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SABATO 4 GIUGNO 2011 SUPPLEMENTO SETTIMANALE DE IL MANIFESTO SABATO 11 GIUGNO 2011 ANNO 14 N. 23
ANNO 14 N. 22
Qual lorigine del degrado della vita culturale milanese? Gli anni ottanta. E perch? E come? Un interprete deccezione ripercorre le tappe del disastro, con speciale attenzione alla storia dellarte
di Giovanni Agosti
i fronte allesaltante possibilit di voltare pagina nella citt in cui abito Milano non sar del tutto disutile riflettere su forme e modi e tempi del degrado della vita culturale che ne ha caratterizzato la storia recente. Inevitabilmente gli esempi saranno tratti dal campo del mio lavoro che riguarda soprattutto, ma non solo, la storia dellarte: sono convinto per che la morale della favola possa essere applicata anche ad altri settori della cultura. Spesso gli studenti pi avvertiti, quelli dal cervello meno devastato da anni e anni di televisione e dalla rincorsa ai punti e ai crediti universitari, mi chiedono quando e come le cose sono cominciate ad andare male. Provare a raccontarlo, coordinando fatti anche lontani, non per lodare il passato, ma per cercare ragioni e responsabilit, in modo da correggere, se si pu, e ripartire, adesso mi sembra giusto. I nomi dei responsabili della situazione in cui ci troviamo io li so: spesso ne stilo gli elenchi, meccanicamente: qualcuno morto e qualcuno vivo, qualcuno ha agito male consapevolmente e qualcuno no; e c anche chi si ravveduto in corso dopera e ha cambiato cavallo. Le ragioni, si vedr, sono molto Due icone sulla crisi varie: la brama di arricchirsi a tutdi Milano: sopra, ti i costi, la smania di potere, laslUniversit Statale senza di senso di responsabilit ciin Colpire al cuore, vile, la mancanza di qualit intrin1983, di Gianni Amelio; seche unita alla vanit o, semplicein basso, mente, il desiderio di dare visibiliFranco Branciaroli in t scientifica alla propria amante In exitu di Giovanni del momento. Testori (che compare Bisogna riandare con la macsullo sfondo), 1988, china del tempo negli anni OttanStazione Centrale. ta perch l che si trovano le raSi ringraziano Amelio gioni delloggi. Erano gi scome lAssociazione Testori
parsi uomini come Franco Russoli (1923-1977), lultimo Soprintendente che Milano abbia avuto in grado di pensare in grande, capace di inventarsi la Grande Brera cio unespansione della maggiore pinacoteca cittadina da Gentile da Fabriano a Piero della Francesca, da Giovanni Bellini a Caravaggio che dilagasse fuori dal palazzo seicentesco che ospita il museo e raggiungesse fasce sociali differenti, immergendosi con saggezza nel turbine contemporaneo (a quasi mezzo secolo di distanza si ancora allo stesso punto). O donne come Anna Maria Brizio (1902-1982), che era passata dallantifascismo alla solidariet con gli studenti in rivolta, inseguendo nuove forme di didattica, senza derogare al rigore e alla severit, senza voti politici e 18 a tutti, senza souplesse insomma: e intanto leggeva, senza gli specchi, gli scritti di Leonardo da Vinci o si immergeva nella Milano tetanica della Scapigliatura, tra Tranquillo Cremona e Carlo Dossi. Non poteva pi essere un riferimento per tutti Giovanni Testori (1923-1993): la reazione violenta, nel 1979, alla mostra di Gae Aulenti al Padiglione dArte Contemporanea e lavvicinamento a Comunione e Liberazione, tra una Conversazione con la morte e la scoperta della Maest della vi-
ta, con decise scelte antiabortiste, lo avevano reso inviso ed un eufemismo a quasi tutti i primi attori della scena culturale del momento. Chi era presente, nel 1988, alla prima di In exitu, tra le rampe della Stazione Centrale, dove una marchetta consumava la sua ultima overdose? Una delle scene madri del decennio, quando leroina imperversava tagliando le classi sociali e lAIDS da poco era chiamato cos. Ma il recupero della grandezza di Testori, oggi generalmente ammessa, sar fatica del poi, di alcuni di noi. Eppure sar proprio lui, con gli Angeli dello sterminio, a descrivere, nel 1992, in maniera immaginifica, quanto era successo nella citt, gi cos tanto amata, di cui non riusciva pi a scrivere nemmeno il nome: e poco importa che ricorresse al ricordo del finale di Roma, il film di Fellini del 1972, per la scena conclusiva dellApocalisse di Milano, con i motociclisti sulle Triumph, quelle vendute da Bepi Koelliker, che sgommano sul sagrato del Duomo incendiato. Alberto Arbasino (nato nel 1930) era da anni a Roma e le sue sacrosante osservazioni sul Paese senza, tra Illuminismo del cuore e Romanticismo del cervello, sembravano non raggiungere chi gestiva lamministrazione culturale di Milano.
La resa dellolivettiano Zorzi La societ Olivetti aveva avviato, dal 1977, il restauro del Cenacolo nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, affidato a Pinin Brambilla (limpresa terminer solo nel 1999): l si avvertiva, almeno per la manualit del lavoro, un filo di continuit con il passato. Giorni e giorni sui ponteggi, senza delegare, rimettendoci la vista, pur di restituire unimmagine coerente e consona del capolavoro di Leonardo da Vinci, quello che nel 1498 aveva inaugurato, non solo a Milano, la maniera moderna. Il testimone, che presto diventer un cerino acceso, era tenuto da Renzo Zorzi (1921-2010), reduce dallIvrea delle utopie di Adriano Olivetti e costretto a scendere a patti con una realt in mutazione, con committenti e protagonisti di ben altro calibro; trovandosi a fare da padrino alla sciagurata mostra sul collezionismo dei Gonzaga a Mantova, nel 2002, quando cinquecentomila visitatori furono convinti da una pubblicit martellante e dallesibizione del numero dei documenti consultati di andare a vedere la raccolta delle opere che erano state dei Gonzaga, tra il giubilo degli amministratori locali, mi diceva: Spero che la Sua generazione mi perdoner; non potevo fare altrimenti. Ancora adesso mi chiedo che cosa volesse dire.
A Milano, negli anni Ottanta, si era agli ultimi fuochi delle giunte con i socialisti in sella; i galantuomini che fanno passi indietro di fronte alle nuove urgenze della conclamata deideologizzazione, nella faticosa uscita dagli anni di piombo, le cui immagini pi profonde per la citt si ritrovano nei fotogrammi, che attraversano le classi sociali, di Colpire al cuore di Gianni Amelio, 1983, tra lacquario di piazza Eleonora Duse e le aule della Statale di Portaluppi. Era venuto invece il momento della moda della moda. E sembrava che la fatica della ricerca non valesse pi la pena di affrontarla. Al rigore concettuale e analitico si era rapidamente sovrapposto, con un ritorno di fiamma che invest anche Milano, il gusto per la pittura: era stata un requiem delle aspettative deluse nel 1983 la mostra dellarte cinetica e programmata, curata da Lea Vergine, in Palazzo Reale. Come a dichiarare, in una contrapposizione superficiale, che adesso era la volta della joie de vivre; e non mancarono i cantori. A fare data, stando sul piano della qualit, lavvio di Memphis, che risale al 1981. Era del resto servita a poco laffermazione di Mercedes Garberi (1927-2007), la dimenticata direttrice delle raccolte darte del Comune: A Milano la Transavanguardia non pas-
ser. Dopo avere riaperto, nel 1979, il PAC, era stata lei a volere, nei sottotetti del Palazzo Reale, una presentazione delle ricchissime raccolte comunali darte contemporanea: il CIMAC (era ormai gi evidentemente stagione di acronimi), aperto nel 1984 (lo chiuderanno nel 1998). Uninfilata di piccole stanze e pi corridoi dove le sculture astratte di Melotti o le nature morte di Morandi o i numeri di Fibonacci al neon di Merz si vedevano in una luce chiara, sulle allora consuete pareti bianche. Tutto gratuito, civile. Se ne sar fatto parola nella pompa dellinaugurazione, qualche mese fa, del Museo del Novecento?
Il Bosch di Mike Bongiorno Intanto le formiche diventavano cicale e guai a far parola dellinverno, prossimo venturo. Che quello fosse il clima e che i parametri della dedizione al lavoro non corrispondessero pi agli standard precedenti, quelli in cui si era naturalmente cresciuti a Milano, io lho avvertito quando comparso il primo volume del catalogo della Pinacoteca di Brera. Faceva parte di una collana, edita dallElecta, e avviata da Raffaele Mattioli (1895-1973), il direttore della Banca Commerciale Italiana, prodigo di aiuti a chi facesse veramente della buona cultura (sono le idee che mancano, non i soldi per realizzarle: sulla sua bocca stavano battute cos, a quanto riferiscono quelli che lavoravano con lui). Il raggio delle frequentazioni di Mattioli, ben oltre le mura di Milano, stanno a dirlo i nomi dei partecipanti al libro per i suoi settantacinque anni, 1970: da Contini a Isella, dalla Barocchi a Longhi, con il ritratto di Guttuso nel controfrontespizio, la messa in pagina di Mardersteig e la redazione di Antonini. Era un libro Ricciardi.
Mattioli, abruzzese di nascita, sepolto allabbazia di Chiaravalle, uno dei pi plurilinguistici monumenti milanesi, vegliato in cima alla scala che conduce dalla chiesa alle celle dei monaci (adesso sono rimasti in cinque) dalla Madonna del 1512 di Bernardino Luini (e chi dice Luini dice Lombardia), tra i giotteschi in fuga da Firenze e i resti bronzei della romana cappella Chigi di Raffaello; l era riemerso da un muro, nel 1989, un notevole affresco quattrocentesco con un Cristo davanti a Pilato, probabilmente di Hans Witz: la televisione ne presentava in diretta, da Mike Bongiorno, il ritrovamento come se si trattasse di un autografo di Bosch cio di un autore vissuto pi di mezzo secolo dopo ma molto pi noto al grande pubblico. Era una delle tante testimonianze del cattivo costume dellinformazione in campo storico-artistico; ultimo esito, il mese passato, lo scivolone raffaellesco sulla copertina dell Espresso. Perch per i fatti figurativi non sono richieste le medesime precisione e competenza che il lettore pretende se si tratta di sport o di economia?
I musei tra Electa e Finarte Proprio Mattioli si era adoperato perch le raccolte pubbliche milanesi, indipendentemente dalla loro propriet (statale, comunale, ecclesiastica), fossero provviste di cataloghi scientifici, tutti dello stesso formato, pubblicati dallo stesso editore. Non credo esista qualcosa del genere per il patrimonio artistico di nessunaltra citt del mondo. La serie era cominciata nel 1973 e da allora non ancora terminata ma con puntualit procede di anno in anno; ora sostenuta dalla Banca Intesa San Paolo ha censito quasi tutti i musei cittadini. Fino alla comparsa del primo volume del catalogo di Brera, nel 1988
appunto, era costume che lavori del genere toccassero a uno o pi individui che per anni si prendevano cura della catalogazione loro affidata: cos era stato per esempio con il Museo del Duomo o con la pinacoteca del Poldi Pezzoli. Nel caso di Brera viene varata una nuova formula: decine di schedatori che procedono luno indipendentemente dallaltro, nessuna forma di controllo generale, nessuna bonifica a monte delle vicende collezionistiche e un curatore di facciata scelto nel personaggio che in quel momento rivestiva, tra televisione e mercato, il massimo dellautorevolezza: Federico Zeri (1921-1998), a cui spett in sostanza solo il controllo della bont delle attribuzioni, come se per i quadri di Brera si dovessero stilare stime o perizie per eventuali vendite o divisioni ereditarie. Nel 1984 era infatti morto Carlo Volpe e il ruolo di consulente della Finarte per i dipinti antichi era passato proprio a Zeri o a suoi prestanome: si individua cos un singolare legame tra piazzetta Bossi, sede della casa daste, e via Trentacoste, sede dellElecta, che non era pi la casa editrice di Dario Neri e di Bernard Berenson, ma non era ancora quella di Silvio Berlusconi. I risultati furono immediatamente evidenti, alla comparsa del primo volume, dedicato alle scuole lombarda e piemontese tra il 1300 e il 1535: una periodizzazione di per s con poco senso sia dal punto di vista della storia che da quello della storia dellarte. I venticinque autori del libro erano generalmente troppo impegnati in prove di presenzialismo su pi scenari non solo milanesi per dedicarsi con il dovuto rigore alla prova faticosa, e spesso disperante, costituita dalla scheda di catalogo di un museo: la carta di identit che deve accompagnare unopera, si spe-
ra, per decenni, allinterno di un repertorio ragionato e coerente. Si varava anche, in quelloccasione, lidea di affidare a giovani veri, al di sotto cio dei trentanni, la stesura di alcune schede: di per s una scelta lodevole se accompagnata da adeguati impegni pedagogici. Cos non stato e intorno allElecta di quegli anni si mette a punto la figura dello schedatore: poco retribuito, sempre disponibile, di rado competente, bisognoso di farsi notare. Forse qualche no, grazie in pi, qualche magari unaltra volta avrebbe preservato da quello che venuto dopo. Infatti lo schema adottato nel catalogo di Brera stato replicato innumerevoli volte (non solo a Milano). E labbassamento degli standard, allinterno della stessa collana, sotto gli occhi di tutti: dalle fotografie alla redazione dei testi, agli indici. In quella Milano l infatti le case editrici cominciavano progressivamente a rinunciare ai redattori interni. I cataloghi dei musei dovrebbero essere libri scientifici: provare per credere a utilizzare i volumi sul Museo Bagatti Valsecchi alla ricerca degli scioglimenti delle abbreviazioni bibliografiche in coda alle schede. Non ci sono pi. Per distrazione? Per sciatteria? Quello che conta solo linvolucro esterno: il libro assomiglia a quelli originari, e tanto basta alla civilt dellapparire.
