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TRADUZIONE PETRONIO SATYRICON

HAPAX

Agaga (ruffiano)11; Asias (un che di asiatico)12; Athana (Atena)13; bilychnis (a due lumi)14; cataphagas
(ghiottone)15; cerasinus (di color ciliegio)16; chiramaxium (carretto a mano); corymbion (parrucca);
critica (n. pl.: critica); cymbalistria (suonatrice di cembalo); elegidarion (breve elegia); embasicoetas
(omosessuale); embolum (sperone di nave); excatarisso (metto a secco); gastra (vaso panciuto);
hypogaeum (sepolcro sotterraneo); methodium (trovata)17; odaria (canzonette); oxycomina (comino
sottaceto)18; penthiacus (spezzatino)19; percolopo (schiaffeggiare)20; peristasis(argomento della
contesa); pharmacus (capro espiatorio)21; prasinatus (vestito di color verde); taxis (disposizione)22;
saplutus (ricco sfondato)23; spatalocinaedus (tenero finocchio); topanta (factotum)24; tricliniarches
(maestro di tavola); tropica (mutamenti).

Venerat iam tertius dies, id est expectatio liberae cenae, sed tot vulneribus confossis fuga magis
placebat quam quies. Itaque cum maesti deliberaremus quonam genere praesentem evitaremus
procellam, unus servus Agamemnonis interpellavit trepidantes et: "Quidvos?, inquit, nescitis hodie
apud quem fiat? Trimalchio, lautissimus homo. Horologium in triclinio et bucinatorem habet
subornatum, ut subinde sciat quantum de vita perdiderit!"Amicimur ergo diligenter obliti omnium
malorum et Gitona libentissime servile officium tuentem iubemus in balneum sequi.

26- 7 ) Era venuto ormai il terzo giorno, cioè l’attesa della libera cena, ma segnati da tante ferite la fuga
piaceva più dell’inerzia. E allora, mentre tristi valutavamo in quale maniera evitare la tempesta incombente,
un serve di Agamennone interruppe (le nostre) incertezze [trepidantes] e disse “Ma come? [quid vos] Non
sapete cosa accade oggi presso chi? Trimalchione un uomo ricchissimo ha nel triclinio un orologio e un
trombettiere, per sapere quanta parte di vita abbia perso di volta in volta.
10) Quindi (noi) dimentichi di tutti i mali [obliti regge il genitivo] con cura (noi) ci abbigliamo e ordiniamo a
Gitone che molto volentieri [superl. Ass.] svolgeva la parte dello schiavo di seguirci al bagno.

27)Nos interim vestiti errare coepimus, immo iocari magis et circulis accedere, cum subito videmus senem
calvum, tunica vestitum russea, inter pueros capillatos ludentem pila. Nec tam pueri nos, quamquam erat
operae pretium, ad spectaculum duxerant, quam ipse pater familiae, qui soleatus pila prasina exercebatur.
Nec amplius eam repetebat quae terram contigerat, sed follem plenum habebat servus sufficiebatque
ludentibus. Notavimus etiam res novas: nam duo spadones in diversa parte circuli stabant, quorum alter
matellam tenebat argenteam, alter numerabat pilas, non quidem eas quae inter manus lusu expellente
vibrabant, sed eas quae in terram decidebant. Cum has ergo miraremur lautitias, accurrit Menelaus: "Hic est,
inquit, apud quem cubitum ponitis, et quidem iam principium cenae videtis. Et iam non loquebatur Menelaus
cum Trimalchio digitos concrepuit, ad quod signum matellam spado ludenti subiecit. Exonerata ille vesica
aquam poposcit ad manus, digitosque paululum adspersos in capite pueri tersit.

27) Noi intanto vestiti incominciamo a girare, dunque a scherzare (fare battute) per lo più e ad
avvicinarci ai circoli di chi giocava, quando improvvisamente vediamo un vecchio calvo, vestito di
una tunica rossa che giocava a palla tra i ragazzi con i capelli lunghi. Non tanto i ragazzi attirarono
noi allo spettacolo, sebbene ne valesse la pena, quanto il padre di famiglia che si allenava in ciabatte
(con i sandali) [soleatus] con la palla color verde porro [prasina]. Inoltre, né riprendeva quella che
aveva toccato terra, ma un servo aveva un cesto pieno che forniva ai giocatori. Notammo anche
cose insolite (nuove). Infatti due eunuchi stavano in piedi in una parte opposta del cerchio, dei quali
l’uno reggeva un vaso d’argento, l’altro contava le palle, non quelle che tra le mani rimbalzavano
durante il gioco ma quelle che cadevano a terra. Mentre ammiravano queste cose raffinate, accorre
Menelao e disse “qui è presso (chi) vi sdraiate per mangiare [cubitum ponitis] e vedete già l’inizio
della cena”. E Menelao già non parlava quando Trimalchione schioccò le dita: a quel segnale
l’eunuco gli piazzò sotto il vaso mentre gioca. Liberata la vescica, quello chiese l’acqua per le mani
e asperse le dita un poco, le asciugò sulla testa del ragazzo.

28) Era lungo raccogliere ogni singola cosa. E dunque entrammo nel bagno e, scaldati dal sudore
passammo, dopo un momento di tempo, (all’acqua) fredda. Trimalchione già spalmato di unguento veniva
asciugato non con asciugamani, ma con mantelli [palliis] fatti di lana morbidissima. Intanto tre
massaggiatori al suo cospetto, bevevano del falerno e versandone moltissimo mentre litigavano [rixantes],
Trimalchione diceva che questo era in suo onore. Quindi, avvolto in una coperta scarlatta, fu posto su una
lettiga, mentre lo precedevano quattro battistrada con le falere e da una carrozzina [chiramaxio], nella
quale veniva trasportata la sua delizia, un fanciullo vecchio, cisposo, più deforme del padrone Trimalchione.
Dunque mentre era portato via, un musicante si avvicinò alla sua testa con un piccolissimo flauto [tibiis] e
come se dicesse qualcosa di segreto, cantò per tutto il percorso. Noi lo seguiamo pieni di ammirazione
ormai e insieme ad Agammenone giungemmo alla porta, su cui era stato affisso un libello con questa
iscrizione: “qualunque servo uscirà fuori senza ordine padronale riceverà cento vergate.” Proprio
all’ingresso c’era un portiere con un abito verde, succinto con una cintura color ciliegia [cerasino] e in una
bacinella d’argento puliva i piselli. Sopra la soglia inoltre pendeva una gabbia d’oro, nella quale una gazza
variopinta salutava chi entrava.

29) Mentre mi stupisco di tutte le cose, caduto all’indietro, per poco non mi spezzai una gamba. Infatti a
sinistra per chi entrava non lontano dalla cella del portiere sulla parete era dipinto un cane immenso,
legato con la catena, e sopra con lettere quadrate era stato scritto “attenti al cane”. E i miei compagni
risero, io invece raccolto lo spirito, non desistetti dal perlustrare tutta la parete. Era stato dipinto anche un
mercato degli schiavi [venalicium] con i titoli, e lo stesso Trimalchione con i capelli lunghi teneva il caduceo
ed entrava a roma sotto la guida di Minerva. Qui, come per esempio avesse imparato a contare e fosse poi
diventato un dispensatore, il curioso pittore aveva riprodotto tutte le cose con l’iscrizione. Nella zona finale
ormai in verità, tiratolo per il mento, Mercurio lo rapiva su un alto seggio. Accanto vi era la fortuna copiosa
di un corno abbondante e tre Parche che filavano gli stami d’oro. Notai anche nel portico un gregge di
battistrada che si allenava con il maestro. Inoltre vidi nell’angolo un grande armadio nell’edicola del quale vi
erano collocati i Lari d’argento e una statua di marmo di Venere e una pisside d’oro non piccola, nella quale
dicevano che fosse conservata la sua barba. Dunque cominciai ad interrogare il portiere, quali pitture ci
fossero nel mezzo. “l’Illiade e l’Odissea” disse e il dono dei gladiatori di Lenate”.

