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Scrivere: Auto-apologia non richiesta condita da fiele

Per una scrittura che sia Sogno ancor prima d'essere gesto Gianmarco Giuliana
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Introduzione: Perch questo spreco di nero sul bianco


Si tratta pi o meno di una barzelletta: un ventiquattrenne sconosciuto, che ha scritto pi di dieci libri e non ha mai pubblicato nulla, fa un libriccino sulla scrittura e sul senso della letteratura oggi. Un ventiquattrenne che non legge romanzi, non ha assolutamente idea di come si usi il punto e virgola, e che ha scoperto poco meno di sei mesi fa che apposta si scrive unito e non a posta... E proprio questo strambo individuo pensa oscenamente di scrivere un libro non solo per condividere i suoi pensieri, non solo per chi ama leggere, ma pensando persino di poter essere in qualche modo utile a chi scrive. Che tutto questo sia assurdo, che sia patetico, che sia pazzesco, che sia buffo, qualunque cosa sia per voi lo anche per me e vi invito a riderne. Ma ecco questa la verit, questo ci che state per leggere. Mettiamo per le cose in chiaro: non sono un artista, non sono uno Scrittore, e non mi interessa essere n l'uno n l'altro. E mi astengo anche volentieri dal compito di essere un pilastro di una qualche arte o disciplina, preferisco non divenire mai un monumento stando cos al riparo della merda dei piccioni che li imbrattano costantemente. Scrivo moltissimo, scrivo da sempre e probabilmente scriver sempre, sono contento se qualcuno apprezza quel che scrivo e vi trova conforto, sono felice se qualcuno vi trova alcuni spunti interessanti per ripensare la realt, e pi di ogni cosa credo fondamentale che si scriva. Tutto qui direi. Come definirmi o farmi definire non mi importa affatto. Si frenino dunque gli animi bollenti ansiosi di giudicarmi come l'ennesimo incapace che vuole imporsi come il nuovo dio della letteratura e grida vigliaccamente all'ingiustizia e all'incomprensione per giustificare l'indifferenza delle case editrici ai libri che gli propone. Questo un libro sulla scrittura che, pur volendo rimanere lontano dalla teoria e ancorato alla mia personale esperienza e visione, non l'elogio n lo sfogo di un frustrato che vuole affermarsi come scrittore e incoronare la propria scrittura definendola letteratura. La letteratura, l'arte e il bello, il talento e la maestria nel gesto, li lascio a voi, li lascio agli altri, li lascio ai tramonti e agli amplessi, a me interessa altro: a me importa il Vero, l'Intimo e il Giusto. Prendere la testa del lettore e sbattergliela nel fango, nel fango mio e del mondo, e costringerlo a leccare per ritrovare il sapore del sogno e dell'amare, senza alcun pathos o melodramma, senza finzione, perch si rialzi sporco ma splendido, dubbioso ma forte, ecco tutto quel che scrivendo ho sempre voluto. Scavare nel lettore senza mai svuotarlo come le lettere scavano nel pallore del foglio riuscendo talvolta a farvi spuntare un sole, questa la mia Itaca. Sostituire la mia inettitudine nel vivere col coraggio di scrivere, questa sempre stata la mia necessit. Per il resto regalare piacere a chi mi legge davvero non mi interessa, regalargli distrazione ci che in assoluto pi temo, l'idea di rimediare alla sua noia poi sinceramente mi deprime. Non solo, ma pretendo anche che non si aspetti una lettura troppo facile, che sia ben disposto a faticare un po', e che non si lagni degli errori o delle ridondanze (che certamente spesso commetto per incompetenza e trascuratezza, ma che mantengo sempre per una mia precisa etica). Se poi il lettore non vuole sentirsi offeso o accusato, allora posi subito il mio libro. Se cerca una storia avvincente, magari d'amore o di sesso, e vuole un pure un lieto fine semplicemente qualcuno con cui non voglio avere a che fare nemmeno per le vie trasverse delle mie parole. Ma si astenga da me anche il pervaso dall'amore per il perversamente complicato, chi cerca la (sempre banale) rivoluzione, chi gode del non senso, e chi infine si lasciato convincere dalla puttanata dell'arte per l'arte.

Non disprezzo del tutto chi invece scrive inseguendo evidentemente scopi diversi dai miei (eccezione fatta per Nicholas Sparks e alcuni altri...molti altri), ma io voglio fare altro. Anche perch siamo davvero in tanti, probabilmente in troppi, a passare il tempo imbrattando un Word. E poi non ho assolutamente la pretesa di poter divenire superiore a chi ha fondato, per esempio, la propria scrittura sulle storie d'amore o sui thriller, sulle descrizioni paesaggistiche o le vicende storiche. A fare quel che c' gi io credo ci siano tantissimi bravissimi scrittori, e a rifarlo male ce ne sono tantssimi altri: a che pro aggiungersi alla lista dei precari? Essere riconosciuto come pari, come uguale a, come un po' meglio di ma un po' peggio di, come qualcuno che scrive anche, non rientra nelle mie aspirazioni. Tanto vale, vista la situazione, fare qualcosa di sbagliato, un po' sperimentale e un po' pi libero, molto intimo, senza pretendere appunto di rivoluzionare chiss cosa chiss come, senza pretendere di essere meglio di o pari a: essendo semplicemente me stesso e scrivendo come pi mi piace farlo. "[...] At some level there is no point in writing, Id say. Theres a part of me that still feels that quite powerfully. The world really doesnt need more half-good books I'm totally arrogant, but I'm not arrogant enough to think im good enough. And in a sense thats what keeps me writing. Every book I write is a failed book. I feel that very strongly. Otherwise why write another one?" (Jenny Diski) Cos in tutti questi anni la mia scrittura ha assunto una sua propria identit e mi sento di incoraggiare tutti a fare in modo che questo accada alla loro scrittura. Non solo per i benefici che ne ricaveranno gli autori ma anche nella speranza che i lettori possano goderne e arricchirsi cos di una scrittura finalmente sincera. E spero di poter incoraggiare chi scrive a farlo nel modo pi libero possibile, senza inseguire grandi fantasmi, e dubitando assai della la mandria di sapienti che gli consiglieranno ineluttabilmente di leggere tanto per poter scrivere bene.. Inutile precisare che per questa mie idee e per le scelte che ne conseguono, che di fatto fanno dei miei libri un'esperienza molto vicina a un esame ginecologico o della prostata, da tempo ricevo innumerevoli critiche e insoddisfazioni. E sarebbe disonesto da parte mia celare che indubbiamente per difendermi da molte accuse che questo libriccino nato. Tuttavia questo non un testo per elogiarmi, o in qualsiasi maniera affermarmi e farmi valere, ma solo per esporre la mia personale meta e prospettiva, il modo in cui io trovo pi giusto per me compiere quest'atto banale e folle che lo scrivere. E' un libro sulle origini, le motivazioni, ed i punti cardini della mia scrittura ma rassicuratevi non uno sfogo n una autobiografia. E' sopratutto un'occasione per riflettere, amichevolmente, su concetti quali la letteratura, lo stile, la finzione ecc... Questo non un manuale d'istruzione per chi vuole essere bravo a scrivere, un testo per chi scrive e ama farlo ma meno che mai la spiegazione di un metodo. E' un libriccino per chiunque abbia un giorno sognato il libro e poi magari ha abbandonato o pensa che non ce la far mai o ancora cerca il senso dello scrivere. E' un libriccino per molti amici miei che scrivono, la maggior parte molto meglio di me e cose decisamente pi intelligenti, e che a volte cadono nello sconforto. Ed un libro per loro in quanto vuole essere un incoraggiamento per non smettere. Ma non di certo per dirgli come devono scrivere! Perch, ecco: la sola idea che loro possano smettere, quando proprio io continuo imperterrito nonostante sia evidente che non v' musa a cui io stia simpatico, mi risulta insopportabile. E in fondo sono in qualche modo convinto che proprio i pi bravi non scrivano, o quanto meno non abbastanza n con abbastanza arroganza, magari per stupide paure o insicurezze.

Una pagina bianca emozionante, ma anche un infinito difficile da affrontare. Ora non ho di certo il talento dalla mia parte, ma ho quanto meno l'esperienza di chi questa pagina la affronta ogni giorno da svariati anni. Non avr il genio n la fortuna, ma ho certamente la follia e l'oscenit di chi, con una misera imbarcazione che a malapena galleggia, ha opposto il coraggio di scrivere alla paura di vivere. E ho scritto tutto questo perch mi sento in dovere di gridare a tutti gli scriventi che quel mare infinito va affrontato inseguendo il sole che sorge, senza preoccuparsi di seguire la costa e di fare sosta nelle citt portuarie alla ricerca di indicazioni e certezze per proseguire. Non posso certo essere un esempio di bravura da seguire, anche perch la quantit non fa la qualit e tutto ci che ho scritto un compito in classe che probabilmente non merita pi di sette e mezzo. In quanto a determinazione per credo di aver molto da insegnare a chi scrive. In conclusione con queste pagine voglio testimoniare una certa testardaggine e passione, incoraggiare tutti a intraprendere domani il pi grande capolavoro che sia mai stato scritto. Questo innanzitutto un testo per dimostrare che ci che diverso non sempre immotivato e sbagliato ma che ha una sua storia che va capita e rispettata. Che in mezzo a mille catene sempre possibile una certa libert e dare battaglia all'utile e al compromesso in ci che ci sta pi a cuore. Questo un testo per dimostrare che piacere non deve essere un dovere... Certo nessuno cerca di salvare il mondo senza sperare segretamente nel cuore di essere amato come un eroe, ma si pu scegliere e si deve scegliere per cosa piacere agli altri, per cosa essere amati o odiati: se salvare il mondo o distruggerlo. Buona Lettura

1) Scrittura e Letteratura, Essere o Fare lo Scrittore


Iniziamo subito da un punto importantissimo: la scrittura non la letteratura, non vale di pi e non vale meno. Si pu essere un bravissimo scrittore ma un pessimo romanziere. La scrittura scrittura, parole da dentro a fuori, incisione sulla carta, inchiostro e forme, pensieri trascritti che non necessitano nemmeno un pensare, visualizzazione e impressione che non richiede alcuna visione. La scrittura un discorso interiore tradotto in un linguaggio comune a tutti perch possa venir letto ( anche solo da s stessi). E la scrittura ancor prima di essere arte cura, strumento d'indagine interiore, specchio, sfogo, abitudine, necessit, modo d'amare e farsi amare, solitudine, fissa, compagnia. La scrittura il presupposto della Letteratura, ma non la sua meta e non la sua vera e propria qualit a farla divenire o meno letteratura. La scrittura non ha bisogno della letteratura per esistere, avere un senso, avere un identit, per splendere come un secondo sole nel vasto buio di un'anima. Chi dunque lo scrittore? Semplicemente colui che scrive. Troppo spesso si associa questa parola al mestiere di chi per vivere scrive storie e che trasversalmente viene riconosciuto come artista/autore da criteri fondamentalmente commerciali. Eppure lo scrittore non colui che viene pubblicato, non la celebrit ( e d'altronde anche la celebrit non fa l'artista), e non chi scrive meglio di altri. Dare a questa parola un valore assolutamente positivo del tutto assurdo, in quanto persino i monumenti della letteratura ad un certo lettore possono apparire pessimi ed una totale perdita di tempo. Semmai vi si pu dare un certo valore tecnico, ma anche questo punto io lo trovo molto criticabile o meglio labile (chi decide e in funziona di cosa?). E nemmeno il caro Antoine Compagnon, nel suo demone della teoria, ha voluto in fin dei conti definirla. D'altronde non sarebbe forse assurdo dare alla letteratura, al romanzo, l'immagine della forma pi alta della scrittura, quasi l'unica capace trasmetterci pensieri e sentimenti, quando in realt nulla, nessuna storia o poesia, ci commuover mai e ci far mai riflettere quanto la lettera di un amico? E non nemmeno vero che la letteratura sia l'unica capace di parlare all'anima dello sconosciuto poich una bella lettera pu trasmettere facilmente pensieri e sentimenti anche qualcuno che non il destinatario. Per non parlare poi del saggio capace di far scorrere sul nostro volto molte lacrime e trasmetterci speranza o disperazione. Ma ci che pi importante che la letteratura non una necessit di chi scrive, nemmeno di chi scrive storie. Non lo scopo ineluttabile di chi scrive o quanto meno non dovrebbe esserne la meta primaria. E io credo che spesso sia proprio il sogno di diventare letteratura, potenza ed eternit, arte e riverenza, feticcio e feticismo, a dar vita alla peggiore scrittura che diventa inevitabilmente la pessima letteratura. Bisogna accettarlo: Cosa sia o cosa non sia letteratura fondamentalmente una questione di consenso sociale, una domanda che diventa ineluttabilmente cosa viene chiamato, quando e da chi letteratura. Una domanda la cui risposta sar inevitabilmente una definizione normativa: pratica ed inutile tanto quanto la parola amore nel dizionario.

