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LA POLITICA INTERNAZIONALE NEL NOVECENTO

(Guido Formigoni)
CAPITOLO 1: LE RADICI STORICHE DEL NOVECENTO. IL SISTEMA EUROPEO DEGLI
STATI DALLE ORIGINI AL DOMINIO MONDIALE
Quando inizi il 900? Al di l della pura cronologia concezione diffusa far risalire
lavvio della storia novecentesca alla prima guerra mondiale e quindi al 1914. In
questo modo, il 900 sarebbe stato un secolo breve. Secondo altre visioni per, di
studiosi attenti al rapporto tra politica, economia e territorialit, si individua un vero
tornante storico allincirca attorno al 1860-1870, quando si sarebbe completata una
plurisecolare fase di concentrazione del potere reale nella figura dello Stato moderno,
capace di controllare il territorio. Questa visione designerebbe quindi un lungo
novecento che si estenderebbe almeno fino al decennio 1970, periodo in cui il nesso
forte politica-economia-territorio avrebbe cominciato a entrare in crisi, lasciando
spazio allepoca della mondializzazione contemporanea.
Il mondo internazionale di inizio 900 era frutto di una precedente lenta e plurisecolare
evoluzione. LEuropa era sicuramente il suo centro, per la posizione globale
assolutamente dominante del suo sistema diplomatico, economico e militare e aveva
ampliamente esportato le sue regole. La particolare forma di evoluzione europea di
una sfera politica internazionale ha condizionato il mondo e si via via estesa a
dimensione globali, proprio sullonda della preminenza economica, militare e politica
europea.
Come era nato questo predominio? LEuropa del 900 aveva alle proprie spalle un
percorso peculiare: si era sedimentato nei secoli sul continente un sistema di
rapporti tra entit politiche diverse, che si concepivano come sovrane, e cio
appunto gli Stati moderni. Tali nuove creature politiche erano nate dal processo di
dissoluzione e successiva riaggregazione di quelluniverso medievale della Repubblica
Cristiana che era concepito come fortemente unitario e tendenzialmente universale,
nella duplice ma interconnessa matrice di un impero sacrale e di una chiesa cristiana
diffusa su tutto il continente. A partire dai secoli XIII-XIV, una serie di monarchi
avevano avviato percorsi di autonomia in un ben definito territorio. Insomma, le
caratteristiche di potere supremo che limperatore aveva sempre rivendicato,
venivano ora acquisite dai sovrani, che puntavano a omogeneizzare lamministrazione,
a imporre leggi comuni, a controllare la stessa struttura ecclesiastica, a imporre una
lingua volgare che divenne ufficiale e soppiant luso del latino medievale, a fissare
frontiere precise e definite del proprio Stato. Naturalmente, faceva parte di queste
relazioni tra entit sovrane anche la capacit di regolamentare la violenza militare,
imponendo la pace allinterno di un territorio e casomai utilizzando la forza verso
lesterno. Anzi, il monopolio della forza legittima allinterno di un determinato
territorio divenne un carattere fondamentale della sovranit degli Stati moderni. Tutti
questi processi si condensarono in un nome: affermazione della sovranit.
Parallelamente, lImpero Sacrale perdeva progressivamente le sue caratteristiche
universali, riducendosi ad un controllo della sola area geografica tedesca (nel 1512 il
suo nuovo nome divenne infatti Sacro Romano Impero della Nazione Germanica).
Questo processo stato assolutamente decisivo per la storia dellEuropa tardomedievale e moderna, sotto tutti i profili. Essa si allarg in tutto il continente: le
monarchie pi antiche e solide furono quelle occidentali (inglese, spagnola, francese),
mentre nellEuropa orientale il movimento pi continuo e destabilizzante delle
popolazioni rese pi difficile consolidare i primi nuclei creatisi nel Medioevo. Nemmeno
nella penisola italiana sorse un solo Stato che assumesse una preponderanza
territoriale (tra laltro il quadro italiano era pi complicato data la presenza dei domini
temporali della Chiesa). Si tratt insomma di un processo tormentato e complesso,
che conobbe il punto di non ritorno e di definitiva affermazione alla met del 600. E
logico immaginare che laffermazione della sovranit di ogni Stato andasse insieme al

riconoscimento reciproco delle sovranit altrui, ma vi erano chiaramente tendenze


universalistiche. Lautonomia assoluta che lo Stato sovrano rivendicava, esigeva un
orizzonte di riconoscimento reciproco, in un rapporto teoricamente paritario, per non
cadere nella distruttivit. Da qui si sviluppare una serie di norme di diritto
internazionale (consuetudinario oppure pattizio) a carattere vincolante. Al concetto di
trattato internazionale si connetteva il principio del rispetto degli accordi. Il diritto
internazionale non era solo una rappresentazione dellesistente: la sistemazione di
norme tentava di esporre, in termini generali e vincolanti, alcune regole essenziali del
sistema.
I rapporti tra gli Stati passavano attraverso molteplici altri canali, che divennero pi
regolari e stabili, formali e professionali: nacque quindi la moderna diplomazia. Nel
700 le sue regole si erano ormai definite e precisate, codificando la differenza
specifica dei rapporti diplomatici tra gli Stati sovrani rispetto a tutte le altre relazioni
che coinvolgessero sudditi di Stati diversi. Data legemonia culturale francese
nellEuropa in questepoca, comprensibile che il francese divenne la lingua della
comunicazione diplomatica. Il sistema diplomatico per aveva bisogno, oltre che di
una lingua ufficiale, anche di un vertice e di organismi attorno alla corte del re per
controllare gli affari di governo. Tutto ci configur lentamente una vera e propria
societ internazionale di stati in Europa.
Laltra faccia del riconoscimento e della parit era unaccesa tendenza alla
competizione e allautoaffermazione di ogni Stato a scapito degli altri. Ogni sovrano
era geloso delle proprie prerogative e della propria autonomia. Il ricorso allo strumento
militare era frequentissimo. Tra 600 e 700 non si contarono pi di ventanni di pace
generale in Europa. Lambizione o la difesa del prestigio di un principe, la contesa per
il possesso di un territorio strategico o florido, la necessit di regolare una controversa
successione dinastica, erano tutti validi motivi per ricorrere alle armi. Lesercito
permanente restava lo strumento di potere decisivo per consolidare lautorit del
sovrano, e per affermarla nella competizione con gli altri sovrani. Le spese militari
toccavano circa il 50% dei bilanci dello Stato, in anni normali, ma conoscevano degli
improvvisi picchi fino al 70-90%. Le imposte e le tasse erano largamente insufficienti a
coprire queste spese, anche per le molteplici esenzioni (aristocratiche ed
ecclesiastiche), che i sovrani non riuscivano a sanare. Si deline quindi un sistema
basato su debiti organizzati dai poteri pubblici, che chiedeva unefficiente raccolta di
prestiti e soprattutto il mantenimento di un credito dei governi. Una pressione dal
basso favoriva anchessa il consolidamento dello Stato. Una rete di iniziative
imprenditoriali e commerciali indipendenti stava infatti dando il suo contributo alla
crescita della ricchezza e della capacit tecnologica europea, creando isole
capitalistiche di libert economica, che infrangevano i sistemi feudali. Le prime
finestre di affermazione di queste esperienze economiche si ebbero non a caso in
strutture cittadine autonome o in piccole repubbliche oligarchiche come quelle
veneziana o quella neerlandese delle Province Unite. Ma via via che le dimensioni di
queste imprese crescevano, si affermavano le ragioni del modello di Stato territoriale
che sosteneva le attivit economiche dei propri sudditi per ragioni di competizione e
ricchezza nazionale, secondo la visione mercantilistica. E per da notare che
leconomia conduceva con le sue esigenze nella direzione di rafforzare la cooperazione
interstatale. La nascita e la crescita della prima specifica sfera economica
internazionale condusse a nuovi accordi, convenzioni e regolamentazioni, inizialmente
del tutto pratiche e non formalizzate, intese a rendere possibili i commerci e le
relazioni finanziarie attraverso le frontiere. Si pensi alla delicata questione della
moneta, la cui emissione venne a costituire una prerogativa dello Stato moderno.
Rendere comunicabili gli usi monetari diversi divenne unesigenza prioritaria che
stimol regolamentazioni per rendere possibili e pi facili gli scambi.
In questo processo, alcuni sovrani consolidarono ed estesero il proprio dominio (si
pensi alla monarchia francese, a quella inglese e spagnola), altri fallirono
clamorosamente dopo successi iniziali (come il ducato di Borgogna), altri ancora non

riuscirono a superare lo stadio della lotta con una rissosa oligarchia aristocratica (si
pensi al grande stato polacco-lituano). Allinizio dell800 venne formalizzato poi il
concetto di grande potenza: erano Stati territorialmente estesi, solidi militarmente
ed economicamente e avevano interessi e capacit di gestione del sistema
complessivo delle relazioni europee. Questi Stati erano cinque (Inghilterra, Francia,
Impero Asburgico, Russia e Prussia). LInghilterra aveva il primato marittimo e stava
ora conoscendo le prime trasformazioni connesse alla rivoluzione industriale; la
Francia, paese pi popolato e produttivo dEuropa, aveva una monarchia in rapida
ascesa nella concentrazione del potere assoluto; lImpero degli Asburgo; la Russia che
a fine 700 si affacciava allEuropa con una notevole potenza militare oltre che con
istanze di modernizzazione e di imitazione della cultura europea pi avanzata; infine,
la pi piccola Prussia, staterello provinciale in via di rapido consolidamento militare
grazie ad un solido accordo tra monarchia e nobilt sopra una popolazione disciplinata
ed istruita. Altre grandi monarchie, molto influenti nel passato, si trovavano ora in
condizione di decadenza come lantica potenza della Spagna e della Svezia.
Declinavano anche le potenti repubbliche oligarchiche marinare e commerciali come
Venezia e i Paesi Bassi. Tra questi Stati maggiori, il gioco della ricerca di una qualche
egemonia era consueto. Gli Asburgo nel 500 avevano gi raccolto sotto la corona di
Carlo V unamplissima rete di territori e regni. La Francia 60-700tesca era stata ben
pi efficace, in quanto monarchia assoluta consolidata, capace di sviluppare il
controllo di un territorio demograficamente ed economicamente florido e di ricavarne
risolrse militari. Tutti questi slanci verso una condizione di egemonia avevano per
suscitato reazioni e contrapposizioni. Proprio a seguito di queste vicende, la nuova
situazione fu interpretata ricorrendo alla visione di un equilibrio pluralistico la quale
visione era solo teorica: se vero che contro i tentativi egemonici nascevano spesso
alleanze contrapposte, tale regola non valeva quando una grande potenza si
rapportava ai soggetti minori del sistema. La spartizione dello Stato polacco tra
Russia, Austria e Prussia alla fine del 700 fu il caso pi eclatante in questo senso.
Il sistema europeo era da secoli in rapporto (non sempre pacifico) con altri sistemi di
entit politiche confinanti o lontane: per esempio, con il mondo islamico i rapporti del
sistema europeo avevano visto alternativamente allopera momenti di scontro (con la
Riconquista iberica o la contesa sulloccupazione dei Balcani) a fasi e processi di
intreccio culturale ed economico. Inoltre, il progresso tecnico diede lentamente agli
europei una forza maggiore di altre civilt e permise quindi di instaurare rapporti di
controllo e dipendenza che lentamente divennero strutturali.
Una rete di rapporti commerciali allargava e sosteneva poi il quadro dellinflusso
europeo, che crebbe anche tramite la competizione tra i diversi Stati del sistema.
Limpero coloniale inglese, che stava chiaramente divenendo il pi importante del
mondo, era costituito soprattutto da un articolato sistema di basi navali e lo scontro
con la Francia in India e America settentrionale nella guerra dei Sette Anni (conclusa
nel 1763) la rafforz ancor di pi.
Questo sistema europeo fu scosso pesantemente dai cambiamenti politici ed
economici prorompenti dei decenni finali del 700. La rivoluzione americana (17761783) e quella francese (1789-1799) videro allopera forze nuove, elaborando concetti
e prospettive che ebbero notevole influsso anche sul sistema internazionale. La
rivoluzione industriale britannica stava mettendo le basi di un cambiamento
permanente del rapporto economia-politica, mentre con la rivoluzione francese
cominci ad essere usata, in senso politico, lidea di nazione che alludeva alla
comunanza di nascita di un gruppo sociale su un territorio: il popolo diveniva soggetto
politico unitario e organizzato, di fronte al potere del sovrano.
Questa nuova ideologia di proiettava bei rapporti tra gli Stati. La Francia diventava
cos la Grande Nation: politicamente forte in quanto capace di comunicare a tutta
Europa la spinta originale della libert. Lobiettivo francese di portare la libert agli
altri popoli venne persino codificato in una dichiarazione della Convenzione del
novembre 1792. Fu Napoleone imperatore che dopo il 1804 radicalizz la tendenza

francese verso legemonia europea, sullonda della sua abilit militare e sfruttando
leredit del messaggio modernizzante portato dalla rivoluzione. Solo Gran Bretagna e
Russia riuscirono a mantenere un ruolo di grande potenza di fronte alla Francia. La
nuova coalizione antinapoleonica, formatasi nel 1813, si impegn a ricondurre la
Francia nei suoi storici confini e non solo: infatti ogni potenza dichiarava di voler
cooperare per ventanni con gli altri contraenti per controllare la pace europea
(trattato di Chaumont, 1814). Si decise poi di convocare a Vienna un grande congresso
europeo che avrebbe dovuto mettere le basi di un ordine stabile per il futuro.
Lelemento innovativo pi forte fu proprio un progetto di stabilizzazione consensuale:
le controversie andavano risolte in un quadro capace di imporre un ordine condiviso e
presentabile di fronte allopinione pubblica nascente. Si parl di legittimismo:
LEuropa pensava a se stessa come una comunit basata sul diritto, in cui i regni
riconoscibili erano quelli sanzionati dalla tradizione, dalle norme dinastiche, dalla
legge riconosciuta e dalla religione. Lideologia legittimista imponeva un vincolo
stretto tra il sistema internazionale ed i sistemi politici interni. Il Congresso di Vienna
fu una conferenza tenutasi nell'omonima citt, allora capitale dell'Impero austriaco,
dal 1 novembre 1814 all'8 giugno 1815. Vi parteciparono le principali potenze
europee allo scopo di ridisegnare la carta dell'Europa e ripristinare l'Ancien rgime
dopo gli sconvolgimenti apportati dalla Rivoluzione francese e dalle guerre
napoleoniche. Furono i 4 vincitori, pi la stessa potenza sconfitta, a prendere le
decisioni importanti: la casa dAustria ottenne uninfluenza prevalente in Italia ed in
Germania, la Gran Bretagna conferm un predominio pressoch esclusivo nel settore
extraeuropeo, la Russia ottenne di spingersi verso il centro dellEuropa occupando la
maggior parte della Polonia, la Prussia ottenne nuovi territori sul Reno in chiave di
contenimento del potenziale espansionistico francese. Si costituirono poi una serie di
corpi intermedi, che fungessero da cuscinetto rispetto alla potenza francese.
Nelle decisioni di Vienna non cera per solo la volont di sistemare i problemi
pendenti dal passato ma cera anche un esplicito sguardo al futuro. Le grandi potenze
assumevano reciprocamente un impegno comune per la stabilit e la pace europea. In
questa promessa di cooperazione di trovavano le basi di un originale meccanismo di
consultazioni, autolimitazioni, decisioni comuni, elaborazione di compromessi, che
venne definito concerto europeo. Questo meccanismo funzion per circa 40 anni,
garantendo una sorta di supervisione consensuale delle relazioni europee, con una
certa capacit di mediazione tra gli interessi delle grandi potenze e un prudente
contemperamento tra le spinte dellinnovazione e le esigenze della tradizione. Le
regole inespresse, ma generalmente accettate, del sistema stabilivano che:
- ogni problema europeo dovesse ricevere soluzioni europee;
-ogni potenza prima di agire in un campo che toccasse lo status, gli interessi o i diritti
delle altre, dovesse prima consultarle;
-nessuna delle grandi potenze poteva essere esclusa da una conferenza o un
congresso;
-ci fosse bisogno di consenso per modificare lo status quo;
-i piccoli Stati avessero diritto di protezione e di ascolto, ma non di partecipare alle
decisioni.
Elemento decisivo di instabilit, successivo al Congresso di Vienna, fu la diffusione di
nuovi movimenti culturali e politici che facevano delle identit nazionali la loro
caratteristica. La ricerca culturale, linguistica, storica, tipica della cultura romantica
poneva in luce (o alle volte costruiva) nuove identit nazionali, che scoprivano una
tradizione nel passato e al contempo delineavano una missione rivolta al futuro.
Nuovi movimenti elaborarono quindi un principio di nazionalit messo a punto
tecnicamente verso met secolo dai giuristi internazionalisti: ad ogni nazione deve
corrispondere uno stato. Chiaramente era questo un principio che infrangeva lordine
fissato a Vienna e questa ulteriore spinta nazionalista metteva in discussione il
legittimismo dinastico. Lo scontro delle nuove tendenza con lordine di Vienna fu
quindi inevitabile. La tensione si fece forte sul caso spagnolo nel 1821 in cui il governo

inglese si oppose alla decisione europea (concessa alla Francia) di ripristinare


lordine. In questo quadro anche la giovane repubblica degli Stati Uniti prese una
prima rilevante posizione internazionale: la Dottrina di Monroe (1823) in cui si
stabiliva la diversit dei due mondi (europeo ed americano) ed escludeva alleanze
con gli europei. Nel frattempo le crisi si susseguivano: una nuova consistente ondata
di disordini avvenne nel 1830-31 con la rivoluzione di luglio in Francia e le rivoluzioni
esplicitamente nazionali che scoppiarono in Belgio ed in Polonia, accompagnate da
nuove agitazioni nellarea italiana e tedesca. Tutte queste crisi furono gestite con
criteri di compromesso tra le grandi potenze, a volte raggiunti dopo iniziali forti
tensioni.
Cresceva intanto linflusso europeo verso il mondo esterno, sullonda diretta della
diffusione del processo di industrializzazione e delle correlate modificazioni
economiche, tecnologiche e sociali, che davano agli europei e alle loro merci la forza
di estendere il proprio raggio di influenza nel mondo. A partire dal decennio 40,
lapplicazione della forza del vapore ai trasporti e non pi solo ai sistemi produttivi
statici (ferrovie, piroscafi a vapore), collegata allenorme incremento della velocit
delle comunicazioni resa possibile dallinvenzione del telegrafo, fu il tratto distintivo di
questepoca del carbone e dellacciaio, che ebbe ricadute di primissimo rilievo.
LEuropa avanzata centro-settentrionale allargava a tutto il mondo il proprio
controllo economico: crebbe lemigrazione di europei che colonizzarono altre regioni, si
completarono le esplorazioni geografiche e quindi la conoscenza del pianeta,
migliorarono i trasporti e le comunicazioni postali e telegrafiche (lapertura del canale
di Suez nel 1869 fu un evento simbolico), si svilupp un sistema monetario
internazionale integrato sulla base aurea (Gold Standard) e crebbe in modo ancora
pi spettacolare e rapido il commercio mondiale.
La Gran Bretagna era assolutamente al centro di questo percorso di crescente
dominio. La rivoluzione industriale aveva condotto il paese a divenire leconomia pi
produttiva (e quindi commercialmente dominante) e a creare un mercato finanziario
che era sempre pi cruciale per tutto il mondo. Attorno alla met del secolo la classe
dirigente inglese si convert definitivamente al liberoscambismo, abbandonando il
mercantilismo ed il protezionismo del passando e chiedendo analoga apertura ai propri
partner commerciali: molti paesi europei accettarono in questa fase di inserirsi in un
sistema commerciale aperto che aveva Londra al centro. Una estesa rete di
investimenti finanziari completava tale influenza, ed era lespressione del ruolo
dominante di Londra e del peso della sterlina come moneta-chiave di un sistema di
scambi internazionali in quanto solida, commerciabile e ampliamente presente in un
flusso internazionale stabile. Grazie anche alle colonie (in primis Lindia), la flotta
militare e commerciale britannica continu a godere di un enorme sistema di punti di
poggio di basi strategiche disperse per tutti i mari del mondo. Insomma, lestensione
progressiva fuori dallEuropa dellinfluenza del sistema europeo si giov del cruciale
contributo britannico, che colloc il paese in una condizione di egemonia globale senza
uguale nella storia passata.
La crisi liberal-nazionale si generalizz infine a tutta Europa nel 1848. La rivoluzione
dialog con ampiezza e profondit sconosciuta soprattutto dopo i primi cedimenti delle
monarchie, molte delle quali si trovarono, in preda al panico ed alla confusione, a
dover concedere costituzioni e a venire a patti con i manifestanti. Il tema centrale,
diffuso in modo molto omogeneo in Europa, era la battaglia per realizzare la sovranit
nazionale. A partire dalla rivoluzione parigina del febbraio 1848, che instaur la
Seconda Repubblica, una serie di altri episodi mise in crisi lImpero asburgico ed apr
la questione dellunificazione italiana e tedesca.
La scossa rivoluzionaria non aveva quindi cambiato il sistema internazionale di Vienna,
ma aveva contribuito a indebolirne ulteriormente le premesse: basta un minimo
ulteriore contrasto tra le potenze per far crollare le basi del sistema. Loccasione fu la
Guerra di Crimea (1853-1856), frutto di una nuova iniziativa zarista contrastata per
da Francia e Gran Bretagna che appoggiavano la resistenza turca contro le pressioni

russe. Da qui in avanti si ebbero ben 17 anni di guerre che contrapposero le grandi
potenze europee tra 1854 e 1871, in 4 episodi distinti, anche se tutti brevi e poco
sanguinosi. Tale fase conflittuale port a modificare molti dati dellassetto della
Restaurazione, ponendo fine al controllo asburgico dellEuropa centrale e conducendo
a realizzare lunit statuale italiana e tedesca.
Nel caso italiano, loperazione cavouriana sfrutt il carattere costituzionale
salvaguardato dal Regno di Sardegna dopo la Seconda Restaurazione del 1849 per
attirare i consensi dellesile movimento liberale e patriottico disperso nella penisola.
Riusc quindi a tradurre il problema italiano in termini di dinamiche internazionali,
valendosi della leva militare francese per la limitata guerra allAustria del 1859, che
allarg almeno il regno con lannessione della Lombardia. Raccolse poi nel successivo
biennio anche la spinta che venne dal basso, con le rivoluzioni liberali riaccese nei
Ducati dellItalia centrale, nei territori pontifici e nel Regno del Sud. Con lappoggio
ideologico britannico e limpotenza delle altre potenze isolate, si giunse cos a
costruire nel 1861 il nuovo Regno dItalia. Fu cos che lItalia entr a far parte del
sistema, anche se ancora difficilmente considerabile una grande potenza
(nonostante la realt demografica e geografica rilevante) per ragioni di arretratezza
economica e debolezza militare. Inoltre, lo scontro con il papato sul destino di Roma
(conquistata infine nel 1870) costitu per decenni un grande elemento critico.
Nel caso tedesco invece, il cancelliere prussiano Bismarck oper una sapiente sintesi
di tradizionalismo dinastico ed utilizzazione strumentale del sentimento nazionale
tedesco per aggirare le frustrazioni del movimento nazionale-liberale, ed affermare per
gradi un progetto di unificazione tedesca guidato saldamente dallo stato militare
tradizionalista e conservatore prussiano. La sua iniziativa si bas sulluso spregiudicato
della forza ove necessaria, ma anche su unaccorta valutazione delle circostanze e sul
controllo sapiente degli effetti della potenza prussiana. La guerra della Prussia
allAustria del 1866, preparata con una sottile e determinata diplomazia, fu il passo
decisivo per escludere gli Asburgo dagli affari tedeschi. La guerra alla Francia del 1870
gli permise di far appello definitivo al nazionalismo tedesco e di completare cos
lopera di unificazione dei diversi principi tedeschi sotto la tradizionalista corona
prussiana. Lo Stato unitario tedesco era una realt che per caratteri demografici e per
moderna dinamica economica, non poteva che esercitare un sostanziale ruolo
egemonico sul continente: comprendere in quale direzione questo ruolo si fosse
espresso era un problema tra i maggiori per capire levoluzione futura del sistema
europeo. Bismarck riconobbe esplicitamente i confini della potenza tedesca dopo il
1871, ma tale situazione non era fatta per essere stabile. Il 1870 stato lungamente
ritenuto una svolta simbolica i grande portata. La vittoria prussiana sulla Francia
avrebbe fatto cambiare lo spirito pubblico europeo, mettendo fine alle illusioni
democratiche-romantiche e imponendo tra laltro una visione della nazione autoritaria
e basata sui dati oggettivi della lingua e della razza, e non sul consenso. Le altre
grandi potenze reagivano intanto alle novit europee, dopo il successo bismarckiano
del 1870. La Russia si accontent di modesti miglioramenti del proprio status nel Mar
Nero e del sostegno bismarckiano alla causa della repressione polacca, mentre
continuava una politica di espansione asiatica che lavrebbe portata a contrasti con la
Gran Bretagna e si delineava una tendenza panslavista, che avrebbe sollecitato lo
zarismo negli anni successivi a operare per un grande progetto di federazione dei
popoli slavi, riprendendo le antiche spinte verso legemonia nei Balcani. Llite
britannica dopo il 1870 accentu invece il carattere di potenza marittima e mondiale,
con una visione di splendido isolamento rispetto agli affari europei, rifiutando
apertamente il nuovo sviluppo di alleanze segrete con impegnativi vincoli alla difesa
reciproca per il futuro. Insomma, il quadro europeo appariva profondamente mutato, e
si erano avviate una serie di dinamiche tipiche della svolta verso il 900. Nella
Germania bismarckiana, intanto, il cancelliere di ferro impost la sorveglianza della
situazione europea tramite la scelta di imporre lisolamento francese, la cooperazione
conservatrice dei tre imperatori (austriaco, russo e tedesco) e la ricucitura di buoni

rapporti con la Gran Bretagna negli accordi mediterranei. Limpossibilit per di una
pacifica spartizione di sfere dinfluenza balcaniche tra Austria e Russia port Bismarck
a legarsi sempre pi strettamente con lAustria nella Duplice Alleanza del 1879 (che
si sarebbe poi estesa allItalia con la Triplice del 1882).
CAPITOLO 2: STATI NAZIONALI E IMPERI GLOBALI. IL VERTICE DELLINFLUENZA
EUROPEA E LA PRIMA GUERRA MONDIALE (1890-1918)
La politica e leconomia europea conobbero una svolta competitiva verso fine 800: i
processi storici di consolidamento e accentramento statuale avevano conosciuto un
vertice proprio attorno ai decenni finali del secolo. Lepoca di incertezza economica
indusse tendenze protezionistiche. Sulla scia del successo indiscusso del modello
britannico, si diffondeva la pulsione degli Stati nazionali a realizzare sfere di dominio
imperiale. Tali avvenimenti realizzavano lapice dellegemonia mondiale dellEuropa,
favorito proprio dal trionfo delleconomia industriale e delle sue applicazioni militari.
Una nuova fase di impetuosa espansione economica e produttiva dellEuropa si
innest dallinizio del nuovo secolo su queste rivalit nazionali. La consistente crescita
del commercio internazionale inizi per ad essere vissuta come un nuovo campo
competitivo tra le potenze. La profezia apocalittica di una catastrofe imminente
segnava nel profondo le spensieratezze della cosiddetta Belle Epoque. Lapparire
sulla scena della potenza americana e di quella giapponese tolse inoltre lesclusiva
delle relazioni mondiali allEuropa. Inoltre, Grande Guerra, scoppiata nel 1914, la
prima guerra globale europea da centanni a questa parte, sarebbe rimasta nella
memoria come la prima guerra compiutamente mondiale, introducendo
definitivamente il mondo nel XX secolo.
Negli ultimi decenni dell800 si verific una svolta decisiva in un processo di
concentrazione territoriale del potere. Un territorio, una nazione, uno Stato, un sistema
economico: tale integrazione diventer un modello pressoch generale proprio in
questi anni. La centralit degli aggregati politici nazionali, indipendenti e sovrani, si
afferm sulla sconfitta di ogni modello federale o confederale. Erano gli stessi mezzi
tecnici del progresso a favorire il controllo e lunificazione dei territori: la ferrovia
chiedeva investimenti, apparati amministrativi, giurisdizionali e decisioni statuali
coordinate, anche l dove la costruzione e lesercizio restassero privati. Ferrovie e
telegrafo furono anche strumenti di prima grandezza nel trasferimento e
nellesecuzione di ordini e decisioni. La stessa necessit di contenere e rappresentare
la molteplicit delle forze sociali in espansione chiedeva per di rafforzare sul piano
simbolico e ideologico la legittimazione delle strutture statuali. Quasi sempre la
soluzione di questo problema sfrutt la forza della cultura nazionale: si creava cos
quella sintesi che stata efficacemente definita ufficial-nazionalismo. La forza
coesiva dellidea di nazione si doveva sposare con i passi avanti in direzione pi o
meno apertamente democratica della politica. Nacquero su questo terreno i
molteplici percorsi della cosiddetta nazionalizzazione delle masse. Gli Stati si
attivarono per radicare quelluniverso mitologico e ideologico della nazione nella
coscienza delle popolazioni. Per questo la nazionalizzazione procedette soprattutto
attraverso lamplissimo ricorso alla sfera simbolica ed estetica: bandiere,
monumenti, lapidi, celebrazioni, cortei, esibizioni, ma anche via via utilizzando forme
di comunicazione pi moderne come lo sport, il teatro, la moda e listruzione. Dal
punto di vista istituzionale, due furono i capisaldi fondamentali di questa strategia di
unificazione capillare delle popolazioni: lesercito con le sue nuove teorie basate sulla
leva di massa e sulla nazione in armi e la scuola pubblica con la progressiva e non
incontrastata diffusione dellalfabetizzazione. Il tema nazionale divenne quindi una
chiave dellallargamento progressivo e sorvegliato della politica a dimensioni di
massa. Occorre poi ricordare che la democratizzazione degli Stati era un processo solo
iniziale, anche se dopo il 1870 forme di governo costituzionale avevano acquistato
nuovi paesi, sfiorando addirittura le corti conservatrici di Vienna e Berlino. Ancora pi

embrionale era lallargamento della gestione politica degli affari internazionali. Alcune
costituzioni liberali cominciavano a prevedere il voto parlamentare, almeno per la
ratifica dei trattati internazionali. Lo stesso ruolo personale dei sovrani era ancora
assolutamente centrale nella guida della politica estera e dellattivit diplomatica, e
non solo negli Stati pi autoritari. Analogo era il discorso sull opinione pubblica, che
era esplosa come fattore importante della politica internazionale fin dallinizio del
secolo: era pi facile che fossero i governi a orientarla finanziando la stampa oppure
appoggiandosi su particolari pubblicazioni e giornalisti compiacenti, piuttosto che gli
statisti dovessero subire condizionamenti irresistibili che provenissero da questi
settori. Spesso in questo modo si crearono veri e propri miti e stereotipi, al servizio
degli scopi politici delle potenze. Del resto la tecnicit della diplomazia crebbe in
questi decenni. Anche le amministrazioni specializzate, create per gestire le relazioni
internazionali, risentirono della centralizzazione statuale: gli ambasciatori erano
sempre pi controllati e collegati con il centro. La dinamica prorompente delleconomia
industriale venne a trovarsi sempre pi saldamente guidata dai pubblici poteri. Gli
obiettivi di competizione tra le imprese si sposavano perfettamente alla competizione
statuale. Tranne la Gran Bretagna, le economie avevano tutte caratteri ancora
fortemente nazionali. Lestensione dei poteri di governo raggiungeva campi del tutto
inediti: fu inaugurata ad esempio in molti paesi una politica di interventi sociali e di
mediazione tra capitale e lavoro, proprio per favorire la coesione popolare attorno alla
nazione, basandosi sul pioneristico modello bismarckiano. Il miglioramento del fisco e
dei sistemi del debito pubblico metteva a disposizione sempre pi risorse per nuovi
impegni di governo, indirizzati al sostegno infrastrutturale della crescita. Occorre
sottolineare la crescita verticale dellinteresse pubblico verso il commercio estero in
chiave competitiva. La cosiddetta grande depressione, cio il periodo di incertezza
avviato nel 1873 con il crack finanziario viennese e continuato in un venticinquennio di
difficolt e di stagnazione dei prezzi, mise in luce forti problemi di adattamento alla
diffusione delleconomia industriale e capitalistica. Tra laltro si intrecci con una
devastante crisi degli aspetti agricoli tradizionali europei, messi sotto pressione, da
prodotti a basso prezzo importati dagli Stati Uniti o dallArgentina. Questa fase critica
accrebbe le rivalit economiche nazionali. La naturale dinamica protezionistica dei
governi arrivati tardi alle soglie dellindustrializzazione, ispirata alla tutela delle
nascenti (o crescenti) industrie nazionali, assunse via via un prioritario carattere
politico-strategico. Si trattava di privilegiare i settori decisivi in termini militari: la
costruzione di una siderurgia nazionale sembr per esempio a molte classi dirigenti
un investimento necessario, sopportando magari costi elevati, per poter assicurarsi
lautonomia nella costruzione di armamenti in caso di conflitti. Lautosufficienza
alimentare era poi un altro elemento spesso invocato contro limminente
specializzazione e la divisione internazionale del lavoro, frutto dellimpostazione
liberoscambista. La tariffa generale tedesca del 1879, segnale di una forte svolta
protezionistica, contribu a ri-orientare il commercio estero tedesco fuori dEuropa e
aprendogli piste imperiali. Anche in Francia, si arriv alla tariffa generale Mline del
1892, complessivamente protezionistica. Analogo discorso si pu fare per lItalia dopo
il 1887, mentre la scelta protezionistica veniva rafforzata anche negli Stati Uniti. Il
commercio estero divenne cos oggetto di crescente regolazione, vincoli, controlli e
orientamenti da parte dei governi. La stessa Gran Bretagna (unico paese a mantenere
rigorosamente la posizione liberoscambista) dovr in fondo cercare di adattarsi a
questa nuova forma delle relazioni economiche internazionali. Laccresciuta
competizione economica per rafforzava al tempo stesso nuove forme di rivalit di
potenza. Si riduceva progressivamente la convinzione comune che fosse necessario un
tessuto tradizionale di stabilit nei rapporti tra gli Stati, sorvegliata e guidata con
mezzi consensuali. Va anche ricordata in questa direzione la nuova fase della corsa
alle armi. Si sostenuto che probabilmente gi da met secolo lapplicazione agli
esercizi delle innovazioni tecnologiche industriali (soprattutto acciaio e carbone)
divent pi importante per vincere le guerre delle caratteristiche demografiche e

