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La retorica l'arte di parlar bene (dal greco ???????? ?????, rhetorik tchne, arte d el dire).

. Essa la disciplina che studia il metodo di composizione dei discorsi, o vvero come organizzare il linguaggio naturale (non simbolico) secondo un criteri o per il quale ad una proposizione segua una conclusione. Sotto questo aspetto e ssa un metalinguaggio, in quanto cio un discorso sul discorso.[1] Lo scopo della retorica la persuasione, intesa come approvazione della tesi dell 'oratore da parte di uno specifico uditorio. Da un lato, la persuasione consiste in un fenomeno emotivo di assenso psicologico; per altro verso ha una base epis temologica: lo studio dei fondamenti della persuasione studio degli elementi che , connettendo diverse proposizioni tra loro, portano ad una conclusione condivis a, quindi dei modi di disvelamento della verit In particolare la retorica l' arte del discorso :[2] essa infatti si occupa dei discorsi in prosa scritti con un ling uaggio ornato (quindi in certa misura artificiosi )[3] allo scopo di persuadere qualc uno, cio convincere o far mutare d'opinione chi ascolta.[4] Emergono da qui due a spetti: da un lato la retorica studia come organizzare e strutturare un'orazione (parte che potremmo definire sintagmatica ); dall'altro, essa si occupa anche del cosiddetto ornatus, cio di tutti quei procedimenti stilistici (figure, tropi, col ori in generale) che servono ad ornare il discorso cos da renderlo pi gradevole e quindi pi efficace nello specifico campo del discorso. Lo scopo della retorica quello di fornire a retori e oratori (e non alla massa degli ascoltatori) le nozioni teoriche necessarie per comporre un discorso persu asivo.[6] Nel corso dei secoli i teorici si sono impegnati a individuare i vari elementi e organizzarli in una tassonomia generale, senza per mai raggiungere una classificazione condivisa: il risultato una lunga serie di trattati che, dall'a ntichit ai giorni nostri, passando per il Medioevo e il Barocco, hanno offerto ag li oratori un insieme di regole da tener presente nella stesura di un discorso.[ 7] Questo ingente numero di trattati, tuttavia, ha contribuito non poco alla ste ssa decadenza della retorica, la quale ancora oggi vista con una certa diffidenz a. Retorica, per il senso comune, sinonimo di arte del discorso artificioso, cos truito seguendo alla lettera un insieme di rigide regole stilistiche raccolte in manuali In realt, va detto che la retorica non si riduce affatto ad una materia d'insegna mento, da trasmettere nelle scuole ed esercitare in maniera pedissequa; al contr ario, come scrive Roland Barthes,[8] la retorica a sua volta anche: una scienza, in quanto studia in maniera rigorosa i fenomeni e gli effetti del l inguaggio; una morale, poich la capacit di sfruttare ambiguit del linguaggio la rende un'arma potente, che richiede un codice morale per essere esercitata senza arrecare dann i; una pratica sociale, poich nell'Antichit differenziava i potenti (chi ha accesso a ll'arte della persuasione) dai sudditi (coloro che soccombono al potere ammalian te della parola); una pratica ludica, un giocare con le parole e il linguaggio (parodie, scherzi, doppi sensi). Per la nascita della retorica possibile fornire indicazioni geografiche e cronol ogiche precise: allorch nel 465 a.C. termin la tirannia di Trasibulo, ultimo dei f ratelli Gelone e Gerone I, che si erano resi protagonisti di massicci espropri d i terreni, molti cittadini di Siracusa intentarono processi per tornare in posse sso dei beni confiscati, facendo valere i propri diritti in tribunale con l'arma della parola.[9] In questo contesto il primo a dare lezioni di eloquenza pare f u il filosofo Empedocle di Agrigento, subito imitato dai suoi allievi siracusani Corace e Tisia, i primi a scrivere manuali di retorica (il primo fu scritto da Corace attorno al 460 a.C.) e a chiedere un compenso per i propri insegnamenti.[ 10] Corace e il suo discepolo Tisia vengono sovente indicati come i padri della retori ca, sebbene la testimonianza di Cicerone ci informi che essa doveva essere conos ciuta in Sicilia fin da tempi remoti: il loro merito sta dunque nell'aver teoriz zato con metodo e precettistica quella che era un'antica pratica. Fondamento della loro arte (a quanto risulta dalla testimonianza di Platone) il concetto di veris imile (eiks), ovvero tutto ci che non pu essere definito vero o falso in termini asso

i, che essi studiarono con un metodo rigoroso, scientifico.[11] Gli insegnamenti dei due retori si affermarono rapidamente in Sicilia, ma il lor o non fu certo l'unico orientamento diffuso: in contrapposizione alla loro retor ica scientifica si afferm nella scuola pitagorica una retorica che potremmo defin ire irrazionalista, basata sulla seduzione che la parola in grado di esercitare sull'anima di chi ascolta (psicagogia). I pitagorici distinguevano gli argomenti e i discorsi in base al tipo di pubblico (polytropa), e facevano largo uso di an titesi;[12] inoltre, sempre a essi si deve la prima teoria del kairs (opportuno), c oncetto inteso come armonia numerica e strettamente collegato alla polytropa, con il quale si indica il grado di opportunit di un discorso in relazione all'uditor io che si ha di fronte.[13] Nel corso del V secolo a.C., dalla Magna Grecia la retorica giunse rapidamente i n Attica, e soprattutto ad Atene, grazie all'attivit di insegnamento dei sofisti. [14] Nell'et di Pericle, che per molti versi rappresent l'et d'oro della polis aten iese, intellettuali come Protagora, Gorgia, Prodico, Ippia e Trasimaco trovarono terreno fertile: molti giovani di buona famiglia accorrevano da ogni parte per apprendere, dietro compenso, le lezioni impartite da questi "maestri di virt", ch e giravano di citt in citt insegnando come tenere discorsi nelle assemblee pubblic he. E proprio l'insegnamento della retorica li indusse a sviluppare ulteriorment e questa tecnica. Protagora ad esempio, padre della Sofistica, concentrava la pr opria attenzione su problemi di carattere linguistico e semantico (e lo stesso f ar Prodico), alla ricerca di un logos horthtatos, un linguaggio rigoroso e formalm ente preciso per definire le cose.