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SCUOLA DI CINEMA SENTIERI SELVAGGI La passione e la forza. Il cinema da fare, scrivere, pensare

FINIMONDI
Cataclismi emotivi, cosmici ed estetici nel cinema
a cura di Armando Andria, Marica Ciaprini, Maddalena Marinelli Angelo Genovese, Eleonora Marcoaldi, Francesca Bernardini http://finimondi.wordpress.com/

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Volume edito da Associazione culturale Sentieri selvaggi Via Carlo Botta 19 00184 Roma Tel 06.96049768 -4-

INDICE
Prefazione My Left Eye Sees Ghosts I saggi La fine del mondo, in tre movimenti Ricordati di ricordare Un apocalittico itinerario umano, estetico e cinematografico Un sogno lucido Secondo una profezia Maya Vedo con og. e oc. I film Persona Picnic ad Hanging Rock Festen Festa in famiglia Rabbit Hole Le dernier combat Electroma Filmografia e note Tutti i film e le immagini -5p. 76 p. 50 p. 54 p. 58 p. 62 p. 66 p. 70 p. 33 p. 38 p. 43 p. 14 p. 20 p. 25 p. 7

PREFAZIONE

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MY LEFT EYE SEES GHOSTS


La conseguenza di questa latente subordinazione delle verit al loro senso storico che possiamo in verit parlare della politica comunista, dei partiti comunisti o dei militanti comunisti. Ma possiamo vedere come, oggi, dobbiamo evitare questa aggettivazione. Per combatterla, ho dovuto affermare molte volte che la Storia non esiste, il che si accorda al mio concetto di verit; questo significa che le verit non hanno alcuna direzione e, soprattutto, non la direzione della Storia. Ma oggi devo precisare meglio questo verdetto. Non c di sicuro alcuna Storia reale, ed quindi vero, trascendentalmente vero, che la Storia non pu esistere. La discontinuit dei mondi la legge dellapparenza, e quindi dellesistenza. Tuttavia, ci che sta sotto la condizione reale dellazione politica organizzata lIdea comunista, unoperazione legata alla soggettivizzazione intellettuale, e che integra a livello individuale il reale, il simbolico, e lideologico. Dobbiamo ripristinare questIdea interrompendo la sua connessione con ogni uso predicativo. Dobbiamo salvare questIdea, ma dobbiamo anche liberare il reale da ogni immediata coalescenza con essa. Alan Badiou, Lhypothse comuniste, 2009

Non son mai riuscito, quando mi ritrovavo a parlare della fine del mondo coi ragazzi del corso di critica della Scuola di Sentieri selvaggi, a mostrare nemmeno una clip da uno dei quattro documentari del National Geographic Channel, Esplo-7-

sioni in famiglia (Blowdown, produzione canadese, del 2008). E nemmeno so perch, dato che da soli questi episodi spiegherebbero tutto quel poco che ho da dire sullapocalisse circolare del cinema, soprattutto sullapocalisse del passato (in senso forse deleuziano), pi gi vista che prevista (come a conti fatti asseriscono le teorie storiche alternative sulla cosiddetta Supercivilt). Girati con lusuale formula accattivante dei prodotti di questo canale satellitare, i quattro doc di unora seguono il mestiere dei componenti della famiglia Loiseaux, ingegneri esperti in grandi demolizioni alle prese con la pianificazione dellabbattimento di quattro solidissime strutture costruite in passato con lintento di durare per sempre. Attraverso uno studio meticoloso delle caratteristiche di ogni target, una serie di simulazioni e calcoli il pi possibile verosimili, gli eroi di Blowdown riescono alla fine di ogni episodio invariabilmente a buttare gi di volta in volta un casin di Las Vegas, un grande albergo di Miami, una rampa di lancio per missili a Cape Canaveral, e addirittura le ciminiere di raffreddamento di un impianto nucleare ancora attivo in Gran Bretagna. Come lincendio (sempre lo stesso footage ritornante) che rade al suolo il castello nei finali di ognuno degli otto

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(?) Corman/Poe, non a caso puntualmente incentrati su dinamiche e mostruosit familiari, domestiche (come i Loiseaux). Non so come ma mi tornavano in mente i millenarismi di Esplosioni in famiglia guardando sul pc in un ottimo dvdrip sub ita lo strepitoso Film Socialisme di Godard, che in effetti un definitivo blowdown di senso oltre che un magnifico tentativo di far brillare dinamitardescamente la Storia, intesa secondo Badiou (e dunque non intesa), la discontinuit dei mondi la legge dellapparenza, e quindi dellesistenza. Il bello dellassurdo saggio di Godard, che forse poco cormaniano (anche se personalmente non credo, quantomeno in ununit di spazio/tempo concettuale), che sicuramente invece profondamente poesco, soprattutto nella seconda parte, incentrata appunto su un nucleo familiare che ruota attorno a una pompa di benzina nel mezzo del nulla, in cui i due figli bambini decidono di candidarsi alle elezioni contro la crisi economica, seppur minorenni, col motto Avere ventanni, avere ragione, saper vedere prima di saper leggere. Non mi pare un programma alla fine troppo distante, soprattutto nel saper vedere prima di saper leggere, dallesperienza che attraversa il piccolo gemello dickensiano nel capolavoro di Clint Eastwood Hereafter (il film del decennio), che in qualche modo opera affine a Film -9-

Socialisme (hereaftergodard?) soprattutto nel suo voler porsi come Spettro della Storia (Ligeia?), anche cromatico, attraversato dai raggi degli accadimenti e delle epoche, delle catastrofi (di terrorismo umano e naturale) proprio come una crociera alla fine delle verit dei mondi alla ricerca del tesoro della memoria, navigando sulla longitudine del giorno prima tracciata dallUnguentum Armarium testato sulle carni dellumanit. Il Cinema come unica Specula Melitense dei saperi, perduta su di unisola non tracciabile su mappa alcuna, marchingegno non lontano dallonnisciente tavoletta ouija della trilogia dei Paranormal Activity, forse lunica vera saga post-apocalittica della contemporaneit (quasi quanto i Transformers, non a caso sempre con Spielberg dietro, come per Hereafter), godardiana con azzardo, incastrata in un presente continuo da camera a circuito chiuso sempre vigile, e hai voglia a parlare di midquel o prequel, sospesa in un limbo tutto al di qua, dove galleggiano simulacri (Suv, ville con piscina, bigiotteria hi-tech a profusione) della dittatura delle merci (uno spettro saggira ecc ecc), con fantasmi in bassa definizione travestiti da grumi (orb?) di pixel, davvero da vedere come film unico, metafonia di pura dissoluzione borghese di realt/unit di famiglia, di coppia, di sentimento, tremanti, terrorizzati, convulsi; perch il timbro - 10 -

della voce dellOmbra non era quello dun solo individuo, ma duna moltitudine desseri; e quella voce, variando le sue inflessioni di sillaba in sillaba, veniva a caderci confusamente negli orecchi, imitando gli accenti noti e familiari di mille e mille amici scomparsi.

Sergio Sozzo

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I SAGGI

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LA FINE DEL MONDO, IN TRE MOVIMENTI

Lapocalisse in persona una premessa Elisabeth Vogler ha visto. Ha guardato negli occhi il mondo fermarsi, una volta, quando dal palco di unElettra ha trattenuto la battuta in gola e bloccato lo spettacolo per un intero minuto, una vita. In quel minuto ha sbirciato la struttura invisibile del mondo, in quel silenzio ha scoperto lei, lattrice che la forza che lo fa muovere reca il segno impuro della simulazione, del falso. Ecco perch, ora, vuole conservare il mutismo e con esso limmobilit: non parlare per non mentire, non muoversi per non fingere. Elisabeth vuole essere, non sembrare. Unangoscia potente accompagna la visione di Persona, che mette in dubbio, se siamo disposti ad ascoltare, lo stesso senso profondo della nostra esistenza. A quale prezzo siamo al mondo? sembra chiederci Bergman a ogni fotogramma. I ruoli che interpretiamo, e che filtrano la nostra esperienza del mondo e degli altri, li diamo solitamente per scontati, non arriviamo a percepirli. Ma esiste per ognuno (forse) di noi un momento nel quale un barlume sconcertante di verit rischiara la vista. Il momento epifanico in cui le maschere si rendono visibili ed - 14 -

quindi possibile strapparle via e guardarsi in faccia. la fine del mondo. Lintera nostra esperienza del reale si sfalda, gettandoci nel terrore pi puro. Ecco che ci guardiamo vivere, direbbe probabilmente Antoine Roquentin.

