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MERCOLED 8 OTTOBRE 2003

LA REPUBBLICA 39

DIARIO
di

IL 9 OTTOBRE DI QUARANTANNI FA I 1910 MORTI DI LONGARONE

(segue dalla prima pagina) ul grande pianoro bianco come di una brina mattutina, bianco come certi paesaggi invernali dei pittori fiamminghi, si muovevano come formichine nere i sopravvissuti, gli amici e i parenti giunti dai villaggi vicini, i curiosi della morte altrui, io fra essi, che arrivano sempre per sentirsi vivi nella strage. La sera prima nessuno avvisa del pericolo gli abitanti di Longarone e neppure quelli della frazione Spesse che sta proprio sotto la diga. Alle otto di sera si cena e sono tutti in casa, la televisione sta per trasmettere una partita di calcio. La massa di acqua si abbatte come un gigantesco colpo di maglio su Longarone, su Erto, su Casso e poi la valanga torbida, ribollente prosegue tagliando in due Castellavazzo, trascinando i morti per decine di chilometri. Arrivo a Longarone il giorno dopo la sciagura e la sola notizia certa che posso far avere al mio giornale che i morti sono a occhio e croce quasi duemila ma ci vorranno settimane per avere le cifre precise: 1450 a Longarone, 158 a Erto e Casso, 109 a Castellavazzo. A Longarone, a quel che resta di Longarone sono arrivati centinaia di giornalisti e sta per giungere una colonna di soccorso che i sindaci comunisti di Modena e di Reggio hanno organizzato prima di ogni soccorso dello Stato. Cos vanno le sciagure nellItalia degli anni Sessanta, del miracolo economico: i morti giacciono sotto la coltre bianca, i vivi non riescono a capire che cosa accaduto, perch accaduto. Fra noi cronisti ce n uno solo che sappia come sono andate le cose, si chiama Mario Passi, abita a Padova, corrispondente dellUnit, negli ultimi tre anni avr scritto una cinquantina di articoli sulla diga del Vajont e sui rischi mortali che fa correre alla gente nella valle del Piave. Ma sono gli anni della guerra fredda, quello che pubblica lUnit non conta. Sul Corriere della Sera il giorno dopo la strage apparso un editoriale intitolato: Fatalit. Lo ha firmato un noto scrittore di Belluno che non sa niente della diga e del Vajont. Ci che ha scritto Mario Passi sulle responsabilit degli uo-

LE DATE
1963
Un pezzo di montagna frana nel lago, alzando unimmensa onda che scavalca la diga del Vajont abbattendosi su 6 paesi a valle: 1.910 le vittime

Strage annunciata nellItalia del boom


GIORGIO BOCCA
mini e dellazienda elettrica Sade verr ricordato solo cinque anni dopo al processo trasferito da Belluno a LAquila, il processo che d ragione al Corriere: fatalit. Se si rileggono le corrispondenze di Mario Passi vien fuori la storia paradigmatica di una di quelle sciagure prevedibili, previste ma tenacemente perseguite, che fanno parte della normalit italiana. I responsabili ci sono, eccome, ma tutti in qualche modo si sentono giustificati da quella grande fatalit che chiamano sviluppo e che diventer il miracolo. C la Sade del conte Cini che deve pensare al rifornimento energetico di Marghera e del suo gigantesco petrolchimico, ci sono i professori dei politecnici di Padova, di Milano, di Torino che costruiscono centrali in tutto larco alpino e sono andati in cattedra e ci restano se vanno daccordo con i potentati economici dellelettricit. La Sade, la Edison, la Sip e gli altri giganti che sono i numi tutelari di una crescita tumultuosa ma eccitante. Mi capitava di incontrarli qualche sera in casa di Guido Venosta, a Milano. Cera lingegner Valerio della Edison con la sua lunga faccia gotica, che con una telefonata faceva scattare sullattenti la Borsa intera, cerano i grandi feudatari elettrici veneziani, toscani, piemontesi che amabilmente si incontravano con quelli della Pirelli, della Fiat e del Gotha industriale conservatore. Non cerano i loro operai che spesso in corteo li impiccavano nei cartelloni e nei fantocci, ma tutti, ricchi e poveri, padroni e dipendenti erano come avvolti dalleuforia del progresso. Per capire il Vajont serve ricordare cosa era la corporazione elettrica degli ingegneri idraulici, dei costruttori di dighe e dei loro operai, una aristocrazia del lavoro che aveva alti salari e non si sporcava pi le mani con il concime di campi, indossava le tute con su il nome dellazienda. Lopinione pubblica era solidale con una industria che non inquinava, con una ricchezza che sembrava gratuita, lacqua di monte che muoveva le turbine e che pareva inesauribile. In quel mondo dominava pi dei padroni lagguerrita, entusiasta, utopistica confraternita degli ingegneri idraulici, compagni di avventura dei geologi, come il progettista Carlo Semenza direttore del servizio costruzioni della Sade. Lui alla diga gigantesca del Vajont ci pensa dal 1925, quando per la prima volta salito a Erto e Casso e ha visto il torrente Vajont scorrere limpido nella valle e poi precipitarsi nella gola che scende al fiume Piave. Ed ha visto come in sogno sorgere davanti alla gola la diga ad arco pi alta del mondo, la sua Tour Eiffel. E adesso, finita la guerra, in questa Italia che si muove, che cambia, che diventa ricca, torna di frequente al Vajont, ne affascinato e cerca il geologo che possa appoggiare il suo folle progetto. Lo trova nel vecchio professor Dal Piaz che ha una bella barba bianca, la stima dei politecnici e an-

