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Interpretazioni dellInfinito nella patristica orientale



D A G RE G O RIO D I NIS S A A MA S S IMO
IL C O N FE S S O RE
2

S onoancora pi contenta perchpi ti conoscoepi vorrei conoscerti, pi ti scrivoepi vorrei chetu mi
rispondessi.

3




Introduzione : loikonoma di Origene.
Panoramica sullInfinito nel pensiero classico... 3


Attestazioni dellInfinito nella patristica greca8


Il 21 capitolo del De Hominis Opificio : la nozione di Infinit
del bene in rapporto alla necessit ontologica della resurrezione...11


Il proemio del De Vita Moysis e la Sesta Omelia
sul Cantico dei Cantici : descrizione dellepktasis,
genesi e ruolo dellineffabile gregoriano.16


Influenza dellInfinito gregoriano sul trattato
Sui nomi divini dello Pseudo-Dionigi.27


Massimo il Confessore : finitezza del creato
e critica allepktasis. Due estratti dagli Ambigua31

Bibliografia38
4


Introduzione
Sembra un ironia della sorte : gli studi che riaprirono la discussione sul pensiero di Gregorio Nisseno
(Platonisme et thologie mystique di Jean Danilou, Essai sur la philosophie religieuse di Hans Urs von
Balthasar) fiorirono negli anni a cavallo tra il 1941 e il 1945, nella Francia di Vichy, costituita e controllata
dagli occupanti nazisti.
Negli anni, quindi, che la memoria collettiva europea ricorda tuttora come i pi drammatici, i pi dolorosi,
durante gli eventi che sono ancora ritenuti il culmine del dispiegamento della crudelt e dellodio delluomo
contro luomo.
Resta una curiosa coincidenza. Gregorio di Nissa tra gli autori che, in ambito greco, fecero emergere
prospettive sul dilemma del Male che si discostavano, quando non mettevano in crisi, l oikovoo
tradizionale. Naturalmente sarebbe assurdo ignorare lopera di Origene, alla quale il cristianesimo successivo
insieme dovette cos tanto e riconobbe cos poco. Mentre, per, Origene sforzava fino al suo limite iperbolico
la razionalit di ascendenza filosofica, e delineava una storia dellintelletto individuale (cos come
un oikovoo universale) fondata sulla preesistenza, sulla caduta, sullesercizio del libero arbitrio,
sullapocatastasi e in fin dei conti su un eterno ritorno
1
, Gregorio era spinto dallortodossia (che da decenni
tendeva a depurare o a ignorare del tutto Origene
2
, e nel 400, quando gran parte delle opere di Gregorio era
stata gi composta, lo condann apertamente), e da alcune proprie geniali intuizioni, ad infrangere il
meccanismo della preesistenza e della caduta, ragionando sulla nozione straniera per eccellenza nella
razionalit filosofica, ovvero la nozione di Creazione, e introducendone una nuova, carica di imprevedibili e
spettacolari conseguenze sul pensiero occidentale : la nozione di Infinito.
La vicenda di Origene segnava, se si pu dire, un punto darrivo.
Lesegesi dei testi vetero e neotestamentari (ricordiamo che Origene comment lintero corpus dei testi
canonici e realizz ledizione comparata dellantico testamento chiamata Exapla) e il confronto con le nuove,
dirompenti tematiche introdotte dal cristianesimo videro in Origene lautore del loro pi alto e geniale
confronto con la razionalit filosofica.
Anzitutto nel metodo esegetico : Origene, dopo Clemente, fu il primo anti-gnostico (alla luce della sua
vicenda personale, n ortodosso n cattolico sarebbero dizioni corrette) a riproporre la prassi gnostica
dellallegoria sistematica, e, anzi, la necessit di superare il dualismo gnostico fece dellallegoria uno
strumento sempre pi vitale e indispensabile nella sua opera di commentatore, soprattutto dellantico
testamento.
Ma non meno sul versante dottrinale. Il platonismo diffuso in tutta lopera di Origene rimarr spesso la
chiave interpretativa principale di concetti pure importantissimi- quali lopposizione di o e tvuo, il
Padre sar inteso come sommo bene, il libero arbitrio
3
sar il riferimento costante e il responsabile primario
della caduta e della redenzione degli intelletti, intelletti liberi che, in ultima analisi, si imprimeranno nel
pensiero cristiano come cardine indiscutibile dellantropologia.
Ma forse proprio nellapplicazione metodica della ragione, nella ricerca di cause razionali e universali, che
Origene si rivela filosofo nel senso pi cristallino e forse limitante del termine. Linevitabile e il giusto sono

1
Cf r . De Pr i nci pi i s II, 3, 10. Or i gene sost iene l a t esi di una r i pr oposi zi one di mondi cor por ei , ma non di una
r i pr oposi zi one di mondi cor por ei i dent ici , e most r a cos per f et t a coer enza con l a dif esa del li ber o ar bi t r i o.
2
Ne abbi amo l e conf er me pi ecl at ant i dall e oper e di M et odio di Ol impo (De r esur r ect i one) e di Epif ani o (Panar ion).
3
Nozi one che, pur essendo i n par t e al t er nat i va al pl at oni smo, comunque una f i li azi one del l a r azi onal i t f i l osof ica.
5

le categorie che lo guidano a strutturare l oikovoo secondo il misericordiosissimo ma forse disperato
ciclo di saziet (ko)
4
, caduta e apocatastasi, in breve secondo la necessit. Pu darsi che ognuno, messo
di fronte al dilemma cristiano del Male dopo aver conosciuto la sola filosofia classica, ragionerebbe come
Origene e arriverebbe alle sue stesse paradossali conclusioni.
Davvero indicativa, da questo punto di vista, la posizione origeniana sullIncarnazione. Ges, tra gli
intelletti preesistenti, avrebbe meritato con il suo libero arbitrio lunione con il Logos, in quanto sarebbe
stato lunico a non decadere : persino nella costituzione del soggetto responsabile dellevento di grazia per
eccellenza, il Logos-Ges, una motivazione razionale e incentrata sul libero arbitrio a fare da protagonista.
Lo stesso vale per lo Spirito, sulla cui natura di creatore o di creatura (o di intermediario tra realt creata e
increata) Origene si mostra indeciso, e il cui ruolo di imprevedibile dono di grazia viene ridotto dal grande
alessandrino ad un sostrato comune della santit, alla materia del bene cui d forma il libero atto
delluomo
5
.
Negli scritti di Origene, come gi prima di Clemente, la voi prevale sulla toti in quanto,
platonicamente, la toti persuasione in assenza di conoscenza, credenza in assenza di verifica, non certo
contrapposizione radicale alla voi , scelta eteronoma di apertura allintervento della grazia o professione
dineffabilit del divino (nozione, questultima, che non a caso ebbe in Gregorio di Nissa un suo precoce
quando audace teorico).
Insomma, Origene affront il dilemma cristiano del Male mantenendosi saldamente allinterno di una visione
filosofica, minimizzando gli elementi di (si pu dire iper-razionale?) rottura con uno schema di pensiero
ellenico (Creazione, Onnipotenza, Grazia) e avviando un processo di ontologizzazione del carismatico, di
neutralizzazione dellevento di grazia, dalle cui pastoie il cristianesimo si liberer parzialmente solo diversi
secoli pi tardi, e con notevoli difficolt in ambito greco.
(E facile rendersi conto di come ciascuno dei virus sopraelencati abbia un potenziale eversivo inesauribile :
si pensi a quel che hanno significato la Creazione per Eriugena, lOnnipotenza per Ockham, la Grazia per
Agostino, lInfinito per Gregorio, lIneffabile per lo Pseudo-Dionigi e per quanti abbiano accolto le sue
suggestioni).
Il confronto con Origene, come con Plotino, sar sempre indispensabile nella trattazione di Gregorio, poich
neoplatonica ancora latmosfera in cui si muove il Nisseno, e la stragrande maggioranza delle sue pagine,
tanto omiletico-esegetiche
6
quanto trattatistiche
7
o apologetiche
8
, si muovono ancora in una prospettiva
mediata da Plotino, da Origene nonch da Filone, che costituiva un precedente di rilievo nellesegesi
dellEsodo.

4
Nell a sua i nt r oduzi one al l a Vi t a di M os, M .Si monet t i pr ende i n esame l a di sput a t r a Hei ne e Danil ou, f aut or i di due
oppost e i nt er pr et azi oni dell oper a. Se Dani l ou vi r int r acci ava l a descr izi one di un esper ienza mi st ica, addi r i t t ur a
ar t i col at a i n t r e gr adi ascendent i (ma Simonet t i not a che non vi compar e l abbondanza di accent i mi st ici che per
esempi o cont r addi st i ngue l e Omeli e sul Cant i co), Hei ne vi l eggeva un el abor at a conf ut azi one del l i dea or i geni ana di
ko. Simonet t i r i l eva che un suggest ivo t est o di Or igene, Omel i e sui Numer i 17,4, pr ospet t a i l pr ogr esso i nf i ni t o
del le ani me anche senza r i cor r er e all a nozi one d Inf i ni t di Di o. A uno sguar do f i l osof i co, i l ko appar e
i nsci ndi bil ment e connesso all esal t azi one del l i ber o ar bi t r i o come condizi one pr i nci pal e dell a cadut a e r edenzi one
degli i nt el l et t i , e, se per Or i gene f osse gi l i nf i ni t o pr ogr esso a svol ger e quest a f unzi one, appar i r ebbe pr obl emat ica
t ant o l a r i ser va su un possi bi le ko escat ol ogi co quant o l a st essa pr esenza del ko pr ot ol ogi co.
5
M a l elenco pot r ebbe pr oseguir e a l ungo, si pensi al l a mar ginal izzazi one del l inf l uenza del l e pot enze avver se che
Or igene met t e i n at t o i n Pri n. III, 2.
6
Ci t o l a Vi t a di M os, l e Omel i e sull Eccl esi ast e e sul Cant ico dei Cant i ci , l a Spi egazione dell Esamer one.
7
M i r i f er i sco sopr at t ut t o al De Homi ni s Opi f i ci o.
8
Ci t o i quat t r o li br i Cont r o Eunomi o, i l Gr ande Di scor so Cat echet i co e le oper e mi nor i come il Di scor so ai gr eci i n base
al le nozioni comuni.
6

Perch Gregorio riconfigur in senso positivo la nozione di Infinito, alla quale tuttora legata la sua fama?
Sarebbe inutile dilungarsi sulla diffidenza nei confronti dellInfinito che ha permeato lintera cultura classica.
Il mito esiodeo racconta lorigine stessa delluniverso come un koo emerso dal :
Ditemi questo, o Muse, che avete dimora in Olimpo,
sin dall'origine, dite chi primo di lor venne a luce.
E nacque dunque il Cos primissimo; e dopo, la Terra
dall'ampio seno, sede perenne, sicura di tutti
gli Dei che hanno in possesso le cime nevose d'Olimpo
e gli splendidi fregi con gigantomachie e battaglie tra di ed esseri mostruosi illustrano come la stessa
fondazione della civilt fosse intesa come il risultato di una dialettica originaria tra legge e barbarie . La
cosmogonia del celeberrimo frammento dal Commentario alla Fisica di Aristotele di Simplicio, dove si parla
di Anassimandro e di un principio infinito
dal quale, per eterno movimento, si distaccano tutti i cieli e i mondi
riproduce fedelmente la cosmogonia mitica e la dialettica di e koo. LInfinito dunque visto come
la radicale negazione dellessere, negazione dellordine, negazione, in fin dei conti, della razionalit. Anche
la chra, nella narrazione del Timeo, ha caratteristiche di infinito e illimitato : questa volta, per, coeterna
al principio ordinatore (Bene, Idee eterne, Demiurgo).
In almeno due passi capitali di Aristotele, lInfinito condizione dellirrazionalit e assurdit di una tesi.
Nella Metafisica (XII, 6), il regresso allInfinito, il paradosso per scongiurare il quale viene delineata la
dimostrazione dellesistenza di Dio (anche qui, unoperazione di nomizzazione dellindefinito, di
determinazione dellindeterminato : come appaiono aliene ad una tale cultura le pagine dello Pseudo-
Dionigi!). Allinizio dellEtica Nicomachea (I, 2), poi, lInfinit di beni che luomo pu desiderare
lassurdo per evitare il quale viene ammessa la presenza di un Sommo Bene (t iotov). Nella Fisica (IV)
e nella Metafisica (K, 10), si ammette che lInfinito esista solo in potenza : che il suo atto sia il Finito (
koo, movimento anassimandreo) e dunque lInfinito in atto sia un assurdo
9
. LInfinito imperfetto e
solo il Finito perfetto.
Il fondamento ontologico del mondo, laspirazione morale delluomo e la stessa attualit del reale sono cos
da Aristotele, in linea con tutto il pensiero classico, connessi inscindibilmente al Finito, alla Perfezione,
allimposizione del koo.

9
Int er essant e anche l a di most r azi one che ne d Ar i st ot el e: Un Inf i ni t o di vi so dar ebbe un al t r o Inf i nit o, e quest o
cont r addi r ebbe i l pr i nci pi o che i l t ut t o maggi or e del l a par t e. Si amo agl i ant i podi del t eor ema di Cant or .
7

La Sto insiste sulla finitezza a tal punto da dover ammettere lcktooi. Quello che sempre, forse,
apparso un dettaglio marginale e curioso del solenne dipinto stoico, assurge invece a lineare e drammatica
conseguenza dellincapacit dei classici di concepire lInfinito. In relazione a quanto diremo pi tardi su
Gregorio, curioso notare come Nietzsche, per propugnare lEterno Ritorno dellIdentico, si sia impegnato
in una lotta senza quartiere contro il concetto di Creazione, tentando di mostrarne la vana inconsistenza. Un
vero filosofo, si potrebbe dire, che sentiva il bisogno di medicare intollerabili infezioni nella razionalit
filosofica, come la Creazione e, per lappunto, lInfinito.
La grande eccezione rappresentata dagli epicurei. NellEpistola a Erodoto (40, 42) si legge che la totalit e
linfinito sono due concetti coincidenti, poich
ci che finito ha un estremo, e lestremo si pu scorgere rispetto a qualcosaltro; ma il tutto non si pu scorgere
rispetto a qualcosaltro; di modo che non avendo estremo non ha nemmeno limite, e ci che non ha limite illimitato,
non delimitato.
E anche per la quantit dei corpi e per lestensione del vuoto il tutto infinito. Se infatti il vuoto fosse infinito e i corpi
finiti, questi non potrebbero rimanere in alcun luogo, ma vagherebbero per linfinito vuoto, sparsi qua e l, non
sostenuti n mossi da altri corpi nei rimbalzi; se poi fosse finito il vuoto, i corpi infiniti non avrebbero dove stare.
Il terrore per si accresce ancor pi nei pensatori tardo-antichi dispirazione neoplatonica : Plotino
10
ed
Origene. La loro soffocante adesione al bando classico dellInfinito avr, come indiretta conseguenza, la
scommessa gregoriana di stravolgere totalmente il significato dellInfinito, facendone la pietra angolare della
sua mistica e della sua originalissima risposta ai quesiti di teodicea, nonch, velatamente, alla questione
trinitaria.
E una nostra premura sottolineare la connessione, pressoch onnipresente, tra laffacciarsi dellInfinito negli
scritti di Gregorio e lurgenza di un problema di teodicea
11
. Il nostro sospetto che lInfinito sia stato
emendato esattamente per cambiare la prospettiva sulle molteplici varianti del tema del Male, e le sue
avventurose vicende future (a partire da Massimo il Confessore e da Scoto Eriugena) ne offrono
uneclatante conferma.
In effetti, troviamo strano il fatto che una grande conquista teoretica dellOccidente come la nozione di
Infinito e la sua pi imponente domanda morale (il dilemma del Male) siano rimasti incomunicanti per
duemila anni di storia. La nostra scommessa proprio dimostrare che, finch il dilemma del Male non ebbe
premuto con forza soverchiante sulla coscienza dei filosofi, questi non ebbero alcun bisogno di teorizzare