[15] Egli era poi un sostenitore del relativis mo etico e gnoseologico, espresso dalla celebre massima secondo cui l'uomo misur a di tutte le cose:[16] da queste considerazioni scaturiva il suo interesse per i discorsi contrastanti (dissi lgoi) e l'antilogica, la tecnica che ha lo scopo di trovare per uno stesso oggetto due argomenti contrapposti, uno cio che lo afferm a e uno che lo nega (portata all'estremo, questa tecnica prende il nome di eristi ca ) Inoltre, con i sofisti la retorica inizia a intrattenere stretti rapporti con la poesia, cessa di essere usata solo in tribunali e assemblee pubbliche e assume valore epidittico, diventando un'arte a s stante: tutto questo soprattutto grazie a Gorgia di Leontini e Trasimaco di Calcedonia.[18] Per essi l'arte di persuade re era da intendersi soprattutto come una forma di suggestione, totalmente avuls a da ogni esigenza di giungere a una conoscenza o un convincimento basati su arg omenti razionali e sulla produzione di prove e argomenti a favore. Il retore dov eva possedere una persuasivit tale da convincere chiunque di qualsiasi cosa, a pr escindere dall'argomento trattato:[19] il logos, la parola, afferma Gorgia nell' Encomio di Elena, onnipotente sia sugli uomini che sugli di, e la sua potenza con siste appunto nell'indurre a ritenere giusto e vero ci che si afferma.[20] La par ticolare predilezione della Sofistica per la capacit di persuasione dell'orazione e tutti gli strumenti retorici ad essa collegata (la cosiddetta doxa o "verosim iglianza") attir le ire della maggior parte delle poleis e degli oratori o logogr afi di professione, i quali sostenevano che quest'uso del logos era tanto sprege vole quanto subdolo e scorretto.[21] In particolare, Gorgia, allievo di Empedocle, fu il primo a introdurre nella pro sa i tropi, le figure e tutti gli ornamenti tipici della poesia,[22] mentre Tras imaco divenne celebre per l'invenzione dello stile medio, opposto a quello aulico del sofista di Leontini. Durante il V secolo a.C. l'oratoria si diffuse largamente ad Atene, favorita dal diritto di partecipare alla vita pubblica che la polis democratica riconosceva a tutti i cittadini. Sia nelle assemblee che nei processi la deliberazione era a ffidata al voto della comunit, di fronte alla quale il cittadino si presentava pe r tenere un discorso: per far valere i propri interessi e i propri diritti era d unque necessario padroneggiare al meglio l'arte della parola. A questo periodo r isalgono le prime schematizzazioni che precisano le parti di cui devono essere c omposti i diversi tipi di discorso, soprattuo per quanto riguardava il genere gi udiziario (discorsi di accusa o difesa), mentre pi flessibile era il caso del del iberativo (tipico delle orazioni politiche) e dell'epidittico (orazioni pubblich e tenute durante festivit o funerali). Tuttavia all'oratore, per avere successo,

erano necessarie preparazione e doti personali, e poich non tutti disponevano di denaro per studiare o di particolare attitudine a parlare in pubblico, presto si diffuse la pratica di rivolgersi a un professionista della retorica: il logogra fo. Questi scriveva discorsi che poi il committente avrebbe imparato a memoria e ripetuto in tribunale.[24] Nato in una famiglia di meteci, Lisia fu un logografo e scrisse in dialetto atti co puro, senza figure retoriche. Sostenne l'importanza dell'etopea, cio della cap acit di immedesimarsi nel carattere del personaggio che difendeva e divenne un mo dello per gli atticisti.[26] Difatti la maggior parte dei logografi suoi contemp oranei non badava al rapporto tra personaggio pronunciante e discorso pronunciat o, facendo s che molte memorabili orazioni passate alla storia per la raffinatezz a stilistica e lessicale fossero in realt pronunciate da soggetti non istruiti, o comunque non abbastanza dotti da poter comporre un'orazione come quella appena pronunciata. Inoltre, alla capacit mimetica Lisia univa un grande talento narrati vo, con il quale descriveva in modo sobrio scene estremamente drammatiche, come uccisioni e vendette. Il suo stile si presenta quindi elegante, essenziale e pre ciso: ogni causa giudiazia unica, e in quanto tale richiede che la sentenza sia valutata attentamente e commisurata alla situazione. Demostene Anche Demostene, vissuto nel IV secolo a.C. e rivale di Isocrate ed Eschine, all 'inizio della sua carriera fu un logografo si dedic alla retorica giudiziaria. La sua fama per dovuta al suo impegno nella vita pubblica e alla sua oratoria polit ica: in particolare si oppose con forza alla mire espansionistiche di Filippo II di Macedonia, contro il quale compose le famose Filippiche, in cui il sovrano v eniva presentato come un barbaro nemico dei valori della democrazia e gli atenie si erano invitati a ridestarsi dall'inazione per difendere le libert comuni, anda ndo in soccordo delle citt sotto assedio macedone. Lo stile di Demostene si carat terizza quindi per vitalit e vigore, ricco di metafore, iperboli, apostrofi e dra mmatici effetti a sorpresa: il pathos della sua oratoria mirava infatti a infiam mare gli animi degli ascoltatori e persuaderli della necessit di impegnarsi attiv amente nell'azione politica.[27] Ben diversa fu l'opera di Eschine, assertore (come altri intellettuali) dell'ine vitabilit del dominio macedone sulla Grecia. Egli si rivel un grande esperto di qu estioni legali, e la sua oratoria caratterizzata da lucidit e coerenza logica, ma priva del pathos che rese celebre il suo avversario Demostene. Quest'ultimo tro v invece un alleato in Iperide, che si batt contro l'egemonia macedone fino al sac rificio estremo (fu giustiziato da Antipatro nel 322 a.C.): poco giunto ai giorn i nostri delle sue orazioni, in cui, con eleganza e ironia, ritraeva scene di vi ta quotidiana, nel solco tracciato dallo stile di Lisia. Nel IV secolo a.C., Platone oppose alla concezione sofistica una propria visione della retorica: negando che essa sia un'arte (techne), il filosofo le prefer la definizione di abilit (empeiria),[28] attribuendole per allo stesso tempo una funzio ne eminentemente pedagogica, quale strumento in grado di guidare l'anima attrave rso argomentazioni e ragionamenti (la cosiddetta psicagogia).