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Cento anni fa milioni di italiani, soprattutto veneti e meridionali, emigrarono alla volta delle Americhe e
dell’Australia. Venivano ammucchiati come bestie nelle stive dei bastimenti e gli era consentito salire sul ponte per una
boccata d’aria solo nell’ora in cui i passeggeri di prima classe pranzavano nel ristorante di lusso. Quando emergevano
all’aria aperta, alcuni emigranti si dirigevano verso poppa per guardare con nostalgia l’orizzonte dal quale
provenivano e nel quale avevano lasciato i parenti, la storia, le radici; altri si dirigevano a prua per scrutare con
speranza l’orizzonte dove prima o poi sarebbe apparso il mondo nuovo, la terra promessa, la vita migliore.
Tutti sanno che questi emigranti erano contadini semi-analfabeti, ma pochi sanno che, in mezzo a loro,
accomunati dalle stesse delusioni e dalle stesse speranze, vi erano anche giovani laureati. Se, ad esempio,
paragoniamo il 2012 con il 1912 ci accorgiamo che cento anni fa, quando la popolazione italiana era di 35 milioni,
emigrarono 638.955 italiani di cui 2.901 (pari allo 0.45%) erano professionisti. A quell’epoca in Italia si laureavano
circa 4.000 giovani all’anno e, dunque, i laureati che espatriavano erano il 70% di quelli sfornati nello stesso anno
dall’università.
Cento anni dopo, nel 2012, la popolazione italiana è di 60 milioni e i cittadini emigrati sono 78.941, con un’età
media di 34 anni. 6.276 (pari al 12.5%) sono laureati. Nello stesso 2012, anche grazie alla riforma del 3+2 che ha
portato alla duplicazione dei titoli di laurea (triennale+specialistica), i laureati stati 289.000. Dunque, quelli che
hanno scelto di andarsene all’estero sono stati appena lo 0.5% di tutti i giovani che, nello stesso anno, hanno
conseguito una laurea.
Nell’arco di un secolo ci siamo trasformati da paese di emigrazione a paese di immigrazione. Sempre nel 2012
sono arrivati in Italia circa 380.000 immigrati con un’età media di 31 anni; il 26% sono laureati. In altri termini, seimila
cervelli sono fuggiti e 99.000 sono arrivati.
Poiché l’educazione di un cittadino da 0 a 25 anni costa circa 400.000 euro, di cui la metà a carico dello Stato,
abbiamo gettato 25 milioni di euro e ne abbiamo incamerati 396. Sta a noi far fruttare questi cervelli immigrati
inserendoli nel circuito del mercato di lavoro intellettuale invece di sprecarli riducendoli a manovali.
Da tutte queste cifre possiamo dedurre che l’emigrazione italiana è ridotta ai minimi termini e che, essendo quasi
azzerato il numero degli italiani analfabeti, molti giovani emigrati hanno un diploma o una laurea. Sappiamo inoltre
che, a differenza di quanto avveniva cento anni fa, la maggior parte non è andata nei lontani paesi d’oltre Oceano ma a
due passi da casa: in Germania, Svizzera e Regno Unito.
Quando si parla di “fuga dei cervelli” si intende due cose diverse: o ci si riferisce genericamente ai laureati, o si
allude alla fuga dei laureati eccellenti, addirittura dei geni. Nel primo caso, dobbiamo rassegnarci: i paesi dell’Ocse
sono ormai alfabetizzati e puntano all’obiettivo della laurea per tutti, dal momento che, in una società complessa,
questo titolo di studio non serve solo per lavorare ma anche per vivere degnamente. Dunque, in un domani non
lontano, chiunque emigrerà sarà un laureato, cioè un “cervello”. Ciò corrisponde, del resto, alla rapida mutazione del
mercato del lavoro: nella metà dell’Ottocento, il 94% dei lavoratori dipendenti dalle industrie manifatturiere di
Manchester, cioè della città più industrializzata del mondo, erano operai addetti a lavori manuali; oggi, in Italia come in
America, il 70’% dei lavoratori svolge attività di natura intellettuale.
Se per fuga dei cervelli si intende “fuga di laureati eccellenti” o addirittura “fuga di geni”, allora occorre
preoccuparsi perché i geni sono rari e perderne anche uno solo significa regalare ai concorrenti una risorsa preziosa,
difficilmente rimpiazzabile. Ma anche in questo caso le cifre tornano vantaggiose per l’Italia, dal momento che la
maggior parte degli immigrati laureati hanno conseguito il titolo presso università come quelle rumene o cecene,
niente affatto mediocri. Immaginiamo, esagerando, che tutti i 6.276 laureati emigrati siano geni forniti di ottima
preparazione universitaria; e immaginiamo, minimizzando, che solo il 10% dei giovani laureati immigrati abbiano le
stesse qualità eccellenti; comunque avremmo perso 6.276 “cervelli” e ne avremmo incassati 9.900, con un saldo attivo
di 3.624 geni.
Se poi, d’accordo con Voltaire e con Rousseau, si considera la genialità come un dono di Dio a tutta l’umanità,
l’appropriazione di un genio da parte di un’azienda può essere vista come la privatizzazione indebita di un bene
comune, paragonabile all’aria o all’acqua. Tra i 75 scienziati che costruirono la bomba atomica a Los Angeles, la
maggioranza era di immigrati che, con la loro invenzione, liberarono l’intero pianeta dalla caparbia distruttiva dei
giapponesi.
I dati dai quali sono partito dimostrano come l’Italia non ha mai saputo valorizzare i propri laureati. Ma oggi, con il
suo 40% di disoccupazione intellettuale, ha raggiunto un primato abominevole. Tuttavia va ricordato che la mobilità
dei cervelli caratterizza tutte le società postindustriali e non dipende solo dalla disperazione. Oggi emigrano anche i
giovani laureati americani, dirigendosi verso la Cina o il Giappone ed emigrano anche i giovani laureati cinesi,
dirigendosi verso l’America o l’Europa. Perciò le storie contenute in questo volume rappresentano altrettante finestre
su un mondo nuovo, reso mobile non solo dalla disperazione, ma anche dalla curiosità intellettuale e dal nomadismo
postmoderno: la generazione dei “digitali globalizzati”.
L’azione congiunta del progresso tecnologico, dello sviluppo organizzativo, della globalizzazione, della
scolarizzazione diffusa e dei mass media ha provocato l’avvento di una società nuova in cui la popolazione va
polarizzandosi intorno a due paradigmi: quello degli “analogici” in via di estinzione e quello dei “digitali” in via di
espansione.
Gli “analogici”, prevalentemente anziani, sono impauriti dalle novità che si succedono a valanga e, invece di
goderne i vantaggi, ne traggono motivo di panico: ad esempio, di fronte allo sviluppo demografico, paventano la fame
per tutti e l’invasione del Primo mondo da parte del Terzo mondo; considerano lo sviluppo tecnologico come un
incontrollabile cataclisma, colpevole della disoccupazione e del consumismo; paventano la violenza sociale e le guerre
come inevitabili e crescenti; giudicano le epidemie, l’instabilità politica, l’inflazione, la corruzione, come mali
connaturali alla società attuale e inesistenti in un fantomatico passato, che essi amano mitizzare.
I “digitali”, al contrario, contano sull’effetto benefico del progresso, sul controllo delle nascite, sull’aumento del
tempo libero, sulla longevità, sul dialogo e sull’interscambio tra i popoli e tra le culture. Prendono atto che si vive una
volta sola e perciò considerano questa vita unica come un’avventura esaltante, che la scienza e la tecnologia hanno
reso sempre più godibile.
I “digitali” sono soprattutto cittadini del mondo, conoscono le lingue, non soffrono il jet-lag, sperimentano in
prima persona i limiti e le opportunità della globalizzazione, navigano nel pianeta come “emigranti di prua”, cui
appartiene il futuro.
In questa chiave ho letto le storie contenute in questo libro, precorritrici di un villaggio globale dove per ogni
cervello c’è un posto accogliente da qualche parte nel mondo. E spero che anche gli altri lettori le interpretino con
questa speranza.
INTRODUZIONE
“Un consiglio per i miei coetanei? Non aver paura di cambiare Paese e lavoro frequentemente. Oggi per i giovani la
sfida è questa: mettersi in gioco adattandosi velocemente al cambiamento”.
Non sono le parole di uno dei tanti “predicatori” che sollecita i giovani a darsi da fare. È l’incitamento, vissuto sul
campo come esperienza diretta, di uno dei 71 giovani emigranti le cui storie sono qui raccontate così come pubblicate
dal Corriere Della Sera nella mia rubrica “Giovani all’estero”. Storie che in più, in questo libro, vengono seguite nella
loro evoluzione, dall’apparizione sul quotidiano ad oggi.
Il libro è di fatto anche un mini sondaggio. Un’indagine senza pretese di scientificità statistica, che però racconta
vicende veramente e attualmente vissute dagli “emigranti 2.0”, quelli della cosiddetta Generazione Y, i Millenium, i
Nativi digitali a seconda della definizione che si preferisce.
Le storie vanno dal Novembre del 2008 all’Aprile del 2013, attraversano cioè tutta la crisi economica degli ultimi
anni, quella che oggi ha portato i tassi di disoccupazione tra i 15-24enni alla vertiginosa quota del 38,4%.
I giovani protagonisti di questo libro sono tutti laureati, molti di loro hanno conseguito lauree, master o dottorati
nelle più prestigiose università del mondo.
Nonostante l’Italia non abbia offerto loro prospettive occupazionali minimamente attraenti, quelle raccontate non
sono vicende di disperati, di ragazzi che hanno bussato a mille porte senza riuscire a trovare un lavoro decente. Sono
piuttosto le scelte di giovani che nulla hanno a che fare con lo stereotipo del “bamboccione”, del “mammone” che si fa
mantenere dai genitori fino a non verde età o del più recente “choosy-schizzinoso” di forneriana memoria.
Sono ragazzi che, molto spesso, seguendo una loro voglia di conoscere, scoprire, relazionarsi con un mondo che
gli è stato servito global, fin da giovanissimi, a 16 anni e anche prima, sono andati all’estero a imparare le lingue, a
studiare nei licei stranieri grazie a iniziative di scambio internazionale o in università estere sull’onda di Erasmus.
Spesso sono dei talenti, ragazzi molto intelligenti e brillanti aiutati nelle loro scelte da famiglie lungimiranti o da
provvidenziali borse di studio.
Sono gli ultracitati cervelli in fuga? La metafora non è gradita perché spersonalizza e non dà conto del profilo di
persone che hanno un nome e cognome, una storia familiare, una vicenda coraggiosa e avventurosa in giro per il
mondo.
