(Guido Formigoni)
CAPITOLO 1: LE RADICI STORICHE DEL NOVECENTO. IL SISTEMA EUROPEO DEGLI
STATI DALLE ORIGINI AL DOMINIO MONDIALE
Quando inizi il 900? Al di l della pura cronologia concezione diffusa far risalire
lavvio della storia novecentesca alla prima guerra mondiale e quindi al 1914. In
questo modo, il 900 sarebbe stato un secolo breve. Secondo altre visioni per, di
studiosi attenti al rapporto tra politica, economia e territorialit, si individua un vero
tornante storico allincirca attorno al 1860-1870, quando si sarebbe completata una
plurisecolare fase di concentrazione del potere reale nella figura dello Stato moderno,
capace di controllare il territorio. Questa visione designerebbe quindi un lungo
novecento che si estenderebbe almeno fino al decennio 1970, periodo in cui il nesso
forte politica-economia-territorio avrebbe cominciato a entrare in crisi, lasciando
spazio allepoca della mondializzazione contemporanea.
Il mondo internazionale di inizio 900 era frutto di una precedente lenta e plurisecolare
evoluzione. LEuropa era sicuramente il suo centro, per la posizione globale
assolutamente dominante del suo sistema diplomatico, economico e militare e aveva
ampliamente esportato le sue regole. La particolare forma di evoluzione europea di
una sfera politica internazionale ha condizionato il mondo e si via via estesa a
dimensione globali, proprio sullonda della preminenza economica, militare e politica
europea.
Come era nato questo predominio? LEuropa del 900 aveva alle proprie spalle un
percorso peculiare: si era sedimentato nei secoli sul continente un sistema di
rapporti tra entit politiche diverse, che si concepivano come sovrane, e cio
appunto gli Stati moderni. Tali nuove creature politiche erano nate dal processo di
dissoluzione e successiva riaggregazione di quelluniverso medievale della Repubblica
Cristiana che era concepito come fortemente unitario e tendenzialmente universale,
nella duplice ma interconnessa matrice di un impero sacrale e di una chiesa cristiana
diffusa su tutto il continente. A partire dai secoli XIII-XIV, una serie di monarchi
avevano avviato percorsi di autonomia in un ben definito territorio. Insomma, le
caratteristiche di potere supremo che limperatore aveva sempre rivendicato,
venivano ora acquisite dai sovrani, che puntavano a omogeneizzare lamministrazione,
a imporre leggi comuni, a controllare la stessa struttura ecclesiastica, a imporre una
lingua volgare che divenne ufficiale e soppiant luso del latino medievale, a fissare
frontiere precise e definite del proprio Stato. Naturalmente, faceva parte di queste
relazioni tra entit sovrane anche la capacit di regolamentare la violenza militare,
imponendo la pace allinterno di un territorio e casomai utilizzando la forza verso
lesterno. Anzi, il monopolio della forza legittima allinterno di un determinato
territorio divenne un carattere fondamentale della sovranit degli Stati moderni. Tutti
questi processi si condensarono in un nome: affermazione della sovranit.
Parallelamente, lImpero Sacrale perdeva progressivamente le sue caratteristiche
universali, riducendosi ad un controllo della sola area geografica tedesca (nel 1512 il
suo nuovo nome divenne infatti Sacro Romano Impero della Nazione Germanica).
Questo processo stato assolutamente decisivo per la storia dellEuropa tardomedievale e moderna, sotto tutti i profili. Essa si allarg in tutto il continente: le
monarchie pi antiche e solide furono quelle occidentali (inglese, spagnola, francese),
mentre nellEuropa orientale il movimento pi continuo e destabilizzante delle
popolazioni rese pi difficile consolidare i primi nuclei creatisi nel Medioevo. Nemmeno
nella penisola italiana sorse un solo Stato che assumesse una preponderanza
territoriale (tra laltro il quadro italiano era pi complicato data la presenza dei domini
temporali della Chiesa). Si tratt insomma di un processo tormentato e complesso,
che conobbe il punto di non ritorno e di definitiva affermazione alla met del 600. E
logico immaginare che laffermazione della sovranit di ogni Stato andasse insieme al
riuscirono a superare lo stadio della lotta con una rissosa oligarchia aristocratica (si
pensi al grande stato polacco-lituano). Allinizio dell800 venne formalizzato poi il
concetto di grande potenza: erano Stati territorialmente estesi, solidi militarmente
ed economicamente e avevano interessi e capacit di gestione del sistema
complessivo delle relazioni europee. Questi Stati erano cinque (Inghilterra, Francia,
Impero Asburgico, Russia e Prussia). LInghilterra aveva il primato marittimo e stava
ora conoscendo le prime trasformazioni connesse alla rivoluzione industriale; la
Francia, paese pi popolato e produttivo dEuropa, aveva una monarchia in rapida
ascesa nella concentrazione del potere assoluto; lImpero degli Asburgo; la Russia che
a fine 700 si affacciava allEuropa con una notevole potenza militare oltre che con
istanze di modernizzazione e di imitazione della cultura europea pi avanzata; infine,
la pi piccola Prussia, staterello provinciale in via di rapido consolidamento militare
grazie ad un solido accordo tra monarchia e nobilt sopra una popolazione disciplinata
ed istruita. Altre grandi monarchie, molto influenti nel passato, si trovavano ora in
condizione di decadenza come lantica potenza della Spagna e della Svezia.
Declinavano anche le potenti repubbliche oligarchiche marinare e commerciali come
Venezia e i Paesi Bassi. Tra questi Stati maggiori, il gioco della ricerca di una qualche
egemonia era consueto. Gli Asburgo nel 500 avevano gi raccolto sotto la corona di
Carlo V unamplissima rete di territori e regni. La Francia 60-700tesca era stata ben
pi efficace, in quanto monarchia assoluta consolidata, capace di sviluppare il
controllo di un territorio demograficamente ed economicamente florido e di ricavarne
risolrse militari. Tutti questi slanci verso una condizione di egemonia avevano per
suscitato reazioni e contrapposizioni. Proprio a seguito di queste vicende, la nuova
situazione fu interpretata ricorrendo alla visione di un equilibrio pluralistico la quale
visione era solo teorica: se vero che contro i tentativi egemonici nascevano spesso
alleanze contrapposte, tale regola non valeva quando una grande potenza si
rapportava ai soggetti minori del sistema. La spartizione dello Stato polacco tra
Russia, Austria e Prussia alla fine del 700 fu il caso pi eclatante in questo senso.
Il sistema europeo era da secoli in rapporto (non sempre pacifico) con altri sistemi di
entit politiche confinanti o lontane: per esempio, con il mondo islamico i rapporti del
sistema europeo avevano visto alternativamente allopera momenti di scontro (con la
Riconquista iberica o la contesa sulloccupazione dei Balcani) a fasi e processi di
intreccio culturale ed economico. Inoltre, il progresso tecnico diede lentamente agli
europei una forza maggiore di altre civilt e permise quindi di instaurare rapporti di
controllo e dipendenza che lentamente divennero strutturali.
Una rete di rapporti commerciali allargava e sosteneva poi il quadro dellinflusso
europeo, che crebbe anche tramite la competizione tra i diversi Stati del sistema.
Limpero coloniale inglese, che stava chiaramente divenendo il pi importante del
mondo, era costituito soprattutto da un articolato sistema di basi navali e lo scontro
con la Francia in India e America settentrionale nella guerra dei Sette Anni (conclusa
nel 1763) la rafforz ancor di pi.
Questo sistema europeo fu scosso pesantemente dai cambiamenti politici ed
economici prorompenti dei decenni finali del 700. La rivoluzione americana (17761783) e quella francese (1789-1799) videro allopera forze nuove, elaborando concetti
e prospettive che ebbero notevole influsso anche sul sistema internazionale. La
rivoluzione industriale britannica stava mettendo le basi di un cambiamento
permanente del rapporto economia-politica, mentre con la rivoluzione francese
cominci ad essere usata, in senso politico, lidea di nazione che alludeva alla
comunanza di nascita di un gruppo sociale su un territorio: il popolo diveniva soggetto
politico unitario e organizzato, di fronte al potere del sovrano.
Questa nuova ideologia di proiettava bei rapporti tra gli Stati. La Francia diventava
cos la Grande Nation: politicamente forte in quanto capace di comunicare a tutta
Europa la spinta originale della libert. Lobiettivo francese di portare la libert agli
altri popoli venne persino codificato in una dichiarazione della Convenzione del
novembre 1792. Fu Napoleone imperatore che dopo il 1804 radicalizz la tendenza
francese verso legemonia europea, sullonda della sua abilit militare e sfruttando
leredit del messaggio modernizzante portato dalla rivoluzione. Solo Gran Bretagna e
Russia riuscirono a mantenere un ruolo di grande potenza di fronte alla Francia. La
nuova coalizione antinapoleonica, formatasi nel 1813, si impegn a ricondurre la
Francia nei suoi storici confini e non solo: infatti ogni potenza dichiarava di voler
cooperare per ventanni con gli altri contraenti per controllare la pace europea
(trattato di Chaumont, 1814). Si decise poi di convocare a Vienna un grande congresso
europeo che avrebbe dovuto mettere le basi di un ordine stabile per il futuro.
Lelemento innovativo pi forte fu proprio un progetto di stabilizzazione consensuale:
le controversie andavano risolte in un quadro capace di imporre un ordine condiviso e
presentabile di fronte allopinione pubblica nascente. Si parl di legittimismo:
LEuropa pensava a se stessa come una comunit basata sul diritto, in cui i regni
riconoscibili erano quelli sanzionati dalla tradizione, dalle norme dinastiche, dalla
legge riconosciuta e dalla religione. Lideologia legittimista imponeva un vincolo
stretto tra il sistema internazionale ed i sistemi politici interni. Il Congresso di Vienna
fu una conferenza tenutasi nell'omonima citt, allora capitale dell'Impero austriaco,
dal 1 novembre 1814 all'8 giugno 1815. Vi parteciparono le principali potenze
europee allo scopo di ridisegnare la carta dell'Europa e ripristinare l'Ancien rgime
dopo gli sconvolgimenti apportati dalla Rivoluzione francese e dalle guerre
napoleoniche. Furono i 4 vincitori, pi la stessa potenza sconfitta, a prendere le
decisioni importanti: la casa dAustria ottenne uninfluenza prevalente in Italia ed in
Germania, la Gran Bretagna conferm un predominio pressoch esclusivo nel settore
extraeuropeo, la Russia ottenne di spingersi verso il centro dellEuropa occupando la
maggior parte della Polonia, la Prussia ottenne nuovi territori sul Reno in chiave di
contenimento del potenziale espansionistico francese. Si costituirono poi una serie di
corpi intermedi, che fungessero da cuscinetto rispetto alla potenza francese.
Nelle decisioni di Vienna non cera per solo la volont di sistemare i problemi
pendenti dal passato ma cera anche un esplicito sguardo al futuro. Le grandi potenze
assumevano reciprocamente un impegno comune per la stabilit e la pace europea. In
questa promessa di cooperazione di trovavano le basi di un originale meccanismo di
consultazioni, autolimitazioni, decisioni comuni, elaborazione di compromessi, che
venne definito concerto europeo. Questo meccanismo funzion per circa 40 anni,
garantendo una sorta di supervisione consensuale delle relazioni europee, con una
certa capacit di mediazione tra gli interessi delle grandi potenze e un prudente
contemperamento tra le spinte dellinnovazione e le esigenze della tradizione. Le
regole inespresse, ma generalmente accettate, del sistema stabilivano che:
- ogni problema europeo dovesse ricevere soluzioni europee;
-ogni potenza prima di agire in un campo che toccasse lo status, gli interessi o i diritti
delle altre, dovesse prima consultarle;
-nessuna delle grandi potenze poteva essere esclusa da una conferenza o un
congresso;
-ci fosse bisogno di consenso per modificare lo status quo;
-i piccoli Stati avessero diritto di protezione e di ascolto, ma non di partecipare alle
decisioni.
Elemento decisivo di instabilit, successivo al Congresso di Vienna, fu la diffusione di
nuovi movimenti culturali e politici che facevano delle identit nazionali la loro
caratteristica. La ricerca culturale, linguistica, storica, tipica della cultura romantica
poneva in luce (o alle volte costruiva) nuove identit nazionali, che scoprivano una
tradizione nel passato e al contempo delineavano una missione rivolta al futuro.
Nuovi movimenti elaborarono quindi un principio di nazionalit messo a punto
tecnicamente verso met secolo dai giuristi internazionalisti: ad ogni nazione deve
corrispondere uno stato. Chiaramente era questo un principio che infrangeva lordine
fissato a Vienna e questa ulteriore spinta nazionalista metteva in discussione il
legittimismo dinastico. Lo scontro delle nuove tendenza con lordine di Vienna fu
quindi inevitabile. La tensione si fece forte sul caso spagnolo nel 1821 in cui il governo
russe. Da qui in avanti si ebbero ben 17 anni di guerre che contrapposero le grandi
potenze europee tra 1854 e 1871, in 4 episodi distinti, anche se tutti brevi e poco
sanguinosi. Tale fase conflittuale port a modificare molti dati dellassetto della
Restaurazione, ponendo fine al controllo asburgico dellEuropa centrale e conducendo
a realizzare lunit statuale italiana e tedesca.
Nel caso italiano, loperazione cavouriana sfrutt il carattere costituzionale
salvaguardato dal Regno di Sardegna dopo la Seconda Restaurazione del 1849 per
attirare i consensi dellesile movimento liberale e patriottico disperso nella penisola.
Riusc quindi a tradurre il problema italiano in termini di dinamiche internazionali,
valendosi della leva militare francese per la limitata guerra allAustria del 1859, che
allarg almeno il regno con lannessione della Lombardia. Raccolse poi nel successivo
biennio anche la spinta che venne dal basso, con le rivoluzioni liberali riaccese nei
Ducati dellItalia centrale, nei territori pontifici e nel Regno del Sud. Con lappoggio
ideologico britannico e limpotenza delle altre potenze isolate, si giunse cos a
costruire nel 1861 il nuovo Regno dItalia. Fu cos che lItalia entr a far parte del
sistema, anche se ancora difficilmente considerabile una grande potenza
(nonostante la realt demografica e geografica rilevante) per ragioni di arretratezza
economica e debolezza militare. Inoltre, lo scontro con il papato sul destino di Roma
(conquistata infine nel 1870) costitu per decenni un grande elemento critico.
Nel caso tedesco invece, il cancelliere prussiano Bismarck oper una sapiente sintesi
di tradizionalismo dinastico ed utilizzazione strumentale del sentimento nazionale
tedesco per aggirare le frustrazioni del movimento nazionale-liberale, ed affermare per
gradi un progetto di unificazione tedesca guidato saldamente dallo stato militare
tradizionalista e conservatore prussiano. La sua iniziativa si bas sulluso spregiudicato
della forza ove necessaria, ma anche su unaccorta valutazione delle circostanze e sul
controllo sapiente degli effetti della potenza prussiana. La guerra della Prussia
allAustria del 1866, preparata con una sottile e determinata diplomazia, fu il passo
decisivo per escludere gli Asburgo dagli affari tedeschi. La guerra alla Francia del 1870
gli permise di far appello definitivo al nazionalismo tedesco e di completare cos
lopera di unificazione dei diversi principi tedeschi sotto la tradizionalista corona
prussiana. Lo Stato unitario tedesco era una realt che per caratteri demografici e per
moderna dinamica economica, non poteva che esercitare un sostanziale ruolo
egemonico sul continente: comprendere in quale direzione questo ruolo si fosse
espresso era un problema tra i maggiori per capire levoluzione futura del sistema
europeo. Bismarck riconobbe esplicitamente i confini della potenza tedesca dopo il
1871, ma tale situazione non era fatta per essere stabile. Il 1870 stato lungamente
ritenuto una svolta simbolica i grande portata. La vittoria prussiana sulla Francia
avrebbe fatto cambiare lo spirito pubblico europeo, mettendo fine alle illusioni
democratiche-romantiche e imponendo tra laltro una visione della nazione autoritaria
e basata sui dati oggettivi della lingua e della razza, e non sul consenso. Le altre
grandi potenze reagivano intanto alle novit europee, dopo il successo bismarckiano
del 1870. La Russia si accontent di modesti miglioramenti del proprio status nel Mar
Nero e del sostegno bismarckiano alla causa della repressione polacca, mentre
continuava una politica di espansione asiatica che lavrebbe portata a contrasti con la
Gran Bretagna e si delineava una tendenza panslavista, che avrebbe sollecitato lo
zarismo negli anni successivi a operare per un grande progetto di federazione dei
popoli slavi, riprendendo le antiche spinte verso legemonia nei Balcani. Llite
britannica dopo il 1870 accentu invece il carattere di potenza marittima e mondiale,
con una visione di splendido isolamento rispetto agli affari europei, rifiutando
apertamente il nuovo sviluppo di alleanze segrete con impegnativi vincoli alla difesa
reciproca per il futuro. Insomma, il quadro europeo appariva profondamente mutato, e
si erano avviate una serie di dinamiche tipiche della svolta verso il 900. Nella
Germania bismarckiana, intanto, il cancelliere di ferro impost la sorveglianza della
situazione europea tramite la scelta di imporre lisolamento francese, la cooperazione
conservatrice dei tre imperatori (austriaco, russo e tedesco) e la ricucitura di buoni
rapporti con la Gran Bretagna negli accordi mediterranei. Limpossibilit per di una
pacifica spartizione di sfere dinfluenza balcaniche tra Austria e Russia port Bismarck
a legarsi sempre pi strettamente con lAustria nella Duplice Alleanza del 1879 (che
si sarebbe poi estesa allItalia con la Triplice del 1882).
CAPITOLO 2: STATI NAZIONALI E IMPERI GLOBALI. IL VERTICE DELLINFLUENZA
EUROPEA E LA PRIMA GUERRA MONDIALE (1890-1918)
La politica e leconomia europea conobbero una svolta competitiva verso fine 800: i
processi storici di consolidamento e accentramento statuale avevano conosciuto un
vertice proprio attorno ai decenni finali del secolo. Lepoca di incertezza economica
indusse tendenze protezionistiche. Sulla scia del successo indiscusso del modello
britannico, si diffondeva la pulsione degli Stati nazionali a realizzare sfere di dominio
imperiale. Tali avvenimenti realizzavano lapice dellegemonia mondiale dellEuropa,
favorito proprio dal trionfo delleconomia industriale e delle sue applicazioni militari.