[29] In altre parol e, dalla retorica dei sofisti, a cui venivano ascritte unicamente caratteristich e negative, Platone distingueva una retorica per cos dire buona, la quale, esercita ta dai filosofi e quindi orientata allo studio della filosofia, potesse essere d i utilit per instradare alla conoscenza del bene. La pratica della retorica veniv a cos ricondotta nell'alveo della stessa filosofia, con la quale finiva per ident ificarsi, svuotata della propria autonomia. Cambiavano di conseguenza gli interl ocutori - non pi il popolo o i giudici - e i luoghi - non pi assemblee o giudizi. D'altra parte, fuor di dubbio che a instradare il giovane Platone allo studio de l rapporto tra filosofia e retorica fu la frequentazione del maestro Socrate, il quale, nell'esercizio della sua maieutica, faceva uso di una particolare e orig inalissima forma di retorica, fatta di domande e risposte brevi (la cosiddetta b rachilogia, contrapposta alla macrologia dei sofisti).[30] L'Accademia platonica riprender le teorie di Platone riguardanti la ??????? (altheia) o "verit", in nett o contrasto con la visione sofistica, secondo la quale la verit deve essere posta

in secondo piano, sottostante all'eloquenza dell'oratore e alla sua capacit di c onvincere l'uditorio riguardo l'attendibilit e la veridicit del suo discorso Contemporaneo di Platone e allievo di Gorgia, Isocrate formul un'interessante pro posta educativa (paideia) fondata sull'apprendimento della retorica e messa in p ratica nella sua scuola, concorrente dell'Accademia platonica. L'intento del ret ore, che amava definirsi filosofo (in un'accezione differente da quella di Plato ne), era quello di formare cittadini virtuosi attraverso lo studio della retoric a: erede della lezione della Sofistica, egli riteneva la virt nient'altro che la ragionevole opinione condivisa dai membri della polis, che doveva essere sempre tenuta presente dal retore nei propri discorsi cos da guadagnare una buona reputa zione.[31] La virt per Isocrate, infatti, non consiste in una ricerca infinita ch e miri al bene e alle verit somme, n pu essere insegnata come fosse una techne, e c hi, come certi filosofi, dice di poterlo fare, mente;[32] all'opposto di questi insegnamenti, che egli definisce vuote chiacchiere, vi l'arte della parola, che l' arte umana per eccellenza, quella che distingue gli uomini dagli animali e fa s c he possa esserci la civilt.[33]. La sua dunque una posizione pressoch intermedia t ra i due estremi della retorica greca del V secolo a.C., ovvero la Sofistica e l 'Accademia platonica (che sostenevano rispettivamente la ???? e la ???????).[21] Inoltre, poich la retorica insegna a scegliere l'argomento di volta in volta pi op portuno (kairs) per convincere il pubblico che si ha davanti, essa fornisce a chi la pratica (purch abbia un certa predisposizione) gli strumenti necessari per po ter discernere, in qualsiasi ambito professionale o nella vita quotidiana, quell e tra le diverse opzioni che risulteranno pi utili al raggiungimento del successo personale.[34] Isocrate tenne soprattutto orazioni dimostrative, con uno stile armonioso; si tr att dunque di un esponente della cosiddetta oratoria epidittica (dal termine grec o epideiktiks, derivato di epideknymi ossia dimostrare). Era questo il genere di elo quenza tenuto dagli antichi oratori greci nelle cerimonie pubbliche, spesso in o ccasione dei funerali in cui si rendeva necessario tessere le lodi del defunto. Una caratteristica fondamentale di Isocrate era costituita dalla sua cura formal e per l'orazione: talvolta questo labor limae diveniva cos ampio da richiedere un a quantit di tempo smisurata. Cos facendo non capitava di rado che Isocrate - o ch iunque in sua vece - pronunciasse orazioni riguardanti tematiche ormai datate. P er non tutti avevano ragione. Diversamente da Platone che le rifiutava il titolo di techne, Aristotele defin la retorica la facolt di scoprire il possibile mezzo di persuasione riguardo a ciasc un soggetto.[35] Egli distolse l'attenzione dal considerare la retorica una mera arte della persuasione, incentrando invece l'analisi sullo studio dei mezzi di p ersuasione, strumenti indipendenti dall'oggetto dell'argomentare.[36] La retoric a riacquista cos una funzione propria, autonoma dalla filosofia e in stretta rela zione con la dialettica, della quale da considerare la controparte. Il merito di Aristotele quello di aver raccolto in un sistema organico tutte le scoperte fat te fino ad allora dai retori, sottolineando come la retorica debba essere una te cnica rigorosa strettamente legata alla logica:[37] mentre la dialettica produce le proprie dimostrazioni per mezzo dei sillogismi, la retorica ricorre all'enti mema, il sillogismo retorico basato su premesse probabili (ndoxa). Tuttavia - e q ui sta la differenza con la logica - come le premesse, anche le conclusioni a cu i giunge l'entimema sono solo probabili, e quindi passibili di confutazione.[38] Pi in generale, lo studio sistematico della retorica in quanto techne viene porta to avanti dallo Stagirita partendo dall'analisi di tutti gli elementi entechnoi, quelli cio interni alla retorica, in primis le argomentazioni dimostrative (pist eis): tra esse la principale l'entimema (deduzione retorica), ma va ricordato an che l'esempio (induzione retorica).[38] Inoltre, Aristotele dedica particolare a ttenzione a classificare i generi del discorso (giudiziario, deliberativo, epidi ttico), organizzandoli in base al tipo di uditorio (il giudice, l'assemblea poli tica, un generico pubblico) e al tempo (presente per chi si difende in tribunale , futuro per chi delibera, passato per chi elogia).[39] Successivamente, il filo sofo si dedica anche all'ethos e alle passioni (pathos), lasciate inizialmente i n secondo piano, evidenziando come anch'esse, al pari degli elementi dialettici, r isultino indispensabili se si vuole persuadere qualcuno.[40]

