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numero 26
15 settembre 2009
edizione stampabile
www.arcipelagomilano.org in questo numero Editoriale L.B.G. - EXPO 2015: DAI GRATTACIELI ALLE TENDE Urb. e Arch. - Antonio Piva EXPO: SERRE BIOCLIMATICHE, CHE DELUSIONE! Citt - Emilio Battisti - DOPO IL NUOVO MASTERPLAN. DALLA PARTE DI EXPO DIFFUSA Approfondimenti - Mario De Gaspari- RISANAMENTO SPA: RISANARE CHE COSA? LA NEMESI Lavoro - Giuseppe Ucciero - BADANTI: DAL WELFARE CASERECCIO AI NUOVI DIRITTI Metropoli - Daniela Volpi - ARCHITETTURA. LIMPORTANZA DEGLI ORDINI Scuola e universit - Vincenzo Viola - LA CARICA DEI 100 E LODE Societ- Franco DAlfonso - LA LOTTA DEL COMPAGNO FINI Mobilit - Pietro Cafiero - BINARI. A VOLTE RITORNANO Lettera - Jacopo Gardella - CANELLA
YouTube EXPO MORATTI: PAROLE, PAROLE, PAROLE Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE - a cura di Silvia DellOrso TEATRO a cura di Maria Luisa Bianchi CINEMA E TV a cura di Simone Mancuso MANIFESTIAMO PER LA LIBERT DI STAMPA VENERD 18 GIARDINI PUBBLICI PRESSO LA STATUA DI MONTANELLI
Editoriale EXPO 2015: DAI GRATTACIELI ALLE TENDE Luca Beltrami Gadola
La tragicommedia dellExpo 2015 non finita, anzi gli aspetti decisamente da commedia si arricchiscono dellultimo episodio: la consegna del silenzio. Malgrado la smentita dellamministratore delegato al Corriere della Sera che titolava: "Piani Expo: ai dipendenti vietato parlarne al cellulare", il senso della delibera quello di un avvertimento agli interessati perch si cuciano la bocca. Da questo punto di vista tutta loperazione Expo stata una perla dincapacit di comunicazione e, contemporaneamente, di riservatezza come fosse un affare di famiglia di Letizia Moratti. Ma il vero nodo non questo. Prima della presentazione al BIE il masterplan era in concreto ignoto a tutti: eravamo in gara e forse a quel punto il riserbo aveva una qualche giustificazione. Vinta la competizione e interamente svelato il misterioso piano, sono cominciate a piovere le critiche: troppo cemento, urbanisticamente un insieme di volumi casuali, la follia della via dacqua e, ciliegina sulla torta, un bel grattacielo nel pieno della polemica sui grattacieli a Milano. Chi ne erano i progettisti? Chi li aveva scelti? Arriva la crisi economico finanziaria e si comincia a dubitare che i soldi necessari, tanti, si riescano a trovare. Nel frattempo qualcuno comincia a domandarsi che rapporto ci sia tra il tema dellExpo - Nutrire il pianeta. Energia per la vita e tutto quello che si vede e si sente a proposito del progetto reale per larea espositiva. Dellattivit di ricerca, che dovrebbe essere il perno della manifestazione, poche e sparute tracce. Non ripercorriamo qui il rosario di liti che solo da un paio di settimane sembrano sopite, nellattesa di nuovi inevitabili fuochi. Oggi siamo arrivati al nuovo masterplan, a essere precisi solo unidea di masterplan che col vecchio non ha nulla a che vedere, quel vecchio masterplan che Letizia Moratti giurava sul suo onore come intoccabile. Per qualcosa potrebbe ancora succedere perch non detto che il BIE accetti tutti questi volteggi e soprattutto non detto che i Turchi, che hanno visto Smirne soccombere, mandino gi la cosa senza batter ciglio. Se fossimo nel nostro pollaio italico e si trattasse di un appalto concorso, i ricorsi sarebbero gi piovuti e forse giustamente. Eccoci dunque al nuovo progetto. I commenti dopo la presentazione hanno tutti, sia quelli positivi sia quelli negativi, un denominatore comune: meno costruzioni, meno cemento, meno aree irrimediabilmente compromesse e dunque evviva! Sugli altri aspetti del progetto il dibattito di nuovo aperto e sullidea di un immenso orto mondiale e della distesa di tende i commenti sono stati oltre che acidi anche sferzanti, cos come sulla presunzione di novit di unExpo che invece utilizza la vecchia cassetta degli attrezzi: serre, riproduzione di bioclimi estremi, riproduzione in scala delle realt agricole. A questo punto bisogna essere leali: cosa vuol dire trattare il tema Nutrire il pianeta. Energie per la vita? Che forma si d a questo contenuto? Qual il contenitore adatto? Il nuovo progetto, se non si sbilancia nellinvestire troppo in serre e stravaganze, sembra interpretare ragionevolmente il criterio della parsimonia. Quanto al resto possiamo tranquillamente dire che il tema non adatto a unExpo, perch il problema della fame nel mondo sostanzialmente quello della ridistribuzione delle risorse, della parsimonia dei Paesi ricchi nel consumo alimentare e nelluso delle risorse energetiche. Tanto per arrivare ad una conclusione lExpo 2015 dovrebbe essere non una mostra mondiale dagricolture, ma una mostra nella quale i Paesi ricchi mostrano ai Paesi poveri come potremmo dar loro una mano: per ogni Paese ricco la tavola imbandita oggi e quella che potrebbe esser nel 2015 e negli anni a venire. Forse ci vorrebbe unesposizione in cui mostriamo le nostre buone intenzioni piuttosto che le disastrate condizioni altrui. Se per arrivarci dobbiamo anche mostrare il contadino indocinese che fatica col suo aratro a chiodo nella risaia o gli andini che irrigano i loro orti con canalette fatte di bottiglie di plastica incastrate una nellaltra, o le facce affamate dei bambini, sia pure, purch non si scada nel folclore.
Ma sembra proprio che molte delle questioni poste dalla nostra petizione si siano dovute prendere in considerazione. Prima di tutto la crisi economica planetaria, cui si fatto esplicito riferimento per giustificare la soluzione del master plan, con cui tutti gli stati partecipanti devono comunque inevitabilmente fare i conti e ai quali non si pu chiedere di realizzare dispendiose e inutili opere quali i padiglioni nazionali. E, infatti, almeno per ora, nel master plan concettuale i padiglioni non figurano, in parte sostituiti da grandi serre che dovrebbero consentire di riprodurre le differenti condizioni climatiche del pianeta. Poi Lucio Stanca, in uno dei suoi interventi, ha espressamente citato il termine Expo diffusa e tra gli elaborati figura una planimetria territoriale dove, oltre al sito dellExpo, sono indicati altri due interventi denominati: The land way and the knowledge corridor e The water way and the cascinas di cui si sa ancora poco ma che configurano una proiezione a scala metropolitana, per quanto non ancora regionale, della manifestazione. Il master plan riguarda soprattutto il sito prescelto in prossimit della fiera di Rho-Pero i cui elaborati grafici e rendering di progetto sono firmati dallo studio degli architetti svizzeri Herzog e De Mouron. Non si capisce quindi quanto possa essere considerato una proposta collettiva dei cinque membri della Consulta Architettonica. Nella presentazione si sottolineato pi volte il carattere concettuale del master plan, come se ci si volesse in qualche modo riservare un ampio spazio per interpretarne i contenuti senza impegnarsi troppo rispetto alla sua attuale formulazione.