10
Plot i no un pensat or e ambiguo nei conf r ont i dell Inf i ni t o. Se alcune sue af f er mazi oni t endono a concepir e
un i nval icabil e super i or i t dell Uno r i spet t o al r est o degli esser i , con t er mini at t i nent i all i nf i ni t , non dobbi amo
di ment icar e che l i nt er o sest o t r at t at o del l a Sest a Enneade dedi cat o a r iget t ar e l Inf i ni t o come i ncompat i bi l e col
numer o e con l a mi sur a, che per Pl ot i no sono condi zioni necessar i e per ch qualcosa possa esi st er e. Ci che ha
l esi st enza i n quant o par t eci pe del l Uno gi ali enat o dall Inf i ni t . L Uno ha una f or ma di t r ascendenza i nf i ni t a sugli
al t r i esser i , che par adossalment e gl i der i va pr opr i o dal l esser e assol ut a negazi one del l Inf i ni t .
11
Nonost ant e il dossi er compil at o da Jean Dani l ou (sopr at t ut t o negl i ar t i col i sul M ut ament o, tot, e sul Culmine,
oktotov) r ipor t i i pi impor t ant i t est i gr egor i ani sull Inf i ni t o, t ale connessi one vi r imane per l opi l at ent e.
8

lInfinito. Non uneredit irrinunciabile del pensiero antico (come il principio didentit o la virt
autonoma), non esplicitamente formulato nel kerygma cristiano (a differenza della Grazia, della Potenza o
dellIneffabile) : se dunque ha penetrato silenziosamente la speculazione occidentale, a nostro parere,
proprio perch permetteva una pi o meno profonda rottura con schemi concettuali che, in passato, si erano
mostrati inadeguati di fronte ad alcuni essenziali quesiti.
Per un teologo cristiano, non pi possibile abbandonarsi alla ricerca disinteressata sul principio o sulla
struttura immutabile del cosmo. Pur nellirreversibile platonizzazione e ontologizzazione che travolge la
teologia cristiana a partire dal III secolo, si sempre costretti a confrontarsi con alcuni eventi che devono
restare dotati di senso : la creazione, lincarnazione, la resurrezione, la parusia. La storia scandita da questi
eventi e nessuno di questi eventi pu essere privato dimportanza da un assioma ontologico sulla struttura del
cosmo. In breve, non si tratta pi solo di conoscere come fatto il mondo e come fatto luomo, ma come
amato il mondo, e come amato luomo.
Questo porta allattenzione dei teologi una serie incalzante di domande totalmente sconosciute o indifferenti
ai filosofi antichi. Gregorio, ad esempio, dovr giustificare per necessit ontologica il ritardo
dellincarnazione o la resurrezione dei morti. O limpossibilit della visione beatifica come condizione
primordiale e finale degli uomini. In breve, dovr ricorrere alla teoresi per spiegare un evento. Di fronte ad
una novit cos sconcertante (spiegare un evento!), lingranaggio della filosofia classica fatica a funzionare, e
deve essere perci ripensato alla luce di alcune innovazioni concettuali. Nei testi che prenderemo in esame,
osserveremo per esempio come Gregorio elabori una logica alternativa, derivando dallInfinito una
particolarissima nozione di ineffabile, unontologia alternativa, invertendo gli attributi platonici del
bene/essere e del male/non essere con il filtro dellInfinito, e persino unetica alternativa, teorizzando
ltktooi, massima esaltazione e insieme radicale superamento della virt autonoma dei classici
12
(e di
Origene).
Col procedere della storia, le domande dei teologi cristiani sono venute meno, ma le loro innovazioni
concettuali, ormai affinate ed entrate nella mentalit occidentale, hanno continuato a godere di
unincontestabile fortuna. Siamo tornati a parlare di princpi e massimi sistemi con linventario concettuale
che serviva a spiegare un evento. Questo uno dei paradossi pi affascinanti e fecondi del pensiero moderno,
e lInfinito rientra a pieno titolo in questa traiettoria.




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Fenomeni descr i t t i per l a pr ima vol t a, r i spet t i vament e, da E. M uhl enber g (Di e Unendl i chkei t Got t es bei Gr egor von
Nyssa, Got t i ngen 1966) e J. Dani l ou (op.ci t .)
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I. Attestazioni dellInfinito nella patristica di lingua greca prima di Gregorio Nisseno.
La nozione di Infinito si manifesta principalmente attraverso i termini greci tciov e iotov (il primo
molto pi utilizzato del secondo), ovvero letteralmente privo di limiti e indeterminabile. I due termini
compaiono spesso in coppia, in stretta relazione con la descrizione (o, meglio, con la rinuncia alla
descrizione) della natura divina. Il binomio tciov / iotov indica quasi inequivocabilmente
lespressione della nozione di Infinit. Ma talvolta uno dei due termini (o entrambi) estende il suo significato
ad una serie di altri aggettivi, che lo precedono e lo seguono, e che attirano nellorbita dellespressione di
Infinit le parole attinenti ad altre aree semantiche : toktov, privo di ordine, vokov, senza principio,
kotcttov, incircoscrivibile, , incomprensibile, , invisibile. Questo avviene,
naturalmente, soprattutto in mbito cappadoce, con Basilio e Gregorio di Nazianzo.
Prima di compiere uno scarto consapevole in direzione teologico/filosofica, i termini in questione compaiono
anzitutto in testi naturalistici e scientifici. La locuzione tciov aithra presente in Clemente
Alessandrino (Protrepticus 2,25, Stromata V, 14, nel Paedagogus III,6 invece si parla di to tv
tciov tciov uto o|v, nellempireo che si estende senza confini), Atenagora (Legatio sive
Supplicatio pro Christianis 5,1), e nelle stesse Omelie sullEsamerone di Basilio attestato in relazione
allimmensit della terra (4,1). In Atanasio (Expositiones in Psalmos) si parla di infinit del tempo (tciov
ivo).
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Un secondo significato, ereditato dal neoplatonismo, fa riferimento alla mutevolezza e alla labilit del mondo
corporeo e delle creature lapse. Importantissima sotto questo aspetto lattestazione in Origene (Contra
Celsum IV, 63): voiv (rovesciando, sogg. Celso) oo kiotov (linsegnamento bellissimo) tc
to iotov voi tv kokov (intorno allessere il vizio indeterminabile) ko to kok, t oi ,
tcio (e le cose malvage, per lo stesso discorso, prive di limite). Come vedremo pi avanti, questa sembra
unautentica professione di platonismo.
Si noti gi come, al contrario, Basilio neghi con decisione questi attributi alle creature. Nelle Omelie
sullEsamerone (IX, 4), in un contesto di spiegazione fisico-teleologica di come tutte le creature abbiano in
s una forma di virt naturale, Basilio scrive che qov (nulla) voi (c) toktov qo iotov (di
privo di ordine o di indeterminato) v ti ooiv (negli esseri).
Per gli gnostici, lInfinito sembra assumere un ruolo di tutto rilievo. Connota la dimensione pi intima,
segreta e inaccessibile del divino, sostanzialmente incomparabile persino agli Eoni. Il peccato di Sofia
forse proprio laver voluto comprendere linfinit dellAbisso senza la necessaria mediazione del Figlio. Al
fine della nostra tesi, osserviamo che lintroduzione nei testi gnostici dellInfinito come discrimine tra
lAbisso ed altre forme inferiori o surrogati della divinit (il Pleroma come il Demiurgo) motivata dalla
giustificazione di un dualismo irriducibile, che si fonda su unincolmabile trascendenza. La reazione
cattolica, bisognosa di respingere il dualismo e di difendere il libero arbitrio, approder anchessa, con
Gregorio di Nissa, alla riflessione sullInfinito. Questo consente di valutare come, in due sistemi opposti, la
nozione di Infinito si sia rivelata decisiva. Vale la pena di menzionare la descrizione della Monade che apre
lApocrifo di Giovanni di Nag Hammadi:
Essa non manca di nulla e nulla potrebbe perfezionarla, ma completamente perfetta nella luce. Non pu essere
limitata, perch non v nulla al di l di essa che la limiti. Nessuno pu penetrarla con lo sguardo, perch nessuno
esistito prima di lei per penetrarla con lo sguardo. E incommensurabile perch nulla esiste prima di lei che possa

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E i nt er essant e r il evar e ben due ci t azi oni , nell a l et t er at ur a pat r i st ica, di Anassimandr o M i l esi o e del l a sua
concezi one del l tciov come ar ch apnt on : i n Clement e (Prot r ept i cus 5,66) e nell o Pseudo-Gi ust i no M ar t i r e
(Cohor t at io ad Gent il es, M or el p.5). Lo st esso Pseudo-Gi ust ino, nell a Conf ut at i o dogmat um quorundam
Ar i st ot eli cor um, dedica un par agr af o all a possi bi li t di esi st enza dell i nf ini t o (M or el p.130).
10

misurarla. E invisibile perch non c nessuno per vederla. E innominabile, perch non c nessuno prima di lei che la
nomini. E la luce incommensurabile, che pura, santa e incontaminata. E ineffabile, poich perfetta
nellincorruttibilit. Non esiste nella perfezione, nella beatitudine o nella divinit : infinitamente superiore a tutto ci.
Anche nella testimonianza di Ireneo si trovano diverse ricorrenze. Marco (XIV, 2) descriveva il Pre-Padre
con questo esempio: si prenda una lettera, come delta. Anchessa composta da cinque lettere, composte a
loro volta da altre lettere, e cos via allinfinito. Cos il Silenzio insegna che composto il Pre-Padre.
Secondo i Marcosiani (XVII, 2) il Demiurgo vuole imitare, nellOgdoade, linfinit e la libert da ogni
limite. Il capitolo XXX, dedicato agli Ofiti e Sethiani, riferisce che lAbisso una certa luce primaria
benedetta, incorruttibile e infinita: Padre di ogni cosa ed effigiato nel primo uomo.
Prestissimo, per, anche gli alessandrini, seguiti dai cappadoci, riescono a concepire consapevolmente
lInfinit divina.
Nella Narratio de cruce seu imagine Berytensi, Atanasio afferma lestensione infinita prima della bont, poi
della meraviglia (oo) di Dio. La nozione gli deriva probabilmente da Clemente (Stromata VIII, 2 e VIII,
3). E tuttavia nel Sermo in annuntiationem deiparae che appare la prima dossologia con termini connotati
dalla dimensione infinita:
t ktiotov (ci che non creato), t ootov (ci che non corporeo), t kovov (ci che non ha
principio), t oiov (ci che perpetuo), t tcctqtov (ci che non ha fine), t tciov (ci che non ha
limiti), t oviov (ci che eterno), t vootov (ci che non conoscibile), t vqvcutov (ci che
non descrivibile), t o_qtiotov (ci che non ha forma) e via dicendo.
Fino a Gregorio di Nissa non si avr una spiegazione assiomatica, speculativa o apodittica dellInfinit della
natura divina. Ma, come spesso accade nel cristianesimo antico, concezioni gi vive a livello liturgico e
rituale (come le dossologie che riconoscevano, per quanto non in termini infiniti, lincolmabile superiorit
divina rispetto agli uomini) penetrano lentamente anche le pagine dei colti e dei teologi, che in modo prima
frammentario, poi progressivamente pi sistematico, danno loro una coerenza logica e li ripropongono in
termini filosofici
14
.
Il vero exploit dellInfinito avviene, quindi, con i padri cappadoci. Perch? Una prima risposta fa leva sulla
polemica anti-ariana, che impegn strenuamente tanto Basilio quanto Gregorio di Nissa, e che esplose
proprio nel periodo che vedeva esaurirsi la tradizione alessandrina (con Atanasio, lultimo fulgido esponente,
che scrisse una Disputatio contra Arium) e nascere la spiritualit cappadoce. Le torbide vicende legate agli
imperatori Giuliano e Valente e ai loro complicati tentativi rispettivamente di mediazione con il paganesimo
e di favoreggiamento della parte ariana coinvolsero in prima persona anche Basilio e soprattutto Gregorio,
che durante limpero di Valente fu deposto dal seggio episcopale.
Larianesimo, sul piano filosofico, si pu considerare lultimo straordinario tentativo, in et antica, di
difendere un monoteismo a forti caratteri neoplatonici. Scrivere contro Ario o contro Eunomio significava
doversi ingegnare moltissimo in materia esegetica, trovando passi scritturistici che contraddicessero, parola
per parola, una dottrina in fondo molto pi simile a quella dei testi canonici (ricordiamo che alcuni dei libri
sapienziali, come la Sapienza e lEcclesiaste, risentono di influenze ellenistiche, e che la mediazione
filoniana fu essenziale per la maturazione esegetica e allegorica di tutti gli intellettuali cristiani almeno in
ambito cattolico) rispetto all inaudito dogma niceno. Ma significava soprattutto rovesciare un sistema che
era legato ipso facto alla teologia e che ne costituiva lindiscutibile chiave interpretativa. Che lunit fosse la

14
Ovvi ament e il mio r i f er iment o agl i scr i t t i i n Hei s Thos di Er i k Pet er son sull a genesi pr ima li t ur gi co-r i t ual e e sol o i n
seconda bat t ut a dogmat i ca del l a Tr i ni t . (cf r . G.Car onell o, La cr i t i ca del monot ei smo nel pr i mo Pet er son, i n Il di o
mor t ale. Teologi e poli t i che t ra ant i co e cont empor aneo. Br esci a, 2002).
11

qualit primaria di Dio, che Dio fosse perfetto e fosse in qualche modo lEssere stesso, e il Bene
incorruttibile, erano assunti che a pagani e cristiani veniva spontaneo sottoscrivere, e dei quali gli ariani si
servivano abilmente (e onestamente) per difendere la loro fede. Reinterpretare questi assunti in armonia con
la dottrina nicena aumentava vertiginosamente la possibilit di introdurre novit nella teologia, e vedremo
nel terzo capitolo quale ruolo giocher la nozione di Infinito nel Contra Eunomium gregoriano.
Ma una seconda risposta inevitabile : i sospetti che convergevano sullorigenismo, e la necessit di
abbandonare o compromettere la dottrina origeniana soprattutto in materia protologica ed escatologica,
spingevano gli scrittori orientali a prospettare un divino sempre pi sfuggente, tanto alla conoscenza quanto
allesperienza diretta
15
, e che lasciasse aperto il maggior numero possibile di possibilit e di variabili su
tali delicate questioni.
Ecco allora come Basilio non ha difficolt nel ricorrere al trittico tciov/iotov /oocv tci
kotocttv nel quinto libro del proprio Adversus Eunomium, e a parlare, nello stesso libro, di ttciov/
tv to co ,e.
Ma il sermone Sulla Teofania (n.38) di Gregorio Nazianzeno ad esporre, con la chiarezza pi
inequivocabile, una nozione ontologica di Infinit divina. Dio possiede lessere (kci to cvoi ), senza
avere inizio n dover finire (tc cvov tc touocvov), come un oceano di ooo, senza limiti
e indeterminabile (tciov ko iotov). E ancora: La divinit infinita (tciov) e difficile da
contemplare. Tutto ci che si pu sapere su Dio la sua assenza di limiti (tcio).
Lassenza di limiti, perci, si contempla in due modi (to tcou coovou oi_), in rapporto
allinizio e alla fine (kot _v ko tlov), poich al di sopra dei due, non compresa tra i due, e senza
limiti (tciov). Anche nel sermone 34, In Aegyptiorum Adventum, si trova il binomio tciov ko
iotov.
Non sufficiente, per, questa conquista teoretica, ossia la piena consapevolezza nel parlare di Infinit della
natura divina. Gregorio di Nissa il solo, fra i tre cappadoci, a servirsi in diverse occasioni di tale
innovazione concettuale per risolvere determinati problemi, in massima parte di teodicea. N Basilio n
Gregorio di Nazianzo collegano lInfinito a tali problemi : n Basilio n Gregorio di Nazianzo riescono a
teorizzarlo in modo sistematico, apodittico e assiomatico. Inoltre, un altro aspetto sul quale vale la pena di
soffermarsi che solo Gregorio di Nissa, riflettendo sulla nozione di natura immateriale creata, riesce ad
applicare lInfinit anche ad essa, da un lato come impossibilit di stasi e necessit di movimento, di
desiderio del bene, dallaltra (complementare e inquietante) come vera e propria infinit numerica delle
nature immateriali create.








15
Per quant o non uni l at er al ment e : r i cor diamo l or i geni smo r adi cale di Evagr i o Pont ico.
12

I I . LI nf init o nel de Hominis Opif icio
Una prepotente attestazione dellInfinito negli scritti di Gregorio si trova nel De Hominis Opificio
16
(379) .
E opportuno notare come sia stato proprio questo il primo scritto di Gregorio tradotto nelloccidente latino,
ad opera di Giovanni Scoto Eriugena nel IX secolo : attraverso lardimento speculativo del pensatore
irlandese, esso ebbe modo dinfluenzare per secoli il nostro pensiero, e lintroduzione dellInfinito ne
costituisce forse il portato pi significativo.
Ma per quale ragione viene chiamato in causa?
Il testo rivelativo da questo punto di vista il capitolo 21. Recensito da Jean Danilou nel suo articolo a
proposito della mutazione (tot), dove riportato nella sua integrit, compresa la metafora astronomica
finale, in quel contesto rappresenta tuttavia solo un piccolo corollario, lultimo di una lunga serie di passi
gregoriani con i quali Danilou voleva dimostrare limportanza, per Gregorio, dello status eternamente
mutevole della natura creata come costitutivo della libert umana e dello stesso destino di redenzione. In tale
contesto, il capitolo in questione, affermando potentemente la dimensione limitata del male e illimitata del
bene, dipingeva l ambientazione nella quale luomo, eternamente mutevole, si muove verso lesperienza
esaustiva del male e progredisce nella ricerca di un bene inesauribile.
In una pagina pregna di mentalit origeniana, di ascendenza ellenistica, Gregorio sta operando una riduzione
alla natura e alla necessit di quellevento impossibile e gratuito per definizione: la resurrezione alla fine dei
tempi.
Poich, infatti, ogni cosa retta dalla ragione e dalla sapienza, necessario pensare che nessuna delle cose che
accadono non sia partecipe della ragione e della sapienza che in essa.
Gregorio sta quindi affrontando un problema squisitamente cristiano, ma lo sta facendo alla luce di un
metodo schiettamente filosofico.
La commistione di questi due vettori ha costituito per secoli lasse portante della teodicea. Nata nel
cristianesimo antico per ragioni apologetiche, per conciliare e rendere comprensibili (o persino
inconfutabili!) gli assunti pi inauditi del cristianesimo, inaccettabili per la razionalit filosofica, alla
razionalit filosofica stessa, tale commistione fu criticata, infranta, abbandonata o svuotata di senso man
mano che perfezionava le sue regole e i suoi strumenti.
Daltro canto, per, loriginaria istanza carismatica, escatologica, eventuale che propria del cristianesimo
primitivo ha continuato a proporre una visione alternativa. Nel vero senso della parola: c una logica del
mondo e c una logica divina che la trascende. Schierarsi di fronte a questa trascendenza con le armi della
logica mondana talora vanit da deridere, talora empiet da temere. In questo caso i due vettori (problema
cristiano e razionalit filosofica) sono pi o meno nettamente scissi, e in autori come Agostino, Ockham,
Pascal, in movimenti eretici come gli albigesi (la gnosi un archetipo ideale di questa visione alternativa) e
nella stessa Riforma, non solo la scissione si mantiene, ma il pensiero filosofico si lascia miracolosamente
permeare e riforgiare secondo categorie carismatiche, escatologiche, eventuali
17
.

