Sei sulla pagina 1di 16

Lezioni di diritto amministrativo

Lo stato è l’unione di tre elementi: 1) collettività che sta insieme, 2) territorio su cui sta la collettività, 3)
amministrazione/ordinamento della collettività. Ma che cosa è la pubblica amministrazione ( vedi concetto
comunitario di pub. amm. E sentenza sulla banca d’Italia)? consiste in una serie di figure giuridiche soggettive che
amministrano la collettività. La p.a. svolge la funzione amministrativa dello Stato che consiste nell’applicazione
delle regole poste da coloro che detengono la funzione normativa. La p.a. detiene il potere su una certa vicenda in
quanto vi è una norma ad attribuirglielo; si chiama potere se visto dal punto di vista statico; se visto dal punto di
vista dinamico si chiama funzione (vedi sentenze). Potere e funzione sono due facce della stessa medaglia;
esercitare una funzione significa porre in essere una serie di atti tra loro collegati; la p.a. pone in essere una serie
di procedimenti che terminano ciascuno con un provvedimento.
Le principali persone giuridiche amministrative sono: gli organi, le autorità indipendenti, gli enti pubblici, le
agenzie etc.
Figura dell’organo: è una struttura elementare dell’organizzazione pubblica. Non è dotato di personalità giuridica
e fa parte di una persona giuridica. Es. il ministero è organo dello Stato, il sindaco del comune. L’organo è lo
strumento attraverso cui lo stato, persona giuridica, opera; o meglio lo stato opera attraverso il titolare
dell’organo. Si ha quindi
Persona giuridica: Stato o enti pubblici territoriali.
Organo: Ministero, sindaco etc.
Titolare dell’organo : le concrete persone fisiche.
In ogni caso l’organo è strumentale alla persona giuridica: serve ad agire ed ad imputare gli effetti dell’attività che
pone in essere ad una determinata persona giuridica. Circa la persona fisica titolare dell’organo bisogna
distinguere l’attività che questa pone in essere in quanto tale e in quanto soggetto di autonomia privata.
Peculiare tipo di organo era fino a poco tempo fa l’Azienda autonoma: dello stato o del comune. Figura che nasce
nei primi del ‘900 e muore nel ’98; dotata di una particolare autonomia: proprio consiglio di amministrazione,
autonomia contabile, parziale autonomia di gestione. Introdotta xchè lo stato diveniva per la prima volta
imprenditore. Altra figura nuovissima nel nostro ordinamento sono le Autorità Indipendenti: autorità garante
della concorrenza e del mercato, per le garanzie delle comunicazioni, per il controllo nel settore dei lavori pubblici,
per la tutela della privacy, Banca d’Italia etc. Sono divise in due categorie: a seconda che siano dotate di
personalità giuridica o meno. Sono organismi istituiti in cui vi sono interessi collettivi di particolare rilevanza
sociale. Non si trovano nel circuito democratico: equilibrio governo-parlamento; tali figure soggettive sono
indipendenti sotto il profilo organico in quanto non sono nominate dal governo ma la nomina è dovuta all’intesa
dei presidenti delle due camere con l’eventuale partecipazione del P.D.R.; sotto il profilo funzionale in quanto la
loro attività non è sottoposta a direttive e quindi sottratta all’indirizzo politico del governo e del parlamento.
Inoltre durano in carica 7 anni: ratio durata lunga: per evitare che una frequente nomina costituisca un fattore di
influenza politica di parte. Tali autorità appartengono all’amministrazione anche se non sono soggette al controllo
della Corte dei Conti. Adottano provvedimenti amministrativi che sono oggetto della giurisdizione amministrativa;
il giudice amministrativo che li esamina non entra nel merito altrimenti verrebbe meno la loro autonomia. Il
giudice si limita a verificarne la legittimità.
L’ente pubblico si identifica come una persona giuridica pubblica (dotata sempre di personalità giuridica) a cui è
attribuita dall’ordinamento potestà pubblicistica e che può agire con gli stessi poteri della pubblica
amministrazione. definire un ente pubblico vuol dire sottoporlo al controllo della Corte dei Conti altrimenti
l’amministratore dell’ente non è sottoposto al principio dell’autonomia contabile.
Prima l’esigenza di definire un ente pubblico derivava dal fatto di qualificare il rapporto di lavoro alle dipendenze
dell’ente come pubblico; oggi tale esigenza non c’è più perché anche i rapporti di lavoro alle dipendenze della p.a.
sono tutti privati. È irrilevante anche il fatto che persegue fini pubblici: questi ultimi possono infatti essere
perseguiti anche da soggetti giuridici privati. Ma quand’è che un ente si può definire

pubblico? Ci si avvale del criterio degli indici rilevatori della pubblicità dell’ente. Tali indici individuati dalla
giurisprudenza sono:
1-istituzione dell’ente da parte dello stato
2-nomina degli amministratori da parte dello stato
3-finanziamento da parte dello stato
4-impossibilità dell’ente di disporre di se stesso
Un ente è pubblico quando ricorrono due o + criteri. Uno di tali indici non è di per se sufficiente ad affermare la
natura pubblica dell’ente. L’indice fondamentale però è il primo: è pubblico se riconosciuto tale da una legge o
provvedimento amministrativo che lo istituisce. Se un ente è pubblico si applica la legge del provvedimento
amministrativo; caratteristica fondamentale quindi è la capacità provveddimentale cioè ad adottare provvedimenti
amministrativi. Secondo una prima bipartizione si distinguono gli enti territoriali dagli enti nazionali. Quelli
territoriali sono enti esponenziali dislocati nel territorio (regioni, province, comuni);hanno una caratteristica
recessiva: ambito territoriale in cui si svolge l’attività dell’ente; sono enti politici rappresentativi della collettività,
gli unici che hanno la potestà di dotarsi di un indirizzo politico autonomo da quello dello Stato.

Quelli nazionali non sono ne esponenziali e ne dislocati nel territorio (inps); si suddividono in enti di erogazione
(vedi sentenze di enti pubblici) ed enti economici-imprenditoriali, (vedi sentenze enti pubblici economici). I primi
hanno la finalità di erogare quasi gratuitamente il cui costo è sopportato dalla collettività che paga le imposte; i
secondi sono finalizzati alla produzione di beni e servizi da destinare alla vendita per coprire le spese.
.
Dalla C E sono state emanate quattro direttive relative agli appalti delle forniture, dei servizi, dei lavori e di tutti e
tre per determinati settori quali fornitura gas, trasporto elettricità. Tali direttive si ispirano a due principi base del
diritto comunitario: quello della libera circolazione dei beni e quello della libera concorrenza volte a limitare tutte
quelle limitazioni che lo stato in quanto contraente poteva disporre. Tali direttive eliminano qualsiasi
discriminazione circa la nazionalità dei soggetti che entrano in rapporto con lo stato in quanto contraente; ciò
implica che tutte le imprese possono accedere ai contratti. Inoltre si doveva evitare un aggiramento della direttiva
che si poteva avere se lo stato si rivolgeva a soggetti appositamente istituiti. Tali direttive hanno contribuito alla
definizione di organismo di diritto pubblico (vedi sentenze): è tale un organismo, anche privato, che svolge
funzioni di interesse generale, che non abbia carattere industriale o commerciale, che sia in prevalenza finanziato
dallo stato e i cui amministratori siano in prevalenza eletti dallo stato o da enti pubblici. Da tali direttive si evince
che un organismo di diritto pubblico può essere anche privato. Il fatto che non debba essere industriale o
commerciale non vuol dire che non esistono enti pubblici con fini economici-imprenditoriali; questi esistono come
abbiamo visto prima; vuol dire solo che per tali enti che operano a fini di lucro le direttive stesse non si applicano.
Ciò perché se lo stato opera in qualità di imprenditore e non di contraente non vi è nessun privilegio per esso, non
fa preferenze in quanto opera a fini di lucro cioè con chi ricava il maggior utile. Se opera in qualità di contraente
(compra alle imprese) potrebbe preferire determinati enti piuttosto che altri. L’organismo pubblico può essere
anche privato; tra le categorie giuridiche privatistiche si distinguono quelle che il diritto amministrativo utilizza in
quanto tali e quelle che utilizza modificandole. Nel primo caso lo stato si avvale di una figura privatistica come
strumento senza alterarne la struttura e la funzione ( es. fondazione Cenci Bolognesi); nel secondo caso es. la
S.P.A. che è una figura giuridica privatistica può essere alterata nella sua struttura: vi sono infatti spa legali in
quanto previste direttamente dalla legge in cui si dispone che l’azionista stato nomini i membri
dell’amministrazione ed emani le direttive che la spa deve conseguire.