Altro concetto cui si fatto ripetutamente riferimento la flessibilit soprattutto rispetto alle funzioni che essa potr assumere il sito dopo lexpo. Tra gli elaborati mostrati ma non distribuiti ai giornalisti figurava anche una prospettiva a volo duccello dalla quale, tra le altre, viene presentata unipotesi di urbanizzazione dellarea. Del resto, a fronte delle lamentele che i costruttori non hanno esitato a manifestare, si fatto notare che la presenza dellacqua, che caratterizzer il nuovo contesto che si verr a creare a seguito dellExpo, dovrebbe incidere positivamente sul valore degli immobili con un incremento dellordine del 25%. Entrando nel merito degli aspetti architettonici anchio, come altri, ho riconosciuto una forte analogia con il progetto che Rem Koolhaas fece per il concorso del Parco della Villette a Parigi nel 1982-83, e che vide poi vincitore e realizzato il progetto di Bernard Tschumi. Non solo limpianto, ma anche la concezione del modo di organizzare le essenze vegetali presenta delle evidenti similitudini come si pu constatare andando al sito: www.archilink.it/index.php?option=c om_content&task=view&id=134&Ite mid=81&limit=1&limitstart=12#top ( fig. 1) Poi ci sono certamente alcuni problemi tecnici. Che ne sar delle centinaia di migliaia di metri quadrati di velari di tessuto se dovesse arrivare un temporale estivo; non che se ne andranno via come un tappeto volante? E lacqua piovana come potranno essere smaltite da quelle fragili coperture affinch non le faccia crollare? E la grande quantit di acqua che circonda linsediamento da dove potr arrivare e come potr essere garantita
la sua salubrit affinch non si trasformi in un habitat ideale per la zanzara tigre? E una volta che si siano realizzate tutte le infrastrutture stradali e i sottoservizi per garantire il funzionamento delle serre e delle differenti colture che reale prospettiva sussister per restituire alluso agricolo quel territorio? E che reale sostenibilit potr essere garantita a tali interventi? Tutto sommato la scelta di mantenere il sito resta la pi cruciale rispetto allipotesi da noi formulata di realizzare unExpo diffusa e sostenibile. Perch una condizione fondamentale della sostenibilit proprio la diffusione della manifestazione nel territorio regionale e oltre, in modo da diluire gli inevitabili impatti e distribuire nel territorio i positivi effetti degli interventi. Pare comunque che i responsabili dellExpo abbiano fatto una conversione di 180 gradi rispetto alle loro posizioni originarie e in particolare il Sindaco Moratti, che aveva definito pittoresche le nostre proposte, allorch le consegnammo la petizione. Anche se successivamente, a fronte delle 1200 adesioni aveva dovuto in qualche modo prendere posizione, scrivendoci la lettera che ho inoltrato a tutti i firmatari e che i lettori possono leggere nel mio sito. Anche se sembra che la nostra petizione abbia ottenuto qualche significativo effetto non credo che sia prudente abbassare la guardia. Anzi, ritengo che ora sia ancora pi importante proseguire con la raccolta delle adesioni e che ci si confronti nel modo pi ampio per valutare e decidere come andare avanti con la nostra azione.
Quella del 1884 non fu certo per Napoli la prima epidemia di colera. Ce nerano state almeno tre abbastanza recenti: nel 1855, nel 1866, nel 1873. Ma forse a oltre trentanni dallunit dItalia la fatalit era meno accettabile. Prima si potevano dare tutte le colpe ai Borboni, ma ora? Agostino Depretis, presidente del Consiglio, dichiara solennemente che per vincere definitivamente le epidemie occorre sventrare Napoli. Matilde Serao, con la pubblicazione della prima inchiesta su Il ventre di Napoli, gli risponde pubblicamente: Sventrare Napoli? Credete che baster? Vi lusingate che basteranno tre, quattro strade, attraverso i quartieri popolari, per salvarli? Vedrete, vedrete, quando gli studi, per questa santa opera di redenzione, saranno compiuti, quale verit fulgidissima risulter: bisogna rifare.
litteram pi illustre e controverso. Era stato il prefetto della Senna, dopo i moti del 1848, il primo moderno sventratore. Igiene ed esigenze militari erano alla base di quel piano burocratico che squarci brutalmente il tessuto medievale creando imperiali rettifili dietro i quali permangono vasti e mutili settori di tuguri2. Assicurare la tranquillit pubblica con la creazione dimponenti boulevards che lascino circolare non solo laria e la luce, ma anche le truppe; con tale ingegnoso connubio, migliorare le condizioni del popolo rendendolo meno incline alla rivolta.3 Cos sintetizza il piano parigino Haussmann nelle sue memorie. probabile che Depretis avesse intenzioni migliori e che non fosse nemmeno cos ingenuo da non sospettare che la modernizzazione di Napoli potesse dare il via a grandi
manovre speculative, tanto che lo stesso in una nota del 22 settembre 1884 scriveva al ministro degli esteri Stanislao Mancini: La questione igienica conosciuta, invece bisogna conoscere la parte edilizia e quella finanziaria per conciliare le trasformazioni delle abitudini popolari e la nuova fabbricazione con la libera industria; perci occorre il parere di uomini tecnici competenti anzich di uomini politici che profitterebbero anche di questa circostanza per loro fini partigiani.4 Il 27 novembre 1884 la legge Provvedimenti per Napoli presentata alla Camera e il 15 gennaio dellanno seguente, come abbiamo visto, viene emanata la legge per il Risanamento della citt di Napoli. Quella parola, Risanamento, avr dunque una storia. Gli sforzi furono notevoli, ma le difficolt delloperazione da subito evidenti. Ci furono diversi fallimenti, finch nel 1888, il 15 dicembre, su iniziativa di Crispi (subentrato al Depretis nella carica di Presidente del Consiglio nel 1887) viene infine costituita la Societ pel Risanamento di Napoli, con trenta milioni di capitale. In particolare in ambito napoletano la Banca Tiberina aveva impegnato notevoli risorse nella realizzazione del rione Vomero, l'Impresa dell'Esquilino nel rinnovamento del rione Santa Brigida e per la realizzazione della galleria Umberto I, la Societ Geisser e la Societ Generale Immobiliare nel rione occidentale e nel rione Vasto, la societ Santa Lucia nell'ampliamento del rione Santa Lucia, la societ per il Risanamento di Napoli nella ridefinizione dei quartieri bassi.5 A questultima erano stati anche affidati parte dei lavori per la realizzazione del Corso Umberto I, il Rettifilo, e della omonima Galleria. I risultati complessivi, non ostante lentit delle opere realizzate, non
erano stati granch in termini sociali, tanto che Matilde Serao, che gi aveva denunciato i guasti della speculazione allepoca del colera, tornando a Napoli ventanni dopo, poteva gi amaramente ironizzare sulle opere di Risanamento, puntando il dito sui prezzi degli affitti, inaccessibili ai popolani. Non si chiedono Milioni, poich i milioni hanno fatto fiasco nellopera del Risanamento, e nessuno, naturalmente vuol dare pi milioni, quando i primi sono stati spesi male o perduti, per fatalit quasi che una mano misteriosa perseguitasse questo buon popolo nostro. Si chiedono, in nome di quel Dio giusto che volle fossero accolti tutti i poveri, nel suo nome, povero e vagabondo egli medesimo, sulla terra, che alla redenzione fisica e spirituale dei poveri un po di attenzione, un po di denaro, un po di cura sia dedicata da coloro che debbono e possono fare questo! Tutto deve essere fatto con modeste ma tenaci idee di bene, con semplici ma ostinati rimedi, con umili ma costanti intenzioni di giovare. Bando alla rettorica sociale, bando alla rettorica industriale, bando alla rettorica amministrativa, quella che viene dal Comune, la peggior rettorica perch guasta quanto di pratico, di utile, di buono si potrebbe fare, dagli edili nostri. Perch dunque non si obbligano la societ dei nuovi quartieri al Vasto, allArenaccia, al Quartiere Orientale, di ridurre al minimo possibile le pigioni, in modo che le case fatte pel popolo siano abitate proprio da esso e non dalla piccola borghesia, in modo che ogni stanza non costi pi di nove o dieci lire e non vi possano per regolamento stare pi di due o tre persone, quando vi sono bimbi? Si tenti questo! E se ci non basta, in tutte le nuove costruzioni sia nei quartieri popolari sia nei pi aristocratici, perch non si obbligano, con legge, con regolamento, ad avere un piano nei
loro palazzi, lultimo, fatto in modo che la gente del popolo vi possa abitare, avendo delle stanze, delle soffitte, ci che si chiama il suppenno che non costino, appunto, pi di nove o dieci lire al mese ogni stanza?6 Il 10 agosto 1893 viene emanata la legge bancaria n. 449, lanno successivo nasce la Banca dItalia. La stessa legge ridefin il sistema della circolazione cartacea, che venne basato sulla copertura metallica dei biglietti (pi precisamente: del 40 per cento di essi) e su un limite di emissione assoluto; pose le premesse per il risanamento degli istituti di emissione; avvi il processo di transizione verso una banca di emissione unica; introdusse norme che ponevano la tutela dellinteresse pubblico al di sopra delle esigenze di profitto degli azionisti (esempio: approvazione governativa sia per la nomina del capo della Banca allora era il Direttore Generale sia per le variazioni del saggio di sconto).7 Con la crisi edilizia e il fallimento della Banca Romana, la Banca d'Italia, alla quale fu affidato il salvataggio degli enti in difficolt, si ritrov a disporre di ingenti patrimoni immobiliari provenienti dai fallimenti di banche, societ e imprese che avevano investito in operazioni urbanistiche ed edilizie nelle principali citt italiane. Cos anche la societ per il Risanamento di Napoli entr nellorbita di Banca dItalia. La legge bancaria stabiliva anche in dieci anni il termine per liquidare il patrimonio acquisito e non utilizzato dall'Istituto come sede duffici bancari. L'azione di dismissione dei numerosi beni acquisiti, tuttavia, non si rilev affatto semplice e non furono sufficienti i tempi previsti dalla legge proprio a causa della grave crisi edilizia e finanziaria di fine secolo. La Banca dItalia riusc tra mille difficolt a tenere in pugno la situazione e si pu affermare che il suo ruolo stato rilevante non solo nel processo