Per questo motivo ci che o meno letteratura, ci che viene o meno spacciato come tale, ci che viene o meno pubblicato, non pu in alcun modo essere un qualche indice di ci che scritto veramente bene, vale la pena di essere letto, in altre parole della buona scrittura. Vi dell'ottima e della preziosissima scrittura di cui nessuno sa niente ( e andr drammaticamente persa) e della pessima letteratura che tutti accorreranno a comprare perch vi si trova un oscar Mondadori sulla copertina. Perch un libro pubblicato ha un costo e deve potersi vendere. Anche questo bisogna ammetterlo e in fondo non pu che rassicurare tutti gli scriventi che sognano di essere riconosciuti come scrittori pi di quanto non sognino di scrivere un libro decente: settant'anni dopo la vostra morte quando i diritti di autore non ci saranno pi, pi che probabile che qualche casa editrice vi mandi in tutte le librerie del mondo e giuri su dio che siete meglio di Leopardi, Joyce, Kafka e Raimbaud messi assieme. O magari qualche docente ricercatore, vincolato da contratto alle pubblicazioni ed a corto di intelligenza, far anche un libro su di voi dandovi una profondit d'animo e di pensiero che da vivi non avrete mai avuto. Un ulteriore conferma della poca affidabilit della letteratura di valore riconosciuta grazie ai libri che vengono pubblicati ce la d la situazione degli esordienti. La situazione degli esordienti infatti per ora questa: se si vuole diventare famosi e riconosciuti si possono pagare alcune centinai migliaia d'euro (sotto svariate forme) alle innumerevoli case editrici a pagamento (ma come ben recita uno spot di NOEAP: una ragazza che paghi per fare l'amore, la chiami fidanzata?) , contare sulla raccomandazione di qualcuno, scrivere cose incredibilmente commerciali e tentare la fortuna, oppure in alternativa aspettare pazientemente di morire. Per questo io raccomanderei a tutti coloro che scrivono di abbandonare il sogno di diventare scrittori e di fare letteratura, e di scrivere senza alcun cinismo per potersi dedicare pi serenamente a ci che fa di una persona uno scrittore: la scrittura. E' scrittore, io credo, chi sceglie liberamente la parola per comunicare qualcosa di grande, non l'impiegato che compila la scheda ma lo il bambino che scrive ti voglio bene alla propria madre. E' scrittore chi ha bisogno di scrivere per vivere interiormente. Chi non potrebbe, pur avendone la possibilit, fare nient'altro che scrivere per star bene nel proprio star male. Chi invece fa lo scrittore importa poco ( si pensi qui alla distinzione che Baudelaire solea fare al cameriere sgridandolo quando questo rispondevo di essere un cameriere), inutile illudersi che scrivere (cos come cantare) non possa essere, oggi, un mestiere come tanti altri. Ecco perch rido mentre piango pensando a tutti i giovani che spendono pi di 8.000 euro l'anno per diventare scrittori nella scuola Holden di Baricco come se essere o meno scrittore fosse un sogno che necessitasse una tecnica preincartata per diventare realt. Tutt'al pi ci che pu diventare realt un sogno commerciale e di riconoscimento sociale, ma nessun vero scrittore sogna di essere uno scrittore perch semplicemente, se scrive ineluttabilmente, lo gi. Come poter insegnare allo scrittore a scrivere se scrivere corrisponde pienamente col suo essere? Se il suo particolare modo di scrivere, nato dalle sue vicissitudini ed idee proprie, corrisponde con la sua identit e la stessa necessit di esprimersi? Se senza la sua scrittura non sa parlare e se non parla soffoca? Come pu imparare a scrivere chi scrivendo ha imparato a vivere ?

Che da una scuola del genere escano Scrittori insomma praticamente impossibile, anche perch la storia della Letteratura ci dimostra che tutti coloro che amiamo e chiamiamo Scrittori erano fin troppi poveri e orgogliosi per mettere un giorno piede in un posto come quello! Essi sono nati scrittori o lo sono diventati per lo pi per disperazione. Ed davvero un paradosso che l'immaginario dello scrittore corrisponda oggi con l'idea della star che ha fatto i soldi con la scrittura e viene riconosciuto come semidio dalla societ. Lo scrittore invece, se vivo, per definizione, quasi sempre stato colui che fuggiva dai creditori come Balzac, che percorreva ogni giorno la via etnea entrando nelle librerie e chiedendo in vano se qualcuno avesse finalmente comprato una copia dei Malavoglia, colui umiliato dalle risposte delle case editrici come Proust e ha finito per pubblicarsi solo, chi come Goliarda Sapienza ha proposto per vent'anni un libro costantemente rifiutato che stato pubblicato solo dopo la sua morte, chi ha usato la scrittura per rendere un po' pi dolce un suicidio ineluttabile come Pavese, non chi ha scritto un Best-Seller l'anno ma chi ha messo pi di dieci anni a scrivere i Vicer, chi ha iniziato veramente a scrivere dopo essere stato condannato a quattro anni di lavori forzati in Siberia come Dostoevskij o dopo essere quasi morto in guerra come Hemingway, chi ha avuto come ultimo desiderio prima di morire quello di chiedere all'amico di bruciare tutti i suoi manoscritti (mai pubblicati) come fece Kafka. La lista sarebbe davvero infinita, e ovviamente esistono anche eccezioni di chi da vivo ha trovato il successo ma quasi mai senza comunque trovare prima nella propria vita la disperazione necessaria per dover scrivere. Questo ovviamente non significa che ogni persona rifiutata da una casa editrice sia un genio incompreso! Ma semplicemente che chi scrive per necessit esistenziale lo fa senza seguire il gusto dei propri tempi, lo fa in un determinato modo necessario a s stesso e non inseguendo il bello o meglio, lo fa insomma senza mai inseguire la letteratura e andr spesso e volentieri in contro ad un destino poco roseo dal punto di vista del successo. Chi scrittore ed cos presuntuoso da voler forgiare la letteratura e arricchirla insomma deve essere conscio di inseguire un preciso destino: l'insuccesso o per lo meno il successo del tutto casuale. Ecco perch chi scrive deve assolutamente chiedersi se vuole fare lo scrittore/la scrittrice o se uno scrittore/scrittrice. Se vuole il successo o accetta di continuare a scrivere nonostante l'insuccesso. Perch infatti sono due destini completamente diversi, non si pu scegliered'essere l'uno o l'altro. Il primo dopo un paio di rifiuti pu decidere di vivere diventando una rock star o facendo il podologo, il secondo non ha mai deciso di essere ci che e non potr mai vivere senza scrivere. Senza alcun moralismo, alcun giudizio di inferiorit o superiorit, bisogna capire in che situazione ci troviamo. Ci troviamo nella situazione in cui amiamo la letteratura e ogni tanto ci piace scrivere qualcosa, in cui sogniamo ad occhi aperti il nostro libro nella vetrina Feltrinelli con i complimenti dei nostri fan e i soldi sul conto in banca? O siamo nella situazione in cui non dormiamo la notte angosciati da un'idea che dobbiamo mettere su carta a tutti i costi? Vogliamo una certa identit di scrittore con cui camminare per strada? Oppure per capirci e conoscerci, quando siamo felici o soffriamo, non vi per noi altro modo se non quello di scriverci? Abbiamo una passione per la lettura o per la scrittura? Siamo nella situazione in cui nonostante tutti gli sforzi non riusciamo a trovare doveri superiori allo scrivere e, viste le conseguenze, non ci dispiacerebbe avere quanto basta da mangiare vendendo un decimo di tutto quello che scriviamo? O vorremmo un impiego senza troppi obblighi, orari, per vivere come pi ci piace?

Sogniamo un buon libro o o un Best-Seller? La scrittura un piacere ineluttabile o per noi passatempo piacevole? Quanto scriviamo e perch? Possiamo scrivere o dobbiamo scrivere? L'idea di scrivere ci piace o ci assilla? Ed infine noi sentiamo il bisogno di scrivere o vogliamo scrivere qualcosa che sia riconosciuta come letteratura? Sono domande non facili, a cui possiamo rispondere spesso parzialmente, ma che deve porsi chi scrive. Quello dello scrittore un sogno inflazionato... E sopratutto bisogna accettare che chi fa lo scrittore (o vuole farlo) pu anche essere molto pi apprezzato e/o molto pi talentuoso, di chi invece scrittore. Non vi deve essere dunque alcuna vergogna o paura di essere l'uno o l'altro. Pasolini, intervistato a lavori incorso, afferma che scrivere non ha alcun senso, che diviene un abitudine, che lo si fa per forza di inerzia, che inizi a sette anni a scrivere poesie e che non si chiese perch. Che non vi un motivo se non esistenziale per cui si scrive. Qualcosa di molto diverso da Baricco che, a che tempo che fa, in un monologo, afferma che si scrive per testimoniare il genio umano ed esprimere il gusto di un maestro, di quel maestro che in quel momento siamo noi e ha il coraggio (la demenza) di aggiungere per niente pi di questo.... Una dichiarazione certamente ad effetto, narrativamente geniale, e priva di ogni senso e di ogni verit. La differenza credo sia significativa fra chi uno scrittore e chi fa lo scrittore, chi morto per i suoi versi e chi vive del denaro guadagnato coi propri libri. L'affermazione dello scrittore come colui che scrive appartiene anche a Sciascia. E proprio Sciascia scrisse: Avendo concepito lo scrivere come un'azione, sconfitto nell'azione, sento come una sorta di irrisione il successo in letteratura. E scrive ancora : non ho mai scritto per me stesso: quello che scrivo importante per me stesso solo per il fatto che lo comunico agli altri. La scrittura dunque come assoluta necessit di comunicare qualcosa di grande. Ma ancora Ungaretti afferma, intervistato sul perch si fa Poesia, che: si fa poesia, non so, sento non pensandoci con un significativo sorriso sul volto. Lo stesso Ungaretti che racconta di aver scritto il Porto Sepolto in piena guerra, in trincea, su foglietti e involucri di pallottole. Gli esempi sarebbero infiniti: la differenza, l'avrete capito, esiste ed abissale. Per evitare ogni accusa di ipocrisia rimane da chiarire un ultimo punto: con quale coraggio la predica del non affidarsi a ci che viene pubblicato, di scrivere e basta, da parte di chi sta scrivendo tutto questo perch certamente ha provato ad essere riconosciuto come scrittore ed stato invece rifiutato? La risposta semplice: la vocazione dello scrittore non una vocazione all'anonimato, alla povert, al rifiuto o alla disperazione. Quando si scrive da quasi dieci anni per almeno tre ore al giorno (ma spesso molto di pi), vi sono conseguenze pratiche, ripercussioni sullo studio, sui propri rapporti sociali, sul mondo in cui si organizza la propria vita e in cui si raggiunge la propria serenit. Va da s che il minimo che si pu desiderare, quando ci si dedica alla scrittura pi di quanto non ci si dedichi a qualsiasi altra cosa, senza per questo sognare fama e ricchezza, venir letti da un po' pi persone che i soliti quattro amici a cui Amnesty, la Caritas ed Emergency dovrebbero quanto meno conferire una tessera gratuita di soci.