Lultima immagine, e la prima Forse in tempi di profezie senza ritorno, che annunciano con tanto di date e luoghi puntuali eventi apocalittici a stretto giro, si rischia di essere meno attenti alle fini del mondo pi prossime e quotidiane, quelle che si consumano ogni momento attorno a noi, magari dentro. Limmagine della catastrofe, che nel Novecento si prepotentemente materializzata e installata nelle nostre retine, ha certamente modificato il nostro sguardo prospettico sul reale. Ma cosa accaduto al mondo e a noi da quando abbiamo cominciato a familiarizzare con lidea della catastrofe? Cosa - 15 -

comporta laver visto in diretta e poi migliaia di volte rivisto, tutti insieme e da tutte le angolazioni possibili, i due aerei schiantarsi sulle Twin Towers o, poco prima, i corpi ammassati allingresso di Auschwitz? Abbiamo davvero guarito la miopia per diventare, per dir cos, presbiti? C in realt unaltra possibilit, che affascina e convince di pi se solo si disposti a produrre un piccolo scarto simbolico e di senso. Cio che quelle profezie di cataclismi su scala planetaria altro non siano che la proiezione metaforica narrativa e pubblica di apocalissi private e irraccontabili, che riguardano la nostra stessa possibilit di essere al mondo; la riguardano nel senso che la mettono alla prova. La fine di un amore o del tempo idilliaco della giovinezza, la scomparsa di Dio o di una persona amata sono eventi che producono in noi fratture insanabili, spartiacque tra un prima e un dopo. Causano la fine del mondo per come fino a quel momento lo conoscevamo. Il cinema, per parte sua, fine del mondo per storia e vocazione, sin da quando, centosedici anni fa, il treno minacci di uscire dallo schermo e travolgere gli atterriti spettatori parigini. Lesperienza della sala, qualsiasi sia il film proiettato, segna di per s una cesura con la realt della vita, determina lo scarto tra il qui e il non so dove, il balzo ci viene in soccorso Freud - 16 -

dallheimlich (ci che confortevole, familiare) allunheimlich (il perturbante). Al cinema ci si abbandona a unesperienza fisica e psichica ambigua di sogno in stato di veglia; a unallucinazione volontaria che decreta, seppure a tempo determinato, la propria assenza dal mondo. Alcune immagini in particolare sembrano incaricarsi di mettere in scena la cesura con lal di qua dallo schermo pi decisamente e direttamente. In una scena de Lenfant, uno dei capolavori dei fratelli Dardenne, Bruno, ventenne scapestrato che vive di furti, annuncia alla sua compagna, Sonia, di aver appena venduto il bambino a cui insieme hanno dato la vita. Ne faremo un altro, prova a rassicurarla, tendendole la corposa mazzetta di euro ricavata dallaffare. La ragazza fa per protestare, poi lo fissa per un momento senza parlare, infine sviene. Sopraffatta da un evento che eccede la sua possibilit di comprensione ed elaborazione, Sonia, letteralmente, manca al mondo. E allora da dove, nellattimo prima di svenire, Sonia ha fissato Bruno

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ovviamente senza davvero vederlo, trapassandogli con lo sguardo il corpo se non da un luogo in cui il mondo finito? E ancora, sar giusto chiedersi, c davvero differenza tra la profezia di unapocalisse a mezzo glaciazione o invasione aliena, e la foglia ingiallita tra le mani della piccola Toots che in Bright Star annuncia larrivo dellautunno e con esso, fuor di metafora, la morte imminente di John Keats? Le rovine atomiche di Le dernier combat e quelle morali di Festen, la post-umanit di Electroma e la troppo-umanit di Rabbit Hole; su tutto, prima di tutto, il presagio di Hanging Rock. La collisione con la melancholia e la conseguente deflagrazione appena avvenute erano da tempo annunciate.

Lapocalisse in persona un epilogo? Ma unapocalisse pu essere una possibilit. La vacanza terapeutica sulla remota isola di Fr che in Persona Elisabeth - 18 intraprende

insieme allinfermiera Alma, si svolge in uno spazio-tempo impossibile in cui due persone infrangono il patto sociale vitacome-rappresentazione. E abbozzano una palingenesi. Pure e assolute, di un bianco accecante luna per laltra, Elisabeth e Alma sono; non c comunicazione tra loro, ma fusione. Da quel luogo recondito interrogano direttamente noi, guardando in camera, abbattendo anche lultima barriera posta a difesa della messa in scena. Ci guardano immobili dalla fine del mondo. Ma quanto pu durare? Quanto dura unapocalisse? Il tempo che la realt trovi il buco da cui penetrare nel nascondiglio e ci induca nuovamente, sopraffatti dal terrore di essere, a fingere per vivere. La purezza e la vita non hanno niente a che fare. O siamo menzogne o non siamo. La visione di Elisabeth repressa nel bianco. La pellicola brucia, il film finisce. Il mondo salvo.

Armando Andria

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RICORDATI DI RICORDARE

Ogni mattina siamo i protagonisti e gli spettatori sempre di una medesima scena: alla solita ora ci destiamo al suono della sveglia, ci prepariamo, facciamo colazione e via di corsa verso una nuova giornata. Durante i quotidiani tragitti improvvisamente possiamo essere attratti da un particolare che spezza la nostra routine e ci riporta indietro nel tempo, infatti dentro ciascuno di noi vive il grande contenitore della memoria. Ogni fase della nostra vita presenta due aspetti: percezione da un lato e ricordo dallaltro. Il presente cambia o passa e diventa passato quando un nuovo presente lo sostituisce, la rievocazione del passato si affida al ricordo, che richiama alla mente chi siamo e da dove veniamo. Il ricordo lunico paradiso dal quale non possiamo venir cacciati, un flashback che pu durare quanto un batter docchi o che invece pu persistere nel tempo recuperando momenti che hanno segnato la nostra esistenza, come quel bacio rubato alla persona che inevitabilmente ha cambiato il nostro cammino, le troppe parole non dette, un gesto damore mancato oppure un viaggio sul quale si solo fantasticato. - 20 -

E se alcuni di questi frammenti preziosi di vita improvvisamente venissero spazzati via? Ecco, questo s che segnerebbe la fine, sarebbe la fine di un mondo personale. Tutti hanno qualche ricordo spiacevole che vorrebbero rimuovere ma che invece non dovrebbero dimenticare, perch tutto quello che accade durante il tragitto della vita ci rende la persona che siamo oggi. I ricordi fanno parte dellesistenza di ogni essere umano e come recita Leonard Shelby, luomo che ha perso la facolt di utilizzare la memoria a breve termine nel lungometraggio Memento di Christopher Nolan: Devo credere in un mondo fuori dalla mia mente, devo convincermi che le mie azioni hanno ancora un senso anche se non riesco a ricordarle. Devo convincermi che quando chiudo gli occhi il mondo continua a esserci. Tutti abbiamo bisogno di ricordi che ci rammentino chi siamo. Io non sono diverso. Il cinema racconta e riflette su quanto sia distruttivo perdere una parte importante di noi. Michel Gondry in Eternal Sunshine - 21 -

of the Spotless Mind ci propone il viaggio interiore di Joel allinterno della sua mente, un tragitto intricato che viene narrato attraverso il succedersi dei ricordi del protagonista. La memoria influenzata da elementi affettivi e tramite essi si attiva un processo che si configura come un percorso di ricostruzione e concatenamento di tracce, piuttosto che come un semplice mantenimento in uno statico spazio mentale. Eternal Sunshine of the Spotless Mind parla di una storia damore ma non una commedia sentimentale, soprattutto una riflessione sui sentimenti e sui rapporti umani. Joel e Clementine, pur essendo molto diversi, si amano follemente, ma un giorno accade qualcosa di completamente inaspettato, Clementine dimentica il suo fidanzato e tutto ci che lo riguarda, come se non lo avesse mai conosciuto. Questo determina la fine del mondo di Joel, che ormai si sente perso. I ricordi sono la vita, senza di loro come se non fossimo mai vissuti, sono dei filmati che si fissano nella memoria. Non si pu vivere di soli ricordi, ma essi devono comunque rimanere indelebili, - 22 -

anche se vorremmo cancellarli per sempre, come accade a Christian Klingenfeldt, il protagonista di Festen. Christian ormai un uomo, che non riesce a dimenticare gli abusi subiti negli anni, insieme alla sorella Linda, per mano del padre. Proprio il ricordo del suicidio di Linda spinge Christian a svelare la terribile realt a tutta la famiglia. Quindi i ricordi stessi riescono a salvarci facendo in modo di evitare di andare incontro alla nostra personale fine del mondo, aprendo la nostra vita verso migliori prospettive e le infinite possibilit che la realt ci propone. Daltronde, nessuno vorrebbe un giorno girarsi, guardare indietro e vedere quante cose ha tralasciato lungo la via. Questo un pensiero che troviamo nel film di Sam Garbarski, Quartier lointain. Attraverso una storia visionaria, in cui universi paralleli e realt si incrociano, il protagonista cinquantenne torna nel proprio corpo di adolescente in un momento che ha segnato per sempre la sua vita, a causa della fuga improvvisa del padre. - 23 -

Thomas ha, cos, la possibilit di salvare la propria esistenza. Garbarski si chiede se si pu cambiare il passato rivivendolo, probabilmente attraverso il cinema possiamo ancora sognare di farlo.