di crescita di Roma capitale, cosa nota, ma anche nell'azione di rinnovamento urbano di Napoli, sia nelle aree centrali che in quelle di nuova espansione. Ebbe allora inizio un processo di revisione della complessa struttura bancaria che port nel 1896 all'istituzione dell'Ispettorato Tecnico Generale, un organismo dipendente dalla Direzione Generale, collegato all'Ufficio Liquidazioni e alla Direzione del Credito Fondiario, con il compito di occuparsi esclusivamente della gestione e della valorizzazione delle propriet immobiliari per favorirne la liquidazione. Con l'approssimarsi della scadenza prevista dalla legge bancaria, la Banca d'Italia, nell'intento di dare un maggiore impulso alla liquidazione degli immobili e di dissuadere la speculazione, costitu due Istituti - l'Istituto Romano di Beni Stabili8 nel 1904 e la Societ Agricola Industriale Italiana, in seguito Istituto Italiano di Fondi Rustici nel 1907 - ai quali cedette in blocco gli immobili sia urbani che rustici riducendo in tal modo significativamente il proprio patrimonio immobiliare.9 Col tempo, soprattutto nel secondo dopoguerra, la societ, nata per risanare Napoli, estese la propria attivit a tutto il paese, ma non si stacc mai completamente dalle proprie radici, almeno a dar credito al senatore Emiddio Novi, che in uninterpellanza del 16 aprile 2002, presentata nella seduta 159 della quattordicesima legislatura cos la descrive: () la Societ pel Risanamento di Napoli proprietaria di oltre cinquemila unit immobiliari (che) nel corso di pi di un secolo aveva svolto un ruolo decisivo sul mercato delle locazioni, costituendo un sicuro punto di riferimento in tutta la Campania a garanzia dei cittadini e formando un baluardo alla speculazione sempre presente nel settore delicato e vitale degli alloggi e delle attivit commerciali, ().10
La svolta avviene dunque nel 1999, oltre un secolo dopo la costituzione della Societ pel Risanamento di Napoli. La Domus Italica, partecipata dallimmobiliare Bonaparte, acquisita lanno prima da Luigi Zunino, compera il 58,59 % di azioni della Societ, quotata in Borsa, dalla Banca dItalia, che ne era allora azionista di maggioranza. Nel 2000 si opera la fusione tra le due societ e la Domus Italica viene incorporata nella societ storica alla quale per loccasione viene cambiato nome in Risanamento Napoli. Nel dicembre dello stesso anno la Nuova Immobiliare, societ del gruppo Zunino, acquista il 48% della Risanamento Napoli e Luigi Zunino ne diviene presidente. La Risanamento s.p.a. nasce nel 2002 con la fusione tra la Bonaparte e la Risanamento Napoli. Scompare cos nella ragione sociale anche lultimo riferimento simbolico alle origini napoletane della societ. Il centro decisionale viene trasferito da piazza Nicola Amore, dal nome del sindaco, protagonista discusso degli avvenimenti urbanistici napoletani di fine Ottocento, in piazza Diaz, a Milano, dove sono gi in corso le grandi manovre immobiliari che caratterizzeranno tutto il decennio successivo. Prima dellultima trasformazione era per gi accaduto qualcosa di significativo: la sede storica di Napoli era stata venduta per 27 miliardi e 356 milioni di lire e il 13 dicembre del 2000 era stato alienato un altro blocco di immobili per limporto di 267 miliardi e 124 milioni, successivamente ceduto, in data 22 dicembre 2000 alla Iniziativa Immobiliare s.r.l. per 350 miliardi e 654 milioni.11 Interessante nella citata interpellanza del 2002 la parte relativa alla valutazione e alle condizioni di vendita della societ, soprattutto in questi punti:
() il controvalore delle azioni cedute dalla Banca dItalia alla Domus Italica sulla base del contratto stipulato stato pari a lire 298,4 miliardi, e, il controvalore dellOpa in caso di totale adesione, stato pari a lire 199.3 miliardi e (che) quindi la Societ pel Risanamento di Napoli fu valutata 497,7 miliardi di lire; () in data 2 agosto 1999 la Consob impose alla Domus Italica la pubblicazione del seguente avviso: Domus Italica S.p.A. in merito allofferta pubblica di acquisto su azioni ordinarie e di risparmio n.c. della Societ pel Risanamento di Napoli S.p.A. su richiesta della Commissione Nazionale per le Societ e per la Borsa, comunica che lAmministratore delegato della Bonaparte S.p.A. nel corso dellAssemblea ordinaria della Bonaparte di approvazione del bilancio di servizio al 31/12/1998, ha comunicato che alla partecipazione nella Risanamento Napoli attribuibile un valore di 834 miliardi di lire quale risultato di varie perizie e che si dovr attendere il giudizio del mercato, ma il Consiglio auspica che il valore degli immobili in questione possa in realt essere superiore; () gli acquirenti della Societ pel Risanamento hanno potuto beneficiare della legge n. 408 del 2.8.1969 che prevede lapplicazione di unimposta pari all1% (anzich dell8% riferita agli atti traslativi a titolo oneroso, imposta proporzionale di cui alla legge 26.4.1986, n. 131) trattandosi di immobili non di lusso e avendo dichiarato che entro tre anni dallacquisto avrebbero rivenduto gli immobili in questione in quanto societ di intermediazioni. Linterpellanza, rivolta ai Ministri delleconomia, della giustizia e delle finanze, concludeva conseguentemente: si chiede di sapere se i Ministri in indirizzo siano al corrente di questa
autentica azione di esproprio truffaldino di un bene pubblico. Ancora pi espliciti in merito alla differenza tra valore patrimoniale della societ e prezzo di vendita sono Clemente Mastella e altri deputati in unanaloga interpellanza presentata alla Camera, nella seduta 182 del 23 luglio 2002, in cui si sottolinea che () in sostanza la societ per il risanamento di Napoli stata svenduta a favore della Domus italica Spa di Zunino e Marchini che ha acquistato per 475 miliardi una societ il cui valore era da ritenersi superiore a 1200 miliardi (). Le banche che a fine anni Novanta hanno finanziato lacquisizione delle partecipazioni societarie dalla Banca dItalia, di cui in qualche caso erano e sono azionisti, si trovano ora nelle mani il patrimonio rovente di una societ alla quale hanno concesso crediti infiniti e ormai inesigibili, legando forse in maniera indissolubile il proprio futuro alle spericolate avventure di un trader immobiliare, in-
coraggiato e sostenuto in maniera a dir poco irresponsabile. Oggi lepilogo, con la clamorosa richiesta di bancarotta, avviata dalla magistratura, e il fondato sospetto che la societ, in pratica da tempo fallita, sia stata tenuta artificialmente in vita dalle banche creditrici. Difficile parlare di accanimento terapeutico.
8 Questo ente nel 1940 cambia ragione sociale in Sacip. Nel 1987 assume lattuale denominazione, Beni Stabili S.p.a. Nel 1999 viene quotata alla Borsa di Milano. Nel 2007 lazionista di riferimento, Leonardo Del Vecchio, conferisce la sua quota allimmobiliare francese Foncire des Rgions. Con lintegrazione fra Beni Stabili e Foncire des Rgions Del Vecchio diviene azionista di riferimento di questultima.
9 Dell'Amico M.r, Napoli, Il risanamento e lampliamento nellarchivio storico della Banca dItalia 10 Legislatura 14 - Aula - Resoconto stenografico della seduta n. 159 del 16/04/2002 11 Ibidem
Ogni giorno, anche oggi che leggete questo articolo, quasi un milione di donne immigrate si sveglia e si avvia verso le nostre abitazioni dove garantisce le condizioni della ordinaria riproduzione della nostra vita sociale: ad esse affidiamo i nostri vecchi, i nostri bambini, le nostre case, insomma le nostre cose pi preziose. Nondimeno ci si occupa poco o nulla della qualit e dellefficacia del loro servizio e men che meno delle condizioni che ne regolano il movimento dai loro paesi e la vita da noi, lasciando che una sorta di welfare casereccio (non parliamo qui di sussidiariet, che ben altra cosa) autoregoli lefficienza del sistema dei servizi alle famiglie. Di questatteggiamento, la parola badante a me pare, come a molti, che racchiuda nel modo pi volgarmente espressivo, lo svilimento del ruolo, delle capacit e delle competenze delle persone addette, quasi che, ad un vecchio o ad un bambino, si tratti solo di badare che non succeda nulla di grave, rappresentando cos un servizio privo di qualit, di connotati tecnici, professionali ed anche umani, di relazione e di comunicazione, reso perdipi da un esercito di invisibili senza diritti e posizione sociale. E invece si tratta di un lavoro non solo indispensabile, ma ricco di connotazioni socio professionali, e tanto pi efficace quando al cuore, di cui queste donne appaiono cos culturalmente dotate, si sommano conoscenze e competenze linguistiche, culturali, tecnico operative connesse alle operazioni di cura ed assistenza. Si tratta di persone che, oltre al lavoro, vivono necessariamente una dimensione sociale nelle nostre citt e nei nostri paesi, dimorando, consumando, richiedendo a loro volta prestazioni socio sanitarie, costruendo reti amicali e di sostegno reciproco.