Col passare del tempo, la retorica finir per identificarsi con l'arte dello scriv ere corretto e dell'eloquio fluente, ma l'influenza dello Stagirita e del suo si stema continuer a perdurare nei secoli a venire Nel mondo greco la retorica mantenne sempre una certa importanza nell'educazione dei giovani (paideia), venendo compresa tra le materie di insegnamento. L'arte del parlare (oratoria) si svilupp grazie alla parresia, la libert di parola ed esp ressione: durante il governo di Pericle ad Atene si arriv a dare a tutti la possi bilit di esprimersi in pubblico. Anche in seguito la retorica e l'oratoria contin uarono a vivere e svilupparsi, sebbene i retori furono sempre meno affermati. I Romani, con la conquista dell'Oriente e della Grecia a seguito della battaglia d i Pidna del 168 a.C., entrarono in contatto con la cultura ellenica, restandone fortemente influenzati. (LA) Graecia capta ferum victorem cepit et artes intulit agresti Latio. (IT) La Grecia conquistata conquist il feroce vincitore e le arti port nel Lazio agreste. (Orazio, Ep. II 1, 156) Arringatore, bronzo di epoca repubblicana L'oratoria rimase a Roma uno strumento riservato alla nobilitas per avanzare nel cursus honorum. Essa veniva applicata inizialmente solo da schiavi, liberti e i talici, e veniva considerata un'attivit legata agli otia, cio al tempo libero. Ini ziatore della prosa oratoria latina considerato Appio Claudio Cieco, il quale ne l 280 a.C. tenne un discorso per persuadere i senatori a non accettare le condiz ioni di pace poste dal re dell'Epiro Pirro subito dopo la vittoria di Eraclea.[4 6] Alla fine dell II secolo a.C. le orazioni mostrano una prima assimilazione de lle teorie greche. Un alto livello viene raggiunto da Marco Antonio e Lucio Lici nio Crasso, che individua l'importanza dell'arte retorica nella vasta e raffinat a cultura e nello stile utilizzato, cio l'elocutio, la capacit di scegliere i term ini per adattarli elegantemente nel testo. Lo stesso Crasso, d'altra parte, in q ualit di censore fece chiudere nel 92 a.C. la scuola dei rhetores Latini di Lucio Plozio Gallo.[47] La retorica romana nell'et della grande espansione territorial e caratterizzata soprattutto dalla preminenza della figura di Marco Porcio Caton e, detto anche Catone il Vecchio o "il Censore". I suoi discorsi sono caratteriz zati da uno stile semplice e conciso, da frasi taglienti, debitrici dell'influss o greco, anche se tanto attaccato dalla sua politica conservatrice. un'opera ora toria quasi esclusivamente politica le cui tematiche sono il ruolo degli equites , la questione del lusso, la politica interna ed estera. I conflitti politici de l II secolo a.C. incentivarono l'arte oratoria, e molti oratori di questo period o provenirono dal Circolo degli Scipioni, oppositori del progetto politico dei G racchi, i fratelli Tiberio e Caio. A Roma la retorica fu quindi materia molto studiata e molto praticata, sia nelle sue applicazioni forensi che in quelle politiche: ne un chiaro esempio Cicerone , con le sue famose Verrine, orazioni scritte contro il propretore della Sicilia Verre; ma non pu certo tralasciarsi il ruolo essenziale che, dopo di lui, ebbe Q uintiliano, che nella Institutio oratoria elabor una vera e propria silloge della retorica classica cos come si era sviluppata fino alla sua epoca. Tra il 150 e il 100 a.C. circa si opposero tra loro le due scuole oratorie nate in Grecia, quella asiana e quella atticista. L'ampollosit caratteristica dello st ile asiano fu incarnata dall'oratore Quinto Ortensio Ortalo. Tra gli oratori att icisti, uno dei pi importanti fu certamente Cesare, anche se i suoi discorsi sono andati perduti. Accanto alla scuola attica e alla scuola asiana, vi era anche u na terza scuola retorica, detta rodiense, dalla citt di Rodi appunto. Esponente p rincipale della scuola rodiense, sintesi delle vene stilistiche contenutistiche delle altre due scuole, fu sicuramente Cicerone, i cui maestri furono Apollonio di Alabanda e il suo seguace Apollonio Molone. Proprio all'Arpinate viene falsamente attribuito il pi antico trattato latino di retorica giuntoci, la Rhetorica ad Herennium. Scritto presumibilmente tra l'88 e

l'82 a.C.,[48] debitore delle teorie degli stoici e in particolare di Crisippo ed Ermagora, questo testo punta l'attenzione sul valore prettamente civile della retorica e sulla definizione di verosimile, che viene distinto sia dagli argome nti storici che da quelli finti (fabulae). L'anonimo autore si dedica poi a un'a ttenta analisi delle cinque parti della retorica, tra le quali per la prima volt a viene riconosciuta l'importanza della memoria. Considerato il pi importante retore latino, Cicerone ricordato sia per essere sta to un grande oratore (a lui si deve la diffusione dello stile rodiese, con la su a prosa pi temperata rispetto all'Asianesimo, ma priva dell'asciuttezza dell'Atti cismo), sia per le sue opere teoriche, in cui entr nel merito dei principali diba ttiti in corso. Egli per evit nei suoi testi un'esposizione troppo tecnicistica, p referendo piuttosto fornire una visione non specialistica della retorica e del r uolo dell'oratore, mostrando come essa si radichi nel campo delle lettere e dell a filosofia: in questo modo, Cicerone intendeva ribadire la nobilt e l'utilit dell 'eloquenza, sottolineandone l'importanza civile e politica.[50] Nel De oratore, ad esempio, opera in tre libri sotto forma di dialogo completata attorno al 55 a.C., egli affronta il tema del rapporto tra filosofia e retorica , affermando, sulla scorta di Platone, che senza la filosofia la retorica vuota, ma che d'altro canto la retorica non pu essere screditata dai filosofi, poich pro prio l'eloquenza il fondamento della societ civile.