16
Nel suo i nt er vent o in Ar ch e Tel os, Cor si ni conget t ur a che la st esur a del Cont ra Eunomium si a comi nci at a pr ima del
379, ne deduci amo che le at t est azi oni dell Inf i ni t o cont enut e i n esso pot r ebber o esser e ant ecedent i al De Homini s
Opi f i ci o. E comunque pr obabi le che i l passo di De Homi ni s Opi f i ci o XXI si a quell o che i naugur a la ser i e.
17
G.Let t i er i sost i ene che l Inf i ni t o si a pr opr i o il t ent at ivo di r i pensar e ont ol ogi cament e, al l i nt er no dell a cost i t uzi one
st essa del di vi no, quel l eccedenza, quell i ndi sponi bi l i t e quel l avvent o sempr e immi nent e che l o car at t er i zzavano nel
pr imo cr i st i anesimo, denot at o da una f or t e component e escat ol ogica. (cf r . Il corpo di Dio. Il Cant i co dei Cant i ci dal
Vangel o di Gi ovanni ad Agost i no).
13

Quando Anselmo di Canterbury, nel De Incarnatione Verbi, si propone di dimostrare apoditticamente
loggetto della sua trattazione, abbiamo toccato un estremo. Quando Agostino, nella lettera 153, si schiera
contro le esecuzioni capitali con un argomento carismatico (linconoscibile giudizio divino che potrebbe
ancora convertire il condannato), abbiamo raggiunto laltro. Qual dei due il tradimento della razionalit
filosofica, e quale la sua esaltazione?
Al fine di questa tesi, fantastico notare come, storicamente, una potente riaffermazione di questa scissione
faccia volentieri perno su nozioni come lOnnipotenza o lIneffabile. LInfinito gregoriano venne emendato
proprio per venire incontro alla razionalit filosofica, seguendo una via diversa da quella di Origene, seppur
non meno coerente. Altri vulnera dello stesso genere, invece, provocarono una recrudescenza nella frattura, o
addirittura riassorbirono la razionalit filosofica in categorie carismatiche, escatologiche, eventuali. Questo
indicativo di come si determini in modo antitetico e paradossale la ricchezza del pensiero cristiano.
Ma torniamo al 21 capitolo : insieme al successivo, sta tentando di dimostrare come la risurrezione alla fine
dei tempi, e proprio alla fine dei tempi, sia una necessit di natura.
Ma non cos forte il vizio che possa sopravanzare la forza del bene, n lincostanza della nostra natura migliore e pi
salda della sapienza di Dio. Non infatti possibile che ci che si muove e muta sia pi forte e saldo di Colui che in
eterno e identico e che ha la sorgente del bene.
Affiora la stessa tematica che port Origene a teorizzare la preesistenza, la caduta e la successione dei
mondi. Uno sguardo razionale trova semplicemente assurdo che gli errori di una creatura mutevole possano
mostrarsi determinanti per il suo destino pi di un creatore che bene supremo. Ora, Origene incardinava sul
libero arbitrio e sulla successione dei mondi un rapporto, a questo punto giustificato e chiarissimo, tra
mutevolezza della creatura e immutabilit del bene che la creatura chiamata a esperire. Vediamo cosa
architetta Gregorio, che nello stesso 28 capitolo del De Hominis Opificio avverser fieramente la
preesistenza e il susseguirsi delle vite, accostandola alla metempsicosi degli antichi pagani
18
.
Mentre la volont divina sempre e dovunque ha limmobilit,
prosegue il 21 capitolo,
la nostra natura mobile non rimane fissa nemmeno nel male. Ci che infatti sempre si muove, se progredisce verso il
bene, per la illimitatezza delloggetto seguto non cesser mai dal movimento in avanti: mai, infatti, trover il confine
delloggetto che ricerca, raggiunto il quale si possa fermare nel cammino.
Ecco come, con un linguaggio leibniziano, il predicato Infinito insito nel concetto del soggetto Bene, il
predicato Finito insito nel concetto del soggetto Male e il predicato Mutevole insito nel concetto del
soggetto Creatura tentino di trasformare in necessit logica (e ontologica) la beatitudine promessa dai
cristiani.
Riportiamo tutto il passo sino alla fine - esclusa la metafora astronomica, che concluder questo nostro
capitolo.
Se invece [ci che infatti si muove] abbia a tendere verso il contrario quando abbia compiuto la corsa nel male e sia
giunto alla sua sommit, allora il perpetuo movimento dellimpulso, non trovando nessuna possibilit di arresto da parte
della natura, quando abbia percorso lo spazio del male, di necessit si volge nel movimento verso il bene: dal momento
che necessariamente il vizio non giunge allillimitato, ma chiuso in confini, logico che al confine del male tenga
dietro la successione del bene. E, cos come si detto, la nostra natura, sempre in movimento, si rivolge in fine sul buon

18
Di f at t o, Gr egor i o r i nf acci a agli or i geni st i or t odossi di consi der ar e, al par i dei pi t agor i ci , l o st at o di esi st enza
cor por eo e per si no quel l o ir r azi onal e come mi gl i or i di quel l o i ncor por eo pr i mi t i vo, i n quant o pr ovvi denzi alment e
f i nali zzat i all esper i enza del mal e e all i nevi t abil e conver si one al bene.
14

cammino, per la memoria delle disavventure passate, che rende saggi per non incorrere negli stessi errori. E la nostra
corsa riprender nel bene, perch la natura del male rinchiusa dentro limiti necessari.
Sarebbe affascinante una ricerca di ambito storico, per verificare se affermazioni cos coraggiose avessero un
effettivo riscontro, nelle chiese greco-orientali, nella pratica del perdono, o nella gestione di problemi come
la riabilitazione dei lapsi, dei colpevoli e il rapporto con il diritto temporale. Probabilmente la ricerca
avrebbe un esito negativo: per quanto riguarda Gregorio, sappiamo che i suoi testi esegetici e mistici pi
originali erano destinati ad un pubblico piuttosto elitario . Una citazione su tutte: la prefazione alle Omelie
sullEsamerone, che chiarisce la differenza tra lesegesi dellautore e quella del suo fratello maggiore
Basilio
19
. La distanza incolmabile tra opere pur coeve di Gregorio (la Vita di Macrina, le Omelie sulle
Beatitudini) dal punto di vista del coraggio speculativo e dellinnovazione contenutistica lascia pensare a
diverse ipotesi: o Gregorio adottava effettivamente registri diversi per lettori diversi, o riusciva a distaccarsi
solo in singoli, altissimi momenti, e con singoli, altissimi problemi da risolvere, dal retroterra della teologia
greco-orientale del IV secolo, spesso in fase di allontanamento dai suoi padri alessandrini, Clemente e
Origene, e propensa a depurare e fuorviare (fino a condannare definitivamente nel concilio del 400) le opere
origeniane.
Ora, abbiamo osservato la logica con la quale lInfinito giustifica il rapporto tra mutevolezza (e caducit)
della creatura e necessit della beatitudine finale. Si tratta solo di un piccolo estratto, vero. Ma questo
piccolo estratto estremamente innovativo.
Un pensatore di cultura neoplatonica e di ambiente greco-orientale, nel IV secolo, non poteva certamente
ignorare un testo capitale come lottavo trattato della Prima Enneade di Plotino: quello che Porfirio intitola
Sulla natura e lorigine del male.
Le sue influenze, soprattutto per quanto riguarda la dottrina della stresis, si protrarranno a lungo, dallo
Pseudo-Dionigi a Scoto Eriugena, senza dimenticare lo stesso Agostino, che ne sar memore nel De natura
boni.
E almeno molto probabile che Gregorio conoscesse quel trattato. Ed eccone un passo. Plotino sta
giustificando la presenza del male come necessario contrario del bene, in una realt dove tutto ci che deve
avere un contrario.
Ma quale sar il contrario (vovtov) dellessere in generale (kouou ooo) e degli esseri primi (to ttoi)?
Il contrario dellessere il non-essere ( ooo), quello della natura del Bene la natura e il principio del male
(koko |oi ko _) : ci sono infatti due princpi, quello dei mali e quello dei beni, e tutti i caratteri di una delle
due nature (tvto t v t |oci) sono contrari a quelli dellaltra, cosicch nel loro insieme esse sono contrarie e
molto pi degli altri contrari. Infatti gli altri contrari sono della medesima specie o del medesimo genere, e le cose che li
contengono partecipano di qualcosa di comune, ma il bene separato dal male e ci che nelluno forma lessenza ha
nellaltro il suo contrario, e come non sarebbero massimamente contrari, poich i contrari sono definiti le cose pi
lontane tra loro (t tcotov ev |cotqkto)?

19
Cf r . I, 2 : In mezzo a una f oll a cos numer osa che l o ascol t ava, mol t i er ano anche quel li che pot evano i nt ender e
par ol e pi subl imi , ma mol t o pi numer osi er ano quel li che non er ano i n gr ado di seguir e un i ndagi ne pi sot t il e,
gent e sempl ice e manoval i occupat i i n l avor i umi li , e l a massa dell e donne, non eser ci t at a i n t ali dot t r i ne, e l o sci ame
dei bambi ni e quel li di et avanzat a : t ut t i cost or o avevano bi sogno di un par l ar e del gener e, e, con f aci l e gui da,
consi der ando l a nat ur a cr eat a e l e bel l ezze i n essa r i post e, pot evano esser e condot t i a conoscer e i l cr eat or e del t ut t o .
Da not ar e che nel l e r i ghe successi ve Gr egor i o i nvoca l i mmagi ne del l a nube del Si nai per i ndicar e la super i or e
pr epar azi one del dest inat ar i o dell oper a.

15

Al limite (toti), alla misura(t) e agli altri caratteri che sono nella natura divina (t o oo vcotiv v
t uc |oci) sono contrari lillimitato (tcio), la smisuratezza (cto)e gli altri caratteri della natura del
male (t o oo kci kok |oi), cos un insieme contrario allaltro.
E poi luno ha carattere menzognero, ed primitivamente ed essenzialmente menzogna (tte ko vto coo),
[laltro] ha lessere, e lessere vero (qu ivoi!), e perci, come il vero contrario al falso, ci che essenziale
nelluno contrario allessenziale dellaltro.
Confrontiamolo adesso con il De Hominis Opificio.
Ci che infatti sempre si muove, se progredisce verso il bene, per la illimitatezza delloggetto seguto non cesser mai
dal movimento in avanti [] Dal momento che necessariamente il vizio non giunge allillimitato, ma chiuso in
confini, logico che al confine del male tenga dietro la successione del bene [] E la nostra corsa riprender nel bene,
perch la natura del male rinchiusa dentro limiti necessari.
Sembra quasi che Gregorio abbia invertito completamente quel passo della prima Enneade, scambiando i
predicati tra i due soggetti del bene e del male. Ma le potenzialit scoperte da questa inversione sono
notevoli. Il neoplatonismo classico, che trova nelle Enneadi il suo fondamento, continuava a concepire la
coeternit dei due princpi, del bene e del male, per giunta identificando ancora il secondo con la materia
20
.
Origene aveva molto faticato per adattare questa concezione ad una prospettiva di storia lineare e nutrita di
senso
21
, e in ultima analisi aveva riammesso la ciclicit del tempo, quella che Agostino chiamava
disperazione.
Trasferire sul bene gli attributi dellInfinito e sul male quelli della finitezza significava davvero offrire una
spiegazione naturale e necessaria alla coesistenza di un bene supremo e di creature che si volgono al male.
Lktotov, il confine ultimo del male, inimmaginabile nella prospettiva plotiniana, offre a Gregorio la
possibilit di comprenderlo in una prospettiva di storia lineare e nutrita di senso. Le pagine nelle quali il
Nisseno spiega il ritardo dellIncarnazione, ne offrono un mirabile esempio. Da un lato, si mantiene vivida e
fortissima lidea pedagogica propria di Origene (il medico opera solo quando la piaga si mostra), dallaltro,
per, si fa avanti la suggestione che il male possa essere compreso, ospitato e accolto nella creazione e nella
storia, ed questo laspetto pi affascinante (e per nulla ingenuo) dellargomentazione gregoriana.
E questo avviene a molteplici livelli. Il male viene compreso a livello antropologico, come abbiamo appena
letto nel De Opificio Hominis, anzi, il limite che gli proprio diventa strumento di giustificazione della
beatitudine finale, che, attraverso linnaturale nozione di Infinit del bene che travalica la finitezza del male,
diventa una beatitudine naturale e necessaria.

20
Nell o st esso t r at t at o, Pl ot i no at t r i buiva al l a mat er i a l assenza di quali t , che al cuni aut or i cr i st i ani (sopr at t ut t o
M assi mo i l Conf essor e) ma anche medi o e neopl at onici (a par t i r e da Al ki noos nel II sec.) r i f er i r anno cost ant ement e
al l a nat ur a di vi na.
21
E pr opr i o ad Or i gene che r i sal e l a pr ima phil osophie du diveni r et du desir : Nessun esser e animat o pu r i maner e
per f et t ament e i ner t e ed immobil e, ma cer ca di muover si i n ogni modo, di esser e sempr e i n at t i vi t , di aspir ar e a
qual cosaa maggi or r agi one quell ani mal e r azi onal e che la nat ur a del l uomo deve sempr e esser e i n movi ment o e i n
at t i vi t (Pr in. 2,11,1). Il gr ande alessandr i no descr i veva l a visi one escat ol ogi ca come un punt o d ar r i vo, dove al
moment o dell a cadut a l e ani me si er ano r af f r eddat e nell a sazi et , al moment o del l a r edenzi one ar der anno di un
cont i nuo desi der i o (Pr in. 1,3,8): pur t ut t avi a, af f i nch si mant enga i l li ber o ar bi t r i o, causa scat enant e del cicl o di
cadut a e r edenzi one, necessar i o ammet t er e l a possi bi li t di sazi ar si nuovament e (Hom. In Ez. 6, 10, Pr in. 3,6,3,4,4,8,
Comment ar io al Cant i co 8, 72). Tant o l i dea di tot quant o quel l a di ktotov, e di l imi t e del mal e, ogget t o di due
f ul gi di ar t i col i di Jean Dani l ou, sono gi pr esent i i n Or i gene. Ri spet t o ad uno schema Cr eat or e f i ni t o cr eazi one
f i ni t a , come quel lo or i geni ano (donde avr ebbe or i gine l i nf ini t o?), l o schema gr egor i ano Cr eat or e i nf i ni t o cr eazi one
f i ni t a (ma poi cos f i ni t a? Le Omel i e sul Cant ico sembr er ebber o sugger ir e di ver sament e) per met t e di r espi nger e i l
l i ber o ar bi t r i o come causa dir et t a del l a pr esenza del male, e con esso l e dot t r i ne pl at oni co-or i geni ane del l a
pr eesi st enza e dell a cadut a.
16

Il male viene ospitato a livello storico, nella certezza che, raggiunto il suo culmine (e Gregorio parler a
lungo, con malcelato interesse, delle crudelt e delle nefandezze accumulate nella storia, dalla civilt
babelica allimpero romano), con lIncarnazione abbia avuto inizio linversione di tendenza che condurr alla
salvezza ecumenica. E che quanto rimane del male storico non sia altro che la coda del serpente, che,
mozzata la testa, continua a dibattersi.
Il male viene, infine, accolto a livello individuale, con la gi studiatissima tktooi , la tensione del
desiderio, del progresso mistico, che, procedendo allInfinito, sfuma se non dissolve le differenze tra chi
parte operando e soffrendo il male e chi si trova gi pi avanti sulla via della redenzione, come vedremo
nella sublime Sesta Omelia sul Cantico dei Cantici.
LInfinito, insomma, nel pensiero di Gregorio sale alla ribalta proprio in quei frangenti che lo vedono
impegnato con domande sul male, sul senso della vita e della storia, o comunque con esigenze tipiche del
cristianesimo, quali la questione trinitaria. Nuove domande alle quali alcuni offrirono nuove risposte: il
Nisseno volle introdurre nuovi concetti perch la risposta pi antica potesse restare valida.
Poich, infatti, gli esperti di fenomeni celesti dicono che tutto il cosmo ripieno di luce, e loscurit che getta ombra si
forma dallinterposizione del corpo terrestre, ma questa, secondo la figura del corpo sferico, chiusa dalla parte
posteriore del raggio di sole in forma di cono, e, superando il sole in grandezza di molte volte la terra, la circonda da
ogni parte con i suoi raggi e al limite riunisce tra loro i punti dincontro della luce, se qualcuno avesse la forza di
passare il limite nel quale si estende lombra, si troverebbe in una luce non interrotta dalle tenebre. Cos, credo,
dobbiamo pure pensare che, passato il limite del male, quando siamo pervenuti alla sommit dellombra del peccato,
stabiliremo la nostra vita nella luce, sorpassando la natura del bene infinitamente il limite [del male]. Di nuovo, dunque,
il Paradiso, di nuovo, dunque, la grazia dellimmagine e la dignit del comando. Non mi pare si tratti di nessuna delle
cose che per i bisogni della vita sono state da Dio sottomesse agli uomini, ma della speranza di un altro regno, che il
linguaggio umano rimane nellimpossibilit di descrivere.