Il loro atteggiamento, poi, non è di disprezzo o di rifiuto verso il paese d’origine, è invece molto pragmatico e
realistico. “Allo stato attuale non ci sono le condizioni per ritornare”, “In Italia non mi offrirebbero le chance di carriera
e le retribuzioni che oggi ottengo qui”, “In Italia non c’è meritocrazia, qui invece chi vale avanza, senza favoritismi e
raccomandazioni”. Sono solo alcune delle risposte che si ottengono quando si chiede loro cosa pensino
dell’eventualità del ritorno a casa
La fotografia della loro situazione di expatriate è un pezzo del puzzle di un’Italia che non riesce a dare fiducia ai
suoi giovani. Secondo l’Aire, l’anagrafe degli italiani all’estero, negli ultimi due anni l’emigrazione totale è schizzata in
su del 30,2%, passando dai 60.635 cittadini italiani espatriati nel 2011 ai 78.941 nel 2012. Un esodo che si è
concentrato (nel 44,8% dei casi) nella fascia d’età tra i 20 e i 40 anni. Con una rapida crescita dell’emigrazione
intellettuale. Secondo l’Istat, infatti, nel decennio 2001-2010 gli emigranti italiani senza alcun titolo di studio o con la
sola licenza media sono scesi da 29.343 a 24.734 unità, quelli diplomati da 13.679 a 8.535, mentre i laureati sono
quasi raddoppiati da 3.879 a 6.276.
Secondo l’osservatorio “Work in progress”, infine, la propensione ad emigrare dei nostri giovani è in crescita
preoccupante: due su tre sono disposti a vivere lontano pur di trovare lavoro e il 37% degli intervistati ha già inviato il
suo curriculum all’estero.
In questo quadro i neo emigranti intervistati nel libro, rimandano profili visti da vicino, immagini della realtà dei
giovani italiani all’estero riflessa in tempo reale. Prima di tutto sono originari di ogni parte d’Italia, anche se tra loro
prevale il Nord con il 50% dei casi. Ma è forte anche la presenza di chi proviene dal Sud, con il Centro che segue in
coda.
C’è poi un dato per molti inaspettato: le più disposte ad emigrare e a lanciarsi nell’avventura del lavoro all’estero
sono le donne. La schiera degli expatriate, infatti, vede una netta maggioranza femminile: 40 su 71, oltre il 56%. È un
segno significativo di come stanno cambiando le tendenze nella nostra società, rispetto ai tempi ormai lontani in cui gli
emigranti italiani erano quasi solo uomini e le donne semmai andavano al seguito con i bambini. Oggi le donne sono
in maggioranza perché le storie qui raccontate sono tutte di laureati e in Italia è ormai consolidata la prevalenza delle
lauree al femminile. Sembra però che le ragazze, una volta liberate le loro potenzialità e non più limitate dai timori
familiari, dimostrino più voglia di cambiare e più gusto del rischio dei loro coetanei maschi.
In termini geografici è l’Asia il continente che attira maggiormente, con la Cina che, più di otto volte su dieci, è la
terra asiatica più ambita. Anche gli Stati Uniti sono molto gettonati, con New York che esercita il maggior fascino
attrattivo.
In Europa, invece, la città che richiama di più è Londra, scelta spesso per il miraggio di una rapida carriera nella
finanza (settore che però, qualche volta, genera a posteriori decisi rifiuti).
Non pochi sono poi i “globetrotter”, i giramondo, quelli che hanno nel Dna il viaggio, il cambiamento, la vocazione
per carriere che non sono tali se non vengono costruite macinando chilometri, passando di Paese in Paese, imparando
nuove lingue (qualcuno ne conosce cinque o sei), confrontandosi con molteplici culture.
In crescita sensibile è la destinazione Oceania, soprattutto Australia ma anche Nuova Zelanda. L’identikit di chi
sceglie gli antipodi è quello di giovani con un particolare spirito di avventura e di scoperta, disposti a sottoporsi a
grandi fatiche e a superare ostacoli impegnativi pur di strappare sei mesi in più di visto di lavoro. E, sorpresa, gli audaci
che scelgono questa meta sono quasi sempre donne.
Non mancano anche un paio, come si diceva una volta, di “terzomondisti”, che hanno scelto di lavorare in
sostegno delle popolazioni africane. Mentre un solo giovane ha puntato sul lavoro in cantieri isolati nel deserto con
l’obiettivo di accelerare la carriera.
Dei 71 ragazzi di queste storie, poi, sono appena 7 i “rimpatriati”, quelli che ora sono tornati in Italia. Quasi
sempre l’hanno fatto controvoglia, perché si è esaurito il loro contratto all’estero o perché sono stati richiamati in
Patria dall’azienda per cui lavorano. Quasi mai il rientro è dovuto a un’offerta particolarmente allettante arrivata
dall’Italia.
Due giovani donne dell’Europa dell’Est hanno fatto il cammino inverso, vedendo nell’Italia la chance per un
lavoro di buon livello.
La ciliegina finale è la storia di due nostri expatriate che, come meta di “emigrazione” temporanea, hanno scelto la
più lontana che si possa immaginare: lo spazio extraterrestre.
A parte gli astronauti puntati a destini non certo comuni, lasciar “fuggire” tanti giovani è una leggerezza che costa
troppo al Paese. Basti ricordare che in Italia l’educazione di un ragazzo da 0 a 25 anni costa circa 400 mila euro, di cui
la metà è a carico dello Stato. Lasciar andare all’estero un giovane proprio quando, appena laureato, sarebbe nella
fase per restituire alla società l’investimento fatto su di lui, è disastroso. Tanto più se si tratta di un laureato o di un
ricercatore che approda a società estere. Si calcola infatti che ammonti a un miliardo di euro all’anno il danno
economico che l’Italia deve subire per i mancati introiti dai brevetti registrati dagli italiani all’estero.
Eppure molti vorrebbero tornare se solo l’Italia desse qualche garanzia in più e diventasse almeno un po’
concorrenziale con l’offerta estera. Come ci ricorda la nostalgica conclusione di uno di loro che oggi vive e lavora a
New York: “Ammetto che mi piacerebbe tornare in Italia, perché mi mancano famiglia, amici e … il mio cane, ma per
quanto mi riguarda i tempi non sono ancora maturi”.
Enzo Riboni
È partito con una laurea in matematica e ha anche insegnato nei licei e all’università. La sua passione, però, è
sempre stata la scrittura e il giornalismo. Free lance, ha cominciato con Il Manifesto, poi Il Mondo, Capital, Gente
Money e, dall’88, Corriere Della Sera, per il quale nel 2005 ha ideato le pagine Economia & Carriere (ora Trovolavoro)
pagine in cui, dal 2008, cura la Rubrica Giovani all’estero. È coautore di Lavoro in affitto (Zelig, 1999), tutto Lavoro
2002 (Etas), Letteratura per manager (Etas, 2008), Le aziende invisibili (Scheiwiller, 2008).
GRUPPO 1: I GLOBETROTTER
Francesco Caracuta
Oggi
Consulente in proprio, tra Dubai, Ginevra e il Qatar
Il pendolare degli arei low cost, però, nei suoi avanti e indietro evidentemente costruisce contatti, si fa la sua rete
di conoscenze professionali. Così, mentre continua l’esperienza con Oracle, arriva una chiamata interessante. “Sono
stato contattato direttamente da Liaison techcnologies, un’azienda che mi ha fatto un’offerta indeclinabile: diventare
responsabile Emea, cioè per Europa, Medio Oriente e Africa”. Un anno e mezzo e poi Francesco è di nuovo nel mirino
dei cacciatori di talenti, questa volta di una società che si muove nei financial services. “Era la Merrill Corporation, che
mi ha offerto un ruolo di direttore”. Ma con un nuovo cambiamento di residenza e con l’immancabile pendolarismo,
questa volta tra Inghilterra e Svizzera. “Risiedevo a Ginevra ma lavoravo a Londra”, chiarisce l’ex buttafuori che,
evidentemente, non ha sbagliato a giocare la carta del professionista giramondo, vista la sua rapida progressione di
carriera. Anche se l’irrequietezza non smette di premere: “Ora ho creato una società di consulenza per le aziende che
vogliono esportare in Medio Oriente e faccio la spola fra Dubai, Ginevra, Londra e Qatar”.
Damiano Giampaoli
Oggi
Il sogno avverato: a Tunisi ad occuparsi di migrazioni
E in effetti la sorte a non ha offerto a Damiano un’immediata prospettiva stabile, gli ha proposto anzi un nuovo
scorazzare per il mondo. “La fine del tirocinio alla Commissione Europea non ha marcato la fine della mia gavetta
professionale. In quel momento, infatti, mi sono reso conto di quanto, pur avendo collezionato alcune esperienze
interessanti, il settore delle relazioni internazionali metta in competizione migliaia di giovani estremamente qualificati
provenienti da tutto il mondo, a fronte di pochissimi posti offerti. E la sensazione deprimente è che le lingue
conosciute e i titoli acquisiti non bastino mai ”. Soprattutto perchè alcune occasioni professionali gli sfumano sotto il
naso all’ultimo momento, dal programma Jpo dell’Onu in Sudafrica al lavoro per una lobby tibetana. “Così, per
evitare di rimanere inattivo, sono tornato per qualche mese in Nepal, presso la Ong dove già avevo lavorato. Poi ho
accettato un ennesimo stage di sei mesi alle Nazioni Unite a Ginevra ”. Finito il quale Damiano riesce ad ottenere
un’offerta più stabile presso una piccola organizzazione internazionale in Grecia. “ Lì mi sono fatto le ossa per quasi
due anni, prima di trasferirmi a Tunisi dove lavoro tuttora, per l’Organizzazione internazionale per le Migrazioni. Per
me è un sogno avverato: il tema, l’istituzione e il paese rientrano appieno nei miei obiettivi e conto restarci fin quando
sarà possibile ”. E il ritorno in Italia ? “A un certo punto ci ho provato, per candidarmi a un dottorato alla Sapienza di
Roma, ma l’incompetenza e la maleducazione di chi ha risposto alle mie richieste di informazioni (essendomi laureato
all’estero avevo bisogno di chiarimenti per la partecipazione al concorso) mi hanno fatto desistere ”.