30) non era possibile considerare molte cose. Noi ormai eravamo arrivati al triclinio, nella cui anticamera
[parte prima] l’amministratore raccoglieva i conti. E soprattutto ciò che mi meravigliò, sugli stipiti del
triclinio vi erano stati infissi dei fasci con le scure, la cui parte più bassa [imam] terminava con un rostro di
bronzo della nave, in cui era critto “a caio pompeo trimalchione, seviro augustale, il tesoriere cinnamo”. Dal
soffitto pendeva anche una lucerna a due becchi con sotto lo stesso titolo e due tavole fissate ad entrambi
gli stipiti [porte], delle quali l’una, sebben ricordo, aveva questo inscritto “il terzo e il giorno precedente le
calende di gennaio (30 e 31 dicembre) il nostro Gaio cena fuori” sull’altra erano dipinti il corso della luna e
sette immagini delle stelle. E quali fossero i giorni fasti e nefasti, erano evidenziati con bolle diverse. Ripieni
di questi piaceri mentre tentavamo di entrare nel triclinio, uno dei ragazzi che era stato collocato per
questo compito, esclamò “con il piede destro!” senza dubbio un po' trepidammo affinchè qualcuno di noi
non attraversasse la soglia contro l’ordine. Poi come movemmo parimenti i piedi destri, un servo spogliato
si gettò ai piedi a noi e iniziò a pregare, affiché lo liberassimo dalla pena: e che il suo errore non era grave
per il quale era esposto al pericolo [periclitaretur]. Infatti nel bagno era stato sottratto a lui il vestito di
tesoriere, che a stento valeva 10 sesterzi. Allora ritirammo i piedi destri e scongiurammo il tesoriere che
contava le monete d’oro nel suo sgabuzzino, affinchè rimettesse la punizione allo schiavo. Quello superbo
sollevò il volto e disse “mi muove non tanto la perdita (del vestito) quanto la negligenza di un servo
fannullone [nequissimi]. Ha smarrito il mio vestito da pranzo nel mio giorno natale un cliente mi aveva
donato, senza dubbio una porpora di Tyria, ma ormai lavata una volta sola. Quindi che devo gare? Ve lo
regalo.

31) obbligati da tanta generosità essendo entrati nel triclinio, ci venne incontro quello stesso servo per il
quale avevamo pregato e a noi che ci meravigliavamo [stupentibus], impose densi baci rigraziando [gratias
agens] per la nostra umanità e dice: “alla fine, saprete subito a chi avete concesso un favore, il
ringraziamento del cameriere è il vino del padrone”. Quindi infine ci stendemmo mentre i fanciulli
Alessandrini infondevano acqua gelida sulle mani e altri che seguivano ai piedi ci toglievano le pellicine con
grande abilità. E né in questo tanto molesto officio tacevano, ma cantavano mentre lavoravano [obiter]. Io
volli sperimentare se tutta la famiglia cantasse, e dunque chiesi da bere. Un fanciullo attentissimo mi servì
con un cantico non meno sgradevole e chiunque fu pregato di dare qualcosa. Avrsti creduto un coro da
pantomima non il triclinio di padre di famiglia. Tuttavia fu portta un antipasto molto raffinato, infatti ormai
tuttti erano distesi tranne il solo trimalchione al quale poi era riservato il luogo più alto secondo un nuovo
uso. Inoltre su un grande vassoio era stato posto un asinello di bronzo corinzio con una bisaccia che aveva
olive una in una parte bianca l’altra nere. Due piatti toccavano l’asino sui margini dei quali il nome di
tralchione era inscritto e il peso dell’argento. Anche dei ponticelli uniti [ferruminati] sostenevano dei ghiri
cosparsi di miele e di papavero. Vi erano anche delle salsicce che friggevano [ferventia] sopra una graticola
d’argento e sotto la graticola erano poste prugne siriane con chicchi di melograno.

32) Eravamo in queste prelibatezze, quando Trimalchione stesso fu portato a tavola e collocato tra cuscini
molto piccoli suscitò il riso agli imprudenti. Infatti la testa pelata usciva fuori da un pallio rosso e intorno
[circa] al collo già coperto dalla veste aveva infilato un tovagliolo orlato di rosso [laticlaviam] con frange
pendenti di qua e di là. Infatti aveva sul mignolo della mano sinistra un grande anello placcato d’oro
[subauratum] (non poteva portare un anello d’oro perché non era cavaliere), mentre [vero] sull’ultima
falange del dito seguente (l’anulare) uno più piccolo tutto d’oro, ma completamente intarsiato di ferro
come stelle. E per non ostentare soltanto questa ricchezza e denutò il braccio destro [lacertum] ornato da
un bracciale d’oro e da un cerchio di avorio chiuso da una lamina splendente.

33) Non appena ebbe pulito i denti con uno stuzzicadenti d’argento, disse “amici, non ero ancora in
comodo [suave]di venire nel triclinio, ma affinchè io assente più a lungo [diutius] non fossi per voi (motivo)
di ritardo, mi sono negato ogni piacere. Tuttavia permettetemi di finire il gioco.” Veniva dietro un fanciullo
con una tavola di legno di tebinto e con tessere di cristallo e notai la cosa più delicata di tutte. Infatti al
posto delle pedine bianche e nere aveva denari d’oro e d’argento. Nel frattempo mentre quello durante il
gioco consumava le parole di tutti i tessitori e a noi che ancora gustavamo fu portato un vassoio con una
cesta dove vi era una gallina di legno con le ali aperte verso terra, come sono solite quando covano le uova.
Subito si avvicinarono due servi e cominciarono a scrutare la paglia mentre la musica era assordante e dopo
che erano state estratte le uova di pavone le distribuirono ai convitati. Trimalchione girò la faccia a questa
scena e disse “amici, ho ordinato di mettere sotto la gallina le uova del pavone e per ercole temo che ci sia
già dentro il pulcino (non proprio così). Proviamo tuttavia se si possono bere. Si possono bere.” Noi
riceviamo dei cucchiai pesanti non meno di una mezza libbra e rompiamo le uova coperte di farina
impastata. Io per poco quasi lanciai la mia parte infatti mi sembrava che fosse già rassodato in un pollo. Poi
quando udii un vecchio convitato: “non so cosa ci debba essere di buono qui”, cercai il guscio con la mano e
trovai un grasso beccafico circondato dal tuorlo pepato.

34) Ormai Trimalchione, terminato il gioco, aveva chiesto tutte le stesse cose e a voce alta aveva dato la
facoltà [fecerat potestatem] se qualcuno di noi di nuovo volesse bere il vino mielato quando subito viene
dato il segnale dall’orchestra e nello stesso momento i piatti per gli antipasti [gustatoria] sono portati via da
un coro che cantava. In seguito, nel trambusto, essendo caduta per caso un’insalatiera [parapsis] e un
fanciullo avendola raccolta mentre giaceva a terra, trimalchione se ne accorse e ordinò che fosse
schiaffeggiato [obiurgari colpahis] il fanciullo e che l’insalatiera fosse di nuovo lanciata. Venne un
servo[supellecticarius] e incominciò a spazzare l’argento fra gli altri rifiuti. Quindi entrarono due etiopi con i
capelli lunghi con dei piccoli otri, simili a quelli che spargono la sabbia nell’anfiteatro, versarono il vino sulle
mani, nessuno offrì infatti l’acqua. Il padrone lodato per le cose eleganti disse: Marte ama il giusto. E così ho
ordinato che fosse assegnato a ciascuno una propria mensa. Nel frattempo i puzzolentissimi servi ci
daranno un fastidio minore con la loro presenza [frequentia]”. Subito furono portate delle anfore di vetro
con il gesso, sui colli delle quali erano affisse delle etichette con questa iscrizione “ Falerno Opimiano di
cento anni.” Mentre noi leggevamo le etichette, Trimalchione battè le mani e disse “ahimè dunque il vino
vive più a lungo di un omuncolo. Dunque inzuppiamoci le budella. Il vino è la vita. Offro un opiniamo
autentico. Ieri non ne ho offerto uno così buono e cenavano persone molto più oneste.” Dunque mentre
bevevamo e ammiravamo molto accuratamente le cose raffinate, un servò portò uno scheletro [lauram]
d’argento così adattato che le sue articolazioni e vertebre lussate si flettevano in ogni parte. Avendolo
gettato una volta e un’altra sulla mensa, avendo i legamenti mobili espresso diversi figure, trimalchione
aggiunse: “poveri noi, come tutto l’uomo non è niente, così saremo tutti, dopo che l’orco ci avrà portati via,
perciò viviamo finchè è consentito star bene”

35) Seguì la lode un vassoio non propriamente grande per l’attesa, la novità tuttavia attrasse gli sguardi di
tutti. Infatti il vassoio rotondo aveva 12 segni zodiacali disposti a cerchio, sopra le quali il cuoco [structor]
aveva posto il cibo proprio conveniente alla materia: sopra l’ariete un cece cornuto, sopra il toro una
bistecca di manzo, siopra i gemelli testicoli e reni, sopra il cancro una corona, sopra il leone un fico africano,
sopra la vergine una vulva, sopra la bilancia una bilancia in una parte della quale vi era una focaccia salata e
dall’altra dolce, sopra lo scorpione un piccolo pesce marino, sopra il sagittario un totano, sopra il capricorno
un’aragosta, sopra l’acquario un’oca, sopra i pesci due triglie. Nel centro inoltre una zolla strappata con
l’erba sosteneva un favo. Un ragazzo egiziano distribuiva il pane da un forno d’argento e infatti lo stesso
con una voce molto tetra rovinò il cantico dal mino di laserpizio. Quando noi intristiti ci avvicinammo a cibi
tanto vili, trimalchione disse “vi prego mangiamo. Il sugo della cena è questo”

36) Appena disse queste cose, accorsero a suon di musica quattro camerieri e sollevarono la parte
superiore di un vassoio. Fatto questo vediamo sotto, come in un’altra portata, pollame e pancetta e una
lepre adornata con le penne nel mezzo, così da sembrare un pegaso. Notammo anche intorno agli angoli
del vassoio quattro marsia, dagli otri dei quali scorreva una salsa pepata sopra i pesci, che nuotavano come
in un Euripo. Tutti diamo un applauso sollecitato dai servi e aggrediamo questi cibi sceltissimi ridendo. Non
meno anche Trimalchione lieto per questo scherzo [methodio] disse “prendi”. Avanzò subito un tagliatore e
gesticolando a suon di musica così squarciò la pietanza, così pensava di combattere un essedario mentre un
suonatore di organo idralico [hydraule] cantava. Non di meno Trimalchione incalzava con una voce
lentissima “squarcia squarcia”. Io sospettando che la parola ripetuta riguardasse un’altra spiritosaggine
[urbanitatem] non mi vergognai di interrogare colui che era sdraiato [accumbebat] accanto a me su questo.
E quello, che più spesso aveva guardato questi spettacoli del genere disse “vedi quello che squarcia le
pietanze, si chiama Carpo. E così ogni qualvolta dice squarcia, con la stessa parola lo chiama e lo comanda.”

