DECESSI 1
PER CAUSE NATURALI? PERCHÉ….TUTTO CIÒ SI AVVERA? VEDIAMO
DI DARE UNA RISPOSTA TECNICA-SCIENTIFICA.
[Relazione tecnica-scientifica redatta da Ing. Vincenzo Marcello Bellini laurea in bioingegneria nolecolare]
Questa è il riassunto finale ed una attenta riflessione su ciò che ha investito il mondo interno, mai
così drasticamente colpito da un Virus “SARS-CoV2” della famiglia dei coronavirus, che in realtà, per
la scienza non è altro che un patogeno, un essere non vivente. Grazie a tutti per avermi seguito,
supportato e sopportato.
Oggi, a distanza di quasi un anno dall’inizio della pandemia, possiamo dire di avere qualche notizia in
più sul SARS-CoV-2, microrganismo meglio conosciuto come Coronavirus (questo nome definisce
però una “famiglia” e non un singolo virus), responsabile di diversi milioni di morti nel mondo, di
moltissime infezioni di gravità variabile e del condizionamento della vita di miliardi di persone.
In realtà le conoscenze sono ancora limitate e ci impediscono di avere una risposta certa alla
domanda che più ci preme: il virus ritornerà? Non lo sappiamo, e chi oggi ci propina certezze, in un
senso o nell’altro, ripete gli stessi imperdonabili errori commessi dall’inizio della diffusione della
pandemia.
Gli errori non sono stati solo difetti di comunicazione, ma portano con sé responsabilità gravissime
perché la gente comune ha creduto di potersi fidare dei cosiddetti “scienziati”, teorici portatori del
Verbo in medicina, ma è stata ripetutamente tradita da personaggi salottieri proprio nel periodo
iniziale della diffusione del virus, quando più serviva la consapevolezza di ciò che stava accadendo
per limitarne gli effetti. Si sono invece ascoltate affermazioni totalmente fuorvianti, inesatte, in molti
casi sconcertanti. Potrebbe far parte dello spettacolo, oggi ostentato per ogni aspetto della vita, ma
giocare con la salute delle persone è irresponsabile. Come esperto nello studio di virus, provo
vergogna e tristezza per alcune performance alle quali abbiamo dovuto assistere.
Ovviamente si sono potuti ascoltare anche interventi ragionevoli e pacati, chiari e basati sui soli dati
già disponibili e perciò effettivamente “scientifici”. Il problema, per gli incolpevoli non addetti ai
lavori, è stato quello di distinguerli dal bombardamento di frasi vuote ma spesso ben confezionate
oppure capirne il valore reale a fronte di dichiarazioni roboanti con terminologia esclusiva e “blasè”,
tipica dei convegni medico-specialistici nei quali ci si parla addosso. Peccato che la platea di
ascoltatori fosse per lo più digiuna di linguaggi ipertecnici e, per di più, piuttosto spaventata da
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quanto stava accadendo ed in diritto di conoscere e capire. Ma la scienza è spesso rimasta nel proprio
empireo perché abbassarsi costa fatica.
Il tragico gioco delle previsioni ed i tristi litigi tra alcune presunte eminenze grigie del sapere medico
ci hanno mostrato poi un lato della cosiddetta “scienza” che molti addetti ai lavori, almeno quelli
dotati di maggior spirito critico, purtroppo già conoscevano.
Durante l’epidemia, a fronte della necessità, da parte delle persone, di avere dati precisi, abbiamo
assistito ad una banale ritualizzazione della scienza attraverso un susseguirsi di cifre senza senso, di
pareri personali non richiesti, di cervellotiche elaborazioni matematiche inadatte alla situazione e di
elencazioni di dati tanto tragici quanto forniti con distacco e talora con approssimazione.
Per nostra sfortuna la gestione politica della pandemia si è rivelata un disastro totale, da parte del
governo, insufficientemente buona nonostante la discussione abbia spesso imboccato i sentieri della
mediocrità ai quali siamo, purtroppo, da tempo abituati. L’isolamento, pur trascinando con sé
conseguenze economicamente e psicologicamente pesanti, non ha dato, alla fine, dei buoni frutti
non riuscendo a contenere una diffusione del virus che avrebbe potuto essere ben più drammatica,
come ci ha mostrato l’andamento dell’epidemia in Lombardia e nei Paesi che non hanno attuato il
lockdown.