anche delle stesse risorse finanziarie degli Stati. La stessa modernizzazione dei sistemi
darma ebbe unimpennata e la produzione non si limit agli arsenali di Stato, ma fu
estesa a grosse industrie private (per esempio: Krupp, Schneider e Ansaldo e Terni in
Italia). Verso la fine dell800, il crescente controllo del mondo extraeuropeo da parte
delle grandi potenze stava assumendo un contenuto apertamente politico-militare. Si
parlato di una vera e propria et dellimperialismo tra 1880 e 1914: non che il
fenomeno imperiale fosse nuovo, ma in questepoca presentava diversi inediti sviluppi
intrecciati tra loro. In primo luogo, nella cultura europea si dispiegarono nuove
giustificazioni intellettuali dellimperialismo: arrivava a maturazione culturale la
coscienza di una superiorit ormai dispiegata dellEuropa, da cui scaturiva un compito
di civilizzazione del mondo e dei popoli arretrati. Rudyard Kipling scrisse in una
sua famosa poesia del fardello delluomo bianco, ovvero la responsabilit delluomo
bianco civilizzato di civilizzare i popoli arretrati. Lo slancio missionario delle Chiese
(cattoliche e protestanti) andava nella stessa direzione: il governo francese fu ad
esempio molto sensibile alla sollecitazione di congregazioni che chiedevano sostegni
militari per le proprie iniziative di diffusione della civilt cristiana. La teoria
dellevoluzione darwiniana, applicata alluomo, port poi a fissare il concetto di
differenti gradi di sviluppo, con il necessario dominio dei pi forti nella competizione
per la sopravvivenza. Il passo verso il razzismo aperto era ormai breve. La scoperta
delleuropeo bianco come razza padrona del mondo avr conseguenze di
lunghissima portata sulla storia stessa della creazione di nuovi terribili sistemi di
potere. Parallelamente, si ebbero evoluzioni coerenti anche in campo giuridico, che
fissavano le distanze e i rapporti tra categorie diverse di soggetti politici nel mondo. Si
precis lidea che un certo standard di civilizzazione fosse il requisito necessario
tramite cui un paese potesse avere riconoscimento legale e soggettivit
internazionale. Non era un livello definito in termini religiosi o culturali, per cui
potenzialmente ogni potere politico poteva raggiungerlo, ma fissare le diversit di
status significava ridurre lelasticit tradizionale del sistema. Ne venivano cos favorite
le tendenze al controllo o al protettorato sui regimi politici extraeuropei da parte di
potenze civili.
Elemento tipico di questa nuova stagione fu proprio il fatto che al dominio economico
dellEuropa si aggiungessero annessioni formali ed esclusive, da parte di singole
potenze, di porzioni crescenti di territori nellAsia meridionale e centrale, oltre che
soprattutto in Africa. Dopo il 1880 molti paesi extraeuropei entrarono cos in un regime
coloniale. La spiegazione di questa improvvisa svolta verso la creazione di domini
coloniali formali non pu essere monocausale. In primo luogo, questa evoluzione
aveva a che fare con uno slittamento non indifferente della cultura politica dello stesso
centro europeo del mondo: mentre si disintegravano i vecchi imperi dellancien
rgime, gli Stati nazionali cominciarono a concepire se stessi in nuovi termini imperiali.
La competizione imperiale tendeva a sostituire la stabilit tradizionale e non solo un
caso che alla fine del secolo tutte le grandi potenze europee (eccetto la Francia
repubblicana) si definissero in termini imperiali. Lequilibrio instabile e competitivo
imponeva alle maggiori potenze di cercare altri sbocchi alle proprie energie
espansionistiche. Lantagonismo crescente nei confronti della posizione dominante
inglese fu poi indubbiamente un altro motivo per ampliare la gara per linfluenza
mondiale. La crescente competizione per i mercati nellepoca di depressione dei
prezzi, port i governi dei nuovi paesi economicamente emergenti a voler costruire
sfere di influenza economiche esclusive e quindi a imporre sovranit formali su territori
extraeuropei. Ebbero inoltre una funzione dirompente i forti interessi economici
periferici e alcune iniziative commerciali private, che sollecitavano i governi a
compiere annessioni per essere tutelati dagli eventuali concorrenti. In queste
condizioni, la politica estera britannica accentu la sua distanza dal sistema europeo,
guardando con una certa diffidenza la diplomazia di Bismarck. Lorgogliosa originalit
britannica nel mondo cominci quindi ad essere definita con lespressione splendido
isolamento, coniata dal governo liberale dei primi anni 80. Massima espressione di

questa sensibilit venne ad essere la politica del leader liberale William Gladstone che
cerc di dare nuova veste alla storica collocazione britannica di mantenitore della pace
internazionale, in termini sempre meno interventisti e rifiutando qualsiasi vincolo o
alleanza permanente sul continente. Bisogna per mettere in luce che gi in questo
periodo la politica inglese dovette adattarsi alla crescente competizione internazionale
e diede lentamente spazio a forme di centralizzazione statuale inedite per lesperienza
della prima met del secolo. La volont di tutelare i propri investitori allestero e la
prassi di promuovere politicamente gli interessi commerciali del paese furono
lentamente rafforzate. Nel 1880 venne creata per la prima volta una figura nuova,
quella delladdetto commerciale presso le ambasciate: Joseph Crowe fu inviato a Parigi
con il compito di facilitare il commercio inglese in tutta Europa. La nuova urgenza
competitiva condusse soprattutto a rafforzare le posizioni imperiali del paese. Il leader
conservatore Benjamin Disraeli decise di fare dellimperialismo un elemento di identit
programmatica del suo partito e al contempo un forte cemento nazionale.
Limperialismo trov uninedita base popolare, contrapposto allormai disprezzato
cosmopolitismo liberale. La proclamazione della regina Vittoria imperatrice delle
Indie, nel 18769, fu unoperazione di grande successo per il radicamento di queste
posizioni, cominciando a fare dellEmpire il credo di tutta una classe dirigente, anzi la
vera forma britannica del nazionalismo. Se quindi i conservatori tesero a identificarsi
sempre pi nel partito dellimpero, i liberali di Gladstone non si contrapposero
frontalmente, tanto che anchegli prese misure per consolidare ed estendere limpero.
Crescevano intanto responsabilit imperiali nuove. Il caso egiziano fu assolutamente
rilevante in questo senso. La rivolta del 1879-1882, nata in nome di una
modernizzazione islamica, aveva assunto tratti antioccidentali. Gladstone decise nel
settembre 1882 un intervento militare a tutela degli interessi europei, chiedendo
sostegno alla Francia, che non partecip perch il governo non ottenne il consenso
dellAssemblea nazionale. In questo modo la Gran Bretagna acquis da sola il controllo
di tutto lEgitto. Si trattava di una sistemazione formalmente provvisoria, che si
sarebbe per rivelata sostanzialmente duratura. In seguito, la conquista della Birmania
allarg limpero indiano. In Africa le attivit di Cecil Rhodes allargarono in modo del
tutto privato linfluenza inglese verso nord. Il peso del mondo sottosviluppato e delle
zone imperiali crebbe di importanza nelle relazioni commerciali inglesi, parallelamente
al diminuire dei mercati nellEuropa che si industrializzava e si chiudeva
protezionisticamente. Una nuova economia imperiale si svilupp quindi sulla politica
imperiale.
Il secondo impero coloniale che cominci a delinearsi fu quello francese. Gi
Napoleone III ne aveva posto le basi nel decennio 60 con la prima penetrazione in
Cocincina (bassa Indocina) completata nel 1867, e quindi con la conquista del Senegal.
La Terza Repubblica vi aggiunse lAnnam e il Tonchino nel 1884-1885, la Cambogia e il
Laos nel 1893, lespansione a Tunisi nel 1881 e la conquista del Madagascar. Si allarg
poi progressivamente il controllo dellAfrica occidentale atlantica e sahariana. La
cultura del colonialismo francese sottoline fortemente il tema della civilizzazione
europea da diffondere.: al contrario dei britannici, scelsero la linea dell
assimilazione delle popolazioni soggette (gli imponevano regole, costumi, religioni
dei francesi).
La Germania di Bismarck invece era sempre stata sprezzante nei confronti del
colonialismo e degli interessi extraeuropei, anche se si decise tra il 1884 e il 1885 per
una serie di acquisizioni in Africa e nel Pacifico. Forse si tratt in parte di un diversivo
legato a crescenti difficolt di politica interna, ma in gran parte si tratt di una sorta di
sottoprodotto della diplomazia europea bismarckiana: il gioco della competizione
franco-inglese veniva infatti sostenuto dalla partecipazione tedesca alla gara coloniale,
che finiva per intralciare i disegni britannici.
La Russia, gi da alcuni decenni e in particolare dopo lo scacco europeo del 1856,
aveva progetti per allargare la propria influenza verso i Balcani e il Mediterraneo e
stava proseguendo la sua espansione centro-asiatica ed estremo-orientale. La vendita

dellAlaska agli Stati Uniti nel 1867 pose fine allipotesi di unespansione oltre lo stretto
di Bering. La pressione sullAfghanistan innalz poi la tensione con la Gran Bretagna
nel 1885: il governo inglese chiese addirittura al parlamento crediti per urgenti
preparativi militari. Non dimentichiamo che questo consolidamento dellimpero
continentale asiatico era parallelo alla continuazione di una direttiva panslavista nei
Balcani, che era stata fermata nel 1878 a Berlino ma tuttaltro che esista. E questa
portava ad una tensione crescente con lAustria: lipotesi bismarckiana di una pacifica
spartizione di aree di influenza tra le due potenze non si realizz nemmeno dopo il
1890.
Anche lItalia volle partecipare a questa gara di grandi potenze, con loccupazione
negli anni 1885-1889 di Eritrea e Somalia nel Corno dAfrica, avviando poi quella
penetrazione in Abissinia che lavrebbe portata a scontrarsi con limpero etiopico. Il
trattato di Uccialli del 1889, stipulato dallItalia con il Negus (re) Menelik, oltre a
riconoscere il controllo italiano dellEritrea, sembr porre le premesse di un
protettorato italiano sullantico impero. Lambiguit contenuto nel diverso significato
dei testi in lingua italiana e in amarico, pose per le premesse di una crescente ostilit
dei capi locali verso gli italiani, fino ad una crisi militare aperta nei primi anni 90.
In alcune situazioni difficili da controllare militarmente, come nei vecchi imperi (cinese,
ottomano e persiano), il controllo europeo rimase informale: i momenti di scontro tra
le influenze delle grandi potenze si alternarono a momenti di cooperazione. Se il
commercio era spesso competitivo, gli interessi finanziari erano pi elastici e talvolta
banche e imprese di paesi diversi puntavano a cooperare per una ragionevole
spartizione di interessi.
La fine della diplomazia bismarckiana liber tendenze unilaterali e volont di
competizione che erano state mediate e composte dal cancelliere. La classe dirigente
tedesca dellet post-bismarckiana raccolta attorno a Guglielmo II si orient a costruire
una politica estera unilaterale, disinteressandosi delle conseguenze delle proprie
scelte. Lidea di una politica tedesca su scala mondiale prese ampliamente piede in
Germania. Le sue esportazione si moltiplicarono per 5 volte tra il 1880 e il 1913 e il
contributo totale alla produzione manifatturiera eguagli quello britannico nei primi
anni del secolo. La sua popolazione raggiunse quasi i 70 milioni di abitanti nel 1914. La
svolta di cultura dominante si tradusse quindi progressivamente in gesti gravidi di
conseguenze: gi nel 1894 il capo di Stato maggiore Schlieffen intraprese la
pianificazione di una possibile guerra europea. Immaginava un conflitto su due fronti:
occorreva immaginare di liquidare rapidamente la Francia prima di poter concentrare
le truppe contro il pi lento e disperso ma enorme esercito russo. Lansia tedesca di
partecipare alla gara imperialistica divenne quindi evidente. Lincremento fortissimo
della marina militare, che Tirpitz riusc a far approvare dopo il 1898, costitu il segnale
pi evidente del nuovo obiettivo imperiale: costruire una flotta da guerra dalto mare
aveva il solo evidente significato di prepararsi ad una sfida con il potere britannico.
Guglielmo II e i suoi consiglieri conservarono ferma solo la problematica alleanza con
Vienna e sottovalutarono invece le esigenze di altri accordi per ottenere i propri
obiettivi. Il legame conservatore con la corte di San Pietroburgo fu sdegnosamente
rifiutato, lasciando cadere la richiesta russa di rinnovare il trattato bismarckiano di
contro assicurazione. Inoltre, la rapidissima crescita economica provocava sempre
nuove tensioni: la crescita verticale della spesa pubblica per armamenti apr
consistenti deficit di bilancio, che venivano colmati tramite lindebitamento sul
mercato dei capitali (che non erano molto sviluppati nel paese), introducendo ulteriori
instabilit. Sulla struttura istituzionale del Reich pesava soprattutto lirrisolta fruizione
tra una sfera politica e partitica, ricca e articolata, e una configurazione del potere
esecutivo tradizionale e autoritaria. La novit maggiore fu lalleanza franco-russa,
stretta nei primi anni 90, proprio dopo il raffreddamento dei rapporti tra Berlino e San
Pietroburgo. Comuni preoccupazioni spingevano le due potenze a trovare un accordo
difensivo, anche se lottica strategica e diplomatica francese e quella russa erano
tuttaltro che convergenti: la preoccupazione francese per la contrapposizione sul

Reno faceva riscontro alle spinte russe verso lOriente e i Balcani. Anche i loro sistemi
politici interni, lautocrazia zarista e la repubblica francese, erano tra i pi diversi e
alternativi. Tutto ci non rese semplice lavvicinamento diplomatico, ma la pressione
comune delle parallela esigenze difensive port a raggiungere unintesa, inizialmente
imperniata su due documenti diversi: nellagosto del 1891 fu raggiunta unintesa
politica di cooperazione generale, che secondo la volont russa assunse un tono
prevalentemente antinglese, mentre nel 1892 fu firmata una convenzione militare che
aveva un significato maggiormente antitedesco, promettendo un impegno difensivo
reciproco nel caso di azioni offensive della Germania o dellAustria verso uno dei due
contraenti. Solo nel 1894 lintesa venne approvata nella forma di una semplice
convenzione (in modo che i francesi non fossero obbligati a sottoporla al parlamento).
Nella societ francese, lalleanza con la Russia esprimeva la nuova forza delle correnti
conservatrici, militariste e spesso filo clericali. I finanzieri parigini erano inoltre in
prima linea nellinvestimento in titoli di Stato russi: molti investitori francesi avevano
infatti forti partecipazioni nelle nascenti industrie pesanti russe che il governo francese
favor tacitamente per dare ulteriore solidit allalleanza militare raggiunta. Intanto in
Russia si verificava il nuovo slancio di una politica di modernizzazione e
industrializzazione dallalto, guidata dal ministro delle Finanze Sergej Vitte, che ebbe
alcuni risultati in termini quantitativi e anche qualitativi, rafforzando limpressione
generale europea di trovarsi di fronte ad una potenza in ascesa. Il tradizionale primato
militare si accompagnava e nuovi investimenti strategici nel settore delle
infrastrutture, della siderurgia e delle grandi costruzioni. Mancava per una classe
sociale intermedia capace di sostenere uno sviluppo auto propulsivo. Nel 1913 ancora
l80% della popolazione russa era legata alla terra e il 63% delle esportazioni era
costituito da legname e prodotti agricoli (soprattutto il grano ucraino) senza alcuna
attenzione allallargamento del poverissimo mercato interno.
Il continente si trov quindi diviso in due alleanze difensive contrapposte, la Triplice
Alleanza del 1882 (che venne poi rinnovata pi volte alle scadenze quinquennali) e la
nuova Duplice franco-russa.
Tale nuova situazione continentale stabilizzata nel bipolarismo fece tornare
determinanti i problemi della gara imperialistica, che era in pieno svolgimento. Il primo
intervento massiccio di Giappone e Stati Uniti nella sfera dazione delle potenze
europee in Cina e nel Pacifico, diede il senso definitivo di una politica internazionale
che non solo aveva raggiunto dimensioni geografiche mondiali, ma in cui ormai le
grandi potenze europee tradizionali non erano pi gli unici ed esclusivi soggetti.
Gli Stati Uniti avevano riconosciuto dopo la guerra di Secessione un rilancio del loro
impetuoso percorso di espansione economica, con un mercato semi-continentale
ampio e sempre pi allargato. Il completamento della colonizzazione interna,
ufficialmente proclamato con il censimento del 1890, fu unimportante occasione per
dare un nuovo orientamento alla pulsione espansiva che proveniva da uneconomia
ormai vicina a divenire la prima del mondo e da unorgogliosa visione delleccezionale
modello politico americano.
Un ulteriore fenomeno ricco di futuro si ebbe proprio con la peculiare crescita statualnazionale moderna del Giappone. La sfida di tutelare la propria originale tradizione
culturale dallimperialismo poteva essere sostenuta soltanto acquisendo gli strumenti
della forza occidentale. Gli innovatori colsero quindi loccasione dellarrivo degli
europei per regolare i conti con la struttura feudale. Lepoca Meiji (il governo
illuminato) vide cos una rapidissima modernizzazione: un manipolo di tecnici,
finanzieri, giuristi e uomini di scienza di diversi paesi europei sostenne efficacemente
limpresa. Furono impiantati unindustria tecnologicamente avanzata e un apparato
amministrativo centralizzato, un esercito moderno, oltre che ad una costituzione,
ricalcata sul modello tedesco-prussiano, e la crescita economica si accompagn a
quella demografica. La guerra cino-giapponese del 1894-95 scoppi sulla questione
della rispettiva influenza in Corea: si chiuse con la rapida vittoria militare giapponese.
Con il trattato di Shimonoseki, limpero cinese cedeva al Giappone Formosa, le isole

Pescadores e la penisola di Liaotung, riconoscendo infine la sua mano libera in Corea


(che sar annessa nel 1910, dopo la guerra con la Russia). Questi episodi suscitarono
preoccupazione nei paesi europei continentali che erano rivali nel Vecchio Mondo, ma
che avevano comuni prospettive di espansione della propria influenza in Cina: Francia,
Russia e Germania decisero quindi unazione convergente. La cosiddetta Triplice
dEstremo Oriente impose al Giappone un ridimensionamento della conquiste
territoriali (soprattutto rinunciando alla penisola di Liaotung). Il Tesoro russo si
impegn anche a concedere un prestito al governo imperiale di Pechino per pagare
lindennit di guerra richiesta dal Giappone. La pressione di queste tre potenze aveva
anche un significato implicitamente antibritannico: sostenendo il Celeste Impero,
volevano ottenere che questa modificasse la politica commerciale della porta
aperta, imposta dagli inglesi, i quali controllavano ancora circa i tre quarti del
commercio internazionale cinese. Miravano ad ottenere da Pechino vere e proprie
sfere dinfluenza protette ed esclusive, dove esercitare monopoli commerciali e
finanziari (soprattutto investimenti nel business ferroviario). Il governo cinese dovette
quindi istituire delle concessioni: si trattava di territori in cui vigeva il diritto e si
esercitava il controllo economico e poliziesco della potenza dominante.
Lunica potenza che continu a sostenere la libert di commercio furono gli Stati Uniti,
sempre pi attenti allEstremo Oriente, che nel 1899 presentarono a tutte le potenze
una nota del segretario di stato Hay, chiedendo di salvaguardare il principio della
porta aperta e minacciando di non riconoscere mutamenti di assetto della sovranit
cinese. La successiva rivolta xenofoba dei Boxers scoppiata nel 1900, che uccise
200/300 europei, condusse le potenze europee a cooperare militarmente nella
sanguinosa e terroristica repressione, per garantire il nuovo equilibrio imperialistico.
Anche uscendo dallEstremo Oriente, si moltiplicarono i settori in cui le nuove potenze
imperiali premevano su situazioni consolidate, spesso in chiave antibritannica.
Linfluenza tedesca nellimpero ottomano crebbe fortemente nei primi anni del secolo
e il progetto per costruire una ferrovia Costantinopoli-Baghdad, basata su una
concessione rilasciata nel 1903 dal governo turco ai tedeschi, fu percepita da tutti gli
statisti europei come una forma assolutamente evidente di penetrazione strategica
degli interessi tedeschi in Medio Oriente. Queste vicende fecero emergere
definitivamente le difficolt in cui si dibatteva la politica estera britannica. Nella classe
dirigente inglese si accese una cospicua discussione sulla possibilit di continuare a
seguire la logica dello splendido isolamento: il declino economico, dopo il 1895, era
evidente e le basi materiali della potenza britannica cominciarono ad apparire troppo
ridotte per le nuove competizioni imperiali che incombevano. Il paese era
immensamente ricco, controllava ancora il 43% degli investimenti stranieri diffusi nel
mondo, ottenendone proventi finanziari notevolissimi, che compensavano il declino
commerciale. La guerra anglo-boera del 1899-102 costitu un passaggio altamente
critico di questo ripensamento britannico. Le colonie boere dellOrange e del Transvaal,
nellAfrica australe, erano state progressivamente accerchiate da territori coloniali
britannici, allargatisi dalla Colonia del Capo. Quando furono scoperti nuovi giacimenti
auriferi e diamantiferi in quelle repubbliche, i coloni britannici tentarono di inglobarle
definitivamente. La linea dura verso i boeri, adottata dallalto commissario sir Alfred
Milner, condusse nel 1899 ad una vera e propria guerra, che fu durissima. La guerriglia
boera costrinse Londra a mobilitare 360.000 uomini, consumare notevolissime risorse
finanziarie e usare mezzi drastici (come un sistema di campi di concentramento per la
popolazione civile), nel pi totale isolamento diplomatico ed emotivo nellopinione
internazionale. La vittoria del 1902 condusse alla fine ad inserire le repubbliche boere
in una nuova colonia, che sarebbe divenuta il dominion autonomo dellUnione
sudafricana (1910), a prezzo per del mantenimento della loro autonomia
amministrativa e dello stesso regime di discriminazione razziale contro la popolazione
nera, la quale aveva in gran parte appoggiato i britannici proprio nella speranza di
significative riforme. Per uscire dallisolamento, occorreva trovare interlocutori.
Lalleanza anglo-giapponese del 1902, che era maturata per gestire la patata bollente

cinese, fu un primo segnale della disponibilit britannica a stringere intese per


difendere le proprie posizioni, anche se restava un fatto periferico rispetto allEuropa. I
due paesi si promettevano di mantenere la neutralit in caso di guerra di uno di loro
con unaltra potenza e di offrirsi sostegno reciproco se attaccati da due potenze. Tale
alleanza convinse il Giappone a osare di pi negli scontri con la penetrazione russa in
Cina settentrionale e in Corea, fino allo scoppio di una guerra aperta nel febbraio del
1904. Il fatto che tale scontro russo-giapponese restasse circoscritto, senza
coinvolgere i rispettivi alleati, Francia e Gran Bretagna, era poi un chiaro segnale del
miglioramento dei rapporti tra i due paesi a cavallo della Manica. Nellaprile del 1904
fu annunciata unintesa cordiale anglo-francese e nel frattempo Delcass (ministro
degli Esteri francese) era riuscito anche a migliorare i rapporti con lItalia. La politica
italiana post-crispina, si era orientata a collegare nuove positive relazioni con la
Francia sulla trama della Triplice Alleanza, regolarmente rinnovata. Nel 1902, si arriv
a stringere alcuni accordi politici italo-francesi che stemperavano molto il significato
dellalleanza italiana con Austria e Germania: limpegno reciproco a mantenere la
neutralit se una delle due potenze fosse stata aggredita (lesempio pi ovvio era
lipotesi di attacco della Germania verso Parigi).
Restava per il contrasto anglo-russo. Ma esso si era molto depotenziato, da quando i
vertici del governo britannico avevano mutato linea sulla questione ottomana: avendo
ormai ottenuto le basi navali di Cipro e Suez, era molto meno importante per Londra
impedire il passaggio negli Stretti ai russi.
Di fronte a questi riallineamenti, la diplomazia tedesca si trov in crescente difficolt. Il
cancelliere tedesco Bulow tent di ricucire un legame con la Russia per indebolire
lintesa zarista con Parigi: il riavvicinamento per fall, perch il governo zarista non
intendeva perfezionarlo se fosse divenuto incompatibile con lalleanza con la Francia.
Anche la Gran Bretagna si avvicin alla Duplice, senza puntare a trasformar le nuove
relazioni in alleanze ma sviluppandone gli aspetti concreti di cooperazione politica.
Alla conferenza di Algeciras fece per la prima volta la sua comparsa, in un
appuntamento europeo, la delegazione di una nuova potenza: quegli Stati Uniti che
fino a quel momento avevano mantenuto fede alla logica della netta distinzioni dei
due mondi continentali, separati dallAtlantico. Levento scatenante che rese palese
il potenziale nuovo ruolo mondiale degli USA fu la questione di Cuba, dove si era
accesa nel 1895 una guerra civile, a seguito di una rivolta dei coloni locali contro la
colonizzazione spagnola. Si giunse quindi alla guerra ispano-americana del 1898,
ufficialmente motivata proprio dallopposizione allimperialismo spagnolo a Cuba. La
rapida guerra vittoriosa ebbe conseguenze durature per gli USA: in primo luogo si
avvi una sorta di protettorato informale sullisola, nei confronti di uno Stato
semindipendente. Ma non solo: linfluenza mondiale statunitense si allarg
ulteriormente con la conquista delle Filippine, che furono annesse agli Stati Uniti alle
quali nel 1934 fu concessa lautonomia amministrativa e nel 1945 lindipendenza.
Dopo lassassinio di William McKinley (Presidente USA) nel 1901, il nuovo presidente fu
Theodore Roosevelt la quale presidenza si qualific soprattutto per la politica decisa
condotta nel centro-america: nel 1904 venne affermato il diritto nord-americano di
svolgere unattiva polizia internazionale nella zona caraibica (interventi spesso rozzi
e sbrigativi). Pi volte i marines sbarcarono in questi territori, occupando
provvisoriamente parecchi Stati e imponendo duraturi protettorati (Haiti, Nicaragua,
Santo Domingo). Individuata poi come zona opportuna, per avere listmo di Panama, fu
perseguito un tentativo di accordo con il governo di Bogot, che possedeva la
sovranit sulla zona. Ma il fallimento del negoziato lasci strada a metodi pi spicci:
una rivolta locale a Panama contro il governo colombiano, favorita da emissari
americani, condusse nel 1903 allindipendenza di una nuova piccola repubblica. Il
nuovo governo si affrett a concedere agli USA la sovranit sulla zona dove le imprese
americane costruirono il canale, inaugurato poi nel 1914, in cambio di un compenso
economico.

Linteresse per la nuova via di comunicazione era senzaltro commerciale, dato che
essa accorciava notevolmente le vie marittime tra le due coste degli Stati Uniti, e
anche tra i porti statunitensi e quelli dellAmerica Latina. In molti ambienti londinesi
cominciava a nascere, in questo periodo, il mito di una relazione speciale tra i due
paesi anglosassoni, basata su una intuitiva spartizione di aree di influenza
geografiche, sulla cooperazione diplomatica sempre pi stretta rispetto ai problemi
emergenti e sulla comune convinzione dellimportanza primaria della porta aperta
nelle relazioni commerciali dei paesi avanzati con il resto del mondo (nonostante il
persistente protezionismo del mercato interno americano). La crescita della potenza
americana fu per qualche tempo ancora sottovalutata nellEuropa occidentale, troppo
occupata ad estendere il proprio controllo sulla parte meno sviluppata del pianeta.
Proprio in questo vertice del potere europeo si annidavano i primi sintomi di una
inversione di tendenza, provocata sia dalla rischiose tensioni interne al sistema
continentale, sia da nuove reazioni e contrapposizioni nei confronti del dominio
coloniale. Gi negli ultimi decenni del secolo scorso e poi nei primi del 900 emerse
una nuova prospettiva: in alcuni settori delle lite indigene dei paesi dipendenti si
radicarono culture e competenze tipicamente europee, che furono tradotte
nellinvenzione di nuovi nazionalismi autonomi, moderni per cultura e metodologie di
mobilitazione, quanto antieuropei per finalit. In Persia, tra il 1905 e il 1909, un
movimento influenzato dal liberalismo inglese, da circoli riformatori russi e dalle nuove
dottrine panislamiche, port lo Shah prima a concedere una costituzione nazionale e
poi a fuggire dal paese dopo aver tentato di revocarla. La rivoluzione per fall e la
Persia cadde nel 1911 sotto il dominio russo anche se con una permanente influenza
britannica in alcune zone.
Analogamente, nellimpero ottomano, un raggruppamento di liberali, studenti e
ufficiali dellesercito, i Giovani Turchi, impose nel 1908 al decadente sultano di
ripristinare la costituzione del 1876, concessa nelle more della grande crisi Doriente,
che di fatto per non era mai stata applicata. Tale gruppo nazionalista era
propriamente turco e dopo la vittoriosa rivoluzione del 1908, il partito condizion il
sultano ad una linea ancora pi repressiva dei movimenti nazionali non islamici nelle
regioni slave dellimpero. Il regime entr in difficolt per larduo problema di far
conciliare il nuovo nazionalismo turco con il panislamismo: a partire dal 1912 si
realizz una sostanziale dittatura dei militari, con la benevola protezione tedesca. Tra
laltro, lidea nazionale stava lentamente diffondendosi anche presso le popolazioni
arabe, sempre meno soddisfatte della subordinazione allimpero ottomano: nel 1905
ad esempio una Lega della patria araba diffusa un manifesto che rivendicava
lindipendenza di una nazione araba.
Analogo il discorso da fare per lEstremo Oriente. Soprattutto la vittoria nipponica
nella guerra russo-giapponese del 1905, la prima di un paese extraeuropeo contro una
tradizionale grande potenza europea, suscit una scossa e una volont di imitazione in
buona parte dellAsia e nelle lite colte di vari paesi extraeuropei sottomessi. Nel 1911
il Giappone eliminer le ultime limitazioni alla propria autonomia internazionale,
uscendo quindi definitivamente dopo mezzo secolo dalla subordinazione al sistema
europeo. In Cina il nazionalismo moderno comparve allinizio del secolo, con la
fondazione del Partito Nazionalista Cinese ad opera di Sun Yatsen. Tale forza divenne
determinante nella rivoluzione del 1911 che pose fine al regime imperiale e instaur la
repubblica. Emergeva insomma, in questo periodo, una reazione antieuropea. Queste
vicende si devono collocare sullo sfondo di una notevole intensificazione del dibattito
sulla politica internazionale. La crescita delle tirature dei giornali quotidiani
caratterizz tutte le societ europee: in alcuni casi si assistette ad un boom verticale.
La stampa popolare di fine secolo raggiunse nuovi strati sociali, come quelli medio e
piccolo-borghesi recentemente alfabetizzati, occupandosi di relazioni internazionali e
spesso invest i suoi lettori con una tematica nazionalista e imperialistica radicale.
Talvolta, questo nuovo interesse fu consapevolmente instillato e sfruttato dallalto. In
Germania la volont e la capacit del governo di influenzare la stampa e la pubblica

opinione al servizio dei proprio obiettivi fu ulteriormente rafforzata nei primi anni del
secolo. Il controllo di tale ondata di nuovo interesse popolare per le dinamiche
internazionali sfugg per ben presto dalle mani dei governi. I nazionalismi di massa
presero a condizionare le scelte politico-diplomatiche e si rivelarono difficili da
moderare quando la diplomazia imponeva atteggiamenti realisti e pragmatici. Dal
tronco della cultura nazionale si erano sviluppati infatti posizioni di nazionalismo
integrale, che facevano dellaffermazione della potenza nazionale un obiettivo politico
assoluto. In molti Stati conobbero slancio partiti e movimenti aggressivi e bellicisti
solidi ed efficaci (ma ancora erano minoranze). Le loro vociferanti iniziative si
collegavano ad un sapiente uso dei nuovi mezzi di diffusione delle idee e propaganda,
come la stampa quotidiana popolare. Non difficile immaginare quindi la loro forte
capacit di influenza. Certo, in ogni paese questa deriva assunse caratteri particolari e
influenza diversa: fu pi virulenta in Germania che in Gran Bretagna, ebbe forte peso
in Francia ma anche tra i gruppi austro-tedeschi della Duplice Monarchia. Un
radicalismo nazionalista tedesco si dispieg proprio negli anni 90 e si pose
lobiettivo di costruire una pi grande Germania, che riunisse tutte le popolazioni
tedesche. La Lega navale, nata dopo il 1898, arriv addirittura ad un milione di
aderenti.
In Gran Bretagna, verso la fine del secolo, comparve il vero e proprio jingoismo
(espressione derivata dalla sigla di un musical patriottico imperialista), innestato
sullimperialismo popolare degli anni 70 e sostenuto dai giornali popolari come il
Daily Mail e il Daily Express. La Lega navale fondata nel 1894 funzionava come
gruppo di pressione imperialista, mentre una Lega per il servizio militare propose di
introdurre la coscrizione obbligatoria come dovere del cittadino britannico rispetto alla
difesa patriottica.
In Francia la radicalizzazione del nazionalismo a sfondo sociale fu rilanciata negli
anni della crisi del secolo: il sogno monarchico e tradizionalista di una grande Francia
si univa alla valorizzazione di un cattolicesimo tutto esteriore e a un deciso
antisemitismo.
Nel giovane regno italiano questa pressione di nutr delle dottrine di Enrico Corradini e
della rivista Il Regno: essi parlavano delle nazioni proletarie, che dovevano
partecipare alla competizione internazionale con la forza della loro pressione
demografica e del loro lavoro. Nel 1910, la nascita di unAssociazione nazionalista
italiana rappresent il segnale di una volont di trasformazione partitica del piccolo
gruppo di pressione nazionalista, che rest molto influente nel partito costituzionale
liberale. Il suo impatto emotivo nellopinione pubblica fu enfatizzato dalla vicinanza di
poeti popolari come Gabriele DAnnunzio.
In Russia si svilupparono formazioni politiche ispirate al nazionalismo grande-russo,
antisemita e imperialista.
Linflusso dei nazionalisti integrali, minoranze abili nel farsi sentire e utilizzare le
pressioni di piazza, port comunque molte volte i governanti a dover compattare le
proprie maggioranze su posizioni pi ambiziose e aggressive di quelle che avrebbero
espresso per scelta propria. I liberali inglesi non intendevano cedere sulla sicurezza
dellimpero; il nuovo cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg (succeduto
a Bulow) sopportava sempre meno di essere continuamente aggredito dagli
ultranazionalisti; lo stesso Giolitti in Italia, dovette subire la grande pressione
nazionalista.
Il partito del nazionalismo integrale non poteva che sfociare in una guerra civile,
sia sul piano europeo che su quello nazionale. Da una parte infatti spezzava via ogni
residua convinzione dellefficacia di una visione comunitaria della societ
internazionale, dallaltra parte divideva profondamente il tessuto sociale e politico
interno dei diversi paesi: chi non condivideva le loro posizioni era considerato un
nemico o un traditore. Questa dialettica port, ad esempio, a lacerare profondamente
la societ e la cultura francese attorno al cosiddetto caso Dreyfus. Alfred Dreyfus era
un capitano di origine ebraica, che prestava servizio presso lo stato maggiore

dellesercito. Fu accusato di spionaggio a favore dei tedeschi e il processo a suo carico