Marica Ciaprini

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UN APOCALITTICO ITINERARIO
UMANO, ESTETICO E CINEMATOGRAFICO

Non vediamo le cose per come sono, ma per come siamo Anas Nin

Scenicamente appropriato sarebbe collocare lo svolgersi della fine al crepuscolo o alle prime luci dellalba quando il sonno e i sogni si muovono ancora nellaria, quando labituale percezione della realt rallenta e la nostra mente si lascia scivolare dentro quelle piccole variazioni che inizialmente sembrano leggerissime ma che possono mutare con decisione il nostro usuale punto di vista gettandoci in abissi irreversibili. Quindi in queste trame che potrebbe verificarsi, in un lieve cambio di luce, linizio di qualche forma doscurit che rovesci il nostro mondo nel caos. Se ci fosse un risveglio chiss in quale mutazione della realt i nostri occhi si riaprirebbero. Poco c rimasto da immaginarsi. Il cinema ha risucchiato ogni possibile fine del mondo e continuer a proporre altre migliaia di (pre)visioni apocalittiche fino al vero, autentico giorno del giudizio che probabilmente confonderemo con un film in 3D. - 25 -

Ampia la gamma tonale della catastrofe: rugginose distese desertiche, amalgama grigia che include cielo e terra, fangose e putrescenti lagune, cumuli di ferraglia, bianco abbacinante, profondi imbuti neri, distese dacqua che sommergono le capitali del mondo. Cercasi immagini del disastro? Potremmo banalmente partire dal genere cinematografico che per eccellenza se ne occupa pi di tutti gli altri ma sar poi inevitabile spaziare altrove perch la fine del mondo ha unidentit proteiforme. In effetti da un film di fantascienza difficile aspettarsi positivit per lavvenire, un domani migliore, di solito preannunciano lavverarsi dei peggiori incubi arrivando a concepire immagini acheropite. Ci siamo giocati anche il buon Spielberg che ha tradito il romanticismo di E.T. e Incontri ravvicinati per calarsi in scenari futuri in cui lonnipotenza umana trascina il mondo alle estreme conseguenze, e nel caso non bastasse ci sono sempre gli alieni ostili a farci fuori con le tecnologie pi sofisticate e divinamente sadiche. Senza scomodare le civilt intergalattiche ci pensa la natura con tutte le sue sacrosante ragioni a inviarci i suoi sicari dal

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cielo, come in Hitchcock, dove gli uccelli si coalizzano nello sterminio della razza umana. La violenza priva di senso e limiti, il terrore atomico, biologico e mutageno. Una delle immagini pi evocative della (auto)distruzione del pianeta quella della war room nel film A prova di errore di Sidney Lumet, in cui i potenti della Terra osservano impotenti il propagarsi del disastro nucleare. I nostri anni sono segnati da paure pi prosaiche ma altrettanto devastanti come la perdita del lavoro, della casa, dei diritti umani, dei sentimenti, della giustizia, della libert ma anche questo la fine del mondo. Le fantasie orwelliane si stanno minacciosamente avverando? Gli scenari di Fahrenheit 451 o de Luomo che fugg dal futuro, dove si vive in una societ in cui sono banditi i sentimenti e lindividualit, non sono cos lontani. Fa molta pi paura il male che non si vede, rispetto alla calamit che dovrebbe cadere dal cielo, quello subdolo che si annida nellessere umano. In Eraserhead, nel famoso volto/icona di Henry Spencer, sullo sfondo di una misteriosa nuvola di polvere che divora laria, si riflette un orrore indicibile e invisibile, che rimane occultato - 27 -

agli spettatori. I suoi occhi cosa stanno fissando? Forse lultima visione del mondo prima della sua cancellazione proiettata nellincomprensibile ma perturbata espressione di Henry che gi si trova, senza saperlo, in un desolante e onirico mondo post-apocalittico. Se il quadro dinsieme si dimostra decisamente allarmante un utile esercizio pu essere mettere a nudo limmagine dei pensieri e delle paure umane attraverso la prefigurazione filmica. Iniezioni oculari per sperimentare, simulare, esorcizzare leventuale fine del mondo e la situazione post-atomica da homo homini lupus. I Maya, Nostradamus, San Giovanni, sono tutti daccordo sullarrivo di questa distruzione/ricreazione planetaria. Ogni tanto nella storia sembra avvicinarsi il momento di questo grande flagello tanto per tenerci in allarme, farci riflettere sul senso della vita e naturalmente lucrarci sopra il pi possibile. Paranoie, fobie, visioni, bunker con scorte di minestre Campbell, profezie che aumentano, le sette che cominciano a programmare i suicidi di massa. Siamo sicuri che la fine del mondo deve ancora arrivare? O ci siamo gi dentro e ci consuma lentamente? La bomba non potr esplodere perch gi esplosa, anzi esplode ogni giorno. - 28 -

Lapocalisse avviene ogni minuto ed vicina e possibile. Siamo noi i piccoli pianeti che si stanno spegnendo con finte estati e inverni sempre pi lunghi e come nellInquilino del terzo piano fuori non esiste nessun complotto. La vera persecuzione, lordigno dellapocalisse nella nostra mente. Il seme della follia letale, contagioso e senza limiti creativi, la materia filmica si molto nutrita di psicosi diventando spazio privilegiato di paure e fantasmi collettivi. In Take Shelter un tranquillo operaio comincia ad avere terribili sogni su catastrofi che si abbatteranno sul pianeta. Sono premonizioni o solo i segnali di un disturbo mentale? La fantasia delluomo ha generato i tanti day after prevedendo civilt al limite, lande desolate, regressioni allet della pietra. Lazzeramento di tutto, con i superstiti che si rincorrono per divorarsi a vicenda. Nel film Il paese incantato un uomo trascina sopra un carretto la sua donna paralitica. Insieme partono alla ricerca della leggendaria citt di Tar, luogo estremo dove rifugiarsi da una realt allultimo stadio del disfacimento morale. Lo scenario si presenta apocalittico; un mondo spazzato via in cui i sopravvissuti vivono tra le macerie senza pi riferimenti e regole. Fando e

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Lis rappresentano la coppia archetipica. Lottano tra istinto di preservazione e istinto di distruzione del loro legame. Lopera desordio del poeta/alchimista Jodorowsky. Cave deserte, cimiteri profanati da scenette che prendono in giro la morte, donne anziane che seducono uomini giovani, allegre bande di travestiti, una donna che rappresenta la figura di un pontefice, antropofagia, vampirismo e molto altro. Forse Lis solo uninvenzione di Fando, la rappresentazione della purezza indifesa che viene sempre minacciata o corrotta. Il cammino verso Tar si riveler una discesa nellabisso della psiche da cui riemergono ricordi, dolori, traumi mai affrontati, incarnati da una serie di emblematici personaggi. Un girone dantesco, un labirinto infernale dove i due protagonisti si ritrovano sempre al punto di partenza. Quando Lis distrugge il tamburo che rappresenta lultimo prezioso oggetto dellinfanzia, Fando la uccide facendola diventare una santa divorata dai suoi fedeli che attraverso latto del cannibalismo cercano di conquistare un pezzetto della sua purezza. Un altro sfondo post-apocalittico, un altro viaggio della speranza, unaltra coppia: un padre e suo figlio. In The Road il mondo diventato un luogo sconfinatamente selvaggio dove gli uomini si dividono tra prede e predatori. - 30 -

Un inferno del nulla, in cui il male diventato la scelta per la sopravvivenza. Vedere un bambino buttato in uno scenario simile fa paura. La sua (r)esistenza sembra impossibile. Il padre lo definisce la mia garanzia, in un mondo in cui ogni giorno pi grigio del precedente, il bambino diventa quel fuoco da non far spegnere per nessuna ragione. Anche in questo caso la purezza e linnocenza contro le disfattezze dellumanit. La morte un pensiero incessante sia come pericolo tangibile ma anche come liberazione, alternativa al teatro delle crudelt inflitto dai predatori. Il bambino nasce nella fine del mondo, in un contesto senza pi nomi, riferimenti temporali e spaziali. La sua vita racchiusa tra la morte della madre che non vede e quella del padre a cui assiste integralmente. Il tempo dei lupi di Michael Haneke inizia con luccisione del capofamiglia, che lascia allo sbando una donna e i suoi due figli in mezzo a un imprecisato e spietato paesaggio nebbioso spogliato da chiss quale cataclisma. Ancora un bambino come agnello tra i lupi, che sul finale decide di compiere una specie - 31 -

di sacrificio saltando nel fuoco per purificare la Terra dai suoi mali.

Una moltitudine di proposte, di possibili orrori futuri. Chiss, tra i tanti, quale si avventer su di noi. Oppure rimarranno solo grandi fantasie, sfoghi liberatori del nostro inconscio. Il cinema pu curare il male del mondo? Pu elaborare gli sbagli del passato? Pu illuminarci sulla via futura? Oppure solo un attraversamento senza giusta destinazione. Il nostro Matrix in cui alienarci a piacimento, dove i sogni e gli incubi si consumano ripetendosi in un ciclo perpetuo.

