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MARCO DABIZZI

DIETA CHETOGENICA
E DIGIUNO INTERMITTENTE

COME DIMAGRIRE E RICONQUISTARE LA


PROPRIA SALUTE

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Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.

Copyright © 2023 Marco Dabizzi


All rights reserved.
ISBN-13:

www.peakhuman.com.au

Editing e cura del testo eleonora.aresu@gmail.com

Le informazioni contenute in questo libro si intendono


espresse per soli fini educativi, conoscitivi e divulgativi. Tutti
gli argomenti e i concetti trattati in questo testo non possono e
non vogliono, neppure implicitamente, sostituire i consigli
medici. Il lettore che intende intraprendere un qualsiasi
regime alimentare, o dieta, deve sempre consultare il proprio
medico per determinare con adeguatezza un piano
personalizzato sulla base delle proprie condizione mediche e di
salute. La lettura delle informazioni contenute in questo libro
non può, in alcun modo, creare o sostituire il rapporto medico-
paziente.

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A mia moglie Antonella

Senza di lei avrei potuto finire questo libro in molto meno tempo
ma la mia vita sarebbe stata miserabile e, soprattutto, noiosa

A mia figlia Greta

Forse coglierà l’occasione di leggere qualcosa di mio, visto che


non risponde mai ai miei messaggi.

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INDICE
1. Introduzione 13
2. Obiettivi 17
3. Bruciare grassi o zuccheri? 21
4. Differenza tra una dieta low carb e una dieta chetogenica 25
5. La keto-flu: influenza cheto fra miti e verità 27
5.1. Rimedi per la keto-flu 29
6. Nascita della dieta chetogenica moderna 33
7. L’importanza degli ormoni 35
8. Tutto sui grassi 39
8.1. Colesterolo, amico o nemico? 41
8.2. I grassi per mantenere in salute il cervello 45
8.3. Ma non si ingrassa a mangiare i grassi? 48
8.4. Quali grassi mangiare 50
9. Come iniziare la dieta chetogenica 55
9.1. Se avete la pressione alta 57
9.2. Se avete il diabete 58
9.3. Celiachia e dieta chetogenica 60
10. Aumentare il peso con la dieta chetogenica 63
11. I benefici della dieta chetogenica 67
11.1. I benefici per il cervello e i mitocondri 67
11.2. I benefici per i tumori 71
11.3. I benefici per il diabete 74
11.4. I benefici per l'ipertensione 75
11.5. I benefici per le malattie autoimmuni 76
12. La dieta chetogenica e le sue variazioni 79
12.1. La dieta carnivora o a zero carboidrati 79
12.2. La dieta paleolitica o paleo 82
12.3. La dieta PSMF (Protein Sparing Modified Fast) o
digiuno modificato 83
12.4. La dieta Atkins 87
12.5. La dieta durante lo svezzamento 88
12.6. La dieta per i bambini 90
13. Dieta chetogenica e sport 95
13.1. Allenarsi per vivere più a lungo 97

9
13.2. Cinque motivi per allenarsi con i pesi 100
14. Alimenti da includere e alimenti da eliminare 103
15. Un esempio di piano alimentare 113
16. Ormoni e dieta chetogenica 119
16.1. Insulina 119
16.2. Testosterone 121
17. Digiuno intermittente 125
17.1. Che cos’è il digiuno intermittente 126
17.2. Chi non dovrebbe fare il digiuno intermittente 129
18. Alcool 131
19. Guida ai dolcificanti 133
19.1. Stevia 133
19.2. Estratto di monk fruit 134
19.3. Eritritolo 135
19.4. Taumatina 136
19.5. Miele 137
19.6. Fruttosio 138
19.7. Altri dolcificanti 140
19.8. Considerazioni finali sui dolcificanti 141
20. Guida a oli e grassi 143
21. Ricette per la salute e per il piacere 153
21.1. Pane di farina di mandorle ai semi vari 155
21.2. Panini alla farina di mandorle 156
21.3. Panini alla farina di cocco 158
21.4. Pollo con funghi, broccoli e groviera 159
21.5. Brodo di ossa con curcuma e crema di cocco 161
21.6. Paté di fegatini di pollo al Cognac 163
21.7. Salmone con crema al limone 165
21.8. Uova alla diavola con tonno e capperi 167
21.9. Maionese facile facile 168
21.10. Sego fatto in casa 170
21.11. Mousse al caffè su ganache di cioccolato 172
21.12. Cheesecake al limone 174
21.13. “Gelato” allo yogurt con frutti di bosco 176
21.14. Fudge cacao e cocco 177
21.15. Granola al cioccolato 179

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22. Domande frequenti 181
23. Ringraziamenti 193

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1. Introduzione

N on faccio fatica ad ammettere che per almeno un paio


d'anni il concetto di dieta chetogenica mi era parso
troppo estremo per poter essere adottato come base per uno
stile di vita duraturo nel tempo.
Certo, i vantaggi in termini di salute metabolica mi erano già
evidenti, soprattutto in persone afflitte da determinate
malattie come il diabete o l'epilessia, ma faticavo a vedere la
dieta chetogenica come uno strumento efficace per la
maggioranza delle persone. In quegli anni, dopo aver aperto gli
occhi grazie al genio e all'intuizione di uno dei pionieri
dell'alimentazione, Giovanni Cianti, cominciai a seguire, con
buoni risultati, una dieta a basso contenuto di carboidrati.
Grazie a quel tipo di dieta ero stato in grado di ridurre
significativamente i disturbi causati da una disgraziata
prescrizione di farmaci. Prima di iniziare la dieta low carb
soffrivo di una terribile artrite alle mani, tale, a volte, da
impedirmi anche movimenti e azioni banali nella vita di tutti i
giorni. I sintomi cominciarono a ridursi notevolmente fin dal
momento in cui ridussi la quantità di carboidrati ed eliminai,
completamente, il glutine dalla mia dieta.
A quel tempo, la mia fiducia nella medicina allopatica era
ancora pressoché assoluta ma sentirsi ridicolizzati dal
reumatologo dell'ospedale perché dalle scansioni non risultava
alcuna traccia di artrite, (quando il più delle volte non riuscivo

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più nemmeno ad aprire un barattolo di sottaceti) mi portò a
esplorare soluzioni alternative.
Il libro di Giovanni Cianti “Cattivo come il pane” fu per me un
vero e proprio shock. Da ex atleta di diverse discipline, con anni
di competizioni di nuoto e body building alle spalle, l'idea che i
carboidrati potessero essere responsabili dei miei problemi di
salute mi sembrò così aliena che per alcuni giorni mi rifiutai di
andare avanti nella lettura di quel libro. Non è possibile, mi
dicevo, che i carboidrati siano così dannosi per la salute, li
abbiamo sempre mangiati e i medici e i dietologi ci ripetono
continuamente quanto siano salutari, soprattutto quelli
integrali.
Come ex-atleta, avevo passato gran parte della mia vita
adulta a cercare di eliminare il più possibile i grassi, in
particolare i “terribili” grassi saturi, e a mangiare enormi
quantità di carboidrati per avere più energia e mantenermi in
salute. Possibile che avessi sbagliato? Giovanni Cianti è stato un
precursore in vari campi e furono le sue tesi che mi spinsero ad
approfondire l'argomento e a testare in prima persona una
dieta a basso contenuto di carboidrati e a zero glutine.
Il passo da una dieta a ridottissimo contenuto di carboidrati
a una dieta puramente chetogenica fu breve ma significativo.
La decisione di scrivere questo libro è arrivata dopo aver
sperimentato in prima persona gli eccellenti risultati in
termini di forma fisica e salute generale e dopo aver visto
questi stessi ottimi risultati in innumerevoli altre persone,
convinte a provare la dieta chetogenica a seguito di una
semplice chiacchierata in palestra.

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Alcuni decidono di iniziare questa dieta perché non riescono
a controllare la loro tendenza ad abbuffarsi con carboidrati e
zuccheri. Altri, invece, sono soggetti pre-diabetici, o diabetici,
e vorrebbero avere un controllo più diretto sulla glicemia e
sull’insulina. Altri ancora lo fanno perché in fondo è naturale
per gli esseri umani ritornare a mangiare i cibi con i quali ci
siamo evoluti. Qualunque sia la ragione per la quale una
persona inizia a fare una dieta chetogenica, è oramai un fatto
concreto quello che ci sia un numero sempre più crescente di
persone che scoprono un modo semplice e naturale per stare
meglio e perdere peso.
In questo breve volume spiegherò i vantaggi di una dieta
chetogenica intesa non solo come strumento utile al
miglioramento della salute e del benessere generale ma anche
come mezzo di potenziamento delle prestazioni atletiche in
molteplici discipline sportive, fino alla possibilità di
incrementare le capacità di concentrazione e di ragionamento.
Per raggiungere questa consapevolezza, però, è necessario
effettuare un vero e proprio cambiamento di paradigma e
abbandonare il concetto fallace di calorie e di metabolismo
umano simile a una fornace dove i nutrienti vengono bruciati e
producono energia come in un laboratorio chimico.
Occorre abbracciare la realtà dei fatti nella quale è ben chiara
la risposta ormonale ai diversi tipi di dieta e l’enorme
influenza che assumono gli orari dei pasti, importanti quanto
(se non in misura persino maggiore) il totale delle calorie
ingerite.

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2. Obiettivi

L' obiettivo primario di una dieta chetogenica ben


formulata (prendete nota di questa importante
precisazione, ci tornerò ancora più avanti) è la salute. Il
dimagrimento che ne consegue è solo un benvenuto effetto
collaterale. Essere magri e malati è solo una soddisfazione
temporanea, quello a cui si dovrebbe aspirare, invece, è una
vita lunga e in salute.
La dieta chetogenica può essere certamente utilizzata per
mantenere il peso corporeo o, addirittura, per incrementarlo
ma non deve essere vista solo come un mero strumento di
dimagrimento. Infatti, in questo contesto, il termine “dieta”
non mi entusiasma particolarmente perché questo non è un
regime alimentare da seguire per un breve periodo ma,
piuttosto, una scelta a lungo termine, un vero e proprio stile di
vita da mantenere per sempre.
Il meccanismo principale attraverso il quale avviene un
miglioramento della salute è la forte riduzione dei picchi di
insulina, un’ormone la cui produzione è direttamente
connessa alla quantità e alla frequenza dei carboidrati ingeriti
con la dieta. Per minimizzare la produzione di insulina occorre,
quindi, eliminare i carboidrati o, almeno, ridurli a un livello
estremamente basso, di solito indicato in 20 grammi al giorno.
20 grammi al giorno sono pochi, anzi pochissimi, in pratica
sono solo quelli contenuti nella verdura o poco più.

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Un tipo di dieta come questa, soprattutto per un italiano,
rappresenta un cambio di prospettiva enorme, spesso
drammatico, perché significa eliminare pane, pasta, pizza,
prodotti da forno, riso, legumi e buona parte della frutta.
“Ma sei pazzo? Cosa rimarrebbe da mangiare?” penserete.
La risposta è: cibo vero. Quello stesso cibo che durante
milioni di anni di evoluzione ci ha trasformati in esseri umani
dotati di un cervello di grandi dimensioni e di intelligenza.
Una ben formulata dieta chetogenica si basa su carne,
soprattutto di erbivori, pesce di ogni tipo, pollame,
cacciagione, noci, verdure non amidacee, frutta a basso
contenuto di zuccheri e, a seconda del vostro stato di salute,
anche di formaggi stagionati (o fermentati) e derivati del latte
preferibilmente non pastorizzato, meglio ancora se di capra o
di pecora.
Detta dieta sarà in grado di migliorare la vostra salute in
maniera considerevole e potrete tenere sotto controllo il peso
senza la preoccupazione di contare le calorie e pesare gli
alimenti. Inoltre, potrete minimizzare il rischio di contrarre le
varie malattie metaboliche come il diabete, il cancro, le
malattie cardiovascolari, la demenza, l’artrite, la tiroidite di
Hashimoto, la PCOS ecc., la cui diffusione cresce di anno in
anno.
Per le persone obese la dieta chetogenica è l’unico vero modo
di dimagrire in modo significativo e definitivo senza soffrire la
fame, mangiando pasti gustosi e gratificanti. Chi ha provato a
dimagrire seguendo il concetto delle calorie lo sa bene. Non
voglio dire che attraverso il calcolo delle calorie non si possano

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ottenere dei risultati. Il problema è un altro, il problema è che
quei risultati non si possono mantenere nel tempo perché sono
stati ottenuti soffrendo la fame e non si può soffrire la fame
per tutta la vita.

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3. Bruciare grassi o zuccheri?

Q uando nella nostra dieta ci sono sufficienti carboidrati


(ovvero zuccheri) il nostro corpo li utilizzerà per produrre
energia perché gli zuccheri rappresentano un “carburante”
eccellente per il nostro metabolismo.
Ma gli esseri umani hanno capacità di adattamento
eccezionali e si sono evoluti adottando diete anche molto
diverse fra loro, alcune basate solo su grassi e carne, altre –
quando la cacciagione non era disponibile – basate su radici e
frutti. Se gli zuccheri sono la fonte energetica più redditizia,
perché mai dovrebbero farci male? La risposta è semplice.
In natura le fonti disponibili di zucchero sono scarsissime. La
frutta che conosciamo e consumiamo oggi si è diffusa solo a
partire da poche centinaia di anni fa; i grani e i cereali hanno
fatto la loro comparsa nelle colture solo circa 10.000 anni fa,
ovvero, un lasso di tempo brevissimo parlando in termini
evoluzionistici. C'è poi la complicata questione del benessere
dei mitocondri, quei piccoli organelli che si trovano nelle
nostre cellule.
Per i mitocondri, che servono a produrre quell'energia
indispensabile per la vita, il rendimento è assolutamente
migliore quando come “carburante” utilizzano i grassi invece
degli zuccheri, producendo, inoltre, meno sostanze dannose di
scarto. Nei seguenti capitoli troverete più informazioni
rispetto a questo argomento. Per ottimizzare la produzione di

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energia occorre dunque “convincere” il nostro metabolismo a
utilizzare i grassi invece che gli zuccheri e questa inversione si
ottiene semplicemente mangiando meno carboidrati.
La condizione risultante è un adattamento al metabolismo
dei grassi che vengono più facilmente utilizzati come fonte di
energia anche se gli zuccheri rimangono quella principale. Per
un atleta di discipline di lunga durata la condizione appena
citata è molto favorevole perché consente allo sportivo di
portare a termine gare lunghe come una maratona senza dover
assumere zuccheri durante la corsa ma utilizzando, facilmente,
le riserve di grasso per produrre energia. “Bruciare” grassi,
però, non è metabolicamente molto efficiente ed è per questa
ragione che esiste anche un altro stato, stato attraverso il quale
dai grassi si producono i corpi chetonici, o chetoni, che
possono essere utilizzati a scopo energetico in maniera ben più
efficiente rispetto ai grassi.
I chetoni sono delle molecole che vengono prodotte quando
la quantità di carboidrati è sufficientemente bassa e possono
essere utilizzati come fonte di energia non solo dai muscoli ma
anche dal cervello. Quali sono i problemi più importanti legati
al metabolismo “brucia” zuccheri? Quando il metabolismo
utilizza gli zuccheri come fonte principale di energia, non
riesce ad accedere facilmente alle riserve di grasso
immagazzinate nelle cellule adipose.
Un atleta che decida di seguire questa strada dovrà mangiare
con frequenza alte quantità di carboidrati perché quelli
immagazzinati nei muscoli e nel fegato, sotto forma di
glicogeno, sono molto pochi. Inoltre, la fluttuazione ormonale

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causata dai carboidrati è responsabile dell’accumulo di grasso,
della fame e del calo di energia a breve distanza dai pasti e di
tutti i problemi di salute derivanti dai costanti ed elevati livelli
di insulina.
Una persona in chetosi, invece, potrà ossidare (ovvero
“bruciare”) molto più efficientemente i grassi, sia quelli
inseriti nella dieta, sia quelli che si trovano nei depositi
adiposi. Nel primo caso questi grassi verranno utilizzati per
produrre energia e non verranno depositati nelle maniglie
dell’amore, nel secondo caso, quando i grassi nella dieta sono
bassi, si bruceranno dette maniglie dell’amore per produrre
energia.
Per gli atleti, e non solo per loro, c’è poi un altro notevole
vantaggio. Quando il metabolismo utilizzerà chetoni e acidi
grassi per produrre energia, le scorte di glicogeno resteranno
intatte, pronte per essere utilizzate quando sarà richiesta una
rapida immissione di energia, come ad esempio durante
intense attività sportive, partite di calcio o tennis.
Un altro punto importantissimo per la salute generale e
l'anti-invecchiamento è l'efficienza dei mitocondri. Come
anticipato, sono dei piccoli organelli (alcuni dicono siano
addirittura batteri con i quali ci siamo evoluti in simbiosi) che
producono energia all'interno delle nostre cellule. Per
produrre energia, i mitocondri possono utilizzare glucosio
(derivato dalla digestione dei carboidrati), grassi o chetoni ma
il processo è molto meno efficiente quando utilizzano il
glucosio.

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Inoltre, in questo caso, l’utilizzo del glucosio produce
sostanze di scarto come i radicali liberi che risultano tossici
per l'organismo perché in gran misura responsabili di tutte le
malattie, a partire dai tumori. Un altro importante vantaggio
nel bruciare grassi è la possibilità di digiunare senza avvertire
la fame. Infatti, quando il nostro corpo si trova in chetosi ha un
costante accesso alle riserve di grasso immagazzinate nelle
cellule adipose e queste riserve possono fornire energia per
molti giorni, anche nel caso di persone magrissime.
Questo permette di abbinare alla dieta chetogenica altre
importanti strategie antiaging come il digiuno intermittente
che, teoricamente, è possibile fare anche mangiando
carboidrati, ma che è praticamente irrealizzabile per lunghi
periodi per via della costante fame che ne deriva. E, visto che
non è possibile riuscire a rimanere costantemente affamati per
più di qualche mese, a meno di non avere un'incredibile forza
di volontà, ricomincerete a mangiare ingrassando come e più
di prima, con lo svantaggio aggiuntivo di aver perso massa
muscolare durante il dimagrimento.

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4. Differenza tra una dieta low carb e una
dieta chetogenica

C' è spesso confusione sulle differenze fra una dieta low


carb e una dieta chetogenica. Entrambe limitano il
consumo di carboidrati ma mentre in una dieta low carb il
nostro corpo utilizzerà soprattutto acidi grassi a scopo
energetico, oltre a un pochino di glucosio, in una dieta
chetogenica utilizzerà, invece, soprattutto acidi grassi e
chetoni.
Per produrre energia, gli esseri umani possono utilizzare
glucosio, acidi grassi, amino acidi (derivati dalle proteine) e
corpi chetonici o chetoni. L’uso di uno o dell’altro dipende
dallo stato metabolico della singola persona e dalle condizioni
fisiche per le quali, in percentuale, queste sostanze verranno
impiegate. Lo stato di fitness, la quantità di esercizio fisico
fatta, il bilanciamento ormonale, la quantità di glucosio
immagazzinata nei muscoli e nel fegato e, soprattutto,
l'alimentazione seguita, determineranno la priorità
nell'utilizzo di queste sostanze come fonte energetica.
Infatti, quando la dieta di una persona è alta in carboidrati, il
glucosio sarà di gran lunga la fonte energetica preferita.
Maggiore sarà il consumo di grassi e minore quello di
carboidrati, maggiore sarà l'utilizzo di acidi grassi a scopo
energetico e minore sarà quello del glucosio, fino a
raggiungere un livello in cui gli acidi grassi saranno la fonte

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preferita, stato che viene definito come “fat adapted”, ovvero,
adattamento ai grassi. Essere “fat adapted” è un vantaggio
notevole soprattutto per persone attive come gli atleti perché
la quantità di glicogeno (che è un tipo di zucchero)
immagazzinata nei muscoli e nel fegato è ridotta e viene
facilmente esaurita in un paio d'ore di attività fisica intensa.
È questo il motivo per il quale durante le gare maratoneti e
ciclisti devono ricorrere a snack di glucosio per riempire quel
serbatoio di zucchero oramai consumato. Il problema è che
durante le competizioni, spesso, gli snack causano problemi di
digestione e i casi di atleti costretti al ritiro sono molteplici,
senza considerare i danni alla salute.
Quando, invece, la quantità di carboidrati consumati in un
giorno è ancora più bassa (per bassa intendiamo un limite di 20
grammi al giorno) il nostro corpo produce nel fegato delle
sostanze chiamate chetoni, da cui il termine dieta chetogenica.
Questi chetoni sono indispensabili perché alcuni tessuti, come
ad esempio il nostro cervello, non possono utilizzare acidi
grassi a scopo energetico ma solo glucosio o, appunto, chetoni.
La differenza fra dieta low carb e dieta chetogenica è dunque
la presenza o meno di questi chetoni. Sono proprio i chetoni a
essere i diretti responsabili di molti vantaggi in termini di
prestazioni atletiche, salute, lucidità mentale, risoluzione di
problemi legati al cervello e miglioramento di numerose
patologie del sistema nervoso come l'epilessia.

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5. La keto-flu: influenza cheto fra miti e
verità

M olte fra le persone che vorrebbero provare la dieta


chetogenica hanno sentito parlare della keto-flu, o
influenza chetogenica, e ne temono gli effetti tanto da
rinunciare a provare questo tipo di alimentazione.
Tale preoccupazione, a mio giudizio, è largamente esagerata.
Vediamo subito nel dettaglio cosa è, veramente, la tanto
temuta keto-flu. Quando si passa da un'alimentazione ricca in
carboidrati a una alimentazione chetogenica, le prime due o
tre settimane sono quelle più critiche.
Vi farò un esempio pratico. Immaginate un drogato che
provasse a smettere di consumare eroina. Non esagero quando
sostengo che la dipendenza da carboidrati può avere effetti
simili a quelli derivati dalla dipendenza da droghe. Certamente
gli esiti di dipendenza da carboidrati possono essere molto più
lievi rispetto agli effetti di una tossicodipendenza ma
l'intensità delle conseguenze è sempre, e ampiamente, legata
allo stato di fitness di una persona e all'efficienza del suo
metabolismo. Sicuramente, un atleta di alto livello
sperimenterà degli effetti lievissimi o, probabilmente, nessun
effetto mentre una persona sovrappeso e sedentaria potrà
avere qualche temporaneo disagio.
La durata dei sintomi potrà variare da un periodo che va da
qualche giorno fino a una settimana, il tempo necessario

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all'organismo per passare dal “bruciare” zuccheri a scopo
energetico a “bruciare” grassi e chetoni. I sintomi più comuni
sono: bassa energia, a volte mal di testa, annebbiamento
mentale, svogliatezza, stitichezza o diarrea, nausea, fame
compulsiva. Seguendo alcuni semplici accorgimenti questi
sintomi possono essere in gran parte evitati, o ridotti,
soprattutto per chi cominciasse la dieta chetogenica in un
momento in cui la sua forma metabolica non fosse nella sua
massima efficienza.
Tra questi accorgimenti troviamo sicuramente la scelta della
strategia da adottare per ridurre i carboidrati. Molti ritengono
che sia preferibile il tutto e subito, ovvero, abbassare
improvvisamente i carboidrati a un massimo di 20 grammi al
giorno, mentre altri optano per una riduzione graduale dei
carboidrati, opzione che, sicuramente, crea meno stress
all'organismo e ha meno probabilità di causare i sintomi
dell'influenza chetogenica.

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5.1. Rimedi per la keto-flu

A: Elettroliti

Spesso basta solo un pizzico di sale da cucina con un


bicchiere d'acqua per far passare quel fastidioso cerchio alla
testa e quella sensazione di debolezza.
La riduzione dei carboidrati nella dieta aumenta il
fabbisogno di sale, soprattutto nella prima fase di adattamento
al nuovo regime alimentare. Smettendo di mangiare
carboidrati infatti, si svuotano parzialmente le riserve di
glicogeno nei muscoli e di conseguenza si perde molta acqua.
Perdendo acqua, si perdono sodio e potassio ed i bassi livelli
di questi elettroliti causano, nella stragrande maggioranza dei
casi, i sintomi della keto-flu. Questo aumentato bisogno di
elettroliti continuerà anche una volta che l’organismo si sarà
adattato alla nuova dieta, perché i bassi livelli di insulina che si
ottengono con una dieta chetogenica portano a una ridotta
ritenzione di sodio. Spesso la carenza di sodio dipende anche
dal fatto che verranno eliminati tutti i cibi industriali che, oltre
ai carboidrati, contengono spesso molto sodio.
Sarà dunque un bene compensare queste perdite salando in
maniera adeguata tutto quello che mangerete. In questa fase,
un eccellente modo per fare il pieno di elettroliti è bere il
brodo di ossa, salato ovviamente, e integrare con l'avocado che
è ricchissimo di potassio, oltre che essere un frutto molto
gustoso e adatto a tantissime ricette. Per regolare i livelli di

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sodio e potassio è importante avere anche sufficiente
magnesio, un minerale purtroppo oggi sempre più carente
nella catena alimentare. I semi di zucca, o le noci, sono una
discreta fonte di magnesio e, proprio in questo momento di
transizione da una dieta ricca di carboidrati a una dieta
chetogenica, rappresentano un ottimo snack. Qualora il
magnesio fosse comunque basso potrà essere utile integrarlo.

B: Idratazione

Come accennato nel paragrafo precedente, sugli elettroliti, in


questa prima fase di passaggio si tende a perdere molta acqua
ed è per questo motivo che c'è sempre il rischio che si presenti
una leggera disidratazione i cui sintomi sono più o meno
coincidenti con quelli della keto-flu. In questi casi, la miglior
cosa da fare è bere un'acqua ricca di minerali o aggiungere alla
vostra acqua un prodotto rimineralizzante altrimenti,
paradossalmente, la disidratazione potrebbe persino
peggiorare.

C: Grassi

Per rendere questa fase di transizione il più breve possibile,


oltre a eliminare i carboidrati, è anche opportuno
incrementare il consumo di grassi. L’incremento dei grassi non
aiuterà immediatamente la perdita di peso (se questo è il

30
vostro obiettivo principale) ma vi porterà più velocemente ad
uno stato di flessibilità metabolica.
Alcuni grassi, come i trigliceridi a catena media (MCT)
contenuti ad esempio nella crema di cocco, o gli acidi grassi
Omega-3 come quelli contenuti nel pesce azzurro o nel
salmone, sembrano essere di particolare aiuto in tal senso, sia
in un momento in cui è consigliabile un apporto maggiore di
grassi, sia come alimento da mantenere nel tempo all’interno
di una ben formulata dieta chetogenica.

D: Attività fisica

In queste prime settimane di passaggio, il mio consiglio è di


svolgere attività fisica moderata. Niente sessioni ad alte
ripetizioni in palestra, niente HIIT troppo intenso, niente sforzi
prolungati. L'attività fisica ideale durante il momento di
transizione può essere rappresentata da serie di 4-5 ripetizioni
con 3-4 minuti di recupero fra serie in palestra, HIIT con sprint,
ad esempio sulla cyclette, da massimo dieci secondi con 3-4
minuti di riposo a ritmo blando o, semplicemente, dedicarsi a
belle camminate a ritmo veloce, corsette o piacevoli pedalate
in bicicletta. Se seguirete queste indicazioni, molto
probabilmente, non sperimenterete alcun sintomo attribuito
all'influenza chetogenica.