Una nuova fase di impetuosa espansione economica e produttiva dellEuropa si
innest dallinizio del nuovo secolo su queste rivalit nazionali. La consistente crescita
del commercio internazionale inizi per ad essere vissuta come un nuovo campo
competitivo tra le potenze. La profezia apocalittica di una catastrofe imminente
segnava nel profondo le spensieratezze della cosiddetta Belle Epoque. Lapparire
sulla scena della potenza americana e di quella giapponese tolse inoltre lesclusiva
delle relazioni mondiali allEuropa. Inoltre, Grande Guerra, scoppiata nel 1914, la
prima guerra globale europea da centanni a questa parte, sarebbe rimasta nella
memoria come la prima guerra compiutamente mondiale, introducendo
definitivamente il mondo nel XX secolo.
Negli ultimi decenni dell800 si verific una svolta decisiva in un processo di
concentrazione territoriale del potere. Un territorio, una nazione, uno Stato, un sistema
economico: tale integrazione diventer un modello pressoch generale proprio in
questi anni. La centralit degli aggregati politici nazionali, indipendenti e sovrani, si
afferm sulla sconfitta di ogni modello federale o confederale. Erano gli stessi mezzi
tecnici del progresso a favorire il controllo e lunificazione dei territori: la ferrovia
chiedeva investimenti, apparati amministrativi, giurisdizionali e decisioni statuali
coordinate, anche l dove la costruzione e lesercizio restassero privati. Ferrovie e
telegrafo furono anche strumenti di prima grandezza nel trasferimento e
nellesecuzione di ordini e decisioni. La stessa necessit di contenere e rappresentare
la molteplicit delle forze sociali in espansione chiedeva per di rafforzare sul piano
simbolico e ideologico la legittimazione delle strutture statuali. Quasi sempre la
soluzione di questo problema sfrutt la forza della cultura nazionale: si creava cos
quella sintesi che stata efficacemente definita ufficial-nazionalismo. La forza
coesiva dellidea di nazione si doveva sposare con i passi avanti in direzione pi o
meno apertamente democratica della politica. Nacquero su questo terreno i
molteplici percorsi della cosiddetta nazionalizzazione delle masse. Gli Stati si
attivarono per radicare quelluniverso mitologico e ideologico della nazione nella
coscienza delle popolazioni. Per questo la nazionalizzazione procedette soprattutto
attraverso lamplissimo ricorso alla sfera simbolica ed estetica: bandiere,
monumenti, lapidi, celebrazioni, cortei, esibizioni, ma anche via via utilizzando forme
di comunicazione pi moderne come lo sport, il teatro, la moda e listruzione. Dal
punto di vista istituzionale, due furono i capisaldi fondamentali di questa strategia di
unificazione capillare delle popolazioni: lesercito con le sue nuove teorie basate sulla
leva di massa e sulla nazione in armi e la scuola pubblica con la progressiva e non
incontrastata diffusione dellalfabetizzazione. Il tema nazionale divenne quindi una
chiave dellallargamento progressivo e sorvegliato della politica a dimensioni di
massa. Occorre poi ricordare che la democratizzazione degli Stati era un processo solo
iniziale, anche se dopo il 1870 forme di governo costituzionale avevano acquistato
nuovi paesi, sfiorando addirittura le corti conservatrici di Vienna e Berlino. Ancora pi
embrionale era lallargamento della gestione politica degli affari internazionali. Alcune
costituzioni liberali cominciavano a prevedere il voto parlamentare, almeno per la
ratifica dei trattati internazionali. Lo stesso ruolo personale dei sovrani era ancora
assolutamente centrale nella guida della politica estera e dellattivit diplomatica, e
non solo negli Stati pi autoritari. Analogo era il discorso sull opinione pubblica, che
era esplosa come fattore importante della politica internazionale fin dallinizio del
secolo: era pi facile che fossero i governi a orientarla finanziando la stampa oppure
appoggiandosi su particolari pubblicazioni e giornalisti compiacenti, piuttosto che gli
statisti dovessero subire condizionamenti irresistibili che provenissero da questi
settori. Spesso in questo modo si crearono veri e propri miti e stereotipi, al servizio
degli scopi politici delle potenze. Del resto la tecnicit della diplomazia crebbe in
questi decenni. Anche le amministrazioni specializzate, create per gestire le relazioni
internazionali, risentirono della centralizzazione statuale: gli ambasciatori erano
sempre pi controllati e collegati con il centro. La dinamica prorompente delleconomia
industriale venne a trovarsi sempre pi saldamente guidata dai pubblici poteri. Gli
obiettivi di competizione tra le imprese si sposavano perfettamente alla competizione
statuale. Tranne la Gran Bretagna, le economie avevano tutte caratteri ancora
fortemente nazionali. Lestensione dei poteri di governo raggiungeva campi del tutto
inediti: fu inaugurata ad esempio in molti paesi una politica di interventi sociali e di
mediazione tra capitale e lavoro, proprio per favorire la coesione popolare attorno alla
nazione, basandosi sul pioneristico modello bismarckiano. Il miglioramento del fisco e
dei sistemi del debito pubblico metteva a disposizione sempre pi risorse per nuovi
impegni di governo, indirizzati al sostegno infrastrutturale della crescita. Occorre
sottolineare la crescita verticale dellinteresse pubblico verso il commercio estero in
chiave competitiva. La cosiddetta grande depressione, cio il periodo di incertezza
avviato nel 1873 con il crack finanziario viennese e continuato in un venticinquennio di
difficolt e di stagnazione dei prezzi, mise in luce forti problemi di adattamento alla
diffusione delleconomia industriale e capitalistica. Tra laltro si intrecci con una
devastante crisi degli aspetti agricoli tradizionali europei, messi sotto pressione, da
prodotti a basso prezzo importati dagli Stati Uniti o dallArgentina. Questa fase critica
accrebbe le rivalit economiche nazionali. La naturale dinamica protezionistica dei
governi arrivati tardi alle soglie dellindustrializzazione, ispirata alla tutela delle
nascenti (o crescenti) industrie nazionali, assunse via via un prioritario carattere
politico-strategico. Si trattava di privilegiare i settori decisivi in termini militari: la
costruzione di una siderurgia nazionale sembr per esempio a molte classi dirigenti
un investimento necessario, sopportando magari costi elevati, per poter assicurarsi
lautonomia nella costruzione di armamenti in caso di conflitti. Lautosufficienza
alimentare era poi un altro elemento spesso invocato contro limminente
specializzazione e la divisione internazionale del lavoro, frutto dellimpostazione
liberoscambista. La tariffa generale tedesca del 1879, segnale di una forte svolta
protezionistica, contribu a ri-orientare il commercio estero tedesco fuori dEuropa e
aprendogli piste imperiali. Anche in Francia, si arriv alla tariffa generale Mline del
1892, complessivamente protezionistica. Analogo discorso si pu fare per lItalia dopo
il 1887, mentre la scelta protezionistica veniva rafforzata anche negli Stati Uniti. Il
commercio estero divenne cos oggetto di crescente regolazione, vincoli, controlli e
orientamenti da parte dei governi. La stessa Gran Bretagna (unico paese a mantenere
rigorosamente la posizione liberoscambista) dovr in fondo cercare di adattarsi a
questa nuova forma delle relazioni economiche internazionali. Laccresciuta
competizione economica per rafforzava al tempo stesso nuove forme di rivalit di
potenza. Si riduceva progressivamente la convinzione comune che fosse necessario un
tessuto tradizionale di stabilit nei rapporti tra gli Stati, sorvegliata e guidata con
mezzi consensuali. Va anche ricordata in questa direzione la nuova fase della corsa
alle armi. Si sostenuto che probabilmente gi da met secolo lapplicazione agli
esercizi delle innovazioni tecnologiche industriali (soprattutto acciaio e carbone)
divent pi importante per vincere le guerre delle caratteristiche demografiche e
anche delle stesse risorse finanziarie degli Stati. La stessa modernizzazione dei sistemi
darma ebbe unimpennata e la produzione non si limit agli arsenali di Stato, ma fu
estesa a grosse industrie private (per esempio: Krupp, Schneider e Ansaldo e Terni in
Italia). Verso la fine dell800, il crescente controllo del mondo extraeuropeo da parte
delle grandi potenze stava assumendo un contenuto apertamente politico-militare. Si
parlato di una vera e propria et dellimperialismo tra 1880 e 1914: non che il
fenomeno imperiale fosse nuovo, ma in questepoca presentava diversi inediti sviluppi
intrecciati tra loro. In primo luogo, nella cultura europea si dispiegarono nuove
giustificazioni intellettuali dellimperialismo: arrivava a maturazione culturale la
coscienza di una superiorit ormai dispiegata dellEuropa, da cui scaturiva un compito
di civilizzazione del mondo e dei popoli arretrati. Rudyard Kipling scrisse in una
sua famosa poesia del fardello delluomo bianco, ovvero la responsabilit delluomo
bianco civilizzato di civilizzare i popoli arretrati. Lo slancio missionario delle Chiese
(cattoliche e protestanti) andava nella stessa direzione: il governo francese fu ad
esempio molto sensibile alla sollecitazione di congregazioni che chiedevano sostegni
militari per le proprie iniziative di diffusione della civilt cristiana. La teoria
dellevoluzione darwiniana, applicata alluomo, port poi a fissare il concetto di
differenti gradi di sviluppo, con il necessario dominio dei pi forti nella competizione
per la sopravvivenza. Il passo verso il razzismo aperto era ormai breve. La scoperta
delleuropeo bianco come razza padrona del mondo avr conseguenze di
lunghissima portata sulla storia stessa della creazione di nuovi terribili sistemi di
potere. Parallelamente, si ebbero evoluzioni coerenti anche in campo giuridico, che
fissavano le distanze e i rapporti tra categorie diverse di soggetti politici nel mondo. Si
precis lidea che un certo standard di civilizzazione fosse il requisito necessario
tramite cui un paese potesse avere riconoscimento legale e soggettivit
internazionale. Non era un livello definito in termini religiosi o culturali, per cui
potenzialmente ogni potere politico poteva raggiungerlo, ma fissare le diversit di
status significava ridurre lelasticit tradizionale del sistema. Ne venivano cos favorite
le tendenze al controllo o al protettorato sui regimi politici extraeuropei da parte di
potenze civili.
Elemento tipico di questa nuova stagione fu proprio il fatto che al dominio economico
dellEuropa si aggiungessero annessioni formali ed esclusive, da parte di singole
potenze, di porzioni crescenti di territori nellAsia meridionale e centrale, oltre che
soprattutto in Africa. Dopo il 1880 molti paesi extraeuropei entrarono cos in un regime
coloniale. La spiegazione di questa improvvisa svolta verso la creazione di domini
coloniali formali non pu essere monocausale. In primo luogo, questa evoluzione
aveva a che fare con uno slittamento non indifferente della cultura politica dello stesso
centro europeo del mondo: mentre si disintegravano i vecchi imperi dellancien
rgime, gli Stati nazionali cominciarono a concepire se stessi in nuovi termini imperiali.
La competizione imperiale tendeva a sostituire la stabilit tradizionale e non solo un
caso che alla fine del secolo tutte le grandi potenze europee (eccetto la Francia
repubblicana) si definissero in termini imperiali. Lequilibrio instabile e competitivo
imponeva alle maggiori potenze di cercare altri sbocchi alle proprie energie
espansionistiche. Lantagonismo crescente nei confronti della posizione dominante
inglese fu poi indubbiamente un altro motivo per ampliare la gara per linfluenza
mondiale. La crescente competizione per i mercati nellepoca di depressione dei
prezzi, port i governi dei nuovi paesi economicamente emergenti a voler costruire
sfere di influenza economiche esclusive e quindi a imporre sovranit formali su territori
extraeuropei. Ebbero inoltre una funzione dirompente i forti interessi economici
periferici e alcune iniziative commerciali private, che sollecitavano i governi a
compiere annessioni per essere tutelati dagli eventuali concorrenti. In queste
condizioni, la politica estera britannica accentu la sua distanza dal sistema europeo,
guardando con una certa diffidenza la diplomazia di Bismarck. Lorgogliosa originalit
britannica nel mondo cominci quindi ad essere definita con lespressione splendido
isolamento, coniata dal governo liberale dei primi anni 80. Massima espressione di
questa sensibilit venne ad essere la politica del leader liberale William Gladstone che
cerc di dare nuova veste alla storica collocazione britannica di mantenitore della pace
internazionale, in termini sempre meno interventisti e rifiutando qualsiasi vincolo o
alleanza permanente sul continente. Bisogna per mettere in luce che gi in questo
periodo la politica inglese dovette adattarsi alla crescente competizione internazionale
e diede lentamente spazio a forme di centralizzazione statuale inedite per lesperienza
della prima met del secolo. La volont di tutelare i propri investitori allestero e la
prassi di promuovere politicamente gli interessi commerciali del paese furono
lentamente rafforzate. Nel 1880 venne creata per la prima volta una figura nuova,
quella delladdetto commerciale presso le ambasciate: Joseph Crowe fu inviato a Parigi
con il compito di facilitare il commercio inglese in tutta Europa. La nuova urgenza
competitiva condusse soprattutto a rafforzare le posizioni imperiali del paese. Il leader
conservatore Benjamin Disraeli decise di fare dellimperialismo un elemento di identit
programmatica del suo partito e al contempo un forte cemento nazionale.
Limperialismo trov uninedita base popolare, contrapposto allormai disprezzato
cosmopolitismo liberale. La proclamazione della regina Vittoria imperatrice delle
Indie, nel 18769, fu unoperazione di grande successo per il radicamento di queste
posizioni, cominciando a fare dellEmpire il credo di tutta una classe dirigente, anzi la
vera forma britannica del nazionalismo. Se quindi i conservatori tesero a identificarsi
sempre pi nel partito dellimpero, i liberali di Gladstone non si contrapposero
frontalmente, tanto che anchegli prese misure per consolidare ed estendere limpero.
Crescevano intanto responsabilit imperiali nuove. Il caso egiziano fu assolutamente
rilevante in questo senso. La rivolta del 1879-1882, nata in nome di una
modernizzazione islamica, aveva assunto tratti antioccidentali. Gladstone decise nel
settembre 1882 un intervento militare a tutela degli interessi europei, chiedendo
sostegno alla Francia, che non partecip perch il governo non ottenne il consenso
dellAssemblea nazionale. In questo modo la Gran Bretagna acquis da sola il controllo
di tutto lEgitto. Si trattava di una sistemazione formalmente provvisoria, che si
sarebbe per rivelata sostanzialmente duratura. In seguito, la conquista della Birmania
allarg limpero indiano. In Africa le attivit di Cecil Rhodes allargarono in modo del
tutto privato linfluenza inglese verso nord. Il peso del mondo sottosviluppato e delle
zone imperiali crebbe di importanza nelle relazioni commerciali inglesi, parallelamente
al diminuire dei mercati nellEuropa che si industrializzava e si chiudeva
protezionisticamente. Una nuova economia imperiale si svilupp quindi sulla politica
imperiale.
Il secondo impero coloniale che cominci a delinearsi fu quello francese. Gi
Napoleone III ne aveva posto le basi nel decennio 60 con la prima penetrazione in
Cocincina (bassa Indocina) completata nel 1867, e quindi con la conquista del Senegal.
La Terza Repubblica vi aggiunse lAnnam e il Tonchino nel 1884-1885, la Cambogia e il
Laos nel 1893, lespansione a Tunisi nel 1881 e la conquista del Madagascar. Si allarg
poi progressivamente il controllo dellAfrica occidentale atlantica e sahariana. La
cultura del colonialismo francese sottoline fortemente il tema della civilizzazione
europea da diffondere.: al contrario dei britannici, scelsero la linea dell
assimilazione delle popolazioni soggette (gli imponevano regole, costumi, religioni
dei francesi).
La Germania di Bismarck invece era sempre stata sprezzante nei confronti del
colonialismo e degli interessi extraeuropei, anche se si decise tra il 1884 e il 1885 per
una serie di acquisizioni in Africa e nel Pacifico. Forse si tratt in parte di un diversivo
legato a crescenti difficolt di politica interna, ma in gran parte si tratt di una sorta di
sottoprodotto della diplomazia europea bismarckiana: il gioco della competizione
franco-inglese veniva infatti sostenuto dalla partecipazione tedesca alla gara coloniale,
che finiva per intralciare i disegni britannici.
La Russia, gi da alcuni decenni e in particolare dopo lo scacco europeo del 1856,
aveva progetti per allargare la propria influenza verso i Balcani e il Mediterraneo e
stava proseguendo la sua espansione centro-asiatica ed estremo-orientale. La vendita
dellAlaska agli Stati Uniti nel 1867 pose fine allipotesi di unespansione oltre lo stretto
di Bering. La pressione sullAfghanistan innalz poi la tensione con la Gran Bretagna
nel 1885: il governo inglese chiese addirittura al parlamento crediti per urgenti
preparativi militari. Non dimentichiamo che questo consolidamento dellimpero
continentale asiatico era parallelo alla continuazione di una direttiva panslavista nei
Balcani, che era stata fermata nel 1878 a Berlino ma tuttaltro che esista. E questa
portava ad una tensione crescente con lAustria: lipotesi bismarckiana di una pacifica
spartizione di aree di influenza tra le due potenze non si realizz nemmeno dopo il
1890.
Anche lItalia volle partecipare a questa gara di grandi potenze, con loccupazione
negli anni 1885-1889 di Eritrea e Somalia nel Corno dAfrica, avviando poi quella
penetrazione in Abissinia che lavrebbe portata a scontrarsi con limpero etiopico. Il
trattato di Uccialli del 1889, stipulato dallItalia con il Negus (re) Menelik, oltre a
riconoscere il controllo italiano dellEritrea, sembr porre le premesse di un
protettorato italiano sullantico impero. Lambiguit contenuto nel diverso significato
dei testi in lingua italiana e in amarico, pose per le premesse di una crescente ostilit
dei capi locali verso gli italiani, fino ad una crisi militare aperta nei primi anni 90.
In alcune situazioni difficili da controllare militarmente, come nei vecchi imperi (cinese,
ottomano e persiano), il controllo europeo rimase informale: i momenti di scontro tra
le influenze delle grandi potenze si alternarono a momenti di cooperazione. Se il
commercio era spesso competitivo, gli interessi finanziari erano pi elastici e talvolta
banche e imprese di paesi diversi puntavano a cooperare per una ragionevole
spartizione di interessi.
