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BRUNO GIORDANO, Gli ufficiali della scuola militare di Modena (1798-1820): una ricerca prosopografica, Soveria Mannelli (CZ),

Rubbettino, 2008, p. 379 Il libro di Bruno Giordano costituisce uno studio preziosissimo sulla Scuola militare di Modena durante il periodo napoleonico: offre un ottimo quadro d'insieme, snello ed allo stesso tempo ricco; riesce a cogliere la rilevanza di questa istituzione, con le problematiche ad essa connesse, concentrandosi in particolare su ci che costituisce senza dubbio il lascito pi rilevante di quellesperienza: le carriere dei 204 studenti passati da Modena in quegli anni. La Scuola di Modena preparava gli ufficiali delle armi dotte, l'artiglieria ed il genio militare, ed i suoi allievi, scelti per concorso, erano poi obbligati a servire nell'armata. Ci nondimeno, tali figure si prestano ad essere studiate in quanto veicolo di diffusione scientifica e fucina di quadri dirigenti (p. 5). Infatti, la preparazione scientifica particolarmente avanzata rendeva possibile una carriera di successo al servizio dello stato o in attivit private, anche una volta abbandonati la scuola o l'esercito per qualche ragione. Il ruolo di tecnocrati all'interno dell'esercito era gi di per s significativo anche per la societ civile ad esempio con le fortificazioni e le opere architettoniche degli ufficiali del genio, che erano strettamente legate al rinnovamento ed al mantenimento del sistema viario, allora in pieno sviluppo; oppure con il servizio nelle fonderie, polveriere e arsenali per gli ufficiali d'artiglieria. Ma ancor pi significativo fu il ruolo di parecchi allievi di Modena al servizio dei governi restaurati: per la maturazione di quella generazione, per le condizioni di pace, per la nuova frammentazione politica della penisola, la quale conferiva forse maggiori opportunit a quei tecnici che, nel periodo napoleonico, erano rimasti sotto l'influenza e la tutela dei militari francesi. La Scuola di Modena acquisisce inoltre una centralit notevole nella importazione degli ideali meritocratici della Rivoluzione francese in Italia. Certo, le armi dotte anche nella penisola, specialmente nel secondo Settecento, avevano svolto un ruolo di integrazione sociale e di riconoscimento del talento, dato che la competenza tecnico-scientifica era importante per gli ufficiali di questi corpi. E tuttavia, con il periodo napoleonico emerse una cornice politica certamente pi in sintonia con queste tendenze, determinando anche un mutamento di scala. L'approccio dell'autore rigoroso: si tratta di uno studio prosopografico. Nel testo vero e proprio vi una felice e snella sintesi delle ricerche: un inquadramento dell'istituzione (capitolo I), un'analisi delle procedure di reclutamento (II), una pertinente ripartizione (III) in tre generazioni di allievi, a seconda dell'anno di entrata; esse sono studiate (IV: 1798-1803, V: 1804-1807, VI: 1809-1813) cercando di cogliere l'estrazione sociale e la provenienza geografica di ciascuno, la carriera scolastica e le motivazioni alla base della scelta di concorrere per un posto nella Scuola.

