione di f (x) per x vicino a x0 attraverso un polinomio di grado n. Per
ottenere unidea come si pu`
o risolvere questo problema consideriamo i casi n = 0 e
n = 1.
Per n = 0 la migliore approssimazione con un polinomio di grado 0 (cio`e con
una costante) `e ovviamente T0 (x) := f (x0 ) = T0 (x0 ), cio`e T0 e f hanno in x0 il
valore in comune:
T0 (x0 ) = f (x0 ).
Per n = 1 il problema diventa quello dellapprossimazione lineare che abbiamo
risolto precedentemente: Se f `e derivabile in x0 allora la migliore approssimazione ci
d`
a t(x) =: T1 (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x x0 ). Quindi T1 (x0 ) = f (x0 ) e T10 (x) = f 0 (x0 )
cio`e T1 e f hanno in x0 il valore e derivata prima in comune:
T1 (x0 ) = f (x0 ),
T10 (x0 ) = f 0 (x0 ).
Quindi per n 2 supponiamo che f sia n-volte derivabile e poi cerchiamo un polinomio
Tn che con f ha in x0 valore e tutte le derivate fino alla n-esima in comune:
9
Tn (x0 ) = f (x0 ), >
>
>
>
Tn0 (x0 ) = f 0 (x0 ), >
=
() : f e Tn hanno contatto di ordine n in x0
..
>
.
>
>
>
>
;
Tn(n) (x0 ) = f (n) (x0 ).
Visto che questo sistema consiste da n + 1 equazione e il polinomio Tn da determinare
ha n + 1 coefficienti a0 , . . . an 2 R come incognite, il seguente risultato `e plausibile.

LA FORMULA DI TAYLOR

71

Proposizione 5.15. Se f 2 Cn (a, b) e x0 2 (a, b) allora esiste ununico polinomio Tn


di grado n che ha un contatto di ordine n in x0 con f . Questo polinomio si chiama
polinomio di Taylor di ordine n con centro x0 generato da f ed `e dato da
Tn (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x
=

n
X
f (k) (x0 )

k!

k=0

x0 ) +

f 00 (x0 )
(x
2!

x0 ) 2 + . . . +

f (n) (x0 )
(x
n!

x0 ) n

x0 ) k .

(x

Infine, se x0 = 0, allora Tn viene anche chiamato polinomio di McLaurin.


Dimostrazione. Verifichiamo soltanto che per n = 3 il polinomio T3 definito sopra ha
contatto di ordine 3 con f 2 C3 (a, b) in x0 2 (a, b). Infatti
T3 (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x

T30 (x) = f 0 (x0 ) + f 00 (x0 ) (x

f 00 (x0 )
(x
2
000
x0 ) + f 2(x0 ) (x

x0 ) +

T300 (x) = f 00 (x0 ) + f 000 (x0 ) (x

x0 ) 2 +

f 000 (x0 )
3!

x0 ) 2

x0 ) 3

(x

) T3 (x0 ) = f (x0 ),

) T30 (x0 ) = f 0 (x0 ),

) T300 (x0 ) = f 00 (x0 ),

x0 )

T3000 (x) = f 000 (x0 )

) T3000 (x0 ) = f 000 (x0 ).

Esempio. Sia f (x) = ex . Allora f 2 Cn (R) per ogni n 2 N con f (k) (x) = f (x) = ex per
ogni 0 k n. Quindi risulta per x0 = 0 che f (k) (x0 ) = e0 = 1 per ogni 0 k n e di
conseguenza
n
X
x2
x3
xn
xk
Tn (x) = 1 + x + 2 + 3! + . . . + n! =
k! .
k=0
ex

20

T4(x)
15

T3(x)
10

T2(x)
5

T1(x)
T0(x)

-3

-2

-1

Figura 38. I primi polinomi di McLaurin di f (x) = ex .


Prima di considerare altri esempi ci poniamo il seguente
Problema. Quanto vale il resto (o errore) dovuto allapprossimazione con il polinomio
di Taylor, cio`e
Rn (x) := f (x) Tn (x) = ?
Consideriamo prima i casi che abbiamo gi`a studiati.
n = 0: Per il Teorema di Lagrange esiste c tra x e x0 tale che
R0 (x) = f (x)

T0 (x) = f (x)

f (x0 ) = f 0 (c) (x

x0 )

= o(1) = o (x

x0 ) 0 .

n = 1: Visto che T1 (x) = t(x) = approssimazione lineare (cfr. pagina 68) segue
R1 (x) = r(x) = o (x

x0 ) 1 .

72

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Nel caso generale n 2 N vale la seguente generalizzazione di queste rappresentazioni di


Rn (x).
Teorema 5.16 (Formula di Taylor ). Sia f 2 Cn+1 (a, b) e sia x0 2 (a, b). Allora per
Rn (x) := f (x) Tn (x) vale

Rn (x) = o (x x0 )n
per x ! x0
(Resto di Peano)
esiste c tra x e x0 tale che
Rn (x) =

f (n+1) (c)
(x
(n + 1)!

x0 )n+1

(Resto di Lagrange)

Osservazioni.
Per la formula di Taylor con il resto di Peano basta che f 2
Cn (a, b).
La Formula di Taylor con il
Resto di Peano `e un aermazione qualitativa, cio`e aerma soltanto con che
velocit`
a il resto Rn (x) tende a 0 per x ! x0 ;
Resto di Lagrange `e un aermazione quantitativa, che permette anche valutare
la grandezza del resto (si noti tuttavia che c non `e noto).
Se per un polinomio p(x) di grado n vale
f (x)

p(x) = o (x

x0 ) n

per x ! x0 ,

allora p(x) = Tn (x). In altre parole Tn (x) `e lunico polinomio di grado n che
lascia un resto che tende pi`
u rapidamente a 0 per x ! x0 che (x x0 )n . In questo
senso la scelta di Tn (x) come approssimazione di f (x) per x vicino a x0 `e ottima.
Questa osservazione ci permetter`a in seguito di calcolare Tn (x) senza calcolare
alcuna derivata.
Una rappresentazione esplicita del tipo f (x) = Tn (x) + o((x x0 )n ) si chiama
sviluppo di Taylor di f di ordine n e centro x0 .
Calcoliamo appunto alcuni sviluppi di Taylor.
Esempi.

Dallesempio precedente segue per f (x) = ex e x0 = 0 che


ex = 1 + x +

x2
2

x3
3!

+ ... +

xn
n!

+ o(xn ) =

n
X

xk
k!

+ o(xn )

k=0

per x ! 0.

Per esempio ex = 1 + x + x2 + x6 + o(x3 ) per x ! 0.


Abbiamo gi`
a visto nellesempio su pagina 70 che per f (x) = sin(x) vale f 0 (x) =
00
cos(x), f (x) = sin(x), f 000 (x) = cos(x) e f (4) (x) = sin(x) = f (x). Quindi
f 2 Cn (R) per ogni n 2 N e per ogni k 2 N vale
f (2k) (0) = sin(0) = 0

f (2k+1) (0) = ( 1)k cos(0) = ( 1)k .

Ci`o implica
n

X
x3 x5
x2n+1
x2k+1
+
. . . + ( 1)n
=
( 1)k
3!
5!
(2n + 1)!
(2k + 1)!

T2n+1 (x) = x

k=0

e quindi

sin(x) = x
=

n
X
k=0

x3 x5
x2n+1
+
. . . + ( 1)n
+ o(x2n+1 )
3!
5!
(2n + 1)!
( 1)k

x2k+1
+ o(x2n+1 )
(2k + 1)!

per x ! 0.

LA FORMULA DI TAYLOR

73

Osservazione. Siccome per ogni n 2 N vale f (2n+2) (0) = 0 segue T2n+2 (x) =
T2n+1 (x) e di conseguenza
f (x) = T2n+2 (x) +o(x2n+2 ) = T2n+1 (x) + o(x2n+2 ).
| {z }
=T2n+1 (x)

Cos` risulta lo sviluppo


sin(x) =

n
X
k=0

( 1)k

x2k+1
+ o(x2n+2 )
(2k + 1)!

per x ! 0.

Per esempio per n = 1 vale


=0

T4 (x) = x

z }| {
x3 f (4) (0) 4
+
x = T3 (x)
3!
4!

e quindi

x3
+ o(x4 ) per x ! 0.
6
3
Lo sviluppo precedente `e migliore dello sviluppo sin(x) = x x6 + o(x3 ) in quanto
per x ! 0 lespressione x4 tende pi`
u rapidamente a zero che x3 .
Questo guadagno di un grado nel o() si ottiene anche per altri sviluppi di McLaurin
(cio`e per x0 = 0) di funzioni pari oppure dispari in quanto
tutte le derivate di ordine pari di una funzione dispari in x0 = 0 si annullano
(come sopra per il sin),
tutte le derivate di ordine dispari di una funzione pari in x0 = 0 si annullano
(per esempio per il cos).
Di conseguenza in uno sviluppo di McLaurin di una
funzione pari compariranno soltanto termini xk con k pari, mentre per
funzione dispari compariranno soltanto termini xk con k dispari.
sin(x) = x

Nella stessa maniera seguono i seguenti sviluppi.


Come gi`
a sopra indicato vale per f (x) = cos(x) (= funzione pari) e x0 = 0 che
T2n (x) = T2n+1 (x). Quindi
cos(x) =

n
X
k=0

( 1)k

x2k
+ o(x2n+1 )
(2k)!

per x ! 0.

Per esempio per n = 2 otteniamo cos(x) = 1 x2 + x24 + o(x5 ) per x ! 0.


Per le funzioni iperboliche sinh (= dispari) e cosh (= pari) valgono i seguenti
sviluppi che sono molto simili a quelli delle funzioni circolari sin e cos:
sinh(x) =

n
X
x2k+1
+ o(x2n+2 )
(2k + 1)!
k=0

cosh(x) =

n
X
x2k
+ o(x2n+1 )
(2k)!
k=0

per x ! 0,

per x ! 0.

Per esempio sinh(x) = x + x6 + o(x4 ) e cosh(x) = 1 + x2 + x24 + o(x5 ) per x ! 0.


Per f (x) = arctan(x) (= funzione dispari) e x0 = 0 vale T2n+1 (x) = T2n+2 (x).
Quindi
arctan(x) =

n
X
k=0

( 1)k

x2k+1
+ o(x2n+2 )
2k + 1

per x ! 0.

74

5. CALCOLO DIFFERENZIALE
3

Per esempio per n = 2 otteniamo arctan(x) = x x3 + x5 + o(x6 ) per x ! 0.


Scegliendo f : ( 1, +1) ! R, f (x) := ln(1 + x) e x0 = 0 si ottiene
ln(1 + x) =

n
X
k=1

( 1)k+1

xk
+ o(xn )
k

per x ! 0.

Per 2 R e k 2 N definiamo il coefficiente binomiale generalizzato


8

<
1
se k = 0

:= ( 1) ( 2) . . . ( k + 1)
:
k
altrimenti.
1 2
3 ... k
1

( 1 1)

1
8.

2
Per esempio 22 = 2 12
=
per 2 R e x0 = 0 si ottiene

(1 + x) =

n
X
k=0

Allora per f : ( 1, +1) ! R, f (x) := (1 + x)


xk + o(xn )

per x ! 0

che `e una generalizzazione della formula del binomio di Newton (cfr. pagina 10)
per esponenti 2 R. Per esempio, scegliendo = 12 e n = 2 otteniamo
p
1
1
1
1
1 + x = (1 + x) 2 = 02 x0 + 12 x1 + 22 x2 + o(x2 )

x x2
+ o(x2 ) per x ! 0.
2
8
La Formula di Taylor `e molto importante come si vede anche dalle seguenti
=1+

Applicazioni della Formula di Taylor


Criterio per Estremi Locali. Sia f 2 Cn (a, b) per n
f 0 (x0 ) = 0 = f 00 (x0 ) = . . . = f (n

1)

(x0 )

2 e sia x0 2 (a, b) tale che


e

f (n) (x0 ) 6= 0.

Se n `e pari, allora f ammette in x0 un


minimo locale, se f (n) (x0 ) > 0,
massimo locale, se f (n) (x0 ) < 0.
Se n `e dispari, allora x0 non `e un punto di estremo locale di f .
Il caso pi`
u importante `e n = 2: Se f 0 (x0 ) = 0 e
00
f (x0 ) > 0 ) x0 `e un punto di minimo locale,
f 00 (x0 ) < 0 ) x0 `e un punto di massimo locale.

Cenno della Dimostrazione. Per La Formula di Taylor con Resto di Peano vale
z
f (x) = f (x0 ) + f 0 (x0 ) (x
+

=0

}|
(n 1) (x )
0
x0 ) + . . . + f (n 1)!
(x

o (x x0 )n
|
{z
}

x0 ) n

{
1

+f

(n) (x

n!

0)

(x

x0 ) n

=piccolo errore trascurabile

f (x0 ) + c (x
f (n) (x

x0 ) n

per x vicino a x0

0)
e con c =
. Quindi anziche studiare se x0 `e un punto di estremo locale di f (x)
n!
basta considerare la stessa questione per il polinomio p(x) = f (x0 ) + c (x x0 )n . A
questo punto ci sono tre casi, cfr. il seguente grafico.
(1) n pari e c > 0 ( () f n (x0 ) > 0): Allora x0 `e un punto di minimo locale;
(2) n pari e c < 0 ( () f n (x0 ) < 0): Allora x0 `e un punto di massimo locale;
(3) n dispari: Allora x0 non `e un punto di estremo locale.

APPLICAZIONI DELLA FORMULA DI TAYLOR

75

p(x)

p(x)

p(x)
c>0

f (x0 )

f (x0 )

f (x0 )

c<0
x

x0

x0

(1) n pari c > 0 ) min

(2) n pari c < 0 ) max

x0

(3) n dispari

Figura 39. Criterio per estremi locali.

Esempi.
Consideriamo f (x) = x2 . Allora f 0 (x) = 2x e f 00 (x) = 2 ) f 0 (0) = 0 e
00
f (0) > 0 (cio`e n = 2 = pari) ) x0 = 0 `e un punto di minimo di f .
Consideriamo f (x) = x3 . Allora f 0 (x) = 3x2 , f 00 (x) = 6x e f 000 (x) = 6 ) f 0 (0) =
0 = f 00 (0) e f 000 (0) 6= 0 (cio`e n = 3 = dispari) ) x0 = 0 non `e un punto di estremo
di f .
Sia f (x) = xsin(x) cos(2x), x 2 R. Allora f 0 (x) = xcos(x)+1sin(x)+sin(2x)2
e quindi f 0 (0) = 0, cio`e x0 = 0 `e un punto critico di f . Per decidere la sua natura
calcoliamo anche le derivate successive in x0 = 0:
f 00 (x) = x ( sin(x)) + 1 cos(x) + cos(x) + 2 cos(2x) 2 ) f 00 (0) = 0 + 1 + 1 + 2 2 =
6 > 0 ) x0 = 0 `e un punto di minimo locale di f .
Calcolo dei Limiti. Generalizziamo prima il concetto di asintoticit`a dalle successioni
alle funzioni.
f (x)
Definizione 5.17. Se lim
= 1, allora si dice che f (x) e g(x) sono asintotiche e
x!x0 g(x)
si scrive f (x) g(x) (o anche solo f g) per x ! x0 .
Osservazione. Se f g per x ! x0 , allora f (x) e g(x) hanno lo stesso comportamento
asintotico, cio`e f (x) ! l per x ! x0 () g(x) ! l per x ! x0 .
Come per le successioni anche per le funzioni vale il
Teorema 5.18 (Principio di Sostituzione). Se f1 f2 e g1 g2 per x ! x0 , allora
f1 g 1 f2 g 2
f1
f2

g1
g2

per x ! x0 , in particolare

per x ! x0 ,

lim f1 (x) g1 (x) = l () lim f2 (x) g2 (x) = l

x!x0

x!x0

f1 (x)
f2 (x)
lim
= l () lim
=l
x!x0 g1 (x)
x!x0 g2 (x)

in particolare

Quindi in prodotti e rapporti si possono sostituire espressioni con altre espressioni asintotiche senza cambiare il comportamento asintotico, in particolare senza cambiare il limite
se esiste.
Esempi.

sin(x) x per x ! 0 poiche

sin(x)
= 1.
x!0
x
lim

cos(x)

x2
2

poiche

lim

x!0

cos(x)
x2
2

1
1
2

lim

x!0

cos(x)
1
= 2 = 1.
2
x
2

Come gi`
a per le successioni, il principio di sostituzione !!! NON !!! vale per somme,
dierenze o potenze, cio`e se f1 f2 e g1 g2 per x ! x0 allora
6) f1 (x) g1 (x) f2 (x) g2 (x) per x ! x0 ,
g (x)
g (x)
6) f1 (x) 1 f2 (x) 2 per x ! x0 .

76

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Quindi come gi`


a detto in prodotti e in rapporti si possono sostituire espressioni (complicate) con altre espressioni asintotiche (pi`
u semplici) senza cambiare lesistenza e il
valore del limite. Come vedremo ci`
o permette di facilitare il calcolo dei limiti. A questo
punto, per`
o, si pone il seguente
Problema. Come si pu`
o trovare per una funzione f1 (possibilmente complicata) una
funzione f2 (semplice) tale che f1 (x) f2 (x) per x ! x0 ?
Per risolvere questo problema usiamo la seguente
Proposizione 5.19. f1 (x) f2 (x) per x ! x0 () f1 (x) = f2 (x) + o f2 (x) per
x ! x0 .
Esempio. ln(1 + x) = x + o(x) per x ! 0 () ln(1 + x) x per x ! 0.
Come nellesempio lidea `e ora di rappresentare f1 (x) e g1 (x) usando la Formula di
Taylor con resto di Peano in maniera tale che f2 e g2 diventeranno monomi 6= 0. Pi`
u
precisamente dalla proposizione segue per x ! x0
8
n+m
)
>
n
n
< f1 (x) g1 (x) an bm (x x0 )
f1 (x) = an (x x0 ) + o (x x0 )
)
f1 (x)
an
>
g1 (x) = bm (x x0 )m + o (x x0 )m

(x x0 )n m
:
g1 (x)
bm
Quindi nel caso del rapporto segue
lim

x!x0

f1 (x)
an
= lim
(x x0 )n
x!x
g1 (x)
0 bm
8
>
se n > m,
<0
an
= bn
se n = m,
>
:
1 se n < m.

Riassumendo, per studiare il limite limx!x0

f (x)
g(x)

con Taylor si procede cos`:

Si cerca lo sviluppo del denominatore del tipo g(x) = b(x x0 )m +o((x x0 )m ) con
b 6= 0, cio`e b (x x0 )m `e il primo polinomio di Taylor di g che non `e identicamente
= 0.
Si sviluppa il numeratore f fino allo stesso ordine m. Non `e necessario superare
oltre allordine m per ottenere un polinomio di Taylor del numeratore 6= 0 poiche
se f (x) = 0 + o((x x0 )m ) il limite del rapporto `e in ogni caso = 0.
Consideriamo alcuni
Esempi.

Studiamo

sin(x) x
.
x2 sin(x)
Come dalla regola generale iniziamo sempre con il denominatore. Qui non `e necessario svilupparlo con Taylor, `e invece pi`
u semplice semplificarlo usando il principio
di sostituzione: sin(x) x per x ! 0 e quindi
lim

x!0

sin(x) x
sin(x)

2
x sin(x)
x3

Ora visto che il denominatore `e di 3 ordine dobbiamo quindi sviluppare anche il


numeratore fino al 3 ordine:
sin(x) = x

x3
6

+ o(x3 )

sin(x)

Cos` risulta
sin(x)
x3

x=
x3
6
x3

x3
6

+ o(x3 )
1
6

x3
6

per x ! 0.

APPLICAZIONI DELLA FORMULA DI TAYLOR

77

e quindi
lim

x!0

Studiamo

sin(x) x
=
x2 sin(x)

1
.
6

sin(2x) ln (1 + x)2
.
x!0
cos x2
1
lim

Iniziamo sempre con il denominatore: Sappiamo che per t ! 0

( x2
2
2
2
cos(t) = 1
=)
1=
+o x2
= x8 +o(x2 ) x8 (x = 2t ! 0)
2
Visto che il denominatore `e di 2 ordine dobbiamo ora sviluppare anche il numeratore al 2 ordine. Perci`
o notiamo prima che ln((1 + x)2 ) = 2 ln(1 + x), quindi
9
(t=2x)
2
2
2 =
sin(t) = t + o(t ) (t ! 0)
=)
sin(2x) = 2x + o (2x) = 2x + o(x )
)
2
;
2
2 ln(1 + x) = 2 x x + o(x ) = 2x x2 + o(x2 )
(t= x2 )

2
t2
2 +o(t )

cos( x2

sin(2x)

ln (1 + x)

= 2x + o(x )

Cos` risulta

2x

x + o(x ) = x2 + o(x2 ) x2

sin(2x) ln (1 + x)2
x2

=
x2
cos x2
1
8

(x ! 0)

e quindi
sin(2x) ln (1 + x)2
=
x!0
cos x2
1
lim

8.

Abbiamo gi`
a visto in questi esempi semplici che per procedere servono delle regole per
il calcolo con gli o() come per esempio o(x2 ) + o(x2 ) = o(x2 ) oppure o(4x2 ) = o(x2 ).
Per calcolare limiti pi`
u complicati servono ulteriori
Regole per il Calcolo con gli o(). Per x ! x0 con x0 2 R

o(f ) = o(f ) per ogni 2 R, per esempio o(xn ) = o(xn );


o(f ) + o(f ) = o(f ), per esempio o(xn ) + o(xn ) = o(xn );
f o(g) = o(f g), per esempio xm o(xn ) = o(xm+n );
o(f ) o(g) = o(f g), per esempio o(xm ) o(xn ) = o(xm+n );
o(o(f )) = o(f ), per esempio o(o(xn )) = o(xn );
o((x x0 )m ) = o((x x0 )n ) se m n, per esempio o(x4 ) = o(x2 ) per x ! 0.
(x x0 )m = o((x x0 )n ) se m > n, per esempio x5 = o(x4 ) per x ! 0.
se f g allora o(f ) = o(g), p.e. sin(x) x e quindi o(sin(x)) = o(x) per x ! 0;
se f (x) g(x) per x ! x0 e '(t) ! x0 per t ! t0 allora f ('(t)) g('(t)) per t !
t0 , p.e. ln(1 + x) x (x ! 0) e sin(t) ! 0 (t ! 0) allora ln(1 + sin(t)) sin(t) t
(t ! 0).

Qui, come sempre, con o(f ) si deve immaginare la qualit`


a di un resto di tendere pi`
u
velocemente a 0 di f e non come una quantit`a. In particolare in generale si ha
o(f ) = o(g) 6) o(g) = o(f ),
f + o(h) = g + o(h) 6) f = g,
o(f ) o(f ) 6= 0.
Esempi.

Calcolare, se esiste,
lim

x!0

e2

p
1 + sin(x)
.
ln cos(x)

78

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Soluzione. Tutti gli sviluppi si intendono per x ! 0. Iniziamo con il denominatore. Visto che si tratta di ununica espressione `e pi`
u semplice usare lultima regola
e il principio di sostituzione anziche svilupparlo con Taylor (che comunque faremo
nel prossimo esercizio). Allora, prima serve un piccolo trucco
=:t!0

}|
ln cos(x) = ln 1 + cos(x)

t = cos(x)

x2
.
2

Abbiamo verificato lultima equazione (con segno opposto) gi`a a pagina 75. Si
potrebbe, per`
o, anche ragionare usando lo sviluppo
cos(x) = 1

x2
2

+ o(x2 )

cos(x)

x2
2

1=

+ o(x2 )

x2
2 .

Poiche il denominatore `e di 2 ordine, dobbiamo sviluppare anche il numeratore


fino al 2 ordine: Ponendo t = x2 otteniamo
t

e =1+t+

t2
2

x 2
2

x
+ o(t ) = 1 + +
2
2

+o

x 2
2

=1+

x
2

x2
8

+ o(x2 ) = e 2 .

