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Rivista online di filosofia, cultura e societ/ISSN 2282-5762

Il capo, lattore.
Lattorialit come dispositivo identitario, tra corpo individuale e corpo politico
Di Paolo Capelletti

Corpi politici
Le occasioni di condivisione disponibili sempre pi garantite allinterno dello spazio sociale
sono molteplici e non esclusive. Le norme che ne regolamentano lappartenenza possono essere
infinitamente diverse ma sempre si declinano come dispositivi funzionali: sono finalizzate alla
sopravvivenza del proprio spazio (dominio) e alla riproduzione della possibilit di quella stessa
appartenenza.1 In altre parole: lo spazio di condivisione un corpo, un accorpamento che si
esprime nel mantenimento e nellaccrescimento2 dei propri membri (delle proprie membra). Chi
sta alla testa di quel dominio il capo del corpo.

Libert, galit...
Lgalit del motto francese traducibile con diversi termini, come spesso capita con le parole
applicabili a molti contesti. una parola che mantiene, del resto, alcune ambiguit che la
traduzione italiana pi immediata, uguaglianza, possiede a propria volta. Uguaglianza di fronte
alla legge, innanzitutto. Quindi uguaglianza nei diritti, garantiti dal corpo politico, e nei doveri, da
rispettare in quanto membro del corpo. Nessun membro superiore agli altri, nessuno pi
uguale degli altri.3 Nel corpo, quindi, il mio prossimo uguale a me. Siamo identici. Ci
riconosciamo luno nellaltro. E tutti nel corpo totale.
Testa corpo
Quanto Hobbes afferma del Leviatano,4 delineando una posizione del sovrano che non lo es-pone
alla legge ma lo dis-pone al di fuori di essa e del contratto sociale che la erige, va riconsiderato
1

Cfr. Gilles Deleuze, Immanenza, Mimesis, Milano 2010.

Cfr. Elias Canetti, Massa e potere, Adelphi, Milano 1981.

Cfr. George Orwell, La fattoria degli animali, Mondadori, Milano 2000.

Cfr. Thomas Hobbes, Leviatano, Laterza, Bari-Roma 1997.

www.haecceitasweb.com - ISSN 2282-5762 Ottobre 2013

proprio alla luce del concetto di identit. Il capo non avulso dai desideri del corpo solo in quanto
lo comanda, luguaglianza tra le membra del corpo e non incidentalmente ma primariamente e
necessariamente uguaglianza con il capo. Limmagine del capo il simbolo del riconoscimento,
esso il capo del corpo proprio in virt dellesistenza di un corpo del capo. 5

Identit=identicit+vergogna
Alla prova del riconoscimento, lindividuo democratico spinto a cedere e scivolare in uno tra due
versanti: il primo lappiattimento politico generato dallesaltazione libertaria il senso di euforia
generato dallappartenenza al Corpo, ai giusti , il secondo il rifiuto sdegnato di quello stesso
riconoscimento, lautoesclusione motivata dal desiderio di mantenersi indipendenti, superiori,
inattaccabili dalla sfrenatezza del piacere.6 In entrambi gli umori essenziali il motore motivazionale
la purezza: nel primo caso, la sua conquista, celebrata e ritualizzata nellascesi libertaria
(libertina) e nella scomparsa estatica dentro al sociale; nel secondo, la sua conservazione, la
sicurezza che la partecipazione a un sociale tanto degradato sporcherebbe il proprio tessuto
politico e morale.7 Questo secondo aspetto, con lesplicita condanna della societ contemporanea
e della sua perdita di valori, afferma un distacco da essa tuttaltro che disastroso quanto,
piuttosto, orgoglioso e repulso da essa. Disgusto, oscenit e, in definitiva, vergogna8 sono i principi
linguistici attorno a cui si dipana il discorso di chi rifiuta di appartenere, di essere parte, di dirsi
identico. Limmagine sociale ci che non si pu sopportare di vedere ammettendo che sia il
proprio specchio. Una vergogna che autoesclusione , daltra parte, un sussulto moralista per il
quale si prova unistantanea vergogna: soffocamento della vergogna nella vergogna. Un riversarsi
su se stesso del sentimento di ribrezzo che, tuttavia, comporta anche il disagio per la nonappartenenza, la morte politica del non-identico. Tra appiattimento nellidentico e morte nella
vergogna, lannullamento del soggetto politico si compie, in una visione. Quella del corpo del
leader (fhrer), dellattore protagonista.

Cfr. Marco Belpoliti, Il corpo del capo, Guanda, Parma 2009.

