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3.4. Non-conflitto 67
3.5. Confusione 68
3.6. Dualità 68
3.7. Esclusività 69
3.8. Implicito 69
3.9. Libertà 70
3.10. Menzogna 70
3.11. Negazione e conseguente rafforzamento 72
3.12. Oscurità 73
3.13. Rinuncia alla propria posizione 73
3.14. Sdrucciolevolezza 74
3.15. Silenzio 74
3.16. Slittamento di significato 75
3.17. Teatralità 75
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Indice
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Indice
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Conclusioni 173
Bibliografia 179
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INTRODUZIONE
L’ironia è un tema caro e ricorrente per gli studiosi: di essa ci si occupa fin
dall’antichità. Nel passato, però, lo si è fatto soprattutto in campo retorico e let-
terario, e comunque sempre con la “tendenza a considerare l’ironia con canoni
estetici, piuttosto che come strumento di comunicazione” (Attardo, S., 2000:
794). L’ironia, che può essere comunicata anche senza l’ausilio delle parole, è da
sempre al centro di un mai sopito dibattito, ad opera di studiosi appartenenti
alle varie discipline, che l’hanno analizzata nelle sue molteplici espressioni (Tu-
rasiewicz, R., 1983: 5, Kapogianni, 2011: 1). Molto si è studiato anche a riguardo
del comico e del riso (Cerullo, M., 2007: 2), ma l’ironia, a differenza di questi
due elementi appena menzionati, assume “uno spessore diverso, essa si presen-
ta, nel contempo, come tema, struttura discorsiva e figura retorica (Kierkega-
ard, S., 1841). La postmodernità ha riscoperto il problema della categoria — già
socratica — dell’ironia, questa epoca “ne ha valorizzato le interne frontiere, ne
ha esposto la continuità storica, dando vita ad un lavoro di ricerca intenso su
ironia/comico/riso e su ironia/mente/linguaggio” (Cambi, F., Giambalvo, E.,
2008: 13). In tale ambito sono emersi vari filoni: quello teorico-retorico, che vede
l’ironia come tropo ed elemento della comunicazione; quello teorico-filosofico,
che parte ovviamente dal rapporto di Socrate col suo metodo della maieutica;
e infine il filone teorico-cognitivo.
Grande peso (che in ironia — lo possiamo dire — come per incanto si tra-
muta in calviniana leggerezza) assume anche nella letteratura, dove ha trovato
posto e successi: basti pensare a quanto accade quando essa incontra i nomi di
personaggi letterari (vengono subito alla mente, ad esempio, i Malavoglia
di G. Verga, in cui la Longa, in realtà, è una donna minuta, gli stessi membri
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Introduzione
della famiglia Toscano, in realtà, sono sempre stati grandi lavoratori). Anche
Edipo è vittima di ironia, ma di una ironia terribile: ironia della sorte. Una delle
possibili etimologie del nome di Edipo, per altro, (sappiamo — finirà per acce-
carsi) deriva dal verbo vedere, οἷδα (Infantino, M. G., 2000 : 36).
Possiamo poi affermare anche che “tutte le forme di comunicazione si pos-
sono considerare come variazioni attenuate dell’ironia” (Pagliaro, A., 1970: 11):
tale criterio vale anche per la comunicazione con fini estetici (Kierkegaard, S.,
1841: 325). Così come nota Słapek dal punto di vista della catalogazione dei
fenomeni grammaticali dell’italiano (2016: 231), facendo esplicito riferimento
a Baumann, anche per quanto riguarda i tentativi di pervenire ad una strin-
gente definizione dell’ironia si osserva una estrema tendenza alla fluidità
(Baumann, Z., 2006). L’elemento ironico costituisce un problema soprattuto
dal punto di vista della sua teorizzazione: anche grandi autori, padri della te-
oria dell’ironia, come Grice, “non sono riusciti ad inquadrare completamente
tutti i casi di ironia” (Popa-Wyatt, M., 2014: 129). L’ironia, infatti, non è defi-
nibile secondo modelli poiché si fonda sulla incompletezza dell’informazione,
mentre l’analisi del discorso ironico non può procedere in assenza di schemi
di riferimento (Almansi, G., 1984: 24).
Definire l’ironia è impresa destinata a presentare problemi definizionali che
“si estenderebbero a tutti gli altri termini: si sa che ‘comico’, ‘umorismo’ e anche
‘ironia’ così come ‘parodia’ vengono spesso usati da autori in accezioni diverse.
[…] Tutto quello che si può dire in generale nel tentare di definire i confini tra
ironia e i concetti suddetti, è che si tratta di campi distinti ma che si intersecano
parzialmente” (Mizzau, M., 1984: 8). Il fatto che l’ironia sia sfuggente è assunto
per definizione: volerla leggere alla luce di un’analisi scrupolosa, porla per così
dire sul tavolo di laboratorio, tenerla ferma sotto alla lente di un microscopio,
non porterebbe a risultati esaustivi; “ebbene, una volta compiute queste ope-
razioni preliminari, dove sarà andata a nascondersi la nostra ironia? In qual-
che angolo a piangere dalla vergogna? Siamo proprio certi che madama ci avrà
aspettato? Probabilmente non esisterà più come tale, e il nostro apparato anali-
tico non avrà più oggetto su cui applicarsi; o il corpo vivente dell’ironia si sarà
metamorfizzato in un suo cadavere. Ve l’immaginate, il cadavere di una ironia?
A chi interesserebbe farne l’autopsia?” (Almansi, 1984: 22–23).
Definire l’ironia è un’operazione complessa anche perché essa è definibile se-
condo diversi punti di vista. Le difficoltà di formulare una definizione “emergo-
no se non altro sotto l’aspetto di caratteristiche apparentemente contraddittorie.
Per citarne solo alcune: cosa c’è in comune tra l’ironia socratica, interrogazione,
strumento di conoscenza e quindi ricerca del vero, e l’ironia romantica […],
assolutizzazione dell’io; quindi cosa c’è in comune tra la funzione pedagogica,
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