37) non potei gustare qualcosa in più, ma rivolto verso di lui, per raccogliere quante più cose possibili,
cominciai a prendere il discorso da lontano e chiedere chi fosse quella donna che correva di qua e di là.
Disse “la moglie di trimalchione, si chiama fortunata, che misura il denaro a staio. [modio] e fino ad ora chi
è stato? Mi perdoni il genio tuo, tu non avrsti voluto ricevere il pane dalla sua mano. Ora, né perché né
come, è salita in cielo [abiit] ed è la persona fidata [topanta] di trimalchione. Insomma, se nello splendente
mezzogiorno lei gli dicesse che ci sono le tenebre quello le crederebbe. Lui stesso non sa quanto ha, tanto è
straricco, ma questa meretrice provvede a tutto, è dove non pensi. È secca, sobria, di buoni principi, vedi
soltanto oro, però è di male lingua, una garza da salotto. Ama chi ama, chi non ama non ama. Lo stesso
trimalchione ha tenute dove volano i nibbi [milvi], soldi su soldi. Nella cella del suo portinaio c’è più argento
di quanto qualcuno ha in sua fortuna. In verità la servitù cosa meravigliosa, penso che sia decima la parte
che non conosce il suo padrone. Insomma, uno qualsiasi di questi babbei lo avvolge nella foglia di ruta.

38) non è che pensi che quello compri qualcosa. Tutte le cose nascono in casa: lana, cedri, pepe. Se
chiedessi latte di gallina lo troveresti. Insomma, produceva lana per lui poco buona. Comprò arieti di
taranto e li fece accoppiare [culavit] nel gregge. Affichè si producesse miele attico in casa,ordinò che
fossero portate le api da Atene. Nel frattempo, anche quelle che sono locali sono rese un po' migliori dalle
greche. Ecco in questi giorni ha scritto, affichè a lui fosse mandato dall’india un seme di boleti. Infatti non
possiede nessuna mula che non sia nato da un onagro. Vedi tanti cuscini: nessuno non ha l’imbottitura o di
conchiglia o di scarlatto. C’è una così gande beatitudine dell’animo. Inoltre attento [cave] dal disprezzare gli
altri suoi colleghi liberti, sono molto ricchi. Vedi quello che è sdraiato in fondo sul letto di fondo: oggi
possiede i suoi ottocentomila. È cresciuto dal nulla. Fino a ieri era solito portare la legna sul suo collo. Ma
come dicono, io non so nulla, ma l’ho sentito, dopo aver rubato il pileo di un folletto, trovò anche un
tesoro. Io non invidio nessuno, se il dio ha dato qualcosa. Tuttavia c’è il segno di uno schiaffo e non vuole
per sé il male. E così da poco ha proclamato con questo cartello il cenacolo: Caio Pompeo Diogene affitta il
cenacolo dalle calende di luglio; infatti lui ha comprato la casa”. Che cosa di quello che giace nel posto del
liberto? Quanto bene ha avuto per sé stesso. Ma non lo critico. Vide un milione di sesterzi, ma vacillò male.
Non credo che lui abbia un capello libero né per ercole per colpa sua. Infatti non c’è un uomo migliore di lui.
Ma i liberti scellerati che portarono a sé tutte le cose. Ma sappi: la pentola degli amici bolle male, e non
appena la situazione è compromessa gli amici fuggono. Ed esercitò un’attività onesta, così ora lo vedi. Fu un
impresario di pompe funebri. Era solito cenare come un re: cinghiali in crosta, pasticci al forno, uccelli,
cuochi e pasticceri. Sotto la mensa veniva versato più vino di quanto qualcuno abbia nella cella. Fantasia,
non uomo. Compromessi anche tutti i suoi averi, temendo che i creditori non pensassero che lui stesse
fallendo, pubblicò un’asta con questo cartello: caio giulio proculo farà un’asta delle cose superflue.

39) Trimalchione interruppe dei racconti così tanto piacevoli. Ormai era stato già portato via il trionfo e i
commensali ilari per il vino avevano cominciato ad occuparsi dei discorsi pubblici. Dunque lui appoggiato
sul gomito disse “è importante che voi facciate soave questo vino. Si devono far nuotare i pesci. Chiedo, voi
pensate che io sia contento di quella cena che avete visto sul coperchio del vassoio? Così noto è ulisse? Che
cos’è dunque? Si deve anche conoscere la filologia durante la cena. Le ossa del mio padrone riposino bene.
Che volle che io fossi uomo fra gli uomini. Infatti niente di nuovo può essermi offerto, come quel trionfo ha
fatto esperienza. Questo cielo, nel quale abitano 12 dei, si trasforma in altrettanti segni zodiacali e così
diventa ariete. Così chi nasce sotto quel segno possiede molte pecore, molta lana, inoltre la testa dura, la
fronte spavalda, il corno acuto. Molti insegnanti e stalloni nascono in questo segno. Lodiamo la raffinatezza
dell’astrologo. Così aggiunge: poi tutto il cielo diventa un piccolo toro. Così nascono le calcitranti i bifolchi e
coloro che si pascolano da solo. Sotto i gemelli nascono invece le bighe, i buoi, i testicoli e quelli che
intonacano entrambe le pareti. Io sono nato sotto il cancro. E perciò io sto su molti piedi e possiedo molte
cose sia in mare che in terra. Infatti il cancro dispone [quadrat] bene di qua e di là. E così che non colloco
sopra quello niente, per non premere la mia nascita. Sotto il leone nascono i ghiottoni e i prepotenti. In
vergine le donne i fuggiaschi e quelli in ceppi. [compediti] sotto la bilancia i macellai, i profumieri e
chiunque pesi qualcosa. Sotto lo scorpione gli avvelenatori e gli assassini. Sotto il saggitario gli strabici e che
guardano le verdure e raccolgono il lardo. In capricorno i disgraziati ai quali per i loro mali nascono le corna.
Sotto l’acquario gli osti e gli zucconi, sotto i pesci chi fa la spesa e i retori. Così la ruota gira come una mola e
fa sempre qualche maleficio cosicchè gli uomini o nascono o muoiono. E perciò vedete nel mezzo una zolla
e sopra la zolla un favo, non faccio niente senza motivo. La terra madre sta nel mezzo arrotondato quasi
come un uovo e ha in sé tutte le cose buone come un favo.

40) stupendo gridiamo tutti insieme e alzate le mani al soffitto giuriamo che ipparco e arato non dovevano
essere confrontati con quegli uomini, fin quando non arrivarono dei servi e quindi stesero sui letti le
coperte, sulle quali erano dipinte delle reti dei cacciatori appostati con gli spiedi e tutta l’attrezzatura da
caccia. Non sapevamo dove inviare le nostre supposizioni, quando fuori dal triclinio si sollevò un enorme
clamore ed ecco i cani laconici cominciarono a correre intorno alla mensa. Seguì questi un vassoio nel quale
era stato collocato un cinghiale di prima grandezza, anche pileato, dalle cui zanne pendevano due cestini
intessuti di palme, pieni uno di datteri freschi l’altro di datteri secchi. Inoltre intorno porcellini più piccoli
fatti di pasta biscottata, quasi attaccati alle mammelle e indicavano che il cinghiale era femmina. E questi
furono anche doni da portare a casa. E inoltre per tagliare il cinghiale non venne quello squarcio che aveva
lacerato il pollame ma un grande uomo barbuto legato con delle fasce alle gambe adornato con un
mantello policromo e stretto un coltello da caccia colpì con violenza un lato del cinghiale dalla cui ferita
colarono via dei tordi. Erano Pronti gli uccellatori con le canne [harundinibus] e catturarono in un attimo gli
uccelli volanti intorno al triclinio. Dopo aver ordinato che a ciascuno fosse consegnato ad ognuno il suo,
trimalchione aggiunse: dunque vedete, quale ghianda raffinata mangiava quel porco selvatico. Dei fanciulli
si avvicinarono ai cestini che pendevano dalle zanne e divisero fra i convitati in parti uguali i datteri freschi e
i datteri secchi.