Distruzione del Castellazzo Un paio di istantanee per chiudere il decennio degli Ottanta. Le sale di Brera, con le pareti ancora tutte chiare non larlecchinata di oggi , ridotte a ospedale: le tavole dipinte distese sui cavalletti come malati in settori del museo preclusi al pubblico, dietro transenne di cellophan. La temperatura era allimprovviso cresciuta, gli allarmi non erano stati tempestivi, la soprintendente, se non ricordo male, era allestero, mi pare in Nepal Di rigore non fare parola dellavvenuto. Per fortuna ci fu anche chi, per questo e altri malanni di Brera, non ebbe paura di scrivere che si vergognava di fare parte di quella Soprintendenza. Intervenne persino una sorta di consiglio di disciplina del Ministero dei Beni Culturali di fronte a quella prova di disfattismo della funzionaria coraggiosa. Per qualcuno di noi Maria Teresa Binaghi, che aveva conosciuto ben altre conduzioni dellufficio, ben altre forme di senso dello Stato, diventava invece un riferimento nella citt sempre pi smarrita. Unaltra immagine invece riguarda il settore, che sarebbe diventato sempre pi importante, della storia del collezionismo. Gli storici dellarte infatti cominciavano a riflettere dopo che Francis Haskell aveva inaugurato nuove forme di pensiero per rivolgersi al campo figurativo, subito intese e messe alla prova dalla sapienza storica di Paola Barocchi sulle forme di collezionismo del passato. E a Milano ancora sopravvivevano, e sopravvivono, contesti naturalmente alti, dalla stratificazione secolare. Fino al 1989 uno di questi era, alle porte della citt, la villa del Castellazzo, dai sontuosi interni e dal parco mirabile, celebrata nei Mmoires di Goldoni e nei carteggi di Canova. Tutto in quellanno stato smantellato e disperso, salvo lapprodo smarrito di alcune sculture del Bambaia dei capolavori, per fortuna notificati nel primo Novecento nelle raccolte civiche di Milano, tramite la mediazione di una casa daste. Sui giornali neanche lacrime di coccodrillo per descrivere laccaduto, solo il plauso per loperato del Comune. Si era ormai alle soglie di Tangentopoli; sui muri della citt gli spray scrivevano Di Pietro facci sognare. Ma non sarebbe cambiato nulla. 1- continua
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di Nicola Bertasi
Fotofinish di un risveglio
a Milano siamo partiti in tanti negli ultimi anni. Qualche mese fa contavo, fra i miei amici, quanti avevano lasciato la citt per cercare lavoro, studiare e vivere altrove. Una piccola diaspora. La met quasi aveva emigrato, stufa davvero di una metropoli di un milione e mezzo di abitanti che giocava a fare la provincia culturale del mondo, la citt disumana, un grande stage non pagato: razzista, statica, mafiosa, insensibile, volgare e poco divertente. Ma non possibile dicevamo, questa citt medaglia d'oro alla resistenza, deve rialzarsi. Cos non avevo abbandonato Milano. E con me altri, incontrati in tante citt europee. Tutti quelli che partivano poi tornavano nelle pause di lavoro. Ci incontravamo davanti al Rattazzo a scherzare, alla cascina Torchiera, all'Isola a difendere la Stecca degli artigiani, a ballare nei circoli Arci che lottavano per non spegnere la musica nonostante Decorato, davanti alla Darsena guardando i topi che mangiavano rifiuti sotto gli occhi increduli dei turisti convinti di essere nel pieno centro di una metropoli europea. Rifiutavamo l'idea che la citt potesse continuare a essere trattata come una grande impresa, appannaggio dei cortigiani del re. Si parlava e si danzava, in un odioso silenzio istituzionale pieno di nebbia, de frecc e de scur. A novembre le primarie hanno scelto Pisapia, candidato sindaco di questa citt. Verso mezzanotte ci siamo ritrovati all'Arci Bellezza, storico circolo milanese, a sperare di cambiare Milano (e anche gli sconfitti alle primarie hanno sentito la necessit di unire le forze, mettendosi a disposizione con l'obiettivo comune di sconfiggere la destra). Le persone che ho incontrato quella sera, sulle note di Bella Ciao, volevano ridere finalmente. Non sopportavano pi la vergogna di una giunta che attaccava ogni esperimento di partecipazione e di libert, che negava a una generazione il diritto di lavorare, il diritto di vivere e non di sopravvivere. Pisapia stato meraviglioso. Uno straordinario catalizzatore di energie. Da novembre dell'anno scorso, fino a questo incredibile maggio milanese non si fermato un attimo e ha liberato Milano dal berlusconismo. Ma non l'ha liberata da solo. Questa oggi la vittoria di tutti: di tutte le donne di Olivia Gozzano (le fotografie sono pubblicate oggi), delle associazioni e delle realt underground, dei dolci centri sociali milanesi denigrati da altri come fossero peste, dei ventenni che vogliono che Berlino sia pi vicina, dei volontari dei comitati Pisapia, degli immigrati che gridavano il primo marzo non c' Italia senza di noi ma anche della borghesia illuminata che finalmente ha fatto pesare la forza della cultura come argine alla prepotenza di un potere estremamente pericoloso. Tuttinsieme. Queste giornate milanesi di festa sono un pezzo di storia in cammino, una vittoria della partecipazione. Chiunque passato da Milano i giorni scorsi partito con il sorriso sulle labbra. Quel sorriso che i milanesi inseguivano da decenni. Questa citt si svegliata. Adesso ci sono i referendum. Poi dovr esserci l'Italia.
Giuliano Pisapia ha liberato Milano dal berlusconismo. Ma non l'ha liberata da solo. la vittoria di tutti: delle associazioni e delle realt underground, dei dolci centri sociali criminalizzati, dei ventenni che vogliono che Berlino sia pi vicina, degli immigrati che gridavano non c' Italia senza di noi, ma anche della borghesia illuminata...
1-2: la Volata, bici & sorrisi invadono le strade di Milano (Mattia Velati/Luz Photo); 3: pupazzi vicino al palco della festa (Velati/Luz Photo); 4: Giuliano Pisapia (Velati/Luz Photo); 5: un volontario dei comitati Pisapia (Nicola Bertasi/Miciap.com); 6-7-8-9-10: la piazza in festa resiste al temporale e ringrazia Gigi dAlessio per aver abbandonato la Moratti il giorno precedente (Velati/Luz Photo); 11: un tappeto di ombrelli poco prima che spuntasse il doppio arcobaleno (Bertasi/Miciap.com); 12: una nuotata liberatoria a piazza
23: a piazza del Duomo (Velati/Luz Photo); 24: fatta! (Alfredo Bosco/Miciap.com); 25: a piazza del Duomo con il cartellone Game over (Filippo Ceredi/Miciap.com)
Fontana (Bertasi/Miciap.com); 13: Milano liberata (Alfredo Bosco/Miciap.com); 14: tempo di cambiare (Bosco/Miciap.com); 15: un bacio (Velati/Luz Photo); 16-17: Pisapia sindaco! (Velati/Luz Photo); 18: la festa in piazza del Duomo (Velati/Luz Photo); 19: si balla davanti alluniversit (Bertasi/Miciap.com); 20: i fuochi dartificio sono arrivati di sorpresa (Velati/Luz Photo); 21: arancioni fuori e rossi dentro (Velati/Luz Photo); 22: la festa a piazza del Duomo (Velati/Luz Photo)
di Enzo Di Mauro
ei nove racconti inclusi nel volume Il bene sia con voi! (Biblioteca Adelphi, traduzione di Claudia Zanghetti, pp. 253, 19,00) solo tre erano gi stati pubblicati in italiano, a cura di Mario Alessandro Curletto nel 1991 per il Melangolo, e precisamente Fosforo, Linquilina e Mamma. Datato 1962, proprio Fosforo a offrirci le prime, essenziali coordinate intorno al suo autore che, intanto, predilige sempre lo spunto autobiografico, quasi che il pezzo narrativo debba avere di norma il tratto nervoso e acre, in presa diretta e perci oggettivato, del reportage. In questo caso si tratta della memoria superstite e assai minuziosa di una lontana e disperante esperienza di lavoro che potremmo definire forzato, sebbene il termine sia qui inesatto e ambiguo nelle miniere del Donbass. Il chimico Vasilij Grossman evoca non tanto se stesso, il suo dolore e la sua solitudine, quanto il pi sfortunato tra i suoi amici di allora, tuttavia il solo che di lui continui a preoccuparsi senza nulla potersi attendere in cambio. la storia di un uomo buono e di una lunga dedizione. Krugljak cos si chiama parte, secondo lo scrittore, di una comunit di uomini che in potenza potrebbero salvare il mondo. Sono coloro i quali, eremiti del ventesimo secolo, pi non vivono nelle celle dei monasteri, nelle grotte, in un eremo in mezzo ai boschi o nel deserto. Per questo si ha limpressione che non ce ne siano, nel nostro mondo civilizzato. Ma non cos. Sono tanti. Pi che al tempo dei martiri cristiani. Le loro celle sono mimetizzate, vivono sparsi nelle citt del mondo moderno, negli appartamenti in coabitazione, per le strade di Mosca e di Kiev, faticano nelle fabbriche, lavorano nei ministeri, fanno gli im-
bianchini. Portano giacca, soprabito e bustine di astrakan. questa, se vogliamo, la riflessione che attraversa tutta lopera di Grossman, illuminandola, nutrendola e compattandola in direzione di una morale laica, asciutta, mai esacerbata o esagitata. Questa sua morale il perno della forma e dellandatura stilistica di cui si diceva allinizio e che ritroviamo, qui, nel racconto pi lungo, quasi un romanzo breve quello che d il titolo allintera raccolta con quel punto esclamativo che non ha niente di normativo ed semmai il segno di un di pi di tenerezza e di fraternit. A quasi trentanni di distanza da quello di Osip Mandeltam, il viaggio in Armenia di Grossman esibisce quella medesima visione geologica, stratificata, di un paesaggio immutabile, resistente, di arcaica bellezza. Tutto pietra, polvere dossa, scheletri di montagne e di cattedrali, piatto detrito che senza volere tende al cielo, foglie che paiono di sasso, pecore che paiono anchesse spuntare dalla terra a macchiare di movimento limmobile, limmoto. Erevan, la capitale, povera in superficie e bellissima nel sottosuolo ricco dantiche e sacre vestigia di civilt sepolte, indistruttibili per a indicare linevitabilit della persistenza oltre il tempo. anche e innanzitutto un testo politico: Propugnando il nazionalivita ultraterrena, nessuna forma smo, i reazionari, i conservatori di pulsione mistica li scuote e cercano di eliminare, di sradicare mai li sfiora lincantamento o, da esso il fondamento umano, peggio, la nostalgia verso il mito umanistico. Affermando la supreregressivo e reazionario della Sanmazia del carattere nazionale, il ta Madre Russia. La freccia della nazionalismo reazionario riconosua arte non mai metafisica, sce solo quanto c di esteriore, di astratta o irrelata dalloggetto osgenerico nella vita di un paese, e servato che poi, semplificando, distrugge la profondit dellessere lumana condizione, qui e ora e umano. Armeni ed ebrei: pietre, sempre, stretta nella morsa dei sidunque, di un unico destino, di stemi politici forti e della loro deuna traccia perenne, di un segno generazione. Pure, il nutrimento incancellabile. Nello spazio che see la luce di questa prosa la spepara superficie e profondit, suoranza, sebbene il tempo e le opelo e sottosuolo, cielo e terra in tare di questo scrittore (nato nel le movimento oscillatorio si mi1905 in Ucraina, a Berdicev, una sura lo strappo tra ci che si perde delle capitali ebraiche della vece ci che resta. chia Europa, e morto a Mosca nel Va sottolineato, onde evitare 1964) vadano a incastrarsi perfetfraintendimenti, che nei romanzi tamente e tragicamente con i pege nei racconti di Grossman non giori e pi tempestosi anni della v traccia di sentimento messiavita del Novecento. Lepoca dei nico, n di desiderio o dattesa di lupi fu detta, ma anche delle scelte necessarie e radicali e dellambiguit e dellerrore tanto che la Casa comune per il Narkomfin, sua medesima attivit di scrittore Mosca 1930
La freccia della sua prosa puntata costantemente sullumana condizione, stretta nella morsa dei sistemi politici. Dinanzi al nazismo e allo stalinismo, ha dato voce a una miriade di eremiti moderni, portatori di una tesissima morale laica
GAZDANOV
STRADE DI NOTTE DEL RUSSO ESULE A PARIGI GAJTO GAZDANOV, 1903-71
BERSAGLI
O S O
Principi decaduti, nobildonne sul lastrico, platonici etilici; e poi operai, baristi, prostitute, ministri... Sono i figuranti, russi e non, che popolano la Parigi di notte in questo romanzo. Cancellato in patria e riscoperto nella Perestrojka, Gazdanov fu uno scrittore buono, e apolide linguistico
gresso a quelluniverso reale e psichico che Gazdanov ritrasse, sulla scorta della sua esperienza personale di tassista, proprio in Nocnye dorogi (1941). La Parigi che cos scopriamo in un viaggio au bout de la nuit che ricorda davvero, in scala, le peregrinazioni americane di Humbert Humbert il rovescio tenebroso e mentale delle esistenze mancate, abortite e dissipate che ne costituiscono lintelaiatura: atrabiliare e appassionato Orfeo della ville lumiere, lio narrante non si limita a raccogliere brani e ritrarre vite illustri di uomini sconosciuti, perch a queste intreccia inscindibilmente la propria, riflettendone il dramma, le tensioni e la banale unicit esemplare: Mi ostinavo a non comprendere passioni e pulsioni che non provavo in prima persona; dovevo compiere ogni volta uno sforzo enorme, per esempio, per non dare degli emeriti scemi indegni di piet e compatimento a coloro che spinti da un fuoco cieco e incontrastabile dilapidavano le proprie sostanze fra carte e alcol. Solo perch per puro caso, io non reggevo gli alcolici e al tavolo verde mi annoiavo a morte []Chiss, forse anche nel caso di altre passioni che non concepivo sarebbe bastato un mutamento minimo e impercettibile per comprenderle, per subirne leffetto devastante e diventare a mia volta oggetto della commiserazione altrui. Forte di questa confessione, che si trova quasi allinizio delle Strade, il lettore messo nella
condizione di aprire anche a caso un romanzo che scorre fluido dalla prima allultima pagina, pervaso di pietas e sentimento per le cose minime che sono, delle maggiori, lessenza pi intima e vera. Molti essendo i personaggi che il tassista/Gazdanov incontra nel suo turno di lavoro, molte sono anche le vicende che si annodano intorno alla sua di cui ci vengono restituiti, avanti e indietro nel tempo, dettagli, indizi e turbamenti. Nel demi-monde di Montmartre e Montparnasse, dei Grands Boulevards e degli Champslyses (ma anche dei quartieri cupi e pittoreschi della periferia o quelli poveri del centro) si riflette tutto un periodo tragico della vita russa e non solo: principi decaduti, nobildonne sul lastrico, filosofi platonici ed etilici; e poi operai, baristi, prostitute e ministri, ciascuno, in un modo o nellaltro, giunto allultimo stadio del degrado sociale: Non mi mai riuscito di salvare qualcuno cos in chiusura di uno dei capitoli centrali del libro , di trattenerlo sullorlo di quel vuoto mortale di cui avevo percepito la vicinanza gelida cos tante volte. Per questo ogni giorno che mi sveglio salto gi dal letto e comincio a fare ginnastica. Ancora oggi, per, quando resto solo e non ho n un libro che mi difenda, n una donna con cui parlare, n fogli di carta liscia su cui scrivere, sento sempre accanto a me, senza bisogno di voltarmi e di muovere un muscolo, lo spettro della morte irreversibile altrui.
Lavvio una macchina-giardino volante ispirata ad Avatar: il che la dice lunga sulla ricerca di variet e combinazioni di piante e sistemi, di cui lo Show una delle grandi vetrine
OMAGGIO A BERLINO PER LARTISTA DI ANNABERG (1930-98)
di Andrea Di Salvo
lo naturalistico vittoriano). Scenografie aperte sui due lati (22 metri x 10), i 17 Show gardens sono il cuore dellesposizione. Giardini spettacolari, senza tema imposto se non quello indotto talvolta con mano pesante dal mandato degli sponsor. Grandi societ di investimento, banche, giornali come The Daily Telegraph e, da questanno, The Times, Uffici del turismo, produttori di champagne, piuttosto che di sistemi energetici naturali, Fondazioni come quella per la Ricerca sul Cancro (che nel suo giardino affronta, con Robert Myers, il tema del sopravvivere, astratto in un impervio paesaggio costiero). Sistema di sponsorizzazioni che la dice lunga sulla penetrazione nella societ (per ora anglosassone) della consapevolezza che, visto il complesso sistema di valori incorporato dal giardino, ripaga investire in costosi progetti temporanei e spettacolari. In ogni caso, come confessa Cleve West, che ha disegnato il giardino del Daily Telegraph, vincitore della principale tra le quattro categorie presenti nella mostra, dopotutto, Chelsea teatro. E la sua messa in scena un giardino di rovine dove affronta struttura formale (le colonne di cemento tarsiato di terracotta di Sergio Bottagisio e Agns Decoux) e impermanente intervento di ricolonizzazione di un eclettico mix di piante pioniere e vegetazione strutturata. Mentre lelegante intervento minimalista di Luciano Giubbilei amministra sul tema del mutuo operare di natura e uomo i contributi del padiglione sensoriale animato al vento di Kengo Kuma e le sculture organico geologiche di Peter Randall-Page. Metagiardino ideale, con il suo corollario di suggestioni, il Chelsea Flower Show luogo di disseminazione di idee per tutti, stimolo ad ampliare lo spettro della sperimentazione di variet e combinazioni di piante; a integrare in una visione compositiva del giardino elementi focali e sculture da esterno (fino a cascate e installazioni sonore di luce e acqua); a moltiplicare i contesti e gli usi della nostra coabitazione con il verde con laffermarsi di veri e propri ripensati pervasivi giardini da interno.