VAJONT
MARCO PAOLINI

1968
AllAquila inizia il processo. Condannati tre tecnici della Sade, responsabile dellimpianto, colpevoli di non aver lanciato lallarme

1970
In appello le condanne sono due: uno dei tecnici e il capo servizio dighe del ministero Lavori pubblici, Sensidoni

1971
La Cassazione conferma lappello ma riduce le pene. Alla fine lunico a finire in carcere sar Alberico Biadene della Sada

Sul grande pianoro, bianco come di una brina mattutina, si muovevano i sopravvissuti

IL VAJONT. Non il crollo di una diga. Dighe ne cascano tante sulla Terra. Vajont il crollo di una montagna, e una montagna infinitamente pi grande di una diga. E immensa. Duecentosessanta milioni di metri cubi. Una massa biblica. Ecco, il Vajont un evento biblico in epoca storica. Eppure c chi continua a cadere nellerrore, a confondere la diga con la montagna. Un brutto segno. Il segno che si rimuove ancora la verit. Vajont apocalisse. Di solito le apocalissi si ricordano per millenni. A noi no, sono bastati quarantanni per dimenticare. E la dimenticanza una frana pi grande del Toc. C una seconda storia del Vajont, quella che va dal 63 a oggi, tutta da scrivere. Una storia di rimozioni. Lassimilazione dellevento a catastrofi naturali come alluvioni e terremoti. Il mondo accademico che continua a parlarne senza trarre una lezione morale. Il mancato riconoscimento dellolocausto nello sterminio di un piccolo, sconosciuto popolo di montagna.

Per comprendere il disastro bisogna ricordare leuforia del progresso che in quegli anni avvolgeva il Paese

che il bisogno dei pensionati: Le confesso , scrive a un amico che il nuovo progetto del Vajont mi fa tremare le vene e i polsi: una diga alta 266 metri, un lago artificiale di 150 milioni di metri cubi. Ma non posso dire di no a Semenza, malgrado let avanzata mi trovo nella penosa necessit di integrare la assai magra pensione con proventi professionali . Firmer i successivi progetti sempre pi audaci di Semenza, garantir al Consiglio superiore dei lavori pubblici la loro fattibilit. La Sade anni Cinquanta ha il pieno controllo delle risorse idriche, la padrona delle acque che scendono dalle montagne del Veneto e del Friuli, i suoi sbarramenti a Boitre, Piave Ma, Val Gallina, fanno convergere le acque sulla potentissima centrale di Soverzene. La centrale del Vajont completerebbe il cerchio energetico. La diga un grande rischio ma il potere della Sade come una droga che vince tutte le resistenze. A Roma il governo amico decider di finanziare limpresa con un contributo gratuito del 45 per cento. Eppure gli avvisi della grande sciagura non mancano. Nellautunno del 58 il professor Dal Piaz ha visitato le sponde del bacino e ha visto delle rocce fessurate corrose. Una commissione di esperti fra cui il giovane figlio di Semenza, un geologo, accerta che sul monte Toc sta muovendosi una frana antica, in lento ma inarrestabile spostamento verso il basso. Il 4 novembre del 60 lannuncio del disastro prende la forma visibile di una frana di ottocentomila metri cubi che scivola nel bacino dividendolo in due. Ma lingegnere Semenza e la Sade non possono rinunciare alla loro grande opera. Dopo il disastro la Sade far uscire dalla prigione domiciliare i suoi tecnici in attesa del processo e lEnel, dopo la nazionalizzazione, adotter la stessa difesa: fatalit. Presa dalleuforia miracolistica, la pubblica opinione ha gi dimenticato la strage e segue distrattamente il processo. I morti sono morti, Longarone stato ricostruito a spese dello Stato, altri giganti dellindustria, altre grandi opere a rischio, altre sovvenzioni a fondo perduto assicurano la normalit italiana.