41) intanto io che avevo un ritiro privato, fui tirato in molti pensieri perché il cinghiale era entrato con il
pileo. Dopo che così ebbi consumato tutte le supposizioni, arrischiai a interrogare quel mio interprete su ciò
che mi tormentava. Ma lui “anche il tuo schiavo lo spiegherebbe chiaramente, non è infatti una cosa
enigmatica ma palese. Questo cinghiale, avendolo offerto ieri nella somma cena, fu mandato indietro dai
convitati e così oggi come un liberto ritorna nel banchetto. Condannai la mia ingenuità e non chiesi nulla di
più, affichè non sembrasse che non avessi mai cenato fra persone oneste. Mentre parliamo di queste cose,
un fanciullo grazioso, circondato con viti ed edere, per interpretare ora bromio ora lineo e euio, portò in
giro le uva con un cestino e interpretò le poesie del padrone con una voce molto acuta. Trimalchione
rivoltosi a questa melodia, disse: dioniso sii libero. Il fanciullo sottrasse il pileo al caprone e se lo mise sul
suo capo. Allora trimalchione aggiunse nuovamente e disse non negherete che io ho il padre libero.
Lodammo le cose dette di trimalchione e baciamo molte volte il fanciullo che girava attorno. Da questo
trionfo trimalchione si alzò per andare in bagno. Noi raggiunta [nacti] la libertà senza il tiranno
cominciammo a sollecitare i discorsi dei convitati. Dunque per primo Dama avendo chiesto dei boccali disse
“ non esiste il giorno. Mentre ti giri è notte. Così non c’è nulla di meglio che dal letto andare direttamente
nel triclinio. Abbiamo avuto un mondo di freddo. A stento il bagno mi ha riscaldato. Tuttavia una bevanda
calda è un vestito. Ne ho bevuto delle file e ora sono fradicio. Il vino mi è andato in testa.

42) seleuco prese parte al discorso e disse: io non mi lavo tutti i giorni, infatti il bagno è un lavandaio,
l’acqua ha i denti e il nostro cuore si consuma ogni giorno. Ma dopo che ho bevuto una tazza di vino
mielato, mando il freddo al diavolo [laecasin] né ho potuto lavarmi. Oggi sono stato ad un funerale. Un
uomo per bene e buono, Crisanto, ha esalato l’anima. Poco poco prima mi aveva salutato, mi sembra di
parlare ancora con lui. Oi, oi. Camminiamo come otri gonfiati. Siamo meno delle mosche, tuttavia le
mosche hanno qualche virtù, noi non siamo altro che bolle. e se non fosse stato astinente! Non ha messo in
bocca per cinque giorni l’acqua. Non una mollica di pane, tuttavia è andato ai più. I medici lo hanno fatto
morire o piuttosto la mala sorte, il medico è infatti nient’altro che una consolazione dell’animo, tuttavia p
morto bene, con un letto vitale con delle belle coperte. [stragulis]. È stato pianto molto bene, ne ha liberati
[manu mettere] alquanti, anche se la moglie cattivamente lo ha pianto male. Come se non l’avesse accolta
molto bene. Ma una donna che è donna è del genere degli avvoltoi. Non si dovrebbe fare nessun bene a
nessuno. E come se infatti lo buttassi in un pozzo ma l’amore che dura è un cancro.

43) Fu molesto e Filerote proclamò: ricordiamoci dei vivi. Quello ha, ciò che gli era dovuto: visse
onestamente ed è morto onestamente. Cosa ha di cui lamentarsi? È cresciuto da un’asse e fu pronto a
raccogliere con i denti [mordicus] un quadrante dallo sterco. Così crebbe qualunque cosa toccasse come un
favo. Per ercole penso che lui abbia lasciato centomila soldi ed ebbe tutte le cose in denaro. Tuttavia dirò il
vero della cosa, io che ho mangiato lingua di cane: fu di bocca dura, una mala lingua, fu la discordia, non un
uomo. Suo fratello fu forte, amico verso l’amico, di piena mano, di mensa ricca. E all’inizio cominciò a
pelare un uccello cattivo, ma la prima vendemmia aggiustò le sue ossa: vendette infatti il vino a quanto
volle. E ciò che gli fece sollevare il mento, ricevette un’eredità dalla quale prese più di quanto gli fu lasciato.
E quello sciocco, mentre era arrabbiato con suo fratello, non so a quale figlio della terra lasciò il patrimonio.
Fugge lontano chi fugge i suoi. Ebbe anche i servi oracolari, che lo rovinarono [pessum dederunt]. Quindi
non farà mai niente bene, chi subito dà fiducia, soprattutto un uomo che negozia. Tuttavia è vero che ha
goduto fin quando ha vissuto, a chi fu dato non a chi fu destinato. Chiaramente un figlio di fortuna nelle sue
mani il piombo diventava oro. È facile infatti, dove corrono tutte le cose quadrate (quando tutto fila liscio).
E pensi che quanti anni lui abbia portato con sé? Settanta e più. Ma era duro come il corno, portava bene gli
anni, nero come un corvo. Io avevo conosciuto l’uomo dai tempi dei tempi [olim oliorum] ed era ancora
lussurioso. Per ercole penso che lui non abbia lasciato in pace un cane. In verità c’era anche un pullario,
tutto un uomo per minerva. Non disapprovo, soltanto questo ha portato con sé.

44) Filerote disse queste cose, Ganimede quelle: “raccontate cose che non riguardano né il cielo né la terra,
e intanto nessuno si preoccupa di cosa l’annona morda. Per ercole, oggi non ho potuto trovare un boccone
di pane. E come persevera la siccità. Ormai sono stato un anno che desidero mangiare [esurio]. Accada del
male agli edili che colludono con i fornai: aiuta me, aiuterò te. Così il popolo minuto soffre; infatti queste
grandi mascelle festeggiano sempre i saturnali. Se avessimo quei leoni, che io ho trovato qui quando giunsi
per la prima volta dall’Asia, quello era vivere. Se il fior di farina della sicilia era inferiore e così poter
schiaffeggiare queste larve, cosìcche giove si adirava con loro. Ma mi ricordo di Safinio: allora abitava verso
l’arco vecchio quando ero fanciullo, un pepe non un uomo. Egli dovunque andasse, bruciava la terra. Ma
retto, ma certo, amico dell’amico con il quale potevi giocare alla morra [micare] nelle tenebre
audacemente. Nella curia invece come pelava i singoli o trattava, non parlava con le pose ma in maniera
diretta. Quando poi parlava nel foro, così la sua voce cresceva come una tuba. Né sudava né sputava mai.
penso che lui, non so, avesse qualcosa di asiatico. E come rispondeva al saluto benevolo, come ripeteva i
nomi di tutti, tanto quanto uno di noi. Così a quel tempo l’annona era come fango. Non avresti potuto
divorare con un altro l’asse di pane che avevi comprato. Ora mi sembra più grande un occhio di bue, ahimè
ogni giorno peggio. Questa colonia cresce all’indietro come la coda del vitello. Ma per quale ragione noi
abbiamo un edile di tre fichi secchi che per sé preferisce un asse alla nostra vita? Così gioisce a casa,
raccoglie in un giorno più denaro [nummorum] quanto un altro abbia come patrimonio. Ormai so da dove
ha raccolto mille denari d’oro. Ma se non avessimo gli attributi, lui non gioirebbe. Ora il popolo è in casa
leone fuori volpe. Per quanto mi riguarda ho già mangiato i miei panni e se persevera questa carestia
venderò le mie catapecchie. Che cosa accadrà, se né gli dei né gli uomini hanno pietà di questa colonia.
godo delle mie cose, cosìcchè penso che tutte quelle cose sono fatte dagli dei. Infatti nessuno giudica cielo il
cielo, nessuno rispetta il digiuno, nessuno fa giove di un baffo, ma tutti contano con gli occhi coperti i loro
beni. Un tempo le matrone andavano a piedi nudi sul colle, con i capelli sciolti, con le menti pure, e
imploravano l’acqua da giove. Allora così pioveva a catinelle: allora o mai più e tutti tornavano bagnati
come topi [mures] così gli dei hanno i piedi avvolti nella lana, perché noi non siamo religiosi. I campi stanno
lì.

