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Va bene ?! Le relazioni italo-tedesche al banco di prova, Berlino 1.-2.12.

2011

Democrazia: sfide e opportunit


Donatella della Porta European University Institute, Florenz

Democrazia; sfide o opportunit? Mentre le forme della democrazia rimangono pienamente in vigoree oggi in qualche misura sono anche rafforzatela politica e i governi cedono progressivamente terreno cadendo in mano alle elite privilegiate, come accadeva tipicamente prima dellavvento della fase democratica via via che le funzioni dello Stato sono appaltate ai privati, lo Stato comincia a perdere la competenza di fare cose che in precedenza gli riuscivano benissimo (Crouch 2003, 9, 53, passim). La storia della democrazia si a lungo identificata con un processo di concentrazione del campo politico rispetto al quale la lunga lotta per lottenimento del suffragio universale stata, allo stesso tempo, mezzo e simbolo. E in questo quadro che occorre apprezzare la mutazione attuale della democrazia: se la democrazia delezione incontestabilmente erosa, la democrazia di espressione, dimplicazione e dintervento si sono invece sviluppate e affermate (Rosanvallon 2006, 27).1 In questi (diversi) modi (Crouch coniando il termine di post-democrazia, Rosanvallon quello di contro-democrazia), due scienziati sociali europei hanno di recente affrontato il tema delle trasformazioni nella democrazia contemporanea, sottolineandocome voglio fare io oggile sfide, ma anche alcune opportunit. Se questo obiettivo certamente ambizioso, con laiuto di queste citazioni iniziali, voglio restringere lambito della mia prolusione sulla seguente tesi generale: il discorso scientifico sulle sfide e le opportunit della democrazia deve tenere conto dei diversi significati che il termine democrazia ha avuto e ha oggi per i diversi attori collettivi che popolano i sistemi democratici.

Laddove la dmocratie dexpression si riferisce alla presa di parole dei cittadini, quella di implication ai mezzi attraverso cui i cittadini cooperano fra loro e quella dintervention alle forme di azione collettiva utilizzate per ottenere un risultato desiderato. Keynote, Donatella della Porta, pagina 1

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In particolare, vorrei suggerire che: Esistono diverse concezioni di democrazia, non sempre facilmente gerarchizzabili lungo una scala di astrazione, Diverse concezioni di democrazia (ri) emergono nel dibattito contemporaneo sulle sfide e le opportunit, Alcune di queste dimensioni sono in reciproca tensione, e infatti non tutte le qualit democratiche possono essere massimizzate allo stesso tempo, Le (diverse) concezioni di democrazia si sviluppano anche allesterno delle istituzioni, in diverse arene politiche, La comprensione di queste concezioni richiede un allargamento semantico del concetto di politica.

In quanto segue vorrei, dopo avere brevemente riassunto le narrazioni diffuse sulle sfide alla democrazia (o alle democrazie), soffermarmi sullo specifico modello democratico sottoposto a quelle sfide, ma anche individuare i modelli alternativi che emergono e riemergono nella societ cos come nel discorso scientifico. Da scienziata sociale empirica, vorrei quindi illustrare il mio discorso facendo riferimento ai risultati della mia ricerca sulle concezioni e pratiche di democrazia allinterno delle cos dette organizzazioni di movimento sociale, o di societ civile (considerate, almeno in alcune teorizzazioni, come scuole o arene prefigurative di democrazia).