A maggior ragione chi scrive di pensiero, e scrive nella speranza di avere un impatto sulla societ, non pu che volere essere letto e giudicato dal pi grande numero di persone possibili. L'idea poi di poter vivere economicamente, non nel lusso ma nella sufficienza, facendo quel che pi si ama, a chi pu non piacere? Chi abbastanza folle da non desiderare un lavoro che coincida con le proprie passioni? Non vi in questo alcuna avidit, alcun desiderio di scrittura in cambio di denaro nella speranza di vendere cos tanto da poter passare il resto della propria vita lontani dal mondo in un hotel dei Caraibi (come accade per esempio spesso con alcuni singoli nel mondo della musica)! Nel mio personale caso dunque direi che non si tratta affatto di desiderio di fama o riconoscimento ma di voler, dopo tanti anni passati nel silenzio a scrivere cercando sempre di scrivere qualcosa di utile e valoroso, un'opera di senso compiuto e valore certo, con l'unica idea in testa di scrivere il miglior libro possibile, quanto meno l'opportunit di avere qualcosa in cambio (fosse solo appunto la soddisfazione d'essere letti) non tanto per goduria/autocompiacimento ma sopratutto per potermi dedicare sempre di pi alla scrittura e poter scrivere sempre meglio. Vi prego di credermi, a me piacciono i videogiochi e la ginecologia, l'idea di essere uno scrittore come lo scrivere non mi divertono affatto. Inoltre col mio discorso sulla scrittura e la letteratura, su un certo orrore del modus operandi del mondo editoriale (di cui chiunque come me pu avere in pochi mesi facilmente riscontro), non ho in alcun modo voluto scoraggiare chi scrive a continuare a farlo n a rivolgersi alle case editrici. E non ho in nessun caso voluto ridurre il valore a priori di ci che viene pubblicato. Ma al contrario il mio un invito a perseverare nonostante le avversit, le frustrazioni, e tutte le infinite vie alternative come l'auto-pubblicazione o la pubblicazione a pagamento: come ho sempre fatto io. Incoraggiamento assai assurdo da parte di chi stato non solo ignorato ma persino ingannato e minacciato dal sistema editoriale! Infatti ho sempre creduto, nonostante la situazione ed i vizi del sistema, nell'importanza del giudizio del sistema editoriale, anche se questo un rifiuto (perch anche essere rifiutati importante) e per questo ho sempre voluto cercare delle case editrici con cui confrontarmi. Se anche solo tre su cento lavorano dignitosamente, giusto trovarle ed aiutarle a crescere affidando a loro il nostro libro. Ed ho sempre creduto importante anche poter avere un serio parere e lavoro editoriale sul proprio libro, per imparare, e per dare al libro quell'aura del manoscritto che ha superato una durissima selezione ed stato scelto (aura che ovviamente non tutte le case editrici possono dare, e non mi riferisco al fatto che siano o meno famose). Per dargli quel plusvalore del nome della casa editrice sulla copertina che grida: io ho creduto in questo libro e io garantisco per lui (certo quando si legge Feltrinelli sull'ultimo libro di Tiziano Ferro passa un po' la fiducia in questo plusvalore). Che non affatto la ricerca di un riconoscimento personale, quanto in un certo senso paradossale una specie di regalo che si vuole fare al proprio libro quasi fosse un nostro figlio meritevole. Un semplice nome in copertina per dare al proprio libro una famiglia e una appartenenza, una storia e una cicatrice, che non semplicemente un feticcio ma anche forse il pi giusto modo di fare pubblicit al proprio libro e permettergli di essere letto da tantissime persone. E tutto questo sempre nell'ottica non di un riconoscimento sociale ma per la gioia pi grande di chi scrive: essere letti.

Bisogna comunque tenere a mente che la pubblicazione cartacea, senza pagamento di alcun tipo da parte dell'autore, con una casa editrice seria, ovviamente l'impresa pi grande e pi difficile per uno sconosciuto (rappresenta un investimento economico notevole da parte dell'editore che non ha sicurezza di riguadagnare sul suo investimento). Dunque in qualche modo normale che sia cos difficile farlo, e non mi lamento eccessivamente del mio insuccesso fino ad oggi avendo sempre cercato questo tipo di pubblicazione. Molte case editrici oggi infatti si stanno parzialmente (o totalmente) trincerando negli ebook il cui costo irrisorio rispetto al cartaceo permette sicuramente agli editori di rischiare pi volentieri una pubblicazione con un manoscritto di un esordiente o poco promettente dal punto di vista dalle vendite. Personalmente fino ad oggi l'ebook non mi ha mai convinto, forse perch il mio amore per la materialit della carta stampata troppo grande, ma chiss se non ora di adeguarsi per ottenere quel poco di riscontro che desidero. Sicuramente per consiglierei a chi inizia a scrivere, specie in tempi di crisi come questi, di iniziare con un ebook se ne avesse l'opportunit. In ogni caso se si scrittori si scriver, tanto vale non lasciarsi avvilire e non lasciare il marciume del sistema capitalistico corrodere la propria scrittura e la propria persona. Dunque in conclusione, nessuno si scoraggi.

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2) Le forme oscene della scrittura


"Formare frasi grammaticalmente corrette , per l'individuo normale, la condizione preliminare di ogni sottomissione alle leggi sociali". Gilles Deleuze Si pu dunque essere o meno liberi di scrivere, ma possibile invece essere liberi di scegliere come scrivere? Il proprio stile? Poich non amo le grandi teorie n il generico, prender come esempio ci che accaduto a me. Quando scrissi per la prima volta, d'impulso, avevo sette anni, sul divorzio dei miei genitori prima e sulla morte di un nonno dopo, e lo feci scrivendo due poesie durante la ricreazione, in un angolo al riparo da tutti gli altri compagni. Credo che solitamente si inizi a scrivere quasi sempre con pensieri e poesie, magari su un diario, probabilmente perch sono le forme pi liriche attraverso cui si esprime l'Io, perch sono pi immediate, necessitano meno struttura e tecnica: sono forme d'impatto, sfogo e intime. Qualunque sia il motivo, da allora non ho mai pi smesso di scrivere, di guarire cos qualunque ferita, di disporre le parole sulla carta come sanguisughe sul mio corpo per purificarne il sangue. Ho continuato a scrivere poesie fino ai miei 15-16 anni, e cio fino a quando ho scritto per gridare il mio dolore a me stesso, fino a quando non ho avuto una particolare struttura nel pensare, fino a quando la poesia mi permetteva con poco tempo e impegno, poca bravura, di far prevalere l'immaginazione alla logica, fino a quando le mie carenze sintattiche e linguistiche non mi permettevano di fare altrimenti con lo stesso successo sociale (ero l'idolo delle ragazzine e delle maestre, in particolare quando scrivevo poesie d'amore!) La poesia tra l'altro ha uno statuto quasi intoccabile, essendo poesia gi licenza e trasgressione delle regole linguistiche, se non se ne capisce il senso si ha quasi timore nel dirlo o comunque giustificato dal suo statuto di opera d'arte e spesso acquista valore proprio per questo! E' il rifugio ideale di chi vuole proporsi agli altri senza essere giudicato sinceramente, di chi si non vuol essere nudo. Inoltre essendo costituita per lo pi d'immagini, essendo priva di spiegazioni ed argomentazioni, risulta spesso molto pi gradevole di qualsiasi testo articolato e pi lungo come quello che state leggendo. Si pu godere molto di una poesia che non dice niente o di cui non si capisce niente: per il suono, per le immagini, per la brevit, per l'interpretazione molto pi libera che pu permettersi il lettore. Si pu proporre a chiunque, e avere apprezzamenti da chiunque, di leggere la propria poesia. Quando si tratta di un testo narrativo, di un romanzo ( a meno che non si tratti dell'Odissea di Joyce o altri rari lavori), o peggio ancora di un saggio, non affatto cos. Tuttavia la forma poetica primitiva (non di certo la Poesia di un Baudelaire o di un Mallarm), presa in prestito alle proprie necessit, ha i suoi limiti. Non permette veramente all'autore di essere compreso e amato, amato poich compreso, n di essere chiari riguardo alcuni argomenti complessi. Pu andare bene per dissacrare e odiare il mondo, ma non per conquistarlo. Anche quando si tratta di una poesia politica e spinta da ideali positivi, quando vuole essere una presa di posizione e nasce nella speranza di un cambiamento, deve comunque rinunciare ad una completezza che chiameremo saggistica (alla nota, alla fonte, alla citazione, all'argomentazione schematica e puntigliosa, alla spiegazione, ecc...) e per quanto possa essere un'arma potente non mai una fortezza inespugnabile (non mai l'universo chiuso e perfetto del romanzo). Coinvolge molto i sentimenti, ma poco il pensiero e la logica. Anche quando incarna una nuova prospettiva, uno schema rivoluzionario, mantiene celata in s le meccaniche di questi; ne esprime dunque tutta la bellezza e la dignit ma un oggetto che il lettore pu soltanto venerare senza mai farlo suo se non per feticismo: manca il manuale delle istruzioni. 11

Cos quando sono voluto uscire dalla mia propria autocommiserazione, dal piacere immenso del credersi il protagonista di una tragedia, dall'orgasmo del credersi maledetti, quando ho voluto smettere di essere amato per piet e ho voluto capire il mio dolore sono passato dalla poesia ai pensieri e agli aforismi, e poi subito dopo a l'articolo senza troppe difficolt (avevo alle spalle oramai pi di 8 anni di scrittura, parole, frasi, metafore, ecc..). Questa prima trasformazione della forma dei miei scritti (anche se non ho subito abbandonato del tutto la poesia) stata dunque assolutamente funzionale, pratica. Ossessionato dal suicidio, dovevo capire, la poesia non bastava pi. E sopratutto dovevo farmi capire dagli altri, non solo per questo mio lato ma anche per tante altre stranezze che pretendevo tutti i normali dovessero rispettare. Non si trattava dunque pi di cercare dagli altri la stima e il riconoscimento, di voler dar loro bellezza, ma iniziato a trattarsi di volermi fare amare da loro e volere da loro comprensione. Vivere giustamente non bastava pi, bisogna dimostrare con le parole che io ero nel giusto agli occhi del mondo ma sopratutto a me stesso. Si trattava addirittura di volere che gli altri cambiassero, e la mia scrittura faceva di me un vate giustificando i miei comportamenti e le mie idee. La mia scrittura doveva aiutarmi a fare la rivoluzione, la mia poesia non bastava pi. Cos mi sono iscritto al giornalino del mio liceo, ed ancora prima al terzo anno delle medie ho iniziato a scrivere i miei primi libri che erano raccolte di pensieri, articoli e alcune poesie. Il titolo in particolare era molto significativo: Io Strano? e descriveva gi il bisogno di conoscermi e confrontarmi col mio mondo che era cos distante da quello della maggior parte delle persone che conoscevo. Dalla necessit di esprimere e far uscire il dolore e la gioia, attraverso il piacere e l'abitudine della scrittura, sono dunque passato ad un intellettuale ricerca della verit e della normalit, di una giustizia. Dalla scrittura passiva, da museo, dal bello, sono passato alla performance dell'artista che si taglia davanti a tutti e il cui sangue schizza sul volto del pubblico cercando di comprometterlo, al vero, alla scrittura attiva. Qualcosa di molto simile (senza per questo volermi assolutamente paragonare a lui) a Leopardi che fece questo stesso passaggio dal bello al vero all'interno per stesso della sua Poesia. Il vero voluto e ricercato da me (e di cui avevo bisogno) era invece non solamente un volermi riferire alla verit del mondo ma un astrarmi da ogni finzione, con la forma del pensiero e dell'articolo, perch chi mi leggesse si sentisse come preso sottobraccio e toccato da me, da un volto preciso e una vita precisa, da un'intimit che avrei sempre pi svenduto pur di cercare di compromettere l'indifferenza altrui: perch si pu essere indifferenti alla povert e alla malattia in genere, ma non si mai veramente indifferenti quando dinanzi a noi una persona muore di fame o porta le traccie sul corpo della malattia e geme. Io volevo essere quel corpo mutilato e nudo, quel grido affamato, dinanzi gli occhi del mio lettore perch non potesse astrarsi mai dai miei pensieri e dai problemi e dubbi che gli ponevo. Ero oramai disposto all'umiliazione e all'odio, al rigetto e alla solitudine, ma non potevo pi sopportare il silenzio del mondo attorno a me, l'indifferenza. In tutto questo tempo tuttavia, se non per obblighi scolastici, non avevo mai letto un solo libro di narrativa per piacere. E cos due miei docenti, notando il mio amore per la scrittura, mi incitarono a leggere alcuni libri. Ne lessi tre e li trovai bellissimi ma non sviluppai alcun amore per la lettura, semplicemente sentii dentro di me crescere sempre di pi il desiderio di creare anche io un'opera completa e strutturata, forte e inespugnabile, per esporre i miei pensieri al mondo intero.

