Sei sulla pagina 1di 4

IL DISCORSO DELLA FINE DEL MONDO Attualmente possiamo individuare, nella situazione, una direzione ben precisa della

politica intesa semplicemente come dimensione del vivere comune e volont di riunirsi per dibattere su/in questo spazio comune. A tutti gli effetti la vita politica si dirige verso lastrazione binaria, vale a dire, si ritira dallincontro concreto per diventare scambio dinformazioni tramite supporti sulla cui (non) neutralit si pu, se vogliamo, ancora stancamente dibattere, ma che, per me, non in discussione. In realt questo processo non altro che il divenire-immagine del mondo prospettato da Debord e portato alle sue estreme conseguenze. In questo senso il mondo gi finito, perch viene meno in esso quella comunanza, quella mescolanza delle sostanze che la radice del concetto stesso di mondo, in senso metafisico. A sua volta, questo divenire-immagine del mondo, si riflette nelle pratiche quotidiane, nella vita banale e negli stili di comportamento. Questo piano quello, cos centrale per i situazionisti, che Deleuze e Guattari definirebbero molecolare. In questo senso, lobbiettivo di un gruppo che intenda trasformare il reale deve porsi sul piano molecolare, il che non significa affatto privarsi della teoria, ma, al contrario, mostrare come teoria e prassi si trovino a coincidere nellatto poetico-rivoluzionario situazionista. Il piano dellagire molecolare, cio dellagire nella dimensione dello stile e dei modi desistenza concreti, si apre solo ad operazioni strategico-poietiche non sottomesse ad obiettivi strettamente pratico-tattici. Questa daltra parte una dottrina situazionista delloccupazione, secondo le osservazioni che ci siamo scambiati in questi ultimi mesi. Ma come si traduce questo? Abbiamo avuto esempi di come la presa in carico della parola e del discorso da parte dei soggetti sia il correlato necessario della dimensione del politico. Daltra parte, la presa in carico della parola a tutti gli effetti unazione che risponde a situazioni condizionate, nella maggior parte dei casi. Prendere la parola in situazioni diverse significa poter-dire cose diverse, perch cambia lordine del discorso allinterno della quale il peso della parola assunto. Prendere la parola significa dunque trasformare la prospettiva di una regione di mondo (ad esempio, la regione-scuola) da molare (immagine) a molecolare (immaginemovimento, immagine-tempo). Cio scoprire che sotto alla immagine rappresentata c tutto il pulsus di una sfera desiderativa che non si lascia rappresentare. lo scarto. Propongo quindi di prendere la parola, ma trasformando radicalmente, nel contempo, le condizioni della presa della parola: se parlare ancora pu sembrare sterile e improduttivo, perch la nostra presa in carico della parola resta ancora legata alla struttura implicita che determina la nostra separazione. Senza lillusione di poterci liberare di questa struttura solo perch lo si voglia, ma con lobiettivo di tendere a questa liberazione. Prendere la parola significa, con una certa dose di inevitabile e salutare arroganza, formulare delle linee guida dellagire critico che mettano a giorno le analisi de La societ dello spettacolo. Con il fine preciso e dichiarato di formare un nucleo dazione che si contrapponga al divenire-immagine del mondo. Prima di tutto dunque, propongo di mettere in luce quali sono gli aspetti salienti di questo divenire-immagine, e come si legano alla situazione attuale secondo due tensioni prevalenti: 1) desiderio/norma, o secondo le parole di Debord, perpetuo conflitto tra desiderio e realt. Occorre rimettere al centro di qualsiasi agire politico una idea non ingenua e semplicistica del desiderio, ma fondata sulla coscienza della sua alienazione, che la nostra. A tutti gli effetti, il politico non procede

2)

pi dalla sfera del desiderio alla sfera della legge e ritorno, ma incontra un blocco tra le due sfere che produce alienazione concreta. Cosa succederebbe se una gruppo proponesse di recuperare la dimensione desiderativa allinterno dellambito politico distinguendola per nettamente dalla semplicistica esaltazione dellinteriorit che il desiderio diventato? , in altre parole, possibile parlare di desiderio e norma senza cadere nellautenticismo? Sarebbe necessario, per chi intende agire concretamente, pensare (per la prima volta) in termini desiderativi, cio saldando il piano della rivendicazione al piano del modo desistenza nel quale si trova gettato. Ma non per caso. mondo vero/mondo falso, simpone lesigenza di ripensare la partizione vero/falso non nei termini di un ristabilimento della veridicit dei singoli contenuti comunicativi, ma di una capacit di critica nei confronti della comunicazione stessa, la quale, per la sua stessa forma, produttrice di illusione in quanto modellata sulla struttura del senso comune. Liberarsi dal modello del senso comune il presupposto di ogni critica, e ogni critica funziona innanzitutto nella contrapposizione al senso comune, che, in quanto tale, sempre complice delloppressione. La lotta contro il divenire-immagine del mondo la lotta contro il senso comune. Il mondo falso non un errore, ma una illusione interna al modo di pensare la realt, che non si corregge tramite linformazione, ma tramite la formazione.