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6. Nascita della dieta chetogenica moderna

L a dieta chetogenica moderna fu definita nel 1924 alla


Mayo Clinic, uno dei principali ospedali universitari
americani dove vengono formati i migliori medici degli U.S.A.
Il Dottor Russell Wilder era alla ricerca di un trattamento per
un tipo di epilessia che non rispondeva ai farmaci e si ispirò ad
alcune ricerche risalenti all’inizio del ventesimo secolo che
dimostravano come, attraverso il digiuno, i pazienti affetti da
questa malattia avessero tratto notevoli benefici.
Ovviamente, il digiuno non poteva essere impiegato come
cura permanente ma Wilder ipotizzò che fossero i corpi
chetonici prodotti durante il digiuno ad aiutare gli epilettici. La
dieta chetogenica terapeutica è estrema perché il 90% delle
calorie proviene dai grassi (contro circa il 60-70% di una dieta
chetogenica ad alte proteine) ma è incredibilmente efficace
non solo per l'epilessia ma anche per molte tipologie di tumori.
È un vero peccato che dopo quasi cento anni ci siano state
solo una manciata di ricerche scientifiche sugli effetti della
dieta chetogenica. Non solo, uno studio Cochrane definisce
gran parte di queste ricerche come ricerche spazzatura.
Potrebbe forse sorgere il dubbio che certi risultati siano viziati
da un atteggiamento generale di scetticismo che, quasi dal
principio, tendano a escludere gli effetti benefici della dieta
chetogenica non considerandola come una dieta valida ed
efficace.

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Eppure la dieta chetogenica non costa nulla ed evita farmaci
incredibilmente costosi. Inoltre, una dieta chetogenica ben
formulata si basa su cibi veri e naturali: carne, uova, burro,
verdure, quanto di più lontano possa esistere dal concetto di
industria alimentare. Parliamo di una dieta, quindi, che se
adottata da un grande numero di persone potrebbe ridurre
sensibilmente i profitti e lo status di importanza di tutte quelle
enormi corporations i cui interessi sono ben lontani dalla salute
e dal benessere dei consumatori.
Non è certamente difficile immaginare come mai la quasi
totalità dei media, medici e dietologi ritengano la dieta
chetogenica come la peggiore in assoluto. Viviamo in un tempo
in cui il denaro comanda più di qualsiasi altra cosa e mi sento
di dare un consiglio generale che è quello di ricominciare a
vivere ascoltando il proprio corpo, nutrendolo con gli alimenti
più adatti alla sua crescita, al suo sviluppo e al suo
metabolismo.

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7. L’importanza degli ormoni

I fautori delle diete a basse calorie non considerano


l’importanza fondamentale degli ormoni che, alla fine,
determinano sempre il successo, o l’insuccesso, di una
determinata dieta.
Prendiamo ad esempio la leptina. Dopo aver adottato per
anni diete ricche di carboidrati e povere di grassi, così come
suggerito dalle linee guida ufficiali sulla nutrizione, le nostre
cellule diventano resistenti a questo ormone, fatto che inficia il
senso di sazietà. Infatti, si possono mangiare anche grandi
quantità di cibo ma, una volta che la pancia sarà piena, si
sperimenterà sempre un senso di fame che porterà a mangiare
più spesso tra i pasti e a introdurre cibi poco salutari come gli
snack.
Inoltre, esiste un ulteriore e importante aspetto che non
viene mai adeguatamente pubblicizzato. Una dieta chetogenica
corretta può aiutare a riequilibrare gli ormoni sessuali
femminili fuori controllo attenuando le vampate di calore,
migliorando i livelli di energia, il basso desiderio sessuale, la
perdita di massa ossea, gli sbalzi d'umore e tanti altri fastidiosi
sintomi associati alla perimenopausa, alla menopausa, alla
sindrome premestruale e alla post-menopausa. Nelle donne, la
sindrome premestruale può avere sintomi molto fastidiosi fra i
quali, crampi, malumore, irritabilità, depressione, acne e
stanchezza.

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La causa di questi sintomi è spesso la dominanza estrogenica,
ovvero un eccesso di estrogeni e una carenza di progesterone
quasi sempre dovuta a una dieta composta da troppi zuccheri e
carboidrati raffinati. Questo problema si risolverebbe
facilmente grazie alla dieta chetogenica.
Lo stesso principio vale per gli uomini perché quando i livelli
di insulina sono costantemente elevati, a causa dell’ingestione
continua di carboidrati, il livello degli ormoni sessuali maschili
può calare notevolmente e questa può essere, certamente, una
delle cause del costante calo di testosterone negli uomini degli
ultimi cinquant’anni.
La dieta chetogenica ha un comprovato effetto di
innalzamento dei livelli di testosterone soprattutto quando
include grassi animali di qualità come tuorli d’uovo e carne
rossa. Il testosterone è un ormone importantissimo per la
salute degli uomini ma persino per la salute delle donne visto
che la produzione di questo ormone nel genere femminile
raggiunge il picco a circa vent'anni per poi calare
costantemente durante l’invecchiamento.
Bassi livelli di questo ormone causano affaticamento,
depressione, calo della libido, problemi erettivi, perdita di
massa muscolare, aumento del grasso e - soprattutto nelle
donne - rischio di anemia. Per mantenere livelli ottimali livelli
di testosterone occorre fare esercizio fisico, soprattutto con
pesi, avere una buona igiene del sonno, evitare i cibi
commerciali che contengono conservanti e additivi che hanno,
spesso, un effetto deprimente su questo ormone.

36
Occorre, inoltre, ridurre il consumo di alcool, soprattutto
birra (estrogenica) e mangiare cibo non processato ricco di
grassi saturi e colesterolo. Sono consapevole del fatto che
questo sia esattamente il contrario di quanto raccomandato da
medici e dietologi contemporanei.
Il testosterone, così come altri ormoni sessuali, è prodotto
nel nostro organismo a partire dal colesterolo. Nonostante sia
vero che gli esseri umani siano in grado di produrre
autonomamente il colesterolo, tanto che buona parte di quello
necessario al sostentamento delle funzioni quotidiane è
prodotto dall’organismo anche senza mangiare grassi saturi, si
tratta però di un processo particolarmente dispendioso dal
punto di vista fisiologico.

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38
8. Tutto sui grassi

L 'idea che i grassi saturi causino malattie cardiache fu


introdotta, sulla base di deboli prove associative, circa
settanta anni fa. Nei decenni seguenti, tutti i vari studi clinici
che hanno cercato di avvalorare questa ipotesi non hanno mai
potuto stabilire un nesso causale.
Nonostante la mancanza della pur minima prova scientifica
sulla correlazione fra grassi nella dieta e malattie
cardiovascolari, ogni medico, o dietologo, ha continuato a
ripetere la storia dei “grassi che occludono le arterie” e a
prescrivere farmaci per ridurre i livelli di colesterolo. Circa un
decennio fa sono state pubblicate numerose ricerche che
hanno chiaramente mostrato come non ci sia alcuna relazione
fra i grassi saturi e le malattie cardiovascolari, tra grassi saturi
e mortalità per malattie cardiovascolare o fra grassi saturi e
mortalità totale ma i medici continuano a ripetere lo stesso
ritornello, demonizzando i grassi e il colesterolo.
Se la scienza sta lentamente, et obtorto collo, rinunciando a
dare la colpa ai grassi dei danni fatti dai carboidrati, giornalisti
e politici sembrano mostrare, invece, una forte resistenza a
queste evidenze. Infatti, i media continuano a scrivere articoli
e a promulgare linee guida alimentari basate sulla vecchia e
fallace correlazione fra grassi saturi e malattie cardiovascolari.
Il primo scienziato che parlò di un'associazione fra grassi
saturi e salute cardiovascolare fu, negli anni Cinquanta, Ancel

39
Keys. Dopo aver viaggiato a lungo nell'Europa del dopoguerra
fece alcune osservazioni sulla salute di certe popolazioni del
Sud Europa, in particolare in Sardegna, Spagna e Napoli, dove
in quegli anni la dieta era basata quasi esclusivamente su grani
e verdure.
Keys constatò che il tasso di malattie cardiovascolari di
quelle zone era più basso rispetto al resto del continente. Lo
studio “Sette Paesi di Keys” si basava sull'analisi della dieta e
delle condizioni di salute di 13.000 uomini in sette nazioni
diverse e mostrava un apparente collegamento tra le malattie
cardiache e la dieta.
Nel 1961 Keys, descritto dai colleghi come dotato di una
personalità aggressiva e molto persuasiva, si assicurò una
posizione nel comitato nutrizionale dell'American Heart
Association, le cui linee guida dietetiche erano considerate
all'epoca il gold standard. Poco dopo l'arrivo di Keys, l'AHA
emanò le sue prime linee guida sui grassi saturi e nei venti anni
successivi i presunti mali dei grassi saturi divennero la nuova
ortodossia della medicina occidentale. Oggi sappiamo che gli
studi di Keys - dal Sette Paesi al Minnesota Coronary
Experiment - avevano tutti in comune la violazione di diverse
norme scientifiche fondamentali. In pratica, erano frodi. Nello
studio dei Sette Paesi, ad esempio, Keys analizzò i dati di ben
più di sette nazioni ma, per pubblicare una ricerca che
avvalorasse le sue teorie, selezionò solo i Paesi compatibili con
la sua ipotesi.
Nella ricerca fu esclusa la Francia, una nazione con una dieta
ad alto consumo di grassi dove, rispetto alla media, vi erano

40
poche malattie cardiache, così come altri Paesi nei quali si
consumavano molti grassi ma le persone non soffrivano di alti
tassi di problemi cardiovascolari.
Per oltre mezzo secolo, la scienza ha indicato nei grassi
animali il peggior colpevole della dieta moderna, contribuendo
in modo sostanziale al successo delle diete ad alto contenuto di
carboidrati e costringendo le aziende del settore alimentare, e
delle bevande, a creare prodotti a basso contenuto di grassi e di
conseguenza quasi sempre ad alto contenuto di zuccheri.
La guerra che medici e istituzioni pubbliche hanno
perpetrato a scapito dei grassi saturi si è verificata, più o meno,
contemporaneamente in tutto il mondo occidentale e ha avuto
l'effetto di incoraggiare i consumatori a mangiare carboidrati
anziché grassi - almeno il 25% in più dall'inizio degli anni
Settanta - contribuendo all'esplosione dell'obesità e della
sindrome metabolica con malattie come diabete di tipo 2,
malattie cardiovascolari e tumori.

8.1. Colesterolo, amico o nemico?

“Ma il colesterolo non fa male? Tutti quei cibi ricchi di


colesterolo saranno sicuramente pericolosi per la salute e
metteranno a rischio di malattie cardiovascolari!” In realtà il
colesterolo è una molecola incredibilmente importante per la
nostra salute, talmente importante che è indispensabile in ogni
singola cellula del nostro corpo. Se le nostre cellule fossero

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sprovviste di colesterolo, noi moriremmo in meno di
ventiquattro ore.
Non solo, il nostro cervello è composto in buona parte
proprio dal colesterolo e, non so a voi, ma a me limitare il
consumo di una molecola così indispensabile per la salute non
sembra una buona idea. E, infatti, non lo è. La teoria del
colesterolo come causa delle malattie cardiovascolari è
smentita dalle ricerche1 e dall'osservazione della realtà, una
cosa che troppo spesso i medici in camice bianco dimenticano
di fare. Il colesterolo è essenziale per la produzione di ormoni
sessuali, inclusi gli estrogeni, il progesterone e il testosterone,
oltre che per la produzione di vitamina D. La vitamina D è una
molecola assolutamente indispensabile per rimanere in salute
e perché il nostro organismo possa trarre da questa molecola i
maggiori benefici, è necessario che i suoi livelli siano sempre
piuttosto alti. Il colesterolo non solo non è dannoso ma è vitale
per ogni cellula del nostro corpo tanto che senza non
potremmo vivere. Il colesterolo non è il responsabile dei danni
alle arterie ma è, al contrario, la sostanza utilizzata dal nostro
organismo per riparare i vasi sanguigni quando questi sono
danneggiati dalle infiammazioni. È un po' come quando c'è un
incidente sulla strada e vediamo le ambulanze sul luogo dello
scontro.
Non sono le ambulanze a causare gli incidenti, le ambulanze
si trovano lì per aiutare, soccorrere i feriti. Se riducessimo il
numero delle ambulanze sulla strada non risolveremmo,

1 LDL-C does not cause cardiovascular disease: a comprehensive review of the


current literature
https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/30198808/

42
ovviamente, il problema degli incidenti. Funziona più o meno
allo stesso modo con chi vende le medicine per abbassare il
colesterolo. Vorrebbero farci credere che siano lì per aiutarci,
combattendo l’infiammazione e ricoprendo la parete
dell’arteria danneggiata.
Il problema, però, è che ridurre i livelli di colesterolo non
sarà mai il modo migliore per risolvere il problema delle
infiammazioni, così come ridurre le ambulanze sulla strada
non risolverà il problema degli incidenti. L'importanza del
colesterolo è così grande che quando non ne assumiamo
abbastanza il nostro fegato, con un grande dispendio di
energia, incrementa la sua produzione per mantenere dei
livelli accettabili. Nonostante l’introduzione tramite la dieta di
dosi sufficienti di colesterolo, il fegato produrrà comunque
circa tre quarti del fabbisogno ed è quindi evidente che
introdurne meno non servirà ad altro se non a mettere sotto
stress il fegato che si attiverà per produrne ancora di più. La
scienza è molto chiara sul fatto che livelli alti di colesterolo
(quelli che oggigiorno vengono definiti alti) non siano
pericolosi ma siano, almeno fino a un certo punto, protettivi.
Infatti, tutti gli studi epidemiologici mostrano un'associazione
inversa fra livelli di colesterolo e mortalità per tutte le cause,
soprattutto quella per tumori. Ovvero, più alto è il colesterolo e
meno si muore. Non sembra avere molto senso abbassarlo,
giusto? Se proprio siete ansiosi e volete avere qualche
rassicurazione in più, c'è un valore, verificabile attraverso gli
esami del sangue, che può indicarvi il vostro rischio per

43
malattie cardiovascolari in maniera molto più attendibile
rispetto al valore del colesterolo.
Si tratta del rapporto fra trigliceridi e colesterolo HDL. Per
avere un basso rischio dovrebbe essere pari a 1 o meno di 1. Se
il vostro è più alto, non importa se il colesterolo totale sia
basso, avrete un rischio maggiore di infarto o ictus. Se invece il
rapporto è pari a 1, o meno di 1, non importa quanto il
colesterolo totale sia alto, il vostro rischio sarà bassissimo.
Il rapporto fra trigliceridi e HDL non dovrebbe però essere
utilizzato per le persone di origine sub-sahariana. Questi
popoli, infatti, non mostrano alti livelli di trigliceridi nel
sangue anche in caso di forme gravi di resistenza all'insulina.
Questo accade a causa di differenti tipi degli enzimi lipasi che
metabolizzano i trigliceridi. A differenza dei popoli caucasici o
asiatici, le persone di origine sub-sahariana resistenti
all'insulina mostrano anomalie dei livelli del glucosio nel
sangue, obesità e pressione arteriosa alta ma non presentano,
invece, alti trigliceridi e basso colesterolo HDL, quindi, nel loro
caso, questo indice non ha alcun valore. Se oltre che ansiosi
siete, persino, ipocondriaci e avete il timore di essere a rischio
di malattie cardiovascolari, fatevi misurare il CAC, che è
l'indice di calcificazione delle arterie, e se questo valore sarà
alto smettete di mangiare carboidrati, andate al sole e
mangiate tanto burro, carne e cibi ricchi di vitamina K2 (fino
ad integrarla, se occorre).

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8.2. I grassi per mantenere in salute il cervello

Nel pensiero comune contemporaneo, i grassi sono visti in


modo assolutamente negativo, come un rivestimento corporeo
isolante, il più delle volte eccessivo e antiestetico, oltre che ben
poco salutare. Questo è sbagliato perché i grassi sono un
importantissimo nutriente che ha funzioni essenziali per la
fisiologia umana, dall'assorbimento di altri nutrienti al
mantenimento di un efficiente sistema immunitario.
Un altro mito da sfatare è quello che vuole che i grassi saturi
siano di origine animale mentre quelli insaturi siano di origine
vegetale. In realtà ogni cibo, proveniente dal mondo animale o
dal mondo vegetale, contiene un misto di grassi saturi,
monoinsaturi e polinsaturi, così come verrà spiegato nel
dettaglio nell'apposito capitolo sulla composizione dei vari oli
e grassi alimentari.
Una delle tante scuse utilizzate dai vari ufficiali sanitari per
promuovere nelle loro linee guida alimentari i cibi di origine
vegetale è la presenza di due grassi polinsaturi essenziali:
l'acido alfa-linoleico (ALA), che fa parte della famiglia degli
Omega-3, e l'acido linoleico (LA) che è, invece, un Omega-6.
Quello che però non viene specificato è che entrambi gli acidi
grassi (ALA e LA) si trovano in un grande numero di cibi di
origine animale e non è dunque necessario mangiare verdure
per assumerne in ampie quantità, a patto di mangiare
sufficienti grassi.
In realtà non è neppure necessario assumere questi acidi
grassi dal cibo, perché il nostro corpo li utilizza per produrre

45
tre altri tipi di acidi grassi, ovvero l'Omega-3 acido
eicosapentaenoico (EPA), l'Omega-6 acido arachidonico (ARA),
e soprattutto l'Omega-3 acido docosaesanoico (DHA). Si tratta
di un discorso un pochino tecnico, e forse noioso, ma è
particolarmente importante. Seguitemi e capirete perché.
Nessuno dei tre acidi grassi sopra menzionati, Omega-3 EPA,
Omega-6 ARA e Omega-3 DHA, esiste in alimenti di origine
vegetale. Soprattutto il DHA è particolarmente importante
perché costituisce circa il 15% del totale del nostro cervello che
è composto per quasi il 70% da grassi. Il DHA è, inoltre,
fondamentale per la formazione della mielina, quella sostanza
che come una guaina riveste i nostri nervi e li isola
elettricamente, consentendogli di trasmettere i loro specifici
segnali. Quando ci sono problemi a questa guaina di mielina, ci
sono anche seri problemi neurologici, particolarmente
invalidanti.
Se un acido grasso che costituisce una buona parte del vostro
cervello, e riveste tutti i vostri nervi, vi sembra qualcosa di
importante, ebbene, lo è. Ma c'è di più. Molti scienziati, infatti,
ritengono che il DHA sia la molecola responsabile del nostro
essere coscienti e del pensiero astratto, oltre che delle
memorie. Questo acido grasso è dunque assolutamente
indispensabile per lo sviluppo della corteccia cerebrale e
rappresenta l'essenza stessa dell'essere umani.
A partire dal terzo trimestre in cui il bambino si trova nel
grembo della madre, e fino a circa due anni di età, bassi livelli
di DHA possono causare danni cognitivi, incorretto sviluppo

46
del cervello e della visione, disturbi psichiatrici fino a
un'estrema aggressività e autismo.
È, quindi, estremamente importante che questo nutriente sia
presente nell'alimentazione delle donne incinta e dei bambini
in tenera età. Ergo, per avere buoni livelli di DHA è necessario
che la dieta sia ricca di cibi di origine animale, soprattutto
grassi.
La possibile conversione dall'ALA (che si trova anche nei
vegetali) al DHA è infatti solo teorica. Alcuni studi sembrano
mostrare un 10% di efficienza, ovvero un tasso estremamente
basso, ma molti altre ricerche riportano una conversione pari a
zero ed è per questo motivo che, soprattutto nel caso di
bambini al di sotto di due anni di età, la scienza indica
chiaramente la necessità di fornire questo essenziale nutriente
attraverso la dieta.
Inoltre, l'importanza del DHA cresce in proporzione
l'avanzare dell'età, una fase della vita che vede cambiamenti
causati dallo stress ossidativo, dalla diminuita efficienza dei
mitocondri e dai danni degenerativi al DNA, ovvero solo alcuni
dei problemi che si verificano quando i livelli di DHA sono
insufficienti.
Avere bassi livelli di questo acido grasso durante la vecchiaia
rappresenta un fattore direttamente collegato al rischio di
Alzheimer, la più comune forma di demenza senile. Vediamo
subito quali sono i cibi che contengono più DHA. Essendo un
Omega-3, molti di voi avranno già intuito che pesci grassi come
salmone, sgombro, aringhe, sardine e acciughe siano la fonte

47
più ricca anche se, in quantità minori, si trovano pure nelle
uova e nella carne di animali alimentati al pascolo.
La saggezza popolare vedeva le mamme infilare giù per la
gola dei bambini (visto il gusto non particolarmente piacevole)
un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo per mantenerli sani e
forti. Quelle mamme non sbagliavano perché è proprio nell'olio
di fegato di merluzzo che si trova una delle fonti principali di
DHA.

8.3. Ma non si ingrassa a mangiare i grassi?

Facciamo subito chiarezza su un punto fondamentale.


Nonostante la dieta chetogenica venga spesso promossa o
descritta come una dieta ad alte quantità di grassi, in realtà,
può non esserlo affatto. Questa confusione deriva dallo
sviluppo della prima dieta chetogenica moderna, nata per
curare l’epilessia e definita, solitamente, “chetogenica
terapeutica”. Tuttavia la dieta “chetogenica terapeutica” è un
regime alimentare a zero carboidrati ma anche a basse
proteine per la necessità di tenere l’insulina con i livelli più
bassi in assoluto (anche le proteine stimolano una certa
produzione di insulina).
L’unica definizione corretta di una dieta chetogenica è quella
di una dieta che induca l’organismo a produrre corpi chetonici,
condizione che si realizza riducendo i carboidrati sotto una
certa quantità giornaliera. Quindi, ci possono essere diete

48
chetogeniche ad alti grassi, a bassi grassi, “pulite” (ovvero con
cibi salutari), “sporche” (ad esempio usando oli di semi), paleo,
non paleo e così via. La scelta del tipo di dieta chetogenica
dipenderà certamente dagli obiettivi che la persona stessa si
pone ma, in questo libro, si discuterà soprattutto della dieta
chetogenica non terapeutica “pulita”, con quantità di grassi
variabili a seconda che si voglia perdere peso oppure no.
Sostanzialmente, in questo tipo di alimentazione si mangiano
ampie quantità di proteine (carne e pesce) a sazietà. Se si
desidera perdere peso si potrà limitare il consumo di grassi
così da utilizzare a scopo energetico quelli che abbiamo su
pancia o glutei.
Se invece si vuole mantenere o aumentare il peso (ad
esempio aumentare la massa muscolare tramite allenamento
con i pesi) si incrementerà la quantità di grassi “buoni, come
uova, carne rossa grassa, burro, olio extra vergine di oliva
(moderatamente e possibilmente a crudo visto che è pur
sempre un grasso insaturo) e così via.
La quantità ideale di proteine giornaliere è intorno ai 1,6 –
2,2 grammi per kg di peso corporeo ideale. Ovvero, per una
donna di circa 60 kg (non in sovrappeso) da poco meno di 100
grammi a poco più di 120 grammi al giorno mentre, per un
uomo di 80 kg (non in sovrappeso) da 130 a 170 grammi al
giorno.
Per raggiungere questi livelli di proteine è consigliabile
mangiare carne, pesce e uova a sazietà. Forse oggigiorno sono
poche le persone che sono in grado di ingerire queste quantità
di proteine, ma questo accade perché ci siamo allontanati così

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tanto dal modo di mangiare ancestrale che non ricordiamo più
come si nutrivano i nostri antenati. Solo per fare un esempio,
100 grammi di proteine corrispondono a circa 500 grammi di
carne oppure a 400 grammi di carne e quattro uova.
È importante notare come le proteine siano il
macronutriente più saziante, quindi, se si volesse perdere peso,
dovrebbero essere inserite nella dieta in modo prioritario. Una
volta stabilita la quota proteica ideale, si dovrebbero utilizzare
i grassi come leva per influenzare la perdita (o meno) di grasso
corporeo, aumentandoli o diminuendoli a seconda
dell'obiettivo specifico.

8.4. Quali grassi mangiare

Non tutti i grassi sono uguali, anzi. La qualità dei grassi è una
delle cose più importanti dell'alimentazione e forse vi
sorprenderà sapere che i grassi raccomandati dalle linee guida
alimentari sono in realtà i peggiori per la vostra salute.
Impossibile, direte, medici e dietologi non si presterebbero mai
a un inganno di questa portata! Eppure, così come avrete modo
di constatare, quando sono i medici e i dietologi
contemporanei a stilare programmi e modelli, puntualmente,
alcuni conti non tornano. Ma facciamo un passo indietro.
Ci sono tre tipi di grassi, categorizzati a seconda della loro
predisposizione a ossidarsi: grassi saturi (SFA), monoinsaturi
(MUFA) e polinsaturi (PUFA). L'ossidazione è una brutta cosa, è

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quello che fa arrugginire la vostra auto e nel caso dei grassi
provoca l'irrancidimento. Non sembra sano mangiare grassi
irranciditi, giusto?
Ed infatti non lo è. Questo inoltre è il motivo per il quale le
pareti delle nostre cellule sono fatte di grassi saturi, perché per
quella importantissima funzione serve un materiale stabile e
robusto. Ma come è possibile che i grassi saturi non ci facciano
venire un infarto? Ogni medico che si rispetti, cardiologo o
dietologo, consiglia di non superare il 10-15% di grassi saturi
nella dieta. Tuttavia, osservando il mondo reale le cose
sembrano essere decisamente diverse. Un classico esempio
sono le popolazioni che vivono nelle Isole del Pacifico.
Alcune presentano un elevatissimo consumo di grassi saturi
(fino al 40-50% delle calorie, soprattutto da cocco) abbinato a
bassi carboidrati, in altre, invece, i grassi saturi sono abbinati
ad alti carboidrati. In ciascuno di questi esempi, l'elevata
quantità dei grassi saturi nella dieta ha un effetto protettivo
verso le malattie cardiovascolari e la sindrome metabolica.
Addirittura, in popolazioni che abbinano alti grassi saturi e alti
carboidrati, i grassi mostrano di ridurre il tasso di diabete e
dimostrano di abbassare i tassi di obesità in popolazioni che
presentano obesità diffusa con un’incidenza di malattie
metaboliche minore di quello che ci si aspetterebbe.
Lo stesso tipo di paradosso si ripropone anche in popolazioni
quasi esclusivamente carnivore in Africa e in Paesi come la
Francia e regioni del Nord Europa dove si usano molti più
grassi saturi rispetto ai paesi mediterranei ma dove il tasso di
malattie cardiovascolari è lo stesso o, addirittura, più basso

51
rispetto ai paesi con una dieta tipicamente meno ricca di grassi
saturi.
Nel caso della Francia, i ricercatori si sono inventati anche il
cosiddetto “Paradosso Francese”, spiegando come le alte
quantità di vino rosso proteggessero in qualche modo dagli
effetti nefasti di burro, formaggi e lardo, ma questo
“paradosso” non spiega come questo fatto possa essere
possibile in Germania, o in Norvegia, dove il vino Bordeaux non
è una bevanda così popolare.
Dunque i grassi da mangiare sono prevalentemente quelli
saturi, ovvero quelli contenuti nei tagli di carne di ruminante
(vacca, pecora e capra), nel burro e in altri latticini a latte
intero come formaggi e panna, nel tuorlo delle uova, nel sego,
nell'olio di cocco, oltre a quelli contenuti nei pesci grassi, dal
pesce azzurro fino al salmone.
Merita un discorso a parte il grasso del maiale perché la sua
qualità dipende interamente dalla dieta dell'animale stesso e
purtroppo, oggigiorno, questa è composta prevalentemente da
oli di tipo vegetale e farine di cereali e legumi. Una volta, per
indicare qualcosa di veramente terribile per la salute, si diceva
“Questa schifezza non la daresti neppure al maiale”. Eppure,
oggi, è proprio quello che viene fatto e il problema è che questi
animali, a differenza dei ruminanti, non sono in grado di
sintetizzare gli acidi grassi, per cui, la qualità del loro grasso
sarà la stessa del grasso che gli verrà somministrato attraverso
il mangime.

