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I beni pubblici sono retti da regimi diversi. Regime pubblicistico, inalienabilità, indisponibilità dei
beni demaniali e del patrimonio indisponibile, assicurando l’interesse pubblico e collettivo di
determinati beni. Anche se tutto ciò è sempre più eroso dalla penetrazione di istituti e regole
privatistici, visto che possono essere valorizzati ed alienati. Per i beni del patrimonio disponibile si
applicano il regime privatistico.
L’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge e sottoposta a determinati principi, a
cominciare da quelli costituzionali di imparzialità e buon andamento.
L’attività amministrativa si avvia con il procedimento e si conclude con l’emanazione di un
provvedimento, la deviazione di un atto rispetto al suo fine causa l’illegittimità dello stesso e può
condurre all’annullamento.
Le riforme amministrative hanno condotto alla privatizzazione di molti enti pubblici ed alcuni
compiti propri dell’amministrazione sono stati affidati a terzi, esternalizzazione. Si ha quindi un
disegno costituzionale di un sistema sociale misto, dove le prestazioni sono erogate da
amministrazioni e soggetti privati riconosciuti nella legislazione, come i “servizi nazionali” e i
“sistemi integrati” nei settori della sanità, dell’istruzione, della previdenza e dell’assistenza sociale
ai quali partecipano a pari titolo erogatori pubblici e privati.
Infine, i principi comunitari di libera circolazione e di concorrenza, possono concorrere, per la
fornitura di prestazioni essenziali per la comunità, sia imprese pubbliche che private.
La legge richiede ai soggetti privati preposti all’attività amministrativa il rispetto dei principi
generali dell’azione amministrativa, principi di trasparenza, imparzialità e non discriminazione.
L’ordinamento dispone di varie tecniche per garantire la cura dell’interesse generale o collettivo,
anche quando affidata a soggetti di diritto privato o a cittadini singoli e associati.
Possono essere indicati i fini cui il privato, nel perseguire il proprio scopo, deve orientare l’attività.
L’idoneità e l’adeguatezza dell’attività rispetto alla soddisfazione dell’interesse pubblico sono
valutate ex post dall’amministrazione, quindi nel rinnovare o meno l’incarico, nel confermare o nel
revocare i componenti degli organi sociali di nomina pubblica.
In altri casi l’ordinamento vincola l’attività del privato al rispetto di una serie di obblighi, condizioni
e limiti.
Quindi spetta alle norme del diritto amministrativo l’individuazione delle funzioni, l’istituzione
degli uffici ad esse preposti, l’assegnazione dei mezzi e l’attribuzione dei poteri.
LA DISTRIBUZIONE TRA I LIVELLI DI AMMINISTRAZIONE
Le politiche dell’Unione Europea si sono notevolmente estese, fino a guardare materie diverse
dall’esercizio di attività economiche (protezione ambientale, della salute pubblica). Quindi spesso
necessita un coordinamento tra la Commissione europea e le amministrazioni nazionali, queste
ultime operano sempre più in funzione comunitaria, per il raggiungimento di obiettivi determinati in
sede europea.
Tutto ciò è regolato dal principio di sussidiarietà, secondo cui la Comunità interviene soltanto e
nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati
dagli Stati membri, gli Stati a loro volta sono tenuti ad osservare il principio di leale cooperazione, e
il Trattato
L’art. 117 cost. elenca le competenze legislative spettanti allo Stato, oggi invece molte competenze
sono passate alle Regioni.
Art. 118 stabilisce che le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per
assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato,
sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
Comunque secondo il principio di legalità, impone che anche le funzioni assunte per sussidiarietà
siano organizzate e regolate dalla legge.
Per l’attribuzione delle funzioni è necessario verificare la natura, le dimensioni e la capacità dei
diversi soggetti di svolgerla, inoltre bisogna individuare i beni e le risorse finanziarie, umane,
strumentali e organizzative necessarie all’esercizio dei relativi compiti.
ELEMENTI E CLASSIFICAZIONI
Gli elementi fondamentali delle funzioni sono quattro: la materia, i fini, le attribuzioni, i
destinatari.
La materia indica il campo di intervento, è un elemento indispensabile per stabilire le competenze
tra Comunità europea e Stati membri e all’interno dello Stato tra il potere centrale, le regioni e gli
enti locali, ma solo non è sufficiente, in quanto bisogna vedere i fini.
Il fine è lo scopo dell’azione amministrativa, possiamo suddividerla in tre tipi fondamentali: di
organizzazione (della pubblica amministrazione, dei beni, e della finanza), di ordine e
conservazione (polizia e difesa) e di benessere (servizi pubblici e sociali).
Le attribuzioni costituiscono il complesso dei compiti conferiti all’amministrazione dalle norme
relative ad una data materia per il conseguimento di determinati fini. Le attribuzioni possono essere
di vario genere.
I destinatari delle funzioni sono coloro che richiedono all’amministrazione una prestazione.
L’individuazione dei destinatari delle funzioni amministrative è importante: ad es. per stabilire i
soggetti legittimati a partecipare ai procedimenti amministrativi e impugnare i provvedimenti finali.
Per studiare le funzioni bisogna considerare la materia, la finalità dell’intervento pubblico, l’ordine
delle attribuzioni.
LE FUNZIONI DI ORDINE
Le funzioni di ordine fanno parte del nucleo fondamentale delle funzioni sovrane. Le autorità
pubbliche operano soprattutto mediante poteri che limitano le libertà dei cittadini. Da qui la
necessità di una loro particolare garanzia anche a livello costituzionale. Nello stesso tempo servono
a garantire i diritti dei cittadini, che spesso chiedono direttamente l’intervento dei pubblici poteri.
Erogano servizi alla collettività, il cui livello dipende dalle risorse destinate, personale, mezzi, ecc.
di qui l’idea che tutti i diritti hanno un costo e che la libertà dipende dalle tasse.
ORDINE PUBBLICO
La tutela dell’ordine pubblico costituisce una delle funzioni più intimamente connesse all’esercizio
della sovranità. Nel nostro assetto costituzionale ordine pubblico e sicurezza sono indicati tra le
materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Le funzioni amministrative relative all’ordine pubblico e alla sicurezza sono attribuite allo Stato,
mentre competono alle regioni ed agli enti locali quelle di polizia amministrativa.
Nell’esercizio dei propri compiti l’amministrazione adotta misure preventive e repressive. La
funzione è caratterizzata da un conflitto tra autorità e libertà, pertanto è regolamentata anche dalla
Costituzione che da una serie di garanzie a tutela della libertà personale, di domicilio, di segretezza
della corrispondenza, circolazione soggiorno, diritto di riunione e di associazione, di religione e di
manifestazione di pensiero.
Le norme più importanti di disciplina della funzione oggi sono quelle relative alla lotta al
terrorismo, alla criminalità organizzata e alla mafia e al contrasto dell’immigrazione clandestina.
Le attribuzioni relative all’ordine pubblico sono affidate all’amministrazione della pubblica
sicurezza, operante sotto la responsabilità del Ministro dell’Interno. A questa amministrazione
fanno capo dal punto di vista funzionale, le autorità provinciali e locali di pubblica sicurezza e i
relativi agenti, anche se appartenenti a Forze di polizia (Arma dei carabinieri, Guardia di finanza)
dipendenti da altre amministrazioni, a differenza della Polizia di Stato che dipende direttamente dal
Ministero dell’interno.
Anche i privati chiedono l’intervento dei pubblici poteri a protezione dei propri diritti e beni, quindi
la funzione deve essere intesa a protezione dei cittadini, prima ancora che dello Stato.
Vista la crescente domanda per il servizio, necessitano sempre più risorse a sostegno delle Forze di
polizia, tanto da introdurre forme di partecipazione ai costi per gli organizzatori di eveni che
richiedono misure di sicurezza aggiuntive.
L’urbanistica
L’esigenza di regolamentare lo sviluppo degli insediamenti abitativi, soprattutto a seguito
dell’incremento demografico e dei processi di industrializzazione, è all’origine dell’assunzione di
funzioni pubbliche in materia di urbanistica. L’urbanistica ha per oggetto l’assetto e l’incremento
edilizio dei centri abitati. Oggi per urbanistica si intende tutto ciò che concerne l’uso del territorio.
L’amministrazione statale, ha poteri di indirizzo e vigilanza, cercando anche di frenare la tendenza
all’urbanesimo.
La maggior parte delle funzioni amministrative compete alle regioni ed enti locali mediante atti di
pianificazione urbanistica. Le regioni e le province adottano piani territoriali di coordinamento, ai
quali si deve conformare la pianificazione comunale. Questa si articola su due livelli fondamentali:
il piano regolatore generale e il piano particolareggiato d’esecuzione. Il piano urbanistico poi può
essere sottoposto a procedimento di variante. Inoltre i comuni sulla base di norme statali e regionali,
operano interventi di riqualificazione urbana e di sviluppo sostenibile del territorio
I destinatari delle funzioni amministrative in materia urbanistica sono le comunità stanziate sul
territorio, quindi residenti, proprietari dei terreni e degli immobili. La loro posizione assume
rilevanza giuridica, in quanto possono presentare proposte, osservazioni ed opposizioni ai piani.
La tutela dell’ambiente
La funzione di tutela dell’ambiente ha una storia relativamente recente, infatti nella Costituzione
manca specifica attenzione alla materia, ad eccezione di un paio di passaggi: art 9 dedicato alla
protezione paesaggistica e l’art. 32 relativo alla salute.
Oggi è oggetto della politica comunitaria, diretta ad assicurare un elevato livello di tutela e di
vincoli globali, fissati in trattati internazionali. La tutela dell’ambiente e dell’ecosistema fa parte
della potestà legislativa esclusiva dello Stato, infatti ciò giustifica ingerenze statali in materie di
competenza regionale.
L’ambiente include la conservazione, la razionale gestione e il miglioramento delle condizioni
naturali (aria, acqua, suolo), l’esistenza e la conservazione dei patrimoni genetici terresti e marini e
di tutte le specie animali e vegetali. La recente legislazione fa riferimento alle aree naturali protette,
alla biodiversità, alla fauna alla flora , al mare, alle coste, ai rifiuti, alle risorse idriche,
all’inquinamento atmosferico, acustico, elettromagnetico ed ai rischi industriali.
I trattati comunitari perseguono i seguenti obiettivi: salvaguardia, protezione e miglioramento della
qualità dell’ambiente, protezione della salute e utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali.
Nel diritto nazionale il compito è affidato al Ministero dell’ambiente.
Tra la procedure generali abbiamo la programmazione ambientale e la valutazione d’impatto
ambientale per una tutela preventiva.
I poteri spettano allo Stato sia se l’interesse è di rilievo nazionale (danno ambientale, valutazione
d’impatto ambientale, specie animali e vagetali protette, sia infrazionabile (ambiente marino), sia
connesso ad altri interessi nazionali (grandi impianti di produzione di energia).
Destinatari finali sono i cittadini, i quali hanno il diritto all’informazione ambientale, alla
partecipazione ai procedimenti di rilevanza ambientale, alla tutela giurisdizionale.
Allo Stato spetta la potestà legislativa esclusiva in materia di norme generali sull’istruzione e di
livelli essenziali delle prestazioni. È materia concorrente l’istruzione, salva l’autonomia delle
istituzioni scolastiche.
Il Sistema si articola:
in scuola dell’infanzia, che concorre all’educazione ed allo sviluppo effettivo, psicomotorio,
morale, religioso e sociale dei bambini.
in un primo ciclo con scuola primaria e la scuola secondaria.
Il secondo ciclo che comprende il sistema dei licei ed il sistema dell’istruzione e della formazione
professionale.
Allo Stato spetta individuare il nucleo essenziale dei piani di studi, determinare le modalità di
valutazione dei crediti scolastici e definire gli standard minimi formativi.
Accanto agli istituti di diritto pubblico a partire dal 2000 operano istituti privati che devono
possedere determinati requisiti e sottoposti a regole e controlli.
I beneficiari sono i bambini i giovani e le loro famiglie, sia italiani che stranieri. Solo la scuola
obbligatoria è gratuita, nella scuola pubblica la compartecipazione è molto ridotta.
La protezione sociale
Le funzioni amministrative di protezione sociale sono previste nella Costituzione e si fondano su
due pilastri:
Primo pilastro:
la previdenza, riservata ai lavoratori, stabilisce che i lavoratori hanno diritto ad aver assicurati
mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità o vecchiaia e
disoccupazione involontaria;
l’assistenza, ogni cittadino inabile e sprovvisto di mezzi necessari per vivere ha diritto al
mantenimento e all’assistenza sociale. Inoltre gli inabili e minorati hanno diritto all’educazione e
all’avviamento professionale.
Nel nostro ordinamento costituzionale la previdenza sociale spetta alla competenza esclusiva dello
Stato. È materia di competenza concorrente la previdenza integrativa. Mentre l’assistenza sociale
rientra nelle competenze esclusive della regione.
Le prestazioni previdenziali sono erogate da enti pubblici e privati, nei confronti dei quali vige
l’obbligatorietà dell’iscrizione e della contribuzione. Tra gli enti pubblici il più importante è l’Inps.
La previdenza integrativa è affidata ai fondi pensione, ordinati in forme privatistiche e sottoposti in
vigilanza pubblica.
Il secondo pilastro
è costituito dal sistema di assistenza sociale articolati in più interventi, per l’erogazione di servizi,
gratuiti ed a pagamento, per garantire la qualità della vita, pari opportunità, non discriminazione e
diritti di cittadinanza.
