Sei sulla pagina 1di 11

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

A. Il fine della vita cristiana: la partecipazione alla natura divina mediante la comunione al mistero della santa Trinit (divinizzazione). La monarchia del Padre e la concezione della salvezza secondo leconomia. La Chiesa diffusa in tutta la terra fino alle sue estreme contrade, dagli Apostoli e dai loro discepoli ricevette questa fede: un solo Dio Padre onnipotente creatore del cielo, della terra, del mare e di tutto ci che in essi; un unico Ges Cristo Figlio di Dio incarnatosi per nostra salvezza; lo Spirito Santo che per mezzo dei profeti predisse l'economia di Dio, l'avvento, la generazione verginale, la passione, resurrezione dai morti e ascensione al cielo nella carne del dilettissimo Signor nostro Ges Cristo e la sua venuta dal cielo nella gloria del Padre a ricapitolare ogni cosa e resuscitare ogni membro del genere umano affinch a Ges Cristo Signore nostro, Dio, Salvatore e Re, secondo il beneplacito del Padre invisibile, si pieghi ogni ginocchio dei celesti, dei terrestri e degli inferi e ogni lingua confessi lui (Cf. Fil 2,10s); egli verr a compiere il giusto giudizio di tutti: mander al fuoco eterno gli spiriti iniqui e gli angeli prevaricatori e apostati, gli uomini empi, ingiusti, iniqui e blasfemi; ai giusti invece che osservarono i suoi precetti perseverando nell'amore dall'inizio o dal momento della conversione, doner la vita eterna e l'incorruttibilit circondandoli di luce intramontabile. (Ireneo di Lione, Adversus Haereses I,10,1)
Anchio ti invoco, o Signore Dio di Abramo, di Isacco e Dio di Giacobbe e dIsraele, che sei il Padre del Signor nostro Ges Cristo; o Dio che nellabbondanza della tua misericordia ti compiacesti che noi ti conosciamo, che creasti il cielo e la terra, che tutto domini, unico verso Dio sopra il quale non v altro Dio, concedici mediante il Signor nostro Ges Cristo il regno ancora dello Spirito Santo (Ireneo di Lione, Adversus Haereses III,6,4) Quest'uomo, dunque, fu posto da Dio nel paradiso (qualunque fosse allora il paradiso), e Dio lo onor donandogli il libero arbitrio, affinch il bene fosse appannaggio di colui che lo aveva voluto non meno che di Colui che gli aveva concesso i germi del farlo; lo fece coltivatore di alberi immortali (che sono forse i pensieri di Dio, sia quelli pi semplici sia quelli pi perfetti); l'uomo era nudo a causa della sua semplicit e del suo modo di vivere totalmente privo di ogni artificio, spoglio di ogni rivestimento e di ogni copertura. Cos, infatti, bisognava che fosse colui che era all'inizio. E gli d poi la legge, che la materia su cui doveva esercitare il suo libero arbitrio. La legge era l'ordine di toccare alcuni alberi e di astenersi da altri. Quello da cui doveva astenersi era l'albero della conoscenza: Dio glielo aveva proibito non perch fosse invidioso (non volgano la loro lingua a questo argomento i nemici di Dio, e non imitino in questo il serpente!), ma perch quel frutto sarebbe stato buono se fosse stato colto a tempo debito - l'albero rappresentava la contemplazione di Dio, secondo il mio ragionamento, perch alla contemplazione possono assurgere senza pericolo solamente quelli che sono pi perfetti nella loro condizione di spirito; al contrario, essa non cosa buona per coloro che sono troppo semplici e troppo avidi nei loro desideri, cos come un cibo completo non utile a coloro che sono troppo semplici e si nutrono ancora di latte. Ma poich in seguito all'invidia del diavolo e all'offesa della donna, che da un lato essa sub perch era pi fiacca dell'uomo e dall'altro, gli inflisse, perch pi suasiva di lui ahi, quale debolezza la mia! Mia, infatti, la debolezza del mio progenitore! l'uomo si dimentic dell'ordine che aveva ricevuto da Dio e non pot trattenersi dal gustare quell'amaro cibo, allora fu cacciato contemporaneamente dall'albero della vita e dal paradiso e da Dio a causa della sua malvagit. Si rivest di tuniche di pelle, che sono forse questa carne pi spessa che portiamo, che mortale e resistente, e conobbe come prima cosa la propria vergogna e si nascose agli occhi di Dio. Eppure egli guadagn qualcosa anche in questa occasione, vale a dire la morte e il trovare un termine al suo peccato, affinch il male non fosse immortale: cos la punizione di Dio divenne un beneficio per l'uomo. Io sono convinto, infatti, che questo il modo in cui Dio punisce. E sebbene l'uomo fosse stato ammonito in molti modi, a causa dei suoi molti peccati, che erano cresciuti dalla radice del male con differenti cause e in differenti circostanze; sebbene fosse stato ammonito dalla parola d Dio, dalla legge, dai profeti, dai benefici, dalle minacce, dalle percosse, dal diluvio, dagli incendi, dalle guerre, dalle vittorie, dalle sconfitte, dai segni mandati dal cielo, dai segni mandati dall'aria, dalla terra, dal mare, inattesi sconvolgimenti degli uomini, delle citt, dei popoli - tutti segni, questi, che avevano lo scopo di estirpare il male dall'umanit - alla fine l'uomo ebbe bisogno di una medicina pi efficace per le sue malattie che si facevano sempre pi gravi, e cio gli omicidi, gli adultri, gli spergiuri, la pederastia, l'idolatria, che era il peggiore e il primo di tutti quanti i mali, e l'adorare non il Creatore ma le creature. E poich questi vizi avevano bisogno di un maggior rimedio, ecco che l'ottennero. Questo rimedio fu costituito dal Logos stesso di Dio: Colui che era prima dei secoli, invisibile, incomprensibile, incorporeo, l'inizio che proviene dall'inizio, la luce che deriva dalla luce, la fonte della vita e della immortalit, l'impronta della bellezza dell'archetipo, l'immobile si42

