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T6 c La predica magistrale di frate Cipolla

Giovanni Boccaccio_Decameron VI, 10


G. Boccaccio, La novella, narrata da Dioneo, è l’ultima della sesta giornata, dedicata a chi riesce a cavarsi
Decameron, a c. d’impaccio con la prontezza della parola. È quanto fa frate Cipolla, uno dei personaggi più noti
di V. Branca,
Mondadori, del Decameron: con la sua predica farsesca riesce a superare un’imbarazzante situazione e ad
Milano 1985 abbindolare una folla di ingenui contadini. Ambientata in un piccolo borgo toscano, la novella
mette in scena uno dei momenti tipici della dimensione religiosa medievale: la predica ai fedeli,
strumento principale di orientamento dei comportamenti soprattutto delle masse illetterate, e,
insieme, di aggregazione sociale.

FRATE CIPOLLA PROMETTE A CERTI CONTADINI DI MOSTRAR LORO LA PENNA DELL’AGNOLO1


GABRIELLO; IN LUOGO DELLA QUALE TROVANDO CARBONI, QUEGLI DICE ESSER
DI QUEGLI CHE ARROSTIRONO SAN LORENZO.

[...] Certaldo2, come voi forse avete potuto udire, è un castel di Valdelsa posto nel nostro
contado3, il quale, quantunque piccol sia, già di nobili uomini e d’agiati fu abitato; nel quale,
per ciò che buona pastura4 vi trovava, usò un lungo tempo d’andare ogni anno una volta a ri-
coglier le limosine fatte loro dagli sciocchi5 un de’ frati di santo Antonio6, il cui nome era
frate Cipolla, forse non meno per lo nome che per altra divozione vedutovi volontieri, con 5
ciò sia cosa che7 quel terreno produca cipolle famose per tutta Toscana. Era questo frate Ci-
polla di persona piccolo, di pelo rosso e lieto nel viso e il miglior brigante8 del mondo: e
oltre a questo, niuna scienza avendo, sì ottimo parlatore e pronto era, che chi conosciuto
non l’avesse, non solamente un gran rettorico l’avrebbe estimato, ma avrebbe detto esser Tu-
lio medesimo o forse Quintiliano9: e quasi di tutti quegli della contrada era compare o amico 10
o benvogliente10.
Il quale, secondo la sua usanza, del mese d’agosto tra l’altre v’andò una volta; e una dome-
nica mattina, essendo tutti i buoni uomini e le femine11 delle ville da torno12 venuti alla messa
nella calonica13, quando tempo gli parve, fattosi innanzi disse: «Signori e donne, come voi
sapete, vostra usanza è di mandare ogni anno a’ poveri del baron14 messer santo Antonio del 15
vostro grano e delle vostre biade, chi poco e chi assai, secondo il podere e la divozion sua, ac-
ciò che il beato santo Antonio vi sia guardia de’ buoi e degli asini e de’ porci e delle pecore
vostre15; e oltre a ciò solete pagare, e spezialmente quegli che alla nostra compagnia16 scritti
sono, quel poco debito che ogni anno si paga una volta. Alle quali cose ricogliere io sono dal
mio maggiore, cioè da messer l’abate, stato mandato17; e per ciò con la benedizion di Dio, 20
dopo nona18, quando udirete sonare le campanelle, verrete qui di fuori della chiesa là dove io
al modo usato vi farò la predicazione, e bascerete la croce; e oltre a ciò, per ciò che divotissimi
tutti vi conosco del barone messer santo Antonio, di spezial grazia19 vi mostrerò una santissi-

1 agnolo: angelo. sfruttandone l’ignoranza e la credulità. 11 femine: donne.


2 Certaldo: il paese d’origine di Boccac- 7 con ciò sia cosa che: dato che. 12 delle ville da torno: delle case colo-
cio, tra Firenze e Siena. 8 brigante: compagnone, membro di niche dei dintorni.
3 un castel... contado: un borgo in Val una brigata. 13 calonica: canonica, ossia chiesa par-
d’Elsa (prov. di Siena), nel nostro terri- 9 Tulio... Quintiliano: Boccaccio in- rocchiale.
torio. tende Marco Tullio Cicerone (106-43 14 baron: titolo onorifico che veniva
4 buona pastura: letteralmente “buona a.C.) che, con Quintiliano (ca 35-95 premesso nel medioevo anche ai nomi
erba da pascolo”. La metafora allude alle d.C.) rappresentava il modello per ec- dei santi.
laute offerte dei certaldesi. cellenza di arte oratoria. 15 santo Antonio... pecore vostre:
5 ricoglier… dagli sciocchi: raccogliere 10 compare... benvogliente: compare sant’Antonio abate è il protettore di tut-
l’elemosina fatta dagli sciocchi, i certal- è tuttora nel Sud d’Italia chi è partico- te le bestie d’allevamento e da cortile.
desi. Il narratore esprime un aperto giu- larmente legato a una famiglia, perché 16 compagnia: confraternita.
dizio sulla loro ingenuità. è stato testimone di nozze o padrino di 17 Alle quali… mandato: a riscuotere
6 un de’ frati di santo Antonio: uno dei cresima o battesimo; benvogliente si- le quali (offerte) io sono stato mandato
frati dell’ordine fondato da sant’Anto- gnifica “benevolente, ben disposto”. I dal mio superiore, cioè messer l’abate.
nio. Documenti del tempo alludono ef- tre aggettivi (compare, amico, benvo- 18 nona: circa le tre del pomeriggio.
fettivamente all’abitudine dei frati an- gliente sono disposti in ordine decre- 19 di spezial grazia: come grazia specia-
toniani di chiedere denaro al popolino scente). le.