Lo Stato deve determinare i principi e gli obiettivi della politica sociale attraverso il Piano nazionale
degli interventi e dei servizi sociali, in base alle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali.
Usufruiscono delle prestazioni i cittadini italiani ed in base agli accordi internazionali anche i
cittadini degli Stati appartenenti all’Ue e infine gli stranieri individuati dalla legge
sull’immigrazione.
Per coloro che perdono il lavoro vi sono delle prestazioni straordinarie come la Cassa integrazione
(non automatica). (anche il reddito minimo di inserimento come misura di contrasto alla povertà è
rimasto oggetto di un progetto sperimentale.
I servizi pubblici.
Sono quei servizi che soddisfano le esigenze fondamentali della collettività come i trasporti di linea,
le telecomunicazioni, la somministrazione di energia elettrica e gas. In passato erogati in regime di
monopolio o da concessionari, ora da privati. Ciò è il risultato dell’intervento del diritto comunitario
che non tollera limitazioni alla concorrenza. I pubblici poteri assicura la fruizione diffusa,
assicurando il funzionamento del mercato ed intervenendo per correggerne i risultati. Ci sono delle
leggi speciali principalmente per il settore dell’energia elettrica, trasporti di linea e comunicazioni
elettroniche.
Energia elettrica e gas.
Sono servizi quasi completamente liberalizzati, però vi sono regole e controlli, in quanto spetta allo
Stato l’applicazione della disciplina comunitaria e la tutela della concorrenza e dei livelli essenziali
delle prestazioni.
Bisogna conciliare una pluralità di interessi, quindi la legge prevede l’attribuzione di funzioni
regolative all’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con il compito della promozione della
concorrenza e dell’efficienza, della fruibilità dei servizi, della diffusione in modo omogeneo
nell’intero territorio, condizioni di economicità e di redditività per gli operatori e la tutela degli
interessi di utenti e consumatori. L’Autorità ha poteri precettivi, di controllo e di soluzione delle
controversie ed opera con autonomia e indipendenza di giudizio e valutazione.
La legge dichiara libere le attività di produzione, importazione, esportazione acquisto e vendita di
energia elettrica.
Gli organi di Governo e autorità tecniche concorrono alla definizione degli indirizzi, mentre le
società pubbliche provvedono alla gestione della rete, all’organizzazione del mercato al
rifornimento dei distributori operanti nel mercato vincolato.
Lo Stato controlla anche il principale operatore del settore l’Enel.
La legge regola anche il settore del gas, sono aperte hai privati le attività di prospezione e ricerca
degli idrocarburi, quindi le attività di importazione, esportazione, trasporto, distribuzione e vendita
di gas naturale. Le imprese di gas naturale hanno l’obbligo di permettere l’accesso e
l’interconnessione a coloro che ne fanno richiesta, il servizio di distribuzione locale è affidato
mediante gara per periodi non superiori a 12 anni.
Mentre l’Autorità per l’energia è preposta alla regolazione del settore, il Ministero dello sviluppo
economico è garante degli approvvigionamenti, gli enti locali possono acquistare il servizio per
assicurarne l’erogazione ai cittadini residenti sul territorio.
I trasporti pubblici di linea
Anche nel settore dei trasporti di linea, tradizionalmente gestiti da imprese pubbliche o da
concessionari pubblici e privati operanti in regime di esclusiva, vi è stato il riconoscimento della
libera prestazione dei servizi, sono invece materia di legislazione concorrente le grandi reti di
trasporto e di navigazione.
L’Unione europea preoccupata dalle distorsioni, create dagli aiuti di Stato, è intervenuta con
l’obiettivo di favorire l’adeguamento delle ferrovie alle esigenze del mercato unico e di accrescerne
l’efficienza. Si è introdotta la distinzione tra rete e servizio di trasporto con gestori diversi,
separando così i relativi costi. In questo modo si riconosce il diritto di accesso all’infrastruttura
ferroviaria per le associazioni internazionali ferroviarie.
Lo Stato per mezzo del Ministero dei trasporti, regola i rapporti tra imprese ferroviarie e gestore
dell’infrastruttura, rilascia concessione e stipula contratti di programma, rilascia le licenze,
garantisce il funzionamento del mercato e regola il servizio a tutela degli utenti.
Si è scissa anche la gestione commerciale dal servizio pubblico, identificando così uno per uno gli
obblighi imposti allo Stato in cambio di un corrispettivo, superando il problema dei finanziamenti
indifferenziati a carico della funzione pubblica a copertura dei debiti delle imprese ferroviarie.
I trasporti aerei e marittimi sono stati completamente liberalizzati, mentre per i trasporti locali, i
pubblici poteri si dovrebbero limitare all’acquisto del servizio necessario alla collettività, tramite
gara, ma molto spesso gli enti locali sono i proprietari delle aziende incaricate della gestione.
Le comunicazioni elettroniche
Nel settore delle comunicazioni elettroniche, il diritto comunitario impone la concorrenza, i pubblici
poteri esercitano quasi esclusivamente attribuzioni di tipo regolativi. Il Codice delle comunicazioni
elettroniche, afferma che la fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica è attività libera e
di preminente interesse generale. Si garantisce la libertà di comunicazione, diritto alla riservatezza,
libertà di iniziativa economica, in regime di concorrenza.
La disciplina mira anche a promuovere la semplificazione dei procedimenti, garantire trasparenza e
tempestività delle procedure per le concessioni.
La fornitura di reti e servizi di comunicazione elettronica è subordinata ad una autorizzazione
generale, dalla quale derivano diritti ed obblighi e per assicurare che vi sia concorrenza.
Inoltre alle imprese detentrici di un significativo potere di mercato possono essere imposti obblighi
ulteriori di trasparenza, non discriminazione, separazione contabile, controllo dei prezzi e dei costi.
Il settore è regolato dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, anche se gran parte dei poteri
dell’Autorità sono stati parzialmente erosi dal Ministro delle comunicazioni. L’Autorità opera in
piena autonomia e con indipendenza di giudizio e di valutazione.
Destinatari delle funzioni amministrative sono le imprese e gli utenti e le loro relazioni.
La disciplina dell’economia
I pubblici poteri esercitano anche funzioni di disciplina dell’economia. Lo Stato è intervenuto in
diversi settori per rimediare a situazioni di crisi o per sostenere lo sviluppo di determinate attività.
Ma ciò è stato fortemente ridotto dal diritto comunitario. I pubblici poteri hanno funzioni di tipo
regolativi, anche tra i privati, in particolare nel settore dei servizi finanziari.
L’agricoltura
Il settore dell’agricoltura è stato uno dei primi ad essere oggetto di intervento pubblico, con sostegni
alle imprese agrarie. Oggi la Comunità europea disciplina sia il mercato dei prodotti agricoli, sia le
politiche agricole, sottraendole anche dalle norme della concorrenza. Le finalità sono l’incremento
della produttività agricola, assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, stabilizzare i
mercati ed assicurare i prezzi ragionevoli ai consumatori. Per ogni prodotto è istituita una
organizzazione comune dei mercati agricoli, che può comprendere tutte le misure necessarie al
raggiungimento degli obiettivi della politica agricola: regolamentazione dei prezzi, sovvenzione
della produzione e della distribuzione, costituzione di scorte, meccanismi di stabilizzazione di
importazioni ed esportazioni, infine costituzione di uno o più fondi agricoli di orientamento e
garanzia.
In linea di principio è oggetto di potestà legislativa esclusiva delle regioni, ma lo Stato svolge
compiti importanti: disciplina generale e coordinamento nazionale in materia di scorte e
approvvigionamenti alimentari, tutela della qualità, educazione alimentare, ricerca e
sperimentazione, importazione ed esportazione, regolazione delle sementi e dei fertilizzanti,
salvaguardia della biodiversità vegetale ed animale, dichiarazione di avversità atmosferiche,
prevenzione e repressione frodi.
I compiti dello Stato sono affidati al Ministero per le politiche agricole, alimentari e forestali, che
opera nelle due grandi aree funzionali: (agricoltura e pesca) e ( qualità prodotti agricolo e servizi).
Per arginare l’esodo dalle campagne e la conseguente crisi dell’agricoltura, si prevedono misure di
incentivazione delle piccole e medie imprese, sovvenzioni per garantire ai residenti l’accesso
all’abitazione, si agevolano le attività di agriturismo.
I destinatari delle funzioni amministrative non sono soltanto le imprese agricole, ma anche quelle
connesse alla terra come le imprese alimentari e dell’agro-turismo, inoltre beneficiano di incentivi e
di protezione i cittadini residenti nelle aree rurali e i consumatori di prodotti alimentari.
L’industria
Le funzioni amministrative in materia di industria e attività produttive sono anche oggetto della
Comunità europea, che prevede il rafforzamento della competitività dell’industria comunitaria,
promuovendo un ambiente favorevole all’iniziativa ed allo sviluppo delle imprese in tutta la
Comunità, la cooperazione tra imprese, l’innovazione, la ricerca e lo sviluppo tecnologico.
La Costituzione italiana individua come materia di legislazione concorrente il sostegno
all’innovazione per i settori produttivi, cioè alle industrie che comprende qualsiasi attività
imprenditoriale diretta alla lavorazione e alla trasformazione di materie prime, alla produzione e
allo scambio di semilavorati, di merci e di beni anche immateriali e le relative attività strumentali.
Allo Stato tramite il Ministero dello sviluppo economico spettano compiti prescrittivi, certificativi,
regolativi, direttivi, attraverso sovvenzioni e di ausilio finanziario alle attività di rilievo strategico e
nazionale. Alle regioni competono le erogazioni della parte restante dei contributi pubblici. Ai
comuni con gli sportelli unici, spettano le funzioni di cessazione, riattivazione, localizzazione e
rilocalizzazione di impianti produttivi.
Gli interventi di tipo finanziario non si concentrano più nel sostegno di alcune industrie, ma
assumono carattere orizzontale con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo, l’innovazione e la
competitività delle piccole imprese, oppure mirano allo sviluppo socio economico, anche con fondi
comunitari, di determinate zone, con modalità individuate da strumenti negoziali come i patti
territoriali e i contratti d’area.
Delle misure di incentivazione beneficiano non soltanto le imprese destinatarie, ma l’intero
territorio nel quale esse operano.
Tutto ciò impone una programmazione degli obiettivi prioritari attraverso procedure rapide
efficienti e trasparenti.
La vigilanza sui mercati finanziari
La vigilanza dei mercati finanziari è una funzione molto complessa, essi sono divisi in tre settori:
bancario, mobiliare ed assicurativo. Per ognuno dei tre settori vi è un organo di controllo, Banca
d’Italia, Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), Istituto per la vigilanza sulle
assicurazioni private e di interesse collettivo Isvap). I confini tre questi mercati vanno ad attenuarsi.
Quindi anche le competenze amministrative si fondano non più sulla distinzione dei mercati, ma
sulle finalità di vigilanza, concentrando le funzioni sulla trasparenza con la Consob e sulla tutela
della concorrenza presso l’Autorità antitrust.
I mercati sono sempre più integrati a livello internazionale, quindi a livello europeo le funzioni di
vigilanza sugli enti creditizi ed istituti finanziari sono assegnate alla Banca centrale europea.
Gli interessi tutelati sono fondamentalmente due: la stabilità degli intermediari; la trasparenza e la
correttezza nella gestione del pubblico risparmio.
La Costituzione “incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme, disciplina, coordina e
controlla l’esercizio del credito”.
Quindi per ciascuno dei mercati finanziari, sono stabilite le regole fondamentali relative alle
operazioni ammesse e ai prodotti che possono essere scambiati.
Alle autorità pubbliche sono attribuiti poteri di regolazione e controllo.
La vigilanza ha come destinatari le banche, i gruppi bancari e gli intermediari finanziari, e si esplica
in quattro modi: controllo degli statuti, a mezzo della vigilanza informativa, attraverso la vigilanza
regolamentare e con la vigilanza ispettiva.
La tutela dei risparmiatori è garantita principalmente con misure dirette alla solvibilità alla
trasparenza e alla competizione. I risparmiatori tuttavia sono ancora privi di efficaci strumenti di
tutela.
La tutela della concorrenza
La funzione della tutela della concorrenza è relativamente recente, attribuita ad un’apposita autorità
indipendente, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Al fine di assicurare la cooperazione nell’applicazione delle regole europee della concorrenza, si
prevedono scambi di informazioni e consultazioni tra gli organi comunitari e autorità nazionali.
La disciplina antitrust si inscrive nel diritto comunitario in un più ampio contesto diretto a
promuovere un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza e a tutelare la libertà di
circolazione.
L’ordinamento italiano garantisce la libertà di iniziativa economica, le norme a tutela della
concorrenza rientrano nella potestà esclusiva dello Stato.
Per assicurare il rispetto delle norme antitrust sono conferite all’Autorità garante della concorrenza
e del mercato attribuzioni di natura paragiurisdizionale. Si tratta infatti di valutare condotte
imprenditoriali consistenti in intese restrittive della libertà di concorrenza, abusi di posizione
dominante e operazioni di concentrazione.
Le intese limitative della concorrenza e l’abuso di posizione dominante sono direttamente vietate
dalla norma, invece per le operazioni di concentrazione invece è prevista una comunicazione
all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e una valutazione di quest’ultima per accertare
se comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale
in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza.
Nei primi due casi l’Autorità accerta la violazione ed in caso positivo ordina la cessazione delle
condotte lesive ed applica sanzioni pecuniarie, nel terzo caso vi è una procedura autorizzativa che si
può concludere con un atto di assenso condizionato.