Democrazia liberale: le sfide C un impressionante paradosso nellera contemporanea: dallAfrica allEuropa dellEst, dallAsia allAmerica Latina, sempre pi nazioni promuovono lidea della democrazia; ma esse lo fanno proprio nel momento in cui la stessa efficacia della democrazia come forma di organizzazione a livello nazionale viene messa apertamente in discussione, Mentre inoltre aree importanti della attivit umana sono progressivamente organizzate a livello [macro]regionale o globale, il fato della democrazia, e di un indipendente stato-nazione, deve affrontare notevoli difficolt (Held 1998, 11). Molti contributi recenti sulla democrazia inizianocome David Held--menzionando un paradosso: mentre cresce il numero di paesi democratici nel mondo (secondo Freedom House da 39 nel 1974, a 193 allinizio del nuovo millennio), si riduce la soddisfazione dei cittadini per le performances delle democrazie realmente esistenti (le RED di Dahl, 2000). Anzi, alcuni studiosi (tra cui Charles Tilly, 2004) hanno sottolineato che le terza ondata di democratizzazione rischia di sfociare in guerre economiche e conflitti armati. Sicuramente, le ricerche sulle qualit democratiche di Larry Diamond e Leonardo Morlino (2004) hanno rilevato la bassa qualit di molti regimi democratici. Gli indicatori immediati di queste difficolt sono stati individuati sia nella democrazia dellinput che in quella delloutput (se vogliamo usare le categorie proposte da Fritz Scharpf, 1995),
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sia come crisi di legittimit-motivazione che come crisi di razionalit--efficacia (se vogliamo rivisitare Juergen Habermas, 1982). Al livello nazionale, laccountability democratica elettorale limitata dalla riduzione dei tassi di partecipazione (conseguenza di generale disaffezione) oltre che dalla tendenza verso la commercializzazione della sfera pubblica e personalizzazione nella competizione elettorale. Il declino di membri, attivisti e elettori identificati e fedeli stato visto come segnale di una perdita di capacit identificante dei partiti, e quindi della loro capacit di mediare tra istituzioni e societ. Lo spostamento di decisioni verso il livello internazionale accresce i problemi di legittimazione dellinput dato che la democrazia come la conosciamo allinterno degli stati non esiste in uno Spazio Globalizzato. Pi esattamente, nella misura in cui lo Spazio Globalizzato caratterizzato da procedure democratiche convenzionali, queste sono ad-hoc, non sistematiche, irregolari e fragili (Rosenau 1998, 39). Concetti come territorialit e maggioranza (Archibugi 2003) o cittadinanza, solidariet e obbligazioni reciproche (Marchetti 2008) devono essere molto rielaborati per potere essere applicati ad IGOs che, senza scalzare le competenze degli stati-nazione visto che (soprattutto di alcuni di essi) sono comunque certamente sempre pi influenti. Soprattutto, vari studiosi hanno parlato di declino dello stato, collegandolo ad una globalizzazione governata dalla mano visibile di grandi corporazioni multinazionali (Lowi 2009, 4). Infatti, al livello delloutput, una sfida addizionale viene dalle trasformazioni nelle politiche economiche, cio nella concezioni e pratiche relative a quello che gli stati possono e devono fare in termini di interventi sui mercati. Come ha scritto Habermas, Mentre i mercati tolgono spazio al politico, lo stato nazione perde sempre pi le sue capacit di imporre tasse e stimolare la crescita, e con esse la capacit di assicurare le fondamenta stessa della sua legittimit (2001, 79). In assenza di una concezione di integrazione positiva, I governi nazionali, terrorizzati dalla minaccia implicita di una fuga di capitali, si sono lasciati trascinare nella ondata di riduzione delle spese e deregolamentazione, generatori di osceni profitti e drastiche disparit di reddito, crescente disoccupazione e la emarginazione sociale di una crescente popolazione di poveri (ibidem, 79). Del resto, stato lo stesso Dahl a ricordare che il mercato ha una funzione di incentivo alla democrazia nelle fasi iniziali del processo democratico, ma anche di inibizione successivamente dato che produce e riproduce diseguaglianze, mentre la democrazia difende principi di eguaglianzaconcludendo che la democrazie e il capitalismo sono in perenne conflitto: si limitano e si modificano lun laltro (Dahl 2000, 182). In questo senso, la globalizzazione economica nella versione neoliberista sfida una concezione di democrazia come produttrice di diritti positivi che profondamente radicata nelle scienze sociali (Marshall 1992; Tilly 2004). Comparando lItalia e la Germania da questo punto di vista, la ricerca nelle scienze sociali e politiche converge nel sottolineare molte differenze nel modello di welfare e di democrazia nei due paesi. Pi ricca, la Germania ha uno stato sociale pi sviluppato che in alcuni aspetti si avvicina ad un modello universalistico, mentre lItalia si avvicina ad un modello mediterraneo, caratterizzato da una protezione debole e un ruolo sostitutivo della famiglia (Ferrera 1996), con una protezione sociale sempre pi parziale in condizioni di accentuata crisi economica. Senza dubbio, inoltre, queste differenze derivano anche da un diverso riconoscimento nel ruolo degli interessi organizzati,
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integrati in un sistema neo-corporativo in Germania, e invece a debole riconoscimento del ruolo dei sindacati nel sistema pluralistico italiano (Schmitter 1974). Infine, la crisi dei partiti politici ha avuto una evoluzione molto pi drammatica nel caso italiano, dopo che gli scandali seguiti alle indagini sulla corruzione politica allinizio degli anno novanta hanno sancito la fine dei principali partiti politici. Tuttavia, in entrambi i paesi tendenze simili sono state notate negli anni 2000: dalla riduzione di garanzie di sicurezza sociale, a seguito anche dellindebolimento della rappresentanza del lavoro rispetto a quella dellimpresa (Streek 2006), oltre che ad una crescente Parteiverdrossenheit. In entrambi i paesi, inoltre, le diseguaglianze sociali sono cresciute.

