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Ciò che fino a quel momento mi aveva salvata dalla vita sentimentalizzata della quale vivevo è che

l'inumano è il nostro meglio, è la cosa, la parte-cosa delle persone. Solamente per questo,io, in quanto
falsa persona, non avevo fino allora ceduto sotto la costrizione sentimentalitaria e utilitaria: i miei
sentimenti umani erano utilitari, ma io non avevo ceduto, giacchè la parte-cosa era eccessivamente
forte ed aspettava per recuperarmi.
La vita si vendicava di me e la vendetta consisteva semplicemente nel ritornare, nulla di più. Ogni caso
di follia significa il ritorno di qualcosa.

Visione è disorganizzazione – è disillusione. Disillusione è la paura di non appartenere più a un


sistema.
stavo perdendo tutta una cultura che aveva come base il fatto di salvarsi....
Ma è necessario non scordare che senza le leggi non ci sarà neppure l'ordine – era necessario non
scordarsene e difenderle per difendere me stessa.
La visione di una carne infinita è la visione dei folli... ma se io taglierò la carne a pezzi, e li distribuirò
secondo i giorni e la fame, in proporzione alla mia capacità di assimilazione, allora non si tratterà più
della perdizione e della follia: sarà di nuovo la vita umanizzata.
oppure darò una forma al nulla e questo sarà il mio modo di integrare in me la mia
disintegrazione.

Il primo legame si era già involontariamente spezzato e io mi svincolavo dalla legge pur intuendo che
sarei entrata nell'inferno della materia viva.

Nel mondo primario in cui ero entrata gli esseri si esistono a vicenda come modo di vedersi...Com'è
lussuoso questo silenzio. È accumulato da secoli. in questo deserto le cose sanno le cose. Le cose
sanno talmente le cose che questo, questo lo chiamerò perdono. È il perdono in sé. Il perdono è un
attributo della materia viva.
E mangiare la materia viva mi scaccerebbe da un paradiso di orpelli … temevo di rimanere immonda
…. di gioia

Per un mondo totalmente insaporito...io mi ero costruita...ed ora stavo conocendo il “neutro”. Il neutro
era la vita che un tempo chiamavo “nulla”.
.
Era la più grande violenza che avessi mai ricevuto. l'immediato non è cosa immaginabile. l'immediato
non ha speranza non ha futuro.
mentre trascendere era, in passato, il mio sforzo umano di salvezza, non trascendere è un sacrificio.
Rimanere dentro ciò che è, esige da me che io non abbia paura.
io mi ricordo come il gioco della bellezza era bello, come la bellezza era una trasformazione continua.
E ora, con infernale sollievo,ne prendo congedo.Bellezza del mondo... addio! quello che voglio è
l'immediato, senza abbellirlo di alcun futuro che lo redima... voglio trovare la redenzione nell'oggi, nella
realtà che sta essendo e non nella promessa – sebbene, nei miei antichi termini umani questo significhi
il peggio, e in termini inumani, l'infernale.

Finalmente mi vedo dall'esterno, fuori di me – io, la mia gamba, i miei capelli, ogni pezzo infernale di
me...
La metamorfosi di me in me stessa non ha alcun senso. È una metamorfosi in cui perdo tutto ciò che
avevo

la guardavo e pensavo “non farò nulla per te”, anche io mi trascino.


Mi stavo liberando lentamente della mia moralità... il problema morale è semplicistico: in rapporto agli
altri consisterebbe nell'agire come si dovrebbe – e rispetto a se stessi è riuscire a sentire quanto “si
dovrebbe” sentire... d'un tratto la questione morale mi sembrava meschina. Come ideale è al tempo
stesso piccolo e irraggiungibile. Piccolo, se lo si raggiunge – e irraggiungibile perchè non lo si
raggiunge neppure.

Ed effettivamente, avevo lottato tutta la vita perchè non mi ero potuta consentire la morte della “cosa”
che io chiamavo la “mia bontà”. La morte della bontà umana. Ma ora io non volevo più lottare. Doveva
esistere una bontà così diversa da non somigliare alla bontà
Chi, come me,stava chiamando la paura, amore?e il volere, amore? E l'aver bisogno amore? Da quel
momento io avrei avuto la possibilità di chiamare qualunque cosa con un nome da me inventato,
perchè qualsiasi nome sarebbe servito, e perchè nessun nome sarebbe servito. Qualsiasi cosa,
entrando lì, perdeva la sua trascendenza falsa...

Non era usando come strumento uno dei miei attributi che mi avvicinavo a quel nucleo, ma
spogliandomene – perdendo l'identità, la mia prima inerenza. Eppure mi arrischierò poiché confido
nella mia codardia futura, e sarà (nel caso)la mia codardia essenziale a riorganizzarmi nuovamente
come persona.

Quando si arriva ad essere un nucleo, allora si passa demonicamente a voler servire un rituale,
sebbene il rituale sia l'atto stesso della consumazione.

Quando una persona è il proprio nucleo, allora non ha più divergenze. Allora lei non ha più paura di
consumarsi, servendo il rituale che la consuma. Ogni essere ha il rituale nella propria cellula.
Lo so, noi abbiamo avuto sempre paura di questa “solennità”. (un rituale!). Pensavamo fosse una
solennità di forma. E ci nascondevamo che vivere è sempre una questione di vita o di morte: questa la
solennità.
L'unico destino con cui nasciamo è quello del rituale. Io lo chiamavo “maschera di menzogna” e non lo
era: era la maschera essenziale della solennità. Gli scarabei nascono già con la maschera con cui si
compiranno.

