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Gliitalianielelinguestraniere:utilieinteressantisoloaparole

SCENARIO Secondo i dati Eurobarometro 2005, solo la met dei cittadini dellUe si dichiara capace di conversare in una lingua diversa dalla propria. Ci pi diffuso nei piccoli Stati come Lussemburgo (99%), Lettonia, Malta (93%) e Lituania (90%). In Italia, anche se 2/3 della popolazione dichiara di conoscere una lingua straniera (dati LETitFLY), appena il 36% si reputa capace di sostenere una conversazione in una lingua diversa da quella madre. Questo dato diviene ancora pi preoccupante se si considera che nella stessa indagine Eurobarometrodel2001lapercentualeeradel46%. LELINGUESTRANIERE:POCHILESTUDIANOELECONOSCONO Nel nostro paese regna un atteggiamento contraddittorio: anche se il 97,7% della popolazione e il 96% delle imprese reputa molto utile la conoscenza delle lingue straniere, il 78,1% della popolazione non ha alcuna intenzione di apprenderne una nuova e il 95,4% delle imprese non intende organizzare corsi di formazione. In Italia esiste un clima che si pu definire di scarso multilinguismo, visto che il 66,2% di chi afferma di possedere una qualche competenza linguistica valuta le proprie abilit scarse nel 50% dei casi e appena sufficientinel19%. Secondo lindagine dunque, il 66,2% della popolazione italiana sostiene di conoscere almeno una lingua straniera, prima fra tutte linglese (45,4%), seguita da francese (35,5%), tedesco (7%) e spagnolo (5,6%). La quinta lingua, conosciuta dal 1,5% degli intervistati, litaliano, parlato da cittadini di origine straniera ormai stanziali nel nostro paese o da persone appartenenti a minoranze linguistiche. Basso il numero dei poliglotti. Il 63,7% di chi afferma di sapere una lingua straniera, ne conosce una sola, il 28,6% due e solo il 6,4% tre. Le differenze non si riscontrano solo a livello territoriale, ma anche per quanto riguarda il titolo di studio (solo il 2,7% dei laureati non conosce alcuna lingua, contro l83,2% degli analfabeti o con licenza elementare) e il sesso (le donne prive di conoscenza linguistica sono il 38,6% contro il 27,8% degli uomini). Tuttavia, anche se circa i due terzi della popolazione italiana sostiene di saper parlare una lingua straniera, quando si tratta di dover valutare il proprio livello di conoscenza, almeno della prima lingua straniera, la situazione cambia decisamente. Ben il 50,1% degli intervistati infatti ritiene di avere un grado di preparazione linguistica di livello scolastico, il 19% lo valuta di base, solo il 23,9%buonoeil7,1%moltobuono.Significativoinoltreilfattochelutilizzodellelingue straniere sia prevalentemente sporadico e legato a una dimensione ricreativoaffettiva. Loccasione principale di utilizzo rappresentata infatti dai viaggi (59,6%), seguita dalle