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

gillo, l'immagine immutabile, il termine e la parola del Padre. Questi si muove verso la sua immagine e porta su di S la carne a causa della mia carne e si unisce ad un'anima dotata di ragione a causa della mia anima, purificando la sostanza simile con quella simile. Egli si fa in tutte le cose uomo, tranne che nel peccato; partorito dalla Vergine, che prima era stata purificata dallo Spirito nell'anima e nella carne (bisognava, infatti, che fosse onorata anche la generazione dell'uomo e che un maggior onore ricevesse la verginit): si present come Dio insieme con la carne da Lui assunta, un solo essere formato da due sostanze contrarie, dalla carne e dallo Spirito, l'una delle quali fu fatta divina, l'altra la rese lui stesso divina. Oh inconcepibile mescolanza! Oh inaudita unione! Colui che , nasce, e Colui che non creato, viene creato; Colui che incomprensibile viene compreso, per mezzo dell'anima razionale che fa da intermediaria tra la sua natura divina e la pesantezza della carne. E Colui che arricchisce gli altri diventa mendico; Egli mendica infatti la mia carne, affinch io possa arricchire la sua divinit. E Colui che ripieno di ogni cosa diviene vuoto: si svuota, infatti, per un breve tempo della sua gloria, affinch io possa partecipare alla sua pienezza. Qual questa ricchezza della sua bont? Qual questo mistero che ha me come oggetto? Io ebbi parte all'immagine di Dio, e pure non la conservai: Egli allora prende parte alla mia carne sia per salvare l'immagine sia per rendere immortale la carne. Egli si mette una seconda volta in comunione con l'uomo, e in una comunione molto pi straordinaria della prima, in quanto la prima volta Egli mi fece partecipare alla natura migliore, ora invece Lui che partecipa all'elemento peggiore. Questo fatto pi divino del primo; questo pi sublime dell'altro, per coloro che hanno senno. Cosa replicano a queste considerazioni i malvagi, i rigorosi contabili della natura divina, gli accusatori di fatti cos splendidi, quelli che sono pieni di tenebre quando parlano della luce, che sono ignoranti quando parlano della Sapienza, quelli per i quali Cristo morto inutilmente, le creature ingrate, gli esseri plasmati dal Malvagio? Questo tu rimproveri a Dio, i suoi benefici? Per questo Egli sarebbe meschino, perch si fatto umile per causa tua? Perch il buon pastore, il pastore che d la vita per le sue pecore, andato dalla pecora smarrita sui monti e sui colli sui quali tu sacrificavi e l'ha trovata che andava errando? E dopo che l'ebbe trovata se la pose sulle spalle, su quelle spalle su cui pose anche la croce, la prese e la port in alto verso la vita superna e, dopo averla portata, la un a quelle pecore che non si erano allontanate dal gregge? Perch accese la lucerna, cio la sua carne, e spazz la sua casa, purificando il mondo dal peccato, e si mise a cercare la dracma, cio l'immagine regale che era stata sepolta insieme alle passioni, e chiam attorno a S tutte le potenze sue amiche perch aveva trovato la dracma e le fece partecipi della sua allegrezza, quelle che aveva iniziato alla sua economia? Per il fatto che come luce splendidissima segue la luce che lo precede, e Lui che Logos vien dietro alla voce, e Lui che lo sposo vien dietro al pronubo, il quale prepara per il Signore un popolo eletto e per mezzo dell'acqua purifica preliminarmente per condurre poi allo Spirito? Questo tu rimproveri a Dio? Per questo motivo tu immagini che sia inferiore, perch si cinge di un asciugamano e lava i piedi dei suoi discepoli e mostra che l'umilt la strada migliore per giungere alla sublimit? Perch si fa umile a causa dell'anima che era piegata a terra, in modo da poter portare in alto con S quell'essere che si volgeva verso il basso a causa del peccato? E allora perch non lo rimproveri del fatto che mangia insieme con i pubblicani e a casa dei pubblicani e insegna ai pubblicani, per poter guadagnare qualcosa anche Lui? E che cosa precisamente? La salvezza del peccatore: a meno che non si accusi anche il medico per il fatto che si piega sulle malattie e sopporta il fetore per ridare la salute ai malati e non si accusi colui che, per i suoi sentimenti di bont verso gli uomini, si piega sulla fossa per salvare, come prescrive la legge, la bestia da soma che vi caduta dentro. (Gregorio di Nazianzo, Orazione 38 sul Natale, 12-14) Creato a immagine di Dio, destinato a essere deificato realizzando la somiglianza in se stesso, l'uomo si allontanato da questa via. Ma colui che ha dato la sua immagine si fatto uomo, nascendo dallo Spirito Santo e dalla Vergine Maria, passando oltre il concepimento carnale nel peccato: egli riunisce cos le nature divina e umana nella sua ipostasi. divenuto l'uomo Ges, con la sua individualit propria, ma ha assunto tutta l'umanit attraverso questa natura, essendo il nuovo Adamo, l'uomo integrale, e le sue opere valgono per la condizione umana tutta intera. Nel corso della sua vita terrestre, egli ha manifestato l'uomo vero e perfetto, avendo fino alla fine, fino alla morte di Croce, obbedito alla volont di Dio, alla quale ha reso conforme la sua volont umana; egli ha cos elevato la sua umanit alla dignit superiore dell'immortalit e della spiritualit. Attraverso le sue sofferenze spirituali (Getsemani) e corporali (la Croce) ha portato tutto il peso del peccato umano e dell'abbandono da parte di Dio, ha recato al Dio della giustizia il sacrificio di misericordia, ha riscattato il nostro peccato e ci ha riconciliato con Dio... Cos, la salvezza universale consiste nella deificazione della natura umana, e la salvezza personale nell'assimilazione di questo dono attraversano l'ascesi personale, perch la deificazione non un'azione fisica o magica esercitata sull'uomo: essa un'opera di grazia interiore all'uomo, effettuata con la partecipazione della sua 43

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

libert e non al di fuori di lui. la vita in Cristo realizzata dallo Spirito Santo. Lo sforzo dell'uomo vi concorre misteriosamente con il dono della filiazione divina, con la potenza di deificazione. Questo sforzo deve mobilitare tutto l'uomo e non alcune delle sue parti soltanto: si compie attraverso l'evento elevato della fede, che certifica all'uomo la sua redenzione nel sangue di Cristo e la sua riconciliazione con Dio; si compie anche attraverso le opere, attraverso la vita, che il frutto naturale della fede ed anche la sua via, la via della fede: "La fede senza le opere morta". La fede e le opere rappresentano la parte che prende l'uomo alla sua propria edificazione per la potenza di Cristo; esse realizzano la somiglianza di Dio con la virt della sua immagine di Dio restaurata, la quale Cristo (S. Bulgakov [1871-1944], LOrtodoxie. Essai sur la doctrine de lglise, Lausanne 1980, 121-122) Il passo dei credenti verso il terzo millennio non risente affatto della stanchezza che il peso di duemila anni di storia potrebbe portare con s; i cristiani si sentono piuttosto rinfrancati a motivo della consapevolezza di recare al mondo la luce vera, Cristo Signore. La Chiesa annunciando Ges di Nazareth, vero Dio e Uomo perfetto, apre davanti ad ogni essere umano la prospettiva di essere divinizzato e cos diventare pi uomo. E' questa l'unica via mediante la quale il mondo pu scoprire l'alta vocazione a cui chiamato e realizzarla nella salvezza operata da Dio. (Giovanni Paolo II, Incarnationis mysterium 2 29/11/1998) Ges l'uomo nuovo (Ef 4,24; cfr Col 3,10) che chiama a partecipare alla sua vita divina l'umanit redenta. Nel mistero dell'Incarnazione sono poste le basi per un'antropologia che pu andare oltre i propri limiti e le proprie contraddizioni, muovendosi verso Dio stesso, anzi, verso il traguardo della divinizzazione, attraverso l'inserimento in Cristo dell'uomo redento, ammesso all'intimit della vita trinitaria. Su questa dimensione soteriologica del mistero dell'Incarnazione i Padri hanno tanto insistito: solo perch il Figlio di Dio diventato veramente uomo, l'uomo pu, in lui e attraverso di lui, divenire realmente figlio di Dio. (Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte 23 6/1/2001) Natus est nobis hodie Salvator; et ideo hodie omni mundo sol verus exortus est. Deus homo factus est, ut homo Deus fieret: et ut servus in dominum verteretur, formam servi Dominus accepit. Habitavit in terris habitator caelorum, ut homo habitator terrae habitaret in coelis. (S. Agostino, Sermo 371 de nativitate domini) E nato oggi per noi il Salvatore. E sorto pertanto oggi su tutto il mondo il vero sole. Dio si fatto uomo perch l'uomo si facesse Dio. Perch il servo si cambiasse in padrone Dio prese la condizione di servo. Abit sulla terra l'abitatore dei cieli perch l'uomo abitatore della terra potesse trovar dimora nei cieli.

