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Primo Piano

Reportage dal Kenya con intervista al comboniano padre Giuseppe Caramazza

30 GIUGNO 2013

La mia Africa cambia e comincia a correre


L
Africa sta prendendo coraggio e, a 50 anni dalla fine del colonialismo, non pi disposta a svendere le proprie risorse a Europa e Usa. Ma la crescita economica da sola non basta: serve anche un rapido balzo in avanti anche sul fronte dei diritti civili. E per il Kenya la nuova Costituzione pu rappresentare un grande passo in questo cammino, spiega il comboniano veronese padre Giuseppe Caramazza , missionario e giornalista, fondatore a Nairobi del Catholic Information Service for Africa. Gli scontri avvenuti dopo le elezioni del 2007 hanno generato un clima di terrore: secondo i dati di Amnesty International, circa 300mila persone hanno dovuto lasciare casa e 12mila hanno cercato rifugio in Uganda. Il cammino verso la stabilit rischia di fermarsi? La violenza ha fatto vedere in piena luce la mancanza di coscienza politica nel Paese. Bisogna ricostruire il senso della legge tra la gente. Occorre far conoscere la nuova Costituzione, farne conoscere le varie parti a difesa dei diritti umani, e chiedere ai vari livelli del governo di applicare questa legge fondamentale. Le Chiese, e altri gruppi religiosi, devono prendere la leadership di questo cammino. Il mondo politico non pu farlo. Da una parte quasi tutti i responsabili delle violenze del 2007 sono in Parlamento e al governo. Dallaltra, molti dei rappresentanti politici eletti nelle contee hanno legami con la malavita, il mondo della droga, e sono persone che vivono di corruzione. Bisogna pur dire che le Chiese (l80% dei keniani si professa cristiano) hanno anchesse degli scheletri nellarmadio. Al tempo della violenza hanno appoggiato chi un candidato chi un altro, sostenendo cos anche la violenza che questi generavano. Da anni i comboniani operano nelle baraccopoli. Cosa, nella sua esperienza, le ha dato pi soddisfazione? In molte baraccopoli le condizioni di vita sono migliorate. Questo stato possibile grazie al lavoro fatto tra la gente, alle scuole informali gestite da anni, al sostegno delle agenzie per lo sviluppo. A distanza di anni bello vedere come alcuni ex bambini di strada siano oggi artigiani in grado di sostenere le loro famiglie, oppure apprezzati professionisti. Per dare ancora pi forza a questo progresso, abbiamo iniziato ad offrire corsi universitari nella baraccopoli di Huruma. Cos anche i pi poveri possono accedere ad una educazione di buon livello ad un costo moderato. In Somalia in gioco la sicurezza del mondo intero, ha detto il premier britannico David Cameron a maggio, in occasione della Conferenza sulla Somalia. Quanto la vicinanza con un Paese che sta attraversando 20 anni di conflitti si sta ripercuotendo negativamente sul Kenya? La Somalia vive una situazione drammatica, e il terrorismo trova un buon terreno su cui crescere. Lesercito keniano presente da oltre un anno: si tratta di una invasione concertata con altri Paesi, e pagata dalle nazioni europee. Se il governo si lamenta della presenza di molti rifugiati, non certo il Kenya a sopportarne il peso, visto che le Nazioni Unite sostengono i campi profughi, e anche qui c chi si fa la cresta agli aiuti che vengono inviati. Quanto hanno inciso le visite di Giovanni Paolo II nel rilancio della Chiesa cattolica in Kenya? E come stata accolta lelezione di Papa Francesco? I due viaggi di Giovanni Paolo II in Kenya sono stati un grande successo per la Chiesa locale. La gente si sentita parte della Chiesa universale e ha sentito una forte spinta verso un impegno maggiore sia nellambito ecclesiale che nella societ. Francesco stato accolto molto bene. Bisogna tener conto che in Kenya non c lesposizione mediatica che c in Europa. Questo Papa ha comunque un grande impatto e ancor pi ne avr quando affronter temi pi vicini alla sensibilit locale. Lei missionario, ma anche giornalista. Se i media italiani si occupano poco di Africa per questioni storiche, o semplicemente per una miopia professionale? Si tratta di una mancanza di interesse per la vera conoscenza degli altri. I media fanno vedere unAfrica povera, ignorante e senza futuro. La realt molto diversa e pi complessa. LAfrica un continente ricchissimo, da sempre sfruttato a nostro favore e ancor oggi noi europei stiamo tentando di usare i beni africani passando sopra la testa della gente. Nella sua esperienza di missionario in una terra cos difficile, ha mai avuto paura? O si mai sentito nel posto sbagliato? In alcune situazioni ho avuto paura per la mia incolumit, ma questo normale. La mia prima esperienza di guerra vissuta stata in Sud Sudan. Erano i primi anni Novanta, e quel Paese era in guerra da mezzo secolo. Li ebbi qualche avventura poco felice. Anche in Kenya ho avuto momenti difficili. Quello pi duro stato verso la fine della dittatura del presidente Moi. Allora dire qualcosa sulla libert politica, sulla democrazia, era sufficiente per finire nel mirino della polizia segreta. La gente, in ogni caso, mi ha sempre fatto sentire a casa, in Africa lesperienza umana senzaltro quella pi forte. Cina, India, Brasile: quando si parla di Paesi emergenti si guarda allAsia o al Sudamerica. Quando toccher allAfrica? LAfrica sta emergendo. Negli ultimi 20 anni, circa 120 milioni di africani sono entrati nella classe media. La povert, che rimane il problema pi forte dellAfrica di oggi, diminuita. Quando Nairobi venne fondata, 110 anni fa, era un acquitrino. Oggi una citt piena di grattacieli allultimo grido, con fibre ottiche che portano internet in ogni ufficio. Cosa le manca di Verona? Sono innamorato della mia citt, e mi piacerebbe poterne portare un pezzo qui. Mi manca molto poter passeggiare per il centro, bear un goto de amaron, tastar la pastisada e farme do bigoli co le sarde de lago. anche vero che seguo le notizie della citt e del mio amato Hellas; ogni tanto preparo gli gnocchi e el lesso co la pear. Cerco, insomma, di ricreare un po di Verona qui in Africa. E quando torno a Verona, faccio sempre un giro per il centro storico, per assorbire la vita della citt. Dopotutto lo ha detto bene Shakespeare: non v vita al di fuori delle tue mura, o Verona.
Lorenzo Galliani