I destinatari della funzione sono le imprese e i consumatori, cui sono impediti o resi
ingiustificatamente onerosi l’accesso al mercato e l’esercizio delle scelte economiche. Le istruttorie
possono essere avviate su denuncia delle imprese e dei consumatori danneggiati dalla condotta
anticoncorrenziale. I soggetti lesi sono legittimati ad agire in sede civile per il risarcimento del
danno.
L’ORGANIZZAZIONE
L’incandidabilità prevista per coloro che hanno riportato alcune condanne penali, rende nulla
l’elezione o la nomina.
L’ineleggibilità ha lo scopo di impedire che alcuni soggetti possano approfittare della loro carica
per influenzare il procedimento elettorale a proprio vantaggio,
L’incompatibilità mira ad evitare situazioni di conflitto di interessi, ovvero il cumulo di più cariche
da parte della medesima persona.
In secondo luogo la disciplina dei diritti e degli obblighi del funzionario onorario verso
l’amministrazione è molto ridotta, in quanto lo scambio tra lavoro e retribuzione assume un rilievo
marginale, prevalendo l’aspetto dell’identificazione del funzionario nell’organizzazione.
In terzo luogo il compenso del funzionario onorario non è elemento essenziale del rapporto e
comunque non è una vera e propria retribuzione, ma una indennità (spesso consistente) percepita a
titolo di rimborso degli oneri sostenuti.
In quarto luogo il rapporto del funzionario onorario è a termine, in quanto è di natura politica.
Il personale non professionale è una categoria molto ampia, vi sono parlamentari, membri del
governo, amministratori di enti pubblici, presidenti di regioni, assessori e consiglieri regionali,
amministratori di enti locali ecc.
Il personale professionale
La seconda specie di personale volontario è rappresentata dal personale professionale. In questi casi
la titolarità dell’ufficio viene attribuita ad un soggetto che questi appartenga ad una “carriera”.
Vengono selezionati in base al merito, i quali, in cambio della retribuzione, pongono
permanentemente e continuativamente la propria capacità lavorativa al servizio
dell’amministrazione.
Qui il rapporto di servizio esiste indipendentemente dal rapporto di ufficio.
Mentre gli uffici a titolarità onoraria sono in genere espressione di rappresentanza politica, quelli a
titolarità professionale riflettono il criterio del merito, i primi assicurano la realizzazione del
principio democratico, i secondi il rispetto di imparzialità amministrativa.
Tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno sono intestate agli uffici dirigenziali,
la cui titolarità spetta a personale professionale.
Il personale precario
Vi sono categorie di personale il cui rapporto di servizio presenta l’elemento della subordinazione,
ma non quello della stabilità, i precari, proprio perché assunto per un periodo di tempo determinato,
per esigenze temporanee e straordinarie, spesso reclutato senza concorso, però prima o poi viene,
mediante appositi provvedimenti legislativi, immesso stabilmente in ruolo, con rapporto di tempo
indeterminato. In questo modo i precari si sottraggono al concorso, ed è per questo motivo che la
legge ha posto dei divieti di assunzione dei precari, disattendendoli in un ampio numero di casi
particolari.
Utilizzata la flessibilità dei rapporti di lavoro, (contratto a tempo determinato, formazione lavoro,
fornitura temporanea di lavoro ecc..). quindi il divieto di assunzione a tempo indeterminato di
lavoratori con contratti a tempo determinato è vietata.
Il personale con rapporto di lavoro autonomo
Alcune categorie di personale professionale, non hanno né l’elemento della stabilità, né quello della
subordinazione, si tratta del personale assunto con rapporto di lavoro autonomo, che le pubbliche
amministrazioni sono autorizzati a costituire con soggetti scelti discrezionalmente. Generalmente
ciò avviene per esigenze in cui la pubblica amministrazione non può far fronte con personale in
servizio, conferendo incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando
preventivamente durata, luogo, oggetto, compenso.
La disciplina europea dell’impiego con le pubbliche amministrazioni nazionali
I dipendenti pubblici sono lavoratori, le norme europee allo scopo di costituire un mercato comune
proteggono la libertà di circolazione dei lavoratori, senza discriminazione sulla nazionalità. Però gli
Stati membri conservano la facoltà di discriminare in base alla cittadinanza nazionale quando si
tratta dell’accesso agli impieghi nella pubblica amministrazione. Il requisito della nazionalità può
essere imposto esclusivamente per l’accesso a quei posti che implicano partecipazione all’esercizio
di poteri pubblici, ovvero tutela di interessi generali. Quindi può valere per le funzioni tipiche e
specifiche dello Stato come la difesa, la sicurezza nazionale, la giustizia, gli affare esteri, per il resto
deve essere consentito l’accesso in condizioni di uguaglianza a tutti i cittadini europei.
L’ordinamento italiano ha indicato i posti per i quali può essere stabilito il requisito di cittadinanza
italiana, (dirigenti nelle amministrazioni statali, funzioni di vertice amministrativo delle strutture
periferiche della amministrazioni dello Stato, degli enti pubblici, delle province, comuni, regioni,
contabili, avvocati e procuratori dello Stato, Ministero affari esteri, interno, giustizia, difesa,
economia, Corpo forestale).
I caratteri del pubblico impiego
Il rapporto di pubblico impiego presenta due caratteri fondamentali: è strettamente collegato al
rapporto di cittadinanza ed è un rapporto di tipo pubblico.
Il rapporto di cittadinanza, indica una relazione di appartenenza dell’individuo allo Stato, non si
tratta, anzi, di un rapporto, ma di uno status, cioè di una posizione del soggetto nell’ordinamento,
da cui derivano diritti e doveri. Il rapporto di pubblico impiego rappresenta un approfondimento
dello status di cittadinanza, esprime una relazione di appartenenza allo Stato più profonda di quella
del normale cittadino. Tale appartenenza implica maggiori diritti di partecipazione all’esercizio di
poteri pubblici, ma anche maggiori doveri di fedeltà verso la comunità statale. Questa concezione
dell’impiegato pubblico come cittadino speciale si riflette anche nella Costituzione.
Il secondo carattere fondamentale del rapporto di pubblico impiego, peraltro collegato al primo, è la
sua natura di diritto pubblico. Il rapporto di impiego pubblico era considerato come una relazione
fra cittadino e Stato e la scienza giuridica italiana non poteva ammettere relazioni paritarie fra Stato
e cittadino, quindi quei rapporti non potevano essere regolati dal diritto privato, ma dal diritto
pubblico, in quanto lo Stato è in posizione di supremazia e il privato in posizione di soggezione.
Il regime giuridico del pubblico impiego
Il regime giuridico del rapporto del pubblico impiego si basa su quattro principi che lo differenziano
nettamente da quello privato.
1) l’amministrazione costituisce il rapporto con l’atto di nomina, inteso come manifestazione
di potere pubblico, qualificato come provvedimento amministrativo unilaterale,
condizionato nell’efficacia all’accettazione del destinatario.
2) Anche la disciplina del rapporto è unilaterale nel senso che è contenuta nella legge. 1908
approvazione del primo statuto degli impiegati civili dello Stato, oggi vigente quello del
1953. tale disciplina legislativa ha rappresentato un privilegio per i dipendenti pubblici, per
tutelare l’imparzialità essa accordava loro delle garanzie sconosciute ai dipendenti privati
3) Il rapporto di pubblico impiego si modifica ed estingue per effetto di decisioni che sono a
loro volta espressione di potere pubblico.
4) La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo costituisce infine l’ultimo elemento
del regime giuridico del rapporto di pubblico impiego.
Le categorie di personale con rapporto di impiego pubblico: tratti comuni
Anche se assai ridotta rispetto al passato, l’area del personale professionale legato
all’amministrazione da un rapporto pubblico impiego è ancora piuttosto vasta. 551.000 dipendenti,
1.024 carriera diplomatica, 1.547 carriera prefettizia, 130.229 personale militare, 321.000 forze di
polizia di Stato, 10.434 magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, 54.835 professori e ricercatori
universitari, 31.995 vigili del fuoco.
Tutti hanno almeno due tratti comuni: si tratta di funzionari con funzioni pubbliche che
rappresentano il cuore della sovranità degli Stati (difesa, affari esteri, ordine pubblico, giustizia),
settori per i quali il diritto europeo consente il requisito della cittadinanza.
In secondo luogo, si tratta di dipendenti che hanno sempre ricevuto un trattamento normativo
speciale, differenziato rispetto a quello riservato alla generalità degli impiegati pubblici.
La disciplina del rapporto di lavoro varia a seconda delle diverse categorie.
Il personale diplomatico e delle carriere prefettizie
Il personale della carriera diplomatica e prefettizia, è preposto ad uffici cui è attribuita una
complessiva funzione di rappresentanza dello Stato. Gli agenti diplomatici hanno il compito di
rappresentanza dello Stato verso l’esterno, in ambito internazionale, verso l’interno, in periferia, nel
caso dei prefetti.
Tutto ciò spiega la chiusura verso l’esterno delle rispettive carriere e si procede in base al merito e
giustifica la speciale relazione fiduciaria con il governo, al venir meno possono essere collocati a
disposizione del servizio.
Il personale militare e delle forze di Polizia di Stato
Il regime dell’impiego pubblico trova virtù nel suo carattere tradizionalmente autoritario,
improntato sulla ineguaglianza delle parti e sulla supremazia dello Stato sui suoi dipendenti. La
natura paritaria del rapporto di lavoro privato mal si concilierebbe con i criteri gerarchici e di
disciplina che ispira la disciplina del personale militare e delle forze di polizia di Stato. Tali criteri
sono la compressione dei diritti sindacali, (divieto di sciopero, iscrizione ad associazioni sindacali).
Ma anche per questa categoria di persone il regime pubblicistico ha progressivamente subito
attenuazioni e contaminazioni con il regime privato, infatti la Polizia di Stato è stata smilitarizzata
ed il rapporto di impiego è regolata da decreti del Presidente della Repubblica adottati a seguito di
accordi sindacali. Mentre il rapporto di impiego delle forze di polizia rimaste ad ordinamento
militare (Carabinieri e Guardi di Finanza) e delle Forze armate, sono regolati da decreti concertati
con gli organi di rappresentanza interna Cocer.
Magistrati, avvocati dello Stato e docenti universitari
Il rapporto di diritto pubblico, prescelto per i suoi tratti garantistici, serve ad assicurare la neutralità
politica e l’indipendenza di determinate categorie di personale professionale.
Tale esigenza è particolarmente avvisata per i magistrati. La Costituzione impone che il loro status
sia regolato dalla legge, inoltre a differenza di quanto avviene per i normali rapporti di impiego
pubblico, è prevista la stabilità e l’inamovibilità dei magistrati. La Costituzione vieta che essi siano
dispensati o sospesi dal servizio, o destinati ad altre sedi o funzioni senza il loro consenso, salvo
decisione del Consiglio superiore della magistratura. Questo è noto come organo di autogoverno
che adotta tutti i provvedimenti amministrativi che incidono sullo status del magistrato, assunzioni,
trasferimenti, promozioni, sanzioni disciplinari.
Stessa disciplina spetta agli avvocati e procuratori dello Stato, equiparati ai magistrati.
Anche per i professori e i ricercatori universitari è previsto che siano inamovibili, questo per
tutelare l’autonomia e per garantire i valori costituzionali del pluralismo culturale e della libertà
della scienza. Anche se ciò non è previsto dalla Costituzione.
Il rapporto di lavoro privato con le pubbliche amministrazioni
Il personale professionale, in prevalenza, è legato all’amministrazione da un rapporto di natura
privatistica, regolato dal diritto comune del lavoro. Vari d.lg. hanno disposto la privatizzazione dei
rapporti di impiego di più dell’80% dei dipendenti pubblici. Quindi il regime giuridico dei rapporti
di impiego con le pubbliche amministrazioni si equipara a quello dei rapporti di lavoro subordinato
con imprese private. Si dispone l’applicazione della stessa disciplina che regola il lavoro
subordinato nell’impresa.
Il regime giuridico del rapporto di lavoro privato con le pubbliche amministrazioni
Il regime giuridico del rapporto di lavoro privato con le pubbliche amministrazioni poggia su
quattro principi fondamentali, collegati l’uno all’altro.
- origine contrattuale del rapporto: l’assunzione nelle pubbliche amministrazioni avviene con
contratto individuale di lavoro;
- regolamentazione contrattuale del rapporto: i rapporti individuali di lavoro sono regolati
contrattualmente.
- gestione del rapporto mediante atti negoziali:le misure inerenti alla gestione del rapporto
sono assunte con la capacità e i poteri del privato datore di lavoro, quindi la promozione, il
trasferimento o il licenziamento di un dipendente pubblico non sono provvedimenti
amministrativi, ma atti negoziali, come tra impresa privata e dipendente.
La disciplina della contrattazione collettiva
A differenza di quanto accade per i contratti collettivi di lavoro stipulati da imprese private, la legge
stabilisce il modo in cui le pubbliche amministrazioni devono stipulare i propri contratti collettivi. Il
d.lg. n. 165/2001 in particolare regola tre aspetti: la struttura, i soggetti e le procedure della
contrattazione.