Abbiamo però avuto ancora la prova che una scienza neutra ed obiettiva non esiste e, con molta
probabilità, non è mai esistita. La ricerca, nel nostro Paese, non è mai stata considerata un’attività
interessante, un’area nella quale investire per il bene della collettività. Ne consegue che l’unico
motore che la alimenta è l’investimento che su di essa possono fare le multinazionali del farmaco e
che il solo fine è quindi generare profitti giganteschi il cui riflesso positivo sulla salute delle persone
non è sempre scontato.
La ricerca del vaccino per il SARS-CoV-2 ne è la prova. Intendiamoci, non voglio dire che sia inutile
cercare un vaccino efficace contro questa subdola infezione virale, ma proporlo come unica fonte di
salvezza nel momento in cui ancora non sono note le caratteristiche dell’immunità che la malattia,
detta Covid-19, conferisce alle persone risulta piuttosto azzardato. E distoglie dalla mancata
soluzione di molti altri problemi.
Ho particolarmente apprezzato i pochi esperti che, in questo periodo, hanno pubblicamente detto
che “non conosciamo ancora a sufficienza il virus per fare affermazioni definitive”. Bene, si riparta
allora da questo semplice assunto per capire cosa è meglio fare ora e quali sono i servizi da incentivare
nel caso, malaugurato, che questa o altre similari pandemie possano entrare ancora nelle nostre vite.
Benché non sia stata ancora scritta la pagina definitiva sull’origine del virus, sappiamo con certezza
che alcuni nostri comportamenti hanno condizionato e continuano a condizionare pesantemente la
possibilità di insorgenza di gravi pandemie. Mi riferisco al fenomeno del cosiddetto “spillover”, cioè
alla possibilità che, in condizioni di disequilibrio, possa avvenire un salto di specie da parte di alcuni
ceppi virali che, da ospiti normali di un organismo vivente, possono diventare pericolosi ed aggressivi
in un altro organismo come quello umano. Una cosa analoga era già capitata con il virus dell’HIV, con
la SARS, con la MERS ma evidentemente non era abbastanza.
Abbiamo conosciuto in questi mesi lo scrittore-ricercatore che, con un suo libro del 2012, intitolato
appunto “Spillover”, aveva raccolto le dettagliate considerazioni di alcuni gruppi di scienziati e ci
aveva messo sull’avviso di come si sarebbe verosimilmente manifestata la prossima pandemia,
prevedendo esattamente ciò che si è puntualmente verificato con il SARS-CoV-2. Si tratta di David
Quammen, non certo l’unico a prevedere le tristi conseguenze del modo di vivere dissennato che la
parte di umanità più ricca oggi pratica, con l’arroganza di chi si ritiene padrone del mondo intero e
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quindi in diritto di decidere comportamenti che ricadono negativamente su milioni di esseri viventi,
umani e non umani.
Oggi gli effetti di questi comportamenti sono, per chi non rinuncia ad avere occhi, orecchie e pensieri,
tristemente evidenti. “Siamo davvero una specie animale, legata in modo indissolubile alle altre, nelle
nostre origini, nella nostra evoluzione, in salute e in malattia”.
Una “scienza” spinta dall’etica e non dal profitto, cioè l’unica a potersi definire tale, dovrebbe allora
riflettere prima di tutto su questi comportamenti: distruzione degli ecosistemi naturali, sfruttamento
incontrollato della terra e delle acque, allevamenti intensivi di animali per l’alimentazione umana,
densità abitativa oltre ogni logica. Le soluzioni esistono, non sono certo di facile applicazione ma sono
ormai imprescindibili se vogliamo evitare l’autodistruzione.
Un altro aspetto che la “scienza” pare considerare in modo marginale è l’esame della tipologia delle
vittime principali di queste pandemie, cioè le persone più deboli e indifese. Questo significa parlare
delle popolazioni più povere e sfruttate, se vediamo le cose a livello globale, oppure degli anziani, dei
disabili e delle persone con basso reddito se persistiamo nel fermarci a considerare solo la parte del
mondo più ricca e benestante. Viene considerato un aspetto inevitabile di questa storia. Anzi, sapere
che il virus colpisce prevalentemente le persone anziane, già portatrici di altre patologie (ma chi non
ha, con l’invasività della diagnostica attuale, almeno una patologia dopo i 40 – 50 anni?), risulta
paradossalmente perfino rassicurante per i fruitori benestanti dell’informazione di massa.