LE DATE
1982
La Corte dappello di Firenze modifica la vecchia sentenza e condanna Enel e Montedison a risarcire i danni a Stato e Comune di Longarone

1986
La Cassazione respinge il ricorso della Montedison contro la sentenza pronunciata dalla Corte dappello di Firenze

1997
Altra condanna per la Montedison (per i danni a Longarone), e per lEnel che deve risarcire i beni patrimoniali dello Stato

2000
Un decreto del Governo fissa in 77 miliardi di lire la somma del risarcimento che dovranno pagare Montedison e Enel

40 LA REPUBBLICA

DIARIO

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SULLE PENDICI DELLA FRANA, UN MONDO IRREALE


PRIMA DOPO
LALLARME IGNORATO La diga venne costruita fra il 1957 e il 1959. Un progetto ambizioso, unico. Quando i lavori si conclusero, la diga divenne la pi alta del mondo a doppia curvatura, misura 261 metri di altezza e 190 di lunghezza. L'invaso aveva una capacit di 168 milioni di metri cubi d'acqua. Il 4 novembre del 1960, una prima frana era gi caduta. Le dimensioni erano molto pi piccole rispetto a quella del 1963, ma il campanello dallallarme rimase inascoltato. E tre anni dopo morirono quasi in duemila fra i monti del Veneto e del Friuli

260milioni
LE CONSEGUENZE SULLA MONTAGNA E A VALLE
I METRI CUBI DI ROCCIA CADUTI DALLA MONTAGNA
La sera del 9 ottobre 1963 dal monte Toc, che sorge di lato alla diga del Vajont si stacca una frana, la pi grande mai caduta in Europa. lunga 2 chilometri, larga tra i 500 e gli 800 metri, e viaggia a 90 chilometri allora

200
LALTEZZA IN METRI DELLONDA SOLLEVATA
La montagna frana nel lago e solleva unonda da 50 milioni di metri cubi, alta fino a 200 metri. La met della gigantesca onda, 25 milioni di metri cubi di acqua, scavalca la diga (che resta in piedi) e si abbatte a valle

I LIBRI
TINA MERLIN Sulla pelle viva, come si costruisce una catastrofe (volume pubblicato da Cierre Edizioni) MARIO PASSI Vajont senza fine (volume pubblicato da Baldini e Castoldi) MAURIZIO REBERSCHAK Il Grande Vajont (volume pubblicato da Cierre Edizioni) PAOLINI VACIS Il racconto del Vajont (volume pubblicato da Garzanti) SANDRO CANESTRINI Vajont, genocidio dei poveri (volume pubblicato da Cierre Edizioni) GIUSEPPE DI RAGOGNA Vajont, un grande romanzo dimenticato (Edizioni Biblioteca dell Immagine) BRUNO PITTARELLO Vajont, parole nuove (volume pubblicato su iniziativa della Pro Loco di Longarone)

IN FONDO AL LAGO CHE NON C PI


PAOLO RUMIZ
Erto scolta, il Vajont che si scava la strada. Albeggia, luomo fiuta la nebbia come un lupo, mastica un sigaro, ascolta il silenzio della sua valle. Ha bandana, canotta nera, capelli e barba grigio ferro. E lui, Mauro Corona, classe 1950, luomo che parla con gli alberi. Alpinista narratore, scultore su legno. Superstite-ribelle dellonda del 9 ottobre 63. La senti?. Si drizza dalla balaustra davanti alla bottega, cerca qualcosa nel buio, qualcosa sotto il paese, oltre la chiesa delle Anime. E un mormorio che arriva dal profondo del bosco. La voce del Vajont, 40 anni dopo. Lacqua che si port via duemila persone con la forza di due bombe nucleari. Oggi un rigagnolo, un sussurro nelle ghiaie. Scendiamo verso il lago che non c, siamo due palombari nei fondali del tempo. Mauro, che sempre svelto come una donnola, oggi ha movimenti lenti, quasi fluttua nella foschia. Forse colpa del vino. Ieri ha bevuto troppo, stamattina s sparato un intruglio di acqua e fernet per riaversi dalla ciocca. Ma forse unaltra cosa. La maledetta linea dombra che deve passare. Erto vecchia, limite del mondo di ieri. Qui il tempo s fermato, tutto ha pi di quarantanni. Miracolata dallonda che pass poco pi a Est, oggi intatta e deserta, uno straordinario monumento alla montagna che fu. La abitano gli ultimi mohicani, quelli che rifiutano il cemento del paese nuovo, la sua illuminazione da stadio, la chiesa-astronave. In basso, due latrine abbandonate. Mauro ghigna: Ce le diede lEnel, dopo averci espropriato di tutto. Gli ingegneri pensarono: cosa possiamo dare a sti poveri bifolchi? E ci diedero i cessi. Me lo ricordo bene, li inaugurarono col taglio del nastro. Ecco quanto contava la montagna. Passiamo la vecchia linea di battigia, laltro mondo comincia e il tempo finisce. Qui il contrario di Erto vecchia. Nulla ha pi di quarantanni. Niente. Alberi, ciottoli, sentieri. Persino la nebbia. Non esisteva, prima che la frana imprigionasse lumidit bloccando la ventilazione in fondovalle. Venite, venite qua dove la montagna urla vendetta!. Corona non ne pu pi di rievocazioni, sparerebbe a mezzibusti e talk show. Qua dovete venire, a cercare i morti insepolti. Centottanta furono, nella sola Erto. Aleggiano come non fossero mai morti, la notte ti tirano i piedi come i rimorsi. E proprio allora, dal buio, arriva un lamento soprannaturale, cupo come un corno tibetano. Un altro gli risponde, riempie lanfiteatro. Mau-