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ma e bella reliquia, la quale io medesimo già recai dalle sante terre d’oltremare: e questa è una
delle penne dell’agnol Gabriello, la quale nella camera della Vergine Maria rimase quando 25
egli la venne a annunziare in Nazarette20». E questo detto si tacque e ritornossi21 alla messa.
Erano, quando frate Cipolla queste cose diceva, tra gli altri molti nella chiesa due giovani
astuti molto, chiamato l’uno Giovanni del Bragoniera e l’altro Biagio Pizzini22, li quali, poi
che alquanto tra sé ebbero riso della reliquia di frate Cipolla, ancora che23 molto fossero suoi
amici e di sua brigata, seco proposero di fargli di questa penna alcuna beffa24. E avendo sapu- 30
to che frate Cipolla la mattina desinava nel castello25 con un suo amico, come a tavola il sen-
tirono così se ne scesero alla strada, e all’albergo dove il frate era smontato se n’andarono con
questo proponimento, che Biagio dovesse tenere a parole il fante26 di frate Cipolla e Giovan-
ni dovesse tralle cose del frate cercare di questa penna, chente che ella si fosse27, e torgliele28,
per vedere come egli di questo fatto poi dovesse al popol dire. 35
Aveva frate Cipolla un suo fante, il quale alcuni chiamavano Guccio Balena e altri Guccio
Imbratta, e chi gli diceva Guccio Porco29; il quale era tanto cattivo30, che egli non è vero che
mai Lippo Topo ne facesse alcun cotanto31. Di cui spesse volte frate Cipolla era usato di mot-
teggiare con la sua brigata32 e di dire: «Il fante mio ha in sé nove cose tali che, se qualunque
è l’una di quelle fosse in Salamone o in Aristotile o in Seneca, avrebbe forza di guastare ogni 40
lor vertù, ogni lor senno, ogni lor santità. Pensate adunque che uom dee essere egli, nel quale
né vertù né senno né santità alcuna è, avendone nove!»; e essendo alcuna volta domandato
quali fossero queste nove cose e egli, avendole in rima messe, rispondeva: «Dirolvi33: egli è
tardo, sugliardo34 e bugiardo; negligente, disubidiente e maldicente; trascutato35, smemorato
e scostumato; senza che egli ha alcune altre teccherelle36 con queste, che si taccion per lo mi- 45
gliore37. E quel che sommamente è da rider de’ fatti suoi è che egli in ogni luogo vuol pigliar
moglie e tor casa a pigione38; e avendo la barba grande e nera e unta, gli par sì forte esser
bello e piacevole, che egli s’avisa39 che quante femine il veggano tutte di lui s’innamorino, e
essendo lasciato, a tutte andrebbe dietro perdendo la coreggia40. È il vero che egli m’è d’un
grande aiuto, per ciò che mai niun non mi vuol sì segreto parlare, che egli non voglia la sua 50
parte udire; e se avviene che io d’alcuna cosa sia domandato, ha sì gran paura che io non sap-
pia rispondere, che prestamente risponde egli e sì e no, come giudica si convenga».
A costui, lasciandolo all’albergo, aveva frate Cipolla comandato che ben guardasse che al-
cuna persona non toccasse le cose sue, e spezialmente le sue bisacce, per ciò che in quelle era-
no le cose sacre. Ma Guccio Imbratta, il quale era più vago41 di stare in cucina che sopra i 55
verdi rami l’usignuolo, e massimamente se fante vi sentiva niuna42, avendone in quella dell’oste
una veduta, grassa e grossa e piccola e mal fatta, con un paio di poppe che parean due ceston
da letame e con un viso che parea de’ Baronci43, tutta sudata, unta e affumicata, non altra-

20 Nazarette: Nazareth. 29 Guccio... Porco: Boccaccio si ispira 35 trascutato: senza testa, negligente.
21 si tacque e ritornossi: tacque e tornò. a un personaggio probabilmente esistito 36 taccherelle: diffettucci.
22 Giovanni del Bragoniera... Biagio davvero e qui identificato con dei so- 37 che si taccion per lo migliore: che è
Pizzini: sono famiglie realmente esistite prannomi che alludono, il primo (Ba- meglio tacere.
a Certaldo ai tempi di Boccaccio, che lena) alla pesantezza, il secondo (Im- 38 tor casa a pigione: prendere casa in
probabilmente ebbero rapporti con suo bratta) alla sporcizia, il terzo (Porco) affitto.
padre. alla grossolana sensualità. 39 s’avisa: pensa.
23 ancora che: sebbene. 30 cattivo: sciocco, inetto. 40 e essendo lasciato... coreggia: e se lo
24 seco… beffa: si riproposero di fargli 31 che egli... alcun cotanto: che supe- si lasciasse fare, correrebbe dietro a tutte
una beffa con questa penna. rava Lippo Topo (personaggio prover- anche se stesse perdendo la cintura dei
25 nel castello: nella parte più alta del biale, ricordato per le stranezze e lo spi- pantaloni.
paese. rito scherzoso). 41 vago: desideroso.
26 tenere… il fante: trattenere con delle 32 Di cui... con la sua brigata: sul quale 42 massimamente... niuna: soprattutto
chiacchiere il servitore. frate Cipolla era solito scherzare con la se si accorgeva della presenza di qualche
27 chente ch’ella si fosse: quale mai essa sua compagnia. serva.
fosse. 33 Dirolvi: ve lo dirò. 43 Baronci: famiglia fiorentina nota per
28 torgliele: sottargliela. 34 tardo, sugliardo: pigro, sporco. la sua bruttezza.