Con una gestualit concentrata e decisa, Carlfriedrich Claus si mosso tra Pollock, Mathieu, Klee e Wols in cerca di segni alchemici che dicessero tutto il suo ascetismo universalista
di Davide Racca
n video muto riprende un uomo dietro una lastra di vetro su cui, con entrambe le mani, simultaneamente, scrive e traccia segni. Con una gestualit indecifrabile, concentrata e decisa, si compone una trama che infittisce entrambi i lati della superficie trasparente. Luomo, che quasi scompare dietro i suoi segni, Carlfriedrich Claus. Poeta, disegnatore, incisore, ricercatore del suono, filosofo e saggista, Claus nasce ad Annaberg nel 1930, e muore nel 1998 a Chemnitz, dove lavora solitario, non lontano dalla sua citt natale, e dove, lanno successivo alla sua morte, viene fondata la Fondazione Carlfriedrich Claus-Archiv. Proprio grazie alla collaborazione della Fondazione, lAkademie der Knste di Berlino ha reso omaggio a un artista che dal 91 ne viene eletto membro per le arti plastiche, in quanto figura-koin di due mondi estovest fino ad allora nemici. La mostra, che sar ripresentata, sebbene in versione ridotta, al Kunsthaus Zug nel prossimo inverno, e in primavera 2012 a Dresda, si intitola Carlfriedrich Claus Geschrieben in Nachtmeer. Il nome, scritto nel mare notturno, il titolo di un piccolo disegno del 60 (perlopi i disegni di Claus sono di piccolo formato), dove una fittissima trama di inchiostri nero e blu campiscono una superficie magmatica e omogenea. Nella prima sala si coagula lattivit degli anni cinquanta, dove, in fotografie, poesie sperimentali, diari di scrittura automatica, Claus comincia a enucleare temi e principi che ispireranno lopera di et matura. Argomenti e autori di riferimento resteranno per lui la Kabbalah, la mistica di Paracelsus, lantroposofia di Rudolf Steiner, lopera di Ernst Bloch (con cui intratterr una fitta corrispondenza episto-
lare). Essi incroceranno, sul piano formale, lastratto macrocosmo di Pollock, la gestualit di Mathieu, la colta grafica di Klee, il microcosmo informe di Wols. Tutto questo viene elaborato da Claus sul piano della materialit della lingua, del grafema, allinterno di un Produktzionsproze, che, come dichiar lartista nel 76, conduce dal cosciente al non-ancora cosciente. Nel 61 Claus scopre le potenzialit della carta trasparente, la cui opacit permette una prospettiva nuova di lavoro, unazione di doppia scrittura su entrambe le superfici del foglio. Grafemi e piccole campiture di colore, da un lato, intercettano quelle del lato opposto provocando stratificazioni e velature. Cos, nel 63, realizza un ciclo di Spachbltter (fogli di parole), dal titolo Geschichtsphilosophisches Kombinat, dove inchiostri, perlopi su carte opalescenti visibili su ambo i lati, disegnano opere-oggetto. Forme sfuggenti e caotici flussi di citazioni da Thomas Mntzer, Lenin, Gioacchino da Fiore, tra gli altri, sviluppano temi difficili da enucleare, ma tesi verso unutopica liberazione collettiva. Gli anni sessanta non saranno facili per lasceta Claus. Le autorit della Ddr gli censurano corrispondenze e opere, giudicate antisocialiste e antiumaniste. Ma la sua ricerca umana e artistica continua, in direzione contraria allapatia, alla rassegnazione, al nichilismo. Scopre nel frattempo lincisione, di cui fa proprio il linguaggio dellacquaforte per il successivo ciclo intitolato Aurora. La tecnica dellacquaforte, nella combinazione di metallo e solventi acidi, esercita su di lui un potente fascino alchemico che, tuttuno col tema del cambiamento universale, radicalizza la vocazione universalista e umanista di Claus, riassumibile nella citazione da Marx, cara allartista: Naturaliesierung des Menschen e Humanisierung der Natur (naturalizzazione delluomo e umanizzazione della natura). Nellultima stanza, a chiusura della mostra, un Lautproze, una registrazione sonora del 1995, mostra un ulteriore campo di ricerca di Claus. Il suono-parola-rumore, che si diffonde nello spazio vuoto come un sottofondo cosmico e primordiale, richiama alla mente il lavoro grafico-pittorico visto in precedenza, esercitando un effetto sinestetico complessivo, in cui la lingua, nella sua duplice essenza di segno e rumore, riconduce tutto a ununica azione radicale: lopera di Carlfriedrich Claus.
ncora prima di imboccare i cancelli del Chelsea Flower Show, il giardino a forma di slitta, guscio o gondola rosa che dir si voglia sospeso in cielo dal braccio di una delle gru che solitamente servono a tirar su palazzi ci avverte che la topografia dei giardini attorno e dentro la nostra bulimica societ evolve rispondendo veloce e utilizzando ogni residuale dimensione. LIrish Sky Garden, questa macchina-giardino volante ispirata al Ristorante nel cielo di Avatar, proietta una sempreanelata visione dallalto su un arcipelago di piante disseminato di 25 microstagni. Dopo gli spazi recuperati dei tetti-giardino, quelli verticali delle pareti vegetali o gli interstiziali del Terzo paesaggio, il bisogno e lestetica del verde si propongono negli spazi sospesi della prospettiva aerea, paradossalmente significando forse nella mappatura del reticolo a sommatoria ricombinante dei microgiardini di ciascuno, la consapevolezza del loro complessivo valore di riserva ecologica (di unecologia anche della mente) per il pianeta urbanizzato. Al di l delle fantasmagorie di collezioni e novit di piante presentate nel Grande padiglione centrale, dove rifugiarsi quando la londinese pioggia di maggio si fa scroscio, molti degli interventi creativi visti nella settimana dal 24 al 28 nei giardini a tema o in quelli Show nella mostra di orticoltura pi rinomata del mondo, disegnano appunto soluzioni prototipali Qui sopra, per prefigurare la via di uno sviluppo delle Carlfriedrich Claus, risorse durevole e sostenibile, incorporanDurchbruch durch do attenzione e sensibilit ambientali nelacedia, 1973; sotto, la dimensione estetica. Ricostituzione di lIrish Sky Garden habitat di biodiversit, autosufficienza energetica, ma anche utilizzo di spazi-giardino per produrre cibo ovunque, sia pure in ambito verticale urbano come nel sistema integrato di approvvigionamento idrico-energetico del giardino B&Q. Riuso straniante nel segno e riciclo scultoreo di materiali di recupero nel New Wild Garden, di Nigel Dunnett (dal tetto verde di un container dismesso lacqua piovana convogliata nel gioco di una serie di vasche fino a uno spazio scandito da ondulati muretti a secco con inserti di materiali duso quotidiano a farne rifugio per la entomofauna che frequenta i fiori del giardino; rivisitazione attualizzata di quel-
POWERS
di Luca Briasco
ella prima decade del terzo millennio, e tanto pi dopo l11 settembre, la letteratura statunitense sembra aver perso in larga misura quella funzione di laboratorio del nuovo che pure aveva ricoperto, in modo pressoch costante, a partire dagli anni sessanta. Il romanzo, in particolare, sceglie sempre pi la via di un triplo, possibile ripiegamento: verso il passato, attraverso il recupero dei moduli del romanzo storico, utilizzato pi come macchina finzionale che come specchio distorto del presente; verso il futuro, tramite una pervicace moda post-apocalittica che sembra aver contagiato tanto la narrativa dautore quanto quella pi commerciale e seriale; verso lunit base dellistituzione famigliare, evocata come fonte di ogni distorsione e insieme di ogni possibile riscatto. Non sarebbe difficile affiancare nomi precisi per ogni tendenza: non ultimi, la Julie Orringer di Invisible Bridge per il romanzo storico, il Cormac McCarthy de La strada per il romanzo postapocalittico e il Franzen di Libert per la saga famigliare. A questo complessivo ripiegamento dentro moduli rassicuranti e dotati di un proprio preciso corredo genetico corrisponde una marcata volont di andare incontro al lettore, di rispondere alle sue aspettative e di riannodare un patto implicito che la grande letteratura sperimentale, dai maestri del postmoderno come Pynchon e DeLillo fino ai pi temerari innovatori di fine millennio, William Vollmann e David Foster Wallace, aveva deliberata-
La felicit-choc di unalgerina
mente disatteso, chiedendo al proprio pubblico di abbandonare ogni passivit e di accettare la sfida di un testo tutto da scoprire e inventare durante il processo di lettura. E soprattutto, costringendo quello stesso pubblico a confrontarsi con i grandi temi su cui si giocher il futuro della specie: dal dominio di uninformazione esplosa e incontrollata allemergenza ambientale (come partita da giocare e non come premessa assente di un disastro sempre gi accaduto), dalla crescente invasivit della scienza ai conflitti su scala globale. Nella sua ormai lunga carriera, scandita da dieci romanzi nellarco di venticinque anni, Richard Powers ha tenuto alta la bandiera di una letteratura concepita come perenne scommessa con il lettore; non si limitato a enunciare i grandi temi che ossessionano la nostra contemporaneit, e che il romanzo sembrava aver rinunciato ad affrontare, chiudendosi in una posizione gregaria e di retroguardia; non si mai accontentato di unesposizione di stampo didascalico e in fondo tradizionale, affidando ai soli contenuti laggancio con la complessit del presente. Ha invece deciso di portare i conflitti allinterno dei suoi libri, incarnandoli letteralmente nelle complesse strutture che popolano la sua narrativa, perennemente giocata su un delicato equilibrio tra micronarrazione e storia ufficiale, tra pensiero scientifico e finzione letteraria, tra memoria autobiografica e racconto dinvenzione. Una traiettoria, quella di Powers, che culminata, almeno sul piano dellattenzione critica, nel conferimento del National Book Award per il suo penultimo romanzo, Il fabbricante di eco, ma che aveva gi conosciuto una serie di capitoli esaltanti: dalla riversione del mito di Pigmalione nel mondo delle reti neurali, in Galatea 2.2, al ritratto insieme critico e affascinato del capitalismo americano attraverso la storia di una simil-Procter & Gamble, in Sporco denaro, fino a quello che rimane probabilmente
ri della Guerra Civile; soprannome giustificato dallincredibile generosit con cui la ragazza si dona agli altri, dalla felicit assoluta, contagiosa, spiazzante con cui guarda il mondo. Ben presto, Thassa diviene il centro e il punto di riferimento della sua classe di scrittura, e di l la sua fama involontaria dilaga, andando a intaccare in profondit le strutture di un paese che, come dice lo stesso Powers, si ormai educato allinfelicit e al pessimismo della ragione, rinunciando a uno dei principi inscritti nella sua stessa Dichiarazione di Indipendenza. Per questa via, Thassa si ritrover nelle mani di uno scienziato che, dopo una serie di esami, convinto di aver isolato in lei la combinazione genetica della felicit, e si trasforma, ora divertita, ora esasperata, in un personaggio da talk show, mentre il suo professore e la psicologa del college tentano in ogni modo di tutelarla, salvo innamorarsi uno dellaltra e unire le proprie solitudini. Fin qui la trama: se Powers si limitasse a svilupparla in modo lineare, soffermandosi magari sulla gigantesca macchina massmediatica che cresce attorno a Generosity, il romanzo entrerebbe a far parte di quelle riflessioni venate di sarcasmo sulle degenerazioni della societ dello spettacolo che costituiscono il piatto forte di umoristi come Saunders e Sedaris, o di iconoclasti come Palahniuk. Ma non questo il caso di Generosity. A Powers non interessa la satira, ma il dilemma che sta alla base del libro: linterrogativo se davvero la felicit possa essere frutto di una predisposizione genetica e se quindi, paradossalmente, il suo valore dirompente sia perfettamente programmabile e prevedibile , non rappresenta che il punto di partenza per una riflessione che non pu non toccare in profondit il rapporto tra scienza e consesso civile, come anche la possibilit che ben lungi dal presentarsi in un numero chiuso ed essere, in fondo, la ripetizione di archetipi sempre identici le storie che ci raccontiamo contengano ancora uno scarto, unanima che sfugge a ogni logica, un luogo di spiazzamento e di gioia assoluta. In questo perenne interrogarsi, nel continuo sconfinamento tra racconto puro e divagazione saggistica, confronto di personaggi e raffinate intrusioni autoriali, sta la prima ragione del fascino di Powers e dei suoi romanzi. Seguendo il flusso narrativo, capita continuamente di imbattersi in frasi come questa: Arrivato alla linea del traguardo, il romanziere inciampa rovinosamente. Anzich inchiodare Pollyanna al tavolo anatomico, capitola. Migliorate pure, dice. Il miglioramento non significher nulla, sulle lunghe distanze. Il rimodellamento della natura umana sar approssia tuttoggi il suo capolavoro e uno mativo e pieno di difetti come i ridei romanzi pi importanti degli modellatori. Non ci sentiremo mai ultimi dieci anni: Il tempo di una migliorati. Saremo sempre banditi canzone, dominato dalla passione da qualche altro Eden. Il commerdi Powers per la musica e al concio dellinfelicit rimarr unindutempo memorabile ritratto di un stria fiorente. Quando la narrativa paese attraversato dalla piaga del diventer reale, alla realt servir razzismo, che si estende senza soun ceppo narrativo pi resistenluzioni di continuit dagli anni te. In questi passaggi, di concettrenta a oggi. tuosit quasi barocca, ma mai graOra, con Generosity (Mondadotuiti, Powers, pi ancora che enunri Sis, pp. 366, 20,00), Powers ciare una tesi, mostra a piene letteaggiunge un altro tassello prezioso re quello che il principale obiettialla sua traiettoria creativa, convo della sua scrittura: costringere centrandosi nuovamente su temi il lettore a leggere, fermarsi, rilegportanti della societ e dellimmagere ancora alla ricerca di un senginario contemporanei. Generosiso ultimo che forse impossibile ty in realt il soprannome che cogliere; rinunciare alla garanzia Russell Stone, scalcinato professodi un patto narrativo gi sottoscritre di nonfiction creativa in uno dei to per avventurarsi in un viaggio tanti college di Chicago, attribuisenza certezze, nel cuore di dilemsce a Thassa Amzwar, sua studenmi che la letteratura (almeno, queltessa proveniente dallAlgeria, da la americana) si lasciata troppo cui fuggita per salvarsi dagli orrocomodamente alle spalle.