Sopra, la devastazione provocata dalla gigantesca ondata. A destra, soldati al lavoro col Vajont alle spalle

ro sorride. Sono i cervi in amore sibila, e negli occhi rivedi il lampo del bracconiere. I maschi che segnano il territorio. Ecco, la forza della natura gi annega gli incubi. Lacqua chiama ancora. La senti come torna a cantare? Per secoli stata la ninna nanna degli ertani. Usciamo allaperto, in una spianata di ghiaie lunari. Dappertutto orme di cervi. Non ancora la frana; solo il sudario che la copre. Le ghiaie sono venute dopo londa, portate dai torrenti senza pi deflusso. Salite di cento metri, due e mezzo allanno. Prima del lago, qui cera una forra. In fondo vi confluivano tre torrenti. Intorno, un universo. A destra i mulini, a sinistra le segherie. L era la casa di mio nonno, l quella di Cate, l cerano gli Scarpa. Luomo disegna a memoria la geografia delle cose perdute. L i Ninin, la Dina, i Pierin. E poi i Menolin, le Spesse. E la casa dei Paul, omoni dalla forza leggendaria. Uno di loro lott con un orso a una fiera in Carinzia. E vinse. Riprende il passo veloce da talibano, non si lascia depistare degli echi,

La diga ormai sembra un fossile, eppure lEnel pronta a usarla ancora appena il ricordo dei morti scotter un po meno
trova il fianco della montagna, entra in un labirinto di rocce deformi. Gobbe, pinnacoli, mascelle. Urla: Lacqua! Ecco lacqua!. E gi si arrampica oltre le cascate, nella forra che solo lanticamera di dieci, selvaggi chilometri verso gli strapiombi del Col Nudo. La valle alta del Vajont. Un pianeta sigillato dal mondo. Un colpo di vento, la nebbia va via, il primo sole svela la topografia della devastazione. Sopra di noi, trenta metri pi in alto, il moncone di un ponte che non c, i ferri da trenta millimetri artigliati al calcestruzzo e piegati come burro. Per gli ertani era

il ponte di Tharentn. Ponte del frastuono, per via dei massi che cadevano dalle pareti. Saliamo con una corda fissa verso uno spalto di roccia. La periferia della frana l, si impenna verso il passo di SantOsvaldo. Non scesa dallalto ma esplosa dal basso, dopo aver pattinato sullacqua, spinta dallonda con la forza di mille treni. Tutte le frane del Vajont sono frane contronatura. In salita. Di nuovo lo stradone, poi i resti dellosteria del Meneghin. Qui mi fermavo con mio nonno racconta Mauro - ci scolavamo due quarti di rosso. Subito sotto, le fondamenta della chiesa medievale di San Martino. Spazzata via e mai risarcita dallEnel, leggi sul cartello che la indica. Ormai lo vedi bene, il Leviatano. Sta oltre le ghiaie e i boschi color ruggine, oltre ci che resta del lago, ridotto a un abbeveratoio di cervi e camosci. Duecentosessanta milioni di metri cubi di terra e roccia, la frana pi grande del mondo in epoca storica. 2500 metri in lunghezza, quattrocento in altezza. Centocinquanta

metri pi in basso, la diga un pigmeo. Saliamo sulla schiena del gigante con Italo Filippin, il guardiacaccia che fu sindaco negli anni clandestini, quando la gente torn a casa contro lordinanza di sgombero, contro lEnel, contro i Carabinieri, contro il mondo. E visse ventanni senza nemmeno la corrente elettrica solo perch non voleva morire in pianura, baraccata e assistita. Oltre una foresta di larici, faggi, aceri e abeti rossi, la cima. L tutto visibile. Sopra, il piano inclinato a forma di emme dove il Monte Toc moll gli ormeggi in una fredda not-

