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Intelligenza Artificiale Da Leibniz Ai R
Intelligenza Artificiale Da Leibniz Ai R
CORSO DI LAUREA IN
FILOSOFIA DELLA CONOSCENZA E DELLA COMUNICAZIONE
Intelligenza Artificiale
Da Leibniz ai robot
Introduzione 1
Capitolo I
Calcolare il pensiero 4
Leibniz 4
Boole 6
Frege 7
Turing 9
Capitolo II
La macchina di Turing 10
Il gioco dell'imitazione 12
Il calcolatore adatto 15
Turing e il cervello 16
Le conclusioni di Turing 21
Capitolo III
Cervelli a transistor 23
Capitolo IV
Il demone di Searle 27
IA forte e IA debole 27
La stanza cinese 28
Le repliche 30
L'intenzionalità e simbolo 32
Contro il dualismo 34
Ancora sull'intenzionalità 35
Searle sofista 38
Capitolo V
Intelligenza Robotica 41
Robot 47
Roboetica 49
Conclusioni 53
INTRODUZIONE
L'intelligenza artificiale è oggetto di studio di molte discipline, tanto che intorno ad essa si
tecnica è affidata agli ingegneri; le sue implicazioni sono strettamente filosofiche e i suoi
Il termine intelligenza artificiale (da ora in avanti, per brevità, IA) risale al dibattito iniziale
Fra i primi a credere che fosse possibile costruire una macchina che sostituisse l'uomo
anche nelle attività intellettuali troviamo uno dei più grandi matematici e filosofi dell'epoca
moderna, Leibniz.
Leibniz pensava che l'uomo potesse affidare le operazioni meccaniche e ripetitive a delle
calcolatrici e dare così alla mente umana la possibilità di dedicarsi ad attività nuove e creative,
Pascaliana (macchina addizionatrice costruita dal filosofo francese Pascal) che implementava
anche l'operazione di moltiplicazione (inoltre Leibniz credeva che tutto il pensiero fosse
1
universale, si tratta di Babbage e della sua Macchina Analitica.
definirsi universale. Il suo funzionamento non dipendeva soltanto dalla sua struttura hardware
ordinata di operazioni da compiere) che veniva passato tramite schede perforate, proprio come
quelle usate nei telai degli opifici per determinare la trama del tessuto.
Sfortunatamente Babbage non riuscì mai a completare la sua Macchina Analitica a causa
Tratteremo in questa tesi l'evoluzione del dibattito intorno alla possibilità di costruire
Le posizioni fondamentali in questo dibattito sono quella di Turing, secondo cui se una
macchina appare intelligente possiamo dire che lo è realmente; quella di Searle, che critica la
ma sono realmente intelligenti; e ancora quella che vede l'IA come una cosa possibile nel
tempo, in cui le macchine costruiranno la loro intelligenza immergendosi nel mondo con un
Se in fondo alla posizione di Turing troviamo il dualismo che vede la mente come uno
schema logico che usa il corpo biologico come supporto materiale, ma è perfettamente
astraibile per essere installato su un altro tipo di supporto, allora possiamo dire che la tesi di
fondo di Searle è monista: l'intelligenza è determinata da poteri causali nel nostro cervello.
La terza posizione che sembra andare contro Searle, in quanto crede nella possibilità di
un'IA e di una Coscienza Artificiale nel senso “forte”, è in realtà a sua volta una tesi monista.
Un programma in quanto tale non ha semantica e si limita a manipolare simboli formali, come
2
programmi che conoscono il mondo attraverso vari organi di senso artificiali che collegano i
tante, ma dove si trova la linea che divide la fantasia dalla scienza? Ogni giorno che passa la
tecnologia sembra far pensare che quella fantasia in realtà fosse solo lungimiranza.
3
CAPITOLO I
CALCOLARE IL PENSIERO
Leibniz
Tra gli ingegneri, quando si parla della storia dei calcolatori i più si fermano a ricordare
von Neumann e Turing, altri arrivano anche a parlare della macchina analitica di Babbage, ma
solo in pochi risalgono indietro nel tempo a Pascal o Leibniz dando loro, magari,
un'importanza marginale per quanto riguarda la storia degli odierni calcolatori, e forse far
dimenticare loro la stretta relazione tra gli odierni computer e la calcolatrice di Pascal (la
calcolatrice di Leibniz che faceva tutte le operazioni algebriche è proprio questo anglicismo,
Quello che più lega soprattutto l'informatica moderna alle calcolatrice di Leibniz è proprio
l'idea che ne sta alla base, tanto che si può dire che Leibniz fu il padre dei fondamenti
dell'informatica, infatti la sua idea era quella di costruire una macchina che svolgesse con
Con una macchina calcolatrice “uomini eccellenti” per il loro ingegno avrebbero potuto
liberarsi dalla noia di fare i calcoli e affidarli a chiunque sapesse usare una macchina
calcolatrice.
Fu proprio così che Leibniz costruì, con un meccanismo tutto suo, la sua calcolatrice basata
4
sulla “ruota di Leibniz”.
artificiale in particolare, è la sua Dissertatio de arte combinatoria1 del 1666, in cui propone di
costruire un alfabeto (caratteristica) dei pensieri umani e scoprire gli strumenti adatti a
Questo alfabeto che doveva raccogliere il pensiero umano in tutta la sua estensione, detto
anche caratteristica universale (differente dalla caratteristica reale in cui ogni simbolo
rappresentava un'idea ben definita come nella chimica o nell'astronomia), era secondo Leibniz
uno strumento utile al potenziamento del pensiero umano. I ragionamenti potevano essere
trattati con un rigore matematico che li rendeva più precisi, più esatti, permettendo di
La sua convinzione era che uno dei segreti dell'algebra fosse proprio l'uso corretto della
Per la realizzazione del suo progetto era necessaria prima un'enciclopedia che contenesse
tutto ciò che è conosciuto dall'uomo, poi in base a questa si dovevano scegliere le nozioni
Una volta costruito l'alfabeto, poi, necessitava ridurre le regole deduttive a manipolazioni
di questi simboli, quello che noi oggi chiamiamo logica simbolica e Leibniz ieri chiamava
5
qualsiasi discussione si potevano scomporre i pensieri e ordinarli e vedere le loro relazioni.
Se crediamo che il pensiero umano possa essere formalizzato e calcolabile, allora il passo è
breve all'idea che questo può essere calcolato da una macchina calcolatrice a vedere in ciò gli
Boole
La maggior parte dei nostri ragionamenti non sono di tipo sillogistico, ma si avvalgono di
quelle che Boole chiama «proposizioni secondarie, cioè proposizioni esprimenti relazioni fra
altre proposizioni»,4 come nella seguente conversazione, in cui Joe e Susan ragionano su dove
6
A= Il libretto degli assegni di Joe è ancora nella tasca della sua giacca6
e quindi possiamo scrivere questo ragionamento in modo da rendere evidente il suo carattere
inferenziale:
PREMESSE
Se L, allora T
Non T
S&G
Se S&G&N, allora A
N
CONCLUSIONI
Non L
7
A
Potremmo continuare a seguire il lavoro di Boole nella formalizzazione che diviene
estremamente astratta di questo ragionamento, ma quanto visto basta per capire il suo lavoro.
Grazie a questo modo di scrivere il ragionamento non sillogistico della conversazione, salta
Frege
Con l'algebra booleana, Davis dice, si va oltre la logica Aristotelica, ma si è ancora lontani
da quello che avrebbe voluto realizzare Leibniz. Solo Frege riuscirà con un lavoro analogo a
quello di Boole a trovare un alfabeto che permetta di formalizzare ogni tipo di frase.
