domenica 1 novembre 2009

PRIMO PIANO 5

FORMIDABILE E RAPIDA CARRIERA NEI CARABINIERI, POI LA SCELTA DECISA: «L’HO FATTO PER UN IDEALE»

Dall’Arma ai caschi bianchi sfidando il quotidiano

A lla pizzeria Medina l’altro pomeriggio è passato e ha spento un
grave incendio. Ma non è la prima volta che il generale Luigi
Sementa interviene personalmente. Vive perennemente in prima linea
e non smentisce la sua formazione militare. Salernitano, 51 anni,
moglie professoressa alla Federico II, un figlio studente all’Università
cattolica, Luigi Sementa nel 1973 cominciò a frequentare la Scuola
militare Nunziatella, poi fu allievo dell’Accademia di Modena, della
Scuola d’applicazione dell’Arma e della Scuola di guerra di
Civitavecchia. È laureato in Giurisprudenza e in Scienza della
Sicurezza. La prima destinazione, dopo i corsi di addestramento alla
Brigata Folgore, fu presso il comando del reparto antiterrorismo di
Roma. Dal 1983 al 2006, gli affidano il comando del nucleo operativo di
Reggio Calabria, la sezione omicidi del nucleo investigativo di Napoli, la
compagnia di Molfetta, la sede napoletana dell’Alto Commissariato per
il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa. Ricopre,
LE STORIE.
inoltre, la titolarità del settore investigazioni giudiziarie della Dia di
IL PUNTO SULLA SUA “RIVOLUZIONE”
Napoli, è al vertice del Comando provinciale di Benevento e del Reparto AD UN ANNO DALL’INSEDIAMENTO
operativo di Napoli. Con il grado di generale di brigata, dal settembre «PRESTO LA NUOVA SALA OPERATIVA»
2006 all’agosto 2008, comanda la Scuola allievi carabinieri di Benevento.
Poi, il Comando generale lo segnala, su richiesta del sindaco Iervolino,
per la guida del Corpo della polizia municipale di Napoli. Incarico che
ricopre dal settembre 2008. Nel 1984 il Presidente Pertini gli conferì la
medaglia d’argento al valor militare per aver catturato in Calabria, dopo
un conflitto a fuoco, gli autori di un omicidio.

L’INTERVISTA IL COMANDANTE LUIGI SEMENTA SVENTA LE MANOVRE SUL CONCORSO CHE SARÀ BANDITO A DICEMBRE

«Giù le mani dai 170 posti di vigile»

di Andrea Manzi per il ritardo con cui l'Arin installa i cazione con i cittadini, ma soltanto cora senza casco. Ovviamente, vo- no fatto io, sarei già andato via». euro e non a 25-30 è considerata una
contatori dell'acqua. Siamo il primo quando i comandi di stazione o di re- leva insinuare un nostro limite nella Anche nella sua gestione vi so- conquista. “Voi con questi blitz ci ro-