Sfide per quale modello?Concezioni alternative di democrazia e nuove opportunit Se queste sono, in estrema sintesi, le sfide dallinput e dalloutput, alla legittimit e alla efficienza, quale comunque la concezione (o il modello) di democrazia che sfidata? Non c dubbio che il concetto di democrazia, anche nella scienza politica, , non solo stirato, ma anche contestato. Per comprendere lestensione di sfide e opportunit, occorre allora chiarire a quale concezione di democrazia ci si riferisce. Ha scritto Colin Crouch che la democrazia sfidata la democrazia liberale, che insiste sulla partecipazione elettorale come attivit prevalente per la massa, lascia un largo margine di libert alle attivit delle lobby, e incoraggia una forma di governo che evita interferenze con leconomia capitalista (2003, 5). Ad essere sfidata , cio, la definizione di democrazia detta minimalista. Nella riflessione scientifica e non solo, la democrazia stata infatti sempre pi caratterizzata secondo due principali dimensioni: presenza di diritti politici e accountability elettorale dei governanti. Questa definizione minimalista, per quanto utile per alcuni fini, per normativamente contestata e empiricamente parziale. Se questa definizione si presenta, oggi, come dominante, tuttavia, si contrappongono ad essa visioni di democrazia diverse (associativa, organizzata, diretta, partecipativa, deliberativa, etc.). Molte ricerche empiriche e riflessioni teoriche hanno infatti suggerito che la crisi della democrazia liberale accompagnata dallo sviluppo di altre concezioni e pratiche di democrazia. Esempi di queste riflessioni su un revival della democrazia (o almeno una democrazia rinnovata) si trovano nelle diverse branche delle scienze politiche, normative ed empiriche. Nella teoria politica, la riflessione si infatti orientata sulla compresenza di diverse concezioni e modelli di democrazia che, seppure con diverse vicissitudini nel corso del tempo, sono sempre sopravvissuti e si sono adattati ai tempi nuovi. La democrazia rappresentativa solo una di essi. Come ha osservato di recente Pierre Rosanvallon, la storia delle democrazie reali non pu essere dissociata da una tensione e contestazione permanente (2006, 11). Nella evoluzione delle democrazie reali questo ha significato che, accanto alle istituzioni che garantiscono la accountability elettorale, c un circuito di sorveglianza (o vigilanza) ancorato allesterno delle istituzioni dello stato. Se nella evoluzione storica del discorso sulle democrazia reale la accountability elettorale stata privilegiata, oggi le sfide alla democrazia procedurale riportano lattenzione sugli strumenti di controllo esterno sui governanti, di permanente contestazione del
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potere che Rosanvallon definisce come controdemocrazia: questa specifica modalit dazione, forma particolare dellintervento politico, un aspetto fondamentale del processo politico (ibidem 40). Il termine, gi evocato, di controdemocrazia utile a sottolineare la presenza di concezioni diverse (e elementi diversi) di democrazia. Con questa denominazione, Rosanvallon si riferisce non al contrario della democrazia, ma piuttosto alla democrazia del controllo, sottolineando come la democrazia richieda non solo una legittimazione legale-procedurale (attraverso le elezioni libere, competitive e frequenti), ma anche il funzionamento di un circuito di sorveglianza ancorato al di fuori delle istituzioni statali. Resistenza, sfida al potere, denuncia, vigilanza civica, contestazione permanente acquistano un valore positivo in quella specifica componente della democrazia, diversa dal decision-making, ma tuttavia aspetto fondamentale del processo democratico (2006, 40). Attori come le autorit indipendenti e i giudici, ma anche mass media, esperti e movimenti sociali hanno tradizionalmente esercitato queste funzioni di sorveglianza in una democrazia espressiva che corrisponde alla presa di parola della societ, manifestazioni di un sentimento collettivo, formulazione di un giudizio sui governanti e la loro azione, o ancora la produzione di rivendicazioni (ibid., 26). Se, nel linguaggio di Rosanvallon, le difficolt della democrazia rappresentativa rendono oltremodo attuale il (buon) funzionamento delle istituzioni della contro-democrazia, in modo simile sono (emerse e riemerse) concezioni che bilanciano i principi della democrazia rappresentativa con quelli della democrazia diretta, ma anche di quella partecipativa, e della democrazia maggioritaria con quelle della democrazia costituzionale, ma anche deliberativa. Nella teoria politica, da Dewey a Habermas, si spesso osservato che le concezioni maggioritarie sono infatti, in vario modo, bilanciate dalla presenza di vincoli costituzionali, ma anche di spazi deliberativi, e la rappresentanza dalla presenza di procedura di democrazia dirette e canali di partecipazione anche extra-elettorale. Se le teorie rappresentative hanno sottolineato laccountability elettorale, le teorie partecipative hanno affermato invece limportanza di creare occasioni di partecipazione al di la dellarena elettorale (Arnstein 1969; Pateman 1970; Barber 1984). Nella concezione partecipativa, infatti, i cittadini dovrebbero avere a disposizione tante opportunit di partecipazione quante sono le sfere decisionali (Pateman 1970). E partecipazione comporta un potere reale di influenzare il prodotto del processo decisionale (Arnstein 1969, 216). Inoltre, se una visione minimalista si accontenta della libert di espressione, le teorie deliberative tendono a considerare la presenza di vincoli a protezione dei diritti delle minoranze, cos come di arene di comunicazione, scambio di ragioni, costruzione di definizioni condivise del bene pubblico, come fondamentali per la legittimazione delle decisioni pubbliche (tra gli altri, Miller 1993: 75; Dryzek 2000: 79; Cohen 1989: 18-19; Elster 1998; Habermas 1981; 1996). Con diversa enfasi, nella teoria normativa, le concezioni di democrazia deliberativa hanno infatti sottolineato limportanza della trasformazione delle preferenze attraverso il dibattito, in modo tale da prendere in considerazione il punto di vista dellaltro (Miller 1993: 75; Dryzek 2000: 79). Utilizzando argomentazioni (pi o meno) ragionevoli (Habermas 1981; 1996) la deliberazione dovrebbe realizzare una costruzione in pubblico del bene pubblico (Cohen 1989: 18-19). In questo
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modo, lascolto reciproco dovrebbe portare alla costruzione di un consenso, legittimo non in quanto votato da una maggioranza, ma in quanto costruito attraverso largomentazione in arene inclusive, egualitarie e trasparenti. Partecipazione, democrazia diretta, deliberazione, difesa costituzionale dei diritti sono qualit democratiche in tensione (seppure non in opposizione) rispetto a quelle della rappresentanza e della decisione attraverso il voto. Anche nella ricerca empirica, unaltra narrativa ha sottolineato alcune nuove opportunit per la democrazia. In estrema sintesi, e con inevitabile selettivit ai - sono stati affiancati alcuni + (cfr. tabella 1). Tabella 1. Alcune sfide e opportunit per diversi modelli di democrazia Sfide - democrazia nei paesi democratici - partecipazione convenzionale - libert (dal mercato) dei media - accountability elettorale Opportunit + paesi con livelli almeno minimi di democrazia + partecipazione non convenzionale + opportunit tecnologiche per sfere pubbliche plurali + monitoraggio