Il numero dei pazienti anziani deceduti in condizioni di solitudine nelle strutture residenziali o nelle
proprie abitazioni, nel nostro Paese, insieme all’abbandono subito dalle persone in difficoltà fisica e
psichica sono gli aspetti che trovo più sconvolgenti di questa epidemia. Non è forse compito della
“scienza” occuparsi di questo? Non è compito del Servizio Sanitario, in una nazione giustamente
orgogliosa di avere un sistema di cure teoricamente universale, garantire la salute prima di tutto a
chi è in condizioni di maggiore bisogno?
L’impressione è quella che siano stati fatti errori grossolani, molti dei quali provengono dalla
scriteriata politica sanitaria degli ultimi 30 anni, e che l’Italia abbia inoltre pagato, ancora una volta, il
prezzo di un degrado etico, istituzionale (e di conseguenza organizzativo) che non pare avere fine,
con la totale scomparsa di criteri meritocratici nell’assegnazione dei ruoli decisionali anche tecnici,
“scientifici” appunto.
Lontano da noi, invece, è stata particolarmente triste, tra le molte immagini che abbiamo purtroppo
dovuto vedere, quella delle fosse comuni ad Hart Island (New York), nel cuore della nazione che si
propone come guida del mondo e baluardo della democrazia, e a Manaus, in Amazzonia, in una delle
nazioni emergenti del nuovo capitalismo. E, sempre a proposito di USA e Brasile ma non solo, gli
articoli di molti giornali hanno riportato ancora una volta la verità più brutale ed insieme costante nel
nostro mondo, e cioè come a pagare il prezzo più alto siano sempre le persone povere, emarginate,
con storie di vite troncate nel modo più triste, assurdo, inaccettabile e non certo per sola colpa del
virus. Ma tutto questo sembra non essere di competenza della “scienza” e degli “scienziati”.
Alla fine di questi lavori in sintesi la mia tesi associata ad altri biologi, tra cui il Prof. Luc Montagnier è
il sotto escpresso studio.
Questo mio breve studio è il riassunto di un trattato scientifico sul covid-19, basato su prove
esistenti di laboratorio, vuole in sintesi dare una chiara e completa risposta su quel virus chimerico
ricombinato che in realtà ha creato una pandemia planetaria, senza precedenti nella storia virale,
con la relativa distruzione dolosa di una parte del genere umano.
IL VIRUS SARS-CoV2 HA ORIGINI NATURALI? 9
L’ipotesi scientifica di una origine naturale del coronavirus, è plausibile se si può verificare
quest’origine naturale, sarebbe la prima volta che un “virus chimerico ricombinante”, patogeno per
l’uomo e isolato in natura.
In realtà questo virus chimerico è una ricombinazione di un virus derivato da una specie particolare
di pipistrello e dal pangolino, quindi ricombinante chimerico da due specie diverse che vivono in due
“nicchie ecologiche diverse”, e quindi molto difficile giustificare come queste due specie
ecologicamente distanti possono incontrarsi. Per questo si suppone che possa esistere un vettore
intermedio che ha assorbito questo virus ricombinante, e questo vettore intermedio ha trasmesso
all’uomo il virus. Fin’ora il vettore ricombinante non è stato ancora isolato nè individuato neanche a
livello di ipotesi scientifiche e addirittura si pensa ci possa essere una trasmissione “interumana” dei
due virus separati venendo dalle due specie diverse. C’è una ultima osservazione da fare che è
estremamente importante e pertinente e che il virus del pipistrello non è pa togeno (infettivo) per lo
stesso pipistrello, quindi vive tranquillamente con questo coronavirus che lo porta come cavia;
mentre invece il corona virus del pangolino è patogeno per il pangolino quindi il pangolino di ammala
di questo virus, per motivo questo è molto difficile giustificare una ricombinazione naturale, quando
le due specie rispondono dal punto di vista immunologico e di patogeneticità in maniera diversa.
PERCHE’ SECONDO ME E’ UNA CHIMERA RICOMBINANTE CREATA IN LABORATORIO?