Carmine De Salvo
Oggi
Alla Banca Mondiale, tra il Messico e i Caraibi
Un’autoprofezia avverata, quella di Carmine, soprattutto perché l’esperienza di Zanzibar gli ha offerto nuove
chance per lavorare in altre parti del mondo. “Ora viaggio ancora più frequentemente di prima, almeno per una decina
di giorni al mese. In questo momento, per esempio, sto scrivendo dalla mia stanza d’albergo a Popayan, in Colombia,
dove stiamo cercando di coniugare la vocazione produttiva del progetto che sto seguendo con i tentativi del governo
colombiano di offrire inclusione sociale a popolazioni duramente colpite dalla violenza che ancora affligge il Paese,
soprattutto in zone come questa, il dipartimento del Cauca”. Carmine ha fatto il salto di qualità dopo aver lasciato
Zanzibar nel settembre del 2011: assunto, con sede a Washington, come Junior professional associate dalla Banca
Mondiale. “Lavoro nel dipartimento di Sviluppo sostenibile per l’America Latina e i Caraibi. Mi occupo di agricoltura e
sviluppo rurale e seguo cinque progetti, in Colombia, Messico, Perù, Giamaica e Panama. Sono programmi che si
occupano della competitività delle organizzazioni di piccoli produttori agricoli”.
Sara Borgiattino
Oggi
In Germania meglio che in Africa? Solo se ti assimili
Bruxelles, però, per Sara non è stata ancora la sede “definitiva”, quella in cui consolidare un inizio di carriera. “Per
motivi famigliari mi sono dovuta trasferire in Germania, lasciando così in sospeso, per il momento, possibili sviluppi
professionali a Bruxelles. Ora sto puntando su un nuovo corso di studi e su traduzioni per aziende e privati. Non è
esattamente la direzione lavorativa a cui aspiravo e che avevo imboccato con le mie esperienze in Africa e in Belgio. Ma
nei miei progetti è solo una situazione temporanea, credo infatti che le nuove qualifiche accademiche mi apriranno
ancora la strada del lavoro in ambito cultura e diritti umani”.
Anche se, secondo Sara, non è che la vita in una grande nazione europea sia così facile rispetto, per esempio, alle
esperienze africane. “La Germania offre ottime condizioni di vita, a patto di essere disposti e in grado di assimilarsi.
Suona un po’ duro, ma gli italiani, alla stregua di greci e spagnoli, sono visti come coinquilini esotici e sfortunati. La
perfetta conoscenza della lingua tedesca (senza accento) è la conditio sine qua non del trattamento alla pari”.
Alla fine, allora, lo zigzagare per il mondo è stata la scelta giusta? O era meglio insistere sull’Italia? “L’emigrazione
offre prospettive (non certezze) di crescita e realizzazione professionale in Italia difficilmente realizzabili, vuoi per una
staticità tipica nostrana, vuoi per un’infelice congiuntura politico-economica. E comunque non credo che la ricerca del
lavoro sia l’unico motore che spinge questa nostra generazione da un Paese all’altro. Infatti, per quanto l’Europa e le
sue istituzioni vengano perlopiù percepite come qualcosa di avulso e distante dal quotidiano, gli effetti
dell’integrazione europea ormai influiscono profondamente sulla socializzazione dei giovani europei. L’educazione,
poi, tende a internazionalizzarsi e così l’effetto finale è che i confini del proprio Paese diventano labili”.
Veronica Denti
Oggi
Stabile in Svizzera, ma con puntate in California
Dopo tanto correre da una parte all’altra del mondo, Veronica ha puntato tutto su una carriera interna alla
Novartis nel quartier generale di Basilea. Senza però rinunciare a viaggiare per lavoro. “Ho appena terminato un breve
corso accademico, il Futuremed, in California”. E accanto al lavoro profit, Veronica sta anche muovendosi su alcune
attività di volontariato. “Una delle principali è quella di coach e mentor per la Cherie Blair Foundation for Women”.
Chiara Carpenito
Oggi
Da San Francisco a Bogotà e poi il corso a Berkeley
Chiara vive ancora nella Bay Area a nord di San Francisco e tuttora lavora per l’agenzia americana “Chi”. Alla sua
“collezione” di globetrotter mancava ancora il Sudamerica. “Così”, spiega scherzosamente, “ho rimediato subito. Da
gennaio a maggio dell’anno scorso ho lavorato nell’ufficio di un’agenzia partner di Chi, la Smaller earth di Bogotà”.
Chiara si è occupata degli studenti colombiani che volevano partire per gli Usa con il programma di scambio culturale
J1. “È stato davvero interessante lavorare in un Paese di cui si sente parlare solo per droghe e sequestri, ma che invece
offre grandi opportunità ed è molto più avanzato di quanto mi immaginassi prima di conoscerlo”. Dopo la Colombia
ritorno a San Francisco di nuovo a lavorare con Chi. “E contemporaneamente ora sto frequentando un corso di
specializzazione in Business e marketing all’università di Berkley”. Cioè incredibilmente, vista la sua storia, vicino a
casa.
Vincenzo Belpiede
Oggi
La California come base. Ma Nokia proietta in tutto il mondo
Base San Diego e occhi su tutto il mondo. Il lavoro di Vincenzo ha preso la piega che più l’appassionava. “Lo
scorso novembre sono stato nominato Global business owner di App discovery per tutti i Nokia Windows Phone”. In
pratica si occupa di ciò che Nokia chiama “App Highlights”, che promuove le applicazioni su Windows phone in
tantissimi paesi del mondo. Un avanzamento che per Vincenzo è arrivato proprio grazie al suo girovagare per il mondo.
“Sono contentissimo perché credo che nell’ambito dell’industria delle telecomunicazioni ciò di cui mi occupo sia il
business più divertente, più pieno di giovani, che si muove alla velocita più elevata in assoluto e che, ogni giorno, apre
nuove strade a numerosissime opportunità”. Provare per credere ma, soprattutto, girare il mondo per confermare.
Daniela Gorza
Oggi
Pronta per una nuova avventura: consulente in Vietnam
Un oggi molto vicino a “ieri” per Daniela, che comunque ha già trovato l’occasione per puntare a una altra meta
nel mondo. “Da giugno andrò per tre mesi in Vietnam, a Ho Chi Min City, a lavorare per una società di consulenza, la
Dezan Shira & Associates, e a scrivere la tesi finale del mio master”. E a cercare nuove proposte in altre parti del
mondo?
Daniele Canu
Oggi
Pronto per mettersi in proprio, sul fiume delle Perle
In Cina c’era stato per poco più di un mese al tempo degli studi, ma dopo il biennio di esperienza in Pakistan quel
paese è tornato ad allettarlo, con un’offerta che ha rilanciato la sua vita professionale, iniziata da direttore commerciale
a soli 29 anni a Karachi. La città del suo nuovo lavoro è un verdeggiante centro industriale di un milione e mezzo di
abitanti nel delta del fiume delle Perle, il terzo della Cina per lunghezza. “Sono lì da quattro anni, assunto come
direttore generale della filiale locale di un’azienda leader nella componentistica gpl, la Cavagna group di Brescia. Oltre
all’inglese, francese e spagnolo che già conoscevo, ora parlo anche un discreto cinese e un po’ di portoghese”.
Spaesamento per il salto da una parte all’altra dell’Asia? Difficoltà di relazioni con i locali? “Assolutamente no, anzi, ho
costruito un rapporto di fiducia e rispetto con i miei colleghi cinesi, andiamo spesso a cena fuori insieme e qualche
volta al karaoke. L’unico problema è che di solito finiscono ubriachi troppo presto”. Un buon lavoro, dunque, e ottimi
rapporti, ma a Francesco sembra cominciare a pesare l’attività da dipendente. “Ho deciso, da maggio mi metto in
proprio. Aiuterò le aziende italiane del settore della meccanica e della siderurgia che vogliono espandersi nel mercato
cinese”.
Luca Verre
Oggi
Più responsabilità in Germania, ma sullo sfondo c’è la Svezia
Programma rispettato per Luca: dopo quasi quattro anni in Giappone a occuparsi di marketing è arrivata l’ora di
cambiare. Sempre all’estero, naturalmente. “Ancora nello stesso gruppo, Schneider Electric, ma con un passo avanti
nella carriera: all’inizio del 2011 mi hanno offerto la responsabilità per la strategia (definizione di nuovi prodotti,
acquisizioni, partnership) di una intera Business unit in Germania”. Inevitabile dunque il trasferimento, con moglie e
due figli piccoli, nei pressi di Francoforte.
Tutto a posto, dunque? Nuova e stabile vita borghese in una villetta unifamiliare? Non per Luca, che già pensa al
cambiamento e a nuovi spostamenti. “Intanto da settembre 2013 dovrei cominciare un Master in business
administration all’Insead di Fontainebleau vicino a Parigi. Poi valuterò alcune opzioni. La prima è di continuare a
lavorare in Schneider Electric in un ruolo più operativo ma con maggiori responsabilità manageriali”. Visto i precedenti
di irrequietezza, però, sembrano più probabili altre due alternative. “Una è di totale ribaltamento di industry: mi
piacerebbe lavorare in una società nonprofit su tematiche di sviluppo sostenibile, energy efficiency ed energy
management”. L’altra è la voglia di fare l’imprenditore. “Vorrei creare una start-up: ho un paio di idee da realizzare con
un mio amico del Politecnico post-doc dell’università di Orebro in Svezia”.
Simone Brunozzi
Oggi
Esperto “evangelista”, inviato di Amazon nella Silicon Valley
Due anni e mezzo in Cina sono stati una grande scuola per Simone, che ha incontrato una cultura e uno stile di
lavoro così lontani da quelli occidentali. “Per poi, da non molto, venir di nuovo rituffato nel centro dell’Occidente: nel
luglio del 2012 Amazon mi ha trasferito a San Francisco, come Senior technology Evangelist”. Teatro di lavoro la Silicon
Valley, il cuore della tecnologia informatica Usa. “Da quella sede mi occupo principalmente di startup proprio nella
Silicon Valley e a San Francisco”.
Stefania Welke e Andrea D’ippolito
Oggi
Un ufficio a Pechino per importare il made in Italy
Il ritorno in Europa, avvenuto puntualmente alla fine del 2010, non è però durato che poco più di un anno, fino a
quando è arrivato il risultato dell’indagine antidumping: la comunità europea ha chiuso le porte all’importazione di
materiale ceramico cinese. “Così, inevitabilmente, la Kito Ceramic Company ha deciso di ridurre gli investimenti in
Europa e ha interrotto il progetto di Parigi”, spiega Andrea. A quel punto i due coniugi cercano altri sbocchi
professionali nuovamente in Cina, offrendo qualcosa che in Europa non possiedono ancora in molti: una consolidata
esperienza maturata in quel paese. “Così – continua Andrea - ho proposto il mio nominativo e il mio profilo ad alcuni
cacciatori di teste specializzati. Il risultato è stato l’accordo con Aertecnica, un’importante azienda italiana leader nel
suo settore, per prendere le redini della filiale cinese con l’obiettivo di sviluppare ulteriormente il suo mercato”.