Maddalena Marinelli

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UN SOGNO LUCIDO

Un uomo. Bellissimo. Si sveglia. Balza gi dal letto. Per prima cosa si guarda allo specchio. Un capello bianco. No. Impossibile. Estirpare. Fatto. Doccia. Sale in macchina. Bello. Come il sole che splende deciso. Come la sua auto. Una dolce aria gli accarezza i capelli e lui si bea di quel che lo circonda. Lentamente procede verso il suo ufficio. Niente di nuovo. Tutto piacevolmente vecchio. Accade qualcosa. Accade quando giunge nel luogo normalmente - 33 -

pi brulicante e chiassoso della citt. Nulla. Silenzio. Non c anima viva. A parte la sua. Scende, incredulo, in strada. Dove sono tutti? Il mondo finito? E se s, dove? Inizia una folle corsa alla ricerca di una presenza umana. Il vuoto. Il panico. Un interrogativo pressante. La sensazione di essere SOLO. Poi una voce, da lontano. Apri gli occhi. Apri gli occhi. Apri gli occhi A distanza di anni, una mia cara amica mi rimprovera ancora per averla costretta, oltre che a guardare una sfilza di film horror, ad accompagnarmi in biblioteca per cercare ogni possibile libro che spiegasse, raccontasse qualcosa sulla - 34 fine del mondo,

sullApocalisse. Dai tomi sullesoterismo scritti da improbabili autori, fino ad arrivare alle Sacre scritture. Chiss per quale arcano motivo verso i dieci anni avevo questa mania, evidentemente inadatta a una bambina di quellet, che doveva pensare a tutto fuorch alla morte e alla fine di qualcosa. Sta di fatto che molti di noi sono incuriositi da scritti come quelli di Nostradamus, che esercitano un fascino immortale. Vogliamo sapere quando finir per poter fare tutto quel che dobbiamo o vogliamo prima che sia tardi? Attualmente la teoria pi in voga quella dei Maya, secondo cui mancherebbe circa un anno al fatidico giorno. Una fine, per, che dovrebbe segnare un nuovo inizio. Tante le pellicole del filone catastrofico, che immaginano la Terra inghiottita dallacqua, bruciata dal sole o invasa da alieni conquistatori, e tante le persone che negli anni hanno affollato le sale per seguire queste storie. Forse per esorcizzare questa paura che avvolge lumanit da sempre! - 35 -

Oggi mi trovo a pensare spesso che forse questo nostro mondo stanco, che ha bisogno di rigenerarsi, perch nei secoli luomo se ne servito dimenticando di non ferirlo. Noto la stanchezza nei volti delle persone che incontro, con cui ogni giorno mi confronto. Sembra quasi che questannunciata fine del mondo stia diventando unesigenza, un desiderio celato, ma non troppo, intendiamoci. Allo stesso tempo, non vorrei che questa convinzione ci portasse a adagiarci e dormire sugli allori, per poi accorgerci che abbiamo perso tempo, che non ci sar nessuna fine, e che dobbiamo darci da fare perch la Terra continui ad esistere, con tutte le sue meraviglie e contraddizioni. Lo sapremo, probabilmente, nel 2012. Nel frattempo, con la nostra rassegna vogliamo proporre diversi spunti di riflessione, riportando le nostre interpretazioni attraverso film molto differenti tra loro, che analizzano quel che potrebbe rappresentare la fine del mondo, o semplicemente la fine del proprio mondo. In un pomeriggio dinverno, alcuni studenti di un corso di cinema si trovano a parlare, cercando un argomento adatto da presentare per una rassegna cinematografica. La discussione diventa in breve unoccasione per raccontarsi, per esprimere i propri dubbi sul futuro e le proprie paure pi nascoste. cos - 36 -

che nata Finimondi, cos che ci siamo conosciuti meglio e che abbiamo deciso di collaborare a questa iniziativa.

Eleonora Marcoaldi

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Secondo una profezia Maya, una serie di eventi catastrofici distrugger il pianeta Terra fino a sterminare completamente il genere umano! Cosa ci succeder il 21 dicembre 2012? Questo emblematico quesito lo spunto da cui nasce la rassegna Finimondi. Perch, nellattesa della data fatidica, il tema 2012 diventato uno dei pi grossi argomenti mediatici del momento, a livello mondiale. Ed facile capirne il motivo se pensiamo tutti bomche, al giorno doggi, siamo

bardati da infiniti messaggi subliminali come questo, tanto diffusi e replicati da confonderci e influenzarci esageratamente. Quindi, se alcuni si sono rassegnati allidea che il destino del mondo sia gi irrimediabilmente segnato, noi invece vogliamo esorcizzare quel panico che levento pu suscitare; senza pretendere di stabilire per se si tratta di verit o meno. Allinizio infatti avvertivamo la necessit di analizzare questa tematica senza fermarci - 38 -

alla semplicistica rappresentazione di una catastrofe fantascientifica, ma cercando di trarne possibili sottotesti e sfumature maggiormente profondi da poter raccontare. Alla base di tutte le interpretazioni del nostro discorso c, sicuramente, il ciclo vitale, metafora perfetta di un percorso che inizia e finisce, per ogni essere umano. La perdita della vita, la fine del proprio ciclo la principale paura delluomo. Ma ci, come tutti siamo sappiamo, qualcosa dimprevedibile, come lo la vita stessa. Mentre tutto ci scorre davanti agli occhi, la gioia o il dolore bussano a loro piacimento alle porte della nostra anima quando meno ce lo aspettiamo. La cosa migliore che possiamo fare prendere la vita come un gioco, nel quale ricordare le vittorie e dimenticare le sconfitte. Cercando di vivere di piene emozioni, senza pensare che un giorno, probabilmente, le scorderemo. Potremmo affrontare la nostra fine pensando che non ne avremo unaltra e pensare che sia consolatorio, ma non lo . Anzi, realizzare il fatto di essere del tutto impotenti non farebbe che aumentare la nostra frustrazione. Tutti, poi, si chiedono se esista un altro percorso, oltre la vita terrena, per le nostre anime. Qualcuno immagina, aggrappato a

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un barlume di speranza, che a questa fine corrisponda un nuovo inizio Per il senso di questa rassegna, per, poco importa se questa catastrofe planetaria avverr o meno. Perch, pur esaminando certamente alcune storie dalle ambientazioni apocalittiche, la cosa che cinteressa maggiormente e che verr fuori dalle pellicole sono racconti di dolori, paure, incubi e catastrofi dellanimo, che seppur maggiormente intimi, non sono meno devastanti. E dalle quali, in certi casi, sorprendentemente, si pu rinascere. La partenza affidata a Persona del maestro Ingmar Bergman, in cui il rapporto tra due donne (che sono lo sdoppiamento di due ideologie) diventa lo strumento di una riflessione sullidentit e lesistenza, tra religione e psicoanalisi. E soprattutto, una visione di ansie, angosce, paure e solitudini tipiche delluomo (della donna in questo caso specifico), che neanche la fede pu sanare.

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In Picnic ad Hanging Rock, di Peter Weir, lo scontro tra natura e cultura il senso principale della storia. Tre ragazze di un collegio inglese fanno una visita al vulcano di Hanging Rock e scompaiono inghiottite dalle rocce. Il potere della natura che scatena catastrofi in perfetta sintonia con il tema 2012. Senza dimenticare il terrore per lignoto che, oltre la vita, attende tutti noi. Cataclismi familiari, invece, sono al centro di Festen Festa in famiglia, di Thomas Vinterberg. Alla festa del sessantesimo compleanno del patriarca di una grande famiglia, il primogenito accusa il padre di pedofilia e incesto, che hanno provocato, secondo lui, il suicidio della sorella gemella. A dimostrare che, proprio nel quotidiano, anche attorno alla propria famiglia, si celano i drammi e le tragedie pi cupe e inimmaginabili. Sempre il nucleo familiare protagonista del pi recente Rabbit Hole, di John Cameron Mitchell, ma stavolta la tragedia quanto mai la pi semplice, ma forse la pi devastante. Due genitori, infatti, perdono il proprio unico figlio in un incidente. Non ci pu essere nulla di pi drammatico, sicuramente. Eppure i coniugi, confrontandosi con i parenti e vivendo lincontro inaspettato con una figura chiave per lo svolgimento della vicenda, riusciranno a rinascere dalle loro ceneri. - 41 -

Le dernier combat, invece, film desordio del regista francese Luc Besson, ci trasporta in unapocalisse di totale distruzione in cui un uomo tenta la lotta per la sopravvivenza. Per aumentare ancora di pi il senso di devastazione, anche personale e fisica, Besson elimina ogni dialogo possibile, creando una visuale quanto mai vicina a una fine del mondo che potremmo immaginare. Infine, la rassegna si conclude con Electroma, un film decisamente particolare diretto dai Daft Punk, duo di musicisti parigini, che narrano la storia di due robot, anche loro in unera apocalittica, che vagano per paesaggi desolati, con il sogno di diventare umani. Anche qui nessun dialogo, ma molta musica, che diventa fulcro della narrazione. Una rappresentazione futuristica che chiude il nostro percorso con un immaginario postapocalittico decisamente originale, senza escludere che questo, in un prossimo futuro, possa presentarsi come un nuovo fantasioso inizio, dopo la fine del mondo!