[51] Filosofia e retorica non sono opposte, ma semmai complementari, cosicch il buon retore deve essere filosof o: su questo solco si colloca anche la riflessione del Brutus, altra opera in fo rma di dialogo scritta attorno al 46 a.C., nella quale viene delineata la figura del perfectus orator, sintesi delle virt rilevate nei principali retori e orator i del passato. Sempre negli stessi anni Cicerone compone l'Orator, epistola indi rizzata a Bruto in cui riprende quanto detto in merito all'eloquenza nel De orat ore, soffermandosi in particolare sul numerus (ritmo); infine, negli ultimi anni della sua attivit compose i Topica e le Partitiones oratoriae, opere di caratter e pi tecnico che riprendono Aristotele (in articolare i Topici e la teoria dei lo ci) Al V secolo risale il De nuptiis Philologiae et Mercuris di Marziano Capella, tr attato in cui vengono presentate, sotto forma di personificazioni allegoriche, l e sette arti liberali del Septennium. Nello specifico, le arti sono suddivise in due gruppi:[68] Trivium, le arti che si occupano della parola: Rhetorica, Dialectica , Grammatica, Quadrivium, le arti che si occupano della natura: Musica, Astronomia, Arithmetica, Geometria. Il Septennium godette di grande fortuna nel Medioevo, e fu ulteriormente svilupp ato nei secoli successivi da filosofi come Boezio, Cassiodoro, Prisciano e Isido ro di Siviglia.[69] La retorica, in particolare, entr di forza nella dinamica del l'insegnamento scolastico, sebbene la sua importanza fu presto offuscata dalle a ltre arti del Trivium, la grammatica prima e la dialettica (logica) poi. I metod i di insegnamento vigenti nelle scuole sono riconducibili a due tipi di esercizi : Lectio, che prevedeva la lettura e la spiegazione di un testo fisso, solitamente preso dalle Sacre Scritture. Si componeva di due momenti:[70] Expositio (interpretazione del testo), Quaestiones (discussioni sulle parte del testo che ammettevano un pro e un contr o), Disputatio, sorta di tenzone dialettica sotto la supervisione del maestro. Quattro momenti:[71] Quaestio (problema posto dal maestro), Respondeo (proposta di soluzione), Sed contra (obiezione alla soluzione proposta),

Determinatio magistralis (soluzione del maestro). Personificazione della retorica in una vetrata della Cattedrale di Laon L'esercizio della lectio fu in breve accantonato in favore della disputatio, met odo dal sapore agonistico sviluppatosi nell'universit di Parigi, e cresciuto di i mportanza con lo studio della dialettica derivata dalla logica aristotelica:[71] un celebre esempio di disputatio rappresentato dallo scontro tra Abelardo e il maestro Guglielmo di Champeaux, ricordato da Abelardo stesso nella sua Historia calamitatum mearum. La retorica domin la scena culturale nei secoli compresi tra il V e il VII, per p oi essere superata dalla grammatica (VII-X secolo) e dalla logica (X-XIII secolo ). Il suo campo d'azione fu suddiviso in tre tipi di artes: le artes poeticae (p reposte alla poesia e alla versificazione), le artes dictaminis (arte epistolare ) e le artes predicandi o sermocinandi (le arti oratorie in generale, che si occ upano di sermoni e discorsi).[72] Nel contempo ebbe il sopravvento la grammatica , che divenne grammatica speculativa e inizi ad occuparsi delle exornationes (figur e retoriche); anch'essa dovette per cedere alla forza della dialettica, che fin pe r inglobarla. Anche la classificazione delle arti nel Trivium venne messa in discussione, e ne l XII secolo il filosofo Giovanni di Salisbury proporr una biforcazione la cui fo rtuna continua ancora oggi: da un lato la dialettica (Filosofia), che si occupa di oggetti astratti per mezzo di sillogismi, dall'altro la retorica (Lettere), c he invece si occupa di argomenti reali e concreti Con l'Umanesimo la retorica fu riscoperta come disciplina autonoma dalla filosof ia, tanto da scavalcare nuovamente di importanza la dialettica. Umanisti come Lo renzo Valla e Coluccio Salutati esaltarono la retorica in quanto mezzo per raggi ungere la verit: se si nega che la verit si riduce a uno sterile insieme di dogmi, padroneggiare l'eloquenza risulta basilare per giungere alla conoscenza. Inoltr e, va ricordato che nel 1416 Poggio Bracciolini rinvenne nel monastero di San Ga llo (Svizzera) una copia integrale dell'Institutio oratoria di Quintiliano, il c ui impatto sulla societ dell'epoca fu notevole: negli intellettuali infatti pass l 'idea che l'educazione di un uomo doveva trovare compimento nello studio dell'el oquenza e delle lettere.[71] In questo periodo il maggior esponente dell'oratoria civile fu Enea Silvio Picco lomini, papa Pio II. Nell'oratoria sacra si distinsero Bernardino da Siena, per la loquela popolaresca, e Gerolamo Savonarola, per lo straordinario vigore. Nel corso del Rinascimento, un'altra scoperta per scosse gli intellettuali, quell a della Poetica di Aristotele. Scarsamente conosciuta nel Medioevo (se non in fo rma di compendi, per altro poco fedeli), la Poetica fu pubblicata per la prima v olta, in traduzione latina, a Venezia nel 1498, e successivamente tradotta in it aliano da un gruppo di eruditi nel 1550.[73] Dall'Italia, le tesi della Poetica si propagarono in tutta Europa, e particolarmente in Francia: il breve trattato aristotelico venne letto come codice della creazione letteraria, cio come un insiem e di norme e leggi teoriche da rispettare nell'esercizio della bella scrittura.[ 73] Proprio in Francia visse e oper in quegli anni il filosofo antiaristotelico Pierr e de la Rame (noto anche come Petrus Ramus o Pietro Ramo), il quale teorizz una nu ova suddivisione delle artes logicae in Dialectica e Rhetorica: alla prima compe tono l'inventio e la dispositio, mentre alla retorica elocutio e pronunciatio (o actio). Ramus riduce cos la retorica a semplice teoria dell'elocuzione, trasform andola in una scienza delle norme della scrittura il cui principale interesse so no le figure retoriche: essa entra tra le discipline oggetto d'insegnamento sott o forma di scienza dell'analisi del testo, volta a studiarne gli ornamenti. Lo sviluppo dei parlamenti nel XVII secolo vide la nascita di famosi oratori pol itici: la capacit di padroneggiare le parole in modo efficace divenne uno degli s trumenti principi dei politici, e spesso fece la differenza nelle loro posizioni sociali. L'oratoria parlamentare moderna fu inaugurata dalla Rivoluzione france se, con i celebri discorsi di Robespierre, Danton, etc.; sarebbe sfociata nell'e loquenza tribunizia dei pubblici comizi.