Nel diritto pubblico si distinguono le figure giuridiche soggettive dai rapporti giuridici. Questi ultimi sono le
relazioni che si stabiliscono tra figure giuridiche soggettive. Nel diritto amministrativo si possono riscontrare due
specie di rapporti giuridici: rapporti di equi-ordinazione intercorrenti tra autorità collocate allo stesso livello aventi
gli stessi poteri in ambiti diversi di azione ( direzioni generali dello stesso ministero); rapporti di subordinazione
tra due autorità collocate a livelli diversi in modo tale che vi sia una sotto posizione di una figura all’altra; in tal
caso poteri diversi nello stesso ambito d’azione. In tale secondo caso si parla di gerarchia: rapporto

di subordinazione tra due figure giuridiche soggettive di cui quella sopra ordinata ha un potere di intensità
massima tale che può sostituirsi nelle attribuzioni di quella sotto ordinata. Può avere senso verticale o diagonale
quando va da una struttura all’altra. L’attività amministrativa è frazionata in tre parti: attività di indirizzo, di
controllo e di gestione; le prime due permangono all’autorità amministrativa sovraordinata: indirizzo politico
(policy) e controllo; la terza è lasciata a quella sottoordinata: gestione giorno per giorno (day to day management).
La complessità della macchina statale può reggersi solo sul presupposto che qualcuno comandi qualcunaltro; ciò
implica la necessità dei rapporti di gerarchia. Se ne distinguono tre formule:
La prima formula di gerarchia è data dal principio di distribuzione delle funzioni prevalente nell’amministrazione
moderna; implica limitazione del principio di gerarchia; ciascun amministratore pubblico ha una propria sfera di
attribuzione, una propria competenza.
La seconda formula è quella di indirizzo o direzione in cui l’autorità sovraordinata ha il potere di stabilire la
finalità dell’azione cioè gli obiettivi di quella subordinata a cui rimane la scelta dei mezzi per raggiungere quegli
obiettivi.
La terza è quella di coordinamento in cui l’autorità sovraordinata ha il potere di orientare l’attività di più autorità
sottoordinate tanvolta stabilendo i fini talaltra operando dei controlli. Quelle subordinate sono più di una: non vi è
un rapporto one to one come nell’indirizzo ma di uno a molti. Le formule di coordinamento possono variare: es
task forces: più forze collegate ad una tasca, ad un obiettivo ad uno scopo che una volta raggiunto ognuna ritorna
nei corpi di appartenenza; es task forces nell’ambito della pubblica sicurezza tra carabinieri e polizia

L’ordinamento amministrativo della Repubblica Italiana comporta l’esistenza di una struttura centrale: i ministeri.
Vi è poi una struttura periferica complessa perché binaria consistente sia di uffici decentrati di apparati
ministeriali e quindi dipendente dal centro e sia di uffici diversi dai ministeri ( regione comuni) e quindi
indipendente dal centro.
Ciascun ministero è formato da una serie di organi: ministro, segretariato generale, dipartimenti, direzioni generali
e divisioni. Non tutti i ministeri hanno tale struttura: le parti che costituiscono i ministeri si dividono in due
categorie: parti che si riscontrano in tutti i ministeri e parti che sono presenti sono in alcuni ( necessarie ed
eventuali).

Studio del Decreto Legislativo 30 Luglio 1999 N 300: “ Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma
dell’art.11 legge delega 59/97
Un testo legislativo si inizia a leggere dalle disposizioni finali e transitorie: titolo V art.55: dalla lettura di tale
articolo si nota che tale decreto legislativo non ha un’immediata efficacia in tutte le sue parti; per i primi 4 titoli
l’efficacia è differita, mentre per i rimanenti è immediata salvo le attuazioni. Si distingue quindi, il vigore, la
validità di una norma dall’efficacia della medesima. La prima parte ha efficacia differita in quanto legata allo
scioglimento regolare o anticipato dell’attuale Parlamento e sospesa fino alla nomina del futuro Governo. Tale
parte attiene alla struttura dei ministeri, agenzie ect. Ratio : il governo attuale non può essere destabilizzato prima
della fine della legislatura da una legge.
Detto ciò vediamo quale sono le possibili fonti che regolano l’organizzazione dell’amministrazione: ex art.97 cost.
“ i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge...” ; in tal caso la riserva di legge prevista dalla
Costituzione è rispettata perché tale Decreto Legislativo è un atto avente forza di legge ( caso contrario se vi era
una riserva della legge). In generale e nel caso specifico parte della materia amministrativa può essere demandata
dalla legge a fonti ad essa subordinate: si individuano 3 livelli di fonti che disciplinano l’organizzazione della P.A.:
1:legge, 2:regolamenti, 3: decreti ministeriali. In tale Decreto Legislativo vi sono 3 art. importanti che rinviano a
Regolamenti Ministeriali: art.4 comma1. Art.7 comma2, e art8 comma4. I regolamenti cui fanno riferimento tali
art. sono previsti all’art.17 comma 4 bis legge 400/88: “regolamenti delegificanti”
(il comma 4 bis introdotto dalla legge 59/97); l’art.7 comma 2 fa riferimento alla legge 29/93.
Il regolamento delegificante è previsto da una legge che oltre ad abrogare espressamente leggi precedenti su una

determinata materia rinvia allo stesso il compito di andare a disciplinarla per evitare i vuoti, le lacune normative
formatesi per effetto dell’abrogazione. Apparentemente tale rinvio ai regolamenti delegificanti cozza con la riserva
di legge prevista dalla Costituzione, ma in realtà no perché solo in un caso non può essere emanato: quando c’è
una riserva assoluta di legge. In tal caso quella prevista dall’art.97 cost. è relativa. La disciplina che il
regolamento delegificante andrà a regolare sarà in seguito modificabile da altri regolamenti senza la necessità di
ricorrere ad atti aventi forza di legge.
Una volta viste le fonti, passiamo ad analizzare il contenuto di tale decreto leg.: va a disciplinare le figure
giuridiche dei ministeri (organi), uffici di diretta collaborazione del Ministro, i segretari generali e i capi
dipartimento. Queste ultime due figure presenti solo in alcuni ministeri. Mentre non regola gli enti pubblici
nazionali e territoriali, né le autorità amministrative indipendenti e l’amministrazione centrale non statale. L’art.2
elenca i ministeri e prevede 5 importanti modificazioni: n5 ministero economia e finanze, n6 il ministero delle
attività produttive che andrà a comprendere due minis., il n8 ministero ambiente e territorio che includerà l’attuale
ministero dell’ambiente e parte delle funzioni del ministero dei lavori pubblici relative alla protezione del territorio,
n10 min. del lavoro, salute e politiche sociali che comprenderà il m. del lavoro della previdenza sociale e della
sanità, n11 m. dell’istruzione dell’università e della ricerca che riunifica tali tre branche, infine n12 m. per i beni e
le attività culturali che implica la fusione del m. per i beni culturali e quello del turismo e dello spettacolo.
All’interno dei ministeri vi sono degli organi che si chiamano ministri. Non è vero che ogni volta che vi sia un
ministro debba esserci necessariamente un ministero; è previsto infatti anche il ministro senza portafoglio che in
teoria (non in pratica) è sprovvisto di un apparato amministrativo sottostante. Non è necessario ed è incaricato di
una funzione ad hoc che cessa con la fine del governo. Se ha in realtà un apparato amministrativo sottostante e in
un governo non viene nominato, le sue funzioni sono esercitate dal P.D.C. dei ministri.
Organizzazione interna dei ministeri: le norme ad essa relative le troviamo nel titolo 1: da art. 3 a art 6. Tali norme
prevedono che alcuni ministeri sono divisi in Dipartimenti altri in Direzioni generali. L’art.5 che parla dei
Dipartimenti rinvia ai regolamenti circa il loro contenuto. Quanto alle Direzioni generali queste esistono nel nostro
ordinamento da 150 anni: legge Cavour 1853 che sanciva che alcuni gruppi di uffici sono costituiti in direzioni
generali che non erano una sottodivisione dei ministeri ed erano eventuali. Solo negle anni ’30 le divisioni generali
saranno una suddividione dei ministeri e a loro volta ripartite in divisioni ed in sezioni. Implica organizzazione
gerarchica dei ministeri. Dalla prossima legislatura non sarà più così: i ministeri saranno divisi in dipartimenti
salvo quelli dell’art.3 comma 2 per cui permangono le direzioni generali. “m. degli affari esteri, della difesa, per i
beni e le attività culturali. Novità di tale decreto non è il Dipartimento, figura già presente, ma dalla sostituzione
del modello organizzativo delle direzioni generali con quello del dipartimento che diviene il modello normale. Il
dipartimento copre un ambito di funzioni più ampie e implica un’amministrazione per risultati e per prodotti
anziché per processi, per favorire l’efficienza degli apparati amministrativi.
Nel secondo titolo vengono disciplinate le Agenzie in generale, e nel art.10 del titolo 5 le singole agenzie. La loro
previsione implica l’abbandono del principio di compattezza dell’amministrazione statale secondo cui tutte le
funzioni amministrative dovessero essere svolte dai ministeri: principio introdotto dalla legge Cavour. Ora parte di
tali funzioni sono svolte dalle agenzie che sono organi diversi dai ministeri. Viene meno anche il principio
gerarchico infatti tali agenzie rivestono un grado di autonomia in quanto il ministro non ha un poter di dare loro
ordini ma solo un potere di indirizzo e di controllo. Le agenzie sono delle amministrazioni statali e possono essere
istituite o soppresse solo con atti aventi forza di legge; hanno funzioni già esistenti che prima venivano svolte dai
ministeri, funzioni di carattere tecnico operativo e non burocratico ( ag. Industria e difesa: attività industriale,
produce armamenti) di interesse nazionale e non locale. Ex art 8 comma 4 circa la disciplina vi è un rinvio a
regolamenti delegificanti. Le leggi abrogate sono quelle che attribuiscono le funzioni, ora delle agenzie, ai
ministeri. Abbiamo detto che godono di un’autonomia limitata in quanto soggette ai poteri di indirizzo e di
controllo del ministro; ag. ministerializzate. E x art 8 com4 il rapporto tra il direttore generale dell’agenzia e il
ministro è uguale a quello tra il m. e il capo dipartimento. Sono sottoposte al controllo della Corte dei Conti che ex
art.3 legge 20/94 è un controllo di gestione e non più preventivo di legittimità. Ex art8 com4 lettera E: “ lo
svolgimento della funzione di agenzia è regolata da una convenzione di cui il direttore generale dell’agenzia è

parte contraente insieme al ministro competente. Convenzione che definisce gli obiettivi specificatamente attribuiti
ad esse nell’ambito dalla missione ad essa affidata dalla legge”. Questo è un elemento in parte di autonomia
dell’agenzia. L’art10 titolo5 vengono disciplinate le singole agenzie tra cui quella di industria e difesa che si
comporta come un’impresa privata datata di personalità giuridica; non è stata privatizzata perché il legislatore ha
ritenuto mantenere pubblica la produzione di armamenti. Ministero di riferimento quello dell’economia e delle
attività produttive. Agenzie fiscali che hanno personalità giuridica di diritto pubblico e sostituiscono i dipartimenti
del ministero delle finanze. Il min. delle finanze viene conglobato con il m. del tesoro e dell’economia dalla
prossima legislatura, mentre viene riformato fin da subito per quanto riguarda le agenzie fiscali.

