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Francesco Lamendola

Lequanimit verso il passato la condizione per vivere armoniosamente il presente


Chi non sa fare i conti con il proprio passato condannato a trascinarsi per tutta la vita il peso dei rimorsi, dei rimpianti, delle contraddizioni irrisolte; a dare la colpa al mondo intero per i propri insuccessi e per i propri fallimenti; a ripetere sempre gli stessi errori. Vi sono molte persone che vivono cos. Ve ne sono anche parecchie che si affidano alle stregonerie a pagamento degli psicanalisti, questi lugubri sacerdoti di una forma di magia nera i quali, il pi delle volte, sono essi stessi preda di ossessioni e contraddizioni irrisolte, cui si sommano quelle evocate nel corso dei loro sinistri riti di evocazione che essi chiamano, con pomposa impudenza pseudoscientifica, terapie. Ma innanzitutto, domandiamoci: che cos il nostro passato? E quando diciamo nostro, che cosa intendiamo esattamente? Certo, non si tratta di un qualcosa che si possa definire nostro nel significato di possesso: perch il passato, per definizione, il tempo che pi non ci appartiene, dunque non pi nostro se non nel ricordo, ossia nellesercizio, volontario o involontario, della memoria. involontario quando una esperienza del passato torna a perseguitare colui che lha vissuta; o quando basta rivedere un luogo, una persona, riudire una musica, perfino una singola parola, perch quella persona venga sopraffatto dal flusso incontrollato dei ricordi. Il ricordo, peraltro, non la stessa cosa di ci che denominiamo memoria: la memoria la facolt del ricordare, mentre il ricordo loggetto, ossia il contenuto di quella facolt. Il ricordo sta alla memoria come lacqua sta alla corrente del fiume. Noi vediamo la corrente del fiume, non lacqua in se stessa; se lacqua evaporasse, infatti, o se la siccit prosciugasse il corso del fiume, noi non vedremmo pi lacqua, ma tuttavia sapremmo per certo che, in quel letto, scorreva un fiume. Similmente, quello che noi ricordiamo non levento passato in se stesso, ma lidea che di quellevento ha elaborato la nostra memoria: noi ricordiamo la memoria, non il ricordo. Il ricordo la cosa in s, e nulla potr restituircela cos come essa era. Di pi: nemmeno quando levento ci era presente, nemmeno quando noi eravamo presenti ad esso, levento era per noi una realt oggettiva: se avessimo confrontato le nostre impressioni con quelle di altri a proposito del medesimo evento, ci saremmo resi conto, gi allora, che noi non avevamo sperimentato la realt, ma la nostra interpretazione di essa. Dunque, la memoria linterpretazione del passato e non ci restituisce il passato cos comera (posto e non concesso che una tale esperienza sia mai stata possibile), ma soltanto come noi lo abbiamo rielaborato: non un passato ingenuo, ma sovraccarico delle mille e mille modificazioni che, nel frattempo, si sono prodotte a causa della distanza temporale e della evoluzione della nostra coscienza. Ma esiste, poi, una coscienza? Esiste un io? Probabilmente no, e hanno ragione i Buddisti Theravada quando affermano che noi non possediamo un io, ma solo un gruppo di operazioni mentali sempre mutevoli; e aveva ragione anche Pirandello, quando sosteneva che, sotto la forma impostaci dalle maschere, in noi non vi che un flusso continuo e una incessante trasformazione di temporanei stati della coscienza - anche se egli si malignamente compiaciuto di trarre da ci delle conseguenze molto maggiori della premessa, tutte di segno distruttivo e nichilista. Il fatto che una coscienza permanente, un io unitario e coeso forse non esistano, o, comunque, siano indimostrabili (a dispetto del cogito cartesiano, che non ci dice affatto che un io 1