D opo dieci anni di attesa, entro

dicembre sarà bandito un con-
corso per 170 posti nella polizia mu-
nicipale di Napoli. Corre voce che un
esercito di maneggioni abbia già
messo le mani sulla selezione: qual-
cuno avrebbe incassato il 30% della
tangente pattuita sul posto di vigi-
le. Un altro 30 gli sarà versato al mo-
mento del bando e il saldo a risulta-
to conseguito. A disturbare il mal-
vezzo partenopeo c'è, però, Luigi Se-
menta, comandante da poco più un
anno. Sementa è un duro, si spezze-
rà pure ma non si piega. Eppure, per
la storia del concorso, vorrebbero far-
lo fuori. Gira una voce insistente: “Gli
daranno 100 uomini e gestirà un ser-
vizio in autonomia, ma lì dov'è non
resterà“.
Generale, si tratta di una mal-
dicenza o c'è qualcosa di vero?
«Non escludo che intorno ad una se-
lezione tanto attesa possano muo-
versi interessi inconfessabili. La sot-
tocultura napoletana considera i vi-
gili urbani un elettorato di rango e
qualche terminale politico degene-
rato potrebbe ritenere la mia pre-
senza di impedimento per manovre
illegali. Ma sono e resto qui, le diffi-
coltà mi motivano».
Molti la considerano uno scerif-
fo, i suoi rapporti con la città
non sono semplici ed anche nel
Palazzo non fa nulla per passa-
re inosservato. Per come stan-
no andando le cose, la rifareb-
be la scelta di lasciare l'arma dei
carabinieri per comandare il
corpo dei vigili urbani di Napo-
li?
«La rifarei per servire la città. Io non
mi tiro indietro, da carabiniere se sa-
pevo che in un appartamento c'era-
no quattro persone da acciuffare pia-
nificavo ogni cosa per raggiungere
l'obiettivo, e lo raggiungevo: quei
quattro li portavo comunque fuori in
manette. Saranno stati gli addestra-
menti ai quali mi sono sottoposto,
certo è che vivo così. Credo, però,
che c'entri anche il senso dello Sta-
to. Sono figlio di un militare, mio pa-
dre pilotava i velivoli da combatti-
mento con Bruno Mussolini, il figlio
del Duce. Poi, se ne andò nella poli-
zia».
Sostiene di essere entrato in
gioco per servire la città. Ma se
lei non è neanche napoletano?!
«Sono nato a Salerno, è vero, ma ope-
rativamente mi considero napoleta-
no. Mi sono sposato qui, a Napoli è
nato mio figlio, le tappe più signifi-
cative della mia carriera si sono svol-
te in questa terra. Se mi avessero
chiamato per guidare il corpo dei vi-
gili di un'altra metropoli, anche di Ro-
ma, avrei detto di no. Checché se ne
dica, si vive anche di ideali. Altri-
menti si invecchia. Ai miei allievi del-
la scuola dei carabinieri di Beneven-
to, che dirigevo fino a un anno fa, di-
cevo sempre: “Ragazzi, credete nel-
le cose che fate”».
Ma oggi non è più un carabi-
niere.
«È vero, ho nuovi punti di osserva-
zione. L'Arma favorisce i rapporti con
la città, è considerata da tutti quasi
sacra. Al di là delle mele marce, i ca-
rabinieri sono un riferimento per ogni
livello sociale. Nella polizia munici-
pale è diverso. Ai carabinieri non in-
teressa l'occupazione del suolo pub-
blico, ad esempio, a noi sì e molto. I
cittadini vengono a protestare da me
sportello denuncia, la polizia del cit-
tadino. Purtroppo, il limite è che que-
sta funzione non è considerata civi-
ca ma “politica”. Sì, siamo visti co-
me corpo di questo o quel colore a
seconda dell'orientamento dell'am-
ministrazione. “Polizia politica”. Io
sto tentando di modificare questa
cultura».
In che modo?
«Dimostrando che la legalità non è
una parola vuota, ma la modalità di
vita delle persone perbene. La rea-
lizzazione di questo obiettivo impo-