A D
LETTERE
A L I A S
Scampata alla Guerra civile del suo Paese, Thassa Amzwar irrompe in un college di Chicago con spiazzante e contagiosa generosit: frutto di combinazione genetica? Parte da qui la ricognizione saggistica di Powers, che usa le trame narrative per costringere il lettore in un permanente dilemma sociale
BERSAGLI
N T O I T
ria e responsabile ultima del senso di qualsiasi enunciazione. Non capiamo chi parla se non intendiamo il suo tono. Non conosciamo davvero uno scrittore se non riusciamo a individuare nei suoi testi, al di l o meglio attraverso le soluzioni formali cui ricorre, unintonazione comune che una presa di posizione esistenziale, assiologica e ideologica nei confronti della lingua da cui preleva e di quelli del mondo di cui parla. Con il corollario, prudente ma nel complesso affidabile, che quanto pi uno scrittore ha un tono riconoscibile, tanto pi un vero scrittore, qualcuno cio che ha forzato la lingua di tutti senza necessariamente usarle violenza esplicita a produrre effetti di senso, di emozione e di cognizione che fino a quel momento le erano rimasti ignoti. E per non rimandare ancora lentrata in argomento dir che ci che rende peculiare la scrittura di Tommaso Pincio proprio la sua unit di tono, inconfondibile e perfettamente registrata. Lo si vede bene in questo ultimo Hotel a zero stelle Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora, Laterza Contromano, pp. 229, 12,00). In apparenza si tratta di una raccolta di saggi, tenuti insieme da una cornice quadripartita. Pincio, che viaggia molto e ama pi di ogni altra cosa le camere dalbergo, immagina di essersi costruito un hotel tutto suo in cui soggiornano scrittori che gli sono cari come, nellordine, Parise, Greene, Kerouac, Fitzgerald, Simenon, Foster Wallace, Dick, Landolfi, Melville, Pasolini, Garca Mrquez, Orwell, ma da cui transitano anche Warhol e Boetti e Burroughs e tanti altri. Lalbergo a quattro piani, ognuno corrispondente a un diverso regno dantesco: la selva oscura
si n da vergognarsene, perch vergogna e vanteria lo riporterebbero indietro alla selva oscura del desiderio in cui si era smarrito, e nella memoria non cessa di smarrirsi. Meglio volare basso. Per paura? Forse, anche. Non certo comunque per bon ton, semmai per fedelt e gratitudine. Non sempre il vecchio marinaio ha occhi scintillanti e mani di scheletro, o parla per sentenze come il replicante di Blade Runner. La voce di Pincio assomiglia piuttosto a quella del dottor Spock in Star Trek: incuriosita dalle emozioni, solidale per quan(ambiguit, menzogna, smarrimento pu esserlo un vulcaniano coi ti), linferno (lo spettro orrorifico terrestri, ma inevitabilmente aliedel fallimento), il purgatorio (la rena, un po remota, sempre in leggealt non pi sentita solo come carro fuori sincro. cere ma come possibilit in diveni una finzione, naturalmente, il re) e il paradiso (la necessit di fare punto di arrivo di un lavoro sul linfronte al non senso e alla morte). guaggio che verrebbe da definire Saggi divaganti e spesso eccentrici, come una sorta di paradossale clascos che non raro che nella stansicismo postmoderno: tanto pi za di uno scrittore si parli per la paradossale quanto pi stravolta maggior parte del tempo di tuttale dolorante la galleria di ritratti di tro, intelaiati per di pi sopra un scrittori e suoi che ha scelto di ilcontinuo ricorso al registro autolustrarci. La distanza del tono non biografico, grazie al quale i lettori cancella la mortalit del vissuto, e di Pincio troveranno vicende gi anzi del vivente, se includiamo conarrate in altri libri, e che costituime giusto nel novero dei destini sce, si direbbe, ben pi della cornianche i lettori. Non lo salva, non gli ce a tratti un po meccanica, la veoffre una casa. Gli riserva una stanra ossatura morfologica del testo. za dalbergo: per sempre, per lui soNon cos. Tra struttura e tema lo, da occupare o abbandonare c perfetta rispondenza, e il tono quando crede. la musica che ne risulta. Pincio esegue qui come altrove una drammaturgia senza scampo: la dialettica tra fallimento e sopravvivenza non salvezza, che una cosa diversa. La sua voce, perfettamente riconoscibile fin dal primo romanzo, la voce di qualcuno che sopravvissuto, che sfuggito per un pelo al disastro, e che a quel disastro non pu fare a meno di tornare ancora e ancora, per confermare a se stesso di esserne fuori, per continuare a scamparla. Una voce che non si inarca, non sale mai di volume, cauta nelle metafore, snodata nella sintassi, lenta nel ritmo ma insieme avvertibilmente desiderosa di arrivare al punto. Con un distacco dalla materia di cui parla la sua vita, gli autori che gli fanno da alter ego, le storie che ricorda o che inventa , che non ironia n superiorit n smagamento buddista circa linfinita vanit del tutto, ma piuttosto una presa datto radicale della sua contingenza. qui ma poteva non esserci. Non c da vantar-
Lhotel a quattro piani: selva oscura, inferno, purgatorio, paradiso, abitati, insieme a Pincio, da scrittori e artisti prediletti. Il gioco mette in scena, in definitiva, la ricerca di tono di un narratore perennemente dislocato, e sopravvissuto a s
Le musiche e le versificazioni di Scott-Heron, lautore di The Revolution Will not Be Televised sono state determinanti in ambito afro-americano. Nei suoi pezzi, le idee letterarie e politiche degli anni Settanta si intrecciavano a suoni che le rendevano accessibili a tutti. In questo, anche Im New Here, lultimo disco, si rivelato molto attuale
di Luca Gricinella
parso. Gi a met degli anni 70 nelle sue canIn grande zoni parlava di apartheid, incidenti nucleari e unimmagine imperialismo Usa, sostenuto dagli arrangiadi Gil Scott-Heron menti di Brian Jackson e The Midnight Band. e nel riquadro Io e i miei compagni di college lo consideravala raccolta mo il nostro Bob Dylan. Un artista inquieto e The Revolution Will profondo. Un ritratto commemorativo breve not Be Televised ma di certo meno sommario rispetto a quel lapidario The Godfather of Rap che ha un suo perch fin quando a tirarlo fuori sono rapper come Mos Def e Chuck D (entrambi presenti nel documentario di Don Letts) mentre stona se ripetuto per sentito dire da una schiera di Mc non proprio politicamente consapevoli. Fatto sta che lhip hop ha voluto e vuole Gil Scott-Heron come padre putativo, specie per la sua dote di leggere la realt e trasformarla in poesia ritmata, immediata e tagliente. Un genitore campionato a pi riprese da Kanye West anche nellultimo acclamato album My Beautiful Dark Twisted Fantasy (2010) - e sui cui frammenti musicali hanno rappato tra gli altri Common, 2Pac, Mos Def, Atmosphere, Jungle Brothers, Boogie Down Productions, The Coup, Brother Ali ma anche i marsigliesi Iam per non guardare sempre e solo dentro i confini degli Usa. Nel 1994 nel suo album Spirits, uscito dopo dodici anni di inattivit discografica, c Message to the Messengers, un appello alla coscienza, alla responsabilit e allo studio (della musica e della lingua) rivolto perlopi proprio ai rapper. O ancora meglio un brano in cui lesperienza di un rappresentante acuto di una generazione che ha preso parte a un pezzo di storia moderna fondamentale messa a disposizione di una nuova generazione che tanto lo acclama. E lo fa dagli esordi perch alcuni brani precedenti di questo artista simbolo dellafroamericanismo suonavano nelle prime jam hip hop, quando i rappresentanti di questa cultura sentivano una vicinanza naturale con la sua arte. Ma emblematico che il sito ufficiale di Spike Lee riporti un articolo di Barry Michael Cooper, scrittore, filmmaker e sceneggiatore tra gli altri di un film importante come New Jack City (1991), in cui si legge: Quando Gil Scott-Heron ha rifiutato il titolo di Godfather of Rap, aveva le sue buone ragioni. Il denaro non era il suo padrone. Come un genuino griot postmoderno ha abbracciato la povert. Non nel senso che era povero - non lo era - o che non gli piaceva il denaro (sono sicuro che gli piacesse). Gil Scott-Heron non amava il denaro e per questo il denaro non era il suo padrone. Un vero Mc, un vero Maestro di Cerimonia deve essere proprio questo () Una persona che guida la band senza diventare schiavo del ritmo. O del denaro. Insomma, si trattava di un artista che tanto ha incarnato i valori degli anni 70 fino a soccombere quando i tempi sono cambiati. Gli undici album pubblicati tra il 1970 e il 1980 e i quattro (appena) pubblicati tra il 1981 e questo 2011 la dicono lunga. Non un caso che luscita di un brano su Reagan e tutto quanto significava per lepoca lelezione a presidente di questo attorucolo avviene proprio nel 1981 su Reflections: B Movie e segna linizio della fine: Quanto accaduto che negli ultimi venti anni lAmerica passata da produttrice a consumatrice, recita un testo lucido e premonitore. Gli anni 80 hanno cambiato tutto, compresa la sorte di Scott-Heron. Lultimo saluto spetta a Darius James (1954), autore di Blaxploitation (edizione italiana a cura di a-change, 1995-2002) e Negrophobia (1993). Facendo il verso a Whitey on the Moon, brano contenuto nellesordio discografico di Gil Scott-Heron, Small Talk at 125th and Lenox (1970), il giornalista e scrittore afroamericano ha scritto: Gil Scott is dead and whitey's still on the moon!. Insomma una delle voci pi autorevoli dei senza voce morto, chiss quanti guai stanno ancora passando le sue sorelle e i suoi fratelli ma i visi pallidi se ne infischiano e continuano a investire in imprese sulla falsariga dello sbarco sulla luna.
el 2003 la Bbc ha trasmesso per la prima volta uno dei documentari essenziali, appassionati, chiari e diretti realizzati da Don Letts (1956): The Revolution Will not Be Televised - A Film about Gil Scott-Heron. Il titolo concorda in pieno con gli attributi che definiscono lo stile registico-narrativo del filmmaker londinese di origine giamaicana amico dei Clash. Un ritratto dedicato a un colosso come Gil Scott-Heron (1949 - 2011) che dura appena sessanta minuti ma in cui ogni passaggio pregno di storia e vita vissuta. Si parte dalle origini blues del poeta, scrittore e musicista afroamericano, si passa in fretta agli anni fondamentali del Black Arts Movement, di Malcolm X, Martin Luther King e delle loro morti, si transita per Harlem sul finire degli anni 60 tra attivismo, idee rivoluzionarie, spoken word, soul, funk e jazz. Si parla inoltre di apartheid, degli Usa di Reagan, di cocaina e carcere per arrivare verso il finale allesplosione del rap antagonista e cosciente. Laspetto straordinario emergente che ogni tappa del racconto scandita da almeno una canzone epocale scritta da questo artista appena scomparso che ha incarnato al meglio una fusione tanto rara quanto equilibrata e naturale tra arte e impegno. Interpellato da Don Letts, Abiodun Oyewole (1948), membro fondatore dei Last Poets, parlando degli esordi di Gil Scott-Heron ne d una definizione efficace e suggestiva: stato il collegamento fra Trane (John Coltrane, ndr) e Malcolm X: la sua opera rappresentava entrambi. Pochi fotogrammi dopo, Greg Tate (1957), scrittore e giornalista esperto di cultura afroamericana, rilancia: Voleva assolutamente tradurre le idee e le forme letterarie e politiche del tempo in una forma culturale di massa, in qualcosa che aveva la possibilit di venir suonato per radio. Tra immagini di repertorio e interviste originali, nel documentario figura anche il protagonista: voce profonda e da fumatore incallito, fisico provato, Gil si racconta con un sorriso sempre a disposizione ma spesso amaro. Quegli anni non erano certo fortunati per lartista afroamericano, lontano dalla popolarit e poco dopo il termine delle riprese finito in carcere per guai legati alla dipendenza dalla cocaina. Otto anni dopo luscita di questo omaggio firmato Don Letts, Gil Scott-Heron lo scorso 27 maggio se n andato, poco meno di un anno e mezzo dopo luscita per letichetta Xl di Im New Here, album arrivato a sorpresa nei negozi (e nei digital store) tredici anni dopo il precedente e che gli ha concesso una nuova ribalta con tanto di tour europeo. Lultima. Un album che lo ritrae in copertina concentrato a fumare una delle sue sigarette. Un album ben accolto dalla critica che, a maggior ragione oggi, dopo gli anni in silenzio e in disparte, non si astenuta dal rimarcare il suo ruolo di anticipatore del rap, caso mai qualche nuovo adepto dellhip hop non ne fosse al corrente. Eppure Gil ScottHeron prendeva le distanze da questa investitura. Di certo si trattato di una paternit involontaria a differenza dei suoi amici Last Poets, altri genitori eletti del genere: Abiodun Oyewole, Jalal Mansur Nuriddin e Umar Bin Hassan hanno prodotto musica ancora pi prossima al rap e non ne hanno certo preso le distanze, anzi. Nelson George, scrittore, filmmaker e critico esperto di cultura afroamericana classe 1957, ha curato le note di copertina di tutti gli album di Gil Scott-Heron pubblicati dalla Arista. Senza citare il rap, cos ha scritto di lui sul web allindomani della morte: Il romanziere, poeta, performer e filosofo Gil Scott-Heron scom-
Un incontro con il saggista Dorian Lynskey spiega futuro e passato della canzone politica. Come le voci storiche di ieri, siano state oggi sostituite dai social network, nuovi centri di potenziale antagonismo. In sostanza, nessuno ha pi bisogno di un artista che canti e esprima le nostre preoccupazioni. Nel 1963 o nel 1977 questo non era ipotizzabile
utte le mie canzoni sono canzoni di protesta. Tutte quello che faccio protestare. Cos uno svogliato Bob Dylan, stufo di essere celebrato come la voce di una generazione, amava rispondere provocatoriamente ai reporter nel 1966 ai tempi della sua tanto criticata svolta musicale elettrica. Limmagine del giovane cantore delle battaglie civili lo aveva consumato, il pubblico gli chiedeva di essere pi profeta che intrattenitore e ai concerti lo fischiava ogni volta che preferiva la chitarra elettrica a quella folk. Le canzoni sono strane armi con cui combattere le battaglie, spesso non sono destinate a cambiare le cose e rischiano di condannare un interprete a diventare un uomo politico prima che un artista. Ma le canzoni di protesta o quelle pi genericamente ad argomento politico e sociale possono servire a dare voce alle speranze e a richiamare lattenzione su tragedie e battaglie dimenticate. Dorian Lynskey un giornalista inglese che ha pubblicato di recente il libro 33 Revolutions per Minute (33 rivoluzioni al minuto, Faber & Faber), una ricca e informata storia della canzone di protesta. Se trentatre sono i giri che un long playing in vinile compie in un minuto, Lynskey, critico musicale di Guardian, The Word e Q, sceglie questo numero simbolico per selezionare altrettanti brani e ripercorrere una storia della musica dimpegno negli ultimi ottantanni analizzando storie, contesti, miti e leggende di chi, anche per una sola volta, ha tentato di cambiare il mondo con la musica. Il viaggio co-
mincia da un brano bellissimo e struggente che ancora oggi fa venire i brividi, Strange Fruit di Billie Holiday. Eseguita per la prima volta in un nightclub di New York nel 1939, la canzone aveva una melodia malinconica che poteva ricordare una dolente ballata dedicata a un amore finito, ma il testo in realt parlava di tuttaltro: Gli alberi del sud danno uno strano frutto/ sangue sulle foglie e sangue sulle radici/corpi neri dondolano nella brezza del sud/strano frutto appeso agli alberi di pioppo./Una scena pastorale nel valoroso sud/gli occhi gonfi e la bocca distorta/profumo di magnolie dolce e fresco/e poi lodore improvviso di carne bruciata. Gli strani frutti erano i neri linciati dai razzisti e impiccati agli alberi in uno spettacolo che doveva essere da monito per la popolazione segregata del sud degli Stati Uniti. Lautore del pezzo, che la rivista Time ha definito la canzone pi importante del XX secolo, era un bianco che si chiamava Abel Meeropol, un ebreo americano di origine russa e di militanza comunista che negli anni 50 adotter i figli di Julius e Ethel Rosenberg,
giustiziati per spionaggio. difficile immaginare il coraggio di una giovanissima nera come la Holiday a cantare un testo di questo tipo nei club frequentati da bianchi. Ma cos e come nasce una canzone di protesta? Nel libro - spiega Dorian Lynskey - la definisco una canzone che si rivolge a un tema politico in modo tale da offrire il punto di vista della parte pi debole, dellunderdog. Se fosse un contenitore sarebbe molto grande e pieno di buchi. Ho tenuto volutamente la definizione pi ampia possibile poich volevo parlare di tutti i modi in cui gli autori si confrontano con la politica, senza essere intrappolato in definizioni troppo strette. Io in genere cerco di non usare la formula protest singer. Pensiamo ad esempio a un pezzo di cui parlo nel libro, Two Tribes dei Frankie Goes To Hollywood. Holly Johnson, il cantante della band, non fu mai un protest singer. Il termine calza solo per artisti come Pete Seeger. proprio Pete Seeger, patriarca del folk Usa, a essere una figura cardine nella storia della canzone politica. Fu lui a rendere immortale un vecchio inno battista nel tempo diventato canzone dei lavoratori, quella We Shall Overcome che si trasform nella colonna sonora delle marce per i diritti civili e che ancora oggi fa da sfondo a tante manifestazioni di protesta. Limpegno pu tuttavia assumere molti volti e anche molti stili musicali. Per Lynskey la storia della canzone impegnata ha molte varianti: Volevo scrivere di canzoni che considero genuinamente buone, e non solo di quelle che hanno un giusto significato. Desideravo per scegliere pure alcuni esempi