si concluse nel 1894 con la degradazione e la condanna. La richiesta di revisione del
dibattimento, dopo i primi sospetti sul fatto che i giudici militari avessero mostrato
ingiustizia e pregiudizio antisemita nei confronti del condannato, fu loccasione per
creare un fronte democratico e progressista, contro larroccamento dei nazionalisti, dei
cattolici conservatori e dei monarchici attorno alla difesa dellonore dellesercito e
dello Stato. Alla fine, dopo pi di 10 anni, lufficiale fu riabilitato essendo infondate le
accuse. Questo discorso ci ricorda che nella societ europee dellepoca esistevano
quindi anche delle resistenze ai nazionalismi. Linternazionalismo proletario del
Manifesto di Marx ed Engels conobbe unevoluzione particolare, radicalizzandosi in
alcuni filoni socialisti su una prospettiva antimilitarista. I partiti della Seconda
Internazionale coltivarono la prospettiva della solidariet internazionale di classe,
riaffermando la volont di voler impedire eventuali crisi belliche con tutte le forze e i
metodi a loro disposizione. Una particolare forma di contestazione al militarismo fu
quella dei gruppi che ritenevano laggressivit crescente nei rapporto tra gli Stati, una
conseguenza delle degenerazioni introdotte per sua natura dal capitalismo nei rapporti
tra i popoli: lantimperialismo divenne quindi una bandiera di alcuni gruppi radicali,
portato al massimo sviluppo con le teorie di Rosa Luxemburg e Lenin.
Nello stesso periodo, una corrente pacifista religiosamente ispirata si espresse sia in
ambito cattolico che evangelico. Luniversalismo religioso cattolico fu rilanciato
nellet di papa Leone XIII, che cerc di far uscire il papato dallarroccamento
sospettoso dei decenni centrali dell800, cercando di superare gli effetti negativi della
questione romana, e fece della Roma cattolica un centro di vivaci contatti e
riflessioni sui rapporti internazionali in prospettiva cristiana. Il fattore religioso giocava
quindi in senso complesso e non univoco nella cultura europea attorno ai problemi
internazionali. Il movimento pacifista liberale e radicale delle Societ per la pace
continu a sostenere lidea di una organizzazione internazionale giuridica della pace.
Tutte queste tensioni e riflessioni ebbero per molta difficolt ad affermarsi nelle
societ europee di inizio secolo, uscendo da ambienti ristretti e spesso litari. Lunico
momento di incontro reale con la sfera della diplomazia europea fu causato da
uniniziativa abbastanza originale dello zar Nicola II. Influenzato dalla lettura di alcuni
testi pacifisti, ma anche ispirato agli interessi del proprio governo, egli propose una
conferenza internazionale sullarbitrato e la condotta della guerra. Molti paesi
accettarono e lincontro si svolse allAja nel 1899. I risultati furono per scarsi,
limitandosi a fissare alcune procedure per larbitrato volontario tra le potenze.
La storia internazionale dopo il 1907 vide una serie ormai continua di incidenti, di
tensioni, di crisi, di vere e proprie prove di forza tra le potenze europee, che
indussero pericolosamente a pensare alla fatalit di uno scontro decisivo. Le crisi
tornarono a scoppiare primariamente sul terreno europeo-mediterraneo,
contrapponendo soprattutto il blocco austro-tedesco e quello franco-russo.
La corsa competitiva agli armamenti fu poi senzaltro un elemento decisivo di
minaccia per lequilibrio interno al sistema. Gi nel 1890 le maggiori potenze
raddoppiavano le proprie spese militari ogni decennio. Dopo il 1906, la gi marcata
rivalit anglo-tedesca nel settore delle costruzioni navali venne rilanciata con la
costruzione delle potenti navi da battaglia corazzate. La preparazione militare rendeva
ancora pi veloce il circuito crisi>mobilitazione>guerra.
In questo quadro, la gi inquieta situazione balcanica, rischi pi volte di incendiarsi
con conseguenze sempre pi globali. Il dualismo austro-russo torn ad essere molto
teso nel 1906: lAustria-Ungheria si trovava in difficolt crescente di fronte alla sfida
dei nazionalismo slavi. Nel 1903 una congiura di palazzo aveva infatti riportato alla
guida della Serbia i Karageorgevic, che puntavano a coordinare dallesterno le forze
dei movimenti slavi sottoposti alla Duplice Monarchia contando sullappoggio russo. La
politica di contenimento di queste tendenze non era semplice: in Croazia e Slovenia la
situazione divenne tesissima, sullorlo della rivoluzione. I nazionalisti austro tedeschi
puntavano a tagliare la testa dei problemi con azioni di forza. Dal canto suo, il governo

russo era fortemente influenzato dal nazionalismo panslavista e intendeva riproporre


la questione del passaggio delle navi russe dagli stretti del Mar Nero, che era stato
impedito dalla Turchia in occasione delle guerra con il Giappone. Dato questo quadro
strategico scoppi nel 1908 la crisi bosniaca. Il ministro degli Esteri austriaco
Auhrenthal decise di abbandonare gli ambiziosi piani di influenza ed espansione
economica verso Salonicco, decidendo invece lannessione della sola BosniaErzegovina. Era questa una scelta per bloccare qualsiasi speranza dei serbi di
allargamenti futuri. Il governo austriaco concord la mossa con San Pietroburgo,
promettendo in cambio un sostegno alle rivendicazioni russe su Costantinopoli. Bulow
sostenne con decisione le scelte austriache, fino a imporre alla Russia di riconoscere il
mutamento. Il timore russo di perdere linfluenza su Belgrado aggravava ancora la
palpabile delusione de governo zarista. LItalia dal canto suo vide delusi e irrisi i propri
crescenti obiettivi di influenza nella stessa regione, nonostante la promessa del
trattato della Triplice. Nel marzo del 1911 si innesc unaltra crisi sulla situazione
marocchina. Disordini a Fez con lintervento della polizia francese portarono a una
vera occupazione militare, che la Germania ritenne una violazione degli accordi di
Algeciras. Il governo francese fu appoggiato diplomaticamente da Londra e da San
Pietroburgo e nel giro di alcuni mesi venne elaborato un compromesso che attribuiva
alla Germania qualche compenso territoriale in Camerun in cambio del riconoscimento
del protettorato francese sul Marocco. La modificazione dello status quo marocchino
indusse anche il governo italiano di Giovanni Giolitti, pressato dai nazionalisti, a
prendere liniziativa rispetto alla conquista della Tripolitania e della Cirenaica, che era
stata a lungo preparata per via diplomatica. Lapertura delle ostilit con limpero
ottomano nel settembre del 1911 condusse a proclamare lannessione della futura
colonia di Libia. In questo quadro si spiega la costituzione da parte di Serbia, Bulgaria,
Montenegro e Grecia di una Lega balcanica, sostenuta diplomaticamente dalla Russia,
con lobiettivo di cacciare gli ottomani dai Balcani. La prima guerra balcanica contro i
turchi, nellottobre del 1912, ottenne un grande successo militare. La vittoria non
imped per la rapida e drammatica autodistruzione della Lega balcanica. La seconda
guerra balcanica del giugno del 1913 port alla sconfitta bulgara: Serbia, Montenegro,
Grecia e Romania ottennero con la pace di Bucarest parti pi ampie dei territori
macedoni. Venne decisa anche lindipendenza di un principato albanese, mentre la
Serbia incamerava la regione albanese del Kosovo. Le guerre balcaniche rafforzarono
cos anche i micro nazionalismi. Di fronte a queste crescenti difficolt, la delusione per
la mancata redistribuzione dei territori coloniali port a focalizzare lattenzione di
Berlino sul continente europeo. Nacque il progetto di costruire una Mitteleuropa a
guida tedesca, che si spingesse fino a inglobare gli Stati balcanici nel proprio sistema
imperiale. Tale linea andava per ad approfondire il dualismo russo-tedesco: nei due
paesi si rafforz lidea di uno scontro inconciliabile di interessi. La guerra era ormai
attesa e discussa.
La minaccia di una guerra generalizzata europea era comparsa sulla scena assieme
alla lenta e tormentata definizione del bipolarismo delle alleanze. Lattentato a
Sarajevo del 28 giugno 1914, con lassassinio dellerede al trono dAustria Francesco
Ferdinando, a opera dello studente serbo-bosniaco Gavrilo Princip, non poteva che
sottolineare la gravit della crisi balcanica. La crisi locale si radicalizz per la decisione
di Vienna di risolvere una volta per tutte il problema slavo, riducendo a condizioni
subalterne lo Stato serbo, ritenuto dagli austriaci creatore di disordini nella parte slava
della Duplice Monarchia e per questo accusato di essere oggettivamente responsabile
dellattentato, pur in mancanza di prove. Lultimatum del 23 luglio sembr scritto
apposta per essere rifiutato, contenendo richiesta difficilmente accettabili da uno
Stato sovrano, come la libert di indagine della polizia austriaca in territorio serbo
contro i terroristi. Il governo della Serbia rispose in modo accomodante, ma non
accett le durissime clausole dellultimatum. A seguito della rottura delle relazioni
austro-serbe e dellavvio del bombardamento di Belgrado, la Russia mobilit
parzialmente lesercito, minacciando la guerra per impedire che la monarchia slava

fosse schiacciata. San Pietroburgo rifiut di sospendere la mobilitazione, che divenne


generale: la contro-mobilitazione tedesca fu in risposta alla minaccia russa e alla
mossa tedesca segu la proclamazione francese dello stato demergenza. Nei primi
giorni di agosto, a brevissima distanza, si susseguirono quindi le dichiarazioni di
guerra. Laggressione tedesca al Belgio neutrale, avviata il 3 agosto fu loccasione per
compattare il governo inglese, in modo da impedire la sconfitta della Francia. La
guerra balcanica era divenuta rapidamente una guerra europea. Essa fu la prima
guerra geograficamente pan-europea e rinnovava la classica contesa per il primato
in Europa tra due blocchi di potenze. I due sistemi di alleanze bipolari si allargarono e
modificarono nei primi mesi del conflitto: allAustria-Ungheria e alla Germania si
aggiunsero lImpero ottomano e la Bulgaria, mentre alla Triplice Intesa si aggregarono
la Romania, la Serbia, lItalia e moltissimi alleati minori. I paesi europei rimasti neutrali
furono pochissimi: Olanda, Spagna, i tre paesi scandinavi e Svizzera. Il governo
Salandra, che aveva appena sostituito Giolitti, nellagosto del 1914 proclam la
neutralit, dato che la crisi austro-serba non faceva scattare il patto difensivo previsto
dalla Triplice Alleanza. Nel giro di qualche settimana si apr per un travagliato e
amplissimo dibattito politico: i nazionalisti chiedevano la partecipazione al grande
sacrificio per forgiare le forze del paese e puntare a una politica di conquiste
adriatiche, gli irredentisti e i liberali per completare lunit nazionale unificando le
terre abitate da italiani ancora sotto gli Asburgo, molti democratici radicali per
combattere il militarismo tedesco, alcuni sindacalisti rivoluzionari e socialisti per
favorire possibili situazioni sovversive. Il dibattito lacer il paese, ma i suoi esiti furono
gestiti dal re, dal presidente del Consiglio e dal ministro degli Esteri Sonnino, che
decisero per lintervento dopo aver ottenuto dallIntesa la firma del patto di Londra
dellaprile del 1915. LItalia in casso di vittoria non solo avrebbe avuto il
completamento dellunit nazionale con le terre irredente (soprattutto Trento e
Trieste), ma anche unespansione territoriale sulle coste adriatiche dai caratteri
imperialistici (Istria e Dalmazia). La speranza diffusa di una guerra rapida, da gestire
secondo le tradizionali regole, scomparve ben presto, affondata come i milioni di fanti
contadini nelle trincee e del resto, proprio la configurazione dei due fronti
contrapposti, metteva in campo le premesse di un lungo duello. Il blocco sostanziale
dei commerci intra-europei indebol gli Imperi centrali, anche perch la marina inglese
poteva escludere tutte le merci dallapprodo in Germania, grazie ad alcune forzature
del diritto internazionale marittimo. Lo scontro di logoramento sul mare tra i convogli
inglesi e i sottomarini tedeschi riusc invece solo parzialmente a danneggiare i
rifornimenti francesi e inglesi. La Grande guerra divenne il primo conflitto veramente
moderno basato sulla mobilitazione di grandi masse popolari ormai nazionalizzate.
La necessit di sviluppare il massimo sforzo e di coinvolgere tutte le risorse
economiche e umane dei paesi in conflitto port con s la mobilitazione capillare della
societ: lallargamento smisurato degli eserciti fece riscontro alla militarizzazione delle
fabbriche e delle citt. Le urgenze della mobilitazione innalzarono verticalmente le
spese di guerra e condussero ad ampliare fortemente la sfera dei compiti pubblici
rispetto alle abitudini dell800. La collaborazione economica tra paesi alleati fu una
novit: missioni di esperti cercarono di coordinare gli acquisti e gli investimenti e si
studiarono piani di unioni economiche permanentemente discriminatorie rispetto ai
nemici. Per il finanziamento delle inaspettate amplissime spese, nessun governo volle
inasprire la fiscalit, per cui fu percorsa largamente la strada dellindebitamento e
dellinflazione. Le improvvise maggioranze di unit nazionale dovettero anche mettere
in atto meccanismi propagandistici e retorici sempre pi sofisticati per controllare e
conquistare il consenso sociale. Tutti i tentativi di compromesso che aleggiarono nei
primi due anni di guerra o le ricorrenti ipotesi di pace separata furono tralasciati,
perch contrastavano con lenfasi sulla vittoria intesa come unica possibile via di
salvezza della nazione. Le mediazioni di autorit neutrali fallirono rapidamente.
Peraltro, ogni potenza cercava di predisporre accordi per il futuro con i propri alleati
che prevedessero non solo il ripristino dello status quo, ma la soddisfazione di specifici

appetiti imperialistici. Se a Berlino si elaboravano piani per organizzare linfluenza


tedesca a un raggio continentale, le diplomazie dellIntesa strinsero una serie di
trattati imperialistici segreti che riguardavano zone strategiche delicate da dividersi
alla fine di un conflitto vittorioso. Francia e Gran Bretagna misero su carta tra il 1916 e
il 1917 il progetto di dividersi le sfere dinfluenza nelle regioni arabe dellImpero
ottomano (accordi Sykes-Picot).
Il governo degli Stati Uniti si present invece nel 1914 come rigidamente neutrale ma,
minacciando di rivedere la posizione americana, Wilson riusc nel 1915 a far cessare
provvisoriamente la guerra sottomarina indiscriminata tedesca, che infrangeva il
diritto internazionale affondando senza preavviso navi mercantili con merci e
passeggeri neutrali e quindi anche americani.
Lanno 1917 costitu un vero tornante, con lesplosione di crisi di consenso e di
sostenibilit dello sforzo bellico, che riguardarono quasi tutti i paesi in conflitto, pur
conducendo a esiti diversi. La Russia zarista fu la prima a crollare, precipitando nella
spirale rivoluzionaria. Quella che era stata la pi grande potenza militare europea
dellinizio dell800 aveva iniziato troppo tardi il percorso di modernizzazione. La guerra
acceler il declino, trasformandolo in un crollo statuale dalle conseguenza
assolutamente decisive per la storia mondiale. Lesercito era percorso da
insubordinazioni crescenti, consigli operai spuntavano nelle fabbriche, le campagne
senza manodopera ribollivano in agitazione. Alla fine, il rifiuto della guardia imperiale
di sparare sui dimostranti a Pietrogrado (la capitale era stata cos ribattezzata nel
1914), port nel marzo del 1917 allabdicazione dello zar. Il governo provvisorio,
guidato dapprima dal principe Lvov e poi dal social-rivoluzionario Kerenskij, cerc di
proseguire lo sforzo bellico, ma con scarsissime probabilit di successo. La presa del
potere quasi incruenta dei bolscevichi di Lenin, nellottobre dello stesso anno, fu
certamente favorita dalla loro promessa di realizzare la pace, che era la prima
richiesta in assoluto dei bolscevichi. LItalia resistette invece a fatica allo sfondamento
del fronte da parte austriaca a Caporetto, nellautunno dello stesso 1917. La tenuta
dellesercito fu messa a durissima prova: il paese ne usc solo grazie agli effetti di una
nuova dimensione difensiva assunta dalla guerra. Il fragile accordo tra interventisti e
una parte degli ex neutralisti si ispir alla nuova esigenza di salvare la patria in
pericolo. In Germania, la crisi fu altrettanto profonda. Il programma Hindenburg,
dellagosto del 1916, aveva impostato unenorme espansione della produzione di armi
e un controllo rigido della societ e delleconomia, a prezzo dellaumento
dellinflazione e di notevoli difficolt di approvvigionamento di generi di prima
necessit. In Austria-Ungheria lesplosione della delicata convivenza delle nazionalit
fu accelerata no nonostante i tentativi del nuovo imperatore Carlo I di avviare ipotesi
di riforma. Anche in Gran Bretagna il peso finanziario della guerra crebbe: si registr
un aumento di tre volte del costo della vita e il razionamento di alcuni beni. Con la crisi
russa, lo stato tedesco decise di riprendere la guerra sottomarina indiscriminata
provocando apertamente il presidente Wilson. Era la scommessa di poter bloccare in
questo modo i rifornimenti vitali alla Gran Bretagna prima che potesse intervenire in
guerra lAmerica. Il coinvolgimento degli Stati uniti in guerra apr nuovi orizzonti. La
decisione americana di entrare in guerra nellaprile del 1917 era basata su motivi
diversi ma la protesta contro la guerra sottomarina funzionava da pretesto. In realt, si
trattava di affermare una solidariet con la civilt europea occidentale, ma anche di
salvaguardare il proprio interesse economico nei rapporti interatlantici, che legavano
lindustria e la finanza americana soprattutto ai paesi dellIntesi. Chiaramente un altro
buon motivo era la volont di battere finalmente il militarismo degli Imperi centrali. Il
presidente precis per che gli Stati Uniti intendevano associarsi (e non allearsi)
alle potenze dellIntesa. La differenza era intenzionale: egli non intendeva sposare la
causa dellIntesa in tutti i suoi risvolti. Wilson si era ormai convinto che il modello
americano non doveva pi solo difendere se stesso dal Vecchio Mondo, ma doveva
assumersi la responsabilit di guidare il sistema internazionale verso nuovi orizzonti,
esprimendo una nuova leadership mondiale. Naturalmente questa prospettiva

conteneva in s la difesa di interessi americani. Il presidente americano rilanciava


sostanzialmente il principio dellautodeterminazione nazionale come elemento basilare
su cui legittimare la ricostruzione di un ordine mondiale. Lautodeterminazione
sarebbe stata favorita sostituendo al tradizionale equilibrio delle potenze il principio
dellassociazione delle forze (community of power). Queste idee ispiravano i pur cauti
e flessibili 14 punti di Wilson del gennaio 1918 in vista della pace: alcuni obiettivi
generali e altri specifici su singoli paesi. Essi erano in fondo il primo programma
esplicito di pace. Solo nellaprile del 1918, comunque, i primi americani entrarono in
linea nei combattimenti. Nel frattempo, la guerra sottomarina non riusciva a bloccare
un imponente circuito di rifornimenti da oltreoceano per lIntesa: la guerra di
logoramento era ormai vinta. Il governo del principe Max von Baden chiese un
armistizio agli Stati Uniti, sulla base dei 14 punti wilsoniani, sperando in una
regolazione onorevole delluscita dalla guerra. Ma Wilson fece rispondere che non
intendeva trattare con i governanti militari responsabili della guerra: tale presa di
posizione acceler il crollo dei vertici politici del Reich, con la rivoluzione che
serpeggiava nelle piazze, nelle caserme e negli equipaggi delle navi nel porto di Kiel, e
arrivava fino alla proclamazione di una repubblica bavarese a Monaco. Labdicazione
del Kaiser fu seguita alla proclamazione della repubblica da parte del
socialdemocratico Philipp Scheidemann, con il conferimento dei poteri provvisori di
capo di Stato a Friedrich Ebert, il leader dello stesso partito. Il nuovo regime si trov a
dover firmare larmistizio. Anche il fronte austriaco croll in Veneto e, nelle ultime
settimane del conflitto, i pi agguerriti movimenti nazionali colsero loccasione della
crisi dellimpero per proclamare la costituzione di nuovi Stati. Fu soprattutto laccordo
di gruppi sociali politici croati e serbi a sostenere il progetto di un nuovo Stato degli
slavi del sud: la dichiarazione dindipendenza del 29 ottobre 1918 port alla
proclamazione del regno dei serbi, croati e sloveni. Cos del resto, i nazionalisti boemi
e slovacchi si intesero sulla realizzazione di una nuova Cecoslovacchia, che fu
proclamata indipendente da unassemblea il 21 ottobre 1918. Il cannone tacque quindi
su tutti i fronti nei primi giorni del novembre 1918, dopo 4 anni abbondanti di
carneficina.
LEuropa che nel 1914 era apparentemente al punto pi alto della sua influenza
mondiale, nel 1918 si scopriva devastata e spezzettata, con le maggiori potenze
indebolite e percorse da venature di sfiducia nei confronti del futuro. Nove milioni
furono i morti nei campi di battaglia. Pressoch tutte le grandi potenze tradizionali
erano esauste per il grave logoramento: i costi finanziari totali della guerra sono stati
stimati a una cifra pari a sei volte e mezza lintersa somma dei debiti pubblici
accumulati dagli Stati europei nel lungo Ottocento, fino al 1914. Lintervento aveva
messo in primo piano il nuovo e determinante centro di potere mondiale americano. Si
assisteva a un apparente trionfo del principio di nazionalit, con il crollo di 4 grandi
imperi della tradizione. La guerra diede anche luogo a una fortissima spinta
democratica, che si avvalse della mobilitazione delle masse.
CAPITOLO 3: IL TENTATIVO FALLITO DI UN NUOVO ORDINE MONDIALE: VERSAILLES E
LA DISCESA EUROPEA VERSO LA TRAGEDIA (1918-1945)
Subito dopo la Grande guerra era diffusa tra i protagonisti politici lidea che non
bastasse raggiungere una pace qualsiasi: appariva lesigenza di ricostruire un ordine
mondiale che ambisse a essere duraturo. Il crollo dei grandi imperi multinazionali
europei apriva la strada a una nuova ondata di affermazione del principio di
nazionalit e della democrazia. Occorreva per legittimare in modo ideologicamente
nuovo la cooperazione tra questi Stati, anche di fronte ad un nuovo stato come
lUnione Sovietica. La difficolt nel realizzare un nuovo ordine condiviso apparve per
evidente fin dal momento dellelaborazione dei trattati di pace alla conferenza di
Parigi. Le potenze europee vincitrici intendevano consolidare i propri sistemi imperiali.
Ci nonostante, la met degli anni 20 vide una stabilizzazione del quadro europeo e

mondiale, legata alla sostanziale ripresa di un circuito economico internazionale


sostenibile. Mancando per di una solidit politica, tale sistemazione scricchiol al
primo consistente colpo, portato dalla devastante grande crisi economica avviatasi nel
1929. NellEuropa del 1919, varie forze politiche e culturali chiedeva un ordine nuovo,
che sostituisse la tradizione europea della sovranit assoluta degli Stati, della
competizione imperiale e dellequilibrio delle forze, che era indubbiamente fallita nella
Grande guerra. Limpatto di questi stati danimo, e dei connessi progetti riformatori, fu
moltiplicato dalla pressione imposta dalla mobilitazione bellica sulle masse e
dallondata di scontento e protesta che si era accumulata negli anni del conflitto e che
si sfog nel dopoguerra, favorendo spesso posizioni politiche radicali. Lenin, per
esempio, aveva simbolicamente rotto con la tradizione della politica di potenza
preferendo invece lidea di una rivoluzione che era concepita fin dalle origini come
mondiale. Egli puntava al contagio spontaneo della rivolta contro la guerra e contro il
vecchio ordine borghese. Le difficolt del progetto rivoluzionario si evidenziarono per
ben presto: la rivoluzione caus una frattura permanente del fronte della sinistre
politiche europee, che lasci in minoranza i sostenitori del modello bolscevico. Nella
stessa Russia scoppi una guerra civile fomentata dai vincitori occidentali, che
sostennero con spedizioni militari le armate bianche anticomuniste. Il potere
bolscevico rest quindi debole e incerto almeno fino alla fine del 1920 e gli statisti
vincitori ebbero un facile pretesto per isolarlo, non invitandolo nemmeno alla
conferenza della pace.
Wilson divenne invece il punto di riferimento di una trasformazione riformista per una
parte delle classi dirigenti europee. Il suo rilancio del principio nazionale e di quello
democratico rispondeva allidea di poter utilizzare le nuove pulsioni di massa come
strumento per allontanare la minaccia rivoluzionaria. Larma politica pi nuova e
interessante del presidente americano era il progetto di un metodo permanente di
gestione delle relazioni internazionali che portasse che andasse oltre la sovranit
assoluta degli Stati e lanarchia mondiale. Lautodeterminazione nazionale rischiava
infatti di produrre disordine, data la moltiplicazione potenziale dei nazionalismi
contrapposti. Il nesso tra nazionalit e democrazia poteva rafforzarsi solo in una
cooperazione internazionale istituzionalizzata, che rendesse molto pi forti le
tradizionali regole operative della societ internazionale. Lanciando queste proposte,
Wilson raccolse attorno a s ampie quote dellopinione pubblica e dei partiti
progressisti nei vari Stati europei. Il punto di coagulo di queste idee divenne la
proposta di una Societ delle Nazioni: unorganizzazione giuridica permanente, che
conciliasse un metodo democratico nelle decisioni e una garanzia collettiva di rispetto
delle diverse sovranit contro le aggressioni.
La conferenza della pace, convocata a Parigi nel gennaio del 1919, sment fin dai primi
passi le promesse di una diplomazia aperta e pubblica: le decisioni cruciali vennero
progressivamente riservate al cosiddetto consiglio dei Quattro (Wilson - presidente
USA, Clemenceau - presidente del consiglio francese, Lloyd George primo ministro
britannico, Orlando presidente del consiglio italiano). Un punto critico fu la decisione
su chi dovesse partecipare alla conferenza. Wilson aveva parlato di pace senza
vittoria, ma si era abbastanza presto adeguato allidea che i veri titolari del processo
fossero le potenze vincitrici. Lordine del 1919 arriv ad escludere per principio i
perdenti, invitati semplicemente a firmare un trattato imposto dai vincitori. Wilson
ottenne che il primo risultato della conferenza fosse approvare il trattato costitutivo
della Societ delle Nazioni. La sua configurazione istituzionale prevedeva un Consiglio,
con 5 membri permanenti (le potenze maggiori) e altri 4 eletti periodicamente
dallassemblea che doveva deliberare allunanimit. Lassemblea incarnava laspetto
democratico e paritario tra gli Stati membri: una sua deliberazione, anche solo a
maggioranza, avrebbe avuto carattere impegnativo. Era il compromesso tra una
visione democratica e una gerarchica del sistema internazionale. I membri della
Societ delle Nazioni si impegnavano a evitare il ricorso alle armi fino al giudizio
dellorganismo internazionale ed erano anche previste sanzioni per il paese

eventualmente condannato come aggressore. Infine, un Segretariato permanente


avrebbe dovuto rappresentare l operativit continuativa della Societ ed era stato
previsto il principio della pubblicazione dei trattati internazionali. La difesa
dellindipendenza dellintegrit territoriale dei membri venne fissata con dichiarazioni
impegnative, mentre il principio della possibile revisione negoziale dei trattati venne
relegato in una formulazione vaga e ipotetica (per la netta opposizione francese).
Passando allassetto territoriale e giuridico della pace, la solidariet dei vincitori fu
messa a dura prova. Per ottenere il risultato di varare la Societ delle Nazioni, Wilson
pag il prezzo di notevoli compromessi. Il problema tedesco restava cruciale, anche
perch la Germania era rimasta lunico paese sconfitto che avesse una continuit
statuale. La guerra non si era chiusa con una sconfitta militare totale: aveva lasciato
una Germania internamente lacerata e sconvolta, ma non certo impotente, in quanto
ancora demograficamente ed economicamente solida. I vincitori dovevano decidere se
cercare di ridimensionare ulteriormente il suo ruolo internazionale oppure porre le
premesse di un suo reinserimento nel sistema. Non trovarono un accordo: troppo
diverse le loro prospettive. Il Diktat che venne alla fine imposto nei confronti della
Germania prevedeva: la Germania come responsabile dello scoppio della guerra, che
gli si addossasse interamente il costo totale della ricostruzione dei paesi vincitori
devastati e fu varata una richiesta di punizione dei criminali di guerra, compreso il
Kaiser (rifugiatosi in Olanda dopo labdicazione).
Il trattato era senzaltro duro, ma non tanto da mettere la Germania in condizioni di
impotenza.
Clemenceau riottenne lAlsazia e la Lorena, impose di sottrarre alla Germania il bacino
carbonifero della Saar e vide fissato il principio delle riparazioni finanziarie riuscendo
anche a far ridurre a proporzioni infime le forze armate tedesche. Alla Germania furono
inoltre sottratti territori ancor pi consistenti ad est. Per ricostruire la Polonia, furono
selezionate le regioni che avessero almeno il 65% di abitanti polacchi, comprendendo
quindi parte della Pomerania, della Posnania e della Slesia. Per creare uno sbocco al
Mar Baltico del nuovo Stato, fu aggiunto un corridoio, che attraversava la Prussia
fino al porto di Danzica, costituita citt libera sotto il controllo della Societ delle
Nazioni. Laccettazione forzata del trattato da parte del governo della neonata
Repubblica di Weimar, basato su una coalizione di socialdemocratici, liberali
progressisti e cattolici del Centro, fu un grave motivo di indebolimento della nuova
Germania democratica, gi di per s dilaniata da persistenti tendenze reazionarie e
rivoluzionarie.
Al si l della questione tedesca, i governi delle potenze europee dellIntesa accolsero
in termini piuttosto ambigui il criterio-guida nazionale come base decisiva del nuovo
assetto europeo. Il principio nazionale portava a dover entrare nel delicatissimo
problema dei rapporti tra le nazioni, con la definizione di territori e confini secondo
linee etniche non sempre chiare, selezionando tra istanze nazionali configgenti.
Emergevano micronazionalismi. La storia aveva portato in tutta la Mitteleuropa, i
Balcani e le pianure orientali a una mescolanza profonda di gruppi etnico-linguistici:
dopo i trattati ancora 30 milioni di persone non si riconoscevano nella nazionalit
dominate dello Stato in cui vivevano. Il nuovo Stato polacco fu costituito con ex
territori russi, asburgici e tedeschi. Il suo confine orientale non fu fissato e lincertezza
provoc nel 1919-1920 una guerra con lUnione Sovietica che doveva portare alla
vittoria polacca e allincameramento di molti territori bielorussi e ucraini (trattato di
Riga del 1921). Nel nuovo Stato cecoslovacco esistevano dinamiche corpose dello
sviluppo economico che divaricavano la Boemia industriale, moderna e colta, dalla
Slovacchia rurale e tradizionalista. Inoltre, il patto nazionale tra gli slavi del sud non
costituiva un solido fattore per costruire un omogeneo insieme jugoslavo in uno
Stato di 14 milioni di abitanti. Soltanto le nazioni sconfitte e ridimensionate
territorialmente, come Bulgaria e Ungheria, risultavano proprio per questo
etnicamente e nazionalmente omogenee.

