Sei sulla pagina 1di 8

Why I Live Beyond the United States of America

A N T H O N Y S T. J O H N

Dedicato al Professor William R Robinson e Professor Howard Zinn

P R O E M I O

Anchio una volta ho rischiato di essere lasciato solo a sballottare in un oceano sconfinato di emozioni in compagnia di centinaia e centinaia di migliaia di frammenti di memorie psichicheabbandonato nello sciacquo, sbattuto di qua e di l dalle onde, quasi annegato con la disperata sensazione che non ce lavrei pi fatta a sfiorare ancora la superficie di questa smisurata estensione. Ma sono inestinguibile e continuo ad andare avanti e a sentirmi bene. Ho trionfato. Sono un Vincitore non menzionato nella graduatoria finale. Sono il mio Campione del Mondo. Sto in piedi ben saldo sul podio del primo postosenza il trofeo ma con le mani alzate in tripudioe mi gongolo, sfrontatamente, nellabbondanza della mia Vittoria. Non si mai trattato di un processo armonioso e costante. Certe volte il risultato del gioco era determinato da terribili colpi bassi che mi sbattevano contro il muro, in altre occasioni, venivo lanciato con un movimento rotatorio che mi faceva ballonzolare con cautela, come se stessi galleggiano, verso la grande lastra di cemento a segnare ancora un altro punto a favore del Gioco. Avevo un bel daffare a non sconfinare oltre i bordi del mio buon senso. E quando rimbalzavo, spesso toccavo a talvolta oltrepassavo quel limite. Da quel muro sono balzato in Asia, poi sono tornato in Nordamerica, subito dopo in Sudamerica, e infine, suppongo, in Europa. Il mio corpo e la mia mente ne portano impresse le tracce, sia reali che immaginarie, che mi

servono per ricordarmi il mio stravagante passato. Mi sento soddisfatto. Sono orgoglioso.

CAPITOLO

UNO

utto inizi quando avevo circa cinque anni. Proprio prima del 1950. Mi trovavo in macchina sulla via di ritorno verso casa in compagnia di cinque ragazze, tutte sorelle, ancora adolescenti o appena sopra i vent'anni. Non mi tradisce la memoria se dico che una di loro si chiamava Loretta? E un'altra Pat? Che una aveva i capelli neri? E un'altra le trecce rossicce? Questi ricordi sono un po' offuscati nelle mia mente, perci i dettagli non risultano ben definiti oggi. Comunque, mi ricordo che avevamo passato piacevolmente la giornata insieme sulla spiaggia di Jones Beach a Long Island e che il viaggio di ritorno al numero 310 di Devoe Street nella sezione Williamsburg di Brooklyn, New York, era lungo e rallentato dallintenso traffico. Era l che io e le ragazze abitavamo, nel palazzo che mio nonno, originario della ex Unione delle Repubbliche Socialiste sovietiche, aveva costruito con laiuto dei suoi amici. Quellevento fu davvero prodigioso per me, e ha trovato rifugio nel mio essere per tutti questi anni diventando una parte importante del mio vissuto e rimanendo ben saldo l dentro, pronto a tornarmi alla mente in modo quasi ossessivo. Sono sicuro che esso abbia costituito un elemento straordinario nella formazione della mia vita cos variegata. Quell esperienza stata molto bella e in grado di farmi sentire felice di me stesso ogni volta che ci pensoe ci penso, quando sento il bisogno di farlo. Mi trovavo sul sedile posteriore della macchina con tre delle sorelle. Le ragazze erano tutte vestite modestamente e indossavano pantaloni o camicioni sopra i costumi da bagno che si stavano asciugando addosso. Il loro leggero abbigliamento estivo, camicette colorate o magliette, mi consentiva di scorgere con profondo interesse le loro forme, e mi ricordo di aver sbirciato l'avvallamento tra i seni di una delle ragazze reso visibile grazie ad una camicetta larga e lenteggiantee di aver