L'opera in cui Frege espone la formalizzazione matematica del pensiero, proprio come
importanza possiamo rilevare già dal sottotitolo: Linguaggio in formule del pensiero puro
6 Ibidem pag 56
7 Ibidem pag 56
8 G. Frege, Begriffsschrift, eine der arithmetischen nachgebildete Formelsprache des reinen Denken, Halle a.
S., 1879 trad. it Ideografia, in G. Frege, Logica e aritmetica, a cura di C. Magione, Boringhieri, Torino, 1967
7
modellato su quello dell'aritmetica.
mentre per Boole le correlazioni fra proposizioni potevano essere espresse a loro volta da
proposizioni («secondarie»), Frege comprese che queste correlazioni potevano essere usate anche per
analizzare la struttura di una singola proposizione, e ne fece il fondamento della sua logica.9
Così possiamo analizzare la singola proposizione “Tutti gli uomini sono mortali” usando la
mortale”. Questa proposizione può essere scritta ancora più stenograficamente (e ancora in
(∀x)(u(x) → m(x))
dove:
∀ è il simbolo che sta per il quantificatore universale che può essere letto come “ Tutti” o
“Per ogni”;
In questo modo Frege costruiva quello che Davis considera l'antenato degli odierni
Questa formalizzazione però non permette di ricavare con certezza se una conclusione
segua in generale da certe premesse o meno, e per questo ancora non è possibile quel calculus
ratiocinator leibniziano.
8
Turing
altri matematici oltre quelli citati (da Russell a Hilbert a Gödel), portò Turing a costruire la
La grande innovazione di Turing, non fu solo quella di aver progettato una macchina che
costruito una “Macchina di Turing Universale” (MTU) capace di simulare le normali MT.
Per la prima volta con la MTU il programma e i dati non coincidevano con la macchina
stessa.
Questo tipo particolare di macchina era detta quindi programmabile, ovvero di volta in
volta era capace di eseguire una lista di operazioni logiche diversa, ovvero programmi diversi.
Se la macchina naturale che calcola il pensiero nella sua forma naturale è il cervello, allora
possiamo dire che una MTU che calcola il pensiero formalizzato matematicamente simula il
cervello.
9
CAPITOLO II
La macchina di Turing
Alan M. Turing nel suo tentativo del 1936 di rispondere al problema della decisione di
l'astrazione di un nastro, infatti questo è monodimensionale, biinfinito (si può scorrere avanti
I simboli dell'alfabeto di MT sono finiti (Σ={ s1, s2, ..., sn }) e si indica con s0 la cella
vuota.12
10 Turing Alan M., On Computable Numbers, with an Application to the Entscheidungsproblem, «Proceedings
of the London Matematical Society» (2), vol. 42, 230-65 (1937);
11 Questo tipo di supporto di immagazzinamento dati non è dei migliori dal punto di vista delle prestazioni.
Turing si accorse che il nastro, come ogni altro tipo di supporto sequenziale (i dispositivi di memorizzazione
sequenziale sono tutti quei dispositivi la cui lettura deve partire dall'inizio e arrivare fino al punto desiderato
un passo alla volta) erano troppo lenti, e sarebbe stato meglio sostituirlo con un dispositivo di
memorizzazione diretto (la lettura di una determinata area è possibile direttamente spostando la testina su
quell'area)
12 L'alfabeto finito usato nella Macchina di Turing, è binario, i simboli sono “cella piena” e “cella vuota”.
10
Per la lettura e scrittura dei simboli sul nastro la MT utilizza una testina mobile che
“osserva” una cella alla volta. I movimenti della testina sul nastro sono tre: spostamento a
operazioni che può compiere su ogni singola cella sono due: lettura e scrittura. La
cancellazione della cella in realtà è la sovrascrizione del simbolo s0 sul simbolo già presente
sul nastro.
paragonabile allo stato mentale dell'uomo durante una procedura di calcolo, e dipende dalle
operazioni precedenti.
La MT può assumere uno stato interno q0, q1, …, qn (uno e solo uno alla volta); il numero
La combinazione tra lo stato interno e il simbolo in lettura della testina in quel dato
altro simbolo; spostamento della testina su una delle celle immediatamente adiacenti (la prima
Le istruzioni che una MT può eseguire sono rappresentabili secondo una quintupla formata
dalla configurazione e seguita dall'operazione che la macchina deve svolgere quando si trova
L'insieme di istruzioni formano una tavola della MT; è necessario che non ci sia la
eseguire.
11
Il calcolo si ferma quando arrivati ad una determinata configurazione non segue alcun'altra
operazione e si arriva alla configurazione finale con la testina che si sposta al centro e la MT
ha come stato interno q0 (questo stato interno non è indispensabile, si potrebbe costruire una
L'input è già impresso sul nastro all'avvio della MT, mentre l'output è quello che rimane sul
Per convenzione la testina della MT è posizionata all'avvio sulla prima cella a sinistra con
Ogni tavola può essere rappresentata da un numero descrittivo, ottenuto con una
Il gioco dell'imitazione
Secondo Alan Turing sì. La mente non sarebbe altro che un sistema logico supportato da
Tale convinzione secondo Hodges14 potrebbe derivare dalla sua prima lettura scientifica,
13 Tra le MT distinguiamo quelle bloccate da quelle senza blocco. Le prime sono macchine che terminano le
loro operazioni, mentre le seconde continuano per un tempo indefinito. Un classico esempio di MT senza
blocco è quella di una macchina che deve calcolare la successione di cifre decimali di un numero irrazionale
come π, perché appunto continuano a calcolare all'infinito senza mai arrestarsi. Le macchine bloccate invece
sono MT che terminano le loro operazioni. Turing chiama soddisfacenti quei numeri descrittivi
corrispondenti alle macchine senza blocco, viceversa sono per lui insoddisfacenti i numeri corrispondenti a
macchine bloccate.
14 Hodges Andrew, Alan Turing: The Enigma, Touchstone Book-Simon & Schuster, New York, 1984; trad. it.
12
quando all'età di dieci anni lesse Natural Wonders Every Child Should Know,15 in cui si poteva
leggere:
Il corpo, naturalmente è una macchina. Una macchina estremamente complessa, molte e molte volte
più complicata di qualunque macchina che sia stata fatta dalle mani dell'uomo; ma pur sempre una
macchina.16
Queste parole valevano anche per il cervello, che nel libro veniva descritto come una
macchina a combustione interna, il cui carburante non sarebbe altro che l'ossigeno.
Turing spiega così il “gioco dell'imitazione”, conosciuto oggi come test di Turing, in cui un
giocatore (l'interrogante) deve fare domande ad altri due giocatori di cui non conosce nulla. I
scoprire con le sue domande chi sia l'uomo e chi la donna; ha contatti con loro solo tramite
bigliettini che non lasciano intuire il sesso dei giocatori (l'interrogazione non avviene
oralmente per evitare che il tono della voce falsi l'esperimento, ma tramite carta o con una
telescrivente).
Compito dei giocatori è ovviamente non far vincere l'interrogante, mettendosi d'accordo su
chi dei due debba essere il mentitore che risponde come farebbe proprio l'altra persona. Per
esempio possiamo decidere che l'uomo è il mentitore e questo dovrà sforzarsi di rispondere il
Storia di un enigma: vita di Alan Turing (1912-1954), Bollati Boringhieri, Torino, 1991
15 Edwin Tenney Brewster, Natural Wonders Every Child Should Know.
16 Hodges, p.21
17 Turing Alan M., Computing Machinery and Intelligence, Mind, vol. 59, 433-60 (1950); trad. it. Macchine
calcolatrici e intelligenza, in V. Somenzi (a cura di), La filosofia degli automi, Bollati Borienghieri, Torino,
1994
13
più possibile come farebbe una donna, mentre la donna può rispondere semplicemente
d'istinto. Così le domande più esplicite verranno scartate giacché se l'interrogante chiedesse il
sesso dei giocatori entrambi risponderebbero che il loro sesso è femminile, e all'interrogate
non resta che lavorare di fantasia per trovare domande che svelino il mentitore.
Turing a questo punto suggerisce di mettere al posto del mentitore umano un calcolatore
digitale a rispondere. Turing si chiede se l'interrogante stavolta abbia più successo nel capire
chi sia la persona e chi il computer. Questa domanda per lui è sostitutiva a quella originale: le
Turing capisce subito che questa riformulazione esplicita il problema sotteso dalla
Il nuovo problema ha il vantaggio di tirare una linea di separazione abbastanza netta tra le capacità
fisiche e quelle intellettuali di un uomo.18
Infatti le domande che possono essere fatte devono basarsi su ogni campo della conoscenza
umana, dato che i giocatori (umano e calcolatore) possono entrambi dichiarare attributi fisici
umani e non è possibile per l'interrogante richiedere una dimostrazione empirica di questa
affermazione.