La fine della diplomazia bismarckiana liber tendenze unilaterali e volont di
competizione che erano state mediate e composte dal cancelliere. La classe dirigente
tedesca dellet post-bismarckiana raccolta attorno a Guglielmo II si orient a costruire
una politica estera unilaterale, disinteressandosi delle conseguenze delle proprie
scelte. Lidea di una politica tedesca su scala mondiale prese ampliamente piede in
Germania. Le sue esportazione si moltiplicarono per 5 volte tra il 1880 e il 1913 e il
contributo totale alla produzione manifatturiera eguagli quello britannico nei primi
anni del secolo. La sua popolazione raggiunse quasi i 70 milioni di abitanti nel 1914. La
svolta di cultura dominante si tradusse quindi progressivamente in gesti gravidi di
conseguenze: gi nel 1894 il capo di Stato maggiore Schlieffen intraprese la
pianificazione di una possibile guerra europea. Immaginava un conflitto su due fronti:
occorreva immaginare di liquidare rapidamente la Francia prima di poter concentrare
le truppe contro il pi lento e disperso ma enorme esercito russo. Lansia tedesca di
partecipare alla gara imperialistica divenne quindi evidente. Lincremento fortissimo
della marina militare, che Tirpitz riusc a far approvare dopo il 1898, costitu il segnale
pi evidente del nuovo obiettivo imperiale: costruire una flotta da guerra dalto mare
aveva il solo evidente significato di prepararsi ad una sfida con il potere britannico.
Guglielmo II e i suoi consiglieri conservarono ferma solo la problematica alleanza con
Vienna e sottovalutarono invece le esigenze di altri accordi per ottenere i propri
obiettivi. Il legame conservatore con la corte di San Pietroburgo fu sdegnosamente
rifiutato, lasciando cadere la richiesta russa di rinnovare il trattato bismarckiano di
contro assicurazione. Inoltre, la rapidissima crescita economica provocava sempre
nuove tensioni: la crescita verticale della spesa pubblica per armamenti apr
consistenti deficit di bilancio, che venivano colmati tramite lindebitamento sul
mercato dei capitali (che non erano molto sviluppati nel paese), introducendo ulteriori
instabilit. Sulla struttura istituzionale del Reich pesava soprattutto lirrisolta fruizione
tra una sfera politica e partitica, ricca e articolata, e una configurazione del potere
esecutivo tradizionale e autoritaria. La novit maggiore fu lalleanza franco-russa,
stretta nei primi anni 90, proprio dopo il raffreddamento dei rapporti tra Berlino e San
Pietroburgo. Comuni preoccupazioni spingevano le due potenze a trovare un accordo
difensivo, anche se lottica strategica e diplomatica francese e quella russa erano
tuttaltro che convergenti: la preoccupazione francese per la contrapposizione sul
Reno faceva riscontro alle spinte russe verso lOriente e i Balcani. Anche i loro sistemi
politici interni, lautocrazia zarista e la repubblica francese, erano tra i pi diversi e
alternativi. Tutto ci non rese semplice lavvicinamento diplomatico, ma la pressione
comune delle parallela esigenze difensive port a raggiungere unintesa, inizialmente
imperniata su due documenti diversi: nellagosto del 1891 fu raggiunta unintesa
politica di cooperazione generale, che secondo la volont russa assunse un tono
prevalentemente antinglese, mentre nel 1892 fu firmata una convenzione militare che
aveva un significato maggiormente antitedesco, promettendo un impegno difensivo
reciproco nel caso di azioni offensive della Germania o dellAustria verso uno dei due
contraenti. Solo nel 1894 lintesa venne approvata nella forma di una semplice
convenzione (in modo che i francesi non fossero obbligati a sottoporla al parlamento).
Nella societ francese, lalleanza con la Russia esprimeva la nuova forza delle correnti
conservatrici, militariste e spesso filo clericali. I finanzieri parigini erano inoltre in
prima linea nellinvestimento in titoli di Stato russi: molti investitori francesi avevano
infatti forti partecipazioni nelle nascenti industrie pesanti russe che il governo francese
favor tacitamente per dare ulteriore solidit allalleanza militare raggiunta. Intanto in
Russia si verificava il nuovo slancio di una politica di modernizzazione e
industrializzazione dallalto, guidata dal ministro delle Finanze Sergej Vitte, che ebbe
alcuni risultati in termini quantitativi e anche qualitativi, rafforzando limpressione
generale europea di trovarsi di fronte ad una potenza in ascesa. Il tradizionale primato
militare si accompagnava e nuovi investimenti strategici nel settore delle
infrastrutture, della siderurgia e delle grandi costruzioni. Mancava per una classe
sociale intermedia capace di sostenere uno sviluppo auto propulsivo. Nel 1913 ancora
l80% della popolazione russa era legata alla terra e il 63% delle esportazioni era
costituito da legname e prodotti agricoli (soprattutto il grano ucraino) senza alcuna
attenzione allallargamento del poverissimo mercato interno.
Il continente si trov quindi diviso in due alleanze difensive contrapposte, la Triplice
Alleanza del 1882 (che venne poi rinnovata pi volte alle scadenze quinquennali) e la
nuova Duplice franco-russa.
Tale nuova situazione continentale stabilizzata nel bipolarismo fece tornare
determinanti i problemi della gara imperialistica, che era in pieno svolgimento. Il primo
intervento massiccio di Giappone e Stati Uniti nella sfera dazione delle potenze
europee in Cina e nel Pacifico, diede il senso definitivo di una politica internazionale
che non solo aveva raggiunto dimensioni geografiche mondiali, ma in cui ormai le
grandi potenze europee tradizionali non erano pi gli unici ed esclusivi soggetti.
Gli Stati Uniti avevano riconosciuto dopo la guerra di Secessione un rilancio del loro
impetuoso percorso di espansione economica, con un mercato semi-continentale
ampio e sempre pi allargato. Il completamento della colonizzazione interna,
ufficialmente proclamato con il censimento del 1890, fu unimportante occasione per
dare un nuovo orientamento alla pulsione espansiva che proveniva da uneconomia
ormai vicina a divenire la prima del mondo e da unorgogliosa visione delleccezionale
modello politico americano.
Un ulteriore fenomeno ricco di futuro si ebbe proprio con la peculiare crescita statualnazionale moderna del Giappone. La sfida di tutelare la propria originale tradizione
culturale dallimperialismo poteva essere sostenuta soltanto acquisendo gli strumenti
della forza occidentale. Gli innovatori colsero quindi loccasione dellarrivo degli
europei per regolare i conti con la struttura feudale. Lepoca Meiji (il governo
illuminato) vide cos una rapidissima modernizzazione: un manipolo di tecnici,
finanzieri, giuristi e uomini di scienza di diversi paesi europei sostenne efficacemente
limpresa. Furono impiantati unindustria tecnologicamente avanzata e un apparato
amministrativo centralizzato, un esercito moderno, oltre che ad una costituzione,
ricalcata sul modello tedesco-prussiano, e la crescita economica si accompagn a
quella demografica. La guerra cino-giapponese del 1894-95 scoppi sulla questione
della rispettiva influenza in Corea: si chiuse con la rapida vittoria militare giapponese.
Con il trattato di Shimonoseki, limpero cinese cedeva al Giappone Formosa, le isole
Linteresse per la nuova via di comunicazione era senzaltro commerciale, dato che
essa accorciava notevolmente le vie marittime tra le due coste degli Stati Uniti, e
anche tra i porti statunitensi e quelli dellAmerica Latina. In molti ambienti londinesi
cominciava a nascere, in questo periodo, il mito di una relazione speciale tra i due
paesi anglosassoni, basata su una intuitiva spartizione di aree di influenza
geografiche, sulla cooperazione diplomatica sempre pi stretta rispetto ai problemi
emergenti e sulla comune convinzione dellimportanza primaria della porta aperta
nelle relazioni commerciali dei paesi avanzati con il resto del mondo (nonostante il
persistente protezionismo del mercato interno americano). La crescita della potenza
americana fu per qualche tempo ancora sottovalutata nellEuropa occidentale, troppo
occupata ad estendere il proprio controllo sulla parte meno sviluppata del pianeta.
Proprio in questo vertice del potere europeo si annidavano i primi sintomi di una
inversione di tendenza, provocata sia dalla rischiose tensioni interne al sistema
continentale, sia da nuove reazioni e contrapposizioni nei confronti del dominio
coloniale. Gi negli ultimi decenni del secolo scorso e poi nei primi del 900 emerse
una nuova prospettiva: in alcuni settori delle lite indigene dei paesi dipendenti si
radicarono culture e competenze tipicamente europee, che furono tradotte
nellinvenzione di nuovi nazionalismi autonomi, moderni per cultura e metodologie di
mobilitazione, quanto antieuropei per finalit. In Persia, tra il 1905 e il 1909, un
movimento influenzato dal liberalismo inglese, da circoli riformatori russi e dalle nuove
dottrine panislamiche, port lo Shah prima a concedere una costituzione nazionale e
poi a fuggire dal paese dopo aver tentato di revocarla. La rivoluzione per fall e la
Persia cadde nel 1911 sotto il dominio russo anche se con una permanente influenza
britannica in alcune zone.
Analogamente, nellimpero ottomano, un raggruppamento di liberali, studenti e
ufficiali dellesercito, i Giovani Turchi, impose nel 1908 al decadente sultano di
ripristinare la costituzione del 1876, concessa nelle more della grande crisi Doriente,
che di fatto per non era mai stata applicata. Tale gruppo nazionalista era
propriamente turco e dopo la vittoriosa rivoluzione del 1908, il partito condizion il
sultano ad una linea ancora pi repressiva dei movimenti nazionali non islamici nelle
regioni slave dellimpero. Il regime entr in difficolt per larduo problema di far
conciliare il nuovo nazionalismo turco con il panislamismo: a partire dal 1912 si
realizz una sostanziale dittatura dei militari, con la benevola protezione tedesca. Tra
laltro, lidea nazionale stava lentamente diffondendosi anche presso le popolazioni
arabe, sempre meno soddisfatte della subordinazione allimpero ottomano: nel 1905
ad esempio una Lega della patria araba diffusa un manifesto che rivendicava
lindipendenza di una nazione araba.
Analogo il discorso da fare per lEstremo Oriente. Soprattutto la vittoria nipponica
nella guerra russo-giapponese del 1905, la prima di un paese extraeuropeo contro una
tradizionale grande potenza europea, suscit una scossa e una volont di imitazione in
buona parte dellAsia e nelle lite colte di vari paesi extraeuropei sottomessi. Nel 1911
il Giappone eliminer le ultime limitazioni alla propria autonomia internazionale,
uscendo quindi definitivamente dopo mezzo secolo dalla subordinazione al sistema
europeo. In Cina il nazionalismo moderno comparve allinizio del secolo, con la
fondazione del Partito Nazionalista Cinese ad opera di Sun Yatsen. Tale forza divenne
determinante nella rivoluzione del 1911 che pose fine al regime imperiale e instaur la
repubblica. Emergeva insomma, in questo periodo, una reazione antieuropea. Queste
vicende si devono collocare sullo sfondo di una notevole intensificazione del dibattito
sulla politica internazionale. La crescita delle tirature dei giornali quotidiani
caratterizz tutte le societ europee: in alcuni casi si assistette ad un boom verticale.
La stampa popolare di fine secolo raggiunse nuovi strati sociali, come quelli medio e
piccolo-borghesi recentemente alfabetizzati, occupandosi di relazioni internazionali e
spesso invest i suoi lettori con una tematica nazionalista e imperialistica radicale.
Talvolta, questo nuovo interesse fu consapevolmente instillato e sfruttato dallalto. In
Germania la volont e la capacit del governo di influenzare la stampa e la pubblica
opinione al servizio dei proprio obiettivi fu ulteriormente rafforzata nei primi anni del
secolo. Il controllo di tale ondata di nuovo interesse popolare per le dinamiche
internazionali sfugg per ben presto dalle mani dei governi. I nazionalismi di massa
presero a condizionare le scelte politico-diplomatiche e si rivelarono difficili da
moderare quando la diplomazia imponeva atteggiamenti realisti e pragmatici. Dal
tronco della cultura nazionale si erano sviluppati infatti posizioni di nazionalismo
integrale, che facevano dellaffermazione della potenza nazionale un obiettivo politico
assoluto. In molti Stati conobbero slancio partiti e movimenti aggressivi e bellicisti
solidi ed efficaci (ma ancora erano minoranze). Le loro vociferanti iniziative si
collegavano ad un sapiente uso dei nuovi mezzi di diffusione delle idee e propaganda,
come la stampa quotidiana popolare. Non difficile immaginare quindi la loro forte
capacit di influenza. Certo, in ogni paese questa deriva assunse caratteri particolari e
influenza diversa: fu pi virulenta in Germania che in Gran Bretagna, ebbe forte peso
in Francia ma anche tra i gruppi austro-tedeschi della Duplice Monarchia. Un
radicalismo nazionalista tedesco si dispieg proprio negli anni 90 e si pose
lobiettivo di costruire una pi grande Germania, che riunisse tutte le popolazioni
tedesche. La Lega navale, nata dopo il 1898, arriv addirittura ad un milione di
aderenti.
In Gran Bretagna, verso la fine del secolo, comparve il vero e proprio jingoismo
(espressione derivata dalla sigla di un musical patriottico imperialista), innestato
sullimperialismo popolare degli anni 70 e sostenuto dai giornali popolari come il
Daily Mail e il Daily Express. La Lega navale fondata nel 1894 funzionava come
gruppo di pressione imperialista, mentre una Lega per il servizio militare propose di
introdurre la coscrizione obbligatoria come dovere del cittadino britannico rispetto alla
difesa patriottica.
In Francia la radicalizzazione del nazionalismo a sfondo sociale fu rilanciata negli
anni della crisi del secolo: il sogno monarchico e tradizionalista di una grande Francia
si univa alla valorizzazione di un cattolicesimo tutto esteriore e a un deciso
antisemitismo.
Nel giovane regno italiano questa pressione di nutr delle dottrine di Enrico Corradini e
della rivista Il Regno: essi parlavano delle nazioni proletarie, che dovevano
partecipare alla competizione internazionale con la forza della loro pressione
demografica e del loro lavoro. Nel 1910, la nascita di unAssociazione nazionalista
italiana rappresent il segnale di una volont di trasformazione partitica del piccolo
gruppo di pressione nazionalista, che rest molto influente nel partito costituzionale
liberale. Il suo impatto emotivo nellopinione pubblica fu enfatizzato dalla vicinanza di
poeti popolari come Gabriele DAnnunzio.
In Russia si svilupparono formazioni politiche ispirate al nazionalismo grande-russo,
antisemita e imperialista.
Linflusso dei nazionalisti integrali, minoranze abili nel farsi sentire e utilizzare le
pressioni di piazza, port comunque molte volte i governanti a dover compattare le
proprie maggioranze su posizioni pi ambiziose e aggressive di quelle che avrebbero
espresso per scelta propria. I liberali inglesi non intendevano cedere sulla sicurezza
dellimpero; il nuovo cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg (succeduto
a Bulow) sopportava sempre meno di essere continuamente aggredito dagli
ultranazionalisti; lo stesso Giolitti in Italia, dovette subire la grande pressione
nazionalista.
Il partito del nazionalismo integrale non poteva che sfociare in una guerra civile,
sia sul piano europeo che su quello nazionale. Da una parte infatti spezzava via ogni
residua convinzione dellefficacia di una visione comunitaria della societ
internazionale, dallaltra parte divideva profondamente il tessuto sociale e politico
interno dei diversi paesi: chi non condivideva le loro posizioni era considerato un
nemico o un traditore. Questa dialettica port, ad esempio, a lacerare profondamente
la societ e la cultura francese attorno al cosiddetto caso Dreyfus. Alfred Dreyfus era
un capitano di origine ebraica, che prestava servizio presso lo stato maggiore
Alla piccola Austria, ormai omogeneamente tedesca, venne impedita formalmente dal
trattato lannessione alla Germania (chiesta dallAssemblea costituente viennese
allinizio del 1919 proprio sulla base di motivazioni nazionali): i vincitori non
potevano permettersi di rafforzare un blocco tedesco che volevano tenere sotto
controllo. Quasi tutti questi Stati, vecchi o nuovi che fossero, si accostarono nel
dopoguerra a modelli liberal-democratici occidentali, in modo coerente allappello
wilsoniano. In molti casi si trattava per di democrazie deboli e minate dallinterno. Lo
stesso slancio dei nazionalismi e lapparire di partiti etnici cre consistenti difficolt
nellorganizzazione del loro spazio politico. Il nazionalismo integrale si confermava il
partito della potenziale guerra civile.
Il ruolo politico europeo dellItalia, in questo quadro, avrebbe potuto essere
importante. Era pur sempre la quarta potenza vincitrice. La maggioranza della classe
dirigente si concentr sulla cosiddetta questione adriatica: cerc infatti soprattutto
di vedersi confermato il dettato espansionistico del patto di Londra del 1915,
chiedendo confini con lo Stato slavo meridionale che certo non seguivano criteri
etnico-nazionali.
Ma rispetto al 1915 il quadro era cambiato per 2 grossi motivi: non cera pi, al di l
dei confini, limpero asburgico e inoltre Wilson era lontanissimo dal sentirsi vincolato
dal trattato imperialistico di Londra che non aveva firmato. Complic poi le cose la
richiesta di unirsi allItalia da parte di unassemblea della citt italiana di Fiume (che
non era neanche prevista tra i compensi pattuiti con il patto di Londra). Sulla richiesta
negatagli, Orlando e Sonnino si scontrarono con Wilson, abbandonarono Parigi e
provocarono senza prudenza un moto di scontento nazionalista nellopinione pubblica.
Il mito della vittoria mutilata gett ombre sinistre sulla stessa evoluzione interna del
paese. Si pensi alla vicenda delloccupazione di Fiume da parte dei volontari
paramilitari di DAnnunzio e alla crescente presa di un nazionalismo borioso e
aggressivo, quanto sproporzionato ai mezzi del paese.
Alla conferenza della pace si venne poi a discutere del problema coloniale, che
divideva la tradizione politico-culturale degli Stati Uniti da quella franco-britannica.
