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“CULTURA DELL’ANIMA”
G. PAPINI, Il non finito. Diario 1900 e scritti inediti giovanili,
a cura di A. Casini Paszkowski, Le Lettere, Firenze 2005
I MIEI SOGNI. (1899-1900)
Uno dei miei sogni più strani che con maggiore insistenza sia
venuto ad assediarmi è stato quello relativo a una libreria. Io
immaginavo che un giorno o l’altro tutte le biblioteche, tutte le
librerie, in una parola tutti i libri del mondo sarebbero stati
distrutti. Come io non ci ho mai pensato. Soltanto la mia
libreria sarebbe rimasta salva da questa misteriosa distruzione.
Ed io immaginavo lo spavento, il dolore di tutti i dotti, gli
scrittori del mondo. Governi che avrebbero pagato a peso
d’oro due o tre libri miei – scrittori che sarebbero venuti a
raccomandarsi per avere ciò che io possedevo delle loro opere
– la mia libreria costituita in biblioteca universale con me
bibliotecario perpetuo… Questo mio sogno di cui non so
ritrovare l’origine, mi spingeva a far calcoli sapienti perché in
quel giorno famoso tutte le scienze e tutte le letterature fossero
rappresentate nella mia libreria.
Un gruppo di giovini, desiderosi di liberazione, vogliosi di universalità,
anelanti ad una superior vita intellettuale si sono raccolti in Firenze
sotto il simbolico nome augurale di Leonardo per intensificare la
propria esistenza, elevare il proprio pensiero, esaltare la propria arte.
Nella VITA son pagani e individualisti - amanti della bellezza,
dell'intelligenza, adoratori della profonda natura e della vita piena,
nemici di ogni forma di pecorismo nazareno e di servitù plebea. Nel
PENSIERO son personalisti e idealisti, cioè superiori ad ogni sistema e
ad ogni limite, convinti che ogni filosofia non è che un personal modo
di vita - negatori di ogni altra esistenza di fuor dal pensiero.
G. PAPINI, Il crepuscolo dei filosofi (Kant, Hegel, Schopenhauer, Comte,
Spencer, Nietzsche) (1905)
Questo non è un libro di buona fede. È un libro
di passione e perciò d’ingiustizia – un libro
ineguale, parziale, senza scrupoli, violento,
contraddittorio, insolente come tutti i libri di
quelli che amano e odiano e non si vergognano
dei loro amori né dei loro odi… Questo libro è
un pezzo, o un insieme di pezzi, di
un’autobiografia intellettuale. È uno dei prodotti
della mia liberazione da molte cose di cui ho
sofferto – è il tentativo, in ispecial modo, di
liberarmi dalla filosofia e dai filosofi. È, anche, il
compendio di un’epoca della mia attività,
dedicata soprattutto alla polemica e
all’assalto…Uno sfogo che interesserà soltanto
qualche compagno di cammino o qualche
dilettante di anime.
È, come sarà facile accorgersi , un processo
alla filosofia uno sforzo per dimostrare la vanità,
la vacuità, e la ridicolaggine della filosofia. Ho
voluto, insomma, fare una liquidazione generale
di questo equivoco aborto dello spirito umano,
di questo mostro di sesso dubbio che non vuol
essere né scienza né arte, ed è un miscuglio di
tutte e due senza essere uno strumento di
azione e conquista. Preso in questo senso il
mio libro potrebbe essere il programma di una
generazione di buona volontà: l’assassinio di un
essere inutile per preparare forme di attività
mentali più degne di coloro che si chiamano
pomposamente i re della creazione.
Papini a Soffici 20 agosto
1908
Sappi dunque che un editore mi ha offerto di dirigere a modo mio,
despoticamente, una collezione filosofica. Io ho proposto di fare quella
collez. di volumetti brevi (100-150 pp.) di cui parlai già a Cas[ati].