52
Non dico di evitare il maiale ma in questo caso è opportuno
ridurre il consumo di questa carne a una o due volte alla
settimana.
Inoltre, andranno completamente evitati anche tutti gli oli di
semi e di legumi, composti quasi esclusivamente da acidi grassi
polinsaturi, ovvero i più dannosi. Così facendo si manterrà un
elevato rapporto fra grassi saturi e grassi polinsaturi (questi
ultimi da evitare a tutti i costi) in un equilibrio fondamentale
per la salute generale dell’organismo e per la perdita di peso,
se necessaria.
In tutto questo, in quale parte (buona o cattiva?) si trova
l’olio extra vergine di oliva? Diciamo che si trova a metà, nel
senso che questo olio non è un grasso così dannoso come gli oli
di semi in quanto è fatto soprattutto da acidi grassi
monoinsaturi, sicuramente migliori di quelli polinsaturi ma
certamente peggiori di quelli saturi. Utilizzatelo dunque per
condire a freddo, con moderazione, tenendo a mente che se il
vostro obiettivo è il dimagrimento sarebbe opportuno
eliminarlo completamente dalla vostra dieta.

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54
9. Come iniziare la dieta chetogenica

U na persona che non presenta particolari problemi di


salute può iniziare una dieta chetogenica riducendo i
carboidrati introdotti giornalmente a meno di 20 grammi.
Tutto qui. Potreste gettare il libro nel cestino della spazzatura,
ora, e iniziare. Per entrare in chetosi non avreste bisogno di
sapere altro. Tuttavia, se desiderate approfondire la questione
e cercare di capire quale tipo di dieta chetogenica possa fare al
vostro caso, adattandola meglio ai vostri obiettivi e alle vostre
particolari esigenze, allora, vi consiglio vivamente di
continuare a leggere.
Principalmente, una dieta chetogenica è così definita per il
fatto di essere in chetosi, uno stato metabolico nel quale il
nostro corpo utilizza i grassi per produrre corpi chetonici. I
corpi chetonici saranno utilizzati, al posto degli zuccheri, per
produrre energia, quella che servirà al nostro organismo per
essere sano e forte. Il passaggio completo a questo tipo di stato
metabolico richiede un periodo di tempo variabile che può
essere anche di sole ventiquattro ore nelle quali si introducano
non più di circa 20 grammi di carboidrati. La quantità esatta è
difficile da stabilire e varia da persona a persona, soprattutto a
seconda del livello di fitness ma, generalmente, questa è la
quota accettata sotto la quale si entra, comunque, in chetosi. I
20 grammi di carboidrati al giorno sono quasi sempre contati
senza considerare quelli presenti nelle verdure non amidacee

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come broccoli, spinaci, cavolfiore, e quelli presenti nei frutti
come pomodori o avocado. L’avocado è un frutto che fa spesso
capolino nei menu chetogenici grazie al suo alto contenuto in
grassi saturi. Per restare sotto questa soglia occorre eliminare,
del tutto, i carboidrati, compresi tutti i cereali e i grani come
riso, grano, mais, avena (e altri) i legumi, tutti gli zuccheri, le
bevande gassate e i succhi di frutta, soprattutto quelli composti
al 100% da frutta. Un buon modo di cominciare la dieta
chetogenica è quello di eliminare completamente la frutta
zuccherina. Una volta che ci si adatta, si potranno reintrodurre
moderate quantità di frutti a basso contenuto di zuccheri,
come ad esempio i frutti di bosco. Un altro gruppo di cibi da
eliminare sono i tuberi, dalle patate alle carote, dalle patate
dolci alle barbabietole, compresi i vegetali ad alto contenuto di
zuccheri come le zucche.
La frutta secca è spesso inclusa anche nelle prime fasi di una
dieta chetogenica, è un ottimo snack, ma occorre stare attenti
perché è facile esagerare. Mangiare un pugno di pistacchi è un
modo eccellente per far passare la fame a metà pomeriggio ma
meglio non mangiarne un intero sacchetto perché contengono
carboidrati e molti grassi polinsaturi. Nella prima fase della
dieta chetogenica i grassi potranno essere usati, liberamente,
per saziare. Intendo sia i grassi naturalmente presenti nella
carne sia quelli aggiunti. Aumentare la quota di grassi servirà a
far passare la voglia di carboidrati, vi manterrà sazi e aiuterà il
vostro metabolismo a passare più velocemente dal bruciare
zuccheri al bruciare acidi grassi e chetoni. Una volta che vi
sarete adattati potrete variare la quota dei grassi nella dieta in

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base all'obiettivo che vi sarete preposti. Se siete degli atleti, o
fate intensa attività sportiva, potrete aumentarli. Al contrario,
se vorrete perdere peso, li diminuirete. Vi ricordo che,
ovviamente, per usufruire di tutti i benefici della dieta
chetogenica dovremmo intenderla come uno stile di vita a
lungo termine e non come una dieta da intraprendere per due
settimane prima della prova costume.

9.1. Se avete la pressione alta

Se avete la pressione alta, iniziare una dieta chetogenica


potrebbe essere il modo migliore per abbassarla in modo
naturale, spesso in maniera tale da eliminare l'uso dei farmaci.
Ci sono, però, alcune cose di cui dovreste essere consapevoli. Se
intraprenderete una dieta chetogenica e proseguirete con
l’assunzione dei farmaci prescritti per abbassare la vostra
pressione, ci sarà un rischio concreto che l'abbassamento
naturale causato dalla dieta renda quei farmaci fin troppo
efficaci e che la vostra pressione scenda fin troppo.
A volte, anche solo un paio di settimane in chetosi possono
avere un drastico effetto di abbassamento della pressione ed è
per questo motivo che, se state prendendo dei farmaci, dovrete
monitorare eventuali sintomi di bassa pressione e, se
necessario, discutere con il vostro medico sulla possibilità di
ridurre il dosaggio o, eventualmente, eliminare
completamente l’assunzione del farmaco.

57
Un problema può essere rappresentato dal fatto che i sintomi
di pressione bassa sono molto simili a quelli che alcune
persone sperimentano nei primi giorni di dieta keto-flu, quindi,
sarà di fondamentale importanza misurare la vostra pressione
qualora si presentassero sintomi come debolezza o giramenti
di testa. Un altro aspetto da tenere assolutamente in
considerazione è l'uso del sale.
In una dieta chetogenica, normalmente, è preferibile condire
gli alimenti con un buon quantitativo di sale, soprattutto
durante le prime due settimane di dieta è preferibile assumerlo
in dosi più alte del normale per ridurre, o eliminare, i sintomi
della possibile keto-flu. Se avete la pressione alta è preferibile,
per cautela, non incrementare la dose di sale giornaliera e nel
peggiore dei casi sperimenterete qualche giorno di debolezza
dovuti al fatto che il vostro metabolismo si sta adattando alla
chetosi.

9.2. Se avete il diabete

I benefici che le diete a bassi carboidrati apportano nei


soggetti diabetici sono talmente evidenti che anche lo CSIRO,
l'ente di ricerca governativo australiano (analogo al CNR
italiano), ha pubblicato un libro e ha attivato un sito web dove
incoraggia i pazienti diabetici a seguire questo tipo di regime
alimentare. Innanzitutto, se siete in sovrappeso, o se siete
obesi, perdere peso è uno dei modi principali per rallentare la

58
progressione del pre-diabete o del diabete di tipo 2 e abbiamo
già mostrato come la dieta chetogenica sia particolarmente
efficace per questo obiettivo, ovvero perdere peso.
Ma sarà, soprattutto, attraverso la significativa diminuzione
dei carboidrati che si ridurrà notevolmente la glicemia e il
corpo, di conseguenza, produrrà meno insulina. La riduzione
della produzione di insulina sarà l'aspetto che porterà i
migliori benefici ai soggetti con diabete di tipo 2 ma anche a
quelli con diabete di tipo 1. Questo è anche il motivo per il
quale le persone che assumono medicinali per il diabete,
principalmente insulina, prima di limitare il consumo di
carboidrati dovrebbero sempre consultare il proprio medico e
tenere un monitoraggio costante, soprattutto durante i primi
mesi di dieta chetogenica. La riduzione degli zuccheri dovrà
sempre essere seguita da un adeguamento nel dosaggio di tali
farmaci in modo da evitare livelli di glucosio pericolosamente
bassi. In alcuni casi l’assunzione di dosi più basse di insulina,
diminuite per poter ridurre eventuali errori di dosaggio, ha
mostrato che possono insorgere gravi conseguenze, persino
fatali.
Fatta questa doverosa premessa, una dieta chetogenica ha,
non solo la possibilità di ridurre drasticamente l'uso di quei
medicinali ma presenta, inoltre, la concreta possibilità di
portare a una totale remissione del diabete di tipo 2 e a un uso
molto inferiore dell'insulina nei pazienti con diabete tipo 1.
Le iniezioni di insulina servono infatti a tenere sotto
controllo i picchi di glucosio nel sangue causati dalla
digestione dei carboidrati. Se non mangerete quasi più

59
carboidrati non avrete più quei picchi e, di conseguenza,
dovrete variare, spesso in modo drastico, il dosaggio
dell'insulina e degli altri medicinali utilizzati per tenere sotto
controllo il diabete. Continuare ad assumere le stesse dosi di
farmaci rischierebbe di portarvi verso ipoglicemie
potenzialmente molto pericolose.

9.3. Celiachia e dieta chetogenica

Circa l'1% della popolazione dei paesi occidentali è celiaco,


con un tasso di diffusione maggiore tra le donne rispetto agli
uomini. La percentuale dell’ 1% definita dagli organismi
preposti è ridicolmente sottostimata perché la diagnosi di
celiachia, invece che essere stabilita durante i primi segnali di
intolleranza viene quasi sempre accertata solo quando sono
sopraggiunti dei danni particolarmente avanzati. La celiachia è
un disordine ritenuto di origine autoimmune (è curioso notare
come oggigiorno nel mondo occidentale ci sia un’esplosione di
tutte queste malattie autoimmuni, malattie pressoché
inesistenti fino a sessanta anni fa) dovuto alla presenza di
glutine e lectine. Il glutine è una proteina contenuta nei cereali
come il grano, l'avena, l'orzo e altri grani ed è il principale
responsabile del disordine.
Le lectine, presenti anch’esse nei cereali, contribuiscono
all’infiammazione seppur in modo minore rispetto al glutine.

60
In un paziente celiaco, anche tracce microscopiche di glutine
danneggiano i villi intestinali con conseguente
malassorbimento, malnutrizione, oltre a un incrementato
rischio di malattie della tiroide, osteoporosi, tumori di vario
tipo e ulteriori patologie autoimmuni. La celiachia è difficile da
diagnosticare e spesso si manifesta con diarrea (sintomo
comune a moltissimi altri problemi), anemia e lesioni alla
bocca che molti attribuiscono al virus herpes. La dieta
chetogenica esclude tutti i grani e tutti i cereali, inclusi quelli
che contengono glutine, e risulta quindi la dieta ideale per i
celiaci, soprattutto quando escluda anche altre lectine (il
glutine può essere considerato una lectina) come quelle
contenute nelle solanacee (pomodori, melanzane, patate...) e
nei legumi. Nel caso di celiachia e dieta chetogenica non ci
sono particolari precauzioni da prendere, anzi. Le capacità
antinfiammatorie della dieta aiuteranno significativamente in
caso di celiachia o di altri disturbi causati dal glutine.
Ad ogni modo, sarebbe opportuno che i soggetti celiaci
(soprattutto quelli che gradiscono sostituire i prodotti con
glutine con prodotti che non contengono glutine) sapessero
che i prodotti commerciali da forno “gluten free” sono
assolutamente da evitare perché si tratta, quasi sempre, di
prodotti elaborati con farine diverse da quelle del grano ma
con un’alta percentuale di amidi. Gli amidi sono terribili per i
picchi insulinici perché provocano, o rischiano di aggravare,
problemi alla tiroide o il PCOS, la sindrome da ovaio policistico,
che ha una forte connessione con il mangiare glutine e
carboidrati in generale.

61
Purtroppo per i celiaci italiani, la cui dieta è prettamente
basata su pane e pasta, non ci sono sul mercato sostituti di
qualità apprezzabile. Esistono diversi tipi di ricette
chetogeniche per panini gluten free ma, per chi è abituato al
sapore, alla consistenza e alla croccantezza del pane
tradizionale, ad esempio, non sarà difficile riscontrare una
certa delusione e insoddisfazione. Si tratta, infatti, di prodotti
alternativi che possono ricreare l’idea di un certo alimento ma
che, chiaramente, non potranno mai riprodurlo in modo
identico.

62
10. Aumentare il peso con la dieta
chetogenica

E rroneamente, molte persone pensano che la dieta


chetogenica serva solo ed esclusivamente a perdere peso.
Questo fatto è assolutamente comprensibile visto che grazie
agli eccellenti risultati raggiungibili attraverso questo tipo di
dieta sono, oramai, numerosi gli specialisti dell’alimentazione
che la promuovono per la sua efficacia in termini di esiti
concreti sul dimagrimento.
Ma la dieta chetogenica non è unicamente una dieta che può
essere utilizzata per eliminare con successo peso e grasso in
accumulo. Pochi sanno che attraverso questo regime
alimentare è anche possibile aumentare la massa muscolare.
“Ma i body builder mangiano ampie quantità di carboidrati!”
Ecco un altro mito da sfatare. Infatti, la storia del body
building è piena di esempi di atleti che seguivano una dieta
chetogenica, la famosa dieta “carne e acqua”. Soprattutto
nell'epoca d'oro del culturismo, questo particolare tipo di dieta
chetogenica, essenzialmente una dieta carnivora pura, veniva
seguita nel periodo lontano dalle gare per aumentare la massa
muscolare senza ingrassare particolarmente.
È importante capire che per aumentare la massa muscolare
del nostro corpo servono, essenzialmente, due condizioni: uno
stimolo muscolare progressivamente crescente, che si ottiene
sollevando pesi in palestra, e un'alimentazione che contenga

63
sufficienti proteine e offra un surplus di energia rispetto a
quanto richiesto, per promuovere la generazione di nuovo
tessuto muscolare.
Una sufficiente quantità di proteine è fondamentale e le
proteine si possono paragonare ai mattoni per costruire una
casa. Se le proteine sono insufficienti, avere uno stuolo di
muratori con cemento e cazzuole non servirà a nulla.
Per aumentare di peso occorrerà mantenere i livelli più alti
del range consigliato in una dieta chetogenica, ovvero intorno
ai 2,2 grammi al giorno di proteine per kg di peso corporeo,
una quantità da incrementare ulteriormente, anche fino a 3
grammi per kg di peso corporeo al giorno, qualora si volesse
migliorare la definizione. In quest’ultimo caso si abbasseranno
progressivamente le quantità di grasso mentre le proteine
eserciteranno una funzione anti-catabolica, preservando la
massa muscolare anche in deficit energetico. Per aumentare la
massa muscolare, oltre alle proteine, servirà avere abbondante
energia.
Quelle proteine saranno utilizzate per creare nuovo muscolo
e quella energia verrà fornita dai grassi che andranno
incrementati, indicativamente, a 50-60 grammi al giorno
rispetto alla quantità sufficiente per mantenere il peso stabile.
Come anticipato, per ottenere certi risultati servirebbe anche
uno stimolo muscolare crescente. Anche se non è questa la
sede per trattare l'argomento dell'allenamento in palestra
mirato alla crescita muscolare, basterà fare l'esempio del
mitico Milo di Crotone. Milo era un lottatore dell’antica Grecia
che, in preparazione per le Olimpiadi, ogni giorno portava un

64
vitello sulla schiena. Visto che il peso del vitello cresceva
quotidianamente, allo stesso modo, Milo, incrementava
quotidianamente la sua forza, fino a quando fu in grado di
portare, senza difficoltà, una vacca adulta. Nella realtà degli
esercizi eseguiti in palestra sarà impossibile aumentare
costantemente il peso sollevato e l'aumento progressivo del
carico dovrà, quindi, venire da una combinazione di aumento
del peso, aumento del volume di allenamento e aumento
dell'intensità.

65
66
11. I benefici della dieta chetogenica

C ome accennato in uno dei precedenti capitoli, la dieta


chetogenica fu utilizzata in ambito terapeutico
soprattutto per il trattamento dell'epilessia ma sono molteplici
le condizioni e i disordini per i quali questa tipologia di
alimentazione porta notevoli vantaggi.
Spesso, gli straordinari benefici riscontrati con la dieta
chetogenica portano a un uso dei farmaci nettamente
inferiore. In molti casi, addirittura, i trattamenti farmacologici
non sono più necessari perché la sola dieta risolve,
completamente, la patologia preesistente.

11.1. I benefici per il cervello e i mitocondri

Non vi fate spaventare dalle parolone, i mitocondri sono


sostanzialmente dei piccoli organuli che all’interno delle
nostre cellule producono l'energia necessaria per la nostra
vita. Se pare che siano importanti è proprio perché lo sono,
infatti, mantenerli in piena efficienza è il modo migliore per
avere una vita lunga e in salute.
I mitocondri sono estremamente più efficienti quando
l’organismo in cui si trovano riceve alimenti compatibili con
una dieta chetogenica rispetto a quando ricevono carboidrati,
zuccheri in generale. Infatti, queste piccolissime strutture si

67
sono evolute essenzialmente per usare i grassi, riducendo così
il carico tossico provocato dall'utilizzo del glucosio per
produrre energia.
Infatti, mentre i grassi possono essere usati dai mitocondri in
modo diretto, i carboidrati dovranno essere processati dalle
cellule prima che i mitocondri li possano utilizzare per lo scopo
preciso di generare l’energia necessaria al nostro organismo.
Molte malattie autoimmuni causano un calo dell’energia
prodotta dai mitocondri e questo calo può determinare la
comparsa di malattie come ad esempio tumori, sclerosi
multipla, fibromialgia o artrite reumatoide.
In questo caso la dieta chetogenica è in grado di intervenire
sia sulle cause della malattia, sia sull'efficienza dei mitocondri
e, di conseguenza, sui livelli di energia.
È importante sapere che avere mitocondri in ottima forma
significa rallentare l'invecchiamento dal punto di vista
funzionale ed estetico. Quando l’attività mitocondriale inizia a
essere compromessa, infatti, il nostro corpo concentra
l'energia per le sue funzioni più importanti e fra queste, ad
esempio, non rientra la tonicità delle parti adipose e della pelle
del viso. Mitocondri sani e funzionali significa un volto più
giovanile. E il cervello?Il detto mens sana in corpore sano è
vecchio ma sempre valido e la dieta chetogenica è perfetta
anche per il cervello.
Ci sono ampie indicazioni che sia stata proprio la dieta
chetogenica a far crescere e sviluppare il cervello degli esseri
umani durante i tre milioni di anni di evoluzione. Oggigiorno,
quella crescita sembra quasi essersi fermata e, per di più, pare

68
che negli ultimi decenni le malattie degenerative del cervello
come atrofia, Alzheimer, Parkinson e demenza siano diventate
la norma.
I nostri due organi più importanti sono il cervello e il cuore.
Non è un caso se proprio questi due organi si siano evoluti
utilizzando i chetoni come forma preferita di energia. Infatti,
l’uso dei corpi chetonici determina una resa superiore rispetto
all’uso del glucosio, fino a un 25% di maggiore efficienza da
parte dei mitocondri.
I chetoni possono attraversare la barriera sangue-cervello e
fornire direttamente ai neuroni l'energia necessaria. È per
questo motivo che in molte malattie degenerative, quando il
cervello non è in grado di utilizzare correttamente l'energia
prodotta dal glucosio, la dieta chetogenica è in grado di
produrre sensibili miglioramenti.
Grazie alle proprietà dei chetoni, la dieta chetogenica sembra
essere particolarmente benefica per l'umore e molte ricerche
suggeriscono che questo tipo di alimentazione potrebbe
apportare benefici per diverse condizioni di salute mentale
come la depressione, il disturbo bipolare, la schizofrenia e la
demenza.
Essere in uno stato di chetosi sembra avere un'influenza
positiva sul cervello che va dall'effetto antiossidante
all'aumento della lucidità mentale fino a un generale senso di
benessere.
È stato dimostrato che la chetosi aumenta la produzione di
un neurotrasmettitore comune nel cervello, il GABA, la cui
carenza sembra essere responsabile di diversi disturbi. Gli studi

69
condotti sull'uso della dieta chetogenica nell'epilessia, ad
esempio, tendono a dimostrare che un buon equilibrio del
GABA porta a una migliore concentrazione mentale e a una
riduzione dello stress e dell'ansia.
Inoltre, contrariamente alla convinzione comune secondo la
quale il glucosio sarebbe essenziale per il cervello, i corpi
chetonici prodotti dal grasso durante una dieta chetogenica,
come il beta-idrossibutirrato, possono fornire un carburante
alternativo per il cervello ancora più efficiente rispetto al
glucosio.
Si ritiene anche che i chetoni aumentino il numero di
mitocondri delle cellule cerebrali incrementando i livelli di
energia in tali cellule.
Tale aspetto è particolarmente importante poiché molti
disturbi mentali hanno in comune un problema principale,
ovvero la carenza di produzione di energia nelle cellule del
cervello ed è probabilmente questo il motivo principale per il
quale una dieta chetogenica presenta dei profondi effetti
migliorativi sulla salute mentale e sulle condizioni
neurodegenerative.
Alcune ricerche in merito hanno suggerito come,
effettivamente, la dieta chetogenica riduca lo stress ossidativo,
l'infiammazione nel cervello e i livelli di infiammazione.
Inoltre, grazie all’utilizzo dei corpi chetonici come
combustibile vi è un aumento dell'energia che contribuisce al
miglioramento delle funzioni cerebrali. Gli studi hanno
dimostrato che uno dei motivi per i quali la dieta chetogenica
potrebbe dare degli ottimi risultati nel trattamento delle crisi

70
epilettiche potrebbe essere l'aumento dei livelli di un
importante molecola, il glutatione.
Questa molecola viene definita come il grande antiossidante,
fondamentale per un gran numero di processi fisiologici e per
il mantenimento di un efficiente sistema immunitario.
L’aumento dei livelli di glutatione andrebbe, quindi, a
beneficio non solo nel trattamento dell'epilessia ma anche in
termini di salute e benessere generale dell’organismo.
Insomma, il nostro cervello, che è fatto quasi interamente di
grassi, preferisce di gran lunga utilizzare chetoni piuttosto che
glucosio.

11.2. I benefici per i tumori

Quando le cellule perdono l'abilità di produrre l'energia di cui


hanno bisogno attraverso la normale respirazione cellulare,
utilizzano la glicolisi tramite la fermentazione. Si tratta di un
meccanismo antichissimo che, durante l’evoluzione della vita
sulla terra, veniva usato da tutti gli organismi viventi, prima
che l'atmosfera terrestre avesse abbondanti quantità di
ossigeno.
Tale meccanismo, seppur antichissimo, è per certi versi poco
efficiente, molto meno efficiente del metabolismo adottato dai
mitocondri quando questi utilizzano i grassi per produrre
energia, come avviene durante la chetosi. In alcuni casi, l’uso
della fermentazione provoca le mutazioni genetiche che sono

71
state spesso trovate nei tumori e che sono dunque una
conseguenza del tumore e non una causa. Per questo motivo, le
terapie utilizzate fino a oggi per la cura dei tumori non sono
riuscite a portare dei risultati concreti ma si sono basate,
fondamentalmente, su false premesse.
Il glucosio e la glutammina (un aminoacido) sono i substrati
che le cellule tumorali utilizzano nella fermentazione e sono
anche le sostanze che servono al tumore per produrre nuove
cellule.
La caratteristica delle cellule tumorali a crescita veloce fu
dimostrata da Otto Warburg nel 1924 e fu proprio grazie a
queste sue ricerche che fu insignito del premio Nobel per la
medicina.
A seguito di queste informazioni, sembrerebbe logico a tutti
(tranne agli oncologi e ai ricercatori delle case farmaceutiche,
evidentemente) che la miglior strategia terapeutica contro i
tumori sarebbe quella di eliminare, o ridurre il più possibile,
queste sostanze dalla dieta. Eppure pare non sia così logico
nonostante, ad esempio, uno dei metodi usati per verificare la
presenza di certi tumori sia quello di far bere ai pazienti un
bicchierone di acqua e glucosio e verificare quali siano le
cellule che per prime utilizzeranno quel nutriente.
Quelle cellule saranno le cellule tumorali. Una dieta
chetogenica ben formulata ha un enorme potenziale
terapeutico per la cura dei tumori. Infatti, le cellule cancerose
non hanno l'adattabilità metabolica di utilizzare i chetoni
come fonte energetica mentre le cellule sane, utilizzando i
chetoni al posto del glucosio, possono sopravvivere e,

72
addirittura, prosperare. Eliminare i carboidrati dalla dieta
(tutti, inclusi quelli delle verdure e della frutta) permette
letteralmente di far morire di fame le cellule tumorali.
Ma non si tratta solo di eliminare i carboidrati dalla dieta. La
dieta chetogenica terapeutica per i tumori andrebbe, infatti,
calibrata per ogni tipologia di cancro, pur mantenendo basi
comuni. Per esempio, nel caso di un tumore al seno, alla
tiroide, all'utero o alla prostata, tutti tumori sensibili agli
estrogeni, è opportuno eliminare i latticini dalla dieta a causa
dei metaboliti degli estrogeni presenti nei grassi di burro e
formaggi. Nei malati di tumore è quasi sempre raccomandata
la precauzione di eliminare i latticini per via della capacità
anabolica di questi alimenti, legata al fatto di stimolare la
produzione di insulina.
In generale, la dieta chetogenica terapeutica più utilizzata in
questi casi è una dieta molto restrittiva, che contiene zero
carboidrati, la quantità minima possibile di acidi grassi
polinsaturi (contenuti in oli di semi, noci e frutta secca ma
anche nel grasso di maiale e pollo), zero latticini e il minimo
necessario di proteine per mantenere la massa muscolare con
un alto contenuto di grassi saturi per arrivare al totale di
calorie giornaliero, che non deve essere troppo basso.
Trovare un buon dietologo che abbia esperienza con diete
chetogeniche per queste specifiche patologie è dunque
fondamentale e molti bravi oncologi sono spesso in grado di
dare delle indicazioni su chi rivolgersi, avendo cura di evitare
la troppa visibilità per non incorrere nelle ire delle associazioni
dei medici.

73
11.3. I benefici per il diabete

La dieta chetogenica è un regime alimentare a basso


contenuto di carboidrati e per questo motivo può risultare
molto vantaggiosa per i diabetici. Innanzitutto, ridurre
significativamente i carboidrati introdotti abitualmente nella
dieta ha un effetto importante sulla glicemia, tanto da
richiedere un adattamento del dosaggio dei farmaci usati per il
disordine.
La glicemia potrà stabilizzarsi al punto tale da far entrare la
malattia in completa remissione.
In questo caso, il trattamento farmacologico non sarà,
assolutamente, più necessario. Inoltre, la dieta chetogenica
potrà aiutare a ridurre il rischio di complicanze del diabete (in
larga parte causate dagli elevati livelli di zucchero nel sangue)
come danni ai nervi, ai reni e agli occhi. Molti studi dimostrano
come il solo uso della dieta permetta di ridurre
significativamente le complicanze più gravi che portano alla
amputazione di arti o alla rimozione dei globi oculari.
Oltretutto, meno glucosio e meno insulina in circolo equivale
a un minor rischio di sviluppare tumori. I benefici della dieta
chetogenica non si fermano qui. Infatti, questo tipo di
alimentazione rende molto più semplice la perdita concreta di
peso fino a dei livelli ottimali.

74
L'eccesso di peso è un fattore di rischio importante perché
può aggravare in maniera notevole i sintomi del diabete e le
complicanze da esso derivate, incluse quelle cardiovascolari,
con una notevole riduzione dei livelli dei trigliceridi nel
sangue, uno dei principali fattori di rischio per le malattie
cardiache.
In sintesi, la dieta chetogenica offre molteplici vantaggi alle
persone che soffrono di diabete, compreso il miglioramento del
controllo glicemico, il calo considerevole del rischio di
complicanze, la perdita di peso, la riduzione
dell’infiammazione e i conseguenti vantaggi sulla salute
cardiovascolare.