permanente esiste, ma soltanto che vi una coscienza la quale, in questo preciso istante, sta dubitando), non significa che non si possa istituire alcun legame fra noi e i nostri ricordi, usando queste due parole, noi e nostri, in senso convenzionale e puramente pratico. Significa soltanto che non bisogna intendere ci in senso rigido, in senso possessivo: perch se noi non possediamo, a rigor di termini, un io, ancor meno possediamo un passato. Ma allora, che cos quel passato con il quale bisogna imparare a fare i conti, che bisogna saper accettare e metabolizzare, per poter vivere serenamente il presente? E, soprattutto, di chi , se non lo possiamo considerare veramente come nostro? Il passato, in quanto tale, non nemmeno un ente, una realt al negativo: un tempo di cui si pu solamente dire che non , che non pi e che non torner mai pi ad essere. Invece il passato in quanto ricordo , s, un ente, ma nostro solo in senso convenzionale: nostro nel senso che la nostra memoria tende ad appropriarsene e a considerarlo tale. Neppure la memoria, a stretto rigor di termini, veramente nostra: dunque, tanto meno si pu dire che essa ci restituisca il nostro passato. Ma che cosa ci rimane, allora? E perch noi abbiamo un bisogno vitale di riconciliarci con quello che chiamiamo il passato, il nostro passato, se vogliamo vivere pienamente il presente? Alla prima domanda rispondiamo che a noi rimangono una serie di operazioni mentali in continuo movimento; e il fatto che la nostra evoluzione interiore ci porti a riconsiderare incessantemente il nostro passato, a vederlo sotto una luce sempre nuova, la migliore dimostrazione che noi non siamo alle prese con un ente, il nostro passato, ma con un fantasma, che muta continuamente forma ed aspetto a seconda degli stati di coscienza che lo considerano e, per cos dire, lo osservano (che poi quegli stati di coscienza siano nostri, lo diciamo in senso puramente pratico, per non sottoporre il linguaggio ad uno sforzo continuo ed eccessivo). C un racconto di Karel Chapek Chod che parla di come un equivoco abbia cambiato, in negativo, la vita di un essere umano. Un bambino, mentre giace a letto ammalato, si accorge che scomparso il suo amatissimo album di francobolli: tutti gli indizi accusano un compagno, quello che lui credeva il suo migliore amico. Tornato a scuola, non lo affronta apertamente, ma gli mostra il massimo disprezzo: e, a partire da quel momento, incomincia a chiudersi con tutti, a divenire sospettoso e diffidente, a inaridirsi precocemente. Cresce senza pi amici, si sposa senza amore, rinchiuso in una gabbia di amarezza che il suo atteggiamento, senza rendersene conto, tende a giustificare, poich gli altri si discostano da lui, avvertendo il suo rancore profondo e la sua amarezza. Un giorno, per caso, ritrova lalbum dei francobolli: glielo aveva nascosto suo padre, credendo di agire per il suo bene, dato che il ragazzo sottraeva troppo tempo allo studio per la passione della filatelia. Cos, il protagonista si rende conto di aver sprecato e avvelenato la sua intera vita per un fatto inesistente: il supposto tradimento del pi caro amico. Questa novella offre un buon esempio di come il passato, in se stesso, non sia qualcosa di reale, ma una sorta di magazzino nel quale noi mettiamo tutto quel che vogliamo, consciamente o inconsciamente. In un certo senso, il nostro presente che costruisce il passato e non viceversa: perch noi vediamo il passato, sino a gioirne o a soffrirne atrocemente, in base a ci che il presente della coscienza che lo rivisita. Possiamo arrivare ad abbellire o ad imbruttire il passato a volont, e, di fatto, lo facciamo, mano a mano che il tempo scorre ed i contenuti del pretesto passato sfumano nella lontananza, obbligando la memoria a compiere uno sforzo sempre pi grande per tentare di recuperarli. Ma la memoria non ci restituisce mai il passato, bens lidea, attuale, della coscienza che lo rivisita. E tale idea muta continuamente, insieme alla coscienza stessa, che diciamo nostra solo per comodit. Tutto questo pu sembrare bizzarro e molto cerebrale; invece, a ben guardare, quello che noi facciamo abitualmente, ma senza consapevolezza, ogni volta che ci accostiamo al passato. Lo rielaboriamo, vi aggiungiamo o vi togliamo qualcosa, lo rivestiamo di una tonalit affettiva ed emozionale che gli estranea. Nel romanzo Senilit, di Italo Svevo, il protagonista, un assicuratore trentacinquenne di nome Emilio Brentani, finisce per trasfigurare il ricordo della ragazza che aveva amato, Angiolina - una 2