Ora so cosa si fa nell'oscurità delle montagne in notti di orgia: si godono le cose. La gioia di perdersi è
una gioia di sabba. Si possiede la materia di cui sono fatte le cose. E l'inferno non è la tortura di un
dolore, è la tortura di una gioia.l'inferno è il dolore come godimento della materia - è l'accettazione
crudele del dolore – la solenne mancanza di pietà per il proprio destino – l'amare più il rituale della vita
che non se stessi -
Fino ad allora io ero stata talmente deformata dalla sentimentalizzazione.
con la perdita della mia cultura e umanità, io passavo orgiasticamente a sentire il sapore dell'identità
delle cose.

Le blatte si rodono e si ammazzano,si penetrano in procreazione, e si divorano in un'eterna estate che


annota
E tutto quello accadeva nell'ampio seno dell'indifferenza. Tutto quello si perdeva in un destino
infinito,composto solo di crudele immediato... e senza punizione. Ecco l'inferno: non c'è punizione...
della punizione nell'inferno facciamo una speranza di godimento.
L'orgia dell'inferno è l'apoteosi del neutro. La gioia del sabba è la gioia di perdersi nell'atonale
una gioia inespressiva,un piacere che non sa di essere piacere – eccessivamente delicato per la mia
rozza umanità composta di concetti grossolani.

la mia vita è così poco contenibile dentro il mio corpo, che non riesco ad usarla.
io sono così più grande di quell' “io”, che solo possedendo la vita del mondo io mi avrei.
La tentazione è mangiare direttamente alla fonte – direttamente dalla legge. E il castigo è non
voler più smettere di mangiare, e mangiare se stessi perchè io sono materia ugualmente
commestibile. E cercavo la dannazione come una gioia.
Cercavo il più orgiastico di me stessa. Io non mi sarei più riposata.
Stavo mangiando me stessa che pure sono materia viva del sabba.

il mio regno non era solamente umano.diventare umani può trasformarsi in ideale e soffocare di
eccesso. Essere umani non dovrebbe essere un ideale per l'uomo che è fatalmente umano.Essere
umani deve essere il modo in cui io, cosa viva, obbedendo al percorso di quanto è vivo, sono umana.
ero felice come il demonio, l'inferno è il mio massimo.
Io cominciavo a capire che la mia orgia infernale era l'umano martirio stesso. Come avrei potuto
immaginare? Non sapevo che nella sofferenza si rideva !!! non sapevo chiamare “gioia” la mia
più profonda sofferenza...

Ciò che esiste è solo un pezzo di cosa. persino quando cade qualcosa dal cielo è un pezzo di cosa. Ma
la violenta incoscienza di ciò che esiste supera la possibilità della mia coscienza.
Ciò mi permette di essere l'adoratrice di un pezzo di ferro o di vetro.
A me spetterà di impedirmi di dare un nome alla cosa. Il nome è un'eccedenza, e impedisce il contatto
con la cosa. La tentazione di eccedenza è grande – perchè la cosa nuda è talmente noiosa...
Solo i grandi amano la monotonia. Il contatto col supersuono dell'atonale – la gioia inespressiva
che solo i grandi tollerano e a cui, anzi, aspirano.L'arte, quando è di buon livello, tocca
l'inespressivo – l'arte peggiore è invece quella espressiva, quella che viola il pezzo di ferro,di
vetro,ilsorriso e il grido.

Essere uomo non è stato un grande successo.


Essere uomo è stata una costrizione.
la mia vita è assai più grande dell'umano, tanto che, in rapporto all'umano, non ha senso. Io ho più
bisogno, di quello che l'umano può darmi.
E il bisogno è la base, una base che può far collassare tutto il sistema ….umano
Avrei realizzato il mio destino umano solo se mi fossi consegnata a ciò che è inumano.

la nostalgia non è del dio che ci manca - è la nostalgia di noi stessi che non siamo a sufficienza:
soffriamo per avere così poca fame – il latte lo si beve solo quanto basta al corpo – e del fiore noi
vediamo solo fin dove arrivano gli occhi-
la nostra minuscola fame basta a farci sentire una profonda mancanza del piacere che avremmo
qualora avessimo fame più grande.
La fame e la mia necessità sono la garanzia che sempre mi sarà dato.
Quanto più avremmo bisogno, tanto più ci sarà dato.
All'interno di questo interscambio,Occorre saper usarci. Io ho bisogno di essere usato – essere
usato è un modo di essere compreso.

Così come la più rischiosa gioia tra un uomo e una donna nasce quando la grandezza d'aver bisogno è
tale da sentire ”senza di te non potrei vivere”. La rivelazione dell'amore è una rivelazione di
carenza.
basta vedere il pulcino che avanza, per accorgersi che il suo destino sarà quello che la carenza
farà di lui.
Molti sono coloro che hanno abbandonato tutto alla ricerca di una fame più grande.
La beatitudine è il piacere continuo della cosa.il contatto con ciò di cui si ha via via sempre più
bisogno

così io devo farmi violenza per avere maggiormente bisogno. Devo violentarmi fino ad aver bisogno di
tutto. Nutrire Il grande vuoto -Non aver bisogno lascia un uomo assolutamente solo.
La mia avidità è il tentativo di mangiare quanto più possibile per aumentare artificialmente la
fame – nell'esigenza di vita tutto è lecito: persino l'artificiale – e talvolta l'artificiale è il grande
tentativo che si fa per ottenere l'essenziale.