11.4. I benefici per l'ipertensione

La dieta chetogenica può aiutare a contrastare l'ipertensione


arteriosa attraverso diversi meccanismi. Così come per chi
soffre di diabete, essere in sovrappeso (o essere obeso o avere
un’alta infiammazione) risulta essere un fattore di rischio
particolarmente elevato per chi è soggetto a ipertensione.
Fortunatamente, il regime alimentare di tipo chetogenico
riesce, nella maggior parte dei casi, a ridurre questi rischi. Un
modo in cui la dieta chetogenica può aiutare a contrastare
l'ipertensione è quello della riduzione della resistenza
all'insulina. L'insulino-resistenza è una condizione in cui
l'organismo ha difficoltà a utilizzare correttamente l'insulina,

75
con conseguenti livelli elevati di questo ormone nel sangue.
Livelli elevati di insulina possono contribuire all'ipertensione
causando la ritenzione di sodio da parte dei reni che farà
aumentare, conseguentemente, la pressione e il volume del
sangue. Riducendo la resistenza all'insulina, la dieta
chetogenica può contribuire a migliorare i livelli di pressione
sanguigna.

11.5. I benefici per le malattie autoimmuni

Non vi è alcun dubbio che una delle emergenze sanitarie


degli ultimi decenni sia l'esplosione di malattie autoimmuni,
una vasta categoria di condizioni mediche accomunata da
elevato stress ossidativo e infiammazione sistemica. L'elenco di
queste malattie è lungo. Qui di seguito troverete una lista delle
più diffuse alle quali andrebbero aggiunte tutte quelle
condizioni mediche che hanno, almeno in parte, una
componente autoimmune.

Principali malattie autoimmuni:


Anemia perniciosa
Artrite reumatoide
Diabete di tipo 1
Epatite autoimmune
Lupus eritematoso sistemico (LES)
Malattia celiaca

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Malattia di Addison
Malattia di Graves
Malattia infiammatoria intestinale (IBD)
Miastenia grave
Polimialgia reumatica
Psoriasi
Sclerosi multipla (SM)
Sindrome di Goodpasture
Sindrome di Guillain-Barre
Sindrome di Sjögren
Spondilite anchilosante
Tiroidite di Hashimoto
Vasculite
Vitiligine

È dunque evidente come un intervento dietetico possa avere


enormi benefici sulla salute di un numero enorme di persone
afflitte da queste patologie per le quali, spesso, non esiste
alcuna cura ma solo dei trattamenti per alleviare o tenere sotto
controllo i sintomi. Ma vediamo subito, nello specifico, in che
modo la dieta chetogenica potrà aiutare le persone che
soffrono delle patologie elencate qui sopra. Lo stress ossidativo
è una situazione che si verifica quando l'organismo presenta
uno squilibrio tra radicali liberi e antiossidanti.
Tale scompenso, spesso causato dal livello eccessivo di
zuccheri nel sangue, può portare a danni ai tessuti e a
incrementare l'infiammazione. La dieta chetogenica

77
contribuisce alla diminuzione dell’infiammazione perché i
chetoni sono molecole che agiscono naturalmente come
antiossidanti e proteggono le cellule dai danni ossidativi.
Oltre ad avere un effetto sullo stress ossidativo, la dieta
chetogenica ha un'importante funzione di riduzione
dell'infiammazione cronica perché riduce la proliferazione di
molecole infiammatorie, come le citochine, prodotte quando si
mangia una dieta ricca di carboidrati. L'uso degli stessi
chetoni, come fonte di energia primaria, ha un effetto di
riduzione dell'infiammazione.
Inoltre, chi adotterà una dieta di tipo chetogenico scoprirà
un salutare cambiamento nel microbiota intestinale.
Non è ancora ben chiaro quale sia la composizione ideale di
questa fondamentale parte della nostra biologia ma la realtà
dei fatti ci mostra che, eliminando il più possibile i carboidrati
dalla dieta, quell'enorme mistura di batteri e microbi che
abbiamo nel sistema gastrointestinale produrrà delle sostanze
che ridurranno l'infiammazione intestinale. L'effetto dei
chetoni sulle malattie autoimmuni è, persino, più diretto.
Infatti, in caso di malattie come la sclerosi multipla (nella quale
il sistema immunitario attacca la guaina protettiva dei nervi,
arrivando a limitare la capacità di questi di trasportare il
segnale nervoso) i chetoni forniranno un tipo di energia
alternativa che agirà come fonte di energia diretta per il
sistema nervoso e per il cervello, aiutandoli a mantenerne la
funzionalità e a ridurre i sintomi della malattia.

78
12. La dieta chetogenica e le sue variazioni

L a dieta chetogenica offre numerose varianti, ciascuna con


le proprie peculiarità. La scelta del tipo di dieta da seguire
dovrebbe essere legata e adattata agli obiettivi che si
desiderano ottenere e alle condizioni mediche specifiche di
ciascun soggetto. In questo capitolo troverete una descrizione
dei tipi più popolari di dieta chetogenica.

12.1. La dieta carnivora o a zero carboidrati

La dieta carnivora è per definizione una dieta chetogenica a


zero carboidrati perché gli unici alimenti concessi sono carne,
pesce, uova e organi come cuore, fegato, polmoni. Alcuni
carnivori apportano delle variazioni a questa dieta
aggiungendo altri alimenti di origine animale, ma derivati,
come latticini e, in alcuni casi, addirittura il miele (in dosi
moderate, tali da mantenere l’organismo ampiamente in
chetosi). L'idea è quella di mangiare solamente cibo specifico
per gli esseri umani, eliminando del tutto sostanze come acido
fitico, lectine e fibre che non sono necessarie per la salute e
che, anzi, causano spesso una moltitudine di condizioni
mediche.

79
Proprio per i motivi appena descritti, la dieta carnivora
stretta viene spesso utilizzata come primo passo per risolvere i
problemi di salute legati alle intolleranze alimentari.
Generalmente, si pratica per un mese al termine del quale
verranno reintrodotti gli altri cibi, uno alla volta, osservando le
reazioni del paziente.
In questo contesto, la dieta chetogenica carnivora stretta è la
perfetta dieta a eliminazione e a differenza di altre diete a
eliminazione fornisce tutti i macro e micro nutrienti necessari
all’organismo e può essere mantenuta dunque ben più delle
poche settimane. Addirittura, secondo molti proponenti la
dieta carnivora stretta potrebbe, anzi dovrebbe, essere
mantenuta a vita.
A mio parere, gli effetti salutari di questo tipo di dieta sono
incontrovertibili e ritengo che questa sia la migliore strategia
alimentare non solo per curarsi e rimanere in salute ma anche
per ottenere i migliori risultati per rallentare l’invecchiamento
e per preservare la salute mentale.
Ne sono consapevole, sono dichiarazioni forti e ammetto di
seguire questa dieta solo saltuariamente, soprattutto quando si
riaffacciano problemi all'apparato gastrointestinale. Sono stati
proprio quei problemi ad avermi spinto, oramai molti anni fa, a
passare alla dieta chetogenica carnivora, che è quella che
preferisco adottare per buona parte dell'anno, ovvero una
dieta chetogenica basata su carne e un minimo di prodotti di
origine vegetale.
I benefici della dieta carnivora includono la perdita di peso
fino a trovare un equilibrio naturale e questo è un aspetto

80
molto importante perché sappiamo quanto l’obesità sia, di per
sé, una delle principali cause, o concause, di molte malattie
metaboliche, soprattutto a causa dell'aumento
dell'infiammazione sistemica.
Meno grasso addominale significa meno infiammazione e
questo è già un eccellente risultato. Idealmente, in una dieta
carnivora si dovrebbero consumare anche gli organi degli
animali, preferibilmente ruminanti (vacca, pecora o capra)
allevati al pascolo.
Il fegato, ad esempio, fornisce un'enorme quantità di
vitamine e minerali, i tessuti connettivi sono ricchissimi del
prezioso collagene, una proteina che aiuta a mantenere sane le
articolazioni e la pelle, oltre a migliorare il recupero muscolare
dopo un allenamento.
Come nel caso di altri tipi di diete chetogeniche
(ricordiamoci che quella carnivora è, in pratica, una variazione
della dieta chetogenica), si dovrebbe mangiare a sazietà e solo
nel caso in cui si volesse perdere peso occorrerebbe
concentrarsi soprattutto sulle proteine, evitando di mangiare
troppo grasso perché si rischierebbe di rallentare, o fermare, il
dimagrimento. La quantità ideale di proteine da mangiare
rimane sempre intorno ai 2 grammi al giorno per kg di peso
corporeo. Qualora ci trovassimo nella condizione di essere
abbondantemente in sovrappeso, i 2 grammi saranno per kg di
peso corporeo ideale. Mangiata questa quota di proteine si
potranno mangiare grassi a sazietà.
In merito ai pasti, si dovrebbe mangiare quando si ha fame e
la maggioranza delle persone che seguono una dieta carnivora

81
si adatta automaticamente a una forma di digiuno
intermittente, con solo due pasti al giorno o, spesso, anche a
un solo pasto al giorno, proprio grazie al potere saziante di
proteine e grassi.

12.2. La dieta paleolitica o paleo

Come indicato nei primi capitoli, una dieta chetogenica può


essere paleo o non paleo. Ma cosa significa? La dieta paleo, o
paleolitica, cerca di riprodurre il regime alimentare dei nostri
antenati che erano, sostanzialmente, cacciatori e raccoglitori.
Questa dieta fu ideata dal dottor Loren Cordain e definita nel
suo libro “La dieta paleo” (2002) al quale seguì “La dieta paleo
per gli atleti” scritto insieme a Joe Friel, un autore noto per i
suoi libri sull'allenamento. Il principale obiettivo di Cordain
era semplicemente quello di determinare la dieta ottimale per
gli esseri umani.
La dieta paleolitica include carne, pesce, uova, frutta e noci,
verdure, ma elimina oli di semi, latticini, legumi e zucchero, e
riduce fortemente le piante della famiglia delle solanacee.
La dieta paleo può essere chetogenica (e molti che la seguono
preferiscono questo stile) ma può anche avere significative
quote di carboidrati, da frutta, tuberi come patate dolci oltre a
noci, mandorle, pistacchi e altra frutta secca.
La versione tradizionale della paleo, proposta anche per gli
sportivi, è una dieta a moderato contenuto di carboidrati e più

82
alta in proteine e grassi rispetto alle diete standard. Questo
tipo di alimentazione, detto anche low carb, è un'eccellente
versione della dieta chetogenica e viene utilizzata per trattare
molti problemi di salute.
La dieta paleo può essere una dieta molto più restrittiva di
altre diete chetogeniche perché elimina completamente anche
i latticini, a esclusione del ghee, pomodori, peperoni,
melanzane e legumi ma è, sicuramente, ben più accettata e ben
più facile da seguire rispetto della dieta carnivora. Inoltre, se
mantenuta con bassi carboidrati risulta una dieta
estremamente utile per ridurre l’infiammazione.

12.3. La dieta PSMF (Protein Sparing Modified Fast) o


digiuno modificato

La dieta PSMF (Protein sparing modified fast) è una variazione


molto particolare della dieta chetogenica ideata per perdere
grasso senza ridurre la massa muscolare o, perlomeno, per
contenere questa perdita. Infatti, ogni volta che mangiamo
meno nutrienti di quelli necessari al nostro metabolismo, c'è il
rischio concreto che il nostro corpo, oltre ad utilizzare le
risorse energetiche immagazzinate nei grassi facendoci
dimagrire, utilizzi anche gli aminoacidi contenuti nelle
proteine dei muscoli. Questo è, ad esempio, il motivo per il
quale diete come quella chetogenica permettono, in modo più
facile e mirato, di perdere grasso ma non muscolo.

83
Infatti, a differenza di una dieta a base di carboidrati, in un
regime alimentare di tipo chetogenico il metabolismo del
nostro organismo diventa particolarmente efficiente nel
bruciare grassi per produrre energia. La dieta PSMF, in sintesi,
è un regime alimentare che predilige le proteine (moltissime
per mantenere la massa muscolare) e introduce pochissimi
grassi o carboidrati. Questo tipo di dieta è ideale per brevi
periodi e non è intesa come una dieta a lungo termine.
Personalmente ho visto fin troppe persone rovinate da diete
tradizionali a base di pochi grassi e poche proteine. In molti
casi, non solo si perde molta massa muscolare, restituendo una
falsa illusione di dimagrimento, ma si tende a perdere anche
del tessuto in organi importantissimi come il cuore (che è un
muscolo) o nelle ossa a scapito della mineralizzazione, con
effetti gravissimi soprattutto sulle persone più anziane e sulle
donne.
Alla base della dieta PSMF c'è un'alimentazione ricca di fonti
magre di proteine che devono essere almeno di 2 grammi per
kg di peso corporeo. Per una persona di 80 kg questo significa
almeno 160 grammi di proteine al giorno, pari a circa 800
grammi di petto di pollo sgrassato. Molti studi, però, sembrano
indicare in 2,6 grammi la quantità di proteine ideale per
mantenere la massa muscolare, ovvero - sempre nel caso di una
persona di 80 kg - 208 grammi equivalenti a, circa, 1 kg di pollo.
Le regole da adottare, seguendo il profilo alimentare PSMF,
sarebbero le seguenti: tagli magri e accuratamente sgrassati di
vitello, pollo, tacchino, agnello o maiale, pesce bianco di ogni
tipo, gamberi, cozze e vongole, bianchi d'uovo, proteine in

84
polvere. I grassi non sarebbero ammessi se non la quantità
giusta, o il minimo indispensabile, per la cottura e il
condimento, in maniera tale da accentuare il più possibile, il
consumo del proprio grasso corporeo. I carboidrati, così come i
grassi, andrebbero ridotti al minimo. In questo modo verrebbe
incrementata la velocità di svuotamento del glicogeno
immagazzinato nei muscoli e nel fegato e i livelli di insulina
resterebbero bassi. Idealmente, i carboidrati dovrebbero stare
sotto i 30 grammi al giorno, più o meno come in una dieta
chetogenica (possiamo dire che, a tutti gli effetti, la PSMF è una
tipologia di dieta chetogenica).
Ovviamente, non ingerendo grassi e carboidrati ma
mangiando solo carni magre, occorrerà introdurre nella dieta
una buona quantità di verdure, sia per riempirsi la pancia sia
per ottenere una certa varietà alimentare. Si potranno
scegliere verdure a bassi carboidrati come broccoli, cavolfiore,
asparagi, vari tipi di lattuga, spinaci e, in generale, tutte le
verdure a foglia verde. Aglio e cipolla in moderazione.
Il problema sarà cucinare le verdure perché senza usare
grassi le opzioni di cottura si limiteranno a verdure bollite o al
vapore, oppure cotte in padella antiaderente con l’aggiunta di
acqua e pochissimo olio. Tra le varie integrazioni possibili,
oltre alle già citate proteine in polvere che potranno essere di
aiuto a chi avrà difficoltà a ingozzarsi con ampie quantità di
petto di pollo scondito, è vivamente raccomandata
l’integrazione di elettroliti (sodio, potassio, magnesio) da
abbinare a un complesso multivitaminico che compenserà i
micronutrienti non presenti nel cibo. Personalmente, consiglio

85
di assumere anche del collagene, sciolto in una cucchiaiata di
yogurt naturale magro (senza zuccheri aggiunti) e del brodo di
ossa, così da aumentare i livelli glicina, un amminoacido di
fondamentale importanza vista la grande quantità di
metionina contenuta nella carne.
Qualora si volesse accelerare il dimagrimento, il consiglio
sarebbe quello di fare dell'esercizio fisico che consumi le scorte
di glicogeno dei muscoli. Un esempio di allenamento potrebbe
essere il circuit training in palestra, passando da esercizio a
esercizio senza riposo, favorendo movimenti multiarticolari
come panca, squat e trazioni alla sbarra. Normalmente, la dieta
PSMF si effettua per brevi periodi, una settimana o poco più.
In alternativa può essere utilizzata con successo in una dieta
combinata cinque:due (5:2), ovvero, mangiando normalmente
per cinque giorni la settimana e adottando il regime
alimentare PSMF per i restanti due giorni, evitando il digiuno
completo.
A causa del rischio di carenze di vitamine liposolubili (rischio
derivato dai pochi grassi presenti in questo tipo di dieta) e
dello stress generale sull’organismo, non raccomando mai la
dieta PSMF per periodi più lunghi da quelli indicati.
In maniera assoluta, sconsiglio questo tipo di dieta alle
donne in attesa e alle donne che sono alla ricerca di una
gravidanza.

86
12.4. La dieta Atkins

La dieta Atkins è stata, forse, la prima dieta low carb a grande


diffusione. Questa dieta deve il suo nome a Robert Atkins che la
ideò all'inizio degli anni Settanta. Si tratta di una dieta a bassi
carboidrati basata su carne, pesce, verdure a foglia, noci e
semi, formaggi.
Prevede una fase iniziale a bassissimi carboidrati,
praticamente chetogenica, e delle fasi successive di
mantenimento nella fascia più alta della definizione low carb.
In realtà, ci sono diverse variazioni della dieta Atkins ma
quella originale, conosciuta come Atkins 20, è suddivisa in
quattro fasi distinte. Nella prima fase, che sarà quella
necessaria alla perdita di peso iniziale, la quantità di
carboidrati sarà ridotta fino alla soglia chetogenica di un
massimo di 20 grammi al giorno.
Questa fase dovrebbe essere seguita fino ad arrivare a 7-8 kg
dal peso ideale. La seconda fase, che dovrebbe essere seguita
fino ad arrivare a 5 kg dal peso ideale, vedrà la reintroduzione
di qualche carboidrato, soprattutto da noci e frutti di bosco,
nella quantità di 5 grammi aggiuntivi a settimana fino a un
massimo di 80 grammi totali.
La terza fase sarà quella di mantenimento mentre nella
quarta, e ultima fase, vi sarà il piano alimentare che andrà
seguito per il lungo periodo. Sicuramente, la dieta Atkins
presenta dei vantaggi indiscutibili rispetto ad altre diete più
tradizionali come quella mediterranea ad esempio, ma, a mio
parere, resta un problema poco trascurabile.

87
Infatti, una volta raggiunta la fase di mantenimento e quindi
dopo il dimagrimento iniziale ottenuto durante la fase
chetogenica, questo tipo di dieta prevede un “premio” di
carboidrati. In questo modo, purtroppo, sarà piuttosto facile
includere nuove ed eccessive quantità di zuccheri vanificando i
risultati raggiunti e perdendo i benefici ottenuti dal punto di
vista salutare.

12.5. La dieta durante lo svezzamento

La dieta durante lo svezzamento dovrebbe avere abbondanti


macro e micro nutrienti e sufficienti calorie per i bisogni della
crescita del bambino. Ma quali sono questi macro nutrienti? Le
linee guida del governo americano per i bambini dai sei agli
undici mesi non suggeriscono alcuna raccomandazione
specifica se non un generale incoraggiamento all’introduzione
nella dieta di cibi di tutti i gruppi alimentari, oltre a
sottolineare il rischio in questa fascia d'età di possibili
deficienze in ferro, zinco, proteine, vitamina D, colina e
potassio, tutti nutrienti ben abbondanti in carne e uova.
L'Oxford Academy precisa anche che durante questa fase
dell'infanzia, e negli anni seguenti, i grassi siano fondamentali
per il corretto sviluppo neurologico e per lo sviluppo del
cervello e, in effetti, il latte materno fornisce grasso per circa
la metà delle calorie.

88
Sembra che molti dei problemi di allergie alimentari
dipendano dalla non esposizione dei bambini piccoli agli
allergeni e appare dunque appropriato aggiungere nella dieta
dello svezzamento cibi contenenti potenziali allergeni come
latte, uova, pesce e frutti di mare, soia, noci, noccioline e frutta
secca, con l'unica eccezione del glutine perché alcune ricerche
suggeriscono che far mangiare cibi contenenti glutine durante
i primi mesi di vita incrementi la possibilità che i bambini
diventino intolleranti.
Uno svezzamento fatto con carne, pesce, uova, interiora,
frutta e verdura fornirà anche una buona quantità di
carboidrati proveniente soprattutto da tuberi amidacei come
barbabietole, patate e patate dolci, oltre che da frutta a basso
contenuto di zuccheri come limoni, cocco, avocado, frutti di
bosco e pomodori.
I frutti a più alto contenuto di zuccheri, come ad esempio
l’uva o le banane, potrebbero essere inseriti occasionalmente
sotto forma di speciale leccornia. Inoltre, sarà importante
introdurre nella dieta una buona quota di grassi animali, sia
quelli della carne sia quelli del latte, del burro e dei formaggi a
latte crudo abbinati, o alternati, con alcuni grassi vegetali di
qualità come l’olio extra vergine di oliva, l’olio di cocco e l’olio
di avocado. Durante il primissimo periodo della vita di ogni
bambino sarebbe bene evitare, quanto più possibile, grani e
cereali.
Tali alimenti si aggiungeranno, certamente, in seguito sotto
forma di biscottini, dolcetti e merendine varie consumate per
le feste o durante i pomeriggi passati con gli amichetti o con i

89
nonni. Per i bambini è anche giusto che sia così, l'importante è
che questi cibi vengano consumati in modo occasionale e non
diventino parte integrante della dieta quotidiana. Una
categoria di cibi da escludere completamente durante lo
svezzamento è, sicuramente, quella degli oli di semi che, in
realtà, dovrebbero essere eliminati persino dalle diete
destinate agli adulti.

12.6. La dieta per i bambini

Dopo lo svezzamento, in realtà, i bambini non hanno davvero


bisogno di una dieta diversa da quella degli adulti. Siamo
animali appartenenti alla stessa specie e beneficiamo degli
stessi macro e micro nutrienti, anche se in quantità diverse.
Sembrerebbe logico, quindi, preparare ai nostri figli gli stessi
piatti che prepariamo per noi stessi e questo sarebbe anche un
ottimo metodo nell’ottica di una buona educazione alimentare
perché i bambini potrebbero abituarsi, fin da piccoli, a non
ricevere un cibo “speciale” preparato appositamente per loro.
La loro istintiva repulsione per molte verdure non dovrebbe
essere vista come un problema perché, invece dei broccoli o dei
cavoletti di Bruxelles, i vostri figli trarranno maggiori benefici
da un bel taglio di carne grassa o, meglio ancora, da una ricca
porzione di organi.
Tutto senza forzature e, soprattutto, senza integralismi visto
che i bambini, se sani, hanno una tolleranza agli zuccheri

90
molto più alta degli adulti e sarà sufficiente farli mangiare in
modo corretto durante in pasti in famiglia per lasciarli liberi di
gustare un gelato la domenica o una fetta di torta alla festa di
compleanno dell’amichetto.
La caramella occasionale non è un problema, il problema è
premiarli con le caramelle quando fanno qualcosa di buono,
abituandoli a percepire i dolciumi come una ricompensa.
Preparate, invece, dei ghiaccioli ai frutti di bosco frullati con
l’aggiunta di un pochino di panna come dessert, o snack,
vedrete che li apprezzeranno come e più delle caramelle. Se
consideriamo che il corpo dei bambini si sviluppa a una
velocità incredibile, soprattutto oltre gli otto anni, i nostri figli
avranno bisogno di abbondanti nutrienti per evitare carenze
alimentari che potrebbero creare situazioni pericolose e
portare a difetti nello sviluppo.
Durante la crescita, il ferro è uno degli elementi più
importanti, fondamentale per lo sviluppo neurologico ma
anche per la crescita fisica e la creazione di nuovi globuli rossi
nel sangue. Per questo motivo, la carne rossa e gli organi come
un bel patè di fegatini di pollo, o di anatra, saranno
particolarmente importanti.
Lo zinco è un altro elemento fondamentale, sia per la
crescita, sia per il mantenimento del sistema immunitario. Una
carenza di questo elemento porta, spesso, a un ritardo nello
sviluppo.
Molti alimenti che lo contengono in grandi quantità non
fanno tipicamente parte della dieta dei bambini (ostriche,

91
cozze, vongole, aragoste, granchio) ma, per fortuna, è
abbondante in tutta la carne rossa e in quella di maiale.
Un altro minerale fondamentale per lo sviluppo fisico e
mentale è lo iodio e, a parte fare vacanze al mare, per i
condimenti a tavola è bene usare a tavola sale iodato. Un
contenuto insufficiente di iodio nella dieta dei bambini causa
una statura ridotta e uno scarso sviluppo mentale.
Le vitamine fondamentali sono tutte quelle di origine
animale (gruppo A, gruppo B e in particolare B12, D e K2) oltre
alla vitamina C. Il mio consiglio è quello di mangiare carne,
pesce azzurro e formaggi e preparare delle belle limonate (o
mangiare un'arancia come frutta) che saranno sufficienti a
coprirne il fabbisogno. Un altro micronutriente davvero
importante per lo sviluppo è la colina, contenuta in grandi
quantità nel rosso d'uovo. Un bello zabaione con un cucchiaino
di miele sarà per il bambino un eccellente e gradito dessert.
Ma mangiare la carne e tutti quei grassi saturi non farà male
ai bambini? Pensiamoci un attimo. Un neonato mangia quasi
solo, o esclusivamente, latte materno per circa il primo anno
della sua vita, se non più a lungo. Si tratta di un alimento i cui
grassi sono circa al 40% grassi saturi, ovvero la stessa
percentuale di grassi saturi contenuti nella carne, nelle uova e
nei formaggi.
Come si può pensare che l'alimento che li ha nutriti nei primi
mesi di vita possa diventare, improvvisamente, deleterio
appena un po' più grandicelli? La realtà è che i grassi saturi
sono indispensabili sia per bambini, sia per adulti, perché

92
compongono una buona parte delle fondamentali strutture del
nostro corpo, dalla membrana delle cellule fino al cervello.
E dunque, quale tipo di dieta adottare? La risposta è
semplice. Una dieta basata su carne, uova, pesce, verdure,
formaggi, frutta e carboidrati come patate, o patate dolci, e
altri tuberi ricchi di amidi e, occasionalmente, anche del riso,
da preferire in brodo con un buon brodo di ossa.
Il regime alimentare appena descritto è, in pratica, una dieta
paleo a bassi carboidrati con l’aggiunta dei formaggi.
Definizione lunga, lo so, soprattutto per il sottoscritto che odia
le definizioni in ogni caso.