Alla piccola Austria, ormai omogeneamente tedesca, venne impedita formalmente dal
trattato lannessione alla Germania (chiesta dallAssemblea costituente viennese
allinizio del 1919 proprio sulla base di motivazioni nazionali): i vincitori non
potevano permettersi di rafforzare un blocco tedesco che volevano tenere sotto
controllo. Quasi tutti questi Stati, vecchi o nuovi che fossero, si accostarono nel
dopoguerra a modelli liberal-democratici occidentali, in modo coerente allappello
wilsoniano. In molti casi si trattava per di democrazie deboli e minate dallinterno. Lo
stesso slancio dei nazionalismi e lapparire di partiti etnici cre consistenti difficolt
nellorganizzazione del loro spazio politico. Il nazionalismo integrale si confermava il
partito della potenziale guerra civile.
Il ruolo politico europeo dellItalia, in questo quadro, avrebbe potuto essere
importante. Era pur sempre la quarta potenza vincitrice. La maggioranza della classe
dirigente si concentr sulla cosiddetta questione adriatica: cerc infatti soprattutto
di vedersi confermato il dettato espansionistico del patto di Londra del 1915,
chiedendo confini con lo Stato slavo meridionale che certo non seguivano criteri
etnico-nazionali.
Ma rispetto al 1915 il quadro era cambiato per 2 grossi motivi: non cera pi, al di l
dei confini, limpero asburgico e inoltre Wilson era lontanissimo dal sentirsi vincolato
dal trattato imperialistico di Londra che non aveva firmato. Complic poi le cose la
richiesta di unirsi allItalia da parte di unassemblea della citt italiana di Fiume (che
non era neanche prevista tra i compensi pattuiti con il patto di Londra). Sulla richiesta
negatagli, Orlando e Sonnino si scontrarono con Wilson, abbandonarono Parigi e
provocarono senza prudenza un moto di scontento nazionalista nellopinione pubblica.
Il mito della vittoria mutilata gett ombre sinistre sulla stessa evoluzione interna del
paese. Si pensi alla vicenda delloccupazione di Fiume da parte dei volontari
paramilitari di DAnnunzio e alla crescente presa di un nazionalismo borioso e
aggressivo, quanto sproporzionato ai mezzi del paese.
Alla conferenza della pace si venne poi a discutere del problema coloniale, che
divideva la tradizione politico-culturale degli Stati Uniti da quella franco-britannica.
Lurgenza immediata era costituita dalle decisioni sulla sorte delle ex colonie tedesche
e di molti territori distaccati dallimpero ottomano. Lidea wilsoniana di avvisare
allindipendenza questi paesi , con tutela della Societ delle Nazioni civili, incarnava
una prospettiva di compromesso. Prefigurava chiaramente la fine della legittimazione
del colonialismo europeo, chiedendo ai governi imperialisti di rispondere a un
organismo internazionale, ma confermata provvisoriamente il regime di tutela in
attesa di un indefinito futuro. Inglesi e francesi accettarono il metodo e realizzarono i
propri progetti di spartizione in zone dinfluenza del Medio Oriente ex ottomano. Oltre
al ruolo strategico di crocevia di comunicazione, in queste regioni si concentrava un
nuovo motivo di interesse: il petrolio, la cui importanza era stata enfatizzata proprio
per la forte motorizzazione bellica degli eserciti. Gi nel corso della guerra per aveva
ampliamente preso piede nei territori arabi dellimpero un nazionalismo panarabo e
antiturco, espresso in movimenti politici e militari come quelli guidati dallemiro della
Mecca. LIntesa, fin dal 1916-1917, aveva promesso indipendenze per ottenere
sostegni militari antiottomani, ma nel dopoguerra il controllo franco-inglese si
dispieg, inventando anche una nuova divisione politico-amministrativa. La Francia si
impose come mandataria in Siria e Libano, la Gran Bretagna in Palestina,
Transgiordania e Iraq. Nella penisola araba si afferm invece un autonomo governo
saudita. I francesi seguirono una politica rigida verso i movimenti nazionali e religiosi
locali, mentre gli inglesi cercarono mediazioni, assegnando lemirato di Transgiordania
e il regno dellIraq alla sovranit dei figli di Hussein, Abdallah e Feisal, concedendo
inoltre nel 1922 lindipendenza a un Egitto monarchico costituzionale (che per
garantiva il controllo militare inglese di Suez) e definendo una sorta di protettorato
sulla Persia. Un ulteriore motivo di complicazione era stato per introdotto nel 1917
dalla dichiarazione del ministro degli Esteri britannico Balfour, che per ottenere il
sostegno del neonato movimento sionista, promise la costituzione di un focolare

nazionale ebraico in Palestina. Lambiguit intenzionale della definizione, che non


alludeva a un vero Stato indipendente, non imped la nascita di forti correnti di
immigrazioni ebraiche in Palestina, anche sotto la spinta delle ricorrenti persecuzioni
antisemite.
In Medio Oriente si svilupp anche lunico episodio di revisionismo riuscito rispetto ai
trattati di Parigi: quello turco. Il tratto di Svres, imposto al governo del sultano del
1920, aveva addirittura previsto lo spezzettamento della penisola anatolica, con la
costituzione di uno Stato armeno e di un Kurdistan autonomo. Di fronte a questa
situazione, si svilupp la rivoluzione dei nazionalisti eredi del movimento dei Giovani
Turchi, guidati da Mustaf Kemal (il futuro Ataturk, padre dei turchi), che riuscirono ad
abbattere il sultanato-califfato, proclamando una repubblica laica. Il suo successo
militare e diplomatico impose quindi la revisione degli accordi di pace, con il nuovo
trattato di Losanna del 1923.
In Estremo Oriente, il Giappone fu ricompensato con le posizioni ex tedesche in Cina e
la possibilit di sostituire la sfera di controllo russa in Manciuria. Alla fine, nel 1921, il
trattato di Washington impegn tutte le maggiori potenze al rispetto della sovranit e
dellintegrit territoriale cinese, ma lasciando nellambiguit lo status di quelle
posizioni economiche e giuridiche che facevano della Cina una sorta di colonia
economica giapponese. Il tema del disarmo doveva poi essere cruciale. I trattati
prevedevano la progressiva riduzione globale degli armamenti, a cominciare
ovviamente dai vinti che erano gi stati disarmati, ma promettendo vagamente la
generalizzazione del disarmo anche ai vincitori. Furono compiuti per, proprio alla
conferenza di Washington del 1921, delle limitazioni degli armamenti navali che
fissarono i limiti quantitativi proporzionali per le marine da guerra delle grandi
potenze. Va per ricordato che Wilson, dopo aver ottenuto il suo grande obiettivo della
creazione della Societ delle Nazioni, aveva perso sempre pi il contatto con la
situazione politica interna e lopinione pubblica dOltreoceano. Il vincolo permanente
della partecipazione degli Stati Uniti alla Sdn, oltre che lalleanza di garanzia francoanglo-statunitense, non avevano forti consensi n in ambito economico-finanziario n
nel paese profondo in quanto entrava in conflitto con la rigida dottrina di Monroe. Le
successive elezioni presidenziali videro la vittoria travolgente del repubblicano
Harding, il quale includeva nel suo programma unaperta propaganda contraria alla
cooperazione politica internazionale. Tale vicenda ebbe conseguenze di grandissima
portata: gli Stati Uniti, che erano il primo ispiratore del progetto di societ, rimanevano
fuori dalla Sdn. Questo fatto era paradossale, soprattutto per la superiorit ormai
evidente della potenza economica americana, rafforzata dalle conseguenze della
guerra. Il funzionamento problematico della nuova Societ aveva cos tutti gli elementi
precostituiti: mancava il cruciale sostegno statunitense, i vinti non venivano ammessi
in attesa una loro riabilitazione, LUnione Sovietica restava assente e lItalia era
isolata.
Nel quadro della Societ, i governi si impegnarono a favorire lo sviluppo di una sorta di
societ civile internazionale. Listituzione di unOrganizzazione internazionale del
lavoro (Oil) e di unOrganizzazione mondiale per la sanit (Who), oppure le clausole
stesse dei trattati sui diritti politici, linguistici ed economici delle minoranze
nazionali( pur difficili da far rispettare), sembravano arricchire lordine internazionale
cooperativo appoggiandosi anche su soggetti non statuali. Procedure internazionaliste
e cooperative si radicarono nelle diverse opinioni pubbliche: si cre, dopo il 1919, un
certo tessuto di scambi internazionali e di interazioni civili che cerc di superare i
traumi della guerra. Attorno alla Societ delle Nazioni fior un ambiente di gruppi,
intellettuali e sodalizi, impegnati nellelaborazione della tematiche culturali, giuridiche
e politiche del nuovo internazionalismo.
Pi difficile fu la ripresa dellinternazionalismo socialista, dopo la frattura bellica e la
nuova spaccatura postbellica, con la nascita della Terza Internazionale comunista.
Contrastata fu anche la posizione degli ambienti religiosi europei. Benedetto XV
propose una riflessione in positivo sulla pace cristiana dagli accenti molti innovativi

(enciclica Pacem Dei munus del 1920), che criticava la permanente distinzione tra
vincitori e vinti e appoggiava la Sdn. In generale per, nel mondo cattolico, persistette
una forte corrente critica degli sviluppi dellorganizzazione internazionale, che
rimproverava alla Sdn di essere un tentativo di universalismo laicistico e ateo e di
escludere il ruolo mediatore del pontefice.
Nei primi anni dopo la conferenza della pace, le tensioni politiche pi gravi si
centrarono ancora soprattutto sullasse franco-tedesco. Il governo francese fu
fortemente condizionato dalle preoccupazione per il crescente isolamento(la sconfitta
wilsoniana aveva fatto decadere i trattati di garanzia), che lo spinsero ad irrigidirsi
ulteriormente nei confronti della Germania, avviando una politica di imposizione della
pace al paese vinto. Un primo passo importante fu la fissazione nel 1921 delle
riparazioni finanziarie tedesche: lapposita commissione fiss la notevole cifra di 132
miliardi di marchi-oro. Questo era un ulteriore tentativo di limitare in modo
permanente la futura potenza germanica. I governi tedeschi del periodo era
politicamente deboli e la risposta di Berlino, alla rigida politica francese, segu
inizialmente una linea di resistenza passiva. La questione sfoci in una durissima
crisi tra Francia e Germania nel gennaio del 1923, quando il governo francese di
Poincar mand lesercito ad occupare la zona industriale della Ruhr, per sfruttarne
direttamente il carbone come pegno ai ritardati pagamenti tedeschi. La mossa fu
appoggiata dal Belgio e pi morbidamente dallItalia, nellaperta disapprovazione
inglese. La crisi si trascin per parecchi mesi senza apparenti vie duscita e port
allesplosione dellinflazione economica tedesca. NellEuropa centrale e orientale,
intanto, era venuto meno il ruolo equilibratore geopolitico ed economico degli
Asburgo. I nuovi Stati erano economicamente fragili e isolati. I modelli costituzionali
rappresentativi e pluralisti entrarono cos in crisi, mentre crebbero autoritarismi
nazionalisti:si pensi allottica panserba del governo monarchico dei Karageorgevic nel
nuovo regno jugoslavo. Le svolte autoritarie in questi paesi furono precoci: Ungheria
(1926), Romania e Bulgaria (1923), Polonia e Lituania (1926), Jugoslavia (1929), Italia
(1922) e la Spagna di Primo de Rivera (1923). I revisionismi potenziali diffusi dovevano
essere tenuti a basa diplomaticamente, e la potenza che si incaric di rivestire il ruolo
di gendarme dellordine di Versailles fu la Francia: la nascita di un sistema francese
in Europa orientale rappresent il tentativo diplomatico pi articolato si stabilizzare
lassetto di Versailles. Dopo qualche iniziale oscillazione, Parigi scelse la via di legare
tra loro gli Stati soddisfatti dai trattati. Lalleanza difensiva franco-belga del 1920 e
quella franco-polacca del 1921 furono collegate a stretti rapporti con la piccola
intesa, cio laccordo stretto nel 1920 tra Romania, Cecoslovacchia e regno
jugoslavo, per opporsi al revisionismo ungherese e alla ventilata restaurazione
asburgica sul trono vacante di Budapest. Strategicamente, il sistema francese
ambiva a sostituire lantico legame franco-russo e ad accerchiare nuovamente la
Germania.
Restava per ai margini di questo assetto diplomatico unaltra ex potenza come la
Russia. La nuova Unione delle repubbliche socialiste sovietiche (Urss), che venne
costituita da Lenin nel 1922, al momento non poteva e non intendeva svolgere nessun
ruolo di potenza a libello internazionale. I bolscevichi sottolinearono un orgoglioso
isolamento dalla vecchia societ internazionale. La presenza del Comintern (la Terza
Internazionale comunista) offriva comunque uno strumento accentrato e
relativamente efficace di influenza diretta alla !patria del socialismo al di fuori dei
suoi confini: era laspetto pi evidente di un isolamento antagonistico rispetto al
mondo capitalista, tradotto dal 1928 in una politica di classe contro classe che
contrapponeva ovunque i comunisti anche alla sinistra socialdemocratica (accusata di
social fascismo) e alla democrazia borghese.
In Italia, la deriva autoritaria va compresa proprio sullo sfondo della crisi postbellica:
lincapacit dello Stato liberale di gestire lesplosione di una societ di massa si
colleg alle disillusioni sugli effetti della vittoria militare. Dopo lavvento al potere di
Mussolini, nel 1922, la linea di governo di coalizione a guida fascista fu inizialmente

prudente sul terreno della politica internazionale. La svolta autoritaria avvenne nel
1925 a seguito della nuova volont del nascente regime fascista di inquadrare le forze
produttive della nazione per una futura competizione imperiale. Lappello alle masse e
alla loro rivolta attivistica e vitalistica, contro lappiattimento democratico e le
piccolezze borghesi, mirava a una mobilitazione permanente attorno alle parole
dordine del regime. Laspetto totalitario del fascismo si giustificava nella volont di
operare una saldatura definitiva del nesso tra nazione e Stato. Rispetto al quadro
internazionale, lottica totalitaria rifiutava per principio di riconoscere le norme
lentamente sedimentate nella societ internazionale. Negli anni 20 tali novit non
furono ancora politicamente sconvolgenti: il paese non aveva certo le risorse e le
strutture economiche e militari per condurre una politica di ribaltamento dello status
quo, come il capo del fascismo riconobbe, seguendo di fatto una politica prudente. La
svolta totalitaria fascista si tradusse quindi diplomaticamente soltanto in un
comportamento antisocietario, in un revisionismo diffuso, nella critica allegemonia
europea della Francia e nel contrasto con la Jugoslavia attorno allinfluenza in Albania.
Nel 1924, fall intanto lultimo e pi significativo sforzo per rafforzare la neonata
Societ delle Nazioni. Il cosiddetto Protocollo di Ginevra (2 ottobre del 1924),
negoziato dal nuovi governo inglese del laburista Mac Donald e da quello francese di
Edouard Herriot, prevedeva unintegrazione molto pi stretta di
sicurezza>disarmo>arbitrato: larbitrato (cio la decisione) della Societ diventava
obbligatorio in caso di crisi internazionale e il Consiglio avrebbe avuto bisogno solo
della maggioranza dei due terzi per varare le previste norme repressive contro che
fosse dichiarato aggressore, per non aver accettato lintervento societario. Osteggiato
da Mussolini, laccordo fu definitivamente affondato dalla svolta del nuovo ministero
conservatore britannico Baldwin-Chamberlain. La societ internazionale non reggeva
un irrigidimento cos sostanziale: la Societ fu condannata a galleggiare occupandosi
di questioni minori.
Aggiungiamo a tutto ci un clima economico pericolosamente negativo. Il conflitto
aveva relativamente indebolito il primato economico europeo: sia i vinti che i vincitori
erano allansiosa ricerca di nuovi equilibri interni e nuove aspettative di crescita. Il
rifiuto del governo bolscevico di onorare i debiti internazionali contratti in epoca
zarista aveva introdotto una ferita sostanziale nel sistema economico internazionale.
La questione stessa dei debiti tra i paesi dellIntesa avvelenava laria: i francesi
intendevano pagarli solo dopo aver ricevuto le riparazioni tedesche, mentre gli
americani non erano disposti a nessuna riduzione. Ci nonostante, la met degli anni
20 vide il successo di uneffimera stabilizzazione. Chiave della svolta fu la scelta di
porre finalmente su basi negoziali la contrapposizione franco-tedesca. Un nuovo
approccio francese alla questione, guidato dal ministro degli Esteri Aristide Briand e
costretto allisolamento in cui lepisodio della Ruhr aveva condotto il paese (con la
forte svalutazione del franco sui mercati internazionali), si incontr con la parallela
scelta del governo tedesco di Gustav Stresemann di uscire dalla fallimentare politica di
resistenza passiva. Esponente del Partito tedesco-popolare (Dvp), Stresemann, per
uscire dalle condizioni della sconfitta, matur una strategia di accettazione parziale dei
trattati. Il nuovo pragmatismo riguard inizialmente le riparazioni con pagamenti
scaglionati nel tempo, tramite il Piano Dawes del 1924 (il nome deriva da un
finanziere americano). Il mondo finanziario privato americano si impegnava poi in un
massiccio progetto di prestiti e investimenti nelleconomia tedesca per metterla in
grado di reggere il pagamento delle riparazioni e gli stessi industriali francesi
accettavano di veder rinascere la competitivit tedesca. Un analogo metodo negoziale
fu esteso ai problemi territoriali, con il Patto di Locarno del 1925: la Germania
accettava definitivamente almeno una parte del sistema di Versailles, e cio il confine
del Reno, ma restava invece nellindeterminatezza lo scontro nazionale nellarea
orientale.
Gli accordi franco-tedeschi si inserivano in un nuovo orizzonte di stabilizzazione
economica dellEuropa. La linea di tendenza prevalente fu utilizzare i nuovi strumenti

pubblici di regolazione economica, introdotti durante la guerra, ai fini di


unintegrazione nazionale corporata, coinvolgendo cio i soggetti sociali forti come
imprenditori e sindacati in una rete di rapporti istituzionalizzati tra pubblici poteri e
interessi economici. In Germania, dopo il 1924, la stabilizzazione economica sembr
funzionare per il massiccio intervento di capitali americani. In Francia, la
stabilizzazione positiva del franco rilanci la potenza finanziaria del paese e fu
accompagnata dal rilancio consistente del settore industriale e da una bilancia dei
pagamenti in attivo. Nella stessa Italia il modello funzion con il taglio autoritario
garantito dal regime fascista, che impose la pace sociale. In Gran Bretagna,
lintegrazione sociale fu meno elevata, mentre proseguivano le difficolt relative del
sistema industriale: vi fu infatti una consistente quota di disoccupazione della forza
lavoro. Grazie alla prima guerra mondiale invece New York era diventato il nuovo
centro finanziario del mondo, sostenuto dai successi di uneconomia florida in continua
espansione. Per ottenere il rientro degli ingenti prestiti di guerra e una progressiva
apertura dei mercati in un clima di stabilit (necessaria per la propria espansione
commerciale), gli Stati Uniti dovevano infatti farsi carica di innescare e sostenere un
sistema economico internazionale funzionante e non segmentato. Questo fu appunto
lobiettivo di una serie di iniziative integrate, tra governo e interessi economici privati:
un caso esemplare fu appunto il piano Dawes. Nel 1927 fu praticamente completata la
ricostituzione del regime monetario internazionale basato sulloro. La lenta rinascita
economica europea aveva intanto riavviato il sistema commerciale internazionale e i
paesi europei vincitori iniziarono a rimborsare i debiti di guerra ulteriormente ridotti e
rateizzati nel 1929 (piano Young). Per facilitare tutte le transazioni legate alla
questione delle riparazioni nacque a Ginevra una Banca dei regolamenti internazionali
che collegava le banche centrali europee. La crescita economica lubrificava
lappianamento delle controversie competitive e favoriva soluzioni di compromesso e
di spartizione degli affari. In particolare nellEuropa centrale, rimase per viva una
lotta per linfluenza finanziaria tra inglesi e francesi. Era quindi un sistema che aveva
molti limiti: il pi grosso era lassenza di un regolatore. Politicamente non cera un
paese preponderante che contribuisse a fissare le regole del sistema. Inoltre,
leconomia americana chiedeva la porta aperta per le proprie merci, mentre non era
pronta ad aprirsi alle esportazioni di altri paesi. Lallargamento progressivo della Sdn ai
paesi vinti fu a questo punto un segnale di apparente stabilit, che si collocava in un
quadro ormai fortemente depotenziato: la Germania ader nel 1926, ottenendo un
nuovo seggio permanente in consiglio. Lequilibrio realizzato nella seconda met del
decennio 20 non resse al grande sconvolgimento economico internazione che inizi
nel 1929. La crisi nacque negli Stati Uniti dAmerica per motivi specifici di quel sistema
economico: un mercato interno certamente avanzato ed esteso, ma in fondo
condizionato da una cattiva distribuzione sociale del reddito e dalla permanente
difficolt del settore agricolo, non riusciva pi ad assorbire laumento continuo della
produzione industriale. Leconomia drogata dal boom della borsa e della liquidit facile
fu travolta dallo scoppio della bolla speculativa gonfiatasi alla borsa di Wall Street.
Tutta leconomia del paese cadde ben presto una fortissima depressione, con una
catena di fallimenti bancari e industriali e il drastico rallentamento di ogni dinamica
economica. Limpennata tragica del tasso di disoccupazione fu aggravata dalla marea
di debiti accumulati negli anni dellallegria, che ora gettarono sul lastrico milioni di
famiglie. La crisi si propag rapidamente ad altri paesi, proprio a causa dei molteplici
legami esistenti, e, nel giro di due anni, la crisi si generalizz anche in Europa. A
partire dai paesi pi dipendenti dal credito finanziario americano, la crisi si tramut in
una generalizzata depressione europea ove dilag la disoccupazione di massa. La
depressione coinvolse anche il mondo extraeuropeo, ormai legato per mille fili alle
economie avanzate: importanza notevolissima ebbe la discesa dei pressi delle materie
prima e dei prodotti agricoli sul mercato internazionale. I mercati si trovarono
spiazzati, ma anche i governi non avevano strumenti concettuali e operativi per
affrontare la grande depressione: si limitarono generalmente a procedute di difesa

della moneta attendendo che si ripristinasse lequilibrio. Tali strumenti ebbero


scarsissimi risultati, anzi, le tendenze deflazioniste tolsero ancor pi ossigeno
alleconomia produttiva. Al momento, la crisi riport alla centralit degli Stati sovrani
nella loro forma nazionalistico-imperiale con linasprimento delle rivalit e delle
competizioni nazionali. Fu largamente perseguito lancoraggio alla tematica
nazionalista e la drammatica condizione di difficolt economica port a cercare di
proteggersi dalle influenze negative di paesi gi in crisi: i protezionismi commerciali
balzarono di nuovo in primo piano. Da questa prima reazione quasi automatica alla
creazione di grandi aree dinfluenza economica chiuse e reciprocamente ostili il passo
era breve. Ogni grande potenza (in senso economico e politico) persegu la prospettiva
di raccogliere attorno al proprio ruolo-guida una serie di paesi dipendenti. Se le
potenze soddisfatte degli esiti della prima guerra mondiale ebbero buon gioco a
rafforzare i propri sistemi dinfluenza, le potenze sconfitte non potevano che inasprire
le proprie sfide revisioniste. Alle elezioni del 1932, dei democratici di Franklin Delano
Roosevelt, lanciarono lidea di un New Deal (nuovo metodo). Dopo inizi incerti, tale
strategia riformatrice riusc a scuotere leconomia e soprattutto mut radicalmente i
rapporti tra Stato e societ e tra governo federale e singoli Stati: per la prima volta
nella storia americana vennero introdotte forme di controllo. Mentre perseguiva queste
innovazioni interne, Roosevelt stesso, che era di formazione internazionalista e
wilsoniana, si adatt alla logica unilateralista di fronte allemergenza. Uno dei suoi
primi provvedimenti fu sganciare il dollaro dalloro e permetterne la svalutazione,
arginando cos la crisi del sistema bancario americano travolto dalla speculazione, ma
isolando ancor di pi leconomia del grande paese. Anche in Gran Bretagna la crisi
condusse a rafforzare un nazionalismo imperiale. La spaccatura dei laburisti di fronte
agli effetti della depressione e la fine dellalleanza liberal-laburista portarono nel 1931
a un nuovo fronte nazionale, egemonizzato dai conservatori con minoranze liberali e
laburiste, guidato ancora da Ramsay Mac Donald. Nel settembre 1931 vi fu una
cospicua svalutazione della sterlina e un altro grande mutamento fu labbandono del
liberoscambismo, dopo ottantanni. Venne quindi accelerata la riforma dellimpero, con
la creazione del Commonwealth of British nations, una nuova comunit informale degli
ex Dominions, ormai indipendenti, proposta da Balfour nel 1926. Tra questi paesi
nacque una grande area economica di libero scambio, per la prima volta chiusa verso
lesterno. Il modello non ebbe grandi risultati economici soprattutto perch le basi
produttive delleconomia britannica non la sostenevano. La stessa vita politica interna
francese sub dopo il 1934 unondata di incertezza: a disordini provocati da movimenti
filofascisti fece da contrappunto il fallito tentativo del gabinetto nazionale di
Doumergue (allora presidente del consiglio francese) di riformare la costituzione per
rafforzare lesecutivo. Gli equilibri della Terza Repubblica ressero soltanto per la riserva
di stabilit costituita dalla Francia rurale e per il ritardo del picco della crisi rispetto alla
Germania, tanto da riuscire ad assorbire nel 1936 anche la vittoria elettorale delle
sinistre, coalizzate in un Fronte popolare, ma le dinamiche della lacerazione sociale
preludevano ormai in questo caso a una grave crisi della democrazia che sarebbe
arrivata con la futura sconfitta militare. Crebbe invece in questa situazione il peso
internazionale del nuovo modello sovietico, che dopo la vittoria definitiva di Stalin
intraprese la via del socialismo in un solo paese in chiave autoritaria e statalista,
emarginando la rivoluzione permanente trockista e rafforzando lisolamento e
larroccamento del paese. Il socialismo reale guidato da Mosca divenne un modello
sempre pi credibile proprio per le sue performance dell industrializzazione forzata
nel risollevare e modernizzare leconomia russa rispondendo con lautarchia alle
tendenza globali della caduta dei commerci internazionali. La stagione dei piani
cinquennali, inaugurata nel 1928, vide uno slancio produttivo indubbio, in
controtendenza rispetto alla grande crisi del mondo capitalista: la produzione
manifatturiera, per esempio, triplic. Tali successi ebbero costi altissimi: vi fu una
collettivizzazione dellagricoltura con la distruzione della piccola propriet contadina (i
kulaki), la nuova repressione delle nazionalit e la deportazione di popolazioni

sospette in nome del centralismo russo, carestie organizzate che fecero milioni di
morti e la centralizzazione del potere che doveva condurre alle grandi purghe
allinterno del partito e dello Stato. Sempre sullo sfondo determinante della grande
crisi economica, va collocata la vicenda estremo-orientale dei primissimi anni 30. La
leadership giapponese avvertiva gli effetti drammatici della crisi economica e lidea di
assicurarsi una sfera dinfluenza privilegiata nellEstremo Oriente si colleg ai sogni di
poter raggiungere una posizione di primato in tutte lAsia. Furono dapprima tentate
metodologie strettamente economiche, come la svalutazione dello yen e
unaggressiva politica di esportazioni a basso costo, ma la preoccupazione per la
disponibilit di petrolio, mercati di sbocco per lindustria tessile e territori di
emigrazione, agitava la leadership giapponese. La crisi della Manciuria del 1931 fu il
primo evidente segnale in questo senso. I nazionalisti cinese del Guomindang, che
sotto Chiang Kaishek miravano a riunificare la Cina, avevano tentato fin dal 1928 di
limitare linfluenza preponderante dei giapponesi nella zona. I vertici del presidio
militare giapponese in Manciuria crearono ad arte un incidente alla ferrovia
giapponese, come pretesto per un intervento armato. Si arriv in breve alla creazione
dello Stato fantoccio del Manchuku (1932). Dopo il voto di condanna della Societ,
Tokyo nel 1933 abbandon lorganizzazione internazionale, che non procedette pi
nemmeno ad applicare le previste sanzioni. Tra il 1935 e il 1936, in un clima di
violenze e complotti, lesercito assunse un crescente controllo del paese, consolidando
una direttiva imperialista.
Limpatto della crisi economica orient Mussolini per la prima volta a intraprendere il
fascismo come risposta universale allo sconvolgimento epocale, e quindi anche
motore di una diversa politica estera. In questo senso, la crisi definitiva della
Repubblica di Weimar e lavvento del nazismo in Germania furono i simboli pi
evidenti di un cambiamento di clima rispetto alla seconda met degli anni 20. La crisi
strisciante della repubblica aveva motivi di lungo periodo: colpita fin dalle origini dal
Diktat, era stata governata da coalizioni instabili. Il governo Muller fu lultimo a godere
di una maggioranza parlamentare. Furono infatti proprio gli effetti della grande crisi a
sconvolgere definitivamente il panorama sociale e politico (grande disoccupazione). Il
partito nazista (Nsdap, Partito nazionalsocialista dei lavoratori tedeschi), guidato da
Adolf Hitler, ex caporale dellesercito di origine austriaca, riusc a rilanciare la sua
propaganda ed a ottenere nuovo spazio politico proprio durante lesplosione delle
difficolt economiche.
Labile iniziativa hitleriana riusc ad accreditare le proprie posizioni come premesse del
riscatto tedesco in un mondo di egoismi imperiali contrapposti. Di fronte al dramma
della crisi economica, Hitler si richiam alla tradizionale idea di una comunit di
popolo tedesca, utilizzando lantisemitismo come elemento di rassicurazione popolare:
lebreo era il simbolo perfetto delluomo senza fedelt nazionale, del cosmopolita
affarista che tramava ai danni delloperoso popolo tedesco. Solo una nazione forte e
compatta, senza pi nemici interni, avrebbe superato gli ostacoli frapposti dallostilit
internazionale. La Nsdap crebbe alle elezioni del 1930 e divenne partito di
maggioranza relativa nelle elezioni del 1932, in parallelo alla crescita del partito
comunista. Nel gennaio del 1933 fu nominato cancelliere dal presidente Hindenburg, e
gli bastarono pochi mesi per costruire uno Stato dittatoriale sulle macerie istituzionali
della repubblica parlamentare. Il nazismo port quindi a massima espressione la spinta
della nuova fusione totalitaria tra Stato e nazione, tra le masse e il Fuhrer (la guida,
il conduttore del popolo) ovvero Hitler. La rinascita della Germania si traduceva in un
disegno di politica estera che era stato scandito in 3 tappe strategiche progressive. La
prima tappa doveva liberare la Germania dai vincoli della schiavizzazione di
Versailles. In un secondo tempo, occorreva lanciare lappello per la riunificazione di
tutti i tedeschi dEuropa nei confini del Terzo Reich. La terza tappa era la costruzione
dello spazio vitale tedesco in Europa, assoggettando i popoli inferiori dellEuropa
orientale slava e ottenendo rifornimenti (alimentari ed energetici) e manodopera
servile. La coloritura razzista serviva poi a rilanciare loriginario antisemitismo

antibolscevismo. Sullo sfondo di queste condizioni interne e di questo disegno


strategico, Hitler si mosse con una certa abilit tattica. Dapprima mir prudentemente
a non farsi fermare dalle preponderanti forze dei vincitori del 1918, mentre ancora la
Germania era in condizioni di debolezza: sfrutt anzi le loro incertezze. La depressione
aveva gi portato un duro colpo alle clausole economiche del trattato: le riparazioni
furono cancellate ancor prima dellavvento di Hitler al potere. Dopo aver abbandonato
la conferenza del disarmo, Hitler dichiar luscita della Germania dalla Societ delle
Nazioni nel novembre 1933. Anche il governo di Mussolini aveva accentuato gi dalla
fine degli anni 20 posizioni propagandistiche revisioniste e antisocietarie. Questa
direttiva per non si tradusse subito in un incontro con il revisionismo tedesco. Tra
Italia e Germania persistevano infatti divisioni strategiche. Queste divergenze
toccarono il vertice del caso austriaco: lidea dellAnschluss (annessione) alla
Germania era avversata compattamente in Italia, sia per timore di una Grande
Germania al Brennero, sia per simpatia verso il regime cattolico-autoritario e
antinazista del cancelliere Dollfuss. Nel 1934, proprio su questo caso, ci fu un
momento di crisi internazionale a causa dellassassinio di Dollfuss da parte di nazisti
austriaci: la reazione ferma di Mussolini e la resistenza del regime austriaco fecero
fallire il progetto. Linfortunio non blocc il regime nazista, che continu la politica di
riarmo coperto, fino al riarmo palese del 1935, al ripristino dellaviazione e della
coscrizione obbligatoria. Leconomia tedesca super poi di slancio la crisi e recuper a
grandi passi lamplissima disoccupazione (unico tra i paesi capitalisti). Il suo
commercio estero si era riorientato in modo significativo verso i paesi dellEuropa
centro-orientale danubiana: lesportazione massiccia di prodotti industriali permetteva
ai tedeschi di scambiare o acquistare a prezzi favorevoli prodotti agricoli e minerari di
quei paesi, sostenendone le economie provate dalla crisi.
Francia e Gran Bretagna ormai erano rimasta le uniche protagoniste della Societ delle
Nazioni. La loro risposta allevidente strategia aggressiva tedesca fu debole e incerta.
In ambito inglese, fu coniata lespressione appeasement (pacificazione), per definire
lapproccio governativo al nazismo. In sostanza, si trattava di accettare quei passi
hitleriani ritenuti compatibili con lequilibrio europeo, nella convinzione che
raggiungendo i suoi obiettivi revisionisti il dittatore si sarebbe placato. I paesi imperiali
(have), in questa visione, dovevano concedere qualche risultato agli have-not se non
volevano mettere a rischio il sistema. Il governo Baldwin si spinse, nel giugno del
1935, persino a negoziare un accordo navale con la Germania che permetteva a Hitler
di superare i vincoli di Versailles.
Il governo francese soffriva delle proprie instabilit interne, e soprattutto del
logoramento per essere rimasto lunico paese a sostenere una rigida posizione
antirevisionista, sollecitando fin dal 1933 unopposizione internazionale pi netta ai
disegni hitleriani. La strategia rigorosamente difensiva dellesercito, arroccato dietro le
fortificazioni della Linea Maginot sul confine franco-tedesco, era incompatibile con
lesigenza di sostenere (anche militarmente) i paesi alleati dellEuropa orientale in
caso di crisi. Le basi economiche stesse del sistema francese vacillavano. La via
duscita da questa difficile situazione fu per un certo periodo cercata nel
miglioramento dei rapporti con lItalia fascista e contemporaneamente nel prudente
tentativo di riportare lUrss nel gioco della sicurezza europea. Stalin, consolidato il
proprio potere e lo sviluppo economico dellUrss, stava abbandonando la logica
settaria del comunismo internazionale. Un paese socialista consolidato poteva ormai
cominciare a selezionare gli avversari, e Stalin vedeva sorgere e slanciarsi
laggressivit tedesca a occidente e quella giapponese a oriente, come una pericolosa
tenaglia attorno allUrss. LUrss chiese nel settembre del 1934 ladesione alla Sdn
aderendo verbalmente al concetto di sicurezza collettiva. Sul piano diplomatico,
firm il patto franco-sovietico di assistenza e di non aggressione del maggio del 1935:
si riprendeva cos la tradizionale linea di accerchiamento difensivo antitedesco.
Dal canto suo, Mussolini scelse si passare dalle parole ai fatti sul terreno
dellimperialismo, con la decisione di conquistare lEtiopia, riprendendo la lontana

ambizione italiana (si ricordi la sconfitta di Adua del 1896). Sperando in un consenso
forzato francese e inglese, il Duce aggred lEtiopia nellottobre del 1935. Francia e
Gran Bretagna per, di fronte alle proteste del Negus, capo di uno stato sovrano
membro della Sdn, non poterono che guidare il consiglio a dichiarare lItalia paese
aggressore. Le conseguenti sanzioni economiche non impedirono la proclamazione
italiana dellimpero nel maggio 1936. La successiva uscita dellItalia dallorganismo
internazionale ne segn la definitiva crisi. La vicenda etiopica ebbe quindi un peso
notevole nel far precipitare le relazioni internazionali europee verso una deriva non pi
gestibile con strumenti diplomatici. Conseguenza immediata dellincrinatura decisiva
nel fronte dei vincitori fu la scelta di Hitler di rimilitarizzare la Renania, nel marzo del
1936: la reazione a tale nuovo fatto compiuto fu ancora molto blanda soprattutto per
limpulso del governo britannico, che voleva evitare una guerra europea. Vi fu in
questo periodo lavvicinamento delle due dittature nazista e fascista e nellautunno del
1936 Mussolini cominci a parlare di un Asse Roma-Berlino. Dal 1936 la politica
internazionale fu quindi contrassegnata da questa emergente alleanza tra paesi
aggressivamente revisionisti, che si ponevano lobiettivo di modificare gli assetti di
potere mondiale costituiti dopo il 1919. La coalizione ideologica fasciata si allarg con
il cosiddetto patto anticomintern, mirato alla lotta al comunismo internazionale,
stretto tra Germania e Giappone nel novembre 1936 (lanno dopo vi ader anche
lItalia).
Pesava intanto la ribadita assenza dalla politica internazionale degli USA, dove si
arriv al vertice di una politica isolazionista e nazionalista voluta dalla maggioranza
congressuale e non apertamente contrastata dal presidente, che si espresse con una
serie di leggi sulla neutralit permanente americana e con il rifiuto di aderire alla Corte
mondiale di giustizia. Solo allinizio del 1938 doveva manifestarsi una lenta correzione
di rotta da parte dellAmministrazione Roosevelt, con la presentazione di alcune leggi
sul riarmo navale ed aereo, accettate perch favorirono la ripresa della stagnante
economia statunitense. Preoccupava soprattutto il nuovo slancio aggressivo
giapponese in Estremo Oriente, con lapertura nel 1937 di una vera e propria guerra di
conquista non dichiarata contro la Cina. La decisione di abrogare il trattato di
commercio con il Giappone, alla fine del 1939, fu il segno di una nuova determinazione
a usare misure al limite della guerra per combattere i paesi aggressori. La guerra civile
spagnola, esplosa nel luglio del 1936, divenne la prima prova generale di uno scontro
europeo e mondiale tra fascismi e antifascismi. Esso si defin come scontro tra i
paladini nazionalisti della Spagna cattolica e tradizionale e un governo che
accentuava lanticlericalismo separatista. Molto presto divenne un caso internazionale,
con lItalia fascista che scelse precocemente di sostenere gli insorti, permettendo con i
suoi aerei lo spostamento della truppe nazionaliste dallAfrica spagnola alla
madrepatria e quindi inviando addirittura un corpo di spedizione militare. La Germania
nazista invi una piccola forza aerea soprattutto per effettuare la sperimentazione di
nuove tattiche e armamenti. Sullaltro fronte, i repubblicani godettero di qualche
sostegno materiale sovietico, del generoso impegno di brigate internazionali di
volontari e della solidariet piuttosto poco operativa del mondo politico e intellettuale
antifascista europeo. Il governo inglese impose una linea di non intervento, cui
formalmente si adegu anche il governo di Lon Blum in Francia. Stalin aument le
proprie diffidenze nei confronti di Francia e Gran Bretagna proprio a causa di queste
indecisioni, La stessa durata del sanguinoso conflitto, che si chiuse solo nel 1939 con
la vittoria di Franco, giocava a favore dei piano di Hitler di logoramento degli avversari
potenziali.
Il rapido rafforzamento delle posizioni tedesche in Europa giunse nel 1938 a prendere
di petto gli assetti territoriali di Versailles, attraverso una serie di colpi di mano mirati
ad annettere al Terzo reich i territori abitati da popolazioni tedesche. La modalit di
queste iniziative fu abile e innovativa, in quanto evit aggressioni militari dirette, ma
combin forme di pressione diplomatica a operazioni di sovversione interna dei paesi
da indebolire, tramite partiti e gruppi ideologicamente affini. LAnschluss con lAustria

alla fine riusc nel marzo del 1938. Nel settembre del 1938 fu la volta della
Cecoslovacchia, che fu sottoposta a crescenti pressioni per cedere la regione
tedesca dei Sudeti. Montarono aspettative di guerra: la Francia era infatti legata da
unalleanza difensiva alla Cecoslovacchia. Ma il governo conservatore di Daladier era
preda di una nuova fobia antibolscevica che oscurava la rigidit antitedesca, mentre il
premier inglese Neville Chamberlain era convinto che senza lappoggio degli USA e del
Commonwealth, nessuna guerra alla Germania nazista fosse pensabile. Cos Londra e
Parigi accettarono una conferenza a Monaco, convocata in fretta e furia da Mussolini,
senza nemmeno coinvolgere il governo di Praga. Monaco rappresent il vertice della
politica di appeasement, con tutti i partecipanti che cedettero rapidamente alle
pretese naziste sulla cessione dei Sudeti. Incamerati i Sudeti, Hitler and rapidamente
oltre: nella primavera del 1939 egli impose lo smembramento della restante
Cecoslovacchia, con loccupazione militare tedesca di Praga da parte del nuovo
esercito tedesco, che ridusse Boemia e Moravia a protettorato del Reich.
Intanto, a conferma che lassetto di Versailles doveva essere ritenuto del tutto
cancellato, lItalia fascista annetteva lAlbania. Questi nuovi sviluppi modificarono
lentamente lincerto atteggiamento britannico che rinforz le iniziative di riarmo e
cominci a intraprendere timidi negoziati militari con lUrss. La richiesta hitleriana di
regolare la questione di Danzica si scontrava per con la decisione dei colonnelli di
Varsavia di non accettare supinamente la nascente egemonia est-europea tedesca.
Hitler decise quindi di sbrigare militarmente la questione, confidando
nellatteggiamento imbelle degli occidentali. Contribu ad accelerare le sue decisioni
soprattutto la scelta opportunistica di Stalin, dellagosto del 1939, di giungere a un
compromesso con la Germania: si tratt del famoso patto Ribbentrop-Molotov. Se per
Hitler questa intesa consentiva di rinviare lo spettro della guerra sui due fronti nel caso
di opposizioni franco-inglesi, per il dittatore comunista la scelta si spiega
probabilmente con la volont di prendere tempo, datele debolezze interne di uno Stato
e dellArmata Rossa fortemente provati dalle grandi purghe del 1936-1939.
Il patto di non aggressione tedesco-sovietico fu completato poi con protocolli segreti
che definivano le rispettive zone dinfluenza est-europee, con la spartizione della
Polonia, e altri vantaggi territoriali per lUrss: lannessione della Bessarabia romena, la
riduzione a satelliti degli Stati baltici e linglobamento della Finlandia, ex provincia
zarista. Il patto Ribbentrop-Molotov aveva causato una spaccatura profonda
nellintravisto fronte antifascista, con effetti traumatici nello stesso movimento
comunista e in generale nella sinistra internazionale. Nel maggio del 1939 venne poi
stretto il patto dacciaio italo-tedesco con cui Mussolini si legava sempre pi al
potente alleato prevedendo nel patto una solidariet illimitata in qualsiasi circostanza
di guerra. Mussolini riusc a convincere Hitler dellopportunit di dilazionare
lintervento italiano (le forze armate erano provate dai dispendiosi interventi in
Abissinia e Spagna), proclamando la non belligeranza. Dopo lo stallo dellinverno
1939-1940, la guerra entr nella fase calda nellaprile del 1940 con la conquista
tedesca di Danimarca e Norvegia, che garantiva anche la cooperazione a fini
economici della neutrale Svezia con le sue fondamentali risorse di ferro. La successiva
rapida vittoria delle truppe corazzate tedesche, appoggiate dallaviazioni ad occidente
del maggio-giugno del 1940, costrinse la Francia allarmistizio in poche settimane.
Loffensiva isol quindi la Gran Bretagna, mettendola a rischio di subire legemonia
aerea tedesca e una progettata invasione, con la pressione dei bombardamenti aerei
alternata ad offerte di una pace di compromesso. Ma tale situazione disperata provoc
landata al governo di Winston Churchill: la nuova coalizione nazionale si mostr
determinata a resistere.
La prospettiva di una conclusione rapida convinse intanto anche lItalia di Mussolini ad
entrare in guerra, per garantirsi almeno modeste spoglie. Distogliendo le forze
dallobiettivo primario di sconfiggere la presenza inglese a Suez, lItalia attacc la
Grecia nellottobre del 1940. Mal preparata, la guerra and incontro a una sconfitta,
provocando lintervento militare tedesco, con loccupazione della Jugoslavia e della