La legge prevede tre livelli contrattuali:
- il primo livello definisce i comparti che sono unità negoziali che si riferiscono a settori
affini. Ciascuno di essi comprende categorie di personale pubblico cui si applica uno stesso
contratto collettivo, in genere si tratta di dipendenti che lavorano per amministrazioni
pubbliche dello stesso tipo, ad es. dipendenti dei ministeri, del servizio sanitario nazionale,
delle regioni ed enti locali. I comparti costituiscono un limite alla privatizzazione, perché
escludono che i dipendenti pubblici possano essere regolati da contratti collettivi applicabili
anche a lavoratori del settore privato.
- Il secondo livello contrattuale è costituito dai contratti collettivi nazionali, detti di comparto,
ad es. tutti i dipendenti ministeriali.
- Il terzo livello contrattuale è costituito dai contratti collettivi integrativi, che si riferiscono al
personale di una singola amministrazione, ad es. i dipendenti del Ministero dell’economia e
delle finanze.
La legge regola direttamente la contrattazione nazionale, e quest’ultima ha il compito di disciplinare
la contrattazione integrativa. Essa può svolgersi sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti
collettivi nazionali.
I soggetti della contrattazione nazionale sono: una parte pubblica, che rappresenta le
amministrazioni del comparto, e una parte sindacale che rappresenta i rispettivi dipendenti. Le
amministrazioni sono rappresentate di diritto dall’Agenzia per la rappresentanza negoziale Aran
delle pubbliche amministrazioni, le norme tutelano l’autonomia e l’indipendenza dal corpo politico.
La legge detta un’apposita disciplina per l’individuazione delle parti sindacali, garantendo che tutti i
lavoratori appartenenti alla categoria cui il contratto è destinato, siano democraticamente
rappresentati in sede di stipulazione dell’accordo, quindi l’Aran è tenuta ad ammettere alle trattative
tutte le organizzazioni sindacali che abbiano raggiunto una soglia minima di rappresentatività del
5% di elettori/voti totali. L’accordo è validamente sottoscritto se vi aderiscono organizzazioni
sindacali rappresentative.
Il procedimento per la stipulazione del contratto collettivo si apre con la quantificazione delle
risorse finanziarie da destinare alla contrattazione collettiva. Le trattative svolte dall’Aran e deve
tenere costantemente informati i comitati e il governo. Le trattative si concludono con una ipotesi di
accordo fra l’Aran e le parti sindacali, poi l’Aran deve acquisire il parere favorevole del comitato di
settore, infine l’Aran trasmette una quantificazione dei costi derivanti dall’accordo alla Corte dei
conti, che ne devono accettare l’attendibilità e la compatibilità con i vincoli finanziari previsti in
sede di programmazione e di bilancio. La certificazione positiva della Corte dei conti conclude il
procedimento e legittima il presidente dell’Aran a sottoscrivere definitivamente il contratto
collettivo.
La costituzione del rapporto
a) organici e programmazione delle assunzioni
La fase costitutiva del rapporto di lavoro, che precede cioè la stipulazione del contratto individuale
è regolata dal diritto amministrativo, questo prevede vincoli che riguardano sia la decisione di
assumere personale, sia la scelta del personale da assumere. Tutto ciò è regolata dalla disciplina che
riguarda gli organici, la programmazione delle assunzioni e la mobilità.
Le amministrazioni non possono assumere in mancanza di un corrispondente posto organico.
È un documento che definisce la dotazione ottimale di personale dell’amministrazione, determinata
in base agli effettivi fabbisogni, è anche ridefinita periodicamente o con scadenza triennale. Anche
se vi è disponibilità di posti la decisione di assumere avviene per mezzo di atti di programmazione
triennale delle assunzioni. Ciò spesso si scontra con il blocco delle assunzioni disposto dalla legge
finanziaria, con l’obiettivo di contenimento della spesa. Inoltre per la procedura di mobilità, prima
di assumere personale, le amministrazioni sono tenute a verificare la possibilità di impiegare
dipendenti già in servizio presso altre amministrazioni, che siano stati dichiarati in eccedenza e
quindi collocati in disponibilità.
b) il concorso
la scelta del personale da assumere deve essere effettuata, per costituzione, mediante concorso,
salvo i casi stabiliti dalla legge. In base al principio del sistema del merito, che garantisce ai
cittadini di accedere ai pubblici uffici in condizioni di uguaglianza, in base alla loro virtù e ai loro
talenti. Assicurando l’imparzialità della burocrazia. Tutto ciò si contrappone al metodo del
patronato politico, in base al quale il reclutamento è influenzato dalla parte politica al governo, che
assegna liberamente i posti e gli uffici. Il concorso garantisce il buon andamento
dell’Amministrazione perché permette di scegliere i cittadini più capaci.
Le procedure selettive sono disciplinate dalle amministrazioni, devono garantire la pubblicità e
l’imparzialità della selezione, con meccanismi oggettivi e trasparenti per l’accertamento dei
requisiti professionali e attitudinali richiesti in base alla posizione da coprire.
La commissione è composta esclusivamente da tecnici ed esperti (per un terzo donne) e non
possono farne parte componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, titolari di
altre cariche politiche o rappresentanti dei sindacati.
Per le amministrazioni statali vi è una regolamentazione più specifica per il procedimento di
concorso che si articola in quattro fasi:
- l’adozione del bando di concorso,
- l’ammissione dei candidati,
- la selezione dei candidati,
- l’approvazione della graduatoria.
Il bando di concorso disciplina le modalità di svolgimento della selezione e fissa i requisiti generali
e speciali richiesti per l’ammissione.
I requisiti generali sono cittadinanza di uno Stato Europeo (o in alcuni casi cittadinanza italiana),
l’idoneità fisica all’impiego, godimento diritto di voto, titolo di studio prescritto.
Gli eventuali ulteriori requisiti sono definiti di volta in volta dal bando.
Entro il termine previsto dal bando gli interessati devono inviare la domanda di ammissione.
L’Amministrazione accerta i requisiti prescritti e delibera per ciascun candidato l’ammissione alla
selezione o l’esclusione dal concorso. Il provvedimento di esclusione può essere impugnato dal
candidato e se illegittimo è annullato dal giudice amministrativo, annullando a cascata tutti gli atti
successivi. Per evitare questo rischio, l’amministrazione anche su richiesta del giudice dispone la
c.d. ammissione con riserva, così l’accertamento dei requisiti viene rimandata ad un momento
successivo, così il candidato può partecipare.
Poi vi è la selezione dei candidati ammessi, sulla base dei titoli presentati e delle prove sostenute.
Questa è effettuata dalla commissione giudicatrice, che prima dello svolgimento delle prove, deve
definire i criteri di massima per la valutazione dei titoli e i criteri e le modalità di valutazione delle
prove. La previa definizione dei criteri di massima è necessario ogni qual volte ricorrono criteri
soggettivi per la valutazione comparativa delle prove e dei requisiti.
Al termine delle prove ed in base alla valutazione delle stesse e dei titoli, la commissione forma la
graduatoria di merito.
Questa deve essere, infine, approvata dall’amministrazione che ha bandito il concorso,
l’approvazione della graduatoria conclude il procedimento concorsuale e costituisce il presupposto
della stipulazione del contratto individuale di lavoro con i vincitori.
Questo segna anche il passaggio dal diritto amministrativo al diritto privato. Le controversie relative
alle procedure concorsuali sono infatti di competenza del giudice amministrativo, mentre quelle che
attengono al rapporto di lavoro già instaurato rientrano, come visto nella competenza del giudice
ordinario.
c) le deroghe al principio del concorso
il legislatore ha sovente abusato della facoltà di derogare al principio del concorso, allo scopo di
favorire il personale che abbia già instaurato un rapporto, ad esempio si è aggirato il principio del
concorso per regolarizzare la posizione del personale precario. In secondo luogo la copertura delle
qualifiche superiori mediante il concorso aperto a tutti, configge con gli interessi del personale
interno delle qualifiche inferiori, che aspira a proseguire la carriera. Il legislatore quindi ha previsto
i concorsi interni per il personale in servizio. Quindi le posizioni più elevate si possono giungere sia
mediante procedure concorsuali, sia per effetto dello sviluppo professionale, l’equilibrio fra i due
sistemi è affidato alla contrattazione collettiva che disciplina l’inquadramento dei dipendenti
pubblici.
La disciplina derogatoria del rapporto
a) la carriera
una volta costituito il rapporto fra il dipendente e l’amministrazione tramite la stipulazione del
contratto individuale si innestano alcune regole speciali, che investono la materia
dell’inquadramento professionale e della carriera dei dipendenti pubblici, quella dei loro obblighi e
della loro responsabilità disciplinare nonché quella dell’estinzione del loro rapporto di impiego.
Nel settore pubblico la facoltà di promuovere un dipendente non è illimitata, perché deve
armonizzarsi con l’esigenza di rispettare l’organico.
In base al principio dell’irrilevanza dell’esercizio di fatto di mansioni superiori, è irrilevante ai fini
della promozione, ma rilevante ai fini del trattamento economico, in quanto gli spetta il trattamento
economico della qualifica corrispondente.
b) doveri e responsabilità
una seconda area di regole speciali si riferisce agli obblighi dei dipendenti pubblici e alla loro
responsabilità disciplinare. Sul dipendente pubblico grava il dovere di fedeltà e il dovere di
esclusività, che gli impone di porre tutte le proprie energie lavorative al servizio esclusivo
dell’amministrazione. L’esclusività è richiesta perché si presume che lo svolgimento di una seconda
attività lavorativa riduca l’impegno del dipendente nell’esercizio dei compiti attribuitigli, poi per
evitare un potenziale conflitto fra l’interesse pubblico e l’interesse privato. La legge vieta ai
dipendenti pubblici l’esercizio di attività industriali e commerciali e qualsiasi attività di lavoro
subordinato.
Il divieto di una seconda attività lavorativa non vale per i dipendenti part-time, a meno che non
siano attività che interferiscono con i loro compiti istituzionali. Vi sono poi alcuni incarichi in via
generale consentiti, come quelli non retribuiti o compensati con rimborso delle spese, o quelli
consentiti, ad es. nella collaborazione a giornali e riviste o nella partecipazione a convegni e
seminari. Anche lo svolgimento di altri incarichi può essere autorizzato dall’amministrazione di
appartenenza.
Vi è il dovere di osservanza dei dipendenti pubblici, al potere direttivo e disciplinare del datore di
lavoro. Il potere direttivo si esercita attraverso la definizione di un codice di comportamento.
Questo è adottato dal Dipartimento della funzione pubblica, per tutti i dipendenti pubblici e
modificato ed integrato da parte degli organi di vertice delle singole amministrazioni. L’intera
disciplina ruota intorno al principio per il quale il dipendente deve perseguire esclusivamente
l’interesse pubblico.
L’inosservanza delle norme del codice di comportamento espone il dipendente al potere disciplinare
dell’amministrazione solo nel caso in cui tali norme siano fatte proprie dai contratti collettivi. È
previsto che la pubblica amministrazione impartisce all’Aran indirizzi, affinché il codice sia
recepito nei contratti .
I contratti definiscono le infrazioni e le sensazioni disciplinari, la legge regola il procedimento per
l’irrogazione delle sanzioni.
Il capo della struttura presso cui il dipendente lavora segnala l’inflazione ad un apposito ufficio per i
procedimenti disciplinari. Questo comunica tempestivamente al dipendente la contestazione , poi lo
convoca per sentirlo con l’eventuale procuratore o un rappresentante sindacale, l’ufficio istituisce il
procedimento e applica la sanzione oppure comunica la chiusura del procedimento.
Per i reati più gravi, la condanna penale anche non definitiva obbliga l’amministrazione a
sospendere il dipendente dal servizio. La condanna definitiva ad oltre tre anni di reclusione
determina l’estinzione del rapporto di lavoro con la pubblica amministrazione.
c) il licenziamento
una terza area di regole speciali attiene alla fase estintiva del rapporto, cioè il licenziamento,
individuale o collettivo per esigenze organizzative, cioè in caso di eccedenza di personale.
Le pubbliche amministrazioni con eccedenza di personale devono darne comunicazione ai sindacati,
indicando il numero dell’esubero, i motivi, e le proposte di rimedio. Viene verificata la possibilità di
ricollocare il personale eccedente, alla fine il personale che non è passato ad altra amministrazione o
che ha rifiutato il trasferimento viene collocato in mobilità. Il personale in disponibilità percepisce
due anni un’indennità dell’80% dello stipendio, al termine dei quali, in mancanza di ricollocazione,
il rapporto di lavoro si estingue.
La dirigenza
La dirigenza è una categoria di personale professionale creata per separare dagli altri dipendenti
l’alta burocrazia. Comprende i funzionari amministrativi di vertice e i titolari di uffici di livello più
elevato. La dirigenza è oggetto di una disciplina speciale e particolarmente importante in quanto si
colloca fra la politica e l’amministrazione, quindi crea l’equilibrio fra il principio di democrazia
(che impone il controllo degli organi politici) e il principio di imparzialità (che pone
l’amministrazione al servizio dell’intera comunità). Questo equilibrio è separato da due elementi, il
primo funzionale (il modo in cui sono distribuiti i poteri fra gli uffici affidati a titolari politici e gli
uffici affidati ai dirigenti), in questo caso il rapporto gerarchico favorisce il controllo politico,
mentre la separazione delle competenze limita gli effetti della politicizzazione.
Il secondo dal punto di vista strutturale, l’equilibrio dipende dal modo in cui è configurato il
rapporto fra il titolare dell’ufficio dirigenziale e il suo datore di lavoro (che è poi l’organo politico),
qui la precarietà assicura la prevalenza politico, mentre la stabilità garantisce l’imparzialità.