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menti che si gitti l’avoltoio alla carogna, lasciata la camera di frate Cipolla aperta e tutte le
sue cose in abbandono, là si calò; e ancora che d’agosto fosse, postosi presso al fuoco a sedere, 60
cominciò con costei, che Nuta aveva nome, a entrare in parole e dirle che egli era gentile uo-
mo per procuratore44 e che egli aveva de’ fiorini più di millantanove45, senza quegli che egli
aveva a dare altrui, che erano anzi più che meno, e che egli sapeva tante cose fare e dire, che
domine pure unquanche46. E senza riguardare a un suo cappuccio sopra il quale era tanto un-
tume, che avrebbe condito il calderon d’Altopascio47, e a un suo farsetto rotto e ripezzato48 e 65
intorno al collo e sotto le ditella smaltato di sucidume49, con più macchie e di più colori che
mai drappi fossero tartereschi o indiani, e alle sue scarpette tutte rotte e alle calze sdrucite, le
disse, quasi stato fosse il siri di Ciastiglione50, che rivestir la voleva e rimetterla in arnese51 e
trarla di quella cattività di star con altrui52 e senza gran possession d’avere53 ridurla in isperanza
di miglior fortuna e altre cose assai: le quali quantunque molto affettuosamente le dicesse, 70
tutte in vento convertite54, come le più delle sue imprese facevano, tornarono in niente.
Trovarono adunque i due giovani Guccio Porco intorno alla Nuta occupato; della qual
cosa contenti, per ciò che mezza la lor fatica era cessata55, non contradicendolo alcuno56 nella
camera di frate Cipolla, la quale aperta trovarono, entrati, la prima cosa che venne lor presa
per cercare fu la bisaccia nella quale era la penna; la quale aperta, trovarono in un gran vilup- 75
po di zendado fasciata57 una piccola cassettina; la quale aperta, trovarono in essa una penna
di quelle della coda d’un pappagallo, la quale avvisarono58 dovere esser quella che egli pro-
messa avea di mostrare a’ certaldesi. E certo egli il poteva a quei tempi leggiermente59 far cre-
dere, per ciò che ancora non erano le morbidezze d’Egitto60, se non in piccola quantità, tra-
passate in Toscana, come poi in grandissima copia con disfacimento di tutta Italia son tra- 80
passate61: e dove che elle poco conosciute fossero62, in quella contrada quasi in niente erano
dagli abitanti sapute63; anzi, durandovi ancora la rozza onestà degli antichi, non che veduti
avessero pappagalli ma di gran lunga la maggior parte mai uditi non gli avea ricordare64. Con-
tenti adunque i giovani d’aver la penna trovata, quella tolsero e, per non lasciare la cassetta
vota, vedendo carboni in un canto della camera, di quegli la cassetta empierono; e richiusala 85
e ogni cosa racconcia65 come trovata avevano, senza essere stati veduti, lieti se ne vennero
con la penna e cominciarono a aspettare quello che frate Cipolla, in luogo della penna tro-
vando carboni, dovesse dire.
Gli uomini e le femine semplici che nella chiesa erano, udendo che veder dovevano la
penna dell’agnol Gabriello dopo nona, detta la messa, si tornarono a casa; e dettolo l’un vici- 90

44 egli era... procuratore: egli era un 50 il siri di Ciastiglione: il signore di l’Oriente, a cui l’immaginario medievale
gentiluomo per procura, per interposta Châtillon. L’espressione rinvia generi- associava l’idea di favolose ricchezze e
persona, ossia non lo era per nulla. camente a toponimi francesi: qui sta per di lusso sfarzoso).
45 millantanove: indica una quantità “grande feudatario”. 61 come poi… trapassate: come poi in
indefinitamente spropositata, con una 51 in arnese: in sesto. abbondanza (copia è latinismo) si sono
sfumatura ironica; infatti ricorda per as- 52 trarla... con altrui: sottrarla a quella diffuse in tutta Italia, con effetti di cor-
sonanza il sostantivo millanteria. Guc- schiavitù (cattività) che la costringeva ruzione.
cio Imbratta sembra aver fatto proprie a stare al servizio degli altri. 62 e dove... fossero: e se altrove erano
le etimologie farsesche che il suo padro- 53 senza… d’avere: senza grandi ricchez- poco conosciute (sempre le morbidez-
ne fra poco utilizzerà così bene. A suo ze. ze).
modo anche lui si serve della parola per 54 in vento convertite: trasformate in 63 in niente.. sapute: non erano note
sedurre la serva. aria (cioè in vuote parole). (sapute) per niente.
46 che... unquanche: che mai saprebbe 55 cessata: evitata. 64 non che... avea ricordare: non solo
fare e dire neppure il suo padrone. 56 non contradicendolo alcuno: senza non avevano mai visto dei pappagalli,
47 il calderon d’Altopascio: i monaci che nessuno lo impedisse. ma la maggior parte non li aveva mai
d’Altopascio, vicino Lucca, cucinavano 57 gran viluppo… fasciata: avvolta in sentiti nominare. È proprio su questa
in enormi calderoni i pasti per i poveri. un grande drappo di seta. base che frate Cipolla può spacciare la
48 farsetto… ripezzato: una sopravveste 58 avvisarono: pensarono. penna di pappagallo per una delle penne
sdrucita e rattoppata. 59 leggiermente: facilmente. dell’angelo Gabriele.
49 sotto le ditella… sucidume: lucido 60 le morbidezze d’Egitto: le eleganze 65 racconcia: rimessa a posto.
per la sporcizia sotto le ascelle. dell’Egitto (in generale per tutto