Inoltre ponendo ora t := sin(x) segue (per lo sviluppo della radice


pagina 74)
p
2
1 + t = 1 + 2t t8 + o(t2 )
=1+

sin(x)
2

1 + t cfr.

x2

z }| {
p
+ o(sin2 (x)) = 1 + sin(x).

sin2 (x)
8

Per la penultima regola o(sin2 (x)) = o(x2 ) e usando lo sviluppo sin(x) = x + o(x2 )
segue
p
1 + sin(x) = 1 +
=1+

x+o(x2 )
2

+ o(x2 )

=o(x2 )

x+o(x2 )
2

Quindi
e2

x+o(x2 )
8

=o(x4 )=o(x2 )

z }| {
z }| {
2
2 2
x2 +2x o(x ) + o(x )

+ o(x2 ) = 1 +

p
1 + sin(x) = 1 +
=2

x
2

x2
8

x2
8

+ o(x2 )

+ o(x2 ) =

x2
4

1+

x
2

+ o(x2 )

x2
8
x2
4 .

x
2

+ o(x2 )

x2
8

+ o(x2 ).

Qui `e importante osservare che soltanto dopo aver sviluppato tutto il numeratore si
usa lasintoticit`
a, farlo prima significherebbe usare il principio di sostituzione per
una dierenza (che `e gravemente sbagliato!!). Quindi per il principio di sostituzione
per rapporti risulta
p
x
x2
e2
1 + sin(x)
1
42 =
x
2
ln cos(x)
2

da cui

lim

e2

x!0

Calcolare, se esiste,
lim

x!0

p
1 + sin(x)
=
ln cos(x)

1
.
2

cos(x) + ln cos(x)
.
x4 + x5

APPLICAZIONI DELLA FORMULA DI TAYLOR

79

Soluzione. Tutti gli sviluppi si intendono per x ! 0. Iniziamo come sempre con
il denominatore: Visto che x5 = o(x4 ) risulta
x4 + x5 = x4 + o(x4 ) x4 .
Quindi il numeratore `e da sviluppare fino al 4 ordine.
cos(x) = 1

x2 x4
+
+ o(x4 )
2
24

cos(x) =

x2
2

x4
+ o(x4 ).
24
2

Mentre nellesempio precedente era sufficiente osservare che ln(cos(x)) x2 qui


non possiamo ragionare cos` altrimenti si applicherebbe il principio di sostituzione
ad una dierenza. Dobbiamo invece sviluppare ln(cos(x)) fino al 4 ordine: Allora
z

=:t!0

}|
ln cos(x) = ln 1 + cos(x)

con

t2
+ o(t2 )
2

ln(1 + t) = t
e

x2 x4
x2
+
+ o(x4 ) =
+ o(x2 ).
2
24
2
Non `e necessario sviluppare ln(1 + t) fino a t4 poiche t = cos(x) 1 `e di ordine
2 e di conseguenza t2 espresso in x diventa di 4 ordine. Inoltre, nello sviluppo di
ln(1+t) dobbiamo sostituire t con cos(x) 1 sviluppato fino al 4 ordine mentre nel
2
espressione t2 basta come vedremo lo sviluppo fino al 2 ordine. Non e sbagliato
usare anche l` lo sviluppo fino al 4 ordine, soltanto i conti si complicheranno
leggermente. La cosa importante e che alla fine non ci saranno resti o(xk ) con
k < 4. Quindi
cos(x)

1=

ln cos(x) = cos(x)

cos(x)
2

x2 x4
+
+ o(x4 )
2
24

x2
2

+o
|

x2
2

}|
cos(x)
{z

= x4

{
2

=o(x4 )

+ o(x2 )
2

=o(x4 )

+ o(x4 )

}|
{
2
2
2 2
x2 2
x

o(x
)
+
o(x
)
x2 x4
2
=
+
+ o(x4 )
2
24
2
x2 x4 x4
=
+
+ o(x4 )
2
24
8
x2 x4
=
+ o(x4 ).
2
12
Cos` per il numeratore segue
2
2

x
x4
x
x4
4
4
1 cos(x) + ln cos(x) =
+ o(x ) +
+ o(x )
2
24
2
12
x4 x4
=
+ o(x4 )
24 12
1 4
1 4
=
x + o(x4 )
x .
8
8

80

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Per il rapporto segue con il principio di sostituzione


1

1
8

x4
=
x4

cos(x) + ln cos(x)

x4 + x5

1
8

e quindi
lim

x!0

Calcolare, se esiste,

cos(x) + ln cos(x)
=
x4 + x5
esin(x) sin(x)
x
x!0
tan2 (3x)

lim

1
.
8

Soluzione. Per x ! anche t := 3x ! 0 e quindi vale


tan(t) =

sin(t)
t
=t
cos(t)
1

(t=3x)

=)

tan2 (3x) (3x)2 = 9x2 .

Allora dobbiamo sviluppare il numeratore fino al 2 ordine: Da


t2
+ o(t2 ),
2
sin(x) = x + o(x2 )
et = 1 + t +

segue con t := sin(x) ! 0 per x ! 0


sin2 (x)
+ o sin2 (x)
2
2
x + o(x2 )
= 1 + x + o(x2 ) +
+ o(x2 )
2
x2 + 2x o(x2 ) + o(x2 )2
=1+x+
+ o(x2 )
2
x2
=1+x+
+ o(x2 ).
2

esin(x) = 1 + sin(x) +

Inoltre
sin(x) = x

x3
+ o(x3 )
6

quindi
=o

1 3
x
x

=o(x2 )

z }| {
1
o(x3 )
x

x3
+
6x
x2
=1
+ o(x2 ).
6
Notiamo che qui era necessario sviluppare sin(x) fino al 3 ordine poiche la divisione
per x abbassa lordine per 1. Cos` risulta

sin(x)
x2
x2
sin(x)
e
x=1+x+
1
x + o(x2 )
x
2
6
2
2
= x2 + o(x2 ) x2
3
3
e quindi
2
2
esin(x) sin(x)
x
2
x
3 x

=
2
2
9x
27
tan (3x)
sin(x)
=1
x

APPLICAZIONI DELLA FORMULA DI TAYLOR

81

che implica
esin(x) sin(x)
x
x!0
tan2 (3x)
lim

2
.
27

Concludiamo questi esempi con una


Osservazione. In questo esempi abbiamo calcolato sviluppi di Taylor di diverse funzioni usando sviluppi noti e le regole per il calcolo con gli o() senza fare alcuna derivata.
Usando la terza osservazione su pagina 72 in questa maniera abbiamo anche calcolato i
polinomi di Taylor. Per esempio
p
2
2
f (x) := 1 + sin(x) = 1 + x2 x8 + o(x2 )
)
T2 (x) = 1 + x2 x8 ,
x2 x4
x2 x4
+ o(x4 )
)
T4 (x) =
,
2
12
2
12
x2
x2
f (x) := esin(x) = 1 + x +
+ o(x2 )
)
T2 (x) = 1 + x + ,
2
2
dove il polinomio di Taylor si riferisce alla corrispondente funzione f e il centro x0 = 0.
f (x) := ln cos(x) =

Mentre le prime due applicazioni della Formula di Taylor usavano il resto di Peano, la
terza fa uso del resto di Lagrange.
Calcolo Numerico.
Problema. Data una funzione (possibilmente complicata) f : (a, b) ! R e x 2 (a, b),
trovare un valore approssimato per f (x), per esempio calcolare cos( 12 ) con un errore
< 10 3 .
Lidea per risolvere questo problema `e di usare la Formula di Taylor con resto di
Lagrange: Esiste c tra x e x0 tale che
f (x) =

n
X
f (k) (x0 )

k!

|k=0

{z

(x

=Tn (x)

x0 ) k +
}

f (n+1) (c)
(x
(n + 1)!
|
{z

=Rn (x)

x0 )n+1
}

dove il centro x0 2 (a, b) e lordine n sono ancora da determinare. Se sappiamo che


|f (n+1) (s)| M per ogni s 2 (a, b) allora possiamo valutare lerrore Rn (x) = f (x) Tn (x)
Rn (x) =

f (n+1) (c)
|x
(n + 1)!

x0 |n+1

M
|x
(n + 1)!

x0 |n+1

e cos` si pu`
o valutare la precisione dellapprossimazione. Rimane la scelta del centro
x0 2 (a, b) che deve rispettare i seguenti principi:
(i) in x0 si devono conoscere valore e tutte le derivate di f fino al n-esimo ordine, cio`e
f (k) (x0 ) per k = 0, 1, . . . , n, altrimenti non si pu`o calcolare Tn esplicitamente;
(ii) tra tutti i punti in (i) si sceglie quello che sta pi`
u vicino a x in maniera che il fattore
|x x0 |n+1 = (distanza tra x e x0 )n+1 sia pi`
u piccolo possibile.
Se, fortunatamente, |x x0 | < 1, allora le potenze |x x0 |n+1 ! 0 per n ! +1 e quindi
contribuisce, insieme al fattoriale (n + 1)! nel denominatore, a diminuire lerrore |Rn (x)|
fatto.
Consideriamo alcuni esempi concreti:
Esempi.

Calcolare cos

1
2

con unerrore < 10

3.

Soluzione. Qui f = cos e x = 12 . Visto che qualsiasi derivata di f `e data da sin(x)


oppure cos(x) vale
f (k) (s) 1 =: M

per ogni k 2 N ed ogni s 2 R.

82

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Passiamo alla scelta del centro x0 . Il punto pi`


u vicino a x = 12 nel quale si conoscono
tutte le derivate di f = cos `e x0 = 0. Cos` otteniamo la stima3
Rn (x)

(n + 1)!

1
2

n+1

!
1
< 10
n+1
(n + 1)! 2

Questo `e una disuguaglianza in n che `e equivalente a

(n + 1)! 2n+1 > 1000.

Per trovare il valore n 2 N pi`


u piccolo che verifica questa relazione si deve procedere per
tentativi:
n
1
2
3
4

(n + 1)! 2n+1
24=8
6 8 = 48
24 16 = 384
120 32 = 3840 > 1000 X

Quindi possiamo scegliere n = 4 e cos` risulta


cos

1
2

T4

1
2

1
< 10
3840

Infine T4 `e dato da
x2 x4
+
)
2
24
Riassumendo abbiamo verificato che
T4 (x) = 1

cos

T4

1
2

=1

337
1

< 10
384
3840

1
2

1 2
2

2
3

1 4
2

24

337
.
384

337
384 .

cio`e la soluzione `e

Usare
uno sviluppo di secondo ordine per calcolare un valore approssimativo di
p
2
30 valutando anche lerrore fatto.
Soluzione. Il numero quadrato pi`
upvicino a x = 30 `e 25p= 52 e quindi scegliamo
come centro x0 = 25 (le derivate di 2 x contengono ancora 2 x, pertanto questa scelta
semplificher`
a i calcoli). Per la Formula di Taylor con il resto di Lagrange esiste poi un
c 2 [x0 , x] = [25, 30] tale che
f (x) =

dove

x = f (25) + f 0 (25) (x
|
1

f (x) = x 2
1
1
f 0 (x) = x 2
2
1
f 00 (x) =
x
4
5
3
f 000 (x) = x 2
8
!
3qui il simbolo <
10

25) +
{z

T2 (x)

)
)
3
2

)
)

significa che deve essere <.

f 00 (25)
(x
2!

f 000 (c)
25)2 +
(x
} | 3!
{z

R2 (x)

f (25) = 5,
1
1
f 0 (25) =
= ,
25
10
f 00 (25)
1
1
=
=
,
3
2!
45 2
1000
5
5
f 000 (c)
3
1
=
c 2 =
c 2
3!
86
16

25)3 ,
}

SERIE DI TAYLOR

83

e quindi sostituendo x = 30 risulta


p

1
1
c 2 3
30 = 5 +
5
52 +
5
10
1000
16
5
219
c 2 3
=
+
5
40
|{z}
|16{z }
=valore approssimativo

=errore R2 (30) compiuto


5

con c 2 [25, 30]. Per stimare lerrore osserviamo che la funzione c 2 `e decrescente in c e
quindi segue
5
25 2 3
1
R2 (30)
5 =
.
16
400
p
Riassumendo, lo sviluppo di secondo ordine d`a come approssimazione di 30 il valore
219
1

40 che lascia un errore 400 = 0, 0025.


p
p
1
1
Esercizio. Calcolare e con unerrore < 1000
. (Suggerimento: e = e 2 .)
Osservazione. In entrambi gli esempi la funzione f ammetteva derivate di qualsiasi
ordine. Ci si pu`
o chiedere che cosa succede con lapprossimazione Tn (x) di f (x) se
n ! +1. Per studiare questo problema definiamo dapprima per un intervallo I R
\
C1 (I) :=
Cn (I).
n2N

Quindi f 2 C1 (I) significa che f : I ! R ammette derivate f (n) di qualsiasi ordine


n 2 N.
Serie di Taylor
Se per f 2 C1 (a, b) esiste M

0 tale che

f (k) (x) M k

per ogni x 2 (a, b) ed ogni k 2 N

allora possiamo stimare il resto Rn (x) = f (x)


Rn (x) =

f (n+1) (c)

|x

(n + 1)!

x0 |n+1

Tn (x) come

M n+1

|x
(n + 1)!
|
{z

=:rn

x0 |n+1 ! 0
}

per n ! +1.

Per verificare che lim rn = 0 si usa un trucco: Calcoliamo


n!+1

rn+1
M n+2 |x
=

rn
(n + 2)! |x

x0 |n+2 (n + 1)!
M |x x0 |

=
! 0 =: q < 1.
n+1
n+1
x0 |
M
n+2
P
Ci`o implica che per il criterio del rapporto la serie +1
n=0 rn converge e quindi il criterio
necessario per la convergenza di una serie implica rn = Rn (x) ! 0 per n ! +1.
Di conseguenza
!0

f (x) = lim

n!+1

z }| {
Tn (x) + Rn (x) = lim Tn (x)
n!+1

per ogni x 2 (a, b).

Quindi abbiamo dimostrato il seguente risultato.

Proposizione 5.20. Sia f 2 C1 (a, b) e x0 2 (a, b). Se esiste M


M k per ogni x 2 (a, b) ed ogni k 2 N, allora
f (x) = lim

n!+1

n
X
f (k) (x0 )

|k=0

k!

{z

(x

x0 ) k =
}

=Tn (x) Polinomio di Taylor

+1 (k)
X
f (x0 )

|k=0

k!

{z

0 tale che f (k) (x)


(x

=: Serie di Taylor

x0 ) k
}

84

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Quindi, se f `e C1 e le derivate f (k) non crescono troppo rapidamente con lordine k,


f (x) si pu`
o rappresentare come Serie di Taylor
f (x) =

+1 (k)
X
f (x0 )

k!

k=0

(x

x0 ) k

per ogni x 2 (a, b)

Esempi.
sin 2 C1 (R) con | sin(k) (x)| 1 =: M = M k per ogni x 2 R ed ogni
k 2 N e quindi dallo sviluppo a pagina 73 segue (con x0 = 0)
sin(x) =

+1
X
k=0

( 1)k

x2k+1
(2k + 1)!

per ogni x 2 R

Similmente seguono i seguenti sviluppi di altre funzioni elementari


cos(x) =

ex =

1
X

+1
X
k=0

( 1)k

xk
k!

+1
X
x2k+1
(2k + 1)!
k=0

+1
X
x2k
cosh(x) =
(2k)!
k=0

ln(1 + x) =
(1 + x) =

per ogni x 2 R

per ogni x 2 R

k=0

sinh(x) =

x2k
(2k)!

+1
X
k=1

+1
X
k=0

per ogni x 2 R

( 1)k+1

per ogni x 2 R

xk

xk
k

per ogni x 2 ( 1, 1)

per ogni 2 R e x 2 ( 1, 1)

Concludiamo questo capitolo sul calcolo dierenziale con lo


Studio di Funzione
Problema. Data una funzione f : X R ! R, tracciare un grafico approssimativo di
f.
Per risolvere questo problema conviene procedere cercando di seguire lo schema seguente
pi`
u possibile. Si tenga presente che spesso non `e possibile eseguire tutti i punti sottoelencati. In questi casi le informazioni mancanti (p.e. esistenza di zeri, estremi locali ecc.)
si possono eventualmente dedurre alla fine dello studio come conseguenza delle altre
informazioni.
(i) Determinazione del dominio X: Sono da individuare tutti i punti x 2 R per i quali
lespressione f (x) sia ben definita. Per esempio
argomenti sotto radici di ordine pari devono essere 0,
argomenti di logaritmi devono essere > 0,
la base di unesponenziale deve essere > 0,
denominatori devono essere 6= 0, ecc.
In generale, per calcolare il dominio X di una funzione si deve risolvere un sistema
di disequazioni.

STUDIO DI FUNZIONE

Esempio. Sia f (x) := p

sin(x2 )
.
2 ln(x2 2)

85

Allora il numeratore `e definito per ogni x 2 R

mentre per il denominatore si deve verificare


x

2>0

ln(x2

2) > 0

()
()
()
()

x2 > 2 e 2 > ln(x2 2)


p
|x| > 2 e e2 > x2 2
p
p
|x| > 2 e |x| < e2 + 2
p
p
p p
x2
e2 + 2,
2) [ ( 2, e2 + 2 .

(ii) Simmetrie (pari, dispari) e periodicit`


a: cfr. pagine 34 e 35.
(iii) Intersezioni con gli assi: Con lasse-x: risolvere lequazione f (x) = 0. Con lasse y:
se 0 2 X calcolare f (0).
(iv) Segno della funzione: Risolvere lequazione f (x) > 0 (o f (x) < 0).
(v) Calcolo dei limiti (da destra/sinistra) alla frontiera di X: Si calcolano i limiti (da
destra/sinistra) di f (x) negli estremi finiti, se esistono, del dominio X e si deducono
gli eventuali asintoti verticali, cfr. pagina 41. Se X `e illimitato, si calcolano inoltre
i limiti limx!1 f (x) =: l, determinando se vi sono asintoti orizzontali y = l (se
l 2 R), cfr. pagina 41. Se invece l = 1 si procede con la
(vi) Individuazione degli asintoti obliqui: Se esistono m 6= 0 e q 2 R tale che
lim

x!+1

f (x)

[m x + q] = 0

e/o

lim

x! 1

f (x)

[m x + q] = 0

allora si dice che la retta y = mx + q `e asintoto obliquo per f a +1 e/o 1.


Graficamente ci`
o significa che la distanza tra il grafico di f e la retta y = mx + q
tende a 0 per x ! 1. Per verificare lesistenza di un asintoto obliquo si procede
come segue: Si verifica prima se esiste finito il limite
f (x)
lim
=: m 6= 0 = pendenza dellasintoto.
x!1 x
Nel caso aermativo si verifica se esiste finito il limite
lim

x!1

f (x)

mx =: q

= ordinata allorigine dellasintoto.

Se entrambi i limiti esistono in R con m 6= 0, allora y = mx + q `e asintoto obliquo


di f per x ! 1.
Esempio. Sia f (x) := ln e3x+2 + 5 . Allora
lim f (x) = ln(5),

mentre

x! 1

lim f (x) = +1

x!+1

Quindi y = ln(5) `e un asintoto orizzontale di f per x !


un asintoto obliquo per x ! +1. Per ci`o studiamo

ln e3x+2 + 5 H
f (x)
m = lim
= lim
= lim
x!+1 x
x!+1
x!+1
x

3e3x+2
e3x+2 +5 H

1. Inoltre, puo esistere

9 e3x+2
=3
x!+1 3 e3x+2

= lim

e inoltre (usando la continuit`


a del logaritmo)

q = lim f (x) mx = lim ln e3x+2 + 5


3x = lim ln e3x+2 + 5
x!+1

= lim ln

x!+1

e3x+2 + 5

x!+1

e3x+2 + 5 H
3 e3x+2
= ln lim
=
ln
lim
x!+1
x!+1 3 e3x
e3x

e3x

3 e3x e2
= ln lim
= ln e2 = 2.
x!+1 3 e3x
Pertanto la retta di equazione
x!+1

y = 3x + 2
`e asintoto obliquo per x ! +1 della funzione data, cfr. il grafico.

ln e3x

86

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

14

ln(e3x+2+5)
12
10
8
6
4

y=ln(5)

y=3x+2

Figura 40. Asintoto obliquo.


(vii) Studio della derivata prima (crescenza/decrescenza, punti critici ed estremi locali):
Si calcola la derivata prima f 0 (x) e il corrispondente dominio. Risolvendo lequazione f 0 (x) = 0 si calcolano i punti critici x0 di f . Eventualmente, studiando il
cambiamento del segno di f 0 (x) in x = x0 si pu`o classificare la natura del punto
critico (minimo o massimo locale, cfr. pagina 64). Infine si studia il segno di f 0 (x)
per ottenere informazioni sulla monotonia di f .
(viii) Studio della derivata seconda (estremi locali, concavit`
a/convessit`
a, punti di flesso):
Si calcola (se non si ottiene un espressione troppo complessa) la derivata seconda.
Se i punti critici non sono gi`
a stati classificati nel punto (vii) si calcolano i valori
00
di f nei punti critici per poi applicare il criterio per estremi locali, cfr. pagina 74.
Definizione. Sia f : X R ! R derivabile in (a, b) X. Se f 0 (x) in (a, b) `e
crescente, allora si dice che f `e convessa (oppure concava verso lalto) in (a, b),
decrescente, allora si dice che f `e concava (oppure concava verso il basso) in
(a, b).
f concava

f convessa

Figura 41. Funzioni convesse e concave.


Dal test di monotonia (cfr. pagina 63) segue che se f 2 C2 (a, b), allora

f `e convessa in (a, b) () f 0 `e crescente in (a, b)


0

f `e concava in (a, b) () f `e decrescente in (a, b)

() f 00 (x)
00

0 per ogni x 2 (a, b),

() f (x) 0 per ogni x 2 (a, b).

Diremo che f : (a, b) ! R ammette retta tangente in x0 2 (a, b) se il rapporto


incrementale di f in x0 ammette limite (finito o infinito), cio`e se esiste
lim

x!x0

f (x)
x

f (x0 )
2 R.
x0

Definizione. Un punto (x0 , f (x0 )) si chiama (punto di) flesso di f : (a, b) ! R


in x0 2 (a, b), se f `e continua in (a, b), derivabile in (a, b) \ {x0 } e se
f ammette retta tangente in x0 , e

STUDIO DI FUNZIONE

87

la concavit`
a di f `e opposta dalle due parti di x0 .
Si nota che per f 2 C2 (a, b) in un punto di flesso x0 2 (a, b) vale necessariamente
f 00 (x0 ) = 0 per il teorema degli zeri.
Esempi.
Sia f (x) = x3 . Allora f 0 (x) = 3x2 e f 00 (x) = 6x. Visto che f 00 (x) < 0 per
x < 0 e f 00 (x)
p > 0 per x > 0, lorigine `e un punto di flesso di f .
Sia f (x) = 3 x. Allora f ammette una retta tangente verticale in x0 = 0. Inoltre
2

f 0 (x) = (x 3 )0 = x 3 3 e f 00 (x) = 23 x 33 = 2x9 3 per x 6= 0. Quindi f 00 (x) > 0


per x < 0 e f 00 (x) < 0 per x > 0 e allora lorigine `e un punto di flesso di f .
Sia f (x) = |x| + x3 . Allora il rapporto incrementale di f in x0 = 0 `e dato da
lim

h!0

f (h)

f (0)
h

= lim

h!0

|h|

|h| + h3
= lim
+ h2 = 1.
h
h!0 h

Quindi f non ammette tangente in x0 = 0 e quindi (0, 0) non `e un punto di flesso


di f , nonostante che f cambia concavit`a in quel punto.

p
3

x3

jxj+x3

x
flesso

flesso

x
non flesso

Figura 42. Punti di flesso e no.

Seguendo questo schema `e utile tracciare il grafico gradualmente, inserendo le informazioni via via raccolte anziche raccogliere tutto e poi fare il grafico: i processi graduali
aiutano a controllare la coerenza del procedimento e a capire quali informazioni `e ancora
utile raccogliere.
Consideriamo ora un esempio completo.
Esempio. Studiare la funzione f (x) = e x
tivo.