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Cos nacquero, praticamente in contemporanea, i miei primi due libri. Entrambi scritti senza alcun modello da seguire, quasi senza quasi alcuna idea di cosa fosse la letteratura n di come si scrivesse un libro! Il mio scrivere nato dunque sbagliato, strano, patetico, amatoriale, piccolo, deforme, orfano, ma anche nato libero ed incontaminato. E' stato forgiato sulla mia indole e sul mio pensiero, sulle mie necessit esistenziali e la mia visione del mondo. Lo stile d'altronde veniva definito da Proust una questione non di tecnica bens di visione e da Barthes natura, corpo, individualit inalienabile, forza cieca sulla quale non si pu influire poich corrisponde col proprio essere e ancora da Spitzer un etimo spirituale, una radice psicologica, il riflesso dell'anima . Il primo libro era il diario di un pazzo in manicomio, un susseguirsi di pensieri frenetici e di riflessioni celate dalla follia. Il secondo dal titolo il mio mondo cos lontano dal vostro di fatto non era che un collage di molti miei testi e pensieri collegati fra di loro dall'inesistente trama di un suicida che risvegliatosi su un altro pianeta ricordava e rifletteva sulla sua vita sulla terra. Quel secondo libro scritto nel 2008, di quasi quattrocento pagine, possedeva gi le caratteristiche di tutta la mia scrittura: vi si trovavano immagini (sia divertenti, sia pornografiche, sia di opere d'arte) e citazioni, vi davo del tu al lettore, vi era il tema ricorrente del male, e scrivevo esplicitamente che che non mi proponevo al lettore come scrittore ma che speravo di farlo riflettere sulla realt perch questa cambiasse in qualche modo. La forma era assai trascurata e la storia praticamente inesistente, l'unico personaggio era l'autore e cio io! Lo avevo scritto come potevo, con un lessico limitatissimo, nessun talento da vero paroliere, pieno di errori basilari di grammatica ( a quindici anni andai a vivere in Sicilia e dovetti imparare negli anni del liceo a scrivere in italiano per la prima volta poich fino ad allora ero vissuto e cresciuto in Francia) e senza alcuna vergogna riguardo questi aspetti per me del tutto secondari. La scrittura era per me contenuto, come il contenuto fosse espresso aveva ben poca importanza, la grammatica poi non poteva averne nessuno finch si capiva quello che volevo dire. I miei scopi individuali/intellettuali ed i miei limiti, sin da subito, mi hanno cos portato a concepire una certa idea del libro e dello scrivere. La scrittura stata per me sin dall'inizio il mezzo e mai il fine. D'altronde non ho affatto scelto la scrittura per amor suo, ho sempre letto pochissima letteratura-narrativa e ancora oggi se ho un libro fra le mani raro che non sia un saggio; non ho prediletto la scrittura ad altre forme d'espressione in cui forse potrei essere assai pi talentuoso. In qualche modo la scrittura si imposta a me come necessit all'et in cui gli altri bambini imparavamo a leggere, sicuramente non per predestinazione ma per qualche motivo banale come la sua praticit ( pi facile avere appresso penna e carta che non un quadro o un pianoforte) o perch disegnare mi piaceva ma non ho mai imparato a colorare senza superare i bordi. Tutto il mio impegno nello scrivere sempre stato un impegno innanzitutto nel pensare, e ho spesso e volentieri ridicolizzato il fatto che la forma potesse sembrare magnifica e profonda qualsiasi banalit, concentrarsi principalmente sullo scrivere bene significava per me essere codardi e disonesti, non avere in fondo nulla da dire. Certo un libro scritto bene, scorrevole, senza errori, era molto pi facile e gradevole da leggere. Ma io non passavo le notti ad angosciarmi sul concetto di giusto e a trascrivere le mie conclusioni perch si dicesse delle mie parole che fossero gradevoli! Chi mi avrebbe letto, finch non sarei migliorato, avrebbe dovuto faticare senza lamentarsi per la qualit del pensiero e la sincerit che cercavo di regalargli.

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Non sono mai stato cos stupido da ignorare che la forma stessa sia un contenuto e aiutasse quest'ultimo a venir colto nella maniera migliore. Ma dovendo scegliere, poich appunto non sono mai stato n geniale n particolarmente talentuoso nello scrivere, ho sempre avuto fiducia che per la forma ci sarebbe stato sempre tempo. Sicuramente molti lettori svenderebbero tutto quel che hanno per comprare un libro scritto cos bene da fargli provare dei veri e propri orgasmi e imbrattarsi le mutande, da dimenticare del tutto la realt e tuffarsi in una fantasia totale e travolgente. Ma per me un libro che si chiude senza che nulla sia cambiato, senza che un dubbio sia sorto, senza aver provato dolore, semplicemente un fallimento. Poco importa quanto bene abbia espresso il nulla che aveva da dare. Ho sempre avuto d'altronde un debole per tutta l'arte contemporanea, la cui estetica sta tutta nel concetto, nella prospettiva, nella materialit, nel concreto, nel contenuto, che sacrifica proprio la tekn (o meglio la riconcepisce) da cui originato lo stesso concetto di arte (come ha cos ben dimostrato Jimenez) per esprimere il vero. E da quel poco di letteratura che ho letto, mi sempre parso che questa non abbia mai voluto fare questo stesso salto, che non abbia mai voluto (sempre con le dovute eccezioni) dissacrare i posteri, rinunciare al complimento per la complessit e la bellezza del tratto. Un salto che non assolutamente un salto avanti, un progresso in meglio, ma semplicemente una potenziale ricchezza (per quanto povera possa sembrare) che credo vada esplorata. Tanto pi variegata l'esperienza estetica che un'arte pu offrire ai suoi fruitori, tanto pi credo questa possa dirsi ricca e valorosa. Tutto questo spiega perch per me il gesto della scrittura non fu, e credo non sar mai, un gesto artistico: non credo sia un caso che se dovessi citare un ideale letterario citerei lo straniero di Camus. Non mi mai interessato essere un grande autore che emoziona, un artista, il padrone di una tecnica assoluta o di un tocco unico, un maestro, il miglior agricoltore nei campi elisi e maledetti della Parola. Il mio interesse sempre stato quello di essere un piccolo Montaigne che scrive i suoi pensieri a modo suo, fungendo spesso pi da link che non da "fonte", pateticamente dolce, umiliato dalla propria incapacit messa in mostra ma non colpevole di aver taciuto sulle cose per lui importanti. Una visione del libro questa mia che non vuole assolutamente essere un criterio valutativo di un buon libro, un valore o qualcosa da inseguire, una giusta visione, ma una semplice necessit personale. Potrei in un certo senso affermare questo: che la persona che sono diventato e che la vita che ho vissuto hanno deciso delle forme oscene della ma scrittura. Quanto legata la mia volont e ricerca di intimit in ci che scrivo all'aver passato molti pomeriggi del triennio del liceo a studiare manuali di ginecologia e instructional videos anzich il latino o la matematica? O alla mia solitudine? Certamente molto. Quanto legato il mio ideale di una letteratura vera e giusta ad una vita psicologica ed interiore certamente non facile? Ad una vita piena di momenti ingiusti? Certamente molto. Poteva mai una persona come me, costantemente spettinata e disordinata, scrivere in modo nitido e chiaro, inseguendo un ordine e una bellezza apparente? Certamente no. Poteva mai una persona come me, che ha frequentemente vissuto la realt psicologica di qualcuno non vedr un domani, scrivere se non per testimoniare e testamentare, vedere la scrittura come l'unico modo per passare gli ultimi momenti in questo inferno da eroe e sopravvivere cos nel ricordo degli altri e nel loro amore? Certamente no.

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Ma allora, la domanda sorge spontanea: si totalmente liberi di scegliere che tipo di persona essere? Credo di no. Non ho infatti scelto i miei limiti, non ho scelto la mia vita n le mie indoli, non ho scelto questa realt e la mia insofferenza alla sua normalit, e questo pi di ogni altra cosa ha influito e dato una identit al mio scrivere. Come credere infatti che io abbia liberamente scelto di trascurare la forma e persino la grammatica ? Chi se non qualcuno che fa involontariamente errori di grammatica pu affermare l'indecenza del lettore che ne infastidito? Lo stile dunque non una scelta libera, a meno ovviamente di voler fare lo scrittore e di inseguire un modello gi preincartato di scrittura. Ma questa identit dello stile, costretta dalle infinite variabili della vita, rimane un fantasma. La misura in cui lo scrittore sceglie il proprio stile quella in cui l'accetta, lo rende vero, lo rende realt. Scrivendo lo scrittore, con le mani nel fango, d forma alla forma stessa, e sceglie di faticare o meno per alcuni aspetti piuttosto che altri, sceglie di modificarne o meno il volto, sceglie di mostrarlo in tutta la sua imperfezione o di celarlo, sceglie nonostante tutto di perseverare o di abbandonare, cerca di limitare o esagerare i suoi difetti, se rendere l'ineluttabilit della forma gravida o lasciarla vergine. Lo scrittore sceglie in conclusione il proprio stile nella misura in cui sceglie se amarlo o odiarlo: se assecondare i suoi capricci o dargli battaglia, se scrivere o morire. Cos i motivi per cui ci che per me essenziale ovviamente non dipeso del tutto da me, e non dipeso nemmeno da me un bisogno esistenziale di scriverlo per poter vivere. Ma scrivendolo invece, dinanzi le prime lettere, cos facili da cancellare, sempre cos banali e insoddisfacenti, cos palesi nella loro vergogna, sono io che scelgo cosa fare di ci che inevitabilmente accade ma non senza che, almeno in parte, si possa cercare di rimediarvi e forse possiamo chiamare labor limae.

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3) Il Vero, l'Intimo e il Giusto


La passione intellettuale e civile per la verit; sicch si deve dubitare di tutto, anche dell'improbabile, anche della veritL. Sciascia Il romanzo contemporaneo come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e sopratutto come rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo. La grande sfida per la letteratura il saper tessere insieme i diversi saperi e i diversi codici in una visione plurima, sfaccettata del mondo. Italo Calvino Lezioni americane Il vero, a qualunque costo, prima di tutto, come unica meta: in questo io credo fortemente. Il libro come cella eterea la cui unica finestra una finestra sul mondo nella sua pochezza. Il libro come viaggio dalla verit del mondo alla verit di un mondo diverso, senza alcun ottimismo o pessimismo, regalando al lettore la sublime ansia del possibile, come specchio del potere che ha in s. La verit del personaggio, che l'autore prostituito o la confidenza tradita dell'amico. La verit della storia, che non mai una pura finzione. Il libro come ricerca del vero, come dissacrazione suprema del relativismo. Il libro come battaglia persa in partenza contro il gigante Veritiero, come frustrazione, e come vittoria inaspettata nelle sue ultime pagine. Il libro come vera speranza e disperazione di chi lo ha scritto, come vero lamento. Il libro sincero oltre l'immaginabile, persino nel mantenere l'errore: nel rifiutare l'impressione di perfezione, nel rifiutare il suo statuto dio arte, nel rifiutare la sua superiorit e distanza dal mondo. Il vero, perch non basta mai, perch tutto cos finto, perch solo il vero ha senso, il vero come fanciullo da salvare. Il vero come metro del giusto, l'intimo come metro del vero. Il vero ancora, finch non sar davvero verit, il vero perch nessuna verit possa essere l'unico dio e perch la normalit non sia mai pi la norma. Il vero come percorso verso Itaca, come lotta contro l'infinito, come accettazione e prova del brutto, come coraggio e sopratutto come Scelta esistenziale. La storia, la finzione, come dolorosissimo tributo a un maiale che se non gode non vuole imparare. Il vero perch un giorno, quando qualcuno chieder: ma scrivendo si pu cambiare qualcosa? La risposta ovvia e normale possa essere: s. Non perch la letteratura possa qualcosa contro il mondo ma perch questo stesso mondo non esiste se non prima come insieme di individualit che costantemente compiono scelte. Perch quando la scrittura vera coinvolge l'individuo e ogni individuo coinvolto drammaticamente nel mondo, in quanto vi recita e vi pu fare accadere sempre l'inaspettato. Il vero perch la scrittura sia testamento e testimonianza. La scrittura come omaggio a Courbet: per una letteratura colossale che possa raccontare della piccola ed epica storia d'ogni uomo (come il funerale a Ornan), che sappia dedicare al lettore le sue parole anzich dedicarle ai cieli dell'arte, del bello, del supremo e dell'immortale! Per una scrittura senza finzione e intelligentemente scandalosa, perch il vero fa sempre scandalo e come disse Pasolini nell'intervista su Sal: Io penso che scandalizzare sia un diritto, essere scandalizzati un piacere e chi rifiuta di essere scandalizzato un moralista, il cosiddetto moralista.