Al centro il libro di Lynskey; a sinistra, dallalto in basso: Billy Bragg, il critico musicale Dorian Lynskey, Billy Holiday, Woody Guthrie e due copertine. In grande, Bob Dylan e Pete Seeger (a destra). Qui accanto Seeger e Springsteen al concerto a Washington per l'insediamento di Obama. Sopra Lennon e Yoko Ono, accanto PJ Harvey. Qui sotto Victor Jara
inusuali appartenenti a stili musicali sottovalutati. il caso di Carl Bean (che negli anni 70 port al successo linno disco-dance antiomofobia I Was Born this Way), ma anche di una formazione come i Prodigy. Certamente ci sono delle canzoni e delle personalit assolutamente imprescindibili: We Shall Overcome, Bob Dylan, i Clash. Ogni scrittore ha per la facolt, anzi il dovere, di compiere una scelta personale. Cambiano per le epoche, gli interpreti, i linguaggi e i gusti del pubblico, la stagione doro della canzone di protesta definitivamente conclusa? Questa la questione che sollevo al termine del libro. Chiaramente vengono composte anche oggi centinaia di canzoni impegnate, ma nessuna di esse sembra essere in grado di guadagnarsi sufficiente impatto culturale e cos vengono dimenticate in fretta. Lepoca in cui le canzoni di protesta erano prese sul serio e celebrate, in cui la politica veniva considerata parte integrante della musica pop senza dubbio chiusa, ma certi temi continuano a riguardare i musicisti. Solo questanno possiamo citare esempi estremamente diversi come il singolo di Lady Gaga Born this Way o lalbum di PJ Harvey Let England Shake. Penso che il brano Written on the Forehead di PJ Harvey sia a oggi la protest song migliore dellanno. Let delloro finita, ma la forma prosegue, ed giusto che accada cos, perch gli artisti si confronteranno sempre con temi politici in un modo o nellaltro. Le rivolte di questi mesi del Maghreb stanno facendo emergere una serie di giovani artisti, soprattutto rapper, che vogliono accom-
pagnare con la loro musica i movimenti di massa, un po come negli anni 60 e 70 i cantautori cercavano di dar voce allangoscia dei giovani americani e europei. Sembra quindi che i momenti di crisi siano un fattore fondamentale per ispirare gli artisti, dando ragione al detto che la cattiva politica genera grande arte. Sicuramente - spiega Lynskey - un senso di rischio politico nutre il bisogno per le canzoni di protesta. Se sei in marcia per i diritti civili nellAlabama del 1963 o devi obbedire alla cartolina di precetto dellesercito a Berkley nel 1968, se fuggi dalle molotov e dai proiettili nella Giamaica del 1976 o sei un disoccupato della Londra del 1977, se ti batti contro la minaccia della guerra nucleare nel 1984, allora desideri che questi temi siano trattati nella musica che ascolti. Se vivi tranquillamente, come accaduto in molti paesi occidentali dal 1989 al 2008, allora non hai certamente lo stesso anelito. Le canzoni di protesta fioriscono quando il pubblico le richiede e questo di norma accade quando qualcosa nella societ non funziona pi. Un pregiudizio che il libro smentisce il
fatto che le canzoni di protesta facciano riferimento solo a determinati generi. Non c solo il folk e il rock, c anche la dance, il rap, la techno, il pop. Intrattenimento e impegno possono andare mano nella mano? Ogni genere per certi aspetti intrattenimento. Non mi piace distinguere tra pop e rock. Non c alcuna ragione per cui un artista dovrebbe evitare di combinare impegno e divertimento. La sfida proprio questa, farlo in un modo che sia agile ed eccitante tanto da conquistare il pubblico. questo il motivo per cui il mio libro parte da una canzone come Strange Fruit per esplorare le diverse reazioni che i nightclub ebbero di fronte a una canzone di argomento cos potente e serio. Il conflitto tra i due mondi pu essere importante e stimolante, e cos la penso io. Potrebbe per essere solo un cattivo accostamento che stempera sia il messaggio che lintrattenimento. Limpegno non sempre una scelta facile. Il cantautore cileno Victor Jara pag con la vita le sue idee politiche di sinistra celebrate in canzoni come Plegaria a un labrador, Te recuerdo Amanda e Manifiesto (L, dove tutto si compie/e dove tutto comincia/una canzone che sia stata coraggiosa/ sar per sempre nuova). Nel settembre 1971 a pochi giorni dal golpe di Augusto Pinochet venne arrestato, internato nello stadio di Santiago che era stato trasformato in campo di concentramento, venne poi torturato e ucciso. Il regime proib la diffusione delle sue canzoni e distrusse i suoi dischi e tutte le incisioni della sua
musica. Per altri artisti la colpa di essersi impegnati stata pagata con isolamenti, fraintendimenti, boicottaggi o ironie. Dylan ha passato gran parte della sua carriera a fuggire lo stereotipo cucitogli addosso nei primi anni 60. Il boss delletichetta Motown, Berry Gordy, descrisse la canzone di Marvin Gaye sulla guerra del Vietnam What's Going on come la cosa peggiore che abbia mai ascoltato. Lamaro sarcasmo patriottico di Bruce Springsteen in Born in the Usa fu trasformato in un proclama nazionalista. Nel 1987 il cantautore inglese Billy Bragg si impegn alla guida di un collettivo di artisti che scelse il nome di Red Wedge (il cuneo rosso) e di cui facevano parte anche Paul Weller, i Madness, gli Smiths e Jimmy Somerville. Il loro scopo era sostenere il partito laburista e impedire a Margaret Thatcher di ottenere un terzo mandato consecutivo come primo ministro. La Lady di ferro trionf alle elezioni, il movimento si sciolse e Bragg lanno dopo diede alle stampe una delle sue canzoni pi celebri Waiting for the Great Leap forward: Mi chiede che senso abbia/mischiare pop e politica/ rispondo con imbarazzo e con le mie solite scuse () Un passo avanti, due indietro/ perch la politica mi d il benservito?. A mio parere - dice Lynskey limpegno da anni non aiuta pi la carriera degli artisti. Negli anni 60, lanci artisti come Dylan e Country Joe Mc Donald perch le loro canzoni parlavano di quello che pensavano tante persone. Nel caso di Public Enemy o dei Rage Against The Machine si tratta di artisti cos dirompenti e carismatici che la loro musica avrebbe avuto successo indipendentemente dal messaggio. Alla fine ha rappresentato pi che altro un handicap. Non sarebbe stato forse assai pi semplice la vita degli U2 se Bono non avesse mai parlato di politica? Oggi, quando sei conosciuto come un musicista politico attiri tantissime critiche e le aspettative diventano altissime per ogni cosa che fai. Ma esistono anche dei veri e propri flop nelle canzoni impegnate? Earth song di Michael Jackson magniloquente, incoerente e sostanzialmente ridicola. Bosnia dei Cranberries imperdonabilmente grossolana e paternalista. Una canzone di protesta fallimentare quella che cos brutta da sminuire il tema di cui parla. Anche lipocrisia in agguato, Lynskey nel suo libro ricorda come Fela Kuti, straordinario musicista africano, parlasse come lattivista nero Huey Newton, vivesse come Hugh Hefner e avesse un regno privato degno di un capo villaggio oppure di come limpegno di John Lennon fosse spesso approssimativo. Giudicare per la vita degli artisti a partire dalla musica , per lo scrittore, un grave errore: Si pensa comunemente che se un artista ha un messaggio politico allora deve comportarsi senza peccato. Non cos, a parte un paio di errori di presentazione come il video di Imagine (in cui Lennon canta imagine no possessions' seduto su un pianoforte a coda in una lussuosa casa di campagna), non penso che le vite private di Fela o dello stesso Lennon abbiano in alcun modo sminuito il loro messaggio. Mi piacciono le contraddizioni e non mi interessano le persone esemplari. Va per riconosciuto che alcuni musicisti e atti-
visti quali Pete Seeger, Chuck D, Billy Bragg o Tom Morello si sono sempre tenuti su alti standard e si sono dedicati apertamente e completamente allattivismo. Non penso che nessuno di questi sia mai stato spinto dal desiderio di essere famoso, come potevano magari esserlo Lennon e Fela Kuti. Ma questo non li rende superiori, li rende solo diversi. Il punto del mio lavoro quello di mostrare al lettore che ci sono diversi modi in cui i musicisti si impegnano nella politica e non di esprimere giudizi. I linguaggi cambiano e oggi ci sono i social media, pi difficile o pi facile per gli artisti comunicare il proprio messaggio? Non penso sia pi difficile, anzi pi facile. Riescono infatti ad avere un accesso al loro pubblico non mediato dalla radio o dalla tv. Quello che cambiato il bisogno del pubblico di fare questo. Facebook, Twitter, YouTube, i blog sono tutti modi di esprimersi, sfogarsi e relazionarsi con persone che la pensano come te. A questo punto potresti non avere pi bisogno di un artista che esprime le tue preoccupazioni al posto tuo. Questo non avveniva nel 1963 o nel 1977. La speranza che le canzoni di protesta possano cambiare il mondo. Per Lynskey alcune canzoni ci sono quasi riuscite: We Shall Overcome fu enormemente importante per il movimento dei lavoratori e per i diritti civili e il suo ruolo fu riconosciuto da Martin Luther King e Lyndon Johnson. Pi tardi la canzone degli Special Aka del 1984 Nelson Mandela gioc un ruolo importante nel tenere viva lattenzione sulla prigionia di Mandela e riusc a incrementare le pressioni internazionali per la sua liberazione. Alcune battaglie forse si possono davvero vincere solo con una voce e uno strumento musicale. Nel gennaio del 2009 il vecchio menestrello Pete Seeger che con il suo banjo aveva scandito le marce per i diritti civili si esibito a Washington allinsediamento del primo presidente afro-americano della storia. Anche in questoccasione si comportato da ribelle, cantando (accompagnato da Bruce Springsteen) uno dei classici della canzone folk This Land Is Your Land di Woody Guthrie in una versione integrale, spesso censurata, che ha versi di pura impronta socialista: Cera un grande muro e hanno tentato di fermarmi/una scritta diceva propriet privata/ma dallaltra parte non cera scritto nulla/questa terra stata fatta per voi e per me. Nel maggio del 2009 Bruce Springsteen, esibendosi in concerto per festeggiare il novantesimo compleanno di Seeger, disse: Pete, sei sopravvissuto ai bastardi!; la vita del decano dei protest singer durata cos tanto da avergli permesso di assistere alla fine di tutti i drammi contro cui aveva cantato: la segregazione, il Vietnam, la guerra fredda, la dottrina Bush. Brani come Only a Pawn in Their Game di Bob Dylan, Feel like I'm Fixing to Die di Country Joe McDonald, oppure la pi recente Sunday Bloody Sunday degli U2 oggi si ascoltano come testimonianze di vecchi drammi e di guerre concluse. Per ogni battaglia che finisce ne nasce per sempre una nuova e se il vero scopo delle canzoni di protesta quello di essere la voce di una causa, la loro rivincita quella di durare nella memoria collettiva pi a lungo dei loro nemici.
Mick Harvey
La band del sodale di Nick Cave nei Bad Seeds.
Port-Royal
La band genovese forse la migliore espressione della scena elettronica italiana.
CLES (TN) SABATO 11 GIUGNO (MALGA BOIARA-BOIART FESTIVAL) MILANO DOMENICA 12 GIUGNO (IDROSCALO-MI AMI FESTIVAL)
ON THE ROAD
Crystal Stilts
Da New York, la rinascita dello shoegaze.
BRESCIA SABATO 11 GIUGNO (VINILE 45)
Banjo or Freakout
In Italia la band inglese.
MILANO SABATO 11 GIUGNO (IDROSCALO-MI AMI FESTIVAL) MARINA DI RAVENNA (RA) MARTEDI' 14 GIUGNO (HANA-BI)
July, Il Buio, Jacqueries, ManzOni, Marie Antoinette, New Candys, Non Voglio che Clara, Plastic Made Sofa, Port-Royal, R's, Sakee Sed, Verdena, Videodreams e Young Wrists.
MILANO SABATO 11 E DOMENICA 12 GIUGNO (IDROSCALO)
Troublefestival
Quarta edizione per la rassegna di Troublezine. Due palchi sul Punk Stage toccher a Gambe di Burro, The Leeches e Tough, mentre sul Rock Stage sono attesi Ash, Grenouille, Chaos Surfari e Lavlavalove.
MONZA (MB) SABATO 18 GIUGNO (STADIO DEL RUGBY)
Alborosie
Il reggaeman italiano, molto amato anche in Giamaica, on stage.
PISA VENERDI' 17 GIUGNO (PARCO LA CITTADELLA) BOLOGNA SABATO 18 GIUGNO (ARENA PARCO NORD-UPPER PARK REGGAE FESTIVAL)
Electrode Festival
Lo storico centro sociale capitolino propone una die giorni interamente dedicata alle sonorit elettroniche e dance. Moltissimi gl ospiti tra cui spicca Martina Topley Bird senza dimenticare Knobs, Logotech, Madcap, Fire at Work, Hacker, Jester Phunk, Low Frequency Club, Miss Loony e altri.
ROMA SABATO 11 GIUGNO (CS FORTE PRENESTINO)
Rock in IdRho
Evento per gli amanti del rock indipendente e alternativo. Sullo stesso palco sono attesi Foo Fighters, Iggy & The Stooges, Social Distortion, The Hives, Band of Horses, Flogging Molly, Ministri e Outback.
RHO (MI) MERCOLEDI' 15 GIUGNO (ARENA CONCERTI FIERA MILANO)
P.O.D.
Il ritorno della formazione nu metal statunitense.
PINARELLA DI CERVIA (RA) SABATO 11 GIUGNO (ROCK PLANET)
Mystery Jets
Tour italiano per la band pop inglese.
TORINO MERCOLEDI' 15 GIUGNO (SPAZIO 211) ROMA GIOVEDI' 16 GIUGNO (CIRCOLO DEGLI ARTISTI) MARINA DI RAVENNA (RA)VENERDI' 17 GIUGNO (HANA-BI) ANCONA SABATO 18 GIUGNO (PIAZZA DEL PLEBISCITO-SPILLA FESTIVAL)
Buzzov'en
Dal vivo la sludge metal band statunitense. A Segrate con The Ocean, Intronaut, Red Fang e Eartship.
SEGRATE (MI) LUNEDI' 13 GIUGNO (MAGNOLIA) BOLOGNA MARTEDI' 14 GIUGNO (BLOGOS)
Vinicio Capossela
Un po bohemiene e un po cantautore, di nuovo in tour per presentare il nuovo disco.
ISCHIA (NA) SABATO 18 GIUGNO (CASTELLO ARAGONESE)
Electrovenice Festival
Dopo il rock dell'Heineken Jammin' Festival il parco San Giuliano ospita questa rassegna di un giorno dedicata alla musica dance. Gli ospiti della kermesse sono Fatboy Slim, Deadmau5, Afrojack, Goose e Reset!
MESTRE (VE) SABATO 18 GIUGNO (PARCO SAN GIULIANO)
Sherwood Festival
Il consolidato festival rock patavino si apre con i concerti dei Ministri e di Daniele Silvestri.
PADOVA VENERDI' 17 E SABATO 18 GIUGNO (PARCHEGGIO NORD STADIO EUGANEO)
Assalti Frontali
La band hip hop romana di nuovo on the road per presentare il nuovo album Profondo rosso.
TRENTO DOMENICA 12 GIUGNO (CS BRUNO) ROMA VENERDI' 17 GIUGNO (CS ACROBAX PROJECT) MANDELLO DEL LARIO (LC) SABATO 18 GIUGNO (SONICA FESTIVAL)
Udin&Jazz
La rassegna si avvia alla ventunesima edizione e si apre a S. Giorgio di Nogaro con lAndrea Massaria 4tet. Il 18 a Udine sono in cartellone il sestetto Arbe Garbe & Eugene Chadbourne The Jazz Prova.
SAN GIORGIO DI NOGARO (UD) GIOVEDI' 16 GIUGNO (VILLA DORA) UDINE SABATO 18 GIUGNO (PARCO DEL CORMOR)
30 Seconds to Mars
La emo band statunitense dal vivo.
RHO (MI) VENERDI' 17 GIUGNO (ARENA CONCERTI FIERA MILANO) ROMA SABATO 18 GIUGNO (IPPODROMO DELLE CAPANNELLE-ROCK IN ROMA)
I Blame Coco
Al secolo Coco Sumner, ossia la figlia di Sting... Synth pop anni Ottanta.
FIRENZE LUNEDI' 13 GIUGNO (PICCOLO TEATRO) ROMA MARTEDI' 14 GIUGNO (CIRCOLO DEGLI ARTISTI)
Verdena
Prende il via il tour estivo della rock band bergamasca per presentare l'acclamato nuovo doppio cd Wow.
CUNEO SABATO 11 GIUGNO (NUVOLARI LIBERA TRIBU') MILANO DOMENICA 12 GIUGNO (IDROSCALO-MI AMI FESTIVAL)
Mi-Ami Festival
L'edizione 2011 del festival dell'Idroscalo ospita per oggi Babalot, Banjo or Freakout, Be Forest, BrokeOne, Casino Royale, Al Castellana, Charleston, Death in Plains, Emis Killa, Forty Winks, Ghemon, Ettore Giuradei, Dj Gruff, Il Cielo di Baghdad, Iori's Eyes, L'Ariele, Ln Ripley, Macrobiotics, Majakovich, Marco Parente, Scuola Furano, Smart Cops, Welcome Back Sailors e Zabrisky, mentre domani toccher a Bartok, Cesare Basile, Cani, Bob Corn, Di Martino,Green Like
Festate
Passaggio a Nord... Due giorni di festival di culture e musiche del mondo nella citt del Canton Ticino. Sul palco si alternano Solis String Quartet, The Best of Noa e Luka Rudeboy e Raba dj set (il 17), Skerryvore, Namgar e The National Fanfare of Kadebostany (il 18).
CHIASSO (CH) VENERDI' 17 E SABATO 18 GIUGNO (PIAZZA MUNICIPIO)
Ash
La indie rock band nordirlandese in tour in Italia.
ROMA GIOVEDI' 16 GIUGNO (CIRCOLO DEGLI ARTISTI) CESENA (FC) VENERDI' 17 GIUGNO (GEORGE BEST) MONZA (MB) SABATO 18 GIUGNO (STADIO DEL RUGBY-TROUBLEFESTIVAL)
Kme
La quinta edizione del Karel Music Expo nel capoluogo sardo si articolata su due palchi per tre giorni. A chiudere la kermesse saranno Alessio Bertallot dj set, Dorian Gray, Getsemani, Mick Harvey,
Artusijazz
La rassegna, che diretta da Flavio Boltro e si colloca allinterno della complessa Festa artusiana, propone un recital di piano solo di Stefano Bollani.