1
3

|x + 3| e tracciarne un grafico approssima-

Soluzione: (i) Dominio: f (x) `e definito per ogni x 6= 3 e quindi X = ( 1, 3) [


(3, +1).
(ii) Simmetrie: il grafico di f non rappresenta simmetrie.
(iii) Intersezione con gli assi: Visto che la funzione esponenziale `e sempre > 0, f (x) = 0
() |x + 3| = 0 () x + 3 = 0 () x = 3. Inoltre vale 0 2 X e f (0) =
1
3
e 3 |3| = p
3 e.
(iv) Segno di f (x): Visto che il modulo `e sempre 0, f (x) 0 per ogni x 2 X.

88

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

(v) Limiti alla frontiera del dominio: I punti di frontiera di X sono: 1, 3, +1.
Studiamo perci`
o i limiti (da destra/sinistra dove indicato) in quei punti:
!0

z }| {
!+1
1
z }| {
lim f (x) = lim e x 3 |x + 3| = e0 (+1) = +1,

x!1

x!1

= 1

z0}| {
!6
1
z }| {
lim f (x) = lim e x 3 |x + 3| = e

x!3

x!3

6 = 0,

1 =+1
+

z0}| {
!6
1
z }| {
lim f (x) = lim e x 3 |x + 3| = e+1 6 = +1.

x!3+

x!3+

Quindi la retta x = 3 rappresenta un asintoto verticale per x ! 3+ . Visto che


lim f (x) = +1, possono esistere
x!1

(vi) Asintoti obliqui per x ! 1: Allora calcoliamo


!1

z}|{
1
f (x)
e x 3 |x + 3|
|x + 3|
m : = lim
= lim
= lim
= 1,
x!1 x
x!1
x!1
x
x
e
1

q : = lim f (x) m x = lim e x 3 |x + 3| x


!e0 3=3
x!1
x!1
z }| {

8
1
1
1
>
lim e x 3 (x + 3) x = lim
ex 3 1 x + ex 3 3
<x!+1
x!+1

1
1
1
=
x 3 ( x
x 3
x 3 3
lim
e
3)
+
x
=
lim
1
e

x
e
>
| {z }
:x! 1
x! 1

nel caso +,
nel caso .

!e0 3=3

Quindi studiamo prima

lim

x!1

ex

1
3

1 x = lim

ex

x!1

x 3

ove abbiamo usato che t :=

1
x 3

x
x

= lim

t!0

et

1
t

lim

x!1

x
x

= 1 1 = 1,

! 0 per x ! 1. Cos` risulta

q = 1 3 = 4
e quindi y = x + 4 e y = x 4 sono asintoti obliqui per x ! +1 e x ! 1,
rispettivamente.
(vii) Studio di f 0 (x): Visto che |x + 3| `e derivabile per ogni x 6= 3, la funzione `e
derivabile per ogni x 2 X con x =
6
3. Inoltre per il rapporto incrementale nel
punto x0 = 3 vale
f0 (

f (x) f ( 3)
ex
3) = lim
= lim
x ( 3)
x! 3
x! 3
=e

1
6

(1) = e

1
6

1
3

|x + 3|
x+3

lim e x

x!

1
3

|x + 3|
x+3

STUDIO DI FUNZIONE

89

Quindi f 0 ( 3) 6= f+0 ( 3) e di conseguenza f non `e derivabile in x0 =


Calcoliamo ora f 0 (x) per x 6= 3: per x > 3, x =
6 3 vale

3.

f 0 (x) = e x
= ex

1
3

1
3

|x + 3| = e x

1
3

x2
(x
x2
(x

7x+6
3)2
7x+6
3)2

1
1
x 3 1

(x
+
3)
+
e
(x 3)2
2
x
7x + 6

.
(x 3)2

(x + 3) = e x

|x + 3| = e x

e quindi
8
< e x1 3
0
f (x) =
1
: ex 3

1
3)2 (x + 3)
= ex 3
2
(x 3)

(x

Similmente segue per x <


f 0 (x) = e x

1
3

( x

se x >
se x <

3) =

ex

1
3

x2 7x + 6
(x 3)2

3, x 6= 3,
3.

Calcoliamo ora i punti critici di f : Visto che la funzione esponenziale non ammette
zeri, segue che
p
7 72 4 6
75
0
2
f (x) = 0
()
x
7x + 6 = 0
()
x = x1,2 =
=
2
2
()
x = x1 = 6 opp. x = x2 = 1.
Studiamo ora la monotonia di f attraverso il segno di f 0 (x): Visto che
1

ex 3
> 0 8 x 6= 3
(x 3)2
x2
segue che

f (x) =

8
>
>
>
>
>
>
>
<
>
>
>
>
>
>
>
:

7x + 6 = (x

6) (x

1)

ex 3
(x 3)2

(x

6) (x

1) < 0

per x <

ex 3
(x 3)2

(x

6) (x

1) > 0

per

(x 3)2

(x

6) (x

1) < 0

per 1 < x < 6, x 6= 3,

ex 3
(x 3)2

(x

6) (x

1) > 0

per 6 < x.

1
ex 3
1

3,

3 < x < 1,

Di conseguenza

f `e strettamente crescente in ( 3, 1) [ (6, +1),

f `e strettamente decrescente in ( 1, 3) [ (1, 6) \ {3}.

(viii) Studio di f 00 (x): f 0 `e derivabile per x 6= 3. Inoltre per x > 3, x 6= 3 vale


1 x2 7x + 6 0
f 00 (x) = e x 3
(x 3)2
1
1
1
(x2 7x + 6)
(x 3)2 (2x 7) 2(x 3) (x2
x 3
= ex 3

+
e
2
(x 3)2
(x 3)2
(x 3)2
1

ex 3
=

(x
(x 3)4

3)2 (2x

ex 3
=
13x
(x 3)4

33 .

7)

2(x

3) (x2

7x + 6)

(x2

7x + 6)

7x + 6)

90

5. CALCOLO DIFFERENZIALE

Similmente per x <

x2 7x + 6 0
ex 3
f (x) =
e

=
(13x 33).
(x 3)2
(x 3)4
Quindi risulta
8
1
< e x 3 (13x 33) se x > 3, x 6= 3,
(x 3)4
00
f (x) =
1
: e x 3 (13x 33) se x < 3.
(x 3)4
00

3 si ottiene
1

1
x 3

Classifichiamo i due punti critici x1 = 6 e x2 = 1 trovati nel punto precedente:


1

Visto che

ex 3
(x 3)4

> 0 per ogni x 2 X segue che

segno f 00 (6) = segno 13 6


00

33 > 0

segno f (1) = segno 13 1


con f (6) = 9 e
risolviamo

1
3

f 00 (x) = 0

x1 = 6 `e un punto di minimo locale,

33 < 0 ) x2 = 1 `e un punto di massimo locale


p
1
= 9 3 e, f (1) = 4 e 2 = p4e . Per trovare eventuali flessi
()

13x

33 = 0

()

x0 := x =

33
.
13

Inoltre per x 6= 3 vale

33
,
cio`e f `e convessa in
13
33
f 00 (x) 0
()
x ,
cio`e f `e concava in
13
e quindi risulta che x0 = 33
e un punto di flesso.
13 `
f 00 (x)

()

33
13 , 3

e (3, +1)

1, 3) e ( 3, 33
13

Da tutte le informazioni ottenute risulta che f ha il seguente grafico.


1

f(x)=e x--3 jx+3j

y=x+4

4
y= -x-4

x
-3

1
-4

33
13

x=3

Figura 43. Studio di f (x) = e x

1
3

|x + 3|.

CAPITOLO 6

Calcolo Integrale per Funzioni di una Variabile


Integrale: Definizione e prime Propriet`
a
Problema. Data una funzione f : [a, b] ! R limitata, calcolare larea A tra il grafico
di f e lasse x.
f (x)

Figura 44. Larea A.


Lidea per risolvere questo problema `e di approssimare larea A da sotto e da sopra, cio`e
per eccesso e per difetto.
Se poniamo m := inf f e M := sup f , allora sicuramente
m (b

a) A M (b

a),

che per`o d`
a una approssimazione troppo scarsa. Per migliorarla dividiamo lintervallo
[a, b] in tanti sottointervalli e procediamo in ogni sottointervallo come prima.
Per precisare questa idea ci serve una
Definizione 6.1.
se

Un insieme P = {x0 , x1 , x2 , . . . , xn } si chiama partizione di [a, b]

a = x0 < x1 < x2 < . . . < xn = b.


Se f : [a, b] ! R `e limitata e P `e una partizione di [a, b], allora definiamo per
i = 1, 2, 3, . . . , n
mi := inf f (x) : x 2 [xi

1 , xi ]

Mi := sup f (x) : x 2 [xi


xi := xi

s(f, P ) :=
S(f, P ) :=

n
X
i=1
n
X
i=1

xi

1 (=

1 , xi ]

,
,

lunghezza dellintervallo [xi , xi

mi

xi =: somma inferiore

Mi

xi =: somma superiore

1 ])

Quindi per ogni partizione P di [a, b] vale


s(f, P ) A S(f, P ),

cio`e le somme inferiori sono sempre approssimazioni di A per difetto mentre le somme
superiori danno sempre approssimazioni per eccesso. Perci`o
pi`
u grande `e s(P, f ) meglio `e,
pi`
u piccolo `e S(P, f ) meglio `e.
91

92

6. CALCOLO INTEGRALE

f (x)

f (x)
S(f, P )

s(f, P )
m

m
a = x0 x1

x2

x3

x4

x5 = b

a = x0 x1

x2

x3

x4

x5 = b

Figura 45. Somma inferiore s(P, f ) e somma superiore S(P, f ).


Se non c`e dierenza tra la migliore approssimazione da sotto (cio`e quella pi`
u grande
per difetto) e quella migliore da sopra (cio`e quella pi`
u piccola per eccesso), allora il
problema `e (teoricamente) risolto e f si dice integrabile.
Per precisare questo procedimento facciamo la seguente
Definizione 6.2. Sia f : [a, b] ! R limitata. Se
sup s(P, f ) : P partizione di [a, b] = inf S(P, f ) : P partizione di [a, b] =: I,
allora f si dice integrabile (secondo Riemann1). In questo caso A = I e
Z b
f (x) dx := I
a

si dice integrale di f (= funzione integranda) in [a, b] (= dominio dellintegrazione).


Osservazioni.
Come variabile di integrazione non `e necessario scegliere x si pu`o
anche scrivere
Z b
Z b
Z b
f (x) dx =
f (s) ds =
f (t) dt = . . .
a

f `e integrabile () per ogni " > 0 esiste una partizione P = P" tale che
S(P" , f )

s(P" , f ) < ".

f (x)
<"

a=x0 x1

x2

x3

x4

x5 =b

Figura 46. Criterio per lintegrabilit`a.


Larea sotto lasse x `e negativa, per esempio se f : [0, 1] ! R, f (x) :=
R1
x 2 [0, 1] allora 0 f (x) dx = 1.
In un certo senso
Z b
n
X
f (x) dx = lim
f (xi ) xi
a

che spiega luso della notazione


f`a) per lintegrale.

Rb
a

xi !0

1 per ogni

i=1

f (x) dx (inventata da Leibniz pi`


u di 300 anni

Consideriamo alcuni
1Ci sono altri modi per arontare questo problema che portano a definizioni diverse, per esempio quella

di Lebesgue.

`
INTEGRALE: DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETA

93

Esempi.
Se f `e costante, cio`e f (x) = c per ogni x 2 [a, b] allora s(P, f ) = S(P, f ) =
Rb
c (b a) per P = {a, b} e quindi f `e integrabile con a f (x) dx = c (b a).
La funzione di Dirichlet (cfr. pagina 46)
(
1 se x 2 [a, b] \ Q
f (x) :=
0 se x 2 [a, b] \ Q
non `e integrabile. Infatti visto che per ogni partizione P ogni intervallo [xi 1 , xi ]
contiene sia punti razionali (in cui f ammette il valore 1) si punti irrazionali (in
cui f ammette il valore 0) segue mi = 0 e Mi = 1 per ogni i = 1, 2, . . . , n. Cos`
risulta per ogni partizione
s(P, f ) = 0 6= b

a = S(P, f )

che implica che f non `e integrabile.


Continuiamo studiando alcune

Propriet`
a dellIntegrale. Siano f, g : [a, b] ! R integrabili. Allora
f + g `e integrabile per ogni , 2 R (cio`e linsieme delle funzioni integrabili
con dominio [a, b] `e uno spazio vettoriale) e
Z b
Z b
Z b
f (x) + g(x) dx =
f (x) dx +
g(x) dx
a

(cio`e lintegrale `e unoperazione lineare);


Se f (x) g(x) per ogni x 2 [a, b] allora
Z b
Z b
f (x) dx
g(x) dx
a

(cio`e lintegrale `e monotona);


anche |f | `e integrabile e
Z b
Z b
f (x) dx
|f (x)| dx
a

(disuguaglianza triangolare).
per ogni , , 2 [a, b] si ha
Z
Z
f (x) dx +

f (x) dx =

f (x) dx

(additivit`
a dellintegrale rispetto agli estremi di integrazione)
f (x)

Figura 47. Additivit`a rispetto agli estremi di integrazione.


ove definiamo
Z
f (x) dx := 0

f (x) dx :=

f (x) dx

se > .

R0
R1
(per esempio 1 f (x) dx :=
0 f (x) dx).
Se la funzione integranda e il dominio di integrazione hanno qualche simmetria, allora
lintegrale si semplifica nella seguente maniera.

94

6. CALCOLO INTEGRALE

Proposizione 6.3. Sia f := [ a, a] ! R integrabile. Allora


Z a

f (x) dx = 0, se f `e dispari,

a
a
a

f (x) dx = 2

f (x) dx, se f `e pari,


0
f(x) dispari

f(x) pari

=0
=2

+
-a
a

-a

Figura 48. Integrazione di funzioni simmetrici.


A questo punto si pongono due
Problemi. (i) Quali funzioni sono integrabili?
Rb
(ii) Se f `e integrabile, come si pu`o calcolare a f (x) dx ?

Per i nostri scopi il seguente risultato d`a una risposta sufficiente al primo problema.
Teorema 6.4. Se f : [a, b] ! R `e limitata e
ha un numero finito di discontinuit`
a, oppure
`e monotona
allora f `e integrabile. In particolare ogni f 2 C[a, b] `e integrabile.

Qui lultima aermazione segue dal primo punto visto che una funzione continua su [a, b]
ha zero punti di discontinuit`
a ed `e limitata per Weierstra.
Esempi. Le funzioni f : [0, 1] ! R e g : [0, 3] ! R definite come
8
h

x
(
>
<e
1 n+1
1 n
1 n+1
1
se
x
2
1
,
1
,
2
2
2
f (x) :=
g(x) := x2 2
>
1
se x = 1
:
sin(2x)

se x 2 [0, 1),
se x 2 [1, 2),
se x 2 [2, 3],

sono integrabili in quanto f (nonostante abbia un numero infinito di punti di di1

f(x)

g(x)

1.5

0.5

0.5

0.5

1.5

2.5

0.5

0.2

0.4

0.6

0.8

Figura 49. Esempi di funzioni integrabili non continue.


scontinuit`
a) `e crescente e g ha soltanto 2 punti di discontinuit`a (x0 = 1 e x1 =
2).

IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE

95

Il Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale


Rb
Passiamo ora al secondo problema, cio`e cerchiamo modi per calcolare A = a f (x) dx
visto che soltanto in casi particolarmente semplici `e possibile di determinare A usando
la definizione.
Perci`o ci serve prima il seguente
Teorema 6.5 (Teorema della Media). Se f 2 C[a, b], allora esiste c 2 [a, b] tale che

f(x)
=

b
a

f (x) dx = f (c) (b

a)

f(c)

Figura 50. Teorema della media.

Dimostrazione. Per Weierstra esistono


m := min f,

M := max f.

Inoltre vale (cfr. pagina 91)


m (b

a)

min f = m

b
a

f (x) dx M (b
1

b
|

a)

f (x) dx
{z
}

M = max f.

= valor medio di f in [a,b]

Quindi per il teorema dei valori intermedi (cfr. pagina 47) esiste c 2 [a, b] tale che
Z b
f (x) dx = f (c) (b a).
a

Da questo risultato segue un importante teorema:


Teorema 6.6 (Teorema Fondamentale del Calcolo Integrale). Sia f 2 C[a, b] allora la
funzione
Z x
F : [a, b] ! R, F (x) :=
f (s) ds
= funzione integrale di f
a

`e derivabile con
F 0 (x) = f (x)

per ogni x 2 [a, b].

Dimostrazione. Per verificare la derivabilit`a di F dobbiamo studiare il suo rapporto


incrementale per h ! 0. Allora usando prima ladditivit`a dellintegrale rispetto agli

96

6. CALCOLO INTEGRALE

f (s)
F (x)

Figura 51. La funzione integrale.


estremi di integrazione e poi il teorema della media segue
R x+h
Rx
f (s) ds
F (x + h) F (x)
a
a f (s) ds
=
h
h
R x+h
f (s) ds
= x
h
h f (c)
=
= f (c)
h
per un c = cx,h tra x e x + h. Quindi h ! 0 implica cx,h ! x e la continuit`a di f implica
F (x + h)
h

F (x)

= f (cx,h ) ! f (x)

per h ! 0,

cio`e F `e derivabile con F 0 (x) = f (x).

Osservazioni.
Se G `e una funzione derivabile tale che G0 = f , allora G si dice
primitiva di f . Linsieme
Z
f (x) dx =: {G : G e una primitiva di f }

si chiama integrale indefinito di f .


R
Per distinguere un integrale indefinito f (x) dx (che rappresenta uninsieme di
Rb
funzioni) da un integrale a f (x) dx (che `e un numero reale), questultimo viene
anche chiamato integrale definito.
Se F e G sono due primitive di f 2 C[a, b] allora
(F

G)0 = F 0

G0 = f

f =0

e per la caratterizzazione delle funzioni costanti (cfr. pagina 65) esiste c 2 R tale
che
F (x) = G(x) + c per ogni x 2 [a, b].
Per questo motivo se F `e una primitiva qualsiasi di f si scrive spesso
Z
f (x) dx = F (x) + c
dove c 2 R indica una costante arbitraria di integrazione.

Siamo ora in grado di dare una soluzione al secondo problema.


Corollario 6.7. Se f 2 C[a, b] e G `e una primitiva di f (cio`e G0 = f ), allora
Z b

b
b
f (x) dx = G(b) G(a) =: G(x) a =: G(x) a .
a

IL TEOREMA FONDAMENTALE DEL CALCOLO INTEGRALE

97

Dimostrazione. Sia F la funzione integrale di f . Allora per il Teorema fondamentale


F `e una primitiva di f e quindi per losservazione precedente esiste c 2 R tale che
F (x) = G(x) + c per ogni x 2 [a, b]. Quindi
Z

f (x) dx =
a

zZ

=F (b)

}|

zZ

f (x) dx
a

=0=F (a)
a

}|

f (x) dx
a

= F (b)

F (a) = G(b) + c

= G(b)

G(a).

G(a) + c

Quindi vale la seguente


Osservazione. Per calcolare

Rb
a

f (x) dx basta trovare una primitiva di f .

Abbiamo scritto basta tra virgolette poiche come vedremo trovare una primitiva di
una funzione f (si dice anche integrare f ) generalmente non `e un compito semplice.
Tuttavia possiamo ora calcolare i primi integrali non banali.
Esempi.

Visto che

x3 0
3
Z 2

= x2 segue

x2 dx =

x3
3

=
1

1
23
3

7
13 = .
3

y=x2

7
_

Figura 52. Area sotto il grafico.


Sia G(x) := ln |x| per x 6= 0. Allora G `e derivabile e
(
0
ln(x) = x1
se x > 0,
0
G (x) =
0
1
1
ln( x) = x ( 1) = x se x < 0.
Quindi

1
dx = ln |x| + c
x
Osservazione. Questo fatto ci permette di dare una nuova rappresentazione per
il logaritmo: Per x > 0 vale
Z x
1
x
ds = ln(s) 1 = ln(x) ln(1) = ln(x).
s
1
Visto che per ogni r 6=
Z

1 vale

xr+1 0
r+1

= xr insieme con lesempio precedente segue

8
<ln |x| + c
r
x dx = xr+1
:
+c
r+1

se r =

se r 6=

98

6. CALCOLO INTEGRALE
1
s

ln(x)
x

Figura 53. Il logaritmo.


La funzione G(x) := arctan(x), x 2 R `e derivabile con arctan0 (x) =
Z
1
dx = arctan(x) + c
1 + x2
Z

ex dx = ex + c

Z
Z

sin(x) dx =

cos(x) + c

sinh(x) dx = cosh(x) + c

1
1+x2

e quindi

cos(x) dx = sin(x) + c
cosh(x) dx = sinh(x) + c

In questi esempi era semplice di indovinare la primitiva di una funzione integranda data
(per esempio per xr con r 6= 1) oppure siamo partiti con una funzione derivabile G
che poi per definizione diventa la primitiva della sua derivata f = G0 . Nelle applicazioni
invece `e in generale data una funzione integranda f per la quale non `e immediato
indovinare una primitiva.
Quindi ci poniamo il seguente
Problema. Come si pu`
o trovare una primitiva di una funzione pi`
u complicata?
Per esempio, il logaritmo ln `e continuo e quindi integrabile ma come si pu`o calcolare
Z
ln(x) dx =?
Per risolvere questo problema studiamo ora

Metodi di Integrazione
Lidea per risolvere il problema di trovare una primitiva di una funzione `e che, grazie al Teorema fondamentale del calcolo integrale, la derivazione e lintegrazione sono
operazioni inverse, cio`e: Se h `e derivabile con continuit`a (brevemente si dice h 2 C1 ),
allora
Z
()
h0 (x) dx = h(x) + c.
Cos` una regola di derivazione implica una regola associata di integrazione.

Integrazione per Parti. Sappiamo che se f, g sono C1 allora anche h := f g `e C1 con


h0 (x) = f 0 (x) g(x) + f (x) g 0 (x).

Quindi da () segue
Z
Z
Z
0
0
f (x) g(x) dx + f (x) g (x) dx =
Cos` risultano le formule

f 0 (x) g(x) + f (x) g 0 (x) dx = f (x) g(x) +c


| {z }
{z
}
=h0 (x)

=h(x)

METODI DI INTEGRAZIONE

Integrazione per Parti (versione indefinita)


Z
f 0 (x) g(x) dx = f (x) g(x)
Integrazione per Parti (versione definita)
Z b
f 0 (x) g(x) dx = f (x) g(x)
a

b
a

Z
Z

99

f (x) g 0 (x) dx

b
a

f (x) g 0 (x) dx

Quindi il metodo di integrazione per parti corrisponde alla regola di derivazione di un


prodotto.
Vediamo ora come si applica questa regola
Esempi.