Il mio mondo oggi è crudo, crudele, è un mondo di un'alta difficoltà vitale. Perchè è violenta l'assenza di
sapore dell'acqua, l'assenza di colore di un pezzo di vetro. È violento il mondo del neutro.
È con dolore che dico addio persino alla bellezza di un bambino - Voglio l'adulto! che è più
primitivo e brutto e asciutto e più difficile...
Rifiuto la sensibilità che dà bellezza: e potrò forse prescindere dal rifiutare il cielo che si sposta in
nuvole? E il fiore? ...Io non voglio l'amore bello.
Non voglio la mezzaluce, non voglio il viso ben disegnato, non voglio l'espressivo. Voglio
l'inespressivo. Voglio l'inumano dentro la persona: No, non è affatto pericoloso: visto che la
persona è umana comunque, non occorre lottare per questo...
l'umanità è fradicia di umanizzazione – e quella falsa umanizzazione ostacola l'uomo e ostacola
l'umanità. Esiste una cosa che è più ampia,più sorda,più profonda, meno buona, meno
cattiva,meno bella. Sebbene pure questa cosa corra il pericolo di trasformarsi, nelle nostre mani
grossolane, in “purezza”.
Non voglio più usufruire della facilità di amare una cosa solo perchè,essendo apparentemente
compiuta, non mi spaventa più ed è falsamente mia.

Sapevo che finchè avrei provato disgusto, il mondo mi sarebbe sfuggito e io sarei sfuggita a me stessa.
Provare disgusto mi contraddice. Contraddice in me la materia.
Il segreto di non sfuggire mai alla vita più ampia era dunque quello di vivere come un sonnambulo?
chiudere gli occhi e non sapere mai quanto si è fatto? ma perfino nell'aver mangiato la blatta io ho
tentato di trascendere l'atto stesso di mangiarla – avevo dato a questo atto , un senso di “massimo”. di
nuovo volevo l'eccedenza. L'eccedenza (che ora identificavo col mangiare una blatta) - è più facile da
amare.

Così, come - Baciare un lebbroso non è un atto di bontà. È autovita - è la propria salvezza. Il più
grande beneficio del santo è nei confronti di se stesso.
E lui ama gli altri così come ama il proprio terribile ampliamento.
Lui ama il proprio aumento con empità nei confronti di se stesso. La bontà grande del santo è che tutto
gli è uguale – – ne ha bisogno per se stesso. Basta vivere e di per sé il fatto è una grande bontà. Chi
vive totalmente vive per gli altri, benchè la sua -ampia- vita scorra nell'incomunicabilità di una cella.

Perciò vado a spogliarmi, disinvestirmi da me, seguendo i santi.


A poco a poco rimuovere, come chi si liberi della propria pelle,le caratteristiche. Tutto ciò che mi
caratterizza è appena il modo in cui io sono più facilmente visibile agli altri e in cui sono riconoscibile a
me stessa.
La spersonalizzazione sarà la grande oggettivazione di se stessi. La più alta esteriorizzazione.
E siccome mi spersonalizzo tanto da non avere il mio nome, rispondo ogni volta che qualcuno dovesse
dire : “io”.
La graduale diseroizzazione di se stessi è il lavoro vero che si opera sotto l'apparente lavoro
La diseroizzazione è il grande fallimento della vita.
occorre infatti prima raggiungere l'altezza da cui cadere.
La mia cultura mi era necessaria perchè io salissi tanto da avere una quota da cui poter cadere

Il linguaggio era il mio sforzo umano. Ecco, lo splendore di avere un linguaggio : Io HO a mano a mano
che designo. Ma ho assai più a mano a mano che non riesco a designare.L'indicibile mi potrà essere
dato soltanto attraverso il fallimento del mio linguaggio.
L'insistenza è il nostro sforzo. La rinuncia è il premio.
A questo si arriva solamente dopo aver sperimentato il potere di costruire, e nonostante l'aroma del
potere, si preferisce la rinuncia. La rinuncia deve essere una scelta
desistere è la scelta più sacra di una vita.
Desistere è l'autentico istante umano.
Desisto e sarò stata la persona umana.
Esistere esige da me il grande sacrificio di non avere forza. Desisto e grazie alla mia povertà umana si
apre l'unica gioia che mi è consentita, la gioia umana.

LA MELA NEL BUIO

Se non avesse fatto attenzione un albero più alto lo avrebbe fatto sentire completo, e un piatto di cibo
lo avrebbe comprato in un momento di fame,e lui si sarebbe unito ai suoi nemici che si facevano
comprare dal cibo e dalla bellezza.

Si immaginava come un grande cavallo .. guidato dalla bellezza della tensione spirituale che equivale al
modo in cui il nostro corpo si disgrega.

aveva perso quell' apprendistato in cui possedeva la dimensione dell'animale, in cui la comprensione
era silenziosa come una mano che afferra una cosa. Capire diventava un patto con la solitudine

E. aveva una vocazione per quel suo tortuoso cammino di finezza che le risparmiava di offendersi per
la verità – forse la verità le sembrava una forma inferiore, primaria e senza stile
per qualche mistero nel suo processo di realizzazione, lei evitava sempre di essere
completamente capita
-evitava la grossolanità di essere chiara

..allora violentando coraggiosamente ciò che avrebbe desiderato fosse tanto più oscuro e più bello,
tanto meno brutale, rispose ad alta voce “vediamoci. Sono libera a mezzogiorno”

e inoltre c'era quel malessere eccitato e allegro, di un'allegria perniciosa, quel suo segreto contro il
mondo: nessuno le sapeva cosa le accadesse, quale segreto.
Ma più di tutto, lei stava giocando forte.
E non sapeva nemmeno in cosa consistesse “sbagliare”, poiché stava lottando con cose immateriali.
Poche volte aveva avuto l'opportunità di confrontarsi con ciò che non è sostituibile “finalmente vivrò”
disse tra se e se.

Con lei la naturalezza non aveva successo. Quando contava sulla naturalezza,non era la verità che
veniva fuori. La naturalezza richiedeva tempi illimitati per cui certe parole potevano uscire. Ma per chi
aveva solo il tempo di una vita, doveva concentrarsi con arte e trucchi. Questa giovane moriva dalla
paura di passare la vita senza l'opportunità di dire certe cose che ormai non le sembravano importanti,
ma delle quali le era rimasta l'ostinazione di dirle un giorno.

secondo lei loro due non facevano una bella coppia – le sembrava che la natura non li
consacrasse. La giornata era così bella che accrebbe la sua sventura.