Lurgenza immediata era costituita dalle decisioni sulla sorte delle ex colonie tedesche
e di molti territori distaccati dallimpero ottomano. Lidea wilsoniana di avvisare
allindipendenza questi paesi , con tutela della Societ delle Nazioni civili, incarnava
una prospettiva di compromesso. Prefigurava chiaramente la fine della legittimazione
del colonialismo europeo, chiedendo ai governi imperialisti di rispondere a un
organismo internazionale, ma confermata provvisoriamente il regime di tutela in
attesa di un indefinito futuro. Inglesi e francesi accettarono il metodo e realizzarono i
propri progetti di spartizione in zone dinfluenza del Medio Oriente ex ottomano. Oltre
al ruolo strategico di crocevia di comunicazione, in queste regioni si concentrava un
nuovo motivo di interesse: il petrolio, la cui importanza era stata enfatizzata proprio
per la forte motorizzazione bellica degli eserciti. Gi nel corso della guerra per aveva
ampliamente preso piede nei territori arabi dellimpero un nazionalismo panarabo e
antiturco, espresso in movimenti politici e militari come quelli guidati dallemiro della
Mecca. LIntesa, fin dal 1916-1917, aveva promesso indipendenze per ottenere
sostegni militari antiottomani, ma nel dopoguerra il controllo franco-inglese si
dispieg, inventando anche una nuova divisione politico-amministrativa. La Francia si
impose come mandataria in Siria e Libano, la Gran Bretagna in Palestina,
Transgiordania e Iraq. Nella penisola araba si afferm invece un autonomo governo
saudita. I francesi seguirono una politica rigida verso i movimenti nazionali e religiosi
locali, mentre gli inglesi cercarono mediazioni, assegnando lemirato di Transgiordania
e il regno dellIraq alla sovranit dei figli di Hussein, Abdallah e Feisal, concedendo
inoltre nel 1922 lindipendenza a un Egitto monarchico costituzionale (che per
garantiva il controllo militare inglese di Suez) e definendo una sorta di protettorato
sulla Persia. Un ulteriore motivo di complicazione era stato per introdotto nel 1917
dalla dichiarazione del ministro degli Esteri britannico Balfour, che per ottenere il
sostegno del neonato movimento sionista, promise la costituzione di un focolare
(enciclica Pacem Dei munus del 1920), che criticava la permanente distinzione tra
vincitori e vinti e appoggiava la Sdn. In generale per, nel mondo cattolico, persistette
una forte corrente critica degli sviluppi dellorganizzazione internazionale, che
rimproverava alla Sdn di essere un tentativo di universalismo laicistico e ateo e di
escludere il ruolo mediatore del pontefice.
Nei primi anni dopo la conferenza della pace, le tensioni politiche pi gravi si
centrarono ancora soprattutto sullasse franco-tedesco. Il governo francese fu
fortemente condizionato dalle preoccupazione per il crescente isolamento(la sconfitta
wilsoniana aveva fatto decadere i trattati di garanzia), che lo spinsero ad irrigidirsi
ulteriormente nei confronti della Germania, avviando una politica di imposizione della
pace al paese vinto. Un primo passo importante fu la fissazione nel 1921 delle
riparazioni finanziarie tedesche: lapposita commissione fiss la notevole cifra di 132
miliardi di marchi-oro. Questo era un ulteriore tentativo di limitare in modo
permanente la futura potenza germanica. I governi tedeschi del periodo era
politicamente deboli e la risposta di Berlino, alla rigida politica francese, segu
inizialmente una linea di resistenza passiva. La questione sfoci in una durissima
crisi tra Francia e Germania nel gennaio del 1923, quando il governo francese di
Poincar mand lesercito ad occupare la zona industriale della Ruhr, per sfruttarne
direttamente il carbone come pegno ai ritardati pagamenti tedeschi. La mossa fu
appoggiata dal Belgio e pi morbidamente dallItalia, nellaperta disapprovazione
inglese. La crisi si trascin per parecchi mesi senza apparenti vie duscita e port
allesplosione dellinflazione economica tedesca. NellEuropa centrale e orientale,
intanto, era venuto meno il ruolo equilibratore geopolitico ed economico degli
Asburgo. I nuovi Stati erano economicamente fragili e isolati. I modelli costituzionali
rappresentativi e pluralisti entrarono cos in crisi, mentre crebbero autoritarismi
nazionalisti:si pensi allottica panserba del governo monarchico dei Karageorgevic nel
nuovo regno jugoslavo. Le svolte autoritarie in questi paesi furono precoci: Ungheria
(1926), Romania e Bulgaria (1923), Polonia e Lituania (1926), Jugoslavia (1929), Italia
(1922) e la Spagna di Primo de Rivera (1923). I revisionismi potenziali diffusi dovevano
essere tenuti a basa diplomaticamente, e la potenza che si incaric di rivestire il ruolo
di gendarme dellordine di Versailles fu la Francia: la nascita di un sistema francese
in Europa orientale rappresent il tentativo diplomatico pi articolato si stabilizzare
lassetto di Versailles. Dopo qualche iniziale oscillazione, Parigi scelse la via di legare
tra loro gli Stati soddisfatti dai trattati. Lalleanza difensiva franco-belga del 1920 e
quella franco-polacca del 1921 furono collegate a stretti rapporti con la piccola
intesa, cio laccordo stretto nel 1920 tra Romania, Cecoslovacchia e regno
jugoslavo, per opporsi al revisionismo ungherese e alla ventilata restaurazione
asburgica sul trono vacante di Budapest. Strategicamente, il sistema francese
ambiva a sostituire lantico legame franco-russo e ad accerchiare nuovamente la
Germania.
Restava per ai margini di questo assetto diplomatico unaltra ex potenza come la
Russia. La nuova Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss), che venne
costituita da Lenin nel 1922, al momento non poteva e non intendeva svolgere nessun
ruolo di potenza a libello internazionale. I bolscevichi sottolinearono un orgoglioso
isolamento dalla vecchia societ internazionale. La presenza del Comintern (la Terza
Internazionale comunista) offriva comunque uno strumento accentrato e
relativamente efficace di influenza diretta alla !patria del socialismo al di fuori dei
suoi confini: era laspetto pi evidente di un isolamento antagonistico rispetto al
mondo capitalista, tradotto dal 1928 in una politica di classe contro classe che
contrapponeva ovunque i comunisti anche alla sinistra socialdemocratica (accusata di
social fascismo) e alla democrazia borghese.
In Italia, la deriva autoritaria va compresa proprio sullo sfondo della crisi postbellica:
lincapacit dello Stato liberale di gestire lesplosione di una societ di massa si
colleg alle disillusioni sugli effetti della vittoria militare. Dopo lavvento al potere di
Mussolini, nel 1922, la linea di governo di coalizione a guida fascista fu inizialmente
prudente sul terreno della politica internazionale. La svolta autoritaria avvenne nel
1925 a seguito della nuova volont del nascente regime fascista di inquadrare le forze
produttive della nazione per una futura competizione imperiale. Lappello alle masse e
alla loro rivolta attivistica e vitalistica, contro lappiattimento democratico e le
piccolezze borghesi, mirava a una mobilitazione permanente attorno alle parole
dordine del regime. Laspetto totalitario del fascismo si giustificava nella volont di
operare una saldatura definitiva del nesso tra nazione e Stato. Rispetto al quadro
internazionale, lottica totalitaria rifiutava per principio di riconoscere le norme
lentamente sedimentate nella societ internazionale. Negli anni 20 tali novit non
furono ancora politicamente sconvolgenti: il paese non aveva certo le risorse e le
strutture economiche e militari per condurre una politica di ribaltamento dello status
quo, come il capo del fascismo riconobbe, seguendo di fatto una politica prudente. La
svolta totalitaria fascista si tradusse quindi diplomaticamente soltanto in un
comportamento antisocietario, in un revisionismo diffuso, nella critica allegemonia
europea della Francia e nel contrasto con la Jugoslavia attorno allinfluenza in Albania.
Nel 1924, fall intanto lultimo e pi significativo sforzo per rafforzare la neonata
Societ delle Nazioni. Il cosiddetto Protocollo di Ginevra (2 ottobre del 1924),
negoziato dal nuovi governo inglese del laburista Mac Donald e da quello francese di
Edouard Herriot, prevedeva unintegrazione molto pi stretta di
sicurezza>disarmo>arbitrato: larbitrato (cio la decisione) della Societ diventava
obbligatorio in caso di crisi internazionale e il Consiglio avrebbe avuto bisogno solo
della maggioranza dei due terzi per varare le previste norme repressive contro che
fosse dichiarato aggressore, per non aver accettato lintervento societario. Osteggiato
da Mussolini, laccordo fu definitivamente affondato dalla svolta del nuovo ministero
conservatore britannico Baldwin-Chamberlain. La societ internazionale non reggeva
un irrigidimento cos sostanziale: la Societ fu condannata a galleggiare occupandosi
di questioni minori.
Aggiungiamo a tutto ci un clima economico pericolosamente negativo. Il conflitto
aveva relativamente indebolito il primato economico europeo: sia i vinti che i vincitori
erano allansiosa ricerca di nuovi equilibri interni e nuove aspettative di crescita. Il
rifiuto del governo bolscevico di onorare i debiti internazionali contratti in epoca
zarista aveva introdotto una ferita sostanziale nel sistema economico internazionale.
La questione stessa dei debiti tra i paesi dellIntesa avvelenava laria: i francesi
intendevano pagarli solo dopo aver ricevuto le riparazioni tedesche, mentre gli
americani non erano disposti a nessuna riduzione. Ci nonostante, la met degli anni
20 vide il successo di uneffimera stabilizzazione. Chiave della svolta fu la scelta di
porre finalmente su basi negoziali la contrapposizione franco-tedesca. Un nuovo
approccio francese alla questione, guidato dal ministro degli Esteri Aristide Briand e
costretto allisolamento in cui lepisodio della Ruhr aveva condotto il paese (con la
forte svalutazione del franco sui mercati internazionali), si incontr con la parallela
scelta del governo tedesco di Gustav Stresemann di uscire dalla fallimentare politica di
resistenza passiva. Esponente del Partito tedesco-popolare (Dvp), Stresemann, per
uscire dalle condizioni della sconfitta, matur una strategia di accettazione parziale dei
trattati. Il nuovo pragmatismo riguard inizialmente le riparazioni con pagamenti
scaglionati nel tempo, tramite il Piano Dawes del 1924 (il nome deriva da un
finanziere americano). Il mondo finanziario privato americano si impegnava poi in un
massiccio progetto di prestiti e investimenti nelleconomia tedesca per metterla in
grado di reggere il pagamento delle riparazioni e gli stessi industriali francesi
accettavano di veder rinascere la competitivit tedesca. Un analogo metodo negoziale
fu esteso ai problemi territoriali, con il Patto di Locarno del 1925: la Germania
accettava definitivamente almeno una parte del sistema di Versailles, e cio il confine
del Reno, ma restava invece nellindeterminatezza lo scontro nazionale nellarea
orientale.
Gli accordi franco-tedeschi si inserivano in un nuovo orizzonte di stabilizzazione
economica dellEuropa. La linea di tendenza prevalente fu utilizzare i nuovi strumenti
sospette in nome del centralismo russo, carestie organizzate che fecero milioni di
morti e la centralizzazione del potere che doveva condurre alle grandi purghe
allinterno del partito e dello Stato. Sempre sullo sfondo determinante della grande
crisi economica, va collocata la vicenda estremo-orientale dei primissimi anni 30. La
leadership giapponese avvertiva gli effetti drammatici della crisi economica e lidea di
assicurarsi una sfera dinfluenza privilegiata nellEstremo Oriente si colleg ai sogni di
poter raggiungere una posizione di primato in tutte lAsia. Furono dapprima tentate
metodologie strettamente economiche, come la svalutazione dello yen e
unaggressiva politica di esportazioni a basso costo, ma la preoccupazione per la
disponibilit di petrolio, mercati di sbocco per lindustria tessile e territori di
emigrazione, agitava la leadership giapponese. La crisi della Manciuria del 1931 fu il
primo evidente segnale in questo senso. I nazionalisti cinese del Guomindang, che
sotto Chiang Kaishek miravano a riunificare la Cina, avevano tentato fin dal 1928 di
limitare linfluenza preponderante dei giapponesi nella zona. I vertici del presidio
militare giapponese in Manciuria crearono ad arte un incidente alla ferrovia
giapponese, come pretesto per un intervento armato. Si arriv in breve alla creazione
dello Stato fantoccio del Manchuku (1932). Dopo il voto di condanna della Societ,
Tokyo nel 1933 abbandon lorganizzazione internazionale, che non procedette pi
nemmeno ad applicare le previste sanzioni. Tra il 1935 e il 1936, in un clima di
violenze e complotti, lesercito assunse un crescente controllo del paese, consolidando
una direttiva imperialista.
Limpatto della crisi economica orient Mussolini per la prima volta a intraprendere il
fascismo come risposta universale allo sconvolgimento epocale, e quindi anche
motore di una diversa politica estera. In questo senso, la crisi definitiva della
Repubblica di Weimar e lavvento del nazismo in Germania furono i simboli pi
evidenti di un cambiamento di clima rispetto alla seconda met degli anni 20. La crisi
strisciante della repubblica aveva motivi di lungo periodo: colpita fin dalle origini dal
Diktat, era stata governata da coalizioni instabili. Il governo Muller fu lultimo a godere
di una maggioranza parlamentare. Furono infatti proprio gli effetti della grande crisi a
sconvolgere definitivamente il panorama sociale e politico (grande disoccupazione). Il
partito nazista (Nsdap, Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi), guidato da
Adolf Hitler, ex caporale dellesercito di origine austriaca, riusc a rilanciare la sua
propaganda ed a ottenere nuovo spazio politico proprio durante lesplosione delle
difficolt economiche.
Labile iniziativa hitleriana riusc ad accreditare le proprie posizioni come premesse del
riscatto tedesco in un mondo di egoismi imperiali contrapposti. Di fronte al dramma
della crisi economica, Hitler si richiam alla tradizionale idea di una comunit di
popolo tedesca, utilizzando lantisemitismo come elemento di rassicurazione popolare:
lebreo era il simbolo perfetto delluomo senza fedelt nazionale, del cosmopolita
affarista che tramava ai danni delloperoso popolo tedesco. Solo una nazione forte e
compatta, senza pi nemici interni, avrebbe superato gli ostacoli frapposti dallostilit
internazionale. La Nsdap crebbe alle elezioni del 1930 e divenne partito di
maggioranza relativa nelle elezioni del 1932, in parallelo alla crescita del partito
comunista. Nel gennaio del 1933 fu nominato cancelliere dal presidente Hindenburg, e
gli bastarono pochi mesi per costruire uno Stato dittatoriale sulle macerie istituzionali
della repubblica parlamentare. Il nazismo port quindi a massima espressione la spinta
della nuova fusione totalitaria tra Stato e nazione, tra le masse e il Fuhrer (la guida,
il conduttore del popolo) ovvero Hitler. La rinascita della Germania si traduceva in un
disegno di politica estera che era stato scandito in 3 tappe strategiche progressive. La
prima tappa doveva liberare la Germania dai vincoli della schiavizzazione di
Versailles. In un secondo tempo, occorreva lanciare lappello per la riunificazione di
tutti i tedeschi dEuropa nei confini del Terzo Reich. La terza tappa era la costruzione
dello spazio vitale tedesco in Europa, assoggettando i popoli inferiori dellEuropa
orientale slava e ottenendo rifornimenti (alimentari ed energetici) e manodopera
servile. La coloritura razzista serviva poi a rilanciare loriginario antisemitismo
ambizione italiana (si ricordi la sconfitta di Adua del 1896). Sperando in un consenso
forzato francese e inglese, il Duce aggred lEtiopia nellottobre del 1935. Francia e
Gran Bretagna per, di fronte alle proteste del Negus, capo di uno stato sovrano
membro della Sdn, non poterono che guidare il consiglio a dichiarare lItalia paese
aggressore. Le conseguenti sanzioni economiche non impedirono la proclamazione
italiana dellimpero nel maggio 1936. La successiva uscita dellItalia dallorganismo
internazionale ne segn la definitiva crisi. La vicenda etiopica ebbe quindi un peso
notevole nel far precipitare le relazioni internazionali europee verso una deriva non pi
gestibile con strumenti diplomatici. Conseguenza immediata dellincrinatura decisiva
nel fronte dei vincitori fu la scelta di Hitler di rimilitarizzare la Renania, nel marzo del
1936: la reazione a tale nuovo fatto compiuto fu ancora molto blanda soprattutto per
limpulso del governo britannico, che voleva evitare una guerra europea. Vi fu in
questo periodo lavvicinamento delle due dittature nazista e fascista e nellautunno del
1936 Mussolini cominci a parlare di un Asse Roma-Berlino. Dal 1936 la politica
internazionale fu quindi contrassegnata da questa emergente alleanza tra paesi
aggressivamente revisionisti, che si ponevano lobiettivo di modificare gli assetti di
potere mondiale costituiti dopo il 1919. La coalizione ideologica fasciata si allarg con
il cosiddetto patto anticomintern, mirato alla lotta al comunismo internazionale,
stretto tra Germania e Giappone nel novembre 1936 (lanno dopo vi ader anche
lItalia).
Pesava intanto la ribadita assenza dalla politica internazionale degli USA, dove si
arriv al vertice di una politica isolazionista e nazionalista voluta dalla maggioranza
congressuale e non apertamente contrastata dal presidente, che si espresse con una
serie di leggi sulla neutralit permanente americana e con il rifiuto di aderire alla Corte
mondiale di giustizia. Solo allinizio del 1938 doveva manifestarsi una lenta correzione
di rotta da parte dellAmministrazione Roosevelt, con la presentazione di alcune leggi
sul riarmo navale ed aereo, accettate perch favorirono la ripresa della stagnante
economia statunitense. Preoccupava soprattutto il nuovo slancio aggressivo
giapponese in Estremo Oriente, con lapertura nel 1937 di una vera e propria guerra di
conquista non dichiarata contro la Cina. La decisione di abrogare il trattato di
commercio con il Giappone, alla fine del 1939, fu il segno di una nuova determinazione
a usare misure al limite della guerra per combattere i paesi aggressori. La guerra civile
spagnola, esplosa nel luglio del 1936, divenne la prima prova generale di uno scontro
europeo e mondiale tra fascismi e antifascismi. Esso si defin come scontro tra i
paladini nazionalisti della Spagna cattolica e tradizionale e un governo che
accentuava lanticlericalismo separatista. Molto presto divenne un caso internazionale,
con lItalia fascista che scelse precocemente di sostenere gli insorti, permettendo con i
suoi aerei lo spostamento della truppe nazionaliste dallAfrica spagnola alla
madrepatria e quindi inviando addirittura un corpo di spedizione militare. La Germania
nazista invi una piccola forza aerea soprattutto per effettuare la sperimentazione di
nuove tattiche e armamenti. Sullaltro fronte, i repubblicani godettero di qualche
sostegno materiale sovietico, del generoso impegno di brigate internazionali di
volontari e della solidariet piuttosto poco operativa del mondo politico e intellettuale
antifascista europeo. Il governo inglese impose una linea di non intervento, cui
formalmente si adegu anche il governo di Lon Blum in Francia. Stalin aument le
proprie diffidenze nei confronti di Francia e Gran Bretagna proprio a causa di queste
indecisioni, La stessa durata del sanguinoso conflitto, che si chiuse solo nel 1939 con
la vittoria di Franco, giocava a favore dei piano di Hitler di logoramento degli avversari
potenziali.