Di tutto questo, sintende, al governo Bossi Berlusconi nulla cale. Ci che contava, in un gretto conteggio dei costi benefici, era che, in ordine, si portasse a casa quanto segue: Applicazione sulla pelle dellimmigrato del marchio di clandestino, sia pure emergendo; b) Soddisfazione della Chiesa in merito alle sue richieste di tutela della famiglia; c) Vantaggio economico dalla vicenda. Ma, e qui casca lasino di destra, alle intenzioni non seguono solo gli effetti desiderati, specie se si cerca di contrapporsi scompostamente alla concretezza di possenti fenomeni reali: per quanto vigorosamente nuoti, la corrente avr sempre la meglio su di te. Ed io proprio da qui vorrei partire, tratteggiando alcuni effetti oggettivi di questa politica, certamente indesiderati o imprevisti dal governo Bossi Berlusconi, ma non per questo meno reali,. Gli oneri connessi alla regolarizzazione forzata, ed i conseguenti e ben pi rilevanti oneri contributivi posti a carico delle famiglie e delle lavoratrici addette alla famiglia ed alla cura, renderanno allo Stato ingenti risorse finanziarie. Per effetto proprio, specifico, della emersione, si riconosce, con lesistenza del rapporto di lavoro, non solo lesistenza in vita della badante quale lavoratrice (cosa finora negata), ma anche la sua esistenza giuridica, la sua capacit di essere titolare di diritti, anche in tema di accesso al welfare ed alle politiche di tutela e sviluppo del lavoro (formazione, rappresentanza, tutele sociali e reddito.). Dunque generazione delle basi materiali e dei prerequisiti normativi per laccesso delle lavoratrici immigrate ai servizi del welfare in primo luogo, a)
e contestualmente ad una sia pur ridotta cittadinanza. Lemersione di una gran massa di lavoratrici, la generazione di flussi di cassa da esse stesse prodotte, il rafforzamento verso lo Stato e le famiglie della loro condizione soggettiva di lavoratore regolare e di titolare a tutti gli effetti di diritti creati dal proprio lavoro, e non certo gentilmente octroye, offrono allora il nuovo scenario su cui riflettere per progettare una nuova politica di gestione del flusso migratorio e della sua presenza in Italia. Una nuova politica verso cui convergono sia le esigenze di qualit dei servizi da parte delle famiglie, sia le esigenze di trasparenza, certezze e sviluppo professionale delle addette ai servizi di cura. E poi una nuova politica per regolarne laccesso ai servizi del welfare, diritti di accesso del resto ben pagati dagli immigrati, ed infine per promuovere la partecipazione pi ampia degli ex invisibili alla socialit nel senso pi esteso del termine. Si pongono qui questioni che mettono in gioco una strettissima relazione tra globale e locale, tra Stati e comunit, tra diritti e rappresentanze, tra risorse e dispositivi di servizi, tra attori e sistemi, su cui non vi in questa sede spazio di articolazione ma che sono di grande rilevanza attuale e futura. Nel processo di globalizzazione accelerata, la regolazione dei flussi migratori e delle convivenze rappresenta una delle maggiori sfide. La Destra italiana, la destra dei bingo bongo e del Presidente abbronzato Obama semplicemente non capisce, non allaltezza del tema, combatte ottusamente battaglie perse in partenza, e deve cedere inevitabilmente e sistematicamente alla pressione dei fenomeni reali, unica sua preoccupazione essendo quella di lucrare vantaggio di consenso politi-
co, ma il gioco dura poco e render sempre meno. Anche per questo, la tutela ed il rafforzamento dei diritti dei lavoratori immigrati compito, anzi, direi di pi, missione della sinistra e della coscienza civile italiana, una sua battaglia fondamentale. La sinistra, politica, sociale e sindacale, non deve abdicare alla sua missione per rincorrere umori sociali che dovrebbe invece guidare, n cedere alla tentazione di privilegiare il lavoro nostrano, ma anzi deve far proprio, senza se e senza ma, il principio etico-politico che il lavoro, tutto il mondo del lavoro, va unito e non tenuto diviso. Tanto pi che su questo terreno trova e trover alleati e sensi-
bilit preziose e trasversalmente diffuse, nella chiesa, nella societ, e nella stessa politica. Vi campo per prendere iniziative al tempo stesso coraggiose, solidali e politicamente utili, contribuendo allesigenza essenziale di disarticolare il quadro di consenso populistico mediatico che tuttora circonda lasse bossi - berlusconi. Oggi, bisogna riconoscere, complessivamente la sinistra mantiene sul tema posizioni troppo tiepide ed inefficaci, e non vorremmo mai credere che al fondo vi sia, oltre che la paralisi complessiva delliniziativa politica del PD, anche una solida considerazione del tipo tanto quelli non votano, sono solo i meteci del 21 secolo.
Sar anche vero che non votano (per ora), ma si faranno sempre pi sentire e tenerli separati dal nostro tessuto civile sar sempre pi iniquo, costoso e controproducente. Sar sempre pi questione che distingue destra da sinistra. Ed allora infine, anche se le hanno fatte entrare dalla porta di servizio, diamo un bel benvenuto nel mondo dei diritti alle donne immigrate addette ai servizi di cura alle persone ed alla casa. Se poi gli vogliamo fare il monumento va bene, ma che sia fondato su di un solido basamento di diritti.
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Un ruolo attivo, dunque, quello degli Ordini, un ruolo dinamico perch lo spazio e il modo in cui oggi lavoriamo sono dinamici e in continua evoluzione, un ruolo che tenga il passo con la modernizzazione dei mercati, .
con la loro progressiva liberalizzazione e apertura alla concorrenza, un ruolo che sappia mantenere un nostro spazio nel confronto sempre pi pressante con la realt europea coniugando tutto ci con il rispetto della deon-
tologia e dell etica professionale che rappresenta linsieme dei valori con i quali una comunit si misura e nei quali intende riconoscersi. Il prestigio di una professione legato alla tutela e al rispetto di questi valori
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continuasse ad avere carenze in una due materie, qualora fosse sufficiente in altre. Io penso che per avere una valutazione il pi possibile fondata sulleffettiva verifica dei risultati e sulla
competenza e responsabilit dellinsegnante sia necessario tagliare il nodo gordiano della classe come livello unico per tutte le discipline e andare nella direzione di piani di studio e percorsi di apprendimento pi perso-
nalizzati. Questa la strada intrapresa da altri Paesi europei; purtroppo il regolamento sulla valutazione emanato proprio in questi giorni dal ministro Gelmini va esattamente in senso contrario.
La domanda del momento : Cosa vuole fare il compagno Gianfranco Fini ? . Dismessi basco nero e berretti verdi della peggio giovent, lultimo segretario del Msi diventato per quella consistente parte di opposizione ormai abituata a giocare esclusivamente di rimessa e non di proposta la prossima carta spendibile contro il Cavaliere , probabile nuova conferma del detto chi di speranza vive di speranza muore. Non credo, infatti, che il Presidente della Camera abbia in mente di entrare in gioco a partita in corso (avrebbe fatto il ministro e non assunto una carica istituzionale stabile) ma penso invece che coltivi unambizione pi ampia, quella di rilanciare una destra di tipo gollista presidenzialista , centralista e tecnocratica, puntando ad un rafforzamento delle istituzioni con uno spiccato senso della laicit dello Stato. Fini pu contare per questo su pochi sostegni e consensi in partenza e per di pi deve anche andare a scavare in profondit per trovarne le radici nella storia della destra italiana : sommerso dalle macerie insanguinate della guerra e politicamente inutilizzabile tutto il Novecento , i faticosi tentativi di attualizzare la Nuova Repubblica di Almirante sono spesso stati frustrati da un malaccorto revanscismo dei reduci e dei cosiddetti colonnelli, che dopo qualche tentativo di intervenire sulla toponomastica con improbabili via Benito Mussolini- sta-
tista, hanno frettolosamente chiuso tutto nelle scatole dellarchivio per occuparsi del quotidiano concreto . A Giano Bifronte piacerebbe molto orientare il suo doppio sguardo verso una Destra ed una Sinistra in competizione politica e non in rissa da strada, e quindi cerca di dare all on. Fini una piccola mano dalla Milano dove tutte le novit , belle o brutte, hanno avuto origine, indicandogli almeno qualche precedente storico . E vero che nellattuale centrodestra al potere i suoi sodali sono ormai pi occupati nei piani edilizi che in quelli politici, ma non sempre andata cos: perfino negli anni cinquanta, quando era messa in dubbio la stessa legalit di un partito della destra e lo scontro politico aveva ancora i tragici caratteri della guerra civile non ancora esauritasi, si pu trovare qualche barlume di dibattito e politica istituzionale. Guardando i verbali del Consiglio Comunale, che vedeva la presenza di chi aveva avuto un figlio ucciso dai fascisti come Greppi e dei partigiani Lino Montagna ed Aniasi, si scopre che l Msi del futuro braccio destro di Almirante, Franco Servello, dopo essersi scambiata qualche legnata non metaforica tra gli scranni di Palazzo Marino, nella disperazione della destra clericale Dc che aveva fatto mancare i propri voti, vot a favore, dichiarandolo pubblicamente, della delibera che istituiva il Piccolo Teatro come ente pubblico considerando il
valore presente e futuro di una istituzione per la Citt, cos come fece per lapertura dellaereoporto di Linate e per il ripristino della Fiera Campionaria, per la quale fu addirittura tra i proponenti . In anni pi recenti, nellidea della maggioranza silenziosa di un giovane De Carolis non ancora precipitato nellaffarismo piduista o nel criminalizzato rapporto del prefetto Mazza, sotto lappariscente ed ostile fastidio verso il disordine della contestazione, e quella che Montanelli definiva il tradimento radical chic dei salotti della borghesia milanese, si trovano qualcosa di pi che le tracce di una visione di destra dello Stato unica autorit garante della legalit. E unidea di destra che non alla lunga conciliabile con la destra popolare e populista, fondamentalmente reazionaria, che tutto crede tranne che nella sacralit delle istituzioni e che sempre stata lespressione prevalente di questa parte politica, dai tempi della Democrazia Cristiana e dello stesso Ventennio caro allalbum di famiglia di Fini, Destra della quale ci sarebbe necessit in una societ politicamente sana. Ma sempre di Destra si tratta, con la quale lattuale opposizione pu avere convergenze sui principi fondativi, quali la laicit dello Stato, e per il bene e la salute politica di tutti, senza pensare che lex camerata si sia trasformato in compagno.
