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La Casa del Mercante Medievale

Ricostruzione degli interni della dimora e bottega di un ‘Pannario’ lucchese della metà del XIII secolo
– Altopascio (LU), 2 Aprile/22 Maggio 2005.

Provate ad immaginare chi sareste potuti essere se foste vissuti in una città del Duecento. Niente comodità, energia elettrica, cellulare, veicoli a
motore e tutto quanto è riconducibile alla modernità. Sareste un contadino, un cavaliere, una popolana, un fabbro, una domestica? E come
sarebbe la vostra dimora? Quali ambienti la comporrebbero?

Per la prima volta in Italia appassionati di ‘rievocazione storica’ hanno ricostruito fedelmente gli interni della casa con annessa bottega di un
mercante di tessuti lucchese, il cosiddetto ’pannario ’. Cucinare, spaccare legna, accendere il fuoco, dormire, trascorrere il tempo impegnati
nelle attività quotidiane, rammendare, lavarsi, tessere, ricevere ospiti, oziare dilettandosi al gioco, lavorare nella bottega. Uno dei motivi che
hanno mosso i responsabili del progetto a così ardua impresa è stato quello di riuscire a testare con buona approssimazione - nessuno mai
potrà rivivere il passato come accadde ai nostri avi! - le condizioni di vita all’interno di un’abitazione priva di elettricità, elettrodomestici, acqua
calda, riscaldamento e, insomma, di tutte le comodità che oggi diamo per scontate ed irrinunciabili.

Alla stregua di ‘reality’ televisivo dieci gruppi di rievocazione aderenti al Coordinamento


“Mille&Duecento” si sono alternati per ben otto wwek-end vivendo e sperimentando in prima
persona le reali condizioni di vita in una dimora medievale. La prova con cavie consenzienti ed
entusiaste, ha avuto esiti incoraggianti: vivere alla stregua di uomini e donne del Duecento non è
poi così male, né riserva particolari privazioni; anzi, il tempo scandito da minor frenesia dà modo di
stare con sé stessi e con il prossimo - ascoltando piuttosto che cercando di prevalere - più di quanto
accada oggi.

GLI ABITANTI

Un brevissimo e doveroso cenno agli abitanti. La ‘nostra’ famiglia medievale è composta dal
pannario , messer Guglielmo Di Poggio, dalla consorte, monna Bianca, e dai tre figli: la primogenita
Matilde di 12 anni, il piccolo Simone di 9 e l’ultimo arrivato, Pietro, di soli tre mesi. Guglielmo ha un
fratello minore, Folco, sposato con Guia; i due sono quasi sempre impegnati all’estero in missioni
commerciali e di rado soggiornano nella casa. Lotto, Coletta e la figlia Bella sono i domestici a
servizio da quasi dieci anni.

LA DIMORA

Come sono organizzati gli ambienti in una dimora del Duecento secondo la ricostruzione proposta?

La casa ha un accesso diretto dalla strada che conduce in un piccolo cortile su cui si affaccia la Cucina: qui la servitù, in mezzo a pentole,
pignatte e teglie di tutti i generi - oggetti metallici pregiati riservati alle famiglie agiate - stoviglie varie, mortai e pestelli, vasellame, mestoli,
coltellerie e ramaioli, prepara i cibi utilizzando fuochi posti anche sotto una tettoia.

Dalla cucina si passa direttamente nel Salone un ampio spazio multiuso caratterizzato dalla presenza di un camino (vera e propria novità del
XIII secolo giacché in precedenza non si utilizzavano affatto) e di una parete affrescata con motivi geometrici dai colori sgargianti.
Normalmente si usa mangiare con l’ausilio di tavoli mobili su cavalletti che all’occorrenza, cioè secondo le necessità, vengono smontati per far
posto alle attività della casa. Il salone, come tutti gli altri ambienti della dimora, è arredato secondo i canoni dell’epoca con scarsa mobilia
(cassoni, un raro armadio), qualche scranno e sgabelli, drappi o tessuti appesi alle pareti intonacate per limitare in qualche modo l’umidità, che
la fa da padrona nelle stanze non riscaldate a sufficienza. Qua e là qualche candeliere con candele di sego o cera, una lucerna ad olio, un
tappeto mentre dalle impannate - l’equivalente del costoso vetro utilizzato negli edifici religiosi - filtra una luce tenue.

Oltre il salone si accede ad uno spazio intermedio, delimitato da una parete in legno, detto dello svago. Ivi quotidianamente le donne della
casa attendono alle normali attività (cucire, ricamare, intrattenere amabili conversazioni con parenti o conoscenti) mentre gli uomini traggono
diletto dal gioco degli scacchi o da altri giochi da tavolo. L’ambiente è arredato con bassa mobilia ed un tappeto che il padrone di casa,
mercante affermato, ha acquistato in occasione di un viaggio in Outremer , come si usa dire usando un termine francese. Sola fonte di
riscaldamento un gran braciere ubicato al centro.