- intervento dello stato contro le disuguaglianze + attenzione ad altre dimensioni (genere, sociali ambiente, diritti umani) Non solo, come si detto, cresciuto esponenzialmente il numero dei paesi democratici formalmente, ma anche nelle democrazie occidentali gli analisti della partecipazione politica, da Pippa Norris (2002) a Russel Dalton (2004), hanno spesso sottolineato che se le forme pi convenzionali di partecipazione (elettorale o legate alle attivit dei partiti) sono meno frequentate, crescono invece in rilevanza altre forme di partecipazione democratica seppure non-convenzionale. I cittadini votano meno, ma non sono politicamente meno interessati e consapevoli, intervenendo pi spesso attraverso la protesta (che secondo le ricerche comparate di Ilvo Diamanti, 2007, ha raggiunto in diffusione la partecipazione convenzionale). Inoltre, se i partiti perdono membri e fiducia, le associazioni di volontariato invece ne guadagnano. La ricerca sulla comunicazione politica ha sottolineato, accanto alla commercializzazione della sfera pubblica mass mediatica, lemergere di sfere pubbliche (plurali), in parte anche grazie a nuove tecnologie. Nelle analisi sulle politiche pubbliche, il termine governance ha assunto un significato vagamente positivo (anche in circoli inaspettati) per identificare modi flessibili e partecipativi di gestione delle politiche pubbliche. In particolare, il filone di studio sulle politiche pubbliche cogestite (di cui si occupato, tra gli altri, Luigi Bobbio) ha osservato se non un mutamento di paradigma, almeno una sperimentazione di forme diverse di legittimazione attraverso lincorporazione di diversi punti di vista. Le concezioni di governo con il popolo, di cui ha parlato
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Vivien Schmidt (2006: 6) a proposito della ricerca da parte della UE di una terza via di legittimazione, tra la (istituzionalmente problematica) legittimazione dellinput e la (empiricamente poco credibile) legittimazione delloutput risuonano con le proposte di democrazia associativa del dibattito sulla governance economica e sociale (Hirst 1994). Assemblee cittadine cos come giurie popolari rappresentano infatti rivisitazioni di antiche concezioni di democrazia. Esperimenti di democrazia deliberativa nei processi decisionali pubblici si sono infatti sviluppati come mezzi per incrementare la partecipazione dei cittadini, creare arene comunicative di alta qualit e dare potere ai cittadini. Sebbene i processi decisionali partecipativi continuino ad essere uneccezione piuttosto che la regola, essi sono sempre pi utilizzati nonch oggetto di riflessione (della Porta e Gbikpi 2008). Soprattutto gli esperimenti di bilancio partecipativo, il coinvolgimento dei cittadini nei processi di pianificazione territoriale, e le tavole rotonde su questioni quali il razzismo, lintegrazione dei migranti e la disoccupazione, hanno visto vari gradi e forme di partecipazione da parte di organizzazioni di movimento sociale. Nelle relazioni internazionali, la ricerca sulla dimensione transnazionale ha indicato lo sviluppo (pur faticoso) di norme a difesa di ambiente, eguaglianza di genere, diritti umani. In modo diverso nelle diverse Organizzazioni Intergovernative, organizzazioni della societ civile hanno trovato canali di accesso alla governance transnazionale. Pi in generale, la stessa diffusione della riflessione sulla qualit democratica (o meglio sulle qualit democratiche) testimonia della percepita necessit di tenere distinte le diverse componenti (in tensione) della democrazia. Si pu quindi (temporaneamente) concludere che le sfide alla dmocratie dlection nella definizione di Rosanvallon o alla componente populista della democrazia, come lhanno definita Mny e Surel (2000) producono opportunit (almeno discorsive) per altre qualit democratiche: quelle connesse alla concezione costituzionale (alla facult dmpecher di Montesquieu), ma anche ad una concezione partecipativa di democrazia; e ancora alla dimensione discorsiva della democrazia, come parola prima che come conteggio. Infatti, i regimi democratici esistenti hanno normalmente mitigato i principi elettorali e maggioritari nella concezione minimalista, mescolandoli con altri, provenienti da altre concezioni di democrazia: associativa, organizzata, diretta, partecipativa, sociale, deliberativa, o anche costituzionale, con arene dedicate alla discussione, e non necessariamente legittimate elettoralmente. Inoltre, quelle sfide portano come voglio fare in seguito ad allargare lattenzione dallo stato alle tante arene in cui forme di democrazia si sono sviluppate su principi diversi. Infatti, le diverse concezioni si trovano presenti discusse e soppesate anche nei discorsi e nelle pratiche dei diversi attori, che le vedono appunto, in reciproca tensione, ma non necessariamente mutuamente escludenti.