Personale dipendente dalla p.a.

Il personale amministrativo è diviso in due categorie: 1) personale non professionale o onorario che per il fatto di
essere stati eletti o nominati hanno un rapporto temporaneo con la p.a. es. sindaco p.d.r. etc. per tale categoria non
vi è una disciplina unitaria ma i diversi onorari sono regolati da tante norme diverse quante sono le sotto categorie
2) personale che è legato da un rapporto di lavoro subordinato, stabile con la p.a. a tempo indeterminato; vengono
retribuiti dalla p.a. tale categoria ha dei moduli unitari di disciplina: alcune sono regolate dalla legge altre dal
contratto collettivo. Oggetto della materia trattata sono: costituzione, nomina, vicende modificative ed estinzione
del rapporto di lavoro con la p.a.. Se vogliamo dare una prospettiva diacronica, bisogna evidenziare in questi
ultimi anni sia un cambiamento della fonte di normativa della disciplina: da legislativa a contrattuale e sia
dell’oggetto della disciplina: non si parla più di pubblico impiego ma di lavoratori dipendenti dalla p.a.. il
mutamento del regime giuridico dei dipendenti pubblici deriva dal cambiamento del regime giuridico generale.
Fino al ’57 la disciplina del rapporto lavorativo della p.a. era affidata alla legge per tre esigenze: 1) esigenza
funzionale allo stato stesso: il rapporto di lavoro era regolato con legge perché il dipendente agisce per lo stato 2)
esigenza opposta cioè quella di garantire i dipendenti pubblici dalla p.a.: legge a tutela dei dipendenti pub. contro
eventuali ingerenze da parte della p.a. 3) esigenza dello stato: regolare il pubblico impiego in modo da assicurare il
controllo della finanza pubblica ai fini del contenimento della spesa da parte dei pub. dipendenti. Con la
Repubblica la seconda esigenza è venuta a mancare: mentre prima infatti nello stato monarchico il governo aveva
un potere di prerogativa forte e il legislatore poteva opporsi al governo; ciò giustifica la funzione della legge come
garanzia. Ora il governo dipende dalla maggioranza parlamentare e non ha più quel potere; la legge quindi ha
perso quel ruolo di garanzia, di protezione della libertà dei cittadini nei confronti del governo; anche perché è
quest’ultimo il padrone delle leggi. Il primo punto di svolta è dato quindi da una modificazione di carattere
costituzionale. Il secondo è dato dallo sviluppo nella seconda metà del secolo del diritto del lavoro con la nascita
dei sindacati.
Negli anni ’60 ci si comincia a chiedere perché i salari dei dipendenti pubblici debbano essere diversi da quelle
privati e si ha pertanto un negoziato informale solo sul trattamento economico dei dip. pub. che sfocia in una
legge. Nel ’68 vi è una legge sul personale sanitario che prevede che il trattamento economico di questo sia il
risultato di una negoziazione; poi il negoziato viene riconosciuto anche ad altre categorie (enti pub. non economici,
dip. ministeriali etc.) finchè si arriva alla legge quadro 93/83 che ripartisce l’oggetto della disciplina del rapporto
di lavoro con la p.a. tra la legge e i contratti collettivi. Tale legge si rileva un fallimento perché vi è un’invasione
reciproca da parte dei sindacati e del legislatore sulle materie la cui competenza era stata attribuita all’altra parte.
Attuale in materia è il decreto legislativo delegato 29/93 in base alla legge delega 421/92 che ha apportato alla
piena contrattualizzazione del lavoro dipendente della p.a.. il testo è stato ritoccato dai successivi governi in
quanto nello stesso è prevista una delega ai successivi governi di modificarlo con decreti correttivi. riguardo alla
normativa preesistente a tale decreto il legislatore ha disposto l’espressa abrogazione del T.U. 3/1957 e della legge
quadro e l’abrogazione in forma tacita della previgente normativa incompatibile; in tal senso è bene precisare però
che, siccome tale legge non estende la disciplina contrattuale a tutto il personale amministrativo come poi
vedremo, il personale non contrattualizzato rimane regolato anche dallla disciplicìna preesistente; ciò implica che
il T.U. del ’57 non viene abrogato totalmente ma ne viene ridotto l’ambito soggettivo. Tale decreto legis. 29/93 ha
subito comunque successive modifiche e integrazioni. Analisi del testo:

L’art.55 “il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche è disciplinato secondo le disposizioni
dell’art.2 commi 2 3 4.” rimanda all’ art.2 intitolato FONTI. Il comma 2 sancisce: “i rapporti di lavoro dei
dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinati dalle disposizioni del codice civile e dalle leggi sui
rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel presente decreto”; alle
rapporti di lavoro con la p.a. si applicano quindi in via principale le norme di diritto comune (civile), “fatte salve”
implica una regola al diritto comune. Il pubblico impiego viene quindi interamente assoggettato alla
regolamentazione privatistica. L’art.2 comma2 continua: “ eventuali disposizioni di legge, regolamento, o statuto,
che introducano discipline nei rapporti di lavoro la cui applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni
pubbliche, possono essere derogate da successivi contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata, non sono
ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga diversamente”
Tale articolo introduce rispetto a tale materia la prevalenza della fonte contrattuale su quella legislativa, cioè la
prevalenza del privato sul pubblico. Ciò significa che la legge potrà continuare a disciplinare la materia del
rapporto di lavoro con la p.a. ma in caso che questa sia disciplinata anche dal contratto la legge verrà derogata.
Tale art. quindi prevede una riserva di contratto che non è però assoluta. Tale riserva può essere temporanea o
definitiva. Definitiva quando la parte derogata della legge non potrà essere più applicata perché la stessa legge
nulla disponeva in merito; la disciplina contrattuale si applicherà anche in futuro. Temporanea quando è la stessa
legge derogata che prevede che successivamente a tale deroga a favore del contratto, continuerà ad essere
applicata. Si va ad imporre così un vincolo al successivo legislatore di prevedere espressamente una riserva di
contratto temporanea quando non voglia che questa sia definitiva. L’art.2 comma 2 non disciplina la materia ma il
modo in cui la materia dovrà essere disciplinata in futuro dal legislatore. Non è una disciplina sostanziale ma meta
disciplina.
Di tale legge dobbiamo analizzare 1) atto fonte della disciplina
2)ambito soggettivo a cui si estende l’atto
3)soggetti che pongono in essere l’atto fonte
4)procedura ed effetti della negoziazione
Quanto al punto 1, mentre prima ex art.2 avevamo visto il modo in cui la materia deve essere disciplinata in futuro
dal legislatore, ora vediamo la fonte della disciplina sostanziale: ex art.45 comma1 “la contrattazione collettiva si
svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro e alle relazioni sindacali”; tale norma implica che non
residua ciascuna di queste materie come ambito riservato al legislatore; vi è insomma un’esclusiva riserva
contrattuale. Rileva anche l’art.45 comma4 “la contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore
privato, la durata dei contratti collettivi nazionali ed integrativi, la struttura contrattuale e i rapporti tra i diversi
livelli...”, continua “le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva integrativa...
questa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure
che questi ultimi prevedono”. Dalla prima parte di tale comma vediamo che vi è un’esclusiva riserva alla
contrattazione collettiva in tale materia; quindi la contrattazione collettiva trova il fondamento normativo proprio
in tale norma: art.45 comma4; è proprio tale norma che da efficacia erga omnes ai contratti collettivi di lavoro; la
legge quindi qui stabilisce il fondamento dell’autonomia contrattuale limitando il proprio ambito operativo in
materia. Ma anche se è la legge a fondare la capacità normativa della contrattazione collettiva non la disciplina;
leggendo più attentamente il testo vediamo che è la stessa contrattazione collettiva ad auto disciplinarsi, a
prevedere la materia oggetto del contratto, la durata dello stesso e chi e come contratterà in ambito integrativo.
Inoltre è importante l’art.45comma5 “le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti
collettivi nazionali od integrativi dalla data della sottoscrizione definitiva e ne assicurano l’osservanza nelle forme
previste dai rispettivi ordinamenti”: tale art. prevede degli obblighi per la p.a. derivanti dai contratti (fonti di
natura privatistica); il contratto privato qui per la prima volta non produce effetti solo tra le parti come di solito
avviene, ma erga omnes anche nei confronti della p.a.. a differenza del diritto di lavoro qui c’è una norma di
chiusura con cui il legislatore ha voluto stabilire che vi è un’obbligo legale di rispetto del contratto.
Quanto al punto 2 vediamo a quale ambito soggettivo si estende la contrattazione collettiva: art45comma3 “
mediante appositi accordi tra l’ARAN e le confederazioni rappresentative sono stabiliti i comparti di
contrattazione collettiva nazionale...” e in base a tali accordi gli attuali comparti sono: ministeri, enti pubblici non

economici, aziende ad ordinamento autonomo, scuola, università, enti di ricerca e sperimentazione, regioni,
servizio sanitario nazionale; abbiamo visto ai soggetti a cui si estende la disciplina contrattuale. Ex art.2 commi4 e
5 sono previsti i soggetti il cui rapporto di lavoro non è disciplinato dalla contrattazione: art2comma4 “rimangono
disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, gli avvocati, il personale
militare e le forze di polizia di Stato, il personale della carriera diplomatica e prefettizia etc.” ex comma 5 “il
rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente
vigenti in virtu del principio dell’autonomia universitaria art 33 cost.”. Inoltre ex legge 287/90 tutti i dipendenti
della autorità indipendenti non sono personale contrattualizzato (banca d’Italia). Diversa è la situazione per gli
enti pubblici economici, che sono stati privatizzati; infatti qui la disciplina contrattuale del rapporto di lavoro è
conseguenza non di tale decreto ma della modificazione soggettiva del soggetto datore di lavoro: tali enti anche se
pubblici assumono con la privatizzazione una veste soggettiva privatistica (s.p.a. a partecipazione statale es.
ferrovie dello stato) che implica a prescindere da una legge espressa la trasformazione della fonte contrattuale del
rapporto di lavoro da pubblica (legge) a privata (contratto).