Aveva paura di purificarsi tanto da non avere più bisogno di nulla. “non voglio progredire”, disse
timorosa Non le sarebbe bastato, progredendo(spiritualmente) spiare impaziente l'alba per valersi,
infida e astuta, di questa materializzazione della luce – ed essere.
La giovane abbassò gli occhi con un sospiro: non era all'altezza degli amori celebri. Nel momento in cui
più voleva essere se stessa (con quella individualità idealizzata che gli anni le avevano creato) in
quel momento tutta la sua personalità crollò come se non fosse stata vera, poiché quella persona
inventata sarebbe stata il meglio di se stessa.

Ma era come se le cose del mondo non fossero fatte per noi, era come se dovessimo transigere
su ciò per cui tuttavia siamo nati, era come se l'amore fosse quella disperata forma sinistra che
assumono il vivere e il morire...e tuttavia di tutto questo la soluzione era proprio l'amore... non
offendermi, pensò lei guardandolo, per salvare ciò che entrambi avevano creato quasi al di fuori
di loro stessi e che poi si sarebbero regalati

nella realtà il pensiero di quell'uomo era solo ampio, e questo non lo rendeva molto utilizzabile... ciò
che aveva riempito di realtà i suoi giorni si era ridotto a nulla davanti all'ultimatum di esprimerlo.
Era chiaro, quell'uomo non era un realizzatore, e come tanti altri, sentiva solo l'intenzione, di cui
l'inferno è colmo.

Il suo compito non consisteva nell'annotare ciò che già esisteva ma di creare qualcosa perchè
esistesse …

e lui non ci riusciva...il non riuscirci aveva assunto la grandezza di una proibizione.

Quella parola che era l'intenzione e l'azione di un uomo – e che lui non solo sapeva appena balbettare,
ma che sembrava profondamente non-volere.. con una prudenza vitale lui la difendeva in sé...
l'alternativa era lasciarsi toccare con umiltà e smarrimento o difendere l'integrità di un uomo che non
parla né agisce. Era caduto nell'avarizia che aveva fatto della sua vita qualcosa di personale. E che
aveva reso il fare e cioè il darsi nell'azione impossibile.
O rimanere con la cosa sacra intatta e viverne – o tradirla per ciò che è raggiungibile

forse pensava a ciò che aveva pensato solo per l'incapacità di pensare a un'altra cosa.

L'unica soluzione irragionevole era il grande amore. Quando un uomo è braccato, solo il grande amore
gli può capitare. Sofferenza? Ma solo quando non poteva, un uomo sapeva. Un uomo, alla fin fine, si
misurava per la sua carenza. E giungere a quella grande assenza era forse l'aspirazione di una
persona. Quell'uomo godeva della sua impotenza proprio come un uomo si riconosce. Lui stava
spaventosamente usando ciò che era.

..come se una persona sapesse ciò che cercava solo quando l'avesse trovato

...come chi dice che non sta male e invece sta male e si santifica nel suo dolore
...accettando che l'alba precedesse la percezione dell'alba
“oh io sono pigra! Voglio essere felice ma non avere tutta quella fatica orribile di rendermi
felice”

“si, d'accordo” disse lei solo per non rimanere sola, perchè quando diceva la verità trovava l'improvvisa
muraglia degli altri che si difendevano.

Immagina qualcuno che abbia avuto bisogno di un atto di violenza, un atto che facesse in modo che
fossero gli altri a rifiutarlo, per il semplice fatto che lui non aveva il coraggio di rifutarsi

poteva inventare un tipo(di sé) che anche se non la simbolizzava, le piaceva come scelta – senza che
avesse nessuno dei suoi attributi in realtà , ne che li volesse.

Gli sembrò che la paura stabilisse un'armonia terrificante. E lui era appena caduto di nuovo nella
trappola dell'armonia.

A cosa gli era valsa la libertà? Non ne ha fatto nulla. Ha cosa gli era valsa la libertà profonda ma senza
potere?

Perdeva se stesso in un mondo vuoto e completo, che non aveva bisogno di un'altro uomo

si muore con la stessa impalpabile energia con cui si vive, con lo stesso tipo di dono che si fa di se
stessi. E si muore stranamente felici nonostante tutto: sottomessi alla perfezione che si serve di noi. E
si.. per uno strano adeguamento, accettando

c'è una pazienza mostruosa che permette che uomini, nell'arco dei secoli, annettino con lo stesso
ostinato errore altri uomini.

Se non avesse fatto attenzione, un albero più alto lo avrebbe fatto sentire completo, e un piatto di cibo
lo avrebbe comprato in un momento di fame e lui si sarebbe unito ai suoi nemici che si facevano
comprare dal cibo e dalla bellezza.

immaginarsi come un grande cavallo che abbiamo in casa e che di tanto in tanto compie i suoi giri
fantastici, impunemente libero, guidato dalla bellezza della tensione spirituale che equivale al modo in
cui il nostro corpo si disgrega.

...e allora, con qualche scrupolo – come se non avesse il diritto di usare certi procedimenti – come se
stesse capendo una cosa totalmente incomprensibile come la santa trinità - lui quasi capì

lui la giudicò in modo convenzionale, come la gente spera di essere giudicata, e per questo fatica tutta
la vita … ma convenzionale significava per lei cercare una regola di vita, un ordine a cui adeguare la
propria libertà. Oh! Lei non voleva provare di nuovo l'esperienza della libertà che l'avrebbe portata a
cercare ancora e ancora e a gridare che non voleva soltanto un passato.