Padre Giuseppe Caramazza

Il continente sta emergendo, potenzialmente ricchissimo anche se da sempre sfruttato E qui riesco a farmi la pear

i dice mzungu, vuol dire uomo bianco ma per molti sinonimo di ricchezza. Puoi essere imprenditore o turista, studente o giornalista, ma se sei un occidentale e ti trovi nel cuore dellAfrica, puoi sentirti un walking dollars, soldi che camminano. E non puoi obiettare nulla, visto che in molte zone di Nairobi con 10 euro puoi portare al ristorante quattro amici. Spiegare che a Milano gli stipendi sono certo pi alti, ma poi laffitto costa 15 volte tanto, non convince nessuno: sei un miliardario, anzi, di pi. La controprova ce lhanno quando, appena salito sul matatu (furgoncino privato che ospita generalmente 5-6 viaggiatori pi del consentito), ti stupisci addirittura per la presenza di passeggeri nel bagagliaio (il biglietto costa 20 scellini in meno) o per lo stato pietoso delle strade, qui accentuato dalla folle velocit tenuta dal conducente, pi attento ad incrementare il numero di viaggi (e di soldi, quindi) della giornata che alla tenuta delle sospensioni. Kiambogo-Iten, nord ovest del Kenya: dal villaggio dove ha sede Run2gether, una piccola squadra che coniuga laspetto sportivo con quello sociale (i podisti meno talentuosi vengono sostenuti da un fondo comune, quelli fuori et reintegrati in altri ruoli), fino alla House of champions, la capitale del podismo 4mila abitanti, mille professionisti della corsa che ogni anno accoglie

