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Autori: Luciano Catalioto Elisa Costa Ferdinando Zamblera

Pagine: 272 Mese/Anno: maggio 2011 ISBN: 978-88-95880-74-7 Dimensioni: 14 x 21 cm Prezzo: 16,00 Genere: Saggio di Storia A cura di Luciano Catalioto Collana di testi e studi storici MARE NOSTRUM. POLITICA, ECONOMIA, SOCIET E CULTURA diretta da Luciano Catalioto

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Vedi anche della stessa collana: Aspetti e problemi del mezzogiorno dItalia di Luciano Catalioto; 1145-1318 La Militia Christi in Sicilia: il caso templare di Elisa Costa; Abbiamo visto Messina ardere come una fiaccola di Tatiana Ostakhova.

Breve presentazione dellopera Il titolo del presente volume, affatto casuale, evoca evidentemente la visione che della storia si ebbe nella convulsa temperie culturale del Cinquecento, per lintuito di grandi pensatori come il cartografo Abraham Ortelius ed il giurista Jean Bodin, secondo la quale lavvicendamento degli eventi e la loro corretta collocazione nello spazio avrebbero dovuto costituire lirrinunciabile prospettiva bifocale per ogni ricerca storiografica, gli occhi dello storico, appunto. La Cronologia e la Geografia, fondamentali ausili della Storia per generazioni di storici e genealogisti, risulterebbero tuttavia prive di prospettive storiografiche laddove non fossero disciplinate dal metodo, al pari di tutti gli altri settori del sapere che da secoli ormai dialogano, proficuamente e con pari dignit, con la storia istituzionale e politica. In questo testo sono raccolti, per autore e secondo un criterio cronologico, sette studi dedicati ad altrettanti temi, gi oggetto di ricerca per chi scrive, che nel recente panorama storiografico hanno alimentato vivaci dibattiti e sollecitato nuovi approfondimenti. Un comune referente pu essere agevolmente individuato in quel lago mediterraneo che la nouvelle histoire non ha esitato a definire struttura longeva e persistente, in grado di comprendere ed intrecciare fatti politici e flussi economici, fenomeni demici ed espressioni della cultura. Se nel Mediterraneo possibile collocare lepicentro delle singole tematiche affrontate, sempre nel condiviso ossequio alle fonti documentarie e cronistiche, pu arduo risulta trovare identit nellapproccio critico e nella scelta stilistica, necessariamente personali e, per certi versi, distintivi. Sono dissonanze apparenti, tuttavia, giacch sul piano formale non snaturano lessenza del saggio e perch rispondono ad impliciti intenti didattici, proponendo differenti scelte metodologiche per lanalisi delle singole strutture e nella lettura delle testimonianze. Nel saggio Messina nei mille anni del Medioevo, con cui si apre la miscellanea, le vicende del centro dello Stretto si snodano lungo i secoli che la tradizionale periodizzazione assegna allarco medievale, dalla caduta dellimpero romano dOccidente alla fine del Quattrocento. Una prospettiva di lunga durata, pertanto, che nelle intenzioni scevra da preconcette cesure o sintesi improprie, ma che