La signora si spaventò, perchè sapeva di essere pericolosamente matura per ricevere una carità. “non
mi distrugga con la sua comprensione! Non sia cortese con me, non mi sorrida – non infranga il mio
potere!”

l'impossibile giorno d'oggi – il tempo era venuto da così lontano per annientarsi nell'oggi

..la parola che lui aveva atteso non gli era venuta sottoforma di parola. Lui l'aveva tradota in realtà con
l'innocenza della forza. Semplicemente, lui l'aveva realizzata.
Martim non chiedeva più il nome delle cose, le riconosceva nel buio – le intuiva con la mano – e
vedendole avrebbe visto quelle cose sotto i loro falsi nomi.

Un uomo che giudica è comunque “buono” perchè compie un sacrificio.

Se non ci fosse castigo il lavoro di milioni di persone andrebbe perduto ...la verità degli altri doveva
essere la sua verità, o il lavoro di milioni di esseri sarebbe andato perduto...
in un minuto recuperò la cortesia di una persona tra altre persone. La civiltà di un uomo che traspira
discretamente
questa, anche se non era la verità migliore, era pur sempre una verità che aveva valore di scambio
si sforzava con un certo sforzo, di recupearre la verità altrui

un delitto di pietà e di delusione, di eroismo, un gesto di collera, di ripugnanza, di disprezzo e amore: lui
aveva compiuto la violenza come si compie la bellezza.
precisamente il suo delitto? Aver sostituito l'atto vero,impossibile e sconosciuto con il grido di
negazione. Ma anche la negazione come nominarla tale? Se ora gli sembra il più ostinato fremito di
speranza e di appello all'altro?

Quell'uomo non avrebbe mai dovuto penetrarsi a fondo, poiché nel fondo, lui era fatto per essere
guidato

la dura lotta che quotidianamente si intraprende contro la grandezza, la nostra grandezza mortale – la
lotta che quotidinamente, con coraggio, si intraprende contro la nostra bontà, perchè la bontà reale è
una violenza – la lotta quotidiana che intraprendiamo contro la nostra stessa libertà, che è troppo
grande, e che con minuziosi sforzi riusciamo a limitare. Noi che siamo così obiettivi e che finiamo per
conservare solo ciò che ci è utile: con costanza facciamo di noi l'uomo che un altro uomo possa
riconoscere e usare. E per discrezione ignoriamo la ferocia del nostro amore. Ci adoperiamo per
mostrare di noi quello che non possa far paura...

Tutti sanno la verità! E anche se la ignorassero, tutti i volti sapevano! È quando la gente vuol parlare
che si confonde, ma tutto il mondo sa tutto.. e allora, vessato- di quella vergogna attraverso le quali
passano le persone molto impetuose – lui si ritirò in punta di piedi, promettendo di non fare mai più
tanto baccano, perchè milioni di persone lavoravano senza fermarsi, salvando notte e giorno. Lui aveva
pensato che le foreste dormissero intatte e all'improvviso scopriva che silenziosamente le formiche
stavano divorando l'intera foresta, diavolo! Noi siamo inesauribili! Quello che non aveva capito è che
c'era un patto col silenzio, e, ridicolo,eroico, se ne era venuto con le sue parole. Ma già molto prima di
quelli che hanno il dono della parola, tutti sapevano. Tutte quelle faccie … per cui ora non riusciva più a
pensare in termini di parole e cercava di trasfigurarsi completamente in se stesso: raggiungere quello
stato di trasfigurazione il cui punto più alto è l'avere una faccia che sa.

cosa andava bene? Lui non sapeva esattamente cosa andasse bene.
Ma non poteva prescindere dal ridurre tutto ciò che gli capitava a un qualcosa di comprensibile per i
milioni di uomini che vivono della certezza, poiché quegli uomini hanno anche rischiato (per quella). Ed
essi non devono mai essere disturbati nel loro lavoro di sonno, ne deve mai essere scossa la loro
certezza...quindi niente di quello che lui poteva offrire sembrava utile. Lui voleva entrare a far parte
della festa a ogni costo, ma tutto ciò che faceva era eclatante, per quanto discreto fosse.

Ora voleva sacrificare loro la sua incredulità. Era un'eroica amputazione: consisteva nell'accettare in se
stesso solo quello che gli uomini possono capire, in modo che, per averlo capito, non si fossero trovati
di fronte a un cammino incerto.
La verità non importava. È una cosa secondaria quando si vuole il simbolo. Lui aveva un nuovo simbolo
da perseguire : sono dei vostri! Consegnava la sua coscienza aberrante a quegli uomini tanto
numerosi. Stava forse esagerando l'importanza di ciò che stava loro consegnando? Ma come si riesce
se non si esagera? L'esagerazione è l'unica dimensione possibile per chi è piccolo: io devo esagerarmi,
altrimenti che ne faccio di me così piccolo? Ma non poteva nemmeno far vedere troppo vistosamente
che si stava consegnando completamente a loro. Ciò avrebbe scandalizzato la modestia di quegli
uomini – li avrebbe offesi come si offende un povero nel fargli vedere la carità della ricchezza.

Ma cosa portavano avanti quegli uomini? Quale fardello? Quale fiaccola? Il compito della certezza! E
per portarlo avanti si proteggevano con l'essere piccoli e idioti

Fu allora che, entro i suoi scarsi limiti,lui allora volle esser buono. Ed essere buono era in fin dei conti,
l'unico modo di essere gli altri.

È vero che mentii molto. Ma forse mentire è il nostro più acuto modo di pensare. Forse è il nostro modo
di prendere.

ma qualcuno avrebbe mai accettato il modo in cui era giunto ad amare?gli uomini chiedono che gli si
nasconda il processo. Solo dio non proverebbe nausea per il suo contorto amore.

Che ne sarebbe di noi se non ci servissimo, come dio, dell'oscurità?