LE DIGHE KILLER
FILIPPINE Il 23 maggio del 1976 crolla la diga di Santo Tomas. Nella tragedia muoiono 109 persone. A provocare il cedimento della costruzione il tifone Olga STATI UNITI il 6 giugno 1976 quando viene gi la diga sul fiume Teton, nello stato dellIdaho. Sotto lenorme massa di acqua e fango perdono la vita, alla fine, 141 persone INDIA Il 14 agosto 1979 uninondazione causa il crollo della diga di Morvi, in India. Il bilancio delle vittime catastrofico: alla fine si conteranno 40.000 morti ITALIA Val di Fiemme, 19 luglio 1985: cede allimprovviso uno dei due bacini artificiali della diga di Stava. un disastro che costa la vita a 269 persone

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DOVE NULLA HA PI DI QUARANTANNI


PRIMA DOPO

6
I PAESI DELLA VALLE SPAZZATI VIA DAL FANGO
In soli quattro minuti vengono spazzati via sei paesi: Longarone, Pirago, Rivalta, Villanova, Fa e Vajont. Tre anni prima, una frana pi piccola era gi caduta dalla stessa montagna: ma lallarme era rimasto inascoltato

1910
LE VITTIME DELLA CATASTROFE
Il bilancio ufficiale della catastrofe parla di 1.910 vittime. Di queste, ne verranno identificate soltanto 704. Sono 760 i corpi rimasti senza nome. Altri 446 abitanti della valle invece non verranno mai ritrovati

LA STORIA

E Longarone ricorda i suoi bimbi mai nati


ROBERTO BIANCHIN
Longarone ianmarco aspettava due regali. Quello per il suo compleanno, perch il 17 dicembre avrebbe compiuto quattro anni, e quello che, prima, gli avrebbe portato la cicogna: un fratellino, o una sorellina chiss, gli aveva detto la mamma. Nella sua cameretta era gi arrivato un altro lettino. Gianmarco, che londa del Vajont si port via, non vide mai quel fratellino che non nacque. Anche Maria Teresa, come Livia, la mamma di Gianmarco, non vide mai quel fratellino che aveva promesso a Denis, laltro suo figlio, e cos Beppina, quello che aveva annunciato a Roberto. Luigia invece non fece in tempo a far nascere il suo primo figlio. E cos Liliana. E cos Nives. Ci sono altre venti vittime da aggiungere alle 1.910 del disastro del Vajont. Sono i bambini mai nati. Quelli che stavano per venire al mondo quando le loro mamme, chi al settimo, chi allottavo, chi al nono mese di gravidanza, sono state portate via dallonda assassina. Gli angeli del Vajont. Nel nuovo cimitero di Fortogna, dove riposano le vittime, che Ciampi ha appena dichiarato monumento nazionale, sorger, accanto a quello ai soccorritori, un monumento per i bambini mai venuti alla luce. Un monumento senza nomi, perch i piccoli angeli in viaggio un nome non lo avevano ancora, ma con tanti fiori, ricordi, emozioni, per altre vite cui londa ha negato anche il principio della vita. Angeli che oggi sarebbero uomini e donne di quarantanni. Lidea di ricordarli venuta al sindaco di Longarone, Pierluigi De Cesero, perch solo negli ultimi tempi, parlando coi superstiti, ha scoperto, quarantanni dopo, queste storie, uscite ancora incerte, e a fatica, dal dolore della memoria. Chi ricordava che aveva una sorella che aspettava un bambino, chi una nipote, chi una cognata, chi una zia. Cos, con laiuto del presidente dellassociazione dei superstiti Renato Mingotti e del maestro elementare in pensione Gianni Olivier, memoria storica del paese, hanno cominciato a stilare un elenco delle donne in attesa la sera della tragedia. Tante, anche se sar impossibile risalire a tutte. Tante perch la montagna non si era ancora spopolata in quegli anni e Longarone era un paese pieno di bambini, londa ne ha portati via 315 che avevano meno di dieci anni, e 33 di loro avevano meno di un anno. Solo nel 63, nei nove mesi precedenti il disastro, ne erano nati 25 in paese. La vittima pi piccola, Claudio Martinelli, aveva solo 21 giorni. Il figlio di Maria Teresa Trevisan, che aveUna donna china su una tomba va 26 anni, doveva nascere proprio in quel mese di ottobre. Veronese di Zevio, dove aveva conosciuto il marito, Leo Losso, capo cantiere che costruiva una centrale, aveva avuto il primo figlio nel 60, Denis. Gentile, affabile, cortese, come la ricorda lo zio, Roberto Polla, fu travolta dallonda di ritorno a Codissago, mentre era in casa. Il suo corpo, come quelli di Denis e di Leo, non venne mai trovato. E tornata in Germania invece, dove aveva lavorato come gelataia e conosciuto suo marito, il meccanico Hilmar Schutz, Luigia Bratti, 23 anni appena, alta e bionda come una tedesca, chiusa in una bara col figlio, il primo, che teneva in grembo. E Livia Bez, 29 anni, la mamma di Gianmarco, lhanno trovata cinque chilometri lontano da casa, vicina a suo figlio e con s il fratellino che stava per nascere. Era solo questione di ore ricorda il nipote Pierluigi. Sono morte tutte, le mamme in attesa, quasi tutte coi loro mariti e i figli che gi avevano. Se n andata Beppina Vascellari, 25 anni, col suo figlio di un anno, Roberto, che era la moglie del sindaco di allora, Guglielmo Celso, morto anche lui. E se ne sono andate Olimpia David, di 25, e Liana De Lazzero, la maestra elementare, che aspettava il suo primo figlio. Cos come sono scomparse, insieme ai loro figli che stavano per nascere, Liliana Rosada di appena 20 anni, Nives Zuliani di 25, Maria Pia De Vecchi di 27, Margherita Polla di 29, Anna Maria Marcello Del Maino di 30, Luigia Da Cas di 31, Lidia Sacchet di 33, Virginia Nessi di 36. Le mamme degli angeli. Crediamo sia giusto ricordare dice il sindaco queste piccole esistenze spente ancora prima di nascere. Non so ancora come lo faremo, il monumento. Ma nel nuovo cimitero, che sar un sacrario e un pensatoio, un luogo dove fermarsi a riflettere, ci sar un posto speciale per loro.