45) ti prego disse enchione centonario parla meglio. “così e così”disse il contadino che aveva perso il maiale
pezzato. Quel che non è oggi sarà domani. Così la vita si trascina. Per ercole la patria non si può dire
migliore, se avesse gli uomini. Ma in questo tempo soffre, né questa è sola. Non dobbiamo essere delicati,
ovunque il cielo è comune. Se tu sarai stato altrove, diresti che qui passeggiano i maiali cotti. Ed ecco
stiamo per avere un dono magnifico in tre giorni di festa. I servi non istruttori di gladiatori [lanisticia] ma er
lo più liberti. Anche il nostro tito ha un animo generoso e ha una testa calda: o questo o quello qualcosa
sarà. Infatti sono il suo domestico, non è un pasticcione. Sta per dare il ferro migliore, senza fuga, affinchè
l’anfiteatro veda nel mezzo una carneficina. E ne ha motivo: Gli sono rimasti trecento sesterzi, suo padre è
morto male. Pure se spende quattrocentomila, il suo patrimonio non lo avvertirà e sarà ricordato in eterno.
Ormai ha anche alcuni mani e una donna che combatte sul carro e il tesoriere di glicone che è stato
scoperto mentre si dilettava con la sua padrona. Vedrai la rissa del popolo fra gli zeloti e gli amanti. Anche
glico, un uomo di un sesterzo, diede alle bestie un tesoriere. Questo è trascinarsi da solo, quale errore ha
commesso il servo? Che cosa è stato costretto a fare? Quel piccolo vaso fu più degno di essere lanciato di
un toro. Ma chi non può l’asino, bastona la sella. Come glicone pensava che la figlia di ermogene avrebbe
fatto una buona riuscita [exitum]? Quello poteva tagliare le unghie a un avvoltoio mentre volava: il
serpente non offre una corda. Glicone, glicone ha dato il suo. Così per quanto tempo vivrà avrà lo stigma,
che solo l’orco cancellerà. Ma ognuno sbaglia per sé. Ma suppongo perché Mammea darà un pranzo per
noi, due denari a me e ai miei. Se farà questo, toglierà a norbano tutto il favore. Sappi che è necessario che
questi vinca a gonfie vele. Che cosa ha fatto di buono per noi? Ci ha dato i gladiatori da due soldi e decrepiti
che se soffiassi cadrebbero. Ho visto in passato dei bestiari migliori. Ha ucciso dei cavalieri da lampada, li
avresti ritenuti dei galletti; uno un mulo da soma, l’altro lento. Un gladiatore morto come morto, che aveva
i nervi recisi. Soltanto un trace ebbe una qualche capacità [flaturae] anche lui combatteva secondo le
regole. Insomma, tutti furono frustati: così avevano ricevuto dalla grande folla “dateli” gente davvero nata
per fuggire. Disse “tuttavia ti ho dato un dono” e io ti applaudo. Conta, e a te do più di quanto ho ricevuto
una mano lava l’altra.

46) Agamennone mi sembra che tu dica “che blatera questo scocciatore?” perché tu che puoi parlare non
parli. Non sei della nostra stoffa e perciò deridi le parole dei poveri. Sappiamo tu sei fissato per la
letteratura. Dunque che c’è? Un altro giorno ti persuaderò affinchè tu venga nella villa e tu veda le nostre
catapecchie. Troveremo qualcosa da mangiare, un pollo, delle uova: sarà bello, anche se quest’anno la
tempesta ha sconvolto [pallavit] tutte le cose : dunque troveremo di cosa saziarci [saturi] e già un mio
monello cresce per te. Già divide per quattro. Se vivrà avrai al tuo fianco uno schiavetto. Infatti c’è del
tempo per lui [vacat]non solleva la testa dalla tavoletta. È ingegnoso e un buon figlio, anche se è
appassionato di uccellini. Io già ho ucciso per lui tre cardellini e ho detto che li ha mangiati la faina. Tuttavia
ha trovato altre sciocchezza [nenias] e dipinge con grande piacere. Per il resto dà un calcio [impingit] al
greco e comincia a imparare non male il latino, nonostante il suo maestro sia caro a se stesso né rimane in
un solo posto, ma viene, dammi le lettere, ma non vuole lavorare. Ma vi è anche un altro non colto ma
curioso che insegna più di quanto sa. Così nei giorni festivi è solito venire a casa ed è contento qualunque
cosa tu gli dia. Infatti ora ho comprato al ragazzo qualche libro di legge, poiché voglio che lui assapori
qualcosa del diritto ad uso domestico. Questa cosa ha del pane. Infatti si è già imbrattato abbastanza con le
lettere. Se lui si ritraesse da ciò, ho stabilito che lui impari un mestiere o barbiere o banditore o avvocato,
perchè nessuno può portarlo via se non l’orco. E così ogni giorno grido a lui: primigenio, credimi, qualunque
cosa impari la impari per te. Vedi l’avvocato filerone: se non avesse imparato, oggi non allontanerebbe la
fame dalle labbra. Fino a poco fa portava intorno al suo collo fardelli da vendere, e ora si protende anche
contro norbano. Le lettere sono un tesoro, e il mestiere non muore mai.”

47) vibravano discorsi di tal genere, quando trimalchione entrò e detersa la fronte lavò le mani con un
unguento e dopo una breve pausa disse “amici, scusatemi, ormai da molti giorni il mio intestino non mi
risponde. E i medici stessi non si trovano. Mi ha giovato tuttavia la scorza di melograno e la resina del pino
dall’aceto. Tuttavia spero che imponga a sé il vecchio pudore. Intorno allo stomaco diversamente mi
brontola, lo giudichi un toro. Se qualcuno di voi volesse fare i suoi bisogni, non c’è nulla di cui vergognarsi.
Nessuno di noi è nato senza buchi [solide]. Ritengo che non ci sia nessun tormento maggiore che
trattenersi. Solo questo giove non può vietare. Ridi, Fortunata, che di notte non mi fai dormire? Tuttavia
non vieto a nessuno di fare nel triclinio ciò che giova a sé. E i medici vietano di trattenersi. O se qualcosa di
più grande viene, fuori sono stati preparati tutte le cose: l’acqua, i pitali e altri piccoli accessori. Credetemi,
se il gas intestinale va in testa e in tutto il corpo produce un flusso. So che così sono morti molti, mentre
non vogliono dirsi la verità. Ringraziamo per la sua generosità e indulgenza e subito dopo tratteniamo il riso
con sorsatine di vino. Né non sapevamo ancora di affaticarci nel mezzo, come dicono, della collina delle
prelibatezze. Infatti a suon di musica ripulite le mense, tre maiali bianchi furono portati nel triclinio forniti di
museruola e campanelli, dei quali uno diceva il nomenclatore che era di due anni, il secondo di tre anni e il
terzo ormai di sei. Io pensavo che fossero entrati gli acrobati [petauristaius] e i maiali, come è costume nei
circhi, stessero per fare qualcosa di portentoso. Ma trimalchione svanita l’attesa disse “chi di questi volete
che sia nella cena subito? Infatti fanno il galletto lo spezzatino e le sciocchezze della campagna. i miei
cuochi sono soliti fare anche i vitelli cotti nella pentola [aeno]. E immediatamente ordinò che sia chiamato il
cuoco e senza aspettare la nostra scelta ordinò che fosse ucciso il più vecchio e con voce alta “di quale
decuria sei?” avendo quello risposto di essere della quarantesima disse “sei comprato o sei nato in casa?” il
cuoco disse nessuna delle due cose, ma per testamento di Pansa sono stato lasciato a te. Disse vedi
dunque, come poni le cose diligentemente, altrimenti, ordinerò che tu sia buttato nella decuria dei
battistrada. E il cuoco così, avvisato del potere condusse in cucina la pietanza.

48) trimalchione invece guardò verso di noi con volto mite e disse se non vi piace il vino, lo cambierò.
Bisogna che voi lo rendiate buono. Per beneficio degli dei non compro, ma ora qualunque cosa fa
l’acquolina, nasce da quel suburbano, che io non conosco ancora. Si dice che sia al confine con terracina e
taranto. Ora voglio unirmi alla sicilia con i campi, quando vorrò andare in africa navigherò attraverso i miei
territori. Ma tu raccontami agamennone, quale controversia hai declamato oggi? Io anche se non faccio
cause, tuttavia ho imparato le lettere per uso domestico. E affichè tu non pensi che io provi fastidio per gli
studi, ho tre biblioteche, una greca l’altra latina. Dunque dimmi se mi ami il tema della tua declamazione.
Avendo agamennone detto: un povero e un ricco erano nemici, disse trimalchione che cos’è povero?
Agamennone disse “raffinato e non so quale controversia espose”.trimalchione subito “se questo è il fatto
non è una controverisa, se non è un fatto, allora non è.” Mentre noi accompagnavamo queste e altre cose
con lodi effusissime disse “o carissimo agamennone, chiedo, ricordi forse le dodici fatiche di ercole o la
storia di ulisse o di come a lui il ciclope storse il pollice con un tronchesino? Ero solito da fanciullo leggere
queste cose in omero. Infatti proprio io ho visto con i miei occhi la sibilla a Cuma pendere in un’ampolla e
poiché i ragazzi le dicevano “sibilla cosa vuoi?” quella rispondeva morire voglio.