...Per questo Egli volle essere un bambinello, per questo volle essere un fanciulletto, affinch tu potessi diventare un uomo perfetto; egli fu stretto in fasce, affinch tu fossi sciolto dai lacci della morte; egli nella stalla, per porre te sugli altari; egli in terra, affinch tu raggiungessi le stelle; egli non trov posto in quell'albergo, affinch tu avessi nei cieli molte dimore. Da ricco che era, sta scritto, si fatto povero per voi, affinch voi diventaste ricchi della sua povert. (Ambrogio, Expositio evangelii secundum Lucam II, 41 passim) Chi regna nella casa di Giacobbe in eterno se non Cristo Ges Signore nostro il quale divenne figlio delluomo affinch luomo potesse divenire figlio di Dio? (Ireneo di Lione, Adversus Haereses III,10,2) Il Verbo di Dio, Ges Cristo Signor nostro nella sua immensa carit si fatto ci che noi siamo per elevarci a ci che Lui . (Ireneo di Lione, Adversus Haereses V, prologo) Il Signore ha tanto amato gli uomini, sue creature, che li ha santificati nello Spirito santo e li ha resi suoi simili. (S. Silvano del monte Athos, 1866-1938)

44

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

B. La teologia apofatica e il senso del mistero.


Basilio di Cesarea, Contro Eunomio (I,10 passim) Non vi un nome che, abbracciando tutta la natura di Dio, basti da solo ad esprimerla. Parecchi nomi differenti, aventi ciascuno un proprio significato, riuniti insieme, riescono a fornirci di lui un'idea molto confusa e piccolissima, se si paragona col complesso delle perfezioni divine, ma tuttavia sufficiente per noi. Tra i nomi che si applicano a Dio, alcuni sono nomi di propriet che appartengono a Dio, altri invece indicano cose che non sono in lui. Con questi due mezzi noi ci formiamo una qualche immagine di Dio, negando ci che non gli conviene, e affermando ci che gli appartiene. Cos quando noi diciamo che Dio incorruttibile, come se dicessimo a noi stessi o a quelli che ci ascoltano: Non credere che Dio soggiaccia a corruzione. E quando diciamo che egli invisibile: Non immaginare che Dio possa essere raggiunto col senso della vista. Quando diciamo che immortale, noi vogliamo dire: Non credere che la morte possa sopravvenire a Dio. E cos quando diciamo che ingenito, noi diciamo: Non pensare che l'esistenza di Dio dipenda da una causa o da un principio. E, in generale, ciascuno di questi termini ci avverte che non dobbiamo lasciarci trascinare a pensieri che non sono convenienti, ogni qualvolta facciamo qualche supposizione a riguardo di Dio. Quindi per conoscere le propriet caratteristiche di Dio, noi dobbiamo evitare, ragionando di Dio, di lasciare che il nostro pensiero sia portato a cose che non sono convenienti a Dio, affinch non accada che gli uomini si immaginino Dio come uno degli esseri corruttibili, o visibili, o generati. In conclusione, con tutti questi nomi che vietano, si nega ci che estraneo a Dio; la nostra mente, distinguendo, rifiuta quei concetti che non convengono a Lui. D'altra parte noi diciamo che Dio buono, giusto, creatore, giudice e altre cose simili. Come i termini detti sopra indicavano negazione o privazione di propriet estranee a Dio, cos questi indicano l'affermazione e la presenza di attributi che sono propri di Dio e che la riflessione opportunamente scopre in lui. Efrem il Siro, Inno sulla fede (63) Dal Signore dell'universo impara quanto egli sia dolce, poich non chiam s stesso con il nome dell'essenza perch il nome dell'essere pi grande ed pi alto, a causa della sua giustizia, di quello della grazia, e non si piega la sua altezza in modo che il suo nome e il suo titolo si rivestano delle creature, perch il nome dell'essenza. Chi non si stupirebbe del suo nome e della sua misericordia? Il suo nome inaccessibile a ognuno e il suo amore condiscendente verso ognuno. E poich possiede altri nomi che sono dolci e adatti alle creature e condiscendenti in modo da elevare i suoi servi con i suoi titoli, in questi disceso e ha rivestito dei suoi nomi i suoi possessi. Il re del cielo ha chiamato re i suoi servi e poich anche Dio, li ha chiamati di e poich anche giudice, ecco, i suoi servi sono giudici e poich viaggiano a piedi, ha chiamato s stesso stanco e poich essi cavalcano, anch'egli ha cavalcato, in modo da assomigliare del tutto a noi. Chi veramente tanto stolto e duro di intelletto da pensare anche per un momento che, perch con i suoi nomi sono stati chiamati gli uomini, allora unica sia la natura dell'uomo e di Dio, e che, perch anche il Signore stato chiamato con il nome dei suoi servi, creatura e creatore dovremmo paragonare con una sola misura? Infatti, quando ci chiama re con un nome che suo proprio, egli possiede la verit, noi possediamo la somiglianza, e quando chiama s stesso con il nome dei suoi servi, noi ne abbiamo la natura, egli ne ha il titolo. evidente qual il nome vero, evidente qual il nome preso a prestito, in relazione sia a noi che a lui. Cessi la ricerca, fratelli! Moltiplichiamo le preghiere! 45