FORLIMPOPOLI (FC) SABATO 18 GIUGNO
Marlene Kuntz
In tour la band piemontese per presentare il nuovo disco, Ricoveri virtuali e sexy solitudini.
PADOVA DOMENICA 12 GIUGNO (PALAZZO MORONI)
ULTRASUONATI
AA. VV.
Network/Egea) THE ROUGH GUIDE TO AFRICAN GUITAR LEGENDS (World Music
BOOK NOTE
PUMA
il loro mestiere incuriosire ascoltatori e viaggiatori, non solo musicali ma anche fisici, della prima ora. Quando le compilazioni della Rough Guide arrivano poi a interessare anche chi gi ne mastica dei suoni in oggetto, significa che il lavoro di cernita e composizione giunto a buon fine. Come in questo caso. Chitarre africane, in buona parte dal West Africa che hanno i nomi di A. Farka Tour, Tinariwen, D. Tounkara, K. Manfila e altri. E un disco di rumba congolese nella scia del grande Franco, firmato da Syran Mbenza & Ensemble Rumba. A bordo, si parte. (g.di.)
7 7 7 7 7 7 8
AA. VV.
THE ROUGH GUIDE TO BELLYDANCE (World Music Network/Egea)
Scandinavi, giovani e decisamente figli del suono di marca Rune Grammofon. Le vicinanze con i Supersilent di Arve Henriksen sono davvero molte. L'aggiunta di suoni electro e una minore ortodossia ad agganciare il rumorismo nordico sono invece gli elementi di differenza. Nove le tracce scritte dal trio. Sugli scudi rimane la melanconia granitica di Knitstep, la lancinante e quasi mistica Hackioji Silk Blues, nonch la title-track, davvero una sorta di manifesto intenzionale della band. Da ascoltare con attenzione. Nota a margine, da non lasciarsi sfuggire i tre musicisti Moen, Westerhus e Nilssen, gi a vario titolo in pi formazioni (N.P. Molvaer, Bushaman's Revenge, Monolithic, Jaga Jazzist). (g.di.)
Bellydance. Rough Guide ancora sugli scudi, come di consueto quando si tratta di narrare storie sonore. E quindi, una uscita che consta di due dischetti. Il primo di sedici tracce che fanno il punto sui diversi stili di approccio a la danse du ventre. Ritmi dal Mediterraneo per un esotismo mai caduto nel dimenticatoio. Il disco numero due invece un dvd di circa ottanta minuti dove Virginia - maestra indiscussa a livello mondiale - istruisce chi volesse sulla danza del ventre. Con dovizia di particolari e attitudine allinsegnamento. Semplicemente fantastica. (g.di.)
CAT'S EYES
CAT'S EYES (Cooperative Music)
Un nuovo duo si affaccia nel panorama indie britannico. La coppia in questione, che risponde al nome di Cat's Eyes, quella composta da Faris Badwan degli Horrors e dal soprano Rachel Zeffira. Un progetto che trova terreno fertile nelle atmosfere sognanti e delicate del pop dalle reminiscenze chiaramente Sixties e in un tentativo di rivisitazione, in chiave moderna, di sonorit colte vicine alla musica classica, genere da dove arriva la vocalist. Tra archi analogici e architetture digitali il disco scorre piacevolemente via, veloce veloce (dieci brani per meno di trenta minuti) tanto da voler ricominciare da capo. (b.mo.)
te e hanno esortato i fan a boicottarlo. Toni altrettanto ostili, anche su Facebook, sono stati riservati al film omonimo che il regista giapponese Sion Sono ha tratto dal libro. MOLTO PI VARIO e stimolante, invece, l'ambiente musicale che Antonello Cresti analizza in Lucifer over London. Indust rial, folk apolittico e controculture radicali in Inghilterra (Aereostella). Cresti, attivo anche come musicista, uno dei nuovi talenti dell'editoria musicale nostrana, insieme ad Antonio Oleari, Riccardo Storti, Donato Zoppo e altri. Da vari anni lo scrittore fiorentino impegnato in un'attenta analisi del mondo britannico, dove il fenomeno musicale viene inserito nel relativo contesto socioculturale. A questa logica era ispirato anche il suo libro precedente, Fairest Isle. L'epopea dell'electric folk britannico, (Aereostella), un'opera non convenzionale che merita
DARIO CECCHINI
JAZZASONIC (My Favorite/Emi)
C' un'aria molto vintage in questo progetto di Dario Cecchini, e non potrebbe essere altrimenti. Chi conosce il sassofonista baritono toscano (in questo lavoro impegnato anche al soprano, flauto e clarinetto basso) sa che con i suoi Funk Off egli impartisce belle lezioni di groove, al contempo giocando con i ricordi delle marchin' band. Qui, in formazione ristretta, il ricordo va a Horace Silver, ai Messengers pi funk, a Bobby Timmons, e sin dall'iniziale Dave the Brave, giocata sull'alternanza di due tempi. Eccellenti gli interventi della tromba di Fabio Morgera, e le tastiere rtro di Michele Papadia. (g.fe.)
la massima attenzione. Anche in Lucifer over London Cresti padroneggia i risvolti sociali e politici di un'epoca che non ha vissuto. Il libro dilata e aggiorna il campo d'indagine di England's Hidden Reverse: Coil-Current 93-Nurse with Wound (SAF Publishing), dove David Keenan proponeva un'analisi limitata ai tre gruppi suddetti. Il taglio adottato dall'italiano legittima l'aggiunta di altri gruppi (Death in June, Psychic TV, Sol Invictus e Throbbing Gristle), tasselli di un mosaico che tocca i campi pi disparati: dalla politica alla filosofia, dall'esoterismo alla politica. Ancora una volta Cresti si dimostra capace di ricomporre le controculture radicali dell'underground inglese senza assumere le intonazioni nostalgiche del fricchettone. Se la sua ammirazione per la materia trattata palese, lo scrittore riesce comunque a mantenere il distacco necessario per non scivolare nell'agiografia.
Le rime di Rancore sulle basi di Dj Myke supportato dagli strumenti di Svedonio -, capitolo secondo. Pochi mesi dopo Acustico ecco Elettrico. Rancore continua a rappare tutto dun fiato ma stavolta su basi con pi groove, piene di accelerazioni trascinanti. Le produzioni musicali electro sono piene di rock e il rap di Rancore ci viaggia sopra con naturalezza. Se lmc dimostra dunque di sapersi ben adattare a generi differenti, il produttore conferma la sua capacit di spaziare da uno stile allaltro. Elettrico segna lincontro tra due menti aperte ed eclettiche concentrate sulla creazione musicale e non sulla smania di dimostrare quanto sono originali. Tutta salute per lhip hop italiano. (l.gr.)
BORIS SAVOLDELLI
BIOCOSMOPOLITAN (Mooninjune)
In origine c'era stato Insanalogy, un disco, seguito da numerosi concerti, per il quale la critica internazionale aveva speso parole importanti: Una voce che provoca gioia, un talento unico, la magia di una caleidoscopica vocalit, e via citando. Adesso arriva Biocosmopolitan, e c' da scommettere che l'effetto rilancio sar immediato: Boris Savoldelli ha mestiere, idee e naturalezza, nel proporre la sua speziatissima atmosfera di jazz, funk e accenni rock, stratificando sillaba su sillaba la sua voce particolarissima, e molto piacevole, peraltro, con l'ausilio di un looper. In diversi brani ospiti importanti: la tromba fatata di Paolo Fresu, il basso pulsante di Jimmy Haslip degli Yellowjackets. (g.fe.)
PAUL SIMON
SO BEAUTIFUL OR SO WHAT (Concorde/Universal)
CONNAN MOCKASIN
FOREVER DOLPHIN LOVE (Discograph/Self)
LEGENDA
MICHAEL CHAPMAN
FULLY QUALIFIED SURVIVOR (Light In The Attic/Goodfellas)
Re-issue di quelle pesanti, che vale la pena raccontare. Di fianco ai nomi di Bert Jansch, John Martyn quello di Chapman ha il suo posto naturale. Per intenderci, capitava nei Settanta di incontrarlo in tour in Europa assieme a John Mayall. Luomo di Leeds, icona folk-rock dai contenuti psych e blues, ha probabilmente avuto in questo album il suo acme. Delle sedute di registrazioni faceva parte allepoca anche Mick Ronson (poi chitarrista di Bowie). Altro da aggiungere? Booklet di trentadue pagine e una perla preziosa per la vostra discoteca. (g.di.)
Eccoli dopo due anni di assenza che tornano i cavalieri del suono Cali-Mex. Accompagnati ufficialmente dal sodale di mille avventure Kid Ramos. Meglio dellultima volta, con un suono pi maturo e meno saltellante. Si ravvisa una determinatezza nelle scelte pi netta, elemento che migliora nettamente l'esito del tutto. Dodici incisioni ritmiche e festaiole, sia quando sono cantate in inglese (Everything Will Turn Out Allright) che in spagnolo (Los chucos suaves, Una pura y dos con sal). Rilevante anche il suono elettrico quando diviene francamente blues (My Brothers Keeper). Ci piacciono. (g.di.)
7 7
HAUSCHKA
SALON DES AMATEURS (130701-Fat Cat/Audioglobe)
Con Salon des amateurs Volker Bertelmann, il compositore e musicista tedesco che si cela dietro al nome Hauschka, si conferma come uno dei massimi esponenti della emergente scena neoclassica. Un disco di pregevole fattura che si presenta come un ulteriore passo in avanti rispetto al genere, un album che gioca con gran gusto su temi dalla struttura classicheggiante aggiungendo spore vaganti di elettronica e ritmiche che potrebbero far pensare a una dance rallentata e colta, e in Subconscious si diverte anche a flirtare con il tango... Sapienza da vendere. (b.mo.)
HAZMAT MODINE
CICADA (Jaro/Egea)
La coraggiosa etichetta di Pavia negli ultimi tempi ha incrementato le uscite, a dispetto del fatto che i cd si vendono poco: un segno di fiducia nello zoccolo duro degli ascoltatori che non si accontentano di scaricare la musica che sarebbe un peccato non cogliere, perch la produzione a livello delle migliori uscite internazionali. Come questo duo di elettronica tra Marutti e Balbo, attivo da un lustro. Registrazioni a quattro mani, elaborazioni tra il 2007 e il 2009, poi una lunga session di mixaggio su banco analogico, che garantisce spessore e armonici alla musica. Vengono in mente le avventurose puntate dei primi corrieri cosmici tedeschi degli anni Settanta, ad ascoltare Detrimental Dialogue, ma anche, a tratti, la livida imperturbabilit della ricerca dell'ultimo ventennio svincolata dalla battuta fissa. C' respiro e intelligenza, in queste note sintetiche. (g.fe.)
Spesso nel recensire musica si usa il termine originale. Noi non ne siamo certo immuni, ma riconosciamo che molte volte sia usato con troppa facilit se non addirittura a sproposito. Ora, non vorremmo cadere in questo errore parlando della musica di Connan Mockasin, musicista, cantante, autore e anche pittore neozelandese trasferitosi da qualche anno in Inghilterra, usando proprio quel termine, ma, onestamente, non che ce ne vengano molti altri. Il suo stile ha in s temi pop e aperture care alla psichedelia, indubbiamente, ma sviluppati in modi tuttaltro che convenzionali. Chitarre piene di phaser e una voce lieve e fragile sono i tratti maggiormente distintivi di Mockasin e questo suo quinto, interessantissimo, lavoro in studio vede in aggiunta anche sette brani registrati dal vivo. Per chi ha voglia di uscire dalla routine. (b.mo.)
Sar ma questi settantenni d'assalto danno punti a pi giovani colleghi. Paul Simon si ripresenta, prodotto da Phil Ramone, ovvero una coppia che si rinsalda dopo i fasti di Still Cazy after all these Years del 1975, e pubblica dieci pezzi ispirati e freschi dalla lucidit di scrittura impressionante. Gettin Ready for Christmas mette in chiaro subito cosa dobbiamo aspettarci, tutto tranne un gioioso giorno di natale che il protagonista passa a ricordare il nipote richiamato per la terza volta in Iraq. Venti di guerra anche nell'afrobeat di Rewrite, soffia l'incubo americano del Vietnam, mentre un homeless e i suoi pensieri sotto il ponte di Brooklyn fanno da sfondo alla sottile e malinconica Questions for the Angels. Magnifico e intimista, con musicisti del calibro di Gil Goldtgein, l'armonicista blues Sonny Terry, So Beautiful or so what un disco che riconcilia con la buona musica. (s.cr.)
FILIPPO TIRINCANTI
OTHERWISE (Eleven)
OQUESTRADA
TASCABEAT, O SONHO PORTUGUES (Jaro/Egea)
Intelligente gioco verbale tra nome del gruppo (orchestra da strada) e titolo dell'album (ritmo da osteria), per il quintetto della vocalist Miranda, che enuncia origini, genere, contesto sociale. Oltre questo, si tratta di vero capolavoro che segna un punto fermo nell'evolversi del suono/sogno portoghese dal fado urbano a nuove musiche; il gusto un po' cantautorale, con il recupero di un'educata pop song, di matrici vernacolari e citazioni rtro, persino vagamente lounge, in quell'essere jazzato da vecchio swing, senza certo nulla togliere alla cultura lusitana. (g.mic.)
8 7
HELEN MERRILL
THE NEARNESS OF YOU (Phoenix/Egea)
Otherwise lalbum desordio del cantante e chitarrista Filippo Tirincanti, che ha, nel suo background, un tour mondiale con Sananda Maitreya, alias Terence Trent DArby, e diversi anni negli Stati Uniti. Il disco, con testi in inglese e gli arrangiamenti dello stimato pianista jazz Luca Mannutza, contiene dodici brani, tra cui la cover di Get up Stand up di Bob Marley. La voce profonda e calda di Tirincanti accompagnata dalla tromba di Fabrizio Bosso, dalle chitarre di Egidio Marchitelli e Roberto Cecchetto, dal basso di Francesco Puglisi e dalla batteria di Lorenzo Tucci. Michele Santoro ha curato gli arrangiamenti degli archi. Il tutto per un cd dalle sonorit jazz, blues e soul. Piacevole, come un buon bicchiere di vino rosso grand cru. Sicuramente un disco dannata. (g.lu.)
Rispecchiamo la citt (New York) e la natura essenzialmente migrante e bastarda della cultura americana dice il leader dell'ottetto Wade Schuman, armonicista e vocalist straordinario: rispetto al precedente Bahamut, dove si assisteva a un cocktail di blues, swing, klezmer, country, soul, gypsy e rocksteady, in questo Cicada gli Hazmat Modine vanno ancora pi in l, verso un world-jazz-pop che coinvolge quali ospiti Gangbe Brass Band dal Benin, Huun-HuurTu tra Russia e Mongolia, nonch il Kronos Quartet e la cantante Natalie Merchant. Tre cover e dieci original in un tripudio di suoni ancor pi lanciati a rimarcare le influenze degli anni Venti-Trenta e quelle dei CinquantaSessanta. (g.mic.)
Come Carmen McRae anche Helen Merrill che port nel jazz anni Cinquanta una singolare attitudine a usare la voce quasi fosse uno strumento - , ha sofferto la presenza di due giganti come Ella Fitzerald e Sarah Vaughan sulla strada della popolarit di massa. Dizione perfetta, spostamenti di accento e interpretazioni, la sua filosofia del canto era gi racchiusa in questi due splendidi album riuniti in un solo box nella ristampa Phoenix The Nearness of You e You've Got a Date with Blues incisi tra il 1952 e il 1953. L'artista newyorkese stata splendida anche nella maturit, andrebbe rispescato un disco del 1994, Brownie, omaggio a Clifford Brown. (s.cr.)
