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LUIGI D’ALONZO

L’ALLIEVO CON
DISABILITÀ INTELLETTIVA
UN ESTRATTO DEL VOLUME
COME FARE PER GESTIRE LA CLASSE NELLA PRATICA DIDATTICA
L’allievo con disabilità intellettiva

IL CASO
Silvano presenta una disabilità intellettiva moderata; è un bambino alto, il più alto di tutti nella clas-
se terza di scuola primaria che frequenta. I suoi compagni lo hanno accettato fin da subito, perché è
molto simpatico…

I problemi nascono, però, quando in alcune giornate fin dal primo mattino entra in classe con la faccia scura: tutti
capiscono che non sarà una giornata tranquilla. Silvano, infatti, in quei momenti, se non incontra immediatamente
qualcosa che possa calmarlo sul piano emotivo, diventa intrattabile.
Di solito l’insegnante di sostegno con pazienza riesce a incanalare il suo malumore invitandolo fuori dalla classe con
due o tre suoi compagni a svolgere alcune mansioni che il docente ha ideato per far fronte a questi momenti sempre
più ricorrenti: il piccolo gruppo esce per sistemare un ambiente, per mettere a posto i libri in biblioteca, per andare in
palestra ecc.
Purtroppo oggi l’insegnante di sostegno è assente e la maestra è molto preoccupata, perché avverte come nel bam-
bino stia montando l’agitazione. I compagni cercano di tranquillizzarlo, ma i loro tentativi accentuano il malessere.
Silvano inizia a muoversi fra i banchi e a parlare con toni accesi, rispondendo con rabbia alle attenzioni altrui.

Silvano ha una giornata diffi-


cile e la situazione in classe sta
degenerando.

I fatti importanti
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I fatti da sottolineare sono i seguenti:


Silvano è un bambino accettato da tutti;
capita che non abbia delle giornate tranquille;
l’insegnante di sostegno, che solitamente sa come calmarlo, oggi non c’è e la maestra si trova un
po’ in difficoltà.

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L’allievo con disabilità intellettiva

LA MIA ESPERIENZA IN CLASSE

Come agisco, come agirei...


Pensa alla tua esperienza, oppure, se sei un insegnante alle prime armi, rifletti su
Scheda di LAVORO

come agiresti con un bambino con disabilità intellettiva in una situazione simile a
quella presentata nel caso.
Rispondi poi alle domande: sarà utile per paragonare il tuo pensiero pedagogico e
didattico con le strategie presentate.

La situazione è difficile: che cosa faresti al posto della maestra? Quale strategia metteresti
in campo per calmare Silvano?
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Ritieni che il controllo prossimale potrebbe essere una soluzione oppure potrebbe essere
controproducente? Motiva la tua risposta.
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Potresti accompagnare fuori dalla classe Silvano con un piccolo gruppo dopo aver dato
un compito da svolgere ai compagni che restano in classe? Oppure questa soluzione sareb-
be per te impensabile? Per quale motivo?
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L’allievo con disabilità intellettiva

LA STRATEGIA
La disabilità intellettiva “è caratterizzata da deficit delle capacità mentali genera-
li, come il ragionamento, il problem solving, la pianificazione, il pensiero astratto,
la capacità di giudizio, l’apprendimento scolastico e l’apprendimento dell’esperien-
za. I deficit comportano una compromissione del funzionamento adattivo tale che
l’individuo risulta incapace di soddisfare gli standard di autonomia e responsabilità
sociale in uno o più aspetti della vita quotidiana, comprese la comunicazione, la
partecipazione sociale, l’attività scolastica o lavorativa, e l’autonomia a casa o nella
comunità” (DSM-5, 2014, p. 35).”