lanciato occhiate per carpire qualcosa di pi di quella ragazza seduta nel punto pi vicino al finestrino sul lato destro del sedile posteriore di quella che eraposso solo tirare a indovinare orauna Ford. O era una Chevrolet? Ero affascinato dalle collinette di carne che sporgevano dai busti di quelle donne-bambine. Contavo dieci "piccole protuberanze" sotto gli abiti di cotone che coprivano i seni delle sorelle. Non avrei mai osato tentare di toccare quelle enormi sporgenze gelatinose che non avrei mai immaginato potessero incorporare, ai loro apici, i canali lattiferi delle ghiandole mammarie delle ragazze, che essi fossero aperti e che un giorno proprio da l sarebbe sgorgato il latte, nutrimento di neonati e neonate. Non so perch non resi reale quel mio potente desiderio. La voglia di farlo, tuttavia, era saldamente e ossessivamente incastonata nel mio desiderio di ragazzo, e negli anni a venire mi avrebbe tormentato atrocemente. Sarebbe arrivato anche il mio momento, ma dovevo aspettare. Mi sprofondai nel sedile della macchina, in una sorta di imbarazzo puerile. Ero troppo piccolo infatti per mormorare un semplice Perch? Sopraffatto dallingenuit della mia inesperienza, non potevo far altro se non assorbire quella volutt di sensi che mi avvolgeva sul sedile posteriore di quella Fordo Chevy. I seni delle ragazze, i graziosi abiti e i capelli ondulati non erano le sole impressioni che approdavano, ingraziandoselo, al mio organo di pensiero dove esse si fissarono per poi mischiarsi, in seguito, alle molte e vaghe sensazioni accumulate in una vita le quali, nellinsieme, avrebbero costituito ci che io sono oggi. E la fragranza di quegli odori ancora cos viva! Lozioni solari. Rossetti. Deodoranti. Smalto per unghie. Il necessario per il trucco. Lodore particolare che usciva da una borsetta aperta. Gomma da masticare. Lo shampoo usato per lavare i capelli sotto le docce lungo la spiaggia. Profumo? Non me lo ricordo. Ma so che, in epoche successive della mia vita, magari girovagando in una strada di Caracas o di Roma, se una donna mi passava accanto, e, allontanandosi, mi lasciava avvolto dallodore del suo profumo o del suo fondotinta, una fragranza ben precisa, io potevo tornare indietro di ventio persino trent anniad un luogo, a un tempo e ad una donna che avevo desiderato e amato. Potevo rivedere il suo volto e richiamare alla memoria i dettagli di una stanza, o di un ristorante dove avevamo condiviso la gioia di stare insieme. Mentre tornavamo a casa a Brooklyn, aleggiava intorno al mio viso una

miriade di essenze, provenienti da ogni parte. Di tanto in tanto si fondevano a formare ununica scia di unaria gradevole che attraversava le mie narici e mi procurava uno stupido autocompiacimento. Altre volte ero colpito da una forte fragranza, magari un oggetto per il trucco oppure una lacca per capelli e scaricavo questo odore nella mia cornucopia personale, e rimaneva l, insieme a molti altri, gioioso promemoria delle diversit attribuibili, pensavo, a qualunque membro del gentil sesso. E la Musica!!! Ad oggi conservo nitido il ricordo di quellautoradio con una griglia di protezione cromata con due manopole nere ai lati: una per la ricerca delle stazioni e laltra per il volume e per accendere e spegnere. Sotto una delle manopole cera una ghiera metallica che, girata opportunamente, variava la tonalit del suono da basso a alto. Lantenna era sul parafango laterale sinistro della macchina e attraverso di essa si diffondeva nellabitacolo un pot-pourri di Musica popolare per la gioia di tutti noi. Una ragazza schioccava le dita. Unaltra seguiva il ritmo battendo il piede. Un paio di sorelle cantavano. Una batteva le mani seguendo il motivo musicale. Quando le note di una canzone svanivano, la ragazza nel sedile anteriore girava la manopola cercando unaltra stazione finch arrivava un altro successo musicale da canticchiare insieme, uniti in quellestasi tutta racchiusa nellangusto abitacolo di una macchina anzich, per esempio, nellampio spazio di una pista da ballo. Non potrei mai ricostruire un elenco di tutte le canzoni che ascoltai quella sera tornando a casa dalla fresca spiaggia, procedendo felici per le torride strade di Brooklyn. Certamente non era lepoca del rock nroll . In quei giorni lindustria discografica era dominata da personaggi come Nat King Cole, Ella Fitzgerald, Frankie Lane, Tony Bennet, Frank Sinatra; Peggy Lee, Louis Armstrong e una moltitudine di fenomeni musicali del dopo guerra. Ed oggi, quando sento la Musica di queste celebrit, mi chiedo se fossero proprio le loro canzoni che ci allietarono in quella macchina tornando al 310 di Devoe Street in unafosa notte destate. La Musica avrebbe continuato a offrirmi incredibili momenti di gioia e di sollievo. Sono fortunato, credo, ad avere una cos vasta gamma di preferenze musicali: classica, cumbia, salsa, rock n roll, canti Gregoriani, jazz, opera, Musica folk, persinoprovo un po dimbarazzo a dirlomarce militari! E certo che, se dovessi scegliere un CD da portare con me su unisola deserta dove dovessi vivere da solo per il resto della mia vita, esso sarebbe la Settima Sinfonia di Beethoveno,