I FILM
MARCO PAOLINI Vajont 9 ottobre 1963 (Rai Trade, Elleu Multimedia) Disponibile in vhs e dvd, ripropone lo spettacolo teatrale dellattore trasmesso in diretta su Rai2 nel 97 RENZO MARTINELLI Vajont Il film, uscito nel 2001, tratto dal libro Sulla pelle viva, di Tina Merlin. Con Laura Morante e Philippe Leroy ENZO BALESTRIERI Quella notte le stelle videro le montagne camminare lultima pellicola dedicata alla tragedia di Longarone. Il 10 ottobre sar proiettato vicino alla diga, alla presenza di Carlo Azeglio Ciampi PRO LOCO LONGARONE LongaroneVajont: la storia il video prodotto in italiano, inglese e tedesco dalla Pro Loco del comune colpito

te di luna. Smerigliato, minerale, lucido e terribile. Sotto, il segno dellonda che si divise in tre. Una parte verso la diga, il Veneto e Longarone. Una verso Casso, dove lacqua sovrast il paese ma ricadde allindietro non si sa come. Mimetizzati nel bosco, sulla cima, gli unici superstiti del Toc. Larici. I pi grandi. Una decina appena. Scivolarono per mille metri, caddero storti, ma rinsaldarono le radici e ripresero a crescere in verticale in mezzo alla devastazione. Oggi, quella commovente curva del tronco verso il cielo vale pi di cento, mille lezioni di botanica.

Mauro accarezza i patriarchi. Guarda come torna la foresta, la natura che si vergogna di noi!. E scopri che il viaggio nella morte gi un viaggio nella vita che ricomincia. In basso, tra le due montagne di terra, una zona umida, dove i cervi vanno a rotolarsi nel fango per togliersi i parassiti. E poi anatre, camosci, passeracei di ogni tipo. Da lontano arriva il rumore delle Pantere. Sono auto blu e carabinieri sulla strada, in fibrillazione per larrivo di Ciampi e il monumento da inaugurare. Filippin sorride: Il vero monumento questo, la frana. Ha ragione. Le lapidi sono una tomba

SRI LANKA Il 23 aprile 86 gli indipendentisti Tamil mettono a segno un attentato contro la diga di Kantalai, nello Sri Lanka: il crollo della struttura provoca 200 morti

SUDAFRICA Il 23 febbraio 94 cede una diga in terra battuta che si trova nei pressi di una miniera doro della citt di Virginia. Sotto il fango muoiono oltre cento persone