93
94
13. Dieta chetogenica e sport

“S ono un atleta, ho bisogno di carboidrati!” Non ricordo


più quante volte ho sentito, o letto, questa
affermazione. Occorre fare, subito, alcune precisazioni. La
necessità di mangiare alte quantità di carboidrati per ottenere
le migliori prestazioni sportive rappresenta, senza ombra di
dubbio, un mito, o una leggenda metropolitana se preferite. È,
certamente corretto affermare che per alcune discipline una
dieta basata sui carboidrati consenta prestazioni migliori ma,
per molte altre, è vero l'esatto contrario.
Inoltre, soprattutto se non siete atleti professionisti, occorre
considerare il costo in termini di salute e benessere fisico
generale che le diete ad alti carboidrati possono determinare.
Come detto nei capitoli precedenti, se per produrre energia il
nostro organismo utilizzerà i chetoni, non ci sarà quell’enorme
quantità di radicali liberi che, invece, sarebbe prodotta nel caso
di una dieta ad alti carboidrati.
I radicali liberi sono molecole che vengono generate nei
mitocondri, soprattutto quando questi per produrre energia
devono utilizzare glucosio. La quantità di glucosio circolante
nel corpo deve essere tenuta sotto controllo dagli antiossidanti
e dalle membrane cellulari ma quando i radicali liberi
diventano troppi, come nel caso degli atleti che seguano una
dieta ad alti carboidrati, causano l'aumento
dell’infiammazione che deprimere il sistema immunitario,

95
peggiora la salute del tratto gastrointestinale e velocizza il
processo di invecchiamento.
Questi disturbi potrebbero apparire secondari per un atleta
professionista ma, in realtà, uno dei problemi principali per gli
sportivi d'élite è il numero degli infortuni e il recupero da
malattie stagionali incrementate, proprio, da infiammazione
elevata e sistema immunitario depresso. Come già anticipato,
ci sono delle discipline sportive per le quali un'alimentazione a
base di carboidrati non offre alcun vantaggio rispetto a una
dieta chetogenica e, in alcuni casi, quella con i carboidrati è
addirittura peggiore.
In generale, ogni attività fisica continua della durata
massima di due ore viene svolta più efficacemente utilizzando
carboidrati come fonte energetica ma, oltre quella durata, un
metabolismo basato sui chetoni e sugli acidi grassi offre un
vantaggio che aumenta con l'aumentare della durata della
prestazione atletica.
Discipline intermittenti come il calcio, la pallacanestro o il
tennis, sono sostanzialmente neutre dal punto di vista delle
prestazioni ma molti atleti preferiscono utilizzare una dieta
chetogenica per migliorare il recupero e per ridurre il rischio
di infortuni dovuto all'infiammazione. Se vi definite “atleti”
per il solo fatto di giocare a calcetto una volta a settimana, o
perché vi dedicate a una corsetta la domenica mattina,
sappiate che per voi la dieta chetogenica andrà benissimo.

96
13.1. Allenarsi per vivere più a lungo

Per mantenersi forti e in forma, così come per vivere bene e a


lungo, l’esercizio fisico è fondamentale. Ma qual è,
esattamente, il miglior tipo di allenamento per ottenere
benessere e buona forma fisica?
Questo capitolo affronterà il tema dell'allenamento
cardiovascolare in Zona 2, forse il migliore per incrementare la
propria salute metabolica e l'efficienza dei mitocondri. Vi ho
già parlato dei mitocondri, quegli organelli che producono
energia nelle nostre cellule.
Spesso, dalla produzione di energia provengono anche delle
sostanze di scarto (i famosi radicali liberi) che sono
particolarmente tossiche per la nostra salute. Più manterrete
in salute i vostri mitocondri, migliore sarà la vostra salute e,
così, più lunga la vostra vita. Non è poco!
Ma facciamo un passo indietro e vediamo di capire cosa sia
l’allenamento Zona 2 e perché sia tanto importante.
L'allenamento in Zona 1 (eseguito correndo, nuotando,
andando in bicicletta o vogando) oltre a essere quello più
leggero e rilassato è anche quello durante il quale il nostro
corpo utilizza gli acidi grassi, ovvero il grasso immagazzinato
nelle nostre cellule adipose, per produrre energia.
Aumentando di un pochino l’intensità, ma restando sempre a
bassa potenza, si arriva all'allenamento in Zona 2 basato
anch’esso sull'utilizzo degli acidi grassi e da un’ampia
disponibilità di ossigeno.

97
Incrementando ulteriormente il passo, si arriverebbe
all’allenamento in Zona 3 (e oltre) dove la principale fonte di
energia per i muscoli diventerebbe il glicogeno, ovvero le
scorte di carboidrati che abbiamo accumulato nei muscoli e nel
fegato.
Normalmente, allenarsi in Zona 2 significa mantenere una
frequenza cardiaca che va dal 60% al 70% di quella massima,
ovvero un’intensità facile da mantenere per lunghi periodi. Un
esempio di questo allenamento potrebbe essere rappresentato
da una corsa svolta mentre si conversa con una amico, senza
che ci sia il fiatone.
La stragrande maggioranza degli atleti professionisti spende
ore e ore allenandosi a questa intensità mentre gli amatori di
solito preferiscono fare allenamenti molto più intensi perché
ritengono, a torto, che allenarsi in Zona 2 sia inutile. Invece,
allenarsi in Zona 2 porta le nostre cellule a produrre più
mitocondri e avere più mitocondri significa avere più energia,
energia che si traduce in prestazioni migliori per gli atleti e in
un metabolismo più efficiente per tutti gli altri.
Inoltre, la Zona 2 consente al proprio corpo di diventare più
efficiente nel passare da un carburante all'altro per produrre
energia, favorendo il dimagrimento (in Zona 2 si bruciano i
grassi, ricordate?) e migliorando la salute metabolica.
Un altro grande vantaggio dell'allenamento in Zona 2 è il
miglioramento generale della salute cardiovascolare che si
realizza anche attraverso la riduzione della frequenza cardiaca
a riposo. Inoltre, con una maggiore capacità aerobica, i muscoli
avranno a disposizione più ossigeno sia durante sia dopo

98
l'allenamento, migliorando la capacità di recupero ed
eliminando più velocemente l'accumulo di acido lattico.
Questo tipo di esercizio fisico è ideale per chi soffre di
problemi di resistenza all’insulina perché si otterranno dei
miglioramenti sulla sensibilità dell’organismo, il quale
incrementerà la sua capacità di rispondere alla presenza di
carboidrati nell'alimentazione e regolerà meglio la produzione
di insulina.
Un sistema molto semplice per calcolare la frequenza
cardiaca necessaria per rimanere in Zona 2 (anche se non
completamente accurato) è quello di calcolare la frequenza
massima usando la formula sottostante:
220 - la vostra età

Fate riferimento al valore risultante e allenatevi mantenendo


una frequenza che vada dal 60% al 70% di quel valore. Ad
esempio, per una persona di 50 anni il range di frequenza sarà
quello seguente:

220-50 = 170
60% di 170 = 102
70% di 170 = 119

Ovviamente, questa è una guida generale e l'esatta


determinazione dipenderà anche dal tipo di esercizio e dalla
quantità di muscoli utilizzati, dipendentemente dal tipo di
attività svolta. Il rematore, per fare un esempio, utilizzerà
molti più muscoli rispetto a chi pratica la corsa e, comunque,

99
per determinare se allenamento che state praticando venga
svolto alla giusta intensità, rimarrà valida la regola del poter
conversare senza troppa difficoltà durante l'esercizio. Se la
vostra forma fisica non vi consente di correre e di rimanere in
Zona 2, potrete camminare di buon passo o alternare corsetta e
camminata, cercando sempre di non far salire troppo la
frequenza cardiaca. Per i principianti, un paio di sessioni da 20
minuti, due o tre volte la settimana, rappresentano un ottimo
modo per cominciare a godere dei benefici di questo
allenamento. Successivamente si potrà incrementare il tempo,
in modo progressivo, fino ad arrivare a un’ora di allenamento
continuo. Solo quando sarete in grado di mantenere il passo
per un'ora, potrete ridurre la frequenza di esercizio a due volte
la settimana e incrementare la durata del tempo fino a 90
minuti per sessione.

13.2. Cinque motivi per allenarsi con i pesi

L'allenamento contro una resistenza, che sia a corpo libero,


con i pesi o con bande elastiche, offre notevoli vantaggi che
non si limitano esclusivamente allo sviluppo muscolare.
Vediamo quali sono i principali.

1) Densità ossea
Le ossa si comportano esattamente come i muscoli, se non
ricevono un sufficiente stress riducono la loro massa e, in

100
questo caso, perdono densità. Una ridotta densità ossea
favorisce le fratture che possono rappresentare una delle cause
di morte nelle persone anziane. Per mantenere, o per
migliorare, la densità ossea occorre mettere le ossa sotto carico
e l'allenamento con i pesi è un modo pratico e sicuro per farlo.
Squat, affondi, esercizi in piedi per il torso e le braccia,
camminata del contadino (camminare tenendo dei pesi in
entrambe le mani) sono tutti metodi efficaci per migliorare la
salute delle vostre ossa e renderle più forti.

2) Salute mentale
Sono diversi gli studi che mostrano come svolgere un
esercizio fisico, soprattutto contro una resistenza, migliori la
salute mentale, lo stato di depressione e di ansia. I risultati
sono particolarmente accentuati nei soggetti diabetici e nelle
persone anziane con capacità cognitive ridotte e pare che uno
dei motivi sia proprio il miglioramento della sensibilità
all'insulina. Da questo punto di vista, abbinare l'esercizio fisico
a una dieta con bassi carboidrati offre ancora più vantaggi.

3) I benefici verso il dolore cronico


Rispetto ad altre tipologie di esercizio, l'allenamento contro
resistenza sembra aiutare maggiormente le persone che
soffrono di fibromialgia, soprattutto le donne. In generale,
l'allenamento riduce l'infiammazione sistemica e di
conseguenza ha un effetto calmante sui dolori cronici.

4) I benefici verso il fegato grasso

101
Il fegato grasso, o steatosi epatica, è una malattia
degenerativa molto subdola i cui sintomi solitamente appaiono
una volta che un danno sostanziale è stato oramai fatto.
Sicuramente, l'allenamento con i pesi riesce a portare notevoli
benefici ai pazienti che presentano il fegato grasso,
indipendentemente dalla perdita di peso.

5) Miglioramento della forza e della stabilità


Invecchiando, la perdita della forza è spesso causa di cadute
invalidanti e di limitazione ai movimenti. Andando avanti con
l’età, il semplice atto di alzarsi da una poltrona diventa
difficile, così come diventa difficile fare le scale o portare un
sacchetto della spesa. Allenarsi con i pesi, a qualunque età,
permette di incrementare notevolmente la forza fisica
migliorando indiscutibilmente la qualità della vita di adulti e
anziani.
Quello che, invece, l'allenamento con i pesi non riesce a fare,
anche se le palestre sono piene di persone che sperano nel
contrario, è dimagrire se non si cambia anche la dieta.
Il vecchio adagio “You can't outrun a bad diet”, ovvero, “Non
puoi contrastare una dieta sbagliata correndo” è ancor più
valido per i pesi. Infatti, il dimagrimento si ottiene soprattutto
a tavola anche se questo non è un motivo valido per non alzarsi
dal divano e non andare in palestra.

102
14. Alimenti da includere e alimenti da
eliminare

L e seguenti tabelle, che comprendono un importante


elenco di alimenti, vi indicheranno quali sono i cibi che
potrete mangiare in abbondanza, i cibi che potrete consumare
in quantità limitate e i cibi che dovrete evitare del tutto.
La lista (che per ovvi motivi non potrà essere completa)
utilizza un semplice sistema a semaforo per darvi un'idea
immediata su cosa sia possibile mangiare liberamente, sugli
alimenti ai quali bisogna fare attenzione in termini di quantità
(per rimanere all’interno dalla quota giornaliera consentita di
carboidrati) e sui cibi che non dovrebbero far parte della
nostra dieta se non occasionalmente e in quantità molto
limitate.
In merito agli alimenti consentiti, quelli indicati con il colore
verde, il fatto che siano ammessi non significa che alcuni di
questi non dovranno essere eliminati, o ridotti, in caso di
particolari patologie o qualora si intendesse perdere peso.
In altri casi, il consiglio di limitare il consumo di alcuni cibi è
dovuto al contenuto particolarmente elevato di certi
micronutrienti. È questo il caso, ad esempio, delle noci
brasiliane che sono ricchissime di selenio e per le quali se ne
consiglia il consumo di due, massimo tre, al giorno. Per la
frutta secca e i semi si raccomanda sempre un uso moderato a

103
causa del considerevole contenuto di acidi grassi polinsaturi e
anti-nutrienti.

Nota importante
Il contenuto in carboidrati è riferito a quelli effettivamente
digeribili, a esclusione, quindi, delle fibre. Occorre fare molta
attenzione perché negli U.S.A., ad esempio, alla voce
carboidrati totali vengono riportate anche le fibre mentre in
Europa, e in Australia, vengono giustamente escluse. I valori
inseriti nelle tabelle sottostanti si riferiscono a 100 grammi di
prodotto edibile crudo, ovvero, senza buccia o guscio.
- OK: Alimento consentito.
- !: Alimento consentito con limitazioni.
- X: Alimento consentito solo occasionalmente.

104
TABELLE

Verdure e tuberi (per 100g) Carboidrati,


grammi
Asparagi 1,4 OK
Baccelli freschi 2,2 OK
Broccoli 0,4 OK
Cavoletti di Bruxelles 2,1 OK
Cavolo 2,8 OK
Cavolfiore 3,3 OK
Carciofi 0,9 OK
Carote 6,6 !
Cetriolo 1,5 OK
Cicoria 3,3 OK
Cipolline primavera 4,6 OK
Cipolle rosse 5,5 OK
Cipolle bianche 5,8 OK
Germogli di bamboo 3,3 OK
Granturco dolce 12,5 X
Finocchio 3,3 OK
Fagiolini 3,3 OK
Funghi champignon 1,3 OK

105
Kohlrabi 4,2 OK
Lattuga romana 1,8 OK
Lattuga Iceberg 2,1 OK
Melanzana 2,6 OK
Patate 10,7 X
Patate dolci 14,1 X
Peperoni verdi 2,5 OK
Peperoni gialli 3,9 OK
Peperoni rossi 4,4 OK
Piselli 8,1 !
Pomodori 3,0 OK
Pomodorini 3,5 OK
Radicchio 2,3 OK
Rape rosse 8,4 !
Ravanelli 2,0 OK
Sedano 1,4 OK
Spinaci 0,6 OK
Verza rossa 3,3 OK
Zucca 6,5 !
Zucchini 3,1 OK

106
Frutta (per 100g) Carboidrati,
grammi
Albicocche 7,7 !
Ananas 7,9 !
Arance 8,2 !
Avocado 0,2 OK
Banane 19,6 X
Cachi 16,1 X
Ciliegie 12,9 X
Fichi 12,0 X
Fichi d'India 8,8 !
Fragole 3,9 OK
Lamponi 6,8 !
Limoni 1,8 OK
Mandarini 9,8 !
Mango 13,4 X
Mela Granny Smith 10,5 X
Mela Golden Delicious 10,8 X
Melograno 13,5 X
Mirtilli 9,6 !
More 7,5 !
Passion fruit 5,7 OK

107
Pera Bartlett 11,8 X
Pesche 8,7 !
Pesche noce 9,1 !
Pompelmi 4,8 OK
Susine 7,1 !

Carne (per 100g) Prot. Grassi Carb.


Macinato magro 22,9 4,1 0 OK
Macinato grasso 22,5 10,4 0 OK
Manzo sgrassato 23,6 2,4 0 OK
Manzo, filetto 21,4 4,3 0 OK
Pollo, petto senza pelle 22,5 0,8 0 OK
Pollo, cosce con pelle 17,6 9,3 0 OK
Pollo, fegatini 16,9 4,8 0 OK
Pollo, macinato 21,4 1,1 0 OK
Pollo, ali 16,1 17,4 0 OK
Agnello, braciola di spalla 18,2 17,9 0 OK
Agnello, cotoletta 20,9 6,2 0 OK
Maiale, filetto 23,1 1,1 0 OK
Maiale, cotoletta 21,0 13,1 0 OK
Maiale, scamerita 18,9 15,4 0 OK

108
Coniglio, intero 23,2 2,1 0 OK
Tacchino, petto 21,6 3,3 0 OK

Pesce e frutti di mare Prot. Grass Carb.


(per 100g) i
Acciughe sott’olio 25,4 8,9 0 OK
sgocciolate
Calamari 16,7 1,2 0 OK
Capesante 15,6 0,8 3,4 OK
Cozze 11,7 2,7 3,4 OK
Dentice 20,3 1,6 0 OK
Gamberi 20,7 0,8 0 OK
Orate 19,6 5,1 0 OK
Ostriche 10,8 2,2 0,6 OK
Polpo 14,9 1,0 0 OK
Salmone dell'Atlantico 20,5 16,7 0 OK
Salmone affumicato 24,3 10,1 0 OK
Sarde 19,7 2,9 0 OK
Sgombro 19,3 6,3 0 OK
Tonno 23,4 1 0 OK
Triglie 19,2 6,0 0 OK

109
Trote 19,6 8,4 0 OK
Vongole 10,2 2,5 2,2 OK

Latticini e uova (per Prot. Grassi Carb.


100g)
Brie 18,6 31,5 0 OK
Caprino fresco 21,2 21,7 0,9 OK
Edam 27,4 27,2 0 OK
Gorgonzola 20,9 32,4 0 OK
Gouda 25 27 2,2 OK
Latte intero 3,4 3,5 5,5 !
Mozzarella, bocconcini 16,6 20,2 0 OK
Panna 2,1 37,2 2,5 OK
Panna acida 1,9 35,6 1,6 OK
Parmigiano Reggiano 32 30 0 OK
Pecorino fresco 22 30 0,5 OK
Pecorino stagionato 26 35 0 OK
Ricotta di pecora 10 13 4,5 !
Uova, albume 11,2 0 0,4 OK
Uova, tuorlo 15,6 28,2 0,2 OK
Uova intere 12,6 8,5 0,3 OK

110
Yogurt greco intero 9 5 3,5 !
Yogurt intero 3,8 3,9 4,3 !

Noci e semi, per 100g Prot. Grassi Carb.


Anacardi 17 49,2 22,9 X
Castagne 3,4 0,2 32,1 X
Chia 23,8 29,8 3,1 !
Farina di cocco 6,9 65,4 7,3 !
Macadamia 9,2 74 4,5 !
Mandorle 19,7 50,5 5,4 !
Nocciole 14,8 61,4 5,1 !
Noccioline tostate 24,4 51,7 14,4 X
Noci brasiliane 14,4 68,5 2,1 !
Noci 14,4 69,2 3 !
Pinoli 13 70 4,5 !
Pistacchi 19,7 50,6 15,8 X
Semi di girasole 24,7 48,3 3,1 !
Semi di lino 21,6 32,6 2,8 !
Semi di zucca 30,2 45 2,1 OK

111
112
15. Un esempio di piano alimentare

P rima di mostrarvi un esempio di piano alimentare vorrei


precisare che sarete sempre voi a scegliere quali alimenti
mangiare e questo dipenderà sicuramente dai vostri gusti, dal
tempo che avrete a disposizione per cucinare, dal tipo di dieta
chetogenica che vorrete seguire e dagli ingredienti che avrete a
disposizione.
Includo qui sotto un esempio di piano alimentare per una
settimana. Si tratta dei piatti che cucino normalmente e che
potrebbero ispirarvi a preparare il vostro piano personalizzato.
Per chi ama fare colazione, inserirò anche un esempio di
questo pasto anche se io, oramai da anni, seguo il digiuno
intermittente consumando solo due pasti al giorno, ovvero, il
pranzo e la cena. In un capitolo più avanti troverete tante
ricette per preparare questi piatti.

113
Colazione Pranzo Cena

Bistecca di
manzo,
Insalata di
Uova al tegamino insalata
pollo con
cotte nel sego, greca
lattuga,
Lunedì contorno di (lattuga
cipolla rossa,
pancetta mista, olive
avocado e
croccante kalamata,
pomodorini
cipolla rossa
e feta)

Uova alla
Salmone con diavola con
Frittata ripiena crema al tonno,
limone,
Martedì di formaggio brie maionese,
e spinaci saltati verdure capperi,
all'aglio e olive e
peperoncino acciughe

Tagliata di
Pollo al curry
bavetta di
Panino con in salsa di
manzo con
Mercole prosciutto, crema di
rucola,
dì fontina, patè di cocco con
scaglie di
olive e rucola cipolle e
parmigiano
porri
e funghi

Giovedì Patè di fegatini Pollo arrosto Saltimbocca

114
con salsa di
alla romana,
di pollo su pane yogurt greco, insalata
tostato limone e
verde
aglio

Stir fry di
Tonno in
manzo, con
scatola con
zenzero,
cipolle rosse
Yogurt greco con aglio,
Venerdì sottaceto, in
frutti di bosco cipolline
alternativa
primavera,
sgombro o
zucchini e
sarde
bok choy

Ossobuco Polpettine di
con cipolle e gamberi,
Cheto granola vino rosso, macinato di
Sabato contorno di maiale con
con yogurt
purè di zenzero e
cavolfiore aglio

Rosticciana
Tartare di
di maiale
Domeni Zabaione con manzo con
arrosto con
ca caffè uovo, senape
erbette,
e capperi
burro e aglio

115
Questi sono solo alcuni esempi di quello che potrete mangiare
ma basterà attingere alle ricette della cucina tradizionale
italiana per trovarne innumerevoli altri, come per esempio:

- Hamburger grigliati con insalata di cipolla rossa tritata,


pomodorini e avocado.

- Polpette di manzo e maiale cotte in un sugo ristretto di


pomodoro.

- Bollito misto con pinzimonio di radici, sedano e finocchio.

- Salsicce di maiale alla griglia con contorno di crauti.

- Stinchi di agnello con “risotto” di cavolfiore ai funghi.

- Pancetta di maiale al forno con radici arrosto.

- Anatra confit con cavolfiore cotto in burro con aglio e


peperoncino.

- Salmone grigliato con maionese al wasabi.

- Gamberi bolliti interi con maionese o salsa tartara.

- Insalatina tiepida di calamari, gamberi e polpo.

- Piatto misto di affettati e formaggi, olive e patè con crostini


chetogenici.

- Panini chetogenici con salame, affettati salse varie, rillette e


sottaceti.
- Alette di pollo arrosto con salsa al gorgonzola.

- Cozze con aglio e peperoncino con antipasto di ostriche al


limone.

116
- Calamari ripieni con gamberi e noci di macadamia.

- Capesante alla carbonara.

- Una porzione ridotta dei piatti del pranzo oppure, spesso, gli
avanzi del giorno prima.

117
118
16. Ormoni e dieta chetogenica

G li ormoni sono molecole estremamente potenti. Quando i


livelli ormonali sono insufficienti, o sbilanciati, si ha un
danno alla salute. Viceversa, se i livelli sono ottimali, si avrà un
grande beneficio e un importante miglioramento in termini di
benessere generale. La dieta, lo stile di vita e, in particolare,
l’esercizio fisico hanno un'importanza fondamentale per la
produzione degli ormoni.

16.1. Insulina

L’insulina influenza in maniera molto importante la salute e


condiziona la produzione di altri ormoni, inclusi gli estrogeni e
il testosterone. È per questo motivo che quando si tratta di
diete chetogeniche (o low carb) si parla, soprattutto, di questo
ormone.
Quando una persona mangia prevalentemente carboidrati
(non importa se integrali o raffinati) stimola una costante
produzione di insulina aumentando il rischio che le cellule del
suo corpo non reagiscano più all’ormone stesso e non
assorbano più tutto quel glucosio in circolo. Visto e
considerato che, oltre un certo livello, il glucosio nel sangue è

119
tossico, spetterà al fegato metabolizzarlo, trasformandolo in
grasso.
La condizione appena descritta si chiama resistenza
all'insulina ed è un disturbo molto diffuso soprattutto nelle
donne che si trovano in un’età vicina alla menopausa. I sintomi
più comuni in menopausa sono quelli di vampate di calore,
fatica diffusa e aumento del peso.
Se per alleviare, o comprendere la natura di quei sintomi,
consulterete il vostro medico, probabilmente, egli riferirà
l’intero problema alla menopausa stessa, indirizzandovi verso
uno specialista endocrinologo per un trattamento ormonale.
Passando da una dieta ad alto consumo di carboidrati a una
dieta low carb o, meglio ancora, a una dieta chetogenica,
l’eliminazione dei carboidrati porterà un immediato
miglioramento e le cellule, con il tempo, ritorneranno sensibili
all’insulina.
A quel punto ci sarà una riduzione dei sintomi della
menopausa, si perderà peso e, soprattutto, si ridurrà in modo
notevole il rischio di malattie cardiovascolari e demenza.
Qualora uno degli obiettivi fosse anche quello di perdere
tutto il peso in eccesso, occorrerebbe eliminare dalla dieta non
solo i carboidrati ma anche i latticini perché, nonostante la
produzione di insulina venga stimolata soprattutto dai
carboidrati, in parte minore, l’insulina viene stimolata anche
da alcune proteine come quelle contenute nel latte e nei suoi
derivati.
Quindi, il mio consiglio è di eliminare anche i latticini finché
non si raggiunga il peso desiderato e, per le donne in

120
menopausa, finché i sintomi come vampate di calore o fatica
non siano scomparsi.
Dal punto di vista del dimagrimento, va tenuto conto che se
mangiamo spesso durante la giornata, indipendentemente dal
numero di calorie consumate (non serve quasi a nulla
contarle), si avrà una continua produzione di insulina.
Il problema è che l'insulina è un antagonista dell'ormone
della crescita (GH) che, invece, aiuta a bruciare i grassi. Più
insulina in circolo, a parità di cibo ingerito, significa un
maggiore aumento di peso. Per questa ragione, il metodo più
efficace per dimagrire e per mantenere il peso corretto è
abbinare una dieta chetogenica “pulita” al digiuno
intermittente.
Il digiuno intermittente prevede solo due pasti al giorno
distribuiti in una finestra temporale ristretta, ad esempio,
consumando il pranzo all'una e poi la cena alle otto. Nel
seguente capitolo troverete maggiori informazioni su questo
argomento.

16.2. Testosterone

In tutto il mondo, a esclusione del continente africano, si sta


verificando un costante e progressivo calo dei livelli di
testosterone negli uomini, in tutte le fasce d'età. Il testosterone
è fondamentale per la salute e bassi livelli di questo ormone
hanno un impatto drammatico sulla qualità della vita.

121
Nonostante ci siano molte opzioni per ripristinare livelli
corretti, come le terapie farmacologiche e i vari supplementi, è
indubbio che una ben formulata dieta chetogenica permetta di
ripristinarne i livelli e ottenere risultati eccezionali.
Il testosterone è un ormone steroideo che è attivo in
molteplici processi metabolici a partire da quelli anabolici,
come la crescita delle ossa e dei muscoli, fino alla produzione
di sperma e all'utilizzo degli acidi grassi presenti nel sangue.
Bassi livelli di questo ormone (in continuo calo, oramai da
decenni) comportano riduzione della libido, problemi di
erezione, aumento di grasso, rischio di fragilità delle ossa,
perdita di massa muscolare fino ad arrivare alla sarcopenia,
con rischio di morte enormemente aumentato negli anziani.
Il testosterone non è importante solo per gli uomini ma lo è
anche per le donne. Infatti, nonostante i medici di solito
parlino di salute femminile sempre e solo in merito agli
estrogeni, il testosterone, anche se in misura molto inferiore
rispetto agli uomini, rappresenta l'ormone sessuale più
presente nelle donne.
La produzione di questo importante ormone è condizionata
da molti fattori. Alcuni, come l’età e la genetica, sono al di
fuori del nostro controllo mentre altri sono modificabili
attraverso il corretto stile di vita e la giusta dieta. Lo stile di
vita, in questo caso, è un fattore importante quanto la dieta
stessa perché per mantenere alti i livelli di testosterone è
fondamentale dormire bene e fare esercizi di forza come il
sollevamento pesi in palestra.