Cfr. Maurizio Zanardi, Il capitale umano e lavvenire della politica in Aa. Vv., La democrazia in Italia,
Cronopio, Napoli 2011.
7

Jean Baudrillard, Patafisica e arte del vedere, Giunti, Firenze 2006, p. 81: il caso di Umberto Eco,
quando dice: Ma non possibile che gli italiani votino Berlusconi. Sono degli stupidi, alla fin fine, dei
coglioni!, perch lidea che le cose dovrebbero realizzarsi secondo una regola morale iscritta nei cuori e
negli spiriti pura ingenuit o, ancor peggio, criminale: tipica delle persone che sublimano troppo la
realt, un modello di pensiero che sostituisce, una sublimazione del reale.
8

Cfr. Marco Belpoliti, Senza vergogna, Guanda, Parma 2010.


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Attore protagonista, il corpo allo (dello) specchio


La vergogna lo stato dellesposizione. Come possiamo dire di vergognarci, davanti allobiettivo
della macchina fotografica (o da presa), cos nel farci avanti, nel presentarci allo sguardo di uno
sconosciuto. E di cosa mai dovremmo vergognarci, se nulla abbiamo commesso, se nessuna colpa
ci induce a un debito morale nei confronti di chi ci guarda (o di ci che ci fotografa). Come spiega
Derrida, la nostra nudit9 a essere presa proprio ci per cui fatta la macchina, una presa in
carico dallo sguardo dellaltro, dallo Sguardo stesso, che soprattutto il mio, giacch non
potrebbe esistere senza quello altrui. Lattore chiamato, quindi, per essere credibile, efficace,
emozionante, non tanto a non vergognarsi di s quanto a saper scendere a patti con la propria
vergogna, farne strumento, trasformarla in ammirazione, devozione, applausi. Lo stesso tipo di
consenso quello del politico. Lattore e il capo sono gli individui del consenso ottenuto con la
performance del corpo, con i gesti, con la voce. In essi si instaura un peculiare effetto della visione,
uno specchio desiderante: lo spettatore vede la loro immagine e desidera essere identico a loro, il
loro riflesso, a loro immagine.

Limmagine del capo, immaginarsi il capo


Dallinizio della Storia dei documenti che si propongono di raccontarla e, quindi, della scienza
che ne fa il proprio oggetto il racconto dei popoli e delle societ il racconto dei loro capi. Non si
tratta tanto, o soltanto, di una tendenza storiografica a una narrazione ideologica della grandezza
dei popoli secondo le imprese, le personalit, il potere dei loro condottieri; a indirizzare verso
questo dominio, squisitamente simbolico, limmagine. Limmagine del sovrano, della battaglia,
della conquista; quella dellarchitettura celebrativa, delledificio trionfale, del monumento
funerario. Il corpo del re mortale nella carne, immortale nel simbolo (questo corpo a tutti gli
effetti il corpo sociale, la sua legittimazione al potere).10 Fondazione valoriale di un popolo e
immagine del suo capo sono intimamente compenetrate e il capo il primo a esser conscio
dellimportanza di recitare la propria stessa immagine: da Alessandro Magno a Sarkozy, Obama,
Gheddafi, Berlusconi. E, daltra parte, si susseguono i casi di attori professionisti che ottengono
successo e consenso proponendosi come leader politici. La venuta del capo il suo ingresso in
scena, la sua venuta alla luce quella di scena linvasione del campo visivo. Uninvasione che si
compie con la presa dellintero sguardo dello spettatore: guardami, non vorresti essere me, essere
uguale a me? Guardare il capo immaginarselo, immaginare s identico a lui. La sua nudit 11 la
mia, posso andare fiero della mia nudit se essa un simbolo di potere acquisito anzich subito.

Cfr. Jacques Derrida, Lanimale che dunque sono, Jaca Book, Milano 2006.

10

Cfr. Ernst H. Kantorowicz, I due corpi del Re, Einaudi, Torino 1997.