Il comandante dei vigili urbani, generale Luigi Sementa, illustra la sua rifondazione del corpo e annuncia: «Presto avremo la nuova sala operativa»
«Non escludo che in vista dell’ingresso di nuove unità si siano mossi interessi inconfessabi-
li. Ma io non mi piego. Abbiamo bisogno di ricreare una cultura della cittadinanza. Nel
corso dei blitz, i napoletani non applaudono i miei uomini, ma i malviventi. Trenta feriti in
pochi mesi, 99 l’anno scorso. Un bilancio triste, ma ormai abbiamo imboccato la svolta»
ne, però, una vigilanza continua. I
miei servizi preventivi servono a que-
sto».
Spesso sono servizi clamorosi,
con grande spiegamento di for-
ze.
«Per ottenere il risultato di cui parla-
vamo bisogna far toccare con mano
la presenza dello Stato. Perciò an-
diamo in massa (e ripetutamente)
negli stessi posti. C’è chi sequestra
i motorini, chi si occupa dei manu-
fatti abusivi, altri uomini controllano
autorizzazioni e licenze. I napoleta-
ni stanno capendo che siamo una
polizia a tutti gli effetti, anche se mol-
to particolare. E la nostra adesione
alla vita della gente ci fa diventare ri-
ferimento dei cittadini onesti e labo-
riosi. L’altro giorno mi hanno chia-
mato dai Banchi Nuovi per far to-
gliere dalla piazza le due porte che i
ragazzi avevano installato per gio-
care a pallone. “La piazza è storica e
noi non possiamo consentire questo
scempio” mi hanno detto al telefono.
Insomma, sta cambiando qualcosa».
Tutto questo non le accadeva
quando era nei carabinieri?
«Lì si verifica ugualmente l’identifi-
parti sono affidati a persone cari-
smatiche. Noi, invece, stiamo cer-
cando ex novo di imporre questa
centralità del corpo. Io dico sempre
ai vigili: “Sentitevi punto di riferi-
mento”. Il problema è che molti, pur
prodigandosi, continuano a consi-
derarsi semplicemente impiegati co-
munali».
E per contrastare questa logica,
lei sta rivoluzionando il corpo.
«Sto centralizzando l’organizzazione,
ma decentro l’operatività. Faccio un
esempio. Mando 150 persone allo
stadio per la partita del Napoli: eb-
bene, ciascun responsabile di co-
mando operativo conosce nel detta-
glio il lavoro da svolgere perché lo
abbiamo predeterminato a livello
centrale, nel senso che ordini e mo-
dalità per la realizzazione del servi-
zio partono dal comando. Non può
essere diversamente, le attività com-
plesse le devo svolgere io. I capi del-
le unità gestiranno, però, in autono-
mia gli uomini con l’obiettivo di ga-
rantirmi il risultato. Prima non era co-
sì: la Piedigrotta era coperta dal-
l’unità di Chiaia, adesso pianifichia-
mo noi i servizi. In questo modo il re-
sponsabile dell’unità avverte di ave-
re le spalle coperte e, al tempo stes-
so, ha una libertà d’azione. Questo
contribuirà a far apparire il vigile di-
verso da come è stato fino ad oggi
considerato».
Sono ancora molte però le ri-
serve sui vigili, anche nella co-
siddetta buona società.
«Nel corso di un convegno sulla si-
curezza stradale presso il “Leonardo
Bianchi”, una dottoressa dell’ospe-
dale San Paolo mi ha chiesto perché
molti ragazzi andassero in moto an-
repressione del fenomeno. Le ho do-
vuto spiegare che il problema non si
risolve soltanto con i sequestri, che
pure sono importanti, e le ho ricor-
dato la triste storia della nostra col-
lega colpita in piazza del Gesù pro-
prio nel corso di un servizio di con-
trollo per punire i motociclisti senza
casco. Non contenta, mi ha chiesto
perché i vigili andassero in giro in
due. Avrei voluto ribatterle: “Scusi,
ma perché il chirurgo entra il sala
operatoria anche con l’anestesista?”.
La sottocultura, come le dicevo, non
è rilevabile soltanto nei ceti meno ab-
