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SAGGIO TAINE: Stendhal

Taine si concentra, nel suo saggio, principalmente sul Rosso e il Nero.


In un primo momento, l’autore ci mostra come, per lui, La Certosa di Stendhal sia uno dei migliori
romanzi che quest’autore potesse creare dato che mai aveva visto, in altri romanzi, una psicologia
così profonda, con un tono unito, utilizzando solo mezzi semplici.
Il saggio di Taine si ricollega interamente all’idea che Beyle (Stendhal) sia un uomo superiore.
Alcuni sottolineano la profondità dell’analisi del cuore, l’altezza di vista di un autore che, essendo
superiore, può produrre solo personaggi superiori.
Si comprende che la critica di Taine considera solo il personaggio di Julien, nel quale riconosce dei
tratti di Beyle. Julien è un personaggio che è sempre stato difficile da cogliere per la critica del XIX
secolo; proprio per questo appare come l’eroe immortale romantico.
Stendhal, uomo superiore che crea personaggi superiori, ha anche idee superiori: riesce a mettere in
atto una psicologia in azione dalla quale Taine sostiene si possa trarre una teoria delle passioni.
È ancora con il suo stile che Beyle afferma la sua superiorità: non si preoccupa del pubblico e si
accontenta di un riconoscimento postumo. Il suo stile è, inoltre, caratterizzato da una sottile ed
elegante ironia che fa di Stendhal un osservatore e non un moralista.
Tutte queste qualità, insieme all’estrema coerenza tra l’uomo e l’opera, permettono a Taine di
trasformare Stendhal in un classico moderno.
È proprio questo che porta Taine a preferire Stendhal a Balzac il quale, secondo Taine, è pesante
perché spiega tutto e troppo, diversamente da Stendhal che non commenta e si cancella davanti alla
sua opera.
Secondo Taine, il miglior modo per classificare Stendhal è sotto il segno di uno spirito superiore: un
tale spirito è poco accessibile perché bisogna salire per raggiungerlo e la folla, che odia la fatica,
non riuscirà mai a raggiungerlo.
Stendhal non cerca di lodare o guidare la folla perché si trova in basso; lui racconta dall’alto e ciò
gli permette di scegliere solo gli oggetti più degni di un suo racconto.

I.
Ogni scrittore, volontariamente o meno, sceglie nella natura e nella vita umana un tratto principale
da rappresentare (un suo mondo preciso). Il mondo che Beyle si sceglie è quello dei sentimenti, dei
tratti del carattere, delle vicissitudini di passione -> vita dell’anima.
Stendhal non vuole, con mezzi fittizi, affascinare l’anima del lettore ma, per farlo, utilizza i «tout
d’un coup», cioè un evento improvviso. -> Le Rouge et le Noir racconta la storia di Julien, e Julien
finisce ghigliottinato.
Il cuore dell’uomo è al primo posto. I nostri sentimenti sono la causa della nostra condotta. La
descrizione, per quanto pittoresca e riuscita, è insufficiente, perché la scrittura non è la pittura -> per
questo lo scrittore fa bene ad attaccarsi ai fatti, alle idee e ai sentimenti: tutte cose che la parola
raggiunge naturalmente.