inevitabilmente tiene conto di tratti peculiari, che i diversi dominatori dellisola hanno impresso tanto nelle logiche politiche quanto nel sostrato sociale e negli schemi mentali. Quel humus culturale di antica sedimentazione, fortemente permeato di forme classiche e sperimentazioni religiose, venne nei secoli rivitalizzato ed arricchito da innesti di culture diverse, che la fluidit demica del territorio peloritano consent di registrare con particolare continuit, sebbene raramente appaiano sufficientemente documentate. Per let barbarica (476-535) si pu ipotizzare un periodo di stasi, con il ristagno delle attivit economiche ed una forte recessione demica, una fase oscura che la rarefazione delle testimonianze non aiuta a chiarire. Ma non meno occasionali e frammentarie sono pure le fonti documentarie e gli avanzi che si possono registrare in riferimento al periodo bizantino (535-843) ed allet degli emiri (843-1060), se si escludono alcuni resoconti dOltremare e vari passi di cronache musulmane, perlopi trasposti dalla nostra appassionata letteratura storica di fine Ottocento. La vicenda propriamente medievale di Messina, in un certo senso, ha inizio con larrivo degli Altavilla (1061), giacch solo con il progressivo inquadramento entro gli schemi della societ feudale e della Chiesa romana la Sicilia sarebbe rientrata nellalveo politico e culturale dellEuropa cattolica. Le vicende si articolano nella successiva et sveva (11941266) e durante la breve parentesi angioina (1266-1282), dove complesse dinamiche sociali produssero a Messina il consolidamento del ceto mediano e generarono particolari fenomeni di osmosi culturale. E infine lungo i due secoli del dominio aragonese (1282-1479), quando allimmagine di una citt florida sotto il profilo urbanistico e demico corrispose, ai vertici amministrativi ed economici, il progressivo consolidamento del cosiddetto patriziato urbano ed un complessivo processo di rafforzamento strutturale della societ messinese. Tratti distintivi -ovvero costanti non logorate dal tempo- dellarticolata vicenda medievale di Messina appaiono quindi alcune strutture di lunga durata, riconducibili ad esempio alla posizione geografica della citt ed alla particolare conformazione fisica del suo porto. Ma anche lo stretto nesso commerciale e demico con le prospicienti terre calabresi, che avrebbe favorito nellarea dello Stretto la crescita di uneconomia integrata e la lenta evoluzione di ceti sociali e compagini urbane, si mostra una chiave di lettura feconda per meglio comprendere la civitas medievale. Larticolo relativo allet degli Altavilla (1061-1194) affronta, in senso lato, il tema della religione nellevoluzione culturale europea e, nello specifico, lincontro/scontro nel territorio del Valdemone tra la cultura greca e quella latina, dove questultima si innesta su un persistente sostrato bizantino, rinvigorito dalla rinascita dellellenismo e dallorientamento scientifico che la vita di corte mantenne vivo per tutta let normanna. Venne inizialmente attuata, in sostanza, la salvaguardia di un importante settore culturale che, peraltro, avrebbe contribuito ad affidare gran parte del patrimonio classico allUmanesimo, tuttavia lidentit di vedute tra il Granconte ed il papa della prima crociata e la sempre pi cospicua immissione nellisola di elementi latino-cattolici avrebbero prodotto nel medio termine linevitabilmente tracollo della cultura e della stessa etnia greca. Durante la prima et normanna, e quindi nelle delicate fasi della conquista dellisola condotta da Ruggero I nella Sicilia orientale, si colloca cronologicamente lo scritto dedicato allimmagine del potere ed alla propaganda anti-musulmana che avrebbe condizionato limmaginario collettivo ed eretto nuove strutture mentali e culturali. La diffusione di clichs letterari attraverso la cronistica di ambiente monastico e la produzione documentaria di diverse sedi episcopali ed abbaziali, favor la tradizione di modelli ideologici destinati a condizionare la mentalit e la cultura popolare dellisola, ma anche ad offrire nuovi esiti linguistici nel passaggio dal mediolatino al volgare siciliano. Acquista in questo senso risalto, soprattutto, la cronaca dal benedettino Goffredo Malaterra, dove temi religiosi ed ecclesiologici si legano alla politica con una sorprendente flessibilit di modelli, veicolando