17


III. Intorno alla nozione di
La teorizzazione sistematica dell tktooi viene universalmente localizzata nel proemio della Vita di
Mos. Il termine deriva dal celebre passo dellEpistola ai Filippesi (3, 13), che Gregorio cita in pi di
unoccasione: Una cosa sola [faccio], dimentico di ci che indietro e proteso (tcktcivcvo) a ci che
davanti, corro verso la meta, ecc. Simonetti suppone che Gregorio abbia derivato la citazione dalle Omelie
sui Numeri di Origene (17,4), dov formulato proprio il tema del progresso senza fine nella conoscenza di
Dio. Questo passo capitale permette a Gregorio di interpretare tanto la Vita di Mos quanto il Cantico dei
Cantici come una tensione continua e insaziabile verso una ct che non pu essere delimitata n definita,
in quanto partecipazione ad una vita divina che illimitata e irraggiungibile. Questa tensione non appare
appagata:
1) N dal raggiungimento della tradizionale virt autonoma e delltouco,
2) N dallesperienza mistica, neppure nelle sue forme pi elevate quali la visione e la compenetrazione
reciproca con loggetto del desiderio.
Questo lascia naturalmente congetturare che l tktooi sia stata teorizzata da Gregorio proprio per
minimizzare quei generi di telion bon e di beatitudine che erano invece risolutivi in autori precedenti,
soprattutto in Origene : n la pratica della virt n la visione beatifica o lunione apocatastatica dicono pi
lultima parola su quello che il fine della vita delluomo.
Unaltra ipotesi, diametralmente opposta, vuole che l tktooi sia in realt la descrizione di unesperienza
mistica, piuttosto che una geniale argomentazione teorica. In effetti, le pagine pi suggestive della Vita di
Mos quanto delle Omelie sul Cantico presentano alcuni tratti dellesperienza mistica, soprattutto per quanto
concerne il tema della nube, delloscurit, dellesperienza del bene desiderato nel riconoscimento della sua
ineffabilit. Ma questi momenti non sono mai definitivi, non segnano un vertice e non impediscono
lavanzamento nel progresso (come mostra la scelta di mantenere lordine cronologico negli eventi della Vita
di Mos, sacrificando cos il concetto di un unitario progresso ascendente, e come mostra soprattutto la
tematica delloblio nelle Omelie sul Cantico, che interessa pi delle altre la nostra tesi dal punto di vista della
teodicea e della quale parleremo diffusamente).
Ma veniamo allesame del passo nel quale il Nisseno formula pi chiaramente la sua pi fortunata dottrina.
Mi hai chiesto, carissimo, di descriverti qual la vita perfetta, certo con lintenzione che, una volta conseguito ci che
cerchi grazie alla mia parola, tu possa applicare (ctcvckcv) alla tua vita personale (oiov |ov) il beneficio (_iv)
messo in luce (qvuucoov) dalla mia parola (t to ou). Ma io mi sento ugualmente incapace per ambedue i
fini: confesso infatti che luno e laltro sono al di sopra delle mie capacit (t tv v ovoiv), sia definire
(tcio|cv) con la parola (ou) la perfezione (tv tccitqto), sia dimostrare come si applica (t ocoi) nella
vita ci che la parola ci avr fatto comprendere. E forse non io soltanto, ma anche molti tra i grandi, che eccellono nella
pratica della virt (kotctv toc_vtev), saranno daccordo che anche per loro un simile obiettivo
irraggiungibile (v|iktov).
Gi dallinizio possiamo notare come dal doppio registro, conoscitivo e morale, sia esclusa la perfezione
come indescrivibile e irraggiungibile. Questo sar un leitmotiv dell tktooi che analizzeremo attraverso
le Omelie sul Cantico. Non solo, ma una dichiarazione dintenti di questo genere agli antipodi
dellIntelletto Etico, ovvero dellidentificazione tra conoscenza del bene e pratica della virt, che era
larchitrave dellintera etica classica. Anche su questo aspetto torneremo con insistenza.
18

Ma perch non sembri per dirla col salmo- di temere l dove non cera da temere, ti esporr in modo pi chiaro ci che
intendo dire. Nellordine di tutte le cose sensibili (t tv ev tvtev oo t oouoci ctctoi), la perfezione
( tccitq) racchiusa (oioo|vctoi) in limiti definiti (too iovoi), come per la quantit continua e
discontinua. Infatti tutto ci che si misura quantitativamente contenuto in certi suoi limiti, e chi osserva la misura di
un cubito o il numero dieci sa che avere (_civ) un inizio e una fine (cvov ko c ti kotoov) rappresenta
per essi la perfezione (oti t tciov).
Per la virt invece abbiamo appreso dallapostolo che il solo limite (ov) della perfezione (tccitqto) non avere
limite ( kciv ov).
Infatti, quel divino apostolo, grande e profondo di pensiero, correndo sempre per la virt (oi t ct t_ev) non
ha mai smesso (oototc cv) di tendere (tcktcivcvo) sempre pi avanti (to tooucv): larresto (otoi)
nella corsa (to oou) sarebbe stato per lui pericoloso. Perch? Perch per sua natura (t outo |oci) ogni bene
(tv ouv) non ha limite (ov ok _ci), ed delimitato (,ctoi) solo dalla giustapposizione del suo contrario,
come la vita dalla morte e la luce dalla tenebra, e in generale tutto ci che bene ha termine in tutto ci che
considerato lopposto del bene. Come dunque la fine della vita linizio della morte, cos fermarsi nella corsa per la
virt diventa inizio della corsa per il vizio (kokov). Ecco perch il mio discorso non sbagliava quando ho detto che mi
era impossibile, riguardo alla virt, definire la perfezione. Abbiamo dimostrato infatti che ci ch delimitato
(t oioo|ovcvov) non virt (ct ok otiv).
Simonetti fa giustamente notare che la otoi, per Aristotele, indicava proprio larresto di fronte al
progresso allinfinito, unica garanzia perci di stabilit, tanto gnoseologica quanto morale. Gregorio rovescia
totalmente la prospettiva e ne fa un pericolo da evitare. Fare del limite la caratteristica essenziale delle realt
sensibili e dellassenza di limite la caratteristica essenziale del bene, in aperta opposizione alla concezione
neoplatonica, trova cos il suo risvolto nel campo individuale, del tv oiov |ov, laddove nel confronto con
problemi di ordine storico, come il ritardo dellincarnazione o la necessit della resurrezione, aveva operato
profondamente in campo economico.
Ecco quindi come viene tradizionalmente intesa l tktooi : un infinito progresso, un desiderio che per
sua natura travalica qualunque appagamento e non sfiora mai il rischio di uninversione di rotta. Come mai il
tcciv |ov consiste proprio in questo?
Poich ho detto che anche per coloro che perseguono la vita secondo virt non possibile (ovotov) attingere la
perfezione (ti|voi t tccitqto), cos anche su questo punto chiarir il mio discorso.
Ci che bene in senso proprio e primario (t tte ko kue ouv), la cui natura bont
(o |oi outq otiv), cio la divinit stessa (ot t ucov), tutto ci di bene che si concepisce (voctoi) per
natura, tutto questo essa e in tal modo viene denominata. E poich abbiamo dimostrato che non c altro limite della
virt se non il vizio, e che la divinit non pu accogliere ci che le contrario, allora comprendiamo che la natura
divina infinita (ioto) e illimitata (tcteto). Daltra parte, chi persegue la vera virt non partecipa (ct_ci)
di altro se non di Dio: perci Dio la perfetta virt (tovtc ct). Poich dunque tutti coloro che conoscono ci
che bene per natura (t t |oci kov) desiderano esserne partecipi (c ctouoov tiuuqtv), e questo bene
non ammette limiti, necessariamente anche il desiderio di chi cerca di parteciparne tendendo allinfinito (t oot
outootcvouoo), non pu mai trovare riposo (otoiv ok _ci).
Quindi assolutamente impossibile (tov) attingere la perfezione, perch la perfezione, come si detto, non
definita da alcun limite e il solo limite della virt linfinito. [] Forse infatti proprio lessere disposti a voler sempre
aumentare la nostra partecipazione al bene rappresenta la perfezione della natura umana.
I due capolavori esegetici di Gregorio si distinguono proprio per la loro vivace storicit, per il senso
acutissimo della contingenza e del suo instancabile superamento che li permea dallinizio alla fine, perch,
piuttosto che come lezioni o esposizioni, si presentano come ricerche. Lo stesso confronto con la Vita di
19

Macrina rivela come tra il Gregorio esegeta e il Gregorio agiografo sia dia uneffettiva discrepanza. I vari
gradi del progresso spirituale vengono scoperti luno dopo laltro senza alcuna intenzionalit programmatica,
la tensione del desiderio la sola protagonista e la principale finalit dottrinale della Vita di Mos e delle
Omelie sul Cantico.
Lo studio che faremo della Sesta Omelia vuole proprio mostrare, al di l della gi notissima struttura dell
tktooi che abbiamo accennata in questo preludio, lemergere di nodi filosofici cruciali quali, appunto, la
dialettica tra virt autonoma e virt eventuale, loblio e lindisponibilit del bene raggiunto, il confronto tra
intellettualismo etico e accettazione dellineffabile, la declinazione in atto mistico e morale della nozione
ontologica di partecipazione al bene, linfinit delle sostanze immateriali creata e increata come luogo
originario della tensione : tutti mbiti nei quali il filtro dellInfinito permette un radicale rinnovamento e
consegna numerosi spunti di riflessione al pensiero successivo.
20


IV. LInfinito nella Sesta Omelia sul Cantico dei Cantici
Nel mio letto, di notte, cercai colui che lanima mia ha amato. Lo cercai, e non lo trovai, lo chiamai, e non mi ud. Mi
lever e andr in giro per la citt, nelle vie e nelle piazze, e cercher colui che lanima mia ha amato. Lo cercai, e non lo
trovai. Mi trovarono le guardie che vanno in giro per la citt. Avete forse visto colui che lanima mia ha amato?. Li
avevo appena oltrepassati che trovai colui che lanima mia ha amato, lo afferrai, e non lo lasciai andare, fino a che lo
feci entrare nella casa di mia madre e nella stanza di colei che mi aveva concepito.
Il commento di Gregorio a questo passo mostra almeno tre aspetti sui quali vale davvero la pena di
soffermarsi.
Il primo : offre un esemplare, visivo e conciso, dellepktasis, riassumendo le ascese dellanima descritte
nelle omelie precedenti in una sequenza logica, eppure allo stesso tempo ne nega ogni pretesa, le svuota
dallinterno e le priva della bench minima dimensione esauriente, in un continuo accrescersi e progredire
del desiderio (viene anche accennata la tematica delloblio).
Il secondo: Fa la sua comparsa la nozione dellineffabile, dellincomprensibile, e ne viene spiegato
chiaramente il ruolo in relazione al progresso mistico e la discendenza dallinfinit del bene desiderato.
Il terzo: viene mirabilmente, anche se velatamente, prospettata anche uninfinit delle creature intellettuali
22
.
Lomelia si apre con una grande enunciazione metafisica.
Secondo la divisione definitiva, in due parti distinta la natura delle cose : da una parte vi la sostanza sensibile e
materiale, dallaltra la sostanza intellettuale e immateriale.
Chiamiamo sensibile quella che afferrata dai sensi, intellettuale quella che rimane al di sopra della percezione
sensibile.
Di queste due sostanze, quella intellettuale infinita e illimitata, laltra, in tutto e per tutto, compresa entro certi
confini.
Osserviamo come la tradizionale bipartizione platonica abbia, per Gregorio, come suo primo e fondamentale
discrimine il binomio finito/infinito. (E difficile nelle sue opere trovare enunciati assiomatici cos radicali).
Poich, infatti, ogni materia compresa dalla quantit e dalla qualit nel peso nella figura e nella superficie e nella
forma, il limite della percezione relativa alla materia rappresentato da tutto quello che si pu osservare di essa, s che
colui che esamina la materia non pu immaginare niente che non sia una di queste peculiarit.
Invece la sostanza intellettuale e immateriale, pura da siffatto contorno, sfugge ad ogni confine, perch non limitata da
niente.
Questa insistenza sullassenza di limite come dimensione costitutiva della sostanza immateriale finalizzata,
in realt, a spiegarne le modalit di operazione storica: la sostanza immateriale creatrice oggetto
inattingibile, per la sua assenza di limite, di una ricerca inarrestabile da parte della sostanza immateriale
creata, proprio per lassenza di limite di questultima
23
. Quando Gregorio si cimenter nellesegesi della

22
M i r i f er i sco al l a poco not a esegesi del la ci t t e dell e st r ade nel le qual i vaga l a sposa.
23
L i nt er vent o di M .Al exandr e suppone che nel l a pr i ma del le Omel i e sull Eccl esiast e, del l e qual i l e Omeli e sul Cant i co
sono consi der at e una pr osecuzi one, Gr egor i o i nt enda t ovo e t cvqocvov come quel che di venut o e
quel che di ver r . Com not o, i l t er mi ne gr eco ha par iment i un accezi one di avveni r e , pr ef er i t a, ad esempi o, da BJ.
Ecco al l or a come Gr egor i o i nt er pr et er ebbe quest a ouver t ur e del l Eccl esiast e (che Gi or dano Br uno, ci pr eme r i cor dar e,
scr i sse di suo pugno sull al bo del l uni ver si t di Wit t enber g, cf r . A.Ver r ecchi a, Br uno, la f al ena del lo spi r i t o) : Tu vuoi
saper e cosa si a quel che di venut o? Pensa a cosa si a quel che sar , e conoscer ai quel che di venut o. Ovver o : Pensa,
21

scomparsa dello sposo dal talamo, linfinit della ricerca e del suo oggetto diverr una condizione unificante
di tutte le sostanze immateriali create (anime, certo, ma anche nature razionali angeliche). Quello che la sesta
omelia rischia di affrescare proprio un mondo di innumerevoli creature razionali mosse da uninesauribile
tensione verso il loro irraggiungibile creatore, un mondo che se per Gregorio formalmente inimmaginabile
(nel De Hominis Opificio 22 egli stesso argomentava in favore del numero finito delle anime, ma, mi preme
notare, introduceva questo argomento come in fondo alternativo a quello del capitolo 21, basato sulla
finitezza del male, in favore del ritardo della resurrezione. Gi accettando la suggestione origeniana, per la
quale le nature razionali sono intercambiabili, ed angeli, uomini e demoni possono trasfigurare luno nello
stadio dellaltro, Gregorio avrebbe potuto spalancare un abisso
24
) per il pensiero successivo rappresenta
uninevitabile tentazione. Ma vediamo come procede il testo.
Dividiamo, ancora una volta, anche la sostanza intellettuale
25
: luna increata e creatrice di tutto quello che esiste ed
sempre quello che e sempre rimane uguale a se stessa, superiore ad ogni aggiunta, non ammette alcuna diminuzione
del bene; laltra, invece, stata portata alla nascita per mezzo della creazione e sempre rivolge il suo sguardo alla causa
prima degli esseri, e continuamente conservata nel bene grazie alla partecipazione a colui che superiore, in un certo
senso essa sempre creata, in quanto si muta nella condizione migliore attraverso il suo crescere in ci che buono, s
che nemmeno per questa sostanza si riesce a scorgere un limite n si pu tracciare un confine alla sua crescita nel
bene, ma continuamente quello che il suo bene presente, per quanto grande e perfetto esso sembri essere, linizio del
bene maggiore che al di sopra, s che anche per questo rispetto risulta veritiera la parola dellApostolo, il quale, a
causa del suo protendersi sempre in avanti, dimenticava quello che aveva gi raggiunto.
E per questo che il successivo riassunto delle ascese, inebriante per potenza e poesia, se in ambito esegetico
pu sembrare solo una filiazione pedissequa di Filone e Origene, di fronte alletica antica scatena un
autentico terremoto. Inserita nella prospettiva dellinfinito, infatti, la salita attraverso i molteplici gradi di
perfezione, morale e mistica, qualcosa di transeunte, di relativo (lo vedremo con linterpretazione della
scomparsa dello sposo). Queste righe accelerano il crollo delletica fondata sulla perfezione, sul
raggiungimento di uno stadio essenziale da parte del filosofo, che era comune tanto a stoici, epicurei e
peripatetici quanto agli stessi neoplatonici pagani e cristiani! E che in un capolavoro come il De
consolazione philosophiae (cfr. III, 10), posteriore di due secoli e nutrito di platonismo e di aristotelismo,
sar ancora lindiscussa strada per la salvezza. E come se Gregorio accogliesse gli insegnamenti di Filone e
Origene, e poi mostrasse che hanno valore temporaneo, contingente. E una gigantesca operazione di
retractatio messa in atto sullintera etica classica e neoplatonica cristiana, alla luce della nozione extra-
classica ed extra-razionale di Infinit del bene e (questa volta possiamo dirlo!) di Infinit delle creature
immateriali. Agostino compir la sua retractatio alla luce della nozione di Grazia, Ockham della nozione di
Potenza
26
.
Nelle precedenti ascese, in rapporto allaccrescimento che ogni volta si verificava, la sposa sempre si mutava nella
condizione migliore e, senza mai fermarsi nel bene che aveva afferrato, ora era paragonata alla cavalla che soggiogava
il tiranno dellEgitto, ora era considerata simile a delle collane e a delle tortore nellornamento del collo.

