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«Veggo con dispiacere che per lettera non c’intendiamo. Ella mi chiede estratti pe’
tomi arretrati. Ma e non le ho io scritto essere vano anzi ridicolo pubblicare estratti e
notizie di libri con date corrispondenti ai mesi di maggio e giugno del 96. in tomi che
usciranno nel 97. quando fino alla nausea tutta l’Italia avrà letto e riletto notizie
dettagliate di que’ già vecchi libri e ridicolo sarebbe ancor più dare nel maggio del 96.
libri usciti nell’ottobre e novembre dell’anno medesimo».
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della Serenissima. Il vero motivo per cui Bertòla voleva recarsi a Venezia
era però politico: egli intendeva allontanarsi dalle burrasche italiane e
trovare rifugio a Vienna (dove era conosciuto per avervi soggiornato nel
’78 all’epoca della Nunziatura del concittadino Giuseppe Garampi).
Bertòla se ne era andato da Rimini il 21 ottobre ’96, all’indomani
della caccia ai giacobini in Romagna. Nel Diario, sotto la data del 1°
novembre leggiamo: «non potea più restare in patria, né poi
maneggiarmi». Bertòla rientra a Rimini il 3 dicembre 1796. Il 17
dicembre Storti, tramite il commerciante riminese Nicola Giangi, gli invia
quattordici scudi di compenso per due mesi di lavoro. Giangi deve anche
ritirare il materiale per il Giornale, e trasmetterlo a Storti «a prima occa-
sione». «Và bene», scrive Storti, «che quel tanto mancasse a compimento
de’ tomi, ella me lo rimetterà, o avanzandone servirà pe’ tomi di seguito»4.
Il primo accenno all’impresa editoriale del Giornale, si trova in una
lettera scritta a Bertòla il 25 agosto 1796 da San Pietro d’Arzignano, da
un corrispondente che chiameremo l’“anonimo vicentino” perché la sua
firma in calce al documento non è decifrabile. Da tale missiva
apprendiamo che «la povera Bettina» cioè Elisabetta Caminer, «badava al
Giornale […] poco o nulla», in proporzione ai magri compensi dell’editore.
L’“anonimo vicentino” precisava poi: «A Venezia non vi sarà difficile
l’aver di Giornali Francesi, e de’ libri nuovi qualunqu’essi sieno».
Bertòla il 15 gennaio 1797 fugge da Rimini al fine di sottrarsi
«all’imminente pericolo di esser arrestato e condotto in assai miser luogo,
come uomo di opinioni infette e perverse»5, recandosi prima a Roma e poi
in Toscana. Il 10 marzo da Siena, leggiamo nel Diario, egli comunica a
Storti: «che mi scriva a Bologna, dove consegnerò a chi mi dirà materia
abbondante per il giornale: mi favorisca colà pagare altri 14. scudi».
Bertòla domanda se sono usciti i due tometti già preparati6. Nella stessa
parte del Diario sotto il 1° aprile troviamo che Bertòla comunica a Storti:
«la fatica è più grande ch’io non credeva».
Il 26 aprile’97 Bertòla è di nuovo a Rimini. Nel Diario il 9 maggio è
segnata una lettera spedita al tipografo veneziano: «Ho pronti i
manoscritti per due tometti». Storti il 20 maggio gli preannuncia la
spedizione dei due tometti già stampati, la preparazione di quello del
luglio ’97, e l’invio di libri «che meritano estratto», cioè una recensione sul
Giornale 7.
Tra primavera ed autunno ’97 Bertòla è in corrispondenza con il
padre somasco Ottavio Maria Paltrinieri, vicerettore nel Collegio
Clementino di Roma, che gli invia vari materiali per Giornale, in mezzo
alle difficoltà legate alla «Posta del Papa» che riceve «le lettere per la
Romagna, ma non già i Plichi, che non assicura», ed all’«infelicità delle
circostanze correnti» che per la mancanza di Religiosi gli «fanno aver più
impieghi»8.
Bertòla l’8 ottobre risponde al padre somasco: «Gradisca il piccol
ANTONIO MONTANARI
BERTÒLA REDATTORE ANONIMO DEL GIORNALE E NCICLOPEDICO DI VENEZIA
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NOTE
1 Elisabetta Caminer, nata nel 1751, era figlia di Domenico fondatore del Giornale
nel 1774, e moglie del medico Antonio Turra (editore a Vicenza per alcuni anni dello
stesso periodico).
2 L’11 ottobre 1796 Bertòla comincia questo Diario, della cui esistenza abbiamo
dato notizia nel 1994, anticipandone alcune parti in un breve scritto (cfr. A. MONTANARI,
Un «Diario» inedito di Aurelio Bertòla, «Quaderni di Storia», n. 1, Ed. Il Ponte, Rimini).
Tale Diario si compone di tre parti. Le prime due constano di piccoli fascicoli, la terza di
ANTONIO MONTANARI
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