Nella prima met del XX secolo, l'oratoria divent meno magniloquente e pi colloquial e, come ad esempio i fireside chats, le "chiacchiere del focolare" del president e americano Franklin D. Roosevelt. Sin dal suo sorgere, la retorica ha avuto come scopo quello di classificare i va ri elementi che costituiscono l'arte della persuasione, organizzandoli in un sis tema. La prima e pi importante opera in cui viene portato avanti questo progetto la Retorica di Aristotele, che influenz tutti i retori delle epoche successive, f ino al XIX secolo. In epoca romana il sistema aristotelico fu ripreso da Ciceron e e Quintiliano, i quali lo svilupparono ulteriormente senza per modificarlo nell a sostanza.[82] La Rhetorica ad Herennium, il pi antico trattato di retorica latino, riprendendo e ampliando le dottrine di Aristotele e Crisippo, distingue cinque fasi nella st esura di un'orazione, coincidenti con altrettante parti di cui si compone il sis tema della retorica:[83] inventio (in greco ???????, ricerca), ricercare le idee e gli argomenti per svol gere la tesi prefissata, rifacendosi a tpoi codificati; dispositio (in greco ?????, disposizione), organizzare argomenti ed ornamenti ne l discorso; elocutio (in greco ?????, linguaggio), l'espressione stilistica delle idee, con la scelta di un lessico appropriato e di artifici retorici; memoria (in greco ?????, memoria), come memorizzare il discorso e ricordare le p osizioni avversarie per controbatterle; actio o pronunciatio (in greco ?????????, recitazione), declamazione del discors o modulando la voce e ricorrendo alla gestualit. L'invenzione: la scoperta degli elementi persuasivi [modifica] Cicerone denuncia la congiura di Catilina in Senato (affresco di Cesare Maccari a Palazzo Madama) La parola latina inventio, corrispondente al greco ??????? (huresis), significa ri cerca, scoperta: il primo passo che deve compiere un retore consiste nello scoprire (e non nell'inventare) i possibili mezzi di persuasione che gli saranno utili a l fine di far accettare le sue tesi. La parte relativa all'inventio si occupa du nque di classificare i diversi argomenti (veri o verisimili) stabilendo quale pr eferire a seconda del caso; vengono anche studiati i diversi generi di discorso, a partire dall'oggetto di cui si occupano e la situazione in cui devono essere pronunciati. Funzioni e princpi del discorso persuasivo [modifica] Anzitutto, uno sguardo preliminare alle funzioni che deve assolvere un discorso, che vengono cos indicate da Quintiliano:[84] docere et probare, ovvero informare e convincere; delectare, catturare l'attenzione con un discorso vivace e non noioso; movere, commuovere il pubblico per far s che aderisca alla tesi dell'oratore. Inoltre, Reboul riassume in tre princpi fondamentali le regole che devono essere seguite dal retore per essere persuasivo: Principio di non parafrasi. Anzitutto, un discorso efficace non deve essere para frasabile, cio non si deve poter sostituire i suoi enunciati portanti con altri e nunciati senza che vi sia una perdita di informazioni, o comunque un'alterazione del senso. Questo principio, osserva Reboul, diventa pi chiaro se si prendono in esame i tropi e le figure, le quali perdono di significato se tradotte in un'al tra lingua o se si tenta di cambiarne le parole.[85] Principio di chiusura. All'impossibilit di essere parafrasato si accompagna l'irr efutabilit del discorso. In altre parole, per un avversario deve essere impossibi o quasi ribattere a quanto detto dall'oratore, a meno che anch'egli non trovi le un argomento che si colloca sul medesimo livello. Un esempio sono le formule, c ome gli slogan pubblicitari, la cui forza risiede nell'impossibilit di replicarvi , se non appunto ricorrendo a un altro slogan.[86] Principio di trasferimento. Infine, il discorso persuasivo, per essere tale, dev e avere come punto di partenza una convinzione accettata dall'uditorio e trasfer ita sull'oggetto del proprio discorso. Un'opinione radicata nelle menti di molte

persone, infatti, bench relativa apparir comunque vera agli occhi dei pi, e la sua forza aumenter con l'aumentare degli elementi affettivi e intellettuali a suo fa vore. In questo modo anche i desideri diventano in qualche misura reali, e il re tore deve essere in grado di sfruttare questa ambiguit per persuadere chi gli sta di fronte.[87] I generi del discorso [modifica] La retorica classica distingue tre generi di discorso in base al loro oggetto (c ausa):[88] Genere giudiziario (????? ?????????, genus judiciale),[21] il primo a essere nat o, si usa nei tribunali durante i processi e il suo fine accusare o difendere se condo il criterio del giusto. Genere deliberativo (????? ??????????????, genus deliberativum),[21] il genere c he si usa quando si deve parlare davanti a un assemblea politica, quando cio si dev e consigliare i membri della comunit secondo il criterio dell'utile. Genere epidittico (????? ????????????, genus demonstrativum), il genere inventat o, secondo Aristotele, da Gorgia, viene usato quando si deve tenere un elogio di qualcuno o comunque si deve parlare davanti a un pubblico. Argomentazione e persuasione [modifica] Per approfondire, vedi le voci Argomentazione e Argomento (filosofia). Per argomento si intende una proposizione atta a farne ammettere un'altra,[89] e q uindi a indurre qualcuno ad accettare la bont di ci che si sta dicendo. Argomentaz ione e persuasione (peith) sono dunque collegate, ma detto ci bisogna precisare ch e il rapporto non esclusivo, poich si pu ottere la persuasione anche da una dimost razione o da un atto di seduzione. Vediamone le differenze. La dimostrazione, il cui modello sono le scienze esatte, ha la caratteristica di essere rigorosa e o ggettiva, e quindi di mirare a conclusioni che siano inattaccabili. Decisamente irrazionale invece la seduzione, che mira semplicemente ad influenzare e manipol are gli altri facendo ricorso a sentimenti e sensazioni. Tra queste due si collo ca l'argomentazione, oggetto della retorica, la quale mira s a persuadere facendo leva sulle passioni, ma cerca di farlo in maniera rigorosa, attraverso un'arte. Ci che differenzia l'argomentazione dalla dimostrazione il carattere non necessa rio degli argomenti che vengono portati a supporto della tesi: il retore infatti si rivolge sempre a delle persone specifiche, delle quali prende in considerazi one le opinioni e le sensazioni, e il punto di partenza del suo discorso sono pr emesse non evidenti ma verisimili (eikota) che portano a conclusioni relative e confutabili. Inoltre, nell'argomentazione il nesso logico tra gli elementi che l a compongono non rigoroso, e la sua validit valutata in base all'efficacia.