Viaggio a ritroso, dunque, ma questa volta con meta la capitale del grande paese asiatico. “Mi sono trasferito con la
famiglia a Pechino, dove ora ho un ufficio con 15 persone che importa sul mercato cinese un prodotto cento per cento
made in Italy”. Con un ulteriore progetto d’espansione: aprire una nuova sede a Guangzhou (Canton), che sarà il
punto di riferimento per il mercato del Sud. “Lavoro con una clientela che realizza progetti residenziali di lusso,
immobili per uffici e hotel”.
Elena Mannoni
Oggi
Dalle borse ai giocattoli, per l’Italia made in China
Ormai Elena è “cinese” da quasi cinque anni e per ora non sembra avere il ritorno in patria tra le sue prospettive.
“Sono ancora ad Hong Kong ma non lavoro più per Kinta. Appena dopo la pubblicazione della mia storia sul Corriere,
infatti, e già con l’idea di cambiare lavoro, mi si è presentata una nuova opportunità presso una grande azienda
italiana: Giochi Preziosi”. Così, nel luglio 2010, Elena diventa assistente di uno degli executive manager di Giochi
Preziosi H.K. Ltd. “Lo affianco nell’attività di supervisione dei team che seguono lo sviluppo dei giocattoli per la prima
infanzia, il maschile e l’elettronica”. Giocattoli che poi verranno spediti verso l’Italia e le filiali europee del gruppo.
Italia made in China, cioè.
Daniele Solari
Oggi
Da Pechino all’Italia: cammino inverso per businessmen locali
Da teenager era partito da Como verso la Cina e ora, poco più che trentenne, “mi faccio promotore del flusso
inverso: imprenditori cinesi in direzione dell’Italia”. Sì perché Daniele, ormai all’ottavo anno di vita a Shanghai, oggi è
Managing director di The Blenders Communications, che fa capo ad Alessandro Rosso, il maggior gruppo italiano nel
settore del marketing d’incentivazione, meeting ed eventi. “Mi occupo di organizzare viaggi d’affari e incentive per i
cinesi, oltre che di produrre eventi per multinazionali in Cina, da Swarovski a Nestlé ad altri”. Nel dicembre 2012, per
esempio, Daniele ha organizzato la più grande delegazione business cinese in Italia, formata da 80 aziende e
istituzioni. “Attualmente, poi, mi sto occupando dell’area Pubbliche relazioni di theMICAMshanghai, la principale fiera
mondiale della calzatura”.
Alice Laguardia
Oggi
Borsa di studio per il dottorato, grazie al governo cinese
L’oggi di Alice è molto vicino a “ieri”, perché dall’inizio del suo dottorato in Cina è passato solo poco più di un
anno. “Lo concluderò qui a Pechino solo nel giugno del 2015, un’opportunità che mi è stata data dal governo cinese
con la borsa di studio Chinese Government Scholarship”.
Ambra Avenia
Oggi
Dal ristorante al design, Ambra rilancia in Cina
In sei mesi dalla ristorazione al design. È il rapido cammino di Ambra a Shanghai. “Il mio contratto con il Sabatini/
Brown Sugar Group è terminato nel dicembre 2012. Nel gennaio successivo, però, ho trovato un nuovo lavoro, ancora
come Marketing manager ma presso la compagnia di design e lifestyle Ma.Design”. È un’azienda che si occupa di
progettazione, design e art decò per abitazioni private, uffici e spazi commerciali. “Il mio compito è di aiutare nella
gestione delle relazioni nel mercato internazionale”.
Arianna Gellini
Oggi
Da Sidney a Perth, continua il fascino dell’Australia
“Sì, sono ancora in Australia, ma 4 mila chilometri più a ovest”. Dopo tre anni dall’altra parte del mondo Sara è
ancora entusiasta della sua scelta, anche se non vive più a Manly Beach, una delle più belle spiagge del pianeta. “Ora
sono a Perth, per cambiare un’altra volta, spinta dalla voglia di vedere quella costa inesplorata”. La rinnovata sete
d’avventura è scattata alla fine di febbraio del 2012, quando il contratto di Sara con Billabong è terminato causa le
restrizioni del visto Working Holiday Visa , che permette di lavorare non più di sei mesi per lo stesso datore di lavoro.
“Inoltre la mia casa, vecchia ma con un giardino immenso e una vista da Mille e una notte, era destinata alla
demolizione. Così ho accolto l’invito di una mia amica di Perth e sono volata da lei”.
Due giorni dopo il suo arrivo Sara trova lavoro in un negozio di Prada come Sales manager. Poi però, mentre inizia
a studiare Marketing management, cambia e diventa Brand e Project manager per Amiracle, un nuovo brand made in
Italy nato appena cinque mesi prima. “Certo, il mio arrivo a Perth, è stato uno choc emotivo. È una città estremamente
diversa da Sydney, molto più tranquilla e isolata: per raggiungere il posto più vicino per un weekend fuori porta,
Margaret River, devi sobbarcarti 350 chilometri. A Perth le spiagge sono lunghe, l’oceano è totalmente diverso dal mare
tasmaniano, più freddo, e i continui allarmi “attenti allo squalo” non ti fanno certo sentire sicura quando fai il bagno
in quelle acque”. E per Sara non solo è cambiato il lavoro, ma anche lo stile di vita. “Non più la stravaganza delle
nottate di Sydney a Oxford street, niente più notti intere senza dormire: a Perth i locali restano aperti al massimo fino a
mezzanotte. Ma l’Australia è comunque un paese dove è bello vivere, è sicuro e sereno, le persone ti sorridono e ti
chiedono come stai anche se non ti conoscono”. E per far capire ai suoi coetanei che tipo di vita aspetta chi sceglie
l’Australia, Sara racconta altri particolari del quotidiano. “È il paese dove le amicizie sono internazionali e si fanno
solide in pochissimo tempo, dove avocado, tost e pepe diventano la tua colazione preferita, dove l’espresso viene
sostituito dal flat white di soya, dove la migliore pizza la fai con le tue mani e al ristorante vai solo per assaporare la
cucina asiatica (la più economica), dove la malinconia e il pensiero di casa ti rattristano spesso ma poi prendi la
bicicletta, vai davanti all’oceano e capisci che è qui che vuoi stare”. In conclusione, il consiglio per i giovani che cercano
lavoro all’estero è di puntare sull’Australia? “Beh, non in modo incondizionato. Bisogna sapere che qui non c’è
l’Eldorado, che non basta arrivare, e ne arrivano tanti di italiani, per diventare ricchi. Il grande boom, infatti, si sta
esaurendo”.
Francesca Mottola
Oggi
L’idea di un film e il master all’Australian College
Il progetto 11Eleven è andato avanti e, nel suo sviluppo, Francesca ha cambiato ruolo, diventando Post Producer
con il compito di coordinare montaggio e finalizzazione di un film, uscito come indipendente nelle sale l’undici
novembre del 2012.
“Terminato quel lavoro ho deciso di dedicarmi, ancora a Sydney, a un mio progetto personale, sempre per la
realizzazione di un film e di prendermi un periodo di pausa”. Uno stop solo dal lavoro dipendente, visto che Francesca
ora si è anche iscritta a un master, l’Advance Diploma in Marketing , dell’Australian Pacific College di Sydney. “Finirò
nell’agosto del 2014, poi vedrò cosa fare”.
Giuseppe Vestrucci
Oggi
A breve il visto permanente, ma l’economia rallenta
La difficoltà, in Australia, è di ottenere un visto permanente e su questo Giuseppe sta concentrandosi poiché la
sua carriera “progettata” nel 2010 ora sta procedendo. “A settembre del 2012 ho cambiato impiego: ora lavoro ancora
a Perth ma con WB-Woods Bagot, lo studio di architettura più grande di questo continente. Il passaggio non è stato
semplice per via dei visti, per questo sto preparando i documenti per ottenere il visto permanente che mi permetterà di
avere la residenza e non dover esser legato ad uno sponsor per restare qui”. Giuseppe si occupa ancora del design e
dello sviluppo degli high-rise e dal Natale 2012 è impegnato full-time nell’Aereoporto internazionale di Perth, che WB
sta riprogettando e ampliando per conto del governo del Western Australia.
Giuseppe però segnala che la situazione non è più vivacissima come qualche tempo fa. “L’economia ha avuto un
rallentamento, a fine agosto 2012, che si è protratto fino a quando ci sono state le elezioni di stato che hanno
riconfermato la vittoria dei Liberal. Ciò dovrebbe garantire una continuità con le politiche precedenti permettendo,
spero, una riattivazione del mercato”. Nonostante la frenata, però, l’immigrazione di talenti continua. “Vedo arrivare
sempre più persone di tutte le età, ma la netta maggioranza è di giovani decisamente under 30”.
Elisa Chieno
Oggi
Consulenza o marketing, i progetti neozelandesi di Elisa
Evidentemente per Elisa l’aria della Nuova Zelanda è diventata familiare e la voglia di scommettere su quel paese
non si è ancora esaurita. “Lo stage alla Camera di Commercio italiana in Nuova Zelanda si è concluso a fine dicembre
del 2012, ma da gennaio l’internship si è trasformata in un contratto di consulenza”. Ma i progetti neozelandesi di
Elisa non si fermano ad una propaggine italiana all’estero e spaziano verso il “mare aperto” del mercato del lavoro. “Il
mio progetto è di trovare, entro giugno, un impiego nel settore del marketing o, ancora, della consulenza”. E, viste le
premesse, per lei non dovrebbe essere una meta difficile da raggiungere.
Alessandra Alessio
Oggi
Alla Banca Africana, per aiutare il nuovo corso tunisino
Emanuele, appena passato da una grande organizzazione, la World Bank, alla più piccola Banca Africana di
sviluppo, trova occasioni di lavoro ancor più stimolanti. Il suo ruolo: esperto di governance, incaricato di un
promuovere la lotta contro la corruzione. “Inoltre dovevo occuparmi del miglioramento del clima d’investimento in
Mozambico e Tanzania, oltre che di aiutare le Seychelles con un programma di sostegno alla bilancia dei pagamenti
che, alla fine, ha permesso al paese di pagare la salatissima fattura energetica e di rilanciare l’economia ”.