49) non ancora aveva esalato tutte le cose, quando un vassoio con un maiale grande occupò la mensa. Noi
cominciammo ad ammirare la velocità e a giurare che nemmeno un galletto potesse essere cotto tanto
velocemente, tanto più che di gran lunga il maiale ci sembrava che fosse più grande di quel grosso cinghiale
di poco prima. Poi sempre più trimalchione guardandolo disse che cosa che cosa questo porco non è stato
sviscerato non è per ercole. Chiama chiama il cuoco nel mezzo. Il cuoco triste essendosi fermato presso la
mensa e avendo detto di aver dimenticato di sviscerarlo, trimalchione esclamò cosa? Dimenticato? Pensi
che quello non abbia messo il pepe e il cumino. Spogliatelo.” Senza indugio, il cuoco viene spogliato e triste
sta fermo fra due torturatori. Tutti cominciarono a chiedere indulgenza tuttavia e a dire “è solito accadere;
ti preghiamo lascialo andare. E se dopo lo farà nessuno di noi pregherà per lui.” Io di crudelissima severità,
non potei trattenermi ma inclinato verso l’orecchio di agamennone dissi “sicuramente qui il servo
dev’essere un buon buono a nulla [nequissismus] qualcuno dimenticasse di sviscerare un maiale per ercole
non lo perdonerei anche se gli fosse sfuggito un un pesce. Ma non trimalchione che rilassato il volto in un
sorriso disse “dunque, poiché sei di cattiva memoria, davanti a noi evisceralo.” Il cuoco raccolta la tunica
afferrò un coltello e con la timida mano tagliò il ventre del porco da una parte all’altra. E immediatamente,
dalle ferite che crescevano per l’inclinazione del peso furono versate salsicce con funghi.

50) dopo questo meccanismo la servitù applaudì e gridò “viva gaio” e così anche il cuoco fu onorato di una
bevuta e di una corona d’argento, e ricevette una tazza su un vassoio corinzio che avendola agamennone
guardata più da vicino, trimalchione disse “sono il solo ad avere le vere corinzie. Mi attendevo, per la solita
insolenza che dicesse che i vasi gli erano portati da corinto. Ma lui ancora meglio disse “forse ti chiedi
perché sono il solo a possedere i veri corinzi: poiché è evidente [scilicet] il bronzista dal quale compro si
chiama corinto. Che cosa significa corinto se non colui che ha corinto?” e affinchè non pensiate che io sia un
ignorante, so perfettamente dove per prima siano nati i vasi corinti. Quando Ilio fu occupata, annibale,
uomo scaltro e molto furbo, raccolse in un solo rogo tutte le statue di bronzo di oro e di argento e le
incediò. E divennero un’unica miscela di bronzo. Così da questa massa i fabbri porsero e fecero scodelle
piatti e statuine. Così nacquero i corinzi, da tutto in uno, né questo né quello. Perdonate a me ciò che dirò:
io preferisco per me le cose di vetro, sicuramente non puzzano, perché se non si rompessero le preferirei a
loro, anche se sono spregevoli.

51) ci fu anche un fabbro che realizzò una coppa di vetro che non si rompeva. Ammesso dunque da cesare
con il suo dono poi fece restituire da cesare e la lanciò per terra. Cesare si spaventò molto più di quanto si
potesse. Ma quello raccolse la coppa da terra. Era lesionata come un vaso di bronzo. Poi estrasse un piccolo
martello dalla tasca e aggiustò la coppa con tranquillità. Fatto questo pensava di tenere con sé il testicolo di
giove, in ogni modo dopo gli disse “chi altro conosce questa fabbricazione [condituram] di vetro?” vedi
bene, dopo che ebbe negato, cesare ordinò che fosse decapitato. Poiché infatti se fosse risaputo noi
considereremmo l’oro uno sterco.

52) sono un appassionato delle cose d’argento. Ho delle tazze da urna più o meno cento: in che modo
cassadra uccide i suoi figli, i fanciulli morti giacciono cosicchè li crederesti vivi. Ho mille tazze che rummio
mi lasciò al patrono, dove Dedalo rinchiude Niobe nel cavallo di troia. Infatti ho sulle tazze le battaglie di
ermerote e petraite, tutte pesanti. (potete) comprendere che non vendo a nessun prezzo il mio. Mentre
riferisce queste cose, un fanciullo fa cadere un calice. Guardandolo trimalchione disse “picchiati da solo
presto, perché sei un buono a nulla.” Subito il fanciullo con la testa abbassata (cominciò) a pregare. Ma lui
disse “perché mi implori. Come se io fossi molesto a te. Ti prego, chiedi a te stesso di non essere un buono
a nulla.” Infine pregato da noi, diede al fanciullo il perdono. Quello dimesso, corse intorno alla mensa. E
gridava l’acqua fuori il vino dentro. Raccogliemmo la raffinatezza dello scherzono, e prima di tutti
Agamennone che sapeva per quali meriti si era richiamati a cena. Inoltre trimalchione lodato bevve
contento e ormai prossimo all’ubriachezza: disse “nessuno di voi chiede alla mia fortunata di ballare?
Credetemi nessuno conduce meglio il cordace. (una danza). E egli stesso, sollevate sopra la testa le mani,
imitava l’istrione sirio mentre tutta la servitù diceva in coro madeia perimadeia. E sarebbe avanzato al
centro, se fortunata non si fosse avvicinata all’orecchio. Credo che gli avrà detto che così umili frivolezze
non si addicevano al suo grado. Niente era così ineguale. Infatti ritornava delle volte alla sua fortunata, altre
volte al suo istinto.

53) e sicuramente il segretario interruppe il desiderio del ballo il quale recitò gli atti della città. Il 26 luglio
nel podere cumano che è di trimalchione, sono nati trenta fanciulli, quaranta fanciulle. Sono stati portati
nel granaio dall’aia 500mila mogi di frumento e 500 buoi aggiogati. Nello stesso giorno il servo mitridate è
stato messo in croce, perché aveva maledetto il genio del nostro gaio. Nello stesso giorno è stato portato
nella cassaforte quello che non potè essere collocato, 10 milioni di sesterzi. Nello stesso giorno: scoppiò un
incendio negli orti di pompei,, sorto dalle case del contadino nasta. Disse trimalchione “cosa? Quando per
me furono comprati gli orti a pompei? Disse il segretario “l’anno scorso e dunque non sono venuti in conto.
Trimalchione si infiammò e disse “qualunque fondo sarà stato comprato per me se entro sei mesi, non lo
so, vieto che siano portati nei miei conti. Anche ormai recitati gli editti degli edili e i testamenti delle
guardie forestali nei quali trimalchione veniva diseredato con una clausola. Ormai i nomi dei contadini e
una liberta ripudiata da una guardia, sorpresa in compagnia di un balneatore e il nome di un maggiordomo
relegato a baia; ormai un dispensatore colpevole e un processo concluso fra camerieri. Infine arrivarono gli
acrobati. Un balordo molto insulso si fermò con le scale e ordinò ad un ragazzo di recitare poesie [odaria]
ogni gradino fino alla sommità. Infine ordinò di passare attraverso i cerchi ardenti e di sostenere un’anfora
con i denti. Solo trimalchione ammirava queste cose e diceva che era un mestiere ingrato. Inoltre, diceva
che ci sono nelle cose umane due cose che guardava molto volentieri: gli acrobati e i suonatori di corno. Le
altre cose, gli animali, concerti erano semplici fastidi. Disse “infatti ho acquistato dei commedianti ma ho
preferito quelli che rappresentano l’atellana e ho ordinato al mio suonatore di flauto di cantare latino.

54) mentre diceva soprattutto queste cose quel fanciullo precipitò di trimalchione. La servitù gridò, non
meno i convitati, non per un uomo tanto puzzolente, di cui avrebbero visto rotto volentieri anche il collo,
ma per il cattivo finale della cena, di non avere la necessità di piangere un morto estraneo. Lo stesso
trimalchione essendosi lamentato gravemente, ricadde sulle braccia come se fosse ferito, accorsero i
medici, e tra i primi fortunata con i capelli sciolti e con un calice, si proclamava misera e infelice. Infatti il
fanciullo che era caduto già camminava intorno ai nostri piedi e chiedeva perdono. Era per me pessimo, che
con queste preghiere venisse chiamato un colpo di scena. Infatti non avevo dimenticato ancora quel cuoco
che aveva dimenticato di eviscerare il maiale. Cominciai a guardare intorno a tutto il triclinio, perché non
uscisse dalle pareti una macchina, soprattutto quando un servo cominciò ad essere frustrato, che aveva
avvolto il braccio contuso del padrone con la lana bianca invece di rossa. Il mio sospetto non sbagliava di
molto, infatti invece della punizione arrivò un decreto di trimalchione con cui ordinò che il fianciullo fosse
liberato, affinchè nessuno potesse dire che un uomo tanto importante fosse stato ferito da un servo.