Secondo Turing l'unica obiezione che si può fare a questo gioco è che la macchina si trova
nello svantaggio di non essere imitabile dall'uomo per la sua perfezione, ma una macchina
La migliore strategia per la macchina è quella di formulare risposte quanto più possibile
18 Turing, p. 168
14
Il calcolatore adatto
L'articolo di Turing procede con la descrizione del tipo di macchina migliore per questo
Il calcolatore digitale come un calcolatore umano deve seguire delle regole fisse, senza
Probabilmente Alan Turing quando si riferiva al calcolatore umano doveva pensare a «le
ragazze della stanza grande», personale femminile non qualificato, che svolgevano il lavoro
d'ufficio durante la Seconda Guerra Mondiale nei laboratori di calcolo,19 proprio come delle
calcolatrici. Il loro servizio era di fondamentale importanza per il lavoro di Turing, tanto che
egli fu tra i firmatari di una richiesta di personale di questo tipo a Winston Churchill.20
i compiti loro assegnati, senza sapere minimamente a cosa servissero. Questo era ciò che
affascinava Alan: che delle persone potessero collaborare a qualcosa di intellettualmente difficile
senza alcun bisogno di usare la propria mente.21
Le capacità del calcolatore digitale sono ben definite dalla sua struttura hardware, ma noi
19 Durante la Seconda Guerra Mondiale, Turing, lavorò al Government Code and Cypher School (GCCS) per
decifrare le intercettazioni delle comunicazioni dei militari tedeschi che utilizzavano un complesso metodo di
crittografia basata sulla macchina Enigma con l'aggiunta di un quadro di commutazione alfabetica.
Turing ebbe il compito di organizzatore del lavoro della Baracca 8, l'ufficio in cui risiedeva la mente del
GCCS, e non si impegnò soltanto dell'algoritmo per decrittare i messaggi, ma anche sul fronte ingegneristico,
20 Hodges, p.289
21 Hodges, p. 277
15
La quantità di memoria è una delle caratteristiche più importanti per il calcolatore digitale,
che deve poter immagazzinare quanti più dati possibili per avere «stati mentali» più
complessi.22
Per «stati mentali» dobbiamo intendere gli stati in cui si trova la macchina di Turing ad
ogni operazione.
Ogni comportamento del calcolatore è determinato in un momento dato dai simboli che sta
Gli stati mentali sono numerosi ma finiti (secondo la concezione materialista della
ammettessimo un'infinità di stati mentali, alcuni di essi sarebbero «arbitrariamente vicini» fra loro,
e quindi confusi.25
Il calcolatore digitale può avere anche un elemento casuale, col quale può confondere le
idee dell'interrogante dando risposte sbagliate. Questo elemento di casualità portò molti ad
affermare che la macchina possa essere provvista di libero arbitrio, ma Turing è contrario
Turing e il cervello
Per costruire un cervello elettronico Turing cerca delle analogie tra il sistema nervoso
centrale e le potenzialità del calcolatore. Turing osserva con attenzione il processo che ha
22 Hodges, p. 144
23 Hodges, p. 144
24 Hodges, p. 148
25 Hodges, p. 144
26 Turing 1950 p. 172
16
condotto il cervello di un uomo adulto al suo stato attuale.
Cercando di imitare una mente umana adulta siamo tenuti a riflettere parecchio sul processo che
l'ha condotta allo stato in cui si trova. Possiamo notare qui tre componenti: a) lo stato iniziale della
mente, diciamo alla nascita; b) l'educazione cui è stata sottoposta; c) altre esperienze, che non possono
venir descritte come educazione , che essa ha vissuto.27
Per meglio spiegare come si possa dare la mente ad un cervello elettronico Turing propone
di elaborare un programma che non miri a simulare una mente adulta, ma quella di un infante
per sottoporla poi a un appropriata istruzione, così che si possa evolvere “naturalmente”.
di quelli che si comprano dai cartolai»,28 con molta carta bianca e poco di scritto nasce, forse
Capite ora perché dovete andare a scuola per cinque ore al giorno, e sedere su un duro banco a
studiare materie ancor più dure, mentre tanto più volentieri ve la svignereste per andare a nuotare? E'
così che potete costruire nel vostro cervello questi puntini che servono a pensare (...) Si comincia da
giovani, quando il cervello è ancora in crescita: con anni di lavoro e di studio, lentamente si formano
sopra l'orecchio sinistro i puntini del pensiero che poi dovremo usare per il resto dei nostri giorni.29
Questa concezione della macchina cervello permette a Turing di immaginare una macchina
con installato solo lo stretto necessario perché impari dal suo istruttore e dall'esperienza,
I difetti fisici della macchina, come la mancanza di un sistema visivo o motorio, non sono
rilevanti, basta trovare il processo educativo adeguato, proprio - ricorda Turing - come fu fatto
27 Ibidem p. 189
28 Turing 1950, p. 189
29 Hodges, p. 21
17
con Helen Keller,30 ragazza divenuta cieca e sorda 19 mesi dopo la nascita che conseguì
Il metodo dei premi e delle punizioni, secondo Turing, non è un metodo sufficiente per
In Macchine calcolatrici e intelligenza Turing risponde alle obiezioni che fino a quel
momento erano state mosse alla possibilità di creare una macchina pensante.
Turing non ammette le obiezioni di tipo teologico33 ed antropocentrico che vogliono l'uomo
come unico essere dotato di intelligenza, vuoi per costituzione biologica vuoi per grazia
L'obiezione matematica riprende il suo lavoro sui numeri computabili e sul problema della
decisione di Hilbert come argomento contro la possibilità da parte delle macchine di pensare.
30 http://it.wikipedia.org/wiki/Helen_Keller
31 Turing 1950, p. 190
32 Turing 1950 p. 176
33 Nonostante Turing sia stato fermamente ateo, rispose all'obiezione teologica affermando che l'Onnipotenza
divina potrebbe dare anche un'anima immortale alle macchine, noi non lo possiamo escludere.
18
Alcuni risultati della logica matematica possono essere utilizzati per dimostrare che le
macchine discrete hanno dei limiti. Il teorema di Gödel è uno di questi, e dimostra che in ogni
sistema logico possono essere formulati degli enunciati che non possono essere né dimostrati
né confutati all'interno del sistema stesso, queste proposizioni sono dette indecidibili.
Inoltre lo stesso Turing era arrivato a questo risultato nel 1936 in On Computables
Questo è il risultato matematico: si sostiene che esso dimostra un'incapacità della macchina alla
quale l'intelletto umano non è soggetto.34
Turing risponde che non è mai stata dimostrata l'illimitatezza delle capacità dell'intelletto
umano. Il fatto che a delle domande critiche la macchina risponda in modo errato, non deve
darci un senso di superiorità, infatti anche gli uomini non possono rispondere.
Jefferson afferma che fin quando una macchina non baserà i suoi output su delle emozioni
neurochirurgo, e sa che le emozioni hanno il potere di far secernere alle ghiandole degli
Secondo Turing il punto di vista di Jefferson conduce al solipsismo, in cui per «essere
19
sicuri che una macchina pensa è quello di essere la macchina e di sentire se stessi pensare».36
Per spirito comune Turing preferisce non ammettere alcuna forma di solipsismo e accettare
che tutti pensiamo e modifica il gioco dell'imitazione nel gioco dell'esame orale, in cui un
solipsistiche.37
Inoltre Turing argomenta la sua risposta sulla capacità della macchina di scrivere un
Io non credo neppure che si possa porre un limite e scartare l'ipotesi dei sonetti, anche se l'esempio
è un po' ingiusto, in quanto un sonetto scritto da una macchina potrà essere apprezzato al meglio solo
da un'altra macchina.38
Un po' come per Wittgenstein: se un leone potesse parlare, noi non potremmo capirlo.39
Lady Lovelace, prima programmatrice in assoluto nella storia a cui si deve il linguaggio di
programmazione assembly, che riferendosi alla macchina analitica di Babbage affermò che
questa non aveva nessuna capacità creativa, ma poteva solo eseguire i nostri ordini, qualsiasi
cosa le ordinassimo.