uomo, a quel che di ver r ai , se t u t i esal t i per l a vir t , se t u f or mi l a t ua anima i n ogni punt o secondo i car at t er i del bene,
se t u esci dall e vi e del mal e, se t u l avi l a t ua pr opr i a nat ur a da t ut t a l a sozzur a dell i nqui nament o mat er i al e. Cosa
di ver r ai t u, cos abbell i t o? Quale f or ma assumer ai ? Se t u hai r aggi unt o quell e cose con i l t uo r agi onament o, t u hai
appr eso quel che di venut o i n pr i nci pi o, quel che di ver r ver ament e : il secondo l i mmagi ne e l a somi gl i anza (Gen
1,26) . Le Omel i e sul l Eccl esi ast e pr ospet t ano nell escat ol ogia l a r est aur azi one (tokototooi) dell o st at o
or i gi nar i o.
24
Cf r . De Pr i nci pi i s 1,8,3.
25
E super f l uo r icor dar e l i nf l uenza di quest i assi omi sul pensier o di Er i ugena, at t r aver so l a medi azione del l o Pseudo-
Di onigi , che Er i ugena f u i ncar i cat o di t r adur r e da Car l o il Calvo.
26
Laddove Ockham nega di pot er st abil i r e l a f i ni t ezza o l Inf i nit dell a nat ur a di vi na, l o f a comunque i n conseguenza di
una nozi one di Pot enza i ncont eni bi l e all a quale non pr eclusa l a r eal izzazi one di al cun pot enzi al e, di una pot ent i a
absolut a e i n un cer t o qual modo i nf ini t a.
22

Nella seconda omelia, il paragone con la cavalla attestava per la sposa la capacit di compiere le rette
azioni spiritualmente significate dai prodigi dispiegati contro gli Egiziani, laddove le piaghe, ovvero i vizi
tradizionalmente intesi, differenziavano gli Egiziani, che li soffrivano, dagli Ebrei, che sopravvivevano ad
essi, e le acque del mare simboleggiavano il battesimo che purificava da ogni malvagit e peccato
idolatrico. Dunque un invito alla continenza e alliniziazione sacramentale (nota che nella seconda omelia la
sposa paragonata alla cavalla letteralmente ha toccato Dio), ovvero luniverso morale di riferimento per i
membri della chiesa cappadoce dellepoca e per lo stesso Gregorio, almeno in et giovanile (la Vita di
Macrina ne lesempio pi concreto). La collana veniva interpretata in base ad una sedicente parentela
etimologica con o (=porto), dunque come lemblema per eccellenza della serenit e
dellimperturbabilit, valori tenuti in immensa considerazione tra i filosofi dellet classica. Le tortore,
secondo le nozioni etologiche del Nisseno, sono gli uccelli che, una volta trovato il loro compagno, non se ne
separano pi : ecco di nuovo laccostamento di unascesa morale e di unascesa mistica. Ora, per, la sposa
si lancia ancora pi verso lalto, come insoddisfatta di questi risultati. Infatti, per mezzo del suo nardo riconosce il
profumo divino, e ci nonostante essa non si ferma nemmeno a questo punto, ma di nuovo appende a s nel mezzo delle
sue mammelle, intese spiritualmente, il suo oggetto del desiderio, come se fosse un aroma profumato, quello donde
scaturiscono gli insegnamenti divini, legandolo al luogo ove il suo cuore.
Le pagine della terza omelia che commentano queste immagini sono forse le pi affascinanti di tutta lopera.
Il nardo simbolo dell inaccessibile, intangibile e incomprensibile , che la sposa pu riconoscere solo
nella mistura del proprio profumo :
lodore profumato che si forma in noi grazie alla purezza della virt ce lo rappresenta in sua vece, in quanto imita con la
sua purezza quello che immacolato per natura, e con la propria bont la sua, e con la propria incorruttibilit la sua, con
la propria immutabilit, ancora una volta, la sua, e con tutte le buone azioni attuate in noi per mezzo della virt imita
colui che la vera virt, della quale il profeta Abacuc disse che essa comprende tutti i cieli.
Questo rapporto speculare tra natura divina e operazione storica del bene, inscindibilmente legata al libero
arbitrio, di sapore molto platonico. La concezione degli intelletti liberi come lgoi in grado di riverberare a
livello storico il Bene dal quale discendono, compare in ambito cattolico con Giustino martire (e lo fa
oscillando tra laccezione stoica e quella neotestamentaria del binomio logos/pneuma), il nesso tra virt
morale e deificazione ontologica ben presente a Plotino (Sesta Enneade 9, 8-11), ma in realt fa parte da
sempre della coscienza filosofica antica: persino lEtica Nicomachea (cfr. X, 7), nel suo controverso finale,
esorta alla contemplazione in quanto essa l attivit pi simile a quella divina.
E, cos accresciuta per mezzo di siffatte ascese, detta bella e diviene amata, e la bellezza che nei suoi occhi
paragonata alle colombe. Ma di nuovo, poi, avanza verso le realt maggiori. Anchessa, infatti, diventa capace di vedere
meglio e apprende la bellezza del Logos e si meraviglia a vedere come egli discenda nel letto della vita in questa terra,
ombreggiato dalla natura materiale del corpo umano.
La quarta omelia indugia sul tema della bellezza. Gregorio offre una lunga spiegazione di come la natura
umana si muti in conseguenza dellimpulso del suo libero arbitrio, descrivendo sempre assi di movimento
(iracondia / lentezza allira, dissolutezza / purezza, superbia /umilt, ecc.) caratteristici della virt autonoma
tradizionale. E attraverso le scelte dellindividuo che si consegue lidentit con la fonte di ogni bellezza.
Limmagine degli occhi, lodati per loggetto che riflettono (la colomba), offre a Gregorio lo spunto per
insistere su questo processo di approssimazione e trasfigurazione.
Allontanandoti dalla compagnia con il male ti sei avvicinata a me, e siccome ti sei avvicinata alla bellezza archetipale,
anche tu sei divenuta bella, conformandoti, come uno specchio, alla mia impronta.
Progresso morale e progresso mistico rimangono strettamente uniti. Se, da un lato, lanima virtuosa
caratterizzata da :
23

la pazienza, la purezza, la mitezza, lessere lenta allira, il non angustiarsi, la prontezza, il non essere turbata,
tanto che sembra sentir parlare un epicureo, leffetto di questo recupero della bellezza archetipale, legato alla
contemplazione della bellezza suprema, ha tutti i caratteri dellascesi neoplatonica.
Dice dunque il testo: Ecco, sei bello, mio diletto, e splendido. Da quando, infatti, nientaltro mi parso bello, ma ho
rifiutato tutte quelle realt che prima avevo collocate tra le cose belle, il mio giudizio su quello che bello non sbaglia
pi, e non credo pi che vi sia qualcosa di bello, eccettuato te: non una lode umana, non la gloria, non lo splendore, non
la potenza del mondo. Queste cose sono rivestite in superficie dallimmagine del bello, per coloro che guardano
solamente la realt sensibile, ma non sono quello che si ritiene che siano. Come, infatti, potrebbe essere bello quello
che, nella sua sussistenza, nemmeno esiste? Infatti quello che onorato in questo mondo possiede lesistenza solamente
nella credulit di coloro che lo ritengono tale. Tu, invece, sei veramente bello, e non solamente sei bello, ma sei
lessenza stessa del bello, e sei sempre tale, sei sempre quello che sei, non fiorisci secondo le stagioni n a seconda della
stagione perdi il tuo fiore, ma protrai la tua bellezza insieme con leternit della tua vita, il tuo nome quello di Amore
per gli Uomini.
Nel sesto trattato della prima Enneade di Plotino si ritrova questo tema pressoch identico: non per in un
clima di appassionata metafora sponsale, ma di intellettuale esaltazione estatica. Linclinazione verso la
corporeit deturpa lanima. La connessione tra la bellezza dellanima (ricondotta puntualmente alla presenza
di virt autonoma tradizionale e alla rinuncia alla bellezza sensibile in quanto vanit, da notare il
meraviglioso dettaglio sullo sguardo delluomo nobile) e approssimazione alla bellezza divina teorizzata
con queste parole:
La magnanimit (coou_o) il disprezzo per le cose di quaggi. La prudenza (|vqoi) il pensiero (vqoi)
che si allontana da queste cose e conduce lanima verso lalto (t t ve tv u_v ouoo). Lanima, purificata,
diventa dunque una forma (coo), una ragione (o), si fa tutta incorporea (ooto), intellettuale (voc) ed
appartiene interamente al divino (q to ucou), ov la fonte della bellezza (tq to koo) e donde ci vengono
tutte le cose dello stesso genere. Lanima dunque, ricondotta allIntelligenza (vo_ucoo t vov), molto pi
bella.
Descrivendo la Sposa che contempla il Logos incarnato, Gregorio compie un passo decisivo in senso anti-
origeniano: la citazione da Esodo 33, Nessuno vedr il volto di Dio e continuer a vivere, indice fin troppo
evidente di una scelta di campo in materia protologica ed escatologica. N dal punto di vista della condizione
originaria, n da quello dellapocatastasi, Gregorio pu condividere le posizioni di Origene. La visione
beatifica non pu essere n la condizione primitiva n il fine ultimo dellanima razionale
27
. A livello di
teodicea, definire, come nella sesta omelia, solo uno stadio transitorio la diretta visione e addirittura la
compenetrazione delloggetto del desiderio, significa automaticamente escludere quella beatitudine iniziale
che per Origene era la razionale conseguenza della misericordia divina, e dalla quale, per Origene, luomo si
era distaccato solo in virt del proprio libero arbitrio. Significa, al fine della nostra tesi, accrescere
vertiginosamente il senso dellesistenza lapsa, senso che per Origene risiedeva esclusivamente
nellesaltazione a tutti i costi della libera volont delluomo.
Che cosa si potrebbe pensare di pi grande del vedere Dio, per quanto attiene alla umana beatitudine?
Ma anche questa esperienza il termine di quanto stato gi compiuto, ed solamente linizio della speranza nelle
realt superiori. [] Avvenuto questo, le due realt si fondono insieme, cio Dio si trova nellanima e, viceversa,
lanima si trasferisce in Dio. Dice, infatti: Il mio diletto mio ed io sono sua, egli pascola tra i gigli, e trasporta la vita
umana dalle immagini di ombra alla verit di quello che sperava.

27
Per Or i gene, La f i ne sempr e assimil abil e all i nizi o un assi oma f ondament ale (M .Har l , St r uct ur e et cohr ence du
Per i Ar chon, Or i geniana, Quader ni di Vet er a Chr i st ianor um, 12 (1975), p. 28 e n.50.)
24

Ogni stadio essenziale, ogni grado di conoscenza, di consustanzialit con lamato subordinato nettamente
alla speranza. Peggiore delle illusioni per i greci, la speranza gioca un ruolo importantissimo nellepktasis
gregoriana, che si rivela, cos, uno dei massimi esempi del passaggio da una virt autonoma ad una virt
eventuale, che trascende e rimette in costante discussione tutte le virt autonome che pure vengono
conseguite nel corso dellascesa. Il prevalere della speranza sugli infiniti gradi del perfezionamento
sottolineato dalla splendida introduzione dellelemento delloblio. Il fatto che ogni bene, una volta
conseguito, venga immediatamente dimenticato, travolto e svuotato di senso dalla speranza in un bene
maggiore, rende molto problematico mantenere lepktasis in un contesto di perfezionamento neoplatonico-
origeniano. Lannullamento di ogni termine di paragone (il bene finale inconoscibile, il bene passato
dimenticato) annulla, di fatto, ogni prospettiva di perfezionamento. Localizza la virt nella stessa speranza
(surrogata da necessit ontologica). Nessun bene sperato viene infine goduto, perch subito catturato
dalloblio, e sostituito da una nuova speranza. Nella quinta omelia si legge una prima descrizione di questa
necessit ontologica.
La natura beata ed eterna e superiore ad ogni intelletto, che comprende in s tutto quello che esiste, non racchiusa da
nessun confine. Niente, infatti, pu essere considerato relativamente ad essa: n tempo, n luogo, n colore n figura n
forma n peso n quantit n distanza n alcun altro nome che serva a definire, sostanza concreta o pensiero che sia, ma
ogni cosa buona che possa essere pensata relativamente a tale natura procede verso linfinito e lincircoscritto. Dove,
infatti, non ha luogo il vizio, l non vi alcun limite al bene. [] Quando, dunque, essa attrae lanima delluomo a
partecipare di lei, con misura sempre uguale essa sovrasta lanima che ne partecipa, in proporzione alla sua superiorit
nel bene. Lanima, infatti, diviene sempre pi grande perch partecipa allessere che superiore, e non si arresta nella
sua crescita, mentre il bene al quale essa partecipa rimane sempre uguale, e viene trovato da colei che sempre pi
partecipa di esso in una grandezza sempre maggiore.
E col predicare linfinit mobile della creatura e linfinit immobile del creatore che Gregorio tenta di
trasformare in necessit ontologica il passaggio da virt autonoma a virt eventuale. Se fosse interrotto il
progresso nella partecipazione al bene, il bene stesso sarebbe perduto. Se fosse possibile considerare come
beni duraturi, definitivi e significanti quelli elencati nelle precedenti ascese, sia di natura morale
(continenza/iniziazione, atarassia, rifiuto della bellezza vana) sia di natura mistica (legame, conformazione,
visione, unione con lamato), sarebbe oscurato e smarrito lunico vero bene, lunica modalit possibile di
partecipazione al Bene, ovvero il desiderio di esso, ovvero la speranza in esso. E per questo che interviene
loblio : lApostolo, autorevole esempio addotto da Gregorio, dimenticava ogni tappa della sua corsa non
appena laveva raggiunta. Loblio scongiura la possibilit di questo smarrimento. Loblio , come vedremo,
un fattore di unificazione tra chi non ha ancora raggiunto alcuno stadio del progresso, e chi, pur avendolo
raggiunto, dimenticandolo non ne ha pi cognizione, n godimento alcuno : a tal punto che la sposa, giunta
finalmente allamplesso con lamato, si abbandona ad un lamento malinconico.
Tu vedi a quale altezza salita lanima che, secondo quanto dice il profeta, procede da potenza a potenza, in modo da
sembrare di aver raggiunto il culmine del bene che sperava. Che cosa c di pi sublime, infatti, dellessere proprio in
colui che si desidera, dellaccogliere in s colui che si desidera? E, pur trovandosi in questa condizione, ella si lamenta
ancora, come se fosse manchevole del bene e come se non possedesse ancora quello che posto alla sua vista come
oggetto del suo desiderio, si angustia e si affligge e fa conoscere a tutti con la sua descrizione laffanno in cui si trova e
mostra con le sue parole come ha trovato quello che cercava.
Il Salmo 83, citato da Gregorio, un canto di pellegrinaggio verso il tempio di Gerusalemme. Alla fine di
esso, il salmista prende effettivamente dimora nella casa del Signore, e appaga il suo languore, il suo
desiderio. Quando Gregorio riveste di una valenza illusoria il culmine del bene che sperava, sta di fatto
relativizzando ogni pretesa di appagamento contemplativo allinterno della stessa tradizione giudaico-
cristiana. E, per quanto riguarda la nostra tesi, sta relativizzando, lo si capisce, la necessit di tale
appagamento come condizione originaria o finale delluomo. Si pensi a quanto la metafora dellEsodo fosse
25

