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L’ALLIEVO CON
DISABILITÀ INTELLETTIVA
UN ESTRATTO DEL VOLUME
COME FARE PER GESTIRE LA CLASSE NELLA PRATICA DIDATTICA
L’allievo con disabilità intellettiva
IL CASO
Silvano presenta una disabilità intellettiva moderata; è un bambino alto, il più alto di tutti nella clas-
se terza di scuola primaria che frequenta. I suoi compagni lo hanno accettato fin da subito, perché è
molto simpatico…
I problemi nascono, però, quando in alcune giornate fin dal primo mattino entra in classe con la faccia scura: tutti
capiscono che non sarà una giornata tranquilla. Silvano, infatti, in quei momenti, se non incontra immediatamente
qualcosa che possa calmarlo sul piano emotivo, diventa intrattabile.
Di solito l’insegnante di sostegno con pazienza riesce a incanalare il suo malumore invitandolo fuori dalla classe con
due o tre suoi compagni a svolgere alcune mansioni che il docente ha ideato per far fronte a questi momenti sempre
più ricorrenti: il piccolo gruppo esce per sistemare un ambiente, per mettere a posto i libri in biblioteca, per andare in
palestra ecc.
Purtroppo oggi l’insegnante di sostegno è assente e la maestra è molto preoccupata, perché avverte come nel bam-
bino stia montando l’agitazione. I compagni cercano di tranquillizzarlo, ma i loro tentativi accentuano il malessere.
Silvano inizia a muoversi fra i banchi e a parlare con toni accesi, rispondendo con rabbia alle attenzioni altrui.
I fatti importanti
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come agiresti con un bambino con disabilità intellettiva in una situazione simile a
quella presentata nel caso.
Rispondi poi alle domande: sarà utile per paragonare il tuo pensiero pedagogico e
didattico con le strategie presentate.
La situazione è difficile: che cosa faresti al posto della maestra? Quale strategia metteresti
in campo per calmare Silvano?
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Ritieni che il controllo prossimale potrebbe essere una soluzione oppure potrebbe essere
controproducente? Motiva la tua risposta.
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Potresti accompagnare fuori dalla classe Silvano con un piccolo gruppo dopo aver dato
un compito da svolgere ai compagni che restano in classe? Oppure questa soluzione sareb-
be per te impensabile? Per quale motivo?
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LA STRATEGIA
La disabilità intellettiva “è caratterizzata da deficit delle capacità mentali genera-
li, come il ragionamento, il problem solving, la pianificazione, il pensiero astratto,
la capacità di giudizio, l’apprendimento scolastico e l’apprendimento dell’esperien-
za. I deficit comportano una compromissione del funzionamento adattivo tale che
l’individuo risulta incapace di soddisfare gli standard di autonomia e responsabilità
sociale in uno o più aspetti della vita quotidiana, comprese la comunicazione, la
partecipazione sociale, l’attività scolastica o lavorativa, e l’autonomia a casa o nella
comunità” (DSM-5, 2014, p. 35).”
Non bisogna farsi condizionare dal fatto che l’allievo presenta un deficit: egli ha
certamente problematiche di tipo cognitivo e a volte anche sociali e personali,
ma possiede anche abilità che meritano la nostra attenzione.
L’allievo
con disabilità intellettiva presenta un pensiero poco evoluto caratterizzato da viscosità di ragiona-
mento. B. Inhelder (Inhelder, 1963) ha chiaramente illustrato questa caratteristica contraddistinta da una
modalità di ragionamento che si fonda sul rallentamento dei passaggi mentali, sulla stagnazione durevole e
sulla precarietà dell’oscillazione fra il pensiero superiore e inferiore.
Gli allievi con disabilità intellettiva, quando trovano un ambiente educativo ricco di attenzioni, riescono a
dare il meglio di sé.
Le difese personali che erigono di fronte a una realtà che percepiscono come troppo complessa si allentano,
permettendo così alle loro potenzialità di mettersi in luce, con un impegno individuale spesso encomiabile.
Spesso sono bloccati di fronte alle novità perché non sanno come usare in modo significativo le abilità cogni-
tive in loro possesso, non riescono nemmeno a memorizzare a sufficienza ciò che faticosamente capiscono. I
tempi delle attività di apprendimento a scuola diventano per loro profondamente snervanti. Quando non si
riesce a comprendere le direttive, quando i contenuti vengono compresi ma si ha la certezza di non ricordarli
al momento opportuno, quando ci si rende conto che gli altri compagni non han-
no tutti questi problemi, è inevitabile difendersi con atteggiamenti di inattività e
apatia.
Non è facile realizzare un rapporto pieno e significativo con l’allievo con disabili-
tà intellettiva. “Sarebbe semplicistico suggerire di affrontare le difficoltà solo con
atteggiamenti comprensivi e affettuosi. Il disabile mentale, avendo scarsi interes-
si spontanei, non sentendo, se non marginalmente, la necessità di conoscere in
maniera approfondita le situazioni in cui si trova ad agire, deve essere guidato
dagli insegnanti” (d’Alonzo, 2002, p. 165). Sembra una considerazione ovvia, ma
purtroppo non trova sempre riscontri adeguati.
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