Angelo Genovese

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VEDO CON OG. E OC.

Vorrei fermarmi un secondo, solo un unico nanosecondo e respirare, non il fumo di una sigaretta borghese ma laria fresca pura, che odori di salsedine o di erba bagnata e poter riflettere su questa vita cosi fugace e breve. Vedo, Un mondo frenetico sempre in perenne corsa, un caos vorticoso, dove tanti corpi si girano e rigirano su se stessi, sono vicini, molto vicini, ma non si sfiorano mai; mi sento vuota, perduta. Vedo, Un ragazzo e i suoi occhi verdi, velati da una tristezza perenne in cerca di una verit non rivelata alla sua razionalit, la sua percezione della vita cupa, impercepibile come uneclissi lunare, una verit dimezzata. Mentre cammino il suo sguardo si incrocia con il mio, i suoi occhi mi inchiodano e mi fermo, vorrei parlargli ma non posso, proseguo. Giovani in perenne ansia di dover dare il meglio di se stessi, tartassati mediaticamente su una crisi insanabile. Laureati con 110 e lode e bacio accademico, poi costretti a lavorare in call - 43 -

center come ci mostra Virz in Tutta la vita davanti; dove le giovani disperate devono fare i conti con una Ferilli botulinata metafora di una mente televisiva onnipotente che tutto controlla e tutto sa, portando le ragazze a un assopimento mentale, arrivando alla costruzione di un essere meccanico. Questo il futuro per i giovani? LA fine del mondo pu essere, ora, presente in mezzo alle nostre vite, vivendo accanto a una persona o passandole affianco senza accorgerci che piange disperatamente e non riesce a trovare conforto. Vite parallele, dove nessuno niente e tutti siamo qualcuno; esseri che vivono luno in contatto con laltro, bisognosi di un dialogo, di un gesto, ma soprattutto dellamore. Il mondo, nella sua sofferenza, nelle sue catastrofi, nei suoi deliri, nelle sue stragi, nella sua corruzione, dovuti a unumanit corrotta e ipocrita, forse giunto alla sua saturazione? No, perch nonostante tutto c una bellezza intrinseca in ogni cosa, nelle nuvole che passano veloci tra le onde del mare, nel vento che porta la pioggia, nellerba bagnata e nella brezza invernale che ci sveglia al mattino. E se tutto sparisse e il tempo si fermasse?

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Staremo forse a crogiolarci nei rimpianti o sereni per aver vissuto una vita piena, di quello che luomo ricerca pi di ogni altra cosa: lamore? Le filosofie della met del 900 sincentrano su una perenne ricerca di se stessi, dellesse est percipi, lessere che percepisce se stesso.

Lautopercezione o autocoscienza; cosa accade quando posiamo il nostro sguardo su noi stessi e percepiamo di essere, dunque siamo? Beh, in quellesatto momento ci rapportiamo anche al non essere e ci rendiamo conto della nostra finitezza di esseri mortali. - 45 -

Come potremmo reagire di fronte a questassolutezza? Forse per sopravvivere creiamo un altro noi, un doppio, che pur nella sua finitezza sappiamo essere parte di noi stessi e se questo doppio fosse solo la nostra autopercezione? E se questultima si facesse corpo, materia, e ci inseguisse come lombra che segue Keaton in Film? Vedere il proprio doppio significa trovarsi la morte in faccia? Film non che una duplicazione della realt e quindi unillusione di questultima, loggetto e locchio, unautopercezione non reale come il testo stesso, seppur scritto da Samuel Beckett. Forse questo un modo per ricominciare, per tornare alle nostre origini, attraverso un contatto, un ritorno allorigine, alla pace totale del tutto con la parte, come tanto cinema ci ha mostrato nel passato e nellultimo capolavoro di Malick, The Tree of Life. Lidea di questo progetto, come anche la mia breve immagine di fine del mondo interiore pi che fisica, nata da unesigenza che avevamo, di rilevare questansia paradossale che sta crescendo; ma non mi riferisco a persone extra terrestri o attori che recitano una parte su di un palco che ricorda la nostra vita, - 46 -

io sto parlando di noi, di coloro con cui parliamo giornalmente, il datore di lavoro, il barista, il giornalaio, il professore, la persona che incontriamo sempre e ci chiediamo chi sia e cosa pensi, beh proprio loro, tutti anche noi, siamo presi da questansia di un disastro improvviso, di una guerra, un terremoto, un esplosione nucleare, di unapocalisse non solo spirituale ma anche corporea, distruttiva. Ho notato come molte persone anche solo per curiosit hanno letto il libro, scritto dallo studioso Giacobbo, sulla fine del mondo postulata dai Maya; e mi dico, forse sono persone che non hanno studiato questa grande civilt e vogliono interessarsene per vie traverse. Ma non cos, a leggere questo libro sono stati i giovani, tra cui molti universitari. indubbio, la curiosit una caratteristica umana, altrimenti Ulisse non sarebbe mai scaturito dallimmaginario omerico, ma io credo che non si tratti solo curiosit. Forse solo il bisogno di trovare finalmente pace.

Francesca Bernardini

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I FILM

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PERSONA
Titolo originale: id. Origine: Svezia, 1966 Regia: Ingmar Bergman Sceneggiatura: Ingmar Bergman Fotografia: Sven Nykvist Colonna sonora: Lars Johan Werle Interpreti: Bibi Andersson, Liv Ullmann, Margaretha Krook, Gunnar Bjrnstrand Produzione: Svensk Filmindustri Durata: 79

Un agnello sgozzato, un pene in erezione, il palmo di una mano trapassato dal chiodo della crocifissione, un bambino che fissa su uno schermo limmagine di una donna. Si apre cos Persona, con un montaggio dal sapore ejzenstejniano che accosta, secondo una logica concettuale se non puramente percettiva, immagini disparate il cui unico denominatore comune sembra essere lo shock sensoriale, il trauma. Pi o meno nello stesso misterioso modo il film si chiude, tornando circolarmente al - 50 -

bambino che accarezza il volto femminile sullo schermo. In mezzo si racconta di Elisabeth, unattrice (in latino dramatis persona, appunto) piombata in uno stato improvviso e apparentemente irreversibile di afasia, e di Alma, linfermiera alle cui cure Elisabeth affidata. Narrativamente il film tutto chiuso nel rapporto complesso e ambiguo che si instaura tra le due donne, il suo centro essendo le evoluzioni di una relazione terapeutica che presto si fa morbosa e ossessiva. Tra le pieghe di questa materia narrativa ridotta allosso, negli ottanta minuti scarsi di Persona, racchiuso lintero universo autoriale di Ingmar Bergman. Quasi volesse scarnificare il suo cinema perch ne risaltasse meglio il nucleo, il regista svedese che qui aveva gi realizzato i suoi capolavori del primo periodo, tra cui Il settimo sigillo, Il posto delle fragole e la trilogia del silenzio di Dio si libera dal fardello di una trama tradizionale, si sottrae alle tentazioni dellaffabulazione e utilizza il linguaggio filmico in una maniera strettamente funzionale allessenza del proprio discorso poetico. Getta cos due delle sue muse predilette, Bibi Andersson e Liv Ullmann, nellabisso di un film da camera radicale ed estremo, forse un film da laboratorio. Il bianco dominante (fotografia del sommo Sven Nykvist) in cui i corpi delle due attrici sono perennemente im- 51 -

mersi, che si trovino nella clinica di Stoccolma, negli interni della casa di Fr o sulla riva assolata del mar Baltico, quello proprio di un ambiente sterile, nella cui asetticit possibile studiare al meglio lumano, ovvero ci che Bergman ha fatto in tutta la sua vita artistica. Unopera in vitro. Le questioni dellidentit e della maschera, lo slancio verso lassoluto e la tensione alla verit, emergono con straordinaria forza e nitidezza, rivelando unispirazione potentemente esistenzialista, in una pellicola fredda ed esemplare come un teorema e al contempo incandescente. Il volto umano diceva pi o meno Bla Balzs gi negli anni 20, folgorato dai film di David Wark Griffith il pi straordinario e fecondo dei paesaggi filmabili, racchiude in s una pluralit infinita di mondi, e su questa convinzione Bergman ha fondato tutto il suo cinema. Persona si stringe maniacalmente sui primi piani di Bibi Andersson e Liv Ullmann, ricercandovi - 52 -

le manifestazioni esteriori, minime, magari impercettibili, di dinamiche interiori profonde e complesse, la cui decifrazione chiama in causa le riflessioni pi alte della storia del pensiero umano. C una suspense puramente cinematografica legata a questa ricerca, che corre lungo tutto il film, rendendone la visione unesperienza unica e rivelatrice, di quelle che segnano un prima e un dopo nella carriera di uno spettatore. Persona una bomba, pronta a riesplodere ogni volta, al contatto con nuovi occhi.