Grecia stessa nella primavera del 1941. In diversi paesi sconfitti e occupati sorsero
governi collaborazionisti con gli invasori. Intanto, la strategia imperiale tedesca e
quella giapponese continuarono a divergere: il nuovo patto tripartito, concluso nel
settembre del 1940 tra Germania, Giappone e Italia, rest un accordo di cooperazione
abbastanza generico, dal suono piuttosto antiamericano. Nel governo giapponese
presero piede gli esponenti della marina, che intendevano sfidare il potere marittimo
inglese e statunitense a sud: loccupazione dellIndocina francese, nel luglio del 1941,
segn il punto di non ritorno di questa decisione. Il Giappone strinse nellaprile del
1941 un patto di reciproca neutralit con lUnione Sovietica che ambedue i paesi
avrebbero rispettato fino alla vigilia della fine del conflitto.
La cooperazione anglo-americana aveva gi fatto molti passi avanti nel corso del
1940, con la decisione del Congresso degli Stati Uniti di allentare lembargo sui
trasferimenti di armi e con lo scambio di vecchi ma utili cacciatorpediniere americani
contro alcune basi strategiche inglesi nellAtlantico del nord. Un aiuto decisivo alla
Gran Bretagna isolata venne dallapprovazione congressuale nel marzo del 1941 dalla
legge Lend-Lease (affitti e prestiti), che portava la potenza doltreoceano molto al di l
del neutralismo, aggirando anche il problema inglese dellesaurimento di risorse
finanziarie. Il presidente era infatti autorizzato ad affittare o prestare equipaggiamenti
militari a tutti quei paesi in guerra la cui sicurezza fosse ritenuta vitale per gli Stati
Uniti stessi. La cosiddetta Carta atlantica, documenti dintenti firmato da Churchill e
Roosevelt nellagosto del 1941, disegnava una cooperazione tra i due paesi, in vista di
fini postbellici caratteristicamente segnati dalla tradizione wilsoniana:
autodeterminazione dei popoli, libert dalla paura e dal bisogno, libert di commercio,
rifiuto di ingrandimenti territoriali, libert dei mari, disegno di un mondo sicuro e
libero. LUnione Sovietica intanto veniva coinvolta nel conflitto, a causa della decisione
tedesca di lanciare laggressione di sorpresa (operazione Barbarossa, 22 giugno
1941). Lattacco fu impostato come una vera e propria guerra di sterminio ideologicorazziale.
Intanto peggioravano anche i rapporti nippo-americani. La risposta statunitense
alloccupazione dellIndocina si imperni su una sorta di guerra economica, bloccando
rifornimenti petroliferi essenziali per il paese del Sol Levante: tale irrigidimento spinse
ulteriormente la casta militare a cercare una via duscita bellicosa. Lattacco
giapponese alla flotta americana del Pacifico a Pearl Harbor (Hawaii), nel dicembre del
1941, complet il quadro coinvolgendo direttamente anche gli Stati Uniti nel conflitto.
Lingresso americano nella guerra, fu quindi forzato dalla decisione giapponese.
Furono poi Germania e Italia, dichiarando guerra anche agli Stati Uniti, a stringere un
legame tra i due teatri di guerra (europeo e asiatico). La competizione per il
predominio imperiale e lo scontro tra paesi soddisfatti di Versailles e paesi revisionisti,
arriv quindi a produrre un conflitto in cui emersero nuovi problemi e nuovi caratteri
ideologici. Un primo aspetto era lo scontro tra le due maggiori ideologie totalitarie
contemporanee, nazifascismo e comunismo, aspramente contrapposte tra loro quanto
legate per intrecci genetici e rapporti di imitazione e competizione. Ma laltro
determinante attore ideologico della guerra civile mondiale (alcuni intellettuali la
definirono cos) era la liberal-democrazia occidentale. Larticolazione concreta del
conflitto svilupp fronti globali transnazionali, intrecciati alla lotta tra Stati, che
scavalcarono le frontiere e si riproducevano allinterno delle societ di guerra.
Lideologia si innestava sulla competizione geopolitica, la rafforzava e radicalizzava,
rendendola pervasiva. La nuova guerra totale tra fascismi e antifascismi assunse
modalit addirittura religiose, e quindi meno negoziabili.
Il fallimento del piano che prevedeva di chiudere i conti con lUrss entro linizio
dellinverno del 1941 fu il primo segno che la scommessa di Hitler era stata azzardata
sul piano militare. Stalin riusc a ottenere dalle sue truppe di assestarsi su una linea di
resistenza, nel dicembre del 1941, facendo ampliamente appello al nazionalismo
russo. Gli stessi angloamericani, che davano inizialmente per scontato il crollo
dellUrss, mutarono prospettiva. Nonostante ulteriori incomprensioni, la loro

cooperazione economica fu estesa anche allUrss. Stalin si affrett addirittura a


sottoscrivere la stessa Carta atlantica, per dare segnali di buona volont. Il 1 gennaio
del 1942, la Dichiarazione delle Nazioni Unite formalizzava quindi il fronte politico e
militare antifascista, impegnandosi a rifiutare ogni pace separata. Inoltre, i giapponesi
confermarono il patto di non aggressione con lUrss, permettendo a Stalin di
concentrare la maggior parte delle sue risorse militari sul confine occidentale. Dopo
unulteriore offensiva tedesca della primavera-estate del 1942, la sanguinosissima
battaglia di Stalingrado di inizio 1943 segn il punto di svolta e lavvio della
controffensiva sovietica. Nel frattempo i bombardamenti strategici sulle fabbriche, le
infrastrutture e le citt fiaccavano la resistenza economica e morale della fortezza
Europa, gi provata dal blocco marittimo. Il secondo fronte in occidente
ansiosamente atteso da Stalin tard ancora molti mesi, fino allo sbarco angloamericano in Normandia nel giugno del 1944. A fronte della disperata ma efficace
operazione staliniana di ricucire patriottismo e ideologia, si rivel molto scarsa invece
la capacit da parte nazista di uscire da unottica brutalmente imperiale per ottenere
solidariet presso gli oppressi del regime sovietico. Inoltre, proprio nel corso della
direttiva espansiva verso est, e dopo il fallimento dellidea di una rapida vittoria
coltivata con loperazione Barbarossa, lantisemitismo nazista si precis
definitivamente come politica di sterminio pianificato degli ebrei. Dalle iniziali misure
discriminatorie e ghettizzanti, si arriv a concepire la distruzione di massa delle
comunit ebraiche. Alla fine del 1941 risale la vera e propria pianificazione della
soluzione finale, con la deportazione di circa sei milioni di ebrei europei verso le
camere a gas di Auschwitz e degli altri campi di sterminio. La Shoah mostrava
laspetto indubbiamente pi tragico della durezza dell ordine europeo nazista.
Qualche maggior successo nello sfruttare a proprio favore nazionalismi ansiosi di
rivincita contro limperialismo europeo, lo ebbero i giapponesi, che tentarono di
legittimare la loro espansione nel sud-est asiatico come unalleanza di popoli asiatici
oppressi, in chiave anticoloniale e di riscatto contro la razza bianca. La caduta di
capisaldi coloniali occidentali in oriente su rapida: Malesia, Borneo, Singapore, Filippine
cedettero in rapida successione. La marina statunitense riusc per a salvare il grosso
delle sue forze e a riorganizzarsi: la battaglia aeronavale delle Midway, del giugno del
1942, ferm lespansione giapponese. Le frustrazione del nazionalismo fascista e la
fine della guerra parallela italiana causarono ulteriori motivi di debolezza dellAsse.
La debolezza crescente della cooperazione italiana doveva mettere capo a notevoli
problemi strategici per la Germania. Dopo la cacciata delle truppe italo-tedesche
dallAfrica settentrionale e lo sbarco anglo-americano in Sicilia, il regime fascista entr
nella sua crisi finale (25 luglio 1943) e lItalia arriv a chiedere larmistizio, annunciato
l8 settembre sempre del 1943. La scelta hitleriana di occupare la gran parte della
penisola, per assumere la difesa del proprio fianco sud, fu a quel punto dispendiosa,
oltre che critica per lItalia, divenuta teatro di aspri combattimenti. In Italia, non furono
facili n la cooperazione di forze antifasciste diverse nei Comitati di liberazione
nazionale (Cln) costituiti dopo l8 settembre 1943, n i loro rapporti con la monarchia e
il precario governo del maresciallo Badoglio: nella primavera del 1944 per unintesa
tattica fece emergere la priorit della lotta di liberazione nazionale contro loccupante
tedesco e la reincarnazione settentrionale del regime fascista nella Repubblica di Sal.
La Dichiarazione delle Nazioni Unite del gennaio 1942, con i suoi espliciti riferimenti
alla Carta atlantica, doveva restare il punto di riferimento generale della guerra
antinazista e dallinizio del 1943 crebbe tra i Tre Grandi alleati lintenzione di definire
in anticipo lorizzonte futuro della pace. Furono cos tenute alcune conferenze al
vertice (Teheran, nel dicembre 1943 e Jalta, nel febbraio 1945), che delinearono una
sorta di direttorio dei vincitori, anche se non scomparvero ricorrenti incomprensioni e
una certa sfiducia reciproca tra paesi che avevano interessi e priorit differenti.
Lesigenza prioritaria staliniana di evitare nuove aggressioni da occidente e
confermare la propria riconquista dellarea imperiale zarista (comprese le annessioni
del 1939) lo portava a chiedere una favorevole sistemazione delle frontiere, ma

soprattutto una strutturazione consona dei regimi politici dei paesi confinanti. Il
progetto di una sfera dinfluenza sovietica nellEuropa orientale emerse quindi molto
presto nelle discussioni al vertice degli anni della guerra, pur non ancora precisato nei
suoi confini e nelle sue forme. Dallaltra parte, un rigido conservatore come Churchill,
che pure era stato tra i primi a ritenere indispensabile la cooperazione con lUrss per
battere il nazismo, era preoccupato per lespansione possibile del comunismo nel
cuore dellEuropa. Per questo tent di rilanciare nel 1943 la vecchia idea britannica di
costituire un secondo fronteeuropeo nei Balcani, partendo dal previsto sbarco in
Italia e sviluppando poi unoffensiva fino a Vienna e Praga. Tale piano non fu sostenuto
da Roosevelt, che lo riteneva militarmente poco efficace. Churchill allora modific la
strategia, cercando piuttosto di coinvolgere Stalin in qualche negoziato sullestensione
della sfera sovietica nellEuropa orientale. Si continuava infatti a pensare di poter
costruire un sistema di Stati europei occidentali, sotto la guida britannica, che
bilanciasse la sfera dinfluenza sovietica. A livello globale, nonostante le pressioni
statunitensi, gli inglesi non intendevano abbandonare le tradizionali posizioni imperiali,
allentare la propria guida del Commonwealth o rivedere lesigenza di un controllo di
punti strategici dellEuropa e del Mediterraneo. Il solido legame americano avrebbe
dovuto restare come necessario vincolo per la sicurezza, ma senza condizionare pi di
tanto il proprio ruolo mondiale. Dal punto di vista americano, Roosevelt e i suoi
consiglieri elaborarono un originale grande disegno, emerso gi nella fase della
neutralit e definito poi negli ultimi anni di guerra. La nuova visione statunitense dei
problemi internazionali partiva dalla crisi, ritenuta irreversibile, del sistema europeo.
Nel nuovo quadro globale, la national security statunitense aveva bisogno di un
ambiente internazionale foggiato secondo schemi americani. La sconfitta dei tentativi
egemonici totalitari in Europa era quindi il primo passaggio di un disegno politico che
garantisse la crescita economica e la stabilit internazionale. Occorreva rompere i
confini delle aree di cooperazione chiuse, promuovere lintegrazione economica ed
estendere il commercio multilaterale. Superando definitivamente gli effetti della crisi
del 1929, si sarebbero cos messe le basi per diffondere la crescita e quindi per
attenuare i conflitti di redistribuzione delle risorse. La prima preoccupazione dei
pianificatori americani fu quella di costituire nuovi specifici organismi che avrebbero
dovuto garantire la cooperazione economica internazionale. La promessa implicita era
che la potenza finanziaria pi solida doveva garantire il proprio contributo alla crescita
e alla stabilit economica internazionale. La conferenza monetaria e finanziaria di
Bretton Woods del luglio del 1944, con la partecipazione di 44 paesi, costru un
compromesso tra la proposta inglese, elaborata da Keynes, di un organismo che
gestisse una vera moneta internazionale (il bankor) non impedendo per margini di
fluttuazione monetaria e di flessibilit delle politiche economiche dei singoli aderenti,
e quella americana, che insisteva sulla rigidit dei cambi fissi tra le monete e su uno
strumento di compensazione pi limitato tra paesi creditori e debitori. La conferenza
mise quindi capo a due organismi: la Banca internazionale per la ricostruzione e lo
sviluppo (primo passo di una Banca mondiale, per gli investimenti a lungo termine) e il
Fondo monetario internazionale, che doveva appunto sorvegliare i movimenti
finanziari a breve termine e i rapporti tra le monete. Il loro intreccio avrebbe dovuto
strutturare un sistema finanziario internazionale aperto la governato e quindi stabile.
Limpegno statunitense a finanziare queste strutture si garantiva proporzionale potere
di influenza sulle loro decisioni e fissava la centralit del dollaro come moneta
internazionale. Ladesione iniziale della stessa Unione Sovietica sembr rendere il
disegno veramente globale.
Questo mondo economicamente unito avrebbe avuto anche bisogno di una struttura
istituzionale politica: si recuperava leredit wilsoniana, sia pure con una serie di
correzioni. In primo luogo, gli Stati Uniti dovevano impegnarsi direttamente: lo Stato
che possedeva potenza militare preponderante doveva aiutare a mantenere la pace.
Fu anche riproposta lipotesi di una nuova organizzazione internazionale che riunisse
tutti i paesi del mondo. La nuova Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) cominci

quindi a delinearsi. Dal punto di vista istituzionale, il meccanismo previsto dalla Carta
dellOnu, ricalcava quello della Societ delle Nazioni, con unassemblea generale degli
Stati membri e un Consiglio di sicurezza di 15 membri, oltre a un segretario
permanente. Occorreva per garantire un miglior nesso tra le responsabilit globali
delle grandi potenze e il rispetto dei piccoli Stati: la novit pi marcata fu la previsione
di un diritto di veto sulle decisioni del consiglio per i cinque membri permanenti
(Regno Unito, Urss, USA, Cina e Francia).
Laspetto direttoriale di questo meccanismo era quindi evidente: i membri minori
erano vincolati alle decisioni degli Stati pi importanti. Il consiglio godeva di una
gamma di possibili misure per intervenire contro le minacce alla pace, con
unescalation che arrivasse fino a unazione militare collettiva contro leventuale
aggressore tramite una forza armata ad hoc (quelli che verranno poi definiti i caschi
blu) sotto la protezione dellorganizzazione stessa. Si ammettevano poi organismi
regionali di sicurezza per esercitare il diritto allautodifesa degli Stati, almeno fino a un
intervento dellOnu stessa. Tale impalcatura venne approvata prima della fine del
conflitto alla conferenza di San Francisco (aprile-giugno 1945) e a firmare lo statuto
furono 50 Stati (cui si aggiunse subito dopo anche la Polonia) il 26 giugno del 1945.
Sui problemi dellassetto territoriale e politico dell Europa liberata, Roosevelt fu
prudentissimo, mirando a rimandare tutti gli scogli pi ardui. Le decisioni sul futuro
della Germania erano, come prevedibile, tra le pi difficili da assumere: ci si accord
per un periodo di occupazione militare provvisoria da parte dei vincitori, che si divisero
le zone doccupazione. Molto delicata e controversa fu la questione polacca, discussa a
Jalta: paese simbolo dello scoppio della guerra, era oggetto della volont russa di non
averla ostile e di non restituire i territori incamerati nel 1939, per cui si previde di
compensarla con una nuova fascia occidentale sottratta alla Germania, fino ai fiumi
Oder e Neisse.
Al contrario che nel 1919, la fine della guerra port alla resa incondizionata e alla
distruzione totale dellavversario: i carri armati russi entrarono nella Berlino in
macerie, mentre i gerarchi nazisti seguivano Hitler nel suicidio o si davano alla fuga.
Le due bombe atomiche statunitensi lanciate su Hiroshima e Nagasaki, nellagosto
1945, chiusero anche la guerra nel Pacifico. Auschwitz ed Hiroshima caddero come un
peso sulla coscienza europea non minore dei 50 milioni di morti in guerra. Tra laltro,
una buona met di costoro, per la prima volta nella storia, era costituita da civili morti
sotto i bombardamenti aerei, nelle rappresaglie, nei campi di sterminio o nelle
distruzioni collegate al passaggio dei fronti attraverso tutte lEuropa, oltre che il Medio
Oriente, la Cina e altre regioni.
CAPITOLO 4: DUE IMPERI MONDIALI? IL SISTEMA BIPOLARE DELLA GUERRA FREDDA
(1945-1968)
Alla fine della guerra lEuropa coperta da macerie aveva perso la sua centralit nella
dinamica mondiale. Si delineava il bipolarismo di due super potenze extraeuropee:
gli Stati Uniti e lUnione Sovietica. In posizioni diseguali tra loro, esse diventarono i
punti di riferimento attorno a cui si coagularono le relazioni tra gli alti Stati. I ventanni
successivi alla guerra furono segnati dapprima dalla difficile accettazione e poi dalla
progressiva strutturazione di questo nuovo sistema internazionale. Si trattava di un
sistema conflittuale, imperniato sullo scontro ideologico attorno alla discriminante tra
comunismo e mondo libero, con una contrapposizione armata che non sfoci
peraltro in uno scontro militare (la cosiddetta guerra fredda). La guerra fredda era
per solo una parte della realt. Proprio al riparo della cupa stabilit internazionale, si
avviarono complesse operazioni politiche. Il sistema occidentale si costitu come una
trama di relazioni globali, economicamente aperte e politicamente regolate, in cui i
diversi Stati membri e i diversi interessi svilupparono una logica di interdipendenza.
Una nuova fase di enorme crescita economica internazionale iniziava a redistribuire
molti fattori della potenza. Fuori dallEuropa crollavano rapidamente gli imperi coloniali

e apparvero molteplici nuovi Stati indipendenti, che dovevano gestire leredit


dellimperialismo e si inserirono nella competizione bipolare, cercando strade originali.
La fine del decennio 60 vide la guerra fredda stabilizzarsi in un panorama molto meno
teso e a tratti addirittura cooperativo.
La seconda guerra mondiale aveva spiazzato definitivamente i tentativi di ricondurre
sotto controllo le dinamiche economiche per mezzo di sistemi imperiali chiusi
autarchici di orizzonte militare e territoriale definito. La sconfitta del tentativo tedesco
e giapponese (e in maniera pi modesta anche italiano) di realizzare grandi imperi con
la conquista territoriale aveva sancito la vittoria della concezione antifascista, gi
sedimentato dal decennio precedente, che mirava ad un mondo unito. Simbolo del
nuovo clima fu la punizione dei crimini di guerra dei gerarchi nazisti, con un apposito
tribunale internazionale che oper a Norimberga tra il 1945 e il 1946 (in parallelo
oper analogamente per i capi militari giapponesi). Si intendeva fissare il principio per
cui esistevano un diritto internazionale e una responsabilit verso lumanit, pi alti e
forti della sovranit degli Stati e dellobbedienza agli ordini ricevuti. Al di l delle
controversie (la punizione venne riservata solo agli sconfitti), era un simbolo forte di
un nuovo potenziale universalismo. Non a caso, su questa pista, lOnu nel 1948
sarebbe riuscita ad approvare una Dichiarazione universale dei diritti delluomo che
metteva le basi costituzionali per un diritto internazionale positivo dei diritti umani.
Il concetto di superpotenza nacque per distinguere una nuova categoria di soggetti
della politica internazionale, diversi dalle grandi potenze europee tradizionali: erano
Stati di dimensioni e potenzialit demografiche ed economiche almeno semicontinentali, con un raggio dazione globale e disegni politico-ideologici di portata
complessiva. La presenza di questi nuovi soggetti globali era un altro segno di un
mondo sempre pi integrato e di un cambiamento profondo sul piano della
sovranit: non tutti gli Stati erano sovrani allo stesso modo, ormai. La prima e vera
superpotenza erano gli Stati Uniti dAmerica. La situazione economica del paese
continu a esser florida per parecchi anni. Gli Usa arrivavano da soli a superare la
met della produzione manifatturiera mondiale. Un nuovo slancio demografico port il
Pnl a triplicare ulteriormente ed una nuova ondata di innovazione tecnologica e un
forte aumento della produttivit portarono alla prosperit diffusa e al consumismo di
massa. Gli effetti della politica internazionale di questo assoluto primato erano
evidenti: il predominio militare dispiegato in guerra, soprattutto in campo aeronavale,
aveva smosso le resistenze allassunzione di responsabilit globali. Il mondo che stava
di fronte alla superpotenza americana era ulteriormente pi piccolo e controllabile,
grazie ai nuovi progressi della tecnologia in campo radiofonico ed aeronautico. Il
primato assoluto delle posizioni statunitensi in Estremo Oriente, con loccupazione
militare del Giappone e lo smantellamento delle sue posizioni imperiali, fece riscontro
a unestensione delle zone di interesse nel Mediterraneo e nella stessa Europa. Sul
continente europeo, per, gli USA dovevano fare i conti con gli alleati. Spiccava in
questo quadro la situazione dellUrss, laltra superpotenza. La produzione del 1945
era crollata, nonostante lo sforzo produttivo bellico, e per uscire da queste ristrettezze,
la dirigenza sovietica non trov di meglio che confermare la prospettiva di sviluppo
ormai canonizzata da Stalin, con la concentrazione assoluta dellindustria pesante e
sulle infrastrutture di tipo strategico, a detrimento dei beni di consumo e
dellagricoltura. Daltra parte, il ruolo internazionale sovietico non era pi marginale,
ma proprio la guerra laveva reso determinante almeno in Europa. Stalin elabor poi
una politica di sicurezza quasi sicuramente difensiva, unilaterale e poco cooperativa.
Assoluta centralit continu a essere attribuita alla sicurezza militare del paese: le
spese militari furono ridotte ma non tagliate considerevolmente, e lArmata Rossa
continu a tenere sotto le armi tre milioni di uomini. La scelta dellisolamento
economico internazionale fu ulteriore conseguenza diretta: ladesione al Fmi (Fondo
monetario internazionale) non fu infatti mai confermata. La costruzione di una sfera
dinfluenza nellEuropa orientale era un determinante e decisivo obiettivo per Stalin.
Inizialmente fu coniata la formula democrazie popolari, che alludeva a uno stadio di

evoluzione intermedio rispetto al socialismo realizzato. Le cose precipitarono


soprattutto per le difficolt incontrate: le resistenze antirusse locali, la scarsit di
risorse disponibili e le debolezze della cultura politica bolscevica nel gestire ogni
diversit storica. Lazione sovietica divenne quindi rapida e drastica, appoggiandosi
alloccupazione militare dellArmata Rossa. L dove le elezioni indicavano tendenze
pericolose, furono usate pressioni e condizionamenti: i partiti contadini e quelli
socialdemocratici furono infiltrati e spezzati e la minoranza comunista conquist puntichiave di controllo del sistema istituzionale statale. La sfera di influenza sovietica in
Europa orientale assumeva quindi caratteri ben pi chiusi e problematici di quanto si
fosse ipotizzato durante la guerra. Questa politica gener nel USA e in Europa
occidentale incomprensioni, preoccupazioni e insicurezza. Nacquero timori di ulteriori
slanci espansionistici sovietici verso il centro del continente. In diversi paesi, infatti, i
partiti comunisti erano in forte crescita elettorale e politica, grazie al loro ruolo nelle
coalizioni resistenziali e alla crisi dei modelli liberal-borghesi. Stalin, avveduto delle
debolezze sovietiche, decise di guidare la sua politica dei partiti comunisti fuori
dallEuropa orientale in modo molto cauto, chiedendo loro di radicarsi in un contesto
ostile, senza immaginare improbabili svolte rivoluzionarie. In sostanza, lUrss dimostr
la propria capacit di essere una superpotenza nel sottrarsi al sistema economico
internazionale aperto, voluto dagli Stati Uniti, a prezzo per di ridurre le pretese
universalistiche della propria ideologia.
I problemi della cooperazione tra i grandi non erano finiti qui. Le potenze europee
occidentali vincitrici cercavano di perseguire autonomi disegni politici, anche se non
avevano la forza di costruire una reale autonomia rispetto al grande progetto
americano. Londra si impegn in un duro braccio di ferro con Washington per
difendere la particolarit del propria sistema imperiale e del blocco monetario della
sterlina. La guerra aveva per esaurito largamente le risorse finanziarie e produttive
britanniche. La vittoria laburista, nelle elezioni dellestate del 1945, espresse inoltre
una volont di svolta radicale nel modello sociale: il governo Attlee var una ampio e
dispendioso progetto di nazionalizzazioni e di realizzazione di un sistema di Welfare
State. Leconomia ebbe difficolt a ripartire e fu negoziato un maxi prestito americano,
per il quale gli USA imposero come condizione di ripristinare la convertibilit della
sterlina: nel giro di poche settimane il prestito era stato consumato per difendere la
moneta e la sterlina torn rapidamente inconvertibile. Questa esperienza rese il
governo di Washington pi cauto sulla prospettiva di una rapida liberalizzazione
valutaria globale. In queste condizioni difficili, il governo di Attlee, con la forte
personalit di Ernst Bevin, persegu un tentativo di ridimensionare il sistema imperiale
senza perdere un ruolo di grande potenza. Lindipendenza dellIndia (promessa gi
durante la guerra) fu realizzata nel 1947 in modo abbastanza indolore per gli inglesi,
anche se non per gli indiani che videro la sanguinosa spartizione dellex territorio
britannico in due Stati divisi sa criteri religiosi (lUnione Indiana e il Pakistan
musulmano). Ancor pi complessa la situazione del Mediterraneo orientale, dove la
Gran Bretagna volle difendere un bastione settentrionale per proteggere gli interessi
petroliferi e le vie di comunicazione marittime da penetrazioni sovietiche., ma dovette
rendersi conto di non riuscire a controllare i punti di crisi crescenti: guerriglia
comunista in Grecia, pressioni russe sulla Turchia, infiltrazioni in Iran. Nella regione di
aprivano anche nuovi problemi: la neo costituita Lega degli Stati arabi gi
indipendenti, punt via via pi esplicitamente a ridurre il controllo occidentale. Il
governo inglese decise di concentrare su Cipro e Suez le posizioni navali,
abbandonando anche il mandato in Palestina. Tra gli immigrati ebrei erano nate
formazioni paramilitari che compirono atti terroristici antinglesi e
contemporaneamente si scontravano con le popolazioni arabe. La rivendicazione
sionista i uno Stato ebraico fu quindi sottomessa allOnu, dove un comitato speciale e
poi lassemblea, nel novembre del 1947, proposero la spartizione dellex mandato
britannico tra uno Stato ebraico e uno arabo. Il rifiuto degli arabi palestinesi e della
Lega araba fece scoppiare una guerra civile, cui si aggiunse, dopo la proclamazione

dello Stato dIsraele, una guerra tra lesercito ebraico e gli Stati arabi nel maggio
1948. Gli Stati arabi erano per sostanzialmente divisi dalle loro esigenze
particolaristiche e mobilitarono poche e disorganizzate truppe, mentre gli ebrei
riuscirono ad allargare il controllo del territorio rispetto alla carta fissata dallOnu.
La Francia, nel 1945, era altrettanto in difficolt, fortemente impoverita dalla guerra
doveva anche cercare di superare la drammatica lacerazione apertasi nel 1940. Ci
riusc inizialmente grazie allintesa tra De Gaulle e i partiti della resistenza interna, che
per non dur pi di pochi mesi. Forse per reazione al dramma della sconfitta, i
governi della Quarta Repubblica furono molto pi rigidi delllite britannica nel
ripresentare una politica antitedesca e imperialista. Mirarono a ripristinare il controllo
coloniale non riconoscendo molta autonomia ai territori dipendenti. Tale tentativo
provoc una serie di aperte crisi. Nel 1946 inizi una guerriglia in Indocina, nel 1947 si
ebbe una rivolta in Madagascar e si accesero forti tensioni in Africa settentrionale,
mentre dopo una breve crisi le truppe francesi dovettero abbandonare Siria e Libano.
Negli ultimi mesi di guerra e nellavvio del dopoguerra si verific una nuova imponente
ondata migratoria di milioni di profughi che attravers lEuropa, per spostamenti
forzati o spontanei di popolazione, tali da mettere capo a una relativa maggiore
omogeneit etnico-linguistica degli Stati, particolarmente nellaerea tra la Germania,
lUrss e i Balcani.
La questione tedesca rest aperta, emblematica al massimo grado di difficolt a
concepire una collaborazione efficiente tra i vincitori. Il problema della pace con il
principale paese sconfitto fu sostanzialmente congelato e rinviato, tenendo vive le
zone doccupazione.
Dopo qualche incertezza, gli Stati Uniti adattarono rapidamente il proprio progetto
complessivo a questa nuova situazione, senza nemmeno sconvolgerlo radicalmente, a
partire dalla fine del 46. Non bastava un ruolo di regolatore economico istituzionale
del mondo: occorreva aggiungere una nuova disponibilit a intervenire politicamente
ma anche militarmente per il contenimento di unUrss percepita come sempre pi
aggressiva, per virtualit dellideologia comunista integrata alleredit
dellespansionismo zarista. Non era temuta tanto unaggressione militare sovietica
verso ovest (ritenuta realisticamente impossibile), ma piuttosto preoccupava il
potenziale vantaggio politico che lUrss avrebbe potuto ottenere dallinstabilit
europea. Il vero punto di non ritorno nel peggioramento rapido dei rapporti tra le
superpotenze fu la crisi del 1947. Si defin nel corso di questanno una
contrapposizione istituzionale dei due mondi, cominciando da parte occidentale.
Venne popolarizzata in questo frangente da parte del giornalista americano Walter
Lippmann la stessa espressione guerra fredda: il concetto indicava uno stato di alta
tensione internazionale, con uno scontro globale short of war (ai limiti della guerra) tra
le due superpotenze e i due blocchi ad esse collegati, portatori di progetti sociali
alternativi con caratteri ideologicamente totali. I caratteri religiosi del conflitto,
limpossibilit di una mediazione, la convinzione che solo la distruzione (politica o
fisica) di uno degli avversari avrebbe potuto porre fino allo scontro si diffusero. In
fondo, il carattere totale della guerra fredda era un ulteriore gradino della concezione
della guerra totale cresciuta lungo tutta la prima met del secolo fino alla guerra
civile europea dei trentanni. Dal punto di vista pubblico, un passaggio cruciale della
consapevolezza della guerra fredda fu lenunciazione della cosiddetta dottrina
Truman, nel marzo del 1947, come primo manifesto ideologico della contrapposizione
globale: gli USA promettevano di aiutare i popoli liberi che intendessero opporsi ai
tentativi di asservimento compiuti da minoranze armate o da pressioni che
provengano dallesterno. Di l a pochi mesi, il 5 giugno del 1947, un altro passo
decisivo fu compiuto con la proposta del segretario di Stato, il generale George
Marshall, di mettere a disposizione notevoli fondi americani per i paesi che fossero
disposti a cooperare tra loro per la ricostruzione integrata dellEuropa. Da una parte, il
piano Marshall, nonostante si mostrasse aperto a qualunque Stato volesse aderirvi,
faceva parte della logica di contenimento del comunismo. La risposta sovietica alz