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Si potrebbe commemorare Guido Canella facendone un elenco di titoli, onorificenze, riconoscimenti, cariche onorifiche; un elenco che sarebbe lunghissimo. Tuttavia, al di l degli elogi ufficiali, oggi si scelto di ricordare Canella come persona, come uomo, come interlocutore, capace di stabilire rapporti intensi con amici, allievi, colleghi. Uomo passionale, impulsivo, irruente; e per questo tanto
pi ammirevole in un mondo come lattuale, tutto fatto di sottili opportunismi, di abili calcoli, di manovre nascoste: e soprattutto inquinato da pavidi, anzi da pusillanimi giochi di prudenza. E' rimasto esemplare nella storia della Facolt di Architettura la sua capacit, coinvolgente ed appassionata, di far partecipare gli studenti al processo di apprendimento didattico: a chi
lo seguiva dava generosamente tutto il suo aiuto e trasmetteva, senza risparmio di energie, tutto il suo sapere. A chi non mostrava curiosit n interesse per la disciplina esprimeva, in modo esplicito, tutta la sua disapprovazione, anzi il suo sdegno. Aveva fatto scalpore, durante il corso di un lontano anno accademico, limprovviso gesto di punizione rivolto ad un suo studente, che oltre ad
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essere ignorante si era dimostrato anche arrogante: un incontrollato manrovescio, carico di disprezzo, era piombato di scatto sul giovane impertinente. Tale comportamento non rientra certo nelle abitudini universitarie di un docente ortodosso, ma rispecchia fedelmente il carattere impulsivo di Canella, giustamente indignato con l'allievo non tanto perch dava prova di scarsa preparazione, ma perch si permetteva di esibire una impudente maleducazione. Occorre dire subito che la personalit di Canella rispecchia la sua architettura: personalit a forti chiaroscuri, architettura di forti contrasti. Le sue architetture, infatti, si presentano uniche ed inconfondibili, e si distinguono per larticolata compenetrazione dei loro volumi e per lesuberante variet delle loro forme; sono subito riconoscibili sia per il ripetuto sovrapporsi, allinterno di una stessa composizione, di imponenti solidi geometrici (sfere, cilindri, timpani, ecc...), sia per la presenza, in uno stesso edificio, di molteplici componenti costruttive (torri, passerelle, gallerie). Affiorano nelle composizioni di Canella svariate reminiscenze storiche, immagini di architetture antiche, fantasmi di monumenti del passato. Tutto ci segno di curiosit culturale, di vivacit e acutezza di mente, di passione per il patrimonio di costruzioni realizzate dalluomo nel corso della storia. La grande capacit creativa di Canella l esplicita dimostrazione che l'architettura fatta, anzitutto, di forme, e solo in un secondo tempo di funzioni. Con ci viene ribaltato il principio basilare del Funzionalismo, tanto seducente quanto ingenuo, che affermava essere la forma determinata dalla funzione. Questa rigida consequenzialit, al contrario, non affatto comprovata, giacch noto che una medesima funzione pu trovare risposta in molteplici forme, senza che con ci la funzione venga compromessa o indebolita; mentre non vero il contrario: una determinata forma non pu essere sostituita da nessun'altra; non mai intercambiabile; non pu modificarsi indifferentemente senza pregiudicare l'essenza stessa del disegno architettonico originale. Il superamento del rigido de-
terminismo funzionalista era stato attuato, subito dopo la guerra, dagli allora giovani maestri del Razionalismo italiano; ed in seguito stato fedelmente abbracciato dai loro fedeli ed appassionati allievi, appartenenti alla generazione successiva, della quale Guido Canella era uno dei pi autorevoli esponenti. La disinvoltura con cui Canella affrontava i progetti appare subito evidente se si confrontano due dei suoi pi noti edifici: il Municipio di Segrate e la Scuola di Noverasco (Opera). Due modi diversi, anzi opposti, di concepire il linguaggio architettonico, eppure entrambi coerenti sia all'interno della loro architettura, sia nellambito del curriculum progettuale dell'autore. La coerenza della loro architettura sta nelle affinit dei caratteri stilistici tra insieme e dettagli: nel Museo i volumi arrotondati e curvi dellintero complesso, si riflettono nelle superfici convesse e rotonde dei minuti particolari; nella Scuola il profilo triangolare che inquadra il frontone ripreso dalle rientranze triangolari che scandiscono la facciata. La coerenza nel curriculum professionale dellautore comprovata dallassegnare alle costruzioni un ruolo che non mai secondario, mai anonimo, mai insignificante. Entrambi gli edifici considerati sono infatti concepiti come un punto di attrazione collocato nel paesaggio, come un segnale di orientamento posto nella campagna circostante. Per ognuno di essi, come per i molti altri che aveva gi progettato e che ancora progetter, lautore ha voluto stabilire una relazione percepibile con i dintorni, con le preesistenze, con lambiente. Canella sa che lopera architettonica, quando riveste una funzione pubblica, deve esaltare la sua vocazione di rappresentanza e di rilevanza civica. Deve perci tradurre questa vocazione in un edificio di carattere monumentale, in unopera che induca i frequentatori a sentirsi partecipi di una comunit riconosciuta e consolidata. I due edifici esaminati possiedono questo evidente carattere monumentale, anche se tradotto con linguaggi molto lontani tra loro e quasi contrastanti. Un contrasto che conferma latteggiamento sperimentale del progettista, la sua volont di esplorare
forme espressive sempre nuove e sempre diverse. Il Municipio un organismo raccolto ed introverso, che si avvolge su se stesso come un serpente, e stringe le sue spire intorno alla torretta emergente nel punto planimetrico centrale. La Scuola, al contrario, un organismo disteso ed estroverso, che allunga le sue ali contrapposte e simmetriche, poste in posizione speculare rispetto al grande timpano centrale; e con ci sembra voler imitare i bassi e lunghi volumi delle costruzioni agricole lombarde. Se luno privilegia la centralit e lo schema centripeto, laltra sottolinea la linearit ed accentua la sua notevole estensione planimetrica. Il Municipio pu definirsi un esempio di linguaggio organico, quasi zoomorfo, mutuato dal mondo naturale, mentre la Scuola pu considerarsi un esempio di linguaggio classico, geometrico, rigorosamente controllato e dominato dallesattezza della ragione. Il carattere classico della Scuola non tanto riscontrabile nel grande timpano centrale, sovrapposto ad un arco ribassato, bens suggerito dalla regolarit e dalla simmetria dell'impianto distributivo. Versatilit di linguaggi, abbondanza di proposte compositive, scioltezza e sicurezza di progettazione: questa la lezione tramandataci da Canella sul piano dell elaborazione formale; mentre sul piano dei contenuti etici il suo contributo si manifesta nel valore civico assegnato alle sue architetture e nell ambizione di presentarle sempre come opere di significato monumentale. Occorre riconoscere che a volte le sue esuberanti doti di progettista sono cos incalzanti da trasformarsi in eccessi. A volte l'impeto con cui si getta nell'atto creativo lo porta ad esasperazioni formali, a risultati pletorici e farraginosi, ad esiti eccentrici e sconcertanti. Ma ci non toglie che le sue architetture abbiano sempre un marchio di risoluta e forte personalit. Nelle aule universitarie, nelle sale dei convegni, nelle redazioni delle riviste, non vedremo pi la sua slanciata ed elegante figura, il suo volto sottilmente ironico, la sua andatura apparentemente noncurante, in realt conscia di appartenere a quel dandy erudito in cui Canella amava riconoscersi e per cui lo ammiravamo con simpatia.