Il rapido rafforzamento delle posizioni tedesche in Europa giunse nel 1938 a prendere
di petto gli assetti territoriali di Versailles, attraverso una serie di colpi di mano mirati
ad annettere al Terzo reich i territori abitati da popolazioni tedesche. La modalit di
queste iniziative fu abile e innovativa, in quanto evit aggressioni militari dirette, ma
combin forme di pressione diplomatica a operazioni di sovversione interna dei paesi
da indebolire, tramite partiti e gruppi ideologicamente affini. LAnschluss con lAustria
alla fine riusc nel marzo del 1938. Nel settembre del 1938 fu la volta della
Cecoslovacchia, che fu sottoposta a crescenti pressioni per cedere la regione
tedesca dei Sudeti. Montarono aspettative di guerra: la Francia era infatti legata da
unalleanza difensiva alla Cecoslovacchia. Ma il governo conservatore di Daladier era
preda di una nuova fobia antibolscevica che oscurava la rigidit antitedesca, mentre il
premier inglese Neville Chamberlain era convinto che senza lappoggio degli USA e del
Commonwealth, nessuna guerra alla Germania nazista fosse pensabile. Cos Londra e
Parigi accettarono una conferenza a Monaco, convocata in fretta e furia da Mussolini,
senza nemmeno coinvolgere il governo di Praga. Monaco rappresent il vertice della
politica di appeasement, con tutti i partecipanti che cedettero rapidamente alle
pretese naziste sulla cessione dei Sudeti. Incamerati i Sudeti, Hitler and rapidamente
oltre: nella primavera del 1939 egli impose lo smembramento della restante
Cecoslovacchia, con loccupazione militare tedesca di Praga da parte del nuovo
esercito tedesco, che ridusse Boemia e Moravia a protettorato del Reich.
Intanto, a conferma che lassetto di Versailles doveva essere ritenuto del tutto
cancellato, lItalia fascista annetteva lAlbania. Questi nuovi sviluppi modificarono
lentamente lincerto atteggiamento britannico che rinforz le iniziative di riarmo e
cominci a intraprendere timidi negoziati militari con lUrss. La richiesta hitleriana di
regolare la questione di Danzica si scontrava per con la decisione dei colonnelli di
Varsavia di non accettare supinamente la nascente egemonia est-europea tedesca.
Hitler decise quindi di sbrigare militarmente la questione, confidando
nellatteggiamento imbelle degli occidentali. Contribu ad accelerare le sue decisioni
soprattutto la scelta opportunistica di Stalin, dellagosto del 1939, di giungere a un
compromesso con la Germania: si tratt del famoso patto Ribbentrop-Molotov. Se per
Hitler questa intesa consentiva di rinviare lo spettro della guerra sui due fronti nel caso
di opposizioni franco-inglesi, per il dittatore comunista la scelta si spiega
probabilmente con la volont di prendere tempo, datele debolezze interne di uno Stato
e dellArmata Rossa fortemente provati dalle grandi purghe del 1936-1939.
Il patto di non aggressione tedesco-sovietico fu completato poi con protocolli segreti
che definivano le rispettive zone dinfluenza est-europee, con la spartizione della
Polonia, e altri vantaggi territoriali per lUrss: lannessione della Bessarabia romena, la
riduzione a satelliti degli Stati baltici e linglobamento della Finlandia, ex provincia
zarista. Il patto Ribbentrop-Molotov aveva causato una spaccatura profonda
nellintravisto fronte antifascista, con effetti traumatici nello stesso movimento
comunista e in generale nella sinistra internazionale. Nel maggio del 1939 venne poi
stretto il patto dacciaio italo-tedesco con cui Mussolini si legava sempre pi al
potente alleato prevedendo nel patto una solidariet illimitata in qualsiasi circostanza
di guerra. Mussolini riusc a convincere Hitler dellopportunit di dilazionare
lintervento italiano (le forze armate erano provate dai dispendiosi interventi in
Abissinia e Spagna), proclamando la non belligeranza. Dopo lo stallo dellinverno
1939-1940, la guerra entr nella fase calda nellaprile del 1940 con la conquista
tedesca di Danimarca e Norvegia, che garantiva anche la cooperazione a fini
economici della neutrale Svezia con le sue fondamentali risorse di ferro. La successiva
rapida vittoria delle truppe corazzate tedesche, appoggiate dallaviazioni ad occidente
del maggio-giugno del 1940, costrinse la Francia allarmistizio in poche settimane.
Loffensiva isol quindi la Gran Bretagna, mettendola a rischio di subire legemonia
aerea tedesca e una progettata invasione, con la pressione dei bombardamenti aerei
alternata ad offerte di una pace di compromesso. Ma tale situazione disperata provoc
landata al governo di Winston Churchill: la nuova coalizione nazionale si mostr
determinata a resistere.
La prospettiva di una conclusione rapida convinse intanto anche lItalia di Mussolini ad
entrare in guerra, per garantirsi almeno modeste spoglie. Distogliendo le forze
dallobiettivo primario di sconfiggere la presenza inglese a Suez, lItalia attacc la
Grecia nellottobre del 1940. Mal preparata, la guerra and incontro a una sconfitta,
provocando lintervento militare tedesco, con loccupazione della Jugoslavia e della
Grecia stessa nella primavera del 1941. In diversi paesi sconfitti e occupati sorsero
governi collaborazionisti con gli invasori. Intanto, la strategia imperiale tedesca e
quella giapponese continuarono a divergere: il nuovo patto tripartito, concluso nel
settembre del 1940 tra Germania, Giappone e Italia, rest un accordo di cooperazione
abbastanza generico, dal suono piuttosto antiamericano. Nel governo giapponese
presero piede gli esponenti della marina, che intendevano sfidare il potere marittimo
inglese e statunitense a sud: loccupazione dellIndocina francese, nel luglio del 1941,
segn il punto di non ritorno di questa decisione. Il Giappone strinse nellaprile del
1941 un patto di reciproca neutralit con lUnione Sovietica che ambedue i paesi
avrebbero rispettato fino alla vigilia della fine del conflitto.
La cooperazione anglo-americana aveva gi fatto molti passi avanti nel corso del
1940, con la decisione del Congresso degli Stati Uniti di allentare lembargo sui
trasferimenti di armi e con lo scambio di vecchi ma utili cacciatorpediniere americani
contro alcune basi strategiche inglesi nellAtlantico del nord. Un aiuto decisivo alla
Gran Bretagna isolata venne dallapprovazione congressuale nel marzo del 1941 dalla
legge Lend-Lease (affitti e prestiti), che portava la potenza doltreoceano molto al di l
del neutralismo, aggirando anche il problema inglese dellesaurimento di risorse
finanziarie. Il presidente era infatti autorizzato ad affittare o prestare equipaggiamenti
militari a tutti quei paesi in guerra la cui sicurezza fosse ritenuta vitale per gli Stati
Uniti stessi. La cosiddetta Carta atlantica, documenti dintenti firmato da Churchill e
Roosevelt nellagosto del 1941, disegnava una cooperazione tra i due paesi, in vista di
fini postbellici caratteristicamente segnati dalla tradizione wilsoniana:
autodeterminazione dei popoli, libert dalla paura e dal bisogno, libert di commercio,
rifiuto di ingrandimenti territoriali, libert dei mari, disegno di un mondo sicuro e
libero. LUnione Sovietica intanto veniva coinvolta nel conflitto, a causa della decisione
tedesca di lanciare laggressione di sorpresa (operazione Barbarossa, 22 giugno
1941). Lattacco fu impostato come una vera e propria guerra di sterminio ideologicorazziale.
Intanto peggioravano anche i rapporti nippo-americani. La risposta statunitense
alloccupazione dellIndocina si imperni su una sorta di guerra economica, bloccando
rifornimenti petroliferi essenziali per il paese del Sol Levante: tale irrigidimento spinse
ulteriormente la casta militare a cercare una via duscita bellicosa. Lattacco
giapponese alla flotta americana del Pacifico a Pearl Harbor (Hawaii), nel dicembre del
1941, complet il quadro coinvolgendo direttamente anche gli Stati Uniti nel conflitto.
Lingresso americano nella guerra, fu quindi forzato dalla decisione giapponese.
Furono poi Germania e Italia, dichiarando guerra anche agli Stati Uniti, a stringere un
legame tra i due teatri di guerra (europeo e asiatico). La competizione per il
predominio imperiale e lo scontro tra paesi soddisfatti di Versailles e paesi revisionisti,
arriv quindi a produrre un conflitto in cui emersero nuovi problemi e nuovi caratteri
ideologici. Un primo aspetto era lo scontro tra le due maggiori ideologie totalitarie
contemporanee, nazifascismo e comunismo, aspramente contrapposte tra loro quanto
legate per intrecci genetici e rapporti di imitazione e competizione. Ma laltro
determinante attore ideologico della guerra civile mondiale (alcuni intellettuali la
definirono cos) era la liberal-democrazia occidentale. Larticolazione concreta del
conflitto svilupp fronti globali transnazionali, intrecciati alla lotta tra Stati, che
scavalcarono le frontiere e si riproducevano allinterno delle societ di guerra.
Lideologia si innestava sulla competizione geopolitica, la rafforzava e radicalizzava,
rendendola pervasiva. La nuova guerra totale tra fascismi e antifascismi assunse
modalit addirittura religiose, e quindi meno negoziabili.
Il fallimento del piano che prevedeva di chiudere i conti con lUrss entro linizio
dellinverno del 1941 fu il primo segno che la scommessa di Hitler era stata azzardata
sul piano militare. Stalin riusc a ottenere dalle sue truppe di assestarsi su una linea di
resistenza, nel dicembre del 1941, facendo ampliamente appello al nazionalismo
russo. Gli stessi angloamericani, che davano inizialmente per scontato il crollo
dellUrss, mutarono prospettiva. Nonostante ulteriori incomprensioni, la loro
soprattutto una strutturazione consona dei regimi politici dei paesi confinanti. Il
progetto di una sfera dinfluenza sovietica nellEuropa orientale emerse quindi molto
presto nelle discussioni al vertice degli anni della guerra, pur non ancora precisato nei
suoi confini e nelle sue forme. Dallaltra parte, un rigido conservatore come Churchill,
che pure era stato tra i primi a ritenere indispensabile la cooperazione con lUrss per
battere il nazismo, era preoccupato per lespansione possibile del comunismo nel
cuore dellEuropa. Per questo tent di rilanciare nel 1943 la vecchia idea britannica di
costituire un secondo fronteeuropeo nei Balcani, partendo dal previsto sbarco in
Italia e sviluppando poi unoffensiva fino a Vienna e Praga. Tale piano non fu sostenuto
da Roosevelt, che lo riteneva militarmente poco efficace. Churchill allora modific la
strategia, cercando piuttosto di coinvolgere Stalin in qualche negoziato sullestensione
della sfera sovietica nellEuropa orientale. Si continuava infatti a pensare di poter
costruire un sistema di Stati europei occidentali, sotto la guida britannica, che
bilanciasse la sfera dinfluenza sovietica. A livello globale, nonostante le pressioni
statunitensi, gli inglesi non intendevano abbandonare le tradizionali posizioni imperiali,
allentare la propria guida del Commonwealth o rivedere lesigenza di un controllo di
punti strategici dellEuropa e del Mediterraneo. Il solido legame americano avrebbe
dovuto restare come necessario vincolo per la sicurezza, ma senza condizionare pi di
tanto il proprio ruolo mondiale. Dal punto di vista americano, Roosevelt e i suoi
consiglieri elaborarono un originale grande disegno, emerso gi nella fase della
neutralit e definito poi negli ultimi anni di guerra. La nuova visione statunitense dei
problemi internazionali partiva dalla crisi, ritenuta irreversibile, del sistema europeo.
Nel nuovo quadro globale, la national security statunitense aveva bisogno di un
ambiente internazionale foggiato secondo schemi americani. La sconfitta dei tentativi
egemonici totalitari in Europa era quindi il primo passaggio di un disegno politico che
garantisse la crescita economica e la stabilit internazionale. Occorreva rompere i
confini delle aree di cooperazione chiuse, promuovere lintegrazione economica ed
estendere il commercio multilaterale. Superando definitivamente gli effetti della crisi
del 1929, si sarebbero cos messe le basi per diffondere la crescita e quindi per
attenuare i conflitti di redistribuzione delle risorse. La prima preoccupazione dei
pianificatori americani fu quella di costituire nuovi specifici organismi che avrebbero
dovuto garantire la cooperazione economica internazionale. La promessa implicita era
che la potenza finanziaria pi solida doveva garantire il proprio contributo alla crescita
e alla stabilit economica internazionale. La conferenza monetaria e finanziaria di
Bretton Woods del luglio del 1944, con la partecipazione di 44 paesi, costru un
compromesso tra la proposta inglese, elaborata da Keynes, di un organismo che
gestisse una vera moneta internazionale (il bankor) non impedendo per margini di
fluttuazione monetaria e di flessibilit delle politiche economiche dei singoli aderenti,
e quella americana, che insisteva sulla rigidit dei cambi fissi tra le monete e su uno
strumento di compensazione pi limitato tra paesi creditori e debitori. La conferenza
mise quindi capo a due organismi: la Banca internazionale per la ricostruzione e lo
sviluppo (primo passo di una Banca mondiale, per gli investimenti a lungo termine) e il
Fondo monetario internazionale, che doveva appunto sorvegliare i movimenti
finanziari a breve termine e i rapporti tra le monete. Il loro intreccio avrebbe dovuto
strutturare un sistema finanziario internazionale aperto la governato e quindi stabile.
Limpegno statunitense a finanziare queste strutture si garantiva proporzionale potere
di influenza sulle loro decisioni e fissava la centralit del dollaro come moneta
internazionale. Ladesione iniziale della stessa Unione Sovietica sembr rendere il
disegno veramente globale.
Questo mondo economicamente unito avrebbe avuto anche bisogno di una struttura
istituzionale politica: si recuperava leredit wilsoniana, sia pure con una serie di
correzioni. In primo luogo, gli Stati Uniti dovevano impegnarsi direttamente: lo Stato
che possedeva potenza militare preponderante doveva aiutare a mantenere la pace.
Fu anche riproposta lipotesi di una nuova organizzazione internazionale che riunisse
tutti i paesi del mondo. La nuova Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) cominci
quindi a delinearsi. Dal punto di vista istituzionale, il meccanismo previsto dalla Carta
dellOnu, ricalcava quello della Societ delle Nazioni, con unassemblea generale degli
Stati membri e un Consiglio di sicurezza di 15 membri, oltre a un segretario
permanente. Occorreva per garantire un miglior nesso tra le responsabilit globali
delle grandi potenze e il rispetto dei piccoli Stati: la novit pi marcata fu la previsione
di un diritto di veto sulle decisioni del consiglio per i cinque membri permanenti
(Regno Unito, Urss, USA, Cina e Francia).
Laspetto direttoriale di questo meccanismo era quindi evidente: i membri minori
erano vincolati alle decisioni degli Stati pi importanti. Il consiglio godeva di una
gamma di possibili misure per intervenire contro le minacce alla pace, con
unescalation che arrivasse fino a unazione militare collettiva contro leventuale
aggressore tramite una forza armata ad hoc (quelli che verranno poi definiti i caschi
blu) sotto la protezione dellorganizzazione stessa. Si ammettevano poi organismi
regionali di sicurezza per esercitare il diritto allautodifesa degli Stati, almeno fino a un
intervento dellOnu stessa. Tale impalcatura venne approvata prima della fine del
conflitto alla conferenza di San Francisco (aprile-giugno 1945) e a firmare lo statuto
furono 50 Stati (cui si aggiunse subito dopo anche la Polonia) il 26 giugno del 1945.
Sui problemi dellassetto territoriale e politico dell Europa liberata, Roosevelt fu
prudentissimo, mirando a rimandare tutti gli scogli pi ardui. Le decisioni sul futuro
della Germania erano, come prevedibile, tra le pi difficili da assumere: ci si accord
per un periodo di occupazione militare provvisoria da parte dei vincitori, che si divisero
le zone doccupazione. Molto delicata e controversa fu la questione polacca, discussa a
Jalta: paese simbolo dello scoppio della guerra, era oggetto della volont russa di non
averla ostile e di non restituire i territori incamerati nel 1939, per cui si previde di
compensarla con una nuova fascia occidentale sottratta alla Germania, fino ai fiumi
Oder e Neisse.
Al contrario che nel 1919, la fine della guerra port alla resa incondizionata e alla
distruzione totale dellavversario: i carri armati russi entrarono nella Berlino in
macerie, mentre i gerarchi nazisti seguivano Hitler nel suicidio o si davano alla fuga.
Le due bombe atomiche statunitensi lanciate su Hiroshima e Nagasaki, nellagosto
1945, chiusero anche la guerra nel Pacifico. Auschwitz ed Hiroshima caddero come un
peso sulla coscienza europea non minore dei 50 milioni di morti in guerra. Tra laltro,
una buona met di costoro, per la prima volta nella storia, era costituita da civili morti
sotto i bombardamenti aerei, nelle rappresaglie, nei campi di sterminio o nelle
distruzioni collegate al passaggio dei fronti attraverso tutte lEuropa, oltre che il Medio
Oriente, la Cina e altre regioni.
CAPITOLO 4: DUE IMPERI MONDIALI? IL SISTEMA BIPOLARE DELLA GUERRA FREDDA
(1945-1968)
Alla fine della guerra lEuropa coperta da macerie aveva perso la sua centralit nella
dinamica mondiale. Si delineava il bipolarismo di due super potenze extraeuropee:
gli Stati Uniti e lUnione Sovietica. In posizioni diseguali tra loro, esse diventarono i
punti di riferimento attorno a cui si coagularono le relazioni tra gli alti Stati. I ventanni
successivi alla guerra furono segnati dapprima dalla difficile accettazione e poi dalla
progressiva strutturazione di questo nuovo sistema internazionale. Si trattava di un
sistema conflittuale, imperniato sullo scontro ideologico attorno alla discriminante tra
comunismo e mondo libero, con una contrapposizione armata che non sfoci
peraltro in uno scontro militare (la cosiddetta guerra fredda). La guerra fredda era
per solo una parte della realt. Proprio al riparo della cupa stabilit internazionale, si
avviarono complesse operazioni politiche. Il sistema occidentale si costitu come una
trama di relazioni globali, economicamente aperte e politicamente regolate, in cui i
diversi Stati membri e i diversi interessi svilupparono una logica di interdipendenza.