Molte delle emozioni che stava provando non erano vere, lui stava fingendo la verità come modo di
ottenerla.

Nel sistema di martim, quando una cosa arrivava a nascere, era perchè era già completa.

E voleva entrare in quel mondo che aveva il vantaggio eminentemente pratico di esistere

noi che abbiamo il bsiogno di essere qualcosa che gli altri vedono, perchè se non anche gli altri
correranno il rischio di non essere più se stessi, e allora, che complicazione!

D'altronde loro esigevano il suo ritorno! Nessun uomo poteva andare perduto, il progresso di milioni di
uomini aveva bisogno di ognuno di essi!

siccome non c'era modo di sfuggire alla verità – si poteva usare la menzogna senza scrupoli

era stato mediocramente onesto con una cosa che è troppo grande perchè non possiamo essere onesti
con essa, noi che abbiamo dell'onestà l'idea che se ne fanno i disonesti!

In un certo senso, ognuno di noi offriva la sua vita all'impossibilità


noi siamo veramente quello che l'impossibilità crea in noi. E forse la sua sarebbe la storia del modo in
cui poteva essere toccata questa impossibilità.

La parte più generosa della sua natura era quella tendenza al grandioso

Cattiveria e bontà provengono dallo stesso cieco desiderio – fossero della stessa natura solo con
risultati pratici diversi. Come se la cattiveria fosse la mancanza di organizzazione della bontà

Qualunque modifica al rito rende un uomo individuale e questo mette in pericolo l'intera costruzione e il
lavoro di milioni. Qualunque errore nella frase la renderebbe personale.e francamente, non c'era
necessità d'essere personale. Già esistono formule perfette per tutto quello che si vuole dire. La stessa
parola era precedente all'uomo. Tutta la questione è nel saper profondamente come imitare, poiché
quando l'imitazione è originale essa è la nostra esperienza. Ecco perchè gli uomini imitavano.

Forse l'essenziale non è stato destinato a essere capito. E perchè tentiamo, di nuovo e di nuovo, la
porta della comprensione? L'essenziale è stato solo destinato a compiersi.

Qualcosa era successo con precauzione, per non ferire la nostra modestia.Come se ci fossero atti che
realizzano tutto ciò che è al di fuori del nostro potere, e l'atto va al di là del potere.
E quando quell'atto si compie, si realizza qualcosa che il pensiero non era riuscito a fare, noi che siamo
di una perfezione atroce – e il tormento è non essere all'altezza della nostra perfezione. E in quanto
alla nostra bellezza, noi la sopportiamo a stento.

Ci sono molte cose antiestetiche da perdonare


ma comunque ormai, la mimica della resurrezione era stata fatta.
Poiche come spiegare che – senza resurrezione e senza gloria – quella donna lì fosse nata per
la vita quotidiana.pe ril mistero della vita quotidiana.

E potete lasciare a noi questo compito, e dio è il nostro compito, noi non siamo il compito di dio.
Potete lasciare a noi la vita! Oh noi sappiamo bene quello che facciamo – e con la stessa impassibilità
con cui i morti ormai stesi ormai sanno quello che fanno.

Di nuovo, per un attimo nauseabondo aveva avuto la certeza. Che era una speranza impersonale.
Come se speranza non significasse sperare, ma ottenere. Con la speranza assurda egli otteneva,
così come un uomo con un bambino per mano.

Ma sai Che con la speranza tu perderai tutte le altre armi?

E allora, senza neppure porsi la domanda, senza neppure tentare di rispondere lui pensò che era nella
sua personale estrema carenza che lui aveva speranza. Come se un uomo fosse talmente povero che
“così non può essere”.

Lui stava cercando di divertirli e rallegrarli e l'impossibilità fa il pagliaccio. Oh divertire gli altri è uno dei
modi più emozionanti di vivere - lo spiegare non ha mai portato da nessuna parte e il comprendere è
una futilità, pensò lui come una donna impegnata ad allattare il figlio.
“che luce è quella, papà?” gridò camminando a quattro zampe per far ridere suo padre, facendo una
domandina vecchia e scontata pur di ritardare il momento in cui avrebbe assunto il mondo. “che luce
è?” domadò birichino, con il cuore che batteva di solitudine.
Il padre esitò, severo e triste nella sua tomba “è quella della fine del giorno” disse solo per pietà.

Guardò il prossimo a uno a uno. Chi siete? Erano facce con nasi. Doveva forse investire tutta la sua
piccola fortuna in un gesto di fiducia? Eppure era una vita che non si ripete la sua, quella che avrebbe
loro consegnato. Chi siete? Era difficile dare a loro. Amare era un sacrificio.
chi siete? Che cosa dubbia siete? Come se, assurdamaente, io avessi visto tempi migliori e conosciuto
un'altra razza di gente e non potessi accettarvi, ma solo amarvi? In verità, siete? E fino a che punto
(siete)? E potrei amare quella cosa che voi siete? Lui non li conosceva – noi siamo sporadici. Umile,
volle costringersi ad accettare anche questo: non conoscerli.
Ma non lo sopportò, lui alla fine non lo sopportò. Come posso continuare a mentire? Io non credo, non
credo! E guardandoli, lui volle solo piante, piante e il silenzio delle piante. E ripetè piano, abbagliato
“non credo...” abbagliato, si. Perchè, alleluja, ho di nuovo fame. Tanta fame che ho bisogno di essere
più d'uno... due...tre...cinque...trentamilioni. Uno è difficile da portare , io ho bisogno di milioni di uomini
e donne e della tragedia e dell'alleluja.
La sua estrema penuria lo portò a una vertigine d'estasi.
Non credo, disse lui, avendo fame, e cercando sulla faccia degli uomini quello che un uomo cerca. Ho
fame, ripetè privo di qualunque appoggio. Doveva forse ringraziare dio per la sua fame? Perchè il
bisogno lo sosteneva.
Intontio, li osservò uno a uno. E lui- semplicemente, non credeva. “eppur si muove”, disse con una
ostinazione da asino.
“andiamo” disse poi loro, piccoli e confusi. “andiamo”, disse. Perchè loro dovevano sapere quello che
facevano. In nome di dio, io vi ordino di non sbagliare. Perchè lui rimetteva nelle loro mani tutto un
carico prezioso e marcio, un carico da gettare in mare... un carcio di colpa che doveva essere gettato
via ma anche con la misericordia, poiché alla fine, noi non siamo poi tanto colpevoli, siamo più stupidi
che colpevoli. In nome di dio, io spero che vosi sappiate quello che state facendo. Perchè io, io ho solo
fame …