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no all’altro e l’una comare all’altra, come desinato ebbero ogni uomo66, tanti uomini e tante
femine concorsono nel castello, che appena vi capeano67, con disidero aspettando di veder
questa penna. Frate Cipolla, avendo ben desinato e poi alquanto dormito, un poco dopo
nona levatosi e sentendo la moltitudine grande esser venuta di contadini per dovere la penna
vedere, mandò a Guccio Imbratta che là sù con le campanelle68 venisse e recasse le sue bisacce. 95
Il quale, poi che con fatica dalla cucina e dalla Nuta si fu divelto69, con le cose addimandate
con fatica lassù n’andò: dove ansando giunto, per ciò che il ber dell’acqua gli avea molto fatto
crescere il corpo, per comandamento di frate Cipolla andatone in su la porta della chiesa,
forte incominciò le campanelle a sonare.
Dove, poi che tutto il popolo fu ragunato70, frate Cipolla, senza essersi avveduto che niuna 100
sua cosa fosse stata mossa, cominciò la sua predica e in acconcio de’ fatti suoi71 disse molte
parole; e dovendo venire al mostrar della penna dell’agnol Gabriello, fatta prima con gran
solennità la confessione72, fece accender due torchi73 e soavemente sviluppando il zendado,
avendosi prima tratto il cappuccio, fuori la cassetta ne trasse. E dette primieramente alcune
parolette a laude e a commendazione74 dell’agnolo Gabriello e della sua reliquia, la cassetta 105
aperse. La quale come piena di carboni vide, non sospicò75 che ciò Guccio Balena gli avesse
fatto, per ciò che nol conosceva da tanto76, né il maladisse del male aver guardato che altri
ciò non facesse, ma bestemmiò tacitamente sé, che a lui la guardia delle sue cose aveva com-
messa77, conoscendol, come faceva, negligente, disubidiente, trascutato e smemorato. Ma
non per tanto, senza mutar colore, alzato il viso e le mani al cielo, disse sì che da tutti fu udi- 110
to: «O Idio, lodata sia sempre la tua potenzia!».
Poi richiusa la cassetta e al popolo rivolto disse: «Signori e donne, voi dovete sapere che,
essendo io ancora molto giovane, io fui mandato dal mio superiore in quelle parti dove ap-
parisce il sole78, e fummi commesso con espresso comandamento79 che io cercassi tanto che
io trovassi i privilegi del Porcellana80, li quali, ancora che a bollar81 niente costassero, molto 115
più utili sono a altrui che a noi. Per la qual cosa messom’io in cammino, di Vinegia82 parten-
domi e andandomene per lo Borgo de’ Greci e di quindi83 per lo reame del Garbo cavalcando
e per Baldacca, pervenni in Parione, donde, non senza sete, dopo alquanto pervenni in Sar-
digna. Ma perché vi vo io tutti i paesi cerchi84 da me divisando85? Io capitai, passato il Braccio
di San Giorgio, in Truffia e in Buffia86, paesi molto abitati e con gran popoli; e di quindi 120
pervenni in terra di Menzogna, dove molti de’ nostri frati e d’altre religioni87 trovai assai, li
quali tutti il disagio andavan per l’amor di Dio schifando, poco dell’altrui fatiche curandosi

66 come… ogni uomo: dopo che tutti fidata a lui la tutela delle sue cose. zione ufficiale).
ebbero pranzato. 78 in quelle... il sole: cioè ovunque; ma 82 Vinegia: si tratta di un’antica contrada
67 tanti… vi capeano: accorsero così l’equivoco sta nell’intendere apparisce fiorentina ma, per equivoco, suggerisce
tanti uomini e tante donne nella parte come “sorge”, il che starebbe a significare Venezia. Allo stesso modo, tutti i luoghi
alta del paese, che appena vi entravano. l’Oriente. Inizia con queste parole la lun- citati appresso nella predica di Frate Ci-
68 campanelle: all’atto del mostrare le ga orazione di frate Cipolla, costituita polla si riferiscono a vie di Firenze real-
reliquie, venivano suonate delle campa- da una serie di frasi e locuzioni prive di mente esistenti, posti lungo una diret-
nelle. senso, commiste a modi di dire locali, trice che attraversa la città da est a ovest.
69 si fu divelto: si allontanò, si staccò. citazioni di luoghi esotici o immaginari. Ma lo scaltro oratore vuole che il suo
70 ragunato: radunato. Lo scopo è stordire e sbalordire gli ignari uditorio pensi a un viaggio in terre eso-
71 in acconcio de’ fatti suoi: per perse- e ignoranti popolani fino a giungere al tiche e lontane.
guire il proprio scopo. clamoroso effetto finale. 83 di quindi: da qui.
72 fatta... la confessione: recitato il 79 fummi commesso… comandamen- 84 cerchi: cercati, visitati.
Confiteor, preghiera rituale di confes- to: mi fu affidato l’incarico con un or- 85 divisando: descrivendo.
sione collettiva dei peccati. dine esplicito. 86 Truffia... Buffia: comincia la serie di
73 torchi: grossi ceri. 80 i privilegi del Porcellana: i documen- toponomastici immaginari con senso
74 a laude e a commendazione: in lode ti che comproverebbero i privilegi del satirico. Questi, tanto ricchi di popola-
e in onore. Porcellana, ossia l’ospedale di San Filip- zione, sono evidentemente i paesi della
75 sospicò: sospettò. po a Firenze di cui Guccio era custode; truffa e della beffa. Inoltre, il Braccio di
76 da tanto: capace di tanto. ma il nome richiama anche quello del San Giorgio è anche il Bosforo.
77 bestemmiò… aveva commessa: ma- servo del frate. 87 religioni: ordini religiosi.
ledisse in silenzio se stesso, che aveva af- 81 bollar: apporvi una bolla (approva-