Sono infine considerate le carriere degli ufficiali usciti dalla Scuola durante il periodo napoleonico (VII, VIII, IX), e i loro destini durante la Restaurazione (X). Nelle schede biografiche, che costituiscono quantitativamente la parte pi cospicua del volume, emerge tutta la ricchezza delle ricerche svolte. Si tratta di un lavoro che, come rilevato dallo stesso autore, attinge soprattutto all'opera di G. Canevazzi, La Scuola militare di Modena 1756-1914, 2 voll., Modena, Ferraguti, 1914-1921. Sorprende, in effetti, l'assenza di riferimenti a studi anche datati ma ben documentati sulle armi dotte (M. Borgatti, Storia dellArma del Genio dalle origini al 1914, Roma, Rivista dArtiglieria e Genio, 1931; C. Mont, Storia della artiglieria italiana, vol. 2, Roma, Rivista d'artiglieria e genio, 1934) e sul loro legame con la societ (A. Frumento, Le Repubbliche cisalpina e italiana con particolare riguardo a siderurgia, armamenti, economia ed agli antichi luoghi lombardi del ferro 1796-1805, Milano, Banca Commerciale Italiana, 1985; Id., Il Regno d'Italia napoleonico: siderurgia, combustibili, armamenti ed economia 1805-1814, Milano, Banca commerciale italiana, 1991): essi avrebbero potuto ridurre, seppur parzialmente, la dipendenza da questa fonte. Occorre osservare che lo studio di Canevazzi prezioso ed appoggiato ad una buona ricerca anche negli archivi privati, specialmente per quanto concerne gli allievi modenesi. Bruno Giordano, dal canto suo, cerca di ovviare alle numerose inesattezze di questo lavoro con ulteriori, approfondite ricerche archivistiche; il fondo sul Ministero della guerra all'Archivio di Stato di Milano ha evidentemente la preminenza. Le correzioni sono anche sostanziali: ad esempio, pi alto il numero di allievi che l'autore assegna al genio (54 contro 46), mentre il minor numero di artiglieri (102 contro 117) da ascriversi forse ad un computo differente dei non assegnati. In totale, la prosopografia condotta su ben 204 allievi ammessi alla Scuola (p. 36). Si pu notare un utilizzo estensivo e pertinente di Enciclopedie, repertori, biografie e dizionari biografici, che si trovano riportati nell'ampia sezione della bibliografia (pp. 166-170). Tra questi strumenti spicca Emilio De Tipaldo (a cura di), Biografia degli Italiani illustri nelle scienze, lettere ed Arti del secolo 18., e de' contemporanei, Venezia, tipografia di Alvisopoli, 1834-1845, 10 voll.. Il ricorso alle fonti secondarie necessario per quanto concerne i destini degli ufficiali nella Restaurazione: l'autore ne ricava un quadro di sintesi convincente delle carriere nei diversi stati della penisola (capitolo X). Il risultato pi rilevante di questo studio, in rapporto a quelli precedenti (oltre a Canevazzi cfr. V. Leschi, Gli istituti di educazione e formazione per ufficiali negli stati preunitari, Roma, USSME, 2 voll., 1994), i quali si concentravano principalmente sulla Scuola come istituzione, dunque la ricostruzione prosopografica: l'autore riuscito a trovare sempre l'et e il luogo di nascita

dei 204 allievi, e, questione ancora pi complessa, delle notizie sulle professioni o sulla condizione sociale del padre di ben 178 di essi (87% del totale). I suoi risultati sono sintetizzati, oltre che nei capitoli III-VI, nelle tabelle a p. 49 (provenienza geografica incrociata con il periodo di frequentazione della scuola) e alle pp. 157-162 (estrazione sociale e provenienza geografica). Considerando l'estrazione sociale, 54 allievi (26%) erano figli di ex-nobili o possidenti, 23 (11%) di famiglia militare, 43 (21%) figli di professionisti o professori universitari, 28 (14%) figli di funzionari, e 22 (12%) di famiglia povera, o composta da artigiani o commercianti (p. 45). Si tratta dunque di uno spettro sociale abbastanza variegato, ma di livello tendenzialmente elevato. Particolarmente elitario era il corpo del genio, nel quale, in confronto all'intero campione, erano maggiormente rappresentati i figli di professionisti o professori universitari (quasi il 40%) e di funzionari (22%) rispetto a quelli di ex-nobili e possidenti (22%), e pressoch assenti gli allievi con difficolt economiche (p. 46). Si pu osservare una certa asimmetria, con gli allievi modenesi e lombardi ad essere privilegiati da ricerche di archivio pi approfondite. vero che da queste aree proveniva la grande maggioranza degli allievi (71,6%), ma meno spazio acquisiscono gli allievi veneti e delle exLegazioni, comunque il 24% del totale (p. 49). Questo approccio particolarmente fecondo per la ricostruzione delle reti familiari (p. 47): fa emergere bene il clientelismo, il favoritismo, la volont del governo di ricompensare qualcuno o di legare a s classi particolari. Cos, l'autore nota uno stretto legame tra le ammissioni alla Scuola militare e la politica dei governi che si succedettero in Italia tra il 1798 ed il 1814 (p. 9). In effetti, nel periodo repubblicano prevalsero allievi di famiglie di spicco, con un ruolo spesso importante durante il triennio; con la Repubblica italiana ed i primi anni del Regno vi fu una svolta moderata, secondo gli auspici di Melzi, ed una conseguente esclusione dei democratici. Infine, con il consolidamento del Regno, si persegu anche in Italia una politica dell'amalgame, aprendo la via a famiglie di notabili provinciali, nonch a quelle attive su entrambi i fronti durante il Triennio giacobino. Aldil degli orientamenti di fondo, che probabilmente determinavano una cernita preventiva delle domande al Ministero della guerra, il peso dei favoritismi era limitato dalla pratica dell'esame di accesso, che scartava i soggetti non idonei. Dunque sembra che essi intervenissero pi che altro ad orientare le scelte o, come nota l'autore (p. 61), a sopperire a lievi mancanze da parte dei candidati. Cos, la Scuola pu ben essere considerata come un'istituzione particolarmente avanzata e meritocratica. Occorre ricordare che essa era e rimase per tutto il periodo gratuita - anche se bisognava versare un anticipo di 600 lire (successivamente diminuito) ad inizio corsi, e questo poteva scoraggiare alcuni (pp. 39-40) - e che gli allievi venivano pagati. Sembra tuttavia che lo