bienti, ma è un limite che interessa
tutta la società napoletana».
I pregiudizi nascono anche dal-
la scarsa professionalità di al-
cuni suoi uomini.
«Non ho mai coperto e non copro
nessuno. Ho arrestato due vigili
mentre riscuotevano una tangente,
ne ho denunciati altri che facevano
da “consulenti” ad un tizio, al quale
avevano sequestrato alcuni fabbri-
cati per abusi. Altri uomini, lo am-
metto, avrebbero bisogno di corsi di
formazione. Sementa queste cose le
dice e fa in modo che cambino, per-
ciò dà fastidio e, per alcuni, dovreb-
be andare via».
Corre voce che lei non abbia più
un buon rapporto con il sinda-
co.
«È falso. La diceria nacque da un
equivoco che chiarii subito: nel cor-
so di una manifestazione in piazza
Bellini, indetta per un’aggressione
subita da una ragazza, riferirono al
sindaco che non erano presenti i vi-
gili. Non era vero, documentai il con-
trario e fu tutto chiarito. Nessun con-
trasto: se ci fosse stato, per come so-
no privilegi tra i vigili?
«Il mio è un lavoro lento. Ho tolto i
paletti agli orticelli di quanti ritene-
vano che essere vigile significasse
avere divisa, tesserino e nessuna re-
sponsabilità. Non ho concesso più le
posizioni organizzative e i premi li ri-
servo solo a chi vale. E si tratta di
gratificazione morali, perché soldi in
più non do a nessuno. Certo, c’è tan-
to da fare, probabilmente esiste an-
cora qualcuno al nostro interno che
ritiene di poter avere per interlocu-
tori partiti o correnti e, quindi, di non
dover essere al servizio della collet-
tività. Questa mentalità io la detesto
perché contrasta con la mia forma-
zione militare e culturale. I tentativi
per fermarmi ci sono stati, pensava-
no di potermi isolare con minacce e
scioperi. Ma il carattere spigoloso mi
ha salvato. Sindacati e ufficiali che
si sono visti togliere il potere, quan-
do mi insediai, mi davano non più di
30 giorni di vita da comadante. Il po-
tere politico tentò di “avvicinarmi”,
poi ha dovuto imparare a rispettare
la mia autonomia. Io sono ancora
qui».
Ha chiesto anche ulteriori mez-
zi.
«Il problema sarà di reperire i fondi
per programmare un salto di quali-
tà. Nell’immediato, tuttavia, un po’
di novità le avremo: una nuova cen-
trale operativa e la informatizzazio-
ne dei servizi senza la quale è in-
concepibile poter svolgere efficace-
mente ruoli di polizia. Quando mi in-
sediai, non trovai niente: soltanto
tracce di soldi spesi male. Adesso
acquisteremo le nuove divise per i
motociclisti, ma sto pensando ad
uniformi per tutti che costino poco e
siano pratiche. In passato, hanno ac-
quistato per i vigili le cravatte di Ma-
rinella, erano in enormi scatoloni che
ho scoperto in un deposito, uno spre-
co assurdo. Cravatte buttate lì, la-
sciate ammuffire. Anziché pensare
all’essenziale, ci si concentrava sul
lusso».
Spostiamo lo sguardo all’ester-
no: dal comando vigili che città
vede?
«Napoli non rispetta le regole, è que-
sto che mi spaventa più di tutto. La
cattiva educazione è un problema
peggiore della delinquenza. Sono co-
stretto a piantonare strade e piazze
per evitare la sosta, i segnali strada-
li non bastano».
Sottocultura partenopea.
«Ho verificato che la mercanzia ven-
duta dai rom in piazza Garibaldi - si
tratta in genere di oggetti prelevati
dai cassonetti della spazzatura - vie-
ne acquistata non da extracomuni-
tari ma da nostri concittadini. È un
segnale allarmante di degrado. Ne
vuole un’altra? Una donna che abita
in un basso contiguo alla cappella
dedicata ad Annalisa Durante fa par-
cheggiare, nell’unico vano nel quale