Armando Andria

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PICNIC AD HANGING ROCK


Titolo originale: Picnic at Hanging Rock Origine: Australia, 1976 Regia: Peter Weir Sceneggiatura: Cliff Green (dal romanzo omonimo di Joan Lindsay) Fotografia: Russell Boyd Colonna sonora: Bruce Sheaton Interpreti: Rachel Roberts, Vivean Gray, Helen Morse, Kirsty Child, Anne Lambert, Karen Robson Produzione: The Australian Film Commission, McElroy & McElroy, Picnic Productions Pty. Ltd. e Z Durata: 115

C un tempo e un luogo giusto perch qualsiasi cosa abbia principio e fine. Questa la frase probabilmente pi emblematica del film di Peter Weir, ispirato al romanzo di Joan Lindsay. Miranda a pronunciarla. Una ragazza eterea, sensuale, punto di riferimento per alunne e insegnanti allinterno dellaristocratico collegio femminile Appleyard, Australia.

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Il giorno di San Valentino del 1900, una classe di studentesse si reca in gita ad Hanging Rock, un gruppo di rocce vulcaniche antiche e imponenti. Lintero film attraversato da una serie di antitesi: tra le due insegnanti che accompagnano le ragazze, una rigida e mascolina, Miss McCraw, laltra dolce e femminile, Mademoiselle de Poitiers; tra Sara, studentessa malinconica e introversa, e Miranda, solare, carismatica e seducente; tra lambiente austero e educato della scuola, con le sue regole e limitazioni, e la natura selvaggia dellAustralia. Miss McCraw e Mlle de Poitiers rappresentano due diversi modi di insegnare, nella scuola e nella vita, e, ovviamente, sono spesso in disaccordo. Sara e Miranda trovano nella loro diversit una spinta vitale, e sono attratte luna dallaltra. I due mondi, quello rigoroso del collegio e quello della natura spregiudicata di Hanging Rock, si fondono fino a suscitare nei personaggi un innocente stupore prima, un confuso sentimento di inadeguatezza e terrore poi. La meccanica degli orologi e linconscio dei personaggi vengono fermati e rapiti dalla misteriosa aura diffusa dalle enormi rocce.

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Quando alcune delle ragazze scompaiono, perse negli anfratti selvaggi del promontorio, tutto si ferma. La cultura viene sconfitta dalla natura insidiosa. Il mistero permea lintera pellicola, con un crescente senso di inquietudine che inevitabilmente centra lo spettatore.

Sogno e realt sono complementari nel film. La fotografia onirica e la melodia del flauto, questultima indimenticabile per chiunque, rendono Picnic ad Hanging Rock un capolavoro del mistero, una metafora delle dicotomie che abitano le vite di ognuno. Un film che rende possibile interpretare ogni singola evoluzione della storia, e lascia libero arbitrio senza consigliare un sentiero da seguire. Ci perdiamo nellatmosfera fantastica del luogo, smarrendoci insieme a chi tra quelle rocce trover, o perder, qualcosa. - 56 -

Non forse questa la sensazione che potrebbe tormentarci alle soglie di un 2012 pieno di interrogativi e fonte di una diffusa, generale insicurezza?

Eleonora Marcoaldi

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FESTEN FESTA IN FAMIGLIA


Titolo originale: Dogme 1 Festen Origine: Danimarca/Svezia, 1998 Regia: Thomas Vinterberg (non accreditato) Sceneggiatura: Thomas Vinterberg, Mogens Rukov Fotografia: Anthony Dod Mantle Interpreti: Ulrich Thomsen, Henning Moritzen, Thomas Bo Larsen, Paprika Steen, Birthe Neumann, Trine Dyrholm, Helle Dolleris Produzione: Nimbus Film Durata: 105

Danimarca, nella grande tenuta di campagna fervono i preparativi della famiglia Klingenfeldt per il sessantesimo compleanno del fiero patriarca Helge, unoccasione tra le pi convenzionali per cui tutti i familiari si riuniscono, e uno dopo laltro fanno il loro ingresso nella villa i tre figli di Helge, il primogenito Christian, seguito da Helene e infine Michael. Si apre cos Festen, che inizialmente pare dipingere un delizioso ritratto di famiglia allinterno di una principesca tenuta campestre, ma con lo scorrere delle prime inquadrature, di una camera - 58 -

a mano che insegue i personaggi stanza per stanza, si ha la sensazione che non sia tutto cos perfetto come vuole apparire. Festen il primo film del manifesto collettivo Dogma 95, un movimento cinematografico fondato su precise regole ideate dai registi Thomas Vinterberg e Lars von Trier e firmato successivamente anche da Sren Kragh-Jacobsen e Kristian Levring il 13 marzo del 1995. Il decalogo, definito anche con il significativo nome di Voto di castit, tende alla creazione pura, evitando gli interventi degli effetti speciali tecnologici e ponendosi, invece, come unazione di salvataggio del cinema attuale. I registi aderenti al movimento hanno realizzato i loro film seguendo dieci regole ferree e tra le pi importanti si ricordano sicuramente il divieto di utilizzare le luci di scena, le scenografie e la colonna sonora, seguite dal rifiuto di ogni espediente al di fuori di quello della camera a mano. In realt Dogme 1 infrange una regola, poich labito del personaggio di Christian venne acquistato appositamente per il film, mentre il manifesto sancisce che i costumi siano di propriet degli attori; tuttavia il regista dichiara la violazione nei titoli di apertura. Thomas Vinterberg mette a punto un vigoroso esemplare di dogmi dal tono crudele e realistico in cui la vera atmosfera si - 59 -

respira dopo circa mezzora di preambolo e a poco a poco entriamo anche noi nel sontuoso castello e ci immergiamo negli scandalosi segreti che esso ancora contiene. Alla festa sono presenti molti ospiti, manca solo Linda, la gemella di Christian, non presente perch morta suicida poco tempo prima in una stanza di quello stesso albergo. Durante loccasione del brindisi, il primogenito prende la parola e pronuncia il suo discorso per far rivivere la figura della sorella e gli anni trascorsi insieme, ma soprattutto per rivelare delle scabrose confidenze a tutta la famiglia e rompere un silenzio che fa tanta paura: con apparente freddezza e velenoso sarcasmo racconta di essere stato molestato sessualmente insieme alla gemella proprio dalluomo adorato e festeggiato da tutti i parenti l presenti. La festa si trasforma nelloccasione della resa dei conti e nel momento nel quale la verit affiora, riuscendo a dar corpo ai fantasmi psicologici di un protagonista tormentato. I dialoghi si fanno pi serrati e lonnipresenza della macchina da presa a - 60 -

mano penetra tra i personaggi come un ospite indiscreto, mostrando una rappresentazione accusatoria dellalta borghesia da parte del regista, che sottolinea in pi occasioni il contrasto tra i corrotti piani alti e i nobili quartieri della servit. La pellicola danese una metafora perfetta della societ di potere che obbliga a far tacere i pi deboli per la paura di non essere creduti e di subire delle ulteriori pressioni da parte dei potenti e ci che colpisce maggiormente il modo in cui Thomas Vinterberg riesce a raccontarla attraverso una sicurezza della messinscena, lottima direzione di un eccellente cast e la padronanza della macchina da presa manovrata a mano in complessi piani sequenza. In Festen lo spettatore invitato a entrare nella tenuta di campagna dei Kligenfeldt per partecipare assieme ai protagonisti, in alcuni momenti cos volutamente sordidi e cos sgradevoli, alla ricerca di loro stessi per riprendere in mano la vita e per mettere fine allipocrisia di una perfetta realt apparente che stata specchio per troppo tempo di quella famiglia, ma che ricorda in piccolo molti degli aspetti della nostra societ.