La distinzione fra politica e amministrazione
La distribuzione delle funzioni fra uffici politici e quelli dirigenziali risponde al principio di
separazione o distinzione delle rispettive competenze. Ai primi spettano le funzioni di indirizzo
politico-amministrativo e di controllo, ai secondi è affidata la gestione amministrativa. Quindi la
politica stabilisce fini e obiettivi, l’amministrazione provvede all’attuazione e realizzazione delle
finalità e degli obiettivi.
La disciplina distingue i compiti di indirizzo e di gestione nel seguente modo: con riguardo alle
attribuzioni finali dell’amministrazione, gli organi politici adottano atti normativi e di carattere
programmatico, mentre alla dirigenza compete di adottare gli atti e i provvedimenti amministrativi.
Con riguardo alle attribuzioni strumentali, gli organi politici definiscono, l’organizzazione di
vertice, cioè gli uffici di livello dirigenziale, ripartendo personale e risorse finanziarie. I dirigenti
definiscono la parte più bassa dell’organizzazione degli uffici. Essi provvedono ad ulteriori
ripartizioni e gestione di personale e di risorse finanziarie.
Prima questa distinzione funzionale era di tipo gerarchico, le competenze dell’organo politico,
comprendeva anche quella degli uffici, cioè i poteri del ministro coincidevano con quelli del
ministero, ora il rapporto è di tipo dirigenziale, non tutte le funzioni del ministero possono essere
esercitate dal ministro, perché alcune di esse sono sottratte agli organi politici. Il ministro non ha
potere di ordine nei confronti dei dirigenti, ma solo di indirizzo, né può riservare a sé atti di
competenza dei dirigenti.
Gli atti di indirizzo sono adottati dagli organi politici anche in base alle proposte dei dirigenti,
l’organo politico ha compiti di controllo sulla gestione e sui suoi risultati, per mezzo di strutture
poste alle loro dirette dipendenze con compiti di valutazione e controllo strategico.
Il rapporto fra il dirigente e l’amministrazione
a) il rapporto di servizio
diversamente dagli altri dipendenti, i dirigenti assumono la titolarità di uffici con atti di diritto
pubblico, quindi il loro rapporto d’ufficio, cioè i modi di conferimento della titolarità degli uffici di
maggiore rilevanza è regolata dalla legge. Nondimeno il rapporto di servizio dei dirigenti è stato
sottoposto al diritto privato, così come quello degli altri dipendenti. La regola privatistica secondo
la quale il datore di lavoro può licenziare in ogni momento il dirigente anche senza giustificazione,
nel settore pubblico non si applica, qui l’estinzione del rapporto di lavoro del dirigente è circondata
da maggiori garanzie previste sia dalla disciplina legislativa sull’accertamento della responsabilità
dirigenziale, sia dalla contrattazione collettiva.
b) il rapporto di ufficio
alla stabilità del rapporto di lavoro, si contrappone la precarietà del rapporto di ufficio della
dirigenza pubblica. La disciplina legislativa sul conferimento e sulla revoca degli incarichi
dirigenziali, instaura una relazione fiduciaria fra organo politico e il dirigente.
Reclutati attraverso concorso gestito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione, i
dirigenti sono inseriti nel ruolo dirigenziale dell’amministrazione che li ha assunti. Vi sono tre
livelli di incarichi dirigenziali: la titolarità di strutture sovraordinate agli uffici dirigenziali generali
(ad es. segretario generale di ministeri, capo dipartimento), titolarità di uffici dirigenziali generali,
titolarità di uffici dirigenziali non generali. Ai dirigenti di prima fascia può essere affidato qualsiasi
tipo di incarico, a quelli di seconda fascia possono essere conferiti incarichi di livello più basso.
Gli incarichi sono conferiti con un provvedimento adottato dall’organo politico o per incarichi più
bassi, dal dirigente titolare dell’ufficio dirigenziale sovraordinato. Il dirigente incaricato stipula con
l’amministrazione un contratto individuale che definisce il trattamento economico collegato allo
svolgimento di quel particolare incarico che si aggiunge al trattamento economico corrisposto
comunque al dirigente, in base alla contrattazione collettiva.
Il provvedimento di conferimento dell’incarico, oltre al suo oggetto e agli obiettivi da conseguire ne
definisce la durata, che non può essere inferiore a tre anni, né più di cinque. Si estingue
automaticamente a scadenza, ma l’organo politico ha la facoltà di rinnovare l’incarico.
Prima della scadenza il rapporto d’ufficio può estinguersi per due cause. Anzitutto gli incarichi più
elevati cessano automaticamente entro novanta giorni dal voto di fiducia del nuovo governo, chi
vince le elezioni ha diritto di occupare i posti della pubblica amministrazione con persone di propria
fiducia. In secondo luogo l’incarico può essere revocato in caso di accertamento dei risultati
negativi della gestione o del mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati. Questo accertamento
è l’esito di un procedimento di valutazione annuale, svolto in contraddittorio con il dirigente
valutato. Nell’ipotesi di responsabilità dirigenziale meno grave, esso comporta l’impossibilità di
rinnovo dell’incarico, nei casi più gravi può determinare la revoca o il licenziamento.
LA FINANZA
Nozioni e caratteri
La finanza pubblica può essere definita come l’insieme delle attività con le quali i soggetti che
compongono la Repubblica, lo Stato, le regioni, gli enti pubblici, si procurano le entrate necessarie
a sostenere la spesa per l’erogazione dei servizi alla collettività (sanità, trasporti, scuola, pensioni
ecc.) e per consentire il funzionamento delle strutture pubbliche (acquisto o locazione delle sedi
degli uffici, stipendi al personale ecc.).
L’attività finanziaria pubblica è progressivamente cresciuta di dimensioni, in relazione all’aumento
dei servizi richiesti dai cittadini e all’esigenza di migliorare la qualità, ciò ha comportato un
aumento dell’imposizione fiscale.
Le entrate dello Stato possono essere costituite da tributi (maggiore fonte d’entrata), dai ricavi
derivanti dall’amministrazione del proprio patrimonio (gestione musei, concessione di beni pubblici
a privati, vendita beni pubblici).
L’ammontare delle entrate che si prevede di riscuotere e delle spese che si prevede di effettuare è
scritto nel bilancio di previsione, documento redatto ogni anno dall’organo di governo e presentato
alle assemblee rappresentative.
Mentre le entrate derivano principalmente da una fonte unica, le spese sostenute possiamo dividerle
in due gruppi, in base che siano volte a soddisfare i bisogni della collettività (costruzioni di opere
con scuole e strade o offerta di servizi sanitari trasporti scolastici ecc., o per il funzionamento delle
strutture amministrative per garantire le funzioni irriducibili dello Stato come la difesa, l’ordine
pubblico, la giustizia, la rappresentanza estera e consentire il funzionamento degli uffici serviti a
questo scopo, inoltre deve servire al funzionamento degli uffici necessari all’erogazione dei servizi
alla collettività.
Attraverso la gestione delle entrate lo Stato esercita la funzione di ridistribuzione del reddito.
Questa attività può essere più o meno estesa a seconda dell’indirizzo politico perseguito dal
governo.
Sia le entrate che le spese si basano su previsioni, le entrate dipendono dalle entità dei redditi
percepiti in un anno dai singoli cittadini e dalle imprese sul quale devono pagare le imposte,
l’ammontare delle spese varia perché dipende anche dal numero di coloro che chiederanno di
usufruire dei servizi.
Se le spese superano le entrate, la differenza forma un disavanzo o deficit coperta da prestiti
(immissione di buoni del tesoro) i prestiti vanno restituiti con gli interessi.
Di regola non tutte le spese sono finanziabili con prestiti, ad es. è possibile quelle in conto capitale
(costruzione di un’opera pubblica, un ponte, una scuola), poiché corrisponde comunque un aumento
di ricchezza, mentre le spese correnti che servono al funzionamento degli uffici pubblici e
determinano un mero consumo di ricchezza devono finanziarsi attraverso le entrate già previste.
Le fonti della disciplina finanziaria
Quindi la finanza pubblica risulta fondamentale per attuare i fini dello Stato e per soddisfare i
bisogni sociali volti ad attuare il benessere collettivo.
I fini dello Stato sono indicati nel breve periodo dal programma di governo, votato da ciascuna
assemblea rappresentativa all’atto in cui un nuovo governo si presenta ad essa per ottenere la
fiducia. L’approvazione del bilancio da parte dell’assemblea serve ad attribuire la copertura
finanziaria alle finalità contenute nel programma. Senza coperture il programma non può essere
attuato.
La normativa comunitaria
Le normative comunitarie che guidano la finanza degli Stati sono numerose e sono contenute
principalmente nel Trattato di Mastricht e di Amsterdm parte integrante della Costituzione europea.
Il Trattato di Mastricht priva gli Stati aderenti al sistema monetario della sovranità sulla moneta, che
è attribuita alla Banca centrale europea. Viene anche stabilito di quanto può essere il disavanzo
annuale (entrate – spese, max il 3% del prodotto interno lordo), mentre il debito complessivo
(somme prese a prestito per finanziare il disavanzo più gli interessi) non può superare il 60% del
prodotto interno lordo. Se disavanzo e debito non sono eccessivi, la finanza dello Stato può
considerarsi sana.
È stato stabilito anche il patto di stabilità e crescita che prevede che gli Stati aderenti raggiungano a
medio termine il bilancio in pareggio o prossimo al pareggio. Altra regola è stata quella della
distinzione delle entrate percepite attraverso imposizione tributaria e quelle di buona gestione
finanziaria. Inoltre vanno ricordati i principi di proporzionalità, sostenibilità, sussidiarietà e
cooperazione.
Le norme costituzionali
La Costituzione italiana dedica alla finanza poche norme. La legge finanziaria, e di bilancio
costituiscono l’annuale manovra di bilancio. La Costituzione ha previsto che l’introduzione dei
tributi deve essere prevista da una legge e per affermare i principi di uguaglianza fiscale tra i
cittadini, concorrono alle spese pubbliche in relazione alla capacità contributiva, con la regola della
progressività dell’imposta. Le decisioni di spesa sono regolate unicamente alla presentazione e
all’approvazione del bilancio dello Stato (regioni ed enti locali), ed è posto il principio della
necessaria copertura delle leggi di spesa.
Vi sono poi i controlli relativi alla gestione di bilancio dello Stato, svolti dalla Corte dei conti a
mezzo di relazioni annuali al Parlamento, ciò per garantire il buon andamento e l’imparzialità
dell’amministrazione e gli obiettivi di efficienza dell’attività amministrativa.
Con la riforma del titolo V della seconda parte della Costituzione è stato vietato alle regioni ed enti
locali di ricorrere all’indebitamento per finanziare spese diverse da quelle dell’investimento.
I regolamenti parlamentari
I regolamenti parlamentari hanno attribuito particolari poteri al governo per consentirgli di operare
con rigore finanziario richiesto in sede europea. Le sessioni di bilancio invece sono periodi dedicati
sia dalla Camera che dal Senato, alla discussione e all’approvazione di tutti gli atti che riguardano la
finanza pubblica. Le sessioni di bilancio introdotte dai regolamenti parlamentari nel 1983 sono due:
- una primaverile-estiva, nella quale le Camere approvano il documento di programmazione
economica e finanziaria;
- una autunnale-invernale dedicata alla discussione e approvazione del bilancio e della legge
finanziaria.
La legislazione ordinaria
Le principali leggi ordinarie che reggono la finanza pubblica sono ancora quelle del 1923-24, più
volte modificate. La legge ha previsto l’approvazione annuale della legge finanziaria, nonché la
redazione del bilancio di previsione in termini di competenza e in termini di cassa e la redazione di
un bilancio pluriennale avente fini solamente conoscitivi.
Fra i principi diversi da quelli costituzionali contenuti in leggi ordinarie, vi sono quelli di
universalità e di integrità, in base ai quali tutte le entrate dello Stato debbono essere rappresentate
in bilancio, e i principi di unità, pubblicità, chiarezza (comprensibilità) nella rappresentazione delle
spese.
Altre norme recenti hanno profondamente modificato la struttura del bilancio dello Stato, articolato
in più di seimila capitoli, oggi quattromila, denominati unità revisionali di base. I fondi allocati
nelle unità revisionali di base, denominati budget, sono divisi nei capitoli, a seconda della
destinazione della spesa, ma le somme in essi iscritte sono, diversamente che in passato,
compensabili tra loro. Quindi i fondi residuali di un capitolo possono essere spostati senza
autorizzazione del Parlamento.
I documenti di indirizzo economico-finanziario
Tra gli atti non legislativi che influiscono sull’attività finanziaria pubblica, va segnalato, il
documento di programmazione economica e finanziaria, presentato annualmente dal Governo al
Parlamento. Il documento è fondato su proiezioni economiche riferite ad un quadriennio, indica i
provvedimenti legislativi necessari a conseguire gli obiettivi previsti. È approvato da ciascuna
Camera dopo un dibattito. Il Parlamento sarà tenuto a rispettare gli indirizzi del documento.
Vi sono gli atti di indirizzo che stabiliscono criteri e parametri per la redazione degli stati di
previsione della spesa (che compongono nel loro insieme il disegno di legge di bilancio) e per
l’applicazione, da parte delle regioni ed enti locali, del patto di stabilità interno.
Fra gli altri documenti che influenzano il dibattito sulla formazione della decisione di bilancio, vi è
la Relazione annuale della Banca d’Italia, che esamina i risultati dei conti pubblici e formula
suggerimenti in materia di politica finanziaria.