la cultura ufficiale nelle forme pi esaltanti e recepibili della narrazione delle res gestae. Se le fonti narrative sono state tenute in massimo conto nella stesura degli studi prima citati, quelle documentarie hanno costituito strumento privilegiato per lindagine che Elisa Costa dedica alla vicenda degli Ordini monastico-cavallereschi nel Regnum Siciliae dalla met del Duecento agli anni del Vespro, un trentennio emblematico per la storia complessiva dei Cavalieri del Tempio. Dopo aver accumulato un ingente patrimonio fondiario sotto gli Altavilla ed avere in seguito subito un drastico ridimensionamento per azione di Federico II, infatti, i Templari beneficiarono di un clima di pacificazione che, avviato negli anni di Manfredi e favorito sotto il dominio di Carlo dAngi, venne mantenuto in vita anche dai primi aragonesi. Lanalisi nel breve periodo, soprattutto, ha consentito di tracciare uno spaccato della societ siciliana del XIII secolo, lasciando emergere eventi ed attori dal fitto sfondo di intrecci politici e grandi trasformazioni culturali. Nellintervento con cui Elisa Costa tratta la diffusione e le conseguenze della Peste Nera a Messina, vengono seguite le tappe fondamentali del percorso compiuto dalla malvasia epithimia, iniziato nella penisola di Crimea nel 1343 circa e diffuso rapidamente in tutta Europa, seguendo le rotte commerciali dei mercanti genovesi, che nellautunno del 1347 approdarono a Messina. Incidendo profondamente su strutture demografiche, politico-sociali, religiose e culturali della vita cittadina, la peste fu fattore di dissoluzione dei rapporti sociali e familiari, come rileva la cronaca di Michele da Piazza. Ma allo stesso tempo, secondo Stephan Epstein, la destrutturazione delle gerarchie ed il ricambio ai vertici del potere avrebbe innescato nellisola una proficua fase di specializzazione produttiva e di integrazione commerciale e manifatturiera. Infine, non sono trascurati gli esiti della morte nera sul piano culturale e nellimmaginario collettivo, attraverso unattenta lettura che introduce il tema iconografico del Trionfo della morte e quello, pi tardo, della danza macabra. Ferdinando Zamblera, nellarticolo sulla gelsicoltura siciliana tra XII e XVI secolo, attraverso una duplice indagine condotta sulla gelsicoltura e sulla bachicoltura nel Mezzogiorno dItalia, documenta le fasi dellintroduzione e della produzione serica nella Sicilia medievale, chiarendo un tema per certi versi trascurato dalla storiografia dellultimo trentennio. La coltura del gelso comparve al tempo della dominazione islamica in Sicilia e alla fine dellXI secolo si attest nel territorio peloritano, dove la presenza di telai attesta una fiorente industria tessile e lesistenza di rapporti commerciali che legavano allisola impero bizantino, thema di Calabria e Spagna almoravide. Come segnala lAutore, limpulso pi consistente alla gelsicoltura venne impresso dai Normanni che, estendendo la pratica allintero Valdemone, posero le basi della successiva espansione registrata in et moderna. Infatti, dopo una fase di regresso tra Due e Trecento, che interess soprattutto la Sicilia occidentale, dalla met del XV secolo e fino allo scorcio del Seicento Messina si propose come sede privilegiata della produzione serica, contribuendo a quella sorprendente fase di specializzazione economica rilevata da gran parte della storiografia francese ed anglosassone (Aymard, Bresc, Abulafia, Epstein) e riferita al settore tessile, indubbiamente la pi importante industria medievale (Von Falkenhausen). Ma largomento offre anche spunto per una ricerca che, dallindagine sul territorio attenta alla struttura agraria dellisola, si sposta verso lanalisi del pi ampio quadro politico e delle articolate connessioni con leconomia e la societ, in un universo in cui costosi arazzi decoravano chiese e ricche dimore, mentre di sete pregiate vestivano sovrani, dame, ricchi mercanti ed esponenti di clero e nobilt. Nel suo studio dedicato alla battaglia di Lepanto attraverso la lettura del monumento di Don Giovanni dAustria, Zamblera osserva che la riflessione storiografica si impegnata a riconoscere la crescente importanza delle testimonianze visive ed a valorizzare la tradizione iconica quale documento storico. E proprio lo scontro navale del 7 ottobre 1571 tra la flotta della Lega Santa e

quella musulmana di Mehmet Al Pasci, evento militare che secondo Braudel ebbe la massima risonanza nel Mediterraneo del XVI secolo, fu un evento destinato ad essere ampiamente evocato attraverso la raffigurazione pittorica ed il linguaggio iconografico. A partire dallopera di Ignazio Danti a quella di Paolo Veronese, dai sei arazzi di Lazzaro Calvi e Luca Cambiaso conservati a Genova nel Palazzo del Principe Doria, al monumento di Don Giovanni dAustria, che il Senato di Messina commission -probabilmente a fini politici- ad Andrea Calamech, arricchito peraltro da quattro pannelli le cui iscrizioni sono attribuite a Francesco Maurolico. Anche questultimo contributo, come i precedenti studi che compongono la miscellanea, tratta un aspetto specifico del millenario percorso del Mezzogiorno dItalia nellEt di mezzo. Singole tematiche, che tuttavia si propongono come efficaci strumenti per indagare strutture pi ampie (il centro dello Stretto nel lungo periodo, lincidenza del potere politico nelleconomia, le fasi evolutive della societ e della cultura) e realizzare quadri dinsieme meglio articolati, ricorrendo ad osservatori dotati di prospettive poliedriche che dello storico devono essere gli occhi.

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