Unaltra democrazia: concezioni e pratiche di democrazia nei movimenti sociali Altre concezioni e pratiche di democrazia partecipativa e, di recente, anche deliberative sono state proposte e sperimentate nei movimenti sociali, prima ancora che nelle istituzioni. Oggi
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come in passato, i movimenti sociali portano nella sfera pubblica non solo rivendicazioni specifiche, ma anche diverse visioni e pratiche di democrazia. Gi a partire dagli anni settanta si osservato che i movimenti sociali proporrebbero forme di democrazia alternativa rispetto a quella parlamentare, criticando sia la democrazia liberale che la democrazia organizzata nei partiti (Kitschelt 1993, 15). Democrazia dal basso, autogestita, dei consigli sono concezioni spesso riemerse nel movimento operaio. Il Free Speech Movement di Berkeley ha influenzato i movimenti studenteschi europei, che hanno anchessi organizzato dibattiti sulla libert di opinione cos come sullo stato demergenza della democrazia (in Germania, ad esempio). I movimenti del 68 (o degli anni sessantotto, come sono stati definiti di recente) hanno rivendicato un ampliamento dei diritti civili e delle forme di partecipazione politica. Osare pi democrazia un obiettivo che riflette la centralit di una sfida che Claus Offe (1985) ha definito come metapolitica. Al di l della rivendicazione di un ampliamento delle forme di partecipazione politica, il movimento operaio, quello studentesco e quelli che lo hanno seguito (per primo, il movimento delle donne), hanno sperimentato al loro interno nuove pratiche democratiche (della Porta 2009a). Seppure non sempre storia di successo nellimplementazione della democrazia allinterno, la storia dei movimenti sociali comunque fatta di rivendicazione e anche prefigurazione (sperimentazione) di diversi modelli democratici. In parte, queste concezioni sono anche penetrate nello stato democratico, attraverso riforme che hanno ampliato la partecipazione, nelle scuole, nelle fabbriche e nei quartieri ma anche attraverso un riconoscimento politico delle organizzazioni dei movimenti e dei diritti al dissenso. Pi di recente, concezioni partecipative e deliberative di democrazia sono state proposte nel movimento per una giustizia globale, emerso con le manifestazioni contro lOrganizzazione mondiale per il commercio a Seattle nel 1999 e, in Europa, la contestazione del G8 a Genova nel 2001. Focalizzando lattenzione sul movimento per una giustizia globale, la ricerca Demos Democrazia in Europa e mobilitazione della societ (della Porta 2007; della Porta 2009a e 2009b; della Porta e Rucht, in stampa) ha dimostrato che la questione della democrazia riacquista centralit, date alcune sfide sia esterne che interne. Anzitutto, il movimento per una giustizia globale reagisce a trasformazioni profonde nei sistemi rappresentativi che includono i trasferimenti di potere dal livello nazionale al livello transnazionale, cos come dallo Stato al mercato (della Porta 2005; della Porta et al 2006). La sperimentazione di forme di democrazia partecipative e deliberative al proprio interno inoltre particolarmente rilevante per un movimento eterogeneo (che significativamente si definisce un movimento di movimenti) che incorpora vari gruppi sociali e generazionali, cos come organizzazioni di movimento di diversi paesi, attive su diverse tematiche. Partecipazione e deliberazione (attraverso pratiche consensuali) sono considerati, quindi, come valori principali per unaltra democrazia. Ma la democrazia anche centrale per movimenti locali come, in Italia, i movimenti No Tav, No Ponte, o No Dal Molin. Tipicamente in questi conflitti locali il diritto delle popolazioni locali a decidere sulle grande opere una delle poste in gioco pi rilevanti (della Porta e Piazza 2009). Uno dei primi frames utilizzati da chi protesta sottolinea infatti il diritto degli amministratori locali di rappresentare i loro territori in decisioni che coinvolgono diversi livelli di governo. Insieme allambito di coinvolgimento delle popolazioni locali, comunque la concezione stessa della democrazia ad essere messa in discussione. Larticolazione di un meta-discorso sulla democrazia va
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infatti al di l delle prerogative delle amministrazioni locali. La mancanza di democrazia nellallocazione delle grandi opere denunciata sia dai No Tav che dai No Ponte. Al presidio contro i sondaggi in Val di Susa, gli attivisti infatti affermano: Qui non in gioco la Torino-Lione, ma la democrazia (Repubblica, 2/11/05). La richiesta di democrazia richiesta di unaltra democrazia pi partecipata e dal basso. Sul fronte No Tav, il diritto della comunit a decidere del proprio destino rivendicato in nome del popolo non a caso le organizzazioni della protesta scelgono nomi come Comitato di lotta popolare contro lalta velocit o Spinta dal Basso. In questo discorso, la democrazia partecipata non esclude quella rappresentativa, ma modifica la concezione di rappresentanza, disgiungendola da quella di delega. Il tema della democrazia riemerge anche declinato in termini di rivendicazione del diritto alla protesta come forma di partecipazione dei cittadini, in contrasto con la stigmatizzazione degli oppositori alle grandi opere come violenti. La domanda di unaltra democrazia infine una rivendicazione centrale per i recenti movimenti che si sono mobilitati contro gli effetti della crisi finanziaria e, soprattutto, linadeguatezza delle politiche per affrontarla. Levidente crisi di una concezione e pratica liberale di democrazia si accompagna comunque al (ri)emergere di diverse concezioni e pratiche di democrazia, elaborate e praticate tra laltro dai movimenti che oggi in Europa si sono opposti ad una soluzione neoliberista della crisi finanziaria, accusata di deprimere ulteriormente i consumi e di allontanare quindi ogni prospettiva di sviluppo (sostenibile o meno). Come noto (per alcuni casi pi che per altri), le misure di austerity in Islanda, Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna sono state accompagnate da proteste, durevoli e di massa, che hanno affrontato direttamente i limiti della democrazia liberale (formale) esistente, proponendo comunque un approfondimento della democrazia reale, fondata su una reale eguaglianza. Democracia real ya! stato infatti lo slogan centrale delle proteste degli indignados spagnoli, che dal 15 maggio 2011 hanno occupato Placa del Sol a Madrid, Placa de Catalunya a Barcellona e centinaia di piazze nel resto del paese, chiedendo diverse politiche economiche e sociali, ma anche maggiore partecipazione dei cittadini alla loro formulazione e implementazione. Le proteste degli indignados hanno ispirato poi simili mobilitazioni in Grecia, dove lopposizione alle misure di austerity si era gi espresse in forme talvolta violenta. Il discorso