Un risultato che lo fa promuovere al dipartimento dell’Africa del Nord per aiutare la ricapitalizzazione della Banca
Africana. Nel gennaio 2011, poi, appena cominciato ad occuparsi della Tunisia come economista specializzato su quel
Paese, vive in diretta la nascente rivoluzione. “Abitavo a due passi dal palazzo presidenziale e così sono diventato
osservatore e, grazie al mio lavoro, protagonista della nuova Tunisia ”. E alla fine, assieme alla moglie e con una rete di
amici, artisti, blogger e giornalisti, scrive un libro che racchiude i suoi ricordi e racconta i 30 giorni della rivoluzione :
Non ho più paura.
Martina Starace
Oggi
La scelta africana che forma e gratifica
La scelta di lavoro di Martina continua ad essere tutta puntata sul versante della solidarietà, a Lira in Uganda. Così
la sua attività, che non permette certo lauti guadagni, dona però molta gratificazione. “E anche un notevole
insegnamento professionale per il settore in cui sto operando e voglio operare nel futuro”.
Graziano Bevilacqua
Oggi
Lavoro isolato ma grandi opportunità professionali
Il suo contratto con Saipem è ancora in corso e Graziano continua a vedere in quell’azienda un’ottima occasione
di sviluppo professionale. “Certo vivere in un campo in pieno deserto non è facilissimo, ma questa mi sta dando una
grandissima opportunità, come la sta dando a tanti altri giovani come me”.
GRUPPO 5: I FAN DELLA GRANDE MELA
Simone Iacopini
Oggi
“Resto perché qui vince la meritocrazia, non le raccomandazioni”
“Molti non sanno che vivere negli Stati Uniti è legato all’avere un visto che permetta di lavorare per un lungo
periodo di tempo. Proprio per questo io ho vissuto con grande ansia gli ultimi mesi con Lis Neris, per la paura di
perdere il visto e di dover rientrare in Italia”. Sì perché Simone non aveva e non ha nessuna intenzione di rientrare,
tanto più che il suo lavoro di diffusione dei vini italiani ancora lo appassiona molto. “Ho lavorato per Lis Neris fine a
Marzo 2011. È stata un’esperienza assolutamente positiva che mi ha fatto acquisire un know-how generale di
conoscenze nel mondo della ristorazione locale”. C’era però un “ma”, che secondo Simone bloccava la sua carriera.
“Vendere un solo vino a Manhattan è molto difficile. Quando un ristorante ha assaggiato i tuoi vini vorrebbe ricevere
altre proposte. Io però avevo un portafoglio di soli vini friulani e così non potevo espandere le mie vendite”.
Era l’Aprile del 2011 e a quel punto Simone prende una decisione: cercare un’opportunità di lavoro che offra
migliori prospettive di sviluppo. “E da quel momento la mia vita lavorativa a New York è mutata grazie all’offerta di
impiego di Vias Imports, un grosso importatore e distributore di vini, soprattutto italiani, con una consolidata
tradizione nel mercato newyorkese e di tutti gli Stati Uniti”. Un lavoro che ha portato con sé anche un grande
cambiamento che Simone aspetta va da tempo. “Grazie a Vias che mi ha sponsorizzato per il visto sono diventato
‘legale’ al cento per cento. Ora, poi, lavoro con un portafoglio ricco di grandi vini di qualità, così posso offrire ai miei
clienti dal prosecco ai vini bianchi, rossi e dolci di tutte le regioni d’Italia oltre che altri vini esteri”. Progetti di rientro in
patria? “Ho fatto molti sacrifici che ora stanno pagando, per questo non tornerei mai indietro. Mi dispiace essere
arrivato a questa conclusione, ma le opportunità che offrono gli Stati Uniti credo siano impensabili in questo momento
in Italia. Qui vince sempre la meritocrazia, non le conoscenze e le raccomandazioni”.
Graziano Casale
Oggi
Carriera in crescita, con teatro di lavoro tutti gli States
Una “avventura lavorativa” era stata la definizione di Graziano riguardo la sua scelta, quando aveva dovuto
decidere in tempo reale se partire per New York. Ora quell’avventura si è trasformata in un’attività consolidata e, da
pochissimo, ha portato anche a un avanzamento di carriera e ad un aumento di responsabilità.
“Ho appena lasciato il vecchio lavoro e sono diventato, sempre qui nella Grande Mela, Account manager per il
mercato americano dei trasmettitori broadcasting, per l’azienda multinazionale tedesca Rohde & Schwarz”. Con la
probabile prospettiva di frequenti spostamenti, visto che Graziano avrà come territorio di lavoro tutti gli Stati Uniti.
Paolo Dal Gallo
Oggi
“A New York si lavora, s’impara, si guadagna”. Ma le ferie sono poche
Paolo è sempre più convinto della sua scelta di “emigrante” a New York. “Perché la realtà americana è ancora
molto attraente. Si può lavorare imparando moltissimo, si respira un’aria di ampia apertura mentale e si vive la parola
meritocrazia non come una semplice voce del vocabolario come in Italia. Qui se vali cresci e se cresci guadagni”. E per
lui la crescita è arrivata dal cambiamento, dopo l’impiego a scadenza alla Lis Neris. “Ora lavoro per Casa Vinicola
Zonin e sono focalizzato sul canale horeca (wine bar, ristoranti e club) dove propongo ai buyer e wine director i nostri
vini d’eccellenza. Mi occupo anche di eventi e fiere”.
Il settore “food” e vini, negli Usa, cerca ancora molto la qualità dei produttori italiani e chi arriva lì, come conferma
Paolo, se si impegna ha molte probabilità di riuscire. “Ho conosciuto tanti italiani che sono arrivati 10-15 anni fa senza
saper parlare una parola di inglese. Hanno cominciato come BusBoy cioè come camerieri che sparecchiano i tavoli e
portano le pietanze. Poi molti sono rapidamente cresciuti, diventando commandant, manager, wine director, buyer, e
oggi magari possiedono anche due o tre ristoranti”.
Un altro plus che un giovane “expatriate” trova a New York è quello delle retribuzioni. “Gli stipendi sono più alti e
una spesa che in Italia può sembrare importante - un nuovo computer piuttosto che un piccolo viaggio in aereo - qui è
molto più alla portata di tutti”. Anche se però il tempo libero dal lavoro è più limitato perché non ci sono le lunghe
ferie italiane. “Qui un lavoratore ha diritto a due settimane di ferie all’anno per i primi cinque anni presso un’azienda,
che poi diventano tre settimane fino al decimo anno e infine quattro quando si è alla soglia della pensione”.
Quindi Stati Uniti for ever? “Ammetto che mi piacerebbe tornare in Italia, perché mi mancano famiglia, amici e … il
mio cane, ma per quanto mi riguarda i tempi non sono ancora maturi”.
Leonardo Auricchio
Oggi
Consulente e partner, dal vecchio grattacielo di New York
Da “inviato speciale” di Barabino & Partners a responsabile e partner dell’ufficio Usa a New York. “Dopo lo
startup abbiamo appena chiuso il primo anno completo di attività e stiamo crescendo secondo le aspettative grazie alla
consulenza per diverse aziende italiane che operano sul mercato statunitense”. Per metterla come nei film sui
businessmen americani, ci si può immaginare Leonardo, giovane Ceo, che “domina” Manhattan dalle finestre di un
grattacielo. Un’immagine vera solo per la posizione e non certo per l’arroganza: “Il nostro ufficio è al 595 Madison
Avenue, al 14mo piano del Fuller Building”.
Andrea Forte
Oggi
“Gli Usa insegnano che tutto si può fare, a qualunque età”
Andrea vive ancora a New York e ancora lavora alla At&t, ma con la speranza di tornare in Italia. “Sto percorrendo
il cammino al contrario, prima mi sono costruito una carriera nella ricerca in America e ora comincio un dottorato in
Ingegneria dell’informazione presso l’università di Parma. Senza comunque lasciare gli Usa”. Un po’ tardi per un
dottorato? “Per la mentalità italiana forse, ma io ormai penso all’americana: gli Stati Uniti ti insegnano che non c’è
un’età prestabilita per ogni cosa, ma che tutto si può fare a qualunque età”. Obiettivo? “Spero che il dottorato mi aiuti,
un giorno, a riavvicinarmi all’Italia”.
Francesco Tronci
Oggi
Sempre alla Barclays, a realizzare fusioni e acquisizioni
La Barclays di New York è tutt’ora il luogo di lavoro di Francesco e lì si è recentemente occupato di fusioni,
acquisizioni e partnership tra imprese per un valore superiore ai cinque miliardi di dollari. Ma la novità è un’altra e
riguarda i “Master in business administration” made in Usa. “Nell’ultimo anno sto dedicando parecchio tempo libero
alla mia attività di Segretario generale di Nova-Mba, l’Associazione degli Mba Italiani negli Stati Uniti, carica a cui sono
stato eletto nel 2012”.
Piero Armenti
Oggi
Dagli Usa a Manila, per il programma “Giovani talenti”
L’impiego in Banca Mondiale, per Martina ha avuto luci ed ombre. “Si è concluso dopo solo nove mesi ed è stata
un’esperienza interessante perché mi ha fatto capire come lavora una banca dello sviluppo. Il contenuto del mio
specifico lavoro, però, si è rivelato piuttosto deludente, perché era troppo focalizzato su un pezzo ristretto di ricerca
nell’ambito del disaster risk management”. Martina si è così buttata alla caccia di un’alternativa, che è arrivata
rispolverando un contatto che aveva realizzato durante la ricerca del lavoro che la portò in World Bank. “Era una
piccola società di consulenza, altamente specializzata in finanziamenti d’infrastrutture, in particolare acqua ed
elettricità. Così, ad Ottobre 2009, ho iniziato a lavorare per loro ed i miei clienti principali, guarda caso, sono stati
proprio la Banca Mondiale e l’International Finance Corporation”.
Dopo due anni, però, Martina sceglie un ulteriore, drastico cambiamento di vita. “Ho lasciato Washington Dc per
un lavoro basato a Manila nelle Filippine, dove l’Adb, Asian Development Bank, ha il suo quartier generale”. Adb è una
“world bank” che opera su scala regionale, in particolare in Asia e Pacifico, e Martina è stata assunta come esperta del
settore energia grazie al programma Young Professional , che recluta giovani talenti e li posiziona all’interno della
banca per creare i futuri manager dell’organizzazione. “È un lavoro estremamente interessante, anche se a tratti
faticoso: da Dicembre 2011 a Dicembre 2012 ho viaggiato per 97 giorni, soprattutto nell’area Pacifico”. Il programma
in cui è inserita Martina finirà però ad Ottobre 2013. E poi? “Non ho ancora scelto cosa fare dopo, una possibile
opzione è restare a Manila nella mia divisione”.