della memoria. La frana no, la tiene aperta. Forse per questo nessuno se ne occupa. Ed uno scandalo che su questo posto unico al mondo non vi sia un percorso didattico, un cartello, niente. Tramonta, verso la diga il cielo sfiata vapori arancione. Sembra un fossile, ma non affatto cos. LEnel la tiene in esercizio. E pronta a usarla di nuovo appena il ricordo dei morti scotter un po meno. Corona: Basta premere un bottone e aprire le paratie. Linvaso ormai ridotto a un terzo della capienza originaria, ma fa nulla. Nellanno dei black out c fame di energia. E ogni goccia che arriva al mare senza passare per una turbina, di questi tempi uno spreco. Ormai notte, la notte della memoria. Se non cera lattore Marco Paolini a tirare fuori questa storia con la sua orazione civile, la notte sarebbe stata ancora pi buia. Ma se lItalia dimentica, lEnel invece ricorda tutto, e il Vajont ne lesempio pi sublime. La sua acqua c ancora nel bilancio idrico nazionale. Come se non fosse accaduto niente. Si inaugurano monumenti alle vittime dellonda assassina, ma quei 150 milioni di metri cubi servono ancora. Sono il lago di carta che giustifica la devastazione del Piave, disidratato dalle sorgenti alla foce e ridotto a un mare di ghiaie che oggi, in caso di grandi piogge, sempre a rischio alluvione. No, il Vajont non servito a niente. Per colmare la perdita del bacino pi grande del Veneto, hanno saccheggiato il Fiume Sacro della Patria, lo hanno salassato con un reticolo pazzesco di prese, condotte e dighe, rilasciato concessioni per ogni tipo di prelievi. E spinto al massimo, proprio qui, la privatizzazione della risorsa pubblica pi strategica del Paese. E notte, torniamo a Erto. Mauro riapre la sua bottega profumata di pino cembro, vedo che ha le mani nere. Non di carbone, ma del tannino delle ccole, le noci che ha raccolto arrampicandosi su un albero di trenta metri. Si siede in fondo alla tana, accende la stufa, spazza via il temperamatite, la carta assorbente, le penne, la lente. Apre i quadernoni di appunti. Parla di questa sua montagna che non stata solo usurpata, ma si lasciata anche usurpare. Qui hanno subto tutto: gli espropri, i progetti, la diga, lalluvione, la morte, la piet, i risarcimenti, poi la rapina dei miliardi da parte della pianura, poi la ricostruzione, ora le celebrazioni. E oggi c chi scopre lindustria del dolore, il mestiere del superstite. Le statue di legno sembrano muoversi nel buio. Fuori s levata la Luna.

Sono almeno venti i piccoli che stavano per venire al mondo quando le loro mamme furono portate via dallonda assassina

E ora nel cimitero dove riposano le vittime sorger un monumento dedicato a loro, gli angeli senza nome del Vajont

Fondatore Eugenio Scalfari

Direttore Ezio Mauro

9 770390 107009

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31008

Anno 28 - Numero 237

0,90 in Italia
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mercoled 8 ottobre 2003


1,40); Regno Unito Lst. 1,30; Rep. Ceca Kc 56; Slovenia Sit. 280; Spagna 1,20 (Canarie 1,40); Svezia Kr. 15; Svizzera Fr. 2,80; Svizzera Tic. Fr. 2,5 (con il Venerd Fr. 2,80); Ungheria Ft. 300; U.S.A $ 1. Concessionaria di pubblicit: A. MANZONI & C. Milano - via Nervesa 21, tel. 02/574941

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Il vicepremier avverte Berlusconi: deve richiamare allordine gli alleati. I centristi e lUlivo sostengono la sua proposta

In 40mila al santuario

Fini: voto agli immigrati


Il leader An sfida la Lega. Bossi: Pronti alla crisi di governo
LINCHIESTA

Il Papa a Pompei Pregate per me

ULTIMATUM AL CAVALIERE
MASSIMO GIANNINI
RANCESCO Storace, tre giorni fa, gli aveva chiesto di dire qualcosa di destra. Gianfranco Fini, ieri, non lha accontentato. Ha detto: Sono maturi i tempi per concedere il diritto di voto amministrativo agli immigrati. una stupefacente eresia, per il leader di un partito post-fascista che nasce dalle ceneri del Movimento sociale italiano. un principio di civile buon senso, per il vicepresidente del Consiglio di un governo liberal-conservatore europeo. Per i precari equilibri della maggioranza, la sortita di Fini un pugno nello stomaco di An, un dito nellocchio di Umberto Bossi, un colpo al cuore di Silvio Berlusconi. Ma prima di tutto questo, per i corretti equilibri di una societ multiculturale moderna sarebbe una svolta auspicabile. SEGUE A PAGINA 16

Viaggio tra i sikh adottati dalla Padania


dal nostro inviato PAOLO RUMIZ MANTOVA URBANTI. Gialli, rossi, blu. Li vedi appena sali sullargine del Po. Punteggiano i campi, sbucano dalle fattorie, vanno e vengono nel tramonto. Sono lunica cosa colorata che si muove nella pianura bruciata dalla sete. Segnalano i sikh, i leggendari indiani dalle lunghe barbe e dai lunghi pugnali che ieri popolavano i racconti di Salgari. Oggi gli stessi uomini abitano le nostre campagne, mungono le nostre vacche, fanno funzionare le nostre stalle, sono il pilastro del nostro agroalimentare. Ne disegnano persino il paesaggio, ne determinano la lingua. Il grana sar anche padano doc, ma oggi parla sikh. Come il parmigiano, il latte e il burro di casa nostra. SEGUE A PAGINA 4