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La scrittura che dunque non pu fare a meno del sapere, del saggio, che incoraggia allo studio e al giudizio, alla conoscenza e allo spirito critico, alla ricerca di una virt. Il libro tanto vero che le sue connessioni con la verit del mondo e della storia non sono interne o letterarie ma sono palesi: il pezzo di saggio, d'intervista, nel bel mezzo dell'intreccio. Non solo concettualmente ma formalmente! Ecco perch il mio romanzo ancora oggi ineluttabilmente sempre un romangio. Una idea, questa del libro-enciclopedia, non certamente nuova, presente gi nel libro incompiuto Bouvard et Pcuchet di Flaubert, ma assai poco nota. Non solo non saprei scrivere senza inseguire una verit, unica trama delle mie storie, ma l'idea di essere una valida fonte, un link che riporta parole degne di altri e incoraggia tutti ad approcciarsi al sapere, mi piace molto di pi che non l'idea di essere uno che ha detto la sua in modo unico ed eccezionale, persino convincente. In questo secolo in cui tutti possiamo dire di tutto e di pi, credo sia cosa significativa e degna cedere parte del proprio spazio (ovviamente non bisogna essere solo una raccolta) e delle proprie parole ad altri. Per questo mio aspetto un mio caro amico ironicamente mi ripete sempre: quando un giorno scriverai un libro tuo chiamami! Ma allora, il dubbio sorge spontaneo, perch voler a tutti i costi creare storie e non limitarsi a scrivere pensieri o saggi? Ancora una volta la forma (narrativa) qui determinata dagli scopi e dall'indole. Infatti il mio grande sogno letterario sempre stato una letteratura che sia una democratizzazione di del sapere al quale le persone accedono solo per interesse, dovere o passione. L'idea del libro per pochi prescelti mi ha sempre fatto orrore. Il libro dunque come sapere aperto (cesta dai frutti succulenti da cogliere), pensiero, riflessione, ricchezza, ricerca, raccomandazione, ma anche come momento di verit e intimit col lettore: il romangio e il diariomanzo. Il diariomanzo per una letteratura umana, calda, intima: e cio di pensiero e verit. Il diariomanzo perch ho sempre desiderato scrivere un libro che lotti contro la solitudine del lettore cosicch questo non si senta mai pi solo nell'affrontare l'orrore della normalit e si senta incoraggiato a Vivere e non si rassegni cinicamente a sopravvivere. Una letteratura sincera, tangibile, presente, sensata, la cui inevitabile finzione non sia mai falsit; i cui personaggi, luoghi, non siano mai figure o astrazioni, non nascano mai per il gusto di essere narrati. "Ora bisogna sapere che a me non mai bastato rappresentare una figura d'uomo o di donna, per quanto speciale e caratteristica, per il solo gusto di rappresentarla; narrare una particolar vicenda, gaja o triste, per il solo gusto di narrarla; descrivere un paesaggio per il solo gusto di descriverlo. Ci sono certi scrittori (e non pochi) che hanno questo gusto e, paghi, non cercano altro. Sono scrittori di natura pi propriamente storica. Ma ve ne sono altri che, oltre questo gusto, sentono un pi profondo bisogno spirituale, per cui non ammettono figure, vicende, paesaggi che non s'imbevano, per cos dire, d'un particolar senso della vita, e non acquistino con esso un valore universale. Sono scrittori di natura pi propriamente filosofica. Io ho la disgrazia d'appartenere a questi ultimi." Luigi Pirandello, Prefazione a 'Sei Personaggi in cerca d'autore'

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Una letteratura di tutti e per tutti (o quasi!), che affronti grandi tematiche e abitui al pensiero critico con la semplicit e la sincerit di una lettera scritta a un amico. Imperfetta come un uomo, che non finga pi bellezza di quanto non ne abbia, senza trucco, determinata come un uomo che deve attraversare un incendio per salvare qualcuno che ama, che preferisce bruciare piuttosto che lasciar morire. Una scrittura che sia innanzitutto un'esperienza umana prima ancora che letteraria, un gesto di affetto e di odio per toccare l'altro e spingerlo. Non una semplice affermazione di una tesi o posizione intellettuale, ma il libro come impronta della volont e degli strazi dell'uomo sull'albero della vita e del sapere. Per questo dunque la narrativa, la storia, perch noi viviamo di storie, vediamo la nostra vita e il mondo come delle storie, la nostra coscienza il narratore d'una storia, come poter essere veri e intimi dunque se non attraverso una storia? Come poter raggiungere tutti se non con una storia? Come poter convincere l'individuo a lottare contro ci che la Storia ha fatto credere come natura e normalit se non attraverso un'altra storia? Perch al di fuori dell'individualit e dell'intimit, e cio della storia, non vi mai alcuna verit. Un'intima finzione per la Verit, una storia dunque contro la Storia : questa la mia meta finale, il mio cammino, la mia necessit.

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4) L'Intimo, il Giusto, il Vero


Il vero, il vero, il vero, certamente una nobile intenzione ma nulla di pi patetico e inutile. Quale lettore apre un libro alla ricerca di verit? Quale lettore sfoglia quelle pagine nella speranza di ripensare la realt, di rivedere la sua morale, di cambiare il suo pensiero o metterlo in crisi? Chi leggendo preferisce il naufragio alla crociera? Farsi le proprie idee gi abbastanza difficile, a darci torto costantemente basta la vita e la quotidianit, no davvero il vero nel libro non pu essere desiderato n voluto se non in maniera molto astratta. D'altronde una verit di cui non si abbia fatto esperienza, che non sia cresciuta in chi l'ascolta e la vede per la prima volta, rimane un figlio indesiderato, rimane menzogna. A chi importa della verit che, se anche esistesse, comunque cos grande che un uomo non pu mai abbracciarla? Quale lettore abbastanza stupido da credere che lo scrittore la possieda e quale scrittore cos presuntuoso da prendere di possederla e poterla trasmettere? Quale scrittura pu in duecento o duemila pagine confutare una vita? Ecco perch al vero serve uno scopo, per non rimanere puro esperimento scientifico-letterario (pensiamo al termine roman exprimental di Zola): il Giusto. Uno scopo ovviamente non fittizio ma veramente inseguito dal suo autore. Un vero dunque che allo stesso tempo corruzione del vero, il cui fine non sia il solo vero. Ma anche questo non basta, serve infatti un'agente perch il vero sia riconosciuto come tale, perch quel vero venga amato, perch la verit accada: e cio l'intimo, la letteratura fatta di veri sorrisi e vere lacrime, storia d'un anima, che sia il segreto rivelato, che sia compenetrazione e vergogna, che sia rivelazione di volont di potenza e forza. Mi torna qui in mente la differenza fra il verismo e il naturalismo. Laddove il naturalismo fiducia nel positivismo, scienza, Verga scrive un vero che un tragicamente (nel senso della tragedia greca) vero, il verismo umanit e sofferenza. Un verismo che era tra l'altro, in particolare nel suo teatro, anche una fortissima opposizione al gusto dell'epoca, alla cultura commerciale che parlava di nulla e dilettava tanto la borghesia. Nulla di troppo nuovo insomma in ci che ho appena affermato, ma anzi al contrario un gesto letterario, una intenzione umana, a cui rifarsi. Grazie all'intimo, la scrittura riesce cos a parlare direttamente con l'immaginario del lettore, e allora il vero che essa gli regala non una semplice sentenza ma al contrario essa gli fa dono del dubbio. Se un vero dubbio, inespugnabile e odioso, stupro violente della tranquillit, accade nella mente del lettore, sia esso scatenato da un pensiero o un sentimento, allora il libro ha compiuto il suo dono di verit, la verit stata offerta e regalata. Quando la scrittura del vero, in viaggio verso il giusto e portata in grembo dall'intimit, raggiunge il lettore a quel punto allora il vero che gli regala non una verit del libro n del mondo, ma altro non che il vero amore per la verit, che vero bisogno dell'abitudine critica alla vita, che incoraggiamento epico alla fatica. Accettazione del mondo (ma non in quanto ineluttabile o giusto), rifiuto della cecit e della sordit, giudizio accorto e spirito critico: ecco cosa chiamo verit rivelata al lettore, cosa credo sia lo scopo ultimo di un libro fatto di verit molto pi di quanto non sia finzione e che in ogni caso non sia falsit. Intimo, Giusto e Vero sono dunque la santa trinit della mia scrittura, e sono termini che se non coesistono semplicemente falliscono nella loro singolarit. Valori che io credo non assoluto metro di giudizio, ma sicuramente necessari nella scrittura contemporanea.

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Ma a che pro, in fin dei conti, l'intimit? Per trasmettere ci che di pi vicino pu essere chiamato Verit, ma per cosa? Per regalare una diversa esperienza letteraria? Non solo. Pu importare dell'intimit e della verit solamente a chi importi del giusto in una certa maniera. In altre parole solo se la propria scrittura umanamente impegnata, se si spera ancora (follemente) nell'altro, nel lettore ignoto. Il libro dunque come lettera d'aiuto e allo stesso tempo come invito a lavorare in uno stesso cantiere per costruire, come lettera anonima d'amore ma anche come notifica notarile di una eredit da riscuotere. Mi pare sia evidente a tutti che le persone amino ( o dicano di amare) tutti i vari valori positivi, l'idea di lottare contro i deboli, della giustizia, di rimediare alla sofferenza, di non discriminare, ecc... Ma quando si tratta di cambiare personalmente, di modificare le proprie abitudini, di far fuori i propri stereotipi, di amare diversamente, di rinunciare, di spendere diversamente i propri soldi ed il proprio tempo, di colpevolizzarsi, ovviamente ognuno invoca la propria vita, le propria complessit, la propria quotidianit, le proprie difficolt, le proprie necessit e perch no persino i propri limiti. Sarebbe bello se le cose fossero diverse, ma le cose sono cos ecco la base del pi drammatica e patetico e diffusissimo cinismo. Dopotutto le parole sono solo parole, chi pu negare gli interessi concreti, di pane e potere, che erano dietro le parole libert, fratellanza, uguaglianza di tutte le rivoluzioni che la storia ha conosciuto? Gli ideali sono veri ideali (e cio veramente voluti) solo se c' un guadagno, un miglioramento concreto delle condizioni di vita di chi li impugna (e questo giustifica l'impegno); i miti che gli individui della societ inseguono, che sono i miti utili alle societ, sono direttamente legati con questa dimensione del profitto. Un libro che trascura l'utile, mostra il giusto senza darne il gusto e l'interesse, trascura di fatto l'ideale. Il problema dunque di come far cambiare la realt con le parole, di come convincere chi legge della reale giustizia ( e cio del reale guadagno che il lettore otterrebbe da un determinato cambiamento) di ci che affermiamo, un problema quasi interpersonale fra scrittore/pensatore e lettore. Ovvero non si tratta di giustificare ed enfatizzare gli ideali in s per s, ma si tratta di riuscire a fare scendere il generale di questi ideali nel particolare di ognuno. Si tratta in definitiva di creare una intimit fra la cosa scritta e colui che legge. Ma come fare? Perch non esistono vere intimit condivise fra cose (parole, concetti, materiali) e persone, ma solo fra persone e persone. Il personaggio nel quale identificarsi certo un ottimo espediente, ma non pu mai (perch la sua storia non una storia della realt) essere un personaggio persona. Quante milioni di pagine di parole inesistenti servirebbero per descrivere la monotona quotidianit, fatta di vita sociale e di vita interiore, di anche solo una persona vera? Un personaggio pu essere realistico, mai vero, e tutto il suo universo interiore pur sempre relativo alla sua storia che inevitabilmente fittizia. Per quanto la letteratura sia uno specchio della realt, rimane comunque un'altra dimensione. Pu vincere il lettore, ma mai convincerlo. Cos del tutto inutile (ai fini di un reale cambiamento psicologico, individuale, sociale, storico, politico) sperare che il romanzo o il racconto possano da soli salvare il mondo o anche solo parlarne sinceramente. Bisogna dunque che ci che il lettore legge sia anche diario, cio testimonianza, cio Vita. Ed cos e solo cos che la distanza fra parole e lettore pu venir meno, almeno in parte, e che il libro toccando, sfiorando, l'intimit del lettore ha una possibilit di agire sul mondo intero, che lo scrittore pu combattere nella realt per ci che pi vero. Ma anche a prescindere da una letteratura pi o meno impegnata, questo l'unico modo per regalare al lettore allo stesso tempo l'esperienza e il gusto per l'intimit e la verit: gli strumenti cio per la ricerca di una profonda e personale felicit. 20

Di conseguenza io credo che l'unico modo di creare una intimit fra parole e persona sia quello di creare una intimit fra l'autore e il lettore. Bisogna prostituirvisi e offrirgli una storia che si rifaccia il pi possibile (anche simbolicamente) a una storia vera. Usare parole che siano pensieri veri, persino parole gi veramente pronunciate. E cos i dialoghi in un libro non hanno pi un valore semplicemente artistico-letterario ma acquistano un valore umano che un valore aggiunto e acquisito per tutta l'opera. Non vi cos quasi pi differenza fra libro e mondo, il libro riuscir cos (ipoteticamente) a dare scacco matto alla solitudine del lettore: sar finzione ma non sar falso. Ma anche evidente che il vero sia meno bello e gradevole dell'arte. Penso qui in particolare a due rifiuti editoriali di testi scritti con frasi palesemente vere. Io dubito perci che chi scriva nel mio stesso modo incontrer molti consensi e ricever tanti apprezzamenti quanto chi scrive per amor di narrazione. Questa deve essere dunque una scelta non tanto letteraria dunque, ma direi quasi civica e personale. Io tuttavia, non avendo la bravura ed il genio, il talento, per fondere assieme queste due realt del vero e del bello in un'unica esperienza di piacere, mi rassegno volentieri a sacrificare il bello per il vero.