122
Una buona igiene del sonno è fondamentale per la salute.
Infatti, dormire (anche solo per una settimana) cinque ore per
notte, invece delle otto ore raccomandate, può causare un calo
dei livelli di testosterone fino al 15%. Dal punto di vista della
dieta, l'effetto dei carboidrati sul testosterone è tutt'ora
controverso ma la dieta chetogenica sembra poter offrire un
significativo vantaggio per la produzione di questo ormone.
Probabilmente, tale vantaggio è dovuto a un insieme di
fattori fra i quali il maggior consumo di carne rossa con
conseguente aumento del colesterolo, la perdita di grasso e
l'eliminazione di bevande estrogeniche come la birra.
È importante notare come la produzione di testosterone
dipenda da alcune vitamine e minerali la cui carenza potrebbe
ridurre i livelli totali di questo ormone. La vitamina D è una di
quelle vitamine e sappiamo come sia implicata, più o meno, in
tutti i principali processi fisiologici e come sia, essa stessa, un
vero e proprio ormone.
Molti studi correlano i livelli di vitamina D con la produzione
di testosterone e uno in particolare mostra come
supplementare la vitamina D fino a raggiungere livelli medi
(circa 3000 UI al giorno) abbia portato, nel giro di un anno, a un
aumento di circa il 30% del valore del testosterone libero. E
sporsi al sole il più frequentemente possibile sembra sia,
sempre più, un’ottima idea per migliorare la salute e l’umore.
La produzione di testosterone dipende, come anticipato, anche
da altre vitamine, come la E e la C, mentre fra i minerali è noto
da tempo il ruolo dello zinco, un oligoelemento presente in
abbondanza nelle ostriche, nelle cozze e, persino, nella carne

123
rossa. Oltre alle vitamine e ai minerali, un elemento
fondamentale per mantenere buoni livelli di testosterone è il
grasso introdotto nella dieta, soprattutto quello animale.
Le diete a bassi grassi (o a basse calorie) hanno più volte
dimostrato di ridurre significativamente i livelli di questo
ormone e, soprattutto, hanno provato come siano i grassi
saturi e monoinsaturi a mantenerne elevati i livelli di
testosterone mentre i grassi polinsaturi, ovvero quelli
contenuti in ampie quantità negli oli di semi, hanno mostrato
esattamente l'effetto opposto.

124
17. Digiuno intermittente

I l modo più facile per iniziare il digiuno intermittente è


saltare la colazione o, se preferite, la cena. Se vi sentite
soddisfatti da questa affermazione, e volete provare, potete
scorrere fino al prossimo paragrafo e continuare a leggere il
libro, non c’è altro da sapere. Ovviamente, dopo aver fatto
un’affermazione così categorica e controcorrente, sento già le
grida di chi ha letto anni e anni di articoli su giornali e riviste,
le urla dei dietologi accreditati, gli avvertimenti dei medici
sovrappeso con un titolo incorniciato sullo sfondo: “La
colazione è il pasto più importante della giornata!” Abbiate
pazienza e continuate a seguirmi, vi spiegherò come e perché
vi abbiano mentito.
Il problema della scienza moderna è che tende a rimanere
attaccata ai propri errori e a resistere a ogni tentativo di
correggerli. Una volta che un “fatto scientifico” (termine che di
per sé dovrebbe suscitare l’orrore di ogni scienziato) viene
stabilito, risulta pressoché impossibile rovesciarlo e, anche
quando questo potesse avvenire, la scienza farà di tutto per
tenere all’oscuro la popolazione generale di questo
cambiamento.
Come già anticipato nei capitoli precedenti, esempi recenti in
termini di alimentazione e salute sono il colesterolo e il sale,
due elementi demonizzati per decenni e che solo recentemente
sono stati completamente assolti dall’accusa di provocare
danni alla salute delle persone. Nonostante un elevato numero

125
di ricerche pubblicate sulle maggiori riviste scientifiche
cancelli completamente decenni di supposizioni infondate (ma
ritenute assolutamente veritiere) sui danni causati dal sale e
dal colesterolo, nulla di tutto questo riesce mai ad arrivare alle
persone comuni.
L’utente che non abbia accesso alle ricerche scientifiche
rimane all’oscuro dei nuovi dati perché vi è, inoltre, un
completo disinteresse da parte dei mezzi di informazioni che,
spesso, continuano a perpetuare le favole del colesterolo come
causa delle malattie cardiovascolari e del sale come causa
dell’ipertensione.

17.1. Che cos’è il digiuno intermittente

Il digiuno è semplicemente l’atto volontario del non


mangiare e, normalmente, questo include qualunque bevanda
tranne acqua, caffè nero non zuccherato e tè (o tisane non
zuccherate). I vantaggi di questa pratica sono notevoli e si
sommano a quelli analoghi offerti dalla dieta chetogenica,
potenziandone l’effetto:

- Perdita di grasso mantenendo la massa muscolare.


- Miglioramento delle condizioni dei soggetti diabetici con
una glicemia a digiuno più bassa, insulina e leptina più basse e
una diminuzione della resistenza all'insulina.
- Miglioramento della memoria.

126
- Accelerata riparazione dei tessuti.
- Riduzione dello stress ossidativo e dell'infiammazione.
- Incremento dei livelli di ormone della crescita (GH).
- Benefici alla salute cardiovascolare con migliorata
pressione arteriosa e meno pulsazioni a riposo.
- Prestazioni fisiche incrementate, soprattutto in termini di
resistenza.
- Protezione da malattie e rallentamento
dell'invecchiamento tramite modifiche alle espressioni di
diversi geni.

Troppo bello per essere vero? In realtà non è il digiuno


intermittente che porta questi benefici ma è il mangiare tre
pasti al giorno o, addirittura, cinque come è di moda
oggigiorno con tutti gli snack, a essere innaturale per gli esseri
umani e a creare le condizioni per le malattie metaboliche.
Senza accorgercene, tutti noi ogni giorno facciamo un digiuno
intermittente di almeno dieci-dodici ore. Finire di cenare alle
otto della sera e fare colazione alle otto della mattina del
giorno seguente è, a tutti gli effetti, un digiuno intermittente
12-12, ovvero, con una finestra di dodici ore nell’arco di un
giorno durante la quale vengono consumati i pasti.
In sintesi, il digiuno intermittente è un’estensione di quella
finestra dalle normali dodici ore fino alle quindici-diciotto ore.
Tutto qui. Saltare la colazione e avere il proprio pranzo alle
mezzogiorno significa estendere le ore di digiuno da dodici a
sedici.

127
Così facile? Sì. Di questi tempi se il vostro stile di vita
alimentare è quello tipico dei paesi occidentali, oltre a mettere
a rischio la vostra salute e il vostro giro vita, è probabile che il
vostro primo pensiero sarà come poter saltare la colazione
senza morire di fame. Eppure in Italia l’abitudine della
colazione non è una realtà così radicata nel passato e nelle
tradizioni.
Infatti, in tempi non troppo lontani, una tazzina di caffè era
tutto quello che l’italiano medio aveva la mattina. Se state già
seguendo una dieta chetogenica, almeno da qualche mese, il
digiuno intermittente sarà incredibilmente facile da seguire
perché non avrete più quel senso di fame generato dagli
ormoni in seguito all'ingestione di carboidrati.
Se invece la prima cosa che fate appena svegli è bere una
tazza di latte con biscotti e merendine varie o mangiare un
tramezzino o una schiacciatina, per voi i primi giorni senza la
colazione saranno più difficili e si presenterà qualche strascico
sulla vostra energia (più mentale che fisica) e sul vostro senso
di fame. Ovviamente questi effetti saranno limitati nel tempo,
fino a soli pochi giorni, dipendentemente dal vostro stato di
salute metabolica. Ad esempio, un soggetto diabetico sentirà la
fame maggiormente durante i primi giorni di digiuno, fino a
che le fluttuazioni di glucosio nel sangue non si
stabilizzeranno, mentre una persona in salute con poco grasso
corporeo si abituerà molto più rapidamente.
Certamente, il digiuno intermittente potrebbe essere
spiegato in termini più elaborati rispetto alla semplice
definizione del saltare la colazione ma per chi avesse

128
semplicemente voglia di ottenere i risultati promessi, senza
approfondire il meccanismo di funzionamento, non c'è molto
altro da sapere.
Così come recita lo slogan pubblicitario di una nota azienda di
abbigliamento sportivo, “Just do it!” “Fallo!”. Non è importante
concentrarsi sui dettagli, non importa ossessionarsi su orari e
misurazioni, è sufficiente saltare la colazione e non spizzicare
dopo cena per ottenere incredibili benefici in termini di
dimagrimento e non solo.
Persino la sensazione di fame mattutina, che alcuni potranno
provare durante i primi giorni, sarà una sensazione soprattutto
psicologica. Siamo fin troppo abituati alla colazione, spesso la
prepariamo anche se non abbiamo davvero fame ma lo
facciamo perché siamo convinti che sia importante, che ci
faccia bene. Dopotutto, è definita come il pasto più importante,
consigliato anche a persone malate, sovrappeso o, addirittura,
obese.

17.2. Chi non dovrebbe fare il digiuno intermittente

Il digiuno intermittente è un potente strumento utile al


mantenimento della salute ma, per alcune categorie di
persone, presenta delle controindicazioni non trascurabili. Se,
ad esempio, siete in gravidanza o in fase di allattamento,
oppure siete sottopeso o avete la porfiria, un tipo di malattia
metabolica, non dovreste cominciare alcun tipo di digiuno,

129
neppure quello intermittente. Se, invece, avete disfunzioni
renali, disturbi delle ghiandole surrenali, soffrite di diabete o
avete un tumore, se avete disturbi legati all’alimentazione
come la bulimia e l’anoressia o se siete minorenni, la possibilità
di iniziare il digiuno intermittente dovrebbe essere
attentamente valutata con il vostro medico.

130
18. Alcool

I ndipendentemente dal seguire o meno una dieta


chetogenica, parlare di alcool è sempre difficile, è un
argomento polarizzante. Generalmente, l’alcool per
l’organismo umano è ritenuto una tossina. Ci sono, però, molti
studi che mostrano come lo sia solo oltre una certa quantità al
di sotto della quale potrebbe essere addirittura benefico o,
quantomeno, non dannoso.
L'alcool è presente nell’alimentazione umana fin da tempi
antichissimi, ben prima della comparsa dei grani e dei cereali.
È una bevanda comunemente consumata a tavola durante i
pasti o nei bar dove si beve in compagnia di parenti e amici.
Ma è possibile bere alcool durante una dieta chetogenica?
Ancora una volta vale la medesima risposta. Dipende dalle
quantità. Un bicchiere di vino a cena o un bicchierino di
distillato non avranno un effetto significativo sulla chetosi ma
è bene considerare gli zuccheri che, nelle bevande più svariate,
vengono associati all’alcool.
Parlo, ad esempio, dei vini dolci, dei cocktails o della birra. In
questi casi non sarà l'alcool in sé a interrompere il processo di
chetosi ma saranno, invece, gli zuccheri aggiunti a farlo.
Scegliere vini secchi, vini rossi non da dessert, vino bianchi brut,
birre a zero carboidrati e distillati come la grappa, il whisky, il
Cognac, la tequila o la vodka, vi permetterà di godervi una
serata fuori con gli amici senza dover fare particolari rinunce.

131
Infatti, queste bevande, a differenza del rum ad esempio, non
contengono zuccheri aggiunti. Vorrei porre una nota sul fatto
che, per un processo ancora non chiaro, chi segue la dieta
chetogenica è molto più suscettibile agli effetti dell'alcool
rispetto a chi segue una dieta con consumo di carboidrati.
Attenzione perché, il più delle volte, due bicchieri di vino
potrebbero essere il vostro limite massimo che se superato
potrebbe esporvi a rischi e pericoli. Per questo motivo
consiglio sempre di bere con cautela e responsabilità.
Un altro aspetto importante da considerare è il seguente.
Qualora il vostro obiettivo fosse quello di perdere peso,
sappiate che il consumo di l'alcool rallenterà il dimagrimento
perché il corpo lo utilizzerà come fonte di energia. Fino a
quando l’alcool non sarà stato utilizzato completamente,
l’organismo non sfrutterà il grasso in eccesso per produrre
chetoni e, di conseguenza, il dimagrimento sarà
temporaneamente interrotto.

132
19. Guida ai dolcificanti

N el mondo della nutrizione, l'argomento dolcificanti è


molto dibattuto. È un termine generico che raggruppa
zuccheri, dolcificanti senza impatto sulla glicemia e
dolcificanti a basso impatto sulla glicemia. La mia preferenza
va ai dolcificanti naturali che abbiano un impatto minimo, o
nullo, sulla glicemia come la stevia e l'estratto di monk fruit.

19.1. Stevia

La stevia è un dolcificante prodotto da una pianta (la stevia


rebaudiana) molto utilizzata in Sud America, così come la yerba
mate. Le foglie di stevia possono essere utilizzate sotto forma di
infuso per dolcificare tè e bevande ma possono anche essere
essiccate e macinate. La stevia disponibile in commercio è un
estratto purissimo delle sostanze responsabili del tipico gusto
dolce della pianta. L’estratto di stevia è enormemente più dolce
dello zucchero classico, infatti, a seconda della composizione
può essere da 250 a 450 volte più dolce, ovvero, 1 solo grammo
di stevia può dolcificare quasi quanto 500 grammi di zucchero.
Il risultato di alcune ricerche potrebbe dimostrare come
l'utilizzo della stevia causi una secrezione di insulina e
potrebbe, quindi, aumentare il rischio di diventare resistenti

133
all'insulina stessa ma si tratta di studi in vitro, ovvero, eseguiti
su cellule disposte in un piattino in laboratorio e non studi
diretti sulle persone. Tutto questo significa che non vi è alcuna
diretta correlazione fra il consumo di stevia e la produzione di
insulina tanto che, in Giappone, questa pianta è usata da
decenni per il trattamento del diabete di tipo 2 proprio per la
sua capacità di sensibilizzare all'insulina e aiutare la riduzione
della glicemia postprandiale. L’effetto di abbassamento della
glicemia postprandiale è stato dimostrato persino in altri studi
nei quali la stevia mostrava di poter controllare il livello di
glucosio nel sangue enormemente meglio rispetto ad altri
dolcificanti.
Visto il suo enorme potere dolcificante, la stevia è quasi
sempre commercializzata in un mix composto da eritritolo, o
altri polialcoli, per renderne più agevole il dosaggio e rendere
la dolcezza complessiva uguale a quella dello zucchero,
cucchiaio per cucchiaio.

19.2. Estratto di monk fruit

L’estratto di monk fruit, a differenza dell’estratto di stevia, è


un dolcificante estratto dal frutto piuttosto che dalle foglie.
Occorre fare attenzione perché in commercio si trovano
estratti di monk fruit che includono la polpa del frutto e, di
conseguenza, gli zuccheri in essa contenuti si troveranno

134
aggiunti al prodotto finale. Il frutto della pianta, dal nome
botanico Siraitia grosvenorii, viene chiamato “Frutto del frate”
perchè fin dal XIII secolo veniva coltivato in Cina dai monaci
buddisti che ne apprezzavano la dolcezza. Così come nel caso
della stevia, l'estratto di monk fruit è molto più dolce dello
zucchero, circa 250 volte più dolce, e non sembra avere alcun
effetto significativo sulla glicemia. Così come per la stevia, i
dolcificanti a base di monk fruit che si trovano in commercio
sono quasi tutti basati su una miscela mista contenente
eritritolo.

19.3. Eritritolo

L'eritritolo è un polialcol e fa parte di una categoria di


sostanze spesso derivate dagli zuccheri presenti in natura, ad
esempio gli zuccheri della frutta. L'eritritolo viene prodotto
attraverso la fermentazione del glucosio (o del saccarosio) e ha
una dolcezza leggermente inferiore al normale zucchero di
canna, ovvero, pari a circa il 60%. Avendo un potere
dolcificante più basso, questo significa che per sostituire 100
grammi di zucchero occorrerà utilizzare quasi 180 grammi di
eritritolo.
Nonostante il suo discreto potere dolcificante, l'eritritolo è
considerato un dolcificante a bassissime calorie (quasi zero) e
non incide, se non marginalmente, sulla glicemia. Inoltre, pare
che possa funzionare efficacemente sia come antisettico del

135
cavo orale sia come protettivo contro la placca. L’eritritolo è,
persino, prodotto dal nostro organismo dove è coinvolto in
specifiche funzioni correlate con alcuni liquidi corporei, come
il plasma e il liquido amniotico, e con certi tessuti come la
cornea.
La stragrande maggioranza dell'eritritolo ingerito non è
assorbita dal nostro tratto digerente e quasi il 90% viene
espulso attraverso le urine. Tra gli effetti indesiderati correlati
al consumo di eritritolo troviamo dei possibili discomfort
gastrointestinali tra i quali, gonfiori, flatulenza e diarrea. È
importante sapere che tali effetti sembrano strettamente legati
alla quantità utilizzata e si verificano in dosi molto alte, ad
esempio con quasi 0,8 grammi di eritritolo per kg di peso
corporeo. Per evitare l’insorgere di questi effetti collaterali
sarà dunque opportuno evitare dosi eccessive.

19.4. Taumatina

La taumatina è un altro dolcificante naturale estratto dal


frutto di una pianta, in questo caso dalla pianta tropicale
Katemfe (nome botanico Thaumatococcus daniellii). La taumatina
presenta interessanti caratteristiche, prima fra tutte il suo
incredibile potere dolcificante che si ritiene possa essere tra le
2000 e le 2500 volte superiore a quello dello zucchero comune.
Per darvi un’idea, un solo grammo di taumatina dolcifica
quanto due chilogrammi (e più) di zucchero.

136
La straordinaria capacità di dolcificazione di questo estratto
permette di usare dosi estremamente limitate di taumatina
anche se, viste le piccolissime quantità che andrebbero
utilizzate, è abbastanza difficile regolare il dosaggio in modo
corretto. Così come per l'eritritolo e per altri polialcoli,
l’estratto di katemfe non causa problemi ai denti e non ha
mostrato effetti avversi neppure in dosi elevate fino a oltre 5
grammi che, per un uomo di 80 kg di peso corporeo,
significherebbe assumere 400 grammi di taumatina con un
potere dolcificante equivalente a 800 kg di zucchero al giorno!
La taumatina è, inoltre, una proteina facilmente digeribile e
non causa alcun problema al tratto gastrointestinale dove
viene completamente inattivata senza alcun tipo di influenza
sulla glicemia.

19.5. Miele

Nella comunità chetogenica e carnivora l’uso del miele è


molto discusso. Da una parte si tratta di un prodotto composto
sostanzialmente da zuccheri, in particolare glucosio e fruttosio
ma, dall'altra, sembra avere delle interessanti proprietà
salutari che - in dosi molto ridotte - sembrano renderlo adatto
anche per le diete a bassi, o bassissimi, carboidrati.
Essendo il miele un prodotto di origine animale, il suo uso è
ben accettato anche da parte di chi segue una dieta carnivora e
pare ci siano chiare indicazioni sul fatto che il miele naturale

137
(per naturale intendo quello non filtrato e non pastorizzato,
certamente non quello commercializzato nei supermercati)
produca sulla nostra biologia degli effetti ben diversi da quelli
prodotti dagli altri zuccheri. Infatti, in alcuni studi clinici, il
miele naturale ha mostrato delle capacità interessanti come
quella di ridurre i livelli di glucosio nel sangue (rispetto all’uso
di zucchero e glucosio), di diminuire i valori della proteina c-
reattiva (si tratta di un indice di infiammazione) e di abbassare
i livelli di omocisteina e trigliceridi.
Soprattutto il miele di colore più scuro, che presenta alti
livelli di metaboliti dell’ossido di azoto, sembra poter
migliorare la risposta dell'istamina e di conseguenza portare
dei benefici in caso di allergie.
Al contrario di eritritolo e taumatina, il miele, anche quello
più puro, naturale e biologico, può peggiorare la salute dei
vostri denti perché è ricco di fruttosio e contribuisce al carico
quotidiano di carboidrati totali. Per questa ragione consiglio di
farne un uso estremamente moderato.

19.6. Fruttosio

Il fruttosio è il principale zucchero della frutta (facile da


immaginare, vero?) e rappresenta circa la metà del contenuto
di zucchero presente mentre l’altra metà è rappresentata dal
glucosio. Alti livelli di fruttosio nella dieta creano notevoli
problemi perché il fruttosio ha la capacità di “spegnere”

138
l'ormone leptina, quell’ormone deputato a segnalare
all’organismo la sensazione di sazietà e che, quindi, ci porta a
smettere di mangiare. In parole povere, con il fruttosio non si
sente il senso di sazietà e si mangia di più, a volte molto di più.
Questo è uno dei motivi per i quali il fruttosio viene aggiunto
a un enorme numero di prodotti industriali nonostante il costo
di questo zucchero non sia propriamente basso. Inoltre,
occorre evidenziare che oltre a inibire il senso di sazietà, anche
piccole quantità di fruttosio hanno conseguenze enormi per la
salute del fegato e sulla resistenza all'insulina e, di
conseguenza, sul metabolismo dei grassi.
La steatosi epatica, o NAFLD, è causata principalmente dal
fruttosio nella dieta e rischia di degenerare in cirrosi fino ad
arrivare a mettere a rischio la vita del paziente. Il fruttosio ha
anche una fondamentale importanza sul metabolismo
dell'acido urico perché il suo consumo va ad aumentare il
rischio di ipertensione e di elevata glicemia tramite un
processo fisiologico nel quale la metabolizzazione del fruttosio
causa un aumento dei livelli di acido urico. Questo processo è
probabilmente frutto dell'evoluzione durante la quale gli
ominidi avevano scarsissimo accesso alla frutta (solo per poche
settimane l'anno) ed era, quindi, importante usare il fruttosio
per accumulare più grasso possibile in vista dell'inverno,
quando il cibo sarebbe stato scarso.
Il fruttosio, inoltre, incrementa anche la produzione di
vasopressina, un ormone responsabile dell'aumento della
pressione arteriosa, e riduce l'eliminazione dei liquidi
attraverso i reni.

139
Considerato che oggi il problema della necessità di
accumulare grasso in vista dell'inverno non esiste più e
considerato che gli uomini hanno un costante accesso al cibo, il
fruttosio è una delle cause principali (tramite gli incrementati
livelli di acido urico) dell'obesità e della sindrome metabolica
che potrà presentarsi anche in assenza di obesità. I danni
causati dal fruttosio si estendono anche ai mitocondri.
L'eccesso di questo tipo di zucchero causerà una ridotta
efficienza mitocondriale che, come abbiamo già visto, esporrà
a pesanti implicazioni anche in termini di rischio di patologie
tumorali.
A causa del suo basso indice glicemico, il fruttosio viene
spesso ed erroneamente consigliato persino ai soggetti
diabetici. Pur essendo vero che non provoca un significativo
incremento della glicemia e un rilascio eccessivo di insulina, è
altrettanto vero che il fruttosio viene metabolizzato nel fegato,
con tutte le conseguenze per la salute elencate nelle righe
precedenti.

19.7. Altri dolcificanti

La lista dei dolcificanti naturali e artificiali sarebbe


lunghissima ma, sostanzialmente, se non li avete trovati tra
quelli elencati nei paragrafi precedenti, sarebbe meglio
evitarli, inclusi quelli definiti a zero o a basse calorie. Uno tra

140
questi potrebbe essere l’allulosio, un dolcificante che si sta
diffondendo parecchio e che, spesso, causa problemi digestivi.
Certo, un dolcetto occasionale dolcificato con sucralosio o con
una bustina di acesulfame-k nel caffè al bar non vi ucciderà
ma, di certo, si tratta di qualcosa che non mi sento di
consigliare.

19.8. Considerazioni finali sui dolcificanti

La discussione sui dolcificanti va oltre il fatto che questi


prodotti abbiano molte o poche calorie e va, anche, oltre il
fatto che influenzino o meno la glicemia perché, al netto di
questi due problemi, rimarrebbe la questione della fase cefalica
della secrezione di insulina.
Infatti, questa fase si verifica quando si sta per mangiare
qualcosa di dolce o dopo aver mangiato un cibo dal gusto dolce,
nonostante il cibo consumato non contenga zuccheri o non alzi
la glicemia. Ci sono indicazioni che questo fenomeno possa
generare in una risposta insulinica indipendentemente
dall’innalzamento della glicemia.
Tale risposta insulinica potrà, ad esempio, interrompere un
digiuno e portare a un aumento del desiderio di mangiare
fermando, temporaneamente, la sensazione naturale di sazietà.
Tutti i dolcificanti andrebbero, quindi, utilizzati
moderatamente e in modo occasionale, non come parte

141
dell'alimentazione quotidiana, soprattutto se vorreste
dimagrire.
Sicuramente, nella fase iniziale di una dieta chetogenica (o
low carb) mangiare dei dessert preparati con questi prodotti
potrebbe essere un modo per completare, più facilmente, la
transizione.
All’inizio sarà abbastanza normale, quasi naturale, esagerare
con il consumo di dolci chetogenici ma, una volta superata
questa fase, sarà bene mantenere un minimo di moderazione e
limitare l'uso di qualsiasi dolcificante.

142
20. Guida a oli e grassi

I n linea generale, l'alimentazione umana dovrebbe avere un


elevato rapporto fra acidi grassi saturi (SFA), acidi grassi
monoinsaturi (MUFA) e, soprattutto, acidi grassi polinsaturi
(PUFA).
Nonostante per decenni l'American Heart Association e altre
organizzazioni sanitarie abbiano consigliato di ridurre
l'assunzione di grassi saturi, a oggi, gli studi non sono riusciti a
mostrare alcun legame fra i grassi saturi e le malattie
cardiache ma hanno, invece, evidenziato un'associazione fra
alti livelli di grassi saturi nella dieta e bassa mortalità per tutte
le cause.
Dal punto di vista scientifico, l'associazione fra malattie
cardiovascolari e grassi saturi è stata dunque completamente
smentita ma medici e dietologi continuano a raccomandare di
evitarli e passare invece ai “salutari” oli vegetali, quelli che
sono contenuti in tutti i prodotti industriali, soprattutto in
quelli a basso costo. In realtà, sono proprio gli acidi grassi
polinsaturi che dovrebbero essere ridotti al minimo perché,
probabilmente, sono i principali responsabili dell'obesità e
delle malattie metaboliche.
Inoltre, gli acidi grassi polinsaturi possono essere più
dannosi degli zuccheri perché hanno un effetto invecchiante
sui tessuti e un effetto particolarmente dannoso sul cervello e
sul sistema nervoso. L'effetto devastante di questi grassi può
raggiungere anche altri organi come, ad esempio, la pelle,

143
facendole perdere la naturale capacità di non bruciarsi sotto al
sole.
Nonostante gli Omega-3 siano tecnicamente degli acidi grassi
polinsaturi, dovrebbero essere abbondantemente presenti in
una dieta ben bilanciata. Personalmente consiglio di assumere
questi importanti grassi attraverso il consumo di cibo naturale
come carne e latticini provenienti da animali allevati al
pascolo, da uova da galline free range e da pesce fresco grasso
(salmone, sardine, sgombri) piuttosto che assumerli attraverso
gli oli, spesso non puri o, addirittura, irranciditi.
Questa guida vi mostrerà il contenuto specifico di vari oli
grazie a una suddivisione tra acidi grassi saturi, monoinsaturi e
polinsaturi con un breve commento per ciascuno di essi

Breve nota alla consultazione:


SFA: Saturated Fatty Acids, Acidi grassi saturi.
MUFA: Mono Unsaturated Fatty Acids, Acidi grassi
monoinsaturi.
PUFA: Poly Unsaturated Fatty Acids, Acidi grassi polinsaturi

Burro e ghee

Il burro è ricavato dalla panna. La panna contiene


soprattutto una componente grassa, proteine e una quantità
minima di zuccheri, lattosio e galattosio. Il burro ha una
composizione in acidi grassi eccellente pochissimi grassi
monoinsaturi e alte quantità di acido stearico che facilita il
dimagrimento. Generalmente il burro non è particolarmente

144
adatto per cucinare, se non a bassa temperatura, ma è uno dei
grassi principali utilizzati nella dieta chetogenica.
Il ghee, o burro chiarificato, è un burro al quale sono state
tolte le frazioni di zuccheri e proteine, lasciando quindi solo la
parte grassa. Grazie a questo accorgimento, il ghee si conserva
facilmente a temperatura ambiente per lunghi periodi di
tempo. Il ghee inoltre ha un punto di fumo molto più alto
rispetto al burro, proprietà che lo rende meglio utilizzabile per
cucinare. La composizione in acidi grassi del ghee è
sostanzialmente identica a quella del burro con quantità
maggiori ma con le stesse proporzioni.