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

Perch, sebbene non sia imparentato con noi, come se fosse della nostra gente, e, sebbene sia separato da ogni cosa, sopra ogni cosa e in ogni cosa. Perch, se infatti si fosse tenuto separato, avrebbe potuto non rivestire dei suoi nomi i suoi possessi, e se secondo la nostra malvagit molto ci avesse detestato, un abisso avrebbe fatto che mai sarebbe stato superato dagli scribi che hanno abbattuto le mura con le loro questioni e i confini con le loro ricerche. Chi non si meraviglierebbe di che cosa hanno commesso i servi cattivi e ingiusti, invece di ringraziare il loro buon Signore, che venuto nel suo Figlio, ha aperto con noi il suo cuore, ha sciolto con noi la sua anima, e ha parlato con confidenza? Affinch gustassero il suo amore ha gustato la loro amarezza. V. Lossky, La teologia mistica della Chiesa dOriente (cap. II passim) Il problema della conoscenza di Dio stato posto in maniera radicale in un piccolo trattato, dal titolo significativo: Per mystikes theologas, Della teologia mistica. Questo ragguardevole scritto, di cui difficilmente si potrebbe esagerare l'importanza per tutto lo sviluppo del pensiero cristiano, dovuto all'autore sconosciuto degli scritti detti areopagitici, nel quale, per molto tempo, l'opinione comune ha voluto vedere un discepolo di san Paolo, Dionigi l'Areopagita I critici moderni, lungi dall'accordarsi sulla vera persona dello pseudo-Dionigi e sulla data della composizione delle sue opere, si perdono nelle ipotesi pi diverse. L'incertezza delle ricerche critiche tra il III e il IV secolo indica fino a qual punto si tuttora indecisi sulla questione delle origini di quest'opera misteriosa. Ma, quali che siano i risultati di tali ricerche, essi non potranno sminuire in nulla il valore teologico delle Areopagitiche. Da questo punto di vista poco importa chi ne fu l'autore: la cosa principale il giudizio della Chiesa sul contenuto dell'opera e l'uso che essa ne fa Dionigi distingue due vie teologiche possibili: una procede per affermazioni (teologia catafatica o positiva), l'altra per negazioni (teologia apofatica o negativa). La prima ci conduce ad una certa conoscenza di Dio: una via imperfetta; la seconda ci fa approdare all'ignoranza totale, ed la via perfetta, la sola che si confaccia a Dio, inconoscibile per natura. Infatti, tutte le conoscenze hanno per oggetto ci che ; ora, Dio al di l di tutto ci che esiste. Per avvicinarsi a Lui bisognerebbe negare tutto ci che Gli inferiore, cio tutto ci che . Se vedendo Dio si conosce ci che si vede, non si per visto Dio in Se stesso, ma qualche cosa di intelligibile, qualche cosa che Gli inferiore. per ignoranza che si conosce Colui che al di sopra di tutti gli oggetti di conoscenza possibili. Procedendo per negazioni, ci si innalza dai gradi inferiori dell'essere fino alle sue vette, scartando progressivamente tutto ci che pu essere conosciuto, per avvicinarsi all'Ignoto nelle tenebre dell'ignoranza assoluta. Infatti, come la luce e soprattutto una luce abbondante rende le tenebre invisibili, cos la conoscenza delle creature e soprattutto l'eccesso di conoscenza sopprime l'ignoranza che la sola via per raggiungere Dio in Se stesso. Trasponendo la distinzione tra teologia affermativa e teologia negativa, stabilita da Dionigi, sul piano della dialettica, ci si trova davanti ad un'antinomia. Si cercher allora di risolverla, si tenter di fare una sintesi delle due vie opposte, riconducendole ad un metodo unico di conoscenza di Dio. E cos che san Tommaso d'Aquino riduce le due vie di Dionigi ad una sola, facendo della teologia negativa un correttivo della teologia affermativa. Attribuendo a Dio le perfezioni che troviamo negli esseri creati, dobbiamo negare, per san Tommaso, il modo secondo il quale noi intendiamo queste perfezioni finite, ma possiamo affermarle in rapporto a Dio, secondo un modo pi sublime, modo sublimiori. Cos le negazioni si riferirebbero al modus significandi, ai mezzi d'espressione, sempre impropri; le affermazioni alla res significata, alla perfezione che si vuole esprimere, che in Dio in modo diverso da quello ch'essa nelle creature. Ci si pu domandare in quale misura questa ingegnosa trovata filosofica corrisponde al pensiero di Dionigi Non dice forse Dionigi, a pi riprese, che la teologia apofatica prevale su quella catafatica? Un'analisi del trattato sulla teologia mistica, dedicato alla via negativa, ci mostrer il significato di questo metodo in Dionigi. Al tempo stesso, ci permetter di giudicare la vera natura dell'apofatismo, che costituisce il carattere intrinseco di tutta la tradizione teologica della Chiesa d'Oriente. Dionigi inizia il suo trattato invocando la Santa Trinit, e pregandola di guidarlo oltre la stessa conoscenza fino alla vetta pi alta delle Scritture mistiche, l dove i misteri semplici, assoluti e incorruttibili della teologia si rivelano nella Tenebra pi che luminosa del Silenzio. Egli 'invita Timoteo, al quale dedicato il trattato, alle 46

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

contemplazioni mistiche: bisogna rinunziare ai sensi cos come ad ogni operazione razionale, a ogni oggetto sensibile o intelligibile, a tutto ci che , come anche a tutto ci che non , per poter raggiungere nell'ignoranza assoluta l'unione con Colui che sorpassa ogni essere e ogni scienza. Come gi si vede, non si tratta semplicemente di un procedimento dialettico, ma di qualcosa d'altro; necessaria una purificazione: si deve abbandonare tutto ci che impuro, e anche tutte le cose pure; si devono poi superare le altezze pi sublimi della santit, lasciare dietro di s tutte le luci divine, tutti i suoni e tutte le parole celesti. Allora soltanto si penetra nelle tenebre in cui abita Colui che sta al di fuori di tutte le cose. Questa via di ascensione, in cui ci si libera gradualmente dall'influenza di tutto ci che pu essere conosciuto, paragonata da Dionigi all'ascesa di Mos sul Sinai per incontrare Dio. Mos comincia col farsi purificare; poi si separa dagli impuri; allora che egli ode un suono fortissimo di tromba, ch'egli vede molti fuochi i cui raggi innumerevoli spandevano un vivo chiarore; che, diviso dalla folla, egli sale con i sacerdoti scelti, sulla vetta delle ascensioni divine. A questo punto, tuttavia, egli non ancora in rapporto con Dio, non contempla Dio, perch Dio non visibile, ma solamente il luogo in cui Dio sta soltanto allora che Mos, oltrepassando il mondo in cui si visti e si vede, penetra nella Tenebra veramente mistica dell'inconoscenza; l egli fa tacere ogni sapere positivo, sfugge interamente a ogni pretesa di possesso e a ogni visione, perch appartiene totalmente a Colui che al di l di tutto, perch non si appartiene pi n appartiene a nulla d'estraneo, unito con il meglio di s a Colui che sfugge a ogni conoscenza, avendo rinunziato a tutto il sapere positivo, e, grazie a questa inconoscenza stessa conoscendo, al di l di ogni intelligenza. chiaro adesso che la via apofatica o teologia mistica ha come oggetto Dio in quanto assolutamente inconoscibile. Sarebbe tuttavia inesatto dire che ha Dio come oggetto: la fine del testo che abbiamo citato ci mostra che, una volta giunti alla vetta estrema del conoscibile, ci si deve liberare da chi vede, e da chi veduto, cio dal soggetto e dall'oggetto della percezione. Dio non si presenta come oggetto, poich non si tratta di conoscenza, ma di unione. La teologia negativa dunque una via all'unione con Dio, la cui natura resta per noi inconoscibile Si potrebbe continuare all'infinito a citare esempi di apofatismo nella teologia della tradizione orientale. Ci limiteremo a ricordare un passo di un grande teologo bizantino del XIV secolo, san Gregorio Palamas: La natura superessenziale di Dio non pu essere n detta, n pensata, n veduta, perch essa lontana da tutte le cose e pi che inconoscibile, essendo portata dalle virt incomprensibili degli spiriti celesti; inconoscibile e ineffabile per tutti e per sempre. Non vi nome per nominarla n in questo secolo n nel secolo futuro, n una parola trovata nell'anima e proferita dalla lingua, n un contatto sensibile o intelligibile, n un'immagine per dare una qualsiasi conoscenza a suo riguardo, se non l'inconoscibilit perfetta che si professa negando tutto ci che e pu essere nominato. Nessuno pu chiamarla essenza o natura in modo proprio, se ricerca veramente la verit che sta al di sopra di ogni verit. Se Dio natura, tutto il resto non natura; se ci che non Dio natura, Dio non natura e addirittura Egli non , se gli altri esseri sono Abbiamo visto, esaminando la Teologia mistica di Dionigi, che la via apofatica non consiste in un'operazione intellettuale, che essa qualcosa di pi che un gioco dello spirito. Come per gli estatici platonici, come per Plotino, si tratta di una purificazione interiore, con la differenza per che la purificazione platonica era soprattutto di natura intellettuale e aveva come scopo la liberazione dell'intelligenza dal molteplice correlativo all'essere, mentre per Dionigi si tratta del rifiuto di accettare l'essere come tale, in quanto esso dissimula il non-essere divino, una rinunzia al dominio del creato per accedere all'increato, una liberazione, per cos dire, pi esistenziale, che impegna l'intero essere di colui che vuol conoscere Dio. Nei due casi si tratta di unione. Ma la unione con l'Uno di Plotino pu significare allo stesso modo una presa di coscienza dell'unit primordiale, ontologica, dell'uomo con Dio; l'unione mistica di Dionigi uno stato nuovo che presuppone un incamminarsi, una serie di mutamenti, il passaggio dal creato all'increato, l'acquisizione di qualcosa che il soggetto non aveva prima per natura. Infatti, non soltanto esce da se stesso (ci che avviene anche per Plotino), ma appartiene totalmente all'Inconoscibile, ricevendo in questa unione con l'increato lo stato deificato: l'unione significa qui deificazione. Al tempo stesso, pur essendo intimamente unito a Dio, non Lo conosce altrimenti che come l'Inconoscibile, dunque infinitamente lontano per natura, permanendo anche nell'unione inaccessibile in ci che Egli per essenza. Se Dionigi parla dell'estasi e dell'unione, se la sua teologia negativa, lungi dall'essere un'operazione puramente intellettuale, ha di mira un'esperienza mistica, un'ascensione verso Dio, egli vuole nondimeno mostrare che, anche pervenendo fino alle vette pi elevate accessibili agli esseri creati, la sola nozione razionale che si potr avere di Dio sar ancora quella della sua inconoscibilit. Allora, pi che una ricerca di conoscenze positive sull'essere divino, la teologia dev'essere l'esperienza di ci che sorpassa ogni intendimento. Parlare di Dio cosa grande, ma ancor meglio purificarsi per Dio, diceva san Gregorio Nazianzeno. 47

