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Luned 17 dicembre 2007

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LIntervista
La vita in 5 date
1967 Nasce a Palermo. 1993 Entra nella Squadra Mobile di Palermo. 1996 Partecipa alla cattura del boss mafioso Giovanni Brusca. 2000 Esce il primo libro di racconti Cammina, Stronzo (DeriveApprodi). Segue nel 2002 il primo romanzo - Isola nera (Edizioni e/o) - e in seguito Lanima in spalla (Edizioni e/o, 2004), Hollywood, Palermo (Colorado Noir, 2005, Vetro freddo (Edizioni e/o 2006). 2007 Esce il suo ultimo libro, Il ragazzo dai capelli rossi (Perdisia Pop). sceneggiatore tv (Scacco al re - La cattura di Provenzano) e protagonista della docufiction Un commissario in nero che racconta la sua storia.

La cattura dei boss il mio oro olimpico


PIERGIORGIO DI CARA
Poliziotto, ha partecipato alla cattura di Giovanni Brusca, lautore della strage di Capaci. Nei momenti delicati recita un mantra, nella vita normale scrittore e padre di due gemelli.
Figlio dartisti, militante nella Pantera, laurea in Scienze politiche. Non il tipico background di un poliziotto. Quando scelse di diventarlo? Da bambino credo che ad affascinarmi fosse lidea di una vita avventurosa. Poi, poco alla volta si rafforzata in me la convinzione che per cambiare le cose qua a Palermo, e impegnarsi realmente nella lotta alla mafia, dovevo schierarmi al fianco delle istituzioni. Ho portato la mia passione democratica (e di sinistra) all'interno della Polizia, rischiando la pellaccia. Un po' come continuare l'esperienza politica della Pantera, a bordo delle Pantere. Che cosa ha significato per lei catturare Giovanni Brusca, responsabile della morte di Falcone? Durante i funerali di Borsellino ero uno studente - mi avvicinai al giudice Gherardo Colombo dicendogli ora siamo nelle vostre mani. Come a dire, non lasciate soli i palermitani a com-

Da bambino mi affascinava la vita avventurosa dei poliziotti, poi nato limpegno antimafia

battere la mafia. La cattura di Brusca stato come vincere la medaglia d'oro alle Olimpiadi. Un'immensa soddisfazione professionale e personale. Come ci riusciste? Avevamo il suo telefono sotto controllo, ma non sapevamo dove fosse il covo. Poi individuammo una villa sospetta a Palermo. Siccome Brusca faceva sempre una telefonata alla stessa ora, pi o meno alle 21, quando sapemmo che la linea era attiva, due di noi con una moto senza marmitta si misero a fare baccano davanti alla villa. E quando il rumore si sent in un preciso punto della citt, fu dato il via alloperazione. Larresto avvene il 22 maggio 2006, due giorni prima dellanniversario della strage di Capaci. Come reagiscono i mafiosi alla cattura? Un mafioso se lo incontri per strada, ed armato, se la gioca. Ma se si trova in un posto che crede al sicuro e si vede piombare addosso dieci, quindici persone di una certa stazza, raramente accenna una reazione o una fuga. Lei che li hai visti da vicino, che cosa hanno in comune questi superlatitanti? Una luce spenta negli occhi. Secondo me rimanda a una condizione dellanima, in quanto nessuno rimane indenne con decine di morti ammazzati sulle

spalle. Che idea si fatto: cosa li porta a scegliere il crimine organizzato? Subito dopo larresto per alcuni di loro, soprattutto se il primo fermo, un momento di bilanci, in cui capita che si aprano con noi poliziotti. Spesso il pentimento avviene a caldo. Ma tutto un gioco delle parti. Loro si mostrano fragili e delusi dagli ideali mafiosi, e tu devi far finta di credergli. Ha mai ricevuto minacce? C stato un momento alla fine del 95, dopo la stagione delle stragi, in cui eravamo molto attivi. In quel caso ho ricevuto telefonate in cui mi si diceva che mi sarebbero venuti a trovare perch avevo un conto da saldare. Prima di diventare commissario ha prestato servizio nella Squadra Mobile, a Palermo e in Calabria. Che ettetto le ha fatto il primo morto ammazzato? Avr avuto 24 anni e la cosa che pi mi colp fu la scompostezza del corpo. Se devo immaginare la mia morte mi piacerebbe non esser colto, in quel momento, con una smorfia sul viso, se non addirittura sfigurato dai pallettoni di un fucile, come mi capitato di vedere. Si lascia mai andare alle emozioni? Non certo sulla scena del delitto, dove devi essere molto professionale. Mi vie-

I superlatitanti hanno tutti una luce spenta negli occhi, alcuni fingono di pentirsi

ne una gran tristezza, invece, quando i familiari vengono a ritirare gli effetti personali. L non importa se il morto un mafioso o no. Lei racconta che prima di operazioni delicate recitava un daimoku, un mantra buddista... In realt lesperienza buddista cominciata molto prima del mio ingresso in Polizia. Poi quando, nella sezione antimafia della Mobile, ho preso parte a quasi tutte le catture dei latitanti pi pericolosi, mi tornava spesso in mente lenergia di quel mantra. In certi casi la recitazione silenziosa di quella frase fa ancora parte degli atti preparatori alle irruzione notturne, aspettando il via libera. A volte per imbarazzante spiegare ai miei colleghi cosa stia facendo. Anche sua moglie lavora in Polizia. Difficile essere in due in famiglia? Ci siamo conosciuti 10 anni fa, nelle camere di sicurezza della questura di Palermo, mentre ognuno stava portando un arrestato in cella. stata una vera folgorazione, un amore galeotto. Non facile, tutti e due siamo impegnatissimi ma ora la "missione" pi difficile da affrontare sono i gemelli. da otto mesi che facciamo notti su notti. Altro che la caccia a latitanti e narcotrafficanti! Monica Piccini

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