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5) Il Giusto, il Giusto, Il Giusto


Tu mi domandi del maestro elementare. Direi, ecco, lo sono ancora: non riesco a concepire lo scrivere se non come buona azione L. Sciascia La virt non un bene, un dovere: di un genere differente, di ordine superiore. Ogni uomo colpevole di tutto il bene che non ha fatto Voltaire. Uno scrittore deve servire a qualcosa? Certamente non in assoluto. Ma se s si vuole che serva ed egli vuole servire la situazione a dir poco catastrofica. Dopotutto la verit che uno scrittore non serve nemmeno a inventare storie nuove, a creare quel che non c'. Poco importa quanto ci si provi, la realt finisce sempre col superare la fantasia, lassurdo diventa sempre vero prima o poi, lo scrittore inventa ben poco. Basta leggersi un paio di notizie per rendersene conto, come Eija Mauer la feticista degli oggetti sposata per 29 anni col muro di Berlino dal cuore infranto da quando hanno infranto il muro che si rifatta una vita con la staccionata del giardino dei vicini. Basta osservare quel polipo vivo entrare nella vagina di quella pornostar e poi dallaltra parte dello schermo la gente che si eccita, si masturba, guardando questo spettacolo per capire che davvero non possiamo, noi scrittori, inventare il divertente, loriginale, linconcepibile, losceno, il metafisico, il diverso, lo straordinario, il romanticismo, leccelso, nemmeno il dilettevole e il piacevole. Per quanto ci proviamo, la nostra finzione sar sempre infinitamente inferiore e pi povera della Verit del mondo (e dell'universo!). Lo scrittore, la mente umana, deforma, incolla, ritaglia, proietta, scolorisce, polimerizza, frantuma, e spesso copia senza nemmeno saperlo. Ci che lo scrittore finge, in realt lo simula. Si pu star certi insomma che il nuovo non mai opera completamente sua. Il ruolo dello scrittore allora il Vero? Come ho scritto prima il Vero indubbiamente un nobile scopo ed una grande meta, e se lo scrittore non parla del mondo vero, della sua complessit e delle sue problematiche, se non insegue che la suspense e il colpo di scena, allora tanto vale che si tenga per s ci che scrive. Ma bisogna anche ammettere che il libro di letteratura, essere di parola e immaginario, nonostante la sua materialit non pu mai essere il vero. Anche votato a essere specchio della ricchezza della Verit del mondo, lo scrittore deve rassegnarsi ad essere specchio opaco se non addirittura frammentato e buttato per superstizione in un fiume. Il libro deve essere il primo avversario della falsit, ma rimarr sempre finzione (nel senso di astrazione) per chi vi si approccia e non pu avere mai certezza ( a meno che appunto non si tratti di un diario privato, di lettere a cari ecc..) della sua verit. Ma sopratutto perch il lettore si approccia alle parole dell'autore col proprio immaginario, vocabolario e la propria scala dei valori/cultura. Non solo la letteratura ma persino la scrittura verit solamente per chi scrive, impronta della mano nella sabbia, testimonianza e fotografia in seppia tanto anni dopo quando magari si ha cambiato idea riguardo alcune cose.

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Ma la scrittura non la fotografia (d'altronde anche la fotografia pochissimo dopo la sua nascita tecnica ha smesso di essere documentario ed divenuta oggetto di rinvio alla soggettivit dell'autore e del fruitore, allontanandosi dalla verit oggettiva del mondo per sprofondare nella verit intima di un anima, diventando cos Arte), forse essa solo ha il dono di essere strumento che immortala non l'attimo (come la foto appunto) ma il flusso: perch ogni storia come una vita. Se tutte le persone nel mondo scattassero una foto nello stesso istante di ci che stanno vivendo avremmo il mondo intero per un solo istante. Ma se tutte le persone del mondo scrivessero in uno stesso istante tutta la loro vita in un solo libro allora noi avremmo in quel libro una vera e propria storia del mondo, ci che di pi vicino pu esistere al flusso della vita (per quanto ovviamente la vita continuerebbero e il libro dovrebbe rassegnarsi ad essere un libro senza finale). Perch la vita umana, appunto, non pu esistere se non come vita interiore: come narrazione, storia. Ma allo stesso tempo le storie, tutti lo sanno, sono solo storie, non sono mica il mondo vero! Chiss quanta fantasia e quanti errori ci sono in una storia, anche una raccontata nella speranza sinceri e veritieri. Non forse ci che s'impara dai discorsi cos sentiti e inverosimili dei nonni? Ecco perch, nonostante tutti gli sforzi, la scrittura e la letteratura non possono mai essere fotografie ma sono sempre scarabocchi sulle fotografie, disegni fantasiosi sul ritratto pignolo del mondo. E fotografie tra l'altro in cui l'autore appare sempre di riflesso: in uno specchio vicino larmadio della stanza descritta, fra due nuvole dun cielo narrato azzurro e limpido, in un riflesso nelle gocce di saliva del bacio finale fra la ragazza e l'eroe innamorato. L'autore pu anche morire per il lettore (che certamente non ne ha bisogno) ma vive sempre nel libro, qualcosa di molto pi forte ed ineluttabile della genetica lega lo scrittore alla sua opera: la sua storia e la sua Storia. Il libro sempre una cicatrice di chi lo scrive. Daltronde non possiamo dimenticarci che etimologicamente scrittura e grafia non significhino divertire o dilettare o fingere o ancora inventare ma che significhino segnare, incidere, scolpire, raschiare, scavare, intagliare, scarificare In particolare l'arte (e di conseguenza la letteratura), che spesso tenta di stare apparentemente alla larga dalla verit, se ne allontana sempre infinitamente tanto quanto se ne avvicina raggiungendo in quel punto nell'infinit la verit del suo autore. Ogni ritratto non altro che l'autoritratto dell'autore, il modello solo un'occasione, l'accidente come scriveva Wilde nel ritratto di Dorian Gray.

Possiamo prendere il quadro anche pi astratto di Kandinskij, ma associandolo alla sua realt e a questa sua citazione: Per me la disintegrazione dell'atomo fu la disintegrazione del mondo intero: tutto a un tratto caddero le mura pi formidabili. Tutto si rivel instabile, incerto, insicuro. Non sarei restato sorpreso se una pietra si fosse disciolta in aria davanti ai miei occhi. La scienza sembrava annichilata ci rendiamo conto che la sua opera cos detta astratta un'unica e splendida pagina di Storia e fotografia dell'Anima: impronta nel fango vissuto. Quale scopo dunque per lo scrittore, se non pu mirare alla Verit n alla grande finzione? Se non vuole mirare alla semplice bellezza ma vuole che questa sia parte di qualcosa di pi grande? Il Giusto. Ma sar la persona dietro l'autore che decider lo scopo dello scrittore, e questo ce lo ricorda ancora Pasolini:

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Direi che ci son due categorie di scopi. La prima attiene all'assoluto non senso di essere scrittore. Quelli che io chiamo scopi edonistici, metastorici, metafisici o se vuole assurdi, e si adempiono sotto il segno della Grazia. Nell'altra gerarchia di scopi, troviamo quelli che uno si pone come cittadino piuttosto che come scrittore, e qui rientrano i pesanti concetti di impegno, ecc. Tra le due categorie di scopi in questo momento sono molto incerto. Direi che si compenetrano. Bisogna tuttavia stare attenti ad un grande pericolo: un libro non deve essere una messa. Io infatti credo fortemente che oggi ci che pi mai il libro debba porre il lettore dinanzi non solo de dilemmi ma anche dinanzi delle risposte diverse e spingere il lettore a stringerne una. Cosa di pi lodevole e di pi banale di un libro che elogia i valori? Che vuole trasmettere rispetto, tolleranza, speranza, amore e una morale? Cos ci che importante pi d'ogni altra cosa che il libro trasmetta il desiderio per il valore, l'amore per la virt. Bisogna oggi, contro ogni logica, sperare nell'individuo e smettere di predicare e fare paura. Nulla pi pericoloso e maligno dell'ideologia, qualunque essa sia, poco importa quanto giusta sembri. Una virt deve essere una nostra invenzione, una personalissima legittima difesa e necessit nostra: n ogni altro senso essa solo un pericolo. Ci che non condiziona la nostra vita, le di danno: una virt determinata solo da un senso d rispetto per il concetto di virt, come voleva Kant, dannosa. La virt, il dovere, il bene n s, il bene col carattere dell'impersonalit e della universale validit chimere in cui si esprime il declino, l'ultimo spossamento della vita, la cineseria koenigsberghese Le pi profonde leggi della conservazione e della crescita comandano il contrario: che ciascuno si inventi la sua virt, il suo imperativo categorico. Un popolo va in sfracelo quando confonde il proprio dovere col concetto di dovere in generale. Nulla corrode pi profondamente, pi intimamente di ogni dovere impersonale, di ogni sacrificio dinanzi al Moloch dell'astrazione. F. Nietzsche - L'anticristo Una letteratura Giusta significa dunque una letteratura che rende l'altro forte, e non schiavo di una nostra visione messa in scena da una storia. Significa dar voglia a chi legge di scegliere, di discriminare, di giudicare, di accettare il rischio dello sbaglio e il fardello della creazione, di rinunciare per sempre all'indifferenza e alla passivit anche se questo, paradossalmente, dovesse portarlo a prediligere l'odio e il male. Ma perch mai si dovrebbe volere una letteratura giusta? So bene che l'arte salva solo il suo artista, e forse particolarmente per questo che non voglio essere tale e non mi sento di incoraggiare nessuno ad esserlo o quanto meno diventarlo. Ma a chiunque scriva io dico questo: non dovete far nulla perch la vostra scrittura sia giusta, se non essere sinceri con voi stessi mentre scrivete e pensare di dedicare questo libro o ad un figlio magari. Dopotutto credo sia puro buonsenso affermare questo: il libro che si vuole pubblicato un libro che si rivolge a una determinata societ, perch non impegnarsi un minimo perch ci che si ha scritto possa tornarle in qualche modo utile oltre il divertimento? Il benessere della societ non innanzitutto quello del singolo che vi vive? Ogni libro di pensiero, per quanto banale, non comunque un tentativo di piegare la normalit del mondo all'anormalit dell'autore? Di affermare le sue ragioni e rendere prosperi e proliferi i miti che egli ha nel cuore?

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Ma il dubbio allora si pone nuovamente: quand' che la scrittura insegue il giusto? Lo stereotipo vuole che sia solamente quando tratta di politica, di realt messe a tacere o disagiate, drammi e ingiustizie sociali, di misteri e misfatti storici, quando vuole condannare e fare la morale, quando pretende di essere filosofica e vuole trasmettere grandi disgusti per i grandi poteri o elogiare grandi ideali... Ma non affatto cos e nulla di strano che dinanzi questa idea errata del giusto molti scrittori preferiscano la sicurezza del libro da spiaggia! Questo macigno sulle spalle chi lo vuole dopotutto? Chi ha quest'arroganza e questa sicurezza? La carriera dell'eroe la si lasci appunto a chi per motivi biografici e necessit esistenziali non pu davvero fare a meno di saltare gi da una finestra con le mutande sui pantaloni anzich sotto. Ma io credo che per virt dell'intimit condivisa fra un autore sincero e un lettore (che non cerchi nella lettura una valida alternativa alla soddisfazione sessuale) il giusto possa avverarsi con una insopportabile facilit. Concependo il giusto come dono prensile, come strumento regalato, come arma offerta, come affidamento e confidenza, credo che il giusto coincida anche fatalmente sempre col vero. Far parte di un vero dolore, di una vera paura, di sentimenti e pensieri che non siano nati appositamente per l'insopportabile colpo di scena /trama, significa dare Giustizia al proprio scritto: fare del proprio libro un dono al mondo. Facendolo ovviamente non per sfogo o mancanza d'idee! Cosa di pi prezioso infatti della fatica quotidiana nell'affrontare la vita? Ecco io credo che non siano le grandi teorie sull'amore o sulla morte, i grandi moralismi sull'utile e il compromesso, a poter fare qualcosa per aiutare chi si approccia al libro. Al contrario credo che inseguire il giusto sia riuscire a condividere con lui le piccole angosce frequenti, quei pensieri silenti e inammissibili, le sensazioni ed i piccoli pensieri, i dubbi e la forza della quotidianit, i drammi dell'abitudine, la nostra intimit appunto. Mettere una mano sulla spalla al lettore e dirgli hey, non sei solo a far fronte a tutto questo, a soffrire cos, a non dormire la notte.. cosa di pi prezioso? E non avere l'arroganza di dirgli cosa fare, ma l'umilt di proporre le nostre personalissime soluzione senza mai celare le controindicazioni, cosa di pi importante? Chiedete a una persona se vuole essere curata, se vuole avere aiuto, e sentendosi offesa risponder di no e andr via frustrata. Mettetegli invece a disposizione su un tavolo le ricette di dieci cure che hanno funzionato per voi, senza mai nemmeno alludere al fatto che possa l'altro possa averne bisogno: l'indomani le ricette saranno sparite. La scrittura non deve nemmeno pretendere di guarire come un medicinale, di essere efficace nel senso contemporaneo del termine Ma se il libro deve essere medicina esso innanzitutto diagnosi, prevenzione, ricchezza che deve spesso rimanere nel fondo a maturare, sole in un guscio d'uovo che riveler il suo splendore solo dopo che la vita avr frantumato l'involucro. Sta tutto qui il valore della scrittura come ricerca, come sincero dialogo con s stessi, prostituendo cos la propria vagina al mondo e lasciando ognuno libero di farne una discoteca o una chiesa. In conclusione scrivendo sinceramente, e cio con verit e intimit, pur non avendo affatto a cuore la (ridicola?) felicit altrui, inevitabilmente la vostra scrittura inseguir il giusto e avr sempre qualcosa per cui i lettori potranno esservi veramente grati: gli avrete fatto dono di voi stessi. Ci non significa affatto che l'idea stereotipica della scrittura che insegue il giusto sia sbagliata, e anzi ben vengano ancora gli Hugo, gli Orwell e i tantissimi altri! Ben venga chi non ha vergogna di mettersi le mutande sui pantaloni e di provare a volare. Semplicemente il giusto molto pi ampio di quanto si soliti credere e chiunque scrivendo, poco importa cosa ami scrivere e perch, pu cercare di non trascurarlo.