allora ulteriormente il livello della contrapposizione ideologica con la fondazione in


settembre a Szklarska Poreba (Polonia), di un nuovo Ufficio dinformazione dei partiti
comunisti europei (Cominform), che comprendeva i partiti italiano e francese, oltre a
quelli al governo nellest europeo. Si irrigidiva dunque il blocco sovietico e si
chiamavano i maggiori partiti comunisti europei occidentali alla lotta frontale al piano
Marshall, interpretato come possibile avvio di un processo aggressivo. Tipica logica
staliniana di arroccamento. Laltra faccia del piano Marshall era anche quella pi
importante: sostenere la sicurezza europea contro il comunismo significava anche
continuare a perseguire il disegno americano di rimodellare il Vecchio Mondo a
immagine del Nuovo, fondendo libere forze di mercato e istituzioni centrali di
coordinamento e di controllo per creare un mercato continentale amministrato come
quello degli USA, in grado di limitare la penetrazione dei comunisti, sciogliere le
tensioni di classe attraverso unabbondanza condivisa e porre i paesi del continente
sulla via di un sistema multilaterale di commercio mondiale.
La nascita di un organismo occidentale per la gestione degli aiuti Marshall nel luglio
del 1947 (poi strutturato nellOrganizzazione per la cooperazione economica europea
= Oece) rese palese e corposa la spaccatura dei mondi. I due aspetti del piano erano
collegati: proprio la necessit di rinsaldare un sistema di sicurezza di fronte alla sfida
sovietica rese pi accettabile un certo sacrificio di autonomia degli Stati europei. Non
era infatti facile per le ex grandi potenze predisporsi a una maggiore apertura e
integrazione delle economie. La gran parte dei governi coinvolti nelloperazione cerc
di salare la gestione nazionale degli aiuti, controllando strettamente lintegrazione e
utilizzandola fino a quando servisse alla tutela dello spazio nazionale. LOece stessa
rimase un debolissimo organismo di supervisione, scarsamente in grado di intervenire
sulle politiche economiche nazionali.
Limpatto politico interno delle divisioni internazionali attorno al piano Marshall fu
immediato. Nelle societ europee occidentali si spaccarono le solidariet resistenziali,
con lestromissione dei partiti comunisti dal governo in Francia, Belgio e Italia nel corso
della primavera-estate del 1947. Da allora, la guerra fredda attravers
longitudinalmente le societ, creando al loro interno schieramenti contrapposti. Nel
febbraio del 1948, un colpo di Stato a guida comunista chiuse gli ultimi margini di
democrazia pluralista rimasti allest: quelli della progredita Cecoslovacchia. Un
incomparabile maggior margine di tolleranza e pluralismo esisteva in occidente, ma le
analogie non mancavano: la guerra fredda funzion anche come fattore di coesione e
semplificazione della vita politica interna ad ambedue i blocchi.
Intanto, il fallimento della conferenza interalleata di Londra sulla Germania, del
novembre 1947, segnava la chiusura del dialogo diplomatico ufficiale tra Est e Ovest:
fino al 1955 sar lultimo momento di incontro al vertice tra i due blocchi. La divisione
della Germania matur definitivamente: fu accelerata la fusione delle zone
doccupazione occidentali, con una riforma monetaria unificante, mentre si
completava lomologazione della zona doccupazione sovietica con la creazione della
Sed, nuovo partito dominante (frutto dellunificazione dei comunisti con i
socialdemocratici). La divisione aveva come punto critico la situazione della capitale,
Berlino, governata ancora da unamministrazione interalleata comune, anche se le
zone occidentali erano divenute ormai unenclave (= territorio situato entro i confini di
uno stato ma politicamente dipendente da altro stato) nel territorio della zona
sovietica. Proprio per reagire allestensione della riforma monetaria al settore
occidentale dellex capitale, i sovietici tentarono nel giugno del 1948 di costringere ad
abbandonare le posizioni tramite un blocco stradale e ferroviario, aggirato dagli
americani con un complesso ma efficace ponte aereo, durato un anno. La fine del
blocco sanc lo status quo, con la nascita nel corso del 1949 di due nuovi Stati: la
Repubblica federale tedesca (Brd) allovest e la Repubblica democratica tedesca (Ddr)
allest. I due Stati, concepiti come provvisori, non firmarono nessun trattato di pace,
rivendicando ognuno per s una rappresentanza esclusiva del popolo tedesco e non
riconoscendo laltro: nella Brd il Grundgesetz (legge fondamentale) prevedeva che

potessero aderire alla repubblica altre parti della Germania che ne facessero richiesta.
Si pensava soprattutto a territori ancora oggetto di occupazione come la Saar, ma
lipotesi poteva valere per i territori orientali. Tale divisione dur fino al 1990.
In questo quadro, un passo avanti dellorganizzazione delloccidente fu la nascita di
unalleanza politico-militare difensiva. La proposta fu soprattutto europea, cio
sostanzialmente franco-inglese. In unEuropa dimezzata dalla guerra totale, si doveva
trovare un modo per legare definitivamente gli Stati Uniti alla ricostruzione economica
e alla sicurezza europea, ponendo un deterrente a possibile tentazioni sovietiche di
allargare la propria zona dinfluenza. Lalleanza franco-inglese, rinnovata a Dunkerque
nel 1947, fu cos allargata, nel marzo del 1948 in un patto di Bruxelles, che univa i due
paesi della Manica a Belgio, Olanda e Lussemburgo (che poco prima avevano creato
lunione doganale definita Benelux). Per tenere insieme i paesi europei traumatizzati
dalla guerra, occorreva, secondo gli USA, investire non solo i dollari del piano Marshall
ma anche la presenza di soldati americani in Europa e nelle zone strategiche del
pianeta. Furono quindi gli Stati Uniti a proporre un modello per affrontare lesigenza
posta da Londra e Parigi: quello del patto di sicurezza collettivo, sperimentato nel 1947
con il trattato di Rio che univa tutti i 21 paesi del continente americano. Dopo un anno
di negoziati, i paesi del patto di Bruxelles, gli Stati Uniti e il Canada firmarono
nellaprile del 1949 il patto atlantico, esteso anche allItalia, Norvegia, Portogallo,
Danimarca e Islanda. Si trattava di unalleanza difensiva, limitata geograficamente
allarea atlantica ed europea, con un impegno di soccorso reciproco rispettoso delle
diverse procedure costituzionali interne e con un rinvio alla carta dellOnu.
Intanto i due blocchi si irrigidirono e gli armamenti continuarono a crescere. Rest per
operante la convenzione implicita che tale contrapposizione non dovesse e non
potesse sfociare nella guerra aperta. La competizione si spostava sul nuovo terreno
della guerra non combattiva, dello scontro sociale ed economico tra sistemi
tendenzialmente globali. Anche le agenzie e le istituzioni sovranazionali o
internazionali furono risucchiate inevitabilmente nel vortice della guerra fredda.
Significativa fu la posizione della Chiesa cattolica. Papa Pio XII affront il dopoguerra
con la volont di riproporre la centralit di una Chiesa educatrice di uomini e di
popoli, al di sopra degli schieramenti politici. Vide anchegli per con fortissima
preoccupazione lavanzata sovietica nellEuropa centrale e fu rassicurato della svolta
della politica americana verso una maggiore fermezza. La posizione internazionale
della Chiesa cattolica oscill quindi, dal 1948 in poi, tra una decisa polemica
anticomunista e antisovietica e la volont di distinguersi dal blocco occidentale per
tener aperta una qualificazione spirituale del proprio magistero universale, rivolto
allunit dellEuropa, ai giovani popoli extraeuropei e alle stesse popolazioni dellest
europeo.
La guerra fredda si allarg per ben presto fuori dallEuropa. La vittoria nel 1949 della
rivoluzione comunista di Mao Zedong in Cina chiuse la lunghissima guerra civile
avviata fin dal 1927 nel grande paese asiatico, dopo la tregua antigiapponese degli
anni di guerra. La sfera comunista mondiale si allargava ulteriormente e quindi,
potenzialmente, la guerra fredda investiva anche lEstremo Oriente. La solidariet tra
Mosca e Pechino era stata apparentemente forte nella fase rivoluzionaria, ma tale
situazione era tuttaltro che scontata per il futuro. Pesava la radicale diversit
dellelaborazione ideologica del comunismo cinese, che si collegava alla centralit del
problema contadino, ma contava anche la volont della nuova Repubblica popolare
cinese di ricoprire un ruolo internazionale autonomo nellarea asiatica.
Anche in seguito alle preoccupazioni americane per questi eventi, gi allinizio del
1950, lapproccio occidentale alla guerra fredda conobbe un salto di qualit. La notizia
che la prima bomba atomica era stata sperimentata con successo innesc ulteriori
ripensamenti nellamministrazione Truman. Occorreva una nuova strategia offensiva,
che ridesse liniziativa alloccidente tramite la mobilitazione economica totale delle
risorse americane ed europee, un ampio programma di riarmo convenzionale e la
stretta dei vincoli delle alleanze. Crebbe fortemente la pressione americana perch si

arrivasse a riutilizzare anche il potenziale tedesco per la difesa dellEuropa


occidentale, trovando ovviamente forti resistenze soprattutto da parte del governo
francese. Fu in risposta a queste sollecitazioni che in Europa si cominci a ipotizzare di
gestire questi delicatissimi problemi con una soluzione nuova: lintegrazione politica
tra i diversi Stati europei. Prima manifestazione di questo orientamento fu il piano
presentato dal ministro degli Esteri francese Schuman, il 9 maggio del 1950, che
proponeva di permettere alla nuova Repubblica federale tedesca di riprendere la
produzione di carbone e acciaio vincolandola per a un quadro europeo, con unalta
autorit sopranazionale, dotata dei poteri che i singoli governi avrebbero ad essa
conferito. Dal piano Schuman nacque nel 1951 la Comunit europea del carbone e
dellacciaio (Ceca). Vi aderirono, oltre a Francia e Germania Federale, i paesi del
Benelux e lItalia. Ne restava invece fuori la Gran Bretagna, sia per i propri legami nel
Commonwealth, sia per difendere lautonomia della propria industria carbonifera e
siderurgica. Gli Stati Uniti appoggiarono liniziativa ritenendola comunque un passo
avanti in direzione dellauspicata integrazione economica.
Tale percorso conobbe una nuova sfida con lo scoppio della guerra in Corea nel giugno
del 1950. Liberato dalla pluridecennale colonizzazione giapponese, il paese nel 1945
era stato occupato al nord da truppe sovietiche e al sud da un esercito americano.
Ancora una volta una situazione che doveva essere provvisoria si era cristallizzata, con
la nascita nel corso del 1948 di due repubbliche con regimi politici contrapposti. Nel
1950 il governo comunista nordcoreano di Kim Il Sung lanci unoffensiva militare a
sud. Molti osservatori occidentali pensarono che si trattasse di un sondaggio da parte
di Mosca per espandere nuovamente la sfera dinfluenza comunista, ma per quanto ne
sappiamo oggi, invece, liniziativa fu nordcoreana, mentre Stalin aveva dato solo una
sorta di benestare alliniziativa. Il rischio di generalizzazione della crisi fu molto alto:
gli Stati Uniti chiamarono in causa lOnu, il quale Consiglio di sicurezza vot una
risoluzione che giudicava la Corea del Nord paese aggressore. Lautorizzazione
dellOnu copr quindi linvio di truppe americane e di altri paesi a difendere il regime
coreano del Sud. La quasi totale occupazione della penisola da parte del Nord fu
seguita da unoffensiva americana, cui rispose lintervento diretto cinese. I russi si
comportarono con ostentata prudenza (pur sostenendo con linvio di armi e materiali
lo sforzo cinese) fino al raggiungimento dellarmistizio nel 1953.
La guerra di Corea coinvolse tutta lAsia orientale nel cuore della guerra fredda. Da
questesperienza emerse lidea di una nuova catena di alleanze per il contenimento
della massa sovietica: nel giro di qualche anno gli Stati Uniti strinsero alleanze con una
serie di paesi del sud-est asiatico. in Medio Oriente prevalevano ancora gli impegni
strategici britannici, rappresentati dal patto difensivo di Baghdad, stretto dal governo
di Londra con Iraq, Pakistan, Iran e Turchia (1955). Insomma, alle basi militari diffuse e
alla disponibilit di usare localmente la forza contro minacce alla sicurezza, si
collegavano ora alleanze vincolanti e impegni della superpotenza egemone a
difendere e sostenere i regimi amici diffusi nei diversi continenti. Un altro elemento
indotto dalla guerra coreana fu la nuova enfasi americana sul riarmo dei paesi
occidentali, compresa la stessa Germania federale. Nel quadro del patto atlantico fu
costituita unorganizzazione militare integrata, la North Atlantic Treaty Organization (la
NATO). Di fronte alla pressione americana sullinserimento della Germania, i sei paesi
della Ceca firmarono nel 1952 il trattato che costituiva una Comunit europea di difesa
(Ced): si sarebbero visti ancora tedeschi in armi, ma comandati da generali europei. Il
progetto della Ced fall per dopo soli 2 anni.
Linserimento della Repubblica federale tedesca nellalleanza atlantica venne allora
realizzato nel 1955 tramite unedizione rivista del patto di Bruxelles del 1948, allargato
appunto allItalia e alla Germania e denominato poi Unione europea occidentale (Ueo).
Questinserimento fu un colpo duro per la politica sovietica che, nel 1952, prov
lultimo tentativo di avanzare il progetto di una possibile riunificazione tedesca
(tentativo sdegnosamente respinto dal governo tedesco di Bonn e dagli occidentali).
Adenauer, cancelliere tedesco-federale, lanci quindi la cosiddetta dottrina Hallstein,

annunciando che avrebbe rifiutato le relazioni diplomatiche con gli Stati che
rinascessero la Ddr (con eccezione dellUrss). Tale politica di forza mirava a
rafforzare lo Stato tedesco-federale.
Nel periodo tra il 1948 e il 1950 prese avvi la grande fase di boom economico
internazionale: elemento cruciale di questa crescita fu un incremento costante della
produttivit del lavoro, in un quadro di costi stabili e relativamente bassi del denaro e
delle risorse energetiche. Si allargarono mercati e consumi privati.
Ci fu una riduzione progressiva delle tariffe doganali, dei contingentamenti e di altri
limiti al commercio, ma in modo lento e selettivo. Laccordo per creare
unOrganizzazione internazionale per il commercio (Ito), raggiunto allAvana nel 1947,
fu un fallimento clamoroso: nemmeno gli USA lo formalizzarono. Al suo posto fu stretto
un General Agreement on Tariffs and Trade (Gatt), che avvi una sorta di negoziato
permanente tra gli Stati. Un punto delicatissimo fu poi la sorveglianza dei governi
nazionali sui movimenti finanziari e valutari tra le frontiere statali. Di pi ancora, i
governi assunsero un nuovo ruolo centrale nella sorveglianza e nella produzione della
massa monetaria mondiale, che per qualche decennio non fu pi nelle mani di un
alta finanza privata. Il nuovo sistema monetario internazionale che si impose
cominci a funzionare abbastanza bene. La base del sistema non era pi direttamente
loro ma il dollaro: si parl quindi di Gold Exchange Standard. Solo nel 1958 le
principali monete europee divennero liberamente convertibili in dollari, mentre solo il
dollaro era convertibile in oro. Una notevole cooperazione intergovernativa e
interbancaria forniva lelemento essenziale per la stabilit, che dur sostanzialmente
almeno fino al 1971.
La crescita contribu a unulteriore modificazione degli assetti di potere internazionale,
dirigendosi complessivamente a favore delloccidente. Non a caso si parlato di un
et delloro delloccidente capitalista. Tale crescita ebbe per effetti positivi anche
sui paesi meno sviluppati.
La prima met degli anni 50 video cos stabilizzarsi progressivamente i due blocchi al
loro interno, con unorganizzazione che assunse forme sostanzialmente durature.
Dallinizio degli anni 50 la diplomazia americana cominci a preoccuparsi non solo di
possibili sovversioni violente da parte di minoranze comuniste, ma anche
dellevoluzione pacifica e democratica nei paesi occidentali verso maggioranze
politiche di sinistra, ritenute magari pericolosamente neutraliste. Un elemento
indotto da questo clima di tensione fu lallargamento del concetto di mondo libero
fino a coinvolgere un paese sicuramente non democratico come la Spagna franchista,
che strinse nel 1953 un accordo militare con gli Stati Uniti. Landata al potere dei
repubblicani nel 1952 fu segnata proprio da questo clima, temperato per dal carisma
del candidato, il generale Dwight Eisenhower, il cui segretario di Stato, J. F. Dulles,
lanci una direttiva che voleva andare oltre il contenimento, ponendosi lobiettivo di
far arretrare il blocco comunista dalle posizioni raggiunte.
Nel 1955 fu convocata una prima conferenza al vertice tra i capi di governo dei
Quattro Grandi, che si tenne a Ginevra, con scarsi risultati concreti, ma rappresent il
simbolo della ricerca di una stabilit pi condivisa e negoziata. Nei primi anni 50,
soprattutto Francia e Gran Bretagna, cercarono di comportarsi ancora come grandi
potenze, capaci di riorganizzare i propri ridimensionati domini imperiali. La guerra
indocinese si rivel per altamente logorante per i francesi sotto il profilo finanziario e
militare. Nel frattempo, era iniziata una vera e propria insurrezione nazionalista in
Algeria. Nel 1952, invece, la rivoluzione egiziana che port al potere militari
repubblicani e nazionalisti, cre le prima preoccupazioni per le posizioni britanniche a
Suez. Analoghi problemi sorsero in Iran, dove il governo Mossadegh nazionalizz, nel
1951, la potente Anglo-Iranian Oil Company. La posizione degli Stati Uniti su queste
vicende fu inizialmente prudente, ritenendo che il nazionalismo arabo potesse servire
da contenimento da infiltrazioni comuniste, ma via via inizi a identificare in questi
movimenti pulsioni antioccidentali da combattere: nel 1953 la Cia (il nuovo servizio

segreto americano) appoggi quindi sotterraneamente un colpo di Stato dello shah in


Iran contro il legittimo governo di Mossadegh.
Diverso fu lesito, qualche anno dopo, della crisi che si addens attorno al problema
del canale di Suez. La decisione del governo egiziano di Nasser di nazionalizzare la
Compagnia del canale, nel 1955, nacque come ritorsione al rifiuto americano di
approvare un finanziamento che era gi stato stanziato per costruire la faraonica diga
di Assuan, sul Nilo. Fu letta per, da parte inglese, come premessa di un contrasto
aperto a ogni influenza occidentale in Egitto: matur quindi lidea di concordare
segretamente un intervento militare israeliano nel Sinai, a cui avrebbe fatto seguito
linvio di truppe anglo-francesi che, con il pretesto di tutelare la zone del canale dalle
operazioni di guerra, avrebbero cercato di detronizzare Nasser. Limpresa si rivel per
un fallimento per gli anglo-francesi, di fronte alle dure prese di distanza sovietiche e
soprattutto americane. Dopo qualche giorno molto teso, linvio di una forza di pace
decisa dallassemblea dellOnu permise di contenere la crisi, mentre i contingenti dei
due paesi europei furono ritirati. I metodi coloniali del passato non funzionavano pi.
Parlando del blocco orientale, anche in questo caso di devono notare problemi e
tensioni irrisolte. La stabilizzazione del blocco orientale fu molto pi difficile che in
occidente. Dopo il primo periodo della sovietizzazione forzata, in diversi paesi si
svilupparono infatti una serie di specifiche varianti statuali nazional-comuniste. La
manifestazione pi eclatante fu naturalmente quella jugoslava, che puntualmente
arriv allo scontro con Mosca, per aver cercato un proprio dinamismo internazionale
nellarea balcanica. Su questo sfondo si spiega la scomunica ideologica comminata
dal Cominform del 1948 e lemarginazione successiva di Belgrado dal blocco sovietico,
che Tito riusc a sostenere senza problemi. La successiva elaborazione ideologica della
variante autogestita del comunismo jugoslavo fu soprattutto una conseguenza di
questa emarginazione, esprimendo la volont di rafforzare unidentit distinta. La
Jugoslavia dopo il 1948 divenne uninterlocutrice diplomatica delloccidente,
ottenendone qualche beneficio tecnologico e finanziario. Se il caso jugoslavo giunse
alla rottura con Mosca, il problema di conciliare la nuova ortodossia comunista con le
eredit degli Stati nazionali emerse anche altrove, e fu variamente risolto. Mosca
impose inizialmente ai partiti fratelli le soluzioni politiche e le dirigenze pi gradite,
estendendo anche i metodi tristemente noti delle purghe e dei processi-farsa, per
selezionare i dirigenti pi obbedienti. La morte di Stalin, avvenuta nel 1953, mut solo
lentamente la situazione. In Germania orientale, unestesa agitazione operaia,
motivata dalle cattive condizioni di vita ma anche dalle delusioni per alcune mancate
aperture democratiche, venne stroncata col sangue. Diverso fu invece il discorso per
la Romania, dove il governo stesso riusc a farsi interprete delle tendenze nazionali e
tradizionaliste. La potenza imperiale russa si orient implicitamente a tollerare nel
tempo alcuni margini di variabilit nella sua sfera dinfluenza. Il punto di solida
convergenza doveva per essere duplice: economico e strategico. Sul primo aspetto,
nacque nel 1949, tra gli 8 paesi del blocco sovietico, un Consiglio di mutua assistenza
economica (Comecon). Il principio della divisione socialista del lavoro tra i singoli
Stati andava a prevalente vantaggio delleconomia dellUrss, che ad esempio otteneva
materie prima a buon prezzo e poteva svendere tecnologia non proprio aggiornata ai
suoi satelliti. Sul secondo aspetto, la solidariet internazionale del blocco comunista fu
formalizzata nel 1955 con il patto di Varsavia, un accordo difensivo ventennale,
concepito come diretta risposta allintegrazione della Germania federale nella Nato.
Esso garantiva ai russi la possibilit di mantenere permanentemente le proprie truppe
nei paesi satelliti.
Le vicende del 1956 ebbero un effetto particolare su questa situazione. Una forte crisi
del blocco sovietico fu messa in moto dal tentativo della nuova leadership poststaliniana di prendere le distanze dallirrigidimento dellimmediato dopoguerra. Nel
discorso al XX congresso del partito, nel febbraio del 1956, il segretario del Pcus
(partito comunista dellunione sovietica) Nikita Chruscev parl per la prima volta di
una coesistenza pacifica possibile con loccidente. La sfida con laltro modello

sociale e politico doveva svilupparsi civilmente e non attraverso unaltra guerra. Nel
frattempo, con il famoso rapporto segreto presentato allo stesso congresso, Chruscev
denunci i crimini di Stalin. Il processo di disgelo cos avviato con tali dichiarazioni,
ebbe conseguenze difficilmente controllabili, sia internamente allUrss che a livello
internazionale. In Polonia, la rivolta operaia di Poznan e le nuove effervescenze
intellettuali screditarono la leadership stalinista. Torn al potere Gomulka, che
interpret la volont di incarnare i valori nazionali.
La vicenda ungherese ebbe invece sviluppi pi drammatici. Anche in questo caso, la
nuova dirigenza riformatrice, guidata da Imre Nagy, cerc di controllare la pressione
rivoluzionaria che criticava il passato staliniano ottenendo cos un parziale ritiro delle
truppe sovietiche. Ma le decisioni del governo di aprirsi ad elementi non comunisti, di
ammettere il pluralismo politico e soprattutto di uscire dal patto di Varsavia,
proclamando la neutralit del paese, non potevano essere tollerate da Mosca. Il 3
novembre le truppe russe occuparono di nuovo Budapest stroncando in soli quattro
giorni la rivoluzione. Seguirono repressioni poliziesche, processi e condanne a morte
dei responsabili. La brutale riaffermazione militare sovietica, nel paese dipendente,
caus forte reazione dellopinione pubblica internazionale e una consistente crisi nel
movimento comunista. Il 1956 stabilizz poi definitivamente i blocchi e avvi una
nuova fase storica anche in Europa orientale. La leadership di Chruscev nellUrss si
rafforz e anche leconomia sovietica sembr mostrare la capacit di reggere la sfida
della crescita, ottenendo cospicui successi in alcuni settori (soprattutto in quello
aerospaziale).
Il dominio coloniale europeo su gran parte dei continenti africano e asiatico conobbe la
sua crisi, pressoch generalizzata, nel corso del primo ventennio postbellico.
Loccidente aveva trapiantato in queste regioni mentalit operative, modelli di
organizzazione, stili di mobilitazione politica. Su questa base, si moltiplicarono i
movimenti e le organizzazione che riscoprirono una loro originalit culturale e
nazionale, esprimendole in unottica politica moderna. Lindebolimento dei paesi
colonialisti apriva ora nuove occasioni di emancipazione. Dal punto di vista
occidentale, il problema era quello di inserire anche il mondo extraeuropeo nel proprio
sistema globale che si stava consolidando, trovando forme diverse rispetto al classico
controllo politico diretto. Gli Stati Uniti intendevano promuovere direttamente queste
integrazione, ma il percorso non era per cos scontato, sia perch le premesse
economiche della modernizzazione erano molto pi fragili che in Europa, sia perch
questa esigenza si scontrava talvolta con gli interessi coloniali degli alleati europei. I
francesi si attaccarono, per esempio, allanticomunismo della guerra fredda per
giustificare la continuazione di un controllo coloniale.
Nel dilemma tra difesa degli imperi coloniali e possibili affermazioni di movimenti di
liberazione nazionale che rischiavano di sfociare in posizioni antioccidentali,
lAmministrazione americana mantenne inizialmente una certa elasticit sostenendo in
genere che la causa occidentale aveva tutto da guadagnare nel favorire laccesso al
potere di nazionalismi moderati. Tale linea lasci per il posto, dopo il 1950, a uno
slittamento progressivo verso una priorit di segno antirivoluzionario, con un
coinvolgimento finanziario e militare, diretto a difendere le posizioni del mondo
libero in modo piuttosto rigido. Ogni nazionalismo cominci a esser visto come
lanticamera di un pericoloso neutralismo e il neutralismo come oggettivamente
favorevole alla causa comunista. Proprio a causa della preoccupazione per linfluenza
sovietica e per la possibile esclusione degli interessi occidentali, a Washington ci si
orient ad appoggiare governi anche autoritari negli Stati ex coloniali e generalmente
in quelli extraeuropei, purch garantissero posizioni anticomuniste. Tale evoluzione
caratterizz anche la politica statunitense in America Latina. Gli USA reinterpretarono
la carta costitutiva dellOrganizzazione degli Stati Americani, lOsa, fondata a Bogot
nel 1948, come giustificazione di un intervento collettivo per prevenire conquiste del
potere da parte di movimenti filocomunisti in qualsiasi zona delle Americhe. Ci fu
anche un progressivo irrigidimento nei confronti della nascita in Centroamerica di

regimi progressisti, potenzialmente interpretabili come pedine della guerra fredda a


livello globale. Salvare le proprie posizioni strategiche e tutelare gli interessi economici
americani erano motivi che si intrecciavano strettamente.
Contemporaneamente a queste vicende per nasceva il concetto di Terzo Mondo,
coniato negli anni 50 dalleconomista francese A. Sauvy, espressione che indicava
una realt che intendeva per principio sottrarsi al dilemma tra primo e secondo mondo
(capitalista e comunista), puntando insieme ad emanciparsi politicamente ed
economicamente non solo dai vecchi sistemi coloniali, m anche dallinfluenza
informale dei sistemi imperiali delle superpotenze. Nella riunione della conferenza
dellOnu sui problemi del commercio e dello sviluppo (Unctad) del 1964, un gruppo di
paesi di nuova indipendenza iniziarono a porre il problema di un nuovo ordine
economico mondiale che non fosse costruito secondo le tradizionali regole della
dipendenza della periferia dal centro sviluppato. Ma la loro rivendicazione non si
incroci con molta disponibilit da parte sovietica e caus piuttosto una reazione di
chiusura da parte occidentale.
La tematica dello sviluppo era intanto divenuta un aspetto significativo della ricerca
teorica in campo economico, con lipotesi che anche i paesi di nuova indipendenza
seguissero il percorso di transizione sperimentato dai paesi europei, dallarretratezza
tradizionale allindustrializzazione moderna. La grande fase di crescita economica del
mondo industrializzato, sembrava possedere del resto una forza espansiva tale da
coinvolgere estesamente nella corrente anche le economie periferiche.
La nascita di nuovi Stati indipendenti modific ampliamente la societ internazionale
gi nel corso degli anni 50: gli Stati indipendenti sulla faccia della Terra
raddoppiarono. Il mutamento quantitativo introduceva nuovi elementi culturali e
ideologici nella trama delle relazioni internazionali e lomogeneit tradizionale nella
sfera internazionale si trov messa a dura prova. La stessa notevole serie di nuove
adesioni allOnu modific progressivamente i rapporti di forza elettorali in assemblea,
la quale nel 1960 vot una risoluzione che definiva per la prima volta il colonialismo
contrario alla Carta dellOnu.
Lulteriore grande ondata di nuovi paesi indipendenti apparve nei primissimi anni 60,
con lo smantellamento rapido degli imperi coloniali africani: nel 1960 ben 17 paesi
africani raggiunsero contemporaneamente lindipendenza e nel 1962 de Gaulle giunse
a riconoscere lindipendenza algerina, chiudendo il durissimo conflitto. La costituzione
nel 1963 dellOrganizzazione per lunit africana (Oua) sembr segnare una fase di
possibile cooperazione regionale tra i nuovi Stati e si pone lobiettivo minimo di
impedire conflitti territoriali tra i nuovi Stati indipendenti. La dinamica storica della
decolonizzazione nel continente africano visse ovviamente anchessa i riflessi della
competizione bipolare, come dimostra in modo evidente la situazione dellimmenso
Congo ex belga. Il tentativo di secessione della ricca provincia del Katanga (19611963) e il conseguente incerto intervento dellOnu, portarono il presidente Lumumba
ad appellarsi alle superpotenze. Gli Usa sostennero contro di lui un partito pi
nettamente anticomunista, che alla fine giunse al potere stabilmente nel 1965 con il
dispotismo del generale Mobutu. La resistenza dei coloni bianchi della Rhodesia ad
accettare la decolonizzazione e la perdita dei propri privilegi, li port invece a romper
con Londra per mantenere il proprio potere (1965): contro il governo razzista si
svilupp alla fine del decennio una guerriglia sostenuta copertamente da Urss e Cina.
Nel frattempo il governo bianco della Repubblica sudafricana, sempre pi isolato nella
sua posizione razzista, cominci ad essere considerato un baluardo occidentale nella
zona: del resto le sue risorse minerarie erano importanti e la sua posizione strategica
restava centrale. Anche la fallita secessione del Biafra dalla Nigeria (1967-1970) fu
caratterizzata da influenze sotterranee delle maggiori potenze, ma pi che gli
schieramenti della guerra fredda cont in questo caso la rivalit tra le compagnie
petrolifere occidentali per il controllo delle risorse della zona.
La corsa al riarmi innescata dalla guerra di Corea vide una forte escalation nel
decennio 50 e soprattutto trov un terreno inedito sulla questione atomica. Lo scoppio

delle bombe di Hiroshima e Nagasaki era stato un elemento di forte riflessione per una
parte dellumanit: la modernit si rivelava capace di organizzazione scientifica e
razionale dello sterminio di popolazioni civili. Ma la discussione sulla condizione
atomica nel primo decennio postbellico fatic a prendere le misure della nuova arma:
essa divent infatti un elemento del gioco politico. Dopo la prima atomica del 1949, lo
scoppio della bomba H (allidrogeno) sovietica, nel 1953, sembr colmare la distanza
tra le superpotenze, anche se gli americani avevano ancora una netta superiorit
aerea e unestesa rete di basi attorno allUrss. Il quadro strategico mut
significativamente solo quando divenne operativa la tecnologia missilistica. Nel 1957,
il grande successo del lancio sovietico dello Sputnik, primo satellite artificiale in orbita
permanente, con la successiva rincorsa americana, aprirono un nuovo capitolo. La
costruzione di missili balistici intercontinentali (Icbm) fu la via con cui lUrss riemp
definitivamente il gap con il USA nel potenziale distruttivo nucleare, anche se
questultimi costruirono Icbm pi numerosi e affidabili.
A partire dai lavori di studiosi come Hermann Kahn, si svilupp un vero e proprio
settore specializzato degli studi strategici, spesso molto formalizzato ma un po
astratto, in quanto basato su un concetto di per s scarsamente controllabile come
quello della deterrenza (lefficacia di un deterrente valutabile solo a posteriori,
quando si sia verificata la possibilit di non utilizzarlo, ma i motivi reali per cui questa
opportunit si realizza non sono mai univoci e chiari). In termini politici, il significato
della deterrenza cambi nel tempo. Nellepoca dellAmministrazione Eisenhower
prevalse negli USA una dottrina della rappresaglia massiccia, che confidava nella
possibilit di risparmiare sulle spese militari convenzionali, allombra della minaccia di
distruggere totalmente lavversario con larma atomica. Allinizio degli anni 60,
lamministrazione Kennedy propose una dottrina della risposta flessibile, che
prevedeva una crescita progressiva e attentamente dosata della risposta a
uneventuale minaccia, dapprima con strumenti convenzionali e poi con armi nucleari.
Ci comport un rilancio elevatissimo della spesa militare per armamenti
convenzionali. La situazione divenne paradossale: le armi atomiche crescevano
continuamente di numero e potenza proprio quando diveniva sempre meno sensata
lipotesi del loro utilizzo. Un ulteriore passo avanti fu la sperimentazione, alla fine degli
anni 60, delle Mirv, testate atomiche multiple montate su un solo missile, destinabili a
diversi obiettivi. Nel 1952 la Gran Bretagna comp la sua prima sperimentazione
atomica: dopo alcuni tentativi di progettazione falliti di una bomba atomica europea,
anche la Francia si dotava nel 1960 di una propria tecnologia. La Cine giunse allo
stesso obiettivo nel 1964 e altre potenze minori (Israele, India, Pakistan) costruirono
ordigni nucleari proprio in questo decennio. In questo nuovo quadro complessivo,
contraddistinto dalla maturazione della coscienza atomica, la presidenza Kennedy
negli USA (1960-1936) manifest la volont di riaffermare la preminenza americana in
tutto il mondo. Washington dispieg ad esempio un grosso impegno sugli aiuti allo
sviluppo, con la cosiddetta Alleanza per il progresso, rivolta allAmerica Latina. Lidea
basilare era opporsi ai progressi delle rivoluzioni comuniste nel Terzo Mondo evitando
di estendere la guerra fredda e facendosi piuttosto alfieri di modernizzazione e
sviluppo: lambizioso progetto si incontr per con limiti finanziari e con risposte non
sempre positive nei paesi latinoamericani. Tale vigoroso atteggiamento comportava
per anche una maggior irrigidimento nei rapporti con i sovietici, sia per ragioni
interne tipiche di unamministrazione progressista pressata dalle lobby
anticomuniste tradizionali, sia per la complessiva baldanza nellaffermare la capacit
di decisione americana senza vincoli e limiti. Tale combinazione di fattori suscit nei
sovietici incertezze sugli avversari americani e condusse a una serie di gravi crisi al
vertice, che caratterizzarono le relazioni internazionali degli anni 1959-1962. Il primo
braccio di ferra si ebbe ancora attorno a Berlino. Nel novembre 1958 Chruscev
annunci improvvisamente agli altri occupanti di voler restituire alla Ddr la sovranit
sullex capitale ponendo un ultimatum sul suo abbandono da parte occidentale.
Intanto il leader della Ddr, Walter Ulbricht, premeva su Mosca per un irrigidimento,