La mia proposta questa: lanciare una vera e propria assemblea, con lobiettivo di divenire assemblea permanente, capace di riunire tutti coloro che intendano trasformare la realt (a partire, ovviamente, dalla componente studentesca) capace di formulare in una linea comune pratiche di lotta contro la societ dello spettacolo, con lobiettivo di smantellare il senso comune. Il primo passo in questa direzione sar quello di prendere la parola come gruppo, invitando le componenti a dialogare su: a) come dotarsi di strutture teoriche adeguate ad un infinito lavoro di critica della societ; b) come approntare iniziative pubbliche capaci di incidere sullo spazio politico assopito; c) come individuare aree dazione specifiche su singoli discorsi che abbiano ricaduta politica e sociale; d) come mettere in relazione regioni diverse e per il momento isolate della realt sociale. A questo riguardo propongo che la nostra attivit immediata debba prendere in considerazione la realt attuale confrontandola con le teorie che possono fornire linee di fuga efficaci, e preparare interventi atti a presentare tali linee di fuga come altrettanti inviti a prendere la parola e a partecipare, le domande potrebbero essere: perch abbiamo scelto di partire da Debord? In che senso la societ dello spettacolo un problema, e per quali ragioni esso non stato ancora tematizzato adeguatamente? Quale funzione pu svolgere un simile contesto teorico allinterno dellagire critico attuale? Ecc e ancora, possibile che, a diversi livelli, la lotta contro il senso comune produca una trasformazione politica in senso concreto? Che cosa significherebbe allora senso comune, e perch esso complice delloppressione? E cos via

Sarebbe scorretto porre queste domande senza nemmeno tentare di abbozzare una risposta, e io ci provo. Il primo assioma della teoria di Debord, derivato dalle grandi analisi marxiane, quello della irrimediabile frammentazione del sociale: ci significa che la societ nel suo complesso non appare mai come totalit (cio come un tutto passibile di critica e di trasformazione) ma solo come una sequenza di frammenti senza una chiara relazione gli uni con gli altri. Perci la critica alla societ appare, per cos dire, solo in negativo. Il legame nella sua essenza sfugge di continuo. Ci porta al secondo assioma, quello dellalienazione. Allinterno di questa frammentazione lo statuto dei soggetti analogo a quello delle loro pratiche sociali, essi si trovano separati sia gli uni dagli altri sia con s, in quanto fratturati tra attivit produttiva e attivit contemplativa, senza possibilit di pensare la relazione tra il loro lavoro e la loro vita. Cos ad esempio, lo studente si trova fratturato tra unattivit che occupa la maggior parte del suo tempo (lo studio) e un tempo libero che costituirebbe la sua esistenza vera, la sua vita, senza alcuna possibilit di pensare e dunque trasformare la relazione tra queste due sfere, in altre parole di pesare lutilit e il danno della scuola per la vita. Questa condizione di separazione si riproduce a tutti i livelli della vita sociale, per loperaio, per il padrone, per il professore. In terzo luogo, il divenire-immagine del mondo significa precisamente la giustificazione e la legittimazione di carattere mitico-religioso che si applica a questa situazione di separazione: nella misura in cui il tempo libero diviene oggetto di amministrazione da parte delle multinazionali dello spettacolo e del consumo, le due sfere dellesistenza, quella produttiva diretta e quella che ormai pu essere considerata come indirettamente produttiva, cio quella della contemplazione e del consumo, si perdono definitivamente di vista, diviene impossibile interrogarle nella loro relazione, perch si collocano su due piani inconciliabili: ecco cosa sintendeva dire quando si parlava di contraddizione tra desiderio e realt, desiderio e realt non appaiono mai insieme, e il desiderio stesso sempre falso, perch irrelato con lesistenza concreta, confiscato sul piano della pura contemplazione e del noli me tangere dellimmagine spettacolare. In quarto luogo, ma questo un momento dellanalisi che in Debord non appare in tutta evidenza, questa forma del divenire-immagine del mondo corrisponde con la forma della rappresentazione, fa cio tuttuno con un modo di esperire il mondo che appartiene allatteggiamento contemplativo-passivo del vedere-ricevere la realt come un dato. Cos ad esempio, quando linformazione presenta gli eventi come una sequela di frammenti irrelati, incapaci di assumere una configurazione allinterno di un contesto unitario, sta gi intimando implicitamente che questo il mondo, e non passibile di essere trasformato, gi finito. A che serve tutto questo? Serve a indicare che la direzione da percorrere ancora quella di tentare di mettere in collegamento frammenti irrelati, a partire da quello studentesco, per produrre discorsi che ricostruiscano il passaggio dal desiderio allazione. In questo senso, tenere sempre presente che non si tratta di combattere una menzogna piovuta dal cielo, ma di trasformare il modo di vivere e di rapportarsi al reale, instillare il germe del pensiero critico nelle pi vaste regioni dellagire sociale, cosicch possano fiorire nei discorsi pi specializzati e irrelati delle critiche interne capaci di stanare lalienazione che vi si nasconde, e, almeno, di renderla palese: mostrare la falsit dei discorsi in quanto irrelati. Domandare: chi sono io che svolgo questa attivit? Che senso ha questa attivit allinterno della societ? Che cosa posso fare per passare dallattivo al passivo? Questo significa acquisire una coscienza critica non sotto forma di opinione, ma sotto forma di dubbio capace di mettere in crisi la frammentazione stessa.