I soggetti
I soggetti che agiscono nell’ambito della finanza pubblica abbiamo:
a livello europeo, il Consiglio europeo massimo organo politico dell’Unione, che delinea i traguardi
finanziari da raggiungere. Vi sono poi gli altri organi comunitari preposti alla realizzazione
attraverso l’emanazione di regolamenti e direttive, degli obiettivi europei: in particolare, il
Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri finanziari Ecofin. Vi sono quelli che svolgono
l’attività di vigilanza e controllo: Commissione europea e la Corte dei conti europea.
A livello nazionale, il governo che mette a punto e il Parlamento che approva la legge finanziaria,
la legge di bilancio e le altre leggi che comportano spese. Il ministro dell’economia e delle finanze
si occupa sia di percepire le entrate sia di gestire i procedimenti di spesa.
Del ministero fa parte il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato che ha un ruolo
centrale sia nella predisposizione dei documenti di bilancio (Documento di programmazione
economica e finanziaria, disegno di legge finanziaria, disegno di legge di bilancio), sia nel
procedimento di presentazione dei nuovi provvedimenti di spesa (poiché esprime un parere su tutti i
disegni di legge comportanti spese e poiché non esiste legge che non comporti spese, il
Dipartimento della ragioneria pronuncia i propri pareri sull’intera attività legislativa del
Parlamento).
Infine la Corte dei conti esercita, per Costituzione, il controllo preventivo sugli atti del governo e
quello successivo sulla gestione del bilancio, è il controllore di tutti i controlli.
Il bilancio nazionale
I più importanti atti di finanza pubblica sono il bilancio annuale di previsione e la legge finanziaria,
sottoposte ad una serie di regole, alcune previste dalla Costituzione.
La regola dell’approvazione del bilancio
Il disegno di legge di bilancio viene presentato dal governo e la sua discussione avviene in
assemblea. La Costituzione prevede che nel procedimento di approvazione della legge di bilancio, il
potere di emendamento del Parlamento sia limitato. Con la legge di approvazione del bilancio non
si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese, in pratica il Parlamento può modificare la
distribuzione delle voci di spesa (ad es. può stabilire che si attribuiscano più fondi al Ministero
dell’istruzione, sottraendo pari importo ad un altro ministero), ma non può modificare le aliquote
dei tributi e le spese totali individuate dal governo.
Fuori dal periodo in cui il bilancio viene approvato, il Parlamento è libero di approvare leggi che
comportano spese (c.d. leggi di spesa), ma deve indicare sempre la copertura.
Il bilancio di previsione
Il bilancio annuale di previsione è redatto in due versioni, una di competenza e una di cassa. Con il
primo viene indicato l’ammontare delle entrate che si prevede di accertare e l’ammontare delle
somme che si prevede di erogare nell’esercizio finanziario. Quindi scrive i crediti e i debiti senza
tenere conto dell’effettiva esigibilità dei crediti e dell’effettiva possibilità di pagare i debiti.
In termini di cassa si indica l’ammontare delle somme che si prevede di incassare e di quelle che si
prevede di pagare nell’anno cui il bilancio si riferisce, quindi dà in quadro più realistico del
bilancio, ma la prima versione è importante per comprendere quanti crediti e quanti debiti
matureranno, nel corso dell’esercizio finanziario.
Sotto la voce uscite si deve fare una distinzione di base, quella tra spese correnti e spese in conto
capitale, e fra le prime va ricordata la categoria delle spese obbligatorie, caratterizzate dal fatto che
i cittadini hanno dei diritti ad ottenere in ogni momento le prestazioni con esse finanziate, ad es.
l’accesso al servizio sanitario nazionale.
Le spese in conto capitale sono costituite da spese che produccono ricchezza per le generazioni
presenti e future, ma non sono obbligatorie, quindi se lo Stato non dispone di mezzi finanziari
possono essere rimandate.
Il bilancio di previsione è annuale, ad esso è allegato un bilancio pluriennale che indica le
previsioni di entrata e di spesa per un periodo di almeno quattro anni (l’anno in corso e i tre
successivi al bilancio annuale). Con il bilancio pluriennale si ha una visione più ampia anche degli
interventi che si svolgono su più anni come ad esempio la costruzione di un ponte, di una scuola,
vedendo così gli stati di avanzamento.
Il bilancio di previsione essendo annuale va approvato dal Parlamento entro il 31 dicembre di ogni
anno. Se non approvato entro quella data si fa ricorso all’esercizio provvisorio del bilancio, per cui
il governo viene autorizzato dal Parlamento ad eseguire per max 4 mesi, spese in misura di tanti
dodicesimi della spesa prevista nel bilancio non ancora approvato, quanti sono i mesi dell’esercizio
provvisorio.
La significatività del bilancio
In origine, l’obbligatorietà dell’approvazione annuale del bilancio era necessario, prima al sovrano
poi al governo, di ottenere l’assenso parlamentare alla riscossione delle entrate e all’erogazione
delle spese. La legge di bilancio era l’atto più importante del Parlamento e sottolineava la sua
indipendenza dal governo e la sua funzione di controllo delle entrate e delle spese.
Successivamente la riscossione delle entrate sono state rese indipendente dalla legge di bilancio,
infatti pur dovendole indicare nel bilancio, la legge ha già stabilito l’ammontare dei tributi. Le spese
invece non possono essere effettuate se non dopo l’approvazione del bilancio, poiché vi sono più
destinazioni possibili, quindi la decisione spetta ad un’assemblea rappresentativa.
Inoltre molte spese iscritte in bilancio sono destinate a finalità non immediatamente evidenti, come
trasferimenti dallo Stato a regioni ed enti locali.
Una parte della spesa pubblica è iscritta in più bilanci, come la spesa sanitaria, che figura nel
bilancio dello Stato, sotto forma di trasferimenti alle regioni, nei bilanci delle regioni, dove questa
spesa rappresenta circa i due terzi della spesa complessiva ed è finanziata anche con risorse proprie
(addizionale irpef, ticket sanitari).
Infine esistono somme non registrate in bilancio, le c.d. gestione fuori bilancio.
Comunque i governi e i parlamenti hanno una limitata possibilità di scelta discrezionale poiché le
nuove spese sono condizionate sia dall’entità della spesa fissa, per il mantenimenti dei precedenti
livelli dei servizi, sia dalle somme necessarie al funzionamento dello Stato.
Comunque il bilancio è un atto centrale della finanza pubblica.
L’assestamento di bilancio
Entro il 30 giugno il Governo può presentare al Parlamento il disegno di legge per l’assestamento di
bilancio relativo all’anno in corso. Praticamente è una rappresentazione dei residui attivi e passivi,
in quanto non era ancora possibile determinare l’esatto ammontare entro il 31 dicembre.
La legge finanziaria, i provvedimenti collegati e le altre leggi di spesa
La legge finanziaria e i provvedimenti collegati
Alla legge finanziaria, per i suoi legami con il bilancio, sono stati estesi i vincoli procedurali che
disciplinano la presentazione e la discussione del disegno di legge di bilancio, previsti dalla
Costituzione. Viceversa alla legge finanziaria non sono stati estesi i vincoli costituzionali che
riguardano il limitato potere di emendamento esercitatile dal Parlamento al momento della
discussione e dell’approvazione del disegno di legge di bilancio. Anzi la legge finanziaria ha
proprio lo scopo di permettere al governo, a fine anno, nel momento in cui presenta per
l’approvazione il disegno di legge di bilancio, di correggere le disposizioni legislative che hanno
effetto sulle entrate e sulle spese. La legge finanziaria nasce, quindi, dall’esigenza di modificare gli
interventi a carattere finanziario, approvati dal Parlamento negli anni precedenti alla presentazione
del bilancio, non corrispondenti all’indirizzo politico-finanziario del governo.
Le leggi di spesa in corso d’anno
Chiusa la sessione di bilancio e approvate la legge finanziaria e la legge di bilancio, il Parlamento
può operare con legge tutte le scelte di politica finanziaria che ritenga opportune. E il potere della
Camera di emendare i disegni o le proposte di legge e di introdurre nuove entrate e nuove spese non
subisce alcuna limitazione. Le Camere però devono rispettare l’obbligo costituzionale di copertura,
ogni legge deve indicare i mezzi per farvi fronte. La Costituzione si preoccupa solo di arginare
l’approvazione di leggi che comportano spese, che devono avere una specifica copertura.
Tra le spese non dipendenti da leggi, vi sono quelle che derivano da eventi imprevedibili. Quelle che
non hanno una copertura finanziaria, poiché imprevedibile, nei bilanci pubblici sono istituiti i fondi
di riserva. Tuttavia questi fondi non sempre sono sufficienti, quindi nel caso di mancata copertura
finanziaria di spese obbligatorie, il Ministro dell’economia e delle finanze, presenta al Parlamento
un disegno di legge per approvare il relativo finanziamento.
La gestione del bilancio e il rendiconto
L’approvazione dei bilanci da parte delle assemblee rappresentative rende possibile la loro gestione,
vale a dire l’attività di entrata (mediante l’accertamento e la riscossione dei tributi) e l’attività di
spesa, per fornire beni, servizi e risorse finanziarie alla collettività e per consentire il funzionamento
degli uffici pubblici.
La gestione delle spese
Le somme da erogare sono affidate a specifiche strutture amministrative (nello Stato, alle agenzie
fiscali), esse gestiscono la spesa dopo le obbligazioni assunte dalle amministrazioni statali,
regionali. Le obbligazioni possono derivare da una legge (ad es. incentivi alle imprese), da una
sentenza (ad es. la Corte costituzionale prevede un certo aumento di stipendio ad una categoria, da
estendere ad altre).
Le attività di spesa che ciascuna amministrazione intende effettuare sono indicate in uno stato di
previsione della spesa redatto dalle singole amministrazioni (da ciascun ministero, da ciascun
assessorato regionale o ente locale). La somma degli stati di previsione della spesa, unitamente al
quadro delle entrate, forma lo schema o progetto di bilancio, che viene poi presentato, discusso e
approvato dalle assemblee rappresentative.
Vi sono spese obbligatorie e spese facoltative, le prime comportano un’erogazione delle somme “a
domanda” del creditore, in quanto ha un diritto soggettivo al godimento di un bene o alla fruizione
di un servizio. Le seconde possono anche essere rinviate o non essere compiute affatto.
Poiché le amministrazioni sono interessate a spendere le intere somme assegnate per il
raggiungimento degli obiettivi, ma vista la necessità di diminuire il deficit si cerca di ridurre le
spese, quindi si instaura una vera e propria trattativa con i ministri o gli assessori per concordare
tagli a spese o slittamenti.
La gestione del bilancio ha due caratteristiche, una di separare chi decide la spesa da chi eroga le
somme. Alla spesa viene data una destinazione, sotto il profilo contabile significa emettere un “atto
di impegno”. Una volta impegnata la somma , l’erogazione della somma non è più di pertinenza
dell’amministrazione che ne ha deciso la destinazione ma degli uffici di tesoreria (Banca d’Italia o
altri istituti di credito). Ciò per evitare che chi decide la spesa ha anche il maneggio del pubblico
denaro.
La seconda caratteristica è che dopo la decisione di destinare una somma e l’effettiva erogazione
segue un procedimento che alterna fasi amministrative di gestione, spettanti all’amministrazione
che decide la spesa, e ad atti di controllo, affidati ad uffici di controllo amministrativo contabile
delle stesse amministrazioni (per lo Stato agli uffici del Dipartimento della Ragioneria dello Stato) e
per alcuni atti interviene anche un organo di controllo esterno (la Corte dei conti). Il controllo è
volto a verificare la legittimità dell’erogazione finanziaria e ad esercitare se l’attività di spesa ha
raggiunto i risultati che l’ordinamento si prefigge.
Il procedimento di spesa
Il procedimento di spesa si articola in quattro fasi: l’impegno, con il quale l’amministrazione destina
una somma per una determinata finalità, la liquidazione che serve ad individuare esattamente la
figura del creditore, l’ordinazione che consiste in un ordine dell’amministrazione che ha deciso la
spesa agli uffici di tesoreria perché paghino la somma determinata dall’amministrazione. Il
pagamento che è l’operazione materiale mediante la quale la somma viene trasferita al creditore.
Esistono anche procedure più veloci, chiamate speciali, come ad es. l’ordine di accreditamento (o
apertura di credito), mediante il quale i dirigenti di amministrazione dispongono l’assegnazione di
somme a favore di funzionari per sostenere spese, poi il funzionario presenterà un rendiconto.
Vi sono delle contabilità speciali che consistono in gestione di fondi trasferiti dal bilancio dello
Stato a talune amministrazioni come Ministero dell’interno e della difesa, che hanno necessità di un
rapido maneggio di denaro per affrontare situazioni urgenti.
Infine vi sono le gestioni fuori bilancio, in linea di principio vietata dalla normativa in quanto le
entrate non possono, senza passare per il bilancio, essere assegnate alla copertura delle spese.
Queste sono somme che non sono contemplate in bilancio in quanto non quantificabili in anticipo.
Il rendiconto (o conto consuntivo)
Esaurito la conclusione dell’esercizio finanziario, il periodo dedicato alla gestione del bilancio (cioè
all’acquisizione delle entrate e all’erogazione delle spese), le assemblee rappresentative approvano
il rendiconto, che è l’atto riassuntivo della gestione. Il rendiconto è redatto dal governo e
materialmente dal Ministero dell’economia e delle finanze e da Costituzione viene approvato dal
Parlamento. Esso viene inviato alla Corte dei conti, che lo esamina e procede alla parificazione dei
conti, esaminando le diversità fra le previsioni di bilancio e il risultato della gestione, dichiarando la
conformità o la difformità o parziale rispetto alle previsioni.