20
Turing crede che questa affermazione sia determinata dalla macchina analitica e dal tipo di
macchine esistenti all'epoca di Lady Lovelace, che non potevano di certo incoraggiare a
Una riformulazione di questa obiezione può essere che la macchina non può fare qualcosa
L'obiezione che questa sorpresa non dipenda dalla macchina, ma dal programmatore
Le conclusioni di Turing
Il gioco dell'imitazione fondava la sua validità sul fatto che se riusciva, ovvero se
l'intelligenza artificiale è possibile, che le macchine possono pensare e che quel calcolatore
può essere definito come cervello elettronico; infatti se la macchina mostra una parvenza di
Quando una macchina appare comportarsi come un essere umano, allora tanto vale dire che si
comporta come un essere umano.41
21
Un altro esempio utilizzato da Turing, e che rafforza la sua tesi, è quello delle macchine
Formalizzando le strategie del gioco degli scacchi era possibile programmare una
programma.
Un programma che simuli un campione di scacchi non era solo idea di Turing, ma di molti
matematici.
Per Turing però un «giocatore-schiavo»42 era un calcolatore che sapeva realmente giocare a
scacchi, niente più, o niente meno, di un giocatore umano. Forse il giocatore-schiavo avrebbe
avuto il vantaggio di eseguire le mosse (sempre vincenti) più rapidamente del suo avversario,
Una volta programmata per giocare la macchina può essere utilizzata proprio come se43
giocasse a scacchi.
La macchina imita il cervello, ed è quello che vuole Turing, una macchina che imiti il
comportamento del cervello. Il calcolatore può apprendere, può giocare a scacchi, può
Il cervello del neonato non è altro che una macchina disorganizzata che sarà ordinata
facoltà innata, non può essere quindi per il cervello elettronico un impianto elettrico già
42 Hodges, p.278
43 Hodges, p. 427
22
CAPITOLO III
CERVELLI A TRANSISTOR
dichiarazioni rilasciate nel corso di interviste esplicita la sua intenzione di costruire una
macchina che simuli il cervello, non di costruirne uno elettronico, nel senso più materiale
dell'espressione. La sua idea era quella di creare una macchina che imitasse l'uomo nel
pensiero e non nella struttura biologica (nonostante il suo enorme interesse per la biologia e la
No, non mi interessa arrivare a fare un cervello potente. Quello che vorrei ottenere è soltanto un
cervello mediocre, diciamo come quello del presidente dell'American Telephon and Telegraph
Company 44
Inoltre nella stessa occasione Turing aveva parlato dell'idea che il suo collega matematico e
Shannon non vuole dare solo dei dati al suo Cervello, vuole dargli cultura! Vuole offrirgli della musica!45
neurofisiologica di quei tempi, che reputa molto primitiva, in quanto non era ancora chiaro se
44 Hodges, p. 329
45 ibidem
46 Shannon Claude, Calcolatore e automi, in V. Somenzi (a cura di), La filosofia degli automi, Bollati
Borienghieri, Torino, 1994
23
Questa incertezza era dovuta all'osservazione della struttura causale del cervello: il
di un modello del cervello debba essere preceduta da un un modello di un cervello con una
struttura media.
Il problema dell'IA quindi sembra spostarsi, almeno per Shannon e altri matematici,
sull'hardware anziché sul software, ovvero sulla costruzione di una macchina che possa
Per le conoscenze di quel periodo, sia nel campo della neurologia che nel campo della
organizzazione strutturale (casualità della configurazione dei neuroni nel sistema nervoso
contro il preciso cablaggio e assemblaggio dei componenti elettronici); nel caso del cervello il
Altra differenza che rende il cervello diverso da un calcolatore è data dall'affidabilità del
primo nel tempo rispetto al secondo. Il cervello può funzionare per anni senza casi di
La differenza di organizzazione logica già ha a che fare con le facoltà del cervello di
organizzare e classificare gli input, mentre con i calcolatori tutto fila liscio fin quando si tratta
problemi.
senso, che nonostante possano essere ricreati artificialmente non danno al calcolatore un
47 Shannon, p. 95
24
contatto col mondo reale diretto, ma tramite «uno spazio astratto di numeri e di operazioni sui
numeri».48
definitivamente come elemento base del sistema nervoso il neurone, compara quest'ultimo
con i corrispettivi artificiali: tubi a vuoto e transistor. In questa analisi von Neumann ricava
differenze più dettagliate di quanto aveva fatto Shannon, le mette in relazione e trae
Se per Shannon il cervello umano era superiore alla macchina per efficienza a lungo
termine, per von Neumann l'efficienza può essere considerata in termini di affaticamento e
quindi a breve termine; infatti se Shannon vede nel cervello una macchina che funziona
attivamente negli anni senza avere grossi disturbi funzionali, per von Neumann il cervello ha
il difetto, rispetto alla macchina, di avere dei tempi di ripresa decisamente più lunghi.50
Le conclusioni che trae von Neumann sembrano essere però ancora una volta a favore del
in termini di numero di azioni che possono essere svolte da organi attivi delle stesse dimensioni
complessive (definite dal volume o dal consumo d'energia) nello stesso intervallo di tempo, i
componenti naturali superano quelli artificiali per un fattore di 104.51
nell'organizzazione logica, per cui il sistema naturale può funzionare in modo più efficiente
48 Shannon, p. 96
49 Von Neumann, Calcolatore e cervello, Shannon Claude, Calcolatore e automi, in V. Somenzi (a cura di), La
filosofia degli automi, Bollati Borienghieri, Torino, 1994
50 Von Neumann, p. 131
51 Von Neuman, p. 133
25
lavorando in parallelo, mentre le macchine non possono che lavorare in serie.52
memoria per una macchina artificiale è indubbiamente maggiore di quello di una macchina
naturale.
Con questa analisi dettagliata von Neumann individua i neuroni come organi logici
Per concludere von Neumann ammette che non c'è un unico sistema di comunicazione nel
anche comunicazioni che non richiedono formalismi aritmetici, come quelle che hanno a che
52 In parallelo significa che possono ricevere, elaborare e restituire più dati contemporaneamente, mentre in
serie indica la possibilità di operare un dato alla volta. Tuttavia, oggi, esistono calcolatori capaci di lavorare
in parallelo.
53 Per tecnologia digitale si intende un dispositivo, o un sistema di dispositivi, che lavora (prende in input o
restituisce in output o ancora soltanto manipola) con un alfabeto discreto, ovvero che tra un simbolo e l'altro
non ne intercorre nessun altro. Per fare un esempio, possiamo dire che l'insieme dei numeri naturali è
digitale, mentre quello dei numeri razionali è analogico (ovvero, tra un numero e il suo successivo naturale
ne esistono infiniti razionali in mezzo, tra l'1 e il 2 abbiamo 1,1 1,2, ma anche 1,0001 1,00001 e così via).
54 Von Neumann, p. 149
26
CAPITOLO IV
IL DEMONE DI SEARLE
IA forte e IA debole
Searle, un articolo che ha suscitato un dibattito molto importante negli anni '80 coinvolgendo
L'articolo è visto come una risposta a Turing (una risposta postuma, dato che Turing morì
L'obiettivo della critica di Searle è l'idea che un programma istanziato in una macchina
Per Searle affinché ci sia intenzionalità è necessario riprodurre i poteri causali presenti nel
cervello.