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RUBRICHE
MUSICA Questa rubrica curata da Paolo Viola Lestate musicale in Europa
Chi avesse avuto la ventura di capitare in Germania durante questo mese dAgosto, si sarebbe meravigliato di quanta musica colta era quotidianamente proposta a coloro che non erano scappati al mare, ma sopratutto ai turisti stranieri in visita alle citt tedesche. A Berlino tutte le sere si tenevano concerti di giovani ensemble, di orchestre giovanili provenienti da ogni paese (dalla Cina allEcuador), di giovani concertisti e di neodiplomati dei Conservatori, tutti organizzati per cicli di recite quotidiane (o quasi), come i concerti di:
dAgosto lintegrale dei Lieder di Mendelssohn per il bicentenario della sua nascita, nella mitica Gewandhaus di cui fu direttore negli ultimi otto anni della sua breve vita. Sempre a Lipsia il Thomanerchor il celeberrimo coro fondato nel 1212 e costituito da 92 ragazzi di 9-18 anni, di cui Johann Sebastian Bach fu kantor dal suo arrivo nella citt sassone, nel 1723, fino alla morte nel 1750 raccolto intorno al sepolcro del Maestro nella grandiosa chiesa di S. Tommaso, eseguiva due volte alla settimana (come peraltro durante tutto lanno) Mottetti e Cantate di ineguagliabile splendore. Berlino e Lipsia, due soli esempi per capire come si pu far della musica di ottima qualit, promuovendo giovani musicisti e lasciando i grandi interpreti alle loro vacanze e ai pochi grandi Festival estivi, facendo incontrare diverse culture (tanto pi necessario in unepoca di perenne diffidenza verso i diversi), catturando il turismo pi attento ed avvicinando quello pi distratto alle buone pratiche della musica, senza disperdere energie e risorse e senza la necessit di pubblicizzare pi di tanto gli eventi. Perch a Milano invece - a parte qualche buon esempio che per fortuna c stato e che abbiamo anche segnalato - la Scala, il Quartetto, le Serate Musicali, la Societ dei Concerti,
i Pomeriggi Musicali, sono tutti in vacanza, chiusi per ferie? Perch ai turisti che vengono a visitarci durante le vacanze estive non presentiamo il lato migliore della citt, quello pi raffinato, nel quale peraltro essa eccelle e per il quale anche giustamente celebre? Lestate musicale in citt dovrebbe essere la stagione perfetta per dare spazio a quegli artisti che faticano a trovarne durante il resto dellanno; durante la stagione vera e propria tutto deve essere programmato con largo anticipo e con artisti garantiti, mentre in luglio-agosto si possono proporre concerti programmati con poco anticipo, anche azzardati e magari originati da occasioni e scoperte dellultima ora, e cos permettere ai turisti in visita alla citt di conoscere le nostre belle sale di teatro e da concerto, note in tutto il mondo e tuttavia invisibili o scarsamente visibili proprio nella stagione del turismo. I turisti delle citt darte - e Milano ancorch in modo diverso da Venezia o Firenze una di quelle non sono i frequentatori del Billionaire o delle movide di Riccione; vi sono tante persone che destate girano lEuropa sfuggendo spiagge e discoteche per visitare i grandi musei (che, infatti, si tenta di tenere aperti sempre pi a lungo) e per godere i momenti magici della grande musica.
musica da camera, al Museo degli Strumenti musicali della Philarmonie (la sala grande era chiusa per restauri ed alcuni cartelli allingresso si scusavano con i visitatori); musica sinfonica, nella bella sala della Gendarmen Platz; musica barocca, nel castello di Charlottenburg; musica per organo, sotto limmensa cupola del Duomo.
Per non dire di tante altre iniziative, meno ufficiali, che riempivano il Time Out berlinese con programmi musicali dogni genere, e tutte gratuite o a prezzi molto contenuti. Ma altre citt tedesche non sono state da meno, come Lipsia, dove stato eseguito lungo tutto larco del mese
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ANIMELLE 1 EURO AL CHILO davvero oggi tutto in vendita? scritto e diretto da Rocco Ricciardulli Migliaia di ragazze spariscono ogni anno rapite dalla criminalit organizzata. Viaggiano nelle stive di navi da carico, nascoste negli autobus, vendute nei locali gestiti dai signori della droga, battute allasta nei bassifondi delle metropoli di mezzo mondo. Animelle! 1 euro al chilo indaga sul tema della prostituzione (sfruttamento, tratta, violenza sulle donne). Prostituzione intesa, non soltanto come deriva della sessualit ma soprattutto come mercificazione dellio per lottenimento di un obiettivo. Davvero oggi tutto in vendita? La convinzione che ormai tutto possa essere mercificabile. Lo spettacolo limmagine cruda di questo mondo - il canto disperato di queste fragili anime che si muovono in bilico tra il sogno e la morte. Marco, italiano per provocazione il mercante, colui che schiavizza e vende la sua merce. Nicol, Linn e Kjuscha sono le tre prostitute, le vittime di questa storia. In un luogo indefinito, un televisore ultrapiatto, due materassi, un fornellino funzionante danno corpo ad una scena volutamente scarna dove gli attori danno vita ai personaggi. Animelle! 1 euro al chilo un pugno allo stomaco che mira dritto al cuore, senza fronzoli n orpelli dove aggrapparsi per trovare delle giustificazioni a questo business che oggi rende pi del mercato della droga. Ogni personaggio dello spettacolo sviscera la propria storia affidandosi pi ai gesti che alle parole. E uno spettacolo non verboso ma piuttosto estetico, poetico nella forma e violento nella denuncia.
Dal 15 al 20 settembre Teatro Out Off, via Mac Mahon 16 Orario: 20.45 (domenica ore 16) Info: 02.34.53.21.40 UN GIORNO CON GIOVANNI Giovanni Raboni non stato solo il grande poeta che tutti conosciamo, ammirato e tradotto nel mondo, ma anche un infaticabile lavoratore nel mondo dell'editoria, dove stato dirigente, consulente, curatore di collane, un autorevolissimo critico letterario, teatrale, per un paio d'anni anche cinematografico, e un giornalista attento ai problemi della vita sociale, culturale (la sua presenza nelle giurie dei pi importanti premi letterari gli costata la fatica di molte lotte, quasi tutte vittoriose) e politica. Mercoled 16 settembre, nel quinto anniversario della morte, Milano ricorda questo suo illustre cittadino e intellettuale "a tutto tondo". Un giorno con Giovanni, proposto da Patrizia Valduga e condiviso con il Piccolo Teatro in collaborazione con la Fondazione Corriere della Sera, prevede un calendario di manifestazioni in vari luoghi della citt. Ecco il programma. Alle 16: 30 alla Casa del Manzoni, via Morone 1, verr inaugurata la mostra Il Catalogo questo, a cura di Giulia Raboni, figlia del poeta. Interviene Giorgio Orelli (informazioni e prenotazioni: 02.86.46.04.03, cnsm@tiscali.it). Alle 18, nella Sala Buzzati della Fondazione Corriere della Sera, via Balzan 3, angolo via San Marco 21, verr presentato il volume Giovanni Raboni Il libro del giorno 19982003, edito dalla Fondazione Corriere della Sera. Allincontro, coordinato da Paolo Di Stefano, interverranno Maurizio Cucchi, Massimo Onofri, Lanfranco Vaccari. Giancarlo Dettori e Leonardo de Colle eseguiranno alcune letture di testi di Raboni. (informazioni e prenotazioni:
02.87.38.7707, www.fondazionecorriere.it). Alle 20,30 lappuntamento al Piccolo Teatro Studio di via Rivoli per la serata Nellora della cenere, voce sola e quintetto darchi, a cura di Giuseppina Carutti, con Franca Nuti e il Quartetto Indaco (informazioni e prenotazioni 02.72.333.265, www.piccolocard.it). Dopo la giornata del 16 settembre sono in programma due altri appuntamenti. Il 27 ottobre alle 21 si terr una visita notturna alla mostra della Casa del Manzoni, con letture di Anna Nogara, mentre il 28 ottobre, con inizio alle 9, allUniversit di Milano, Sala Napoleonica (via SantAntonio 12), in calendario una giornata di studi La Storia di Raboni. Gli incontri sono a ingresso libero con prenotazione.