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dove la loro utilità vedessero seguitare88, nulla altra moneta spendendo che senza conio89 per
quei paesi: e quindi passai in terra d’Abruzzi, dove gli uomini e le femine vanno in zoccoli su
pe’ monti90, rivestendo i porci delle lor busecchie91 medesime; e poco più là trovai gente che 125
portano il pan nelle mazze e ’l vin nelle sacca92: da’ quali alle montagne de’ bachi93 pervenni,
dove tutte l’acque corrono alla ’ngiù. E in brieve tanto andai adentro, che io pervenni mei
infino in India Pastinaca94, là dove io vi giuro per l’abito che io porto addosso che io vidi vo-
lare i pennati95, cosa incredibile a chi non gli96 avesse veduti; ma di ciò non mi lasci mentire
Maso del Saggio97, il quale gran mercatante io trovai là, che schiacciava noci e vendeva gusci 130
a ritaglio98. Ma non potendo quello che io andava cercando trovare, per ciò che da indi in là
si va per acqua99, indietro tornandomene, arrivai in quelle sante terre dove l’anno di state vi
vale il pan freddo quatro denari e il caldo v’è per niente100. E quivi trovai il venerabile padre
messer Nonmiblasmete Sevoipiace101, degnissimo patriarca di Ierusalem. Il quale, per reve-
renzia dell’abito che io ho sempre portato del baron messer santo Antonio, volle che io ve- 135
dessi tutte le sante reliquie le quali egli appresso di sé aveva; e furon tante che, se io ve le vo-
lessi tutte contare, io non ne verrei a capo in parecchie miglia, ma pure, per non lasciarvi
sconsolate102, ve ne dirò alquante. Egli primieramente mi mostrò il dito dello Spirito Santo
così intero e saldo come fu mai, e il ciuffetto del serafino che apparve a san Francesco, e una
dell’unghie de’ gherubini, e una delle coste del Verbum-caro-fatti-alle-finestre103 e de’ vesti- 140
menti della santa Fé catolica104, e alquanti de’ raggi della stella che apparve a’ tre Magi in
Oriente, e una ampolla del sudore di san Michele quando combatté col diavole105, e la ma-
scella della Morte di san Lazzero106 e altre. E per ciò che io liberamente gli feci copia delle
piagge di Monte Morello in volgare e d’alquanti capitoli del Caprezio107, li quali egli lunga-
mente era andati cercando, mi fece egli partefice108 delle sue sante reliquie: e donommi uno 145
de’ denti della santa Croce e in una ampolletta alquanto del suono delle campane del tempio
di Salomone e la penna dell’agnol Gabriello, della quale già detto v’ho, e l’un de’ zoccoli di
san Gherardo da Villamagna109 (il quale io, non ha molto, a Firenze donai a Gherardo di