Utilizziamo integrazione per parti per calcolare


Z
xr ln(x) dx

per r 6= 1. A questo punto dobbiamo decidere quale dei fattori `e f 0 (x) e quale
g(x). Ma visto che con la scelta f 0 (x) = ln(x) non si pu`o continuare non conoscendo
la primitiva del logaritmo, lunica possibilit`a `e xr = f 0 (x) e ln(x) = g(x) e quindi
r+1
(siccome r 6= 1) f (x) = xr+1 e g 0 (x) = x1 . Cos` risulta
Z
Z r+1
xr+1
x
1
r
x ln(x) dx =
ln(x)
dx
r+1
r+1 x
Z
xr+1
1
=
ln(x)
xr dx
r+1
r+1
xr+1
1
xr+1
=
ln(x)

+c
r+1
r+1 r+1
xr+1
1
=
ln(x)
xr+1 + c
r+1
(r + 1)2
xr+1
1
=
ln(x)
+ c.
r+1
r+1
In questo esempio il metodo integrazione per parti funziona poiche il logaritmo
g(x) = ln(x) `e una funzione complicata con derivata g 0 (x) = x1 semplice.
Quindi passando la derivata da f (x) a g(x) lintegrale si semplifica. Inoltre possiamo
dire che per r = 0 otteniamo g(x) = x0 = 1 per ogni x e quindi abbiamo anche
calcolato
Z
ln(x) dx = x ln(x) 1 + c.
Se si vuole calcolare questo integrale direttamente (cio`e senza il fattore xr ) si deve
procedere con un piccolo trucco:
Z

ln(x) dx =

1 ln(x) dx = |{z}
x ln(x)
|{z}
| {z }
| {z }
f 0 (x)

= x ln(x)
Anche lintegrale

g(x)

f (x)

x + c.

g(x)

Z z

=1

{
1
x
dx
|{z}
x
|{z}
f (x)

}|

g 0 (x)

ex cos(x) dx

si pu`
o calcolare usando integrazione per parti. Perci`o scegliamo f 0 (x) = ex e g(x) =
cos(x) (ma funzionerebbe anche viceversa). Allora f (x) = ex e g 0 (x) = sin(x) e

100

6. CALCOLO INTEGRALE

quindi
Z

e cos(x) dx = |{z}
e cos(x)
|{z}
| {z }
| {z }
f 0 (x)

f (x)

g(x)

g(x)

ex
sin(x) dx.
|{z}
| {z }
f (x)

g 0 (x)

Sembra che non `e cambiato molto, invece il trucco `e di integrare unaltra volta per
parti, dove usiamo u, v invece di f, g per non confonderci
Z
Z
x
x
e cos(x) dx = e cos(x) + |{z}
ex sin(x) dx
| {z }
u0 (x)

v(x)

= e cos(x) + |{z}
e sin(x)
| {z }
u(x)

v(x)

ex cos(x) dx.
|{z}
| {z }
u(x)

v 0 (x)

Cos` siamo tornati allintegrale iniziale e a prima vista il procedimento risulta essere
inutile. Invece abbiamo trovato unequazione del tipo
I =E+I
per lintegrale I in questione con unespressione E nota e, molto importante,
=

1 6= 1.

Nel caso = 1 lintegrale si semplifica e quindi tutto era infatti inutile. Per 6= 1
invece lequazione si risolve facilmente come I = 1 E cio`e (visto che qui 1 = 2)
Z

ex cos(x) dx =

Consideriamo

ex sin(x) + cos(x)
+ c.
2

cos2 (x) dx.

Allora, con f 0 (x) = g(x) = cos(x) otteniamo f (x) = sin(x) e g 0 (x) =


quindi
Z
Z
cos(x) cos(x) dx = sin(x) cos(x)
sin(x)
sin(x) dx
| {z } | {z }
| {z } | {z }
| {z } | {z }
f 0 (x)

g(x)

f (x)

g(x)

f (x)

sin(x) e

g 0 (x)

Ora si potrebbe avere la stessa idea come nellintegrale precedente di integrare


unaltra volta per parti. Ci`
o invece non funziona e porta soltanto allannullamento
di tutto. Invece si usa la relazione sin2 (x) + cos2 (x) = 1 che implica
Z
Z
cos2 (x) dx = sin(x) cos(x) +
sin2 (x) dx
| {z }
= sin(x) cos(x) +

= sin(x) cos(x) + x

1 cos2 (x)

1 dx
Z

cos2 (x) dx

cos2 (x) dx

che, come prima, `e unequazione per lintegrale in questione che `e facilmente da


risolvere con la soluzione
Z
sin(x) cos(x) + x
cos2 (x) dx =
+ c.
2

METODI DI INTEGRAZIONE

101

Integrazione per Sostituzione. Abbiamo visto come il metodo integrazione per parti
segue dalla regola per la derivazione di un prodotto. Ora invece partiamo con la regola
della catena (per derivare le funzioni composte) e cerchiamo la regola corrispondente
per lintegrazione.
Sia f 2 C[a, b] con una primitiva F . Sia, inoltre ' : [, ] ! [a, b] derivabile con
continuit`
a e '0 6= 0. Allora la funzione composta2
h : [, ] ! R,

h(t) := F '(t)

`e derivabile con
h0 (t) = F 0 '(t) '0 (t) = f '(t) '0 (t).

Sostituendo queste espressioni nellequazione () a pagina 98 risulta la formula chiamata


Integrazione per Sostituzione (versione indefinita)
Z
f '(t) '0 (t) dt = F '(t) + c.
dove F `e una primitiva di f , cio`e F 0 = f .
Sostituendo nella versione indefinita gli estremi t =
Teorema Fondamentale a pagina 96
Z
f '(t) '0 (t) dt = F '(t)

e t = segue dal corollario sul


t=
t=

= F '( )

F '()

x='( )
x='()

= F (x)
Z '( )
=
f (x) dx.
'()

Quindi abbiamo dimostrato la formula


Integrazione per Sostituzione (versione definita)
Z
Z '( )
0
f '(t) ' (t) dt =
f (x) dx

'()

Prima di considerare esempi concreti deduciamo due regole generali di integrazione:


Esempi.
Se nella versione indefinita della formula integrazione per sostituzione
scegliamo f (x) = x1 con la primitiva F (x) = ln |x| e per ' una funzione C1 con
'(t) 6= 0 per ogni t allora segue
Z 0
' (t)
dt = ln '(t) + c
'(t)
Un esempio concreto di questo tipo `e
Z
Z
sin(t)
tan(t) dt =
dt
cos(t)
'0 (t)

Z z }| {
sin(t)
dt
cos(t)
| {z }
'(t)

ln cos(t) + c.

2per non confonderci usiamo come variabili t 2 [, ] e x 2 [a, b].

102

6. CALCOLO INTEGRALE

Se nella versione indefinita della formula integrazione per sostituzione scegliamo


2
f (x) = x con la primitiva F (x) = x2 e per ' una funzione C1 allora segue
Z
'(t)2
'(t) '0 (t) dt =
+c
2
Un esempio concreto di questo tipo `e
Z
sin2 (t)
sin(t) cos(t) dt =
+ c.
| {z } | {z }
2
'0 (t)

'(t)

Osservazione. In pratica, si usa il metodo integrazione per sostituzione nell seguente


modo: Nella funzione integranda (nella variabile t) si indovina un espressione '(t) che
indichiamo con x, cio`e si fa la sostituzione x := '(t). Considerando x come funzione in
t si deriva rispetto a t e si ottiene (formalmente)
dx
= '0 (t) ) dx = '0 (t) dt
dt
Cos` risulta gi`
a la versione indefinita:
=x
Z
Z
z}|{
0
f '(t) ' (t) dt = f (x) dx = F (x) + c.
| {z } | {z }
=f (x)

=dx

F0

dove
= f . Per ottenere la versione definitiva basta osservare che
t = ) x = '(t) = '(), e
t=
) x = '(t) = '( )
cio`e t 2 ['(), '( )]3 () x 2 [a, b] e quindi
Z
Z '( )
0
f '(t) ' (t) dt =
f (x) dx.

'()

Questo ragionamento `e puramente formale, ma dimostra la forza della notazione


R per le
derivate (come rapporti tra infinitesimi) e gli integrali (come somme continue f (x) dx)
inventati pi`
u di 300 anni f`
a da Leibniz.
Vediamo ora come funziona questo procedimento in unesempio concreto:
Esempi.

Calcoliamo

1 dt.

p
In questo caso lidea `e far sparire la radice ponendo x := t 1 (= '(t)). Visto che
anche il fattore t p
nellintegrale deve essere espresso nella nuova variabile risolviamo
lequazione x := t 1 per t:
x2 = t

t = x2 + 1.

Ora ci sono 2 modi per trovare la relazione tra


p dx e dt:
consideriamo (come sopra indicato) x = t 1 come funzione in t e deriviamo
rispetto a t, cio`e

1 0
1
dx
1
= (t 1) 2 = 12 (t 1) 2 1 = 12 p
= 12 x1 ) dt = 2x dx.
dt
t 1
oppure
consideriamo t = x2 + 1 come funzione in x e deriviamo rispetto a x, cio`e
dt
= 2x ) dt = 2x dx
dx
3se '() < '( ), altrimenti t 2 ['( ), '()]

METODI DI INTEGRAZIONE

103

e quindi le due possibilit`


a portano allo stesso risultato. Inoltre abbiamo
p
t = 1 ) x = p1 1 = 0, e
t = 2 ) x = 2 1 = 1.
Quindi risulta
Z 2
Z 1
p
t t 1 |{z}
dt =
(x2 + 1) x 2x dx
|{z}
|
{z
}
1
0
x2 +1

2xdx

=2
(x4 + x2 ) dx
0
h 5
3 1
= 2 x5 + x3 0
h 5
16
3
= 2 15 + 13
0 =
.
15

Nellesempio precedente si trattava di un integrale definito in t per il quale abbiamo


calcolato gli estremi nella nuova variabile x. Anzich`e calcolare gli estremi in x, dopo
la integrazione si pu`
o anche tornare alla variabile iniziale (che per integrali indefiniti `e
sempre necessario) e poi sostituire gli estremi originali. Cos` faremo nei prossimi esempi.
Calcoliamo

4 p

dt.

p
Allora, per fare sparire la radice procediamo come prima e poniamo x := t cio`e
dt
t = x2 . Ci`
o implica dx
= 2x e quindi dt = 2x dx. Ora non calcoliamo gli estremi in
x ma li sostituiamo con . . . intendendo che non ci interessano in questo momento.
Cos` risulta
Z 4 p
Z ...
t
e dt =
ex 2x dx.
1

...

Questo `e un tipico integrale che si risolve per parti e quindi dobbiamo individuare
chi `e f 0 e chi g. Qui la scelta giusta `e f 0 (x) = ex e g(x)
x poiche se facciamo
R =
2
x
viceversa lintegrale non si semplifica ma diventa tipo x e dx che `e ancora pi`
u
difficile. Allora

Z ...
Z ...
x
x ...
x
2
x |{z}
e dx = 2 x e ...
1 e dx
|{z}
...

g(x)

(x =

f 0 (x)

t)

...

= 2 x ex

...

ex

...

h p p
i4
=2 e t t 1
1

2
= 2 e (2 1) e1 (1

1) = 2 e2 .

In questo esempio abbiamo visto che pu`o capitare che si devono usare entrambi i
metodi, cio`e integrazione per sostituzione e anche integrazione per parti.
Consideriamo ora lintegrale indefinito
Z
cos ln(t) dt.
In questo esempio facciamo sparire il logaritmo ponendo x := ln(t) cio`e t = ex . Ci`
o
implica
dt
= ex ) dt = ex dx.
dx

104

6. CALCOLO INTEGRALE

Quindi otteniamo
Z
Z
cos ln(t) |{z}
dt = cos(x) ex dx
|{z} x
x

e dx

lultimo integrale `e gi`


a stato calcolato a pagina 100 usando integrazione per parti
e quindi
ex sin(x) + cos(x)
+c
2
sin ln(t) + cos ln(t)
= eln(t)
+c
2
sin(ln(t)) + cos(ln(t))
=t
+c
2
=
x = ln(t)

Ripetiamo che in questo esempio, come per tutti gli integrali indefiniti, dopo la
sostituzione `e necessario tornare alla variabile iniziale, in questo caso t.
Mentre negli esempi passati era abbastanza semplice indovinare la sostituzione (cio`e trovare il '(t) che poi viene chiamato x) ci sono integrali dove la sostituzione `e abbastanza
difficile da trovare.
Calcoliamo larea A di un cerchio di raggio 1 data dallequazione
x2 + y 2 = 1.

Risolvendo lequazione nel primo quadrante si ottiene y =


segue
A=4

1p

x2 e per simmetria

x2 dx

Con la sostituzione x := sin(t) cio`e t = arcsin(t) segue


dx
dt = cos(t) ) dx = cos(t) dt,
x = 0 ) t = arcsin(0) = 0,
x = 1 ) t = arcsin(1) = 2 .
p
Visto che per t 2 [0, 2 ] vale 1 sin2 (t) = cos(t) 0 risulta
Z

1p

x2 dx =
=

Z
Z

=cos(t)

zq }|
{
1 sin2 (t) cos(t) dt
cos2 (t) dt.

Abbiamo calcolato questo integrale gi`a a pagina 100

Z
2
sin(t) cos(t) + t 2

2
cos (t) dt =
= .
2
4
0
0
Quindi risulta

= .
4
Nella stessa maniera si pu`
o verificare che larea A(r) di un cerchio di raggio r
`e data da
A(r) = r2 .
A=4

METODI DI INTEGRAZIONE

Calcoliamo

105

arctan(x) dx

Allora visto che arctan(x) (come anche ln(x)) `e una funzione complicata con
1
una derivata 1+x
u semplice, lidea per risolvere questo integrale e usare
2 molto pi`
integrazione per parti. Perci`
o useremo il trucco di inserire il fattore 1 che abbiamo
gi`a usato per integrare il logaritmo ln(x) (cfr. pagina 99):
Z
Z
arctan(x) dx = |{z}
1 arctan(x) dx
| {z }
f 0 (x)

g(x)

= |{z}
x arctan(x)
| {z }
f (x)

g(x)

= x arctan(x)

1
2

1
x
dx
|{z}
2
1
+
x
f (x) | {z }
g 0 (x)

'0 (x)

z}|{
2x
2 dx
1| +
x
{z }
'(x)

= x arctan(x)

ln(1 + x2 )
+ c,
2

dove per lultimo integrale abbiamo usato la formula a pagina 101. Altrimenti si
potrebbe anche utilizzare la sostituzione t := 1 + x2 e procedere come negli altri
esempi.
Osservazione. Gli esempi che abbiamo visto dimostrano chiaramente che integrare una
funzione pu`
o essere difficile ed impegnativo mentre in confronto derivare `e una semplice
procedura che si pu`
o fare abbastanza meccanicamente. In eetti ci sono funzioni continue
(che quindi, per il teorema fondamentale, possiedono una primitiva) composizione di
funzioni elementari tali che le primitive non possono essere espresse usando solo funzioni
elementari. Per esempio
f : R ! R,

f (x) = ex

sono continue (infatti C1 ) ma le loro primitive non si possono esprimere utilizzando


solo le funzioni che abbiamo incontrati finora. Quindi in un certo senso non si possono
calcolare
Z
Z
2
x2
e dx
e
e x dx
e questo fatto dimostra che integrare esplicitamente una funzione pu`o essere addirittura
impossibile.
Esempio. Calcolare il limite
lim

x!0

Rx
0

1 es ds
=: l.
sin(x3 )

Soluzione. Come indicato sopra non possiamo calcolare lintegrale. Per`o, grazie alle
Regole di lHospital e il Teorema Fondamentale del calcolo integrale ci`o non `e neanche
necessario! Prima di derivare sostituiamo sin(x3 ) con lespressione x3 che `e asintotica
per x ! 0 e possiede derivate molto pi`
u semplici. Quindi, per il principio di sostituzione,

106

6. CALCOLO INTEGRALE

vale
l = lim

x!0

= lim

x!0

Rx
0

es

x3
2

ex
=
3x2

ds

0
0

1
ex
1
lim
2
3 x!0 x

1
.
3

Integrazione di Funzioni Razionali


Problema. Come si integra una funzione razionale p(x)
q(x) per due polinomi p, q, per
esempio
Z 4
x
2x2 + 10
dx ?
x2 3x + 2

A questo problema c`e sempre una soluzione che inoltre coinvolge soltanto i tre integrali
1
notevoli per xr con r 6= 1, x 1 e 1+x
e scomporre la funzione integranda
2 . Il problema `
in maniera tale si possono utilizzare tali integrali. Si procede in 3 passi:
1 passo: Se grado(p)
grado(q), allora dividiamo p per q con resto ottenendo
polinomi s e r con
p = s q + r,
grado(r) < grado(q),
cio`e
p(x)
r(x)
= s(x) +
.
q(x)
q(x)
Per esempio per p(x) = x4 2x2 + 10 e q(x) = x2 3x + 2 otteniamo
9x
x4
2x2
+ 10 : x2 3x + 2 = x2 + 3x + 5 + 2
x
3x + 2
x4 + 3x3 2x2
3x3 4x2
3x3 + 9x2
6x
2
5x
6x + 10
2
5x + 15x 10
9x
2 passo: Usando la linearit`
a dellintegrale si ottiene
Z
Z
Z
p(x)
r(x)
dx =
s(x) dx
+
dx
q(x)
q(x)
| {z }
semplice da calcolare

Per esempio
Z 4
Z
Z
x
2x2 + 10
9x
2
dx = x + 3x + 5 dx +
dx
2
2
x
3x + 2
x
3x + 2
Z
x3 3x2
9x
=
+
+ 5x +
dx.
2
3
2
x
3x + 2
3 passo: Si calcola
Z
r(x)
dx.
q(x)
Consideriamo soltanto il caso grado(q) = 2 cio`e q(x) = ax2 + bx + c, r(x) = dx + e.
Ci sono 3 casi secondo il segno del discriminante di q(x):
(i) b2 4ac > 0, cio`e q(x) ha due zeri reali distinti x1 , x2 .

INTEGRAZIONE DI FUNZIONI RAZIONALI

(ii) b2
(iii) b2

107

4ac = 0, cio`e q(x) ha soltanto uno zero reale x0 .


4ac < 0, cio`e q(x) non ha zeri reali.

Caso (i): I due zeri distinti di q(x) sono date da


p
b b2 4ac
x1,2 =
.
2a
Allora si possono trovare due costanti A, B 2 R (uniche) tali che
Z
r(x)
A
B
r(x)
=
+
)
dx = A ln |x x1 | + B ln |x
q(x)
x x1 x x2
q(x)

x2 | + c.

Lesempio precedente con q(x) = x2 3x + 2 entra proprio in questo caso: Qui


abbiamo
p
3 32 4 1 2
31
x1,2 =
=
= 1 opp. 2.
21
2
Inoltre r(x) = 9x e quindi cerchiamo costanti A, B 2 R tale che
9x 0 ! A
B
(A + B) x (2A + B)
=
+
=
.
3x + 2
x 1 x 2
(x 1) (x 2)
Confrontando i coefficienti ci`
o vale se e solo se

A+B =9
A= 9
()
2A + B = 0
B = 18
x2

x2

e quindi otteniamo
9x
9
18
=
+
)
3x + 2
x 1 x 2
Cos` risulta
Z 4
x
2x2 + 10
x3
dx
=
+
x2 3x + 2
3
Caso (ii): Lunico zero di q(x)

x2

9x
dx =
3x + 2

3x2
+ 5x
2
`e dato da

9 ln |x

9ln |x 1|+18ln |x 2|+c.


1| + 18 ln |x

2| + c.

b
2a
Allora si possono trovare due costanti A, B 2 R (uniche) tali che
Z
r(x)
A
B
r(x)
B
=
+
)
dx = A ln |x x0 |
+ c.
2
q(x)
x x0 (x x0 )
q(x)
x x0
Come esempio concreto consideriamo lintegrale
Z
3x
dx.
x2 2x + 1
Allora il denominatore si annulla se e solo se
p
2 22 4
x=
= 1 = x0 .
2
Quindi cerchiamo A, B 2 R tale che
3x+0 ! A
B
A x + (B A)
=
+
=
2
2
x
2x + 1
x 1 (x 1)
(x 1)2
Confrontando i coefficienti ci`
o vale se e solo se

A=3
A=3
()
B A=0
B=3
x0 =

x2

e quindi otteniamo
3x
3
3
=
+
2x + 1
x 1 (x 1)2

x2

3x
dx = 3 ln |x
2x + 1

1|

3
x

+ c.

108

6. CALCOLO INTEGRALE

Caso (iii): In questo caso q(x) non ha zeri reali. Allora si possono trovare due
costanti A, B 2 R (uniche) tali che
Z
Z
r(x)
A q 0 (x)
B
r(x)
1
=
+
)
dx = A ln |q(x)| + B
dx,
q(x)
q(x)
q(x)
q(x)
q(x)
R 0 (x)
dove abbiamo usato la formula qq(x)
dx = ln |q(x)| (cfr. pagina 101). Rimane da
calcolare lintegrale
Z
Z
dx
1
=
dx.
2
q(x)
ax + bx + c
2 R tale che

q(x) = ax2 + bx + c = 1 + x+

Per fare ci`


o si cercano costanti , ,

Usando la sostituzione
x+
t :=
risulta

dx
=
q(x)
=
=

)
Z

dt
1
=
dx

dx =

dt

dx

2
1 + x+
Z
dt

= arctan(t) + c
1 + t2
x +
arctan
+ c.

Riassumendo, in questo caso otteniamo


Z
x +
r(x)
B
dx = A ln |q(x)| +
arctan
+ c.
q(x)
dove

r(x)
A q 0 (x) + B
=
e
q(x) =
q(x)
q(x)
Come esempio concreto consideriamo lintegrale
Z
4x
dx.
2
x
4x + 13

1+

x+ 2

Visto che il discriminante del denominatore b2 4ac = 42


terzo caso. Allora, cerchiamo prima A, B 2 R tale che

4 13 < 0 siamo nel

=2x 4

z
}|
{
2
0
4x+0
A

(x
4x
+
13)
+B
2A x + ( 4A + B)
!
=
=
.
2
2
x
4x + 13
x
4x + 13
x2 4x + 13
Confrontando i coefficienti ci`
o vale se e solo se

2A = 4
A=2
()
4A + B = 0
B=8
e quindi
Z

x2

4x
dx = 2 ln x2
4x + 13

Inoltre vale
x2

4x + 13 = (x

4x + 13 + 8

2)2 + 9 = 9 1 +

x2

1
dx.
4x + 13

x 2 2
3

CALCOLO DI AREE PIANE

cio`e = 2,

=3e
x2

109

= 9 e cos` con la sostituzione t := x 3 2 ) dx = 3dt risulta


Z
1
1
dx
dx =
2
4x + 13
9
1 + x3 2
Z
3
dt
1
=
= arctan(t) + c
9
1 + t2
3
1
x 2
= 3 arctan 3 + c.

Riassumendo otteniamo il risultato finale


Z
4x
dx = 2 ln x2 4x + 13 + 83 arctan
2
x
4x + 13
R1 2
Altri Esempi.
Calcolare 0 cosh(x)
dx (Sost. ex = t).
R 2
Calcolare sinh(x) dx. (Sost. ex = t).

x 2
3

+ c.

Calcolo di Aree Piane

Ricordiamo che per una funzione f : [a, b] ! R integrabile


Z b
f (x) dx = area tra il grafico di f e lasse x,
a

dove, per`
o, larea sotto lasse x `e negativa. Quindi per calcolare larea A di una funzione
che assume sia valori positivi sia negativi si deve dividere il dominio in sottointervalli in
cui f (x) non cambia segno:
f (x)

f (x)

A=

I=A1 +A2 +A3

=A1

A2 +A3

Figura 54. Calcolo di aree.


Quindi in questo esempio vale
Z c
Z d
Z b
Z b
I=
f (x) dx +
f (x) dx +
f (x) dx =
f (x) dx
A=

f (x) dx
a

f (x) dx +
c

mentre

f (x) dx
d

Pi`
u in generale, se vogliamo determinare larea A compresa tra i grafici di due funzioni
f, g : [a, b] ! R integrabili, allora
Z b
A=
f (x) g(x) dx,
a

se f (x)

g(x) per ogni x 2 [a, b].

Esempio. Calcolare
larea A compresa tra i grafici di x2 e
p
2
visto che x x per x 2 [0, 1] abbiamo
Z 1
h 3
i
p
3 1
A=
( x x2 ) dx = 23 x 2 x3
= 23
0

x per x 2 [0, 1]. Allora,

1
3

= 13 .

Se invece i grafici si intersecano, allora bisogna calcolare le ascisse dei punti di intersezione e poi spezzare il dominio di integrazione come sopra.

110

6. CALCOLO INTEGRALE

f(x)
A

b
g(x)

Figura 55. Calcolo del area tra due grafici.

x
x2
A = 1/3

Figura 56. Esempio: Calcolo del area tra due grafici.


Esempio. Calcolare larea A tra i grafici di f (x) := x3

2x e g(x) := x2 .

Soluzione. Per cominciare dobbiamo calcolare i punti di intersezione tra f e g. Allora


x3

2x = x2

()

0 = x3

x2

2x = x (x2

()

1)

x=

1, 0, 2.