Secondo disco, e centro pieno per questo reggae-ragga band del giro torinese con le idee chiare e molte cose da dire, librate su una base ritmica tanto elastica quanto potente. Questa volta il gruppo per l'immagine di copertina s' affidato al muralista cileno Eduardo Momo Carrasco, in Italia dal '74: saldatura netta e significativa tra due diverse generazioni antifasciste, mentre per musiche e testi si guardato pi a una dimensione collettiva di elaborazione. Due i vertici del nuovo lavoro: Crisi, splendida controstoria dei misfatti finanziari che fabbricano milioni di nuovi poveri, e Un giorno di fuoco, gran bell'esercizio di memoria partigiana. (g.fe.)
stefano crippa gianluca diana guido festinese luca gricinella gabrielle lucantonio guido michelone brian morden
Lex Arab Strap Aidan Moffat e il compositore e leader dellottetto che prende il suo nome, Bill Wells, di nuovo insieme dopo una fugace collaborazione ai tempi di Monday at the Hug & Pint, disco degli Arab Strap del 2003. Il tutto, in realt, nato proprio ai tempi di quelle registrazioni, ma solo ora vede luce e forma concreta. I due musicisti scozzesi rilasciano dodici tracce con il piano di Wells che si muove tra classicismo e derive jazzistiche, arrangiamenti ora spartani ora pi ricercati, e la inconfondibile voce di Moffat che canta, ma sarebbe meglio dire parla, melodie nel suo stile sghembo e ubriaco. Intrigante. (b.mo.)
CULT
INSOSTENIBILE
LETALE
RIVOLTANTE
SOPORIFERO
di RadioDervish
COSI COSI
BELLO
MAGICO
CLASSICO
BRONSON
DI NICOLAS WINDING REFN; CON TOM HARDY, KELLY ADAMS. GB 2008
Basato su una storia vera. Michael Gordon Peterson un cittadino britannico nato nel 1952, oggi considerato il pi violento criminale in prigione del paese. Nel 1974, a 22 anni, per farsi un nome tenta di rapinare un ufficio postale con un fucile a canne mozze. Arrestato e condannato a sette anni di carcere, ossessionato dallidea di diventare famoso ed assume il nome darte di Charles Bronson, come lattore americano famoso per i suoi ruoli di giustiziere solitario. Bronson dal 2000 sconta lergastolo.
COUNTRY STRONG
DI SHANA FESTE; CON GWYNETH PALTROW, TIM MCGRAW. USA 2010
Melodramma musicale. Beau Hutton (Garrett Hedlund), un cantautore stella nascente della musica country, si innamora di Kelly (Gwyneth Paltrow), una ex-star del settore piuttosto alcolizzata, fino ad essere arrestata per guida in stato di ubriachezza, in attesa del suo rilancio. La loro relazione sintreccia con quella del marito (Tim McGraw) e manager di Kelly e della reginetta di bellezza Chiles (Leighton Meester) altra aspirante cantante country. Prodotto da Tobey NcGuire.
Parigi, anni 60. Jean-Louis Joubert (Luchini), agente di cambio rigoroso e rigido padre di famiglia scopre che un allegro gruppo di cameriere spagnole vive al sesto piano del suo palazzo borghese. Maria, la giovane cameriera che lavora a casa sua, gli fa scoprire quelluniverso esuberante cos lontano dallausterit del suo mondo. Jean-Louis si lascia andare e per la prima volta assapora con emozione i piaceri pi semplici. Nel cast Carmen Maura, Concha Galn, Lola Dueas, largentina Natalia Verbeke. Era fuori concorso a Berlino.
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a musica di Piazza Tahrir sommersa dal rumore del traffico caotico della metropoli egiziana. Eppure proprio le canzoni trasmesse attraverso internet e nei locali underground del Cairo hanno fatto da collante amplificando gli slogan della rivoluzione araba. Non si tratta delle canzoni delle pop star, spesso compromesse con il regime di Mubarak, ma della voce di giovani cantautori e rappers che hanno pagato con larresto, e in alcuni casi con la vita, il loro farsi icone del proTre immagini del concerto fondo cambiamento che sta cointenuto dai Radiodervish volgendo la societ egiziana. nel Cairo Opera House Una sensazione che ci ha accompagnato costantemente durante le varie tappe del nostro viaggio al Cairo stata la consapevolezza di trovarsi davanti ad un capitolo importante della storia del mondo arabo. Sorprendente la percezione del capovolgimento delle considerazioni che fino a poco tempo fa costituivano il riferimento di analisi della realt araba, illustrate nello scritto di Samir Kassir (giornalista libanese assassinato a Beirut nel 2005) Linfelicit araba nel quale lo scrittore ritrae una popolazione oramai imprigionata nella passivit fatalista e rassegnata al proprio infelice destino incapace di cambiamento. Ma lo stesso Kassir che sostiene nel suo libro che gli arabi: Eredi di una grande civilt che guardava al futuro. gli arabi possono riappropriarsi del proprio destino. A patto di liberarsi della cultura del vittimismo. Di fare i conti con quella modernit che molti continuano a vivere come minaccia. mati dagli appelli lanciati dai miEvidentemente i ragazzi della nareti, autorganizzarsi per la diferivoluzione dei gelsomini hanno sa e il controllo del quartiere, orasaputo liberarsi dalla cultura del mai senza polizia, e nella pulitura vittimismo e si sono serviti degli delle strade. Infatti proprio la polistrumenti della modernit, facezia, direttamente controllata dal book e twitter in testa, per diffonvecchio regime, aveva fatto uscire dere la loro primavera. i criminali comuni dalle carceri e E cos da qualche mese a quesi era dileguata. sta parte sembra quasi che la direPer lunghi giorni lesercito era zione geografica della storia si sia stato fermo a guardare levolversi invertita e che il suo motore si sia della situazione prima di schierarspostato nella costa sud del medisi dalla parte del popolo e quindi i terraneo che ora appare cos dinaventicinque milioni di cairoti somica di fronte ad un attonito occino stati lasciati a se stessi ed alla dente che si mostra sempre pi loro personale iniziativa. Nel fratarroccato e fermo in un privilegio tempo ogni giorno bruciava un fatto di un benessere che oramai palazzo del potere non ad opera si ha il terrore di perdere e che si traduce nel rafforzamento di identit egoistiche incapaci di aprirsi allaltro. Una stasi provocata anche da decenni di mito individualista e consumista introiettato da almeno due generazioni. E al Cairo i segni della rivoluzione sono tanti, dal fatto che piazza Tahrir sempre presidiata da gruppi di persone che improvvisano discussioni politiche, danze e canti fino alla presenza per le strade di squadre di giovani studenti attivisti che in mezzo al traffico si mettono a ridipingere gli spartitraffico e la segnaletica accompagnandola alla scrittura di slogan pro rivoluzione. Questo fenomeno del rimettersi in gioco in prima persona e di prendersi cura della cosa pubblica il cambiamento pi visibile della psicologia collettiva che fin dai primi momenti ha visto, nei momenti di maggiore anarchia della transizione, gli uomini dei quartieri richia-
al mondo, molti giovani ci vengono incontro, vogliono parlare, comunicare con noi e conoscere la ragione della nostra visita. Nel frattempo molti venditori ambulanti ci propongono simpaticissimi Gadget della rivoluzione. C molta gente che canta, che trasmette musica, gruppi di persone che discutono ad alta voce e che ci invitano a far parte delle loro discussione sulla rivoluzione e sul futuro della stessa. Quando lasciamo piazza Tahrir a notte inoltrata abbiamo limpressione di essere stati in un luogo inusuale: fuori dal solito stereotipo del mondo arabo. Sarebbe molto interessante se questo germoglio di rinascimento arabo riuscisse ad uscire dallambito mediorientale e prendesse una connotazione mediterranea coinvolgendo insieme le popolazioni del sud e del nord Europa. Non dimentichiamo che in fondo lumanesimo e il conseguente rinascimento europeo furono fortemente influenzati da una migrazione di intellettuali orientali alla corte di Firenze dopo la caduta di Costantinopoli. Le cose nuove in effetti si generano dallibridazione tra elementi diversi e apparentemente distanti. La musica in generale ha bisogno di luoghi nei quali risuonare e le nostre composizioni si sono sempre nutrite di luoghi reali ed immaginari fin dalla loro fase iniziale colorandosi con paesaggi
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di Mariuccia Ciotta
a matita e il pixel, una linea rossa salda l'avanguardia disneyana al presente, da Mickey Mouse a Toy Story, dal primo Studios di Hyperion Avenue alla Pixar di John Lasseter. Non sar solo un omaggio a Walt Disney l'evento del Biografilm festival (Bologna 10-20 giugno) ma la testimonianza di una memoria al lavoro. L'evoluzione di uno esperimento animato che prosegue nel tempo, secondo le direttive immaginifiche del poeta dell'incanto. Visione espansa com'era Fantasia che precipit dall'immateriale nella citt del futuro, prima Disneyland poi Epcot, progetto di urbanistica futuribile (Walt mor prima di realizzarlo) e oltre. Da qualche anno chi dice Disney non evoca pi solo il marchio di Burbank ma quel sottile graffio che emerge nel luccicare argentato dell'auditorium di Frank Ghery a Los Angeles, la firma famosa impressa sulla superficie a vela del Disney Hall. Il merito tutto di Diane Disney Miller, figlia di Walt, che gioved 16 giugno sar ospite del festival diretto da Andrea Romeo, e che gi le riserv un tributo nel 2006. Questa volta per l'ideatrice della W. D. Family Foundation sar presente per invitare a un viaggio nella zona di frontiera del wonderland, invito rivolto ai tanti che ancora non sanno chi c' dietro il mito. E sar proprio il documentario di Jean-Pierre Isbouts Walt:The Man Behind the Myth (visto alle Giornate del cinema muto 2001) ad aprire la due giorni in compagnia dell' attivista che con la sua anti-major di famiglia ha riscoperto i tesori di un grande artista del Novecento. Non solo l'uomo, contro tutte le rivelazioni diffamanti in circolazione, ma l'inventore geniale, battistrada della terza dimensione e del fantasound, ingegnere di mondi. La biografia vivente di Walt ha sede nel W.D. Family Museum, sorto a San Francisco nella zona del Presidio con vista sul Golden Gate bridge e sar proprio il museo, inaugurato il 1 ottobre 2009, al centro della visita di Diane Disney Miller, guida speciale lungo le nove stanze cariche di tesori in un intreccio tra vita e opere. Nella serata di gioved, che si chiuder con Biancaneve e i sette nani (ore 21, sala Mastroianni), dopo la consegna del premio Lancia Celebration of Lives per la creazione del museo, Diane far conoscere in questa prima europea l'opera dedicata al padre, e racconter la genesi dello spazio espositivo, visualizzato in
l'ultima conquista dell'universo virtuale con l'opera dedicata a The Pixar Story (2007), orchestrata sul leitv motiv dell'unico creativo riconosciuto (anche da Diane) come erede di Walt Disney, John Lasseter: L'arte sfida la tecnologia e la tecnologia ispira l'arte. Venerd 16 giugno (ore 17), il film sar commentato dall'autrice, che figura inoltre tra i relatori del convegno L'evoluzione dell'immagine (17 giugno, ore 19,30 spazio Feltrinelli) affollato di importanti rappresentanti della cultura digitale, tra cui Karen Paik, autrice del volume inedito To Infinity and Beyond! The Story of Pixar Animation Studios, excursus sulla factory di Emeryville. Alla presentazione del libro, seguir la proiezione di una serie di cortometraggi nel programma 25 anni di creativit digitale Pixar Shorts. Nel paesaggio disneyano non poteva mancare il nome di un pilastro dello Studios, Ron Miller, prima produttore dal 1961 al 1980 (la serie tv Zorro, Professore a tutto gas, Fbi operazione gatto...), poi capo della company (1980-'83), che ide e produsse anche film di grande innovazione stilistica, primo fra tutti Tron ('82), impressionante anticipazione della realt virtuale e di cui a distanza stato riconosciuto il valore con il sequel Tron Legacy (2010). Ron, marito di Diane, con la quale condivide il gusto del bello e del buono (producono nella Napa ValMickey Mouse, eletti a Monna Liley il vino Silverado, e dunque parsa del museo... E a proposito del teciperanno nella mattina del 16 a Topo, una doppia sorpresa, la preuna jam-session del festival sulle senza al Biografilm di un'altra raptagliatelle al rag) introdurr nella presentante dell'illustre genia, Lenotte di gioved (ore 23,30) il suo slie Iwerks, nipote di Ub, il numero capolavoro cibernetico concepito uno degli animatori dello Studios, da Moebius. collaboratore della prima ora di Infine, al di l dei legami sangue Walt, la mano geniale che diede viil Bff ha convocato due protagonita al personaggio simbolo. sti dello Studio dalle grandi orecLeslie mostrer (gioved 16, ore chie, Robert B. e Richard M. Sher19) il suo The Hand Behind the man, autori delle colonne sonore Mouse: the Ub Iwerks Story ('99), un dei classici Mary Poppins, Il libro film zeppo di materiali d'epoca, indella giungla, La spada nella rocterviste, immagini del grande disecia, Aristogatti, Re leone... Il loro rignatore in una carrellata fantasmatratto consegnato al docu-film gorica che ne delinea il profilo, in The Boys: The Sherman Brothers's sintonia perfetta con la verit storiStory (17 giugno, ore 19), storia dei ca, Walt cre Mickey, Ub lo anim. fratelli Richard (testi) e Bob (musiRegista di documentari d'inchiesta ca), autori di canzoni di successo, sociali, Leslie Iwerks ha continuato come dei George e Ira Gershwin la sua indagine sulle mutazioni dei moderni, melodiosi accompagnadisegni animati, e dall'inchiostro di tori dell'appuntamento con la legUb arrivata alle figure digitali, algenda Disney.
USA: CRIMINI IN CALO DETENUTI IN AUMENTO I dati li ha forniti l'Fbi a met maggio, raccontando come il crimine non paghi pi negli Usa, o almeno molto meno di una volta. Il numero di rapine, omicidi, furti in casa o di automobili sceso a precipizio negli ultimi decenni. Numeri e percentuali si sono attestati al livello di 40 anni fa, quando, anche solo per ragioni demografiche, erano decisamente pi bassi. Ma la buona notizia ha provocato un piccolo terremoto nel mondo dei sociologi e criminologi. Tutti convinti che in tempi cos bui, soprattutto quando, tra il 2007 e il 2009, scoppiata la Grande recessione, sarebbe successo esattamente il contrario. Persino nelle citt, come New York, dove negli ultimi mesi c' stato un aumento dei reati, nulla paragonabile ai terribili anni '80 o '90. Se gli omicidi ad esempio nel 2010 sono saliti ripetto ai 12 mesi precedenti, il loro numero, 536, poca cosa rispetto ai 2245 di 10 anni prima. Se si guarda all'intero paese il trend netto. Il numero delle rapine sceso dell'8%, quello dei furti d'auto del 17%. Non c' un legame di causa e effetto insomma tra crisi economica e crimine, e del resto da questo punto di vista un precedente c'era gi stato. Anche durante la Grande Depressione degli anni '30, quando la disoccupazione toccava cifre da capogiro, col 25% di gente alla disperata ricerca di lavoro, c'era stato un calo della criminalit. Ma forse, prima di concludere che gli americani sono diventati tutti pi buoni, o quantomeno rispettosi della legge o sposare la tesi di James Wilson (autore di un saggio come Thinking about crime) che sul Wall Street Journal ipotizza nientemeno che un mutamento culturale profondo, bisogna buttare un occhio al sistema carcerario. Dove sono rinchiusi oltre due milioni di persone. 751 detenuti ogni 100mila abitanti, un record mondiale, visto che persino in Russia, paese non certo cos tollerante, sono solo 627, mentre in Giappone e Germania non arrivano ai 100 (63 nel primo caso, 88 nel secondo). Per non parlare di San Marino, dove c' un solo detenuto. In America infatti finire in cella pi facile che altrove, e le pene sono decisamente pi lunghe. E il risultato, nonostante le tante prigioni, magari private, costruite negli ultimi anni, uno spaventoso sovraffollamento. Tanto che, due settimane fa, la Corte suprema intervenuta ordinando alla California (la causa riguardava per l'appunto il Golden State) di ridurre nel giro di due anni la sua popolazione carceraria liberandosi di ben 46mila detenuti. E se vero che un modo per obbedire ai dettati della Corte sar quello di spostarli, dalla prigioni statali a quelle delle contee, finalmente cominciata una discussione seria sulle misure alternative. Pi per necessit, purtroppo, che per convinzione. Perch anche senza aspettare nuove sentenze, ci che preoccupa, non i criminologi ma i governatori di molti Stati sono i costi, stimati addirittura a 24mila dollari l'anno per ogni carcerato.
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SINTONIE
filippo brunamonti antonello catacchio mariuccia ciotta giulia da. vallan marco giusti roberto silvestri silvana silvestri
IL FILM
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Lazione si svolge a Beantown, una giungla urbana, con tanto di merce rubata e bande organizzate: sono milioni di chicchi di caff tra cui gli uomini del boss Cappuccino. A un certo punto compare sulla scena Killer Bean a cui d la caccia il detective Cromwell. Unanimazione tarantiniana per Jeff Lew, esperto in effetti visivi qui al suo esordio.