degli indignados sulla democrazia articolato e complesso, riprendendo alcune principali critiche ad una sempre minore qualit delle democrazie rappresentative, ma anche alcune delle principali proposte ispirate da altre qualit democratiche, al di l della rappresentanza, basata sullaccountability elettorale. Queste proposte risuonano con le (pi tradizionali) visioni partecipative, ma anche con nuove concezioni deliberative, che sottolineano limportanza di creare molteplici spazi pubblici, egualitari ma plurali. Innanzitutto, vi una critica alle insufficienze sempre pi evidenti delle democrazie rappresentative, che rispecchia un declinante fiducia nella capacit dei partiti di incanalare domande emergenti nel sistema politico. A partire dallIslanda, e con forza in Spagna e Portogallo, lindignazione si indirizza verso una corruzione della classe politica, declinata sia come tangenti (e richiesta di allontanamento dei corrotti dalle istituzioni) vere e proprie, che come privilegi alle lobbies e cointeressenze tra istituzioni pubbliche e potere economico (spesso anche finanziario). A
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questa corruzione che corruzione della democrazia vengono attribuite molte delle responsabilit della crisi economica e della incapacit di gestirla. Lo slogan non ci rappresentano comunque legato anche ad una critica pi profonda delle degenerazioni della democrazia rappresentativa, legata alla rinuncia a far politica da parte dei politici eletti, spesso uniti nel proporre una immagine di assenza di alternative, a cui chi protesta non crede. La democrazia rappresentativa viene criticata per avere permesso un furto di democrazia, non solo da parte dei poteri finanziari, ma anche da parte di organizzazioni internazionali, prima di tutto Fondo Monetario Internazionale e Unione Europea. Patti per lEuro e patti di stabilit, imposti in cambio di prestiti, vengono considerati come ricatti anti-costituzionali, deprivando i cittadini della loro sovranit. Per ritornare a fare contare i cittadini, vengono tra laltro proposte riforme in direzione di una democrazia diretta, che dia la possibilit agli elettori di esprimersi sulle principali scelte economiche e sociali. Per questo, vengono chieste maggiori possibilit di utilizzare referendum, con riduzione dei quorum (di firme ed elettori) e aumento delle tematiche sottoponibili alla decisione referendaria. Ma c anche unaltra visione di democrazia, che la teoria normativa ha definito di recente democrazia deliberativa, e che il movimento per una giustizia globale ha elaborato e diffuso attraverso i social forum come democrazia del consenso. Questa concezione di democrazia prefigurata dagli stessi indignados che occupano le piazze per trasformarle in sfere pubbliche, formate dai normali cittadini. E un tentativo di realizzare unalta qualit di democrazia discorsiva, riconoscendo a tutti (non solo a delegati ed esperti) eguale diritto alla parola (e rispetto) in uno spazio pubblico e plurale, aperto alla discussione e deliberazione su temi che vanno dalle sofferenze vissute alle soluzioni concrete a specifici problemi, dalla elaborazione di proposte sui beni comuni alla formazione di solidariet collettive ed identit emergenti. Questa prefigurazione di democrazia deliberativa segue una visione profondamente diversa rispetto a quella che legittima la democrazia rappresentativa basata sul principio di decisione maggioritaria. La qualit democratica qui infatti misurata dalla possibilit di elaborare idee allinterno di arene discorsive egualitarie, aperte e pubbliche, dove i cittadini sono parte attiva nella individuazione dei problemi, ma anche nella elaborazione delle soluzioni possibili. E il contrario di una certa accezione di democrazia del principe, dove il professionista eletto a governare non deve essere disturbato fino a nuove elezioni, almeno. Ma anche il contrario della democrazia degli esperti, legittimata dalloutput, a cui si sono a lungo appellate le istituzioni europee ed, oggi, i governi nazionali tecnici a cui viene affidato il compito di implementare le decisioni prese al di fuori delle istituzioni della democrazia rappresentativa. La stessa concezione risuona nelle proteste che, da Occupy Wall Street, si sono estese a migliaia di citt americane e, contemporaneamente, a livello internazionale, culminando nella giornata mondiale di protesta del 15 ottobre 2011, che ha visto manifestazioni in 951 citt di 82 paesi. Anche in questo caso, al centro delle proteste la denuncia del deterioramento della democrazia rappresentativa, secondo chi protesta catturata dall1% dei potenti e disinteressata alle sorti del 99% di essi. Anche qui, le occupazioni sono presentate come non solo forma di pressione ma anche di prefigurazione di una democrazia orizzontale, costruita nelle piazza dal dialogo tra persone diverse per razza, genere e opinioni. La presentazione di Occupy Wall Street
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come un movimento di resistenza senza leaders che da alle persone reali il potere di creare un cambiamento reale dal basso (http://occupywallst.org/) indicativa di questa concezione. I dati di tre sondaggi condotti nel maggio del 2011 in Italia a manifestazioni di protesta contro crescenti ingiustizie sociali (lEuroMayDay Parade a Milano, il Primo maggio a Firenze, e lo sciopero generale del 5 maggio) mostrano che queste proteste rapprendano al contempo sfide e risorse per la democrazia. Da un lato (tabella 1), chi manifesta mostra livelli bassissimi di fiducia nelle istituzioni rappresentative, cos come nei partiti politici che hanno in passato rappresentato principali strumenti di mediazione tra stato e societ. La percentuale di coloro che si fidano del parlamento di solo 2.4% fra chi protesta allEuroMayDay Parade; 5.9% allo sciopero generale e 10.7% alla manifestazione sindacale del Primo Maggio. In modo simile, la percentuale di attivisti che si fida dei partiti politici molto o abbastanza va da 1.6% al 5.9%, e al 15.2% rispettivamente. Seppure relativamente pi alta, la fiducia nei sindacati si mantiene bassa, soprattutto se pensiamo che le tre manifestazioni sono convocate da organizzazioni sindacali: solo fra i manifestanti del Primo Maggio la fiducia nei sindacati supera, seppure di pochissimo, la met dei rispondenti (52.3%), mentre in entrambe le altre rimane ben al sotto (18.7% per lEuroMayDay e 34.7% per lo sciopero generale). Tabella 1. Fiducia politica in tre manifestazioni in Italia nel 2011 (Likert scale 1-5; media) Labour day governo nazionale Parlamento nazionale Unione Europea ONU partiti sindacati sistema giudiziario No. 1.3 2.3 3.5 3.1 2.5 3.5 3.8 103-5 Sciopero generale 1.2 2.0 3.2 2.7 2.3 3.2 3.6 218-22 Euromayday Totale 1.3 1.7 3.0 2.6 1.9 2.7 3.2 103-7 1.2 1.9 3.2 2.8 2.3 3.1 3.5 449-53 Eta squared .005 .044 .018 .024 .070 .097 .058