11

Cfr. Mauro Calise, Il partito personale. I due corpi del leader, Laterza, Bari-Roma 2010.
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Inscenamento dellosceno
Carmelo Bene proponeva spesso unetimologia del termine osceno che lo vorrebbe riferito a ci
che sta fuori dalla scena (o-sken). Il fuori-scena , appunto, ci che non si vede, ci che non si
deve vedere, tutto quello che il copione, la costruzione narrativa, la legge, ha deciso invisibile.
Cos, quando affermiamo unoscenit!, stiamo s compiendo unaccusa di matrice morale ma
rovesciandola sulla sua esposizione, sulla sua visibilit. Losceno che porta su di s la cifra
dellimmondo, dellindecente (traduzioni che chiudono il cerchio con letimo tradizionale, da obscnus) un concetto estetico. Il reato di atto osceno addita non tanto latto quanto la sua
rappresentazione, la sua portata in scena. La legge il divieto di visione dellosceno; ed ,
geneticamente, lo sdoganamento del proprio doppio, della trasgressione, di nuovo dellosceno. 12 Il
corpo del sovrano, sovrapponendosi plasticamente al corpo della legge, facendone un proprio
corpo, quello immortale, si storicamente configurato come il veicolo del godimento simbolico
del suo popolo. Non solo al sovrano in veste di sovrano, cio come Stato, immagine/specchio di
ogni singolo, la veste rituale era consentita la trasgressione del divieto, quello sessuale per
esempio, ma essa era una pratica obbligatoria, dovuta al popolo, un rito istituzionalizzato. 13
Attraverso il godimento sfrenato del capo, tutta la comunit gode di ci che vietato, nella
quotidianit ordinaria. Nelle democrazie moderne, questo rapporto esplicito tra trasgressione e
divieto lesplicitazione del volto osceno della legge si fatto occulto e, tuttavia, infittito. La
recitazione dellosceno non scomparsa dallattivit del capo, piuttosto si fatta pi solleticante,
pi intrigante, ammantata di invisibilit (solo momentanea). Laccesso allosceno si racconta come
un fenomeno elitario, esclusivo, la scoperta esoterica della libert: non pi la scarica trasgressiva
della societ vietante, ma limpianto stesso dellappartenenza, la decisione tra liberi e non-liberi.
Fare parte del cast recitativo unambizione, una supposta conquista di qualcosa che, invece,
altro non che lidentit, il compito richiesto dalla societ. Stare in scena ambizione suprema del
corpo sociale non vedere, conoscere, quanto piuttosto farsi vedere, lasciarsi indagare. 14

Augusto
Esiste una differenza, nellattuale immagine del capo? Quali sono I vestiti nuovi 15 del capo? La
societ sovraesposta sembra aver liberato le doti di showman (uomo spettacolo, uomo in mostra)
dei leader democratici, un tempo grigie e anonime immagini del rigore che ci si aspettava da un
serio capo di Stato. La nuova immagine, sempre pi efficace dispositivo identitario, quella del

12

Cfr. Slavoj iek, Il godimento come fattore politico, Raffaello Cortina, Milano 2001.

13

Cfr. Georges Bataille, Lerotismo, ES, Milano 1997.

14

Cfr. Michel Surya, Della dominazione, casa di marrani, Brescia 2011.

15

Cfr. Hans Christian Andersen, I vestiti nuovi dellimperatore, Edicart, Milano 2006.
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clown.16 Nella tradizione degli show clowneschi, due sono i clown principali: il Bianco e lAugusto.
Il primo austero, razionale, concentrato; puro. Il secondo sfacciato, fuori controllo, goffo;
osceno. Quello che il leader politico alla Berlusconi compie la stessa recitazione del pagliaccio
Augusto: apparentemente folle, del tutto incontrollabile, centro dellattenzione per chi lo
rivaleggia e non pu che rincorrerlo, il clown Bianco e per lo spettatore che ride di gusto e
vorrebbe essere lui. Il riso, il divertimento, sono emozioni genuine che scaturiscono dal vedere il
capo trasgredire a leggi che, segretamente, ciascuno ritiene insensate e ingiuste e alle quali
ciascuno vorrebbe sfuggire. Il godimento mutuato dal pagliaccio Augusto lo scardinamento della
legge una cifra fondamentale dello spettacolo attoriale del capo politico e dellaggregazione
del corpo sociale. Il nuovo corpo al potere , cos, un agglomerato di vie di comunicazione, una
pletora riproduttrice di senso simbolico, uno spettacolo continuo.17

16

Slavoj iek, Dalla tragedia alla farsa, Ponte alle Grazie, Milano 2010, p. 69: Anche se Berlusconi un
clown senza dignit, faremmo bene a non riderne troppo, perch forse, facendolo, stiamo gi giocando al
suo gioco. Il suo riso pi simile allosceno e folle riso del nemico del nemico del supereroe di un film di
Batman o Spiderman.
17

Cfr. Marco Belpoliti, La foto di Moro, nottetempo, Roma 2008.


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