Inoltre vale
f (x) = x3

g(x) = x2

2x

()

x 2 [ 1, 0] [ [2, +1)

e quindi
A=

(x

2x)

x dx =

(x

1
h x4

2x)

x2

4
= 0 ( 14
37
= .
12

dx +

h x3
x 3 i0
+
3 1
3
1
23
1 + 3) + 3

x2

(x3

2x) dx

i2
x4
+ x2
4
0
2
24
4 +2

Calcolo di Volumi di Corpi di Rotazione


Lidea per calcolare il volume V di un solido `e di scomporlo in sezioni di spessore
infinitesimale e poi di sommare tutto usando lintegrale. Mentre il caso generale viene
trattato in Capitolo 10, qui consideriamo soltanto corpi ottenuti facendo ruotare intorno
allasse x il grafico di una funzione f : [a, b] ! R.
Allora, usando il fatto che larea di un cerchio di raggio r 0 `e data da A(r) = r2
(cfr. pagina 104) otteniamo
dV = f 2 (x) dx

= volume della sezione

INTEGRALI IMPROPRI

111

f(x)

g(x)
-1

A=
0

= 37/12

Figura 57. Esempio: Calcolo del area tra due grafici.


e quindi risulta
V =

f 2 (x) dx

y=f(x)

dV

dx
z
Figura 58. Corpo di rotazione.
Esempi.
Calcoliamo il Volume di un cono di altezza h e raggio r della base.
Allora f (x) = hr x per x 2 [0, h] e quindi
Z h
r 2
r 2 x3 h r 2 h
V =
x dx = 2
=
.
h
h
3 0
3
0
Calcoliamo il Volume
di una sfera di raggio r.
p
2
Allora f (x) = r
x2 e quindi
Z r

x3 r
r3 4
V =
(r2 x2 ) dx = 2 r2 x
= 2 r2
= r3 .
3 0
3
3
r
Integrali Impropri

Ricordiamo che finora unintegrale definito rappresenta unarea A tra lasse x


ed una funzione integranda f limitata,
su un dominio di integrazione [a, b] limitato.
Questo significa che al momento non abbiamo definito integrali del tipo
Z 1
1
p dx
(funzione integranda non limitata)
x
0

112

6. CALCOLO INTEGRALE

oppure
Z

+1
1

1
dx
x2

(dominio di integrazione [0, +1) non limitato)

cfr. i grafici sotto.


Per`o con il concetto di limite `e semplice eliminare questi due vincoli.
Definizione 6.8 (Integrale Improprio). Sia f : [a, b) ! R con a 2 R e b 2 R [ {+1}
tale che f `e integrabile in [a, c] per ogni a < c < b. Allora, se converge
Z c
lim
f (x) dx =: A
c!b

si dice che lintegrale


Z b
f (x) dx := A

(= integrale improprio oppure generalizzato)

esiste nel senso improprio oppure che converge 4. Una definizione analoga si ha per f :
(a, b] ! R, con a 2 R [ { 1}, b 2 R:
Z b
Z b
f (x) dx := lim
f (x) dx.
c!a+

Esempi.

Per r 2 R studiamo la convergenza dellintegrale improprio


Z +1
Z c
r
x dx := lim
xr dx.
c!+1 1

Conviene considerare 2 casi


r = 1: Allora
Z c
c
x 1 dx = ln(x) 1 = ln(c)
1

cio`e lintegrale

diverge.
r 6= 1: Allora
c
1

xr+1
x dx =
r+1

cr+1
=
r+1

+1
1

1
r+1

ln(1) ! +1 per c ! +1,

1
dx = +1
x

(c!+1)

1
r+1

+1

se r + 1 < 0 () r <
se r + 1 > 0 () r >

1,
1.

Quindi risulta
Z

+1

x dx =
1

1
r+1

+1

se r <
se r

1,
1.

Per esempio per r = 2 < 1 otteniamo


Z +1
1
1
dx =
= 1.
2
x
2
+1
1
4Per integrali impropri si usa lo stesso linguaggio delle serie, cio`
e si parla di convergenza e divergenza

etc.

INTEGRALI IMPROPRI

1
x

1
x2

2
+1

113

1
x

Figura 59. Integrali impropri.


Consideriamo ora la stessa funzione integranda ma sul dominio di integrazione
[0, 1], cio`e studiamo5
Z 1
Z 1
r
x dx := lim
xr dx.
c!0+

Come prima conviene considerare 2 casi


r = 1: Allora
Z 1
1
x 1 dx = ln(x) c = ln(1) ln(c) !

( 1) = +1 per c ! 0+ ,

cio`e lintegrale

1
c

diverge.
r 6= 1: Allora

xr+1
x dx =
r+1

1
0

1
dx = +1
x

cr+1
r+1

1
=
r+1

(c!0+ )

1
r+1

+1

Quindi risulta
Z

xr dx =

0
1
2
1

Per esempio per r =


Z

>

1
r+1

se r >
+1 se r

se r + 1 > 0 () r >
se r + 1 < 0 () r <

1,
1.

1,
1.

1 otteniamo

1
p dx =
x

1
2

1
= 2.
+1

Mentre per xr nei due esempi precedenti era abbastanza semplice trovare una primitiva
abbiamo visto che pu`
o essere difficile e addirittura impossibile integrare una funzione.
Perci`o si pone il seguente6
Problema. Come si pu`
o studiare la convergenza di unintegrale improprio senza conoscere una primitiva della funzione integranda?
Evidenziamo che cos` non chiediamo pi`
u di calcolare il valore dellintegrale ma soltanto
di verificare che esiste e sia finito.
Teorema 6.9 (del Confronto per gli Integrali Impropri ). Siano f, g : [a, b) ! R con
a 2 R, b 2 R [ {+1} e tale che per ogni a < c < b, f, g siano integrabili su [a, c]. Se
|f (x)| g(x) per ogni x 2 [a, b) (cio`e g `e un maggiorante di |f |) e
5qui il limite `
e solo necessario se r < 0.
6Questo problema `
e molto simile a quello che abbiamo incontrato nel capitolo sulle serie: come si

pu`
o studiare la convergenza di una serie senza avere una formula esplicita per le somme parziali, cfr.
pagina 26.

114

6. CALCOLO INTEGRALE

1
x

1
ex

3
+1

1
x

Figura 60. Integrali impropri.

Rb

g(x) dx converge,
Rb
allora converge anche a f (x) dx. Un risultato simile vale anche per f, g : (a, b] ! R con
a 2 R [ { 1}, b 2 R.
a

Esempi.

Consideriamo lintegrale improprio


Z +1
2
e x dx.
1

In questo caso non soltanto uno degli estremi `e critico (nel senso che `e infinito
1

x2

Figura 61. Integrali improprio convergente.


oppure unasintoto verticale della funzione integranda) ma entrambi. In questi casi
si spezza lintegrale nella somma di due integrali scegliendo un punto c tra gli
estremi. Nel caso in questione per simmetria conviene scegliere il punto c = 0 e
quindi definiamo
Z +1
Z 0
Z +1
2
x2
x2
e
dx :=
e
dx +
e x dx.
1

Visto che f (x) = e

x2

`e una funzione pari, dalla proposizione su pagina 94 segue


Z +1
Z +1
2
x2
e
dx = 2
e x dx
1

INTEGRALI IMPROPRI

115

e quindi lintegrale converge su ( 1, +1) se e solo se converge su (0, +1). A


questo punto ci serve una funzione maggiorante per la quale lintegrale improprio
converge. poiche
Z

+1

x2

dx =

x2

dx +

+1

x2

dx,

dove il primo integrale `e unintegrale definito e quindi esiste finito, basta che tale
funzione sia maggiorante soltanto per x 1. Allora, per x 1 vale
x2

|f (x)| = e

x2

2x e

=: g(x)

e
Z

c
1

2x e

x2

dx =
=

2x e

dx

x2

=e

x2

c2

!e

per c ! +1.

R +1
R +1
Quindi 1 g(x) dx converge e per il criterio del confronto converge anche 1 f (x) dx
R +1
e di conseguenza anche 1 f (x) dx.
Osservazione. In seguito (cfr. pagina 144) dimostreremo che
Z
Verifichiamo che

x2

dx =

converge. Visto che limx!0+

+1

+1
0

sin(x)
x

sin(x)
dx
x

= 1 solo lestremo b = +1 `e critico. Quindi

sin(x)
x

0.5

10

20

30

Figura 62. Integrale improprio convergente.


lintegrale converge su [0, +1) se e solo se converge su [1, +1). Integrando per

116

6. CALCOLO INTEGRALE

parti risulta
Z c
1
1
sin(x) dx =

cos(x)
x | {z }
x | {z }
1 |{z}
|{z}
f

g0

c
1

g(x)

f (x)

= cos(1)
|
{z

cos(c)
c }

!cos(1) per c!+1

c
1

c
1

cos(x) dx
|{z} | {z }
x2

f0

cos(x)
dx
x2

e quindi lintegrale converge se e solo se


Z +1
cos(x)
dx
x2
1
converge. Ora `e semplice trovare un maggiorante per il quale converge lintegrale
improprio. Infatti
Z +1
cos(x)
1
1

e
dx converge
2
2
x
x
x2
1

(vedi pagina 112). Quindi anche lintegrale


Z +1
sin(x)
dx
x
0
converge. Notiamo che qui era necessario
integrare una volta per parti (aumentando cos` il grado del denominatore da
x a x2 ) visto che
Z +1
1
dx = +1 diverge
x
1
considerare lintegrale su [1, +1) e non [0, +1) visto che
Z +1
1
dx = +1 diverge.
x2
0

Concludiamo questo capitolo con alcune osservazioni su

Integrali Impropri e Serie. Spesso gli elementi di una serie

ak sono dati dai valori

k=1

di una funzione f : [1, +1) ! R in x = k, cio`e


ak = f (k),

+1
X

k = 1, 2, 3, 4, . . .

Quindi si pu`
o chiedere che legame c`e tra
+1
X

ak

k=1

+1

f (x) dx.
1

f
f(1)=a1
f(2)=a2
f(3)=a3
f(4)=a4
f(5)=a5

...
1

Figura 63. Integrali impropri e serie: f (k) = ak .


Interpretando la somma della serie come area dimostreremo il seguente

x =k

INTEGRALI IMPROPRI

117

Teorema 6.10 (Criterio Integrale per le Serie). Se f : [1, +1) ! [0, +1) `e decrescente
e ak := f (k), allora
+1
X

ak

()

converge

k=1

Dimostrazione. ): Se la serie

+1
X

+1

f (x) dx

converge.

ak converge, allora dal seguente grafico segue

k=1

...
1

2
a1

a2

a3

a4

x =k

6
a5

Figura 64. La serie maggiora lintegrale.

F (c) :=

f (s) ds

+1
X

ak

per ogni c

1.

k=1

Inoltre, F `e crescente e quindi per il teorema su pagina 43 converge


Z +1
lim F (c) =
f (x) dx.
c!+1

(: Se invece lintegrale improprio

R +1
1

f (x) dx converge, allora dal grafico segue

f
a1

...
1

2
a

4
a

x =k

6
a

Figura 65. Lintegrale maggiora la serie.

sn :=

n
X
k=1

Inoltre la serie

+1
X
k=1

ak a1 +

+1

f (x) dx

per ogni n = 1, 2, 3 . . .

ak `e a termini positivi e quindi convergente per il teorema su pagina 26.

118

6. CALCOLO INTEGRALE

+1
X
1
Esempio. Per 2 R consideriamo la serie armonica generalizzata
, cfr. pagina 29.
k
k=1

Allora per 0 la successione k1 n 1 non `e infinitesima e quindi la serie diverge a


+1. Se invece > 0, allora la funzione f (x) = x , x 1, e derivabile con
f 0 (x) =

<0

Quindi f `e decrescente e visto che anche

per ogni x

1.

lim f (x) = 0 (cfr. pagina 36) segue dal

x!+1

Criterio Integrale per le Serie che


+1
X
1
k
k=1

converge

()

+1
1

1
dx
x

converge

()

dove la seconda equivalenza `e stata dimostrata su pagina 112 con r =

> 1.
.

Quindi possiamo definire la funzione


: (1, +1) ! R,

(s) :=

+1
X
1
ks
k=1

che si chiama la funzione zeta di Riemann ed `e legato alla congettura di Riemann, uno
dei problemi aperti pi`
u importanti della matematica.

CAPITOLO 7

Funzioni Reali di Pi`


u Variabili: limiti e continuit`
a
In questo capitolo consideriamo funzioni reali di pi`
u variabili reali, cio`e funzioni definite
in un sottoinsieme di RN , N
2, a valori reali. Per prima cosa diamo uno sguardo allinsieme ambiente, cio`e consideriamo delle propriet`a di RN che ne definiscono la
struttura.
La Struttura di RN
` ben noto (cfr. il corso di Geometria) che linsieme
E
RN = {(x1 , . . . , xN ) : xi 2 R, i = 1, . . . , N }
delle N -ple ordinate di numeri reali `e uno spazio vettoriale sul campo dei numeri reali
con le ordinarie operazioni di somma tra vettori e moltiplicazione per uno scalare, cio`e
(x1 , . . . , xN ) + (y1 , . . . , yN ) = (x1 + y1 , . . . , xN + yN ),
(x1 , . . . , xN ) = (x1 , . . . , xN ).

Dal nostro punto di vista identificheremo il vettore (x1 , . . . , xN ) con il punto dello spazio
Euclideo N -dimensionale con le corrispondenti coordinate.
Introduciamo su RN una norma, cio`e un modo di misurare la lunghezza dei vettori,
definendo
v
uN
uX
(x , . . . , x ) := t
x2
1

i=1

(per il teorema di Pitagora `e immediato vedere che k(x1 , . . . , xN )k misura la lunghezza


del vettore posizione che congiunge lorigine al punto di coordinate (x1 , . . . , xN )). La
norma soddisfa le seguenti propriet`a
k(x1 , . . . , xN )k 0 e k(x1 , . . . , xN )k = 0 , (x1 , . . . , xN ) = (0, . . . , 0),
k(x1 , . . . , xN )k = || k(x1 , . . . , xN )k,
k(x1 + y1 , . . . , xN + yN )k k(x1 , . . . , xN )k + k(y1 , . . . , yN )k (disuguaglianza triangolare).
` interessante osservare che per N = 1, la definizione di norma si riduce
Osservazione. E
a quella di modulo (cfr. pagina 8). Infatti, per x 2 R, (x2 )1/2 = |x| e quindi kxk = |x|.
A partire dalla definizione di norma si pu`o introdurre il concetto di distanza tra punti
di RN definendo la distanza di (x1 , . . . , xN ) da (y1 , . . . , yN ) come la norma (lunghezza)
del vettore congiungente i due punti, cio`e
v
uN
uX
(x1 , . . . , xN ) (y1 , . . . , yN ) = t (xi yi )2 .
i=1

Osserviamo infine che per N = 2 o N = 3, piuttosto che utilizzare le notazioni (x1 , x2 )


e (x1 , x2 , x3 ), `e pi`
u comodo utilizzare le notazioni senza indici (x, y) e (x, y, z).
119

` VARIABILI
7. FUNZIONI REALI DI PIU

120

Funzioni Reali di pi`


u Variabili Reali: Prime Propriet`
a
Definizione 7.1. Una funzione f : X RN ! Y R si dice funzione reale di pi`
u
variabili reali.
Esempi (di funzioni di pi`
u variabili reali).
f : R3 ! R definita da f (x, y, z) =
x2 + xyz + zy + z 2 x2 (polinomio nelle variabili
x, y, z di grado 4).
p
f : X R2 ! R definita da f (x, y) = 1 x2 y 2 . Si noti che in questo caso il
dominio di f `e linsieme X = {(x, y) 2 R2 : x2 + y 2 1}, cio`e il cerchio di centro
lorigine e raggio 1.
p
f : X R2 ! R definita da f (x, y) = (1 x2 )(1 y 2 ). Si disegni per esercizio il
suo dominio X.
Abbiamo visto nei precedenti capitoli che si pu`o visualizzare una funzione reale f di una
variabile disegnandone il suo grafico cartesiano in R2 . Si osservi che il grafico
n
o
G(f ) = x1 , . . . , xN , f (x1 , . . . , xN ) : (x1 , . . . , xN 2 X

di una funzione f : X RN ! R `e un sottoinsieme di RN +1 . Quindi il grafico di una


funzione si pu`
o visualizzare soltanto se essa `e definita in R = R1 oppure R2 !
Esempi (di grafici in R3 ).
z=x2-y 2

z=x2+y 2

x
1

y
x
1

Figura 66. Grafici di f1 (x, y) = x2 + y 2 e f2 (x, y) = x2


[ 1, 1] [ 1, 1].

y 2 per (x, y) 2

Un altro modo per visualizzare le funzioni di pi`


u variabili sono le curve (o linee) di
N
livello: Data f : X R ! R e c 2 R, si definisce curva di livello c di f linsieme
c

:= {x 2 X : f (x) = c} RN .

Esempi concreti sono le isobare in una mappa meteorologica oppure le curve di livello in
una mappa topografica. Si nota che per alcuni valori di c le curve di livello corrispondenti
possono essere linsieme vuoto.
Esempi (di curve di livello in R2 ).
y

0.5

0.5

0.5

0.5

0.5

0.5

0.5

0.5

Figura 67. Linee di livello c delle funzioni f1 (x, y) = x2 + y 2 per c =0,


1/16, 1/4, 1/2, 1 e f2 (x, y) = x2 y 2 per c =-1, -1/2, -1/4, 0, 1/4, 1/2,
1 con (x, y) 2 [ 1, 1] [ 1, 1].

` VARIABILI REALI
LIMITI DI FUNZIONI REALI DI PIU

121

Un vantaggio delle curve di livello rispetto ai grafici cartesiani `e che, essendo definite
nello stesso spazio RN dove `e definita la funzione, consentono di guadagnare una
dimensione. Infatti, mentre non possiamo visualizzare il grafico di una funzione f :
R3 ! R, ne possiamo visualizzare le sue curve (o, meglio, superfici) di livello essendo
sottoinsiemi di R3 .
Esempio.

z=

(1-x2)(1-y2)

3
2

2
1

1
2

1
2
2

p
Figura 68. Grafico di f (x, y) = (1 x2 )(1 y 2 ) e le linee di livello
c per (x, y) 2 [ 2, 2] [ 2, 2] e c =0, 0.2, 0.4,. . ., 2.6 , 2.8, 3.

Limiti di Funzioni Reali di pi`


u Variabili Reali
Lidea che seguiremo per introdurre la definizione di limite in RN `e molto simile a quella
seguita in R (in fondo basta sostituire il modulo con la norma) ed `e basata sulluso delle
successioni approssimanti il punto in cui vogliamo calcolare il limite.

` VARIABILI
7. FUNZIONI REALI DI PIU

122

Definizione 7.2 (Limiti per i Vettori ). Data una successione di vettori (xn )n2N RN ,
N
ove xn = (x1n , . . . , xN
n ) 2 R per ogni n 2 N, diremo che (xn )n2N converge ad un vettore
x0 2 RN (e scriveremo lim xn = x0 ) se kxn x0 k ! 0 per n ! 1.
n!+1

` facile verificare che


E

lim kxn

n!+1

x0 k = 0 ,

lim xin = xi0 per ogni i = 1, . . . , N ,

n!+1

cio`e se la successione (xn )n2N converge componente per componente al vettore x0 . Con
la definizione precedente di convergenza per una successione di punti (vettori) di RN ,
possiamo estendere facilmente le definizioni date in R.
Definizione 7.3. c 2 RN si dice punto di accumulazione dellinsieme X RN se esiste
una successione (xn )n2N con
xn 2 X per ogni n 2 N,
xn 6= c per ogni n 2 N,
lim xn = c.
n!+1

Definizione 7.4 (Limiti per le Funzioni ). Sia f : X RN ! R una funzione reale di


pi`
u variabili reali e sia c 2 RN un punto di accumulazione di X. Allora diremo che
f tende a l 2 R per x tendete a c
se per ogni successione (xn )n2N X \ {c} con lim xn = c segue che lim f (xn ) = l.
n!+1

n!+1

In questo caso scriviamo

lim f (x) = l

x!c

oppure

f (x) ! l per x ! c .

Osservazioni.
Si osservi che la definizione di limite per funzioni di pi`
u variabili
pu`o essere data solo per c 2 RN , cio`e al finito, poiche, a dierenza di R, non essendoci un ordinamento naturale in RN non si pu`o definire una direzione privilegiata
secondo cui raggiungere 1 in RN
Il concetto di limite per le funzioni come definito sopra si basa su quello del limite
per le successioni. Come nel caso di R esiste anche unaltra possibili`a di introdurre
limiti per le funzioni che non fa riferimento alle successioni.
La definizione di limite in RN conserva molte delle propriet`a di quella in R. In
particolare valgono i seguenti risultati
(i) unicit`
a del limite;
(ii) le Regole per il calcolo dei limiti di una somma, dierenza, prodotto, quoziente
di funzioni (cfr. pagina 41).
Calcolo dei Limiti in RN
Mentre come abbiamo visto la definizione di limite in RN non presenta particolari difficolt`a aggiuntive rispetto al caso di R, il calcolo dei limiti presenta in questo caso delle
difficolt`a aggiuntive. Ci`
o `e dovuto al fatto che, rispetto al caso di R, possiamo avvicinarci
al punto in cui vogliamo calcolare il limite da molte direzioni e modi diversi. Per semplicit`a ci restringeremo al caso di R2 e sempre considereremo come punto di accumulazione
(0, 0).
Una Condizione per la non Esistenza del Limite. Consideriamo il limite
xy
lim
2
x
+ y2
(x,y)!(0,0)
Si osservi che (0, 0) `e di accumulazione per R2 \{(0, 0)}, dominio della funzione f (x, y) =
xy
. Dato linsieme delle rette che passano per lorigine, quindi y = mx al variare di
x2 +y 2
m 2 R, si consideri la restrizione di f ad una di queste rette, cio`e f (x, mx), e se ne
calcoli il limite per x ! 0
mx2
m
=
.
2
2
2
x!0 x + m x
1 + m2

lim f (x, mx) = lim

x!0

CALCOLO DEI LIMITI IN RN

123

Risulta quindi dal precedente calcolo che il limite di f per (x, y) ! (0, 0) dipende dalla
direzione scelta per avvicinarci allorigine, cio`e dal parametro m, e quindi il limite non
esiste. In altre parole, se scegliamo successioni tendenti al punto di accumulazione da
direzioni diverse, i corrispondenti valori limite saranno diversi in contraddizione con la
definizione di limite.
Proposizione 7.5 (Condizione necessaria). affinche il limite lim(x,y)!(0,0) f (x, y) esista
`e che esistano e siano uguali i limiti lim f (x, mx) al variare di m 2 R.
x!0

Si osservi che la proposizione precedente fornisce anche un candidato per il limite

lim

(x,y)!(0,0)

Infatti se tale limite esiste, esso deve coincidere con il limite lungo le rette.
Il seguente esempio mostra come la condizione precedente sia solo necessaria, ma non
sufficiente a garantire lesistenza del limite. Consideriamo
x2 y
.
(x,y)!(0,0) x4 + y 2
lim

Si ha che

mx3
=0
per ogni 0 6= m 2 R
x!0
x!0 x4 + m2 x2
quindi tutti i limiti al variare di m 2 R esistano e sono uguali. Pertanto se il limite di f
esiste, deve essere uguale a 0.
Consideriamo ora la curva y = x2 . Tale curva passa per il punto di accumulazione (0, 0),
quindi fornisce un altro modo per avvicinarsi ad esso. Consideriamo la restrizione di
f a tale curva e calcoliamone il limite per x ! 0, cio`e muovendoci verso il punto di
accumulazione. Si ha
x4
1
lim f (x, x2 ) = lim 4
= 6= 0 !!
x!0
x!0 x + x4
2
Quindi abbiamo trovato una curva passante per il punto di accumulazione, muovendoci
lungo la quale troviamo un diverso valore del limite. Possiamo pertanto concludere che
2
il lim(x,y)!(0,0) x4x+yy 2 non esiste.
lim f (x, mx) = lim

Osservazione. Le scelta della curva y = x2 `e stata fatta per ristabilire il rapporto


omogeneo fra le variabili x e y. Infatti sia al numeratore che al denominatore il rapporto
fra il grado della x e della y `e 2 a 1
Concludiamo questa prima parte con una osservazione generale per dimostrare la non
esistenza di un limite:
Per dimostrare la non esistenza di un limite `e sufficiente trovare due curve passanti per
il punto di accumulazione tali che i limiti (in una variabile) della funzione ristretta a
queste curve sia diverso (o non esista).
Una Tecnica per Dimostrare lEsistenza del Limite. Fin qui abbiamo visto come
si pu`o dimostrare la non esistenza di un limite. Adesso vediamo come si pu`o dimostrare
lesistenza di un limite.
Coordinate polari: Ricordiamo (cfr. corso di Geometria) che un punto P del piano, oltre
che con le sue coordinate cartesiane (x, y), pu`o essere rappresentato con le coordinate
polari (, #) 2 [0, 1) [0, 2).
Le formule di passaggio da coordinate cartesiane a coordinate polari sono date da
p

x = cos(#)
= x2 + y 2
y = sin(#)
tan # = xy
Si noti che la relazione tan # = xy non pu`o essere esplicitata in quanto la funzione tan
non `e invertibile in [0, 2). Consideriamo un esempio
2x2 y
.
(x,y)!(0,0) x2 + y 2
lim

f (x, y).