II.
I personaggi di Stendhal sono esseri superiori; l’autore scegli la gente al suo livello.
I suoi personaggi sono molto reali, originali, molto lontani dalla folla, come lo stesso autore.
Questa originalità va quasi fino all’inverosimile e molti lettori troveranno i caratteri impossibili,
penseranno che la singolarità qui diventi bizzarria e contraddizione.
In Le Rouge et le Noir, Mme de la Mole, Mme de Renal, il marchese e Julien sono tutti grandi
personaggi ma, l’ultimo è un perfetto carattere naturale: lui è contraddittorio, imprevedibile, è un
vero paradosso.
Un carattere è naturale quando è d’accordo con sé stesso, e tutte le sue opposizioni derivano da
alcune qualità fondamentali. Le azioni e i sentimenti sono veri solo perché sono coerenti.
Ne risulta un orgoglio eccessivo, appassionato, continuamente ferito e ogni minimo shock comporta
la creazione di nuove idee e il completo assorbimento ad esse. Da qui si ha un ritorno perpetuo su sé
stessi: un’incessante interrogarsi su sé stessi e la costruzione di un modello idealistico con il quale
ci si confronta e che governa la vita del personaggio.
Questo modello, Julien lo crea e questo è ricollegabile alla sua originalità: inventa la sua condotta, e
sconvolge la folla che non sa che imitare.
OBIETTIVO di Julien è «Parvenir!»
Arrivare, come si fa? Julien, erroneamente, combatte la vita ma lo fa con una tattica ben precisa:
diventare prete -> capisce, attraverso vari piccoli eventi della sua piccola città, che il futuro è ai
preti.
Da qui nasce la sua volontà a farsi prete che però si traduce in ipocrisia; questa è, per il lettore
terribile MA naturale.
Quest’anima profonda, colpita dalla sua prima educazione da un’incurabile diffidenza, dà una
magnifica idea del vigore inventivo e operante dell’uomo.
Julien è dissoluto fino all’eroismo e, per seguire il modello ideale da lui creato, cerca di opprimere i
sentimenti -> CONSEGUENZA: crollo finale.
Personaggi come questi sono gli unici che meritano di interessarci oggi. Si oppongono sia alle
passioni generali e alle idee popolari vestite da uomini che popolano la letteratura del XVI secolo.
Sono reali perché sono complessi, particolari e originali come gli esseri viventi. Ma, d’altra parte,
sono fuori dal comune, ci tengono lontani dalle nostre abitudini piatte, dalla nostra vita meccanica,
dalla stupidità e dalla volgarità che ci circondano.

III.
Per Stendhal che è uno spirito superiore, osservare questa tipologia di caratteri, significa studiare
l’uomo che lo porta a dipingere la specie.
Beyle fu allievo di molti ideologi che sono molto più retorici che osservatori; essi mettono in
evidenza verità conosciute al posto che trovarne delle nuove.
Beyle non ha questo difetto; lui spiega il suo eroe meglio di quanto farebbe l’eroe stesso, perché
smette di sentire non appena inizia a giudicare sé stesso. Questa possibilità di raccontare così bene
gli eroi è data dalla presenza di numerosi dettagli che, però, non vengono spiegati dall’autore ma è
il lettore a doverli comprenderli.

IV.
Per ottenere il primo posto, bisogna non solo avere delle idee, ma dirle in un certo modo. È poco
possederle, bisogna usarle con grazia.
Questo è il difetto di Balzac che offre una continua esaltazione dei personaggi mentre Stendhal fa in
modo che le azioni definiscano la grandezza dei suoi personaggi.
Beyle fugge dall’entusiasmo, o piuttosto evita di mostrarlo. Le nostre idee sono per tutti, i nostri
sentimenti devono essere solo per noi. Motivo di questa riserva è che si preoccupa poco del
pubblico; scrive molto di più per compiacersi che per essere letto.
Beyle è la guida perfetto; non dice mai ciò che ci ha insegnato, né ciò che sappiamo in anticipo. In
questo secolo, in cui tutti hanno tanto letto, la novità incessante e la verità sempre imprevista danno
il piacere più elevato e meno conosciuto.

V.
C’è però un accento in questa voce indifferente, che è quello della superiorità, cioè l’ironia. Questa
è delicata e spesso impercettibile: scherza sulle persone senza che se ne accorgano. La beffa di
Beyle è perpetua, ma non è affatto offensiva.
Prende in giro i suoi eroi, lo stesso Julien, con affascinante discrezione.
A volte la beffa viene gettata di passaggio; non si sa se Beyle ci abbia pensato, tanto è naturale.
Quando il lettore smette di vedere le frasi e vede le idee in sé, l’arte è compiuta. Una mente
superiore è così innamorata delle idee da non interessarsi alle parole eleganti, ma è solo preoccupata
della loro verità e del loro legame.
Beyle, per la stessa ragione di Montesquieu e Voltaire, ha, come loro, quelle parole incisive e quelle
frasi penetranti che costringono l’attenzione, affondano nella memoria e conquistano la fede.
Le idee profonde arrivano di colpo; sfuggono alla prima lettura, alla seconda si aggirano e, per
quanto si possa rileggere, se ne trovano sempre di nuove. Beyle le getta in forma di transizioni, di
dialoghi, di piccoli eventi: questo è il suo riempimento.

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