Se confrontiamo questi dati con quelli raccolti a manifestazioni allinizio dello scorso decennio, possiamo riconoscere un trend di crescente sfiducia in governo, parlamento, partiti e sindacati (tabella 2). Particolarmente drammatico il crollo della fiducia nel parlamento e nei partiti, che scendono rispettivamente da circa un quinto dei manifestanti a Genova nel 2001 al 6% del 2011, e da circa un quarto al 7%.

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Tabella 2. Fiducia (molta o abbastanza) per manifestazione politica tra 2001 e 2011 % di manifestanti AntiPerugia-Assisi European 15 Febbraio G82001 social 2003 2001 forum (solo italiani) 2002 Parlamento 19,5 24,1 14,9 8,0 Unione Europea 26,3 39,1 33,9 41,8 ONU 25,2 41,3 32,0 24,0 Partiti 26,2 21,3 21,4 12,2 Sindacati 43,7 40,2 53,6 No. 763 500 1668 300

May 2011

6.0 45.4 38.1 6.9 34.5 450

Seppure estremamente critici del funzionamento delle istituzioni esistenti, i nostri intervistati esprimono una forte domanda di rafforzamento delle istituzioni fino a domandare maggiori competenze anche per quelle verso le quali esprimono maggiore sfiducia. Quando si passa dalla individuazione del problema alla soluzione, gli attivisti riconoscono la necessit di rafforzare tutti i livelli di governo con, specialmente tra i partecipanti al Primo Maggio sindacale, una particolare attenzione al governo nazionale. Soprattutto sul livello nazionale, le posizioni sono distanti da quelle espresse dagli attivisti del Social Forum Europeo di Firenze nel 2002. Mentre nelle manifestazioni che abbiamo analizzate nel 2011 ben il 70% dei partecipanti chiede un rafforzamento del governo nazionale, quella percentuale era del 22% al Forum Sociale Europeo. Leggermente pi alta anche la percentuale di coloro che vogliono un rafforzamento della EU (53% contro il 43% a Firenze), mentre si riduce la percentuale di coloro che chiedono un rafforzamento del livello globale (50.3% contro il 65% a Firenze) (della Porta and Giugni 2009, 94). Proprio la percezione di conseguenze negative della riduzione neoliberista delle funzioni dello stato rispetto al mercato alla base di queste richieste. Tabella 3. Opinioni sul rafforzamento di diversi livelli di governo (media; scala likert 1-4)
Per raggiungere gli obiettivi del movimento occorre rafforzare nazionale il governo Euromayday Labour day Sciopero generale 3.5 3.1 3.0 184-97 Totale Eta squared

3.3 3.0 2.7 117-21

3.9 3.1 3.2 85-97

3.5 3.1 3.0 386-415

.026 .001 .012

Rafforzare lUE Costruire istituzioni di governance globale No.