Quanto al punto 3, vediamo i soggetti che pongono in essere l’atto fonte cioè i contratti: vi saranno due parti: una
privata e l’altra pubblica. Mentre di solito nell’area privatistica chi contratta lo stabiliscono gli stessi contraenti,
qui la parte contraente pubblica che rappresenta la p.a. è prevista dalla legge (limite all’autonomia contrattuale):
tale soggetto è l’ARAN. Ex art. 50comma1 “le pubbliche amministrazioni sono rappresentate dall’ARAN: agenzia
di rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, agli effetti della contrattazione nazionale. La prima
funzione dell’aran è quella di contrattare. Ex art.50comma2 “le pub. amm. Possono avvalersi dell’assistenza
dell’aran ai fini della contrattazione integrativa”: la seconda funzione dell’aran è quella di assistere chi contratta;
ratio di tale norma è quella di decentrare la contrattazione: mentre quella nazionale spetta all’aran, quella
integrativa è di competenza delle pub. amminis. Con assistenza dell’aran. Terza funzione importante dell’Aran è
ex art.50comma3: “cura le attività di studio di monitoraggio e documentazione necessarie all’esercizio della
contrattazione collettiva. Imporatante è l’art 50comma6 “il comitato direttivo dell’Aran è costituito da 5
componenti ed è nominato con decreto del Presidente del consiglio dei Ministri; tre dei componenti tra cui il
presidente del comitato sono designati dal P.d.C. su proposta del ministro della funzione pubblica di concerto con
il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica; gli altri 2, uno dalla conferenza dei
presidenti delle regioni e l’altro dall’ANCI (ass.naz. comuni ita.) e dall’UPI (unione province ita). Ex comma10
“l’Aran ha personalità giuridica di diritto pubblico. Ha autonomia organizzativa e contabile nei limiti del proprio
bilancio”. Tale autonomia organizzativa non vuol dire anche autonomia sostanziale in quanto l’Aran essendo
rappresentate negoziale delle pub. amm., è soggetto al potere di indirizzo di queste ultime; ex art.46comma1: “le
pub. amm. esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell’Aran e le altre competenze relative alle procedure di
contrattazione collettiva nazionale attraverso strutture associative le quali danno vita a tal fine a Comitati di
settore”. Vi è quindi la p.a. ente rappresentato, le sue strutture associative, i comitati di settore costituiti dalle
strutture associative e infine l’Aran che è sottoposto la potere di indirizzo e quindi alle direttive esercitato dai
comitati di settore. Di solito qualsiasi ente pubblico sottostà alle direttive dello Stato; in tal caso però le direttive
non provengono da un unico organo da più organi (direttive non uniche ma plurime) che sono i comitati di settore:
organismi autonomi all’interno di un organismo servente che è l’Aran. Ex art.46comma2“per le amministrazioni,
le agenzie e le aziende autonome dello Stato, opera come comitato di settore il presidente del consiglio dei ministri
tramite il ministro della funzione pubblica, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, per il sistema scolastico, di concerto con il ministro della pubblica istruzione”. Tale
art. definisce chiaramente un comitato di settore che rappresenta le amministrazioni (ministeri etc.) mentre non
rappresenta più le aziende autonome perché ora sono s.pa. private. Vedi art.46comma3.. La volontà dell’Aran è
influenzata sia dall’interno : stato, regioni, enti locali; che dall’esterno: comitati di settore.
Abbiamo ora visto la parte contrattuale pubblica: l’Aran, l’altra parte contraente è privata e sono i sindacati:
regolati dall’art.38 della cost. “ e successivi. Come i partiti politici sono associazioni non riconosciute e svolgono
funzioni pubbliche rilevanti come quella della negoziazione a tutela delle categorie lavorative che rappresentano e
anche funzione di assistenza fiscale a favore dei contribuenti che consiste nell’accertamento fiscale. A differenza

di quanto afferma l’art39 della cost, i sindacati di oggi non sono registrati ma sono associazioni di fatto; non
hanno alcun riconoscimento giuridico e per tanto non è l’ordinamento a stabilire quali sono le parti private che
devono contrarre con l’aran; sulla base di quali criteri sostanziali quindi si stabilisce e chi stabilisce quali sono i
sindacati che contrattano con l’Aran? Normalmente nei rapporti privatistici, in virtù dell’autonomia privata sono
le stesse parti a decidere con cui vogliano contrarre: vi è il principio paritario delle parti contrattuali; in tal caso
invece mentre una parte: l’Aran è stabilita ex lege, l’altra parte, ex art47-bis comma1 “L’ARAN ammette alla
contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell’area una
rappresentatività...”, viene riconosciuta dallo stesso Aran: vi è una parte che riconosce l’altra e quindi si nega qui
il principio paritario. I criteri di riconoscimento di cui si avvale sono previsti dallo stesso art. “....rappresentatività
non inferiore al 5%, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale....”. ex comma2
“alla contrattazione collettiva nazionale partecipano per il relativo comparto o area altresì le confederazioni alle
quali le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva sono affiliate”. Ex comma3 “l’Aran
verifica previamente, sulla base della rappresentatività accertata per l’ammissione alle trattative ai sensi del
comma1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono alla ipotesi di accordo rappresentino almeno nel loro
complesso almeno il 51% come media tra il dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell’area
contrattuale, o almeno il 60% del dato elettorale nel medesimo ambito”; così si risolve il problema della mancata
attuazione dell’art.39 cost.: la verifica della rappresentatività da parte dell’Aran attenua il mancato riconoscimento
normativo dei sindacati. L’aran ha un potere di mero accertamento della rappresentatività dei sindacati.
Il punto 4 concerne la procedura contrattuale che è caratterizzata da una base privatistica su cui vi sono delle
deroghe di tipo pubblicistico. Una delle deroghe principali che limita l’autonomia contrattuale della p.a. è che
questa non può scegliere discrezionalmente l’altro contraente ai fini del rispetto del principio dell’imparzialità della
p.a.. la procedura negoziale è descritta dall’art51: innanzitutto ex comma1 l’aran procede sulla base degli indirizzi
che vengono impartiti dalle pubbliche amministrazioni attraverso comitati di settore; gli atti di indirizzo delle
amministrazioni diverse dallo stato, sono sottoposti al Governo che, entro dieci giorni, ne valuta la compatibilità
con le linee di politica economica e finanziaria nazionale. Ricevuti gli indirizzi, ex comma2 “l’aran informa
costantemente i comitati di settore e il governo sullo svolgimento delle trattative”. L’aran raggiunge cosi un’ipotesi
di accordo, la comunica ai comitati di settore che entro 5 giorni dalla ricezione del testo comunicano all’aran il
loro parere favorevole”. Ex comma4 “acquisito il parere favorevole sull’ipotesi si accordo, il giorno successivo
l’aran trasmette la quantificazione dei costi contrattuali alla Corte dei Conti che certifica l’attendibilità dei costi
quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio”. Ex art.51comma5 “la Corte
dei Conti delibera entro 15 giorni dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la
certificazione si intende effettuata positivamente. L’esito della certificazione viene comunicato dalla Corte
all’Aran, al comitato di settore e al Governo.” A tal punto il procedimento può avere una duplice conclusione: Ex
art51comma5 “se la certificazione è positiva, il Presidente dell’Aran sottoscrive definitivamente il contratto
collettivo”; ex art51 comma6 “se la certificazione della Corte non è positiva, l’Aran, sentito il comitato di settore o
il P.d.C dei ministri, assume le iniziative necessarie per adeguare la quantificazione dei costi contrattuali ai fini
della certificazione ovvero, qualora non lo ritenga possibile, convoca le organizzazioni sindacali ai fini della
riapertura delle trattative”; in tal caso quindi si ritorna al procedimento principale. In ogni caso, salvo comma6, la
procedura di certificazione deve concludersi entro 40 giorni dall’ipotesi di accordo. Vi sono 2 deroghe al diritto
privato: - vengono stabiliti i soggetti della negoziazione; l’oggetto della negoziazione è libero, però vi è un giudizio
della Corte dei Conti circa la sua attendibilità e compatibilità che lo vincola.
Circa le controversie sui rapporti di lavoro alle dipendenze della p.a., mentre prima vi erano 2 giudici, ora ex
art68comma1 “vengono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice ordinario (eccezione art.2comma4)
incluse le controversie concernenti l’assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali, e
la responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, ancorché vengano in
questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice
ordinario li disapplica, se illegittimi. L’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo
rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo.” Importante qui rilevare che il giudice

ordinario ha il potere di ordinare la reintegra e il risarcimento; quanto agli atti amministrativi può solo
disapplicarli e non annullarli; competente per l’annullamento è il giudice amministrativo.