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

L'apofatismo non necessariamente una teologia dell'estasi; anzitutto una disposizione di spirito che si rifiuta di formulare dei concetti su Dio ed esclude decisamente ogni teologia astratta e puramente intellettuale, che vorrebbe adattare al pensiero umano i misteri della sapienza di Dio. un atteggiamento esistenziale, che impegna l'uomo tutto intero; non vi teologia al di fuori dell'esperienza: bisogna cambiare, divenire un uomo nuovo. Per conoscere Dio bisogna avvicinarsi a Lui; non si teologi se non si segue la via dell'unione con Dio. La via della conoscenza di Dio necessariamente quella della deificazione e colui che nel seguire questa via s'immagina a un certo momento di aver conosciuto ci che Dio, ha lo spirito corrotto, dice san Gregorio Nazianzeno. L'apofatismo dunque un criterio, il segno d'una disposizione di spirito conforme alla verit. In questo senso, ogni vera teologia intrinsecamente apofatica. Ci si domander, naturalmente, qual il posto della teologia detta catafatica o affermativa, la teologia dei nomi divini, che si trovano manifestati nelle creature, e che, al contrario della via negativa, che ascensione verso l'unione, una via che discende verso di noi, una scala di teofanie o manifestazioni di Dio nella creazione. Si pu dire anche che si tratta di un'unica via seguita in due direzioni opposte: Dio discende verso di noi nelle sue energie che lo manifestano, noi saliamo verso di lui nelle unioni in cui Egli rimane inconoscibile per natura. La teofania suprema, la manifestazione perfetta di Dio nel mondo mediante l'incarnazione del Verbo conserva per noi il suo carattere apofatico: Nell'umanit di Cristo dice Dionigi il Superessenziale si manifestato nell'essenza umana, senza cessare di essere nascosto dopo questa manifestazione o, per esprimermi in modo pi divino, nella manifestazione stessa La scala della teologia catafatica, che ci rivela i nomi divini tratti soprattutto dalle Sacre Scritture, una serie di gradini che devono servire di sostegno alla contemplazione. Non si tratta di conoscenze razionali che noi formuliamo, di concetti che forniscono alle nostre facolt di intendimento una scienza positiva sulla natura divina, ma piuttosto di immagini o di idee atte a dirigerci e a modellare le nostre facolt in vista della contemplazione di ci che sorpassa ogni intendimento Ci che pareva evidente all'inizio dell'ascesa (Dio non pietra, non fuoco), lo sempre meno man mano che si perviene alle vette della contemplazione, spinti dal medesimo slancio apofatico che adesso fa dire: Dio non l'essere, non il bene... La speculazione cede il posto alla contemplazione, la conoscenza si cancella sempre pi dinanzi all'esperienza, perch eliminando i concetti che incatenano lo spirito l'apofatismo apre ad ogni grado della teologia positiva gli orizzonti illimitati della contemplazione. Vi sono dunque nella teologia gradi diversi, appropriati alle capacit ineguali degli spiriti umani che accedono ai misteri di Dio Non si tratta qui dell'esoterismo di una dottrina pi perfetta, nascosta ai profani, n di una separazione gnostica tra spirituali, psichici e carnali, ma di una scuola di contemplazione in cui ciascuno riceve la sua parte nell'esperienza del mistero cristiano vissuto dalla Chiesa Tutto quello che abbiamo detto sull'apofatismo pu riassumersi in poche parole. La teologia negativa espressione di un atteggiamento di fondo che fa della teologia in generale una contemplazione dei misteri della Rivelazione e non un ramo della teologia, un capitolo, una introduzione inevitabile sulla inconoscibilit di Dio, dopo la quale si passa tranquillamente alla ragione umana, alla filosofia comune. L'apofatismo ci insegna a vedere nei dogmi della Chiesa anzitutto un senso negativo, un divieto per il nostro pensiero di seguire le sue vie naturali e formare concetti che sostituirebbero le realt spirituali. Il cristianesimo non una scuola filosofica che speculi su concetti astratti, ma anzitutto una comunione col Dio vivente. per questa ragione che i Padri della tradizione, fedeli al principio apofatico della teologia, malgrado tutta la loro cultura filosofica e le loro inclinazioni naturali verso la speculazione, hanno saputo trattenere il loro pensiero sulla soglia del mistero, non sostituendo Dio con gli idoli di Dio... Inconoscibilit non significa agnosticismo o rifiuto di conoscere Dio. Tuttavia questa conoscenza si effettuer sempre sulla via che si propone non la conoscenza ma l'unione, la deificazione. Non sar dunque mai una teologia astratta, operante mediante concetti, ma una teologia contemplativa, che innalza gli spiriti verso realt che superano l'intendimento. I dogmi della Chiesa si presentano perci spesso alla ragione umana sotto forma di antinomie, tanto pi insolubili quanto pi sublime il mistero che esse esprimono. Non si tratta di sopprimere l'antinomia adattando il dogma al nostro intendimento, ma di cambiare il nostro spirito, affinch possiamo pervenire alla contemplazione della realt che si rivela a noi, elevandoci verso Dio, unendoci a Lui in misura pi o meno grande. Il vertice della Rivelazione, il dogma della Santa Trinit, antinomico per eccellenza. Per giungere a contemplare nella sua pienezza questa realt primordiale, occorre raggiungere il termine che ci assegnato, bisogna pervenire allo stato deificato, perch secondo la parola di san Gregorio Nazianzeno saranno eredi della luce perfetta e della contemplazione della santissima e sovrana Trinit..., coloro che si uniranno totalmente allo Spirito totale; e questo sar, io credo, il Regno celeste. La via apofatica non fa capo ad un'assenza, ad un 48