L’editore ha accettato, ho firmato il contratto e ho voluto mandar subito i
mss. di due volumetti che avevo già preparati in parte. Perciò ho dovuto
un po’ faticare, specialmente essendo quassù senza libri e senza aiuti.
Ieri ho spedito il pacco e ora aspetto i denari. Giacché mi son
dimenticato di dirti che ogni volumetto è pagato (anche se si tratta di
semplici traduzioni, o di riedizioni di opere ital. con prefazione) e che io
sono incaricato di scegliere e pagare gli altri collaboratori. Naturalmente
chi lavorerà di più sarò io perché questa collez. Se va bene, mi
assicurerà una piccola rendita di circa 1000 l. l’anno. Però anche gli
amici miei, specialmente quelli che hanno bisogno di guadagnare, devon
profittare di questa piccola fortuna mia, perciò dimmi se tu potessi o
volessi tradurre un volumetto o dal franc. O dallo spagn. O dall’ingl. Di un
centinaio di pagine per un centinaio di lire. Se vuoi te ne indicherò alcuni
fra quelli che vorrei pubblicare e tu te ne sceglierai uno, che potrai, dopo,
tradurre a tuo comodo. La stessa offerta farò a Boine e a qualcun altro,
ma ti prego di non parlar con nessuno di questa cosa, per non ricevere
troppe offerte inutili, giacché non potranno uscire più di 8 o 10 vol.
all’anno e io non voglio aver troppa abbondanza di manoscritti. Oltre quel
po’ di utilità pratica che può dare questa bibliotechina ci gioverà anche
per diffondere uomini e idee che ci piacciono e così controbilanciare la
propaganda eccessivamente razionalista dei crociani ecc. Ho già in
G. PAPINI – G. PREZZOLINI, Storia di un’amicizia. Vol. I: 1900-1924,
a cura di G. PREZZOLINI, Vallecchi, Firenze1966
10-IV-1907
Caro Giuliano,
poiché la cosa è già quasi fatta posso parlartene. Come vedi
mi sono deciso a far l’editore. Tu capisci il doppio perché: per essere
occupato e per guadagnare. Inizio una piccola biblioteca (Culturale dello
Spirito) a una lira il volume – di 64 pp. che conterrà scritti di filosofi antichi e
recenti, esposizioni di nuovi movimenti di idee, antologie di mistici, traduzioni
di cose orientali, polemiche scientifiche ecc. I primi volumi sono: Boutroux.
La natura e lo Spirito (già stampato), Eckhart, Prediche scelte (composto),
Papini, Storia del Pragmatismo. Seguiranno volumetti di Aristotele,
Empedocle, Bergson, Eraclito, Schopenahauer Fechner, Bergson, James, Le
Roy, S. Bonaventura, Peirce, volumetti sul New Thought, La Logica
Matematica, La Geometria Non Euclidea – un’antologia delle Upanishads,
ecc. Dentro aprile insieme al Leonardo usciranno i primi 3. In autunno
inizierò un’altra collez. Quella degli scrittori stranieri e pubblicherei volentieri
la tua traduzione di Swift. Dimmi cosa avresti pronto o potresti far per la
prima collezione. Fra pochi giorni ti manderò i primi 2 volumetti stampati.
Scrivimi. Per il Leonardo hai niente?
Sempre tuo,
«La Voce» 13 gen. 1914, p. 1
Caro Carabba,
come Lei avrà saputo mi sono deciso a
dichiararmi futurista anch’io. Lo ero da tanti anni senza
saperlo, che quasi mi vergogno d’essermene accorto così
tardi. La mia nuova posizione mi impedisce di continuare
a dirigere le due collezioni “Cultura dell’anima” e “Scrittori
nostri” da Lei edite. Tutti questi vecchiumi - Alberti, Tasso,
Spinoza, Cennini - sprigionano un tal puzzo passatista
che io non posso più resistere. La sola idea di dover
gettare ancora un’occhiata su questi stupidi versi italiani
che tutti sanno fare così bene mi disgusta. E quanto alle
sole parole di coltura e di anima esse non mi
suggeriscono che il vomito. Roba da professori! Spero
che Lei apprezzerà questo mio atto e passerà al più
diligente cretino fra i suoi collaboratori queste
occupazioni troppo umilianti per un uomo come me.