stipendio venisse ridotto considerevolmente nel corso degli anni. Infatti, nel 1805 era di 1200 lire annuali nel primo biennio, 1420 lire, 16 soldi e 8 denari nel secondo, nel 1810 rispettivamente di lire 921.2 e 1089.52.l. L'autore non menziona questa riduzione, che si evince da due documenti: Notificazione del dipartimento della guerra, Milano, 28 luglio 1804 e Notificazione del ministero della guerra, Milano, 22 dicembre 1810 (Archivio di Stato di Milano, Ministero della guerra - d'ora in poi ASM MG - 2398 e 2399, riprodotti in V. Leschi, Gli istituti di educazione..., vol. II, pp. 523 e 528). Questa diminuzione del trattamento non era ad ogni modo paragonabile a ci che successe in Francia all'cole polytechnique, con il passaggio da una scuola gratuita e pagata ad una a pagamento con il decreto Imperiale del 22 fruttidoro anno XIII (9 settembre 1805). Le istanze meritocratiche venivano poi ridimensionate con l'accesso ai corpi militari: le promozioni erano governate dalle necessit del momento, avvenendo quasi sempre a gruppi e per anzianit (p. 120). Peraltro, le armi dotte avevano organici limitati rispetto agli altri corpi, e i loro ufficiali subivano in proporzione perdite minori (pp. 125-126): gli avanzamenti erano dunque particolarmente lenti. Se le perdite erano minori, tuttavia, l'incidenza delle malattie mentali sugli ufficiali delle armi dotte era pi elevata rispetto al resto dell'armata. Si tratta di un aspetto assai interessante rilevato da Bruno Giordano (pp. 130-137). Questa tendenza proverrebbe dall'eccesso di carico di lavoro intellettuale e di responsabilit cui questi ufficiali erano sottoposti. Sulla scorta delle analisi di E. Durkheim (Il Suicidio. L'educazione morale, Torino, UTET, 1969 [ed. orig. 1897], pp. 278290), l'autore spiega le forti contraintes dovute anche ad uno sviluppato spirito di corpo ed alle pratiche meritocratiche e di emulazione, presenti nella scuola, che rendevano noti meriti e demeriti degli allievi. Ne seguiva un'incidenza maggiore di episodi depressivi e qualche caso di suicidio altruistico, ricondotto al senso di inadeguatezza e alla successiva rinuncia del militare esposto a tali pressioni. Da un punto di vista istituzionale e culturale, questo studio non si distacca sensibilmente da quelli precedenti, pur costituendo, in un quadro sintetico, il prodotto pi maturo. L'autore mette in rilievo infatti le origini della Scuola di Modena, giustamente cogliendo le influenze dalla scuola di Torino e soprattutto da quella di Verona, con la quale, nei primi tempi, ebbe una certa continuit nella direzione e nel corpo docente. L'istituzione di due bienni, uno teorico ed uno applicativo, in seguito alla riforma del 1803, ricondotta alla bipartizione che esisteva in Francia: tuttavia, se il modello del primo biennio era l'cole polytechnique, per quanto concerne il secondo si faceva s riferimento a Mzires (p. 27), ma questo in ragione del fatto che il programma di tale scuola era stato sostanzialmente ripreso dalla scuola di applicazione per il genio e l'artiglieria di Metz (cfr.