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

vuoto assoluto, perch il Dio inconoscibile dei cristiani non il Dio impersonale dei filosofi. Proprio alla Santa Trinit superessenziale, pi che divina e pi che buona si raccomanda l'autore della Teologia mistica, impegnandosi nella via che deve condurlo verso una presenza e una pienezza assolute.

C. Il ruolo ecclesiale del dogma D. Staniloae, Il genio dellOrtodossia (pp. 93-94) Una persona si rivela, cio si apre, solo a chi a sua volta si apre a lei. Perch la Rivelazione una relazione tra persone. Una persona non si apre a me se io non faccio altrettanto. Cos per la Persona divina. Ma una volta che la Sua esistenza mi si rivelata, essa diventa a tal punto il senso della mia esistenza, essa tanto evidente e vera che senza di lei non posso trovare un senso alla mia vita. Posso vivere in modo istintivo, senza significato, ma questa esistenza per me un tormento. I gradi inferiori del cosmo hanno un senso perch esistono per l'uomo. Ma l'uomo, se vuole esistere solo per se stesso, non trova alcun senso alla sua esistenza. Per questo san Massimo Confessore afferma che ogni cosa ha un senso, una ragione d'essere tranne il male che non esiste positivamente per niente. Il significato il fondamento dell'esistenza. nel significato che si trovano la propria verit e la propria evidenza. E la persona ha un significato incomparabilmente pi importante delle cose. la persona che d un senso alle cose. Secondo la fede cristiana, il significato assolutamente necessario a tutte le cose nella Persona divina. Lei che d un senso a tutte le cose. E la Sua Rivelazione ci necessaria per poter conoscere Lei e il nostro significato. La prima ragione per accettare i dogmi che essi si comunicano attraverso la Rivelazione biblica ed evangelica con cui la realt divina personale si rivolge, di sua propria iniziativa, allessere umano.
V. Lossky, La teologia mistica della Chiesa dOriente (cap. IX passim) la teologia orientale non concepisce mai la Chiesa al di fuori di Cristo e dello Spirito Santo. Tuttavia, questo non dipende affatto da un debole sviluppo dell'ecclesiologia; significa piuttosto che per l'ecclesiologia orientale l'essere ecclesiastico come tale estremamente complesso: non di questo mondo bench sia preso da mezzo il mondo ed esista nel mondo e per il mondo. La Chiesa non pu dunque essere puramente e semplicemente ridotta al suo aspetto terreno e alle implicazioni umane, senza perdere cos la sua vera natura che la distingue da ogni altra societ umana I canoni che regolano la vita della Chiesa nel suo aspetto terreno sono inseparabili dai dogmi cristiani; non si tratta di statuti giuridici propriamente detti, ma dell'applicazione dei dogmi della Chiesa, della sua tradizione rivelata a tutti i campi della vita pratica della societ cristiana. Alla luce dei canoni questa societ appare come una collettivit totalitaria, in cui il diritto degli individui non esiste; ma ogni persona in questo corpo ne al tempo stesso lo scopo e non pu essere considerata come uno strumento. la sola societ in cui l'accordo degli interessi individuali con quelli della collettivit non rappresenti un problema insolubile, perch le aspirazioni ultime di ciascuno vanno d'accordo con lo scopo supremo di tutti e quest'ultimo non pu essere attuato a detrimento degli interessi di nessuno. Non si tratta qui, a dire la verit, d'individui e di collettivit, ma di persone umane che possono raggiungere la loro perfezione solo nell'unit di natura; la Pentecoste l'affermazione della molteplicit delle persone nella Chiesa La Chiesa un'immagine della Santa Trinit: i Padri non cessano di ripeterlo, i canoni l'affermano, ad esempio il celebre canone 34 delle Regole apostoliche che istituisce l'amministrazione sinodale delle province metropolitane, affinch il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo siano glorificati anche nell'ordine stesso della vita ecclesiastica. alla luce del dogma della Trinit Santa che l'attributo pi meraviglioso della Chiesa quello della cattolicit si rivela nel suo vero significato cristiano, che non pu essere tradotto con il termine astratto di universalit. Infatti, il significato estremamente concreto del termine cattolicit comprende non soltanto l'unit, ma anche la molteplicit; esso indica un accordo tra i due aspetti, o piuttosto una certa identit dell'unit e della molteplicit che fa che la Chiesa sia cattolica nel suo insieme, come in ciascuna delle sue parti. La pienezza del tutto non una somma delle parti, poich ogni parte possiede la stessa pienezza del tutto. Il miracolo della cattolicit rivela anche nella vita della Chiesa l'ordine di vita caratteristico della Santa Trinit. Il dogma della Trinit, cattolico per eccellenza, il modello, il canone di tutti i canoni della Chiesa, il fondamento di tutta leconomia ecclesiastica Nella Chiesa, mediante i sacramenti, la nostra natura entra in unione con la natura divina nell'ipostasi del Figlio, Capo del corpo mistico. La nostra umanit diviene consustanziale all'umanit deificata, unita alla persona del Cristo, ma la nostra persona non ha ancora raggiunto la sua perfezione; di qui l'esitazione di san Simeo49