` VARIABILI
7. FUNZIONI REALI DI PIU

124

P =(x,y)
P =(,#)

in coordinate cartesiane
in coordinate polari

#
x

Figura 69. Coordinate polari.


Innanzitutto osserviamo che limx!0 f (x, mx) = 0 per ogni m 2 R, quindi se il limite l
esiste deve essere 0. Riscriviamo la funzione f in coordinate polari utilizzando le relazioni
precedenti, cio`e
f (x, y) = f cos(#), sin(#) =

22 cos2 (#) sin(#)


.
2

Si ha, utilizzando | sin(#)|, | cos(#)| 1,


|f (, #)

l| =

23 cos2 (#) sin(#)


2

0 = 2 cos2 (#) sin(#) 2 ! 0

per ! 0.

Si noti che ! 0 equivale a dire k(x, y) (0, 0)k ! 0. Quindi abbiamo maggiorato
|f (, #) l| con una quantit`
a che dipende solo dalla distanza dallorigine (cio`e ) e non
dalla direzione di avvicinamento (cio`e #) allorigine. La propriet`a precedente consente
di concludere che il limite esiste e vale l. Riassumendo Per dimostrare che
lim

(x,y)!(0,0)

f (x, y) = l

`e sufficiente, avendo espresso la funzione in coordinate polari, ottenere una disuguaglianza del tipo
l g()

f cos(#), sin(#)
ove la funzione g() tende a 0 per ! 0.
Esempio. Si consideri

sin(x2 y) + x2 + y 2
.
x2 + y 2
(x,y)!(0,0)
lim

` facile verificare che limx!0 f (x, mx) = 1 per ogni m 2 R, quindi se il limite l esiste
E
3
sin(#))+2
deve essere 1. Si ha f (, #) = sin( cos(#)
e quindi
2
|f (, #)

l| =

sin(3 cos(#) sin(#))


2

Se procediamo utilizzando come prima | sin(#)|, | cos(#)| 1, si ottiene


1

f (, #)

z
}|
{
sin(3 cos(#) sin(#))
1
l =
2 6! 0
2

per ! 0

e quindi non possiamo concludere lesistenza del limite. Tuttavia possiamo ricordare che
| sin(t)| |t| per t 2 R, quindi per t = 3 cos(#) sin(#),
f (, #)

|3 cos(#) sin(#)|
2

}|

3 | cos(#) sin(#)|
2

!0

per ! 0.

`
CONTINUITA

125

Continuit`
a
Come conseguenza della definizione di limite si pu`o dare la definizione di continuit`a
Definizione 7.6 (Continuit`
a). f : X RN ! R si chiama
continua in x0 2 X se per ogni successione (xn )n2N X con xn ! x0 segue
f (xn ) ! f (x0 ) per n ! +1.
continua, se `e continua in ogni x 2 X. Denotiamo con C(X) := {f : X ! R :
f `e continua} linsieme delle funzioni continue su X.
Valgono molte delle osservazioni fatte nel caso di R.
Osservazioni.
La continuit`
a si pu`o anche definire senza fare riferimento alle successioni: f `e continua in x0 () per ogni " > 0 esiste > 0 tale che |f (x) f (x0 )|
" per ogni x 2 X con kx x0 k < .
Se x0 2 X `e un punto di accumulazione di X, allora f `e continua in x0 ()
limx!x0 f (x) = f (x0 ).
Se x0 2 X non `e un punto di accumulazione di X (in questo caso si dice anche che
x0 `e un punto isolato di X), allora f `e sempre continua in x0 .
Somme, dierenze, prodotti, rapporti e composizione di funzioni continue sono
continue.
Esempio. Si consideri la funzione f : R2 ! R definita da f (x, y) = sin(xy + x2 ).
Essa risulta continua in quanto composizione delle funzioni continue p(x, y) = xy + x2
(polinomio in due variabili) e g(t) = sin(t) (funzione continua su R).

CAPITOLO 8

Calcolo Dierenziale per Funzioni Reali di pi`


u Variabili
In questo capito si estender`
a il concetto di derivazione alle funzioni di pi
u variabili reali.
Introduciamo la definizione di intorno circolare di un punto x0 = (x01 , . . . , x0N ). Per
x0 = (x01 , . . . , x0N ) 2 RN e r > 0, definiamo intorno (circolare) di (x01 , . . . , x0N ) di raggio
r linsieme
Br (x0 ) = x = (x1 , . . . , xN ) 2 RN : kx x0 k < r .
Esso rappresenta il luogo dei punti che hanno distanza minore di r da x0 . Se x0 2 R e r >
0, allora linsieme Br (x0 ) := {x 2 R : |x x0 | < r} `e dato dallintervallo (x0 r, x0 + r).
In R2 esso geometricamente rappresenta il cerchio (esclusa la circonferenza) di centro
x0 e raggio r ed in R3 la sfera (esclusa la superficie sferica) di centro x0 e raggio r.
Definizione 8.1. Dato un sottoinsieme X RN , un punto x0 si dice interno a X se
esiste r > 0 tale che lintorno Br (x0 ) X.
Se il punto `e interno al dominio di una funzione, vuol dire che possiamo avvicinarci al
punto da ogni direzione rimanendo allinterno del dominio. Una prima generalizzazione
del concetto di derivata `e data dalla seguente
I Concetti di Derivabilit`
a in RN
Derivabilit
a e Derivate Parziali.
Definizione 8.2. Sia f : X RN ! R e x0 = (x01 , . . . , x0N ) 2 X, interno. Se, dato
i 2 {1, . . . , N } esiste
f (x01 , . . . , x0i + h, . . . , x0N )
h!0
h
lim

f (x01 , . . . , x0i , . . . , x0N )

=:

@f
(x0 ) 2 R
@xi

allora f si dice derivabile parzialmente rispetto xi in x0 con derivata parziale


Altre notazioni: fxi (x0 ) = Dxi f (x0 ).

@f
@xi (x0 ).

Osservazione. Per N = 2, abbiamo la derivate parziali rispetto x


f (x0 + h, y0 ) f (x0 , y0 )
@f
lim
=:
(x0 , y0 )
h!0
h
@x
e rispetto y
f (x0 , y0 + h) f (x0 , y0 )
@f
lim
=:
(x0 , y0 )
h!0
h
@y
Osservazione. Per spiegare il significato delle derivate parziali (abbreviate d.p. nel
seguito) consideriamo N = 2. La d.p. rispetto x corrisponde a fare la derivata ordinaria (cio`e rispetto una variabile) della funzione g(x) = f (x, y0 ) che `e la restrizione
della f alla retta y = y0 . Quindi essa fornisce informazioni sul comportamento (crescenza/decrescenza) della f lungo la retta y = y0 nellintorno del punto x0 . Analogamente
per d.p. rispetto y, cfr. il grafico.
Osservazione. Per calcolare le d.p. di una funzione, se le funzioni che la compongono
sono derivabili, `e sufficiente derivare in maniera ordinaria, considerando le altre variabili
come costanti. Ad esempio
@f
2
3
Se f (x, y) = 2x3 y y 2 + 3xy, allora @f
2y + 3x
@x (x, y) = 6x y + 3y, @y (x, y) = 2x
126

` IN RN
I CONCETTI DI DERIVABILITA

127

z=f(x,y)

y0
x0

y
P =(x0,y0)

x=x
0

y0
y=

h(y)=f(x0,y)
g(x)=f(x,y0)

x
x0

y0
fy(x0,y0)=h0(y0)=tan()

fx (x0,y0)=g 0(x0)=tan()

Figura 70. Derivate parziali.


@f
@f
xy
xy
@x (x, y) = e y, @y (x, y) = e x + 2y
allora @f
sin(xyz)yz, @f
@x (x, y, z) =
@y (x, y, z)

Se f (x, y) = exy + y 2 , allora


Se f (x, y, z) = cos(xyz),
@f
@z (x, y, z)

sin(xyz)xz,

sin(xyz)xy

Se pero le funzioni che intervengono non sono derivabili, bisogna passare attraverso la
definizione di d.p.. Sia f (x, y) = y|x|, allora in un punto del tipo (0, y), non possiamo
derivare direttamente rispetto x, ma dobbiamo passare attraverso la definizione

f (h, y) f (0, y)
y|h|
6 9, se y 6= 0;
fx (0, y) = lim
= lim
=
0, se y = 0.
h!0
h!0 h
h
Definizione 8.3. Sia f : X RN ! R e x0 2 X, interno. Se f `e derivabile parzialmente
rispetto xi in x0 per ogni i 2 {1, . . . , N }, allora f si dice derivabile in x0 . In tal caso si
pu`o definire il vettore delle d.p.

@f
@f
Df (x0 ) =
(x0 ), . . . ,
(x0 ) 2 RN .
@x1
@xN

128

8. CALCOLO DIFFERENZIALE

Tale vettore si chiama gradiente di f in x0 . Inoltre si usano anche le notazioni Df (x) =:


grad f (x) =: rf (x).
Esempio. Se f (x, y) = 2x3 y

y 2 + 3xy, allora Df (x, y) = (6x2 y + 3y, 2x3

2y + 3x).

Osservazione. Avendo dato una definizione di derivabilit`a `e naturale chiedersi se essa


gode delle stesse propriet`
a del caso unidimensionale. Il seguente esempio mostra che non
`e cos`!! Consideriamo la funzione
xy
, se (x, y) 6= (0, 0);
x2 +y 2
f (x, y) =
0,
se (x, y) = (0, 0).
Abbiamo verificato (cfr. pagina 123) che tale funzione non ammette limite e quindi non
`e continua in (0, 0). Tuttavia in (0, 0) esistono le d.p.
@f
f (h, 0) f (0, 0)
0
(0, 0) = lim
= lim = 0
h!0
h!0 h
@x
h
e analogamente

@f
@y (0, 0)

= 0.

Questa osservazione ci porta a concludere che la precedente definizione di derivabilit`a


non `e la corretta generalizzazione di quella unidimensionale. Si osservi che daltra
pparte la
continuit
a non implica la derivabilit`a, poiche ad esempio la funzione f (x, y) = x2 + y 2
`e continua, ma non `e derivabile in (0, 0).
Ricordiamo che per una funzione reale f : (a, b) ! R e x0 2 (a, b) di una variabile le
seguenti aermazioni sono equivalenti, cfr. pagina 69.
(a) f `e derivabile in x0 .
(b) Esiste A 2 R tale che f (x) = f (x0 )+A(x x0 )+o(x x0 ). In particolare A = f 0 (x0 ).
Dierenziabilit
a. Abbiamo visto che generalizzando la prima propriet`a non si ottiene una propriet`
a soddisfacente in RN . Nella prossima definizione seguiamo il secondo
approccio
Definizione 8.4. Sia f : X RN ! R e x0 2 X, interno. Se esiste un vettore A 2 RN
tale che
f (x) = f (x0 ) + A (x x0 ) + o(kx x0 k) per x ! x0

allora f si dice dierenziabile in x0 ( denota in questo caso il prodotto scalare tra vettori
in RN ).
Osservazioni.
si ha

Se f `e dierenziabile in x0 , allora risulta che A = Df (x0 ) e quindi

f (x) = f (x0 ) + Df (x0 ) (x

x0 ) + o(kx

x0 k)

per x ! x0 .

In particolare si ha che la
dierenziabilit`
a ) derivabilit`
a.

Si dimostra come nel caso di R che la

dierenziabilit`
a ) continuit`
a

Quindi derivabilit`
a e continuit`a sono condizioni necessarie ma non sufficienti per
la dierenziabilit`
a (si veda losservazione sulla pagina 128)
Ricordando la definizione di o() la condizione f (x) = f (x0 ) + Df (x0 ) (x x0 ) +
o(kx x0 k) per x ! x0 si pu`
o riscrivere come
lim

x!x0

f (x)

f (x0 ) + Df (x0 ) (x
kx x0 k

x0 )

=0

(limite in R!)

` IN RN
I CONCETTI DI DERIVABILITA

129

Il termine lineare nella definizione di dierenziabilit`a fornisce lequazione z =


p(x) = f (x0 ) + Df (x0 ) (x x0 ) del piano tangente p al grafico di f nel punto x0 , cio`e il piano (o pi`
u propriamente liperpiano) che localmente ha un unico
punto di intersezione con il grafico di f , cfr. il seguente grafico. Si osserva che per
N = 2 lequazione del piano tangente `e data da
p(x, y) = f (x0 , y0 ) + Df (x0 , y0 ) (x
= f (x0 , y0 ) + fx (x0 , y0 ) (x

x0 , y

y0 )

x0 ) + fy (x0 , y0 ) (y

y0 ).

p(x,y)

f(x,y)
x0

y0
(x0,y0)

Figura 71. Piano tangente.


La seguente proposizione fornisce una condizione sufficiente per la dierenziabilt`a che a
volte risulta pi`
u semplice da verificare.
Proposizione 8.5. Sia f : X RN ! R e x0 2 X, interno. Se esiste r > 0 tale che f
`e derivabile con continuit`
a in Br (x0 ) (cio`e le d.p. esistono e sono continue in Br (x0 ))
allora f `e dierenziabile in x0 .
Derivate Direzionali. Concludiamo le varie definizioni di derivabilit`a con quella di
derivata direzionale.
Definizione 8.6. Sia f : X RN ! R, x0 2 X, interno, e v 2 RN un versore, cio`e
kvk = 1. Se esiste
f (x0 + hv) f (x0 )
@f
lim
=:
(x0 ) 2 R
h!0
h
@v
allora f si dice derivabile rispetto la direzione v in x0 con derivata direzionale @f
@v (x0 ).
Altre notazioni: fv (x0 ) = Dv f (x0 ).
Osservazione. La derivata direzionale rispetto x corrisponde a fare la derivata ordinaria (cio`e rispetto una variabile) della funzione F (t) = f (x0 + tv), t 2 R, che `e la restrizione della f alla retta y = x0 + tv. Quindi essa fornisce informazioni sul comportamento
(crescenza/decrescenza) della f lungo tale retta nellintorno del punto x0 .
Se v coincide con i-esimo vettore della base canonica di RN , cio`e v = (0, . . . , 0, |{z}
1 , 0, . . . , 0)
@f
allora @f
(x
)
coincide
con
la
i-sima
d.p.
(x
),
cfr.
il
seguente
grafico.
i-esimo
0
0
@v
@xi
Si ha il seguente importante teorema che lega gradiente e derivate direzionali. Oltre a
fornire una semplice regola per il calcolo delle derivate direzionale, esso ha applicazioni
in fisica.

Teorema 8.7 (Teorema del gradiente). Sia f : X RN ! R, x0 2 X, interno, e


v 2 RN un versore. Se f `e dierenziabile in x0 allora
@f
(x0 ) = Df (x0 ) v
@v

130

8. CALCOLO DIFFERENZIALE
F(t)=f(P0 +tv)

z=f(x,y)

Dv f(x0,y0)=F (0)=tan(')
'

y0
x0
x

y
)
v=(v 0,v 1

P0=(x0,y0)

Figura 72. Derivata direzionale.


Osservazione. Dal teorema precedente segue che se f `e dierenziabile in x0 , allora in
x0 esistono le derivate direzionali secondo ogni direzione v.

Esempio. Sia f (x, y) = 2x3 y y 2 + 3xy, v = p12 , p12 e (x, y) = (1, 1). Allora

@f
(1, 1) = (9, 3) p12 , p12 =
@v

p9
2

p3
2

12
=p
2

Osservazione. Diamo ora due significative propriet`a geometriche del gradiente. Dal
teorema del gradiente si ha che
max

v: kvk=1

@f
Df (x0 )
(x0 ) = max Df (x0 ) v = Df (x0 )
@v
kDf (x0 )k
v: kvk=1

(il prodotto scalare tra due vettori `e massimo se i due vettori sono paralleli e concordi). Quindi la derivata direzionale `e massima nella direzione del gradiente. Ricordando
linterpretazione della derivata direzionale come misura del tasso di crescita di f in una
data direzione, possiamo concludere che il gradiente punta nella direzione di massima
crescit`
a di f .
Consideriamo ora la curva di livello di f per il punto x0 , cio`e
f (x0 )

= {x 2 X : f (x) = f (x0 )}.

Supponendo che f (x0 ) sia una curva regolare (potrebbe non essere vero), sia il versore
tangente a f (x0 ) in x0 . Poiche f `e costante su f (x0 ) e muoversi lungo la direzione
corrisponde, a meno di termini di ordine superiore, a muoversi lungo la curva f (x0 ) , si
ha euristicamente
@f
(x0 ) = 0
@
e quindi dal Teorema del Gradiente Df (x0 ) = 0. Ricordando che il prodotto scalare
tra due vettori `e nullo solo se i due vettori sono perpendicolari, concludiamo che Df (x0 )
`e ortogonale alla curva di livello di f per x0 .
Derivate di Ordine Superiore
@f
Definizione 8.8. Se f `e derivabile parzialmente rispetto xi ed `e tale che @x
`e nuovai
mente derivabile parzialmente rispetto la variabile xj , allora possiamo definire

@
@f
@2f
=:
= derivata seconda di f rispetto xi e xj =: Dx2i ,xj f =: fxi ,xj
@xj @xi
@xi @xj

e si pu`o continuare in questa maniera considerando derivate parziali di ordine superiore.


Esempio. Sia f (x, y) = 2x3 y
fxy (x, y) = fyx (x, y) = 6x2 + 3.

y 2 + 3xy, allora fxx (x, y) = 12xy, fyy (x, y) = 2,

DERIVATE DI ORDINE SUPERIORE

131

`
Osserviamo che le derivate parziali fxy e fyx coincidono nellesempio precedente. E
@2f
@2f
naturale chiedersi se conta lordine rispetto cui deriviamo, cio`e se @xi @xj = @xj @xi . Il
seguente teorema garantisce che sotto opportune condizioni lordine non `e importante.
Teorema 8.9 (Teorema di Schwarz ). Sia f : X RN ! R, x0 2 X, interno. Se in
2f
2f
x0 esistono e sono continue entrambe le derivate parziali @x@i @x
(x0 ) e @x@j @x
(x0 ), allora
j
i
esse coincidono, cio`e
@2f
@2f
(x0 ) =
(x0 ).
@xi @xj
@xj @xi
Supponiamo che la funzione f ammetta in x0 tutte
la matrice N N definita nel seguente modo
0 @2f
@2f
@x1 @x1 (x0 )
@x1 @x2 (x0 )
2f
B @2f
B @x2 @x1 (x0 ) @x@2 @x
(x0 )
2
B
Hf (x0 ) = B
..
..
@
.
.
@2f
@2f
@xN @x1 (x0 ) @xN @x2 (x0 )

le derivate seconde e consideriamo


...
...
..
.
...

@2f
@x1 @xN (x0 )
@2f
@x2 @xN (x0 )

..
.

@2f
@xN @xN (x0 )

1
C
C
C
C
A

Quindi nelli-esima riga abbiamo le derivate seconde fatte prima rispetto alla variabile
xi e poi rispetto alle altre variabili (in ordine crescente). La matrice Hf (x0 ) `e detta
matrice Hessiana di f in x0 .
Dal teorema di Schwarz segue che la matrice Hessiana `e simmetrica. Si vedr`a nel corso
di Analisi Matematica 2 che questo fatto ha importanti conseguenze nella ricerca degli
estremi locali di funzioni di pi`
u variabili.
Esempio. Sia f (x, y) = 2x3 y

y 2 + 3xy, allora

12xy
6x2 + 3
Hf (x, y) =
.
6x2 + 3
2

CAPITOLO 9

Funzioni a Valori Vettoriali


Fin qui abbiamo considerato il caso di funzioni il cui codominio fosse R. In questo
capitolo consideriamo il caso di funzioni il cui codominio `e uno spazio euclideo RM con
M 1.
Esempio. Consideriamo un punto materiale che si muove nello spazio in un intervallo
di tempo [0, T ]. Siano (x(t), y(t), z(t)), t 2 [0, T ], le sue coordinate. Risulta cos` definita
una funzione a valori vettoriali f : [0, T ] R ! R3 , f (t) = x(t), y(t), z(t) .
Definizione 9.1. Una funzione f : X RN ! Y RM si dice funzione a valori
vettoriali.
Si osservi che definire una funzione f : RN ! RM equivale a dare M funzioni fi : RN !
R, i = 1, . . . , M . Infatti ad ogni (x1 , . . . , xN ) associamo il vettore
(y1 , . . . , yN ) = f1 (x1 , . . . , xN ), . . . , fN (x1 , . . . , xN ) .
Ad esempio f : R2 ! R3 tale f (x, y) = (xy, exy , x2 ) `e definita dalle tre funzioni fi :
R2 ! R, i = 1, 2, 3, date dalle sue componenti, cio`e f1 (x, y) = xy, f2 (x, y) = exy ,
f3 (x, y) = x2 . Si osservi che da questa identificazione segue che il dominio della funzione
a valori vettoriali `e dato dallintersezione dei domini delle sue componenti.
Utilizzando lidentificazione tra funzione a valori vettoriali e le sue componenti possiamo
facilmente estendere alcune definizioni date nel caso di funzioni reali di pi`
u variabili reali.
Definizione 9.2. Sia f : X RN ! RM , x0 2 RN , l = (l1 , . . . .lM ) 2 RM , allora
limx!x0 f (x) = l () limx!x0 fi (x) = li , i = 1, . . . , M (cio`e se la convergenza si ha
componente per componente).
Osservazione. Dalle corrispondenti propriet`a dei limiti di funzioni di pi`
u variabili segue
unicit`
a del limite;
regole per il calcolo dei limiti (in questo caso, poiche il codominio `e uno spazio vettoriale avremo somma e moltiplicazione per uno scalare componente per
componente);
limite della funzione composta.
Dalla definizione di limite deduciamo immediatamente la definizione di continuit`a
Definizione 9.3. Sia f : X RN ! RM e x0 2 X un punto di accumulazione di
X. Allora f si dice continua in x0 () limx!x0 f (x) = f (x0 ) o, equivalentemente, ()
limx!x0 fi (x) = fi (x0 ), i = 1, . . . , M (cio`e tutte le componenti fi di f sono continue in
x0 ).
Definizione 9.4. f : X RN ! RM , x0 2 X, allora f si dice derivabile in x0 ()
fi (x) `e derivabile in x0 , i = 1, . . . , M (cio`e tutte le componenti sono derivabili in x0 ).
Definizione 9.5. f : X RN ! RM , x0 2 X, allora f si dice dierenziabile in x0 ()
fi (x) `e dierenziabile in x0 , i = 1, . . . , M (cio`e tutte le componenti sono dierenziabili
in x0 ), cio`e se
fi (x) = fi (x0 ) + Dfi (x0 ) (x

x0 ) + o(kx
132

x0 k)

per x ! x0 8 i = 1, . . . , M.