Su un matatu strapieno tra altipiani e unumanit frizzante


campioni da ogni parte del mondo (quasi sistematicamente battuti dagli atleti locali). Sono 380 chilometri di paesaggi incantati e mulattiere: ad ogni cartello che avvisa una salita lunga 150 metri, il matatu prende lo slancio, ma gi a met strada la voce roca del motore una confessione di fatica. Ne varr la pena, comunque: arrivati a Iten il paesaggio sar una composizione a strati di altopiani da sfogliare con gli occhi. Alla stazione di Naivasha, invece, bisogna pensare solo a salvare la pellaccia: quindici conducenti di altrettanti matatu vogliono spingere il frastornato mzungu a salire sul proprio mezzo, e si ritengono pi convincenti con urla e spintoni. E quando lamico Jos 26 anni, nato a Nairobi ma non abituato alle lotte di quartiere sbotta con un smettetela, siete pazzi, aumenta a sproposito il rischio di riportare in Italia, come souvenir non richiesti, due occhi neri e un portafoglio vuoto. Se non accade solo perch i conducenti iniziano a litigare tra loro, e cos i walking dollars possono svignarsela e saltare su un matatu a caso. quello giusto, porta a Nakuru: Vi andata bene spiega la vicina di posto, una gentile fiorista che si sciroppa ogni giorno ottanta chilometri su buche e sterrati , avete rischiato di prendere il mezzo sbagliato: le destinazioni che leggete nei cartelli spesso vengono aggiunte soltanto per attirare passeggeri, ma poi il matatu si ferma prima. Qualcosa di simile accade anche a Nairobi, dove quando c traffico cio quasi sempre i matatu possono deviare percorso ignorando due o tre fermate: rispettare il tragitto non conviene, tanto peggio per chi aspetter inutilmente. Il paesaggio abitato qua e l da zebre e ricco di tutti i colori del verde intensi e profumati, parlare di sfumature sembra ingeneroso viene interrotto di tanto in tanto dalle baracche dei villaggi. Una donna avanti con let vende sacchetti di frutta tagliata in pezzi: quasi incastonata in una costruzione non pi grande delle nostre edicole votive, assomiglia a una tenera Madonna sporca. I venditori ambulanti affollano ogni dosso: sanno che l il matatu dovr rallentare (per limiti meccanici, non per rispetto del codice stradale). Allora aprono dallesterno i finestrini e infilano, tra le quattro file di passeggeri, pollame, bottiglie dacqua e pannocchie abbrustolite: qualcuno che compra, mzungu o non, lo trovano sempre. Anche perch i viaggiatori hanno bisogno di distrazioni, per non pensare solo alle ginocchia che lamentano poco spazio e posizioni dolorose. E il panorama s da favola, ma inquinato, nel vetro davanti, dagli adesivi di cui i conducenti di matatu per qualche motivo vanno matti: alcuni sempre a sfondo religioso-competitivo (del tipo: Segui Dio e vincerai la vita, altrimenti avrai la morte. A te la scelta), un paio sportivi (lo stemma del Manchester United o quello del Chelsea, o entrambi), e gli altri di educazione stradale, il che curioso per un furgoncino scassato che corre come se potesse andare a medaglie alla Parigi-Dakar. Due sottili file di immondizie, pi intense in vicinanza dei villaggi, accompagnano la strada: viene da pensare che sia loro il compito di delimitare la carreggiata, visto che le strisce bianche sono spesso coperte da sabbia e fango. Nakuru-Eldoret la tratta pi lunga. Jos si sistema nel sedile in fondo, buono buono; stavolta lo mzungu, seduto davanti, ad arrabbiarsi: Settanta scellini? Ma al mio amico avete detto cinquanta!. Il conducente del matatu lo ammette: vada per i cinquanta, abbiamo provato a fregarti. Segue un misto di soddisfazione (volevano farmi fes-

so e non ci sono riusciti), preoccupazione (magari verr abbindolato la prossima volta, o forse gi accaduto). E delusione di se stessi: passi la questione di principio, ma vale la pena prendersela per 20 scellini in pi? Che poi sono 18 centesimi di euro: in Italia valgono mezzo caff alla macchinetta, il conducente avrebbe forse garantito alla figlia un piatto di ugali la polenta insapore di cui tutti qui hanno rispetto, perch almeno riempie la pancia. Poi i pensieri, per fortuna, si dissolvono davanti alla visione di Iten: questo piccolo paradiso di natura e sentieri in terra rossa vale anche un viaggio lungo il doppio. Mzungu, mzungu!, grida un gruppo di bambini con la divisa della scuola. Si avvicinano timorosi allo straniero, quasi fosse un alieno, e gli sfiorano la mano. Vogliono capire se la pelle come la loro, spiega Jos, che anche da piccolo qualche mzungu lo avr pur visto. Ha-ba-riu? Ha-ba-riu?. I bambini chiedono: Come stai?, ma lo scandiscono come se fosse un incitamento. A sorpresa, la risposta arriva: Mzuri sana, molto bene. Un ventaglio di piccoli sorrisi si apre: lalieno bianco parla la loro lingua. Sorride anche lo mzungu, rimettendosi lo zaino sulle spalle e riprendendo il cammino: del Kiswahili conosce appena tre parole e nulla pi. Ma Jos non rivela il segreto.
L. Gal.

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