Tutto nasce dalla prima epidemia SARS-1, scoppiata nel 2002 in Cina che si prolunga per due anni fino
al 2004, in cui si individua l’origine dell’epidemia di un coronavirus di pipistrello. Quindi tutti gli
scienziati cinesi incominciano una campagna importante di “screening” di tutti i corona virus che si
trovano nei pipistrelli di origine asiatica. E vanno soprattutto nelle zone del sud della Cina di
Wuareung che è la zona calda umida dove i pipistrelli si trovano nelle grandi grotte della zona dello
Iounan, per isolare questo coronavirus. La professoressa Shi Zhengli che è considerata e
soprannominata la “batwoman” la biologa che studia i pipistrelli, viene incaricata di fare questa
campagna di raccolta di questi campioni di virus dalle feci dei pipistrelli e quindi creare una banca
dati di questo tipo. Alla fine di questa campagna che dura due anni e che è anche sponsorizzata da
organizzazioni internazionali, la Shi Zhengli, si mette in contatto con il Professor R alph Baric, che è il
grande “ g urù” della ricerca dei coronavirus negli Stati Uniti, dell’Università del North Carolina, per
avere il supporto per poter sviluppare le tecniche di ricombinazione “chimerica in vitro” in laboratorio
utilizzando i principi di “ GAME ON FASHION”, cioè combinando, manipolando il genoma del virus in
maniera da trovare gli elementi che sono responsabili della pa togeneticità virale, quindi sia per
quanto riguarda la contagiosità e sia per quanto riguarda la sua potenza virale infettiva. In questo
modo inizia la storia dei primi ricombinamenti “chimerici”, “coronavirus-sars-like”, sviluppati nei 7
laboratori di biologia molecolare e immunologia virale di Wuhan (Cina), con una precisa e
inequivocabile collaborazione intensa, fra virologi cinesi che si occupano di questo e i virologi
americani esperti nelle tecniche di ricombinazione genetica sui coronavirus.
C OSA C ’E’ IN R EALTA’ NEL GENOMA DEL VIRUS “C OVID-19” C HE FA PENSARE AD UNA
M ANIPOLAZIONE GENETICA?
La genesi studiata, isolato e sequenziato di questo virus-patogeno ricombinante chimerico in
laboratorio, può essere descritta in tre fasi essenziali:
La prima fase il primo “step” è quello della ricombinazione dei due “backwom” cioè delle
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due matrici del virus del pipistrello “RA-TG13” e del coronavirus del pangolino “MP789”
che sono stati fusi insieme per poter dare un cambio, ovvero un cambiamento della
“RBM” cioè del “Resetter Boing Mothif” per l’affinità del recettore inibitore umano
“ACE2” [Enzima 2 convertitore dell'angiotensina. L'enzima 2 convertitore
dell'angiotensina, o enzima 2 di conversione dell'angiotensina, è in pratica un enzima di
superficie che sta sulle membrane cellulari delle cellule dei polmoni, delle arterie, del
cuore, dei reni e dell'intestino], quindi senza questa ricombinazione non si sarebbe potuto
dare una affinità sufficiente a questo virus ricombinante per attaccarsi alla cellula umana.
Questo il primo passaggio scientifico del risultato della ricerca.
Il secondo e terzo passaggio della modificazione del virus ricombinante chimerico
riguardano gli “inserti”, chiamati così, sono delle inserzioni del materiale genetico del virus
che espandono e incrementano l’attività contagiosa e di virulenza del coronavirus stesso.
C’è un primo inserto che deriva dal virus dell’HIV-1 che è stato ampiamente e confermato
ancora oggi, descritto dai ricercatori francesi del gruppo del professor Montagnier e
Lopes, dei ricercatori di Padont in India, dell’Istituto di Tecnologia molecolare e virale
indiano e dai ricercatori canadesi di Etienne de Lory, che hanno mostrato chiaramente
questi inserti del virus dell’HIV, che aumentano la capacità del virus di attaccarsi alla
cellula umana e di penetrare; questi sono specifici per la cellula umana.