88 li quali... seguitare: tutti evitavano pur sempre con una sfumatura ironica. lizzare riferimenti addirittura blasfemi
ogni disagio per amore di Dio, curan- 95 pennati: equivoco tra pennati, specie pur di colpire il suo uditorio.
dosi poco delle fatiche altrui quando ve- di roncole per la potatura delle fronde 103 una delle… finestre: una delle co-
dessero che ne derivasse un utile. Fra i degli alberi, e pennuti, ossia gli uccelli. stole del “Verbo che si fece carne”; stor-
luoghi immaginari evocati dalla ricca 96 gli: li. piatura della frase Verbum caro factum
fantasia del frate si insinua una realistica 97 Maso del Saggio: figura proverbiale est, tratta dal Vangelo di Giovanni e ri-
allusione alla negativa condotta degli di burlone, che compare anche in altre petuta anche nella preghiera dell’Ange-
uomini di chiesa. novelle (Dec. VIII, 3). lus, con l’aggiunta alle finestre per con-
89 che senza conio: se non quella priva 98 a ritaglio: al dettaglio. fondere gli ascoltatori.
di valore, o inesistente (non essendo mai 99 per acqua: per mare. L’India, secondo 104 vestimenti... catolica: la fede catto-
stata coniata). la concezione del tempo, era l’ultima ter- lica qui personificata come se potesse
90 vanno... pe’ monti: questa operazio- ra, dopo la quale si apriva l’Oceano. indossare degli abiti.
ne, come le successive, è ovvia e non cer- 100 di state… per niente: d’estate il pane 105 diavole: diavolo.
to tipica di terre esotiche. Non è escluso raffermo costa quattro denari e la calura 106 mascella... Lazzero: la morte che
che, oltre al significato letterale, nelle la si ha per nulla. colpì san Lazzaro, secondo l’uso medie-
varie espressioni ci siano allusioni di ca- 101 Nonmiblasmete Sevoipiace: è un vale viene immaginata come uno sche-
rattere sessuale. nome ricavato da una deformazione del letro, di cui frate Cipolla avrebbe visto
91 busecchie: budella; perciò, confezio- francese antico, Ne me blasmez se vos la mascella.
nando salsicce e salami. plait, “non mi biasimate per favore”. 107 per ciò che… Caprezio: poiché li-
92 il pan... nelle sacca: le ciambelle in- 102 sconsolate: deluse. Il femminile ve- beramente gli procurai la trascrizione
filate nel bastone e il vino negli otri. niva spesso usato come forma di corte- delle pendici del Monte Morello in vol-
93 bachi: forse deformazione di “baschi”. sia, quando ci si rivolgeva a un uditorio gare e di molti capitoli del Caprezio. La
94 mei… Pastinaca: nientemeno che fi- sia maschile sia femminile. Da questo frase è senza senso (se non la solita allu-
no in India. Pastinaca è il nome di una punto il discorso dell’astuto frate Cipol- sione in chiave sessuale).
radice dolce; qui probabilmente il ter- la imbocca la strada del riferimento alle 108 partefice: partecipe.
mine è utilizzato per il suono misterioso reliquie, in cui dà prova di un’inventività 109 Gherardo da Villamagna: uno dei
e per alludere alle spezie orientali, ma virtuosistica, senza preoccuparsi di uti- primi seguaci di san Francesco.

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Bonsi110, il quale in lui ha grandissima divozione) e diedemi de’ carboni co’ quali fu il beatis-
simo martire san Lorenzo arrostito111; le quali cose io tutte di qua con meco divotamente le 150
recai, e holle tutte112. È il vero che il mio maggiore non ha mai sofferto113 che io l’abbia mo-
strate infino a tanto che certificato non s’è se desse sono114 o no; ma ora che per certi miracoli
fatti da esse e per lettere ricevute dal Patriarca fatto n’è certo, m’ha conceduta licenzia che io
le mostri; ma io, temendo di fidarle altrui115, sempre le porto meco. Vera cosa è che io porto
la penna dell’agnol Gabriello, acciò che non si guasti, in una cassetta e i carboni co’ quali fu 155
arrostito san Lorenzo in un’altra; le quali son sì simiglianti l’una all’altra, che spesse volte mi
vien presa l’una per l’altra, e al presente m’è avvenuto: per ciò che, credendomi io qui avere
arrecata la cassetta dove era la penna, io ho arrecata quella dove sono i carboni. Il quale io
non reputo che stato sia errore, anzi mi pare esser certo che volontà sia stata di Dio e che
Egli stesso la cassetta de’ carboni ponesse nelle mie mani, ricordandom’io pur testé116 che la 160
festa di san Lorenzo sia di qui a due dì. E per ciò, volendo Idio che io, col mostrarvi i carboni
co’ quali esso fu arrostito, raccenda nelle vostre anime la divozione che in lui aver dovete,
non la penna che io voleva, ma i benedetti carboni spenti dall’omor117 di quel santissimo cor-
po mi fé pigliare. E per ciò, figliuoli benedetti, trarretevi i cappucci e qua divotamente v’ap-
presserete a vedergli. Ma prima voglio che voi sappiate che chiunque da questi carboni in se- 165
gno di croce è tocco118, tutto quello anno può viver sicuro che fuoco nol cocerà che non si
senta119».
E poi che così detto ebbe, cantando una laude di san Lorenzo, aperse la cassetta e mostrò i
carboni; li quali poi che alquanto la stolta moltitudine ebbe con ammirazione reverente-
mente guardati, con grandissima calca tutti s’appressarono a frate Cipolla e, migliori offerte 170
dando che usati non erano120, che con essi gli dovesse toccare il pregava ciascuno. Per la qual
cosa frate Cipolla, recatisi questi carboni in mano, sopra li lor camiscion bianchi e sopra i
farsetti e sopra li veli delle donne cominciò a fare le maggior croci che vi capevano121, affer-
mando che tanto quanto essi scemavano122 a far quelle croci, poi ricrescevano nella cassetta,
sì come egli molte volte aveva provato. 175
E in cotal guisa, non senza sua grandissima utilità avendo tutti crociati i certaldesi, per
presto accorgimento fece coloro rimanere scherniti, che lui, togliendogli la penna, avevan
creduto schernire123. Li quali stati alla sua predica e avendo udito il nuovo riparo124 preso da
lui e quanto da lungi fatto si fosse125 e con che parole, avevan tanto riso, che eran creduti
smascellare. E poi che partito si fu il vulgo, a lui andatisene, con la maggior festa del mondo 180
ciò che fatto avevan gli discoprirono126 e appresso gli renderono la sua penna; la quale l’anno
seguente gli valse127 non meno che quel giorno gli fosser valuti i carboni.