TRASFORMAZIONI REGOLARI DI COORDINATE

133

Osservazione. Introduciamo una notazione matriciale, che risulter`a utile anche in seguito, per riscrivere la precedente definizione di dierenziabilit`a. Definiamo i vettori
colonna
0
1
0 0 1
0
1
f1 (x)
x1
x1 x01
B
C
B
C
B
C
..
..
f (x) = @
x0 = @ ... A ,
x x0 = @
A,
A
.
.
fM (x)
x0N
xN x0N
e la matrice M N , detta matrice Jacobiana di f in x0
0 @f1
1
@f1
@x1 (x0 ) . . .
@xN (x0 )
B
C
..
..
..
Jf (x0 ) = @
A
.
.
.
@fM
@fM
@x1 (x0 ) . . .
@xN (x0 )

Allora la condizione di dierenziabilit`a si pu`o riscrivere in notazione matriciale come


f (x) = f (x0 ) + Jf (x0 ) (x

x0 ) + o(kx

x0 k)

per x ! x0 .

Derivata della Funzione Composta. Adesso diamo una regola per la Jacobiana della
funzione composta, che generalizza al caso delle funzioni a valori vettoriali la regola della
catena per la derivata della funzione composta.
Teorema 9.6. Sia f : RN ! RM dierenziabile in x0 e sia g : RM ! RK dierenziabile
in y0 := f (x0 ). Allora la funzione composta g f : RN ! RK `e dierenziabile in x0 con
Jg f (x0 ) = Jg f (x0 ) Jf (x0 )
Questa formula si chiama Regola della Catena.
Osservazione. Ovviamente per N = M = K = 1 ritroviamo la regola della catena per
le funzioni reali.
Esempio. Sia f : R ! R2 , g : R2 ! R, allora g f : R ! R, g f (s) = g(f1 (s), f2 (s)) e

0
f1 (s)
@g
@g
0
(g f ) (s) = @x (f1 (s), f2 (s)), @y (f1 (s), f2 (s))
=
f20 (s)
@g
@g
=
f1 (s), f2 (s) f10 (s) +
f1 (s), f2 (s) f20 (s)
@x
@y
Trasformazioni Regolari di Coordinate
Un caso particolarmente importante delle funzioni a valori vettoriali `e quello in cui spazio
di partenza ed arrivo coincidono, cio`e M = N .
Definizione 9.7. Una funzione f : X RN ! Y RN si dice una trasformazione di
coordinate .
Un esempio di trasformazione di coordinate `e lapplicazione lineare (cfr. Corso di Geometria) f : RN ! RN , f (x) = A x, ove A `e una matrice N N (vedremo pi`
u avanti
altri esempi significativi). Sappiamo che se det(A) 6= 0, la trasformazione f si pu`o invertire, cio`e si pu`
o definire una trasformazione f 1 : RN ! RN (nel caso in questione
1
1
f (y) = A y) tale che f 1 (f (x)) = x.

Problemi. Data una trasformazione di coordinate f : X RN ! Y RN , sotto quali


condizioni su f essa si pu`
o invertire? cio`e sotto quali condizioni esiste f 1 : Y RN !
N
1
X R tale che f (f (x)) = x?

Definizione 9.8. Una trasformazione di coordinate f : X RN ! RN si dice regolare


se f 2 C 1 (X) (cio`e le d.p. di f esistono e sono continue in X) e det(Jf (x)) 6= 0 eccetto
al pi`
u alcuni punti 1 (punti singolari della trasformazione).
1Per chiarire il significato di alcuni punti andrebbe introdotta una misura su RN . Basti sapere che la

condizione `e verificata se tali punti sono un insieme di dimensione N

1.

134

9. FUNZIONI A VALORI VETTORIALI

Si osservi che se det(Jf (x0 )) 6= 0 allora Jf (x0 ) `e una matrice invertibile. Si ha il seguente
teorema di invertibili`
a locale
Teorema 9.9. f : X RN ! RN una trasformazione regolare di coordinate e x0 2 X
tale che det(Jf (x0 )) 6= 0. Allora esiste un intorno U (x0 ) di x0 e un intorno V (y0 ) di
y0 = f (x0 ) tale che f : U (x0 ) ! V (y0 ) `e invertibile. Inoltre f 1 : V (y0 ) ! U (x0 ) `e una
trasformazione regolare di coordinate e
Jf
ove Jf

(y) = Jf 1 (x)

`e linversa della matrice Jacobiana di f e f (x) = y.


0

La formula precedente generalizza la formula di derivazione della funzione inversa f 1 (y0 ) =


1
0
f 0 (x0 ) a cui si riduce per N = 1. La condizione det(Jf (x0 )) 6= 0 equivale a f (x0 ) 6= 0.
Vediamo ora alcuni esempi di trasformazioni regolari di coordinate
Esempio. Il primo esempio `e dato dalla trasformazione lineare
f (x) = A x = (a11 x1 + + a1N xN , . . . , aN 1 x1 + . . . aN N xN )

Allora Jf (x) = A per ogni x e det(Jf (x0 )) 6= 0 equivale a det(A) 6= 0. Ritroviamo in


questo caso il ben noto risultato: la trasformazione `e invertibile se e solo se A `e non
degenere, inoltre linversa non `e solo locale ma definita globalmente su RN .
Esempio (Coordinate Polari ). Vediamo ora le coordinate polari che abbiamo gi`a richiamato a pagina 123 come una trasformazione di coordinate. Sia
f :[0, 1) [0, 2) ! R2

(, #) ! ( cos(#), sin(#))

cio`e essa fa corrispondere alla coppia (, #) il punto del piano di coordinate (x, y) =
( cos(#), sin(#)). Si ha

cos(#)
sin(#)
Jf (, #) =
sin(#) cos(#)

quindi det Jf (, #) = cos2 (#) + sin2 (#) = . Quindi lorigine, che corrisponde a = 0
`e lunico punto singolare della trasformazione, quindi le coordinate polari sono una
trasformazione regolare di coordinate.
Esempio (Coordinate Cilindriche). Vediamo ora le coordinate cilindriche in R3 . Esse
sono data dalla terna (, #, t) 2 [0, 1) [0, 2) R, cfr. il seguente grafico.
Il Legame tra coordinate cilindriche e coordinate cartesiane `e dato dalle seguenti relazioni
8
< x = cos(#)
y = sin(#)
:
z=t
Come nel caso delle coordinate polari, possiamo vedere le coordinate cilindriche come
una trasformazione di coordinate in R3 definita nel seguente modo
f :[0, 1) [0, 2) R ! R3
Si ha

(, #, t) ! ( cos(#), sin(#), t)
0

cos(#)
Jf (, #, t) = @ sin(#)
0

1
sin(#) 0
cos(#) 0 A
0
1

quindi det Jf (, #, t) = e in questo caso linsieme dei punti singolari, che corrisponde
a = 0, `e lasse z della trasformazione.

TRASFORMAZIONI REGOLARI DI COORDINATE

135

z=t

P=(x,y,z)
P=(,#,')

P=(x,y,z)
P=(,#,t)

'

y
#

Coordinate cilindriche

Coordinate sferiche

Figura 73. Sistemi di riferimento in R3 .


Esempio (Coordinate sferiche). Concludiamo infine con le coordinate sferiche in R3 .
Esse sono date dalla terna (, #, ') 2 [0, 1) [0, 2) [0, ], cfr. il seguente grafico. Il
passagio da coordinate sferiche e coordinate cartesiane `e dato dalle seguenti relazioni
8
< x = sin(') cos(#)
y = sin(') sin(#)
:
z = cos(')

Le coordinate sferiche inducono la trasformazione di coordinate in R3 definita nel seguente modo


f :[0, 1) [0, 2) [0, ] ! R3
Si ha

(, #, ') ! ( sin(') cos(#), sin(') sin(#), cos('))


0

sin(') cos(#) cos(') cos(#)


@
sin(') sin(#) cos(') sin(#)
Jf (, #, ') =
cos(')
sin(')

1
sin(') sin(#)
sin(') cos(#) A
0

quindi det Jf (, #, t) = 2 sin(') ed anche in questo caso linsieme dei punti singolari,
che corrisponde a = 0, sin(') = 0, , `e lasse z.

CAPITOLO 10

Calcolo Integrale per Funzioni di pi`


u Variabili
Integrali Doppi: Definizione e prime Propriet`
a
Per semplicit`
a considereremo solo il caso in cui la funzione da integrare `e definita da
2
R in R. Tuttavia la costruzione dellintegrale di Riemann che andiamo a descrivere
potrebbe essere ripetuta (con opportune notazioni) in RN .
In questo caso il problema geometrico `e il seguente
Problema. Data una funzione f : X R2 ! R limitata, calcolare il volume V
compreso tra il grafico di f e ed il piano xy.
Come nel caso degli integrali in una variabile, lidea `e di approssimare il volume V da
sotto e da sopra, cio`e per eccesso e per difetto. Si tenga conto pero che in questo caso
la geometria del dominio X pu`
o essere complicata e quindi difficile da scomporre in
sottodomini. Pertanto considereremo dapprima il caso in cui il dominio `e un rettangolo.
Domini Rettangolari. Consideriamo il caso in cui X = [a, b] [c, d]. Creiamo una
partizione di X in rettangoli a partire da partizioni di [a, b] e [c, d].
Data una partizione Px = {a = x0 , x1 , x2 , . . . , xn = b} di [a, b] e una partizione
Py = {c = y0 , y1 , y2 , . . . , ym = d} di [c, d], consideriamo una partizione Pxy =
Px Py di [a, b] [c, d] nei rettangoli
Rij = [xi

1 , xi ]

[yj

1 , yj ]

i = 1, . . . , n, j = 1, . . . , m.

Se Pxy `e una partizione di [a, b] [c, d], allora definiamo per i = 1, . . . , n,, , j =
1, . . . , m
mij := inf f (x, y) : (x, y) 2 Rij ,

Mij := sup f (x, y) : (x, y) 2 Rij ,

|Rij | := (xi
s(f, Pxy ) :=

xi

n X
m
X
i=1 j=1

S(f, Pxy ) :=

n X
m
X
i=1 j=1

1)

(yj

yj

1)

= area del rettangolo Rij ,

mij |Rij | =: somma inferiore,


Mij |Rij | =: somma superiore.

Quindi per ogni partizione Pxy di X vale


s(f, Pxy ) V S(f, Pxy ),
cio`e le somme inferiori sono sempre approssimazioni di V per difetto mentre le somme
superiori danno sempre approssimazioni per eccesso. Perci`o
pi`
u grande `e s(Pxy , f ) migliore `e lapprossimazione,
pi`
u piccolo `e S(Pxy , f ) migliore `e lapprossimazione.

Se non c`e dierenza tra la migliore approssimazione da sotto (cio`e quella pi`
u grande)
e quella migliore da sopra (cio`e quella pi`
u piccola), allora il problema `e (teoricamente)
risolto e f si dice integrabile.
136

`
INTEGRALI DOPPI: DEFINIZIONE E PRIME PROPRIETA

137

Definizione 10.1. Sia f : X := [a, b] [c, d] ! R limitata. Se


sup s(Pxy , f ) : Pxy partizione di X = inf S(Pxy , f ) : Pxy partizione di X =: I,
allora f si dice integrabile (secondo Riemann). In questo caso si pone V = I e
ZZ
f (x, y) dx dy := I
X

si dice integrale doppio di f (= funzione integranda) in X (= dominio dellintegrazione).


Esempi.
Se f `e costante, cio`e f (x, y) = c per ogniRR
(x, y) 2 X := [a, b][c, d] `e facile
verificare dalla definizione che f `e integrabile con X f (x, y) dx = c(b a)(d c).
Per costruire un esempio di funzione non integrabile, si pu`o estendere la funzione
di Dirichlet (cfr. pagina 46) in R2 . La funzione
(
1 se (x, y) 2 ([a, b] \ Q) [c, d]
f (x, y) :=
0 se (x, y) 2 ([a, b] \ Q) [c, d]
non `e integrabile. Infatti, come nel caso dellesempio unidimensionale, per ogni
partizione Px di [a, b] si ha che ogni intervallo [xi 1 , xi ] contiene sia punti razionali
(in cui f ammette il valore 0) si punti irrazionali (in cui f ammette il valore 1).
Quindi segue mij = 0 e Mij = 1 per ogni i = 1, 2, . . . , n, j = 1, 2, . . . , m. Cos`
risulta per ogni partizione Pxy
s(Pxy , f ) = 0 6= (b

a) (d

c) = S(Pxy , f )

per cui f non `e integrabile.


Domini Generali. Ora estendiamo la precedente costruzione al caso di un generico
sottoinsieme limitato di R2 e f : X R2 ! R. Dato R un rettangolo contenente X,
definiamo

f (x, y), se (x, y) 2 X;


f (x, y) =
0,
se (x, y) 2 R \ X.
cio`e estendiamo f ponendola 0 fuori da X. Si osservi che f `e definita in un rettangolo
e quindi per essa si pu`
o definire lintegrale come visto in precedenza.
Definizione 10.2. Sia f : X ! R limitata e X R2 limitato. Se dato R contenente
X, la funzione f definita come sopra risulta integrabile in R, allora f si dice integrabile
(secondo Riemann) in X. In questo caso si pone
ZZ
ZZ
f (x, y) dx dy :=
f (x, y) dx dy
R

Osservazione. Si pu`
o dimostrare che la definizione precedente `e indipendente dalla
scelta
del
rettangolo
R. Daltra parte si osservi che il contributo allintegrale di
RR
f
(x,
y)
dx
dy
dei
rettangoli
contenuti in R \ X `e nullo.
R

A partire dalla definizione precedente si pu`o dare una definizione di misura (area) di un
insieme di R2 , tenendo conto che integrando la funzione identicamente 1 sul dominio X
si trova che il volume V del cilindro `e dato da V = 1 area(X), cfr. il seguente grafico.
Ci`o giustifica la seguente
Definizione 10.3. Se X `e un insieme limitato tale che la sua funzione caratteristica
e integrabile, allora si dice che X `e misurabile e si pone
X `
ZZ
|X| =
1 dx dy (:= misura di X)
X

Diamo ora alcune propriet`


a degli integrali doppi.

138

10. CALCOLO INTEGRALE

z
y

1
|X|

x
Figura 74. La misura di uninsieme.

Propriet`
a dellIntegrale. Siano f, g : X ! R integrabili. Allora
f + g `e integrabile per ogni , 2 R (cio`e linsieme delle funzioni integrabili
con dominio X `e uno spazio vettoriale) e
ZZ
ZZ
ZZ
f (x, y) + g(x, y) dx dy =
f (x, y) dx dy +
g(x, y) dx dy
X

(cio`e lintegrale `e un operazione lineare);


Se f (x, y) g(x, y) per ogni x 2 X allora
ZZ
ZZ
f (x, y) dx dy
g(x, y) dx dy
X

(cio`e lintegrale `e monotono);


anche |f | `e integrabile e
ZZ
ZZ
f (x, y) dx dy
|f (x, y)| dx dy
X

(disuguaglianza triangolare).
Se |X| = 0, allora
ZZ

f (x, y) dx dy = 0
X

Se X = X1 [ X2 e |X1 \ X2 | = 0, allora
ZZ
ZZ
ZZ
f (x, y) dx dy =
f (x, y) dx dy +
X

X1

f (x, y) dx dy
X2

(additivit`
a dellintegrale rispetto alla misura di insiemi)
A questo punto, come nel caso di R, si pongono due
Problemi. (i) Quali funzioni sono integrabili?
RR
(ii) Se f `e integrabile, come si pu`o calcolare X f (x, y) dx dy ?

Si tenga conto che, per il fatto che la geometria di X pu`o essere molto complicata, la
risposta non sar`
a cos` semplice come nel caso di R.
Teorema di FubiniTonelli
Una prima risposta ai problemi precedenti si pu`o avere quando X ha due lati paralleli
agli assi cartesiani.
Definizione 10.4. Un insieme X R2 , limitato, si dice
(i) y-semplice se esistono due funzioni continue g1 , g2 : [a, b] ! R tali che
X = (x, y) 2 R2 : x 2 [a, b], g1 (x) y g2 (x)

TEOREMA DI FUBINITONELLI

139

(ii) x-semplice se esistono due funzioni continue h1 , h2 : [c, d] ! R tali che


X = (x, y) 2 R2 : y 2 [c, d], h1 (y) x h2 (y)
(iii) semplice se `e y-semplice o x-semplice
(iv) regolare se `e lunione di un numero finito di domini semplici.
y-semplice

x-semplice

g2(x)

h1(y)

h2(y)

X
a

g1(x)

c
x

Figura 75. Domini semplici.


Osservazione. Si osservi che un dominio `e y semplici se `e un quadrangolo con due lati
paralleli allasse y e gli altri due lati dati dai grafici delle funzioni g1 e g2 (analogamente
per domini x-semplici).
Lideale del seguente teorema di FubiniTonelli `e quella di ridurre il calcolo dellintegrale
doppio al calcolo in successione di due integrali in una variabile.
Teorema 10.5 (Teorema di FubiniTonelli ). Sia f : X R2 ! R una funzione
continua e X un insieme semplice. Allora f `e integrabile su X. Inoltre
(i) Se X `e y-semplice
!
ZZ
Z b Z g2 (x)
f (x, y) dx dy =
f (x, y) dy dx
X

(ii) Se X `e x-semplice
ZZ

f (x, y) dx dy =

d
c

g1 (x)

h2 (y)

f (x, y) dx dy
h1 (y)

Osservazione (Interpretazione geometrica di FubiniTonelli ). Sia X y-semplice. Per


R g (x)
x 2 [a, b] fissato, si ponga A(x) = g12(x) f (x, y) dy. A(x) rappresenta larea della regione
contenuta nel piano (x, y, z), x fissato, e sottesa al grafico della funzione F (y) := f (x, y)
per y 2 [g1 (x), g1 (x)]. La quantit`
a A(x)dx = dV rappresenta il volume che si ottiene per
uno spostamento infinitesimo della
RR variabile x. Integrando rispetto x 2 [a, b], riotteniamo
il volume complessivo e quindi X f (x, y) dx dy.
RR
Esempio. Calcolare X 2x2 y dx dy ove X = {(x, y) 2 R2 : x 2 [0, 1], x + 1 y 2}.
Il dominio si presenta gi`
a nella forma di un dominio y-semplice (si osservi che X `e anche
x-semplice, infatti X = {(x, y) 2 R2 : y 2 [1, 2], 0 x y 1}). Quindi

2 2
ZZ
Z 1 Z 2
Z 1
y
2x2 y dx dy =
2x2 y dy dx =
2x2
dx
2 y=x+1
X
x=0
y=x+1
x=0
3
Z 1
1
3
x
x5
x4 x3
2
4
3
2
=
(4x
x
2x
x ) dx = 4
2
=
3
5
4
3 x=0 10
x=0
R2
Si osservi che nellintegrale x+1 2x2 ydy, poiche lintegrazione `e fatta rispetto alla variabile y, la variabile x si pu`
o considerare come una costante.

140

10. CALCOLO INTEGRALE

F(y)=f(x,y)

A(x)
dx
a

b
g1(x)

y
X

g2(x)

Figura 76. Il teorema di FubiniTonelli per X y-semplice.


RR
p
Esempio. Calcolare X sin(y 3 ) dx dy ove X = {(x, y) 2 R2 : x 2 [0, 1], x y 1}.
Anche in questo caso, il dominio si presenta gi`a nella forma di un dominio y-semplice,
tuttavia se applichiamo la formula per domini y-semplici

ZZ
Z 1 Z 1
3
3
sin(y ) dx dy =
sin(y )dy dx
p
X

sin(y 3 )

la funzione integranda
non `e integrabile elementarmente rispetto y. Osserviamo
che il dominio `e anche x-semplice, infatti X = {(x, y) 2 R2 : y 2 [0, 1], 0 x y 2 }.
Quindi
y-semplice

x-semplice
g2(x)=1

h1(y)=0

p
g1(x)= x

h2(y)=y2

Figura 77. Dominio y- e x-semplice.

ZZ

sin(y ) dx dy =
X

1
0

y2

sin(y )dx dy =
0

1
cos(y 3 )
3

1
0

1
= (1
3

1
0

2
[x]y0

cos(1))

sin(y )dy =

1
0

y 2 sin(y 3 )dy

CAMBIAMENTO DI VARIABILI NEGLI INTEGRALI DOPPI

141

Quindi in alcuni casi pu`


o essere conveniente vedere il dominio come semplice rispetto
ad una variabile piuttosto che allaltra.
Osservazione. Si osservi che dal teorema di FubiniTonelli segue che se X = [a, b]
[c, d] e f (x, y) = f1 (x) f2 (y), allora
Z d
ZZ
Z b
f (x, y) dx dy =
f1 (x)dx
f2 (y)dy.
X

Cambiamento di Variabili negli Integrali Doppi


Il risultato seguente estende al caso degli integrali doppi la formula di integrazione per
sostituzione che abbiamo visto per gli integrali di funzioni reali, cfr. pagina 101.
Teorema 10.6. Sia f : X R2 ! R integrabile e sia
' : X 0 R2 ! R2

(u, v) 7! (x, y) = '(u, v)

una trasformazione regolare di coordinate tale che '(X 0 ) = X. Allora


ZZ
ZZ
f (x, y) dx dy =
f ('(u, v)) |det J' (u, v)| du dv
X0

ove J' `e lo Jacobiano della trasformazione '.


Osservazione (Giustificazione geometrica). In prima approssimazione vale
'(u + du, v) t '(u, v) + 'u (u, v) du
'(u, v + dv) t '(u, v) + 'v (u, v) dv

'(u + du, v + dv) t '(u, v) + 'u (u, v) du + 'v (u, v) dv


Inoltre, se ' =

'1
'2

, abbiamo

w1 := 'u du =

@'1

du

@u
@'2
@u

du

w2 := 'v dv =

@'1
@v
@'2
@v

dv
dv

Visto che larea del parallelogramma generato da w1 e w2 `e dato da | det(w1 , w2 )| (cfr.


corso di Geometria), dalla linearit`
a del determinante in ogni colonna segue
dA0 = | det(w1 , w2 )| = | det J' (u, v)| du dv.
y

'

(u,v+dv)
'(u,v+dv)

(u+du,v+dv)

'(u+du,v+dv)
dA=dudv
0

dA jdet(w1,w2)j

w2 'vdv
'(u,v)

w1'udu

(u,v)

'(u+du,v)

(u+du,v)

Figura 78. Cambiamento di variabili.


Come abbiamo visto a pagina 134, nel caso specifico delle coordinate polari otteniamo
det J' = e quindi dA0 = d d# come dimostra anche il seguente grafico.

142

10. CALCOLO INTEGRALE

y
d#

dA0 dd#
d

d#
#

+d

Figura 79. Cambiamento di variabili per coordinate polari.


RR
Esempio. Calcolare X xy dx dy ove X = (x, y) 2 R2 : x2 + y 2 1, 0 y x . In
questo tipo di problemi `e opportuna dapprima disegnare il grafico.
y
y0

1
/4

X0

X
-1

x2+y21

yx
-1

Figura 80. Dominio in coordinate cartesiane e polari.


Si osserva che il dominio `e semplice. Per`o il dominio essendo un settore circolare, `e
facilmente rappresentabile in coordinate polari.
X 0 = (, #) 2 [0, 1) [0, 2) : 0 1, # 2 [0, 4 ]
Quindi possiamo vedere X = '(X 0 ) ove ' `e la trasformazione del piano indotta dalle coordinate polari e X 0 = [0, 1] [0, 4 ]. Dal teorema precedente, ricordando che
det J' (, #) = (vedi pagina 134), si ha (`e importante non dimenticare il termine
| det J' | = !!)
ZZ
ZZ
xy dx dy =
cos(#) sin(#) d d#
X

[0,1][0, 4 ]

Il dominio X 0 nel piano (, #) `e un quadrato, quindi ricordando losservazione su pagina 141, si ha


ZZ
Z 1
Z
4
3
3
cos(#) sin(#) d d# =
d
cos(#) sin(#) d# =
[0,1][0, 4 ]

1 4
=

4
RR

sin2 (#)

2
0

=
0

1
16

Esempio. Calcolare X (x+ y) dx dy ove X = {(x, y) 2 R2 : 1 xy 2, 1 xy 2}. Si


osservi che non `e facile esprimere X come dominio semplice. Invece `e pi`
u facile introdurre
y
le variabili u = xy, v = x . Cos` si ottiene che il dominio di integrazione nelle nuove
variabili (u, v) `e dato da X 0 = {(u, v) 2 R2 : 1 u 2, 1 v 2} = [1, 2] [1, 2],
quindi `e un quadrato nel piano (u, v).