Immigrati in fila per la regolarizzazione

ALLE PAGINE 2 e 3

Intervista al ministro del Welfare:Ho salvato i trattamenti danzianit. I sindacati facciano proposte

Maroni: sulle pensioni si pu trattare


MARCO RUFFOLO A PAGINA 7

Giovanni Paolo II a Pompei

ALLE PAGINE 12 e 13

DIARIO

Per la seconda volta in due anni istruttoria sfavorevole del ministero della Giustizia

Vajont la valle scomparsa Castelli respinge la richiesta presentata dallex di Lc

No alla grazia per Bompressi


Iraq, muoiono altri tre soldati americani

QUELLUOMO CHE SOFFRE IN PUBBLICO


FRANCESCO MERLO
ELLA citt della pietrificazione, nella Pompei che il luogo dellimmobilit come destino finale degli uomini, i pellegrini applaudivano quel corpo vecchio ormai assente, dagli occhi vitrei e smemorati, ed era una specie di gioco tribale perch la massa, anche quella dei pellegrini cattolici, uguale sempre e dappertutto. La massa il luogo della retorica, dellintelligenza che diventa visionariet, della forza che si fa ferocia e impunit, il luogo dove anche un figlio adottivo, quale singolarmente era Bruto, pugnalava con gli altri e come gli altri. SEGUE A PAGINA 17

GIORGIO BOCCA

Sharon Colpiremo ovunque i nemici di Israele


ALLE PAGINE 39, 40 e 41

ONO arrivato a Longarone, nellalta valle del Piave, a mezzogiorno del 10 ottobre 1963, lindomani della grande sciagura avvenuta la sera prima alle dieci e trentanove. Dove cera un paese di duemila abitanti erano rimaste una decina di case, il resto era un immenso pianoro bianco, come se il greto del fiume si fosse allargato allintera valle. Bianco non si capiva di cosa, forse dei muri sbriciolati, forse delle rocce sminuzzate, raschiate dalla enorme colonna di acqua piombata sul paese dalla diga del Vajont: un rombo di tuono mai udito, dopo il bagliore dei cortocircuiti, cinquanta milioni di metri cubi di acqua scagliati contro il cielo dalla frana gigantesca del monte Toc, unonda alta settecento metri che scavalca la diga e vien gi per la gola spingendo davanti a s un freddo vento di morte e quel rumore da fine del mondo. SEGUE A PAGINA 39

ANSALDO e STABILE ALLE PAGINE 10,11 e 21

ROMA Da luglio, da quando aveva respinto la grazia ad Adriano Sofri sollevando mille polemiche, il ministro della Giustizia Roberto Castelli non ha cambiato idea. Niente grazia per Sofri allora, niente grazia oggi per Ovidio Bompressi. Al quale ha respinto, per la seconda volta in due anni, la domanda. La bocciatura per lex militante di Lotta continua arriva dopo un lungo iter formale iniziato a febbraio dellanno scorso. Alla fine dellistruttoria, gli uffici di via Arenula hanno messo sul tavolo del ministro della Giustizia un faldone che contiene gi una valutazione negativa, un diniego alla domanda di grazia. Castelli ha letto il dossier e ha avallato il no dei suoi tecnici. LIANA MILELLA A PAGINA 9

Gli irriducibili rivendicano il legame con la Lioce e Galesi

I terroristi in tribunale La guerra continua le Br sono vive


CLAUDIA FUSANI A PAGINA 8

Linglese La bugia del boia indolore sempre pi avanti.


! Edizione 2004 ! oltre 1000 voci in pi ! scienza, tecnologia, societ,
linguaggio dei giovani ! falsi amici, citazioni, sigle

Usa, le ricerche mediche svelano che le iniezioni letali non evitano la sofferenza al condannato

Il libro dellalpinista

dal nostro inviato VITTORIO ZUCCONI

CON REPUBBLICA

anche con CD-ROM integrale per Windows con pronuncia sonora

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Bonatti Basta silenzi di Stato sul K2


EMANUELA AUDISIO A PAGINA 15

ZANICHELLI
I LIBRI SEMPRE APERTI

WASHINGTON EPOLTO vivo nella tomba chimica della prima iniezione, il condannato sembra scivolare con un sospiro verso una morte senza dolore e senza imbarazzo per chi lo guarda morire. la fine per iniezione letale che la chimica aveva promesso come forma di esecuzione umana e indolore, dopo secoli di macelleria, di corde e di torture. Ma ora si scopre che era una falsa promessa, un orrore indicibile da romanzi di Allan Poe o Stephen King. SEGUE A PAGINA 14

Oggi in edicola Cristo si fermato a Eboli


Il romanzo di Carlo Levi a soli 4,90 euro in pi Per gli arretrati chiamare il numero 199130130

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