110 Gherardo di Bonsi: personaggio fio- 115 fidarle altrui: affidarle ad altri. 123 in cotal guisa... creduto schernire:
rentino realmente vissuto nella prima 116 pur testé: solo ora. in questo modo, non senza averne rica-
metà del Trecento, membro autorevole 117 omor: umore, grasso. vato un grande beneficio, avendo segnati
dell’Arte della lana. 118 tocco: toccato. con la croce tutti i certaldesi, grazie a un
111 dietemi… arrostito: e mi diede al- 119 che non si senta: senza che se ne ac- pronto stratagemma, raggirò coloro che,
cuni carboni con i quali fu arso vivo (sul- corga. Si conclude la predica con l’enne- togliendogli la penna, avrebbero voluto
la graticola) san Lorenzo. simo equivoco burlesco. raggirare lui.
112 le quali… tutte: le quali reliquie tutte 120 che usati non erano: di quanto non 124 riparo: rimedio.
le portai di qua dal mare, con me, con spi- fossero soliti. 125 quanto... fosse: quanto l’avesse presa
rito di devozione, e le ho (holle) tutte. 121 che vi capevano: che potevano starci alla lontana.
113 sofferto: permesso. (latinismo). 126 discoprirono: svelarono.
114 se desse sono: se sono proprio au- 122 scemavano: si consumavano, dimi- 127 gli valse: gli rese (valse; e così gli fos-
tentiche. nuivano. ser valuti “gli avessero reso”).

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Guida alla lettura
Uno scenario e un personaggio realistici 쐍 Questa novella si svolge proprio nel paese d’origine della fa-
miglia di Boccaccio, Certaldo, un borgo rurale. Puntuale e precisa è la connotazione sociale for-
nita dall’autore: il paese è piccolo, ma non manca «di nobili uomini e d’agiati». Il popolino è
costituito da contadini, la cui ingenuità li rende una «buona pastura» per l’astuto frate che ogni
anno vi andava «a ricoglier le limosine fatte [...] dagli sciocchi». I certaldesi appaiono nel com-
plesso portatori di valori e consuetudini propri di un arcaico mondo contadino.
Realistica è anche la figura del predicatore itinerante rappresentata da frate Cipolla e l’im-
portanza che il momento della predica aveva nella vita semplice delle comunità del contado.
Spesso poi i predicatori utilizzavano effettivamente (▷C4) espedienti giullareschi, esasperan-
do la gestualità, pur di conquistare l’uditorio. In particolare, proprio i frati di sant’Antonio usa-
vano spesso ricorrere spegiudicatamente a ostensioni di reliquie. La figura di frate Cipolla e la
situazione evocata nella novella, pur esasperata, non è dunque semplicemente il frutto dell’im-
maginazione di Boccaccio, bensì rispecchia una situazione storica reale.
La parodizzazione della predica 쐍 Frate Cipolla si rivolge alla folla con un discorso intessuto di ambiguità,
paradossi, volute contraddizioni, vere e proprie assurdità, legittimate dall’autorevolezza attribuita
allora alla predica: la predica è parola sacra, e come tale è recepita passivamente da «i buoni uo-
mini e le femine» certaldesi. Boccaccio si sofferma sulla loro ingenua credulità, che li fa accor-
rere alla promessa di vedere la penna dell’angelo Gabriello: «dettolo l’un vicino all’altro e l’una
comare all’altra, come desinato ebbero ogni uomo, tanti uomini e tante femine concorsono nel
castello, che appena vi capeano, con disidero aspettando di veder questa penna». È resa con
grande vivacità l’atmosfera di trepida aspettativa creata dalle parole del frate, il frenetico passa-
parola tra vicini e comari, e sembra quasi di percepire la fretta con cui gli impazienti paesani
consumano il loro pranzo, per poter poi correre ad affollare il castello di Certaldo, dove si svol-
gerà la magistrale rappresentazione di frate Cipolla. Crea un comico contrasto con la febbrile
aspettativa dei fedeli la placida flemma con cui quest’ultimo si prepara alla propria entrata in
scena, «avendo ben desinato e poi alquanto dormito». Il frate appare pienamente padrone della
situazione, domina la platea in ogni momento e non si fa mai cogliere alla sprovvista, neppure
quando, aperta la cassetta, vi trova i carboni posti lì dai due giovani burloni: egli capisce subito
lo scherzo di cui è vittima e la sua reazione è immediata, analoga a quella di un consumato attore
di teatro, abituato a fronteggiare qualsiasi imprevisto di palcoscenico: «senza mutar colore, al-
zato il viso e le mani al cielo, disse sì che da tutti fu udito: “O Idio, lodata sia sempre la tua po-
tenzia”». La predica è un discorso molto lungo e complesso, con una lunga parte introduttiva di
cui non si capisce subito la ragione: sembra quasi che frate Cipolla stia prendendo tempo per
meglio architettare la menzogna finale.
Vediamo di sintetizzarne le principali strategie utilizzate dall’abilissimo oratore.
• Fin dalle prime battute emerge la profonda differenza tra due livelli di consapevolezza sulla
quale è costruita tutta la novella: il frate fa ricorso a una serie di doppi sensi geografici, deri-
vati dall’ambigua denominazione di strade e quartieri di Firenze e dintorni. Solo un ascolta-
tore cittadino, come «i due giovani astuti molto», sarebbe in grado di capire il contenuto
comico di questi giochi di parole; non certo i poveri certaldesi, esperti solo delle viuzze del
loro piccolo borgo. Il viaggio esotico descritto da frate Cipolla altro non è che un percorso
cittadino attraverso alcuni quartieri di Firenze ben noti sia ai due giovani sia ai lettori del
tempo, ma per «gli uomini e le femine semplici» che ascoltano a bocca aperta le storie del
frate, essi sono tanto sconosciuti quanto le più lontane regioni d’Oriente.
• La predica poi prosegue con uno dei metodi più comuni per impressionare le platee devote
durante il medioevo: l’interminabile enumerazione di incredibili reliquie.
• La predica si chiude con il ricorso alla misericordia divina, che ha voluto porre nelle mani del
frate la scatola con i carboni invece di quella con la penna, e con l’ultimo equivoco-beffa:
«voglio che voi sappiate che chiunque da questi carboni in segno di croce è tocco, tutto quel-
lo anno può viver sicuro che fuoco nol cocerà che non si senta». Il trucco è quello di dire una
cosa del tutto ovvia, in modo tale dal farla apparire miracolosa.
La chiusa della novella sancisce ulteriormente lo scarto tra il livello dei fedeli di Certaldo,
che si accalcano per essere segnati con i carboni e si fanno spillare pingui elemosine, e il livello di
frate Cipolla e dei suoi beffatori, uniti nella risata finale, che è anche quella dei lettori.