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

ne che si sente ricolmo di timore e di vergogna dinanzi a se stesso, non sapendo che fare delle sue membra tremende e divinizzate. La nostra natura unita al Cristo nella Chiesa che il suo corpo e quest'unione si attua nella vita sacramentale, ma occorre che ogni persona di questa natura una divenga conforme al Cristo: christoeids; occorre che le ipostasi umane divengano anch'esse a due nature, riunendo in loro la natura creata con la pienezza della grazia increata, con la divinit che lo Spirito Santo conferisce e d in proprio a ogni membro del corpo di Cristo. Poich la Chiesa non soltanto la natura una nell'ipostasi del Cristo, ma anche le ipostasi molteplici della grazia dello Spirito Santo. Questa molteplicit pu per attuarsi soltanto nella unit. La vita cristiana, la vita in Cristo una via che conduce dalla molteplicit della corruzione quella degli individui che spezzano l'umanit verso l'unit di una natura pura, in cui appare una nuova molteplicit, quella delle persone unite a Dio nello Spirito Santo. Ci che era diviso dal basso, nella natura divisa fra pi individui, devessere unito in un solo fondamento, in Cristo, per dividersi dall'alto, nelle persone dei santi che hanno assimilato le fiamme deificanti dello Spirito Santo. Non conviene ricercare ci che personale, perch la perfezione della persona si realizza nell'abbandono totale, nella rinunzia a se stessi. Ogni persona che cerca d'affermarsi finisce soltanto nello spezzettamento della natura, nell'essere particolare, individuale, che compie un'opera contraria a quella del Cristo. Chi non raccoglie con me, disperde (Mt 12,30). Ora, occorre dissipare col Cristo, abbandonare la propria natura che , in realt, la natura comune, per raccogliere, per acquisire la grazia che deve essere fatta propria da ogni persona, divenire sua. Se non siete stati fedeli nell'altrui, chi vi dar il vostro? (Lc 14,12). La nostra natura d'altrui: il Cristo l'ha acquistata col suo sangue preziosissimo; la grazia increata nostra: essa ci accordata mediante lo Spirito Santo. il mistero insondabile della Chiesa, opera di Cristo e dello Spirito Santo, una nel Cristo, molteplice nello Spirito; una sola natura umana nell'ipostasi del Cristo, molte ipostasi umane nella grazia dello Spirito Santo [La Chiesa ] unorganismo teandrico un essere che ha come Lui [Cristo] due nature, due volont, due operazioni inseparabili e distinte al tempo stesso. Questa struttura cristologica determina unazione permanente e necessaria dello Spirito Santo nella Chiesa, azione che funzionale nei confronti di quella di Cristo che ha conferito lo Spirito al collegio degli apostoli mediante il suo soffio. Questa unione impersonale con lo Spirito Santo, questa santit condizionale della gerarchia ecclesiastica conferisce un carattere oggettivo, indipendente dalle persone e dalle intenzioni, anzitutto alle azioni teurgiche del clero. I sacramenti e i riti sacri compiuti nella Chiesa comporteranno dunque due volont, due operazioni esercitantisi simultaneamente: il sacerdote invoca lo Spirito Santo benedicendo il pane e il vino sull'altare, e lo Spirito opera il sacramento eucaristico; il confessore pronunzia le parole dell'assoluzione, e le colpe vengono rimesse dalla volont di Dio; il vescovo impone le mani all'ordinando, e lo Spirito Santo conferisce la grazia sacerdotale, e cos via... Il medesimo accordo delle due volont ha luogo nell'esercizio del potere episcopale, anche se con talune sfumature. Gli atti che emanano dal potere episcopale hanno carattere obbligatorio, perch il vescovo agisce per potere divino; sottomettendosi alla sua volont ci si sottomette alla volont di Dio. Tuttavia inevitabile un elemento personale: il vescovo, se non ha ottenuto personalmente la grazia, se la sua intelligenza non illuminata dallo Spirito Santo, pu agire secondo moventi umani; pu errare nell'esercizio del potere divino che gli stato conferito. Certo, porter la responsabilit dei suoi atti davanti a Dio, ma avranno tuttavia carattere oggettivo e obbligatorio, salvo nei casi in cui un vescovo agisce in modo contrario ai canoni, cio in disaccordo con la volont comune della Chiesa; diviene allora fautore di scisma e si pone al di fuori dell'unit ecclesiastica. Le definizioni dei concili esprimono anche l'accordo delle due volont nella Chiesa; per questo il primo concilio, quello degli apostoli, modello per tutti i concili della Chiesa, fece precedere le sue definizioni dalla formula piaciuto allo Spirito Santo e a noi (At 15,28). I concili rendono dunque testimonianza alla tradizione con le loro decisioni obbligatorie e oggettive; la Verit ch'essi affermano non per sottoposta a forme canoniche. La tradizione ha infatti un carattere pneumatologico: essa la vita della Chiesa nello Spirito Santo. La Verit non pu avere criteri esterni, essendo evidente di per s, di un'evidenza interiore, data in misura pi o meno grande a tutti i membri della Chiesa, perch tutti sono chiamati a conoscere, a custodire e difendere le verit della fede. Qui l'aspetto cristologico si accorda con l'aspetto pneumatologico nel carattere cattolico della Chiesa: per il potere ch'essa ha da Cristo, la Chiesa afferma ci che lo Spirito Santo rivela; ma la facolt di definire, di esprimere, di contenere in dogmi precisi i misteri insondabili allintelligenza umana, fa parte dell'aspetto cristologico della Chiesa, fondata sull'incarnazione dei Verbo.

D. La liturgia Emiliano di Smonos Petra


50

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

Dopo la Croce, nella Chiesa, nel monastero - ove i differenti edifici sono disposti attomo al katholikn, come le membra del corpo attorno al cuore -, tutte le attivit della fraternit e dei suoi membri hanno quale centro il culto divino. In un'incessante dossologia i monaci godono della presenza permanente del Signore trasfigurato, all'intemo della luce del volto di lui che trabocca nelle sue vesti. Come nelle icone bizantine che descrivono in modo simbolico gli uomini e il mondo trasfigurati facendo ricorso all'oro, alla prospettiva inversa, alla combinazione di eventi appartenenti ad epoche diverse, cos nel culto divino e nella vita della fraternit tutto muta, tutto subisce il bel mutamento. Il tempo, lo spazio e la materia, tutta la carne di questo mondo, che stata assunta dal Logos divino, diventano trasparenti come cristallo nel suo Corpo eucaristico presente qui, in mezzo a noi, e - nuovo Tabor - irradiano come il sole la luce di Dio su tutta la restante creazione, che gi partecipa alla libert della gloria dei figli di Dio (Rm 8,21). all'interno della luce di Cristo che vediamo, nel monastero, la luce del mondo: Nella tua luce vedremo la luce (Sal 35,10). Lo spazio, che ci separa gli uni degli altri, si concentra nel microcosmo del nas, diventa armonia e ordine - con il cielo (la cupola) sopra la terra (la superficie delimitata dalle quattro colonne) - e, contrassegnato dalla Croce, conduce gli uomini verso ci che al di l del cosmo, verso il Santo dei santi (lo hier). Qui la vita non pi confusione e dispersione, ma attorno al grande chors e al polyleos - quali luminari provenienti dal cielo che, nei giorni di festa, oscillano al ritmo degli inni bizantini simili al canto degli angeli - i monaci "danzano" assieme a tutta la creazione. L'oro, che fluisce in modo cos abbondante e ricopre tutti gli oggetti, non qui prova di una vacua ricchezza, ma simboleggia la condizione della materia che stata penetrata dalla luce e che diviene in tal modo luminosa. Il fumo dell'incenso, che innalza al cielo le nostre preghiere, il profumo di Cristo che diffonde per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero (2 Cor 2,14). L'olio e la cera, offerte della creazione vegetale e animale, ci procurano la luce delle lampade e delle candele, una luce la cui intensit non dipende pi dalle leggi della meteorologia, ma sottomessa al typkn della Chiesa. I monaci addetti al servizio del katholikn corrono come angeli per accenderle o spegnerle in relazione alla solennit della festa o al momento dell'ufficiatura; tale spettacolo e tutti gli altri movimenti allinterno del nas non hanno alcuna prosaicit, ma diventano sacri, movimenti di danza. Il movimento e la facile mobilit della nostra natura creata si trasformano, in questo spazio, in strumenti nel nostro cammino verso il cielo, come scrive san Gregorio di Nissa: Ci che dunque sembrava temibile - alludo al carattere mutevole della nostra natura - diviene come un'ala nel nostro volo verso le altezze. Il tempo capovolge la sua rotta e, lungi dal portarci alla morte, si dirige verso la vita, verso Colui che la luce del mondo, Colui che ha affermato: Chi segue me avr la luce della vita (Gv 8,12). Per tale ragione non computiamo pi i giorni calcolandone l'estensione dal mattino alla sera: il giorno liturgico inizia ora a partire dai vespri, e dalle tenebre ci conduce alla luce, all'interno della luce del Signore. ()