Composizione burro e ghee:


26% MUFA
3% PUFA
66% SFA
Sego

Il sego è un tipo di grasso che si presenta solido a


temperatura ambiente. È ottenuto principalmente dal grasso
bovino ma anche da quello ovino ed equino. Essendo il sego un
prodotto derivato da diversi animali, le proporzioni degli acidi
grassi possono variare leggermente (non in modo così
significativo) a seconda dell’animale dal quale è stato ottenuto.
Perché si possano sciogliere e separare in parte solida e
liquida (la parte liquida sarà costituita dal sego), i grassi
animali dovranno essere riscaldati a bassa temperatura. Il sego
ha una lunga durata e i suoi usi sono molteplici.

145
È un grasso perfetto per cotture ad alte temperature, inclusa
la frittura che sarà particolarmente croccante e asciutta, ed è
un ingrediente ottimo per preparare creme e saponi.

Composizione sego:
46% MUFA
2% PUFA
50% SFA

Lardo

Il lardo è ottenuto tramite un processo identico a quello


usato per il sego ma viene prodotto utilizzando,
esclusivamente, il grasso di maiale. Il lardo ha spesso un
sapore più pronunciato rispetto ad altri grassi e questo aspetto
lo rende ideale per molte preparazioni ma poco adatto per
altre, a differenza del sego che presenta un gusto decisamente
più delicato e neutro. Così come il sego, anche il lardo è ottimo
per le cotture in padella o le fritture ed è particolarmente
gustoso con le verdure. Un tempo, il grasso del maiale veniva
usato al posto del burro e solo oggi, grazie alla rivisitazione
della cucina tradizionale, il suo uso in cucina sta tornando di
nuovo popolare.

Composizione lardo:
45% MUFA

146
2% PUFA
11% SFA

Olio di canola (o semi di rapa)

L’olio di canola è un olio prodotto dai semi di rapa attraverso


un procedimento complesso di eliminazione dell'acido erucico,
una molecola particolarmente tossica che, oltretutto, ha un
sapore amarissimo. In questi ultimi anni, la diffusione dell’olio
di canola sta aumentando significativamente e molti medici lo
raccomandano perché è ricco di acidi grassi Omega-3.
Nonostante quest’olio contenga ottime quantità di acidi grassi
Omega-3, personalmente, mi sento di consigliarne un uso
molto ridotto perché dubito fortemente che, dopo essere stato
riscaldato a oltre 260°C per la sua produzione, rimanga anche
una minima frazione integra, e non irrancidita, di Omega-3.
Nonostante ciò, l’olio di canola è da preferire a tutti gli altri oli
di semi perché ha, comunque, una buona percentuale di acidi
grassi monoinsaturi, così come l'olio di oliva.

Composizione olio di canola:


55-60% MUFA
23% Omega-6 PUFA
6-10% Omega-3 PUFA
7% SFA

147
Olio di arachidi

L’olio di arachidi è uno degli oli più usati per le fritture,


soprattutto quelle casalinghe, grazie al suo alto contenuto di
acidi grassi monoinsaturi. Proprio per questa ragione è
migliore dell'olio di mais e dell’olio di semi di girasole. Bisogna
ricordare però che l’olio di arachidi può facilmente irrancidirsi
e, essendo estratto da un legume, non dovrebbe essere
minimamente considerato da chi segue una dieta paleo o
chetogenica.

Composizione olio di arachidi:


44% MUFA
38% PUFA
18% SFA

Olio di semi di girasole

L’olio di semi di girasole può essere considerato uno tra i


peggiori oli. Infatti, con un contenuto altissimo di acidi grassi
polinsaturi e pressoché zero Omega-3 dovrebbe essere
assolutamente evitato. L’olio di girasole è generalmente molto
usato nei ristoranti, probabilmente perché si tratta di uno degli
oli più economici sul mercato. Personalmente sono all’oscuro
del motivo (forse una questione di marketing) per il quale
questo olio, nonostante le sua scarsissima qualità, venga
ritenuto uno dei più salutari. Alcune volte sarebbe proprio il
caso di orientare le nostre scelte di acquisto nella direzione

148
opposta a quella promossa dai media attraverso consigli e
pubblicità.

Composizione olio di semi di girasole:


20% MUFA
70% PUFA
10% SFA

Olio di semi di cotone

L’olio di cotone è il mio olio preferito soprattutto quando


voglio mostrare come le aziende possano, intenzionalmente,
distruggere la salute delle persone con l’unico scopo di
guadagnare un profitto. Fino a non molto tempo fa, a causa
della tossicità per gli uomini e per gli animali, i contadini
dovevano smaltire i semi del cotone attraverso il pagamento di
una tassa.
Ma l'industria alimentare, che sembra essere sempre in
grado di produrre oro dal letame, in tempi recenti ha
riproposto questo olio non propriamente commestibile. Visto
che parliamo dell'olio più economico sul mercato non sarà
difficile capire perché l’olio di cotone sia utilizzatissimo,
soprattutto da ristoranti e industria alimentare. È bene
evidenziare che oltre alla sua tossicità naturale, questo tipo di
olio viene prodotto esclusivamente da semi geneticamente
modificati. Inoltre, come se non bastasse, viene venduto quasi
esclusivamente con una parte idrogenata che mantenga stabili

149
le sue caratteristiche organolettiche. Aggiungo solo tre parole:
stateci alla larga.

Composizione olio di semi di cotone:


15% MUFA
59% PUFA
26% SFA

Olio di oliva (include sansa ed extra vergine)

L'olio extra vergine di oliva, quando non adulterato o


miscelato con altri oli, è un buon olio da usare nel contesto di
una dieta ricca di grassi saturi così da mantenere una buona
proporzione tra MUFA e SFA. Consiglio di usare l’olio extra
vergine per condire le pietanze crude o cotte e di evitare,
invece, l'olio di sansa e l’olio di oliva perché sono prodotti di
bassa qualità estratti attraverso l’uso di acidi (o tramite il
calore) e quindi largamente irranciditi. Sicuramente un blend
di olio di oliva e olio extravergine delicato è l’opzione migliore
per ottenere una buona maionese; se venisse montata solo con
l’olio extra vergine di oliva, verrebbe troppo amara. Se, invece,
volete preparare una maionese ancora più buona il mio
consiglio è quello di sostituire l’olio con il burro.

Composizione olio di oliva:


70-74% MUFA

150
3-24% Omega-6 PUFA
1% Omega-3 PUFA
14% SFA

Olio di mais

L’olio di mais è presente sul mercato soprattutto grazie agli


enormi sussidi che vengono dati ai contadini che coltivano il
mais negli Stati Uniti. Si tratta di un olio largamente composto
da acidi grassi polinsaturi e, quindi, consiglio di evitarlo con
cura.

Composizione olio di mais:


22% MUFA
64% PUFA
14% SFA

Olio di cocco

L'olio di cocco ottenuto da spremitura a freddo è un grasso


eccellente e versatile anche se il gusto accentuato lo rende
meno adatto alla cottura di carne o pesce. Vista l'altissima
percentuale di acidi grassi saturi, l’olio di cocco è
estremamente stabile tanto da poter essere conservato a
temperatura ambiente.

151
Composizione olio di cocco:

6% MUFA
2% PUFA
92% SFA

Olio di palma

Non voglio entrare nel merito dei problemi che le piantagioni


di palma possano avere dal punto di vista ecologico. Credo sia
noto a tutti che la palma non sia, certamente, l'unico prodotto
dell'agricoltura per il quale enormi aree del mondo vengano
disboscate. Dal punto di vista alimentare e salutare, invece,
l'olio di palma è ricco in acidi grassi saturi ed è molto stabile
termicamente. L'olio rosso di palma ha, inoltre, un contenuto
altissimo di coenzima Q10 e vitamina E.

Composizione olio di palma:


38% MUFA
10% PUFA
52% SFA

152
21. Ricette per la salute e per il piacere

C ucinare alimenti adatti a una dieta chetogenica non è


affatto difficile. In pratica, quasi tutti i secondi piatti della
tradizione italiana sono già chetogenici o lo possono diventare
con poche modifiche. Dagli arrosti agli stufati, dall'ossobuco
alla trippa alla fiorentina passando attraverso tutti i piatti di
pesce e i frutti di mare, già questo piccolo elenco propone
piatti di tipo chetogenico.
Tanti altri lo diventeranno con il solo accorgimento di
eliminare eventuali componenti come le patate o la farina. Un
purè di cavolfiore potrà egregiamente prendere il posto di un
purè di patate; zucchini e altre verdure a dadini sostituiranno
le patate che siete abituati ad aggiungerle al vostro stufato e
usando la panna, allungata con un pizzico di acqua, potrete
anche fare a meno del latte.
Poi abbiamo tutto il mondo dei dolci, cibo che dovrebbe
rimanere una delizia consumata solo durante le occasioni
speciali ma che, anche all’interno di una dieta chetogenica, è
molto facile da preparare e da adattare per tutti i gusti e per
tutte le esigenze. Qui di seguito troverete alcune ricette che vi
daranno un'idea di quello che si può mangiare in una dieta
chetogenica. L'elenco è forzatamente limitato e fuori dallo
scopo di questo libro anche se propone alcuni tipi di pane
chetogenico e alcuni sfiziosi dessert cosicché anche i primi
mesi di questo nuovo stile di vita possano essere appaganti dal
punto di vista gastronomico.

153
Infatti, grazie alla mia esperienza, ho notato che molte tra le
persone che cominciano una dieta chetogenica, prima di
riprendere la vecchia ma sempre buona abitudine di mangiare
cibi “veri” e non altamente processati, tendono a cercare dei
sostituti chetogenici ai cibi che consumavano fino al giorno
prima di cominciare la nuova dieta. Questo accade soprattutto
nel primo periodo, nel momento di passaggio tra una dieta e
l’altra, ed essere integralisti, in questo caso, non aiuta.
Mangiare una fetta di pane contenente un po' di mandorle
tritate o un dolcino chetogenico dolcificato con stevia ed
eritritolo sarà certamente meglio che mangiare un bombolone
fritto, una merendina industriale o una fetta di pane classico
contenente glutine e additivi. Se questi dolci chetogenici
possono aiutare a passare da una dieta non salutare a una dieta
benefica e sana, ben vengano.

Buon appetito!

154
21.1. Pane di farina di mandorle ai semi vari

Questa è una ricetta davvero facile, dal risultato


sorprendente, un pane soffice e leggero del tutto simile al pane
in cassetta. Per preparare questo pane occorre l’uso di
abbondante farina di mandorle che porta ad avere circa 3
grammi di carboidrati per fetta e un pochino di acidi grassi
polinsaturi che sarebbe bene limitare.
Per questi motivi, non fatene un uso esagerato, soprattutto
se consumate altre mandorle o noci.

Ingredienti:

170 g di farina di mandorle


20 g di buccia di psillio macinata fine
2 cucchiaini di lievito per dolci
2 cucchiai di semi di zucca, tritati grossolanamente
2 cucchiai di semi di sesamo
un pizzico abbondante di sale
2 uova grandi
4 albumi di uova grandi
2 cucchiai di aceto di mele
85 g di burro non salato, fuso e leggermente raffreddato
120 ml di acqua bollente

155
Preparazione:

Preriscaldate il forno a 170°C. Foderate con carta da forno


l'interno di una pirofila rettangolare da circa 22x12 cm. In una
ciotola mischiate bene la farina di mandorle, lo psillio, il lievito
per dolci, i semi e il sale. Mettette da parte il composto. In
un'altra ciotola sbattete insieme le uova, gli albumi, l'aceto e il
burro e aggiungete il tutto agli ingredienti secchi che avete
messo da parte nella prima ciotola.
Mescolate bene e aggiungete, lentamente, l'acqua bollente.
L'impasto così preparato andrà versato nella teglia foderata
con la carta da forno e cotto circa 75 minuti o fino a che non
sarà bello dorato. Una volta trascorso il tempo di cottura,
spegnete il forno e lasciate raffreddare il pane all'interno per
circa mezz'ora mantenendo lo sportello leggermente aperto.

21.2. Panini alla farina di mandorle

Se seguirete una dieta chetogenica non potrete mangiare il


pane. Soprattutto per gli italiani si tratta, sicuramente, di una
rinuncia piuttosto difficile ma con il tempo ci si abitua a non
usarlo e sarà facile scoprire come ci siano delle invitanti
alternative. I panini chetogenici, ad esempio, sono dei panini
molto morbidi, davvero ottimi e pratici per essere farciti con
gli ingredienti che più preferite. Io li preparo spesso con il
prosciutto cotto e il formaggio. Il pane chetogenico può anche

156
essere tagliato a fette e tostato per la preparazione di sfiziosi
crostini. Prima di tostare il pane ricordatevi di lasciarlo
riposare almeno qualche giorno in modo che durante la
tostatura diventi ancora più croccante.

Ingredienti:

140 g di farina di mandorle o mandorle intere


50 g di buccia di psillio macinata fine
10 g di lievito per dolci (baking powder)
Sale
2 cucchiaini di aceto di mele
240 g di acqua calda
3 bianchi d'uovo

Preparazione:

Prendete delle mandorle intere e tritatele il più finemente


possibile con un robot da cucina. Mischiate bene tutti gli
ingredienti secchi e poi aggiungete i liquidi e i bianchi d'uovo.
Con l’aiuto di un frullino, frullate il composto per un minuto e
formate dei bocconcini di forma circolare, o allungata, a vostro
piacimento (la forma allungata è perfetta per preparare degli
squisiti hot dog). Disponete le forme su un vassoio da forno
avendo cura di riporle ben distanziate tra loro. Questo tipo di
pane chetogenico cresce molto e le dosi indicate negli
ingredienti sono sufficienti per la preparazione di circa otto

157
piccoli panini. Cuocete a 160°C per un'ora e lasciate freddare
per bene prima di assaggiare.

21.3. Panini alla farina di cocco

La farina di cocco è un eccellente ingrediente per molte


preparazioni chetogeniche o low carb. Si abbina benissimo allo
psillio perché ha un'ottima capacità di assorbire i liquidi.
Questa ricetta è perfetta per preparare dei soffici panini per
hamburger o per hot dog (facendoli di forma allungata) molto
gustosi anche con il burro, il salame e i cetriolini oppure con
maionese, prosciutto e rucola. Insomma, come preferite!
Ciascun panino ha poco più di 1 grammo di carboidrati.

Ingredienti:

60 g di farina di cocco (quella fine, non il cocco grattugiato)


10 g di buccia di psillio macinata fine
un pizzico di sale
4 uova grandi
190 g di acqua
60 g di burro

Preparazione:

158
Unite fra loro tutti gli ingredienti secchi e mischiate per
bene. Sbattete le uova con una frusta, aggiungete il burro fuso
e l'acqua e continuate a sbattere fino a che il composto non
sarà completamente amalgamato. Aggiungete gli ingredienti
secchi al mix appena preparato con le uova e mischiate fino a
ottenere un impasto particolarmente denso.
Se il composto dovesse avere una consistenza troppo molle
potrete aggiungere un briciolo di psillio. A seguire, dividete
l'impasto in una decina di panini e metteteli su un vassoio da
forno (con carta forno o, meglio ancora, tappetino di silicone).
Fate cuocere a 180°C per circa 30-35 minuti e, al termine,
lasciate freddare.

21.4. Pollo con funghi, broccoli e groviera

Il pollo con funghi, broccoli e groviera è un ottimo piatto,


ricco di proteine e ingredienti sfiziosi.

Ingredienti:

Olio extra vergine di oliva o sego


Burro
Sovracosce o petto di pollo
1 testa di broccolo
1 cipolla
1 spicchio d'aglio

159
1 peperoncino
Funghi a piacere
Formaggio groviera o provolone grattugiato

Preparazione:

Saltate il pollo in un pochino di sego o olio extra vergine


d'oliva. Inizialmente tenete il fuoco alto, per fare in modo che
si crei una sorta di crosticina, e poi a fuoco più basso per finire
di cuocere il pollo ma senza cuocerlo troppo. Salate, pepate e
trasferite su un piatto. In una padella aggiungete del burro e
cuocete l'aglio e il peperoncino tritati. Unite i broccoli tagliati
a pezzetti, tostateli e copriteli con un coperchio. Aggiungete
meno di mezzo bicchiere d'acqua, se necessario, per portarli a
cottura.
A fine cottura, trasferite il tutto in una ciotola. Cuocete ora le
cipolle tagliate fini, aggiungete i funghi a pezzi e aggiustate di
sale e pepe.
Disponete tutti i componenti in una pirofila imburrata,
cospargete il formaggio grattugiato sopra agli altri ingredienti
e infornate in modalità grill finché il formaggio sarà fuso e sarà
diventato leggermente dorato.

160
21.5. Brodo di ossa con curcuma e crema di cocco

Il brodo di ossa è uno dei piatti più utilizzati da chi segue una
dieta chetogenica o low carb. Si tratta di un piatto semplice ma
ricchissimo di minerali e altri nutrienti, buono per la salute
generale e quella del tratto gastrointestinale in particolare.
Il brodo di ossa è facilissimo da preparare e può essere
consumato nelle fredde sere d’inverno o la mattina appena
alzati per iniziare al meglio la giornata.

Ingredienti:

Ossa di manzo, pollo o agnello


Sego o olio extra vergine di oliva
Mezzo cucchiaio di zenzero fresco grattugiato p.p.
Mezzo cucchiaio di curcuma
Cipolline fresche tritate
Crema di cocco
Sale
Pepe

Preparazione:

Per preparare il brodo partirete dalle ossa che potranno


essere di una qualunque combinazione di manzo, pollo o
agnello. Tostate le ossa in una pentola d'acciaio con un pochino
di sego o olio extra vergine d'oliva per rendere il gusto del
brodo più deciso, poi copritele d'acqua fredda e portate a

161
bollore. Mettete il coperchio e fate bollire a fiamma molto
bassa per almeno sette-otto ore.
Se volete estrarre dalle ossa il maggior quantitativo possibile
di nutrienti allora, lasciate bollire lentamente fino a
ventiquattro ore. In questo caso, per maggiore sicurezza,
potrete utilizzare una pentola di tipo elettrico (non è mai una
buona idea lasciare il fornello a gas acceso durante la notte!).
Quando la cottura sarà terminata, filtrate il brodo con un
colino di metallo a maglia fine e riponete il brodo in frigo dopo
averlo fatto freddare a temperatura ambiente. Se preferite un
brodo più magro vi consiglio di eliminare l’eventuale grasso
che si accumulerà in superficie, quello che sarà diventato più
rappreso, solido. Non gettate comunque quel grasso,
sciacquatelo bene e mettetelo in un contenitore di vetro da
riporre nel frigo; lo potrete utilizzare per la cottura della carne
o delle uova.
Dopo una notte in frigo, il brodo dovrà avere la consistenza
gelatinosa di un budino, segno che conterrà ampie quantità di
collagene.
Per preparare la versione di ispirazione asiatica di questo
brodo, con la curcuma e la crema di cocco, mettete in una
pentola una tazza di brodo per porzione, aggiungete mezzo
cucchiaio di zenzero fresco grattugiato a persona, mezzo
cucchiaio di curcuma, un pochino di cipolline fresche tritate,
sale, pepe e crema di cocco a piacere.
Portate a bollore mescolando bene e servite caldo. Questa
base può essere usata per preparare veloci zuppe in stile

162
asiatico aggiungendo pollo sfilacciato, uova sode o pesce come
gustosi gamberi.

21.6. Paté di fegatini di pollo al Cognac

Le interiora rappresentano un alimento molto importante,


contengono una quantità incredibilmente elevata di nutrienti
(soprattutto il fegato) e dovrebbero far parte di ogni dieta
bilanciata. Il gusto delle interiora è abbastanza lontano da
quello a cui siamo abituati nel mondo occidentale ma, per
fortuna, possiamo ricorrere alla preparazione di ricette sfiziose
come quella del paté, un ottimo modo per includere i preziosi
nutrienti delle frattaglie all’interno nella nostra dieta. Questa
ricetta si può preparare e poi congelare in piccoli barattoli di
vetro, così da averne sempre un pochino a disposizione.
Il paté di fegatini di pollo può essere servito con sottaceti e
cetriolini, con il kimchi o con altre verdure fermentate.
Delizioso anche spalmato su pane o crackers chetogenici, il paté
di fegato è un eccellente antipasto, perfetto per iniziare una
cena da soli o in compagnia.

Ingredienti:

2 cucchiai di burro per la riduzione


100 g di burro per i fegatini

163
1 cipolla tritata
2 foglie di alloro
4 foglie di salvia
Mezzo bicchiere di cognac o brandy
500 g di fegatini di pollo
2 acciughe sott’olio
Capperi sotto sale ben sciacquati
Burro per mantecare
Sale
Pepe

Preparazione:

Fate soffriggere due cucchiai di burro con la cipolla a fuoco


medio-basso per circa 10-15 minuti, mescolando di tanto in
tanto, fino a quando la cipolla sarà morbida e leggermente
caramellata. Aggiungete le foglie di alloro, la salvia e le due
acciughe, versate il Cognac e portate avanti la cottura a fuoco
lento finché il composto diventerà simile a una glassa. Mettete
da parte, rimuovete le foglie di alloro e salvia e fate
raffreddare.
Scaldate circa 100 grammi di burro, aggiungete i fegatini a
pezzi e i capperi e fate cuocere finché i fegatini non saranno
dorati ma ancora leggermente rosati al centro. Togliete dalla
padella e mettete da parte a raffreddare. Unite i fegatini cotti
alla riduzione di cipolla e Cognac in un frullatore e frullate fino
a ottenere una crema omogenea. Aggiungete sale e pepe a
piacere e frullate ancora un paio di volte per amalgamare il

164
tutto. Se il composto sarà troppo liquido, aggiungerete qualche
cubetto di burro fino a ottenere la consistenza desiderata. Se
volete ottenere una grana più fine, passate il paté attraverso un
setaccio a trama sottile. Versate il paté in barattoli, o ciotole,
avendo cura di lasciare uno spazio di mezzo centimetro in cima
che ricoprirete con burro fuso. Mettete in frigorifero per 4-6
ore per far rapprendere correttamente.

21.7. Salmone con crema al limone

Il salmone è un pesce davvero squisito, le sue carni sono


ricche di acidi grassi essenziali Omega-3 e contengono un
notevole quantitativo di proteine, sali minerali e vitamine.

Ingredienti:

80 ml di brodo vegetale
150 ml di panna
Prezzemolo ed erba cipollina
Il succo di mezzo limone
Sego o olio extra vergine di oliva
500 g di salmone
50 g di burro
1 spicchio d'aglio tritato finemente
1 peperoncino piccolo
Broccoli, spinaci o cavolfiore

165
Sale
Pepe

Preparazione:

Fate bollire il brodo in una casseruola, aggiungete la panna,


le erbette finemente tritate e il succo di limone. Salate e
pepate quanto basta. Lasciate sul fuoco bassissimo girando
ogni tanto e lasciando addensare la salsa.
Nel frattempo saltate il salmone in una padella con il sego o
l'olio, salate e cucinate al punto desiderato. Il salmone si presta
particolarmente bene a essere cotto “al sangue”, con una
crosticina dorata esterna ma con un cuore ancora crudo, solo
intiepidito. Se avete scelto un trancio con la pelle, disponete la
parte con la pelle sul fondo della padella e lasciate cuocere a
fuoco basso, senza girare, fino a che la pelle sarà bella
croccante. Successivamente, girate e lasciate cuocere per circa
30-60 secondi o fino alla cottura più desiderata. Per il
contorno, soffriggete l'aglio e il peperoncino con il burro,
aggiungete le verdure e saltate a fuoco alto per qualche
minuto, portando le verdure a cottura ma lasciandole
abbastanza croccanti. Aggiungete un pizzico di sale. Disponete
il salmone in un piatto piano, versate sopra la salsa al limone
oramai addensata e servite con il contorno di verdure all'aglio
e peperoncino.

166
21.8. Uova alla diavola con tonno e capperi

Le uova alla diavola sono un classico apprezzato in tutto il


mondo, perfette per una cena estiva o per uno snack veloce,
ricche di nutrienti e terribilmente gustose.
La preparazione è veloce, le uova si conservano per qualche
giorno e possono essere preparate in anticipo. Questa ricetta si
presta benissimo a essere modificata con gli ingredienti che
avete in casa e nel frigo.

Ingredienti:

6 uova
6 acciughe sott’olio
Capperi sotto sale sciacquati bene (in alternativa capperi
sottaceto)
100 g di tonno sott’olio ben sgocciolato
Paprika dolce
Peperoncino fresco
3-4 cucchiai di maionese
Sale

Preparazione:

Mettete le uova in un pentolino e copritele con almeno due


dita d'acqua. Portate a bollore e fate lessare per 5-6 minuti.
L'albume dovrà risultare ben cotto e sodo mentre il tuorlo
dovrà essere ancora morbido al centro. Sbriciolate il tonno e

167
unitelo alla maionese e al tuorlo delle uova che avrete nel
frattempo sbucciato e fatto freddare. Aggiungete un pochino di
capperi a piacere, schiacciate bene il tutto con una forchetta e
amalgamate l'impasto.
In alternativa ai capperi potete usare dei cetriolini sottaceto
sminuzzati o altre verdure sottaceto, se preferite. Assaggiate e,
eventualmente, aggiungete del sale. Con un cucchiaio riempite
gli albumi d'uovo con il composto appena preparato, poggiate
un’acciuga sopra ciascun uovo e spolverate con paprika e
peperoncino a piacere.

21.9. Maionese facile facile

Una buona maionese rende la cucina chetogenica molto più


piacevole. Questa salsa si abbina perfettamente a uova sode,
hamburger, panini con prosciutto o salame, salmone arrosto e
a una miriade di altri piatti.
Le versioni commerciali della maionese sono un concentrato
di tutti gli ingredienti che andrebbero evitati, a partire
dall'olio di semi, ed è per questo motivo che è consigliato
prepararla in casa.
La maionese è il risultato dell'emulsione fra un uovo e un
grasso. Invece dell'olio di semi potrete usare un olio extra
vergine di oliva delicato o anche un misto composto da un olio
extravergine e un olio di oliva non extra vergine.

168
Sarebbe meglio evitare l’olio extravergine più robusto perché
darebbe un sapore amaro alla maionese. In alternativa è anche
possibile sostituire l’olio con il burro, il risultato sarà un
pochino diverso, soprattutto in termini di consistenza, ma il
sapore sarà particolarmente gustoso sulla carne.

Ingredienti:

250 g di olio o burro (fuso ma non caldo)


1 uovo intero grande oppure 1 uovo più 1 tuorlo
1 cucchiaino di senape di Digione
Il succo di mezzo limone
La buccia grattugiata di mezzo limone (non trattato)
Sale

Preparazione:

Il procedimento più facile e veloce per preparare la maionese


è tramite l'uso del frullatore a immersione. Mettete l'olio nel
contenitore del frullatore, aggiungete tutti gli altri ingredienti,
immergete il frullatore fino in fondo e frullate alla massima
velocità per circa dieci secondi.
Poi portate il frullatore verso l'alto, molto lentamente, fino a
che tutto l'olio sarà emulsionato. Potrete consumare la
maionese subito o conservarla in frigo, in un barattolo di vetro,
fino una settimana di tempo.

169
21.10. Sego fatto in casa

Il sego è il grasso più versatile da usare in cucina e ha,


inoltre, tantissimi impieghi per la preparazione di cosmetici,
creme e saponi per il viso e per il corpo.
Il sego commerciale è fatto con un misto di grasso ovino,
bovino e caprino (spesso anche equino) e non c'è nulla di male
nell'acquistarlo già pronto al supermercato.
Se vorrete, potrete comunque cimentarvi nel prepararlo da
soli, vi accorgerete di quanto sarà facile e utile riutilizzare
l'eccesso di grasso che avrete in casa se solitamente acquistate
tagli interi di carne.
Chiedete al vostro macellaio di fiducia di procurarvi del
grasso surrenale di bovino (suet) che è il grasso migliore grazie
all'altissima percentuale di acidi grassi saturi contenuti. Il
risultato sarà un sego di alta qualità, neutro e privo di odore.