Marica Ciaprini

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RABBIT HOLE
Titolo originale: id. Origine: Usa, 2010 Regia: John Cameron Mitchell Sceneggiatura: David Lindsay-Abaire (dalla sua pice omonima) Fotografia: Frank G. DeMarco Colonna sonora: Anton Sanko Interpreti: Nicole Kidman, Aaron Eckhart, Dianne Wiest, Miles Teller, Tammy Blanchard, Sandra Oh, Giancarlo Esposito, Jon Tenney Produzione: Olympus Pictures, Blossom Films, Odd Lot Entertainment Durata: 91

Becca e Howie Corbett tornano alla vita di tutti i giorni, dopo la sconvolgente e improvvisa perdita del figlio Danny. Sono passati otto mesi dalla sua scomparsa, ma i coniugi sembrano ancora imprigionati in una gabbia di rabbia, recriminazioni e sensi di colpa; tutte sensazioni che per restano ovattate dentro di loro, senza riuscire a venir fuori. Nonostante ci, entrambi cercano di vivere la loro, apparentemente serena, normalit; seppure terribilmente distanti luno dallaltra. Gli eventi che seguiranno non potranno che scuotere ulteriormente Becca e Howie, che tireranno fuori, pian piano, tutto il loro dolore. - 62 -

Becca si riavvicina alla madre Nat, che pur incapace di dispensare sempre giusti consigli, ha vissuto, in passato, la sua stessa situazione e riesce a comprenderla al meglio. Mentre la stravagante sorella Izzy scopre di essere incinta proprio nello stesso momento, intaccando tutti i nervi scoperti di Becca. Howie, invece, intrappolato nei ricordi e passa il tempo a rivedere i filmini del figlio; fino a quando non si lascia andare al tentativo di farsi consolare dallamica Gaby. La svolta decisiva arriva dallincontro con Jason, il ragazzo adolescente che ha accidentalmente investito Danny con la sua auto. Scopriamo che anche lui ha appena vissuto un dramma familiare ed altrettanto scioccato per lincidente. Tra lui e Becca si instaura cos uno strano rapporto in cui, sorprendentemente, vittima e carnefice sono tanto devastati ed emotivamente distrutti da trovarsi sullo stesso piano, rendendosi capaci di darsi conforto lun laltro. Con laiuto di Jason, lultima persona che potessero mai immaginare, Becca e Howie proveranno a liberarsi dellenorme peso che hanno dentro, tentando di elaborare laccaduto e rinascere da questo lutto. Rabbit Hole nasce come una pice teatrale scritta dallo stesso sceneggiatore del film David Lindsay-Abaire, con cui ha ottenuto il premio Pulitzer. Il titolo (La tana del Bianconiglio) non - 63 -

deriva solo dal fumetto scritto da Jason, ma fa riferimento alla caduta di Alice nel Paese delle meraviglie in un mondo sconosciuto, dove accadono eventi impossibili. Lo scopo, infatti, quello di evocare la surreale esperienza del lutto che, come succede a Becca e Howie, fa sentire chiunque la provi come uno straniero in una terra nuova, in cui tutto ci che avviene sembra non essere realt. A dirigere questa versione cinematografica John Cameron Mitchell, regista e attore statunitense giunto al suo terzo lungometraggio, dopo leccentrico Hedwig La diva con qualcosa in pi e il provocatorio Shortbus Dove tutto permesso, in cui aveva infranto tab come il sesso e lomosessualit. Ma la prima persona a interessarsi alla pice stata proprio Nicole Kidman, che si decisa a trasformarla in un film diventando, per la prima volta, sia produttrice che interprete per la sua casa di produzione Blossom Films. Cos, dopo flop di critica e botteghino, la Kidman ritorna ai suoi tempi doro, regalandoci unintensa e commovente performance, con cui ha ottenuto varie nomination durante lAward Season, tra cui quelle pi prestigiose, ai Golden Globes e agli Oscar 2011. Il film ha inoltre ricevuto altre candidature per la sceneggiatura e per laltrettanto ottima e toccante interpretazione di Aaron Eckhart. - 64 -

Richard Corliss, giornalista del Time Magazine lo ha, inoltre, inserito tra i dieci migliori lungometraggi del 2010. Lanteprima mondiale si tenuta il 13 settembre 2010 durante il Toronto Film Festival, mentre il Festival Internazionale del Film di Roma lo ha presentato, il 1 novembre 2010, in concorso, oltre che in anteprima europea. La pellicola poi approdata nella sale italiane l11 febbraio 2011. In una rassegna in cui si consumano tormenti dellanimo e lotte per la sopravvivenza post-apocalittiche, il dramma di Rabbit Hole totalmente fuori da ogni contesto fantascientifico, ma dimostra quanto la quotidianit, a volte, riesca a essere pi tragica di qualsiasi catastrofe possibile. Fortunatamente, per, rimane quella lieve aura di speranza, che lascia presagire che non del tutto finita, almeno questa volta.

Angelo Genovese

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LE DERNIER COMBAT
Titolo originale: id. Origine: Francia, 1983 Regia: Luc Besson Sceneggiatura: Luc Besson, Pierre Jolivet Fotografia: Carlo Varini Colonna sonora: Eric Serra Interpreti: Pierre Jolivet, Jean Bouise, Jean Reno, Christiane Kruger, Fritz Wepper, Maurice Lamy Produzione: Les Films du Loup Durata: 90

Il pianeta stato raso al suolo da una catastrofe imprecisata. In una distesa desertica i sopravvissuti sono in continuo stato di guerriglia per conquistarsi i pochi beni preziosi: cibo, acqua e donne, che vengono custodite/segregate sotto chiave. Gli uomini non riescono pi a emettere parola a causa di un veleno diffuso nellaria. Regrediscono a uno stadio primitivo trasformandosi in belve violente, in guerrieri scalcinati tra medioevo ed et della pietra.

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Un film che alterna poesia, dolcezza, crudelt e ironia, in cui la parola completamente assente. Tutto viene affidato allimmagine, alla colonna sonora di Eric Serra, ai volti intensi degli attori Pierre Jolivet, Jean Bouise, Fritz Wepper e naturalmente alla prorompente fisicit di Jean Reno, che diventer una presenza costante in tutti i film successivi di Besson. Personaggi beckettiani rassegnati o in cerca di rivincita in un mondo dove luomo sembra rimasto solo e non esiste pi nessun Dio da invocare. Il protagonista della vicenda conserva ancora un barlume di speranza. Rispetto agli altri, che rassegnati si lasciano andare allimbarbarimento, lui cerca di reagire. Non vuole dimenticare la sua umanit e sogna di riavere un giorno la sua voce. La banda di disperati, che vive nelle macchine in mezzo al deserto, ridotta a un branco di lupi affamati. Una piccola trib che sinventa sadiche regole come quella di sostituire il denaro con dita mozzate. Il dottore, ultimo emblema del sapere umano, si barricato nella sua clinica e si consola disegnando i suoi graffiti e accudendo la bella donna che tiene prigioniera nel labirintico sotterraneo. Il bruto, con la sua cieca ferocia, rappresenta tristemente lo stadio finale di questa regressione morale e sociale. - 67 -

Uno schema narrativo chiaro e conciso, grande suggestione delle location, che vengono raccontate con estrema cura per il dettaglio e con piccole invenzioni. Leccezionalit del film quella di riuscire a rendere credibile e autentico un mondo post-apocalittico senza lausilio di effetti speciali. Non mancano le scene dazione, scandite dal jazz-rock di Eric Serra, in cui il ventitreenne Besson dimostra gi la sua grande padronanza di ripresa. Scarno, realizzato con poche risorse economiche ma con una grande intensit visiva e ideologica. Il primo lungometraggio di Luc Besson. Sono gi ben evidenti quei tratti tipici della sua regia energica, lucida e amara in cui si ripete il leitmotiv di protagonisti buoni che si ritrovano a compiere nefandezze imposte da un sistema cattivo. Per ogni film Besson studia un involucro estetico molto accurato. Segue freddamente uno schema registico che scandisce le storie secondo i livelli dei videogame per ristabilire un senso umano di realt solo nel finale. Linafferrabile Besson che salta da un progetto allaltro senza seguire una linea precisa. Si divide tra lirresistibile piacere di curare solo la forma e lesigenza di esprimere un contenuto. Si diverte a fare un cinema pi commerciale e ultimamente anche i film per ragazzi. Poi c laltra versione di Besson, - 68 -

attualmente sparita, quella delle opere pi intimiste e autobiografiche come Le dernier combat, Le grand bleu, AngelA, Atlantis.

Maddalena Marinelli

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ELECTROMA
Titolo originale: id. Origine: Francia/Usa, 2006 Regia: Thomas Bangalter, Guy-Manuel de Homem-Christo Sceneggiatura: Thomas Bangalter, Guy-Manuel de Homem-Christo, Paul Hahn, Cdric Hervet Fotografia: Thomas Bangalter Colonna sonora: Steven Baker Interpreti: Peter Hurteau, Michael Reich Produzione: Daft Arts, Wild Bunch Durata: 74

Rossa la parete rocciosa corrosa dal tempo e dal sole mostrata nelle prime immagini di Electroma, secondo lungometraggio della band francese Daft Punk, rosse le immagini iterate delle fiamme che lungo la durata del film prescrivono le scene madri, accompagnate da effetti sonori che sfociano nel silenzio pi assoluto. Silenzio spesso ingombrante che porta lo spettatore a riflettere sullessenza stessa dellimmagine e a classificare il secondo lungometraggio della band come un film fantascientificopsichedelico, visivo ma soprattutto sperimentale, dove i tempi - 70 -

sono dilatati al massimo, accompagnati spesso da lunghissimi piani sequenza, panoramiche ed effetti in computer grafica fusi con ambientazioni reali. Il risultato sullo schermo indubbiamente sbalorditivo, tanto da aver assicurato alla pellicola diretta da Thomas Bangalter (che cura anche la fotografia e la sceneggiatura) e Guy-Manuel de Homem-Christo il premio per la miglior tecnica fotografica e colonna sonora alla Directors Fortnight del Festival di Cannes. I due protagonisti sono due robot che iniziano unodissea fisica e spirituale che li porter alla vera consapevolezza del loro essere, in contrapposizione a una societ dove lomologazione costrittiva perch non si pu essere in alcun modo fisicamente diversi. Proviamo a immaginare per un istante un mondo dove non esiste un sorriso, un pianto di un bambino, non si vede una lacrima scendere dagli occhi, dove i soli esseri viventi sono degli automi, creati non si sa dove e quando, ma che vivono in citt con case, parchi giochi, scuole, panchine, municipi, sono il simulacro di unentit umana ormai svanita per sempre. I due esseri meccanici desiderano qualcosa, vogliono essere unici e diversi per potersi sentire finalmente liberi, il loro viaggio inizia percorrendo una California spoglia, deserta, arsa dal sole che brucia anche laria. Su di una Cadillac nera anni - 71 -