Mi creda
Giovanni Papini.
Papini a Prezzolini 18 maggio 1908
dal Carteggio II 1908-1915, a cura di S. Gentili – G. Manghetti, Ed.
Storia e Letteratura – Archivio Prezzolini, Roma 2008
È difficile rispondere alla tua domanda, a cosa sto lavorando. Come una talpa
che sta scavando contemporaneamente parecchie gallerie, corro da una parte
all’altra prolungando in varie direzioni gli scavi di qualche decimetro…Ho
l’impressione che per una quantità di ragioni, tra le quali è da contare, oltre
all’ingegno e alla cultura di Croce, anche la mancanza di tali qualità nei
difensori che presidiano e costituiscono la guarnigione dei castelli filosofici
italiani, il Croce conquisterà l’Italia “senza colpo ferire”, come Carlo VIII,
mandando solo avanti i suoi “forieri” a segnare i luoghi per gli alloggi e per il
vettovagliamento, o, se preferisci, come Pizarro o gli altri condottieri spagnoli
al Perù e al Messico (colla differenza che non si troverà tra le spoglie molto
oro). L’attuale reazione contro il positivismo tra i giovani, sarà un nulla in
confronto alla reazione che, allora, non potrà a meno di sorgere contro le
prepotenze speculative dei trionfatori.
Dall’ Epistolario 1891-1909, a cura di G. Lanaro, Einaudi, Torino 1971
Mi sono messo con gran foga al lavoro aristotelico e posso dartene buone
notizie. L’avevo cominciato con gran sforzo e quasi solo per farti un piacere, ma
di mano in mano che avanzo (ho già oltrepassato il primo quarto) più mi
persuado che val la pena di compierlo e cresce la fiducia di avere un buon
risultato. Pensandoci meglio vedo che sarebbe un peccato mescolare nel volume
brani tolti da altre opere aristoteliche; piuttosto qualche altro brano della
Metafisica. Ma neppure di ciò vi sarebbe bisogno per avere le 150 pagine. Vedo
infatti che nel volume inglese che è di formato non tanto piccolo, la traduzione
col relativo indice occupa poco meno di 100 pagine. Ora con un po’ di
preambolo che hai intenzione di premettere e con qualche nota che potrai
aggiungere nelle stesse bozze (mettendo in relazione le vedute di Aristotele con
quelle contemporanee) non resterà troppo spazio ancora da riempire; c’è
piuttosto pericolo che l’abbondanza di materia non permetta di mettere, anche
tipograficamente, in sufficiente rilievo il testo aristotelico, che sarebbe bene
fosse ben rotto e diviso con frequenti titoli, abbondanza di intervalli e di pagine
bianche a riposo del lettore.
Gennaio 1909
Caro Papini,
comincio a levarmi per qualche ora al giorno, ma sono ancora
lontano dal potermi dire guarito. Il bisogno assoluto di riposo
continua e anche questa cartolina la dovrò scontare con
qualche linea di febbre in più stasera. Unica occupazione
possibile è il leggere; se mi spedisci quelle bozze le scorrerò
per verificare non vi siano errori gravi e sarà prudenza. Per
quelle 40 pagine che mancherebbero, il mio consiglio è di
insistere presso Procuste Carabba perché abbandoni la stupida
idea di aver tutti i volumi ugualmente alti come se fossero
mattoni; niente gli vieta di mettere prezzi diversi secondo il
numero delle pagine, sia per il pubblico sia per i suoi fornitori di
manoscritti. È una questione di principio che è meglio fargli
decidere subito, perché te la troverai davanti ad ogni passo e ti
darà continue noie anche in seguito, senza contare il danno al
carattere della collezione.