MANGIACAPRE

com'è crudele la malattia del benestante che non può lottare!


Quando ti rassegnerai e lascerai che il mondo decida per te? Ci sono delle regole. Basta immettersi.
Poi non avrai più deleghe... non sei stanca, vuoi ancora misurare la tua forza?
Quanta crudeltà, questa infanzia mai superata...
cancello scritte scrivendo
sul vostro sangue posso vivere la mia storia anemica
maledetto chiarore, perchè squarci le tenebre?
Salitò fino all'ultimo gradino le scale del silenzio e troverò le mie possibilità tutte marcite...
non ho nulla da dire... invento parole a gara coi profeti
non ho le basi per la rivoluzione – non mi interessa il sentiero del contentino – voglio tutto e voglio
impossessarmene con la forza
noi consumiamo le nostre possibilità di sopravvivenza
nulla è più avvincente dello spettacolo della vita che consapevolmente tenta di salvare se stessa
linguaggio forbito, mi congratulo, ho sempre un certo odio verso il tempo rubato da queste e per queste
parole alla mia pelle. Posso usarle vendicandomi in questa accozzaglia.
È importante il segno. Non possiamo più vivere senza educazione. Non riesco a continuare senza le
infiltrazioni bastarde della mia mente.
Il pensiero non si rassegna ad abbandonare il codice delle sue categorie e le parole ricreano dei codici
assurdi dove tutto è conosciuto ma non vissuto.
che squallore, non so come spendere il giorno, tutti i miei giorni – retaggio di un individualismo
parassita
il cambiamento è impossibile perchè il soggetto del cambiamento deve continuare ad essere per la
verifica dello stesso (cambiamento) – allora il sapere assume il suo vero volto di una tautologia
conservatrice.
L'immagine di me oggi mi palesa il senso di tutta la mia vita: ho scelto di restare a marcire senza
ragione
ma la scelta precede sempre la necessità... nulla di ciò che io porto all'essere dovrebbe
necessariamente essere
suo figlio cominciò a volare: lo uccise. Non fare mai quello che la tua specie non riconosce di fare

Ma cercarti per essere, quando hanno cominciato a darti un ruolo da integrata bambina buona non è
facile
ho paura che un ruolo sta cominciando a penetrare in me. Io uso sempre cominciare.Ma io non voglio
affaticarmi per la mia sopravvivenza, non voglio vuotare il calice e non mi interessa l'eroismo...allora
fuggi da te maledizione, possibile che non riesci ad afferrare le leggi della sopravvivenza?
ma io non voglio difendere il carnefice dagli occhi di bambino non so più accettare questa caricatura
complessa che non riesce più a riconoscersi...
non puoi pretendere da me quello che la specie non si dà

forse voglio alzarmi ma una gamba è perduta: questi strani desideri da sani non dovrebbero
infastidire i malati

non sei morto ma il personaggio è tropo forte per permetterti di vivere come uomo

è una beffa: i pochi momenti di vita mi vengono sottratti dagli stessi (momenti) che vorrebbero
donarmela
domani è festa ma la salute coerentemente mi abbandona: non posso avere quello che ho sempre
rifiutato

vorrei lottare con la forza della vostra condanna.

Bisogna comprarsi un silenziatore. Sono stanca di essere svegliata nella notte dal colpo di un mio
delitto.

Il silensio è una prigione di ricezione.


ho puntato sempre sulla sconfitta – non si può correre tutta la vita verso la propria
deformazione
il pensiero del senso e del significato deve non esistere perchè non ho alcuna illusione da sacrificargli

sono cresciuta fino a farmi paura


Non può recitare se il personaggio reale le mostra il metro della sua finzione.
quanto mi costa uscire, starei per sempre in questo reliquario

Ancora mi nutre il genitore – io so che non saprei strappare alla vita la mia parte – sono in fasce
– non posso che guardare i miei inutili gesti di rivolta e il ritorno all'ovile
Sei privilegiata: c'è chi si sporca per te!
la fine, la temporalità,il limite, mi lanciano nella sfida di una volontà di perdere senza gadagno

Tacere, rassegnarmi e continuare la strada dei nostri padri?io dovrei per non morire, dichiarare
il mio sentimento un gioco inutile, inchinarmi alla saggezza dell'esperienza, sotterrare il passato
senza passato, riconoscere la malattia perchè è malattia!? Vero, maestri della vita?

Il tempo nemico nella sua esigenza di spazio


se non scrivo perdo il mio essere in questa fame maledetta che sembra unica forma possibile

perchè ho scelto questa morte? Ora esco ma dove portare questa malattia?

siamo vissuti nel cancro del linguaggio. il verbo non manifesta l'essere ma lo divora.

KRISTEVA
guardate da veggente e non da vicino!