Una nuova fase di enorme crescita economica internazionale iniziava a redistribuire
molti fattori della potenza. Fuori dallEuropa crollavano rapidamente gli imperi coloniali
dello Stato dIsraele, una guerra tra lesercito ebraico e gli Stati arabi nel maggio
1948. Gli Stati arabi erano per sostanzialmente divisi dalle loro esigenze
particolaristiche e mobilitarono poche e disorganizzate truppe, mentre gli ebrei
riuscirono ad allargare il controllo del territorio rispetto alla carta fissata dallOnu.
La Francia, nel 1945, era altrettanto in difficolt, fortemente impoverita dalla guerra
doveva anche cercare di superare la drammatica lacerazione apertasi nel 1940. Ci
riusc inizialmente grazie allintesa tra De Gaulle e i partiti della resistenza interna, che
per non dur pi di pochi mesi. Forse per reazione al dramma della sconfitta, i
governi della Quarta Repubblica furono molto pi rigidi delllite britannica nel
ripresentare una politica antitedesca e imperialista. Mirarono a ripristinare il controllo
coloniale non riconoscendo molta autonomia ai territori dipendenti. Tale tentativo
provoc una serie di aperte crisi. Nel 1946 inizi una guerriglia in Indocina, nel 1947 si
ebbe una rivolta in Madagascar e si accesero forti tensioni in Africa settentrionale,
mentre dopo una breve crisi le truppe francesi dovettero abbandonare Siria e Libano.
Negli ultimi mesi di guerra e nellavvio del dopoguerra si verific una nuova imponente
ondata migratoria di milioni di profughi che attravers lEuropa, per spostamenti
forzati o spontanei di popolazione, tali da mettere capo a una relativa maggiore
omogeneit etnico-linguistica degli Stati, particolarmente nellaerea tra la Germania,
lUrss e i Balcani.
La questione tedesca rest aperta, emblematica al massimo grado di difficolt a
concepire una collaborazione efficiente tra i vincitori. Il problema della pace con il
principale paese sconfitto fu sostanzialmente congelato e rinviato, tenendo vive le
zone doccupazione.
Dopo qualche incertezza, gli Stati Uniti adattarono rapidamente il proprio progetto
complessivo a questa nuova situazione, senza nemmeno sconvolgerlo radicalmente, a
partire dalla fine del 46. Non bastava un ruolo di regolatore economico istituzionale
del mondo: occorreva aggiungere una nuova disponibilit a intervenire politicamente
ma anche militarmente per il contenimento di unUrss percepita come sempre pi
aggressiva, per virtualit dellideologia comunista integrata alleredit
dellespansionismo zarista. Non era temuta tanto unaggressione militare sovietica
verso ovest (ritenuta realisticamente impossibile), ma piuttosto preoccupava il
potenziale vantaggio politico che lUrss avrebbe potuto ottenere dallinstabilit
europea. Il vero punto di non ritorno nel peggioramento rapido dei rapporti tra le
superpotenze fu la crisi del 1947. Si defin nel corso di questanno una
contrapposizione istituzionale dei due mondi, cominciando da parte occidentale.
Venne popolarizzata in questo frangente da parte del giornalista americano Walter
Lippmann la stessa espressione guerra fredda: il concetto indicava uno stato di alta
tensione internazionale, con uno scontro globale short of war (ai limiti della guerra) tra
le due superpotenze e i due blocchi ad esse collegati, portatori di progetti sociali
alternativi con caratteri ideologicamente totali. I caratteri religiosi del conflitto,
limpossibilit di una mediazione, la convinzione che solo la distruzione (politica o
fisica) di uno degli avversari avrebbe potuto porre fino allo scontro si diffusero. In
fondo, il carattere totale della guerra fredda era un ulteriore gradino della concezione
della guerra totale cresciuta lungo tutta la prima met del secolo fino alla guerra
civile europea dei trentanni. Dal punto di vista pubblico, un passaggio cruciale della
consapevolezza della guerra fredda fu lenunciazione della cosiddetta dottrina
Truman, nel marzo del 1947, come primo manifesto ideologico della contrapposizione
globale: gli USA promettevano di aiutare i popoli liberi che intendessero opporsi ai
tentativi di asservimento compiuti da minoranze armate o da pressioni che
provengano dallesterno. Di l a pochi mesi, il 5 giugno del 1947, un altro passo
decisivo fu compiuto con la proposta del segretario di Stato, il generale George
Marshall, di mettere a disposizione notevoli fondi americani per i paesi che fossero
disposti a cooperare tra loro per la ricostruzione integrata dellEuropa. Da una parte, il
piano Marshall, nonostante si mostrasse aperto a qualunque Stato volesse aderirvi,
faceva parte della logica di contenimento del comunismo. La risposta sovietica alz
potessero aderire alla repubblica altre parti della Germania che ne facessero richiesta.
Si pensava soprattutto a territori ancora oggetto di occupazione come la Saar, ma
lipotesi poteva valere per i territori orientali. Tale divisione dur fino al 1990.
In questo quadro, un passo avanti dellorganizzazione delloccidente fu la nascita di
unalleanza politico-militare difensiva. La proposta fu soprattutto europea, cio
sostanzialmente franco-inglese. In unEuropa dimezzata dalla guerra totale, si doveva
trovare un modo per legare definitivamente gli Stati Uniti alla ricostruzione economica
e alla sicurezza europea, ponendo un deterrente a possibile tentazioni sovietiche di
allargare la propria zona dinfluenza. Lalleanza franco-inglese, rinnovata a Dunkerque
nel 1947, fu cos allargata, nel marzo del 1948 in un patto di Bruxelles, che univa i due
paesi della Manica a Belgio, Olanda e Lussemburgo (che poco prima avevano creato
lunione doganale definita Benelux). Per tenere insieme i paesi europei traumatizzati
dalla guerra, occorreva, secondo gli USA, investire non solo i dollari del piano Marshall
ma anche la presenza di soldati americani in Europa e nelle zone strategiche del
pianeta. Furono quindi gli Stati Uniti a proporre un modello per affrontare lesigenza
posta da Londra e Parigi: quello del patto di sicurezza collettivo, sperimentato nel 1947
con il trattato di Rio che univa tutti i 21 paesi del continente americano. Dopo un anno
di negoziati, i paesi del patto di Bruxelles, gli Stati Uniti e il Canada firmarono
nellaprile del 1949 il patto atlantico, esteso anche allItalia, Norvegia, Portogallo,
Danimarca e Islanda. Si trattava di unalleanza difensiva, limitata geograficamente
allarea atlantica ed europea, con un impegno di soccorso reciproco rispettoso delle
diverse procedure costituzionali interne e con un rinvio alla carta dellOnu.
Intanto i due blocchi si irrigidirono e gli armamenti continuarono a crescere. Rest per
operante la convenzione implicita che tale contrapposizione non dovesse e non
potesse sfociare nella guerra aperta. La competizione si spostava sul nuovo terreno
della guerra non combattiva, dello scontro sociale ed economico tra sistemi
tendenzialmente globali. Anche le agenzie e le istituzioni sovranazionali o
internazionali furono risucchiate inevitabilmente nel vortice della guerra fredda.
Significativa fu la posizione della Chiesa cattolica. Papa Pio XII affront il dopoguerra
con la volont di riproporre la centralit di una Chiesa educatrice di uomini e di
popoli, al di sopra degli schieramenti politici. Vide anchegli per con fortissima
preoccupazione lavanzata sovietica nellEuropa centrale e fu rassicurato della svolta
della politica americana verso una maggiore fermezza. La posizione internazionale
della Chiesa cattolica oscill quindi, dal 1948 in poi, tra una decisa polemica
anticomunista e antisovietica e la volont di distinguersi dal blocco occidentale per
tener aperta una qualificazione spirituale del proprio magistero universale, rivolto
allunit dellEuropa, ai giovani popoli extraeuropei e alle stesse popolazioni dellest
europeo.
La guerra fredda si allarg per ben presto fuori dallEuropa. La vittoria nel 1949 della
rivoluzione comunista di Mao Zedong in Cina chiuse la lunghissima guerra civile
avviata fin dal 1927 nel grande paese asiatico, dopo la tregua antigiapponese degli
anni di guerra. La sfera comunista mondiale si allargava ulteriormente e quindi,
potenzialmente, la guerra fredda investiva anche lEstremo Oriente. La solidariet tra
Mosca e Pechino era stata apparentemente forte nella fase rivoluzionaria, ma tale
situazione era tuttaltro che scontata per il futuro. Pesava la radicale diversit
dellelaborazione ideologica del comunismo cinese, che si collegava alla centralit del
problema contadino, ma contava anche la volont della nuova Repubblica popolare
cinese di ricoprire un ruolo internazionale autonomo nellarea asiatica.
Anche in seguito alle preoccupazioni americane per questi eventi, gi allinizio del
1950, lapproccio occidentale alla guerra fredda conobbe un salto di qualit. La notizia
che la prima bomba atomica era stata sperimentata con successo innesc ulteriori
ripensamenti nellamministrazione Truman. Occorreva una nuova strategia offensiva,
che ridesse liniziativa alloccidente tramite la mobilitazione economica totale delle
risorse americane ed europee, un ampio programma di riarmo convenzionale e la
stretta dei vincoli delle alleanze. Crebbe fortemente la pressione americana perch si
annunciando che avrebbe rifiutato le relazioni diplomatiche con gli Stati che
rinascessero la Ddr (con eccezione dellUrss). Tale politica di forza mirava a
rafforzare lo Stato tedesco-federale.
Nel periodo tra il 1948 e il 1950 prese avvi la grande fase di boom economico
internazionale: elemento cruciale di questa crescita fu un incremento costante della
produttivit del lavoro, in un quadro di costi stabili e relativamente bassi del denaro e
delle risorse energetiche. Si allargarono mercati e consumi privati.
Ci fu una riduzione progressiva delle tariffe doganali, dei contingentamenti e di altri
limiti al commercio, ma in modo lento e selettivo. Laccordo per creare
unOrganizzazione internazionale per il commercio (Ito), raggiunto allAvana nel 1947,
fu un fallimento clamoroso: nemmeno gli USA lo formalizzarono. Al suo posto fu stretto
un General Agreement on Tariffs and Trade (Gatt), che avvi una sorta di negoziato
permanente tra gli Stati. Un punto delicatissimo fu poi la sorveglianza dei governi
nazionali sui movimenti finanziari e valutari tra le frontiere statali. Di pi ancora, i
governi assunsero un nuovo ruolo centrale nella sorveglianza e nella produzione della
massa monetaria mondiale, che per qualche decennio non fu pi nelle mani di un
alta finanza privata. Il nuovo sistema monetario internazionale che si impose
cominci a funzionare abbastanza bene. La base del sistema non era pi direttamente
loro ma il dollaro: si parl quindi di Gold Exchange Standard. Solo nel 1958 le
principali monete europee divennero liberamente convertibili in dollari, mentre solo il
dollaro era convertibile in oro. Una notevole cooperazione intergovernativa e
interbancaria forniva lelemento essenziale per la stabilit, che dur sostanzialmente
almeno fino al 1971.
La crescita contribu a unulteriore modificazione degli assetti di potere internazionale,
dirigendosi complessivamente a favore delloccidente. Non a caso si parlato di un
et delloro delloccidente capitalista. Tale crescita ebbe per effetti positivi anche
sui paesi meno sviluppati.
La prima met degli anni 50 video cos stabilizzarsi progressivamente i due blocchi al
loro interno, con unorganizzazione che assunse forme sostanzialmente durature.
Dallinizio degli anni 50 la diplomazia americana cominci a preoccuparsi non solo di
possibili sovversioni violente da parte di minoranze comuniste, ma anche
dellevoluzione pacifica e democratica nei paesi occidentali verso maggioranze
politiche di sinistra, ritenute magari pericolosamente neutraliste. Un elemento
indotto da questo clima di tensione fu lallargamento del concetto di mondo libero
fino a coinvolgere un paese sicuramente non democratico come la Spagna franchista,
che strinse nel 1953 un accordo militare con gli Stati Uniti. Landata al potere dei
repubblicani nel 1952 fu segnata proprio da questo clima, temperato per dal carisma
del candidato, il generale Dwight Eisenhower, il cui segretario di Stato, J. F. Dulles,
lanci una direttiva che voleva andare oltre il contenimento, ponendosi lobiettivo di
far arretrare il blocco comunista dalle posizioni raggiunte.
Nel 1955 fu convocata una prima conferenza al vertice tra i capi di governo dei
Quattro Grandi, che si tenne a Ginevra, con scarsi risultati concreti, ma rappresent il
simbolo della ricerca di una stabilit pi condivisa e negoziata. Nei primi anni 50,
soprattutto Francia e Gran Bretagna, cercarono di comportarsi ancora come grandi
potenze, capaci di riorganizzare i propri ridimensionati domini imperiali. La guerra
indocinese si rivel per altamente logorante per i francesi sotto il profilo finanziario e
militare. Nel frattempo, era iniziata una vera e propria insurrezione nazionalista in
Algeria. Nel 1952, invece, la rivoluzione egiziana che port al potere militari
repubblicani e nazionalisti, cre le prima preoccupazioni per le posizioni britanniche a
Suez. Analoghi problemi sorsero in Iran, dove il governo Mossadegh nazionalizz, nel
1951, la potente Anglo-Iranian Oil Company. La posizione degli Stati Uniti su queste
vicende fu inizialmente prudente, ritenendo che il nazionalismo arabo potesse servire
da contenimento da infiltrazioni comuniste, ma via via inizi a identificare in questi
movimenti pulsioni antioccidentali da combattere: nel 1953 la Cia (il nuovo servizio
sociale e politico doveva svilupparsi civilmente e non attraverso unaltra guerra. Nel
frattempo, con il famoso rapporto segreto presentato allo stesso congresso, Chruscev
denunci i crimini di Stalin. Il processo di disgelo cos avviato con tali dichiarazioni,
ebbe conseguenze difficilmente controllabili, sia internamente allUrss che a livello
internazionale. In Polonia, la rivolta operaia di Poznan e le nuove effervescenze
intellettuali screditarono la leadership stalinista. Torn al potere Gomulka, che
interpret la volont di incarnare i valori nazionali.
La vicenda ungherese ebbe invece sviluppi pi drammatici. Anche in questo caso, la
nuova dirigenza riformatrice, guidata da Imre Nagy, cerc di controllare la pressione
rivoluzionaria che criticava il passato staliniano ottenendo cos un parziale ritiro delle
truppe sovietiche. Ma le decisioni del governo di aprirsi ad elementi non comunisti, di
ammettere il pluralismo politico e soprattutto di uscire dal patto di Varsavia,
proclamando la neutralit del paese, non potevano essere tollerate da Mosca. Il 3
novembre le truppe russe occuparono di nuovo Budapest stroncando in soli quattro
giorni la rivoluzione. Seguirono repressioni poliziesche, processi e condanne a morte
dei responsabili. La brutale riaffermazione militare sovietica, nel paese dipendente,
caus forte reazione dellopinione pubblica internazionale e una consistente crisi nel
movimento comunista. Il 1956 stabilizz poi definitivamente i blocchi e avvi una
nuova fase storica anche in Europa orientale. La leadership di Chruscev nellUrss si
rafforz e anche leconomia sovietica sembr mostrare la capacit di reggere la sfida
della crescita, ottenendo cospicui successi in alcuni settori (soprattutto in quello
aerospaziale).
Il dominio coloniale europeo su gran parte dei continenti africano e asiatico conobbe la
sua crisi, pressoch generalizzata, nel corso del primo ventennio postbellico.
Loccidente aveva trapiantato in queste regioni mentalit operative, modelli di
organizzazione, stili di mobilitazione politica. Su questa base, si moltiplicarono i
movimenti e le organizzazione che riscoprirono una loro originalit culturale e
nazionale, esprimendole in unottica politica moderna. Lindebolimento dei paesi
colonialisti apriva ora nuove occasioni di emancipazione. Dal punto di vista
occidentale, il problema era quello di inserire anche il mondo extraeuropeo nel proprio
sistema globale che si stava consolidando, trovando forme diverse rispetto al classico
controllo politico diretto. Gli Stati Uniti intendevano promuovere direttamente queste
integrazione, ma il percorso non era per cos scontato, sia perch le premesse
economiche della modernizzazione erano molto pi fragili che in Europa, sia perch
questa esigenza si scontrava talvolta con gli interessi coloniali degli alleati europei. I
francesi si attaccarono, per esempio, allanticomunismo della guerra fredda per
giustificare la continuazione di un controllo coloniale.
Nel dilemma tra difesa degli imperi coloniali e possibili affermazioni di movimenti di
liberazione nazionale che rischiavano di sfociare in posizioni antioccidentali,
lAmministrazione americana mantenne inizialmente una certa elasticit sostenendo in
genere che la causa occidentale aveva tutto da guadagnare nel favorire laccesso al
potere di nazionalismi moderati. Tale linea lasci per il posto, dopo il 1950, a uno
slittamento progressivo verso una priorit di segno antirivoluzionario, con un
coinvolgimento finanziario e militare, diretto a difendere le posizioni del mondo
libero in modo piuttosto rigido. Ogni nazionalismo cominci a esser visto come
lanticamera di un pericoloso neutralismo e il neutralismo come oggettivamente
favorevole alla causa comunista. Proprio a causa della preoccupazione per linfluenza
sovietica e per la possibile esclusione degli interessi occidentali, a Washington ci si
orient ad appoggiare governi anche autoritari negli Stati ex coloniali e generalmente
in quelli extraeuropei, purch garantissero posizioni anticomuniste. Tale evoluzione
caratterizz anche la politica statunitense in America Latina. Gli USA reinterpretarono
la carta costitutiva dellOrganizzazione degli Stati Americani, lOsa, fondata a Bogot
nel 1948, come giustificazione di un intervento collettivo per prevenire conquiste del
potere da parte di movimenti filocomunisti in qualsiasi zona delle Americhe. Ci fu
anche un progressivo irrigidimento nei confronti della nascita in Centroamerica di
delle bombe di Hiroshima e Nagasaki era stato un elemento di forte riflessione per una
parte dellumanit: la modernit si rivelava capace di organizzazione scientifica e
razionale dello sterminio di popolazioni civili. Ma la discussione sulla condizione
atomica nel primo decennio postbellico fatic a prendere le misure della nuova arma:
essa divent infatti un elemento del gioco politico. Dopo la prima atomica del 1949, lo
scoppio della bomba H (allidrogeno) sovietica, nel 1953, sembr colmare la distanza
tra le superpotenze, anche se gli americani avevano ancora una netta superiorit
aerea e unestesa rete di basi attorno allUrss. Il quadro strategico mut
significativamente solo quando divenne operativa la tecnologia missilistica. Nel 1957,
il grande successo del lancio sovietico dello Sputnik, primo satellite artificiale in orbita
permanente, con la successiva rincorsa americana, aprirono un nuovo capitolo. La
costruzione di missili balistici intercontinentali (Icbm) fu la via con cui lUrss riemp
definitivamente il gap con il USA nel potenziale distruttivo nucleare, anche se
questultimi costruirono Icbm pi numerosi e affidabili.