vive, ben cinque motociclette. In una
stanza fatiscente c’è, pertanto, la cu-
cina, il letto, il bagno e pure l’area
parcheggio».
Il degrado metropolitano è ag-
gravato dalla presenza degli ex-
tracomunitari.
«A Fuorigrotta, quando un gruppo di
senegalesi ha massacrato due nostri
uomini ai quali aveva teso un ag-
guato per protestare contro i controlli
al banco vendita di dvd falsi, i napo-
letani spalleggiarono gli extracomu-
nitari non i vigili. Acquistare dvd a 5
vinate la piazza” ci urlarono a Fuori-
grotta. Questo è comportamento da
repubblica delle banane. A Napoli
l’illegalità è soltanto quella del vici-
no, non c’è spirito civico. Una trage-
dia».
L’Osservatorio sulla camorra ac-
cusa le forze dell’ordine di per-
seguire soltanto la criminalità
predatoria e non anche i livelli
più alti.
«A me invece risulta che carabinie-
ri, polizia e guardia di finanza stiano
moltiplicando gli sforzi per colpire i
colletti bianchi. Al cittadino perbe-
ne, d’altra parte, danno più fastidio
gli atteggiamenti guappeschi e la
spavalderia borghese che non la vio-
lenza. L’auto lasciata davanti al pro-
prio passo carrabile, per esempio. Ma
di passo carrabile non ce n’è uno, ne
abbiamo censiti 40mila. E io non ho
40mila vigili per presidiarli. A via Fo-
ria, quando facciamo i sequestri di
motorini sui marciapiedi, ci imbat-
tiamo spesso in fior di professionisti.
Davanti alla caserma Garibaldi, quei
centauri che fermiamo e multiamo
spesso sono avvocati. Perciò il rin-
novamento della città passa per una
rifondazione culturale».
Lei non salva nessuno.
«Mi invitarono a tenere una confe-
renza sul traffico in un noto circolo
cittadino. Alla fine della serata, il pre-
sidente mi sottopose un problema di
viabilità: “Quando usciamo dal cir-
colo dobbiamo svoltare a destra, per-
correre un lungo tratto, poi tornare
indietro. Ci vorrebbe un semaforo”.
Io gli dissi che la richiesta era legit-
tima. Ma poi, a bassa voce, aggiun-
se: “Comadà, io però per il momen-
to il segnale di svolta a destra l’ho gi-
rato”. A via Tasso, dico via Tasso non
Forcella, curvano i cartelli stradali per
invertire i sensi di marcia e spesso li
verniciano. In questo modo le con-
travvenzioni non hanno più valore.
Perciò le dicevo che l’incultura è peg-
giore della droga. La tossicodipen-
denza, volendo, si cura, la maledu-
cazione no».
Quindi è bifronte la sua polizia
municipale: un po’ carabiniere,
un po’ maestra di stile.
«Intanto molta repressione la faccia-
mo noi a Napoli. Pochi giorni fa, pre-
si Raffaele Stolder. Il caso dell’incen-
dio dell’auto ai Banchi Nuovi lo ri-
solvemmo subito identificando l’au-
tore, che si costituì a noi. Era un fa-
miliare dei Giuliano, gli contestai l’in-
cendio doloso aggravato dall’artico-
lo 7. Quando la criminalità vede le
mie pattuglie per strada ci pensa pri-
ma di agire. La nostra unità radio-
mobile investigativa è un po’ la copia
del reparto operativo dei carabinieri.
Operiamo, mi creda, in una realtà in
disfacimento. Ho invitato la gente a
venire a fare un giro con noi per ve-
rificare l’attuale tragica situazione».
Comandante, ma complessiva-
mente è soddisfatto dei suoi vi-
gili?
«Abbiamo parlato dei casi negativi,
ma è scontato che proprio grazie ai
miei uomini si sono ottenuti i risul-
tati sotto gli occhi di tutti. Nel corpo
c’è tanta gente per bene, volentero-
sa e professionalmente preparata, vi-
gili che non guardano agli orari di la-
voro e non pensano a licenze e per-
messi. Trenta sono stati feriti in ag-
gressioni anche brutali dall’inizio del-
l’anno, l’anno scorso i feriti sono sta-
ti 99».