E. La Vergine Maria, i martiri e i santi Come chiamarti. Vergine santissima? Tu hai portato l'inaccessibile, Colui che nulla pu contenere! Molteplici sono le tue lodi, tu che sei stata ornata di tutti gli onori, giacch sei divenuta dimora della Sapienza di Dio! Sei l'amo intellettuale che pesca i cristiani e insegna loro ad adorare la Trinit vivificante. Hai portato la Colonna di fuoco vista da Mos: Il Figlio di Dio, che venuto e ha preso forma nel tuo grembo. Sei diventata l'arca di Colui che ha creato il cielo e la terra: per nove mesi Lo hai portato nel seno. Ti stata affidata una realt pi sconfinata del cielo e della terra; per noi sei divenuta una scala che ci fa ascendere al Cielo. Sei pi luminosa del sole, sei il sito dell'Oriente, atteso dai giusti in gioia ed esultanza. Eva fu condannata a partorire nel dolore, ma a te fu concesso di sentire: "Rallegrati. piena di grazia!". Per noi hai partorito il Re e Signore di tutta la terra. Egli venuto e ci ha salvati dai nostri peccati, perch giusto e amico degli uomini. Noi cantiamo, perci, con Elisabetta tua parente: Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo". E ti salutiamo con l'angelo Gabriele, dicendo: Ti saluto, o piena di grazia, il Signore con te. (Theotokion della liturgia copta)
51

Don Francesco Braschi Introduzione alla Spiritualit delle Chiese Orientali 2011-12

Coloro che in tutta la terra hanno reso la loro testimonianza e sono stati trasferiti ai cieli, coloro che hanno imitato i patimenti di Cristo e liberano noi dai nostri mali, oggi qui si riuniscono, mostrando la Chiesa dei primogeniti che d limmagine della Chiesa di lass e che grida a Cristo: Dio mio tu sei, custodiscimi grazie alla Madre di Dio, o ricco di misericordia. Per lintercessione della tua purissima Madre, o Cristo Dio, e di tutti i tuoi santi fin dallantichit, abbi piet di noi e salvaci, tu che solo sei buono e amico degli uomini. Amen. (Dallufficiatura bizantina per la Domenica di tutti i santi)

G. Il monachesimo Dagli Apoftegmi dei Padri del deserto Un anziano disse: "In qualsiasi tentazione, non incolpare nessuno, ma soltanto te stesso, dicendo: 'Questo mi accade per i miei peccati. Dicevano gli anziani: Anche se ti appare davvero un angelo, non accoglierlo, ma umilia te stesso col dire: 'Non sono degno di vedere un angelo, io che ho vissuto nei peccati. A uno dei fratelli apparve il demonio travestito da angelo di luce, e gli disse: Io sono Gabriele e sono stato inviato a te". Ma il fratello gli disse: Guarda di non essere stato mandato da un altro, perch Io non sono degno". E il diavolo subito si dilegu. Chiesero a un anziano: Come mai alcuni dicono: 'Abbiamo visioni di angeli'? Rispose: Pi beato colui che vede sempre i suoi peccati!. La beata Sincletica ha detto: Come impossibile fabbricare una nave senza chiodi, cos impossibile che l'uomo si salvi senza umilt. Raccontavano di un fratello che, mentre faceva dei canestri e vi attaccava i manici, ud il vicino che diceva Come fare? Il mio lavoro gi avanti e non ho manici da mettere al canestri. L'altro allora tolse i manici dai suoi canestri e li port al fratello dicendo: Ho questi in pi: prendili e mettili ai tuoi canestri. E consent al fratello di proseguire il suo lavoro, facendo passare in secondo piano il proprio. Fu chiesto a un anziano: Cos' l'umilt?. Rispose: Se il tuo fratello pecca contro di te e tu gli perdoni prima che si sia pentito. H. Il senso della continuit: Tradizione (fedelt ai Padri) e attesa escatologica D. Staniloae, Il genio dellOrtodossia (p. 82) La Chiesa conserva la Scrittura applicata e interpretata dalla Tradizione, e quindi sempre nuova bench sempre la stessa. Essa la conserva grazie alle sue strutture sacramentali precisate dagli apostoli per far passare la vita stessa di Cristo in quella degli uomini. Essa la mantiene sempre nuova e sempre la stessa per mezzo della Tradizione originaria con cui gli apostoli hanno precisato queste strutture che permettono a Cristo di comunicarsi realmente, nel corso delle generazioni, con la ricchezza inesauribile dei suoi doni. Mettere in pratica queste strutture significa ricevere attraverso di esse nella Chiesa il Cristo integrale, la grazia di Cristo; ma ci non significa che questo Cristo integrale non debba venire spiegato continuamente mettendo in evidenza sempre nuovi aspetti e significati e i nuovi effetti che Egli produce nelle anime. La Tradizione come interpretazione sempre arricchita dello stesso Cristo non pu essere separata dall'integrazione a Lui, essa il flusso della grazia stessa di Cristo, di come la stessa Persona accolta nella Chiesa mediante i Sacramenti e la parola esplicativa. La Tradizione ha dunque due significati: a) l'insieme delle modalit con cui Cristo nella forma della Chiesa e di tutti i suoi atti di santificazione e di predicazione passa nell'esistenza umana; b) la trasmissione di queste modalit da una generazione all'altra. La Tradizione l'attualizzazione nella Chiesa dello stesso Cristo pienamente rivelato, cio fatto uomo, crocifisso e risuscitato. Essa , dunque, la trasmissione sempre rinnovata dello stato finale dinamico a cui arrivato Dio nel Suo avvicinamento e nella Sua unione con l'uomo.

52

Potrebbero piacerti anche