Giovanni Marenco
Oggi
Imprenditore nel turismo di lusso, ma con sede in Brasile
Un buon impiego nel gruppo Fiat, ma per Giovanni la soddisfazione non dura tantissimo.
Eppure, dopo l’incarico di project manager sempre con base in Francia, per quasi due anni ricopre la posizione di
responsabile acquisti di alcune tipologie di prodotti, per la divisione ricambi di Cnh. “A causa della crisi economica
sempre più incisiva nel settore dell’automotive, più passava il tempo e più mi convincevo che sarebbe stato molto
meglio proseguire la mia carriera fuori dall’Europa”. Così Giovanni si mette alla caccia di un nuovo impiego e, dopo
varie ricerche, viene assunto dalla Tim in Brasile. “Era il Maggio del 2011 e, da quel momento, per un anno e mezzo ho
lavorato come Supply chain strategies manager”.
Tutto bene, dunque? Era arrivato il momento di stabilizzarsi? Non per Giovanni, che ancora una volta “ribalta il
tavolo” della sua carriera. “Dopo una lunga riflessione, infatti, mi sono reso conto che non mi andava più di fare il
dipendente di una grande azienda: volevo creare qualcosa di mio”. Ecco allora nascere un progetto che, per ora, è
ancora in fase di sviluppo: mettere in piedi un’azienda specializzata nel turismo di lusso. “E così sto percorrendo gran
parte dell’America Latina, dal Cile all’Argentina al Brasile, alla ricerca di luoghi e strutture speciali, tra cui hotel e
ristoranti”.
Carla Benassi
Oggi
Aprire un’agenzia di viaggi? Magari dopo il “golden birthday”
Carla ormai è stabilizzata in California a Thousand Oaks, tanto più che lì si è anche sposata con un
italoamericano. Ma per fine giugno del 2013 ha in programma qualche settimana di ritorno in patria. “Compirò 30
anni il 30 Giugno e quindi festeggerò in Italia quello che qui in America si chiama golden birthday, quando cioè il
giorno del compleanno e il numero degli anni coincidono. Poi andremo in Sicilia, a visitare le radici della famiglia di
mio marito”.
La puntata in Italia, tuttavia, non spegne l’entusiasmo di Carla per la sua vita negli States che, lavorativamente, è
cambiata rispetto al 2010. “Dopo cinque anni ho lasciato il ruolo di marketing manager alla Servoy e ho cambiato
completamente settore: sono diventata la manager di un negozio di arredamento della catena ‘Urban Home’. È un
lavoro che adoro, è bello parlare con le persone e mi fa piacere quando notano il mio accento e mi chiedono della mia
provenienza. Io così parlo dell’Italia e spesso do qualche consiglio sulle città e i luoghi più belli da visitare a chi
programma una vacanza italiana”. Con un’idea che sembra affacciarsi nella sua mente. “Chissà che il mio prossimo
lavoro non sarà proprio quello di aprire un’agenzia viaggi o di rappresentare gli hotel italiani qui in California”.
Lorenzo Migliavacca
Oggi
Da venditore d’auto a business manager, aiutando i giovani italiani
Conclusa l’esperienza in ambito discografico alla Concetta Corporation, Lorenzo, forte del suo Mba, è riuscito a
trovare un impiego che lo sta soddisfacendo. “Sto lavorando presso AutoNation, la più grande auto retailer del
mondo”. Un’attività che, nonostante la sua preparazione generale, ha richiesto ancora un’ulteriore formazione. “Dopo
otto mesi come venditore sto per finire il corso per diventare Business Manager”.
Anche il progetto per aiutare studenti italiani a conquistare borse di studio si sta muovendo. “Sports Academics,
l’agenzia che abbiamo creato per reclutare giovani talenti sportivi italiani e trovare borse in America, sta procedendo
bene, anche se lentamente. Il primo anno di business abbiamo ‘piazzato’ quattro giocatori, tutti in Florida, alla Nsu-
Nova Southeastern University. Ora, a metà del secondo anno di attività, stiamo lavorando per trovare scolarship ad altri
quattro ragazzi”.
Carolyn Puliti Picchi
Oggi
Alla caccia di una nuova occasione, nonostante la frattura
L’incidente in Nicaragua ha temporaneamente stoppato la carriera di Carolyn, costretta per lunghi mesi a
un’immobilità che durerà ancora un po' di tempo. “Sì, purtroppo sto ancora recuperando le conseguenze della
frattura al piatto tibiale”. Lo stop tuttavia non fermerà la possibilità di trovare un lavoro vista la preparazione e
l’esperienza accumulate. “Pur nello stallo della convalescenza mi sto dando da fare stabilendo contatti via Internet e
presentando domande di lavoro. Spero che una nuova occasione si presenti presto”.
GRUPPO 7: SEDOTTI DALLA CITY
Yannick Roux
Oggi
Marcia indietro verso la finanza … ma digitale
A 25 anni un’idea imprenditoriale può anche fallire in pochi mesi senza che l’ideatore se ne disperi troppo. È così
che Yannick, dopo aver sognato l’abbandono del mondo “triturante” della finanza, alla fine ha fatto ritorno al punto di
partenza. “La nostra esperienza con Likebees si è conclusa nell’estate del 2010. Ci siamo resi conto molto presto che il
modello di business ‘alla Groupon’ non era sostenibile nel lungo termine, così abbiamo preferito staccare la spina
invece che intestardirci. Siamo riusciti anche a rivendere la tecnologia e il brand, recuperando il capitale investito”.
Fallimento frustrante? “No, anzi, è stata un esperienza molto formativa, perché fallire non è bello ma riconoscere e
ammettere i propri errori è una leva per riuscire meglio nel futuro”. Abbandonato Likebees, Yannick ha subito trovato
un impiego con Forward Internet group. “È una holding a capitale privato, una delle realtà più innovative nel settore
digitale/internet. Mi occupo della parte di investimenti in tre aree: acquisizioni, investimenti di minoranza e incubazioni
di nuovi progetti”.
Federico Mossa
Oggi
Finanza addio per sempre: la musica è il nuovo business
Il divorzio con la finanza, per Federico, è stata una cosa seria e, molto probabilmente, definitiva. Viceversa
l’innamoramento per il mondo della musica sembra destinato a reggere a lungo, visto i progressi della sua carriera
londinese. “Lavoro sempre per la Universal Music ma ho già cambiato ruolo un paio di volte. Già dall’inizio del 2011
ho raggiunto la posizione di Commercial affairs analyst nella divisione International. Un anno e mezzo dopo sono
diventato Commercial manager per la divisione Uk”. Un lavoro di soddisfazione? “Molto. Tra le varie cose ho lavorato
al dossier per ottenere l’approvazione della Commissione Europea all’acquisizione di EMI da parte di Universal.
Ora invece mi occupo della negoziazione e modelling di tutti i deals di distribuzione digitale della musica nel
Regno Unito”.
Mariasole Paduos
Oggi
Convinta dalle risorse umane, ma nel modello inglese
Le risorse umane made in Uk, evidentemente, continuano tuttora a convincere Mariasole, che non ha quindi
nessuna idea di rientro in Italia. Tanto più che, da pochi mesi, è diventata mamma con un marito inglese. “Vivo ancora
a Milton Keynes, a meno di un’ora da Londra, e lavoro sempre per la stessa azienda, anche se ora ho un nuovo ruolo:
hour manager”.
Silvia Rossi
Oggi
“Un bel lavoro che mi permette di viaggiare per l’Europa”
Per ora la domanda che Silvia s’era posta – “tornare ma con che lavoro?” – non ha avuto una risposta italiana
positiva. Così la sua esperienza inglese sta procedendo, e con soddisfazione. “Sono sempre alla Cranfield, per la quale
ho anche iniziato a insegnare humanitarian logistics. È un’attività che, tra l’altro, ha anche molte occasioni di
trasferimento all’estero: ho viaggiato per l’Europa presentando le nostre ricerche a diverse conferenze per manager, ad
Amsterdam e Bruxelles, per esempio”.
Davide Pu
Oggi
Obiettivo trasporto aereo, perseguito con un master in Virgina
Obiettivo Stati Uniti subito centrato da Davide: in questo momento si trova in Virginia. “Le Olimpiadi sono state
un’esperienza magnifica, ho imparato tanto e allo stesso tempo lavorato molto. Con la fine del mio contratto, però, ho
deciso di non continuare a lavorare, perché credo che al momento sia meglio investire nella formazione, per avere
maggiori opportunità in futuro”. Ora Davide sta studiando nel Master in Ingegneria dei trasporti presso l’università
Virginia Tech. “Per coprire le spese sono riuscito a conquistare una borsa di studio parziale come Assistente ricercatore
nel laboratorio di trasporto aereo, proprio il settore in cui vorrei specializzarmi”. Prospettive di ritorno in Italia? “Poche,
visto ciò che leggo quotidianamente sui giornali”.
Anita Da Ros
Oggi
Continua la carriera accademica, tra l’Olanda e il Belgio
Mariolina è ormai consolidata nella carriera accademica, una strada che ha scelto di percorrere nei Paesi Bassi, con
l’Italia sempre più lontana. “Sono sempre all’università di Maastricht e in più, da un anno a questa parte, lavoro anche
part time a Bruxelles per una società che fa ricerca per le istituzioni europee. É un modo interessante per
complementare la visione accademica del diritto europeo: mi consente di vedere da vicino il policy-making e di fornire
opinioni e analisi”.
Silvia Zolfanelli
Oggi
E con il terzo figlio arrivano le mansioni da supervisor
Chissà se per Silvia si ripeterà l’impensabile (in Italia): una promozione durante la maternità. Volendo fare una
battuta forse è proprio questa la ragione per cui lei, per la terza volta, si trova in quella condizione. “Sono in maternità
per il mio terzo figlio dopo che ho continuato a lavorare come team leader alla VMware”. Anche se non in modo
ufficiale, comunque, una promozione effettiva di mansioni Silvia l’aveva già avuta prima di quest’ultima interruzione
del lavoro e sempre a causa di una maternità, anche se questa volta non la sua. “Sebbene formalmente la mia
posizione professionale sia rimasta la stessa, per quasi un anno ho svolto il ruolo di supervisor per coprire la
maternità della mia Supervisor, con il conseguente incremento di mansioni, aumento di stipendio e maggior
concentrazione sulla gestione delle persone”.
