domenica, 6 dicembre, 2015 13:15 0 commenti Views: 14 Condividi su TwitterTwitter FacebookFacebook DeliciousDelicious DiggDigg StumbleuponStumble RedditReddit Autore: Redazione 1749051-renzi_viareggioL8 dicembre di due anni fa Renzi diventato il segretario d el Pd. Per chi della velocit aveva fatto un mito, e dallenergia creativa del corpo del capo aveva ricavato lattestato della garanzia di successo, due anni di poter e sono un tempo enorme, valido per sopportare una verifica. Una radiografia lha f ornita il rapporto Censis con la metafora bruciante del paese in letargo. Quando R enzi concluse la sua marcia trionfale tra i gazebo, raccolse, oltre al sostegno di ambienti esterni pronti a finanziare una scalata ostile, anche unansia di succ esso, sfumato nel 2013, e un bisogno di rinnovamento delle classi dirigenti. Un biennio di leadership incontrastata basta per per lasciar appassire i sogni di gl oria e per smentire ogni attesa di ricambio effettivo nelle pratiche e nei volti del ceto politico locale. Il governo della mancia per tutti non attira un voto in pi al Pd. E le sue disinv olte e creative misure economiche non agganciano la ripresa, anzi aggravano il d ivario con il passo spedito di altri partner europei. Le esclusioni sociali cres cono, levasione fiscale e contributiva regna incontrastata, il differenziale terr itoriale si acuisce, i servizi pubblici, la sanit deperiscono. Galleggia lillegali t, solerte la misura per il salvataggio delle banche amiche. Le imprese, incassato loro delle decontribuzioni e dei tagli Irap, continuano a r igettare ogni strategia competitiva fondata sullinnovazione e la qualit. Con la li bert di licenziamento, sancita dalle nuove leggi sul mercato del lavoro varate da l governo, le aziende si sentono protette da una irresistibile corazza. E pensan o di proseguire nella strada della competizione al ribasso, tramite la marginali zzazione del sindacato, la precariet camuffata dalle tutele crescenti. Il basso c osto del lavoro loro garantito in eterno dal potere di licenziare con modico ind ennizzo monetario. Presto il nero diventer la figura dominante nei rapporti contrattuali perch, dopo 40 anni di lavoro e con una pensione che non sar di molto superiore a quella soci ale, al dipendente risulter pi conveniente chiedere di essere pagato in nero, cos a lmeno potr racimolare qualche spicciolo in pi dal mancato versamento dei contribut i. Senza una politica degli investimenti, e senza una crescita dei salari pubbli ci e privati (altro che mance graziosamente elargite, senza alcun progetto di so ciet), il sistema si avvita in una spirale regressiva e catastrofica. Questo biennio perduto lascer ferite sociali e politiche difficili da rimarginare . La volont del capo di governo di presentarsi come il generoso protettore di tut ta la nazione, che distribuisce bonus e mance ai ragazzi, ai carabinieri, agli i nsegnanti, non solo disperde risorse preziose, perch scarse, senza alcun risultat o tangibile nellinclusione sociale ma non viene premiato nella sua spericolata ra ccolta del consenso clientelare due punto zero. Ha un bel dire Paolo Mieli che Renzi non un capo divisivo, ma vive nella splendi da condizione di chi ha la felice fisionomia di un leader vincente che scavalca mirabilmente gli steccati e pesca fiducia ovunque. Ascoltando meglio gli umori r
eali, non mancher la percezione di un vivo sentimento di inimicizia, e anche di o
dio politico, che cresce e impedisce allo statista di Rignano di sfondare, nonos tante linfinita presenza in video, il sostegno generale dei media, il gradimento dei poteri che influenzano, la smobilitazione della destra. Non basta, per rimediare alla deriva, raccogliere linvito a costruire il partito, senza il quale, in effetti, tra il capo e il territorio esiste solo un solidiss imo vuoto. Il problema che Renzi non pu costruire un partito, per ragioni struttu rali. Ha distrutto quel poco di organizzazione che rimaneva, costringendo alla f uga gli illusi che fingevano di ritrovare nei gazebo i residui di vecchie simbol ogie e nei comitati elettorali degli affaristi in carriera i detriti di memorie, e non pu edificare una nuova struttura, con gli eventi fuggevoli dei mille banch etti. A Renzi il partito serve solo come fonte di legittimit per ordinare lo stai sereno e per continuare ad abitare a palazzo Chigi finch vuole. Non ha una cultura moder na della leadership, ma sprigiona solo una caricaturale infatuazione per i simbo li esteriori del comando da caserma. Non vero quello che ha raccontato Eugenio S calfari a Otto e mezzo, e cio che Renzi comanda da solo perch in tutte le democraz ie avviene cos. Ovunque esistono gruppi dirigenti rispettati e non trattati come subalterni inof fensivi con cui il capo scherza nelle direzioni in diretta streaming. Ogni capo convive con oligarchie agguerrite, con gruppi parlamentari non arrendevoli. Pers ino Obama ne sa qualcosa. E il nuovo leader laburista Corbyn ha avuto linvestitur a del partito ma i gruppi parlamentari, espressioni di unaltra cultura politica, non si piegano, e resistono anche platealmente alle sue direttive in politica es tera. Non fanno come i deputati del Pd, designati per lottanta per cento come seg uaci di Bersani, e poi tutti inginocchiati a riverire il nuovo padrone senza mai un cenno di disobbedienza. Se ci fosse stato un partito, Renzi non lo avrebbe mai scalato, e se avesse, dop o la conquista, ricostruito un partito, proprio i suoi dirigenti lo avrebbero gi disarcionato, per una manifesta inattitudine alla leadership autorevole. Altrove a togliere di mezzo un capo che ha perso le regionali, ha liquidato il nucleo o rganizzativo del partito, costretto alla diserzione la membership, manifestato u na palese inadeguatezza al governo e naviga in chiaro affanno nei sondaggi, sare bbe il suo stesso partito. Ma la fortuna di Renzi di non avere un partito. E pu a ccontentarsi di un simulacro che gli d i gradi di comandante di giornata. Due anni terribili di deconsolidamento della democrazia costituzionale e del lav oro sono trascorsi e c poco da festeggiare con banchetti unitari in prossimit della catastrofe. Il solo auspicio che lodio e la delusione che covano nella sinistra ferita si trasformino in politica, e ci siano classi dirigenti pronte a raccogli ere la difficile impresa, di ricominciare con un pensiero critico dopo il forte rumore dello schianto. Michele Prospero - il manifesto