A partire dai lavori di studiosi come Hermann Kahn, si svilupp un vero e proprio
settore specializzato degli studi strategici, spesso molto formalizzato ma un po
astratto, in quanto basato su un concetto di per s scarsamente controllabile come
quello della deterrenza (lefficacia di un deterrente valutabile solo a posteriori,
quando si sia verificata la possibilit di non utilizzarlo, ma i motivi reali per cui questa
opportunit si realizza non sono mai univoci e chiari). In termini politici, il significato
della deterrenza cambi nel tempo. Nellepoca dellAmministrazione Eisenhower
prevalse negli USA una dottrina della rappresaglia massiccia, che confidava nella
possibilit di risparmiare sulle spese militari convenzionali, allombra della minaccia di
distruggere totalmente lavversario con larma atomica. Allinizio degli anni 60,
lamministrazione Kennedy propose una dottrina della risposta flessibile, che
prevedeva una crescita progressiva e attentamente dosata della risposta a
uneventuale minaccia, dapprima con strumenti convenzionali e poi con armi nucleari.
Ci comport un rilancio elevatissimo della spesa militare per armamenti
convenzionali. La situazione divenne paradossale: le armi atomiche crescevano
continuamente di numero e potenza proprio quando diveniva sempre meno sensata
lipotesi del loro utilizzo. Un ulteriore passo avanti fu la sperimentazione, alla fine degli
anni 60, delle Mirv, testate atomiche multiple montate su un solo missile, destinabili a
diversi obiettivi. Nel 1952 la Gran Bretagna comp la sua prima sperimentazione
atomica: dopo alcuni tentativi di progettazione falliti di una bomba atomica europea,
anche la Francia si dotava nel 1960 di una propria tecnologia. La Cine giunse allo
stesso obiettivo nel 1964 e altre potenze minori (Israele, India, Pakistan) costruirono
ordigni nucleari proprio in questo decennio. In questo nuovo quadro complessivo,
contraddistinto dalla maturazione della coscienza atomica, la presidenza Kennedy
negli USA (1960-1936) manifest la volont di riaffermare la preminenza americana in
tutto il mondo. Washington dispieg ad esempio un grosso impegno sugli aiuti allo
sviluppo, con la cosiddetta Alleanza per il progresso, rivolta allAmerica Latina. Lidea
basilare era opporsi ai progressi delle rivoluzioni comuniste nel Terzo Mondo evitando
di estendere la guerra fredda e facendosi piuttosto alfieri di modernizzazione e
sviluppo: lambizioso progetto si incontr per con limiti finanziari e con risposte non
sempre positive nei paesi latinoamericani. Tale vigoroso atteggiamento comportava
per anche una maggior irrigidimento nei rapporti con i sovietici, sia per ragioni
interne tipiche di unamministrazione progressista pressata dalle lobby
anticomuniste tradizionali, sia per la complessiva baldanza nellaffermare la capacit
di decisione americana senza vincoli e limiti. Tale combinazione di fattori suscit nei
sovietici incertezze sugli avversari americani e condusse a una serie di gravi crisi al
vertice, che caratterizzarono le relazioni internazionali degli anni 1959-1962. Il primo
braccio di ferra si ebbe ancora attorno a Berlino. Nel novembre 1958 Chruscev
annunci improvvisamente agli altri occupanti di voler restituire alla Ddr la sovranit
sullex capitale ponendo un ultimatum sul suo abbandono da parte occidentale.
Intanto il leader della Ddr, Walter Ulbricht, premeva su Mosca per un irrigidimento,
e cinesi), analoga intesa fu raggiunta nel 1967 per il divieto di utilizzare lo spazio a fini
nucleari, mentre nel 1968 fu firmato un importante trattato di non proliferazione che
cerc di congelare la diffusione della terribile arma presso nuovi paesi.
Le visione ideologizzate della guerra fredda vennero spiazzate da una nuova cultura
pragmatica e ottimista di fronte al futuro, che cominciava a proclamare una (peraltro
discutibile) fine delle ideologie. Nellarea socialdemocratica europea si cre un
nuovo consenso verso una politica estera di allineamento occidentale, superando il
neutralismo. Anche il comunismo europeo occidentale avvi quel processo di
rivendicazione di un policentrismo: una ricerca che sfoci nella parabole dell
eurocomunismo degli anni 70. Sicuramente pi radicali le novit che corsero nella
Chiesa cattolica, soprattutto a causa del pontificato di Giovanni XXIII e del Concilio
Vaticano II. Uninedita proposta teologica sulla pace si collegava alla condanna forte
degli atti di guerra totale e di distruzione indiscriminata. Giovanni XXIII apr anche la
strada della proclamazione profetica delle esigenze della pace in situazioni di crisi
(come quella cubana), dialogando con i capi delle superpotenze. Il suo successore
Paolo VI, nel 1964, intervenne allassemblea dellOnu e presso tale organismo apr una
missione permanente della Santa Sede. In questi stessi anni, il Consiglio ecumenico
delle Chiese, organismo di comunione delle confessioni protestanti e ortodosse, prese
posizioni ripetute a favore dei movimenti di liberazione dei popoli del Terzo Mondo.
Sotto il profilo politico-militare (con i suoi risvolti culturali) il test decisivo
dellegemonia americana divenne la guerra in Vietnam. Nel Vietnam del Sud, costituito
nel 1955 dopo il fallimento della riunificazione prevista dagli accordi di Ginevra, erano
iniziate infiltrazioni dal Nord comunista di guerriglieri vietcong. LAmministrazione
Kennedy intese controbattere queste operazioni (sempre secondo la politica del
contenimento): ogni cedimento locale a un aumento dellinfluenza comunista, si
sarebbe ripercosso su tutte le popolazioni in Estremo Oriente. Nel 1963 Kennedy mor,
ma le operazioni continuarono: nel 1965 furono inviate le prime truppe di
combattimento, mentre fu intrapresa una campagna di bombardamenti, ma non
uninvasione dello Stato del Nord, per non provocare un contro-intervento cinese. Nel
1968 gli USA arrivarono a dispiegare un corpo di spedizione di 600.000 uomini. Il
numero crescente dei morti americani causava per le prime reazioni: il conflitto mise
in crisi lesteso consenso interno maturato negli anni iniziali della guerra fredda
attorno alle politiche internazionali del governo. Un nuovo movimento pacifista si
intrecci profondamente con la contestazione universitaria e giovanile di quegli anni, e
con il movimento per i diritti civili della popolazione nera guidato da Martin Luther
King. La guerra costitu profondissime spaccature e ripensamenti sui modi della
leadership globale degli USA. La stessa presidenza entr in crisi, tanto che il partito
democratico si divise profondamente e il presidente americano Johnson (successore di
Kennedy) non si ripresent candidato alle elezioni del 1968. Il coinvolgimento
americano in Vietnam seminava tra laltro crescenti dubbi anche negli alleati europei.
Al contempo, la strategia di Washington verso la stessa America Latina mutava
nuovamente. La politica di sviluppo economico concordato aveva avuto effetti indubbi
del decennio precedente (crescita delle economie locali, rafforzamenti dei legami con
gli USA), ma le attese riforme sociali erano rimaste modestissime: la polarizzazione
delle societ tra pochi grandi proprietari terrieri e moltitudini impoverite dava esca a
conflitti permanenti. Dopo il 1965 in diversi paesi (soprattutto in Brasile, Uruguay,
Argentina) prese piede una guerriglia di ispirazione castrista, influenzata dal mito del
comandante cubano Ernesto Che Guevara, che nel messaggio alla conferenza
Tricontinentale dei popoli asiatici, americani e africani, tenuta a LAvana nel 1967,
aveva espresso lambiziosa idea di creare molti Vietnam per sfiancare limperialismo
americano. Gli interventi politici diretti tornarono allora a ripetersi con frequenza,
mentre vennero appoggiati con minor cautela nuovi governi autoritari di destra. Nel
1962 ci fu un colpo di Stato militare in Argentina e nel 1964 lamministrazione Johnson
appoggi indirettamente il colpo di Stato militare che mise fine alla presidenza del
cristianodemocratico progressista Goulart in Brasile.
Fu gestito con analoghi criteri politici il caso del Cile dopo la vittoria elettorale della
coalizione Unidad Popular guidata dal socialista Salvador Allende (1970), che
preoccupava ancor pi gli USA in quanto successo marxista in un governo
democraticamente legittimato. Le pressioni diplomatiche ed economiche di ogni tipo
condussero la politica americana a sostenere direttamente il sanguinoso colpo di Stato
militare del settembre del 1973.
Il Medio Oriente vedeva intanto continuare lacuta crisi arabo-israeliana. Egitto e Siria,
sostenuti da armi e tecnologie sovietiche, preoccupati per la crescita dellinfluenza
saudita, cercarono nel 1967 di forzare la situazione armistiziale, tramite un blocco
navale del golfo di Aqaba. La coalizione araba conobbe per un ulteriore scacco
militare con la guerra lampo della truppe di Tel Aviv, nella cosiddetta guerra dei Sei
giorni. Lo Stato israeliano ne approfitt per attuare estese occupazioni territoriali in
Cisgiordania, a Gaza, nel Golan e anche nella penisola del Sinai. Il legame israeliano
con la politica americana si saldava intanto definitivamente: Washington rese
irreversibile la determinazione a considerare Israele il proprio fondamentale referente
nella regione. Contemporaneamente, si aggravava la questione palestinese (cio il
problema del destino degli arabi della regione, espulsi in massa dai loro gi precari
rifugi), emersa come questione politica con la costituzione dellOlp (Organizzazione
per la liberazione della Palestina). Il mondo arabo si ritrov percorso da nuove e pi
profonde venature antiamericane e antioccidentali, anche se le superpotenze non
agirono direttamente nel conflitto.
Se la distensione per le due superpotenza significava soprattutto stabilit, ovvio che
la disturbassero tutte le nuove tendenze che stavano mutando gli assetti politici ed
economici. Dal 1958 si ebbe il boom economico in Italia e soprattutto il rapidissimo
rilancio delleconomia industriale tedesco-federale. Tale integrazione riuscita permise
alla Comunit di sviluppare anche specifiche politiche protezionistiche nei confronti di
alcuni settori interni: tipica fu la cosiddetta politica agricola comune (Pac), avviata
nel 1962, tra moltissime tensioni dati gli interessi non sempre convergenti dei diversi
paesi, ed entrata a regime nel 1966. La Pac rilanciava a livello comunitario regole
protettive per i produttori interni delineando al contempo un ulteriore rafforzamento
dellasse franco-tedesco nella Comunit.
Non a caso si manifest in questi anni una nuova prospettiva politica britannica, che
usc dal proprio orgoglioso isolamento. Dapprima il governo di Londra aveva proposto
di costituire unArea europea di libero scambio (Efta) che avrebbe inglobato anche il
Mec (Mercato europeo comune): il tentativo era quello di beneficiare degli effetti di un
intensificato commercio liberalizzato, senza subire i vincoli di una politica doganale
comune verso lesterno. Liniziativa britannica riusc per a collegare solo pochi paesi
non allineati dellEuropa centrale (Austria e Svizzera) e di quella scandinava, oltre allo
storico alleato portoghese.
Cominciava a delinearsi anche un ulteriore polo economico significativo nel Giappone.
Il suo rapidissimo rilancio produttivo fu avviato allombra della guerra coreana, quando
gli USA spesero nellarcipelago fiumi di dollari per sostenere lo sforzo bellico. Di qui
prese le mosse una crescita media del 10% allanno, fortemente orientata dallo Stato,
decisamente protezionistica e orientata alle esportazioni, coordinate dal potente
ministero per il Commercio con lestero e lindustria. Leconomia giapponese cominci
nel decennio 60 ad entrare in una fase di sviluppo intensivo e tecnologicamente
avanzato, ampliando la gamma dei prodotti in modo da competere, alla fine del
decennio, sui mercati statunitensi.
Negli Usa invece, nonostante gli enormi profitti dovuti agli investimenti allestero,
cominci ad apparire un deficit permanente nella bilancia dei pagamenti. Il riarmo non
stimolava pi la produzione, il precedente aumento lineare della produttivit
cominciava a rallentare la sua corsa e apparivano i primi segnali di crisi dellindustria
tradizionale. Iniziarono quindi a mutare le ragioni di scambio commerciale tra
leconomia americana e il resto del mondo: gi verso il 1965 gli scambi con Germania
e Giappone erano deficitari, mentre nel 1971 le statistiche rivelarono un deficit
commerciale globale che non era mai stato sperimentato dagli anni 90 dell800. Nel
1967 fu tentato un rafforzamento con una riforma del Fondo monetario internazionale,
che doveva permettere a questa istituzione internazionale di creare liquidit,
affiancando il tesoro americano. Ma la riforma era timida e limiti del sistema era ormai
diventati evidenti.
In questo contesto, un ulteriore elemento di differenziazione rispetto alleredit della
guerra fredda fu introdotto dalla politica del presidente francese Charles De Gaulle. Il
carismatico generale torn al potere nel 1958, sullonda della criticissima situazione
algerina, sfruttando la diffusa protesta contro linstabilit politica per avviare una
riforma costituzionale in senso presidenzialista. Approfittando della distensione, il
generale avvi una polemica con la dominante presenza in Europa delle strutture
militari integrate atlantiche, da cui la Francia annunci il suo ritiro nel 1966 (pur
rimanendo nellalleanza politica difensiva del patto atlantico): la difesa nazionale
tornava a essere in primo luogo una questione statale e non un problema da delegare
alle alleanze ideologiche o alle superpotenze. La scelta di sviluppare un piccolo
arsenale atomico indipendente era quindi coerente a questa visione. Nel 1963, la
Francia firm un trattato dellEliseo con la Germania con cui voleva definitivamente
mettere fine alla vecchia rivalit sulle sponde del Reno e inaugurare una duratura
cooperazione politica. De Gaulle pose poi un veto nei confronti dellinserimento nella
Cee della Gran Bretagna: la Cee doveva funzionare, secondo il generale, come
strumento di coordinamento della politiche nazionali, oltre che come area di libero
mercato. Il cosiddetto piano Fouchet, del 1961, esprimeva questa netto rifiuto di
evoluzioni federaliste anche implicite e graduali.
In Germania, la fine dellera Adenauer permise alla dirigenza tedesco-federale di fare
qualche passo avanti verso una sistemazione, almeno pratica, delle questioni ereditate
dalla guerra. Il governo tra cristiano-democratici e socialdemocratici, avvi nel 1966
una nuova politica orientale, fortemente rafforzata ad opera del cancelliere
socialdemocratico Willy Brandt, dal 1969. Occorreva sostituire alla politica della
forza di Adenauer una normalizzazione dei rapporti con i vicini orientali che superasse
le ferite ancora aperte delle guerra. La cauta campagna del governo tedesco venne
sostanzialmente appoggiata nel 1969 dalla nuova Amministrazione americana di
Richard Nixon.
Una battuta di arresto momentanea ma significativa della distensione fu rappresentata
nel 1968 dalle vicende dellinvasione sovietica della Cecoslovacchia. Il governo
riformatore di Dubcek si era impegnato in un allentamento della censura ideologica,
nel decentramento economico e nellaffermazione della libera dialettica politica per le
elezioni alle cariche pubbliche (la cosiddetta primavera di Praga). Ma per la
leadership sovietica i timori di evoluzioni negative erano comunque troppi: un
intervento militare impose un cambiamento di guida del partito cecoslovacco e del
paese. La tenuta del blocco sovietico fu salvaguardata per 20 anni, ma ormai solo
nella forma di un rigido vincolo militare: era il seme della sua crisi finale.
Non si pu non ricordare il collegamento della primavera di Praga con londata
mondiale della contestazione giovanile. Emergeva per la prima volta il distacco di
molta parte delle giovani generazioni, allest come allovest, nei confronti dei modelli
ideologici dominanti, criticati per i loro aspetti ingessati e autoritari. Un carattere
notevole del movimento, esploso attorno al 1968, fu proprio la sua trasversalit
internazionale: i giovani di Praga, Varsavia e Belgrado si mobilitarono su parole
dordine e prospettive non dissimili da quelle agitate nelle piazze di Parigi o Berlino.
CAPITOLO 5: DECLINO E MORTE DEL BIPOLARISMO: GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA E
NUOVE DIVISIONI DEL MONDO (DAL 1968 AD OGGI)
E certamente possibile identificare nel passaggio tra gli anni 60 e 70 una
significativa svolta nelle maggiori tendenze delle relazioni internazionali. Apparve la
percezione di una crisi complessiva dellordine stabilizzatosi nel dopoguerra. Una crisi
Vienna, nel giugno del 1979, il complesso e dettagliato trattato Salt II, che poneva un
tetto ai vettori (missili e bombardieri) e al numero degli apparecchi Mirv per ogni
superpotenza.
Soprattutto lEuropa fu il teatro peculiare di questa nuova fase politica, in cui la
distensione assunse un significato ben pi specifico. La vicenda dellOstpolitik tedesca
aveva del resto aperto al strada di un superamento duraturo delle tensioni ereditate
dalla seconda guerra mondiale. Con lautorevole benestare americano, la politica
avviata da Brandt, nel 1969, ebbe notevoli risultati nel giro di alcuni anni. Due trattati
di non aggressione con lUnione Sovietica e con la Polonia, nel 1970, prepararono la
strada al trattato fondamentale con la Ddr del 1972, che riconosceva lesistenza di
due Stati in una sola nazione tedesca. Ci condusse anche allammissione delle due
Germanie allOnu nel 1973 e, in seguito, ad altri accordi tra Brd e Cecoslovacchia che
ponevano fine alle antiche controversie sui Sudeti. Vi furono nuove forme di
cooperazione economica attraverso la cortina di ferro, con un rilanciato commercio e
scambi tecnologici e culturali. La logica del governo federale tedesco restava
sinteticamente indicata nellespressione cambiamento mediante ravvicinamento e la
stabilizzazione fu indubbia.
Lo svolgimento della progettata Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in
Europa complet tale quadro. Lincontr si apr nel 1972 ad Helsinki, con la
partecipazione di 33 paesi europei, pi USA e Canada. Il documento conclusivo,
denominato Atto finale venne firmato il 1 agosto 1975 ed era quanto di pi vicino a
un assetto di pace europeo si sarebbe potuto raggiungere. La dichiarazione finale
parl di confini inviolabili (tutti i firmatari escludevano cio il ricorso alla forza per
cambiarli) e non immodificabili. Il lavoro della conferenza spost anche laccento sul
miglioramento delle condizioni di vita e la tutela dei diritti umani delle popolazioni
europee. In tale direzione funzion anche il contributo della stessa Santa Sede che
partecip alla conferenza.