IO ME NE FREGO! Uno spettacolo sul bullismo Di Valeria Cavalli Due ragazzi che si conoscono fin dallinfanzia. Un rapporto che nel tempo diventa oppressione di uno nei confronti dellaltro. Lamicizia che si trasforma in prevaricazione. E il coraggio di dire basta. purtroppo ormai cronaca di tutti i giorni laggressione di adolescenti su altri adolescenti: a scuola, per le strade, nei centri di aggregazione giovanile. Violenza verbale e fisica, che a volte finisce in tragedia, tra lomert dei coetanei e lindifferenza degli adulti. Il teatro esprime qui la propria funzione sociale: porta in scena la vita vera, nella quale i ragazzi possono riconoscersi. Uno spettacolo che non vuole mettere in scena il bullismo, ma parlarne in maniera chiara, diretta, senza facile
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retorica e senza moralismi: non per fare la predica ma per generare una morale concreta. Per farcela davvero. Mercoled 16 settembre Fondazione Biblioteca di Via Senato, via Senato 14 Orario: 21 Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili con prenotazione telefonica obbligatoria a partire dal giorno precedente lo spettacolo: 02.76.02.07.94 / 02.76.31.88.93.
IL BUMME Di Nicola Baldoni Debutta gioved 17 settembre in prima nazionale Il Bumme, uno spettacolo creato da Bruno Fornasari (codirettore del Teatro Filodrammatici di Milano) e Peter Clough (exdirettore della Guildhall School del Barbican Centre di Londra) per il Festival Europeo delle Scuole di teatro di Vilnius (Lituania), dove approder ad ottobre nel programma delle celebrazioni per Vilnius Citt Europea della Cultura 2009. Lo spettacolo, che vedr coinvolti i diplomandi del corso biennale della Scuola di Teatro dellAccademia Filodrammatici, rientra nellambito della rassegna Dekalogas/Dialogas, un progetto sul tema del Decalogo per celebrare il ventennale del capolavoro omonimo di Krzysztof Kieslowski. Lidea della rassegna nasce da una proposta del regista lituano Gintaras Varnas e del suo Teatro Utopia, e-
mersa lo scorso settembre a Lione durante la sessione di lavori della cole des coles (network europeo che vede coinvolta lAccademia dei Filodrammatici insieme alle pi importanti scuole di teatro del continente). Lidea prevedeva lelaborazione di una drammaturgia originale, che prendesse spunto da uno o pi comandamenti per discutere del valore e dellattualit dei Dieci Comandamenti oggi. Il punto di partenza scelto per Il Bumme il primo dei Dieci Comandamenti, nella suddivisione che segue il testo del Deuteronomio: Non avere altri di di fronte a me. Non ti farai idolo n immagine non ti prostrerai davanti a quelle cose. Se il Primo comandamento viene disatteso, il sistema di valori che ne consegue non pu che risultare aberrato, dando origine ad un mondo grottesco in cui luccidere, trasgressione al quinto, regola pragmatica pi che atto esecrabile. Per lelaborazione del testo stato scelto come filo rosso La vita agra, un romanzo di Luciano Bianciardi, figura cruciale ma tuttora misconosciuta del panorama letterario italiano del 900. Il protagonista del racconto un uomo che ha potuto conoscere di persona il prezzo della devozione al credo industrialista (che ha sostituito il Dio di Abramo con quello della produzione), vedendo morire quarantatr amici nellesplosione di una miniera. Per questo decide di partire dalla Toscana per recarsi nella Milano del miracolo italiano, con il segreto proposito di distruggere il simbolo dellazienda colpevole della strage: la
sua sede, il Torracchione, sorta di inquietante Moloch che domina la citt. La rappresentazione de Il Bumme a Vilnius, unica presenza italiana allinterno del Festival, avverr nel prestigioso Valstybinis Jaunimo Teatras (Teatro della Giovent), diretto in passato da Eimuntas Nekrosius e sede della prima rappresentazione di molti dei suoi capolavori. Dal 17 al 19 settembre Teatro Filodrammatici, via Filodrammatici 1 Orario: 20.30 Ingresso gratuito fino a esaurimento posti disponibili con prenotazione telefonica obbligatoria 02.86.46.08.49
LORFEO Di Claudio Monteverdi LOrfeo di Monteverdi il primo capolavoro del teatro musicale, nato dal ventre della parola italiana. Per la nuova produzione in scena ala Teatro alla Scala da sabato 19 settembre, Rinaldo Alessandrini unisce la sua competenza monteverdiana alla finezza scenica di Robert Wilson, che muove la sua lettura dellopera da un quadro di Tiziano. Repliche: 19, 21, 23, 25, 28, 30 settembre; 3, 6 ottobre Teatro alla Scala, piazza della Scala Orario: 20 Prezzi: da 187 a 12 euro Infotel 02 72 00 37 44,
www.teatroallascala.org
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della pura gioia del cervello, loccasione ghiotta. Dellartista milanese, morto per infarto nel 1971 nelladorata casa di Arona aveva 68 anni sono esposti quadri che traboccano di immaginazione, forza narrativa, originalit e fantasia creativa. Fra tutti la monumentale Biblioteca magica del 55, un po Brera, un po luogo mitico dove il meglio della storia e della letteratura si sprigiona dalle pagine di polverosi volumi, prendendo vita e regalandone con generosit. Singolare vicenda creativa quella dUsellini, le cui ragioni vanno sempre ricercate nel suo ricchissimo mondo interiore, nella sua infanzia, nei cospicui retaggi dell'educazione alla scuola dei Gesuiti, nella settecentesca casa di Arona, teatro prediletto di rappresentazioni che conservano, nel gusto per il particolare sorprendente, un genuino sapore tardogotico. La biblioteca magica di Gianfilippo Usellini. Palazzo Sormani, via Francesco Sforza 7 orario: 10/12 e 14/18, chiuso domenica. Fino al 10 novembre. Prima o poi vengono fuori, da dietro le copertine che hanno inventato e che li hanno riparati per anni. Oltre un trentennio in Mondadori, nel caso di Ferenc Pintr, illustratore italoungherese il cui tratto incisivo sta dietro a tanti volumetti del Commissario Maigret di Simenon, ma anche delle collane Omnibus e Omnibus Gialli, per non dire degli Oscar Mondadori, i primi pocket venduti anche in edicola: sue le copertine dei libri di Pavese, Deledda, Soldati, Steinbeck, Faulkner, Ibsen e cento altri. Ad un anno e oltre dalla morte di Pintr, sinaugura la prima ampia retrospettiva, a cura di Giampaolo Mascheroni e Peppo Peduzzi, dedicata al suo lavoro nel campo della grafica editoriale, ma anche e soprattutto nella produzione di manifesti di carattere politico, sociale e culturale, attivit nella quale Pintr si pure costantemente impegnato (per esempio, le campagne a favore di Solidarnosc o i manifesti dedicati a Sacharov). In mostra una cinquantina di tempere su carta che preludono ai manifesti e altrettanti bossetti per le copertine dei libri. Ferenc Pintr. Manifesti e altro. Cant, Villa Calvi (ex Municipio), via Roma 8 orario: da luned a venerd 16/19; sabato e domenica 10.30/12.30 e 16/19. Fino al 4 ottobre.
A 10 km da Bellinzona, sulla strada che porta al Passo del San Bernardino. Li si trova Roveredo, nel Canton Grigioni, che in un parco agricoloboschivo di oltre 100mila metri quadri ospita, fino all11 ottobre, la 9 edizione di OpenArt. Curata da Luigi a Marca, artista e promotore culturale che ha ideato questa manifestazione e lha vista crescere negli anni, OpenArt ospita i lavori di una cinquantina di artisti di varie nazionalit, a Marca incluso, spesso e volentieri ai loro primi passi. aperto, per, e anche proficuo il confronto con le installazioni permanenti di maestri riconosciuti, come Arman, Rotella, Spoerri, Schumacher. Alle sculture, realizzate in pietra, legno, bronzo o ferro, si aggiungono opere video e fotografiche, ma anche installazioni e performance che si svolgono nel corso della manifestazione. Aggiornamenti on line: www.openart.ch
Palazzo Reale orario: luned 14.30/19.30, marted-domenica 9.30/19.30, gioved 9.30/22.30. Fino al 27 settembre.
dedicata alla lunga stagione trascorsa da Monet a Giverny la mostra di Palazzo Reale. Una rassegna che allinea 20 grandi tele dellartista provenienti dal Museo Marmottan di Parigi, dipinte tra il 1887 e il 1923 quando la costruzione del giardino di Giverny, con i salici piangenti, i sentieri delimitati dai roseti, lo stagno con le ninfee, il ponte giapponese, i fiori di ciliegio e gli iris trova pieno corrispettivo nella tavolozza multicolore di Monet, portando alle estreme conseguenze quellattitudine innata che lo induceva, ancora ragazzino, a disegnare dal vivo il porto di Le Havre, piuttosto che seguire in studio le lezioni dei maestri. Il tempo della magnifica ossessione di Giverny una piccola citt sulle rive della Senna dove Monet spese la maggior parte del suo tempo e dove costru il suo pi volte immortalato giardino - le cui immagini si possono confrontare con una serie di fotografie ottocentesche di giardini giapponesi. Non senza percepirne la familiarit con la tradizione giapponese dellukiyo-e, rappresentata da 56 stampe di Hokusai e Hiroshige, prestate dal Museo Guimet di Parigi ed esposte a rotazione per ragioni conservative. Sono in arrivo a breve dal Guimet 28 nuove opere di Hiroshige e Hokusai che saranno esposte da luned 27 luglio, sostituendo i fogli attualmente in mostra. Monet. Il tempo delle ninfee.