55) Noi approviamo il fatto e commentiamo con un discorso vario che le cose umane sono sul precipizio.
Così disse trimalchione “questo fatto non può passare senza epigramma. Subito chiese le tavolette e con
una riflessione non lunga recitò questi versi contorti: quello che non aspetti accade da una parte all’altra, e
sopra di noi la fortuna cura le azioni. Ragazzo, perciò versaci il vino falerno.” Da questo epigramma
cominciò ad esserci una conversazione di poeti e a lungo la somma della poesia rimase nelle mani di mopso
trace, fino a quando trimalchione disse “maestro ti chiedo che differenza pensi che ci sia tra cicerone e
publilio? Io penso che l’uno sia stato più eloquente l’altro più onesto. Infatti che cosa può essere detto di
meglio? Le mura di marte marciscono nelle fauci della lussuria. Per il tuo palato un pavone è allevato al
chiuso, rivestito da un tappeto d’oro babilonese, per te una gallina della numidia, per te un cappone. Anche
una cicogna, cara ospite straniera, cultrice di pietà dalle zampe sottili, che batte il becco [crotalistria].
Uccello esule dell’inverno segno del tempo tiepido (primavera) fece il nido nella pentola della tua
dissolutezza. Perché a te è cara la perla, la perla indiana? Forse perché [ut] la matrona ornata da gioielli
[falerii] del mare sollevi i piedi senza essere domata in un letto estraneo? A che cosa mira lo smeraldo verde
prezioso vetro? Perché desideri le pietre infuocate di cartagine? Se non perché l’onesta scintilli dai rubini? È
giusto che una sposa indossi un tessuto fatto di vento per mostrarsi apertamente nuda in una nuvola di
lino?

56) disse “ ma dopo le lettere quale artificio riteniamo che sia più difficile? Io penso il medico e il
cambiavalute: il medico che sa cosa gli omiciattoli hanno sotto le budella e quando arriva la febbre, anche
se io li odio moltissimo, perché mi ordinano che sia spesso preparata l’anatra; il cambiavalute, che vede il
bronzo attraverso l’argento. Infatti fra gli animali muti i più laboriosi sono i buoi e le pecore: i buoi, grazie ai
quali mangiamo il pane; le pecore perché con la loro lana ci facciamo gloriosi. E un delitto indegno,
qualcuno mangia la pecora e ha la tunica. Infatti io giudico le api bestie divine che vomitano il miele, si dice
che lo prendano da giove; anche se pungono, perchp dovunque c’è il dolce lì troverai anche l’amaro.” E già
ormai faceva precipitare i filosofi, quando cominciarono a distribuire dei biglietti da lotteria [pittacia] in una
tazza e un fanciullo preposto a questo, recitava dei versi [apophoreta]. “Argento accoppato, fu portato
coppa [perna] sopra la quale vi era posta una acetiera. “guanciale” e fu portato un pezzo di guanciale.
“salacità e melanconia” furono portate dei cibi secchi [xero] di sale e una bacchetta [cintus] con una mela.
“chiodini e turchese” ricevette un chiodo e un coltello “passeri e acchiappamosche” uva passa e mile attico.
“gastronomico e forense” ricevette un pezzetto [offlam] e tavolette- canaglia e pedata: furono portati una
lepre e una suola. Murena e lettera: ricevette un topo legato ad una rana e un fascio di bieta. Ridemmo a
lungo di queste ce ne furono seicento, che ormai sono cadute dalla nostra memoria.

57) Poi ascilto, di un’intemperanza smodata, poiché prendeva in giro tutte le cose,sollevate le mani, e
rideva fino alle lacrime, uno dei colliberti di trimalchione andò su tutte le furie, quello stesso che era
sdraiato accanto a me e disse “stupido che ridi? Forse non ti piacciono le raffinatezze del mio padrone? Tu
infatti sei più felice e sei solito mangiare meglio. io ho la tutela propizia di questo luogo, cosicchè se gli fossi
sdraiato accanto a lui gli avrei chiuso la bocca belante [balatum]. Bel frutto, chi ride degli altri, non so quale
vagabondo, nottambolo che non vale il suo ozio. Infine, se io orinassi intorno a lui, non saprebbe dove
fuggire. Per ercole, non sono solito infervorarmi presto, ma i vermi nascono nella carne molle. Ride. Che ha
da ridere? Forse il padre ha comprato un capretto con una moneta? Sei cavaliere romano: e io figlio di un
re. “dunque perché hai servito?” poiché io ho dato me stesso in servitù e ho preferito essere un cittadino
romano che un tributario. E così spero di vivere ora, così da non essere scherno per nessuno. Sono un uomo
tra gli uomini, cammino con il capo alto. Non devo a nessuno un asse, non ho mai avuto una citazione,
nessuno nel foro mi ha detto “restituisci ciò che devi”. Ho comprato delle zolle, ho ricavato soldi; nutro
venti bocche ed un cane. Ho riscattato la mia convivente affinchè nessuno si pulisca le mani sui suoi capelli.
Ho sborsato mille denari per la mia testa. Sono diventato seviro gratis, spero morire così così da non
arrossire da morto. Tu invece sei tanto laborioso da non vedere dietro di te? Vedi in un altro la pagliuzza,
non vedi in te il trave. Solo a te sembriamo ridicoli; ecco il tuo maestro un uomo anziano gli piacciamo. Tu
sei un lattalonzolo e non dici né mu né ma, sei un vaso fittile, dunque una striscia di cuoio [lorus] nell’acqua
più lenta non migliore, tu sei più felice, mangi due volte, ceni due volte. Io preferisco la mia fedeltà ai
tesori. Insomma, qualcuno mi ha chiesto due volte? Ho servito per quarant’anni. Tuttavia nessuno sapeva
se fossi servo o libero. E da fanciullo con i capelli lunghi sono venuto in questa colonia; la basilica non era
stata ancora costruita. Tuttavia mi sono impegnato affinchè soddisfacessi il padrone, un uomo molto
maestoso e dignitoso, un’unghia del quale valeva più di te tutto intero. E avevo in casa chi mi opponeva il
piede qui e lì; tuttavia, grazie al suo genio, ho notato. Queste sono veramente fatiche. Infatti è tanto facile
nascere libero quanto vieni qui. Perché ora ti stupisci come un caprone tra le lenticchie?

58) dopo questa battuta gitone, che stava ai piedi, sbottò in un riso anche indecente che aveva a lungo
represso. Essendosi accorto di ciò l’avversario di ascilto, rivolse rimprovero verso il fanciullo e disse “anche
tu ridi, cipolla con i riccioli? Evviva i saturnali, chiedo, è il mese di dicembre? Quando hai contato la
ventesima? Che cosa fa un boccone da forca, cibo dei corvi? Curerò che giove sia arrabbiato già con te, e a
questo che non ti comanda. Così che io diventi sazio di pane, cosicché dono questo al mio colliberto.
Altrimenti immediatamente ti avrei immediatamente ripagato. Noi abbiamo bene (stiamo bene), ma questi
bravi che non comandano a te. Chiaramente tale il padrone tale il servo. Mi mantengo a stento, non sono
una testa calda di natura, ma quando ho cominciato, non do due monete a mia madre. Ti vedrò fuori, topo,
tubero di terra in verità. Non cresco né verso l’alto né verso il basso, se non ho ridotto il tuo padrone in una
foglia di ruta, non risparmierò neanche te, per ercole è lecito che tu invochi giove olimpio. Farò in modo
che sia lontano da te questa parrucca di scarso valore e il tuo padrone da due soldi. Bene, mi verrai sotto i
denti: o io non mi conosco o tu non deriderai, va bene abbi una barba d’oro. Sia atena arrabbiata con te,
provvederò e chi per primo fece “vieni qui su”. Non ho imparato la geometria, la critica e le sciocchezze e
ira, ma conosco le lettere lapidarie, dico cento parti per un asse, libri o sesterzi. Infine, se vuoi qualcosa, io e
te una piccola scommessa: avanti, io metto la posta. Ormai saprai che tuo padre ha perso il pagamento
sebbene tu conosca anche la retorica. Ecco: quale di noi vengo in lungo e vengo in largo? Risolvimi? E poi ti
dirò quale parte nostra corre e non si muove dal luogo e quale parte di noi cresce e diventa più piccola.
Corri, stupisci, ti affanni come un topo nell’orinatoio. Dunque o taci o non voglio molestare uno migliore,
chi non pensa che tu sia nato. Se non pensi che io mi curi di anelli di legno dorato [buxeos] che ha rubato ad
una tua amica. Mercurio [opp] sia propizio! Andiamo nel foro e prendiamo in prestito del denaro. Così
saprai che questo ferro gode di fiducia. È una bella cosa la volpa bagnata. Così faccia guadagno e muoia così
bene che il popolo giuri per la mia morte, se non ovunque io perseguiterò te con la toga rovesciata. Una
bella cosa e questo che ti insegna queste cose, un ciarlatano non un maestro. Noi abbiamo imparato, infatti
il maestro diceva “le vostre cose sono salve? Dritto a casa. Stai attento a non guardati attorno, stai attento a
non maledire uno più grande. Ma ora un grande confusione: nessuno risulta di due soldi. Io, per come tu mi
vedi, ringrazio gli dei per il mio mestiere.