Liberatore Raspa
Oggi
Budapest: uno scivolo per accelerare la carriera
Ancora a Budapest, ma non più in Ibm. Liberatore ha cambiato azienda ed ha assunto una posizione professionale
di livello più elevato. “Da meno di un anno ricopro il ruolo di “Regional Manager - Italia e Spagna in Agoda.com,
azienda leader in Asia nel settore delle prenotazioni alberghiere online”. Un altro risultato di successo per chi ha scelto
l’estero come scivolo per accelerare nella carriera.
Chiara Pascarella
Oggi
La sua azienda cresce. “Io? Un’opinionista dello show business”
Chiara ha sviluppato ulteriormente la sua attività imprenditoriale con la società che ha fondato, la Dasìyes.
“Abbiamo ancora tre divisioni, ma la prima non si occupa più solo di eventi, è diventata una società di pubbliche
relazioni a 360 gradi”. Chiara, poi, ha acquisito notorietà a Mosca, “Grazie alla divisione nightlife che è diventata un
brand notissimo della notte moscovita”. Al punto che lei si autodefinisce “opinionista dello show business” e
“personaggio della notte”. “L’8 Dicembre, poi, verrò nominata Direttore promozione e sviluppo delle Pmi italiane in
Russia e, di conseguenza, membro del direttivo di Confindustria Russia”.
Luisa Laureti
Oggi
Pronta a trasferirsi a Marsiglia, per combattere il cancro
La carriera di ricercatrice di Luisa ha segnato tappe significative, al punto che due articoli scientifici sui risultati
delle ricerche a cui ha partecipato sono stati recentemente pubblicati sulle riviste DNA repair e Nature Comunication.
“Fino al maggio di quest’anno continuerò le ricerche su Escherichia coli e sui meccanismi responsabili
dell’apparizione di mutazioni spontanee e indotte dall’esposizione ad antibiotici”. Un’attività svolta presso il
laboratorio di genetica medica ed evolutiva dell’università René Descartes di Parigi. “Da giugno, però, cambia tutto:
inizio un nuovo contratto come ricercatrice presso il centro di cancerologia di Marsiglia, per indagare i meccanismi di
riparazione delle mutazioni”.
Federica Malinverni
Oggi
Studiando euskara, per insegnare ai bambini baschi
Federica continua a puntare al suo obiettivo di lavoro nell’ambito della cooperazione. “Continuo a dar lezioni di
inglese e italiano e sto cercando di studiare euskera, perché nei Paesi Baschi il bilinguismo è molto forte, in particolar
modo per quanto riguarda l’istruzione. Così penso di poter accedere più facilmente al settore dell’educazione
infantile”.
Christian Maffeo
Oggi
Nella capitale Ceca, a gestire nuovi marchi della birra
La scelta della bellissima città ceca a Christian sta portando fortuna. “Oltre a Peroni Nastro Azzurro m’hanno dato
anche la gestione del marchio Miller”. Prospettive? “Sto valutando un mio possibile spostamento all’interno del
gruppo SabMiller”.
Fabio Meloni
Oggi
A Zurigo per coordinare le assunzioni e valutare le performance
La previsione di Silvia sulle opportunità professionali zurighesi si è poi puntualmente avverata. “Sempre a Zurigo,
dal dicembre del 2011, lavoro come Junior project manager ed HR coordinator presso Rothschild Bank”. Una
progressione di carriera facilitata anche dalla sua attività precedente che le aveva creato contatti nell’area finanza. “Ora
le mie responsabilità sono cresciute. Mi occupo di coordinare le assunzioni in Svizzera e del processo di valutazione
delle performance annuali di tutti i dipendenti della divisione Wealth management & Trust in ogni sede della banca:
Svizzera, Hong Kong, Singapore, Germania, Guernsey”. Con in più un altro compito a volte non piacevole: la stesura
del budget legato alle variazioni nel personale. Che è come dire assunzioni e licenziamenti.
Alessia Schiavon
Oggi
Alla Consob svizzera, unica traduttrice in italiano
Forse il progresso non è venuto solo dall’asso della lingua russa e hanno ben giocato anche i re e le regine del
tedesco e del francese, fatto sta che Alessia ora ha cambiato datore di lavoro e ha migliorato la sua professionalità.
“Sono passata alla Finma, l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari, per intenderci, la Consob svizzera.
Traduco fondamentalmente dal tedesco, un po’ dal francese e qualcosa dal russo”. Cosa è cambiato allora
professionalmente? “Soprattutto l’aumentata autonomia e poi la posta in gioco: nella Finma sono l’unica traduttrice
in-house per l’italiano”. Quindi la responsabilità del risultato è solo sua nel tradurre comunicati stampa, rapporti,
leggi, ordinanze, circolari. “E non da ultima la corrispondenza. Curo anche una base dati terminologica per l’italiano
che raccoglie termini significativi per il settore bancario, finanziario e assicurativo”. E per non “oziare” troppo dopo il
lavoro istituzionale, Alessia si dedica anche alla traduzione in libera professione. Il prossimo obiettivo? “Diventare capo
di un servizio linguistico italofono”.
Giancarlo Porta
Oggi
Lugano, quasi Italia, ma con responsabilità tutte asiatiche
La scelta dell’estero, pur se “limitrofo”, ha confermato l’ipotesi di Giancarlo sulla progressione di carriera
accelerata rispetto all’Italia. “Sono ancora a Lugano alla Refarmed Chemicals ma il mio lavoro ha segnato progressi
operativi sostanziali: sono diventato responsabile di tutto il Fareast asiatico e, prossimamente, anche dell’area Asean,
quella del Sudeast asiatico”. Insomma, anche solo dalla Svizzera italiana l’espatrio sembra pagare, visto che Giancarlo
sta diventando un super esperto delle aree asiatiche, una competenza molto spendibile sul mercato del lavoro: “Sono
anche responsabile e coordinatore dei progetti di ricerca e sviluppo delle nostre fabbriche con il target finale asiatico”.
Serena Speroni
Oggi
“Giovani, migliorate le conoscenze impegnatevi nel lavoro”
Dal mondo della finanza alla galassia dell’associazionismo non profit, è il cammino di Serena che parte da
Francoforte e arriva al Canton Ticino. “Al Dow Jones ho lavorato per un anno e mezzo. È stata un’esperienza
altamente formativa e determinante per la mia carriera, anche se poi, per motivi personali, ho deciso di interrompere la
mia collaborazione”. A quel punto, però, Serena aveva acquisito buone competenze nelle aree del marketing, degli
eventi e della comunicazione. Ed aveva un altro plus : l’approfondita conoscenza dell’inglese, del francese e del
tedesco. “Così mi sono un po’ più avvicinata all’Italia, perchè ho subito trovato un’altra occupazione in Svizzera, a
Lugano, dove vivo e lavoro ormai da tre anni ”. Serena è Communications coordinator alla Esmo, European society for
medical oncology, la principale organizzazione professionale europea che riunisce 7 mila professionisti di 120 paesi.
La mission è quella di far progredire la specialità dell’oncologia medica e di promuovere un approccio
multidisciplinare al trattamento e alla cura del cancro. “Quando sento parlare delle difficoltà che incontrano i miei
coetanei italiani nella ricerca di un lavoro, mi rendo conto di essere stata molto fortunata nella mia carriera. Ma non si
può imputare tutto il successo alla fortuna. Il consiglio che mi sento di dare, dunque, è che ci vuole un impegno
costante nel cercare di ampliare le proprie conoscenze e nel migliorarsi professionalmente. Dal canto mio continuo a
frequentare corsi di formazione nel settore comunicazione, grazie anche al supportato economico della mia società.
Inoltre al momento sono iscritta a un corso di tedesco professionale”.
Nicole Pingitore
Oggi
Dagli alberghi alla consulenza per le imprese nascenti
La passione per gli hotel di Nicole, una volta tornata in Europa e nella sua crisi, ha dovuto cedere il passo al
realismo e alla ricerca di altre opportunità, in particolare nel management e nella finanza, per trovare un impiego. E il
risultato è stato migliore delle aspettative. “Ho conseguito la mia doppia laurea alla Kendall College University di
Chicago in anticipo di tre mesi e così mi sono messa subito alla ricerca di un lavoro. Una ricerca non breve ma che alla
fine mi ha portato in una posizione che mi permette di sfruttare a 360 gradi le mie capacità, oltre che di imparare
moltissimo”. E il luogo di lavoro, alla fine, è stato quello che già fu della sua formazione, la Svizzera, ma questa volta
nel Canton Ticino nel posto più vicino al confine italiano. “Da fine novembre 2012 vivo a Mendrisio e lavoro a Lugano
presso De Lorenzi & Partners”. Una società di consulenza, cioè, che si rivolge primariamente alle startup. “Affianca
imprese giovani ma ad alto potenziale di crescita ponendosi come facilitatore e business accelerator. Io svolgo la
funzione di executive assistant del Ceo Alberto De Lorenzi e del suo principale partner Bruno Giussani. Per un’altra
loro società, la Tinext SA, svolgo il ruolo di marketing assistant e curo la comunicazione in tutti i suoi aspetti”.
GRUPPO 10: I RIMPATRIATI
Anna Pivato
Oggi
Unicredit richiama in Italia, per studiare tra Istanbul e Varsavia
Anna a Vienna, nell’ufficio di Tesoreria di UniCredit Leasing, è rimasta per un anno e mezzo. Poi è arrivata la
proposta di tornare a Milano, per lavorare però su un grande progetto estero di UniCredit Holding, la banca cioè, non
più il settore leasing. “Dovevamo aprire alcune filiali in Libia ed è stata un’esperienza bellissima. Abbiamo partecipato
alla gara con altre banche straniere per vincere la licenza e ce la siamo aggiudicata. Abbiamo dovuto studiare tutto da
zero, perché la Libia era un paese completamente vergine sotto il punto di vista bancario, non avevano neppure le
carte di credito”. L’obiettivo era poi che Anna, unica donna assieme a una decina di altri colleghi, si trasferisse in Libia
per dare un imprinting alla nuova banca. “Tuttavia quando eravamo già sul punto di scegliere l’appartamento e ci
godevamo il caldo sole di gennaio in maniche di camicia in giro per un’affascinante Tripoli, purtroppo è iniziata la
guerra. Così siamo scappati in fretta e furia e il progetto Libia è stato interrotto”. Ora, da due anni Anna lavora a Milano
nell’ufficio di Business development della Global line di Financing & advisory, dove si occupa principalmente di
seguire progetti strategici. “Con UniCredit che ha investito su di me, facendomi conseguire un Master di secondo livello
in Corporate & Investment banking alla Bocconi, assieme ad altri 45 colleghi provenienti dai 22 paesi in cui è presente
il gruppo. Pur se locata in Italia, è stata un’altra esperienza fantastica di integrazione e collaborazione internazionali:
18 mesi in cui 4-5 giorni al mese giravamo tra la Bocconi, l’università di Vienna, quella di Istanbul, quella di Monaco e
quella di Varsavia. Bellissimo, non lo dimenticherò mai”.