Successivamente il disegno di legge avente per oggetto il rendiconto viene presentato dal governo
alla Camere per l’approvazione.
La finanza regionale e locale
Anche la finanza regionale e la finanza locale dipendono dalla normativa comunitaria, infatti
l’attuazione del patto di stabilità e crescita, richiede che la finanza regionale e locale siano incluse
nel processo di riduzione del disavanzo.
Regioni ed enti locali sono enti autonomi, quindi lo Stato si trova stretta tra le esigenze dell’Unione
europea volte ad evitare i disavanzi eccessivi fino ad ottenere un pareggio di bilancio e le esigenze
che derivano dall’autonomia finanziaria degli enti.
Il patto di stabilità interno
L’Unione europea ha richiesto ad ogni Stato che, al fine dell’attuazione del patto di stabilità e
crescita, elabori un patto di stabilità interno, nel quale siano indicati, ogni anno gli interventi anche
nell’ambito della finanza locale, che saranno adottati per il raggiungere gli obiettivi, stabiliti in sede
europea. Poiché gli enti locali godono di autonomia, tali interventi vengono concordati con lo Stato
nell’ambito della conferenza unificata Stato-regioni-città. I risultati vengono comunicati alla
Commissione europea e inseriti nella legge finanziaria annuale, che acquista un ruolo di legge di
coordinamento tra finanza statale e finanza regionale.
Il patto di stabilità prevede che vi sia una diminuzione annuale delle spese degli enti con una
graduale riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato.
L’autonomia finanziaria regionale e locale nella riforma costituzionale del 2001.
L’autonomia finanziaria delle regioni e degli enti locali si fonda su sei principi: a) riconoscimento
dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa; b) l’attribuzione del potere di stabilire ed applicare
tributi propri; c) istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per
abitante; d) l’autosufficienza delle risorse percepite, che devono servire a finanziare integralmente
le funzioni pubbliche; e) l’assegnazione di risorse aggiuntive e l’effettuazione di interventi speciali,
da parte dello Stato, in favore di determinati enti territoriali e per determinati scopi; f) la possibilità
di ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento.
Quindi, in riferimento all’autonomia finanziaria di entrata, si potrebbe ipotizzare l’ipotesi, fino ad
oggi esclusa, che le regioni possono finanziarsi anche con tributi diversi da quelli stabiliti con legge
dello Stato, ma per gli enti locali questa possibilità è esclusa perché non godono di potestà
legislativa, quindi non sono in grado di istituire direttamente tributi propri.
La Corte costituzionale ha escluso la possibilità di individuare tributi propri anche alla Regione,
l’autonomia stà solo nello stabilire le aliquote relative ad imposte stabilite dallo Stato, che potranno
variare entro un plafond stabilito dallo Stato.
I BENI
Beni ed interessi pubblici
I beni pubblici rappresentano più di una connessione con la finanza, il denaro stesso acquisito dalla
pubblica amministrazione è un bene pubblico. Fra i mezzi dell’amministrazione vi sono beni mobili
(arredi, strumenti informatici) e immobili (edifici, terreni). Vi sono beni che sono strumentali
all’azione amministrativa, mentre altri realizzano immediatamente gli interessi della collettività. Le
strade, autostrade e le ferrovie soddisfano le istanze della circolazione e dei trasporti. La tutela del
mare, delle foreste e dei laghi è volta alla preservazione dell’ambiente. Questo interesse giustifica le
limitazioni di alcuni diritti spettanti ai privati, soprattutto quella di costruire.
Alla disciplina dei beni pubblici rientra tra i beni collettivi l’aria, il mare l’etere, ad es. quest’ultimo
utilizzato per le trasmissioni televisive. L’etere è anche un bene limitato, quindi lo Stato concede in
uso le poche frequenze disponibili.
I principi costituzionali nazionali ed europei
La Costituzione italiana enuncia i principi in base ai quali la proprietà è pubblica o privata e i beni
economici appartengono allo Stato, a enti o privati e determinati beni possono essere espropriati.
Quattro sono le principali caratteristiche del regime dei beni pubblici.
La prima è la legittimazione generale dei pubblici poteri e degli enti pubblici ad acquisire diritti di
proprietà sui beni.
La seconda caratteristica è che i pubblici poteri stabiliscono una limitazione all’appropriazione dei
beni da parte dei singoli, mediante l’apposizione di una riserva, quest’ultima impedisce che i
soggetti privati possano acquisire diritti in ordine a determinati beni, per es. le acque sono sempre
pubbliche, come lo era in passato la proprietà delle imprese produttrici di energia elettrica.
La terza caratteristica è l’esistenza di un regime giuridico pubblicistico dei beni, distinto da quello
della proprietà privata. Il diritto di proprietà di alcuni beni è retto da apposite norme, ad es. i beni
demaniali sono inalienabili e imprescrivibili, quindi con il divieto dell’usucapione.
La quarta caratteristica riguarda l’uso dei beni pubblici. I principi di imparzialità e buon andamento
comportano una serie di obblighi a carico dell’amministrazione. Prima di concedere in uso risorse
scarse per cui vi è una pluralità di interessi, è tenuta a stabilire preventivamente i criteri per
l’assegnazione ad es. per l’etere o la spiaggia. Le domande devono essere poste ad un esame
comparativo, inoltre può accordare una priorità al concessionario attuale rispetto ai concorrenti solo
a parità di condizioni.
Un’ulteriore garanzia della proprietà privata è stabilita dalla Carta dei diritti fondamentali
dell’Unione europea, infatti i pubblici poteri non possono sottrarre i beni produttivi ai privati.
Il Trattato di Roma protegge la libertà di circolazione delle merci e dei capitali. Sotto il primo
profilo, gli Stati però possono proibire la circolazione delle opere d’arte, poiché le norme europee lo
consentono.
L’influenza del diritto europeo si manifesta, infine, in rapporto all’uso dei beni pubblici, stabilendo
che tutti gli imprenditori di un certo settore economico abbiano il diritto di accedere a pari
condizioni al demanio pubblico per es. per istallarvi le proprie reti di telecomunicazione. I vincoli
europei produce effetti anche nei confronti dei privati che detengono infrastrutture di rilievo
essenziale, grazie all’antitrust, ad es. le norme relative alle reti ferroviarie dispongono che il gestore
debba consentire a chiunque di accedervi a condizioni non discriminatorie.
Il diritto europeo prescinde dalla titolarità del bene, ma detta norme a chiunque sia in relazione con
esso, ciò che viene disciplinato è l’uso del bene.
Tipologia di beni pubblici
I beni pubblici sono numerosi e differenziati, ma possiamo vedere le principali categorie,
suddividendole in base all’utilizzazione sostanziale. Ordinando i beni in base alle diverse forme di
fruizione, abbiamo beni a uso collettivo, beni destinati all’uso di una o più pubbliche
amministrazioni, beni di proprietà privata delle amministrazioni.
I beni a fruizione collettiva
Non ha importanza a quale amministrazione appartenga il bene, ma la destinazione del bene:
- alla fruizione collettiva, ad es. la strada, la spiaggia, giardini pubblici ecc.. essi sono destinati
all’uso da parte di tutti i soggetti quelli che intendono passare. Vi è una scissione tra il proprietario
del bene e chi lo usa. Non possono nemmeno essere assoggettati a espropriazione forzata da parte di
creditori dell’amministrazione. Qualsiasi turbativa è da considerarsi illecita e fa sorgere il dovere di
corrispondere un’indennizzo. Altri beni ammettono usi parziali riservati ai soggetti che ottengono
dall’amministrazione una concessione, ad es. gli stabilimenti balneari: in cambio del pagamento del
canone, il titolare della concessione ottiene per un certo periodo il godimento esclusivo, ma può
consentirlo ad altri a titolo oneroso.
Sul versante dei soggetti privati, una prima questione posta in rilievo è quella della qualificazione
delle imprese aspiranti alla partecipazione della gara. Abbandono, in particolare per i lavori
pubblici, del precedente sistema dell’iscrizione all’Albo nazionale dei costruttori, per un diverso
sistema di accertamento dei requisiti di qualità, professionalità.
Altra questione è quella dei soggetti collettivi o comunque delle forme associate legittimate a
presentare offerte nelle gare, abbiamo società e consorzi, consorzi fra società cooperative di
produzione di lavoro, quindi è stata introdotta la figura del raggruppamento o associazione
temporanea di imprese, in forme associative di tipo orizzontale e verticale. Nella prima forma, più
imprese aventi analoghe capacità tecniche, si riuniscono al fine di realizzare una prestazione di
dimensioni superiori, con rappresentanza anche processuale ad una di esse, la capogruppo; mediante
la seconda, più imprese con capacità tecniche differenziate e specializzate conferiscono mandato ad
un’impresa capogruppo, ciascuna per l’esecuzione di una parte scomponibile della prestazione,
restando l’impresa capogruppo responsabile solidalmente nei confronti dell’amministrazione
aggiudicatrice.
Si riapre la questione se il possesso dei requisiti minimi previsti per la partecipazione alla gara
debbano essere accertati in capo ad un’unica impresa, ancora la giurisprudenza non è chiara,
pertanto vi è un’ampia flessibilità ai fini della valutazione delle diverse relazioni tra singoli
operatori economici.
Tipologia dei contratti delle amministrazioni pubbliche
I contratti conclusi dalle pubbliche amministrazioni sono assoggettabili a classificazioni diverse:
A seconda della causa del contratto
Possiamo distinguerli in:
- contratti tipici, sono: vendita, somministrazione, locazione, appalto, trasporto ecc. nei
confronti di questi tipi contrattuali non esistono limitazioni di genere per le pubbliche
amministrazioni. Ad es. molto discusso il contratto di compravendita di cosa futura avente
per oggetto un bene immobile in luogo di un contratto di appalto, pur non previsto nella
legislazione statale di contabilità, il Consiglio di Stato ha stabilito che non può essere
escluso dall’ordinamento delle amministrazioni, anche se deve essere circondato da cautela
per evitare simulazioni e frodi alla legge, quindi l’amministrazione deve dare conto di una
serie di accertamenti e valutazioni.
- Misti, sono quelli risultati dalla combinazione di più tipi previsti dal codice civile, ad es.
contratto di appalto per lavori e servizi, o per lavori e fornitura di beni. La disciplina
applicata è in base al criterio della prevalenza economica, cioè del maggiore valore del tipo
di prestazioni, ovvero secondo il criterio della relazione principale-accessorio oggetto del
contratto.
- Poi vi è una figura di contratto integralmente nuova, anche questa è una manifestazione
dell’autonomia contrattuale, espressamente prevista dalla disciplina: le parti possono anche
concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purché
diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela (leasing, factoring, brokering assicurativo,
engeenering, global service, performance bond, project financing, sponsoring).
A seconda dell’interesse economico
Dal punto di vista dell’interesse economico, i contratti possono distinguersi in contratti attivi e
passivi. Quindi in base agli effetti del contratto sul bilancio dell’ente pubblico: attivi quei contratti
che comporteranno l’acquisizione di una entrata a vantaggio del bilancio, passivi comportano un
esborso di denaro. Se invece si considera l’incidenza sul patrimonio dell’ente pubblico, allora un
contratto passivo come l’appalto per la realizzazione dell’opera pubblica si trasforma in un
incremento del patrimonio, e ricevere un’alienazione di un immobile, si trasformerà in un
decremento del patrimonio pubblico.
A seconda della disciplina
Dal punto di vista della disciplina cui è assoggettato il singolo contratto, si distinguono in contratti
di diritto comune e contratti di diritto speciale. I contratti di diritto comune sono quelli previsti dal
codice civile (compravendita, locazione). I contratti di tipo speciale, sono essenzialmente quelli in
relazione ai quali una pubblica amministrazione è necessariamente una delle parti e predetermina
regole specifiche di svolgimento del rapporto, ad es. giochi e scommesse o debito pubblico. Nei
giochi e scommesse la pubblica amministrazione partecipa come organizzatore del gioco dando vita
ad un contratto bilaterale, presiede e controlla lo svolgimento del gioco e funge da intermediario tra
i vari scommettitori, dando vita anche ad un contratto plurilaterale con i partecipanti.
Nel caso del debito pubblico, il soggetto pubblico stipula un contratto di mutuo con il sottoscrittore
di appositi titoli rappresentativi del debito assunto e sottoposti a specifica disciplina.
Procedure dell’evidenza pubblica e formazione del contratto
Le procedure di evidenza pubblica per la formazione dei contratti della pubblica amministrazione
sono articolate in quattro fasi, il loro centro nell’attività preparatoria e di svolgimento della gara tra
aspiranti al contratto.
La deliberazione di contraente
La prima fase è costituita dalla assunzione della deliberazione di contrattare. Con tale atto sono
predeterminati gli scopi, i criteri, i contenuti e le modalità della successiva attività, che
l’amministrazione porrà in essere in vista dell’obbligazione contrattuale, e fissa i parametri che
l’autorità di controllo dovrà tenere presente nell’approvazione del contratto concluso. Questa
attività però non è espressamente disciplinata dalla norma generale di contabilità dello Stato, ma è
considerato un mero atto interno dell’amministrazione.