perch vedeva con preoccupazione il procedere del riarmo tedesco-federale


potenzialmente anche nucleare. Dopo qualche mese, la crisi rientr e si aprirono
negoziati formali, ma nel 1961 Mosca oper nuove pressioni verso gli occidentali, cui
fece seguito, nel mese di agosto, la rapida costruzione del Muro di Berlino, per sigillare
la controversa frontiera: uno dei simboli pi duraturi ed evocativi della guerra fredda
sorse cos a spezzare la continuit geografica dellEuropa. Da parte americana lesito
della crisi non dispiacque totalmente: il congelamento della situazione rimandava
qualsiasi discorso sullarmamento atomico della Germania federale, tenendo
ulteriormente controllabile e dipendente quellalleato-chiavo sul continente europeo.
Berlino Ovest fu costituito in un territorio separato della Repubblica federale tedesca e
la presenza occidentale e americana non fu pi in discussione. La Repubblica
democratica tedesco-orientale, dal canto suo, pot cos trovare una maggiore stabilit.
Un altro punto critico divenne lAmerica Latina, in particolare per la presenza del
giovane Stato rivoluzionario della Cuba castrista. Gli USA non intendevano tollerare
questa presenza: dopo che inizialmente furono applicate sanzioni economiche contro
le esportazioni di zucchero cubano, la Cia prepar uninvasione del paese da parte di
ribelli anticastristi, armati e foraggiati da Washington. Lo sbarco alla Baia dei Porci,
nellaprile del 1961, fall per miseramente, non sapendo suscitare la programmata
rivolta interna contro il regime. Fidel Castro, che a differenza di altri governi
progressisti aveva prudentemente conquistato il controllo totale dellesercito cubano,
si appoggi ancor pi nettamente allUrss. La crisi pi seria attorno a Cuba arriv per
lanno successivo, in seguito alla scoperta da parte dellintelligence americana che i
sovietici avevano dispiegato nellisola una quarantina di missili a medio e corto raggio,
che tenevano sotto minaccia atomica il territorio americano con un potenziale di
preavviso molto ridotto. Lenfasi pubblica che Kennedy diede alla crisi, nellottobre del
1962, denunciando il fatto in televisione con tanto di foto scattate dagli aerei-spia U2,
alz moltissimo il livello della tensione e lirrigidimento reciproco port i due paesi
vicinissimi allo scontro atomico. Il problema dei missili gi stanziati fu poi risolto con
una mediazione segreta: i russi accettavano di smantellarli in cambio della promessa
americana di non invadere Cuba. Luso del nuovo potente medium televisivo tradusse
per la crisi diplomatica in una nuova spettacolarizzazione di massa. La politica
internazionale da questo momento divenne ulteriormente pubblica, affrontando
reazioni emotive e psicologiche notevolissime, come si sarebbe visto nellimminente
guerra del Vietnam.
La leadership sovietica aveva percepito che era stato fissato un limite alla propria
sfida nei confronti della preponderanza militare americana. La destituzione di
Chruscev, nel 1964, da parte di una pi prudente guida politica guidata da Leonid
Breznev, fece il resto. Daltronde, dai tempi dello scacco subito a Cuba, la dotazione
strategica sovietica di missili intercontinentali era salita a livelli ritenuti ormai sicuri.
Inoltre, la rottura con la Cina aveva complicato il dispositivo strategico sovietico,
conducendo a dispiegare truppe sempre pi numerose nellAsia orientale. LUnione
Sovietica si mostr quindi sempre pi disponibile a stabilizzare il confronto bipolare,
secondo le norme della cosiddetta distensione. Questa linea si incontr con
lesigenza americana di controllare le enormi spese per gli armamenti, di fronte alle
prima occasioni in cui toccava con mano i limiti della propria preponderanza
economica mondiale. Si dispieg insomma una tacita tendenza a trasformare la guerra
fredda in un vero e proprio sistema con le sue regole relativamente stabili e
prevedibili, una sorta di tregua permanente a livello globale a quasi 20 anni dalla
guerra. Ci permise di riprendere una diplomazia a cavallo dei blocchi.
Simbolicamente, assunse importanza notevole listituzione di una linea telefonica
permanente tra la Casa Bianca e Cremlino (governo di Mosca) per la gestione delle
emergenze nel 1963. Si avviarono poi negoziati tra le superpotenze per il controllo
delle armi strategiche. I primi accordi del 1963 bandivano i test nucleari
nellatmosfera, dopo le proteste per gli effetti deleteri della ricaduta di scorie
radioattive (firmarono USA, Gran Bretagna e Unione Sovietica si sottrassero francesi

e cinesi), analoga intesa fu raggiunta nel 1967 per il divieto di utilizzare lo spazio a fini
nucleari, mentre nel 1968 fu firmato un importante trattato di non proliferazione che
cerc di congelare la diffusione della terribile arma presso nuovi paesi.
Le visione ideologizzate della guerra fredda vennero spiazzate da una nuova cultura
pragmatica e ottimista di fronte al futuro, che cominciava a proclamare una (peraltro
discutibile) fine delle ideologie. Nellarea socialdemocratica europea si cre un
nuovo consenso verso una politica estera di allineamento occidentale, superando il
neutralismo. Anche il comunismo europeo occidentale avvi quel processo di
rivendicazione di un policentrismo: una ricerca che sfoci nella parabole dell
eurocomunismo degli anni 70. Sicuramente pi radicali le novit che corsero nella
Chiesa cattolica, soprattutto a causa del pontificato di Giovanni XXIII e del Concilio
Vaticano II. Uninedita proposta teologica sulla pace si collegava alla condanna forte
degli atti di guerra totale e di distruzione indiscriminata. Giovanni XXIII apr anche la
strada della proclamazione profetica delle esigenze della pace in situazioni di crisi
(come quella cubana), dialogando con i capi delle superpotenze. Il suo successore
Paolo VI, nel 1964, intervenne allassemblea dellOnu e presso tale organismo apr una
missione permanente della Santa Sede. In questi stessi anni, il Consiglio ecumenico
delle Chiese, organismo di comunione delle confessioni protestanti e ortodosse, prese
posizioni ripetute a favore dei movimenti di liberazione dei popoli del Terzo Mondo.
Sotto il profilo politico-militare (con i suoi risvolti culturali) il test decisivo
dellegemonia americana divenne la guerra in Vietnam. Nel Vietnam del Sud, costituito
nel 1955 dopo il fallimento della riunificazione prevista dagli accordi di Ginevra, erano
iniziate infiltrazioni dal Nord comunista di guerriglieri vietcong. LAmministrazione
Kennedy intese controbattere queste operazioni (sempre secondo la politica del
contenimento): ogni cedimento locale a un aumento dellinfluenza comunista, si
sarebbe ripercosso su tutte le popolazioni in Estremo Oriente. Nel 1963 Kennedy mor,
ma le operazioni continuarono: nel 1965 furono inviate le prime truppe di
combattimento, mentre fu intrapresa una campagna di bombardamenti, ma non
uninvasione dello Stato del Nord, per non provocare un contro-intervento cinese. Nel
1968 gli USA arrivarono a dispiegare un corpo di spedizione di 600.000 uomini. Il
numero crescente dei morti americani causava per le prime reazioni: il conflitto mise
in crisi lesteso consenso interno maturato negli anni iniziali della guerra fredda
attorno alle politiche internazionali del governo. Un nuovo movimento pacifista si
intrecci profondamente con la contestazione universitaria e giovanile di quegli anni, e
con il movimento per i diritti civili della popolazione nera guidato da Martin Luther
King. La guerra costitu profondissime spaccature e ripensamenti sui modi della
leadership globale degli USA. La stessa presidenza entr in crisi, tanto che il partito
democratico si divise profondamente e il presidente americano Johnson (successore di
Kennedy) non si ripresent candidato alle elezioni del 1968. Il coinvolgimento
americano in Vietnam seminava tra laltro crescenti dubbi anche negli alleati europei.
Al contempo, la strategia di Washington verso la stessa America Latina mutava
nuovamente. La politica di sviluppo economico concordato aveva avuto effetti indubbi
del decennio precedente (crescita delle economie locali, rafforzamenti dei legami con
gli USA), ma le attese riforme sociali erano rimaste modestissime: la polarizzazione
delle societ tra pochi grandi proprietari terrieri e moltitudini impoverite dava esca a
conflitti permanenti. Dopo il 1965 in diversi paesi (soprattutto in Brasile, Uruguay,
Argentina) prese piede una guerriglia di ispirazione castrista, influenzata dal mito del
comandante cubano Ernesto Che Guevara, che nel messaggio alla conferenza
Tricontinentale dei popoli asiatici, americani e africani, tenuta a LAvana nel 1967,
aveva espresso lambiziosa idea di creare molti Vietnam per sfiancare limperialismo
americano. Gli interventi politici diretti tornarono allora a ripetersi con frequenza,
mentre vennero appoggiati con minor cautela nuovi governi autoritari di destra. Nel
1962 ci fu un colpo di Stato militare in Argentina e nel 1964 lamministrazione Johnson
appoggi indirettamente il colpo di Stato militare che mise fine alla presidenza del
cristianodemocratico progressista Goulart in Brasile.

Fu gestito con analoghi criteri politici il caso del Cile dopo la vittoria elettorale della
coalizione Unidad Popular guidata dal socialista Salvador Allende (1970), che
preoccupava ancor pi gli USA in quanto successo marxista in un governo
democraticamente legittimato. Le pressioni diplomatiche ed economiche di ogni tipo
condussero la politica americana a sostenere direttamente il sanguinoso colpo di Stato
militare del settembre del 1973.
Il Medio Oriente vedeva intanto continuare lacuta crisi arabo-israeliana. Egitto e Siria,
sostenuti da armi e tecnologie sovietiche, preoccupati per la crescita dellinfluenza
saudita, cercarono nel 1967 di forzare la situazione armistiziale, tramite un blocco
navale del golfo di Aqaba. La coalizione araba conobbe per un ulteriore scacco
militare con la guerra lampo della truppe di Tel Aviv, nella cosiddetta guerra dei Sei
giorni. Lo Stato israeliano ne approfitt per attuare estese occupazioni territoriali in
Cisgiordania, a Gaza, nel Golan e anche nella penisola del Sinai. Il legame israeliano
con la politica americana si saldava intanto definitivamente: Washington rese
irreversibile la determinazione a considerare Israele il proprio fondamentale referente
nella regione. Contemporaneamente, si aggravava la questione palestinese (cio il
problema del destino degli arabi della regione, espulsi in massa dai loro gi precari
rifugi), emersa come questione politica con la costituzione dellOlp (Organizzazione
per la liberazione della Palestina). Il mondo arabo si ritrov percorso da nuove e pi
profonde venature antiamericane e antioccidentali, anche se le superpotenze non
agirono direttamente nel conflitto.
Se la distensione per le due superpotenza significava soprattutto stabilit, ovvio che
la disturbassero tutte le nuove tendenze che stavano mutando gli assetti politici ed
economici. Dal 1958 si ebbe il boom economico in Italia e soprattutto il rapidissimo
rilancio delleconomia industriale tedesco-federale. Tale integrazione riuscita permise
alla Comunit di sviluppare anche specifiche politiche protezionistiche nei confronti di
alcuni settori interni: tipica fu la cosiddetta politica agricola comune (Pac), avviata
nel 1962, tra moltissime tensioni dati gli interessi non sempre convergenti dei diversi
paesi, ed entrata a regime nel 1966. La Pac rilanciava a livello comunitario regole
protettive per i produttori interni delineando al contempo un ulteriore rafforzamento
dellasse franco-tedesco nella Comunit.
Non a caso si manifest in questi anni una nuova prospettiva politica britannica, che
usc dal proprio orgoglioso isolamento. Dapprima il governo di Londra aveva proposto
di costituire unArea europea di libero scambio (Efta) che avrebbe inglobato anche il
Mec (Mercato europeo comune): il tentativo era quello di beneficiare degli effetti di un
intensificato commercio liberalizzato, senza subire i vincoli di una politica doganale
comune verso lesterno. Liniziativa britannica riusc per a collegare solo pochi paesi
non allineati dellEuropa centrale (Austria e Svizzera) e di quella scandinava, oltre allo
storico alleato portoghese.
Cominciava a delinearsi anche un ulteriore polo economico significativo nel Giappone.
Il suo rapidissimo rilancio produttivo fu avviato allombra della guerra coreana, quando
gli USA spesero nellarcipelago fiumi di dollari per sostenere lo sforzo bellico. Di qui
prese le mosse una crescita media del 10% allanno, fortemente orientata dallo Stato,
decisamente protezionistica e orientata alle esportazioni, coordinate dal potente
ministero per il Commercio con lestero e lindustria. Leconomia giapponese cominci
nel decennio 60 ad entrare in una fase di sviluppo intensivo e tecnologicamente
avanzato, ampliando la gamma dei prodotti in modo da competere, alla fine del
decennio, sui mercati statunitensi.
Negli Usa invece, nonostante gli enormi profitti dovuti agli investimenti allestero,
cominci ad apparire un deficit permanente nella bilancia dei pagamenti. Il riarmo non
stimolava pi la produzione, il precedente aumento lineare della produttivit
cominciava a rallentare la sua corsa e apparivano i primi segnali di crisi dellindustria
tradizionale. Iniziarono quindi a mutare le ragioni di scambio commerciale tra
leconomia americana e il resto del mondo: gi verso il 1965 gli scambi con Germania
e Giappone erano deficitari, mentre nel 1971 le statistiche rivelarono un deficit

commerciale globale che non era mai stato sperimentato dagli anni 90 dell800. Nel
1967 fu tentato un rafforzamento con una riforma del Fondo monetario internazionale,
che doveva permettere a questa istituzione internazionale di creare liquidit,
affiancando il tesoro americano. Ma la riforma era timida e limiti del sistema era ormai
diventati evidenti.
In questo contesto, un ulteriore elemento di differenziazione rispetto alleredit della
guerra fredda fu introdotto dalla politica del presidente francese Charles De Gaulle. Il
carismatico generale torn al potere nel 1958, sullonda della criticissima situazione
algerina, sfruttando la diffusa protesta contro linstabilit politica per avviare una
riforma costituzionale in senso presidenzialista. Approfittando della distensione, il
generale avvi una polemica con la dominante presenza in Europa delle strutture
militari integrate atlantiche, da cui la Francia annunci il suo ritiro nel 1966 (pur
rimanendo nellalleanza politica difensiva del patto atlantico): la difesa nazionale
tornava a essere in primo luogo una questione statale e non un problema da delegare
alle alleanze ideologiche o alle superpotenze. La scelta di sviluppare un piccolo
arsenale atomico indipendente era quindi coerente a questa visione. Nel 1963, la
Francia firm un trattato dellEliseo con la Germania con cui voleva definitivamente
mettere fine alla vecchia rivalit sulle sponde del Reno e inaugurare una duratura
cooperazione politica. De Gaulle pose poi un veto nei confronti dellinserimento nella
Cee della Gran Bretagna: la Cee doveva funzionare, secondo il generale, come
strumento di coordinamento della politiche nazionali, oltre che come area di libero
mercato. Il cosiddetto piano Fouchet, del 1961, esprimeva questa netto rifiuto di
evoluzioni federaliste anche implicite e graduali.
In Germania, la fine dellera Adenauer permise alla dirigenza tedesco-federale di fare
qualche passo avanti verso una sistemazione, almeno pratica, delle questioni ereditate
dalla guerra. Il governo tra cristiano-democratici e socialdemocratici, avvi nel 1966
una nuova politica orientale, fortemente rafforzata ad opera del cancelliere
socialdemocratico Willy Brandt, dal 1969. Occorreva sostituire alla politica della
forza di Adenauer una normalizzazione dei rapporti con i vicini orientali che superasse
le ferite ancora aperte delle guerra. La cauta campagna del governo tedesco venne
sostanzialmente appoggiata nel 1969 dalla nuova Amministrazione americana di
Richard Nixon.
Una battuta di arresto momentanea ma significativa della distensione fu rappresentata
nel 1968 dalle vicende dellinvasione sovietica della Cecoslovacchia. Il governo
riformatore di Dubcek si era impegnato in un allentamento della censura ideologica,
nel decentramento economico e nellaffermazione della libera dialettica politica per le
elezioni alle cariche pubbliche (la cosiddetta primavera di Praga). Ma per la
leadership sovietica i timori di evoluzioni negative erano comunque troppi: un
intervento militare impose un cambiamento di guida del partito cecoslovacco e del
paese. La tenuta del blocco sovietico fu salvaguardata per 20 anni, ma ormai solo
nella forma di un rigido vincolo militare: era il seme della sua crisi finale.
Non si pu non ricordare il collegamento della primavera di Praga con londata
mondiale della contestazione giovanile. Emergeva per la prima volta il distacco di
molta parte delle giovani generazioni, allest come allovest, nei confronti dei modelli
ideologici dominanti, criticati per i loro aspetti ingessati e autoritari. Un carattere
notevole del movimento, esploso attorno al 1968, fu proprio la sua trasversalit
internazionale: i giovani di Praga, Varsavia e Belgrado si mobilitarono su parole
dordine e prospettive non dissimili da quelle agitate nelle piazze di Parigi o Berlino.
CAPITOLO 5: DECLINO E MORTE DEL BIPOLARISMO: GLOBALIZZAZIONE ECONOMICA E
NUOVE DIVISIONI DEL MONDO (DAL 1968 AD OGGI)
E certamente possibile identificare nel passaggio tra gli anni 60 e 70 una
significativa svolta nelle maggiori tendenze delle relazioni internazionali. Apparve la
percezione di una crisi complessiva dellordine stabilizzatosi nel dopoguerra. Una crisi

che toccava molteplici aspetti: la crescita economica indefinita e relativamente estesa,


la solidit dei modelli politici di sviluppo delle istituzioni statuali, lefficacia operativa di
ideologie e schemi intellettuali sedimentati negli anni 30 e affermatisi dopo la
seconda guerra mondiale. Sul terreno della politica internazionale, laspetto pi
evidente della crisi fu linversione della tendenza verso un bipolarismo sempre pi
perfetto: una pi decisa distensione di vertice fu liniziale risposta a questi
mutamenti, anche se rimase un processo precario. Questi cambiamenti si devono
collegare al nuovo rapporto tra economia e politica, segnato da un nuovo ciclo di forti
innovazioni tecnologiche (nel campo dei trasporti, delle comunicazioni e dellenergia),
dalla prepotente internazionalizzazione dei mercati e dal primato assunto dagli aspetti
finanziari nelleconomia. Ladattamento a queste nuove dinamiche fu per molto
diverso da parte di USA e Unione Sovietica. Mentre la superpotenza americana ha
attraversato un periodo di appannamento, ma ha ricostruito lentamente il proprio
ruolo di preminenza internazionale, la nuova leadership sovietica, dopo il 1985, ha
cercato senza successo unanaloga ristrutturazione. La rapida implosione del blocco
orientale e della stessa Urss ha contrassegnato tra il 1989 e il 1991 unaltra svolta
sicuramente epocale.
Il primato economico americano fu scosso fortemente dalla crisi del dollaro del 1971 e
dalla crisi petrolifera del 1973. Sotto la pressione della speculazione finanziaria
divenne impossibile per il Tesoro americano continuare a perdere riserve auree per
mantenere lequilibrio del sistema monetario internazionale costruito nel dopoguerra.
LAmministrazione Nixon (entrata in carica nel 1969), decise improvvisamente, nel
luglio del 1971, di uscire dalla parit fissa del dollaro con loro, sospendendo la
convertibilit teorica del bigliettone verde e lasciandolo quindi svalutare. Vennero
anche parallelamente alzate le tariffe doganali sulle importazioni, per cercare di
riequilibrare i flussi commerciali. Fu un segnale potente della fine della stabilit
postbellica. Di l a poco, poi la crisi petrolifera del 1973 aggrav ulteriormente questo
quadro. Essa affondava le sue radici nella critica situazione locale del Medio Oriente: la
tregua successiva alla vittoria militare israeliana del 1967 non dur infatti molto.
Alcuni cambiamenti di governo negli Stati arabi rafforzarono il fronte antisraeliano: la
conquista del potere in Libia da parte del colonnello Gheddafi nel 1969, il colpo di
mano dei militari nasseriani in Sudan nello stesso anno, la tendenza sempre pi
filosovietica del regime Baath in Iraq, oltre che landata al potere nel 1970 in Siria di
Hafez el Assad.
Fu ancora lEgitto, del nuovo leader Sadat, a cercare di forza la mano alla stessa Urss,
che gli forniva ancora assistenza e rifornimenti militari. Un attacco egiziano e siriano di
sorpresa alle pozioni israeliane nel 1973 riapr le ostilit. La guerra torn peraltro a
volgersi a favore di Israele, massicciamente sostenuto da armi americane, che riusc a
reprimere loffensiva nel giro di un mese. La minaccia di una disfatta araba preoccup
allora Breznev, che propose un intervento congiunto di mediazione sovieticoamericano, che alla fine gli israeliani non poterono che accettare, fermando
loffensiva. Se localmente il conflitto non ebbe effetti sconvolgenti, avrebbe invece
avuto conseguenze economiche immediate sulloccidente, con caratteri pi incisivi e
duraturi. I paesi produttori di petrolio si erano riuniti fin dal 1960 nel cartello dellOpec
(Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio), composto in buona parte da paesi
arabi o islamici, che avevano aumentato moltissimo la loro quota produttiva sul totale
mondiale. La funzione primaria di questo accordo era rafforzare la contrattazione con
le imprese estrattrici e raffinatrici e i paesi importatori. Solo gli Stati Uniti e lUrss, tra i
paesi sviluppati, erano storicamente produttori di petrolio e quindi LOpec aveva gi
iniziato una strategia di aumento dei prezzi che era allordine del giorno. Si intrecci
con questa tematica la decisione dei soli paesi arabi dellOpec di usare la delicatissima
materia prima come arma di pressione politica in chiave antisraeliana. Una sostanziale
quadruplicazione dei prezzi e il contingentamento delle vendite si colleg a qualche
episodio di vero e proprio embargo verso i paesi ritenuti pi vicini agli israeliani
(Olanda e USA), che per rientr rapidamente. Tale operazione port a conseguenza

economiche impressionanti in breve periodo e innesc una recessione che colp il


modello di sviluppo soprattutto in Europa e in Giappone, mentre gli USA furono
relativamente meno danneggiati.
Su questo sfondo di nuova incertezza e di difficolt economiche e politiche va letto il
nuovo orientamento di Richard Nixon che voleva riaffermare gli interessi nazionali
del paese. La strategia di contenimento comunista doveva quindi essere sostituita con
un riconoscimento reciproco e negoziato della stabilit bipolare che avrebbe permesso
di ridurre gli oneri della leadership del cosiddetto mondo libero ottenendo una
maggiore libert dazione e avrebbe anche permesso di ricostruire un consenso
interno pericolosamente incrinato. Un punto di acuta crisi fu provocato senzaltro dalla
guerra in Vietnam. La situazione era diventata insostenibile per ragioni finanziarie, ma
anche per motivi di politica interna. Gi Johnson si era orientato ad abbandonare le
posizioni di sostegno militare diretto dal regime di Saigon. Il lento ritiro delle truppe
americane si combin con un continuo sostegno alla resistenza di Saigon, tramite
linvio di armi e finanziamenti, mentre sarebbe proseguita la pressione militare sul
Vietnam del Nord, soprattutto attraverso bombardamenti aerei. Un passaggio decisivo
in questa direzione fu lavvio, dapprima segreto e poi palese, di inediti rapporti
diplomatici con la Cina comunista. La logica del riconoscimento per Nixon avrebbe
permesso di bilanciare la potenza sovietica in tutto il blocco eurasiatico e anche nel
terzo Mondo, oltre che sperabilmente di facilitare la soluzione del nodo vietnamita.
Contatti segreti tra i due governi approdarono quindi nel 1971 a un primo
riconoscimento diplomatico del governo cinese da parte di Washington, cosa che
dispieg a Pechino la strada dellingresso nellOnu. Nel febbraio del 1972, Nixon si rec
in Cina firmando una dichiarazione congiunta che minacciava chiunque perseguitasse
legemonia nellAsia orientale (il messaggio era diretto allUrss). Ladattamento
americano alle nuove condizione globali favor direttamente la distensione a livello
bipolare. Ridurre le restrizioni tipiche degli anni 5 avrebbe comportato la vendita di
prodotti tecnologici non avanzatissimi, che erano cruciali per leconomia sovietica,
aiutando a riequilibrare la bilancia dei pagamenti americana. Inoltre avrebbe legato
Mosca alleconomia internazionale e quindi alla stabilit mondiale.
Dal punto di vista sovietico, la distensione era percepita diversamente: in primo luogo
era ritenuta una sorta di riconoscimento implicito del tanto agognato status di parit
con la prima superpotenza. La dirigenza sovietica si spinse quindi ad accettare i
negoziati di vertice sul controllo degli armamenti nucleari e a superare la tradizionale
autarchia economica, permettendo lo sviluppo di un interscambio commerciale
significativo con laltro blocco. Fu importante soprattutto lavvio, nel 1969, di colloqui
sulla limitazione degli armamenti strategici (definiti Salt, acronimo di Strategic
Armaments Limitation Talks). Una qualche intesa su alcuni tetti quantitativi e
qualitativi da imporre alla produzione di nuove armi nucleari era del resto frutto del
riconoscimento della sostanziale ma improduttiva parit strategica raggiunta, anche
se si discuteva moltissimo delle residue differenze di qualit e di potenzialit offensive
dei rispettivi arsenali. Il primo accordo rilevante fu un trattato (il cosiddetto Salt I),
firmato nel maggio del 1972, che metteva fortissimi limiti ai sistemi Abm, cio le armi
per la difesa antimissile: esse infatti erano destabilizzanti perch avrebbero potuto
indurre chi ne possedesse di una certa efficacia a sentirsi cos sicuro da poter tentare il
famigerato first strike nucleare, distruggendo tutta la delicata logica della deterrenza
reciproca. A questa intesa concreta si ricollegavano anche un accordo sui principi delle
relazioni bilaterali e un accordo sulla prevenzione della guerra nucleare. Per
ambedue le superpotenze, quindi, la distensione rappresentava unesigenza di
stabilit. Dopo la firma del primo trattato Salt, fu avviata una nuova serie di negoziati,
questa volta direttamente mirati al contenimento del numero dei vettori nucleari. Si
aprirono cos altri e complessi tavoli di negoziazione, in una seconda fase dei colloqui
(definiti Salt II). Nel 1974 fu raggiunto a Vladivostok, tra Breznev e il nuovo presidente
americano Ford, un primo accordo di principio che limitava il numero complessivo dei
missili intercontinentali e dei bombardieri strategici a 2.400 per parte. Fu poi firmato a

Vienna, nel giugno del 1979, il complesso e dettagliato trattato Salt II, che poneva un
tetto ai vettori (missili e bombardieri) e al numero degli apparecchi Mirv per ogni
superpotenza.
Soprattutto lEuropa fu il teatro peculiare di questa nuova fase politica, in cui la
distensione assunse un significato ben pi specifico. La vicenda dellOstpolitik tedesca
aveva del resto aperto al strada di un superamento duraturo delle tensioni ereditate
dalla seconda guerra mondiale. Con lautorevole benestare americano, la politica
avviata da Brandt, nel 1969, ebbe notevoli risultati nel giro di alcuni anni. Due trattati
di non aggressione con lUnione Sovietica e con la Polonia, nel 1970, prepararono la
strada al trattato fondamentale con la Ddr del 1972, che riconosceva lesistenza di
due Stati in una sola nazione tedesca. Ci condusse anche allammissione delle due
Germanie allOnu nel 1973 e, in seguito, ad altri accordi tra Brd e Cecoslovacchia che
ponevano fine alle antiche controversie sui Sudeti. Vi furono nuove forme di
cooperazione economica attraverso la cortina di ferro, con un rilanciato commercio e
scambi tecnologici e culturali. La logica del governo federale tedesco restava
sinteticamente indicata nellespressione cambiamento mediante ravvicinamento e la
stabilizzazione fu indubbia.
Lo svolgimento della progettata Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in
Europa complet tale quadro. Lincontr si apr nel 1972 ad Helsinki, con la
partecipazione di 33 paesi europei, pi USA e Canada. Il documento conclusivo,
denominato Atto finale venne firmato il 1 agosto 1975 ed era quanto di pi vicino a
un assetto di pace europeo si sarebbe potuto raggiungere. La dichiarazione finale
parl di confini inviolabili (tutti i firmatari escludevano cio il ricorso alla forza per
cambiarli) e non immodificabili. Il lavoro della conferenza spost anche laccento sul
miglioramento delle condizioni di vita e la tutela dei diritti umani delle popolazioni
europee. In tale direzione funzion anche il contributo della stessa Santa Sede che
partecip alla conferenza.
Fuori dEuropa, invece, la distensione non port sempre a elementi di stabilit: anzi a
volte provoc la nascita di nuovi motivi di crisi. Ad esempio, in Vietnam nel 1973 si
complet luscita americana, con un accordo di armistizio. Le successive trattative per
la riunificazione del Vietnam per non fecero molti passi avanti: non pi difeso
dallaviazione americana, il regime sudvietnamita fu travolto da una nuove offensiva
vietcong. Fortissima fu la simbolicit degli eventi del 30 aprile 1975, con lingresso
delle truppe nord vietnamite in Saigon e labbandono precipitoso dellambasciata
americana da parte di funzionari e militari. La guerra finiva con un apparente trionfo
del modello comunista incarnato in un giovane movimento di liberazione nazionale.
Negli USA, tra il 1970 e il 1973, si era assistito a una crescita spettacolare e
generalizzata dei costi delle materie prime e dei prodotti alimentari. Allo scoppio della
crisi petrolifera, leconomia dei paesi sviluppati incontr quindi una battuta darresto
pressoch generalizzata. Ricomparvero tassi di disoccupazione da tempo sconosciuti,
collegati a una persistente alta inflazione, dato che esisteva ormai una forte base
mondiale di capitali fluttuanti. La compresenza di recessione industriale e inflazione
monetaria era un fatto inedito e difficile da affrontare. Un altro shock inflativo arriv
poi nel 1979-1980, come conseguenza della rivoluzione iraniana, con unaltra
moltiplicazione dei prezzi per tre. L Et delloro sembrava esaurirsi.
Tornavano a farsi evidenti i conflitti di distribuzione del reddito e le tensioni sociali. Si
diffuse la sensazione di non riuscire pi a controllare le oscillazioni e le instabilit del
mercato. Sembr materializzarsi il rischio di ritornare alle competizioni ferocemente
nazionalistiche degli anni 30. In effetti, pi di un paese introdusse politiche unilaterali
per affrontare la crisi. Il processo di integrazione economica quindi conobbe una fase
di stallo. Gli accordi per la liberalizzazione del commercio vennero ampliamente
aggirati, per ristabilire forme di protezionismo mascherato della propria economia. I
governi con economia pi debole perseguirono svalutazioni competitive delle monete,
per favorire le proprie esportazioni. Per contro, i paesi esportatori dalla bilancia
commerciale pi solida, e cio Giappone e Germania, rifiutarono gli adeguamenti

valutari e laumento dei consumi interni richiesti per tornare allequilibrio. Dalla fine
del decennio, per, la risposta alla crisi divenne pi evidente. La politica americana fu
cruciale: la scelta deflazionista iniziata negli USA venne imposta dalla nuova
ortodossia monetaria e dallenormit del debito pubblico americano. La nomina, nel
1979, di Paul Volcker alla guida della Federal Reserve fu il segnale simbolico della
svolta. Per attirare capitali, gli americani alzarono i tassi di interesse e quindi di
remunerazione, e imposero un allentamento dei tradizionali vincoli ai movimenti
finanziari transnazionali. Si riaffermava cos la centralit americana nel sistema
internazionale. Gli altri paesi in qualche modo si adeguarono, cercando ognuno la
propria ricollocazione nel sistema. Germania e Giappone, attenti sopra ogni cosa a
difendere il valore delle loro monete, trovarono pi alta remunerazione del risparmio
frutto della loro competitivit allesportazione, anche se condussero le loro aree di
influenza economica verso un periodo di forzata austerit. Ebbe sicuramente una certa
importanza la nascita di meccanismi informali intergovernativi per tentare di
coordinare lapproccio alla crisi. Il primo vertice dei 6 paesi pi industrializzati (USA,
Gran Bretagna, Francia, Germania federale, Italia e Giappone) si tenne a
Rambouillet,nei dintorni di Parigi, nel novembre del 1975, convocato dal presidente
francese Giscard dEstaing in accordo col cancelliere tedesco Schmidt. La discussione
risent di un clima pessimistico e problematico, ma qualche modesto accordo per
disciplinare il sistema fu raggiunto. Vennero istituzionalizzate le riunioni di un Gruppo
dei Sette o G-7 (si aggiunse infatti il Canada) i cui vertici semestrali divennero una
sorta di forum permanente di consultazione.
La struttura economica del sistema occidentale ha conosciuto per ulteriori sviluppi.
Alcuni storici economici parlano di una terza rivoluzione industriale, caratterizzata
dallavvento progressivo delle tecnologie informatiche, dellelettronica e della robotica,
e centrata sul passaggio dalle economie di scala della produzione di massa alle qualit
competitive di una produzione flessibile. Dalla ricerca di modalit di diversificazione
energetica si pass infatti alla ristrutturazione produttiva, in chiave di nuova
organizzazione del lavoro, di sviluppo verticale dei servizi e di una modificazione della
struttura delle imprese. Lefficacia di questi modelli permise di evitare la
generalizzazione delle depressione temuta alla fine degli anni 70, anche se non fece
tornare i tassi di crescita economica del trentennio precedente. Del resto, le societ
avanzate delloccidente avevano inoltre ormai una qualit della vita media e una serie
di ammortizzatori sociali tali da sostenere fasi anche prolungate di instabilit
economica senza eccessivi traumi sociali interni. Comunque, il commercio mondiale
non si esaur affatto come nella grande depressione degli anni 30, ma anzi continu
ad aumentare, a ritmi addirittura pi elevati. Il sistema finanziario internazionale fu
alimentato dalla notevole espansione della massa monetaria successiva al 1971 e
dalla crescita di nuove fonti di ricchezza, tra cui i cosiddetti petrodollari guadagnati
dai paesi dellOpec e reinvestiti in un vorticoso circuito internazionale. Il presupposto
delluscita dalla crisi era stata la scelta, politicamente costruita e orientata, di tornare
a liberare la spontaneit delle leggi di mercato, a tutti i livelli. Si riusc cos
momentaneamente a disinnescare il vivo scontro sulla distribuzione del reddito nei
maggiori paesi, ma la depoliticizzazione comportava per anche nuovi problemi: a
livello interno, il ritorno di marcate incertezza, tassi di disoccupazione pi alti e
disuguaglianze crescenti. A livello internazionale, riduceva invece la confidenza nella
capacit politico-giuridica di regolare il sistema globale, con effetti importanti sul piano
delle relazioni internazionali. In parallelo a questi eventi, nel blocco sovietico la
crescita economica rallent significativamente. Leconomia sovietica mostrava di non
essere strutturalmente capace di cogliere le occasione delliniziale fase dello sviluppo
flessibile, basata sullinformazione, i consumi privati e il boom dei servizi. La debolezza
dellagricoltura (il paese cominci a dover importare cereali) e lancor sostanzialmente
basso tenore di vita medio non permettevano al contempo di sostenere ancora a lungo
lespansione industriale di tipo tradizionale. Il sistema sopravvisse per qualche anno
vendendo in occidente risorse naturali (energetiche e minerarie, soprattutto),