 I diversi tipi di disabilità


L’allievo con disabilità intellettiva può presentare deficit lievi che gli permettono
di sviluppare capacità sociali e comunicative adeguate e compromissioni senso-
motorie minime, tanto che non sempre è facile distinguerlo dagli altri compagni.
Il soggetto con disabilità intellettiva può presentare una limitazione di tipo mo-
derato, con caratteristiche personali marcate e problematiche sociali evidenti,
anche se il livello di comunicazione e l’autonomia personale, se supportati dall’e-
sterno, possono arrivare a discreti livelli. I ragazzi con disabilità intellettiva mode-
rata in un ambiente educativo idoneo riescono ad acquisire importanti abilità in
ambito sociale e imparano a collaborare in gruppo.
Nell’ambito della disabilità intellettiva, però, esistono anche situazioni gravi ed
estreme con compromissioni marcate a livello dell’apprendimento e delle abilità
sociali. I disabili gravi possono imparare a parlare e acquisiscono alcune abilità
idonee alla cura della propria persona.
L’iter scolastico di un alunno in situazione di gravità è spesso ostacolato da bar-
riere non materiali difficilmente sormontabili: diffidenza, timore, sconcerto, ras-
segnazione. Questi sono solo alcuni sentimenti che il ragazzo con disabilità grave
suscita nell’animo di molti docenti. Egli genera forte preoccupazione negli in-
segnanti, che si chiedono che cosa comporterà la sua presenza in classe, come
sarà possibile operare per non rallentare lo svolgimento dei programmi, cosa
proporre a un allievo con bisogni speciali completamente diversi da quelli dei
suoi compagni.
La disabilità intellettiva è caratteristica importante di alcune sindromi di origine
genetica: le più comuni sono la sindrome di Down, di Prader-Willi, di Williams,
dell’X fragile.

 L’educazione dell’allievo con disabilità intellettiva


Non esiste una generica disabilità intellettiva, ma esiste Marco che ha un problema
e che è differente da Luisa che magari ha la stessa diagnosi. L’unicità della persona
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è sempre la cosa più importante. Di fronte al soggetto con disabilità intellettiva,


occorre tener presenti alcuni aspetti fondamentali del lavoro educativo e didattico.

 Non bisogna farsi condizionare dal fatto che l’allievo presenta un deficit: egli ha
certamente problematiche di tipo cognitivo e a volte anche sociali e personali,
ma possiede anche abilità che meritano la nostra attenzione.

 Occorre lavorare sulle abilità a disposizione e non sulle sue limitazioni.

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L’allievo con disabilità intellettiva

 È molto importante l’unitarietà di intenti: è determinan-


CHE COSA È IL PEI
te riuscire a creare una vera collaborazione educativa e di-
In base al Decreto del 24 feb- dattica con tutti gli insegnanti. L’unitarietà di intenti, il pro-
braio 1994, il Piano Educativo getto educativo individualizzato, il rapporto con la famiglia
Individualizzato (PEI) è il docu- devono essere i capisaldi di una proposta scolastica di valore.
mento nel quale vengono de-
scritti gli interventi predisposti  Bisogna conoscere l’allievo e le sue peculiarità, i suoi gusti, le
per l’alunno in situazione di sue passioni.
handicap, in un determinato
periodo di tempo, per la rea-   nche i ragazzi con disabilità intellettiva moderata o grave in classe
A
lizzazione del diritto all’edu- sono in grado di capire la differenza tra i loro risultati e quelli dei
cazione e all’istruzione (primi compagni. È importante far sì che l’autostima dell’allievo sia difesa
quattro commi dell’art. 12 del- e garantita a scuola. Da qui discende la necessità di una differen-
la Legge n. 104 del 1992). ziazione costante nella proposta formativa, non solo per l’allievo
Gli insegnanti curricolari di disabile ma per tutti.
classe, con l’insegnante di so-
stegno, redigono un piano di  Il funzionamento intellettivo dell’allievo con disabilità intellettiva
interventi pedagogici e didat- risulta al di sotto della media e quindi le nostre direttive necessita-
tici atti a favorire nell’allievo le no di semplificazione; la regressione è frequente e quindi occorre
condizioni più opportune per reiterare attività, procedure, regole da rispettare anche quando
sostenere il percorso scolasti- paiono acquisite. Spesso l’allievo non è autonomo e ciò può ren-
co. Riassumendo, questi inter- dere difficile la conduzione della classe in assenza di una compre-
venti devono essere: senza educativa: il disinteresse e il distacco che talvolta manifesta
1. integrati; spesso dipendono dalla complessità della proposta didattica, in
2. equilibrati; questo caso è opportuno proporre gli indicatori utili alla soluzio-
3. previsti per un determinato ne positiva dell’attività e segmentare il compito rendendo meno
periodo di tempo. pesante l’impegno. Ciò permette il superamento delle difficoltà
dovute alla lentezza e alla labilità dell’attenzione. L’allievo con di-
sabilità intellettiva può presentare stereotipie e perseverazioni e
questa caratteristica merita di essere rispettata e con serenità e
pazienza modificata per quanto possibile.