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Due livelli di consapevolezza 쐍 All’interno della novella vengono a delinearsi chiaramente, come già ac-
cennato, due piani distinti: quello di frate Cipolla, scaltro e abile manipolatore, e quello del po-
polo, «gli uomini e le femine semplici», ingenui e sprovveduti, incapaci di riconoscere gli in-
ganni. Tutto il meccanismo narrativo è fondato sullo scarto tra questi due diversi livelli di
consapevolezza, tra il sapere del frate e il non sapere della folla, tra l’arguzia spregiudicata del
primo e la candida credulità degli altri: da notare che l’azione si svolge tutta al primo livello,
dove vengono prese tutte le iniziative, mentre il popolo funge solo da pubblico passivo e inerte.
Sullo stesso piano di frate Cipolla si trovano anche i «due giovani astuti molto» che volevano
gabbarlo sostituendo la reliquia, e che diventano virtualmente suoi complici: sono infatti gli uni-
ci tra i certaldesi presenti in grado di capire i doppi sensi e la toponomastica burlesca nella predi-
ca imbastita in fretta e furia dal frate. Essi costituiscono quindi una sorta di “secondo pubblico”,
smaliziato e accorto, analogo ai lettori reali della novella che, al pari loro, recepiscono gli inganni
dello scaltro predicatore e si divertono di fronte alla sua mirabolante inventività. E sono forse
depositari di un ulteriore livello di lettura, cioè la capacità di gustare la parodizzazione del genere
testuale della predica che Boccaccio si diverte a realizzare.

Attività sul testo


Comprensione 1.Dividi in sequenze la novella dando ad ognuna di esse un titolo, poi organizza i contenuti in una breve sin-
tesi (max 10 righe).
2.Individua i narratori della novella: narratore di 1° grado: ............................ ; narratore di 2° grado:
............................ .
Analisi 3.Descrivi il personaggio di Guccio Imbratta, rilevando anche le particolari scelte lessicali di Boccaccio
nella rappresentazione che vede in scena Guccio e la Nuta.
4.In più punti Boccaccio si sofferma sugli aspetti di teatralità che caratterizzano la devozione popolare
medievale; prova a ripercorrere la novella soffermandoti in particolare sulla gestualità di frate Cipolla,
sul suo rapporto con il pubblico e su tutti gli atteggiamenti che rendono la sua figura simile a quella di
un attore. Esponi le riflessioni raccolte in una breve trattazione (max 15 righe).
5.Individua gli stratagemmi retorici utilizzati da frate Cipolla nella sua predica: assonanze, fraseologie vo-
lutamente equivoche, frasi involute e confuse che esprimono concetti contraddittori, uso di termini al-
tisonanti e così via.
Interpretazione 6.La primaria volontà di Boccaccio in questa novella, secondo te, è
a. denunciare la degradazione degli ordini religiosi nel suo tempo.
b. irridere la credulità popolare verso le reliquie.
c. fare una professione di irreligiosità.
d. proporre un divertimento letterario fondato su una dissacrante parodia.
Motiva la tua scelta in un testo di 10 righe.
Approfondimento. 7.Nel Decameron è già apparsa un’altra predica: nella novella di ser Ciappelletto, quando il sant’uomo,
Confronti e che aveva confessato lo scellerato protagonista, ne celebra il funerale e sancisce la sua santificazione. Ri-
collegamenti leggi il passo e delinea un confronto con la folla che assiste allo “spettacolo” di frate Cipolla. Qual è l’at-
teggiamento cui Boccaccio dà maggior risalto? Riesci a intuire il giudizio implicito dell’autore?
8.Si può individuare un’altra analogia tra questa novella e quella di ser Ciappelletto: in entrambi i casi, ci
sono due figure che fungono da “pubblico intelligente”, in grado di capire l’imbroglio, contrapposti a
un “pubblico stolto” che invece si fa ingannare dal protagonista. Prova a individuare questi personaggi e
costruisci uno schema parallelo delle due novelle, che metta in luce le comuni funzioni narrative: il pro-
tagonista che mette in atto l’imbroglio, il mezzo utilizzato, il pubblico intelligente, il pubblico stolto.

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