soprattutto L'cole d'application de l'artillerie et du gnie de Metz (1802-1870). Enseignement et recherches, Actes de la journe d'tude du 2 novembre 1995, Muse des Plans-Reliefs, 1996). Manca ancora del resto uno studio sistematico dei corsi e testi adoperati a Modena, i quali andrebbero confrontati criticamente con quelli delle altre scuole militari italiane e francesi. L'autore non si spinge in effetti pi in l delle indicazioni di Canevazzi e Leschi, ripetendone anche le inesattezze: il testo Elementi dell'aritmetica, attribuito ad un Paolino Chelucci, in realt la traduzione dal latino di Antonio Cagnoli delle Institutiones arithmetic Paulini (prima edizione: Roma, Giovanni Zempel, 1749), del paolino Domenico Chelucci; esso costitu il tomo I del Corso di matematiche ad uso degli aspiranti alla Scuola d'artiglieria e genio di Modena, a cura dello stesso Cagnoli (Modena, Societ tipografica, 1805-1808, 5 voll.). Gli ufficiali usciti dalla Scuola erano equiparati ad ingegneri civili (p. 39) e molti svolsero poi quella professione. Interessante sembra dunque un parallelo con la situazione di questi: l'autore rileva che la preparazione richiesta agli aspiranti era paragonabile a quella di un ingegnere civile, ed il corso, per l'impostazione innovativa di stampo francese, si poneva dunque davvero all'avanguardia nell'insegnamento scientifico in Italia (pp. 25-26 e 35).. Occorre rimarcare, tuttavia, che tale lettura per quanto condivisibile - viene proposta prendendo in considerazione solo l'exducato di Milano, non le altre aree di provenienza degli allievi. Uno studio di tale portata non pu essere esente da imperfezioni: ci pare che esse siano decisamente marginali in rapporto alla mole di lavoro svolta e al risultato conseguito. Le schede biografiche risultano in alcuni casi poco chiare, con inevitabili errori nelle date delle promozioni e nei nomi dei luoghi. Vi sono poi alcune inesattezze concernenti degli ufficiali delle armi dotte cisalpine e italiane. Cos, Leonardo Salimbeni, primo direttore della Scuola, non raggiunse mai il grado di generale di divisione, come riportato nella biografia del figlio Giovanni (p. 351), ma solo quello di generale di brigata (cfr. G. Canevazzi, La Scuola militare di Modena..., vol. I, p. 179). Inoltre, il capobattaglione del genio Francesco Raffaele Motta non giunse nella Cisalpina con la cordata dei veneti del Collegio di Castelvecchio, che faceva capo a Salimbeni, ma era un agrimensore milanese (lettera di Motta al ministro della guerra, Milano, 24 termidoro anno V - 11 agosto 1797 - in ASM MG 1696). Canevazzi riporta erroneamente la sua provenienza dal Collegio militare di Verona, e questa informazione ripresa da altri autori. Motta era dunque della cordata milanese, legato principalmente a Caccianino, poi direttore della Scuola di Modena (cfr. C. Vacani, Biografia del colonnello Caccianino, Milano, 1841, p. 15) . Le schede biografiche, pur con gli inevitabili errori di dettaglio, costituiscono uno strumento inestimabile per uno studioso del Risorgimento. Numerosi ex-allievi ebbero infatti carriere di spicco

in ambito scientifico, ingegneristico e politico: per non citare che i pi noti, lo scienziato Leopoldo Nobili; Ermenegildo Francesconi, che arriv ad essere il direttore generale delle ferrovie austriache; Pietro Paleocapa, ministro dei lavori pubblici in Piemonte, il quale promosse lo scavo del traforo del Frjus e lo sviluppo della rete ferroviaria sabauda (pp. 151-152). Ben 7 ex-allievi ebbero un ruolo di primo piano nelle ferrovie dei diversi stati italiani. Almeno il 10% furono poi attivi nell'insegnamento soprattutto di matematica, fisica o scienze militari (pp. 152-3). Si pu ben dire che gli allievi della Scuola di Modena contribuirono a forgiare, materialmente e culturalmente, l'Italia del Risorgimento. Lorenzo Cuccoli

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