 L’affettività appare molto intensa e deve essere contenuta e capita.

 L’allievo
con disabilità intellettiva presenta un pensiero poco evoluto caratterizzato da viscosità di ragiona-
mento. B. Inhelder (Inhelder, 1963) ha chiaramente illustrato questa caratteristica contraddistinta da una
modalità di ragionamento che si fonda sul rallentamento dei passaggi mentali, sulla stagnazione durevole e
sulla precarietà dell’oscillazione fra il pensiero superiore e inferiore.

 Il rischio della frustrazione


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Gli allievi con disabilità intellettiva, quando trovano un ambiente educativo ricco di attenzioni, riescono a
dare il meglio di sé.
Le difese personali che erigono di fronte a una realtà che percepiscono come troppo complessa si allentano,
permettendo così alle loro potenzialità di mettersi in luce, con un impegno individuale spesso encomiabile.
Spesso sono bloccati di fronte alle novità perché non sanno come usare in modo significativo le abilità cogni-
tive in loro possesso, non riescono nemmeno a memorizzare a sufficienza ciò che faticosamente capiscono. I
tempi delle attività di apprendimento a scuola diventano per loro profondamente snervanti. Quando non si
riesce a comprendere le direttive, quando i contenuti vengono compresi ma si ha la certezza di non ricordarli

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L’allievo con disabilità intellettiva

al momento opportuno, quando ci si rende conto che gli altri compagni non han-
no tutti questi problemi, è inevitabile difendersi con atteggiamenti di inattività e
apatia.

 L’importanza della relazione educativa


Di fronte al soggetto con disabilità intellettiva occorre impostare una relazione
educativa basata sulla reciproca fiducia.
Le ricerche sul cervello ci offrono conferme in questo senso. Come afferma Sylwe-
ster (Sylwester, 2000), tutte le attività cognitive dipendono dall’iniziale attivazione
del nostro sistema integrato sensoriale-emozionale-attentivo.
È biologicamente impossibile apprendere qualcosa senza la messa in opera delle
capacità attentive, che a loro volta sono condizionate dai nostri sensi e dalle emo-
zioni. Il disabile ha bisogno prima di tutto di “stare bene”, di trovare benessere nel
rapporto con l’educatore e in tutta l’esperienza scolastica.
Ne consegue che ogni azione rivolta a favorire apprendimenti significativi si fonda
sulla validità di un rapporto pedagogico caratterizzato da disponibilità e risposte
positive alle esigenze personali.

Non è facile realizzare un rapporto pieno e significativo con l’allievo con disabili-
tà intellettiva. “Sarebbe semplicistico suggerire di affrontare le difficoltà solo con
atteggiamenti comprensivi e affettuosi. Il disabile mentale, avendo scarsi interes-
si spontanei, non sentendo, se non marginalmente, la necessità di conoscere in
maniera approfondita le situazioni in cui si trova ad agire, deve essere guidato
dagli insegnanti” (d’Alonzo, 2002, p. 165). Sembra una considerazione ovvia, ma
purtroppo non trova sempre riscontri adeguati.
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Per ottenere risultati, i bisogni del disabile devono essere soddisfatti.

Secondo Maslow “uno dei bisogni più profondi dell’uomo è di appartenere a un


gregge” (Maslow, 1973), di sentirsi parte di un gruppo, di trovare un ruolo all’inter-
no di un contesto di vita sociale. Il ragazzo disabile deve sentirsi integrato, parte-
cipare attivamente nel gruppo classe e, per raggiungere questo obiettivo, deve
saper decodificare e comprendere la proposta formativa.

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QUESTO CONTENUTO È TRATTO DALLA GUIDA
COME FARE PER GESTIRE LA CLASSE
NELLA PRATICA DIDATTICA

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