Proseguendo alla scoperta della casa si entra nel cuore vero e proprio della costruzione, le camere e la bottega: qui pareti in legno dividono un
unico grande vano in tanti spazi. Il primo è costituito dalla zona riservata alle attività della servitù : un telaio verticale è utilizzato per la tessitura
di piccoli panni o canovacci, mentre in un angolo le domestiche possono ricamare e rammendare gli abiti. Accanto al telaio è posta una culla
mobile destinata a Pietro, neonato figlio del mercante; la culla è dondolata per mezzo di una cordicella da chi usualmente sta al telaio, così da
‘ottimizzare’ al massimo il lavoro. Poiché i padroni sono fedeli ferventi hanno allestito uno spazio per la preghiera caratterizzato dalla presenza
di un crocifisso, opera di un affermato pittore lucchese, e di una preziosa reliquia: un lungo ed arrugginito chiodo della Vera Croce acquistato a
caro prezzo!

Nella Camera del pannario troneggia un letto a baldacchino di dimensioni non comuni ove riposano insieme Guglielmo, la moglie Bianca e i
due figli Matilde e Simone. Anche qui l’arredo è spartano: un cassone ai piedi del letto ed alcuni bauli contenenti abiti ed indumenti, un
mobiletto riservato alla cura della persona della padrona di casa. Altri vestiti di uso quotidiano sono invece appesi alle pareti. Ricorrono drappi
appesi alle pareti mentre qua è là, come altrove nella dimora, mazzetti di erbe profumate (lavanda, rosmarino, ecc.) danno freschezza laddove
l’afrore degli abitanti è persistente per il malcostume di lavarsi sporadicamente. Se non si dispone di lavanda fresca si ricorre nei mesi freddi ai
suoi semi: sparsi a terra ovunque danno un buon odore e vengono tolti semplicemente spazzandoli via.

La stanza successiva è un vano che potremo definire ‘multi-uso’. Nella parte iniziale è ricavata la Camera dei domestici: più che altro
dormitorio vero e proprio con due paglioni - semplici giacigli a terra delimitati da assi di legno, con paglia a far da materasso e lenzuola - oltre
a qualche misero baule. Un angolo protetto con tendaggi da sguardi indiscreti è destinato ad accogliere una grande tinozza utilizzata dai
padroni per fare il bagno: il mercante è il primo a lavarsi, seguito dagli altri familiari che usano tutti la stessa acqua! Nell’angolo opposto si
trova una sorta di camera degli ospiti con letto a baldacchino leggermente più piccolo di quello presente nella camera padronale: di norma esso
è utilizzato dal fratello Folco nelle rare occasioni in cui soggiorna in città assieme alla moglie Guia.

Prima di passare nella bottega di messer Guglielmo Di Poggio si trova lungo il corridoio un piccolo, minuto spazio, occultato alla vista da un
pesante tendaggio: la Latrina ! Ricavata in una nicchia nella spessa muratura essa è composta da un semplice sedile con tappo in legno e
offre, a dire il vero, poca ‘privacy’…. Ma tant’è, nel Duecento non si fa troppo caso a queste cose!

Al termine del percorso nella dimora vi è la Bottega del pannario : un ampio locale arredato con tavoli ed un bancone, ricoperti da tessuti di
tutti i tipi: canapa, cotone, lino, lana e infine seta, ovvero il prodotto di maggior pregio della manifattura lucchese. Qui il mercante svolge la
propria attività accogliendo la clientela, ricevendo prodotti dall’estero, impostando strategie di accordi con altri colleghi. Un giovane garzone,
Marchello, coadiuva il padrone mentre secondo gli statuti comunali, che lo consentono, un sarto lavora in sinergia con il Di Poggio occupando
un angolo della bottega con un proprio tavolo ti taglio e cucito: in tal modo i clienti sono in grado di scegliere il tessuto e farsi prendere
immediatamente le misure per il confezionamento degli abiti. Sempre in ossequio agli ordinamenti lucchesi il pannario può vendere accessori e
complementi per l’abbigliamento: cinture, scarselle, portamonete, passamanerie e nastri colorati. Poiché l’attività di Guglielmo è florida ed in
costante crescita c’è bisogno di qualcuno capace di gestire la contabilità: ecco allora spiegata la presenza di un tavolo attrezzato con il
necessario per far di conto e scrivere, dove messer Rufo - da anni contabile della famiglia - tiene costantemente aggiornati i registri ed i
documenti.

Termina qui il percorso all’interno della dimora duecentesca del pannario lucchese: egli non vive più da quasi otto secoli, ma in noi non cessa
ancora l’eco delle sue azioni.

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