popolano scaltra, volgare ed egoista - in una sorta di creatura eterea e dolcemente pensosa, perfino in una donna angelo, associandole, inoltre, alcuni caratteri della propria sorella defunta, Amalia: la sollecitudine, listinto materno, la mitezza e lo spirito di abnegazione. E con quel falso ricordo Emilio si accinge ad affrontare tutto il resto della propria vita, ben deciso a vivere in esso anzich nel presente, che lo ha deluso e ferito irreparabilmente. Cos, ora siamo pronti a rispondere alla seconda domanda che ci eravamo posta: perch sia tanto importante fare i conti con il passato e riconciliarsi con esso. La risposta, arrivati a questo punto, intuitiva: perch ne va del nostro presente, che tutto quello che possediamo; ne va della nostra vita, della nostra pace, del nostro equilibrio, di tutto quello che pu consentirci di realizzare la nostra chiamata, nel modo migliore di cui siamo capaci. Un rapporto erroneo con il passato, o con quello che riteniamo essere tale, pu compromettere seriamente il nostro qui ed ora, costringendoci a una vita amareggiata da inutili fantasmi o da assurdi rimpianti. Eppure, quanti di noi si abbandonano a questo errore; e, come se non bastasse, vi aggiungono lerrore di credersi irrimediabilmente malati e, per conseguenza, di affidarsi, per ottenere la sospirata guarigione, ad ogni sorta di stregone mercenario. Che cosa bisognerebbe fare, dunque, quando si ossessionati dal passato; in che modo bisogna porsi di fronte allincalzare crudele delle sue ombre dolorose? Prima di tutto, riconoscerne la reale natura: esso non un qualcosa di reale, ma un prodotto della nostra immaginazione; o, per dir meglio: una proiezione delle nostre attuali paure, delle nostre attuali brame, della nostra attuale confusione. Chi riesce a stabilire un rapporto limpido con se stesso, automaticamente spezza il cerchio stregato del passato e si libera dal peso opprimente dei ricordi, che gli impediscono di vivere un presente sereno. Questo non va interpretato alla lettera: non si tratta, per esempio, di cancellare il ricordo delle persone care che hanno lasciato questa vita; tuttaltro: semmai, di comprendere che non vi nulla da rimpiangere, perch esse non se ne sono andate per sempre, non ci hanno lasciato soli, ma sono passate su un altro piano di esistenza, dal quale continuano a seguirci, ad amarci, a proteggerci per quanto possibile. Liberarsi dal peso del passato significa non che dobbiamo cancellare o rimuovere i suoi contenuti (cosa due volte impossibile, dato che questi, come abbiamo gi detto, non sono mai stati nostri e nulla sappiamo realmente di essi), ma che dobbiamo ristabilire la giusta gerarchia fra l qui ed ora e laltrove: e il passato, come il futuro, appartiene allaltrove. assurdo subordinare il qui ed ora allaltrove; a meno che si tratti dellAltrove assoluto, che, da lontano, ci richiama al senso pi profondo della nostra esistenza e ci invita a ritornarvi. Il passato come uno spaventapasseri in un campo di grano. Il vento muove le cordicelle e fa tintinnare le scatolette che pendono da esso, per spaventare i passeri e indurli ad allontanarsi. Noi non dobbiamo comportarci come i passeri ingenui, ma come i passeri esperti, i quali, dopo un certo numero di prove, si sono resi conto che quel fantoccio non veramente un essere umano, e che n lui, n il rumore metallico prodotto dal vento, costituiscono un reale pericolo. Possiamo continuare a nutrirci dei semi di grano del nostro presente, dunque, liberandoci una volta per sempre da paure e turbamenti ingiustificati. Certo, per riuscire a fare questo, dobbiamo anche imparare a guardare meglio in noi stessi. Sono le nostre paure di adesso e le nostre brame di adesso che ci portano a creare limmagine di quel fantoccio, di quello spaventapasseri; sono esse che gli danno la forza di perseguitarci a distanza di anni, come un brutto sogno che non se ne vuole andare. Non esistono ricette miracolose al riguardo e chiunque affermi il contrario soltanto un cialtrone o un furbastro che trae qualche vantaggio dai nostri terrori e dalle nostre insicurezze. Lunica strada efficace quella che ci guida, attraverso cadute e riprese, lungo il sentiero della consapevolezza di noi stessi, da cui discende la consapevolezza di tutto il resto, compreso il passato che diciamo nostro. Coraggio, dunque: il Sole ancora alto, e c tanta strada da fare. 3

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