Ottanta, ripresa in diverse posizioni e infine scavalcata dalla mdp che riprende la strada per vederla scorrere via (come nelle strade perdute di D. Lynch) portando forse a una meta, a un cambiamento, a un nuovo mondo. Ma tutto appare irreale, un mondo onirico partorito da un sogno, solo due elementi sembrano essere ineluttabili, la targa della macchina dei protagonisti con su scritto human e la scritta sulla giacca di pelle, Daft Punk, unidentit a cui niente si pu opporre. Eccoli entrare in un luogo, uno spazio bianco, vuoto, immacolato, ed li che avviene la trasformazione, un cambiamento; i due escono con volti umani, camminando per la citt non vi un automa che non si fermi a guardarli, tutti si voltano, li cercano, li inseguono, una piccola bambina robot li fissa cos a lungo da far sciogliere il gelato e farlo cadere a terra, questo piccolo gesto emblematico: come pu una bambina robot mangiare un gelato se non possiede la bocca? Come possono due robot avere volti umani se non lo sono? Il sole caldo e i lori volti fatti di cera si sciolgono di fronte agli sguardi di tutti, la massa li segue, inizia la disperazione e la consapevolezza di non poter essere quello che vorrebbero, nulla pi come prima. Dai loro gesti accentuati emerge una sofferenza umana e il grande desiderio di potersi abbracciare, toccare, consolare per - 72 -

questo dolore e per la perdita di quel qualcosa che non pu tornare: la libert, la diversit, lumanit, lessenza dellessere che non possiedono e non gli concesso avere. Electroma tratta temi solo in superficie fantascientifici, perch profondamente attuali, quello dellessere e dellapparire, del mondo artificiale e naturale, della diversit e della globalizzazione. La sola musica (non originale Daft Punk) accompagna questo film puramente visivo: dai classici Chopin e Haydn al contemporaneo Todd Rundgren fino a Jackson Frank, che immortala con la sua canzone le immagini surreali della scena finale; dove, attraverso il ralenti, la danza dei corpi esplosi in area, i Daft evocano direttamente il grande maestro italiano Antonioni in Zabriskie Point.

Francesca Bernardini

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FILMOGRAFIA E NOTE

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Tutti i film citati, evocati, sottintesi o comunque importunati nella stesura di questo catalogo:
A PROVA DI ERRORE (Fail-Safe, Usa, 1964) di Sidney Lumet ANGEL-A (id., Fra, 2005) di Luc Besson APRI GLI OCCHI (Abre los ojos, Spa/Fra, 1997) di Alejandro Amenbar ARRIVO DI UN TRENO ALLA STAZIONE DI LA CIOTAT, L (Arrive d'un train La Ciotat, L, Fra, 1895) di A. e L. Lumire ATLANTIS LE CREATURE DEL MARE (Atlantis, Fra/Ita, 1991) di Luc Besson BRIGHT STAR (id., Gb/Aus, 2009) di Jane Campion DAY AFTER, THE IL GIORNO DOPO (The Day After, Usa, 1983) di Nicholas Meyer DAY AFTER TOMORROW, THE LALBA DEL GIORNO DOPO (The Day After Tomorrow, Usa, 2004) di Roland Emmerich E.T. LEXTRA-TERRESTRE (E.T.: The Extra-Terrestrial, Usa, 1982) di Steven Spielberg ENFANT, L (id., Bel/Fra, 2005) di J.P. e L. Dardenne ERASERHEAD LA MENTE CHE CANCELLA (Eraserhead, Usa, 1977) di David Lynch FAHRENHEIT 451 (id., Gb, 1966) di Franois Truffaut FILM (id., Usa, 1965) di Alan Schneider FILM SOCIALISME (id., Svi/Fra, 2010) di Jean-Luc Godard GRAND BLEU, LE (id., Fra/Usa, 1988) di Luc Besson HEDWIG LA DIVA CON QUALCOSA IN PI (Hedwig and the Angry Inch, Usa, 2001) di John Cameron Mitchell

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HEREAFTER (id., Usa, 2010) di Clint Eastwood INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO (Close Encounters of the Third Kind, Usa, 1977) di Steven Spielberg INQUILINO DEL TERZO PIANO, L (Le locatarie, Fra, 1976) di Roman Polanski MATRIX (The Matrix, Usa, 1999) di A. e L. Wachowski MELANCHOLIA (id., Dan/Sve/Fra, 2011) di Lars von Trier MEMENTO (id., Usa, 2000) di Christopher Nolan PAESE INCANTATO, IL (Fando y Lis, Mex, 1968) di Alejandro Jodorowsky PARANORMAL ACTIVITY (id., Usa, 2007) di Oren Peli PARANORMAL ACTIVITY 3 (id., Usa, 2011) di Henry Joost e Ariel Schulman POSTO DELLE FRAGOLE, IL (Smultronstllet, Sve, 1957) di Ingmar Bergman QUARTIER LOINTAIN (id., Bel/Lux/Fra, 2010) di Sam Garbarski ROAD, THE (id., Usa, 2009) di John Hillcoat SE MI LASCI TI CANCELLO (Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Usa, 2004) di Michel Gondry SETTIMO SIGILLO, IL (Det sjunde inseglet, Sve, 1957) di Ingmar Bergman SHORTBUS DOVE TUTTO PERMESSO (Shortbus, Usa, 2006) di John Cameron Mitchell STRADE PERDUTE (Lost Highway, Usa/Fra, 1997) di David Lynch TAKE SHELTER (id., Usa, 2011) di Jeff Nichols TEMPO DEI LUPI, IL (Le temps du loup, Fra/Aus, 2003) di Michael Haneke

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TOMBA DI LIGEIA, LA (The Tomb of Ligeia, Gb, 1964) di Roger Corman TRANSFORMERS (id., Usa, 2007) di Michael Bay TREE OF LIFE, THE (id., Usa, 2011) di Terrence Malick TUTTA LA VITA DAVANTI (Ita, 2008) di Paolo Virz UCCELLI, GLI (The Birds, Usa, 1963) di Alfred Hitchcock UOMO CHE FUGG DAL FUTURO, L (THX 1138, Usa, 1971) di George Lucas ZABRISKIE POINT (Ita/Usa, 1970) di Michelangelo Antonioni e ovviamente: ELECTROMA, LE DERNIER COMBAT, FESTEN, PERSONA, PICNIC AD HANGING ROCK, RABBIT HOLE

Dai seguenti film sono tratte le immagini utilizzate allinterno dei saggi:
LARRIVO DI UN TRENO ALLA STAZIONE DI LA CIOTAT, ne La fine del mondo, in tre movimenti, p. 17 PERSONA, Ibid., p. 18 MEMENTO, in Ricordati di ricordare, p. 21 SE MI LASCI TI CANCELLO, Ibid., p. 22 QUARTIER LOINTAIN, Ibid., p. 23 THE ROAD, in Un apocalittico itinerario umano, estetico e cinematografico, p. 31 IL TEMPO DEI LUPI, Ibid., p. 32 APRI GLI OCCHI, in Un sogno lucido, p. 35 MELANCHOLIA, in Secondo una profezia Maya, p. 38 THE TREE OF LIFE, Ibid., p. 40 FILM, in Vedo con Og. e Oc., p. 45

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FINIMONDI unidea di Armando, Marica, Maddalena, Angelo, Eleonora e Francesca. Che ringraziano la Scuola di cinema Sentieri selvaggi, tra le cui mura il progetto nato e si nutrito. Sergio Sozzo per la prefazione e Federico Chiacchiari per il supporto a distanza. Alessandro Alessandroni e la libreria Altroquando per limmediata disponibilit. Massimo Roelens per la consulenza grafica.

Armando si occupato della revisione dei testi, della correzione delle bozze e dellimpaginazione. Il progetto grafico del catalogo di Marica. Maddalena ha redatto il testo in quarta di copertina e insieme a Marica ha curato la comunicazione e i contatti. Angelo il curatore del blog: http://finimondi.wordpress.com/

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Finito di stampare nel mese di dicembre 2011 Presso Global Print, Gorgonzola (Milano) - 81 -

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