Una distinzione fondamentale che Searle fa, e che sarà oggetto di fraintendimenti, è quella
L'IA debole ( o cauta ) ha come obiettivo di essere uno strumento ausiliare per lo studio
della mente. La concezione dell'IA forte prevede invece che il calcolatore non sia
sia una vera e propria mente con relativi stati cognitivi annessi. Nell'IA forte
55 Searle John R., Minds, Brains and Programs, in The Behavioral and Brain Sciences, 1980, Cambridge
University Press; trad. it. Menti, cervelli e programmi, un dibattito sull'intelligenza artificiale, a cura di
Graziella Tonfoni
27
I programmi non sono semplici strumenti che ci rendono possibile considerare spiegazioni
psicologiche: piuttosto i programmi costituiscono di per sé le spiegazioni.56
La critica non è rivolta a tutta l'IA, ma soltanto all'ipotesi forte, mentre Searle dichiara
L'IA forte non risponde alla domanda «le macchine possono pensare?», giacché non tratta
di macchine, ma di programmi.
Questo è il motivo per cui l'ipotesi “forte” dell'Intelligenza Artificiale ha poco da dirci intorno al
pensare, poiché non riguarda le macchine, ma piuttosto i programmi, e nessun programma è di per sé
capace di pensare.57
La stanza cinese
Per argomentare la sua tesi Searle decide di fare un esperimento mentale conosciuto come
“la stanza cinese”, in cui egli stesso si immedesima nel ruolo di un calcolatore umano, proprio
Searle suppone di trovarsi dentro una stanza, seduto ad una scrivania con un plico di fogli
scritti in cinese, e non conoscendo egli il cinese, può concepirli semplicemente come simboli
Sulla scrivania inoltre c'è un secondo plico, sempre scritto in cinese, e delle regole, stavolta
scritte in inglese, lingua madre dello stesso Searle e che quindi egli può capire benissimo, che
legano gli scritti in cinese del secondo plico con quelli del primo.
Searle immagina un terzo plico ancora, sempre scritto in cinese con regole in inglese che lo
56 Searle, p. 46
57 Searle, p. 46
28
mette in relazione al secondo.
Le regole sono in inglese e io capisco queste regole come qualunque inglese di madrelingua. Esse
mi rendono possibile mettere in relazione una serie di simboli formali con un'altra serie di simboli
formali (e tutto quello che formale significa qui, è che posso identificare i simboli interamente
attraverso le loro forme).58
Le persone al di fuori di questa stanza che forniscono i fogli chiamano il primo plico “uno
scritto”, il secondo “una storia” e il terzo “quesiti”. Il risultato che dovrà elaborare Searle
“programmi”.
Seguendo correttamente le regole, le risposte cinesi alle domande cinesi saranno corrette,
A questo punto è doveroso secondo Searle chiedersi se sia legittimo pensare che lui
comprenda il cinese.
Nel caso del cinese, diversamente da quello dell'inglese, produco le risposte col manipolare
simboli formali non interpretati.59
Credo che lo stesso Turing possa essere d'accordo con l'argomentazione portata avanti in
questo modo, infatti ricordiamo che l'idea di calcolatore umano proveniente dalla sua
Secondo Searle la base dell'IA forte, o teoria che la macchina abbia capacità cognitive,
58 Searle, p. 48
59 Searle, p. 49
29
nasce dal fatto che attribuiamo stati intenzionali alla terza persona, per metafora o per
analogia, per cui «la porta sa quando deve aprirsi grazie alle sue cellule fotoelettriche».60
Quando Searle usa il termine “intenzione” intende un particolare tipo di stato mentale
Uso il termine «intenzionalità» come un termine tecnico che sta a significare quella caratteristica
delle rappresentazioni grazie alla quale esse sono riguardo a qualcosa o dirette a qualcosa.61
biologica dei sistemi nervosi di più alto livello, come il cervello degli uomini e degli altri
animali.
Le repliche
La prima esposizione della critica all'IA forte è subito seguita da repliche provenienti dal
La prima replica è quella del “sistema”: secondo alcuni studiosi (dell'istituto di Berkeley)
sistema stanza, calcolatore e plichi insieme. La risposta a questa replica è molto facile, infatti
stesso a memoria le regole che legano i testi in cinese, e ammette anche di imparare a
memoria quei simboli in cinese. Praticamente Searle si propone di diventare l'intero sistema.
60 Searle, p. 52
61 Searle John R., La costruzione della realtà sociale, Edizioni di Comunità; p. 13
30
Il risultato però sembra non cambiare, infatti Searle sarà molto più veloce a fornire le risposte
in cinese, ma continuerà a non capirle, a non capire ciò che egli stesso dice.
La seconda replica, conosciuta come la replica del robot (dagli studiosi di Yale), prevede
che il computer sia il cervello elettronico di un vero e proprio robot che abbia la capacità di
la cognizione non è solamente una questione di manipolazione di simboli, poiché essa aggiunge un
insieme di relazioni causali inerenti al mondo esterno (cfr. Fodor, Methodological Solipsism, BBS 3
(1), 1980).62
La replica che però spinge ad esplicitare la posizione di Searle rispetto alla relazione
mente/cervello è la replica di Berkeley e del MIT, la replica del “simulatore del cervello”.
Nella replica del “simulatore del cervello” si ipotizza un programma che simuli la
sequenza di scariche neuroniche che avvengono nelle sinapsi del cervello in un madre lingua
cinese.
La posizione di Searle si fa più netta. Non basta simulare formalmente un cervello affinché
si possa avere intenzionalità, serve un cervello vero e proprio con i relativi «poteri causali».63
Il suggerimento che dà Searle a coloro che si ostinano a perseguire l'IA forte sta nel cercare
di capire e riprodurre i poteri causali presenti nel cervello, e non solo la configurazione delle
reti neurali.
La possibilità di capire una lingua non è data all'uomo in quanto programmato così, ma
Hodges invece scrive che per comprendere il modello turinghiano di «cervello» dobbiamo
considerare che in esso la fisica e la chimica sono irrilevanti, in quanto sostituibili, mentre
62 Searle, p.58
63 Searle, p.60
31
bisogna considerare «lo schema logico» degli stati mentali.64
Credo che Turing abbia poi cambiato idea visto che impegnò l'ultima parte della sua vita
nella ricerca di regole inscritte nella struttura biologica degli embrioni, anche se i suoi studi
sulla struttura del cervello a livello neuronico non sembrano essere andati molto lontano.
L'intenzionalità e il simbolo
Searle conclude questo suo primo articolo riproponendo la domanda iniziale, «Può una
Secondo Searle è ovvio credere che le macchine possano pensare: l'uomo, infatti, è una
macchina a tutti gli effetti. Inoltre Searle afferma che anche una macchina costruita dall'uomo
può essere considerata pensante, solo ad una condizione però: che venga riprodotto il sistema
Si potrebbe ricreare il sistema nervoso utilizzando principi chimici diversi dai nostri e
Anche un calcolatore digitale può, secondo Searle, pensare, ma non unicamente per il fatto
Un programma manipola simboli formali, non li comprende. Il fatto che questi simboli
Un simbolo di per sé ha il compito di rappresentare qualcosa per chi lo usa; i simboli cinesi
per Searle, e per chiunque non conosca il cinese, non hanno nessun contenuto
64 Hodges, p. 180
65 Searle, p. 65
32
rappresentazionale.
La relazione che connette la sintassi (il simbolo cinese) con la semantica (il suo significato)
I calcolatori che basano le loro capacità cognitive sui programmi operano correttamente nel
campo sintattico, sanno benissimo come posizionare il verbo all'interno della frase, come
coniugarlo e come completare le frasi, ma non capiscono il contenuto delle loro operazioni,
mancano di semantica.
L'unica intenzionalità esistente in una stanza dove opera un calcolatore è quella degli
operatori che immettono i dati di input e leggono quelli restituiti dalla macchina come output.
programma stesso.
Tale intenzionalità, quale sembra abbiano i computer, è solamente nelle menti di quelli che la
programmano e di quelli che li usano, di quelli che immettono gli input e di quelli che interpretano
l'output.67
Searle crede che molti degli errori in questo campo dipendano dal fatto che si è pensato che
simulare significhi duplicare, sia rispetto alle capacità intellettive che a quelle emotive.