[89] Mentre lo scienziato, dunque, sostiene la propria teoria ricorrendo a dati ogget tivi presentanti per mezzo di un linguaggio simbolico, il retore cerca di persua dere gli altri attraverso le parole e il linguaggio naturale, trovando e ordinan do i possibili elementi di persuasione. A questo scopo, il retore deve tener pre senti non solo gli aspetti razionali, ma anche quelli emotivi ed etici. Oltre al discorso (logos) in s e per s, che persuade attraverso prove vere o apparentement e tali, a ricoprire un ruolo importante il carattere (ethos) dell'oratore, che d eve saper dimostrare di essere attendibile e di conoscere a fondo l'oggetto di c ui sta trattando, cos da accattivarsi la fiducia del pubblico; inoltre, important e saper suscitare emozioni (????) di piacere o dolore negli ascoltatori, poich i sentimenti influenzano inevitabilmente la capacit di giudizio del pubblico.[90] Prove tecniche e extra tecniche [modifica] Le prove da portare a favore della tesi vengono suddivise da Aristotele in tecni che (o prove nella tecnica) e extra tecniche (o prove fuori-tecnica). Le prove e xtra tecniche (??????? ???????) sono quelle che non dipendono direttamente dal r etore, ma sono comunque a sua disposizione, come le confessioni degli imputati, i testi scritti, le leggi, le sentenze precedenti, le testimonianze e via dicend o. Le prove tecniche (??????? ????????), al contrario, sono quelle fornite al re tore dall'esercizio della sua arte.[91] Queste ultime possono essere di due spec ie: esempio o exemplum (??????????), ovvero l'induzione retorica. L'esempio consiste nel ricorrere ad un fatto particolare, reale o inventato (ma sempre verisimile) , che abbia affinit con l'oggetto dell'orazione, per poi generalizzarlo tramite i

nduzione e giungere infine a conclusioni la cui validit solo particolare. A quest o tipo di prove sono ricollegabili l'argomento d'autorit, il modello, il preceden te giuridico;[92] entimema (????????), ovvero la deduzione retorica. Si tratta di un sillogismo ba sato su premesse non vere ma verisimili (il verisimile ammette dei contrari), sp esso riprese da opinioni diffuse (in certi casi la premessa maggiore pu anche ess ere taciuta). Le premesse a loro volta possono essere di tre tipi:[93] gli indizi sicuri (????????), che possono essere verificati dai nostri sensi e s ono quindi necessariamente veri e incontrovertibili (in questo caso l'entimema p u coincidere con un sillogismo); i fatti verisimili (??????), che vengono accettati dalla maggior parte delle per sone perch stabiliti da una legge o dalla morale comune; i segni (??????), una cosa che pu indurre a farne intendere un'altra: per esempio la presenza del sangue pu richiamare alla mente un omicidio, anche se l'associaz ione non necessaria (il sangue pu essere stato versato per una semplice epistassi ). I luoghi (topoi) [modifica] Per approfondire, vedi la voce Tpos. Con il termine luogo (in greco ?????, tpos, in latino locus) in retorica si intende un argomento ricorrente, organizzato in forme convenzionali e stereotipate a us o e consumo del retore. Il topos, nella sua convenzionalit, infatti immediatament e riconoscibile da parte dell'uditore, e permette al retore di disporre di un el emento di sicuro effetto da utilizzare nelle orazioni.[94] La teoria dei topoi, detta appunto topica, si deve quasi integralmente ad Aristotele, che ne tratt nei Topici e poi nel Libro II della Retorica come forma di argomentazione dialettic a. Generalmente, se ne distinguono due tipi: comuni e propri. I luoghi comuni (????? ??????) partono da punti di vista generali, opinioni acce ttate dalla maggior parte degli individui, che appunto in quanto generali valgon o per quasi tutti gli argomenti. Aristotele ne classifica 3 tipi: possibile/impo ssibile, reale/non reale, pi/meno. I luoghi propri (?????), invece, sono specific i e variano a seconda del pubblico, della disciplina e del tipo di discorso. Si tratta di proposizioni particolari, legati alla pratica di ciascuna determinata disciplina, la cui validit viene per riconosciuta da tutti.[95] La disposizione: la struttura del discorso [modifica] Cicerone pronuncia un'orazione in Senato La seconda parte del sistema della retorica riguarda la dispositio (in greco ??? ??, taxis, oppure ?????????, oikonoma), cio l'organizzazione del discorso: le part i di cui si compone il discorso, l'ordine in cui presentare i contenuti e le ide e, l'ordine delle parole per presentare gli argomenti.[96] Con particolare attenzione alla retorica giudiziaria, la retorica classica ha fo rmulato uno schema per strutturare i discorsi, il quale pu essere seguito rigoros amente o meno. L'orazione prevede quattro parti, nell'ordine: exordium, esordio, tentativo di accattivarsi l'uditorio delectando e movendo con ornamenti; narratio, esposizione, esposizione dei fatti, per docere l'uditorio, in ordine c ronologico o con una introduzione ad effetto in medias res; argumentatio, argomentazione, dimostrazione delle prove a sostegno della tesi (c onfirmatio) e confutazione degli argomenti avversari (refutatio); peroratio, epilogo, la conclusione del discorso, muovendo al massimo gli affetti dell'uditorio e sviluppando pathos. Esordio [modifica] L'esordio (???o?????, exordium) la parte che apre l'orazione, in cui viene espos to, sempre che non sia gi noto, l'oggetto di cui ci si intende occupare (???????? ). Il suo scopo quello di accattivarsi i favori del pubblico (captatio benevolen tiae) e annunciare le ripartizioni che si stanno per adottare nello svolgimento dell'orazione (partitio).[97] Se la situazione lo permette, possibile chiedere e splicitamente all'uditorio di essere benevoli, altrimenti si deve ricorrere all' insinuatio, entrare nell'animo degli ascoltatori per via sotterranea, evitando d

i parlare dei propri punti deboli per mostrare invece quelli degli avversari. In oltre, importante rendere subito nota la struttura dell'orazione e l'ordine degl i argomenti, cos da rendere il pubblico partecipe dei termini del discorso ed evi tare che sembri troppo lungo. Per accattivare e rendere pi partecipi le giurie - nel caso dell'orazione giudizi aria greca, in particolare - all'interno del ???o????? venivano inserite talvolt a espressioni o periodi che sottolineavano la presa di coscienza da parte dell'o ratore della difficolt dell'argomento trattato o della sentenza da emettere (ad e s. "mi rendo conto di quanto sia difficile per voi, o Ateniesi, giudicare...").[ 21] Si tenga presente che, nel caso si intenda trattare l'argomento in medias res, l 'esordio e l'epilogo possono essere evitati. Esposizione [modifica] L'esposizione (???????? o anche ?????, narratio) il resoconto succinto, chiaro e verisimile dei fatti che vengono affrontati, cos che sia funzionale all'argoment azione. Due sono i generi di disposizione dei contenuti: l'ordo naturalis, che s egue lo svolgimento logico e cronologico degli eventi, e l'ordo artificialis, or ientato pi alla resa estetica tramite l'uso di figure retoriche, digressioni e al tri procedimenti stilistici. Quest'ultimo anche pi intellettuale, poich rompe la l inearit del tempo per assecondare le esigenze della situazione e dell'argomento.