Occorre istituire un nucleo di formazione e autoformazione permanente, che tenga costantemente presente il legame tra le strutture teoretiche e le pratiche di resistenza, capace cio di rammemorare costantemente il legame tra le une e le altre, nellorizzonte del legame che intercorre tra speranza e responsabilizzazione: luscita dallo stato di minorit non si realizza se non attraverso il riferimento (anche se barrato) al desiderio che si muove dentro listanza della liberazione, perch, secondo le parole di Goethe nel Wilhelm i desideri sono presentimenti delle capacit che sono in noi, anticipi di ci che saremo in grado di fare. Non ci si libera per ottenere riconoscimento dalla societ, ma per trasformare la vita attraverso la critica della societ dalla quale la vita dipende inesorabilmente. I mezzi di questa autoformazione sono meno innovativi di quello che ci si aspetterebbe, ma pi innovativi di quello che sembra a prima vista. Si tratta di una moltiplicazione dei discorsi e di una occupazione sistematica degli spazi pubblici di discussione. Gli esempi sono sotto gli occhi: pochi giorni di assemblea permanente sono sufficienti a far diventare critico laggettivo pi usato tra gli studenti. Ora si tratta di riempire le parole dordine traducendole in un complesso di pratiche condivise. In secondo luogo, bisogna che la componente studentesca riattivi la propria relazione con le altre componenti sociali, avendo di mira di entrare in contatto, tramite discorsi precisi, con altre componenti della vita sociale, con il duplice obiettivo di saldare le istanze di rivendicazione e di far comprendere la centralit dellautoformazione per la lotta contro loppressione. Si tratta in altre parole di mettere a giorno come, oggi pi che mai, sia solo la coscienza critica e il senso forte del termine paideia che tale coscienza implica a poter supportare una lotta. Propongo quindi di iniziare con una serie di conferenze, intese nel senso amplissimo di discorsi aperti allintervento dei convenuti in un medesimo luogo, allinterno delle quali presentare le metodologie di lotta che si saldano a questo background teorico, e il senso di questo stesso background. Ad esempio si pu cominciare col mettere in luce come loccupazione sistematica degli spazi urbani da parte del capitale corrisponda con loccupazione abusiva dellimmaginario sociale operata dalla societ dello spettacolo, e come la riconquista di questi spazi passi soltanto dallattivazione del singolo che riprende concretamente in carico questi spazi, sia fisici, sia immaginari. Non si tratta tanto di creare una nuova mitologia, secondo il sogno dei surrealisti, quando di diffondere pratiche di demitizzazione dellimmaginario e di riappropriazione dellurbano. Unultima parola per gli scettici: ci che qui si propone possibile, a patto che si abbia il coraggio di iniziare, una buona volta. Prendendo le mosse dagli studenti, cio da una giovent capace di rendersi consapevole della svolta epocale, secondo le parole di Ernst Bloch, passando dallintuire vago, e soprattutto privato ad un intuire acuto in maniera pi o meno sociale, e con compiti sociali. Rifiutare questo passaggio ha un significato ben preciso: laccettazione passiva pura complicit.

Potrebbero piacerti anche