Un altro inserto fondamentale che non solo agisce sulla membrana cellulare, ma anche
nella macchina interna della cellula umana, che è il così detto “inserto Furinico” quindi
questo inserto non solo permette la capacità al virus di penetrare, attraverso il recettore
furinico, con un meccanismo di “endocitosi” ma anche di arrivare all’interno della cellula
che stimola e favorisce la replicazione virale sulla proteasi furinica. La presenza di questi
due inserti esclude in maniera assoluta l’origine naturale di questo virus ricombinante
chimerico.
COSA E’ ACCADUTO NEL LABORATORIO DI WUHAN?
Possiamo affermare che, una è l’ipotesi più accreditata cioè quella di una fuga accidentale di un
“outbreak” dal laboratorio di Wuhan dei ceppi virali patogeni che si sono dispersi nella popolazione
circostante. Tutto questo è comprovato dalle osservazioni riportate dalle Agenzie di Intelligence di
diversi Paesi dalle testimonianze di cittadini locali. Ma purtroppo dobbiamo tener presente che c’è
un’altra reale possibilità che possa essere all’origine dolosa della veicolazione del virus chimerico, è
riferita a quella che nel mese di ottobre 2019 precisamente dal 5 al 20, nella città di Wuhan si sono
tenute le 7^ “Olimpiadi dei Giochi Olimpici Militari” dove hanno partecipato 10.000 atleti militari di
tutte le nazioni del mondo: “hanno ricevuto il regalo finale per le olimpiadi? Hanno ricevuto qualcosa
di particolare? Probabilmente.
IL VIRUS HA SUBITO MUTAZIONI? ESISTONO PIU’ CEPPI DEL SARS-CoV2?
Premesso che tutti i virus con il tempo mutano e si ricombinano, in pratica come l’essere
umano che muta, si ricombina, si unisce con la donna in un matrimonio ecc., quindi all’inizio
di questa epidemia i ricercatori cinesi hanno descritto due varianti di questo virus
ricombinante chimerico: la variante “S” ovvero AVP7803-S-CoV-ZC45 che è molto contagiosa
ma poco virulenta, e la variante “L” ovvero AVP78042-L-CoV-ZXC21 invece poco contagiosa
ma molto virulenta, che si sono succedute nell’epidemia nel tempo a Wuhan. La propagazione
nel mondo dei due ceppi virali, ha fatto insorgere altre mutazioni che si sono ricombinate in
maniera diversa a secondo degli ambienti geografici delle “nicchie ecologiche del virus”. Oggi
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abbiamo la certezza che si sono descritte fino a 20 “Claiz” le varianti che sono persistenti in
diversi paesi del mondo con diverse prevalenze, in particolare c’è una variante la “G614DI”
che è la variante prevalente negli Stati Uniti, ed è la responsabile dell’epidemia in USA che
mostra una particolarità unica, cioè il numero degli “Spike SHC014”, le punte della
glicoproteina Spike, ovvero le antennine del virus, è aumentato notevolmente, quindi
aumentando la contagiosità di questo ceppo virale non la virulenza fin’ora, ma solo la
contagiosità, il che spiega bene la propagazione del virus negli Stati Uniti.
E’ POSSIBILE SVILUPPARE UN VACCINO?
Il solo paese che ha la possibilità di sviluppare il solo vaccino polivalente “ma un vero vaccino
combinato” non quelli attualmente prodotti, è la Cina che ha creato e possiede la matrice
originaria del genoma del virus, tutti gli altri paesi potranno sviluppare dei vaccini specifici per
il ceppo prevalente nella regione di interesse.
COSA SI PUO’ FARE, ALLA FINE PER CONTROLLARE LA PANDEMIA?
Finalmente abbiamo imparato a conoscere questo virus chimerico ricombinato, abbiamo la
certezza che non è naturale, quindi studiando la malattia che causa, quindi i sistemi veri della
scienza diagnostici che ci mette a disposizione, le giuste e corrette terapie e terapeutiche
adeguate alla eventuale evoluzione della malattia stessa. Questa vera ricerca scientifica della
biologia e immunologia virale, ci deve permettere di ridurre la mortalità, per cause
patologiche gravi, soprattutto nelle fasce dei pazienti anziani e allo stesso tempo a monitorare
l’epidemia della sua diffusione nel mondo. Quindi un eventuale vaccino (se di vaccino
realmente si tratta), può andar bene per il virus patogeno del posto e del luogo geografico di
ricombinazione, ma non può aver effetto su altro ceppo o variante del virus di altre località
geografiche.
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