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Non si pu che auspicare che in questo momento storico cos amorale, dove ci si nasconde ovunque con codardia dietro il relativismo, elogiando e fuggendo il confronto, siano in molti a denudare il mondo e ad affermare, a giudicare anche a costo di sbagliare piuttosto che tacere sulle cose importanti: chi insegue il giusto insegue inevitabilmente sempre l'errore. Ben vengano gli autori che vogliono essere uomini esemplari, cittadini del mondo senza pecca, disposti ad affrontare le pi difficili delle vite cos che i loro libri siano un riflesso dei loro eroici autori e possano brillare come una seconda alba che potrebbe essere quella d'una societ un po' migliore. Per concludere possiamo affermare: Cos' una scrittura che insegue il giusto? E' una scrittura che vuole far nascere un movimento nel suo lettore: che lotta contro il cinismo, la solitudine, l'apatia, la paralisi, la rassegnazione, l'indifferenza, l'immortale e l'ineluttabile. E' una lettura che, anche a costo di essere derisa, ha fiducia nella Vita. A cosa serve uno scrittore? A dare un esempio di movimento, a dare voglia a tutti di compiere l'impossibile: di scrivere, ancora e nonostante tutto, la propria vita. L'eccessiva ambizione dei propositi pu essere rimproverabile in molti campi d'attivit, non in letteratura. La letteratura vive solo se si pone degli obbiettivi smisurati, anche al di l d'ogni possibilit di realizzazione. Solo se poeti e scrittori si proporranno imprese che nessun altro osa immaginare la letteratura continuer ad avere una funzione... Italo Calvino Lezioni Americane A cosa serve uno scrittore? A far della realt una finzione perch nulla sembri mai normale E vi preghiamo quello che succede ogni giorno non trovatelo naturale. Di nulla sia detto: " naturale" in questi tempi di sanguinoso smarrimento, ordinato disordine, pianificato arbitrio, disumana umanit, cos che nulla valga come cosa immutabile. (B. Brecht - da L'eccezione e la regola, 1930)

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6) Forma s e forma no
Ecco dunque perch ho sempre scritto e scrivo: per criticare la realt, rivelarne i miti , parlare all'individuo e toccarlo, per essere testimonianza e riverenza, far insorgere il dubbio ed amare, per smuovere le acque e sedurre la tempesta. In conclusione: per giocare a fare un po' il maestro, un po' l'amico, un po' l'eroe e un po' il dottore. Ma pi di ogni altra cosa, credo, chi scrive per dare qualcosa deve anche preoccuparsi di adeguare le proprie parole, seppur in minima parte, ai propri tempi e alle necessit della societ in cui vive. Non adeguarsi ai canoni commerciali non significa non piacere appositamente, al contrario bisogna cercare di rendere piacevole la diversit e il nuovo. Nel secondo capitolo ho cercato di spiegare/giustificare la mia scelta/necessit di trascurare alcuni aspetti della forma (la correttezza, la musicalit, l'armonia, ecc..). Ci nonostante spero sia ben chiaro che non ho assolutamente voluto affermare che la forma fosse di poca importanza in assoluto. Al contrario, come magnificamente espone Barthes nel Grado Zero della scrittura, la forma per i pi grandi autori contenuto, scelta civica e politica, morale, messaggio nel messaggio. Ci che, ripeto, va disprezzato il feticismo della perfezione e la ricerca del bello onanistico, ma non di per s la forma o lo stile! Esempi come l'italiano scelto da Verga, da Manzoni, da Dante ( e cio il volgare quando ancora la nostra lingua non esisteva nemmeno!) sono esempi di una vera e propria grandezza d'animo di questi autori che proprio grazie a una scelta formale hanno regalato alle loro opere e ai loro lettori una ricchezza incommensurabile. Questa ricchezza, del testo che parla di s stesso e di conseguenza della Storia, va assolutamente inseguita. E non affatto una ricchezza che privilegio della letteratura ma una possibilit della Scrittura stessa. Un altro protagonista della lingua volgare, spesso dimenticato, fu infatti Galileo che lo us per scrivere alcuni testi scientifici portatori di una nuova idea del mondo e che di conseguenza necessitavano una lingua nuova per essere espressi. Col semplice gesto della scelta di una nuova forma lui polemizza tutto un pensiero, un insieme di definizioni e di punti saldi, un tempo e una visione del mondo, un passato e un pensiero ancorato alla lingua latina. Qualcosa di molto simile ha voluto fare anche il filosofo Martin Heidegger con un immenso lavoro proprio sul linguaggio attraverso cui esprimeva il suo pensiero. La scrittura, ogni singola parola, di per s carica di miti e di un idea del mondo. Non si pu dunque trascurare affatto la lingua stessa con la quale ci esprimiamo e limitarci a piegarla in funzione del piacere. Lo stesso identico discorso vale per l'arte contemporanea (che elogiavo poc'anzi) che appunto punta praticamente tutto sul contenuto e lo fa proprio dando la massima importanza alla forma, ad una forma in contrasto con un determinato passato, con le sue origini, che significa di per s. Il famoso pisciatoio al contrario di Duchamp assume pienamente il suo significato perch un pisciatoio in un museo, e non un quadro che rappresenta un pisciatoio in un museo. La differenza abissale, di contenuto, e allo stesso tempo assolutamente formale. Nella mia scrittura a diario, semplice e di pensiero, esattamente ci che cerco di fare: una forma che di per s un messaggio, una valorizzazione, una speranza e una scelta.

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Ma a prescindere dal valore intrinseco di un'opera scritta, il problema della forma anche un problema pratico. Chi scrive per parlare alle persone, per avere un impatto sulla realt (anche postume!) deve sempre cercare il lettore e dargli non solo del filo da torcere ma anche saperlo sedurre. Bisogna chiedersi chi e quanti trovano ancora oggi una guida o qualcosa di veramente prezioso (ovvero qualcosa che vada oltre un esperienza estetica) nelle 900 pagine del conte di Montecristo o nella Divina Commedia. E penso sopratutto ai ragazzi cresciuti in una societ della velocit e del surplus che devono potersi tutti approcciare al libro e non solo al videogioco! Ecco perch a maggior ragione chi scrive oggi io credo, senza trasformare per questo il libro in uno screenshot della chat di facebook, senza mai essere banalmente semplice, deve essere coraggioso e non deve inseguire monumenti del passato se non negli intenti e nella genialit. Ricopiare o riassumere non pu bastare, bisogner far affettuosamente violenza al modello. Anche la letteratura deve riuscire ad essere contemporanea e sopra ogni cosa democratica: parlare alla massa e far s che la sua preziosit sia vasta e non per pochi. E non pu farlo se non riflette sulla propria forma e non gli d cos una identit. Giustamente scriveva Calvino nelle sue Lezioni Americane: La mia fiducia nel futuro della letteratura consiste nel sapere che ci sono cose che solo la letteratura pu dare coi suoi mezzi specifici Ora mi pare ovvio che questi mezzi siano innanzitutto formali e aggiunge inoltre: Se volessi scegliere un simbolo augurale per l'affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l'agile salto improvviso del poeta-filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravit contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalit dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d'automobili arrugginite. Mercurio, con le ali ai piedi, leggero e aereo, abile e agile e adattabile e disinvolto, stabilisce le relazioni degli dei tra loro e quelle tra gli dei e gli uomini, tra leggi universali e i casi individuali, tra le forze della natura e le forme della cultura, tra tutti gli oggetti del mondo e tra tutti i soggetti pensanti. Quale migliore patrono potrei scegliere per la mia proposta di letteratura?.... In un epoca in cui altri media velocissimi e di estesissimo raggio trionfano, e rischiano d'appiattire ogni comunicazione in una crosta uniforme e omogenea, la funzione della letteratura la comunicazione tra ci che diverso in quanto diverso, non attenuandone bens esaltandone la differenza, secondo la vocazione propria del linguaggio scritto. Alle volte mi sembra che un epidemia pestilenziale abbia colpito l'umanit nella facolt che pi la caratterizza, cio l'uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l'espressione sulle formule pi generiche, anonime, astratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze. Non mi interessa qui chiedermi...le origini di quest'epidemia....quel che mi interessa sono le possibilit di salute. La letteratura ( e forse solo la letteratura) pu creare degli anticorpi che contrastino l'espandersi della peste del linguaggio.

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Credo non ci sia nulla da aggiungere a queste splendide parole che ho scelto per finire questa mia apologia non richiesta condita da fiele. Se non forse che, credo, non si dovrebbe confondere questa leggerezza con una certa inconsistenza, col diletto. Perch una vecchia storia quella della musica di Rossini che sostitu prestissimo la musica di Beethoven, un vecchio vizio dell'umanit. L'ironia certamente un dono prezioso, e si dice anche che far ridere qualcuno sia pi facile che farlo piangere, ma rimango del parere che certe volte (e specialmente in questi tempi in cui si piange molto di cose molto banali e si ride troppo di niente) negare al lettore il piacere ed il sorriso sia un dovere morale, un coraggio. La parodia vincer su tutto. La risata, lo stupido riso forzato, o il sentimento facile, inesistente, assorder le menti della tua epoca. Ma tu devi gridare sempre e sempre, pur sapendo che la tua voce si perder nella ruttante risata dei grandi parodisti, dei grandi buffoni, dei grandi ottimisti ridanciani. G. Pressburger - Storia umana e inumana

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7) Ultimi Pensieri Sconclusionati - Conclusione


Io non so se scrivere sia qualcosa di prezioso in assoluto, ma so per certo che la scrittura proprio la ricerca di ci che prezioso, in noi e negli altri, nella vita e nella morte, per questo scrivere terrificante. Anche ammettendo che fra le gambe di un bicchiere di vino tu trovi qualcosa di prezioso, la cosiddetta idea geniale, troverai poi parole abbastanza preziose per descrivere la tua idea? Troverai poi delle frasi abbastanza preziose per quelle parole? E quelle frasi faranno una storia abbastanza preziosa? La risposta sempre la stessa: no. Da questo scaturiscono due dati di fatto: lo scrittore sempre un dissacratore, persino il pi realista, e non colui che riesce a trascrivere il pensiero e la visione (come spesso si dice e crede) ma colui che riesce ad accettare di non poterci riuscire mai ma non si rassegna e decide di scrivere ( sempre pi coraggioso che talentuoso) comunque. E' colui sempre cosciente che quello che vuole scrivere e dire non sar mai esattamente quello che scriver e dir. Un buon libro, in sintesi, dovrebbe essere come una superficie di vetro: dovrebbe riflettere lo sguardo del lettore verso il cielo (l'Intimo, il Movimento, l'Inconcepibile, la Molecola e l'Universo, il Tempio Dissacrato, il Brivido, l'Essenza, il Diverso, il Giusto ed il Vero, il Dopo) e non essere una ciotola di fango nella quale affogare il Sentire ed insudiciare il Pensiero ammazzando sia lo spirito che il tempo. Non bisogna mai iniziare a scrivere un libro pensando che sar il miglior libro di sempre o un capolavoro. Questo serve all'inizio, ti d la spinta per la prima ora, ma poi rileggi e sei incazzato e deluso. Non solo ti sembra inutile quello che stai facendo, ma la tua stessa vita ti sembra inutile. Per andare fino in fondo al libro serve autoironia, serve chiedersi: vediamo quanto male riesco a fare cercando di fare del mio meglio. Scrivere, per me, significa essere sempre diviso fra l'ipotesi di vivere e l'ipotesi di non vivere. Per questo, inutile celarlo, scrivere un rifugio, un rifugio nella non-vita, un rifugio nella materia nera e bianca dei caratteri e del foglio dimenticando quasi la materia del proprio corpo. E' un rifugio dove poter nuovamente imparare e sognare, lontano dalla TV, lontano dalle Bahamas e da Ibiza, lontano persino da Parigi e New-York. E' un rifugio dove lecito, e anzi necessario, avere una meta. Nella vita quotidiana, oramai, non serve avere una meta, la societ anzi campa proprio sulla nostra amarezza profonda per la mancanza di questa meta offrendoci vari rimedi per sistemare le cose temporaneamente allontanandoci dal pensiero e dalla coscienza: la famiglia e il lavoro, la religione, non fanno eccezione. E per questo, e forse solo per questo, a volte bello scrivere perch si ha l'impressione di creare valore, una cosa che ormai non facciamo pi limitandoci a comprare e consumare cose di valore. Perch si ha l'impressione che tutto sia possibile e che tutto dipende solo dal proprio rigore. Per questo per me la scrittura sopravvivenza, perch non ho mai smesso di trovare la vita vuota e la morte affascinante. Un giorno parlai con un maratoneta che mi disse: il segreto sta nel dimenticare la meta finale e cercare di dare il massimo sulla breve distanza. Nel pensare al prossimo chilometro, ai prossimi due, e mai ai restanti venti o cinquanta. Ecco credo che questo sia anche il segreto per un buon libro, mai preoccuparsi di finirlo e pubblicarlo. Mai preoccuparsi nemmeno di raggiungere un certo numero di pagine o di raggiungere lo scopo iniziale che ci siamo prefissi. Bisogna dare semplicemente il massimo in ogni singolo capitolo, anzi addirittura paragrafo. Con un tale rigore, una tale sincerit, come pu non nascere un buon libro? Non bisogna preoccuparsi troppo, la determinazione dello scrittore (o del pensatore) poi far il resto, anche negli anni, e se il libro veramente amato allora nascer. 30