DIRIGENZA
La struttura della dirigenza si regge sulla base della divisione dei compiti cioè degli ambiti di competenza. Ex
art.15comma1 “ nelle amministrazioni pubbliche la dirigenza è articolata nelle due fasce del ruolo unico di cui
all’art.23”; ex art 23” è istituito presso la presidenza del consiglio dei ministri, il ruolo unico dei dirigenti dello
Stato articolato in due fasce. La distinzione ha rilievo agli effetti del trattamento economico, ex art.19, ai fini del
conferimento degli incarichi di dirigenza generale”. comma2 “nella prima fascia sono inseriti i dirigenti generali in
servizio all’entrata in vigore del regolamento di cui al comma tre e quelli della seconda fascia che abbiano svolto
incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali almeno per 5 anni; nella seconda fascia gli altri dirigenti in
servizio. Ai fini delle funzioni dei dirigenti generali e dei dirigenti vedi rispettivamente articoli 16 e 17. Ex
art.15comma3 “in ciascuna struttura organizzativa non affidata alla direzione del dirigente generale, il dirigente
preposto all’ufficio di più elevato livello è sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di livello inferiore”. Tutti i
dirigenti in servizio hanno un rapporto di lavoro subordinato con la p.a. anche se la loro posizione è data dalla
sommatoria di 2 cose: rapporto di lavoro e incarico. Ex art19comma1 “per il conferimento di ciascun incarico di
funzione dirigenziale e per il passaggio ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse, si tiene conto della natura e
delle caratteristiche dei programmi da realizzare, delle attitudini e della capacità professionale del singolo
dirigente, anche in relazione ai risultati conseguiti in precedenza, applicando di norma il criterio di rotazione degli
incarichi.” Comma2 “gli incarichi sono conferiti a tempo determinato: hanno durata non inferiore a due anni e non
superiore a sette; sono definiti contrattualmente per ciascun incarico: l’oggetto, gli obiettivi da conseguire, la
durata etc.” ex comma4 “quelli di direzione degli uffici a livello dirigenziale generale sono conferiti con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente, ai dirigenti della prima fascia o a
persone di cui al comma6”; ex comma5 “gli incarichi di dirigenti sono conferiti dai dirigenti generali ai dirigenti
assegnati al suo ufficio.” Comma6 “gli incarichi di cui ai commi precedenti possono essere conferiti a persone di
particolare e comprovata qualifica professionale nella misura del 5% rispettivamente di quelli appartenenti alla
prima e alla seconda fascia......”; il comma10 prevede l’istituzionalizzazione degli esclusi: “I dirigenti ai quali non
sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi delle amministrazioni di vertice che
ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio, ricerca o altri incarichi previsti dall’ordinamento;2 è
una norma di chiusura volta ad affidare funzioni alla dirigenza che non ha ricevuto alcun incarico. Norma che si
muove tra due esigenze diverse: 1)assicurare la continuità del circuito democratico tra organi di vertice e personale
esecutivo, 2) tutelare l’imparzialità della p.a., assicurando la continuità del personale amministrativo cioè dirigenti
che non siano di fiducia della coalizione al Governo ma che abbiano la fiducia di tutti. Tra le 2 esigenze prevale la
prima. Mentre in America c’è lo spoiling system: cambia il governo e cambiano tutti i funzionari, in Italia c’è
un’attenuazione della dipendenza dei dirigenti dalla politica: quando cambia la legislature anche se i dirigenti
dell’opposizione perdono l’incarico, mantengono comunque il posto di lavoro (garanzia del dipendente). L’art.21
parla della responsabilità dirigenziale e ne individua tre fattispecie: 1) comma1 “i risultati negativi dell’attività
amministrativa e della gestione o il mancato raggiungimento degli obiettivi, comportano per il dirigente interessato
la revoca dall’incarico e la destinazione ad altro incarico presso la medesima o altra amministrazione che vi abbia
interesse”. “2) comma2 “nel caso di inosservanza delle direttive impartite dall’organo competente o di ripetuta
valutazione negativa, ai sensi del comma1, il dirigente, previa contestazione e contraddittorio, può essere escluso
dal conferimento di ulteriori incarichi di livello dirigenziale corrispondente a quello revocato, per un periodo non
inferiore a due anni.” 3) nei casi di maggiore gravità della fattispecie precedente l’amministrazione può recedere
non solo dall’incarico ma anche dal rapporto di lavoro, secondo le disposizioni del codice civile e dei contratti
collettivi. Ex art24 trattamento economico: “ la retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinato
dai contratti collettivi per le aree dirigenziali” comma2 “per gli incarichi dei dirigenti generali si stabilisce con
contratto individuale e non può essere inferiore ai massimi valori economici stabiliti dai contratti collettivi per la
seconda fascia dirigenziale”.

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO

Il diritto amministrativo è il diritto che riguarda i rapporti fra Stato e cittadino. La maggior parte dei rapporti tra
Stato e cittadino corre attraverso la p.a.; si può creare quindi una situazione conflittuale tra l’autorità della p.a. e
la libertà dei cittadini; le potenziali controversie sono oggetto della giurisdizione del giudice amministrativo. Il
privato in caso di conflitto impugna il provvedimento amm. davanti al giudice amministrativo chiedendone
l’annullamento. Il diritto amministrativo per lunghi anni è stato considerato il diritto dei rapporti, il punto di
equilibrio tra l’autorità amministrativa e l’autorità del privato.
Analizziamo un primo argomento dandone prima un’illustrazione tradizionale e poi una critica alla medesima:
attività e atto amministrativo; mentre nel diritto privato emerge solo l’atto di volontà del privato e quindi tutta
l’attività prodromica allo stesso non rileva giuridicamente; tale attività si può riassumere nella formula: è
permesso tutto ciò che non è vietato; nel diritto amministrativo invece non rileva giuridicamente solo l’atto finale,
provvedimento, ma anche l’attività amministrativa ad esso preparatoria; vi è un principio diverso riassunto dalla
formula: tutto è vietato salvo ciò che sia espressamente permesso dalla legge. In tal senso un provvedimento potrà
essere illegittimo di per se (es. vizio di incompetenza dell’autorità che l’ha emanato) e potrà anche essere affetto da
illegittimità riflessa quando è viziato un atto ad esso preparatorio. Tale summa divisio è in realtà assente nel diritto
positivo; bisogna considerare i singoli casi; infatti ultimamente si assiste ad una amministratività degli istituti
privatistici ed ad una privatizzazione degli atti amministrativi. Quanto ad un secondo argomento: dall’atto al
procedimento, materia essenziale nel diritto amministrativo perché il profilo procedimentale è diventato rilevante
rispetto a quello sostanziale; il provvedimento non nasconde più il procedimento che è sempre più ad essere
disciplinato dal legislatore ed esaminato dal giudice. Primo aspetto del procedimento è che è disciplinato dalla
legge; assume rilevanza legislativa e vincola il giudice al principio di legalità dell’amministrazione. Il
procedimento è importante perché assume rilevanza nella legge e nel processo. Il secondo aspetto è la sua
rilevanza giurisdizionale. Abbiamo visto perché rileva, ma che cos’è il procedimento? La teoria del procedimento
più avanzata è quella del processo: sequela di atti volti all’emanazione di un atto finale; ciò ha portato a ritenere,
cosa nella >parte dei casi vera, che le fasi del processo (iniziativa, istruttoria, decisione e controllo) si ritrovassero
nel procedimento. A differenza però del processo che è nelle mani di un solo giudice, il proc. amm. è nelle mani di
più autorità che tutelano diversi interessi pubblici: quella procedente a tutela dell’interesse principale e altre a
tutela di interessi interferenti con il procedimento stesso. Per ogni interesse pubblico vi è un’autorità competente
che entra in gioco. Il procedimento a differenza del processo è più complesso per il maggior numero di soggetti
necessari per la sua articolazione. Secondo differenza rispetto al processo è che ha un’articolazione in sub fasi che
acquisiscono una loro autonomia rispetto al procedimento principale. Vi sono tanti procedimenti speciali quanti
sono gli atti applicativi di quello principale.
DISCIPLINA LEGISLATIVA: la prima codificazione sul proc. è in Austria nel secolo scorso. Importante anche
quella degli USA in cui vi è il sistema monistico: solo il giudice ordinario. Non essendoci una giustizia
amministrativa si pensò di creare una giustizia nell’amministrazione: è la stessa amminis. che garantisce i
cittadini. Dopo che l’amminis. emana i provvedimenti i cittadini possono far sentire la propria voce: the right to
hear: il diritto di essere sentiti. Si ha l’autorità procedente (p.m. della p.a.) diversa dall’autorità che decide. Si ha
un’istruttoria tra l’autorità procedente e la parte privata e poi l’autorità competente per l’aggiudication decide. In
Europa vi sono pochi paesi in cui vi è una legge generale sul procedimento amministrativo: Germania, Spagna e
Italia. La legge italiana non tratta delle singole categorie di procedimenti; perciò nell’ordinamento italiano
nell’accertamento di una disciplina di un procedimento particolare si dovrà fare una duplice ricerca: legge generale
e leggi speciali che riguardano la disciplina particolare dei singoli proc. La disciplina sui singoli procedimenti sarà
sempre il combinato disposto tra la legge generale e norme speciali. La legge generale nel nostro ordinamento è la
241/90 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi” l’art.1 di tale legge in quanto delinea quattro aspetti fondamentali dell’attività amministrativa: 1)
principio di legalità dell’attività amministrativa regolata da tale legge generale e residuale e dalle altre disposizioni
che disciplinano i singoli procedimenti;2) limite sostanziale: deve perseguire fini pubblici e sono tali quelli
determinati dalla legge; 3)l’attività amministrativa si articola in procedimenti; 4)al comma2