LONDON BOULEVARD
DI WILLIAM MONAHAN; CON COLIN FARRELL, KEIRA KNIGHTLEY. USA GB 2010
in unottica completamente capovolta. Da femme fatale, qui una ragazza fragile, schiacciata dal potere della ricchissima famiglia per cui lavora nelle cui dinamiche il regista suggerisce unimmagine dei rapporti sociali nella Corea di oggi. E lo fa nel suo stile, con un cinema ricercato, composto da geometrie estreme e complesse. (c.s.)
Un criminale di South London uscito di prigione cerca di cambiare vita lavorando come assistente e factotum per una celebre attrice. I due si innamorano, ma la malavita non lo abbandona. Lintreccio si sposta a Los Angeles e il romanticismo si trasforma ben presto in noir. Il regista qui al suo esordio sceneggiatore e romanziere, ha vinto lOscar per la sceneggiatura di The Departed di Scorsese, la fotografia di Chris Menges (direttore della fotografia di Mission, Michael Collins e regista di vari film tra cui Un mondo a parte).
NAUTA
DI GUIDO PAPPAD, CON DAVID COCO, LUCA WARD. ITALIA 2011
Ci sono cose che solo i bambini vedono e che gli artisti intercettano nei loro sguardi, la visione per resta misteriosa, non decifrabile, e cos Tutti per uno si accompagna all'infanzia di Truffaut e dell'ultimo Kaurismaki. Romain Goupil, classe '51, militante sessantottino (Mourir trente ans, '82) scarta la narrazione documentaristica e sceglie un fermo-immagine epocale, bambini in via d'espulsione con le mani in alto davanti al plotone armato di Sarkozy. Les mains en l'air, il titolo originale scolpisce l'icona dei nostri giorni, monumento in movimento per dire di ogni piccola vittima di guerra, sul fronte o a Parigi, dove Milana (Linda Doudaeva), bimba cecena nascosta in uno scantinato buio, difesa dai compagni di classe che temono l'espulsione dell'amichetta. La tensione tra innocenza e realt dei sans papier una bomba emozionale, Goupil disegna percorsi sotterranei dietro il complotto infantile, li fa eroi inconsapevoli, avanguardie di altre rivolte che dilagheranno oltre la Francia. (m.c.)
Un antropologo riceve inaspettati finanziamenti per una ricerca su un evento che si manifesta quando si raggiunge la perfetta armonia tra essere umano e natura. La traversata verso lisola della Tunisia dove stato avvertito il fenomeno avviene su una barca di un capitano amico, una biologa, un sommozzatore. La perfetta armonia sar raggiunta tra di loro anche senza eventi naturali. Begli effetti visivi di cui il regista, al suo esordio, specializzato, meno riuscita la costruzione dellintreccio. (s.s.)
IL FESTIVAL
TAORMINA FILM FEST
TEATRO ANTICO, 11 - 18 GIUGNO
Un team di ricercatori affronta linquietante fenomeno delle alien abductions (rapimenti alieni). Davide Piso uno scienziato esperto di Ufo e arriva alla conclusione che da migliaia di anni gli extraterrestri rapiscono gli umani e si nutrono dei loro cervelli. Secondo Piso gli alieni vivono tra noi e tramite lipnosi riesce a comunicare con loro. Horror e fantascienza vengono messi a confronto. Varo Venturi ha esordito con linteressante Nazareno. Pier Giorgio Bellocchio e Francesco Venditti nel cast
X-MEN - L'INIZIO
DI MATTHEW VAUGHN; CON JAMES MCAVOY, KEVIN BACON. USA 2011
La polvere del secolo ci arriva con tutto il suo carico di storia tra barriere, muri, esili, guerre, scarse le speranze per il futuro. Le generazioni che hanno sperato di cambiare il mondo, di dare lassalto al cielo, sperano solo di tornare a casa, i loro figli sono troppo impegnati per esprimere calore, i giovanissimi senza futuro provano uninsopprimibile pulsione di morte. Eppure lumanit, insopprimibile, scorre tra le generazioni con la sua energia, tra leggendari scenari. (s.s.)
Taormina Film Fest 2011 diretto da Deborah Young, apre l'11 giugno con una anteprima in 3D, Kung fu Panda 2 prodotto dalla DreamWorks Animation, alla presenza del comico Jack Black che d voce al panda protagonista Po (Fabio Volo lo doppier nella versione italiana). I Taormina Arte Award saranno assegnati a Monica Bellucci, a Oliver Stone che presenter la sua versione di Alexander Revisited: The Final Unrated Cut, e al produttore Tarak Ben Ammar. Altri premi andranno al regista palestinese Elia Souleiman, al produttore Jeffrey Katzenberg cofondatore con Spielberg della Dreamworks Animation. Tra i film in programma Cinma Vrit con Tim Robbins e Diane Lane di Shari Springer Berman e Robert Pulcini, Killing Bono e Lultimo dei templari, fanta-horror storico interpretato da Nicolas Cage. Il Maghreb al centro dellattenzione del festival con una rassegna di cinema nordafricano. Il film di chiusura sar La voce di Rosa, di Nello Correale con Donatella Finocchiaro. (s.s.)
IL TEATRO 1
LA MALATTIA DELLA MORTE
ROMA, CASA DELLE CULTURE (VIA SAN CRISOGONO 45) 14 - 19 GIUGNO (12, 15 EURO)
X-Men: First Class rappresenta linizio epico per la saga degli X-Men e rivela la storia degli eventi pi importanti della saga stessa. Prima che il mondo conoscesse l'esistenza dei mutanti e che Charles Xavier e Erik Lensherr prendessero i nomi di Professor X e Magneto, due ragazzi scoprono i loro poteri per la prima volta. I due, che diventeranno nemici giurati, lavorano insieme con altri mutanti per fermare l'Armageddon. Ma in questo percorso, tra di loro nasce un contrasto, che scatena l'eterna guerra tra la Confraternita di Magneto e gli X-Men del Professor X.
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CIRKUS COLUMBIA
DI DANIS TANOVIC; CON MIKI MANOJLOVIC, BORIS LER. BOSNIA FRANCIA 2010
Amarissimo film dei Dardenne, ancora pi violento dei loro precedenti per un doppio apparente lieto fine. La vicenda si sviluppa dentro e fuori un istituto dove accolto il dodicenne Cyril perch il padre non vuole occuparsi di lui. Ma secondo le regole dei paesi nordici una brava signora decide di prendersi cura di lui in affido nei fine settimana. La bici non oggetto secondario, potrebbe essere la salvezza.(s.s.)
Ispirato ai Testi segreti di Marguerite Duras La malattia della morte di solito rappresentato come monologo ha per la prima volta con due protagonisti, un uomo (Pino Calabrese) e una donna (Letizia Letza). Di fronte al pubblico, due personaggi rinchiusi in una stanza, fissati in una sorta di fermo-immagine. La loro fragilit messa a nudo e influenzata dai flussi del mare, quell'oceano Atlantico tanto amato dalla Duras che viene esaltato in tutta la sua energia grazie alle immagini in proiezione. Forte l'attrazione sessuale che lega i protagonisti, cos come il loro legame intellettuale. Lui racconta alla donna incubi inconfessabili e sogni sopiti. Lei osserva, ascolta, attende ponendosi a met strada tra lo spettatore e l'amante-interlocutore. Adattamento e regia di Natach Daunizeau. Info: casadelleculture@interfree.it, http://www.casadelleculture.net
Divko Buntic che durante il comunismo se nera andato in Germania torna dopo ventanni, ricco e spietato, soprattutto nei confronti della moglie che non lo aveva seguito. Si fa ridare dal sindaco la casa dove lei abita con il figlio che non ma mai pi rivisto e ostenta la giovane fidanzata. Ma soprattutto si preoccupa del suo gatto scomparso. Intanto, parallelamente al machismo che scorre nel villaggio si preparano venti di guerra. Commedia nera ma romantica, del regista di No mans land. (s.s.)
IL TEATRO 2
ANTONIO REZZA FLAVIA MASTRELLA
PARIGI, THEATRE DES ABBESSES, 11 GIUGNO
THE HOUSEMAID
DI IM SANG-SOO; CON DO-YEON JEON, JUNG-JAE LEE. COREA DEL SUD 2010
Remake del capolavoro di Kim Ki-young (60), basato su un classico ma riletto in chiave contemporanea. Il personaggio chiave della storia, la serva, appare
Cosmologia texana, caleidoscopio cosmico-domestico, corpo doppio scientificopoetico di oltre due ore, monologo interiore per sequenze senza punteggiatura, non privo di striature autobiografiche, slabbramenti da expanded cinema (frutto del lavoro di un grande poeta degli effetti speciali visivi, Douglas Trumball) e fraseggi underground degni di Brakhage. La ritmica, che si avvale di ben 5 montatori e di 34 brani musicali rende Lalbero della vita unepopea visuale affascinante e libera, capace di continui controbalzi barocchi. Terence Malick (al quinto film dopo Rabbia giovane, I giorni del cielo, Il nuovo mondo, La sottile linea rossa) un filosofo alle prese con la storia degli Usa che ha scelto il cinema come metodo per liberare il pensiero, scioglierlo, dargli coraggio. (r.s.)
Cantieri dEuropa al Theatre de la Ville di Parigi, in collaborazione con lIstituto italiano di cultura propone una serie di spettacoli, letture e incontri di artisti italiani: Ascanio Celestini con La fila indiana il 9 e 10 giugno, un omaggio a Franco Quadri l11 giugno, Mario Martone con Le Operette morali, letture di Saverio La Ruina e Daniele Timpano. 7 - 14 - 21 -28 lo spettacolo di Rezza e Mastrella che per sottrazione, ci porta a un passo dalla sparizione, costruzione di ideogrammi mobili, stata definita una danza macabra ma forse il termine non esatto se pensiamo alla vivacit prorompente e sfrenata di Rezza con la messa in scena in cui gli oggetti, le opere costruite da Flavia Mastrella non sono secondarie alla costruzione del senso dello spettacolo, anzi convergono nel far emergere gli ideogrammi, inaspettatamente comprensibili, del fallimento delle nostre societ. (s.s.)
a volte visitati e, spesso, mai visti di cui si trova traccia anche nei nostri testi e nei nostri titoli: Gaza, Erevan, Belgrado, Beirut, Il Cairo hanno fatto da tappe ideali di un itinerario immaginifico nel quale si specchia la nostra poetica. E c tutto un mondo che si apre mentre percorriamo le vie del Cairo. I viaggi della mente si perdono nel paese del Nilo cadenzati dalla radio del Cairo (Saut Al Arab minal Qahirah), la pi ascoltata in tutto medioriente fino agli anni novanta e che trasmetteva la musica del Cairo (Il Cairo Blues) cantato da Om Kaltum, Halim,Farid Al Atrash, Abdul Wahab, i quali erano anche i divi del grande cinema egiziano, unindustria che fino agli anni ottanta competeva con quella hollywoodiana. Sembra di respirare ancora quellaria, dopo che per trentanni la cappa asfittica causata dal regime di Mubarak ha reso ampiamente decadente il paese, e di vedere quelle immagini di un mondo che ha accompagnato la precedente primavera del mondo arabo la quale scandiva il nome di Nasser come una nuova speranza . Immagini in bianco e nero si mescolano vertiginosamente con quelle dei ragazzi di piazza Tahrir che hanno fatto il giro del mondo attraverso il web e le tv satellitari. Tra poco le nostre canzoni risuoneranno nel Cairo Opera House, il tempio musicale pi prestigioso dell Egitto. Arriviamo nel primo pomeriggio per il sound check in questa bellissima struttura che ci colpisce subito per il livello tecnico ben superiore alla media mediorientale e per la ricchezza di programmazione che prosegue normalmente con diversi spettacoli: appuntamenti culturali, mostre e concerti ogni giorno della settimana nonostante la crisi e la situazione di stallo post-rivoluzione nel paese. Poco prima dellinizio del nostro concerto c molta confusione allesterno del teatro che ci conforta sulle aspettative dell affluenza. Appena entrati ci sorprende laccoglienza molto familiare, sembra quella di una data italiana in piena regola. Pare che tutta la folta comunit di italiani qui al Cairo si sia mobilitata per venire. Ci stupisce anche laffluenza di molti spettatori cairoti: veniamo a sapere poi che molti di loro conoscono gi la musica dei Radiodervish. Iniziamo con City lights, un lungo e caloroso applauso accompagna le ultime note della nostra canzone. Realizziamo dopo lo smarrimento iniziale che siamo veramente suonando al teatro dellopera House del Cairo. Prima il saluto al pubblico in arabo poi la presentazione del gruppo accompagnata da frasi affettuose di benvenuto in italiano che provengono dalla platea. La serata diventa un invito al viaggio lungo le rotte della nostra emozione. Gradualmente gli applausi ci dicono che gli spettatori ci stanno seguendo e alla fine la sensazione che abbiamo compiuto un pezzo di strada insieme, forse per questo dopo il concerto ci salutiamo come se fossimo dei vecchi compagni di viaggio. Dopo lesibizione arriva anche il momento dellincontro con il pubblico, molti italiani residenti al Cairo ma anche molti ragazzi egiziani. Percepiamo dallentusiasmo dei loro giovani volti lo spirito che ha mosso i passi della loro tenera rivoluzione dei gelsomini. Ce ne parlano, vogliono comunicare il loro orgoglio, la loro felicit per aver cambiato la loro storia. Dai loro discorsi traspare il profondo desiderio di conoscere altri mondi, altre culture e altre musiche. Forse un nuovo mediterraneo sta nascendo.
Un libro italiano su Jerry Goldsmith In Italia manca ancora il coraggio di pubblicare studi sui maggiori compositori di musica applicata al cinema. Solo alcuni hanno beneficiato di una monografia a loro dedicata e mancano studi seri sui numerosi maestri italiani o stranieri del passato o del presente. A quando un libro su Fiorenzo Carpi, Piero Umiliani o Piero Piccioni? Su Riz Ortolani o su Luis Bacalov? E quando verr tradotto il libro di Vincent Perrot sul francese Georges Delerue? Gli editori considerano spesso questo tipo di libri poco lucrativi, destinati solo ad una ristretta nicchia di appassionati. To the happy few. Malgrado tutto si sogna e si spera che nasca una collana specializzata che possa ripercorre le loro vite, composizioni per il cinema, scelte estetiche, collaborazioni, in volumi monografici in analogia con le diverse collane esistenti sui registi. Forse per questo motivo, il libro delluruguaiano, laureato in musicologia presso lUniversit di Pavia, Mauricio Dupuis, intitolato Jerry Goldsmith e la musica del cinema americano (178 pagine,16 euro) stato pubblicato a conto dautore. Lo si pu ordinare sul portale ilmiolibro.it ma anche su quello di La Feltrinelli.it o in tutte le librerie La Feltrinelli. Malgrado la sua edizione confidenziale, si tratta del primo testo pubblicato in lingua italiana (e al mondo) sullimmenso Jerry Goldsmith, uno fra i pi importanti compositori americani di musica per il cinema (200 colonne sonore, tra le quali quelle indimenticabili del Pianeta delle scimmie di Franklin J.Schaffner, Chinatown di Roman Polanski, Il presagio di Richard Donner, Alien di Ridley Scott o Gremlins di Joe Dante). Il libro, esaustivo e molto documentato, suddiviso in quattro parti : 1. Una vita nel sistema produttivo cinematografico (il contesto produttivo e la carriera), 2. il processo creativo (le orchestrazioni e il rapporto con il regista), 3. Attraverso i generi cinematografici, 4. Nella saga di Star Trek (le partiture rifiutate, un catalogo delle opere, una discografia e una videografia). Goldsmith viene trattato a tutto tondo in un testo che ci permette di capire anche il funzionamento della macchina hollywoodiana, dove un compositore famoso e affermato pu essere sostituito a lavoro iniziato da un quasi esordiente Stewart Copeland (il batterista dei Police, che adesso lavora regolarmente per il cinema. Se si mette da parte la grandiosa colonna sonora di Rumble Fish di F.F.Coppola, realizzata pochi anni prima, la sua carriera era allora appena iniziata) su Wall Stret di Oliver Stone. Da leggere assolutamente perch prezioso nella sua completezza. Si segnala anche linteressante saggio scritto dal professore di storia e critica del cinema e regista, Francesco Crispino, Alle origini di Gomorra-Salvatore Piscicelli tra Nuovo cinema e Neotelevisione (Liguori Editore, 19.90 uro), sul regista Piscicelli che nel 1985 realizz Blues metropolitano, dove la musica partenopea aveva un ruolo fondamentale, era parte integrante della trama.