sfruttando a fondo linnalzamento dei prezzi internazionali e ricavando cos risorse


finanziarie indispensabili. Ma non era una metodologia rinnovabile allinfinito e i
satelliti di Mosca si trovarono a guardare sempre pi a occidente. Il trasferimento di
tecnologie, ma anche di generi alimentari, ai paesi orientali, inizi a costituire
preoccupanti posizioni internazionali debitorie per alcuni paesi della sfera sovietica. Le
difficolt maggiori di questo nuovo scenario, dopo la met del decennio, riguardarono
per i paesi del Terzo Mondo. Linizio degli anni 70 aveva rappresentato una finestra
di uniche opportunit per il Terzo Mondo. Lassemblea generale dellOnu, nel 1974,
approv infatti una Carta dei diritti e dei doveri economici degli Stati, che conteneva
15 principi, tra cui quello di una regolazione del commercio e una riforma del sistema
finanziario internazionale che tenesse in conto il punto di vista dei paesi produttori di
materie prime e prodotti alimentari. Da un punto di vista economico, le economie del
Terzo Mondo conobbero una notevole crescita delle esportazioni, anche per il
trasferimento di produzioni tecnologicamente meno avanzate dai paesi sviluppati.
Inoltre, importante fu linedito schieramento della Chiesa cattolica a fianco dei progetti
di sviluppo dei popoli. Queste tendenze si scontrarono per con elementi
problematici. Intanto, la tensione ideologico-politica, connessa al bipolarismo, tornava
a slittare dallEuropa al Terzo Mondo. Tra il 1970 e il 1979, una nuova ondata di
rivoluzioni mise poi in discussione le linee di demarcazione tra i due blocchi in
America, Africa e Asia. Soprattutto, si verific la crisi di alcuni importanti bastioni
dellanticomunismo filoamericano, diffusi in varie aree del mondo. In Asia, nel 1970, si
era instaurata una Repubblica popolare filosovietica nello Yemen del Sud. In Pakistan
la sconfitta nella guerra del 1971 con lIndia aveva portato al potere Al Bhutto,
sospettato di tendenze neutraliste. Nel 1978, i comunisti andarono al potere anche in
Afghanistan e unaltra dittatura pericolante era poi quella filippina. Le evoluzioni di
alcuni paesi arabi nei primissimi anni 70 avevano lanciato segnali preoccupanti per gli
Stati Uniti in Africa e Medio Oriente. Nel 1970 in Somalia prese il potere Siad Barre,
instaurando un regime filosovietico. Nel 1974 la rivoluzione dei garofani, condotta da
ufficiali di sinistra in Portogallo, mise fine al lungo regime autoritario avvisato da
Salazar e apr una crisi di decolonizzazione nelle colonie africane: lindipendenza di
Guinea Bissau, Angola e Mozambico venne proclamata sotto la guida di movimenti
guerriglieri marxisti. Altri colpi di mano portarono a regimi vagamente marxisti in
Africa: in Etiopia nel 1974 e in Madagascar nel 1975. Intanto la guerriglia arrivava a
costringere il regime razzista della Rhodesia a negoziare una transizione che nel 1980
port alla costituzione della Repubblica dello Zimbabwe.
Anche in America Latina la situazione era in grande fermento. Colpiva gli interessi
americani soprattutto linstabilit marcata di molti paesi centroamericani, dal Salvador
al Guatemala. Il caso pi clamoroso fu quello del Nicaragua, dove nel 1979 era caduto
il regime autoritario della famiglia Somoza, per opera della guerriglia sandinista, che
avvi un esperimento di socialismo intransigente. Nel frattempo la polemica contro le
operazioni nascoste della Cia indeboliva le posizioni filoamericane.
In parallelo, ebbe enorme impatto la vicenda dellIran tra il 1978 e il 1979. Il regime
dello Shah Reza Pahlavi fall nel tentativo di una modernizzazione rapida di quella che
era una societ arretrata (la cosiddetta rivoluzione bianca). Il nuovo assolutismo con
venature semi-religiose non poteva che scontentare i religiosi islamici sciiti. La
pressione popolare port alla fuga dello Shah nel gennaio del 1979, accompagnata dal
ritorno dallesilio di Ruhollah Khomeini, che emerse come leader delle rivolta, portando
nel giro di pochi mesi ad instaurare una rigida repubblica teocratica (la teocrazia
una forma di governo in cui il potere politico stabilito su base religiosa).
Le citate rivoluzioni apparivano come colpi alla presenza occidentale e aprivano spazi
nuovi allinfluenza dellaltra superpotenza. La prospettiva sovietica di allargamento
della propria influenza internazionale, oltre i confini difensivi della propria sfera
dinfluenza europea, assunse caratteri di maggiore baldanza. Linfluenza periferica fino
ad allora esercitata in India, Indocina e Medio Oriente, si trov allargata in Africa e in
America latina. Peraltro, tale influenza cominci a essere gestita senza grande

strategia: la diplomazia sovietica cominci a soffrire di notevoli limiti quanto alle


risorse finanziarie da investire allestero. Era in fondo lulteriore dimostrazione
dellincapacit della politica sovietica di uscire da un connotato imperiale di tipo molto
tradizionale, fortemente segnato dalleredita zarista. Un modello che prevedeva solo
satelliti controllati militarmente e non paesi realmente alleati. In questo quadro,
lunico compenso strategico americano sembr essere la svolta della politica estera
dellEgitto che scelse di abbandonare il legame con lUrss e di trovare un
compromesso con Israele. Si rompeva cos il fronte arabo intransigente, allentando la
pressione su Israele e compensando abbondantemente la radicalizzazione politica di
paesi come la Libia o l Siria. Come conseguenza, gli accordi Begin-Sadat, mediati da
Carter e firmati nel 1979 a Camp David, portarono alla restituzione del Sinai allEgitto.
La competizione tra le superpotenze si intrecciava profondamente con i conflitti locali
e interferiva con la ricerca di percorsi politici originali da parte dei paesi del Terzo
Mondo. Questa ricerca era resa ancor pi ardua dalle nuove difficolt economiche: il
gap del reddito pro-capite tra i paesi pi ricchi e quelli assolutamente pi poveri
ricominci ad approfondirsi rapidamente. Tornavano intanto a verificarsi in vari paesi
del Terzo Mondo episodi di carestia di massa, a partire dalle tragiche vicende dei paesi
del Sahel subsahariano nel 1973. Daltro canto, proprio il successo dellOpec oper
anche una netta differenziazione interna dei paesi del Terzo Mondo. I governi dei paesi
produttori di petrolio cominciarono ad arricchirsi vertiginosamente, mentre i paesi
produttori di altre materie prime tentarono di introdurre analoghi meccanismi ma con
scarso successo, anche perch i prezzi internazionali delle materie prime (compreso il
petrolio) e dei prodotti alimentari cominciarono a scendere allinizio del decennio 80.
La stessa Opec entr in difficolt e i singoli paesi membri intrapresero strade
autonome: i paesi che quindi non producevano petrolio e nemmeno qualche altra
materia prima strategica furono cos danneggiati tanto che si cominci addirittura a
parlare di un Quarto Mondo, come categoria dei paesi pi poveri tra i poveri, in
buona parte concentrati nellAfrica nera.
I cosiddetti petrodollari furono poi reinvestiti (soprattutto nellArabia Saudita) nel
mercato dei capitali americano o europeo e furono anche allorigine di una serie
crescente di prestiti da parte di banche private ai governi di alcuni paesi meno
sviluppati, ma gli alti tassi dinteresse degli anni 80 resero illusoria anche questa via
verso la crescita. Tra il 1982 e il 1988 la gestione delle masse crescenti di debito dei
paesi in maggiori difficolt economiche divenne un problema internazionale di
primordine. Crisi finanziarie in Messico e in Polonia misero il sistema finanziario
internazionale sullorlo della catastrofe. Alla fine, furono trovate formule per
suddividere gli effetti delle crisi e consentire ai diversi paesi vie duscita diverse, a
seconda dei propri fondamentali dati economici strutturali. Le istituzioni internazionali,
a partire dal Fondo monetario internazionale, sostennero luscita dallemergenza con
prestiti mirati, chiedendo in cambio interventi strutturali di liberalizzazione delle
economie, riduzione della spesa pubblica, tutela degli investimenti stranieri e
privatizzazioni, che in qualche caso provocarono forti shock economici.
La guerra tra Vietnam e Cambogia, del 1977-1979, costitu poi un altro passo decisivo
della dissoluzione del mito comunista presso i movimenti di liberazione nazionale. La
contrapposizione tra i due comunismi era condizionata dal dissidio cinosovietico e
dalla stessa impresentabilit del sanguinario regime di Pol Pot. Loperazione militare di
Hanoi ferm un genocidio dalle proporzioni sconosciute nel piccolo paese indocinese:
forse un quarto della popolazione era stata sterminata. Fatto sta che limposizione di
un regime amico, non internazionalmente riconosciuto, a Phnom Penh, assunse il
carattere di un episodio di subimperialismo regionale, ben lontano dai modelli di
orgogliosa liberazione dei popoli. Si afferm proprio tra gli anni 70 e 80 in diversi
paesi un feroce nazionalismo etno-religioso, diffuso soprattutto nellarea islamica,
che cominci a destabilizzare paesi storicamente decisivi del Terzo Mondo, come
lEgitto, lIndia e lAlgeria. La fine del decennio 70 vide quindi una totale inversione di
tendenza sui sogni emancipatori del Terzo Mondo. I primi anni 80 conobbero un

sostanziale arresto sulla via della distensione internazionale. In parte si tratt di un


contraccolpo delle dinamiche rivoluzionarie periferiche che abbiamo ricordato. In
parte, fu invece effetto della divergenza crescente tra le superpotenze sul modo di
intendere il nuovo processo della competizione pacifica. La politica americana
conobbe un certo irrigidimento verso lUrss gi con Carter, dopo il 1977. La
discriminante era diventata la questione dei diritti umani, al cui rispetto gli americani
intendevano condizionare lattuazione dei processi distensivi, i rapporti commerciali e
gli accordi sulla limitazione degli armamenti. Tale questione si aggrav per la
crescente notoriet internazionale del dissenso in Urss, che comportava una maggior
pubblicit di alcuni episodi di persecuzione. Nel frattempo gli Stati Uniti tentarono di
rilanciare il rapporto con la Cina fin quasi a proporre unalleanza strategica nel 19771979, ipotizzando addirittura una cooperazione nel settore nucleare, dagli evidenti
risvolti antisovietici. Vennero normalizzate definitivamente le relazioni diplomatiche e
soprattutto inizi un notevole interscambio economico (mosse chiaramente percepite
con preoccupazione da Mosca).
Anche i dirigenti sovietici presero una serie di decisioni deleterie per gli effetti sulla
distensione. La pi urtante fu il dispiegamento dei missili nucleari a raggio intermedio
SS-20 in Europa orientale, avviato nel 1977. Si trattava di una misura di routine di
aggiornamento del proprio arsenale con missili pi potenti, precisi e dotati di tre
testate Mirv. Era per anche una nuova affermazione di parit, in quanto tesa a
controbilanciare il potenziale delle basi americane avanzate in Europa e degli arsenali
sia francese che britannico. La Nato decise nel 1979 di accelerare allora il gi previsto
dispiegamento in basi europee di 572 nuovi missili a medio raggio: tra cui i missili da
crociera (cruise) Tomahawk, a guida computerizzata, capaci di raggiungere lobiettivo
a bassa quota sottraendosi ai controlli radar. Erano cio armi molto pi efficaci dei
nuovi missili sovietici e quindi pi incisive sulla stabilit della sicurezza sul continente.
Nel dicembre del 1979 labbandono della distensione venne in qualche modo
suggellato dallinvasione sovietica dellAfghanistan. Fino al 1978, i sovietici avevano
gradito un governo non allineato in questa sensibile e tradizionale zona cuscinetto:
quellanno per aveva preso potere, senza aiuti di Mosca, una fazione apertamente
marxista e filosovietica, il Partito democratico-popolare. Nel giro di qualche mese, fu
chiaro che il nuovo governo era in difficolt, perch le sue politiche radicali di riforma
avevano suscitato resistenze violente di una guerriglia tribale, tra cui alcuni gruppi
radicali islamici, galvanizzati dal vicino esperimento iraniano e finanziati con fondi
sauditi. La dirigenza del Cremlino decise di fornire i richiesti sostegni al governo di
Kabul ma, temendo il contagio del radicalismo nellAsia sovietica musulmana, matur
la convinzione delle necessit di un intervento militare diretto per controllare questi
diversi fronti critici, imponendo un nuovo capo del governo, Babrak Karmal.
La reazione diplomatica fu molto decisa da parte americana. Carter dichiar che tale
mossa appariva parte di una strategia per guadagnare il controllo della sensibilissima
regione del Golfo Persico e del suo petrolio: gli Stati Uniti quindi si opposero
decisamente a questa direttiva. USA e i pi stretti alleati occidentali boicottarono le
Olimpiadi di Mosca dellestate del 1980 e fu introdotto un nuovo sostanziale embargo
delle merci a contenuto tecnologico e anche (almeno provvisoriamente) delle vendite
di grano allUrss.
Il caso polacco del 1980-1981 costitu un ulteriore segnale critico, questa volta proprio
sul delicatissimo terreno europeo. Le vicende interne al paese (cuore dellimpero
sovietico) avevano conosciuto ripetuti episodi di tensione tra governo e popolazione,
fin dagli scontri del 1970. Inoltre, lelezione di un papa polacco, nellottobre del 1978,
come il cardinale Karol Wojtyla (Papa Giovanni Paolo II),aveva avuto un impatto
significativo nella societ polacca. Nel frattempo, lindebitamento del paese con le
banche occidentali cresceva a dismisura, fino a condurre il governo a dover alzare il
prezzo dei generi alimentari nel 1980. I successivi scioperi operai videro la costruzione
nei maggiori centri industriali, a partire da Danzica, del sindacato indipendente
Solidarnosc, a matrice cattolico-sociale ma sostenuto anche da intellettuali laici del

dissenso. Il suo rapido rafforzamento impose al Poup, partito comunista al potere, di


riconoscere margini di libert sindacale. La debolezza del potere politico e la
radicalizzazione progressiva del movimento operaio rilanciarono lo spettro di un nuovo
intervento sovietico. Il nuovo premier, il generale Jaruzelski, decise cos, nel dicembre
del 1981, di mettere un freno alla situazione: venne dichiarato lo stato dassedio e
furono imprigionati alcuni dei maggiori esponenti del Solidarnosc. La stretta di freni
ebbe un ulteriore impatto negativo sulla sorte del socialismo reale e mise anche in
crescente difficolt la distensione internazionale. Dopo 2 anni, la situazione politica
interna polacca conobbe un lento disgelo, con la tolleranza per la ripresa semilegale
del sindacato libero mediata dalla Chiesa cattolica.
La direttiva riarmista, gi intrapresa nellultimo anno della presidenza Carter, fu
rilanciata dal suo successore, il repubblicano Ronald Reagan, entrato in carica allinizio
del 1981. Esponente dellala conservatrice del partito, egli condusse il suo primo
mandato con i toni di una propaganda durissima contro il comunismo internazionale e
lUnione Sovietica. Egli svilupp una semplificata ma efficace contromossa ideologica,
mirata a ridare fiducia alla maggioranza degli americani. La disponibilit a interventi
militari allestero e la pressione diplomatica sullUrss facevano quindi parte della
necessit di rinsaldare il ruolo-guida degli USA. Il riarmo, inoltre, doveva lubrificare il
rilancio liberista della crescita e contrastare la stagnazione indotta inizialmente dallo
choc delle politiche deflazioniste del 1981-1982.
LAmministrazione americana innalz quindi le spese militari, aumentando le forze
convenzionali terrestri e marittime, sviluppando costosissimi programmi di
innovazione per laeronautica (come quelli per i bombardieri Stealth invisibili ai
radar) e ammodernando il settore dei missili Icbm. Lenfasi era stata poi ulteriormente
innalzata con lannuncio da parte di Reagan, nel marzo del 1983, di ricerche per un
avveniristico programma denominato Strategic Defense Initiative (Sdi), subito
battezzato dai media come scudo stellare. Si trattava di un complesso sistema di
apprestamenti nellatmosfera e dispositivi su satelliti, mirato a distruggere ogni missile
eventualmente in volo per colpire gli Stati Uniti. Pur non essendo mai provata la sua
realistica possibilit di funzionare, gi solo la sperimentazione violava per una serie di
trattati sovietico-americani (quali lAbm del 1972). I primi anni 80 insomma
mostrarono lesaurimento definitivo della residua credibilit del modello di
pianificazione sovietica. Si parl di una seconda guerra fredda, che sembrava di
nuovo tornare a dominare la scena internazionale. Lintreccio di azioni e reazioni caus
un clima torbido di irresponsabilit politica e, tra il 1982 e il 1984, i canali di
comunicazione diplomatici riservati tra le due superpotenze furono interrotti. La crisi
degli euromissili ebbe il suo picco nellautunno del 1983 con la diffusione a Mosca di
un vero e proprio soffio di panico riguardo a un possibile attacco nucleare preventivo
americano. La politica di Reagan contribu per a sbloccare il dinamismo economico
ancora rilevante, soprattutto in termini di innovazione tecnologica: la nuova economia
dei servizi e la flessibilit del lavoro rilanciarono la crescita del paese, mentre la
riduzione delle tasse sugli alti redditi e lindebitamento delle famiglie favorivano i
consumi. La riduzione dei costi internazionali dellenergia faceva il resto. La decadenza
del tasso di crescita della produttivit, la deindustrializzazione di molte regioni e la
permanenza del deficit commerciale con lestero lasciavano peraltro ombre consistenti
sul centro pulsante delleconomia aperta a egemonia occidentale. Lo slancio della
spesa militare provoc una voragine finanziaria dei conti pubblici. Alla met degli anni
80 gli Stati Uniti erano diventati paese debitore netto, da maggior paese creditore di
tutto il dopoguerra.
Intanto, linasprita confrontation continuava a imperversare nel Terzo Mondo, con ampi
dispiegamenti di iniziative palesi della diplomazia americana per influenzare a proprio
favore regimi e partiti, redistribuendo compiti periferici e armamenti e salvaguardando
relazioni commerciali sempre pi importanti.
Il successo del modello dintegrazione crescente nel mondo, rese impossibile
circoscrivere nella logica bipolare linsieme delle relazioni internazionali. Esistevano

ormai sul campo nuovi attori, dotati di potere economico e di influenza politica. Un
attore era certamente la Comunit europea. Dopo la stasi degli anni 60, il processo
dintegrazione tra gli Stati occidentali si ampli e si consolid lentamente. Considerata
nel suo insieme, la Comunit dei dodici poteva risultare ormai addirittura in testa alle
statistiche mondiali del commercio (anche se in parte preponderante si trattava di
scambi intracomunitari). Aveva una popolazione maggiore di quella degli Stati Uniti e
un prodotto lordo ormai quasi analogo. Passo importante fu lingresso della Gran
Bretagna (con Danimarca e Irlanda), avvenuto nel 1973: il paese era in una condizione
di debolezza tale da accettare il punto di vista continentale su varie questioni. La
Grecia entr nel 1981, mentre i paesi iberici furono ammessi nel 1986. Naturalmente il
processo di allargamento della Comunit assorb molte energie e catalizz gli impegni
diplomatici degli Stati membri, che dovevano essere integrati nelle dinamiche
preesistenti. Non fu semplice nemmeno ladattamento del tessuto istituzionale e
negoziale comunitario alle logiche particolari della politica estera britannica, ancora
legata alla sua speciale relazione con gli USA e capace di alcune fiammate di
orgogliosa autonomia politica, in campo economico e militare. Al contempo, la Francia
di Mitterrand abbandon alcune rigidit, ma conserv un orizzonte autonomo delle
politica internazionale del paese, evidente per esempio in Africa. Proprio negli anni
70, quindi, la comunit speriment i limiti di una tendenza allautonomia politica nei
confronti degli USA che non riusciva a tradursi nella costruzione di un altro solido
punto di riferimento internazionale. Nel 1979 gli europei rifiutarono di abbandonare il
progetto del gasdotto destinato a portare in Europa il gas siberiano, come richiesto da
Washington in reazione allinvasione sovietica dellAfghanistan. La Comunit era una
struttura politica ancora molto particolare e pressoch inesistente come soggettivit
internazionale, nonostante la crescente retorica sul coordinamento delle politiche
estere degli Stati membri. La Comunit si trov frequentemente di fronte al problema
della sua possibile evoluzione. Un passo importante fu compiuto a livello monetario,
non casualmente: dopo un primo tentativo di fluttuazione congiunta delle monete (il
serpente monetario del 1972) si arriv a un progetto Schmidt-Giscard, che port nel
1979 a costituire il Sistema monetario europeo (Sme). Il sistema collegava le
fluttuazioni monetarie delle diverse valute europee, fissando bande di oscillazione
massima e impegnando i governi a controllare i cambi. Questo meccanismo doveva
incentivare la crescita di rapporti economici e commerciali nel quadro di unarea
sempre pi integrata. Doveva anche ridurre limpatto delle fluttuazioni del dollaro e
delle politiche unilaterali americane. Lo Sme (che non ebbe fino al 1990 ladesione
inglese) ebbe un certo successo, nonostante alcune crisi periodiche e vari
aggiustamenti. Lo Sme fu anche uno strumento della crescente germanizzazione
della comunit. Le performance positive delleconomia produttiva tedesca si
accompagnavano a una solidit monetaria e a una rigidit proverbiale sul terreno
dellinflazione. Loscillazione congiunta delle valute europee, in presenza di inflazioni
differenziate, aiutava la competitivit continua delle esportazioni tedesche. Molti paesi
giunsero quindi ad attribuire implicitamente alla Bundesbank il compito di regolatore
ultimo del sistema economico europeo e alleconomia produttiva tedesca la funzione
di guida reale del sistema integrato europeo continentale. La nuova Germania era
ormai un gigante economico.
La Comunit europea divenne quindi un livello di governo con crescenti significati
politici, ma comunque le istituzioni conservarono una marcata impronta
intergovernativa: gli accordi di Parigi del 1974 sanzionarono definitivamente la
preminenza del nuovo Consiglio europeo come vero motore degli organismi
comunitari. La decisione correlata di eleggere a suffragio universale il parlamento
della Comunit, dava uno spazio di maggior legittimazione diretta delle istituzioni, ma
non modificava la logica di mediazione tra governi. Infatti, il governo britannico non
perse occasione per contrastare ogni minimo incremento di potere delle istituzioni
comunitarie. Non a caso di parl in questi anni di una sostanziale eurosclerosi. Nel
dicembre del 1985 venne firmato lAtto unico (ratificato nel 1987), che prevedeva

lunificazione definitiva dei mercati europei e lavvio dellintegrazione economica e


politica complessiva, cominciando da subito a rivedere e snellire la complessa
procedura decisionale negli organismi comunitari. In alcuni casi si introduceva il
principio del voto a maggioranza qualificata, per sostituire la paralizzante regola
dellunanimit. I poteri parlamentari venivano marginalmente rafforzati, come si
accrescevano quelli politici della Commissione. Si istituzionalizzavano riunioni
periodiche dei ministri degli Esteri, ai fini del coordinamento operativo e in vista di una
politica estera comune.
Un indubbio polo delleconomia mondiale alla fine del decennio 70 era ormai il
Giappone. Con la sua impetuosa crescita, super gli USA, nel 1980, come pi grande
produttore di automobili del mondo. I punti forti del modello giapponese aiutarono una
transizione sempre al modello di accumulazione flessibile: lalto tasso di risparmio
interno e la moderazione dei consumi garantivano disciplina anche nella fasi critiche, il
significativo investimento in istruzione e ricerca permise una rapida ristrutturazione
industriale per salvare energia e rendere il paese meno dipendente dal petrolio,
lattenzione per la qualit dei prodotti era connessa a una centralit sociale
dellimpresa a cui i lavoratori erano leali e subordinati, e infine una certa dose di
protezionismo pi o meno mascherato tutelava il mercato interno. Nei primi anni 80, il
rapporto nippo-americano si tramut in unaspra concorrenza, con toni che arrivarono
alla conclamata guerra commerciale.
Leconomia giapponese non si era mai proposta, nel dopoguerra, come un centro
propulsore di unarea regionale, ma negli anni 70-80 una serie di investimenti
crescenti cre legami sempre pi forti con le cosiddette quattro tigri del sud-est
(Hong Kong, Singapore, Corea del Sud e Taiwan) e altri paesi asiatici. Oltre alle due
citt-Stato fortemente impegnate in attivit di intermediazione bancaria e
commerciale, leconomia coreana e quella taiwanese conobbero un grande slancio
come aree di localizzazione di imprese giapponesi (o anche americane) che
sfruttavano il basso costo del lavoro per assemblaggi o produzioni ripetitive. Questi
paesi avevano poi sfruttato la competizione ideologica degli anni della guerra fredda e
la stessa continua presenza di una minaccia esterna, concependola come stimolo.
Progressivamente, dinamiche analoghe si diffusero anche in India, Indonesia, Malesia e
Filippine.
Lintegrazione non era pi perseguita militarmente, ma con la forza delle dinamiche
economiche e, nel 1967, fu creata lAsean (Associazione delle nazioni del sud-est
asiatico) tra Indonesia, Malaysia, Filippine, Thailandia, Singapore e Brunei, che col
tempo divenne un orizzonte di integrazione economica regionale.
La Cina, invece, dopo la morte di Mao nel 1976, inizi una transizione notevolissima
con il ritorno al potere, nel 1980, di Deng Xiaoping. Tale nuova dirigenza si indirizz a
modernizzare il paese abbandonando autarchia e statalismo rigido. Un deciso
inserimento di elementi di mercato nellagricoltura, che favoriva la piccola propriet
contadina, and insieme a forti incentivi per lindustria leggera, fino a mostrare favore
per gli investimenti stranieri, in modo da sostenere le esportazioni. Dal 1981 si avvi
una pragmatica sistemazione dei rapporti con lUrss, mentre la partnership
tecnologica e militare con gli USA proseguiva senza problemi. Anche in Cina lapertura
al mercato comport la crescita di richieste di pluralismo ideologico e politico,
culminante nelle enormi manifestazioni della piazza Tiananmen nel 1989, guidate
soprattutto dagli studenti e da intellettuali innovatori. La scelta della repressione da
parte del potere sfoci nei massacri del giugno di quellanno.
A fronte di questi sviluppi in Europa e in Asia, anche la dirigenza di Washington cerc
di rafforzare il proprio orizzonte economico e commerciale regionale, mettendo nel
1988 le basi per un accordo di libero commercio dellAmerica settentrionale (quello
che nel 1994 diventer il Nafta), e studiando unipotesi analoga per tutto il continente
americano. Il regionalismo economico insomma prendeva piede anche a Washington.
In sostanza, la diversificazione dei centri di potere economico internazionale, a fronte
della decadenza del modello socialista e della difficolt di ogni tentativo di emersione

dei paesi del Terzo Mondo, aveva portato con s la crescente pluralit dei modelli di
capitalismo.
Levidente crisi della leadership sovietica, negli ultimi anni di Breznev, dava lidea di
una mancanza preoccupante di risposte allaltezza della sfida. Il quadro cambi con
lavvento alla segreteria del Pcus di Michail Gorbacev, nel marzo del 1985, che
impost una politica ambiziosa per rivitalizzare il sistema in decadenza, proclamando
di voler reinterpretare ma non abbandonare la tradizione socialista e soprattutto
leninista. Le parole dordine decisive della sua leadership divennero ristrutturazione
del sistema economico e trasparenza, giungendo fino allaperto dibattito sulle
scelte politiche. Sul primo versante, egli cerc di introdurre elementi di flessibilit per
accompagnare alla pianificazione degli obiettivi generali una maggiore responsabilit
delle imprese e una modesta presenza di settori liberalizzati di attivit privata nei
servizi, nellagricoltura e nella piccola produzione artigianale. Sotto il profilo pi
propriamente politico, una minor identificazione tra partito e governo fu la prima
mossa di una riforma che doveva, nel giro di qualche anno, introdurre elementi di
pluralismo. Inoltre, fu perseguita con decisione labolizione della censura, aprendo
notevoli margini di libert di opinione di discussione. Gorbacev era convinto che tale
complessa operazione interna fosse incompatibile con un clima di aspra competizione
internazionale e che il successo delle sue riforme richiedeva il superamento definitivo
del sistema della guerra fredda. Nel dicembre del 1987 fu quindi raggiunto laccordo
sugli euromissili con gli USA di Reagan e, nel frattempo, Gorbacev decise anche il
ritiro delle truppe sovietiche dallAfghanistan. Mosca annunci, nel 1988, un esteso
programma di ritiro delle proprie forze dispiegate in Europa orientale: non si intendeva
tagliare i ponti con gli alleati, ma incentivare la riforma interna dei singoli Stati. In
Ungheria procedettero riforme liberali e levoluzione polacca permise sostanzialmente
di sanare i traumi del 1981 e di uscire dal monopartitismo. Negli altri paesi orientali
satelliti di Mosca, la dirigenza comunista sembr sfruttare la maggiore autonomia
per sottrarsi alle riforme di Gorbacev facendo riemergere nazionalismi e micro
nazionalismi in tutta larea a cavallo tra Europa e Asia. Tutto ci era insieme il frutto
dei limiti della capacit modernizzante dello Stato sovietico e leffetto di
unelementare dinamica di ricerca di sopravvivenza di alcuni spezzoni di ceto politico
ex comunista, prontamente riciclatosi in chiave nazionalista.
In Polonia laccordo di Jaruzelski con le opposizioni port a svolgere elezioni libere nel
giugno del 1989: pur con una legge elettorale che garantiva comunque la
sopravvivenza del controllo comunista alla camera bassa, Solidarnosc conquist tutti i
seggi (tranne uno) al Senato.
In Ungheria loccasione per catalizzare le opposizioni fu una campagna di opinione per
la riabilitazione delle vittime del 1956: la cerimonia pubblica per celebrare la memoria
di Nagy fu un segnale di morte per il regime. Di l a pochi giorni, nellottobre 1989, il
parlamento vot per fissare elezioni libere e multipartitiche per la successiva
primavera. Il governo di Budapest aveva poi gi preso la decisione in maggio di
smantellare i controlli che rendevano impenetrabile il confine con lAustria dando vita
a conseguenze drastiche. Prese forza, nellestate del 1989, un flusso di migrazione di
tedeschi orientali verso occidente e queste fighe di massa, oltre alle manifestazioni
popolari, condussero la Sed a nominare un governo provvisorio riformatore. Il 9
novembre iniziava a essere smantellato il Muro di Berlino. Contemporaneamente si
sviluppava la rivoluzione di velluto praghese, con la caduta di Husk e le oceaniche
manifestazione in piazza San Venceslao, che portarono alla fine del novembre 1989 al
cedimento totale e pacifico dellapparato politico autoritario.
Anche dove non cera presenza sovietica diretta i sistemi comunisti europei ormai
dovevano crollare. Il caso jugoslavo si rivel subito il pi complesso e critico: il sistema
economico in crisi infatti non aveva colto positivamente la crescente dose di
integrazione internazionale e i nazionalismi interni riemersero con forza (soprattutto
dopo il 1989) sfruttati da frazioni della Lega dei comunisti al potere per cercare nuova
legittimazione. Nel 1991 ogni repubblica si indirizz a proclamare lindipendenza, ma il

caso pi intricato risult quello della repubblica Bosnia-Erzegovina che precipit, nel
1992, in unatroce guerra civile, resa esplosiva dalle velleit espansionistiche dei
governi di Croazia e Serbia, che sostennero massicciamente le formazioni armate dei
rispettivi gruppi etnici.
Nella primavera del 1990, si ebbe la proclamazione di indipendenza di Lettonia,
Estonia e Lituania e, nellestate, quasi tutte le repubbliche originarie dellunione
proclamarono la sovranit (cio la superiorit delle proprie leggi su quelle
dellUnione).
Nel frattempo, maturava rapidamente la riunificazione tedesca. Le elezioni del marzo
1990 allest videro una travolgente vittoria dei cristiano-democratici, che formarono un
governo senza comunisti, dichiarandosi pronti a negoziare lunit. Infatti, labile
cancelliere federale tedesco Kohl premette per una riunificazione rapida imponendo
anche una riunificazione monetaria. Il 3 ottobre del 1990 si ebbe la festa della
riunificazione tedesca. Si rafforzava cos lidea di una possibile completa unificazione
europea e si decise, alla fine del 1990 a Parigi, di creare una vera e propria
organizzazione permanente nominata Osce (Organizzazione per la sicurezza e la
cooperazione in Europa), dotata di poteri di intervento nelle situazioni di crisi, che per
sarebbe decollata con fatica. Limpatto pi immediato di questo nuovo orizzonte fu lo
scioglimento del patto di Varsavia, deciso con la riunificazione tedesca, che venne
ufficialmente archiviato nel febbraio del 1991.
Nel giro di pochi mesi, maturava la crisi finale della stessa Urss: alla sospensione delle
attivit del Pcus fece subito riscontro londata delle dichiarazioni dindipendenza della
singole repubbliche. Gorbacev, travolto dalla sua stessa incapacit di dominare gli
eventi, si dimise nel dicembre del 1991.
Anche altri paesi acquisirono istituzioni democratiche liberali, con il crollo quasi
contemporaneo di consolidate dittature latino-americane, la transizione sudafricana
fuori dallapartheid nel 1994 e molte elezioni multipartitiche in paesi africani.
La parola chiave di questa percezione divenne globalizzazione: grazie alla forza di
alcune innovazioni tecnologiche e organizzative, leconomia contemporanea avrebbe
realmente ormai unificato il mondo in un unico grande mercato, al cui interno si
sarebbe sviluppata anche una crescente convergenza socioculturale, tanto da porre le
premesse per una pacifica competizione e affermazione degli interessi di tutti i
soggetti.
Il rapporto tra Stati e mercati si modificato profondamente e la progressiva
integrazione delleconomia mondiale, grazie alla produzione internazionale, ha
spostato lequilibrio di potere dagli Stati ai mercati mondiali.

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