sancisce il principio di semplificazione: “la pubblica amministrazione non può aggravare il procedimento se non
per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento dell’istruttoria”.
CAPO II: RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO: tale capo tratta l’individuazione del responsabile del
procedimento. Vi sono 3 aspetti generali: 1)importante è l’art4comma1 “ove non sia già direttamente stabilito per
legge o per regolamento, le p.a. sono tenute a determinare per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di loro
competenza, la unità organizzativa responsabile dell’istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale
nonché dell’adozione del provvedimento finale”; dall’incipit dell’art4 si vede che tale norma è si generale perché si
applica a tutti i procedimenti ma residuale nel senso che trova attuazione solo nell’ipotesi che non vi siano altre
norme che dispongono in materia. È una norma ambigua: sia generale che residuale: essendo i casi previsti con
legge e regolamento pochi, si può dire che è quantitativamente generale perché l’area residua è molto ampia
rispetto ai casi che sono previsti dalla legge o regolamento. 2) tale legge prevede una norma di chiusura che
prevede in ogni caso quale sia il responsabile del procedimento, quando questo non sia individuato dall’autorità
competente ( U.O.) art5comms2 “fino a quando non sia effettuata l’assegnazione di cui al comma1, è considerato
responsabile del procedimento il funzionario preposto alla unità organizzativa determinata ex art4comma1”. Un
responsabile deve necessariamente esserci; solo così si può ipotizzare un obbligo della p.a. e si può tutelare
effettivamente il diritto del cittadino, 3) implicando la responsabilità l’attribuzione dei compiti, la ratio
dell’individuazione del responsabile consiste nell’attribuzione degli effetti negativi dovuti al mancato adempimento
di tali compiti. Abbiamo visto che ex art4comma1 le amministrazioni determinano l’unità organizzativa
responsabile per “ciascun tipo di procedimento”, mentre ex art5comma1 (vedi) il dirigente della U.O. affida la
responsabilità “inerente il singolo procedimento”; qual’è la differenza di tali due commi? Mentre la p.a. assegna ex
ante ad un’unità organizzativa il procedimento-tipo cioè tutti i procedimenti riconducibili a quel tipo, poi il
dirigente della U.O. provvede ad assegnare a se o ad altro dipendente della U.O. la responsabilità di ogni singolo
procedimento appartenente a quel tipo; il dirigente dell’unità organizzativa, alla quale è assegnato un determinato
tipo di procedimenti della p.a., smista i singoli procedimenti tra i dipendenti della U.O..
ex art 4comma2 “le disposizioni di cui al comma1 sono rese pubbliche secondo da quanto previsto dai singoli
ordinamenti”. Bisogna infine precisare che ex art 4comma1 essere responsabile del procedimento significa essere
responsabile dell’istruttoria, di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell’adozione del provvedimento
finale. Il contenuto della responsabilità di ogni altro provvedimento procedimentale è descritto dall’art.6.
vista la responsabilità vediamo ora la disciplina che attiene all’articolazione procedimentale vera e propria: “Capo
III Partecipazione al procedimento amministrativo.” Dall’art7 all’art13.
Art 13 “Le disposizioni contenute nel presente capo non si applicano nei confronti dell’attività della p.a. diretta
all’emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione, per i quali
restano ferme le particolari norme che ne regolano la formazione”; si individuano quattro categorie di atti per cui
non l’intera legge, ma le disposizioni di tale capo riguardanti l’intervento del privato nel procedimento
amministrativo non si applicano. Ratio: si tratta di atti generali che riguardano una molteplicità di soggetti ed è
quindi tecnicamente difficile prevedere una partecipazione di tutti al procedimento. Inoltre si tratta di atti
normativi e amministrativi reggenti altri atti: atti dell’esecutivo non sottoposti alla disciplina del procedimento per
intero.
Come inizia il procedimento? Ex art7 la fase dell’iniziativa si ha con “l’avvio” del procedimento che si può avere
in due modi: o con iniziativa di parte quindi con domanda dell’interessato, o con iniziativa d’ufficio. L’avvio del
procedimento deve essere comunicato a determinate categorie di soggetti onde renderne conoscibile la loro
possibilità di intervenire nel procedimento stesso. Non c’è bisogno della comunicazione sia quando questo è ad
iniziativa di parte per ovvie ragioni e sia se ex art.7 incipit “sussistono ragioni di impedimento derivanti da
particolari esigenze di celerità del procedimento. Deve essere comunicato con le modalità previste dall’art.8 a tre
categorie di soggetti: 1)a quelli nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti, 2) a
quelli che per leggi debbono intervenirvi (sia privati che pubblici); partecipano alla fase dell’istruzione e non della
decisione; 3)quelli diversi dai suoi diretti destinatari a cui possa derivare un pregiudizio da un provvedimento,
purché siano individuati o facilmente individuabili. Ex art.8 la notizia dell’avvio viene data mediante
comunicazione personale”.
Dopo la fase dell’iniziativa c’è la fase dell’istruttoria in cui si colloca una parte importantissima del procedimento:
l’intervento del privato per cui detta anche fase dell’acquisizione degli interessi privati.

L’istruttoria può essere aperta o segreta a seconda se c’è o meno l’intervento del privato o meno nel procedimento
amministrativo. I termini partecipazione e intervento non indicano la stessa cosa: la partecipazione è una delle tre
forme di intervento. Questo può avere funzione di “partecipazione” del cittadino per anticipare la tutela giudiziaria
in quanto le parti vengono ascoltate ex ante all’emanazione del provvedimento (fine di economicità; si deflaziona
infatti il contenzioso) in tal caso l’intervento è a favore dell’interesse privato. Può altresì avere funzione di
“collaborazione” del cittadino; in tal caso è la p.a. che ha l’esigenza di sapere qualcosa; il fine è quello della >
efficacia dell’attività amministrativa derivante dalla capacità della p.a. di meglio conseguire gli obiettivi pubblici
grazie anche ai contributi dei privati. Può avere infine funzione di difesa. Si cerca di tutelare il cittadino che è in
grado di difendere la propria posizione nei confronti della p.a.. nel capo III con partecipazione al proc. si è voluto
affermare un tipo di intervento per indicarli tutti. La terza categoria di soggetti ex art7 è meglio individuata
dall’art.9 “Qualunque soggetto, portatore di interessi pubblici o privati, nonché i portatori di interessi diffusi
costituiti in associazioni o comitati, cui possa derivare pregiudizio dal provvedimento, hanno facoltà di intervenire
nel procedimento”; tale norma definisce l’ambito soggettivo degli intervenienti. Interesse pubblico non è solo
quello dello Stato ma anche della collettività. Cosa si intende invece per interessi diffusi? Tale concetto si è
radicato in Italia con la nascita della cultura ambientalista: interesse della collettività a veder protetti, tutelati beni
che riguardano una categoria di persone non chiusa, aperta. Interesse diffuso in quanto di una collettività aperta:
vi sono persone stabili e persone transuenti, es. all’inquinamento di Roma hanno interesse non solo i Romani, ma
tutti quelli che passano per Roma. L’art.10 è una norma specificativa del potere di intervento del privato nel
procedimento amministrativo e identifica le modalità dell’intervento che sono per lo più scritte in contrasto con il
principio dell’oralità del processo. Art10 “i soggetti intervenienti hanno diritto: a) di prendere visione degli atti del
procedimento, eccezione art.24; b)di presentare memorie scritte e documenti, che l’amministrazione ha l’obbligo di
valutare ove siano pertinenti all’oggetto del procedimento.” Tale art individua inoltre l’effetto che produce
l’intervento del privato: prevede due compiti per la p.a.: 1) valutazione preliminare di pertinenza dell’intervento
con l’oggetto del procedimento, cioè giudizio di accettazione della richiesta dell’interessato; non trova riscontro nel
provvedimento 2)giudizio nel merito dell’intervento; trova riscontro nel provvedimento e deve essere esternato
nella sua motivazione.
Capo IV “semplificazione dell’azione amministrativa” articoli 14—21
mentre l’intervento del privato è strutturato: procedura contenziosa o in contraddittorio; la partecipazione della
p.a. non è strutturata. Ai fini di un provvedimento amministrativo è necessario il più delle volte l’intervento di più
autorità amministrative che tutelano più interessi pubblici. Tali amministrazioni prima di tale legge intervenivano
una dopo l’altra: decisione sequenziale; ora con l’istituzione della conferenza dei servizi si può avere un intervento
contestuale delle diverse autorità intervenienti in un procedimento. Si istituiscono infatti dei collegi che possono
essere temporanei o permanenti ai fini dell’acquisizione degli interessi pubblici da parte delle diverse pub.
amminis. intervenienti. Tale struttura si sostituisce a quella gerarchica dell’ordinamento amministrativo: i portatori
di interessi pubblici a prescindere dal ruolo rivestito nella p.a. all’interno della conferenza di servizi assumono tutti
un ruolo paritario. La conferenza di servizi annulla la distinzione tra centro e periferia. Ex art14comma1 la
conferenza di servizi viene indetta dall’amministrazione procedente che non coincide con il responsabile del
procedimento; questa è titolare dell’interesse principale, primario che muove il procedimento a differenza degli
altri interessi che sono detti interferenti. L’interesse è primario non in senso assoluto ma relativo ad ogni singolo
procedimento, ad eccezione degli interessi afferenti alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale e della salute
dei cittadini, che sono sempre primari. L’art14comma1 disciplina la conferenza istruttoria: “è indetta
dall’amministrazione procedente quando sia opportuno fare un esame contestuale di vari interessi pubblici
coinvolti in un procedimento amministrativo.” 4 aspetti: è indetta dall’autorità procedente, questa non esiste in
astratto ma hic et hunc in relazione ad ogni singolo proc., vi partecipano le p.a. che hanno interessi interferenti, vi
partecipano contestualmente e non uno dopo l’altro. In tal caso è detta istruttoria perché serve a porre in rilievo
solo le esigenze di ciascuna p.a. coinvolta; o meglio l’intervento delle altre p.a. coinvolte non serve a determinare il
contenuto del provvedimento che dovrà adottare l’amm. procedente. Diversa è la conferenza decisoria ex
art.14comma2 in cui l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nullaosta, o assensi da altre
amministrazioni quindi manifestazioni di volontà che sono necessarie ai fini dell’adozione del provvedimento
finale. Sempre ex comma2, le determinazioni concordate nella conferenza