cara ad Origene! Alleffetto immenso che il ritorno alla terra promessa aveva sulla fantasia e sullacume del
grande alessandrino! Per Gregorio non ci sono ritorni n terre, la promessa ci che rimane.
IV.2. LIneffabile nella Sesta Omelia sul Cantico dei Cantici
Veniamo, adesso, alle parole del Nisseno sullineffabile.
Esse sono il luogo genetico di tutta la teologia negativa penetrata poi nel pensiero medievale e moderno.
Linfluenza dellineffabile gregoriano sullo Pseudo-Dionigi, su Eriugena, su Cusano, robusta e getta le basi
della mistica occidentale, o almeno di una determinata mistica occidentale. In questi autori, lazione
conoscitiva verso il divino viene espropriata alla ragione apodittica e affidata ad uniper-ragione, che ha
regole brutalmente anti-logiche e che apre, anche qui, uno spiraglio dingresso alleventuale nel campo per
eccellenza dominato dallautonomo: la logica, la dimostrazione, la certezza.
Ci che la nozione dInfinito ha operato nel progresso morale attraverso lepktasis (o meglio attraverso le
epktasis, tra le quali quella teorizzata da Gregorio solo la pi primitiva), lo ha operato anche nella logica
attraverso la teologia negativa e lineffabile. Un pensiero cristiano maturato sulla scia dellesegesi filoniana
di Esodo 3,14, abituato a considerare il Padre come lessere e in fondo come il principio didentit e di
necessit viene stravolto alla radice : il Dio cristiano non inerente n tantomeno garante dei princpi logici e
della dimostrazione apodittica! Riprenderemo questi argomenti parlando dello Pseudo-Dionigi.
La Sesta Omelia sul Cantico affascinante perch 1) giustifica il progresso spirituale a partire dallIneffabile
2) unifica i progredenti di fronte allIneffabile 3) riconduce, in realt, qualunque grado gnoseologico del
progresso allaccettazione dellIneffabile.
Come gi avvenuto in precedenza, vogliamo confrontare lineffabile gregoriano con lineffabile
neoplatonico: a dir poco straordinario constatare linconciliabilit delle loro matrici.
Nel terzo trattato della Quinta Enneade, Sulle Ipostasi che conoscono e su ci che oltre
(Hc tv veiotikv tootocev ko to tkcivo), Plotino afferma linconoscibilit dellUno in
base ad un criterio rigorosamente logico, che ha lontane parentele col Parmenide platonico e in particolare
con le argomentazioni del personaggio Zenone a proposito delluno, dei molti, dellessere e del non essere.
Di fatto nulla si pu predicare dellUno, neppure la conoscenza di s, perch cos facendo lo si renderebbe
molteplice (caratteristica delle realt imperfette) e, ancor peggio, non pi assolutamente semplice e
sufficiente a se stesso, in breve se ne travierebbe la natura, si definirebbe unaltra entit. Il Principio di tutte
le cose, per restare tale, non deve poter essere definito n conosciuto, definibile n conoscibile. E il suo
avere limiti esasperato fino al paradosso a provocarne lineffabilit. Suffragare una tale concezione darebbe
naturalmente qualche problema a un neoplatonico cristiano, per il quale il Principio di tutte le cose non solo
volitivo (e, per lortodossia niceno-costantinopolitana, connotato anche da una paradossale forma di
molteplicit), ma addirittura personale! E proprio sulla nozione straniera di Infinito che si struttura
lineffabile cristiano, in radicale alternativa allineffabile filosofico.
Colui che al di l dellintelletto (t tkcivo vo), anche al di l della conoscenza (voce), e come non ha
bisogno di alcuna cosa (occvov oocv), cos non ha nemmeno bisogno di conoscere (to ivokciv). Il conoscere
invece nella seconda natura. Poich anche il conoscere un qualcosa (v ti ko t ivokciv). Egli invece uno
senza un qualcosa (t otiv vcu to t v), se infatti fosse un qualcosa (c t v), non sarebbe uno in s
(ok v otov), l in s infatti prima del qualcosa (t ot t to t).
Perci egli , in verit, ineffabile (qtov). Poich qualsiasi cosa tu dica, tu dici sempre qualche cosa. Ma
lespressione al di l di tutto e al di l del santissimo intelletto , di tutte le espressioni, la sola vera, perch non un
nome diverso da lui, n una cosa fra tutte le altre, poich nulla veramente possiamo dire di lui, ma, nei limiti del
possibile, cerchiamo di dare, cos fra noi, un cenno su di lui.
26

E quando ci sorge un dubbio : Ma allora egli non ha percezione di s n coscienza di s e non conosce se stesso? noi
dobbiamo osservare che cos cadiamo in contraddizione. Noi lo facciamo infatti molteplice (to ot toiocv)
facendolo conoscibile (toiovtc veotv) e attribuendogli la conoscenza (voiv), e dandogli il pensare
(ko oiovtc vocv) facciamo s (toiocv) che abbia bisogno (ocouoi) di pensare (to vocv), e se anche il
pensiero gli appartenesse, il pensare gli sarebbe inutile. [] anche la consapevolezza (ouvoouqoi) percezione
(oouqoi) di una certa molteplicit (too tivo), e lo dimostra la parola stessa.
Gregorio, invece, deriva esplicitamente dallInfinito la sua nozione di ineffabilit.
La grandiosit della natura divina non limitata da alcun confine e nessuna misura di conoscenza pu delimitare la
comprensione delle realt che cerchiamo, s che colui che aspira alle realt elevate, dopo aver posseduto tale misura,
debba eventualmente arrestare il suo movimento in avanti.
Lintelletto, che attraverso la visione delle realt superiori corre verso quello che in alto, deve essere disposto in modo
tale che ogni perfetta conoscenza che sia raggiungibile dalla natura umana deve essere inizio del desiderare le realt pi
elevate.
Anche il progresso gnoseologico, perci, svuotato di senso e relativizzato. Paradossalmente, una
concezione simile si scontra non solo (ovviamente) con lintero pensiero classico, incardinato
sostanzialmente sullIntelletto Etico (dal Socrate descritto nellApologia e nel Critone al saggio epicureo
dipinto da Lucrezio, il movimento conoscenza libero agire di fatto lunica via possibile per acquisire
saggezza e praticare la giustizia : basti pensare che Pirrone di Elide, ammessa linutilit di ogni conoscenza,
secondo laneddoto passava la sua vita a lavare un maiale
28
), ma con quella componente del cristianesimo,
ereditata dal corpus giovanneo, che riteneva necessaria alla salvezza la professione di una verit ontologica,
la conoscenza del Logos come Cristo, e della quale la gnosi valentiniana era forse linterpretazione pi
radicale.
E chiaro che questo non pregiudica la strenua difesa dellortodossia che impegn il Nisseno nel concilio di
Costantinopoli del 381, e lo condusse alla stesura degli scritti contro Eunomio, in polemica con larianesimo.
E evidente che Gregorio rimase pur sempre legato alla necessit di professare quella verit ontologica che,
nellopinione degli ortodossi del tempo, fungeva da spartiacque tra i partecipanti al popolo eletto e al corpo
mistico del Logos e i reietti da tali realt.
Ci non toglie, comunque, che in nuce, nelle pagine di queste omelie, sia presente un moto di
approssimazione e rinuncia alla conoscenza delle realt superiori assolutamente parallelo al moto di
approssimazione e rinuncia alla perfezione morale. Lepktasis, pur restando indiscutibilmente un esercizio
del libero arbitrio in direzione della conoscenza e della perfezione, e quindi unespressione della razionalit
filosofica, segretamente pregna di elementi kenotici, eventuali, e in fondo escatologici. Attesa, speranza,
desiderio, espropriazione di ogni conquista umana, sono il fine e la condizione del conseguimento di
conoscenza e perfezione. Forzando il circolo chiuso di Origene grazie alla nozione di Infinito, il Nisseno
teorizza dunque un progresso mistico pi connotato dalle innovazioni cristiane rispetto a quello teorizzato
dal grande alessandrino, e realizza, perci, un visibile esempio storico di filosofia cristiana.
Essa [la sposa] giunta, come credeva, al culmine delle speranze e oramai pensa di essere unita a colui che brama.
Pertanto chiama letto la pi perfetta partecipazione al bene e dice notte il momento del congiungimento, ma con il
termine notte essa indica la contemplazione delle realt non viste, a somiglianza di Mos, il quale si trov nella
caligine nella quale era Dio : Dio, infatti, come dice il profeta, aveva fatto delle tenebre il suo nascondiglio tutto
allintorno.

28
Di ogene Laer zi o, Vi t e dei f ilosof i IX, 66.
27

Una volta che si trovata in quella condizione, allora apprende che tanto lontana dallessere salita alla perfezione
quanto ne sono lontani coloro che nemmeno hanno iniziato lascesa.
Ecco il secondo aspetto del quale parlavo, quello che pi specificamente interessa la nostra tesi. E superfluo
dilungarsi ancora su come Gregorio abbia interpretato in senso mistico e morale la sfuggente nozione
ontologica di partecipazione al bene. Ora, essa si verifica solo prendendo atto che il bene sia inconoscibile
e irraggiungibile. Limmagine dellamplesso nelloscurit semplicemente splendida, e ricordiamo che
Gregorio stesso era stato sposato con una donna di nome Teosebia. Il testo accenna unimpossibilit radicale
di congiungersi al bene nel senso platonico-origeniano. Trattandosi di unimpossibilit radicale, tutte le
anime, quelle pi avanzate lungo il progresso conoscitivo-mistico-morale e quelle ancora deturpate dalla
passione o dalla corporeit, sono egualmente lontane dal successo. La strada percorribile infinita, e per
giunta il percorso pu avvenire solo nellaccettazione della sua assenza di termine e nelloblio degli stadi gi
raggiunti.
Anche qui, la stragrande maggioranza dei testi di Gregorio rema in unaltra direzione. Le Omelie sulle
Beatitudini, rivolte ad un pubblico meno elitario, sono trattatelli di continenza e di virt autonoma
tradizionale. Tutto vi si legge meno che
Una volta che si trovata in quella condizione, allora apprende che tanto lontana dallessere salita alla perfezione
quanto ne sono lontani coloro che nemmeno hanno iniziato lascesa.
Il testo, proseguendo, ribadisce la filiazione diretta Infinito ineffabile, e accenna la tematica del nome,
presente anche nel testo plotiniano che abbiamo sopra riportato. Ricordiamo che proprio dal problema dei
nomi divini lo Pseudo-Dionigi prender spunto per sviluppare la propria teologia negativa.
Allora io possedevo lamore per colui che desideravo, ma loggetto del mio amore svan sfuggendo alla presa dei miei
ragionamenti. Io lo cercavo, infatti, nel mio letto durante le notti, s da conoscere quale ne fosse la sostanza, donde
provenisse, dove terminasse e in quale condizione possedesse la sua esistenza. Ma non lo trovai : lo chiamavo per
nome, per quanto mi era possibile trovare un nome per colui che non nominabile. Ma non esistevano significati di
nomi che raggiungessero colui che andavo cercando. Come possibile, infatti, che colui che al di sopra di ogni nome
sia trovato per mezzo del pronunciare un nome? Per questo motivo essa dice : Lo chiamai, e non mi ud.
Confrontiamo queste righe con un estratto dal Credo del 381, al quale probabile che Gregorio abbia
contribuito:
Credo in un solo Signore Ges Cristo,
figlio unigenito di Dio,
generato dal Padre prima di tutti i secoli,
luce da luce, Dio vero da Dio vero;
generato, non creato,
della stessa sostanza del Padre,
per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose.
Risulta molto difficile cercare un punto dincontro tra questi due testi (le Omelie sul Cantico risalgono al
390). Forse lineffabile si riferisce alla sola persona del Padre, che elude ogni comprensione a differenza
delle altre due ipostasi. Ma, allinterno delle Omelie sul Cantico, il ruolo dellamato recitato
alternativamente dal Padre e dal Logos, senza eccessive preoccupazioni per differenziarli nella loro
dimensione di oggetto del desiderio dellanima
29
. Il testo si concluder con un accenno alla fede, che si rivela

29
Cf r . G.Let t i er i , Il cor po di Di o: Il Cant i co dei Cant i ci dal Vangel o di Gi ovanni ad Agost ino. La t r acci a, l a conget t ur a
(oto_oo), l i pot esi i nesaust a e sempr e pr ogr essi va, ma mai dogmat i cament e def i ni t i va, l a r ivel azi one pi
aut ent i ca del l a Per sona i nf i nit a. In t al senso, il nome non def i ni sce, non compr ende, ma chi ama, i nvoca, conf essa,
nel l a consapevol ezza che l event o di vi no del l al t er i t sempr e escat ol ogi co, messi anico, a-venir e. L epktasis, i n
28

lunica presa in grado di trattenere lamato : nella difficolt di stabilire se questa fede includa o meno un
aspetto dogmatico-veritativo, si pu osservare che essa comunque una virt eventuale. In ambiente
alessandrino, la toti dogmaticamente orientata era solo un imperfetto prodromo della voi. Per
Gregorio, la voi smentisce se stessa : possibile che non smentisca anche la toti dogmaticamente
orientata?
Veniamo ora allultimo aspetto : il passo che suggerisce linfinit delle nature razionali. Lenunciato
assiomatico che apriva lomelia, parlando di una natura immateriale infinita e illimitata, e poi dividendola in
creata e increata, lasciava supporre che la dimensione infinita della natura immateriale creata si esplicasse
nella sua inesauribile tensione verso il bene supremo, la natura immateriale increata. Il commento di
Gregorio, ora, avanza anche unipotesi sullinfinit quantitativa delle nature immateriali create, che ricorda
molto da vicino il pensiero di Leibniz.
Allora io compresi che non vi limite alla sua magnificenza, alla sua gloria, alla sua santit.
Per questo motivo essa si alza di nuovo e con il pensiero percorre la natura intellettuale e sopramondana, che chiama
citt, nella quale vi sono le dominazioni e i principati e i troni che sono stati assegnati alle potest, e lassemblea degli
esseri celesti che chiamata piazza, e il loro numero infinito, che significato dalla parola strade, caso mai nelle
strade si trovasse colui che essa ama.
La fragilit di questa allegoria (strade = numero infinito presuppone un volontario sforzo dinventiva da parte
del commentatore) lascia pensare che il dettaglio stesse particolarmente a cuore al Nisseno. E interessante
anche notare come magnificenza, gloria e santit siano tre concetti storicamente gi associati
allincomprensibile e attinenti al divario, pi o meno incolmabile, tra creatore e creature. Ed ecco come
anche queste infinite nature razionali create, le pi prossime al bene, esperiscano il bene nellaccettazione
della sua inconoscibilit.
Lanima, dunque, percorse nella sua ricerca tutto lordine angelico, e poich non vide tra i beni da lei trovati quello di
cui andava in cerca, cos pens entro di s : Forse pu essere compreso in essi quel bene che da me amato? e dice
loro : Avete forse visto colui che lanima mia ha amato? E poich essi non risposero a siffatta domanda e con il
silenzio ebbero mostrato che era incomprensibile anche per loro quel bene che lanima cercava, [] allora,
abbandonando tutto quello che aveva trovato, proprio in questo modo riconobbe quello che cercava, conoscendone
lesistenza solo nel non comprendere che cosa esso fosse, ogni indizio che serve a comprenderlo impedisce a coloro che
lo cercano di giungere a trovarlo.


ef f et t i , l i nt er i or izzazi one psi col ogi ca dell a r ivel azi one cr i st ol ogica, del l i nf i ni t o pr ender e cor po di Di o nel desi der i o
del l a cr eat ur a, che sempr e muor e e r i sor ge, nel suo pr ogr edi r e dall assenza al l a pr esenza del l Amat o, al suo t occo
sensi bi l e e mi ser i cor di oso e all a vi si one i nesauri bil ment e est at i ca del suo Vol t o, per r i conoscer vi l a t r acci a del l a sua
i nf i ni t a ul t er i or i t . Cf r . Ad Abl abio 18 : Noi , i nf at t i , cr edi amo che l a nat ur a di vi na si a i nf i ni t a e i ncompr ensi bi l e, e
qui ndi non f or mul i amo, su di essa, nessuna i dea, per ch, secondo l a nost r a def i ni zi one, t al e nat ur a concepi t a come
t ot al ment e i nf i ni t a. Or bene, quell o che assol ut ament e i nf ini t o non def i ni t o da una cosa s e da un al t r a no, ma
l i nf i ni t ezza sf ugge al li mi t e sot t o ogni aspet t o. Dunque, quel l o che al di f uor i di ogni l imi t e assol ut ament e non pu
esser e l imi t at o da un nome. Per t ant o, per conser var e i n Di o l a nozi one del l inf i ni t ezza, noi dici amo che Di o al di
sopr a di ogni nome, ment r e i l nome di Di o uno di t ali nomi . E 19: Quell o che non cir coscr i t t o nemmeno
numer at o, e quel l o che non numer at o non pu esser e consi der at o una mol t epl i ci t . Cf r . Cont r a Eunomi um 167-
169: Se l a nat ur a divi na immut abil e, non ammet t e diminuzi one quest o concesso, i n comune con noi , dagl i
avver sar i st essi -, essa da concepi r e come assol ut ament e i ll imi t at a nel bene, e il li mi t at a l a st essa cosa che i nf i ni t a.
M a appl icar e l idea di aument o e dimi nuzi one a ci che i nf i ni t o e i ll imi t at o r aggi unge l ul t imo gr ado
del l ir r azi onal i t . L Inf i ni t del l a Per sona t r asf or ma i n conget t ur a t ut t o ci che possi bi l e dir e su qual unque del le
Ipost asi del l a Tr i ni t , e r ende i mpossi bi le di f f er enzi ar le t r a lor o: uno dei f ondament ali ar goment i di Gr egor i o cont r o
l ar i anesi mo e r i cor r e spesso nei suoi scr i t t i sul l a quest i one t r i nit ar ia. (Vedi R. Wi nli ng, i nt r . al Cont r e Eunome 2A, i n
Sour ces chr t i ennes, 521, Par i s, Cer f 2009).
29