Emanuela Gricia
Oggi
Il rientro, la fatica per reinserirsi e poi l’ottima occasione in Gucci
“Nel Dicembre 2009, per motivi personali, ho deciso di tornare a casa, dove mi sono scontrata con la realtà
italiana, quella delle raccomandazioni e delle conoscenze. Ero molto ottimista perché avevo ottenuto un colloquio con
un brand molto noto, per una posizione in ufficio stampa. Colloquio andato benissimo con secondo appuntamento
subito fissato. Mi vedevo già a Milano ad iniziare la mia nuova avventura”. Il colloquio, invece, viene misteriosamente
cancellato e spostato a data da definire. “Non li ho mai più sentiti ma non ho lasciato che questo episodio mi facesse
perdere l’ottimismo”. Così Emanuela comincia ad inviare Cv su Cv, ad ogni ufficio stampa della moda e risponde a
centinaia di annunci. “Dopo sei mesi di vane ricerche, nel giugno 2010 ero pronta ad abbandonare il mio settore.
Avevo il morale a terra dopo essere tornata nel mio paesino a farmi mantenere dai miei genitori”. Quando tutto sembra
perso arriva un’offerta di stage a Roma (con rimborso spese di 500 euro mensili) in Fendi, nell’ufficio Wholesale Italia
e Europa. “Mi sentivo una fallita a dover ricominciare da zero e non avere più le responsabilità che avevo a Londra”. Lo
stage dura 12 mesi, durante i quali Emanuela fa la pendolare tutti i giorni Ferentino-Roma. “Avanti e indietro mattina e
sera: detestavo quel treno. Nel maggio 2011, finalmente, arriva un contratto a tempo determinato, come assistente
commerciale per il mercato italiano e, dopo un altro anno, l’ambita conferma a tempo indeterminato. Senza aumento
di stipendio, però, perché ‘sei già fortunata ad avere un posto sicuro’! Ma ho imparato un nuovo mestiere che mi piace,
lavorando per un brand stupendo”.
Nel Giugno 2012 il suo nome comincia ad essere conosciuto e così iniziano ad arrivare offerte di lavoro di brand
italiani importanti, tra i quali Gucci: evidentemente la sua esperienza estera ha contato. “Dopo svariati colloqui alla
fine decido proprio per Gucci per cui ancora ora lavoro come Area manager Italia per il mercato Wholesale e i
Franchising.
Ai ragazzi della mia età voglio dare dei consigli: imparate una o più lingue straniere, non abbiate paura di andare
all’estero perché anche se all’inizio sarà dura e vi ritroverete a fare lavori umili, tutto vi verrà ripagato. Aggiornate il
vostro Cv e, oltre al contenuto, siate molto attenti anche a piccoli dettagli come l’impaginazione, il formato e la
punteggiatura. Ultimo consiglio, i social network come LinkedIn sono la miglior vetrina per farvi notare da aziende ed
headhunter”.
Daniela Galante
Oggi
“Sono tornata per lavorare per la mia città”
Nonostante le lusinghe di Bruxelles, su Daniela alla fine ha prevalso il richiamo delle origini. “Dopo due anni in
Belgio sono stata contattata dal sindaco di Aprilia, la mia città di origine, che aveva saputo di me proprio a seguito
dell’articolo sul Corriere Della Sera. Mi ha proposto di tornare con un contratto di consulenza per aprire uno Sportello
Europa. Ho accettato e sono diventata responsabile del progetto. Abbiamo presentato un piano da finanziare
attraverso il fondo europeo di sviluppo regionale”. A luglio 2012 il Comune ha vinto il bando aggiundicandosi circa 7
milioni di euro. “Anche se ho rinunciato a condizioni più vantaggiose e come consulente non ho gran certezza del
domani, non mi sembra ancora vero di essere riuscita a fare il mio lavoro per la mia città. Certo che, tornando, ho
ritrovato lo stesso paese poco meritocratico che avevo lasciato”.
Angela Ceribelli
Oggi
L’Italia richiama e offre una chance inaspettata
E invece per una volta l’Italia è tornata ad avvicinarsi ed ha offerto ad Angela una chance interessante per chi come
lei punta tutto sulla ricerca più avanzata. “Sono rimasta al laboratorio del Department of Oral Biology di Gainesville
fino all’agosto del 2012”. Due mesi prima, però, Angela aveva vinto una delle quattro borse di studio per giovani
ricercatori offerte dall’Istituto clinico Humanitas di Rozzano (vicino a Milano) e sponsorizzate da Gerry Scotti. “Io ero
collegata via Skype dalla Florida e mia mamma e mia sorella hanno partecipato per me alla premiazione”. Così, da
settembre 2012, Angela diventa medico ricercatore nel laboratorio di Autoimmunità e metabolismo dell’Humanitas.
“Due mesi dopo sono entrata nel dottorato di ricerca in Patologia e neuropatologia sperimentale dell’Università degli
Studi di Milano e da gennaio ho ripreso l’attività clinica presso il reparto di Reumatologia dell’Humanitas”. Con la
speranza che l’Italia sappia davvero conservare i suoi talenti.
Martina Gulini
Oggi
A Bologna per il Master e poi la maternità
Martina, con il suo impiego part time verticale, dal 2010 è riuscita a frequentare il Master biennale in Medicina
palliativa. “Si svolgeva in Italia, quindi, dovendolo frequentare presso l’università di Bologna a cadenza mensile, ho
viaggiato da Madrid a Bologna tutti i mesi, fino a conseguire il diploma alla fine del novembre 2012”. Solo due
settimane dopo, però, Martina è diventata mamma. “Così ho lasciato il mio lavoro in Spagna e sono tornata in Italia.
Ora spero di cogliere un’opportunità lavorativa coerente con la mia formazione”.
Giacomo Romano
Oggi
La finanza italiana rilancia e Giacomo rientra
L’offerta interessante in Europa a cui puntava Giacomo, in effetti poi è arrivata, e addirittura dall’Italia. “Tornato da
New York sono stato invitato da Banca Imi a continuare nella loro sede di Milano con un altro stage, al termine del
quale mi è stata prospettata l’ipotesi di un contratto a tempo indeterminato a partire dal 2013”. Nel dicembre
precedente Giacomo ha completato i suoi studi in International management. “Ora sono in Italia, ma nel frattempo ho
continuato a viaggiare, soprattutto a Londra, per conferenze e per colloqui di lavoro”.
Marina Fasser
Oggi
Obiettivo diritti umani, ma con base a Brescia
Dal dicembre 2012 Marina è tornata a Brescia. “L’obiettivo è progredire nella mia carriera, sfruttando ciò che ho
imparato in Egitto. Vorrei trovare un lavoro nelle organizzazioni internazionali, preferibilmente nell’ambito dei diritti
umani”. Ma a Brescia, in quell’area, c’è ben poco. “Mi rendo conto quindi che la ricerca sarà lunga, intanto cerco un
lavoro qui per mantenermi”.
Gruppo 11: IL CAMMINO INVERSO E LA “CHANCE ITALIA”
Rajmonda Vahibi
Oggi
Ancora in Extrabanca, “Ma in Italia non c’è parità di genere”
Da meno di un anno, l’Italia di Rajmonda le ha fatto vivere la più bella esperienza per una donna: la nascita di
una bambina. “Ma io continuo comunque a lavorare per Extrabanca, anche se, nel campo professionale, non mi sono
stati dati gli stimoli che mi aspettavo”. Anche perché la sua esperienza nel campo del lavoro probabilmente ha dovuto
incassare qualche discriminazione di genere. “È stato detto molte volte, ma non è banalità: in Italia le donne che
lavorano sono sempre svantaggiate rispetto agli uomini”. Ma Rajmonda non rinuncia ai suoi obiettivi professionali, per
questo ha ripreso ha studiare per “perfezionare le mie conoscenze e capacità”.
Ioana Andreea Zeres
Oggi
L’Italia le dà nuove chance, nella “caccia di teste”
Ioana ha lavorato in Michael Page Executive Search per poco più di due anni, ma la sua carriera italiana continua
tuttora. “Ho scelto di lavorare per lo start-up, in Italia e in Svizzera, della multinazionale Fusion Associates, una
boutique di executive recruiting internazionalizzata e specializzata in luxury, fashion e sport. Così, oggi, lavoro
estendendo la ‘caccia di teste’ non più solo a manager del territorio italiano ma a talenti che provengono da tutto il
mondo”.
GRUPPO 12: OUTSIDER? GLI ASTRONAUTI
Samantha Cristoforetti & Luca Parmitano
SAM AN T HA
LUCA
Sam an th a O g g i
Ancora un anno e poi sarà la prima donna italiana nel cosmo
Per lei manca un anno e mezzo a una data fatidica, il 30 Novembre 2014: in quel momento Samantha - che nel
frattempo è stata promossa capitano - diventerà la prima donna italiana nello spazio. Raggiungerà la Stazione Spaziale
Internazionale a bordo del razzo russo Soyuz TMA-15M, per la missione Expedition 43 che durerà parecchio: circa sei
mesi fino al 16 Maggio 2015. Il suo ruolo sarà quello di Ingegnere di bordo, per una missione che studierà la Terra
attraverso vari esperimenti nel campo della fisica e della medicina.
L u ca O g g i
Passeggiando nello spazio al ritmo di Volare
Per Luca, ormai diventato maggiore, la scadenza per l’inizio della più grande avventura della sua vita è invece
vicinissima: l’appuntamento è alle 22,32, ora italiana del 28 maggio 2013, sulla rampa di lancio del cosmodromo di
Baikonur nella steppa del Kazakistan. Salirà a bordo della Soyuz TMA-09M e ci resterà fino al 10 Novembre.
Anche per lui ci sarà un emozionante primato, un’attività mai compiuta prima dai cinque astronauti italiani che
l’anno preceduto: la passeggiata spaziale. Nella prima metà di luglio uscirà infatti due volte nello spazio, per
effettuare due “attività extraveicolari”. “La missione è denominata Volare, mi piacerebbe quindi che fosse possibile,
prima di uscire nello spazio, sentire la voce Domenico Modugno cantare Nel blu dipinto di blu”.