Per eliminare questa confusione gli esperti di IA dovrebbero evitare ogni forma di
questa tradizione.68
66 Cimatti Felice, Mente, segno e vita: elementi di filosofia per le Scienze della comunicazione, Carrocci
editore, p. 17
67 Searle, p. 66
68 Searle, p. 70
33
Contro il dualismo
Subito dopo queste considerazioni Searle discute un altro errore filosofico, quello forse più
importante in quanto si presta come terreno fertile all'ipotesi forte dell'IA, il dualismo.69
L'idea che mente e cervello siano due cose differenti, quasi dicotomiche, per cui quando si
parla di mente il cervello non c'entra nulla, dà forza a sostenitori dell'IA forte e alla loro tesi
supporto fisico, nel caso umano un cervello biologico, nel caso delle macchine un calcolatore
digitale.
Searle non ammette nessuna difficoltà nel riconoscere che un cervello sia un calcolatore
Qualunque cosa faccia il cervello per produrre intenzionalità, questa non può consistere
nell'istanziare un programma, poiché nessun programma, di per sé, è sufficiente per l'intenzionalità.70
L'articolo di Searle suscitò grande entusiasmo tra gli studiosi di IA di tutte le discipline
aprendo un dibattito piuttosto vivace a cui Searle non poté non partecipare in chiusura con una
Altri invece lo criticarono sostenendo ancora una volta il dualismo. Dennett, per esempio,
Searle ammette che finché per il calcolatore i dati saranno solo simboli formali, senza che
69 ibidem
70 Searle, p. 72
71 Searle, p.192
34
si associ loro un contenuto semantico, il calcolatore stesso resterà, per usare le parole di
Dennett «cieco rispetto al significato di ciò che è stato scritto», 72 mentre non può ammettere
che il cervello non capisca l'inglese, anzi, è proprio il suo cervello secondo lui che fa quel
lavoro (proprio come lo stomaco digerisce la pizza, per usare un suo esempio), definendolo
consapevole.73
Searle, per altro, rifiuta l'idea di Bridgeman per cui «le sole proprietà del cervello sono le
Per concludere su questo tema, Searle è disposto ad usare, anche se mal volentieri, la
Ancora sull'intenzionalità
Mosso da tante critiche fondate sull'incomprensione della tesi dell'intenzionalità e della sua
l'intenzionalità relativa all'osservatore sarebbe quella che l'osservatore attribuisce agli oggetti,
siano essi porte con cellule fotoelettriche, o calcolatori digitali che giocano al test di Turing.
Non ci sono due tipi di stati mentali intenzionali; c'è solo un tipo in cui essi hanno intenzionalità
intrinseca; ma ci sono attribuzioni di intenzionalità in cui l'attribuzione non attribuisce intenzionalità
72 Searle, p. 95
73 Searle, p. 192
74 Searle, p. 207
75 Searle, p. 209
35
intrinseca al soggetto dell'attribuzione.76
Sull'attribuzione di stati mentali a terzi c'è una vasta produzione della filosofia analitica,
Anche se non si crede che la mente di un animale possa avere stati intenzionali, quali le
credenze,78 questo comportamento può essere giustificato nel caso degli animali per il
rapporto affettivo che intratteniamo con essi.79 Certe giustificazioni non valgono nel caso dei
calcolatori.
Altro fraintendimento è sulla distinzione tra IA debole e IA forte. Searle non critica affatto
l'idea di un'IA debole, anzi afferma di esserle favorevole, almeno come programma di ricerca.
Se qualcuno scrivesse un programma che desse input o output corretti per le storie cinesi,
scrive Searle, saremmo arrivati ad una buona comprensione del linguaggio, e ciò sarebbe
76 Searle, p. 194
77 ibidem
78 A favore della tesi che anche gli animali posseggano stati intenzionali come le credenze possiamo citare
Russell che in La conoscenza umana, le sue possibilità e i suoi limiti definisce «l'idea» come uno stato
dell'organismo, l'impossibilità che appartenga agli animali è data dalla concezione intellettualistica che ne
abbiamo. Anche Searle in La costruzione sociale della realtà crede che un animale possa avere delle credenze
che sono dette prelinguistiche. Queste considerazioni confermano che gli stati intenzionali hanno un
fondamento biologico, e la relazione necessaria del soggetto col mondo.
79 Carapezza Marco, Segno e simbolo in Wittgenstein, Bonanno 2006; p. 118
36
notevole.80
Tra gli autori che più hanno contribuito a spiegare il punto di vista searliano credo che sia
L'articolo di Danto dice già tanto dal titolo: L'uso e la menzione di termini e la simulazione
Secondo Danto noi crediamo che i programmi che giocano al test di Turing comprendano
menziona correttamente i termini ma non ne conosce effettivamente i casi d'uso. Ancora una
Danto porta come esempio le figlie di Milton che leggevano ad alta voce testi in greco ed
ebraico al loro padre cieco: non conoscevano il significato di ciò che pronunciavano, ma
sapevano rispondere a domande sulle parole greche, come la lunghezza delle parole e la loro
pronuncia.
Ogni parola ha delle proprietà che le permetteno di essere identificata da qualcuno che è
incapace di usarla; sono le M-proprietà, differenti dalle U-proprietà, che sono quelle proprietà
che uno deve conoscere per utilizzare una parola all'interno di una frase.
Il problema consiste nel fatto che noi non possiamo inferire da una descrizione fenomenica
se è possibile applicare o meno anche una descrizione interna. Noi non sappiamo se la
80 Searle, p. 201
81 (articolo incluso in) Searle, p. 90
37
Se una macchina è programmata per simulare la comprensione, questa è limitata solo alle
Secondo Danto la posizione di Searle è quella che la competenza d'uso (U-competenza) dei
termini non può essere definita in M-termini, mentre in ogni U-realizzazione può essere data
Searle sofista
Il filosofo statunitense riceve tra le tante critiche anche quella di essere un sofista, o meglio
la sua “stanza cinese” non sarebbe altro che un sofisma, un inganno dialettico.
livelli concettuali diversi e Searle ha solo la capacità di coinvolgere il lettore in un gioco che
finisce dove lo stesso Searle vuole. Il lettore si impersonifica nell'uomo dentro la stanza
Searle ci invita a distogliere l'attenzione all'intero sistema e a concentrarci solo sul punto
del demone.84 la meccanicità delle operazioni e la loro estrema lentezza e guida il lettore a
82 Searle, p.93
83 D.R. Hofstadter, D.C. Dennett, The Mind's I. Fantasies and Reflections on Self and Soul, Basic books, INC.,
1981; trad. it L'io della mente. Fantasie e riflessioni sul sé e sull'anima, Adelphi Edizioni S.P.A., Milano,
1985
84 Demone è il nome che viene dato all'uomo che sta dentro la stanza cinese a svolgere le operazioni. Questo
38
“percepire l'assenza di comprensione”.
Hofstadter invece prende spunto da questo esperimento per riflettere su cosa significhi
comprendere una lingua. Egli fa riferimento alla comprensione di una lingua diversa da quella
materna che non è il semplice applicare un insieme di regole di traduzione nel parlare e
nell'ascoltare, ma significa trascendere la propria madrelingua e non sentire più dei rumori (le
Hofstadter scrive:
la padronanza di una nuova lingua non consiste nel far eseguire al nostro “sottosistema per la
madrelingua” un programma di regole che ci permettano di trattare un linguaggio come un insieme di
suoni e di segni senza senso.85
Dopo questa riflessione, che può sembrare marginale, Hofstadter ci mostra come debba
cambiare qualcosa nel demone stesso affinché questo capisca il cinese, e quindi ci sono due
livelli, quello dello hardware (demone e fogli che capisce solo l'inglese) e quello del software
(le istruzioni che il demone deve eseguire) che Searle continua a confondere per tenere in
piedi la sua argomentazione. Secondo Hofstadter egli confonderebbe anche altri due livelli nel
suo test: la stanza cinese sarebbe inizialmente la riproduzione di un sistema che esegue lo
script di Schank86 e finisce per superare il test di Turing, come se il piano concettuale fosse lo
stesso.
appellativo non è casuale, ma deriva da una tradizione propria dell'informatica di chiamare daemon alcuni
programmi che agiscono in modo latente.