Ingredienti:

Grasso ovino, bovino, caprino o equino


1 bicchiere di acqua

Preparazione:

Per la preparazione consiglio di usare una di quelle pentole


elettriche per la cottura lenta ma andrà bene anche un
pentolone tenuto sul fuoco bassissimo. Tagliate il grasso a
dadini, mettetelo nella pentola con un bicchiere d'acqua (molti

170
non aggiungono acqua ma a mio parere rende la cottura più
delicata) e lasciate sciogliere delicatamente fino a quando tutti
i pezzetti di grasso saranno precipitati in fondo alla pentola e
tutto il grasso sarà completamente liquefatto. Il tempo
necessario dipende dalla dimensione dei pezzetti di grasso.
A questo punto, versate il grasso sciolto in un contenitore di
vetro passando il sego attraverso un colino di metallo a trama
fine per eliminare tutte le impurità. Una volta terminato
questo passaggio potrete mettere in frigo per far solidificare.
Quando il prodotto sarà ben solidificato, rimuovete il “pane” di
sego dal contenitore, l'acqua rimarrà sul fondo e sarà
probabilmente scura e gelatinosa. Ripulite il “pane” dalle
impurità rimaste sul fondo aiutandovi con dell'acqua e con un
coltello, raschiando dove necessario. A questo punto il sego
sarà pronto, perfetto per cucinare e per essere conservato a
temperatura ambiente per un’infinità di tempo.
Qualora vorreste usare il sego come gel per i capelli o come
crema da viso, dovrete eseguire un ulteriore passaggio di
purificazione che consentirà l’eliminazione più profonda di
odori e impurità. In questo caso, rimettete il “pane” nella
pentola con l’aggiunta di acqua, fate sciogliere a fuoco
lentissimo e poi bollire, a fiamma bassissima, per un'oretta. Al
termine della cottura filtrate con il colino di metallo e con un
panno pulito di cotone bianco (meglio ancora con un tessuto
per la preparazione dei formaggi). Mettete di nuovo in frigo
per solidificare e poi ripulite il fondo. Se il grasso di partenza
non è quello surrenale, e ha molte inclusioni di carne o tendini,

171
si può fare un terzo passaggio per ripulirlo ancora ma,
solitamente, due passaggi sono più che sufficienti.

21.11. Mousse al caffè su ganache di cioccolato

Questa ricetta è alla portata di tutti, un dolce davvero


delizioso. Sfido chiunque a credere che sia pressoché a zero
carboidrati.

Ingredienti per la base:

170 g di burro
115 g di cioccolato fondente al 90%
30 g di cacao amaro
120 g di stevia miscelata con eritritolo
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
4 uova grandi
60 ml di caffè preparato con la moka (oppure metà caffè e
metà Cognac)
2 g di xantan gum

Preparazione:

La base di questa ricetta è per un dolce preparato in uno


stampo quadrato di circa 20x20 cm. In un pentolino sciogliete

172
il burro, il cioccolato e aggiungete il cacao. Mischiate bene, poi
togliete dal fuoco e aggiungete il dolcificante e la vaniglia.
Lasciate raffreddare per 5 minuti. Aggiungete le uova, una alla
volta, girando accuratamente con la frusta prima di aggiungere
il seguente uovo. Una volta che tutte le uova saranno ben
amalgamate, aggiungete il caffè e continuate a girare.
Distribuite sopra il composto lo xantan gum e frullate
vigorosamente. Mettete in teglia con forno preriscaldato a
160°C e lasciate cuocere per circa 13-15 minuti. L’impasto deve
rimanere molto soffice, non deve cuocere ma solo asciugare.

Ingredienti per la crema:

250 g di mascarpone
100 g di panna acida
100 g di cream cheese
100 g di stevia miscelata con eritritolo
100 ml di caffè espresso
15 g di caffè solubile
400 ml di panna
6 g di gelatina in fogli

Preparazione:

Preparate una moka di caffè e fatela raffreddare. Aggiungete


il caffè solubile. Nel frattempo, mettete la gelatina a bagno in
acqua fredda, mischiate bene il mascarpone, la panna acida e il

173
formaggio. Aggiungete il dolcificante e il caffè freddo e
lavorate bene l'impasto con le fruste.
Montate la panna in un recipiente (ricordatevi di tenerne
circa 20 grammi da parte) e incorporatela con il mix di
mascarpone aiutandovi con movimenti delicati dal basso verso
l'alto, per non smontare il composto.
Prendete la panna tenuta da parte, scaldatela e unite a
questa la gelatina sciolta e ben strizzata. Unite la gelatina al
mix. Mettete questa crema sopra la base già fredda e
conservate in frigo per diverse ore (meglio se per una notte).

21.12. Cheesecake al limone

La cheesecake è un dolce che si presta particolarmente bene


alla conversione in ricetta low carb, o chetogenica, perché per la
mousse sarà sufficiente sostituire lo zucchero con il dolcificante
(la classica miscela di stevia ed eritritolo, ad esempio), e la base
potrà essere fatta facilmente usando mandorle, o cocco, al
posto della farina. Questa ricetta è stata testata innumerevoli
volte, a cena con amici o in famiglia, ed è sempre stata un
successo. La preparazione della base potrà essere usata per
qualunque tipo di cheesecake.

Ingredienti per la base:

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45 g di farina di mandorle (se partite dalle mandorle intere,
macinatele bene con un tritatutto)
La buccia grattugiata di un limone non trattato
10 g di dolcificante
un pizzico di sale
20 g di burro fuso

Preparazione base:

Mettete della carta forno sul fondo e sulle pareti di una


forma apribile rotonda di circa 17-20 cm di diametro. Ungete
la teglia con un pochino di burro fuso. Mischiate insieme la
farina di mandorle, la buccia del limone grattugiato, il
dolcificante e il sale. Aggiungete il burro fuso fino a che il
composto diventerà grumoso. Riponete il tutto sul fondo della
teglia, pressate bene e cuocete in forno per circa 10 minuti a
160°C. A cottura ultimata mettete da parte la base

Ingredienti per la crema:

450 g di cream cheese


120 g di dolcificante
La buccia grattugiata di un limone non trattato
60 ml di succo di limone fresco
1 uovo grande (a temperatura ambiente)
2 bianchi d'uova grandi (a temperatura ambiente)
2 cucchiai di panna da montare

175
Preparazione crema e cottura:

Lavorate la cream cheese con le fruste elettriche fino a che


diventerà bella soffice. Aggiungete il dolcificante e continuate
a lavorare. Unite la buccia e il succo di un limone fino a che
tutti gli ingredienti saranno ben amalgamati. Aggiungete
l'uovo e gli albumi e continuate a lavorare con le fruste.
Versate la panna e lavorate ancora, ma non troppo. Disponete
sulla base già pronta la crema appena ottenuta, smuovetela
leggermente per farla pareggiare. Mettete in forno a 150°C per
circa 30 minuti. La crema dovrà essere ben cotta sui bordi ma il
centro dovrà avere la consistenza della gelatina. Prima di
mangiare, lasciate freddare e mettete in frigo per almeno tre-
quattro ore.

21.13. “Gelato” allo yogurt con frutti di bosco

Il “gelato” allo yogurt con frutti di bosco è uno dei dessert più
semplici ma allo stesso tempo deliziosi, con pochissimi
carboidrati e facile da personalizzare con spezie come la
vaniglia o la cannella. Utilizzate un buon yogurt greco a latte
intero o, meglio ancora, uno yogurt di capra. Per chi volesse
evitare i latticini si può usare anche lo yogurt di cocco.

Ingredienti:
Uno yogurt intero

176
Un cucchiaino di miele
Una manciata di lamponi, mirtilli e more
Qualche foglia di menta per decorare

Preparazione:

Mettete nel frullatore un paio di cucchiai di yogurt e i frutti di


bosco surgelati, adattando le quantità alla densità desiderata.
Più yogurt (o anche una piccola quantità di acqua) per avere un
prodotto finale più liquido, più frutti di bosco surgelati per
avere una consistenza più simile a quella di un vero e proprio
gelato.

21.14. Fudge cacao e cocco

Il fudge è un tipo di dolcetto molto popolare nei paesi


anglosassoni, ha una consistenza a metà fra quella del
croccante morbido e quella del cioccolato e si presta molto
bene per un piccolo ma delizioso morso a fine pasto.

Ingredienti:

80 g di olio di cocco, morbido ma ancora solido


140 g di burro morbido, tenuto a temperatura ambiente
30 g di cacao in polvere
30 g di dolcificante (stevia miscelata con eritritolo)

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1 cucchiaino di estratto di vaniglia
1/2 cucchiaino di olio di mandorle
1 pizzico di sale
Nocciole, noci e macadamia a piacere

Preparazione:

Mettete l’olio di cocco e il burro in una ciotola e frullate con


delle fruste elettriche (o con un minipimer) per qualche minuto,
fino a che il composto sarà liscio e lucido. Aggiungete gli altri
ingredienti e mescolate bene a mano fino a incorporare tutto il
cacao. Successivamente, prendete le fruste elettriche per
mischiare e amalgamare a fondo.
Prendete una teglia, foderatela con carta imburrata e
versateci l'impasto. Idealmente, il composto dovrebbe essere
alto circa 1 o 2 cm. Cospargete la parte alta con la frutta secca
grossolanamente tritata, o intera, e mettere il tutto nel
congelatore fino a che l'impasto non si sarà solidificato.
Il fudge si conserva molto bene in un contenitore di vetro
sigillato da tenere nel congelatore. Quando lo toglierete dal
freezer potrete mangiarlo subito perché diventerà presto
soffice o, a seconda della temperatura esterna, addirittura,
liquido. Per ottenere un fudge più solido potrete aggiungere
all’impasto 50 g di cioccolato fondente al 90%.

178
21.15. Granola al cioccolato

La granola al cioccolato è davvero perfetta per una colazione


veloce e gustosa, è così buona che potrei definirla quasi un
dessert.
Nonostante il nome, la granola non contiene né cereali ad
alti carboidrati né zuccheri aggiunti. È ottima servita sopra lo
yogurt greco o con la panna.

Ingredienti:

130 g di nocciole
130 g di noci
100 g di farina di nocciole (o nocciole tritate finemente con
un food processor)
100 g di olio di cocco o burro
25 g di cacao in polvere
100 g di stevia miscelata con eritritolo
un pizzico di sale

Preparazione:

Tritate grossolanamente le nocciole e le noci. In una ciotola


mischiate questo trito con la farina di nocciole, il cacao magro
in polvere, la stevia e il pizzico di sale mescolando per bene
tutti gli ingredienti. Aggiungete al composto l'olio di cocco (o il
burro fuso) mischiando fino a quando si formerano dei grumi.
A questo punto trasferite la granola in una teglia foderata di

179
carta da forno, pressate bene così da favorire la formazione di
grumi che rimarranno croccanti. Mettete la teglia in forno a
150°C per circa 5 minuti, togliete dal forno, girate il composto
(facendo attenzione a non sbriciolare troppo i grumi), e
rimettete a cuocere per altri altri 5 minuti.
Dopo 10 minuti totali di cottura, girate la granola un’altra
volta e infornate ancora per 5 minuti (la cottura totale sarà
dunque di circa 15 minuti) o fino a che non sarà bello
croccante. Passato il tempo di cottura, spegnete il forno e
lasciate la teglia all'interno per altri 15 minuti, verificando che
la temperatura del vostro forno cali a sufficienza e non bruci la
granola (alcuni forni sono più isolati di altri e mantengono il
calore più a lungo). Lasciate freddare completamente e
conservate in un vaso di vetro a chiusura ermetica. La vostra
granola sarà pronta all’uso per essere aggiunta alle vostre
colazioni, o merende, preferite.

180
22. Domande frequenti

Quanto tempo ci vuole per diventare cheto-adattati?

La maggior parte delle ricerca scientifiche e delle prove


aneddotiche sembrano indicare un periodo estremamente
variabile che va da qualche giorno, per individui come atleti di
elite o persone molto in forma, fino anche a dodici settimane,
per persone obese e inattive, con una media di tempo di
adattamento di circa quattro settimane.
Quanto più sarete determinati a evitare i carboidrati
(soprattutto nelle prime settimane di dieta chetogenica), tanto
più rapidamente supererete la fase di cheto-adattamento.
Potrete anche accelerare il processo impegnandovi in qualsiasi
forma di esercizio fisico sostenuto, dal sollevamento pesi in
palestra all'aerobica, attività che costringerà il vostro corpo ad
attingere ai suoi depositi di grasso.

Esiste una dieta chetogenica per uomini e una per donne?

No. La dieta è la medesima per entrambi i sessi perché fra


uomini e donne non vi è alcuna differenza, o distinzione
particolare, che possa giustificare una dieta differente. I cibi da
mangiare sono gli stessi e la giusta quantità di proteine varierà
in proporzione al peso ideale e non in base al sesso.

181
La dieta chetogenica include tantissimi grassi?

No o, meglio, dipende. Una dieta chetogenica è definita tale


dalla (quasi) completa assenza di carboidrati e questo è l'unico
criterio che la descrive. La quantità di grassi assunti può essere
variabile e dipende dagli obiettivi che si intendono raggiungere
in termini di dimagrimento o di aumento di peso.
Spesso, in una dieta chetogenica, la quantità di grassi è più
alta rispetto alla media delle diete occidentali tradizionali ma
non sarà il fatto di mangiare più grassi che vi fa entrare più
profondamente in chetosi.

Sono incinta, posso seguire una dieta chetogenica?

La risposta è incerta. Da una parte, ampie prove dimostrano


che le donne appartenenti a popolazioni che seguono diete
sostanzialmente chetogeniche non abbiano alcun problema in
gravidanza, dall'altra, purtroppo, non ci sono in letteratura
medica ricerche specifiche in merito.
La logica farebbe pensare che una dieta con quantità
sufficienti di nutrienti sia, in ogni caso, adeguata e possa
addirittura portare dei benefici ma per cautela durante la
gravidanza sarebbe più opportuno passare a una dieta a ridotto
contenuto di carboidrati piuttosto che a una dieta chetogenica.

182
Posso seguire una dieta chetogenica escludendo alcuni, o tutti,
i prodotti di origine animale?

È estremamente difficile ottenere un’adeguata quantità di


proteine da fonti diverse da quelle animali senza ingerire
anche alte quantità di carboidrati.
Tutte le fonti vegetali di proteine, infatti, abbinano una
modesta quantità di questo fondamentale macronutriente a
una sostanziale quantità di zuccheri. Inoltre, le proteine di tipo
vegetale sono perlopiù di basso valore biologico, ovvero, non
contengono tutti gli aminoacidi essenziali di cui l’organismo
ha bisogno per poterle utilizzare correttamente.
I vegetariani che consumano uova e latticini, ed
eventualmente anche pesce, potrebbero farcela ma il prezzo
sarebbe quello una dieta monotona e ripetitiva con una
quantità insufficiente di proteine.
Una dieta vegana, invece, non potrà mai essere chetogenica a
meno che non si faccia ricorso a enormi quantità di
supplementi proteici e vitaminici.

Cosa può farmi uscire dalla chetosi e come posso rientrarvi


rapidamente?

È piuttosto facile uscire dalla chetosi e per farlo è sufficiente


mangiare anche una quantità modesta di carboidrati. Infatti,
proprio a causa dell'insulina prodotta per metabolizzare i
carboidrati, lo stato metabolico di chetosi verrà presto

183
interrotto. Per rientrare velocemente in chetosi, invece, si può
fare un breve digiuno o utilizzare grassi estremamente
chetogenici come quelli MCT.
Nella stragrande maggioranza dei casi però non sarà
necessario fare nulla se non riprendere la corretta dieta
inserendo al massimo 20 grammi di carboidrati al giorno.

Cosa accade al mio corpo se decido di non seguire più una dieta
chetogenica?

La cosa più probabile che potrà accadere sarà l’ aumento di


peso che, anche grazie a una maggiore ritenzione idrica, si
verificherà soprattutto nei primi due-tre giorni di interruzione
della dieta.
Dal punto di vista pratico non ci sono controindicazioni nel
passare frequentemente da una dieta chetogenica a una dieta
ad alti carboidrati se non il fatto che in quest'ultima fase si
perderanno i benefici della dieta chetogenica.
Se deciderete di seguire in modo infrequente una dieta low
carb, o chetogenica, potrete comunque godere di alcuni dei
benefici di questo tipo di alimentazione e ogni riduzione dei
carboidrati andrà a favore della vostra salute.

184
È vero che la dieta chetogenica è pericolosa per la salute?

No. Essere in chetosi è perfettamente sicuro per la salute,


anzi, si può affermare che la chetosi sia il nostro stato
metabolico naturale nonché quello preferito dalla nostra
fisiologia. Molti confondono il termine chetosi con il termine
chetoacidosi, uno stato metabolico pericoloso che si verifica
solo nelle persone diabetiche quando nel sangue ci sono elevati
livelli di zuccheri e non abbastanza insulina.

Cosa posso mangiare quando mi trovo in viaggio o sono fuori


per lavoro?

Mangiare chetogenico in un ristorante, o anche in un fast


food, solitamente non è difficile. In linea generale basterà
evitare la pasta e il pane per andare sul sicuro. Tutte le catene
di fast food offrono la possibilità di ordinare solamente gli
hamburger con la lattuga, senza panino e senza salse, e
oggigiorno gli hamburger di tutte le principali catene
internazionali sono fatti al 100% da carne, senza farine o
riempitivi. Durante brevi viaggi, invece, potrete portare con
voi uova sode, noci, carne secca, o biltong, da consumare come
snack.

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La dieta chetogenica può avere effetti benefici per la salute?

Sono molte le condizioni mediche che beneficiano di una


dieta chetogenica, da sola o abbinata a terapie farmacologiche.
Il diabete è la principale, soprattutto per il diabete di tipo 2.
Oltre al diabete ci sono tante altre malattie neurologiche, tra
cui l'epilessia, il morbo di Alzheimer, il morbo di Parkinson, gli
spasmi infantili e la SLA che possono trarre un vero
miglioramento da questo tipo di alimentazione.
La dieta chetogenica ha anche effetti positivi in caso di
problemi alla tiroide, aiuta a ridurre la pressione sanguigna
quando eccessiva e riduce il livello dei trigliceridi. Inoltre,
questa dieta è estremamente efficace per controllare e ridurre
il peso corporeo portando enormi benefici indiretti per quanto
riguarda il rischio di malattie metaboliche, cardiovascolari e
tumori.

La dieta chetogenica è costosa?

La dieta chetogenica è generalmente più costosa di una dieta


“normale”, soprattutto se paragonata a una dieta composta
essenzialmente da pane e pasta. Però, a parità di nutrienti, non
solo non è più costosa ma quasi sempre è meno costosa di una
dieta tradizionale.
Mangiare chetogenico non significa mangiare bistecca e
filetto due volte al giorno. Anche rimanendo nell'ambito della
carne ci sono tanti tagli molto meno costosi e ugualmente

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nutrienti come tutti i tagli da stufato o bollito, il macinato e gli
organi. Le uova e il pollame sono un altro modo per mangiare
correttamente spendendo cifre ragionevoli e per chi volesse
provare una dieta carnivora (la più chetogenica di tutte) il
risparmio che si ottiene non acquistando verdure, olio e altri
cibi di contorno, spesso, compensa il costo maggiore sostenuto
per le proteine.

È possibile seguire una dieta chetogenica a lungo termine?

Si. Gli esseri umani, fino alla scoperta dell'agricoltura,


avvenuta “solo” diecimila anni fa, si sono evoluti per milioni di
anni mangiando solo la carne delle prede cacciate, occasionali
frutti (quando disponibili) erbe e verdure non amidacee,
rimanendo, quindi, pressoché in uno stato di chetosi costante.
È stato solo con l'avvento dell'agricoltura che c'è stato uno
spostamento sul metabolismo degli zuccheri come
conseguenza della disponibilità offerta da grani e cereali che
gli uomini iniziarono a coltivare e mangiare. Alcune ricerche
condotte su pazienti osservati per periodi fino a due anni
hanno mostrato che il tipo di alimentazione proteica, e senza
carboidrati, migliora la salute generale.
Milioni di persone in tutto il mondo seguono questa dieta da
anni, incluso chi scrive, e grazie agli evidenti benefici che
comporta non hanno alcuna intenzione di interromperla. In
termini di evoluzione umana, gli ultimi diecimila anni sono un
periodo estremamente breve della nostra storia tanto che il

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nostro organismo non si è ancora adattato all'introduzione dei
carboidrati come elemento costante della nostra dieta e ancora
meno alle lectine e al glutine. Non è una caso il fatto che la
sindrome metabolica causata dai carboidrati e i problemi creati
dal glutine siano oggigiorno tra le principali cause di morte e
malattia. In questo contesto, possiamo senza dubbio affermare
che seguire una dieta chetogenica sia la condizione preferibile
per gli esseri umani.

Ma il cervello non ha bisogno di zuccheri?

Durante la chetosi il cervello è in grado di utilizzare


efficacemente i chetoni prodotti nel fegato a partire dai grassi.
Non sempre però la produzione di chetoni può essere
sufficiente per le esigenze del cervello. In questi casi la nostra
fisiologia è perfettamente in grado di produrre tutto il glucosio
necessario a quest’organo grazie a un processo chiamato
gluconeogenesi che, quando richiesto, converte altri nutrienti
in zuccheri anche quando la dieta alimentare non ne contiene.
Questo meccanismo consente di mantenere costante il livello
di glicemia nel sangue e di fornire sempre la quantità di
energia ottimale per il cervello.

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È vero che la dieta chetogenica è carente di importanti
nutrienti?

No, è quasi sempre vero il contrario. La dieta chetogenica si


basa su alimenti ad alta densità di nutrienti come carne,
latticini e uova che contengono ampie quantità di proteine,
eccellenti acidi grassi e tutta una serie di fondamentali
micronutrienti come vitamine e minerali che si trovano solo in
cibi di origine animale.
I carboidrati non sono essenziali per il metabolismo umano e
non contengono alcun micronutriente che non sia
abbondantemente disponibile in carne, uova e verdure. Inoltre,
tutti i grani contengono alte quantità di acido fitico e altri anti
nutrienti che riducono, spesso sensibilmente, l'assorbimento
di molti minerali durante la digestione.

Mi hanno detto che la dieta chetogenica aumenta il rischio di


depressione. È vero?

Incredibilmente, nonostante la dieta chetogenica sia


utilizzata da decenni in ambito psichiatrico proprio per
trattare depressione e altre serie malattie mentali, questo
dubbio infondato continua a diffondersi.
Probabilmente, la questione nasce dal fatto che molte
persone che vengono da una dieta ad alti zuccheri, nel
momento in cui passano a una dieta chetogenica, possono
sperimentare una settimana, o due, di ridotta energia,

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irritabilità e annebbiamento mentale dovuta alla cosiddetta
keto-flu o influenza chetogenica. Ma passato quel periodo, una
dieta chetogenica, o anche low carb, consente di avere meno
sbalzi d'umore, un'attitudine più positiva, più energie e acuità
mentale così come dimostrato da molti studi e dall'uso che
tutt'ora viene fatto con la dieta chetogenica per trattare
disordini anche seri come la schizofrenia.

La dieta chetogenica può danneggiare i reni?

Nonostante la dieta chetogenica sia una dieta con proteine


più alte rispetto a una classica dieta occidentale, questo non
significa che sia, in assoluto, una dieta ad alte proteine. La
quantità raccomandata di proteine va da 1,6 a 2,2 grammi per
kg di peso corporeo (peso corporeo ideale se siete sovrappeso)
al giorno e tutte le ricerche che mostrano un qualche danno ai
reni fanno riferimento a valori anche doppi e mantenuti per
lunghi periodi.
Anche riuscendo a mangiare 3 grammi di proteine per kg di
peso corporeo al giorno, e vi garantisco che per una persona
normale è pressoché impossibile, un eventuale danno ai reni
potrebbe avvenire solamente nel caso di persone con una
funzionalità renale già seriamente compromessa, ovvero con la
compresenza di malattie la cui gravità è vicina a richiedere
trattamenti di dialisi.
In tutti gli altri casi le ricerche hanno dimostrato che alte
proteine, fino a 3 grammi per kg di peso corporeo al giorno,

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non hanno alcun effetto negativo sui reni e addirittura portano
a un miglioramento della funzionalità renale quando questa sia
compromessa.
Bisogna notare come una delle principali cause di
compromessa funzionalità renale sia il diabete, proprio una
condizione medica che beneficerebbe enormemente dal
passare da una dieta ad alti carboidrati a una dieta chetogenica
o low carb. Per questi motivi possiamo affermare che la dieta
chetogenica abbia un effetto positivo, non negativo, sulla
funzionalità renale.

È bene ridurre la quantità di sale nei cibi?

Come abbiamo già accennato nel capitolo sulla keto-flu, il


comune sale è un componente fondamentale di una corretta
dieta chetogenica, spesso trascurato soprattutto in questi
tempi in cui viene costantemente, e senza ragione,
demonizzato. Fino a non molto tempo fa il sale veniva
considerato un bene prezioso. Intere civiltà si sono sviluppate
nelle vicinanze di fonti di sale e nei secoli sono diventati di uso
comune detti come “È il sale della terra”, per indicare una
persona onesta e di valore, oppure il termine stesso “salario”,
che deriva dal pagamento in sale fatto ai soldati dell'Impero
Romano.
Il sodio, che è uno dei componenti del sale, è un minerale di
cui l'organismo non può fare a meno e che rischia di essere
carente con la dieta chetogenica, per via della minore

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ritenzione idrica e del ridotto o azzerato consumo di cibo
industriale che ne è ricco.
Non abbiate paura a salare generosamente il cibo, le ricerche
scientifiche dimostrano ampiamente come il sale nella dieta
non abbia nulla a che fare con l'ipertensione.
Senza sufficiente sale, al contrario, si possono sperimentare
spiacevoli effetti come affaticamento, crampi o annebbiamento
mentale ma anche difficoltà a digerire visto che il cloro
contenuto nel sale serve a produrre nel nostro stomaco l'acido
idrocloridrico.

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23. Ringraziamenti

Q uesto libro nasce dalla collaborazione e dagli


incoraggiamenti di numerose persone, molte delle quali
ho avuto l’onore di aiutare nel percorso di dimagrimento e
riconquista della salute persa a causa di una dieta scorretta e
uno stile di vita innaturale. Buona parte degli stimoli per la
stesura di questo testo sono arrivati da perfetti sconosciuti con
i quali si è instaurato un rapporto fatto di dialoghi quotidiani
scambiati attraverso Internet.
Questo è stato un segno importante e incoraggiante,
soprattutto in un’epoca in cui si vedono, spesso, solo gli aspetti
negativi della comunicazione e dell’interazione digitale.
Nonostante io apprezzi maggiormente la realtà vera e
concreta fatta di incontri autentici con amici e conoscenti,
meglio se davanti a un fuoco e a della carne arrostita, una
comunità online può diventare altrettanto reale e può regalarti
un supporto così grande tanto da incoraggiarti a continuare a
parlare di dieta e salute.
È stato così importante avere di fronte a me un piccolo, ma
grande, pubblico curioso di conoscere e sapere come
migliorare la propria salute e il proprio benessere fisico. Tra
tutte le persone che mi hanno spinto a studiare, e a fare ricerca
su alimentazione e allenamento con i pesi, vi è il maestro
Giovanni Angelo Cianti, ovvero colui che più mi ha ispirato,
uno dei più poliedrici geni che ho avuto l’onore di conoscere.

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Se non fosse stato per lui, probabilmente, adesso sarei grasso,
diabetico e pieno di farmaci per curare, o minimizzare, i
sintomi derivati dalle malattie metaboliche. Infine, vorrei
ringraziare Eleonora Aresu per aver avuto la pazienza di
correggere i miei errori e sistemare i miei contorti paragrafi.

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