Fuori dEuropa, invece, la distensione non port sempre a elementi di stabilit: anzi a
volte provoc la nascita di nuovi motivi di crisi. Ad esempio, in Vietnam nel 1973 si
complet luscita americana, con un accordo di armistizio. Le successive trattative per
la riunificazione del Vietnam per non fecero molti passi avanti: non pi difeso
dallaviazione americana, il regime sudvietnamita fu travolto da una nuove offensiva
vietcong. Fortissima fu la simbolicit degli eventi del 30 aprile 1975, con lingresso
delle truppe nord vietnamite in Saigon e labbandono precipitoso dellambasciata
americana da parte di funzionari e militari. La guerra finiva con un apparente trionfo
del modello comunista incarnato in un giovane movimento di liberazione nazionale.
Negli USA, tra il 1970 e il 1973, si era assistito a una crescita spettacolare e
generalizzata dei costi delle materie prime e dei prodotti alimentari. Allo scoppio della
crisi petrolifera, leconomia dei paesi sviluppati incontr quindi una battuta darresto
pressoch generalizzata. Ricomparvero tassi di disoccupazione da tempo sconosciuti,
collegati a una persistente alta inflazione, dato che esisteva ormai una forte base
mondiale di capitali fluttuanti. La compresenza di recessione industriale e inflazione
monetaria era un fatto inedito e difficile da affrontare. Un altro shock inflativo arriv
poi nel 1979-1980, come conseguenza della rivoluzione iraniana, con unaltra
moltiplicazione dei prezzi per tre. L Et delloro sembrava esaurirsi.
Tornavano a farsi evidenti i conflitti di distribuzione del reddito e le tensioni sociali. Si
diffuse la sensazione di non riuscire pi a controllare le oscillazioni e le instabilit del
mercato. Sembr materializzarsi il rischio di ritornare alle competizioni ferocemente
nazionalistiche degli anni 30. In effetti, pi di un paese introdusse politiche unilaterali
per affrontare la crisi. Il processo di integrazione economica quindi conobbe una fase
di stallo. Gli accordi per la liberalizzazione del commercio vennero ampliamente
aggirati, per ristabilire forme di protezionismo mascherato della propria economia. I
governi con economia pi debole perseguirono svalutazioni competitive delle monete,
per favorire le proprie esportazioni. Per contro, i paesi esportatori dalla bilancia
commerciale pi solida, e cio Giappone e Germania, rifiutarono gli adeguamenti
valutari e laumento dei consumi interni richiesti per tornare allequilibrio. Dalla fine
del decennio, per, la risposta alla crisi divenne pi evidente. La politica americana fu
cruciale: la scelta deflazionista iniziata negli USA venne imposta dalla nuova
ortodossia monetaria e dallenormit del debito pubblico americano. La nomina, nel
1979, di Paul Volcker alla guida della Federal Reserve fu il segnale simbolico della
svolta. Per attirare capitali, gli americani alzarono i tassi di interesse e quindi di
remunerazione, e imposero un allentamento dei tradizionali vincoli ai movimenti
finanziari transnazionali. Si riaffermava cos la centralit americana nel sistema
internazionale. Gli altri paesi in qualche modo si adeguarono, cercando ognuno la
propria ricollocazione nel sistema. Germania e Giappone, attenti sopra ogni cosa a
difendere il valore delle loro monete, trovarono pi alta remunerazione del risparmio
frutto della loro competitivit allesportazione, anche se condussero le loro aree di
influenza economica verso un periodo di forzata austerit. Ebbe sicuramente una certa
importanza la nascita di meccanismi informali intergovernativi per tentare di
coordinare lapproccio alla crisi. Il primo vertice dei 6 paesi pi industrializzati (USA,
Gran Bretagna, Francia, Germania federale, Italia e Giappone) si tenne a
Rambouillet,nei dintorni di Parigi, nel novembre del 1975, convocato dal presidente
francese Giscard dEstaing in accordo col cancelliere tedesco Schmidt. La discussione
risent di un clima pessimistico e problematico, ma qualche modesto accordo per
disciplinare il sistema fu raggiunto. Vennero istituzionalizzate le riunioni di un Gruppo
dei Sette o G-7 (si aggiunse infatti il Canada) i cui vertici semestrali divennero una
sorta di forum permanente di consultazione.
La struttura economica del sistema occidentale ha conosciuto per ulteriori sviluppi.
Alcuni storici economici parlano di una terza rivoluzione industriale, caratterizzata
dallavvento progressivo delle tecnologie informatiche, dellelettronica e della robotica,
e centrata sul passaggio dalle economie di scala della produzione di massa alle qualit
competitive di una produzione flessibile. Dalla ricerca di modalit di diversificazione
energetica si pass infatti alla ristrutturazione produttiva, in chiave di nuova
organizzazione del lavoro, di sviluppo verticale dei servizi e di una modificazione della
struttura delle imprese. Lefficacia di questi modelli permise di evitare la
generalizzazione delle depressione temuta alla fine degli anni 70, anche se non fece
tornare i tassi di crescita economica del trentennio precedente. Del resto, le societ
avanzate delloccidente avevano inoltre ormai una qualit della vita media e una serie
di ammortizzatori sociali tali da sostenere fasi anche prolungate di instabilit
economica senza eccessivi traumi sociali interni. Comunque, il commercio mondiale
non si esaur affatto come nella grande depressione degli anni 30, ma anzi continu
ad aumentare, a ritmi addirittura pi elevati. Il sistema finanziario internazionale fu
alimentato dalla notevole espansione della massa monetaria successiva al 1971 e
dalla crescita di nuove fonti di ricchezza, tra cui i cosiddetti petrodollari guadagnati
dai paesi dellOpec e reinvestiti in un vorticoso circuito internazionale. Il presupposto
delluscita dalla crisi era stata la scelta, politicamente costruita e orientata, di tornare
a liberare la spontaneit delle leggi di mercato, a tutti i livelli. Si riusc cos
momentaneamente a disinnescare il vivo scontro sulla distribuzione del reddito nei
maggiori paesi, ma la depoliticizzazione comportava per anche nuovi problemi: a
livello interno, il ritorno di marcate incertezza, tassi di disoccupazione pi alti e
disuguaglianze crescenti. A livello internazionale, riduceva invece la confidenza nella
capacit politico-giuridica di regolare il sistema globale, con effetti importanti sul piano
delle relazioni internazionali. In parallelo a questi eventi, nel blocco sovietico la
crescita economica rallent significativamente. Leconomia sovietica mostrava di non
essere strutturalmente capace di cogliere le occasione delliniziale fase dello sviluppo
flessibile, basata sullinformazione, i consumi privati e il boom dei servizi. La debolezza
dellagricoltura (il paese cominci a dover importare cereali) e lancor sostanzialmente
basso tenore di vita medio non permettevano al contempo di sostenere ancora a lungo
lespansione industriale di tipo tradizionale. Il sistema sopravvisse per qualche anno
vendendo in occidente risorse naturali (energetiche e minerarie, soprattutto),
ormai sul campo nuovi attori, dotati di potere economico e di influenza politica. Un
attore era certamente la Comunit europea. Dopo la stasi degli anni 60, il processo
dintegrazione tra gli Stati occidentali si ampli e si consolid lentamente. Considerata
nel suo insieme, la Comunit dei dodici poteva risultare ormai addirittura in testa alle
statistiche mondiali del commercio (anche se in parte preponderante si trattava di
scambi intracomunitari). Aveva una popolazione maggiore di quella degli Stati Uniti e
un prodotto lordo ormai quasi analogo. Passo importante fu lingresso della Gran
Bretagna (con Danimarca e Irlanda), avvenuto nel 1973: il paese era in una condizione
di debolezza tale da accettare il punto di vista continentale su varie questioni. La
Grecia entr nel 1981, mentre i paesi iberici furono ammessi nel 1986. Naturalmente il
processo di allargamento della Comunit assorb molte energie e catalizz gli impegni
diplomatici degli Stati membri, che dovevano essere integrati nelle dinamiche
preesistenti. Non fu semplice nemmeno ladattamento del tessuto istituzionale e
negoziale comunitario alle logiche particolari della politica estera britannica, ancora
legata alla sua speciale relazione con gli USA e capace di alcune fiammate di
orgogliosa autonomia politica, in campo economico e militare. Al contempo, la Francia
di Mitterrand abbandon alcune rigidit, ma conserv un orizzonte autonomo delle
politica internazionale del paese, evidente per esempio in Africa. Proprio negli anni
70, quindi, la comunit speriment i limiti di una tendenza allautonomia politica nei
confronti degli USA che non riusciva a tradursi nella costruzione di un altro solido
punto di riferimento internazionale. Nel 1979 gli europei rifiutarono di abbandonare il
progetto del gasdotto destinato a portare in Europa il gas siberiano, come richiesto da
Washington in reazione allinvasione sovietica dellAfghanistan. La Comunit era una
struttura politica ancora molto particolare e pressoch inesistente come soggettivit
internazionale, nonostante la crescente retorica sul coordinamento delle politiche
estere degli Stati membri. La Comunit si trov frequentemente di fronte al problema
della sua possibile evoluzione. Un passo importante fu compiuto a livello monetario,
non casualmente: dopo un primo tentativo di fluttuazione congiunta delle monete (il
serpente monetario del 1972) si arriv a un progetto Schmidt-Giscard, che port nel
1979 a costituire il Sistema monetario europeo (Sme). Il sistema collegava le
fluttuazioni monetarie delle diverse valute europee, fissando bande di oscillazione
massima e impegnando i governi a controllare i cambi. Questo meccanismo doveva
incentivare la crescita di rapporti economici e commerciali nel quadro di unarea
sempre pi integrata. Doveva anche ridurre limpatto delle fluttuazioni del dollaro e
delle politiche unilaterali americane. Lo Sme (che non ebbe fino al 1990 ladesione
inglese) ebbe un certo successo, nonostante alcune crisi periodiche e vari
aggiustamenti. Lo Sme fu anche uno strumento della crescente germanizzazione
della comunit. Le performance positive delleconomia produttiva tedesca si
accompagnavano a una solidit monetaria e a una rigidit proverbiale sul terreno
dellinflazione. Loscillazione congiunta delle valute europee, in presenza di inflazioni
differenziate, aiutava la competitivit continua delle esportazioni tedesche. Molti paesi
giunsero quindi ad attribuire implicitamente alla Bundesbank il compito di regolatore
ultimo del sistema economico europeo e alleconomia produttiva tedesca la funzione
di guida reale del sistema integrato europeo continentale. La nuova Germania era
ormai un gigante economico.
La Comunit europea divenne quindi un livello di governo con crescenti significati
politici, ma comunque le istituzioni conservarono una marcata impronta
intergovernativa: gli accordi di Parigi del 1974 sanzionarono definitivamente la
preminenza del nuovo Consiglio europeo come vero motore degli organismi
comunitari. La decisione correlata di eleggere a suffragio universale il parlamento
della Comunit, dava uno spazio di maggior legittimazione diretta delle istituzioni, ma
non modificava la logica di mediazione tra governi. Infatti, il governo britannico non
perse occasione per contrastare ogni minimo incremento di potere delle istituzioni
comunitarie. Non a caso di parl in questi anni di una sostanziale eurosclerosi. Nel
dicembre del 1985 venne firmato lAtto unico (ratificato nel 1987), che prevedeva
dei paesi del Terzo Mondo, aveva portato con s la crescente pluralit dei modelli di
capitalismo.
Levidente crisi della leadership sovietica, negli ultimi anni di Breznev, dava lidea di
una mancanza preoccupante di risposte allaltezza della sfida. Il quadro cambi con
lavvento alla segreteria del Pcus di Michail Gorbacev, nel marzo del 1985, che
impost una politica ambiziosa per rivitalizzare il sistema in decadenza, proclamando
di voler reinterpretare ma non abbandonare la tradizione socialista e soprattutto
leninista. Le parole dordine decisive della sua leadership divennero ristrutturazione
del sistema economico e trasparenza, giungendo fino allaperto dibattito sulle
scelte politiche. Sul primo versante, egli cerc di introdurre elementi di flessibilit per
accompagnare alla pianificazione degli obiettivi generali una maggiore responsabilit
delle imprese e una modesta presenza di settori liberalizzati di attivit privata nei
servizi, nellagricoltura e nella piccola produzione artigianale. Sotto il profilo pi
propriamente politico, una minor identificazione tra partito e governo fu la prima
mossa di una riforma che doveva, nel giro di qualche anno, introdurre elementi di
pluralismo. Inoltre, fu perseguita con decisione labolizione della censura, aprendo
notevoli margini di libert di opinione di discussione. Gorbacev era convinto che tale
complessa operazione interna fosse incompatibile con un clima di aspra competizione
internazionale e che il successo delle sue riforme richiedeva il superamento definitivo
del sistema della guerra fredda. Nel dicembre del 1987 fu quindi raggiunto laccordo
sugli euromissili con gli USA di Reagan e, nel frattempo, Gorbacev decise anche il
ritiro delle truppe sovietiche dallAfghanistan. Mosca annunci, nel 1988, un esteso
programma di ritiro delle proprie forze dispiegate in Europa orientale: non si intendeva
tagliare i ponti con gli alleati, ma incentivare la riforma interna dei singoli Stati. In
Ungheria procedettero riforme liberali e levoluzione polacca permise sostanzialmente
di sanare i traumi del 1981 e di uscire dal monopartitismo. Negli altri paesi orientali
satelliti di Mosca, la dirigenza comunista sembr sfruttare la maggiore autonomia
per sottrarsi alle riforme di Gorbacev facendo riemergere nazionalismi e micro
nazionalismi in tutta larea a cavallo tra Europa e Asia. Tutto ci era insieme il frutto
dei limiti della capacit modernizzante dello Stato sovietico e leffetto di
unelementare dinamica di ricerca di sopravvivenza di alcuni spezzoni di ceto politico
ex comunista, prontamente riciclatosi in chiave nazionalista.
In Polonia laccordo di Jaruzelski con le opposizioni port a svolgere elezioni libere nel
giugno del 1989: pur con una legge elettorale che garantiva comunque la
sopravvivenza del controllo comunista alla camera bassa, Solidarnosc conquist tutti i
seggi (tranne uno) al Senato.
In Ungheria loccasione per catalizzare le opposizioni fu una campagna di opinione per
la riabilitazione delle vittime del 1956: la cerimonia pubblica per celebrare la memoria
di Nagy fu un segnale di morte per il regime. Di l a pochi giorni, nellottobre 1989, il
parlamento vot per fissare elezioni libere e multipartitiche per la successiva
primavera. Il governo di Budapest aveva poi gi preso la decisione in maggio di
smantellare i controlli che rendevano impenetrabile il confine con lAustria dando vita
a conseguenze drastiche. Prese forza, nellestate del 1989, un flusso di migrazione di
tedeschi orientali verso occidente e queste fighe di massa, oltre alle manifestazioni
popolari, condussero la Sed a nominare un governo provvisorio riformatore. Il 9
novembre iniziava a essere smantellato il Muro di Berlino. Contemporaneamente si
sviluppava la rivoluzione di velluto praghese, con la caduta di Husk e le oceaniche
manifestazione in piazza San Venceslao, che portarono alla fine del novembre 1989 al
cedimento totale e pacifico dellapparato politico autoritario.
Anche dove non cera presenza sovietica diretta i sistemi comunisti europei ormai
dovevano crollare. Il caso jugoslavo si rivel subito il pi complesso e critico: il sistema
economico in crisi infatti non aveva colto positivamente la crescente dose di
integrazione internazionale e i nazionalismi interni riemersero con forza (soprattutto
dopo il 1989) sfruttati da frazioni della Lega dei comunisti al potere per cercare nuova
legittimazione. Nel 1991 ogni repubblica si indirizz a proclamare lindipendenza, ma il
caso pi intricato risult quello della repubblica Bosnia-Erzegovina che precipit, nel
1992, in unatroce guerra civile, resa esplosiva dalle velleit espansionistiche dei
governi di Croazia e Serbia, che sostennero massicciamente le formazioni armate dei
rispettivi gruppi etnici.
Nella primavera del 1990, si ebbe la proclamazione di indipendenza di Lettonia,
Estonia e Lituania e, nellestate, quasi tutte le repubbliche originarie dellunione
proclamarono la sovranit (cio la superiorit delle proprie leggi su quelle
dellUnione).
Nel frattempo, maturava rapidamente la riunificazione tedesca. Le elezioni del marzo
1990 allest videro una travolgente vittoria dei cristiano-democratici, che formarono un
governo senza comunisti, dichiarandosi pronti a negoziare lunit. Infatti, labile
cancelliere federale tedesco Kohl premette per una riunificazione rapida imponendo
anche una riunificazione monetaria. Il 3 ottobre del 1990 si ebbe la festa della
riunificazione tedesca. Si rafforzava cos lidea di una possibile completa unificazione
europea e si decise, alla fine del 1990 a Parigi, di creare una vera e propria
organizzazione permanente nominata Osce (Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa), dotata di poteri di intervento nelle situazioni di crisi, che per
sarebbe decollata con fatica. Limpatto pi immediato di questo nuovo orizzonte fu lo
scioglimento del patto di Varsavia, deciso con la riunificazione tedesca, che venne
ufficialmente archiviato nel febbraio del 1991.
Nel giro di pochi mesi, maturava la crisi finale della stessa Urss: alla sospensione delle
attivit del Pcus fece subito riscontro londata delle dichiarazioni dindipendenza della
singole repubbliche. Gorbacev, travolto dalla sua stessa incapacit di dominare gli
eventi, si dimise nel dicembre del 1991.
Anche altri paesi acquisirono istituzioni democratiche liberali, con il crollo quasi
contemporaneo di consolidate dittature latino-americane, la transizione sudafricana
fuori dallapartheid nel 1994 e molte elezioni multipartitiche in paesi africani.
La parola chiave di questa percezione divenne globalizzazione: grazie alla forza di
alcune innovazioni tecnologiche e organizzative, leconomia contemporanea avrebbe
realmente ormai unificato il mondo in un unico grande mercato, al cui interno si
sarebbe sviluppata anche una crescente convergenza socioculturale, tanto da porre le
premesse per una pacifica competizione e affermazione degli interessi di tutti i
soggetti.
Il rapporto tra Stati e mercati si modificato profondamente e la progressiva
integrazione delleconomia mondiale, grazie alla produzione internazionale, ha
spostato lequilibrio di potere dagli Stati ai mercati mondiali.