G. VAILATI, Il linguaggio come ostacolo alla eliminazione di contrasti illusori,
“Rinnovamento”, II (1908)
Tra i più importanti tentativi di determinare in modo sistematico i diversi sensi che, nel
linguaggio ordinario, si trovano attribuiti ai termini più importanti, e più
frequentemente adoperati nelle discussioni filosofiche, è da porre il quarto libro della
“Metaphysica” di Aristotele, dove appunto si tenta di enumerare e precisare i diversi
sensi di tali termini, facendo risaltare i legami e le differenze che sussistono tra essi. È
certamente da porre tra gli episodi più curiosi della storia della cultura occidentale,
medioevale e moderna, il fatto che la stessa esposizione, destinata da Aristotele a servire
di cura e di rimedio preventivo contro gli effetti di certe ambiguità o imperfezioni,
caratteristiche nella lingua greca, finì per diventare alla sua volta, in seguito al
predominio dell’influenza aristotelica sullo svolgimento del pensiero latino medioevale,
una sorgente di nuove confusioni e di nuove ambiguità che vennero ad aggiungersi a
quelle, tutt’affatto diverse, e naturalmente non contemplate da Aristotele, che
presentava già per se stesso l’impiego della lingua latina per la trattazione di questioni
filosofiche. Basta accennare, per esempio, a quelle derivanti dalla mancanza in latino
dell’articolo. Il filosofo Th.Reid paragona a questo riguardo giustamente gli scolastici a
dei malati che, avendo a propria portata dei prodotti farmaceutici destinati alla cura di
malattie affatto diverse da quelle da cui essi erano infetti, cedettero di potersene ciò
nonostante servire, e aggiunsero così alle proprie malattie altri malanni non meno gravi
derivanti da tale imprudente applicazione di rimedi non adatti per essi. È questa una
ragione, da aggiungere alle tante altre, per cui il pensiero filosofico, che è frutto di una
data civiltà o di un dato stadio della cultura, non può conservare che in parte la capacità
di esercitare l’influenza che gli è propria, in altre civiltà o in altri stadi della cultura.
Giudizi di A. GRAMSCI sui pragmatisti (da Materialismo storico e la
filosofia di Benedetto Croce)
Tuttavia pare che essi abbiano sentito delle esigenze reali e le abbiano
“descritte” con esattezza approssimativa, anche se non sono riusciti a
impostare i problemi e a darne soluzione. Pare si possa dire che
“linguaggio” è essenzialmente un nome collettivo, che non presuppone una
cosa “unica” né nel tempo né nello spazio. Linguaggio significa anche
cultura e filosofia (sia pure nel grado di senso comune) e pertanto il fatto
“linguaggio” è in realtà una molteplicità di fatti più o meno organicamente
coerenti e coordinati: al limite si può dire che ogni essere parlante ha un
proprio linguaggio personale, cioè un proprio modo di pensare e di sentire.
La cultura nei suoi vari gradi, unifica una maggiore o minore quantità di
individui in strati numerosi, più o meno a contatto espressivo, che si
capiscono tra loro in gradi diversi ecc. Sono queste differenze e distinzioni
storico-sociali che si riflettono nel linguaggio comune e producono quegli
“ostacoli” e quelle “cause di errore” di cui i pragmatisti hanno trattato…
L’Einaudi aveva, nella lettera pubblicata dai “Nuovi Studi”, accennato alla
“maravigliosa capacità” di Giovanni Vailati di presentare un teorema
economico (e anche filosofico) e la sua soluzione, nei diversi linguaggi
scientifici sorti dal processo storico di sviluppo delle scienze, cioè aveva
implicitamente ammesso la traducibilità reciproca di questi linguaggi.
980 a 20: Il desiderio di conoscere è negli uomini un
istinto naturale.
ARISTOTELE, Il primo libro della Metafisica. Saggio di traduzione dal
greco di G.V. con notizie su Aristotele e le opere sue, R. Carabba,
Lanciano1909 (rist. anastatica 2008)