sostituiscono a tutti gli effetti i provvedimenti a tali altre p. a. richiesti ai fini dell’adozione della decisione finale.
Entrambi tali moduli procedimentali non sono obbligatori; ciò si ricava dalle locuzioni: “qualora sia opportuno
effettuare” e “può essere indetta”: secondo la giurisprudenza maggioritaria la p.a. gode di una valutazione
ampiamente discrezionale. Ex art.14comma2bis “nella prima riunione della conferenza di servizi le
amministrazioni che vi partecipano stabiliscono il termine entro cui è possibile pervenire ad una decisione. In caso
di inutile decorso del termine l’amminist. indicente procede ai sensi del comma3bis e 4.” Ex comma2ter si può
avere la conferenza sia nel caso si abbia un solo procedimento con più amministrazioni pubbliche, sia nel caso vi
siano più procedimenti amministrativi di diverse amministrazioni pubbliche, alle cui decisioni finali è subordinata
un’attività del privato. “in questo caso la conferenza è convocata, anche su richiesta dell’interessato,
dall’amministrazione preposta all’interesse pubblico prevalente”. Es. se apro un’attività, mi servono più
autorizzazioni; do avvio a più procedimenti ciascuno dei quali con una o più autorità amministrative.
Ma come decide la Conferenza di servizi? nulla questio se tutte le amministrazioni sono consenzienti: la decisione
sarà quella adottata all’unanimità da tutte le amministrazioni intervenienti nella conferenza. Diversa è la situazione
ci cui vi sono una o più amministrazioni dissenzienti: in tal caso sono previsti due procedimenti rispettivamente
dai commi3bis e 4 dell’art.14. la ratio della differenza è dovuta alla differenza della materia oggetto del
procedimento: quando questo ha ad oggetto interessi sensibili dell’ordinamento (ambiente, salute territorio ect) è
necessaria una procedura particolare per assicurare maggiore tutela agli stessi interessi. La ratio della differenza
consiste quindi nella diversità della materia oggetto del procedimento; non vi è invece una differenza di soggetto in
quanto in tutti i due casi vi è una amministrazione procedente che è il dominus della procedura. Art14comma3bis
“nel caso in cui un’amministrazione abbia espresso, anche nel corso della conferenza il suo motivato dissenso,
l’amm. procedente può assumere la determinazione di conclusione positiva del procedimento dandone
comunicazione al P.d.C. dei ministri, ove l’amministr. procedente o quella dissenziente sia un’amministrazione
statale; negli altri casi la comunicazione è data al Pres. della Regione ed ai sindaci. Il P.d.C. dei ministri, previa
delibera del consiglio medesimo entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione, può disporre la
sospensione della comunicazione inviata; trascorso tale termine, in assenza di sospensione, la determinazione è
esecutiva. In caso di sospensione la conferenza può entro trenta giorni, pervenire ad una nuova decisione che tenga
conto delle osservazioni del P.d.C. dei ministri. Decorso inutilmente tale termine la conferenza è sciolta.” Qualora
vi sia motivato dissenso invece l’autorità procedente adotta la determinazione di conclusione positiva e la
comunica al Pd.C.; questo ne può disporre la sospensione o meno lasciando decorrere inutilmente il termine di
trenta giorni; nel secondo caso vi è il silenzio assenso che implica che la determinazione di conclusione positiva è
esecutiva. In caso si sospensione vi sono due ulteriori possibili esiti: la conferenza entro trenta giorni può
pervenire ad una nuova decisione che tenga conto delle osservazioni del P.d.C. dei ministri ( in tal caso si avrà una
decisione differente da quella che era stata sospesa che si adegua alle osservazioni del P.d.C.); qualora invece non
si pervenga entro trenta giorni a tale nuova decisione, “la conferenza è sciolta”: cioè viene meno la sospensione
della prima decisione presa dalla conferenza; ciò implica che la determinazione di conclusione positiva iniziale,
nonostante contenente dissenso, produce i suoi effetti. Peculiarità di tale procedimento è che, comunque si esplichi,
la decisione viene presa esclusivamente dalla conferenza dei servizi, mentre l’intervento del P.d.C. è un mero
appello volto a fornire delle osservazioni che non necessariamente viene preso in considerazione dalla Conferenza
di servizi (caso in cui non si perviene ad una nuova decisione e ridiviene efficace quella iniziale). Inoltre è bene
rilevare che si può avere la determinazione di conclusione positiva, a differenza di quanto si aveva prima nel
procedimento sequenziale, anche con dissenso di qualche amminis. interveniente: si sostituisce il principio
dell’unanimità a quello della maggioranza. Anche se non vi è alcun riferimento normativo la decisione si ha per
maggioranza dei partecipanti. Diverso procedimento è previsto dal comma4 “qualora il motivato dissenso alla
conclusione del procedimento sia espresso da una amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-
territoriale, del patrimonio storico-artistico o alla tutela della salute dei cittadini, l’amministrazione procedente può
richiedere, purché..., una determinazione di conclusione del procedimento al P.d.C. dei ministri, previa delibera del
Consiglio dei ministri.” In tal caso vi è una procedura diversa perché gli interessi pubblici da tutelare sono più
rilevanti. In tal caso la decisione infatti non viene adottata all’interno della conferenza ma dal Consiglio dei
ministri.
Da tale due procedimenti si deduce che con l’istituto della conferenza non è solo diverso il modo di decidere

(contestuale e non più sequenziale) ma rispetto a prima di tale legge è diverso anche il peso dei decisori nella
decisione: mentre prima era necessaria l’unanimità, ora, se vi è un dissenziente il procedimento non si ferma: è
sufficiente la maggioranza dei partecipanti.
Il principio della semplificazione amministrativa può essere attuato anche attraverso un altro procedimento:
l’Accordo previsto dall’art15: “Anche al di fuori delle ipotesi previste dall’art.14, le amministrazioni pubbliche
possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse
comune”. Comma2 “per detti accordi si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni previste dall’art11 commi
2,3 e 5”(commi che si riferiscono alle modalità con cui si può raggiungere un accordo). Dall’avverbio anche si
deduce che l’accordo può essere sia la determinazione conclusiva di una conferenza di servizi e sia il risultato di
un modulo procedimentale diverso es. può essere raggiunto con uno scambio di documenti in via sequenziale.
Dall’inciso “per disciplinare lo svolgimento.... comune” si ricava che la natura dell’accordo è suscettibile di tre
interpretazioni: 1)accordi di decisione,2)sui modi di decidere, 3)su entrambi.
Ex art16 Pareri: sancisce che vi sono degli organi consultivi delle pubbliche amministrazioni che sono tenuti
arendere pareri ad essi obbligatoriamente richiesti entro 45 giorni della richiesta. L’organo consuntivo può
allungare il termine presentando esigenze istruttorie. In caso di decorrenza del termine senza che sia stato
comunicato il parere e senza che l’organo adito abbia presentato esigenze istruttorie, l’amministrazione richiedente
ha facoltà di procedere indipendentemente dall’acquisizione del parere. In tal caso il parere è irrilevante ad
eccezione, comma3, che questo debba essere rilasciato preposte alla tutela ambientale, paesaggistica territoriale e
della salute dei cittadini.
Diversi dai pareri sono le valutazioni tecniche: sono rappresentazioni della realtà che richiedono una conoscenza
specifica, tecnica: es chimica geologica etc. art17comma1 “ove per disposizione espressa di legge o di regolamento
sia previsto che per l’adozione di un provvedimento debbano essere preventivamente acquisite le valutazioni
tecniche di organi od enti appositi e tali organi od enti non provvedono nei termini fissati dalla disposizione stessa
o comunque non oltre i novanta giorni dal ricevimento della richiesta, il responsabile del procedimento deve
chiedere le suddette valutazioni tecniche ad altri organi dell’amministrazione pubblica o ad altri enti pubblici che
siano dotati di qualificazione e capacità tecniche equipollenti, ovvero istituti universitari.” Tale norma prevede uno
spostamento della competenza di fornire valutazioni tecniche da un organo specificato y ad un altro non
previamente specificato. Presupposto per tale spostamento è che vi sia una legge o regolamento che attribuisca la
competenza di fornire una specifica valutazione ad un ente apposito y. Infatti tale norma legittima che ove l’ente
apposito y non provveda alla richiesta di valutazione, questa possa essere inoltrata ad altro ente. Se per una data
valutazione non è competente alcun ente in particolare (non vi è alcun ente apposito) tale norma non si applica
perché non si può avere spostamento di competenza da un ente ad un altro se l’organo inizialmente competente
non è previsto da alcuna legge. Comma2 “lo spostamento di competenza non si applica in caso di valutazioni che
debbano essere prodotte da amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili.
Silenzio rifiuto e silenzio assenso. L’art.2comma1:“ove il procedimento consegua obbligatoriamente ad
un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, la p.a. ha il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un
provvedimento espresso”. Tale art. tende a privilegiare la conclusione di un procedimento mediante un
provvedimento espresso. Normalmente il provvedimento deve essere espresso sia se è positivo che negativo. Tale
principio dell’art2 “provvedimento espresso” non è un principio generale altrimenti non si spiegherebbero altre
norme di tale legge e dell’ordinamento che attribuiscono efficacia al silenzio (art.14comma3). Ha quindi portata
generale ma relativa, ex art.2comma 1 dalle parole “obbligatoriamente”, “debba” si evince il principio di
doverosità del diritto amministrativo; da ciò si deduce che la conclusione del procedimento cioè il provvedimento
deve essere espresso solo nei procedimenti sottoposti al principio di doverosità. Si ritengono tali i procedimenti
che hanno ad oggetto la tutela di interessi considerati sensibili da parte dell’ordinamento quali ambiente, territorio,
salute etc. per i quali non si può dare alcun significato al silenzio.

Doverosa ------provvedimento espresso

L’attività della p.a. può essere


/sia espresso
Non doverosa /silenzio assenso
/che non espresso
/silenzio rifiuto

silenzio rifiuto: rimedio per ovviare al mal funzionamento della p.a. quando non provvede: si adempie innanzitutto
ad un’intimazione a provvedere conseguente al primo silenzio; se nonostante ciò la p.a. continua a non provvedere,
a tale secondo silenzio l’ordinamento attribuisce un significato negativo: la domanda, richiesta del privato non è
accolta.
Silenzio assenso: casi previsti dall’ordinamento che attribuisce significato positivo all’inerzia, silenzio della p.a.. si
considera accolta la domanda dell’interessato. Il silenzio assenso è previsto anche nella conferenza di servizi ex
art.14comma3 “si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione che, regolarmente convocata, non abbia
partecipato alla conferenza salvo...”.