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Il livello di sfiducia nelle istituzioni democratiche certamente particolarmente alta in Italia, dove una insoddisfazione tradizionalmente alta ha trovato ulteriori ragioni di crescita nella crisi legata agli scandali di corruzione del 1992 cos come nella successiva percezione di inadeguatezza della classe politica (della Porta e Vannucci 2009). Nel caso tedesco inoltre una gestione selettivamente inclusiva dei rapporti tra istituzioni e movimenti sociali ha portato a forme di protesta pi moderate, insieme ad una maggiore presenza di organizzazioni di movimento sociale pi ricche di risorse materiali e, al contempo, meno ideologizzate (della Porta 2007). Anche in Germania, comunque, livelli inizialmente pi elevati di fiducia nel funzionamento delle istituzioni democratiche hanno per subito una riduzione nellultimo decennio, mentre cresceva come in Italia la percezione di una sempre pi ridotta capacit dei partiti di rappresentare il loro elettori (oltre che di mantenere le promesse fatte). Secondo un sondaggio coordinato da Dieter Rucht fra i dimostranti a Stoccarda solo il 15% circa si fida del governo nazionale (contro circa un quarto della popolazione), e la soddisfazione con il funzionamento della democrazia del 16% fra i manifestanti contro il 49% nella popolazione nel suo complesso. Oltre un quarto dei dimostranti (26.5%) ritiene che le elezioni siano inutili, dato che poi i politici fanno quello che vogliono (Rucht 2010). E, anche in Germania, una crescita della partecipazione non istituzionale percepita come una sfida per la democrazia rappresentativa ma, al contempo, si accompagna ad un potenziale arricchimento della democrazia attraverso forme di partecipazione alternativa dei cittadini. Concludendo Concludendo, per comprendere le (tante) sfide e le opportunit per le democrazie contemporanee necessario riflettere sulla definizione di democrazia - come concetto complesso e, in una certa misura, per usare la definizione di Collier e Mahon (1993), radiale, pi che gerarchico. E per questo importante sviluppare lanalisi sia sul discorso scientifico sulla evoluzione della democrazia sia sui diversi significati che il termine democrazia ha per gli attori collettivi che in queste democrazie si muovono Non solo nelle scienze politiche e sociali, varie definizioni (normative ma anche empiriche) di democrazia sono state contrapposte, ma anche combinate. Se la concezione minimalista di democrazia risuona con valori quali efficienza, delega, individuo, maggioritario, voto, istituzionale, procedura, strumentalit, singolare, professionista, altre sottolineano valori con quelli in tensione, quali inclusione, esercizio diretto del potere, pratiche associativa, deliberazione discorsiva, societ, processo, norma, pluralit, cittadinanza. La recente attenzione alle qualit della democrazia testimonia del riconoscimento di una intrinseca tensione tra diverse concezionivalori e pratiche di democrazia. Se levoluzione storica della democrazia ha privilegiato alcuni valori (o qualit), le sfide ad essa riaprono la riflessione su elementi che, come partecipazione o deliberazione, erano in parte comunque presenti anche nelle definizioni antiche di democrazia, in parte sono (re) inventati a fronte di nuove sfide (dal globale al plurale). Riprendendo i modelli di democrazia delineati da David Held (1997: 19), si pu dire che le concezioni di democrazia protettiva e di democrazia diretta sono entrambe sopravvissute, trasformandosi (in vari passaggi) in democrazia legale (o, nella
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definizione di Held, della Nuova Destra), la prima, e democrazia partecipativa (o della Nuova Sinistra), la seconda. Lo studio sui movimenti sociali ha mostrato che, allinterno dei vari attori degli stati democratici, la riflessione sulla democrazia prosegue attraverso una ricerca di diversi punti di equilibrio, riconoscendo dilemmi e trade offs, piuttosto che focalizzare lattenzione su una visione ideale. A livello micro-individuale, ma anche meso-organizzativo modelli di democrazia si tramandano nel tempo, con una attenzione non solo allelemento rappresentativo, ma anche a quello partecipativo, e non solo sul potere delle maggioranze, ma anche sulla importanza della deliberazione. Comunque, visioni e pratiche di democrazia si adattano anche agli ambienti specifici (non solo istituzionali) nei quali essi si sviluppano: i dilemmi democratici si pongono ad esempio in modo diverso per organizzazioni di movimento sociale attive anche sul mercato, come le cooperative, o nei luoghi di lavoro, come i sindacati; gruppi attivi a livello locale privilegiano alcune opzioni, quelli transnazionali altre. Inoltre, interagendo tra loro, visioni e pratiche di democrazia si contaminano e si trasformano. Concezioni di democrazia che si sviluppano anche allesterno delle istituzioni rappresentative hanno comunque effetto su di esse: insieme a quelle della democrazia, i movimenti sociali sfidano le concezioni dello stato esistenti (Jessop 2002; della Porta in stampa). Se, inoltre, le varie dimensioni sono in reciproca tensione, e non tutte le qualit democratiche possono essere massimizzate allo stesso tempo, anche vero comunque che il dibattito sulla democrazia comporta spesso la sperimentazione di soluzioni intermedie, integrando principi diversi. Vecchi o nuovi, questi diversi elementi di quello che Rosanvallon ha definito controdemocratie non rappresentano per usare le sue parole il contrario della democrazia, ma invece la forma della democrazia che contrasta laltra, la democrazia dei poteri indiretti disseminati nel corpo sociale, la democrazia della dfiance (sfida) organizzata di fronte alla democrazia della legittimit elettorale (2006: 16). Come abbiamo visto, le diverse qualit emergono come in tensione, ma trovano anche diversi punti di (precario) equilibrio, sviluppandosi attraverso complessi processi di adattamento e innovazione, dentro e fuori le istituzioni. Tornando a David Held, si pu dire che, insieme ai diversi modelli di democrazia, sono sopravvissute sia lattenzione rousseauiana al valore intrinseco della democrazia (rintracciata nella polis greca) che quello machiavellico-strumentale (normalmente considerata come tipica della repubblica romana). In questo intreccio, la democrazia si trasforma, nel bene e nel male, e queste trasformazioni richiedono una riflessione concettuale, oltre che ricerche empiriche.

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