Milano culla della Scapigliatura. Movimento artistico e letterario cui dedicata lampia rassegna a cura di Annie-Paule Quinsac e di un variegato comitato scientifico costituito da esperti di musica, letteratura, teatro e architettura. Una denominazione che rinviando a chiome disordinate, allude in realt a vite dissolute e scapestrate. Ribelli, appunto, come i protagonisti del romanzo di Cletto Arrighi La Scapigliatura e il 6 febbraio (1861-62) che ha dato il nome a questo mix di fermento intellettuale, impegno socio-politico e arte, destinato a scompigliare come un pandemonio la Milano tardo ottocentesca. La mostra documenta lintera stagione, a partire dagli anni 60 dell800 fino allinizio del900. 250 opere, tra dipinti, sculture e lavori grafici, dalla pittura sfumata del Piccio allintensit coloristica di Faruffini, alle innovazioni di Carcano, fino Ranzoni, Cremona, Grandi che segnano il momento doro della Scapigliatura, ma anche Paolo Troubetzkoy, Leonardo Bistolfi, Medardo Rosso, Eugenio Pellini, Camillo Rapetti. Una sezione della mostra ricostruisce la vicenda del travagliato progetto del Monumento alle Cinque Giornate di Giuseppe Grandi, gessi compresi. Ulteriori approfondimenti, in ambito letterario e giornalistico, si trovano alla Biblioteca di via Senato che espone il Fondo delleditore Angelo Sommaruga, ricco di lettere, biglietti postali, cartoline, volumi e riviste, oltre una sezione dedicata alla caricatura e ad alcune opere di artisti fra cui Ranzoni, Troubetzkoy e Conconi. Scapigliatura. Un pandemonio per cambiare larte. Palazzo Reale, piazza Duomo 12 orario: luned 14.30/19.30; marteddomenica 9.30/19.30; gioved 9.30/22.30. La Scapigliatura e Angelo Sommaruga. Dalla bohme milanese alla Roma bizantina. Fondazione Biblioteca di via Senato, via Senato 14 orario: marted- domenica: 10/18. Fino al 22 novembre.
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Un nuovo appuntamento nellambito delle celebrazioni per il bicentenario della fondazione della Pinacoteca di Brera. Loccasione sta suggerendo un modus operandi che si vorrebbe appartenere alla quotidianit di un museo, tra scavo e ricerca sul proprio patrimonio, ma anche capacit di dare conto dei risultati con attitudine divulgativa. Lattenzione si sposta questa volta su Giuseppe Bossi, figura chiave della storia braidense, uno dei primi segretari dellAccademia di Belle Arti succeduto a Carlo Bianconi, sospettato di sentimenti filo austriaci cui si deve, fra laltro, la presenza nelle collezioni di Brera del Cristo morto del Mantegna e dello Sposalizio della Vergine di Raffaello, al cui acquisto partecip attivamente. La rassegna ricostruisce la raccolta di ritratti e autoritratti di artisti che Bossi concep come incentivo alla ricognizione storica degli antichi maestri della scuola milanese per gli allievi dellAccademia. In tutto 34 ritratti, 25 dei quali raffiguravano infatti maestri lombardi o loro familiari, dei quali si presto persa memoria, se vero che gi nel catalogo della Pinacoteca del 1816 non sono pi registrati come nucleo autonomo. Le curatrici della mostra, Simonetta Coppa e Mariolina Olivari, li hanno rintracciati, spesso dimenticati in uffici pubblici e ne presentano 24, restaurati per loccasione, oltre a un Autoritratto di Giuseppe Bossi. Il Gabinetto dei ritratti dei pittori di Giuseppe Bossi. Pinacoteca di Brera, via Brera 28, Sala XV orario: 8.30/19.15, chiuso
A cura di Philippe Daverio con Elena Agudio e Jean Blanchaert, la rassegna propone tuttaltro che una lettura univoca e compiuta dellarte sudamericana; semmai un ritratto dautore che ricorda artisti di ieri e protagonisti delle ultime generazioni, insistendo su alcuni temi condivisi: sangue, morte, anima, natura, citt. E sempre e comunque con grande passione sociale e attenzione per la storia. Non ununica America Latina, ma tante Americhe Latine, cos come molto diversificato e variegato il panorama artistico del continente sudamericano. Arrivano dal Brasile, da Cuba, dalla Colombia, dal Cile, dal Venezuela e dal Messico le oltre cento opere esposte. Una cinquantina gli artisti rappresentati, concettuali, astratti, figurativi nel senso pi tradizionale del termine, pittori, scultori, fotografi o amanti delle sperimentazioni linguistiche. Ecco, dunque, la cubana Tania Bruguera, largentina Nicola Costantino, la brasiliana Adriana Varejo fino a Beatriz Milhares, Vik Muniz, al fotografo guatemalteco Louis Gonzales Palma, al cileno Demian Schopf. C anche Alessandro Kokocinsky, cresciuto in Argentina, ma nato in Italia dove tuttora vive e lavora, che trasferisce nelle sue opere dolenti i tormenti vissuti in prima persona. Nella sala cinematografica dello Spazio Oberdan la sezione video curata da Paz A. Guevara e Elena Agudio.
Americas Latinas. Las fatigas del querer. Spazio Oberdan, via Vittorio Veneto 2 - orario: 10/19.30, marted e gioved fino alle 22, chiuso luned. Fino al 4 ottobre. Si fa sempre pi fitto il dialogo tra arte antica e moderna, almeno quanto ad iniziative che vedono a confronto tradizione e modernit. Come la mostra allestita in questi giorni allAccademia Tadini di Lovere. Una rassegna nata dalla collaborazione tra il museo lombardo, aperto nel 1828 da un collezionista di allora, il conte Luigi Tadini, e tre galleristi/collezionisti di oggi, Claudia Gian Ferrari, Massimo Minini e Luciano Bilinelli. Ecco dunque che le opere di Antonio Canova, Francesco Hayez, Jacopo Bellini, Fra Galgario, il Pitocchetto, Francesco Benaglio e Paris Bordon, conservate in permanenza allAccademia Tadini, si trovano per qualche mese faccia a faccia con quelle di Giulio Paolini, Carla Accardi, Lucio Fontana, Luigi Ontani, Arturo Martini, Sol LeWitt e molti altri maestri del XX e XXI secolo. Accademia Tadini. Quattro collezionisti a confronto Lovere (Bergamo), Accademia di Belle Arti Tadini, Palazzo dell'Accademia, via Tadini 40 (Lungolago) orario: marted-sabato 15/19, domenica 10/12 e 15/19. Fino al 4 ottobre.
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regista avesse bisogno di fuggire dalle regole, e tornare ad esprimersi come meglio gli pare. Non mi sono dispiaciuti i tre episodi delluomo ragno, ma devo ammettere che in questo genere di film esce il vero Raimi, meno elegante e preciso ma molto pi genuino e libero di esprimersi. Una menzione speciale va al direttore della fotografia Peter Deming(Mullholland Drive) e alle musiche di Christopher Young, onnipresente del genere. Quindi se non siete dei fan del regista e soprattutto se lo avete conosciuto con la saga delluomo ragno, non il film per voi. A tutti gli altri, buona visione. Videocracy di Erik Gandini Tutta italiana questa produzione svedese, non solo nel regista, ma soprattutto nel soggetto che tratta. La de-
mocrazia del video in Italia, in cui ci che conta a livello politico e sociale limmagine di se che un politico o un personaggio riescono a dare alla gente. E questa la trasformazione socioculturale che ha subito lItalia negli ultimi quindici anni. Si trasformata in una societ in cui si diventa popolari non necessariamente per meriti lavorativi, culturali, sociali o politici, ma per il fatto di essere stati parte della televisione, del video e del suo potere, che di fatto trasforma la nostra democracy in una videocracy. Un film sviluppato in maniera molto interessante dal punto di vista estetico, perch Gandini, non solo non cade nella trappola del documentario anti-governativo, ma anzi, con delle scelte stilistiche che usano magnifi-
camente immagini e musica, sposta lattenzione sul quotidiano, per rilevare linquietudine degli esseri umani che popolano la videocracy. Esseri umani di cui ti senti inevitabilmente parte integrante dopo questo film, che fa riflettere sul potere sempre pi dilagante della televisione sulle masse, e dellassenza da parte di questultime, di strumenti critici che renderebbero la visione della vita, e la vita stessa, pi cosciente e consapevole. Qualsiasi idea o appartenenza politica abbiate non importa, questo un film da vedere, prima di tutto perch fatto molto bene ed in maniera originale, e poi perch fa riflettere, ed ogni tanto non fa male.
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EXPO MORATTI: PAROLE,PAROLE,PAROLE
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