59) ascilto aveva iniziato a rispondere all’insulto, ma trimalchione dilettato dall’eloquenza del colliberto
disse “suvvia allontanate l’alterco dal centro. Sia piuttosto dolce e tu ermerote risparmia il fanciullino. Gli
bolle il sangue, sii migliore tu. Sempre in queste situazioni vince chi è vinto. E tu essendo (quando eri) un
cappone, non avevi nessun cervello. Dunque siamo, perché è meglio, ilari come l’inizio e guardiamo gli
omeristi. Entrò subito la compagnia e battè gli scudi con le aste. Lo stesso trimalchione si sedette su un
cuscino e poiché gli omeristi parlavano tra di loro con versi greci, come sono soliti insolentemente, lui con
voce sonora leggeva un libro latino. Fatto subito silenzio disse “sapete quale storia mettono in scena?
Diomete e ganimede furono due fratelli. Loro sorella era elena. Agammenone la rapì e sostituì una cerva a
diana. Così ora omero racconta in che modo combattono tra di loro troiani e parentini. Vinse sicuramente e
diede in moglie ad achille sua figlia ifigenia. Per questa cosa diventa pazzo e subito manifesterà la prova.
Quando trimalchio disse queste cose, gli omeristi sollervarono un grido, mentre la servitù correva di qua e
di là fu portato un vitello lesso in un vassoio di duecento libbre e per di più con l’elmo. Venne dietro un
aiace con la spada impugnata, come se fosse impazzito, lo tagliò e ora dritto ora rovescio muovendo la
punta della spada [mucrone] raccolse e distribuì il vitello a quelli che ammiravano.

60) non fu concesso ammirare a lungo artifici tanto eleganti; infatti improvvisamente i soffitti cominciarono
a scricchiolare [sonare] e tutto il triclinio rimbombò. Io costernato mi alzai ed ebbi paura, che un acrobata
discendesse attraverso il tetto. Né meno gli altri convitati che erano meravigliati sollevarono il volto
attendendo quale novità fosse annunciata dal cielo. Ecco allora, dischiusi i soffitti immediatamente un
grande cerchio, è evidente, tolto da una grande botte e per tutta la sua circonferenza pendevano corone
d’oro con unguenti con alabastro. Mentre ci viene ordinato di prendere questi ricordini, guardando alla
mensa già lì era stato collocato un vassoio con alcune focacce, il cui centro occupava priapo fatto da un
pasticciere, secondo l’uso nel grembo sosteneva frutti di tutti i generi e uve. Più avidamente stendemmo le
mani verso l’abbondanza e improvvisamente un’ennesima messa in scena scherzosa riportò qui il riso.
Infatti tutte le focacce e tutti i frutti toccati con un piccolo colpo cominciarono a versare lo zafferano e
l’odore sgradevole arrivava fino alla faccia. Dunque pensando che il vassoio [fericulum] asperso di un
ingrediente religioso fosse sacro, ci alzammo in piedi in alto e dicemmo “AD Augusto, padre della patria
salute”. Tuttavia anche dopo questa venerazione c’erano quelli che prendevano i frutti e noi stessi
riempimmo i tovaglioli, io soprattutto che ritenevo di non donare troppo per riempire il grembo di gitone.
Tra queste cose entrarono tre fanciulli succinti con tuniche bianche, due dei quali collocarono sopra la
mensa i lari con i medaglioni [bollati], l’uno portando intorno la tazza di vino gridava “gli dei siano propizi” e
diceva anche che uno si chiamava cerdone, il secondo felicione e il terzo guadagnano. Anche noi in verità
non potemmo non baciare l’immagine dello stesso trimalchione poiché tutti ormai lo avevano baciato già,
arrossimmo.

61) dunque dopo che tutti desiderarono per sé la buona mente e la buona salute, trimalchione si rivolse a
nicerote e disse “tu eri solito stare più piacevolmente nel banchetto; non so perché ora taci e non parli. Ti
prego, così da vedermi felice, racconta ciò che a te è capitato. Nicerote dilettato dall’affabilità dell’amico
disse “possa tutto il guadagno oltrepassarmi se non ormai schiatto dalla contentezza perché ti vedo così. E
così siano straordinari i divertimenti, anche se temo che questi intellettuali ridano di me. Vedranno: tuttavia
io racconterò. Che cosa mi importa chi ride? È meglio essere risi che essere derisi. Dette queste parole,
cominciò tale racconto: ”quando ancora servivo abitavamo in un vicolo stretto, ora lì c’è la casa di gavilla. Lì
come gli dei vogliono, cominciai ad amare la moglie dell’oste terenzio>: la conoscevate melissa di taranto,
la bellissima grassottella. Ma io per ercole non mi interessa lei per il corpo o per le ricchezze, ma
soprattutto perché era per bene. Se le ho chiesto qualcosa non me l’ha mai negato. Ebbi un mezzo soldo, lo
depositavo nella sua tasca, non sono stato mai ingannato. Il suo consorte morì in villa. E così con lo scudo e
con la gambiera feci e disfeci, per poter giungere in qualunque modo da lei. Infatti gli amici si vedono nel
bisogno.

62) “per caso il padrone era andato a capua per vendere i cenci eleganti. Io cogliendo l’occasione persuado
il nostro ospite a venire con me fino al quinto miglio. Era infatti un soldato forte come un orco. Noi andiamo
via quasi al canto del gallo, la luna splendeva come a mezzogiorno. Giungemmo tra le tombe: il mio uomo
cominciò a farla presso le lapidi, ma io canticchiando contavo le lapidi. Poi non appena guardai il mio
compagno di viaggio, quello si svestì e pose tutti i vestiti lungo la strada. La mia anima era nel naso, stavo
come un morto. Ma quello orinò sui suoi vestiti, e subito diventò un lupo. Non pensate che io giochi, per
mentire faccio il patrimonio di niente. Ma, ciò che avevo cominciato a dire, dopo che si trasformò in lupo,
cominciò ad ululare e fuggì nei boschi. Io all’inizio non sapevo dove fossi, poi mi avvicinai per raccogliere i
suoi vestiti, quelli invece erano diventati di pietra. Chi è morto di paura se non io? Io impugnai la spada e
zac zac tagliai le ombre, fino a quando non giunsi alla casa di campagna della mia amica. Entrai nella casa,
esalai quasi l’anima, il sudore mi scendeva per il fondoschiena, gli occhi da morto, infine a stento mi ripresi.
La mia melissa iniziò a meravigliarsi, perché andassi in giro così tardi. E disse “se fossi venuto prima, ci
avresti almeno aiutati. Un lupo infatti è entrato nella casa e uccise tutte le pecore come un macellaio.
Tuttavia non ha riso, anche se è fuggito. Infatti un nostro servo ha attraversato il suo collo con una
lancia.”quando udii queste cose, non potei più a lungo chiudere occhio, ma fatto giorno, fuggii alla casa del
nostro gaio come l’oste ripulito. E dopo che giunsi in quel luogo nel quale i vestiti erano diventati di pietra
non trovai niente se non sangue. Quando arrivai a casa il mio soldato giaceva nel letto come un bue e un
medico curava il suo collo. Compresi che era un lupo mannaro [versipellem], né dopo con quello ho potuto
mangiare del pane, anche se mi avesse ucciso. Gli altri pensino ciò che vogliono di questo: io se dico una
bugia, io abbia adirati i vostri geni.

63) tutti attoniti per la meraviglia: trimalchione disse “rispetto il tuo discorso, se vi è una qualche fiducia, i
peli mi si sono drizzati, perché so che necerone non racconta sciocchezze: dunque è serio e per niente
linguacciuto. Infatti io stesso vi racconterò una storia orribile: l’asino sul tetto. Quando ero ancora
capellone, infatti da fanciullo ho vissuto una vita di chio (tra feste e divertimenti), morì il delicato del nostro
padrone, per ercole una gemma, sdraiato a letto e pieno di numeri. Dunque mentre la madre misera lo
piangeva e allora molti di noi essendo nel lutto, subito cominciarono le streghe: penseresti che un cane
insegua una lepre. Avevamo allora un uomo della cappadocia, alto, molto coraggioso e forte poteva
sollevare un bue inferocito. Questo impugnata con coraggio la spada, corse fuori dalla porta, con la mano
sinistra con cura, e attraversò a metà una donna come in questo luogo, sia salvo ciò che tocco. Sentimmo
un gemito, e sicuramente non mento, non le vediamo. Allora il nostro gigante giratosi si buttò sul letto, e
aveva tutto il corpo livido come colpito dai flagelli, sicuramente una mano cattiva l’aveva toccato. Noi
chiusa la porta ritornammo all’officio, ma mentre la mamma abbracciava il corpo di suo figlio lo toccò e vide
un manichino fatto di paglia. Non aveva il cuore, non intestini, niente: era chiaro che le streghe avevano
portato via il fanciullo e lo avevano sostituito con un fantoccio di paglia. Vi chiedo, mi dovete credere, ci
sono donne che la sanno lunga, sono le notturne, e fanno in giù quello che è su. Inoltre, quel gigante lungo
dopo questo fatto non fu più del suo colore, anzi dopo pochi giorni morì pazzo.

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