85 Ibidem pag. 367
86 Lo script di Schank consiste in un programma che “comprende” storie stereotipate, in cui gli eventi si
ripetono di volta in volta, come l'andare al ristorante (per seguire l'esempio tipico per spiegare questo script) o
alla posta. Lo script si aspetta delle informazioni precise determinanti un contesto e non altre, grazie a queste
informazioni riuscirà a rispondere correttamente.
39
Turing, abbiamo visto è qualcosa di più complesso delle la semplice interrogazione di un
Altra critica che Hofstadter fa a Searle, condivisa anche da Martin Davis, è l'inaccettabilità
del dogma dei “poteri causali”, frutto a volte della giusta configurazione chimico-fisica del
87 Pag. 362
40
CAPITOLO V
INTELLIGENZA ROBOTICA
Le tesi analizzate fin qui hanno avuto nella storia del dibattito dell'IA un ruolo
fondamentale, infatti il test di Turing continua ad essere considerato da molti un test valido
per provare l'intelligenza simulata dalla macchina, e la stanza cinese continua ad essere un
dell'intelligenza.
Nel dibattito contemporaneo, sono emerse altre posizioni rispetto l'IA, che riformulano lo
Una posizione abbastanza rilevante è quella sostenuta, tra i tanti, anche da Giuseppe O.
Longo,88 che concorda con Searle che i programmi manipolino essenzialmente simboli
formali, occupandosi della sintassi, ma non ritiene che ciò non sia sufficiente per costituire
una semantica.89
Indubbiamente perché ci sia semantica ci deve essere la conoscenza sensibile, corporea. E'
solo grazie alla nostra conoscenza del mondo sensibile che noi possiamo avere oggetti di
41
intenzioni e contenuti delle rappresentazioni simboliche.
La semantica non sarebbe una capacità rigida che “il parlante”90 possiede o meno, ma una
proprietà sfumata, a gradi, costruita nel tempo tra le diverse sintassi «create e gestite dai suoi
Se la semantica non si basasse su una struttura di diverse sintassi, l'unica semantica che
La sintassi di un uomo normale è certo diversa, forse più raffinata o completa, di quella di un
sordo o di un cieco. Un sordo che sia anche cieco avrà una sintassi meno articolata, e quindi una
semantica meno ricca, di quella di un sordo che ci veda, e così via.92
E' la Lebensform, la nostra forma di vita che costruisce la nostra complessa sintassi, che
non è solo visiva, che non è solo uditiva, ma è visiva e anche uditiva, ma anche olfattiva e
così via. La nostra sintassi dipende dalle facoltà con cui tracciamo il mondo, e dentro questo
E' per il fatto che conosciamo il mondo in un determinato modo che ci facciamo
Che la sintassi sia costituente della semantica però non è cosa del tutto nuova ai filosofi del
linguaggio. Marco Carapezza, in Segno e simbolo in Wittgenstein, mostra come già nel
42
consigliava di «cercare il significato delle parole, considerandole non isolatamente, ma nei
delinea il contesto.
In effetti, analizzando le espressioni comuni della nostra lingua, possiamo notare come una
stessa parola prenda significati differenti a seconda del contesto in cui si trova, come ad
esempio la parola “cane” che nelle seguenti frasi prende accezioni diverse:
Direi che nei due casi in cui occorre il termine “cane” il significato è addirittura opposto.
Nel primo caso il cane come docile animale domestico, nel secondo come essere irrazionale e
aggressivo.
Analizziamo con più attenzione cosa scrive Wittgenstein in merito nella proposizione 3.3
del Tractatus:
T. 3.3: Solo la proposizione ha un senso; solo nel contesto della proposizione un nome ha
significato.
Riconosciuta la validità del principio di contesto Carapezza analizza altri due punti del
Tractatus che rafforzano la nostra tesi di una semantica fondata sulla sintassi, nelle
93 Carapezza, p. 99
43
T. 3.141: La proposizione non è un miscuglio di parole. - (Come il tema musicale non è un
miscuglio di suoni).
La proposizione è articolata.
e ancora
T. 3.251: La proposizione esprime in guisa determinata e chiaramente indicabile ciò che esprime.
La proposizione è articolata.
compongono la proposizione.
L'articolazione non è altro che la struttura logica della proposizione, non è altro che la
costruzione grammaticale.
Se è nelle regole sintattiche che i termini si appropriano delle semantica, non dobbiamo
pensare che il significato delle parole si riduca semplicemente al livello grammaticale; infatti
ogni parola ha di per sé un “potenziale semantico” che le permette di far parte di una
Per dirlo in termini searleani, ogni parola si trova collegata ad un network di significati, ed
connettersi.
Queste argomentazioni hanno come fine di supportare la tesi iniziale di Turing sulla
necessità e possibilità di costruire una macchina che diventi intelligente con il tempo,
Il calcolatore deve sviluppare le sue capacità semantiche a partire dalle capacità sintattiche,
Così la replica del robot a Searle risulta molto sensata, infatti è necessario che un
44
calcolatore possa costruirsi una sintassi che tenga conto delle immagini visive, e quindi ha
bisogno di occhi cibernetici, e per imitare il meglio possibile la sintassi dell'uomo dovrà
E' necessario che passi del tempo affinché la macchina costruisca una sua sintassi,
Se valesse realmente l'innatismo delle nostre facoltà linguistiche come sostiene Chomsky,
cadrebbe la tesi che la sintassi si costruisce nel tempo, ma non si farebbe che dare maggior
ragione alle tesi dell'IA forte, in quanto tutto dipenderebbe da un Dispositivo Linguistico
installato nella nostra testa e contenente tutta la sintassi già bella e pronta, e questo potrebbe
analizza l'evoluzione dell'intelligenza umana, partendo dal funzionamento del nostro sistema
conoscitivo.
Ci sarebbero una conoscenza tacita, inscritta nel nostro DNA e una conoscenza esplicita
La prima corrisponde a quelle conoscenze che si attuano «nel corpo e tramite il corpo»,94
La seconda modalità di conoscenza «si attua tramite la mente»95 ed è presente solo a livello
razionale.
94 Longo, Il nuovo Golem, come il computer cambia la nostra cultura, Edizioni Laterza, Bari 2000; p. 59
95 ibidem
45
La conoscenza dell'uomo non è interamente trasferibile alle macchine, come si pensava
agli albori dell'IA, ci si è dovuti arrendere alla necessità di dare al cervello elettronico un
«equivalente di un corpo con tutta la sua attività cognitiva profonda e in parte forse non
algoritmica»96
Secondo il professor Longo, per costruire un modello più simile possibile all'intelligenza
umana si dovrebbe cominciare con il simulare le azioni più semplici del nostro
Molte delle nostre azioni sono involontarie, avvengono senza l'interazione della mente che
le rallenterebbe in modo non indifferente. E' grazie a questi atti inconsci, di velocità fulminea,
Il corpo è, dunque, fondamentale per la costruzione di una mente, e per citare ancora
Longo
La conoscenza corporea e l'immersione del corpo nel mondo sono condizioni necessarie e
sufficienti per una semantica ricca e articolata, cioè una semantica come la si intende comunemente.