[ 98] Nell'esposizione dei fatti inoltre necessario perseguire quello che il giusto mez zo, non essere cio troppo prolissi ma nemmeno tanto brevi da tralasciare qualcosa di importante. Bisogna poi ricordare che essenziale la verosimiglianza dei fatti , i quali devono essere attendibili e devono essere disposti in maniera tale da assolvere alle tre funzioni della retorica: docere, movere e delectare. Argomentazione [modifica] Cuore del discorso persuasivo l'argomentazione (?????? o ?????????, argumentatio ), il resoconto delle prove a sostegno della tesi, che pu prevedere anche un affo ndo contro le tesi avversarie. La sua struttura interna si compone di due parti: propositio e confirmatio, a cui pu seguire una terza, l'altercatio. La propositi o una definizione ristretta della causa (o delle cause) da dibattere, subito seg uita dalla confirmatio, l'elenco delle ragioni a favore, nell'ordine: dapprima q uelle pi forti, in seguito le pi deboli e infine le pi forti in assoluto. Talvolta, specie durante un processo, la confirmatio pu essere interrotta dall'intervento di un avversario, come ad esempio un avvocato di parte opposta: in questo caso s i parla di altercatio, un dialogo serrato tra il retore e il suo avversario.[99] Epilogo (perorazione) [modifica] L'epilogo (????????, peroratio) la parte conclusiva dell'orazione, e si muove su due livelli: riprende e riassume le cose dette (enumeratio e rerum repetitio), tocca le corde dei sentimenti (ratio posita in affectibus). Da un lato, il retor e deve concludere dando un'idea d'insieme di quanto stato detto e sostenuto, ric hiamando alla memoria i punti fondamentali; dall'altro, ha luogo la perorazione vera e propria, che fa leva sui sentimenti dell'uditorio ricorrendo a dei loci p restabiliti (in genere atti a creare indignazione o commiserazione).[100] L'elocuzione: lo stile [modifica] Miniatura quattrocentesca del De oratore L'elocuzione (elocutio in latino, ?????, lexis in greco) la parte che riguarda l 'espressione, la forma da dare alle idee. L'elocutio si occupa dello stile da sc egliere affinch il discorso risulti efficace, studiando quindi la parte estetica dell'espressione, la scelta (electio) e l'ordine (compositio) da dare alle parol e. Sotto questo aspetto la retorica invade il campo della poetica, riprendendone gli elementi di ornamento, tra cui le pi importanti sono le figure (vedi oltre). La composizione [modifica] La parte centrale dell'elocutio rappresentata dalla cosiddetta compositio, opera zione che consiste nella scelta e combinazione dei termini. Affinch il discorso p ossa risultare efficace, necessario tenere conto nella fase di composizione di q uattro qualit o requisiti fondamentali, meglio noti come virtutes elocutionis:

l'aptum (in greco ??????, prpon), l'adeguatezza del discorso al contesto in cui d eve essere pronunciato; la puritas (o latinitas), la correttezza sintattica e grammaticale; la perspicuitas, la chiarezza, necessaria affinch il discorso sia comprensibile; l'ornatus, gli ornamenti e tutti gli altri mezzi atti a rendere il discorso pi be llo e quindi pi gradevole. Tutte queste caratteristiche devono essere presenti, applicate o a singole parol e o a intere frasi. Talvolta il mancato rispetto di una delle virtutes pu essere giustificato da determinate esigenze espressive, e in questo caso si parla di li cenza (licentia); in caso contrario, la mancanza viene sanzionata come errore (v itium).[101] Gli stili [modifica] L'espressione varia a seconda degli argomenti e della situazione in cui il disco rso deve essere pronunciato. Per questo motivo, la retorica classica distingue t re stili (genera elocutionis): nobile o sublime (genus sublime o grave), umile (genus humile o tenue), medio o moderato (genus medium). I presocratici. Testimonianze e frammenti, a cura di G. Giannantoni, Laterza, Ro ma-Bari 1979 Platone, Gorgia, a cura di A. Festi, in: Tutte le opere, a cura di E.V. Maltese, Newton Compton, Roma 2009 ID., Fedro, a cura di G. Caccia, in: Tutte le opere, ed. cit. Isocrate, Opere, a cura di M. Marzi, Utet, Torino 1991 Aristotele, Retorica, a cura di M. Dorati, Mondadori, Milano 1996 (Cicerone o Cornificio), La retorica a Gaio Erennio, a cura di F. Cancelli, Mond adori, Milano 1992 Cicerone, Opere retoriche, a cura di G. Norcio, Utet, Torino 1976 Quintiliano, Institutio oratoria, a cura di R. Faranda e P. Pecchiura, Utet, Tor ino Anonimo (Pseudo-Longino), Il Sublime, a cura di G. Guidorizzi, Mondadori, Milano 1991 Agostino, De doctrina Christiana, a cura di L. Alici, Ed. Paoline, Milano 1989 Il sublime lo stile nobile, elevato, e viene utilizzato per trattare di argoment i seri facendo leva sui sentimenti (movere), suscitando forti passioni; l'umile ha lo scopo di docere et probare, mentre lo stile medio, misto dei due precedent i, deve delectare attraverso un atteggiamento moderato che tenga conto dell'etho s.[102] La memoria [modifica] La mnemotecnica, la scienza che mira a sviluppare la memoria attraverso una seri e di regole, molto antica: tra gli intellettuali che si interessarono di questa disciplina ricordiamo il sofista Ippia di Elide e i filosofi Raimondo Lullo, Pic o della Mirandola e Giordano Bruno. Nel corso del Seicento la mnemotecnica class ica fin per essere assimilata alla ars combinandi, teoria della combinazione degl i elementi associata al calcolo matematico.[103] Jean-Jules-Antoine Lecomtedu Nouy, Demostene si esercita a recitare un'orazione La memoria entra a pieno titolo nel sistema della retorica classica a partire da l Libro III della Rhetorica ad Herennium (I secolo a.C.), e ricopre un ruolo imp ortante in funzione della recitazione, poich permette di mandare a mente la strut tura e gli argomenti del discorso senza dover ricorrere ad appunti scritti, risu ltando particolarmente utile quando la situazione richiede di improvvisare. Gene ralmente si distinguono due tipi di memoria: la memoria naturale e quella artifi ciale. La prima la dotazione naturale di cui dispongono tutti gli individui, men tre la seconda, che ha lo scopo di rafforzare la prima, viene appresa tramite un che funziona attraverso immagini e punti di r a tecnica la mnemotecnica, appunto iferimento fissi, ai quali vanno associati gli oggetti da ricordare: in questo m odo l'atto del ricordare diventa una scrittura mentale, in cui ad ogni immagine corrisponde un oggetto e quindi un significato.[103]

La recitazione [modifica] Infine, il retore deve anche essere in grado di recitare la propria orazione di fronte a un pubblico. Questo momento prende il nome latino di actio o pronunciat io (in greco ?????????, hypkrisis), e la sua efficacia legata al modo in cui chi parla si presenta di fronte all'uditorio. Al retore dunque richiesto di essere a nche attore, di avere cio buone capacit di recitazione, cos da coinvolgere il pubbl ico attraverso la gestualit e il tono di voce. La sua indubbia importanza stata t uttavia messa in secondo piano dai retori e dai teorici, che nei loro trattati p referiscono concentrarsi su inventio, dispositio ed elocutio, specie in riferime nto alla produzione di testi scritti.[104]

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