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§ 21º
Dei dialetti: loro antichità. Il libro del Vulgare Eloquio.
e anch’oggi in villa dicono chi loga per qua (hoc loco) e lumentà per
ricordare, rammentare.
In questo poeta già avvertimmo la formazione della conjugazione
odierna mediante l’affissione del verbo ausiliare.
E che il dialetto milanese già si parlasse anteriormente, lo
raccogliamo dal trovare, nel poeta Cumano che cantò la guerra
decenne contro i Comaschi, nominati un Pagano prestinaro, un
araldo Pandisegale: sull’arco che i Milanesi eressero dopo riedificata
la patria nel 1174, son nominati Passaguado da Setara, Arnaldo de
Mariola, Gerardo de Castagnianega, prevede per prete, che sono
pronunzie ancora usate. A difesa del carroccio i Milanesi istituirono
la compagnia de’ Gajardi, e n’era capo un di Monza, detto
Mettefogo: parole del dialetto; come sono i cognomi usitati in quel
tempo, Bragacurta, Bragadelana, Cavazocco, Brusamonega, e
simili. Anche a Brescia trovo nel 1177 Martinus Petenalupi, Ogero de
Cavalcacane; e nel 1192 Landolfo Scanamojer, Carnevale de
Codeferro, ecc.
Agli incunabuli della stampa appartiene El vocabolista ecclesiastico
ricolto et ordinato dal povero sacerdote de Christo frate Johanne
Bernaldo savonese, stampato a Milano per Leonardo Pachel, 1489,
nel quale son registrate parecchie voci nel dialetto milanese vive fin
oggi, quantunque egli vi desse la terminazione italiana; come
aguccia ago, amolato arrotato, assetarse sedersi, barba zio,
brancata manciata, camola tignuola, copo tegola, dar fora
pubblicare, despresio malizia, fiadare respirare, fidigo fegato, fronza
fronda, gera ghiaja, gialdo giallo, la grassa l’adipe, impressa in fretta,
ingualare eguagliare, lentigia lenticchia, lisca carice, lumisello
gomitolo, meda mucchio, messedare mescolare, mezena lardone,
mocare smoccolare, morone gelso, mufolento ammuffito, pagura
paura, rampegar arrampicare, rognoni arnioni, rosegato roso,
sbadagiare sbadigliare, scarcare sputare, scoder riscuotere, semeso
sommesso, sesa siepe, spegazzato imbrattato, temporito precoce.
A Gabriele Rosa fu esibita una composizione in bergamasco, che
nell’archivio notarile di Bergamo esisteva fra istrumenti privati in un
volume di pergamena del 1253, sicchè vorrebbesi crederla dell’anno
stesso. Sarebbe dunque anteriore a tutti questi saggi di dialetti; ma
per ciò appunto si desidererebbero più concludenti prove
d’autenticità, e meglio ancora un fac-simile.
Il Lasca, negli Inganni, atto iii. 5, introdusse un Pider da Valsassina
che parla il suo dialetto; e così si fa in altre commedie del
Cinquecento, ma in modo sì sformato, da non riconoscersi più il
lombardo. Anche Franco Sacchetti fa parlare molti in dialetto,
massime in friulano e genovese; ma sempre piccol conto si può fare
sopra chi riporta vulgari altrui. Perciò fallisce la prova fatta dal
Salviati di tradurre in milanese una novella del Boccaccio [202]; e
perfino la più diligente disquisizione in tal proposito pubblicata testè
dal signor Biondelli.
Pel dialetto piemontese è a veder la traduzione degli statuti della
società di S. Giorgio di Chieri, pubblicata dal Cibrario nel t. ii, p. 287
della Storia di Chieri e assegnata al secolo xiv [203]. Del qual tempo
sembra pure un uffizio ad uso de’ confratelli disciplini di Saluzzo, ove
sono 32 laude in un cattivo italiano che tirerebbe al veneto. P. e.:
L’alegranza de le nove
Chi noamente son vegnue
A dir parole me commove
Chi non son de ese taxue...
Quelli se levan lantor
Como leon descaenai
Tutti criando alor alor...
Ben fè mestè l’ermo in testa,
Si era spessa la tempesta;
L’aere pareia nuvelao...
Correa mille duxenti
Zunto ge novanta e quatro.
Or ne sea De lodao,
E la soa doze maire
Chi vitoria n’ha dao...
§ 22º
La lingua italiana è patrimonio esclusivo d’una provincia? Sue
vicende.