Senza la connessione mente-corpo la semantica sarebbe povera e rischierebbe di ridursi a vuota
sintassi.98
deve però illuderci che ciò ci condurrà ad un'intelligenza simile a quella umana, anzi è da
96 Longo 2000, p. 61
97 Longo 2000, p. 63
98 Longo 2000, p. 64
46
considerare che questa intelligenza sia completamente diversa, perché anche quando
riuscissimo a ricreare un robot antropomorfo che assomigli il più possibile ad un uomo tanto
da poter asserire che abbia la stessa nostra Lebensform, la sua storia, le sue necessità e i suoi
Proprio come rispose Turing a Jefferson «un sonetto scritto da una macchina potrà essere
Secondo questa tesi le macchine potranno avere una semantica e quindi un'intenzionalità
con l'andare del tempo, basta che abbiano un corpo con il quale mappare il mondo e una loro
storia.
concezione l'IA deve mettere in conto la possibilità che il comportamento sia intelligente ma
differente da quello dell'uomo, giacché il robot avrebbe categorie (in senso kantiano) tutte
Robot
Il tema dei robot è stato molto considerato nella letteratura e nella filmografia
47
Un robot non sarebbe semplicemente una macchina che compie determinati lavori (come le
macchine multifunzionali presenti nelle nostre cucine che frullano, impastano, tagliuzzano e
via dicendo secondo “il programma” che noi impostiamo), ma una macchina capace di creare
e gestire una sua sintassi sulla quale basare una sua semantica, a seconda delle sue categorie,
Un robot potrebbe formarsi una mente simile a quella dell'uomo solo se vivesse il mondo
come l'uomo, solo se potesse «gustare le fragole con la panna»99 o inciampare su una radice di
un albero mentre passeggia nel bosco. Nel primo caso forse il robot non può provare le
sensazioni che può provare un uomo quando mangia qualcosa (tratterò il problema delle
sensazioni e delle emozioni più avanti), ma può comunque riconoscerne la qualità, sentirne
l'odore: riconoscere le qualità organolettiche tramite dei sensori.100 Nel secondo caso, il robot
forse non sentirà dolore (ma potrebbe comunque riconoscere d'essersi danneggiato) ma è
necessario che abbia due gambe per inciampare e cadere, affinché sappia che significa
inciampare.
Naturalmente sarebbe pretendere troppo anche immaginare che il robot debba fare diretta
esperienza di tutto ciò che è necessario che comprenda, noi esseri umani impariamo molto
Già Turing aveva visto lontano: per i cervelli elettronici è necessario un modello
epistemologiche per quanto riguarda la possibilità per un robot di andare a scuola con i
bambini umani).101
99 Turing, p. 178
100Si pensi al robot sommelier costruito in Giappone nel 2007, capace di distinguere vini, formaggi e frutta;
http://www.vino24.tv/content/view/1291/2/
101 Turing, p. 179
48
Roboetica
Dal punto di vista etico l'esistenza dei robot, intesi proprio come una nuova forma di vita,
porta a una profonda riflessione, non solo per quanto riguarda il rapporto con forme di vita
Supponiamo di considerare i robot forme di vita diverse dalle nostre come gli animali:
come dovremmo relazionarci con essi? Sicuramente non possiamo mangiare un robot, ma
inferiore.
soprattutto, potremmo considerare a maggior ragione che anche i robot lo siano (al di là della
supposizione precedente che un robot possa diventare intelligente con il tempo), e se ogni
essere intelligente è degno di essere rispettato, i robot, al pari degli animali, lo sono.
Se supponessimo invece che gli animali non siano intelligenti, e che i robot siano loro pari,
Possiamo pensare che non ci sia un solo concetto di vita, ma due, quello delle vite naturali
e quello della vita artificiale, dove la prima vale molto più della seconda.
La vita animale vale più di quella artificiale perché la nostra vita è basata su un rapporto
Il rapporto empatico possibile con un animale è di tipo psicologico: noi ci caliamo nei suoi
pensieri, e pensiamo di comprenderlo mettendoci in qualche modo nei suoi panni; questo vale
sia se consideriamo gli animali capaci di facoltà cognitive, sia se queste invece sono da noi
49
molti racconti di fantascienza), ed è molto più complesso di quello con gli animali, infatti non
ci sarebbe solo un'empatia di tipo psicologico, ma anche estetico (Einfühlung), in cui noi
proiettiamo le nostre emozioni sull'oggetto che abbiamo di fronte, trasferendo la nostra vita
psichica nella realtà esterna, sia sugli oggetti che negli individui. Più le sembianze del robot si
sia più simile possibile alla nostra), più il rapporto empatico di tipo estetico supera il rapporto
Non importa che i robot abbiano delle emozioni proprie o meno, ciò che conta è che noi
sintetica), con freddi occhi elettronici, e una bocca con labbra cromate, potrebbe ancora
sostenere le sue tesi? La robotica porta con sé dei cambiamenti di paradigma in tutte le
Inoltre non è da escludere che i robot, costruendosi una propria semantica, riescano a
costruirsi una propria collezione di stati emotivi (che non definirei “emozioni artificiali” ma
naturali, della sua propria natura) e di sensazioni, infatti pensare un'intelligenza senza
emozioni è già pensare a qualcosa in difetto rispetto a quella umana, mancherebbe quella che
Pensiamo a Marvin, il robottino di Guida galattica per gli autostoppisti,104 nichilista che
50
Ho il cervello grande come un pianeta e mi fanno unicamente raccogliere un pezzo di carta105
immaginò dare ai robot in modo che questi formando una loro coscienza rimangano però
vincolati all'uomo.
1) Un robot non può recar danno a un essere umano e non può permettere che, a causa di un suo
mancato intervento, un essere umano riceva danno.
2) Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non
contravvengono alla Prima Legge.
3) Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché la sua autodifesa non contrasti con la
Prima o con la Seconda Legge.
Queste tre regole non sono complete, la macchina potrebbe interpretare la Prima Legge in
modo che “un essere umano” sia un individuo e reputi corretto danneggiare l'intera umanità.
0) Un robot non può recar danno all’umanità e non può permettere che, a causa di un suo mancato
intervento, l’umanità riceva danno.
Le leggi proposte sono antropocentriche, non tengono in conto di un'etica fra i robot; forse
Asimov ha voluto lasciare che i robot si auto-regolamentassero tra loro, o è implicito che una
105 http://it.wikipedia.org/wiki/Marvin_l'androide_paranoico
106 Longo Giuseppe O., L'etica al tempo dei robot, in Mondo Digitale 2007
51
Mentre molti hanno un atteggiamento “xenofobo” nei confronti dei robot, come degli
ad un mondo come quello proposto in Futurama107 in cui uomini e robot (ma anche alieni)
convivono pacificamente.
107 Futurama, cartone animato ideato da Matt Groening, USA 1999 (prima serie, è in corso la quinta stagione)
52
CONCLUSIONE
Visti i risultati della tecnologia odierna, la tesi che le macchine calcolatrici dotate di un
I robot in commercio sono però diversi da quelli descritti da Longo, che nel tempo
costruirebbero la loro semantica. I robot odierni sono degli specialisti, sono dei sistemi
esperti108 in un determinato settore e svolgono la loro attività in quel campo con una sintassi
all'osso e quindi una semantica davvero povera, la loro attività non è intelligente, mancano di
creatività.
Tuttavia noi dobbiamo immaginare dei robot che non siano sistemi esperti, ma siano come
Searle ha ragione nel dire che non è il software a essere intelligente, l'intelligenza si crea
con il corpo e con la sua immersione nel mondo, come scrive Longo, parafrasando Kant:
Non è nella macchina che dobbiamo cercare il pensiero, né nel programma istanziato,
bensì nell'unione dei due. Più la macchina sarà capace di immergersi nel mondo sensibile, più
108 Programmi che riescono a risolvere dei problemi su un campo particolare facendo delle inferenze. Ci sono
sistemi esperti basati su regole (seguono l'implicazione materiale SE (dato) ALLORA (soluzione)), e sistemi
esperti più complessi basati su alberi (partendo da un albero di dati e deduzioni, ogni dato del problema
verrebbero analizzati dall'albero e il nodo finale sarebbe la deduzione risolutiva)
109 Longo 2000, p. XI
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L'intelligenza della macchina non si svilupperà in un giorno, dovrà avere il tempo per
quella umana ma diversa. Sarà possibile costruire macchine con intelligenza completamente
diversa da quella umana, basta che abbiano un modo diverso di conoscere il mondo. Un robot
bipede con due occhi frontali avrà un'intelligenza diversa (forse inferiore anche se più simile a
quella umana) di un robot che si muove su delle ruote e con un solo occhio che ruota intorno
La differenza tra un sistema esperto e un robot intelligente sta nel fatto che la conoscenza
del sistema esperto è a priori (anche se la sua conoscenza si affinerà con l'esperienza), mentre
Ogni robot esperto si differenzierà dagli altri per le caratteristiche adatte alla sua attività,
invece i robot intelligenti saranno tutti intelligenti allo stesso modo, tutti dello stesso modello,
determinato campo.
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