comunicazioniconfamiliari,amicieconoscenti(38,9%),dallavoro(31,1%),dallaletturadi libri (30,9%), dalla navigazione in internet (29,3%), dalla visione di film e programmi tv (28,65).Lutilizzodellelinguestraniereinambitolavorativosembrainveceriguardareuna minoranzadipersone(35,5%);benil60,7%dicolorochelavoranononhamaiavutomodo di esercitare le proprie competenze linguistiche, soprattutto al Centro (66%) e al Sud (69,7%). GLIUNICIIMPEGNATISONOGLIIMMIGRATI La conoscenza dellitaliano si conferma sempre di pi come un fattore di integrazione per gli immigrati e i loro figli. Il 92,1% la ritiene importante per fare amicizia con gli italiani, mentre il 78,6% la considera utile per avere accesso ai servizi pubblici. Tuttavia la lingua non tutto: per l85,6% degli immigrati necessario anche capire i nostri usi e le nostre abitudini, spesso diversi dai loro. La presenza crescente di bambini stranieri nelle scuole italiane ha posto laccento sulla necessit di figure di accoglienza e mediazione culturale, ancorapocodiffuse.Il95%degliintervistatihasottolineatolimportanzadiinsegnantiche aiutino i bambini a inserirsi, il 63% che venga data la possibilit di studiare oltre allitaliano anche la lingua dorigine, mentre pi dell80% ha detto che lintegrazione sarebbe pi facile se gli italiani avessero dimestichezza con altre lingue. L83,5% comunque in grado di capirebeneilnostroidioma(appresogeneralmentegrazieadamici opercontoproprio),il63%dicomprendereuntestoscrittoeil43,3%discrivere.Il71%ha comunque intenzione di migliorare in futuro il proprio grado di conoscenza della nostra lingua. LEIMPRESE Scarsa e contraddittoria la propensione delle imprese italiane verso i mercati stranieri, visto che il 77%nonha mai svolto attivit verso lestero. Anche se il 76% daccordo sulla necessit di avere al proprio interno personale con competenze linguistiche, e il 55,4% addiritturaconconoscenzadegliidiomidelleeconomieemergenti,oltrelamet(51%)non ritiene necessario organizzare corsi se non si utilizzano le lingue, mentre il 65,9% valuta opportuno avere una conoscenza linguistica minima, giusto per poter leggere manuali o navigare su internet. Nellimmaginario aziendale linglese (99,4%) la lingua del business per eccellenza, seguita da tedesco (28,3%), francese (27,7%), spagnolo (19,7%) e cinese (7,3%). Nella realt per, per circa un quarto (26,4%) delle imprese, soprattutto di dimensioni pi piccole (25,2%) e del NordOvest (28,2%), lutilizzo concreto delle lingue straniereinutileaifiniaziendali.Nonstupiscequindichealmomentodellaselezionedel personale, il 66,1% delle aziende non valuti le competenze linguistiche dei loro futuri dipendenti,cuibastanel45,4%deicasiunasempliceautodichiarazionedelpropriolivello di preparazione. Mediamente ogni azienda ha due addetti che utilizzano le proprie

conoscenze linguistiche per lavorare. Poche le imprese che si sono impegnate, negli ultimi dueanni,amigliorarelapreparazionedeilorodipendenti(4,6%),soprattuttomanager,con corsi di formazione,coscome quelle (3,1%) che li hanno programmati per il futuro.Trale lingue scelte per organizzare corsi nei prossimi anni, oltre allinglese (94,5%), si stanno affacciandocinese,giapponeseerusso. LESFIDEPERILFUTURO Nei prossimi anni necessario predisporre misure volte a migliorare la qualit dellinsegnamento e a creare un ambiente che faciliti lapprendimento linguistico, soprattutto a livello extrascolastico e professionale, ipotizzando un piano di mainstreaming delle competenze linguistiche, con gemellaggi, programmi di mobilit per studio e lavoro, programmi tv sottotitolati e circoli di studio. Accanto a ci si pu pensare a forme di sostegno finanziario, come voucher individuali o sgravi fiscali, e ad unalleanza tra i vari soggetti pubblici impegnati nella formazione professionale, affidando alle Regioni un ruolodiprogrammazione. QuestisonoalcunideidatidiunindaginerealizzatanellambitodelProgettoLETitFLY(finanziato dal Fondo Sociale Europeo Programma Operativo Nazionale Obiettivo 3Azioni di sistema a titolarit del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale Direzione Generale per le Politiche per lOrientamento e la Formazione, e affidato al Raggruppamento Temporaneo dImpresa costituito da Sinform, Fondazione Censis, GN Research, Enaip Emilia Romagna, Consorzio Editoriale Fridericiana) che verranno presentati oggi a Roma presso il Jolly Hotel Vittorio Veneto, CorsoItalia,1alleore9.30. Roma,23novembre2006

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