Io sto crescendo e per la crescita tutte le vie sono buone


vi maderò le mie poesie: la mia vita trasfigurata – la mia vera vita
in voi sento la forza di amare, non tutta me stessa: il caos! Ma la me migliore
dei miei sentimenti per voi se n'è andata via la vita: l'urgenza!
Un sentimento qui uno là, in me tutto s'assesta e s'afflata
io sono di casa in tutte le chiese perchè la chiesa è la vittoria sulla casa, sulla vita quotidiana, sul vicolo
cieco...
oltre le correnti sottomarine interiori c'è anche il concorrere semplicemente alle cose
oh! non sono una donna! Porto tutto quello che agli altri non dona!
in me ci sono troppe anime e a volte induco in errore
trovate parole che mi incantino! credo solo negli incantesimi!
IO SONO ORMIA UN COLLETTIVO! SONO FUORI DI ME
tutta la vita che sono fuori- che fuggo da me stessa...
sappiate essere come un tino che non trattiene nulla perchè si passi attraverso voi solo straripando
io non sono fatta per la vita! In me tutto è incendio...posso portare avanti dieci rapporti (che
orrore: rapporti!) e convincere ognuno dal profondo che è l'unico! Ma non tollero che mi si
voltino le spalle – io sono una creatura scorticata a nudo. Tutti voi avete la corazza: l'arte, la vita
sociale,le amicizie,le distrazioni, la famiglia, il dovere … io nulla
Dopo aver avuto-preso come mai nessuno ha ricevuto-preso, non voglio più niente di meno!

CRISTINA CAMPO
signori cattolici perennemente crociati....
Giocarsi,senza batter ciglia,di attimi irreparabili
carattere mercuriale ambivalente imponderabile, spericolato
la sprezzatura è un dono giovanile, non la si divorzia dal sorriso del quale si riveste la potente
inclinazione all'ascesi della giovinezza
pronto all'omaggio, tacito agli affronti, verecondo verso gli onori offerti, difficile a
indignarsi,affabile,trattabile,lieto e moderatamente giocondo, socievole senza disprezzo,
grato,benefico,attraente”
santi che con lievi mani gettarono la vita nell'immutabile
Affrancamento gaudioso da se stessi, santa indifferenza
regno dove prendere e lasciare solo una sola estasi.
Ciò che distingue il sacro, la poesia è la sua reclusione,segregazione, l'estatico vuoto in cui si compie.
Pazienza tetragona e soave
spaziati, vincolati dalla danza immobile delle ore,dei divieti,dei riti...
le leggi che presiedono alla poesia: l'astensione,l'accumulo...La parola che dovrà prendere corpo in
questa cavità non è nostra. A noi non resta che attendere la lentissima e istantanea precipitazione
PROUST: il principio dello stile è lo stesso principio su cui si fonda un salotto classico: la rinuncia.
Astensione e interdizione sono le assise del destino. La virtù è negativa, fatta di astensioni
arconti
aveva il sentimento esaltante di possedere la terra non per ciò che vedeva ma per il luogo in cui era
diretto
perchè il destino non è nel campo che si possiede ma nella perla per cui si vende quel campo
le sue comunioni d'inferno,le sue leghe oscure di consigli atroci e cose funeste. Santità e
stanicità sono le realtà uniche, ciascuna è un'estasi – un sottrarsi alla vita gratuita.
verecondia frenente e incommovibile di lucia
ordine votivo delle coltivazioni
mondo di associazioni mirabili
MITO: destino figurato del quale è parte la natura stessa – per questo il destino è sempre condannato
là dove è condannato il paesaggio
in quel fitto (della foresta) dardeggiano le spole degli incontri-creature e luoghi bloccati nella
pura ambra dell'incantesimo-dopo le ordalie della bellezza e della paura-ricomporrà graziosi
mosaici di figure (dipinti di Fatma)

uomo mosso dalla tenue musica devastatrice – risponde con pura intonazione attrvaerso un movimento
del corpo nello spazio → per ritrovare la terrificante intimità dell'incontro col suo destino l'uomo ripete
quel gesto, lo trasmette e insegna. Resurrezione quotidiana grazie alla stilizzazione di parole allusive e
tragiche vesti di quegli attimi fatidici. Questa la genesi del rito.

cristo”il mio tempo non è ancora giunto, il vostro è pronto sempre”


→ diff tra destino regale/destino vicario
IL SANTO TRISAGIO
lunga notte del SACCO LITURGICO, della carneficina del rito – la stessa comunione dei santi che cos'è
se non un siderale luogo geometrico dove destini si danno convegno, si scambiano misteriosi alimenti,
trafficano in fluide monete?
Destini ineludibilmente comunicanti – fluenti l'uno sull'altro
aspidi attentissime orientarono sul convegno inesplicabile tutta la loro esistenza (si adoperarono
completamente per quell'incontro)

FIABA ARALDICA della quale un'infanzia si fregia riconsocendo in anticipo il suo BLASONE futuro – il
bambino,dal destino difficile, gravido di dolorose metamorfosi, reclamerà sempre di nuovo il “brutto
anatroccolo”

viviamo in un'era di sostituzioni e prodigiose supplenze sono ancora concesse.


rissoso, prodigo e squisito – indulge a tutte le concupiscenze
speciosi sofismi
amore funestato da docici figli
elementi che giungono ai loro FASTIGI
rimpianto tutto religioso, per i vecchi sprechi dell'anima – per il sacramento della distanza.
epoca in cui lo stesso sfarzo capovolse il proprio significato (di vagheggiamento e dominazione
terrestre) in contemplazione delle vanità, ebbra offerta di cose destinate a perire

ACHMATOVA
una qualche forza oggi è entrata, nel tuo sacrario, o tenebra!
Sempre la misericordia di dio, scende da vette incontestabili
A PUSKIN: a quale prezzo egli conquistò il diritto, la grazia, la possibilità, di scherzare su tutto e
chiamare un piede, piedino?
Sto sull'infame palco della disgrazia

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