VI. Influenza dellInfinito gregoriano sul trattato Sui nomi divini dello Pseudo-Dionigi Areopagita
Oramai accertata la dipendenza del trattato Sui nomi divini dai commentari neoplatonici al Parmenide,
dialogo teologico per eccellenza e pietra miliare nella formazione filosofica delle scuole neoplatoniche
30
.
Considerando questa dipendenza, qual il ruolo della nozione di Infinito, che lo Pseudo-Dionigi eredita da
Gregorio, nello straordinario impianto del sistema dionisiano? Dove viene inscritta in un contesto
neoplatonico per confermarlo e rafforzarlo, e dove invece portatrice di novit e di rotture?
LInfinito proprio una spia che ci consente di valutare il peso contrapposto della formazione neoplatonica e
delleredit pi originalmente cristiano-orientale dello Pseudo-Dionigi. Se veramente in lui si nascondesse
lultimo scolarca di Atene, intento a trasmettere in veste cristiana i contenuti della propria filosofia, la
questione sarebbe dimportanza ancor pi radicale, perch il dualismo delle sue fonti sarebbe ancora pi
accentuato e il discernimento delle diverse influenze ancora pi intuitivo.
Il complesso Ineffabile dionisiano, divenuto poi lIneffabile per antonomasia, deriva forse proprio dalla
necessit di compenetrare le opposte matrici dellIneffabile platonico e dellIneffabile gregoriano. LInfinito
gioca un ruolo di tutto rilievo gi in questo primo, importantissimo momento. Ne vediamo un esempio
allinizio del primo capitolo:
La bont del Principio divino, nella sua giustizia salvatrice, separa, in un modo che si addice alla Divinit,
lincommensurabilit, come fenomeno che non si pu comprendere, dalle cose che hanno una misura.
E ancora:
LInfinit soprasostanziale sta al di sopra delle sostanze e cos al di sopra delle intelligenze lUnit che al di sopra
dellintelligenza, e da nessuno pensabile lUno che al di sopra del pensiero ed inesprimibile con qualsiasi parola il
Bene posto oltre la parola.
Vediamo che quello che lautore chiama Principio (ma che nemmeno Principio pu essere chiamato) ha
attributi visibilmente cristiani come lincommensurabilit, ma anche dichiaratamente neoplatonici, come
lUnit che al di sopra dellintelligenza che abbiamo gi trovato in Plotino. Da un lato, arriva addirittura
ad affermarne il non-essere , sulla scorta del Parmenide che, ammettendo lessere dellUnit, negava lUnit
stessa, dallaltro deve affermare teofanicamente che lEssere e il principio del bene in ogni cosa: la sua
trascendenza infinita permette di sostenere questo paradosso, in quanto anche non-essere ed essere sono
categorie inadeguate per definirlo.
Infatti, essa non in un luogo per essere assente da un altro o per passare da un luogo ad un altro, ma anche laffermare
che essa si trova in tutti gli esseri significa rimanere fuori dallInfinit che sta sopra tutte le cose e le comprende tutte.
Questo estratto del terzo capitolo chiarisce il motore segreto di tutta lopera, e lo schema con il quale essa
analizza luno dopo laltro i vari nomi divini. Massima perfezione e compiutezza ontologica incolmabile
trascendenza della perfezione stessa, che neutralizza la comprensione del divino come perfezione e in fin dei
conti come Essere. Dal momento che infinita, tale trascendenza rimette in discussione la sua stessa
comprensione in quanto trascendenza : per questo che compaiono termini come superineffabile,

30
E. Cor sini , Il t r at t at o De di vi ni s nomi ni bus dell o Pseudo-Di oni gi ei comment i neopl at onici al Par meni de , Tor i no
1962.
30

Divinit superdivina, superstabile nella sua immobile stabilit. Egli Infinit di ogni Infinit e Limite
in modo straordinario.
Egli non possiede lessere ed egli stesso dellessere la durata, il principio e la misura, in quanto prima della sostanza
ed principio efficiente e mezzo e fine dellessere e della sua durata e di tutte le cose.
Nel quarto capitolo, nel corso della dissertazione sul nome di Amore, troviamo un impiego dellInfinito in un
senso che presuppone certamente lepktasis gregoriana.
LAmore divino anche estatico, in quanto non permette che gli amanti appartengano a se stessi, ma a quelli che essi
amano. E dimostrano che le cose superiori sono fatte per provvedere a quelle inferiori e le uguali per contenersi a
vicenda e quelle inferiori per una conversione pi divina verso le superiori. Perci anche il grande Paolo, tutto
posseduto dallAmore divino e sotto la partecipazione della sua forza estatica, dice con parola ispirata: Non vivo pi io,
ma Cristo che vive in me, come un vero amante che, come lui stesso dice, passato in Dio e non vive pi la sua vita,
ma quella dellamato perch infinitamente amabile.
31

Un secondo riferimento allepktasis
32
viene tentato nel quinto libro, ma senza cogliere la connessione,
fondamentale per Gregorio, tra infinit del progresso ed eguaglianza dei progredenti.
E vero, io credo, che le creature che maggiormente partecipano del Dio unico, che d infiniti doni, sono pi vicine a lui
e pi divine delle altre rimaste indietro.
Nel quarto libro si trova anche unapprofondita trattazione della otqoi, che viene riproposta negli esatti
termini plotiniani, ma successivamente attirata nella logica della trascendenza: il bene, proprio in quanto
trascendente, riesce ad essere contemporaneamente contrario del male e ragione della sua sussistenza.
Il male non esistente (altrimenti non sarebbe completamente male), n non esistente (poich ci che completamente
non esiste nulla), a meno di dire che nel bene in una maniera soprasostanziale. Dunque, il bene sar collocato molto
al di sopra di ci che semplicemente e di ci che non , mentre il male non sar n nelle cose che sono n in quelle che
non sono, ma sar pi distante ed estraneo al Bene e meno sostanziale che il non essere. Ma donde nasce il male? Si
potrebbe dire. Infatti, se il male non c, la virt e il vizio sono la stessa cosa e ci che tutta virt equivale a ci che
tutto vizio e i singoli vizi sarebbero uguali alle singole virt []
Se il male la distruzione degli esseri, ci non lo esclude dallesistere, ma sar anchegli un ente e generatore di enti.
Non capita forse spesso che la distruzione di una cosa diventi la nascita di unaltra? [] Il male in quanto male non
n essere n causa degli esseri, ma a causa del bene esistente buono ed causa di esseri buoni.
Lo Pseudo-Dionigi offre poi alcuni esempi concreti : il desiderio di una vita scellerata buono ed esistente
almeno in quanto desiderio
33
. Ecco, quindi, come anche la otqoi, riletta alla luce dellIneffabile,
raggiunga un limbo meta-logico e meta-ontologico nel quale il bene contrario assoluto e insieme
fondamento del male. E questo coinvolge anche, pi avanti, la tradizionale riproposizione del male come
assenza di limite e di determinazione:

31
In opposizi one ad A.Nygr en (Eros e Agape. La nozione cr i st iana dell amor e e l e sue t r asf or mazioni , t r ad.i t . di Nel l a
Gay, Bol ogna 1971) i l comment at or e E.Bel li ni r i t iene che il nome di Er os assuma i n s l a connot azi one pl at oni ca del
desi der i o e quell a cr i st i ana del dono, dell appar t ener e ad al t r o , e l a coesi st enza di quest e due di mensi oni spiega il
r i f er iment o al l a di nami ca degl i esser i che, espr opr i at i dal l amor e est at i co e sospint i i nf i nit ament e dal desi der i o,
pr ovvedono agl i inf er i or i o si conver t ono ai super i or i. Sar ebbe per quest o che, i n def ini t i va, l o Pseudo-Di onigi
pr ef er ir ebbe i l nome di Er os al nome di Agape.
32
Lo Pseudo-Di oni gi apr e l opuscol o Teologi a M i st i ca pr opr i o con l i mmagi ne gr egor i ana del l a nube, e i ndi ca il
pr ogr esso i n essa con l a l ocuzi one t ensione (ktoci) i r r ef r enabi le .
33
Che sia anche quest o un por t at o di Gr egor i o di Ni ssa e i n par t i col ar e del suo pr oemi o all a Vi t a di M os, dove i l
desi der i o assur ge a massima per f ezi one (seppur r el at i va) del l uomo?
31

I mali non sono immobili e sempre identici, ma infiniti e indeterminati e sono portati in modi diversi nelle diverse cose,
le quali pure sono infinite
34
. Di tutti i mali, il principio e la fine sar il bene, infatti, a causa del bene, nascono tutte le
cose che sono buone e tutte quelle che sono contrarie : invero, anche queste cose noi facciamo desiderando il bene,
poich nessuno fa ci che fa guardando il male. Perci il male non ha una sua sussistenza, ma una contro-sussistenza
(ossia un riflesso della sussistenza), perch nasce non per se stesso, ma a causa del bene.
E ancora:
Il male senza via, senza scopo, senza natura, senza causa, senza principio, senza fine, senza limite, senza volont e
senza sussistenza.
Nel tredicesimo ed ultimo libro, il concetto viene chiarito definitivamente. Il Perfetto e lUno
supera ogni cosa e delimita ci che senza limite e si estende al di sopra di ogni frontiera e non compreso o contenuto
da nessuna cosa, ma si estende a tutte le cose con i suoi doni e le sue perpetue operazioni.
E quindi uninfinita azione divina a mantenere nellessere quel male che non avrebbe causa, principio, fine,
limite o sussistenza. La trascendenza infinita, di eredit gregoriana, ingloba e giustifica le tradizionali
posizioni neoplatoniche sulla otqoi e sul male come assenza di limiti e di determinazione. E proprio in
quanto infinito che il divino pu mostrarsi inaccessibile e onnipresente, che pu essere al contempo
negazione e teofania, essere e non-essere. Il primo scoliasta del trattato aveva gi capito perfettamente questo
meccanismo, e commentato:
Dio limite e luogo di se stesso e nulla si estende al di sopra di Dio, ma egli delimita anche le cose illimitate. Infatti, i
secoli che sono illimitati, perch non hanno limite, egli li supera con la sua illimitata grandezza e li comprende con la
sua illimitata potenza plasmatrice. Cos abbraccia la vita illimitata degli esseri intelligibili, la cui vita non ha limiti,
come quella degli uomini, perch furono creati immortali. Ma Dio si definisce nella supereternit entro la propria
perpetuit. (PG 4, 405 C-D).
Vediamo ora come lo Pseudo-Dionigi si avvalga dellInfinito nel suo lavoro di vanificazione degli infiniti
nomi (XII, 1) divini. Come abbiamo gi notato a proposito di Gregorio, riconoscerne linadeguatezza, ma
insieme la santa legittimit (lo Pseudo-Dionigi non si stanca mai di ricordare come questi nomi siano stati
tramandati attraverso le Scritture: nel caso in cui davvero fosse un filosofo pagano, questa potrebbe sembrare
una ridondante professione della sua presunta fede cristiana, ma, a prescindere da questa ipotesi, comunque
un instancabile tentativo di ribadire la natura e la funzione positiva di quei nomi), un modo per trasferire il
legame significante-significato dal piano empirico e logico al piano eventuale. Pronunciare un nome divino
significa riconoscerne linattingibilit al pensiero, alla comprensione e alla parola
35
, la paradossalit di fronte
alla ragione, e quindi la pienezza di senso solo in relazione al desiderio, allattesa, alla fede
nellinconoscibile operazione divina.
Potenza.
Nellottavo capitolo, Dionigi fonde insieme, forse per la prima volta con consapevolezza filosofica, le
nozioni di Infinito e di Potenza (ovoi). Nonostante, infatti, tra i nomi che menziona figurino
tovtokte e tovtoovoo o addirittura tcioovoo (a conferma di quanto dicevamo in apertura
di tesi sullorigine dossologica dei concetti relativi allInfinito poi ripensati filosoficamente), non esistono

34
Al t r o accenno all i nf i ni t del l a nat ur a cr eat a, che ver r pr esa i n consider azi one nel modo pi espl ici t o quando l o
Pseudo-Di onigi esami ner i l nome di Pot enza.
35
E oppor t uno r i cor dar e che Pr ocl o, uno degl i aut or i pi conosci ut i dall o Pseudo-Di oni gi , scr i sse a pr oposi t o dei nomi
di vi ni at t r i buendo l or o una ver a e pr opr i a f unzi one t el est ica (cf r . Teologia Plat oni ca I, 29 e Comment o al Cr at i lo pp.18,
27-29 ed.Pasquali ), cor r i spondent e, per l i nt el l et t o, a quell a del le st at ue per i sensi .
32

precedenti spiegazioni dellonnipotenza alla luce della nozione di Infinito. Il meccanismo sempre il
medesimo: abissale superiorit ad ogni potenza, e quindi definizione, per confronto, di ogni potenza.
Dio Potenza, in quanto ha in s antecedentemente e in misura superiore ogni potenza e in quanto causa di ogni
potenza e tutto produce con la sua Potenza inalterabile e indefinibile, e in quanto causa della esistenza stessa della
potenza o generale o particolare, e in quanto fornito di potenza infinita, non tanto per il fatto che produce ogni
potenza, ma anche per il fatto che al di sopra di ogni potenza e della potenza-in-s, e perch pu oltre misura produrre
infinitamente altre nuove potenze innumerabili oltre quelle che esistono, e perch le infinite potenze prodotte anche
allinfinito non possono mai indebolire lazione superinfinita della Potenza che produce la potenza, e ci per il fatto che
la sua potenza che trascende ogni cosa ineffabile, inconcepibile e incomprensibile.
Il discorso ruota intorno ad un concetto molto pi autoreferenziale di altri. Lotoovoi stessa trascesa
da una ovoi superiore che la rende possibile. L otoovoi, insomma, non totalmente possibile in
s. Non solo questa ovoi superiore ha possibilit infinite, ma, ergendosi al di l di esse, non limitata da
tali possibilit infinite.
Ci diventa particolarmente interessante quando lo Pseudo-Dionigi tenta di rispondere ad alcune critiche
mosse allonnipotenza sulla scia di passi ritenuti paolini (2 Tm. 2,13, Eb. 6,18). Lo Pseudo-Dionigi sembra
condividere la tesi che Dio non possa negare se stesso (VIII, 6), ma chiosa con una frase ambigua e di
difficile interpretazione.
Come se uno dicesse: Dio non pu non potere e non sa non sapere per otqoi.
Se quel oi otqoi fosse riferito a non pu e non sa, si tratterebbe di una banale riaffermazione del
fatto che, non potendo esistere il nulla, per linsussistenza di un potenziale, non per la sua sussistenza, che
Dio non potrebbe negare se stesso. Molto pi affascinante congetturare che oi otqoi sia riferito a
non potere e non sapere, ovvero che, per lo Pseudo-Dionigi, Dio non potrebbe non potere oi
otqoi : potrebbe infatti non potere in quanto trascenderebbe lotoovoi, in virt, perci, di un
eccesso smisurato di ovoi, piuttosto che di una sua carenza. Comincia ad affacciarsi in queste pagine la
coincidentia oppositorum che sar tanto cara a Nicola Cusano (assoluta potenza = assoluta impotenza), e il
legame tra Infinito e Potenza che ispirer cos potentemente il pensiero di Giordano Bruno. E si affaccia
grazie allIneffabile teorizzato da Gregorio di Nissa, filiazione diretta della nozione di Infinito, che lo
Pseudo-Dionigi approfondisce nei suoi molteplici aspetti.
Grandezza e piccolezza
Il nono capitolo ripropone alcune coppie di opposti esaminati nel Parmenide in riferimento allUno. Senza
indugiare sul rapporto con i commenti neoplatonici, osserviamo solo come lInfinito permetta ai nomi di
Grande e Piccolo di avere un significato analogo, sempre incentrato sullo schema 1) trascendenza 2)
definizione delle creature in relazione alla trascendenza 3) trascendenza infinita rispetto alla stessa
trascendenza.
Dio chiamato Grande secondo la Grandezza che gli propria che si dona a tutte le cose grandi e superdiffusa e
superestesa al di fuori di ogni grandezza, che abbraccia ogni luogo, che supera ogni numero, che trascende ogni infinit,
e secondo la sua sovrabbondanza e magnificenza e i benefici che derivano da lui come da una fonte, in quanto, essendo
partecipati a tutti secondo unelargizione infinita, rimangono completamente intatti ed hanno la stessa esuberanza di
pienezza e non diminuiscono in seguito al loro parteciparsi, anzi maggiormente ridondano. Questa Grandezza infinita
e priva di quantit e di numero e questa unesuberanza secondo leffusione sciolta e superestesa dellincomprensibile
magnificenza.
Si dice che Dio Piccolezza e Tenuit, in quanto sfugge ad ogni peso e distanza e procede senza ostacoli attraverso
tutte le cose. E, in verit, la piccolezza causa elementare di tutto, e non si potrebbe trovare che lidea del piccolo non
33