forse, il suo Konzert fur Klavier und Orchester Number 1 C- dur op. 15. Quando torno a casa, la prima cosa che faccio accendere la stazione radiofonica di Musica classicaancora prima di togliermi la giacca. Mi addormento ascoltando Musica alla mia radio sveglia SONY che si spegne automaticamente dopo 59 minuti. Porto sempre con me una piccolissima radio portatile FM. Ballonzolando al ritmo del cambio delle marce, sulla via di ritorno a Brooklyn, nel traffico congestionato dei vacanzieri pendolari e con un forte desiderio di poter rimanere per sempre sul seno delle mie cinque sorelle, che avevo reso schiave obbedienti ai miei ordini, ero ben lungi dal pensare che un giorno avrebbe preso forma nella mia mente lidea che la Donna e la Musica sarebbero divenute parte cos integrante del mio essere e avrebbero dimorato nella mia psiche per il resto della mia vita. Non avevo modo di indovinare quello che mi aspettava in futuro e indubbiamente non avrei potuto nemmeno razionalizzare, alla mia tenera et, lidea che anchio, un giorno, sarei sbocciato e diventato completo come lo erano le cinque ragazze con me nella macchina. Ero un ragazzino bombardato da una moltitudine di impressioni empiriche che non avevo la capacit di razionalizzare o interpretare. E, non riuscendo a dare un ordine logico a tali elementi contrastanti, devo supporre che essi abbiano sostato nella mia mente con una tale resistenza anche molto tempo dopo la loro percezione, semplicemente perch sono state le mie esperienze sensoriali pi primitive e remote. Immaginate lo shock che provai quando seppi che uno di pi grandi filosofi, Immanuel Kant, innamoratosi di una signorina, fece un elenco dei suoi meriti e dei suoi difetti, li cont, scopr che cera un demerito in pi delle sue virt e allora, categoricamente, si rifiut di sposarla! Oppure, che sarebbe successo se, nellangelico quinto anno della mia vita, le mie orecchie avessero udito e percepito queste parole scritte da un filosofo romano un po macho pi di duemila anni fa: Ci sono due bellissimi giorni che una donna regala ad un uomo: il giorno in cui lei lo sposa e quello in cui lui la porta al cimitero. Oppure, cosa avrei pensato, se avessi potuto, di questo pensiero di Jean Jacques Rousseau: Luomo nato libero, e dovunque in catene. O, immaginate il giorno in cui appresi che avrei potuto fare giochi di prestigio con le mie esperienze sensoriali, soppesarle, e poi pervenire ad una valutazione della loro certezza! Che avrei portato per sempre con me queste parole di David Humedel quale festeggio ogni anno il compleanno, il 26 Aprile 1771, insieme a quello di Ludwig van Beethoven, il 16 Dicembre 1770parole radicate e ispiratrici : La conoscenza la certezza che deriva dal confronto delle idee.

Ci stavamo avvicinando sempre di pi a Williamsburg. Le ragazze erano un po irrequiete a causa dellafa, gi pregustavano di fare qualcosa di pi allettante pi tardi e si davano da fare a far trascorrere il tempo pi in fretta possibile. Naturalmente io ero ben lieto del ritardo. Niente al mondo finora mi aveva mai reso tanto compiaciuto di me stesso come lo stare con le mie cinque ragazze non maritate. In cuor mio sentivo il desiderio di rimanere in quello stato di grazia in secula seculorum. Ero intenzionato ad appendere questo splendido momento alla pareteper conservarlo l. Egoisticamente cercavo di crogiolarmi nella salamoia di quella emozionante compagnia fiducioso che si sarebbe conservata per la mia eternit. Forse circa unora prima di arrivare a destinazionela mia pelle scottata da sole e il mio stomaco che cominciava a brontolare mi avevano procurato una sonnolenza da fine giornata e avevo appoggiato la testa sullo schienale del sedile davantiquella innamorata, la pi vicina al finestrino (si chiamava Pat?), mi prese tra le sue braccia e adagi la mia fanciullaggine sullimbottitura del suo petto! Mi sciolsi nella tenerezza della sua genialit. Mi sentii avvolto dai suoi profumi. Venni inondato da quel campo di energia che emanava dalla sua carne e dal suo sangue, e, beato come un maialino nel suo giaciglio, mi raggomitolai comodamente cambiando ogni tanto la posizione della testa per trovare un posto ancora pi soffice in mezzo a quei seni pastosi, o per saggiare la strutturaper vedere se era uguale alle altre partidi unaltra porzione dei suoi due seni. Neppure una volta mi pass per la mente di abbeverarmi a quel petto. Non ero alla ricerca di sostanze nutrienti. Mangiare era lultimo dei miei pensieri. Desideravo piuttosto appagamento emotivo. E ne stavo ricevendo in abbondanza. Non cera niente che avrebbe potuto rendermi pi felice di quella sensazione di vicinanza ad una donna. Non riuscii ad assopirmi. Mi accorsi di essere a casa quando oltrepassammo la canonica della Chiesa di San Nicola e poi girammo a destra allangolo sul quale si ergeva solidamente la chiesa. Guardai in alto per vedere le guglie argentate. Intorno alla chiesa cera un recinto di paletti di ferro battuto che partiva dallangolo e terminava nel punto in cui era stata tracciato il confine di propriet del nostro palazzo al tempo in cui furono gettate le fondamenta. Una chiesa perforante come lacciao. Caldi seni spugnosi. Mi portarono a letto. L, qualcuno mi accarezz la fronte e mi addormentai.

CAPITOLO

D U E

Traduzione di Dottoressa Daniela Checchi 0571-22636 www.gmenxs.com

Potrebbero piacerti anche