Di recente Murakami ha pubblicato un libro sulla sua vita da maratoneta come metafora di un certo ordine e rigore nella scrittura (associati al genio). Ma la domanda : si pu essere bravi senza avere la fissa per ci che si fa? Senza avere la regolarit, la determinazione dell'esercizio, una certa seriet tecnica? Io credo questo: che la scrittura non necessita questo rigore per avere un inestimabile valore umano o intellettuale, persino poetico in un senso intimo del termine poesia. Ci che prezioso lo a prescindere da ogni tecnicismo, virtuosismo, e il pi delle volte non diventato prezioso attraverso la cura maniacale o l'esercizio. Certamente per essendo la scrittura espressione di un contenuto, non potendo esistere senza apparire, sar pi difficile per il lettore comodo, per chi nel pensiero e nella vita non sa essere ginecologo, cogliere il valore di ci che stato scritto. Dopotutto proprio per questa sua essenza apparente che possibile far sembrare preziosa una letteratura che non lo affatto, non lavorare su nient'altro che sull'abito e sull'apparire delle lettere. Fare d'ogni lettore un uomo in rivolta: un rivoluzionario indifferente alle ideologie ma capace di rovesciare quel regime totalitario che la normalit, disposto a dissacrare quella fede assoluta che il nichilismo, disposto a ricostruirsi e capace nuovamente di provare tristezza per le proprie macerie, disposto nuovamente a criticare e a rifiutare il comodo ruolo del verme giustificatore e incapace, fare insomma d'ogni uomo un eroe capace di salvare la propria vita dalle necessit e dalla tranquillit. Spezzato lo specchio, nulla resta che possa servirci a rispondere ai problemi del secolo. L'assurdo, come il dubbio metodico, ha fatto tabula rasa. Ci lascia in un vicolo cieco. Ma come il dubbio, esso pu, tornandoci sopra, orientare una nuova indagine. Il ragionamento continua allora allo stesso modo. Grido che a nulla credo e che tutto assurdo, ma non posso dubitare del mio grido e devo almeno credere alla mia protesta. La prima e la sola evidenza che mi sia data cos, all'interno dell'esperienza assurda, la rivolta. A.Camus L'uomo in rivolta Noi veniamo da una letteratura, quella dal 1850 agli ultimi anni del 900, che stata il risultato di una lunga crisi del positivismo e del romanticismo, del romanzo di formazione, della comunicabilit, che ha affermato l'esistenza del Nemico pi drammatico: l'essere. Vi era infatti molto pi ottimismo in Leopardi che negava testualmente ogni pessimismo o ottimismo e affermava. Chi pu conoscere i limiti del possibile? e chiude la sua Poesia con un invito alla fraternit nella sua Ginestra. Vi era persino molto pi ottimismo in Verga che guardava a un nemico che non era nel cuore di ogni uomo ma che era un certo fato in una certa societ. Ma come sopravvivere a Montale e Svevo?... Come si sopravvive a Pirandello e persino a Pascoli (per il quale il mondo era un atomo del male) e D'annunzio? Come sopravvivere all'ermetismo, ad un Quasimodo delle prime opere, alla quasi assurda convinzione, del poeta e dello scrittore, della vanit della parola-verit e alla preferenza dell'allusione e dell'eterno mistero? Come sopravvivere alla letteratura che impegna tutta s stessa per comunicare l'ineluttabilit dell'incomunicabilit? Come si pu continuare a vivere dopo tanta bravura e tanta giustezza nello scrivere l'ineluttabilit della tragedia umana senza mai nessun pessimismo, con tanta dolcezza e tanta quiete? Tanti anni a scrivere, a preferire la penna e il vuoto di un foglio a quello che molti chiamano la vita vera. Alle gioie delle relazioni sociali, del sesso, della campagna o del mare, dello sport, delle discoteche e chiss di cos'altro! E tutto questo dovendo ancora cercare un editore, con un sentimento sociale di fallimento (ma non personale). A volte mi rattristo, mi prende la rabbia, mi scoraggio... 31

Poi per mi ricordo quasi testualmente quei pochi messaggi inaspettati di apprezzamento, di ringraziamento, da parte di sconosciuti, che ho avuto. Una donna che mi disse di essere stato come una pioggia nel deserto in un momento difficilissimo della sua vita, un ragazzo che mi ringrazia per averlo fatto riflettere, una ragazza che scoppia in lacrime... Brevi, piccoli, timidi, messaggi. Uno o due l'anno al massimo, eppure quanto basta per pensare che non stato inutile, che ne valsa la pena e che ne varr sempre la penna. Salvare il mondo forse non si pu, ma scrivere per qualcosa di pi grande del divertimento credo sia un dovere, il primo fra tutti di chi scrive. Cosa c' di pi bello dell'idea, del ricordo, di aver regalato gioia a qualcuno di cui non si conosce il volto? Di avergli dato un pensiero, una bellezza, che, fosse solo per un instante, ha vinto sull'odio e la malinconia della vita? Certo, ancora una volta, ci sono le eccezioni, sono esistiti Vittorini, Saba, Sciascia e persino Ungaretti (ed altri ancora). Che, lontani dall'affermare un qualsiasi ottimismo, hanno comunque difeso la certezza di un Valore della vita, di un orizzonte a cui guardare, una Allegria, creduto in una parola-verit e dunque in una vera giustizia e ingiustizia, che hanno difeso un qualche Senso non solo della Letteratura ma del pensare, sentire, amare e vivere. Ma nel loro chiaroscuro, dolceamaro, difficile trovare la Forza e la Volont per non soccombere al vuoto della societ contemporanea. Per rispondere ai drammatici quesiti posti, per trovare rimedi a questa malattia strana che la nostra vita oggi diventata. La Letteratura dalla quale veniamo (la pi vicina a noi) infatti, io credo, una Letteratura della non-soluzione. Perch scrivo? Per dimenticare due ore al giorno che desidero morire in ogni istante. Per farmi amare, farmi odiare, per essere qualcuno agli occhi degli altri cos distanti. Per rimediare alla noia e all'angoscia diversamente che con la masturbazione. Per illudermi due ore al giorno di fare qualcosa di giusto e sensato. Probabilmente perch non so disegnare. Per sentirmi un medico due ore al giorno, per illudermi di curare. Perch non so farlo e nel fallimento mi sento a mio agio. Perch la cosa pi importante che la mia nullit riesca a partorire. Per insultare la grammatica. Per abitudine, istinto fisiologico. Per giustificarmi ai miei stessi occhi, disgustarmi di me e giustificarmi e cos volermi bene. Per fuggire senza dimenticare. Per credermi un eroe. Per cercare apprezzamento e comprensione, sentirmi meno solo. Perch odio e per piangere. Per amore e compassione. Perch non voglio essere un albero che cade senza far rumore. Per sentirmi forte, o quasi. Per Credere e per Avere. Perch Dio mi ha donato doti per fare tutt'altro e mi piace essere blasfemo, per ateismo e vilipendio al vaticano! Per mordere e sbavare, a quanto pare l'inchiostro velenoso. Per cercare di cambiare gli altri come fa pi comodo a me. Per egoismo ed egocentrismo. Per divaricare vagine astrali e scoprire quant' nero il cuore della notte, per immaginare meglio la luce di cui sar sempre l'ombra. L'idea c', l'idea di una letteratura che sia visione e non visualizzazione, di una letteratura del mito e contro il mito, ma non ci sono le forze, sembra tutto inutile... Tuttavia la lacrima nel corpo ma l'anima nella penna, e questa penna si trascina la carcassa e la pena, si conficca e striscia e si arrampica, non d allo scrittore diritto alla pace n alla felicit, gli impone un severo ed empio dovere: Scrivi. E quando parlano la logica e il buon senso, quando la mente si prostituisce e pensa non serve a niente, la penna gli vomita in bocca il suo velenoso inchiostro e le fa morire. E quello stesso inchiostro diventa sangue, diventa aria, di quel corpo gi morto e lo anima gridando: pensa e scrivi. All'inizio era la Parola, il Verbo.

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Ringraziamenti
Sarebbe inutile negare che, nonostante la mia determinazione, se alcune persone non mi avessero dato fiducia e non avessero letto ci che scrivo, avrei scritto molto meno e non sarei potuto migliorare mai. Senza di loro questo libro e tanti altri non sarebbero sicuramente nati mai. Un ringraziamento speciale va dunque innanzitutto ai miei tre allegri martiri, a quei tre amici che da sempre hanno letto praticamente tutto ci che ho scritto e l'hanno sempre fatto con spirito critico: Giacomo, Giulio e Piero. Se scrivo e rompo ancora tutta colpa loro, giusto che si sappia. Ma molti altri mi leggono spesso e volentieri, da tanto tempo e con tanta pazienza, hanno subito molti dei miei libri e meritano i miei sinceri ringraziamenti, in particolare penso a: Chiara, Elio, Erika, Giacomo, Giorgia, Giovanni, Miriam e Monica. Non possono non ringraziare anche tutti coloro che seguono principalmente la mia pagina FB e il mio blog (alcuni dei quali si sono anche proposti di leggere qualche mio libro!), in particolare ringrazio: Amalia, Cristina, Elisabetta, Federica, Gabriele, Giampaolo, Ileana, Iolanda, Mattia, Marcella, Mirko, Salvo, Silvia e Valeria. Ai quali si aggiungono tutti i miei lettori sul sito larecherche. Un ringraziamento del tutto particolare va poi a Daisy Raisi che mi segue con costanza e mi ha dato l'opportunit di fare un'intervista sulla sua radio, ed inoltre si d costantemente da fare per dare visibilit agli esordienti con progetti sempre nuovi ed interessanti. Ancora un ringraziamento va al gruppo di lettura di Caltanissetta che mi ospita ormai da anni ai suoi incontri, sopportando le mie frequenti polemiche sui libri che adorano, e leggendo spesso e volentieri ci che condivido sulla loro pagina FB. Voglio poi ringraziare Raffaele Castelli che in seguito a minacce legali da parte di una casa editrice a pagamento e senza scrupoli, mi ha dato sostegno e ospitato sul suo sito softwareparadiso.it dove classifica quali siano le case editrici pi adatte agli esordienti. Un ulteriore ringraziamento va a Antonio che mi legge da anni e fa di tutto per aiutarmi, consigliarmi e darmi spazio in vari progetti editoriali. Gli devo moltissimo. Si anche soliti ringraziare tutta la propria famiglia ma di fatto sarebbe ingiusto poich l'unica persona appartenente a questa categoria a leggermi mia zia, che per ringrazio moltissimo! L'ultimo ringraziamento va infine a Thomas, una persona per me importantissima che molto raramente apprezza ci che scrivo e a cui devo il titolo di questo libro!

E ovviamente grazie a tutti

voi per aver letto queste pagine!!!

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