TERMINE del procedimento: la disciplina si ha all’art2comma2 “Le p.a. determinano per ciascun tipo di
procedimento, in quanto non sia già disposto per legge o regolamento, il termine entro cui esso deve concludersi.
Tale termine decorre dall’inizio di ufficio del procedimento o dal ricevimento della domanda se il procedimento è
ad iniziativa di parte”. Innanzitutto tale norme è residuale: opera qualora il termine non sia fissato per legge o per
regolamento. È la stessa p.a. a determinare il termine del procedimento: provvede non ex post in relazione ad ogni
singolo procedimento, ma ex ante per ogni procedimento tipo cioè per tutti quei procedimento appartenenti a quel
tipo. Il dies a quo decorre dall’inizio d’ufficio o se il proc. è ad iniziativa di parte dal giorno del ricevimento della
domanda e non quindi dalla data della domanda. Ex art2comma3 “qualora le p.a. non provvedono ai sensi del
comma2, il termine è di 30 giorni”. La disciplina del termine ribadisce l’orientamento generale di tale legge: la
disciplina delle procedure è stabilita in funzione della tutela dei diritti dei cittadini nei confronti della p.a..
CONTENUTO del provvedimento: art.3comma1: “Ogni provvedimento amministrativo, compresi quelli
concernenti l’organizzazione amministrativa, lo svolgimento dei pubblici concorsi ed il personale, deve essere
motivato ad eccezione degli atti normativi e quelli a contenuto generale. La motivazione deve indicare i
presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato le ragioni dell’amministrazione, in relazione alle
risultanze dell’istruttoria.” Primo aspetto importante di tale norma è l’obbligo di motivazione. La motivazione è
l’esternazione dei motivi che a loro volta consistono necessariamente in fini pubblici previsti dalla legge.
Riassumendo la motivazione è l’esternazione di quello specifico fine pubblico perseguito dalla p.a. con quell’atto.
Secondo aspetto è che tale norma si presenta come di chiusura di tutto il procedimento perché stabilisce un legame
tra proc. e provvedimento. Il fatto che la motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche
che hanno determinato la decisione in relazione alle risultanze dell’istruttoria, implica che i motivi non possono
essere discrezionali, che la decisione non può prescindere dal procedimento: se nel proc. è stato accertato A, B, C,
implica che la decisione si deve basare su A, B, C. si stabilisce il principio del collegamento tra proc. e provv.
attraverso la motivazione: si costringe la p.a., dando un’arma al giudice, ad attenersi nell’adozione del
provvedimento a quelli che sono gli atti prodromici, endoprocedimentali, preparatori dell’atto finale. Art3comma4
“in ogni atto notificato al destinatario devono essere indicati il termine e l’autorità cui è possibile ricorrere.”: in
ogni atto vi devono essere le premesse ai fini della sua impugnazione.
ACCESSO ai documenti amministrativi: introduzione: fino ad ora vi è stato il principio della segretezza stabilito
dalle norme riguardanti il rapporto di lavoro alle dipendenze della p.a. (spesso la collocazione delle norme non
corrisponde alla rilevanza della materia); tale principio di segretezza non è stato e non è, a maggior ragione oggi,
assoluto ma relativo a tutte le attività in cui la natura stessa non preveda la comunicazione, informazione dei
cittadini: non ha efficacia infatti nel caso di intervento del privato nel proc. e nel caso in cui questo sia attivato a
richiesta di parte. Oggi tale legge introduce l’accesso ai documenti amministrativi ai fini della trasparenza

dell’attività amministrativa; la trasparenza può essere garantita in vari modi tra cui l’istituto dell’accesso: tale
principio non è assoluto ma anch’esso relativo in quanto risultato dell’equilibrio di interessi contrapposti: quelli
pubblici alla trasparenza e quelli privati alla riservatezza: è limitato pertanto sia in ambito soggettivo che
oggettivo. Art22comma1 “Al fine di assicurare la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorirne lo
svolgimento imparziale è riconosciuto a chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti il
diritto di accesso ai documenti amministrativi, secondo le modalità stabilite dalla presente legge.” Tale norma
sancisce due capisaldi fondamentali 1) il fine pubblico che muove la normativa non è solo quello della trasparenza
ma anche quello dell’imparzialità: quest’ultima è garantita in quanto l’accesso consente agli interessati e ad i terzi
di mettere in paragone i trattamenti diversi che la p.a. facesse in condizioni simili o trattamenti simili in condizioni
diverse. 2)stabilisce l’ambito soggettivo e oggettivo ai fini dell’esercizio del diritto d’accesso: è riconosciuto a
chiunque vi abbia interesse per la tutela di situazioni giuridiche rilevanti. Il diritto è riconosciuto a colui che si
trova in una situazione giuridica rilevante e non a tutti: altrimenti si avrebbe una tutela non giuridica ma volta a
soddisfare curiosità (vedi sentenza della Omnitel). Quanto all’oggetto su cui si esercita il diritto, sono i documenti
amministrativi: comma2 “è considerato doc. amminis. ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica,
elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti formati dalle pubbliche amministrazioni o,
comunque, utilizzati ai fini dell’attività amministrativa.” :i documenti amministrativi non sono solo quelli prodotti
dalle p.a., ma anche quelli dalle stesse raccolti o conservati. Possono essere anche quindi atti prodotti da privati
che la p.a. conserva. Ex art22comma3 ai fini della piena efficacia del diritto non basta la sua mera enunciazione
ma vi devono essere strutture organizzative idonee perché tale istituto è particolarmente complesso. Art23 il diritto
si esercita nei confronti delle p.a., delle aziende autonome speciali, degli enti pubblici e dei gestori dei pubblici
servizi. Vi sono tali diritti che, data la rilevanza, vengono garantiti non solo nei confronti della p.a. ma anche nei
confronti di gestori di pubblici servizi: soggetti che hanno una natura giuridica privata, ma che però esercitano
un’attività oggettivamente pubblica in quanto connessa alla p.a.. Abbiamo visto il soggetto attivo e quello passivo
del rapporto e l’oggetto del rapporto. Importante è l’art24 che sancisce la relatività sia del principio del segreto
che dell’accesso: “è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato...”in tal caso si riconosce la potestà
dell’amministrazione di escludere l’accesso; questa non ha limite temporale. Excomma6 viene riconosciuta alla
p.a. anche la potestà di differire l’accesso; ha limite temporale: “i soggetti indicati nell’art.23 hanno facoltà di
differire l’accesso ai documenti richiesti sino a quando la conoscenza di essi possa impedire o gravemente
ostacolare lo svolgimento dell’azione amministrativa”. Excomma4 “le singole amministrazioni hanno l’obbligo di
individuare, con regolamenti..., le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro
disponibilità sottratti all’accesso per le esigenze di cui al comma2”; e i criteri in base ai quali le valutazioni devono
essere fatte sono enunciati dal comma2: “a tutela di determinate esigenze da salvaguardare tra cui: a)sicurezza, la
difesa nazionale e le relazioni internazionali; b)politica monetaria e valutaria; c) ordine pubblico e prevenzione e
repressione della criminalità, d) la riservatezza dei terzi, garantendo peraltro agli interessati la visione degli atti
relativi ai procedimenti amministrativi, la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i loro interessi
giuridici”. Dalla lettera d si vede che l’accesso è consentito non solo al provved. finale, ma anche agli atti dei
procedimenti”. L’art25 regola le modalità dell’accesso ai documenti amministrativi. Comma1 “il diritto si esercita
mediante esame ed estrazione di copia dei documenti amministrativi... L’esame dei documenti è gratuito. Il rilascio
di copia è subordinato soltanto al costo di riproduzione”; estrazione non implica mai l’esportazione del documento:
l’originale rimane sempre nelle mani della p.a.; il comma2 sancisce un procedimento ad hoc per l’accesso ai
documenti amministrativi: “la richiesta di accesso ai documenti deve essere motivata. Essa deve essere rivolta
all’amministrazione che ha formato il documento o che lo detiene stabilmente”; qui l’obbligo della motivazione
(non è della p.a. del provvedimento) è del cittadino quando fa la richiesta di parte. La motivazione serve a
constatare che la persona abbia un interesse giuridico e non una mera curiosità; inoltre l’accesso si ha anche per
gli atti endoprocedimentali dei provvedimenti. Ex comma3 “il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso
sono ammessi nei casi e nei limiti stabiliti dall’art.24 e debbono essere motivati”; il proced. dell’accesso inizia con
una richiesta e si conclude con quattro possibilità: 1)concessione, 2)rifiuto, 3)differimento, 4)limitazione. Per il
punto 4 l’accesso si limita ad una parte del documento. Una quinta possibilità è il silenzio rifiuto previsto dal
comma4 “trascorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta, questa si intende rifiutata”. Rilevante è il comma5
“contro le determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei casi previsti nel comma4, è dato
ricorso, nel

termine di 30 giorni, al TAR, che decide in Camera di Consiglio entro 30 giorni dalla scadenza del termine per il
deposito del ricorso. La decisione del tribunale è appellabile, entro 30 giorni dalla notifica della stessa, al
Consiglio di Stato, che decide nelle stesse modalità e negli stessi termini”. Sono previsti tempi brevi e modalità
processuali economiche. Rileva anche il comma6 “in caso di totale o parziale accoglimento del ricorso il giudice
amministrativo, sussistendone i presupposti, ordina l’esecuzione dei documenti richiesti”; in tal caso la decisione
della p.a. non è quella di annullamento del provvedimento illegittimo come di solito avviene, ma consiste in un
ordine al giudice di esibire i documenti amministrativi. Si abbrevia cosi il processo in quanto ordinando subito il
giudice l’esecuzione dell’accesso si evita l’eventuale giudizio di ottemperanza che vi sarebbe stato in caso di
ulteriore inadempienza della p.a.. L’art26 è una disposizione simmetrica alla prima: mentre l’accesso è disposto
per gli atti amminist. che non abbiano interesse generale e collettivo ma individuale, vi sono atti amminist.
generali, detti atti circolari, per cui il legislatore ne ha disposto la pubblicazione per rendere conoscibile il
contenuto a tutti i cittadini e per ovviare alle difficoltà che vi sarebbero avute se l’accesso a tali atti generali
sarebbe consentito alla generalità dei cittadini. Al posto dell’accesso, per gli atti amministrativi generali, vi è la
pubblicazione. L’art27 istituisce una Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi la cui funzione
principale è quella di vigilare sulla piena attuazione del principio di piena conoscibilità della attività della p.a.

Potrebbero piacerti anche