Con riguardo all’attività contrattuale degli enti locali trova una più puntuale definizione di ordine
legislativo. È stabilito che la stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita
determinazione del responsabile del procedimento di spesa, indicante:
a) il fine che il contratto intende perseguire;
b) l’oggetto del contratto e le clausole ritenute essenziali;
c) le modalità di scelta del contraente
l’atto in questione è la dichiarazione di intento delle amministrazioni circa la sua volontà di
stipulare un contratto di un certo tipo. È la base di riferimento per la vera e propria attività
contrattuale, e si pone anche come la conclusione di una prima fase di attività preparatoria.
La scelta del contraente
La seconda fase è costituita dal complesso degli atti e delle operazioni per la scelta del contraente, i
quattro sistemi per l’individuazione del contraente sono: Pubblico incanto o asta pubblica,
licitazione privata, appalto-concorso, trattativa privata. I primi due sono caratterizzati dalla
meccanicità del modo di aggiudicazione del contratto, con una procedura concorsuale la gara di tipo
formalizzato. Gli altri due mancano di automatismi, infatti per la trattativa priva, vi è anche la
possibilità di escludere una pluralità di soggetti.
Le innovazioni apportate dal diritto comunitario hanno rafforzato l’adozione del principio di
concordualità, come modalità essenziale per la scelta del contraente, comunque anche adottando
altri sistemi, è possibile verificare la legittimità della procedura, della regola per cui la limitazione
della partecipazione alla gara, non può e non deve tradursi in violazione del principio di effettiva
competizione, né tanto meno produrre situazioni di discriminazione a danno dei soggetti candidati.
La stessa trattativa privata, cioè la meno formalizzata delle procedure, seppur limitata ad alcuni casi
consentiti dalla normativa, si avvicina alle procedure di gara. Attraverso l’obbligo
dell’amministrazione di provvedere alla preliminare pubblicazione di un bando.
Nella stessa direzione, quindi rafforzando la possibilità di competizione, i c.d. obblighi di
preinformazione: si tratta delle comunicazioni che le pubbliche amministrazioni sono tenute a dare
circa le caratteristiche essenziali degli appalti di lavori e servizi e delle forniture la cui realizzazione
sia stata deliberata dalle amministrazioni stesse con riferimento ad un arco di tempo predeterminato.
In terzo luogo la normativa comunitaria ha indotto alla riformulazione dei criteri di aggiudicazione,
il prezzo non è più solo il criterio decisivo.
In Italia il legislatore ha individuato procedure aperte, ristrette e negoziate.
La procedura aperta
Alle procedure di gara aperta il legislatore italiano ha ricondotto la procedura per il pubblico
incanto o asta pubblica, già disciplinata dalla normativa nazionale di contabilità dello Stato.
Garantisce massima competitività tra i soggetti aspiranti, ha avvio con la pubblicazione di un bando
di gara o avvio d’asta.
Il bando di gara è soggetto a rigoroso regime di pubblicità Gazzetta ufficiale europea per i contratti
sopra soglia, nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e in alcuni giornali di larga
diffusione nazionale. Contiene le clausole ordinatorie della gara, le modalità applicative del criterio
di aggiudicazione, gli adempimenti di ordine amministrativo e finanziario posti a carico dei
partecipanti, il mancato rispetto comporta esclusione dalla competizione.
L’amministrazione ha il potere di escludere dalla gara persone o ditte, con l’obbligo di motivazione,
quindi nel bando vengono anche inseriti i requisiti di idoneità. La normativa ha previsto con
riferimento ai diversi tipi di appalto, distinti requisiti di capacità tecnica, economica e finanziaria,
per i partecipanti. Tale potere però è circoscritto nel suo esercizio da un criterio di ragionevole
corrispondenza e proporzionalità. Il bando di gara, insieme al capitolato speciale, vale come offerta
al pubblico, con la conseguente offerta del soggetto privato, con un contenuto di accettazione
dell’oggetto della prestazione indicato nel bando e di formulazione della proposta con il relativo
prezzo. Diverse sono le modalità di raccolta delle offerte di prezzo: “pubblico banditore”,
“estinzione delle candele vergini”, “offerte segrete da confrontarsi poi col prezzo massimo o
minimo prestabilito e indicato in una scheda segreta dell’amministrazione”, “offerta segreta da
confrontarsi poi col prezzo a base d’asta”, comunque per la sua assoluta decisività, l’elemento finale
è il prezzo.
Il contratto è aggiudicato al concorrente che abbia presentato l’offerta più vantaggiosa, che è quella
che contiene il prezzo migliore, o confrontando il minimo e il massimo, a seconda del tipo di
contratto.
Le procedure ristrette
Nelle procedure ristrette rientrano la licitazione privata e l’appalto concorso, limitando così la
platea dei partecipanti alla gara. Gli operatori dei vari settori ricevono da parte dell’amministrazione
l’invito formale a formulare l’offerta. È un vero e proprio caso di discrezionalità tecnica, la
discrezionalità era così ampia da permettere il verificarsi di abusi e favoritismi. Quindi per
sopperire a tale inconveniente è stato introdotto per la licitazione privata, l’istituto del preventivo
avviso di gara con funzione di sollecitazione di manifestazioni di interesse da parte dei possibili
candidati in vista dei successivi inviti. L’Amministrazione fa una proposta contrattuale
rigorosamente predeterminata in ogni suo elemento (tranne il prezzo), senza possibilità di proporre
condizioni aggiuntive o modifiche. Tale processo ha raggiunto il suo apice con una disposizione del
1994, per cui l’amministrazione deve invitare tutti i soggetti che abbiano formulato richiesta. Ma
anche la disciplina comunitaria seppur favorevole al principio di più ampia accessibilità alla gara da
parte delle imprese, aveva utilizzato il criterio della forcella, prevedendo un numero minimo e
massimo di partecipanti. Per l’aggiudicazione sono previsti gli stessi metodi dell’asta pubblica,
valutando il prezzo delle offerte pervenute. Il tutto è stato innovato introducendo il concetto di
offerta economica più vantaggiosa, in cui l’elemento prezzo perde il suo ruolo esclusivo, ampliando
il margine di valutabilità da parte dell’amministrazione appaltante.
Il sistema dell’appalto-concorso costituisce una forma di gara utilizzata quando l’amministrazione
ha necessità di avvalersi di imprese particolarmente idonee a predisporre progetti di opere, di una
certa complessità tecnica. L’amministrazione si limita a fornire un progetto di massima con l’onere
delle imprese a determinare il prezzo e di definire il progetto particolareggiato delle opere. Quindi è
necessariamente una gara ad inviti che si svolge sulla base del progetto preliminare. La scelta non
avviene sulla base del progetto migliore, ma preferibile, secondo un giudizio discrezionale
dell’amministrazione, in genere la scelta è demandata ad apposita commissione. Quindi il prezzo si
combina con la valutazione degli elementi di ordine tecnico e le condizioni della sua realizzazione,
tenendo conto anche delle garanzie di capacità e serietà che presentano gli offerenti.
La procedura negoziata
La trattativa privata ha luogo quando, dopo aver interpellato più persone o ditte, si tratta con una di
esse (procedura negoziata). È un sistema di scelta del contraente utilizzabile per speciali ed
eccezionali circostanze. L’amministrazione procedente deve dare un’accurata motivazione in sede
di deliberazione, circa le ragioni dell’adozione di questo sistema di contrattazione, in quanto il
legislatore ha inteso circoscrivere il suo utilizzo. Quindi in linea di principio, per quanto concerne
l’attività di contrattazione vera e propria, l’amministrazione opera libera da particolari forme
procedimentali, o meglio opera con la libertà garantita dal regime privatistico, rispettando il vincolo
del fine.
La stipulazione del contratto
Il verbale di aggiudicazione, steso da apposito funzionario designato quale funzionario rogante, è
l’ultima operazione delle procedure di gara formalizzata. Il verbale equivale per ogni effetto legale
al contratto, qualora questo non abbia tale valore si procede nel più breve termine alla stipulazione
del contratto. La necessità di procedere a separata e successiva stipulazione, può verificarsi per due
motivi.
1) nel caso in cui siano stati utilizzati i sistemi di appalto-concorso e della trattativa privata,
poiché il contenuto dell’accordo necessita ancora di puntuale determinazione anche dopo la
scelta del progetto. Inoltre nel caso di appalto concorso la scelta è fatta da una commissione
che necessita poi di approvazione da parte dell’organo competente dell’amministrazione
aggiudicatrice. Nella trattativa privata manca totalmente un formale processo di
aggiudicazione, quindi il vincolo si forma con la stipulazione del contratto.
2) A volte è previsto dal bando o nella lettera di invito, di trasferire a questo momento l’effetto
di insorgenza del vincolo obbligatorio, ciò in vista della costituzione di rapporti negoziali
complessi, in questo modo ci si riserva la possibilità di fissare con l’atto contrattuale
clausole integrative.
È regolata anche la competenza e le modalità di stipulazione, è disciplinato anche l’uso della firma
elettronica per la stipulazione di contratti in via informatica. Distinguendo la sfera politica da quella
amministrativa, per gli enti locali e per le altre pubbliche amministrazioni, la competenza alla
stipulazione dei contratti rientra oggi nell’area di competenza dei dirigenti.
L’approvazione del contratto
Il passaggio del contratto alla fase di esecuzione è condizionato dall’approvazione del contratto da
parte dell’autorità competente, i contratti non sono obbligatori per l’amministrazione finché non
sono approvati dal ministro o dall’ufficiale all’uopo delegato e sono eseguibili solo dopo
l’approvazione. A questa interpretazione se ne contrappone un’altra, sostenuta talvolta dalla
giurisprudenza, l’atto approvativi ha solo funzioni di controllo, quindi il contratto è già perfetto.
Gli aspetti alla funzione di controllo sono attinenti alla competenza, ai parametri e agli effetti del
controllo medesimo. Spetta ai dirigenti amministrativi di tutti gli atti che impegnano
l’amministrazione verso l’esterno. Per quanto riguarda i contratti delle amministrazioni statali, i
decreti di approvazione rimangono sottoposti al successivo controllo esterno della Corte dei conti.
In secondo luogo la funzione di controllo attiene sia alla legittimità che al merito, quindi comporta
non solo la verifica della conformità del contratto alle norme, alle deliberazioni, al bando e alle
clausole dei capitolati, oltre che all’esistenza della necessaria copertura finanziaria.
Le alternative all’evidenza pubblica
L’ordinamento comunitario e nazionale, a determinate condizioni, prevedono forme di
contrattazione alternativa, per favorire alleggerimenti da vincoli procedurali.
La spesa in economia
Le pubbliche amministrazioni possono realizzare determinati lavori, servizi e forniture, entro limiti
di somma prefissata, mediante atti di funzionari autorizzati, i quali sotto la propria responsabilità,
provvedono direttamente all’acquisto di beni, servizi, materiali e all’assunzione di tecnici ed operai
(amministrazione diretta) o all’appalto con imprenditori noti all’ufficio procedente (cottimo
fiduciario). Le attività così realizzate sono accompagnate dall’obbligo del rendiconto finale
periodico delle somme messe a disposizione dell’amministrazione. I lavori in economia possono
essere eseguiti entro il limite di cinquantamila euro o col sistema del cottimo fiduciario entro il
limite di duecentomila euro. Qui si procede ad una gara ufficiosa sul modello della trattativa
privata, di norma sottratta al momento dell’approvazione. Prevale l’aspetto fiduciario ponendo in
secondo piano il profilo legato all’imparzialità dell’azione amministrativa.
L’affidamento diretto
L’affidamento diretto è una variante delle spese in economia, infatti si può prescindere dalla
richiesta di pluralità di preventivi, nel caso di nota specialità del bene o servizio da acquisire o
lavori, in relazione alle caratteristiche tecniche e di mercato e quando la spesa non supera
l’ammontare di ventimila euro escluso IVA. Del resto era già possibile procedere alla trattativa
privata nel caso di acquisto di macchinari, strumenti e oggetti di precisione che una sola ditta può
fornire con i requisiti tecnici e il grado di perfezione richiesti.
Forme di affidamento diretto sono anche le convenzioni-quadro unitamente stipulate per le
amministrazioni statali dal Ministero dell’economia e delle finanze a seguito di procedure
competitive gestite dalla Consip, a quest’ultima si può procedere all’affidamento diretto in quanto
società a totale partecipazione statale. Con tali convenzioni l’impresa prescelta si impegna ad
accettare fino a concorrenza della quantità massima complessiva stabilita dalla singola convenzione
ed ai prezzi e condizioni già stabiliti, per il periodo di validità della convenzione.
L’affidamento alla Consip può rientrare nelle categorie denominate dalla giurisprudenza
comunitaria, appalti in house, cioè affidamento diretto di contratti a soggetto formalmente distinto
dall’ente pubblico, ma l’ente pubblico esercita un potere penetrante di controllo, analogo a quello
che eserciterebbe se la stessa attività fosse svolta direttamente.
L’e-procurement
Con l’e-procurement si indica il sistematico ingresso dei sistemi informatici e telematici nell’attività
contrattuale delle pubbliche amministrazioni, mirate a conseguire obiettivi di ampliamento delle
economie di scala, maggiore trasparenza del confronto competitivo e sua velocizzazione, riduzione
dei costi. Tutte le pubbliche amministrazioni possono ora affiancare alle tradizionali procedure
contrattuali, procedure telematiche di gara. Però le procedure telematiche devono essere precedute
da specifiche fasi di abilitazione aperte al pubblico, comportanti una sorta di albi di soggetti
legittimati, aventi efficacia limitata nel tempo.