CAMBIAMENTO DI VARIABILI NEGLI INTEGRALI DOPPI

143

y/x=1

y/x=2

'

X0

X
xy=2

xy=1

x
0

Figura 81. Dominio in coordinate cartesiane e (u, v).

Avendo la trasformazione (x, y) 7! (u, v) = (xy, xy ), dobbiamo trovare ' : (u, v) 7!


(x, y) = '(u, v). Da

u = xy
v = xy
ricavando prima x nella prima equazione e sostituendo nella seconda, si ottiene
'(u, v) = (x, y) =

u p
, uv .
v

Ci`o implica
J' (u, v) =
quindi det J' (u, v) =
ZZ

1
2v .

ZZ

u p
+ uv
v

1
u
2
v3
pu
1
2
v

1
du dv
2v
[1,2][1,2]
Z 2 r

3
Z 2
Z 2"
1
u p
2 u2
p +
=
+ uv du dv =
v
3 v
1 2v
1
1

Z 2
2 p
1
1
2 p
1
= ( 8 1)
+
dv
=
(
8
1)
2 1
3
1
3
3
1 v2
v2
v2
p
1
= ... =
4
2
3

(x + y) dx dy =
X

Da cui

p1
2 uv
pv
1
2
u

2 3p
u2 v
3
p

#2

dv

1
2

+2 v
1

Altri Esempi.
Calcolare la misura |X| del dominio X R2 che in coordinate
polari `e data da
X 0 = (, #) : # 2 [#0 , #1 ], 0 R(#)
per una funzione continua R : [#0 , #1 ] ! [0, +1), cfr. il seguente grafico.

144

10. CALCOLO INTEGRALE

'

X0
R(#)

=R(#)
X
#1

#0

x
#

#0

#1

Figura 82. Dominio in coordinate cartesiane e polari.

Visto che il dominio X 0 `e -semplice, passando alle coordinate polari otteniamo


ZZ
ZZ
|X| =
1 dx dy =
d d#
=
=

X
#1 Z R(#)

#0

1
2

X0

d d# =

0
#1

R2 (#) d#.

#1 2

#0

=R(#)
d#
=0

#0

Per dare unesempio concreto calcoliamo larea della spirale di Archimede data in
coordinate polari da X 0 := (, #) : 2 [0, 2], 0 #) , cfr. il seguente
grafico.
y

Spirale di Archimede

'

/2
2
2

x
X0

3/2

Figura 83. La spirale di Archimede.


In questo caso R(#) = # e quindi otteniamo
|X| =
RR

1
2

Z
2

2
0
2

#2 d# =

1 #3

2 3

2
0

4 3
.
3

Calcolare IR := XR e (x +y ) dx dy per XR := (x, y) : x2 + y 2 R2 . Per


risolvere lintegrale passiamo alle coordinate polari. Visto che il cerchio XR in
0 = [0, R] [0, 2] in coordinate
coordinate cartesiane corrisponde al rettangolo XR

INTEGRALI TRIPLI

145

polari risulta (usando losservazione a pagina 141)


Z R
Z
Z R Z 2
2
2
IR =
e d# d =
e d
0

=
Osserviamo che

R
0

= 1

R2

d#
0

lim IR = . Visto che per R ! +1 (in un certo senso)

R!+1

XR ! R2 = ( 1, +1) ( 1, +1) segue (usando di nuovo losservazione


a pagina 141)
ZZ
Z +1 Z +1
2
2
(x2 +y 2 )
=
e
dx dy =
e x e y dx dy
=

( 1,+1)( 1,+1)

+1

e
1

x2

dx

+1

y2

dy =

Quindi siamo riusciti a calcolare


Z +1

x2

+1

x2

e
1

dx =

dx

che non `e possibile usando una primitiva di e x , cfr. losservazione a pagina 105.
Invece, passando alle coordinate polari, grazie al fattore = det(J' ), si passa da
2
2
e x a e che `e molto semplice da integrare.
Integrali Tripli
In questa sezione ci occupiamo del calcolo degli integrali tripli
ZZZ
f (x, y, z) dx dy dz
X

R3

per una funzione f : X


! R. Interpretando f (x, y, z) come densit`a di un corpo
X R3 nel punto (x, y, z), tale integrale rappresenta la massa totale m del corpo.
Per quanto riguarda la definizione di integrabilit`a e di integrale si pu`o ripetere una
costruzione simile a quella per gli integrali doppi, definendo prima lintegrale in un
parallelepipedo che si pu`
o facilmente suddividere attraverso una partizione in parallelepipedi. Quindi definendolo in un generico insieme X considerando un parallelepipedo
contenente linsieme ed estendendo la funzione a 0 fuori da X. Valgono le stesse propriet`a
degli integrali doppi in sez. 10.
Per un insieme X R3 , la sua misura (volume) si definisce
ZZZ
|X| :=
1 dx dy dz (:= misura di X)
X

Teorema di FubiniTonelli in R3 . Vediamo come si estende al caso degli integrali


tripli la formula di FubiniTonelli. Come visto per gli integrali doppi, le formule di
FubiniTonelli riconducono il calcolo di un integrale dato attraverso il calcolo di integrali
in dimensione pi`
u bassa.
Definizione 10.7. Un insieme X R3 , limitato, si dice
(i) z-semplice se esistono due funzioni continue g1 , g2 : D R2 ! R tali che
X = (x, y, z) 2 R3 : (x, y) 2 D, g1 (x, y) z g2 (x, y)
(analoghe definizioni per insiemi y-semplici o x-semplici).
(ii) semplice se `e z-semplice, y-semplice o x-semplice

Si osservi che un dominio z-semplice `e un cilindro con la superficie laterale parallela


allasse z e le basi date dai grafici di g1 e g2 .

146

10. CALCOLO INTEGRALE

Teorema 10.8 (Integrazione per fili ). Sia f : X R3 ! R una funzione continua e X


un insieme semplice. Allora f `e integrabile su X. Inoltre se X `e z-semplice
!
ZZZ
Z
Z g2 (x,y)
f (x, y, z) dx dy =
f (x, y, z)dz dx dy
X

g1 (x,y)

(analoghe formule per un insieme y-semplice o x-semplice).


Per risolvere lintegrale triplo dobbiamo quindi calcolare lintegrale nella variabile z tra
le parentesi tonde (integrazione sul filo, cfr. grafico), e quindi un integrale doppio nelle
variabili x, y (sommando i contributi di tutti i fili).
g2(x,y)

g1(x,y)
a

y
(x,y)
D

Figura 84. Integrazione per fili.


RRR
3
2
2
Esempio. Calcolare
X z dx dy dz ove X = {(x, y, z) 2 R : x + y 1, 0 z
p
x2 + y 2 }. Si ha
1
!
ZZZ
ZZ
Z 1 px2 +y2
z dx dy dz =
zdz dxdy =
X

{(x,y)2R2 : x2 +y 2 1}

{(x,y)2R2 : x2 +y 2 1}

1
(1
2

p
x2 + y 2 )2 dxdy

Per risolvere lultimo lintegrale possiamo utilizzare il cambiamento di variabili in coordinate polari. In coordinate polari il cerchio {(x, y) 2 R2 : x2 + y 2 1} corrisponde al
quadrato {(, #) : 0 1, 0 # 2}. Quindi
Z
Z 1
Z 2
p
1
1
2
2
2
2
(1
x + y ) dxdy =
(1 ) d
d# =
{(x,y)2R2 : x2 +y 2 1} 2
0 2
0
Z 1
1

(3 22 + ) d =
12
0
Vediamo ora unaltra tecnica di riduzione per il calcolo degli integrali tripli. Assumiamo
che il nostro insieme X si possa rappresentare nella forma
X = {(x, y, z) 2 R3 : z 2 [a, b], (x, y) 2 Dz }
ove per ogni z fissato , Dz (strato) `e un insieme del piano su cui f (x, y, z) `e integrabile
rispetto (x, y). In altre parole X `e lunione degli strati Dz al variare di z 2 [a, b].

INTEGRALI TRIPLI

147

Teorema 10.9 (Integrazione per strati ). Sia f : X R3 ! R una funzione continua e


X = {(x, y, z) 2 R3 : z 2 [a, b], (x, y) 2 Dz }. Allora

ZZZ
Z b Z
f (x, y, z) dx dy =
f (x, y, z) dx dy dz.
X

Dz

Quindi calcoliamo un integrale doppio (integrazione su ogni strato) e quindi un integrale


in z (sommando i contributi di tutti gli strati). Analoghe formula si hanno quando gli
strati si presentano rispetto alla variabile x o y.
z

b
Db

z
Dz

X
y
a
Da

Figura 85. Integrazione per strati.


RRR 2
2
3
2
2
Esempio. Calcolare
X x + y dx dy dz ove X = {(x, y, z) 2 R : z 2 [0, 1], x + y
z 2 }. In questo caso gli strati sono gli insiemi Dz = {(x, y) 2 R2 : x2 + y 2 z 2 }, cio`e
cerchi di centro (0, 0) e raggio z.
!
ZZZ
Z 1 Z
x2 + y 2 dx dy dz =
x2 + y 2 dx dy dz
X

{(x,y): x2 +y 2 z 2 }

Lintegrale tra parentesi tonde si pu`o facilmente risolvere attraverso le coordinate polari.
Quindi

ZZZ
Z 1 Z 2
Z z
2
2
3
x + y dx dy dz =
d#
d dz =
0

2
0

z4
4

dz =

z5
10

=
0

10

Consideriamo unaltro esempio che risolveremo sia con integrazione per fili sia per strati.
Esempio. Calcolare la massa m di un tetraedro con i vertici (0, 0, 0), (1, 0, 0), (0, 1, 0) e
(0, 0, 1) e la densit`
a f (x, y, z) = 1 z nel punto (x, y, z).
Allora i punti appartenendo al tetraedro sono dati da
e quindi abbiamo

X = (x, y, z) 2 R3 : x, y, z
m=

ZZZ

(1

0, x + y + z 1

z) dx dy dz.

Questo integrale si pu`


o risolvere in entrambi i modi.

148

10. CALCOLO INTEGRALE

Soluzione con integrazione per fili . Come si vede dal grafico il dominio X `e z-semplice:
X = (x, y, z) 2 R3 : (x, y) 2 D, 0 z 1
2

D = (x, y) 2 R : y 2 [0, 1], 0 x 1

con

y .

Quindi risulta

z
1

z=1-x-y

0
y

x=1-y

Figura 86. Esempio integrazione per fili.

m=
=
=
=

Z Z Z
Z
Z
Z

1
=
6

1 x y

(1

D
0
1Z 1 y
0

1
1

(1

(1

z) dz

x
y)2

y)2

(1

dx dy =

(1

x
2

y)3
6

1
1
= .
24
8

y)2

x
2

(1

x
6

Z Z

y)3

dy =

z2
2

z=1 x y
z=0

dz

dx dy

dx dy
x=1 y
x=0

dy

y)3

(1

(1

y)4
24

y=1
y=0

Soluzione con integrazione per strati . Come si vede dal grafico il dominio X si pu`o
scomporre negli strati
Dz := (x, y, z) 2 R3 : y 2 [0, 1

Quindi risulta

z], 0 x 1

z ,

Dz
z
x=1-y-z
0

y
1-z
1

Figura 87. Esempio integrazione per strati.

z 2 [0, 1].

INTEGRALI TRIPLI

m=
=
=
=

Z
Z
Z

1 Z Z
1Z

(1

z) dx dy

Dz
1 z

(1

z)

(1
0

z)4

(1

dz =

y z
z)|x=1
dydz
x=0

x (1

z)2

y
2

1Z 1 z
0

y=1 z

dz =
y=0

1Z

149
1 y z

(1

z) dx dy dz

0
1 z

(1

0
1

z)

(1
0

z) (1

(1

z)2
2

z) dy dz

dz

1
= .
8

Ricordiamo infine che anche in R3 vale la formula di cambiamento delle variabili per
integrali tripli
Teorema 10.10. Sia f : X R3 ! R integrabile e sia
' : X 0 R3 ! R3

(u, v, w) 7! (x, y, z) = '(u, v, w)

una trasformazione regolare di coordinate tale che '(X 0 ) = X. Allora


ZZZ
ZZZ
f (x, y, z) dx dy =
f ('(u, v, w)) |det J' (u, v, w)| du dv dw
X0

ove J' `e lo Jacobiano della trasformazione '.


Esempio. Vediamo unapplicazione della formula
RRR precedente al calcolo del volume della
3
sfera di raggio R. Quindi vogliamo calcolare
X 1 dx dy dz ove X = {(x, y, z) 2 R :
2
2
2
2
x + y + z R }. La sfera si pu`o descrivere in coordinate sferiche come linsieme
X 0 = {(, #, ') 2 [0, 1) [0, 2) [0, ] : R, # 2 [0, 2), ' 2 [0, ]}. Ricordando
che il determinante dello Jacobiano della trasformazione in coordinate sferiche `e dato
da det Jf (, #, ') = 2 sin(') (vedi pagina 135) si ha
ZZZ
ZZZ
1 dx dy dz =
2 sin(') d d#d'
X

d#
0

2 d

{(,#,'): R,#2[0,2), '2[0,]}


3 R

sin(')d' = 2

[ cos(')]0 = 4

R3
3

Esempio. Calcolare il volume del cono di altezza h e raggio r X = {(x, y, z) 2 R3 : y


0, x2 + y 2 r2 , z hr (x2 + y 2 )1/2 }. Passando alle coordinate cilindriche (vedi pagina
134), il dominio si pu`
o descrivere come X 0 = {(, #, z) 2 [0, 1) [0, 2) R : 2
h
[0, r], # 2 [0, ), t r }. Ricordando che lo Jacobiano delle coordinate cilindriche `e
dato da , si ha
ZZZ
ZZZ
1 dx dy dz =
d d#dt =
X

d#
0

r
0

dt

{(,#,t):2[0,r], #2[0,), t h
}
r

d =

r
0

3
h 2
h
d = 2
r
r 3

2
0

hr3
3

Note
Testi consigliati:
A. Marson, P. Baiti, F. Ancona, B. Rubino: Corso di Analisi
Matematica 1, Carocci editore;
C.D. Pagani, S. Salsa: Analisi Matematica 1, Zanichelli;
P. Marcellini, C. Sbordone: Esercitazioni di Matematica, Liguori Editore;
S. Salsa, A. Squellati: Esercizi di Matematica, Zanichelli.

150

APPENDICE A

Appendice
Tre Principali Modi di Dimostrazioni
Siano A e B due aermazioni e siano A e B le loro negazioni. Allora sono equivalenti
A ) B;
B ) A;
A e B ) E.
Quindi per dimostrare che A ) B ci sono i seguenti 3 modi:
dimostrazione diretta: A ) B;
dimostrazione indiretta: B ) A;
dimostrazione per assurdo: A con B ) E.
Esempio. Sia A laermazione piove e B laermazione la strada `e bagnata, allora
evidentemente vale A ) B. Invece non vale il contrario, cio`e B 6) A, in quanto non `e
detto che piove se la strada `e bagnata. Quindi in questo esempio
A ) B significa se piove, allora la strada si bagna che `e vero.
B ) A significa se la strada non `e bagnata, allora non piove che `e vero.
A e B ) E significa piove e la strada non `e bagnata che infatti `e una contraddizione.

151

152

A. APPENDICE

Elenco di alcuni Limiti Notevoli


Successioni.

8
+1
>
>
>
<1
lim q n =
n!+1
>
0
>
>
:
69
8
>
<+1

lim n = 1
n!+1
>
:
0
p
n
lim
a=1
n!+1
p
lim n n = 1

se
se
se
se

q > 1,
q = 1,
|q| < 1,
q 1

se > 0,
se = 0,
se < 0

n!+1

ln(n)
=0
n!+1 n
n
lim n = 0
n!+1 q
qn
lim
=0
n!+1 n!
n!
lim n = 0
n!+1 n

n
lim 1 + n1
=e
n!+1

xn
lim 1 + xan
= ea
lim

n!+1

lim (an )bn = ab

n!+1

per ogni a > 0


per ogni 2 R
per ogni > 0
per ogni 2 R, q > 1
per ogni q 2 R

pi`
u in generale
se |xn | ! +1 per n ! +1
se an ! a > 0 e bn ! b per n ! +1

Funzioni.
sin x
=1
x
1 cos(x)
1
lim
=
2
x!0
x
2
ex 1
lim
=1
x!0
x
ax 1
lim
= ln(a)
x!0
x
ln(1 + x)
lim
=1
x!0
x
loga (1 + x)
lim
= loga (e)
x!0
x

x
lim 1 + xt
= et
lim

x!0

x!1

(1 + x)r 1
=r
x!0
x
loga (x)
lim
=0
x!+1
x
lim x loga (x) = 0
lim

x!0+

lim xx = 1

x!0+

pi`
u in generale
per ogni a > 0
pi`
u in generale
per ogni 0 < a 6= 1
per ogni t 2 R
per ogni r 2 R
per ogni 0 < a 6= 1, > 0
per ogni 0 < a 6= 1, > 0

DEFINIZIONE ALTERNATIVA DEI LIMITI PER FUNZIONI

Definizione alternativa dei Limiti per Funzioni


Sia f : X R ! R e sia x0 un punto di accumulazione del dominio X di f . Allora
lim f (x) = l

x!x0

se x0 , l 2 R: Per ogni " > 0 esiste


f (x)

()

> 0 tale che

per ogni x 2 X con 0 < |x

l <"

se x0 2 R, l = +1: Per ogni " > 0 esiste M > 0 tale che


f (x) > M

se x0 2 R, l =

x0 | < .

per ogni x 2 X con 0 < |x

x0 | < .

per ogni x 2 X con 0 < |x

x0 | < .

1: Per ogni " > 0 esiste M < 0 tale che

f (x) < M

se x0 = +1, l 2 R: Per ogni " > 0 esiste L > 0 tale che


f (x)

se x0 =

l <"

per ogni x 2 X con x > L.

1, l 2 R: Per ogni " > 0 esiste L < 0 tale che


f (x)

l <"

per ogni x 2 X con x < L.

se x0 , l = +1: Per ogni M > 0 esiste L > 0 tale che

per ogni x 2 X con x > L.

f (x) > M

se x0 = +1, l =

1: Per ogni M < 0 esiste L > 0 tale che


per ogni x 2 X con x > L.

f (x) < M

se x0 =

1, l = +1: Per ogni M > 0 esiste L < 0 tale che

se x0 =

1, l =

per ogni x 2 X con x < L.

f (x) > M

1: Per ogni M < 0 esiste L < 0 tale che


per ogni x 2 X con x < L.

f (x) < M

lim f (x) = l

x!x+
0

se x0 , l 2 R: Per ogni " > 0 esiste


f (x)

()

> 0 tale che

per ogni x 2 X con 0 < x

l <"

x0 < .

se x0 2 R, l = +1: Per ogni " > 0 esiste M > 0 tale che


per ogni x 2 X con 0 < x

f (x) > M

lim f (x) = l
x!x0

se x0 , l 2 R: Per ogni " > 0 esiste


f (x)

l <"

x0 < .

()

> 0 tale che

per ogni x 2 X con 0 < x0

x< .

se x0 2 R, l = +1: Per ogni " > 0 esiste M > 0 tale che


f (x) > M

per ogni x 2 X con 0 < x0

x< .

153

Elenco delle figure


1

Il grafico del modulo.

Il metodo di Erone.

20

3
4
5
6
7
8

Scala autoportante: 2 gradini.


Scala autoportante: 3 gradini.
Scala autoportante: n + 1 gradini.
Scala autoportante che supera (teoricamente) qualsiasi distanza.
Divergenza della serie armonica
Convergenza della serie di Leibniz.

24
24
25
25
29
30

9
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
20
21

Grafico di A(r).
Funzioni iniettive e suriettive
p
Grafico di f (x) = x2 e f 1 (x) = x.
Funzioni pari e dispari
La funzione potenza.
Funzione esponenziale di base a e funzione esponenziale.
Le funzioni iperboliche.
La catenaria.
Misura di angoli in radianti.
Definizione delle funzioni circolari.
Grafici di sin, cos e tan.
La funzione segno
Relazione tra x, sin(x) e tan(x).

32
34
34
35
37
37
37
37
38
38
39
40
42

22
23
24
25
26
27

Il metodo di bisezione.
I Logaritmi.
Funzione continua con inversa discontinua.
La radice n-esima.
Inverse delle funzioni circolari.
Inverse delle funzioni iperboliche.

47
48
49
49
51
51

28
29
30
31
32
33

Retta secante e tangente.


Derivata della funzione inversa.
Esempi di estremi locali.
Estremi locali e tangenti orizzontali.
Grafico di f (x) = xx .
Teorema di Rolle: Tre punti con f 0 (c1 ) = 0 = f 0 (c2 ) = f 0 (c3 ) () retta
tangente orizzontale

53
58
60
61
62

154

62

ELENCO DELLE FIGURE

34 Teorema di Lagrange: Due punti di Lagrange c1 e c2 .


35 Criterio per estremi locali.
36
37
38
39
40
41
42
43

Grafico di f (x) = ln(x)


x .
Il resto r(x).
I primi polinomi di McLaurin di f (x) = ex .
Criterio per estremi locali.
Asintoto obliquo.
Funzioni convesse e concave.
Punti di flesso e no.
1
Studio di f (x) = e x 3 |x + 3|.

44
45
46
47
48
49
50
51
52
53
54
55
56
57
58
59
60
61
62
63
64
65

Larea A.
Somma inferiore s(P, f ) e somma superiore S(P, f ).
Criterio per lintegrabilit`
a.
Additivit`
a rispetto agli estremi di integrazione.
Integrazione di funzioni simmetrici.
Esempi di funzioni integrabili non continue.
Teorema della media.
La funzione integrale.
Area sotto il grafico.
Il logaritmo.
Calcolo di aree.
Calcolo del area tra due grafici.
Esempio: Calcolo del area tra due grafici.
Esempio: Calcolo del area tra due grafici.
Corpo di rotazione.
Integrali impropri.
Integrali impropri.
Integrali improprio convergente.
Integrale improprio convergente.
Integrali impropri e serie: f (k) = ak .
La serie maggiora lintegrale.
Lintegrale maggiora la serie.

155

63
64
65
68
71
75
86
86
87
90
91
92
92
93
94
94
95
96
97
98
109
110
110
111
111
113
114
114
115
116
117
117

66 Grafici di f1 (x, y) = x2 + y 2 e f2 (x, y) = x2 y 2 per (x, y) 2 [ 1, 1] [ 1, 1].


67 Linee di livello delle funzioni f1 (x, y) = x2 + y 2 e f2 (x, y) = x2 y 2
p
68 Grafico e linee di livello di f (x, y) = (1 x2 )(1 y 2 )
69 Coordinate polari.

120
120

70 Derivate parziali.
71 Piano tangente.
72 Derivata direzionale.

127
129
130

73 Sistemi di riferimento in R3 .

135

74 La misura di uninsieme.

138

121
124

156

75
76
77
78
79
80
81
82
83
84
85
86
87

ELENCO DELLE FIGURE

Domini semplici.
Il teorema di FubiniTonelli per X y-semplice.
Dominio y- e x-semplice.
Cambiamento di variabili.
Cambiamento di variabili per coordinate polari.
Dominio in coordinate cartesiane e polari.
Dominio in coordinate cartesiane e (u, v).
Dominio in coordinate cartesiane e polari.
La spirale di Archimede.
Integrazione per fili.
Integrazione per strati.
Esempio integrazione per fili.
Esempio integrazione per strati.

139
140
140
141
142
142
143
144
144
146
147
148
148

Potrebbero piacerti anche