sia stata partecipata in qualsivoglia caso. [] Questa Piccolezza manca di qualit e di quantit, non si pu prendere,
senza limiti e infinita, comprende tutto, ma non pu essere compresa.
Lapplicazione sistematica della nozione dInfinito allanalisi dei nomi divini coinvolge anche la
Dissomiglianza.
Le stesse cose sono simili e dissimili a Dio: simili per limitazione, finch possibile, di colui che Inimitabile,
dissimili in quanto gli effetti sono inferiori alla causa e per la mancanza di misure infinite e non confuse.
Pace.
Ci soffermiamo infine sul capitolo XI, che si apre con la descrizione della Pace divina. Meglio di altri,
permette di osservare la scarsa attenzione dello Pseudo-Dionigi per lidea di Creazione, e la sua preferenza
per un rapporto di partecipazione, effusione, causalit o definizione (nel senso classico dellordinamento
dellindefinito) tra Dio e luniverso. Si rif, in questo contesto, allidea di to che gli deriva da Proclo.
La Pace forse la massima espressione della presenza e insieme negazione del Principio e Causa della pace
universale: con un moto molto simile alla to, esso principio costitutivo e ordinatore della realt, ma
insieme la eccede in maniera inarrivabile, e trascende, come gi sappiamo, la medesima otocivq.
Questa Causa, che sopraggiunge in tutti semplicemente, come servendosi di alcune barriere che legano insieme le cose
divise, definisce, determina e rinsalda ogni cosa e non permette che le cose divine si riversino nellindeterminato e
nellindefinito senza ordine e senza fermezza e rese abbandonate da Dio, avendo perso la loro unit interiore, confuse le
une con le altre con ogni mescolanza.
[] Come non rientri in se stessa e moltiplicandosi non abbandoni lunione con s, ma anzi proceda verso tutte le cose,
rimanendo sempre completamente con se stessa a causa delleccellente unione che supera tutte le cose, non giusto n
possibile dire o pensare per alcuno degli esseri [] .
Ecco allora che un processo classico di ordinamento dellindefinito e di emanazione ontologica viene
inscritto nella logica dellIneffabile gregoriano, giacch non pi possibile allo Pseudo-Dionigi mantenerlo
in quanto tale. La concordia degli esseri, il risanamento della guerra intestina tra gli elementi delluniverso,
sono comunque sovrastati da uneccedenza, non assoluti e non definitivi. Quella sospensione e vanificazione
che nellepktasis gregoriana era tanto radicale sul piano mistico e morale, nello Pseudo-Dionigi contamina
integralmente il piano teoretico, e nessuna opera di Dio, per quanto grandiosa, pu esaurirne linfinita e
inconoscibile operativit: il che conferma come, in fondo, lInfinito sia il tentativo di pensare
ontologicamente linesauribile eccedenza escatologica del cristianesimo primitivo.

VII. Massimo il Confessore : finitezza del creato e critica allepktasis
Per uno degli itinerari che abbiamo seguito finora, ovvero lo studio dellingresso dellInfinito nello schema
caduta-redenzione-apocatastasi, il settimo degli Ambigua rappresenta il pi naturale coronamento. E uno dei
pi lunghi e complessi tra gli Ambigua, ed proprio una meditazione su tale schema e sulle sue varie
declinazioni, a partire da quella origenista radicale, passando per quella gregoriana rinvigorita dallepktasis,
per giungere infine a quella personalissima di Massimo, che contempera elementi di entrambe, e si disfa
tanto della preesistenza origeniana quanto dellinfinito progresso gregoriano
36
.
Massimo conosce la teologia cappadoce ed un attento commentatore dello Pseudo-Dionigi. La nozione di
Infinito strutturale nel suo pensiero, e riesce a farvi ricorso in numerose occasioni, come mostrano, ad
esempio, le meditazioni che si susseguono nel decimo Ambiguum. Debitore di Evagrio, recupera capitali

36
Il t ema si r i t r ova anche nei Capi t ol i Teol ogi ci ed Economi ci .
34

assunti origeniani (identit tra principio e fine, visione beatifica come fine ultimo delluomo, partecipazione
ontologica intesa come orientamento del libero arbitrio ed esperienza mistica). Ma la risposta razionale che
offre alla domanda di teodicea, ovvero perch sia avvenuta la caduta e la redenzione non sia immediata, si
muove su direttrici pi varie.
Massimo riprende il tema, comune a Origene e a Gregorio, della mutevolezza delle nature create che si
manifesta in un continuo desiderio della estrema realt desiderabile. Una volta rimaste fisse e stabili in tale
realt, le creature razionali non avrebbero avuto motivo di distaccarsene.
Se essi vogliono che questo avvenuto un tempo in seguito ad un ordine, e se gli esseri razionali si procurarono la loro
dispersione perch si mossero dallessere fissi e stabili nella realt che lestrema e lunica desiderabile, come lo
potranno dimostrare? Essi logicamente supporranno che le creature razionali di necessit avranno allinfinito le
medesime cadute per le medesime cause. Una volta, infatti, che le creature razionali hanno potuto disprezzare qualcosa,
per averne fatto la prova, non ci sar nessun modo per impedire che lo possano fare sempre. E cosa potrebbe essere pi
miserevole del fatto che essi si muovano in questo modo e non possano avere o sperare nessuna collocazione che sia
immobile per la sua stabilit nel bene?
Pi ancora di questa obiezione, importante la successiva : un atto di profondo scetticismo nei confronti
della pedagogia divina, tanto cara a un teologo come Origene. La ricerca dellestrema realt da parte delle
creature razionali ormai cos fortemente pervasa dal desiderio, dallunione, dal progresso, dalla nostalgia
dellarchetipo (che nella mistica di Massimo, peraltro, si risolve in una voi!) che lesperienza del male, e
la successiva volont di evitarlo, non sono pi in grado di condizionare lokovoo. Massimo presenta
limmagine del sole che, quando risplende, impedisce di vedere le stelle: la vista dellunica luce divina fa
svanire e priva di valore ogni altra realt che sia possibile conoscere, male incluso. Laddove, infatti, il
desiderio volto con tutte le sue forze allestrema realt (e, nelle fasi ultime dellascesa, anche la volont ne
illuminata e permeata), lo stesso desiderio di evitarne lallontanamento visto come una brama fuorviante,
gi come un primo allontanamento.
Ma se costoro dicessero che esse possono, ma non vogliono farlo, per avere gi esperimentato il contrario, allora per tali
creature il bene sar di necessit oggetto di amore non di per s, in quanto bene, ma a causa del suo contrario, nel senso
che esso non sar oggetto di amore per sua natura in senso proprio. Infatti tutto quello che non per se stesso buono o
desiderabile o non trascina a s ogni movimento, non buono in senso proprio.
Il desiderio deve essere assoluto, febbrile, violento, Massimo parler addirittura di subire lessere come
condizione pi pura e beata che essere
37
. In aperta opposizione allepktasis gregoriana, alla quale pure paga
un enorme tributo accogliendo il desiderio come il bene supremo connaturato alluomo, il Confessore riporta
un elenco di citazioni bibliche che confermino la contemplazione finale come un definitivo stato di quiete e
di appagamento
38
, come unassenza di passione e di moto che fine ultimo della passione e del moto, come
una vera e propria cessazione dallattivit e uscita da s della volont.
E proprio una riflessione originalissima sulla volont la chiave di volta del settimo Ambiguum. La volont
viene reinterpretata nel suo ruolo protologico ed escatologico, apparentemente depotenziata ma in realt
risolta nellabbandono, nel lasciarsi invadere dalla volont dellamato, che culmine ultimo dellascesa, fine
segreto del libero arbitrio e interruzione della tensione : il desiderio il Desiderato.

37
Concet t o che, secondo il Vol ker , af f i or a per l a pr ima vol t a i n Gr egor i o ( Quest o beat o subi r e del l anima ) e poi nel l o
Pseudo-Di onigi (De nomi ni bus 2,9,648B). Con M assi mo divent a f ondament al e, l o r if er i sce a M el chi sedec (Ambiguum
10, 1137C), a Paol o (Ambiguum 20, 1237D) e al l o st esso dest i nat ar i o dell e Quest i oni a Tal assio (65,737A).
38
Dt . 12,9 Inf at t i non si et e ancor a venut i al r i poso e al l er edit che vi d il Si gnor e Di o nost r o , Sal 16,15 Ti
i nvocher f i no al l a saziet , f i no a che sar appar sa a me l a t ua gl or i a , Sal 41, 2 Ebbe set e l anima mi a del Di o f or t e e
vi vent e: quando ver r e appar ir davant i al vol t o di Di o? e ancor a Fi l 3,11, Eb 4,10, M t 11,28. Tut t i quest i passi sono
i nt esi da M assi mo come cor oll ar i a Genesi 3,22: l a cadut a or i geni anament e i nt esa da M assi mo come
al l ont anament o da una condi zi one di beat i t udine pr imi t i va.
35

Ecco come il settimo Ambiguum descrive questa mutazione escatologica della volont.
Non vi turbi quanto sto dicendo. Io non dico che avviene leliminazione del libero arbitrio, ma affermo, piuttosto, che vi
sar una collocazione naturale, ferma e immobile, ovverosia una uscita da s dovuta alla nostra volont, affinch noi
desideriamo di ottenere anche il nostro moto da quella fonte da cui deriva il nostro essere, nel senso che limmagine
risale verso larchetipo e, come un sigillo su di unimpronta, in modo mirabile si adatta allarchetipo, e non pu e non
vuole dallora in poi muoversi in altra direzione, o (per parlare pi chiaramente e pi esattamente) nemmeno pu
volerlo, in quanto si impossessato della operazione di Dio, o piuttosto diventato Dio grazie alla divinizzazione, e
prova maggior piacere a separarsi dalle cose che sono e che pensiamo siano in lui secondo natura.
E come se la grande esaltazione del libero arbitrio, che ebbe in Origene il suo principale esponente, portasse
sempre in nuce unistanza di apertura, di ospitalit del divino in s, di essere operato, patire la propria
operazione da parte di Altro, capace prima o poi di riemergere e di proporsi come esito e compimento
sublime del libero arbitrio stesso. Non a caso, pi avanti, Massimo citer la preghiera nel Getsemani,
immagine per eccellenza della volont umana disciolta ed innalzata nella volont divina
39
. Questa apoteosi
per sottomissione agognata dallanima fin dal sorgere del suo desiderio: se essa intelligente, allora pensa,
se pensa, ama ci che ha pensato, se ama, subisce luscire da s verso loggetto amato, se lo subisce, questo
la fa affrettare, ci la porta a stimolare sempre pi violentemente il proprio moto, fino a volerne ottenere la
totale dipendenza dalloggetto amato. Lessere libero e razionale trascinato per sua natura in una corsa
frenetica verso lestasi, verso lo smarrimento di tutto se stesso, coscienza e volont, nel principio che lha
originato. Massimo riprende la celebre metafora prima stoica e poi origeniana del ferro sciolto nel fuoco e
dellaria illuminata, ma non risparmia la volont di agire da questa totale trasfigurazione
40
. Qual il ruolo
dellInfinito in questa riconfigurazione della volont in rapporto al desiderio, in direzione, si potrebbe dire,
kenotica?
Lessere circoscritto non pu voler ricevere da se stesso lessere circoscritto, come avviene nella tradizionale
applicazione della volont, ma pu volerlo solo ad opera di colui che tutto circoscrive
41
, proprio perch
questi Infinito, e in relazione a lui si determina ogni qualit, in quanto, non essendo limitato, non ha
qualit. Ecco allora come lInfinito gregoriano, attraverso la mediazione dello Pseudo-Dionigi (il Principio
infinito si manifesta teofanicamente in ogni essere in quanto ogni essere definito in relazione ad esso, ma al
contempo trascende se stesso ed quindi inconoscibile e totalmente estraneo allessere)
42
viene utilizzato da

39
Immancabi l e, i n quest o cont est o, anche l a ci t azi one di 1Cor 15, che M assi mo f a espli ci t ament e.
40
Ricor di amo che M assimo i mpi ega l a st essa i mmagi ne in r i f er iment o all a i ncar nazi one del l i post asi Fi gl i o ( Ambi guum
5,1060).
41
Cf r . Ambiguum 40 (1304 B) : Non l imi t at o da alcuna delimi t azi one, e qui ndi anche inf i ni t o, in quant o non vi
al cuna i dea di t empo o di nat ur a che possa r aggiunger l o . E Ambiguum 10 1141A, a pr oposi t o di M el chi sedek: E
l ogico che abbi a avut o il nome non sull a base del le car at t er ist i che del t empo e dell a nat ur a, ma del l e car at t er i st iche
di vi ne e beat e con l e quali egl i mut l a sua f or ma. A t ali car at t er i st iche non giunge il t empo, non giunge l a nat ur a, non
gi ungono l a r agi one, l i nt el l et t o, n al cun al t r a cosa che si possa di r e secondo una del imi t azi one . 1180C: La pot enza
i nf i ni t a dell a Causa univer sale, che deli mi t a t ut t e l e cose, ed l o st esso limi t e est r emo . E Ambiguum 17 (1232 B) :
Di o, i nf at t i , del t ut t o pr ivo di par t i per ch anche assol ut ament e pr i vo di quant i t , ed assol ut ament e pr i vo di
quant i t per ch sempl ice del t ut t o, ed sempli ce del t ut t o poich del t ut t o pr i vo di dimensi oni, ed del t ut t o
pr i vo di di mensi oni per ch del t ut t o i nf i ni t o, ed del t ut t o i nf i ni t o per ch anche del t ut t o immobi le (ch non si
muove af f at t o mai quel l o che non ha un l uogo ver so cui muover si ), ed immobi le del t ut t o per ch assol ut ament e
pr i vo di ini zi o, ed del t ut t o pr i vo di i nizi o per ch anche del t ut t o i ngener at o, ed del t ut t o i ngener at i per ch
assol ut ament e uno e sol o al o massimo gr ado, e del t ut t o uno e sol o al massimo gr ado per ch anche assol ut ament e
pr i vo di r el azi oni , e per quest o mot ivo t ot al ment e i nespr imibi l e e i nconosci bi le e f i ne unico al massimo gr ado di t ut t a
l a conoscenza dell e cose che ver so di l ui si muovono i n modo bell o e conveni ent e a Di o, e possi ede come uni ci ssima
ver a conoscenza il non esser e conosciut o . M or eschi ni osser va che i n ambi t o medi o pl at oni co (ci t a Al ki noos nel II sec.)
l assenza di l imi t i compor t ava gi assenza di quali t nel divi no.
42
Cf r . Ambiguum 10 (1165 D): La beat a e sant a nat ur a di Di o per sost anza al di l dell af f er mazi one e del la
conoscenza e inf i ni t ament e t r ascende ogni i nf i ni t ezza, [ ] poi ch l egge di nat ur a che l a cr eat ur a non possa
cont ener e l i ncr eat o e il l imi t at o non possa pensar e l il l imi t at o .
36

Massimo per proporre per luomo un fine ultimo alternativo allepktasis e alla tensione inappagabile. La
natura infinita del Creatore e della creatura, infinita nel suo mutare e desiderare lInfinit del Creatore,
anche per Massimo il fattore determinante della beatitudine finale, ma in polemica con Origene ed Evagrio
questa non pu essere pi abbandonata in favore di una nuova esistenza lapsa, mentre in contrasto con
Gregorio non affatto inattingibile e relegata in fondo ad un progresso impossibile da esaurire. Massimo
rivede la gnosi di Evagrio introducendo un quarto grado, dopo la conoscenza del creato, la conoscenza del
Creatore e lunione mistica. Il quarto grado si distingue proprio per la sua irreversibilit, perch configge
lintelletto in Dio, rende impossibile desiderare o conoscere altro.
Ora, per, esaminiamo la soluzione di Massimo in materia protologica. Come interpretare il detto del
Nazianzeno : Noi siamo parte di lui e discendiamo dallalto?
Ciascuno degli angeli e degli uomini, che sono creature intelligenti e razionali, proprio per il logos per cui fu creato, il
quale si trova in Dio ed presso Dio [cfr. Gv. 1,1], si dice che parte di Dio, e lo a causa del proprio logos, che
preesistente in Dio, come si detto.
Certamente, se si muove conforme al logos, quellessere razionale sar in Dio, perch in Dio preesiste il logos del suo
essere, in quanto il logos principio e causa, e, se non vuol congiungersi, nel suo desiderio, a nessuna altra cosa invece
che al proprio principio, allora non scorre via lontano da Dio, ma, al contrario, grazie al protendersi verso di lui, diviene
Dio ed detto parte di Dio, in quanto partecipa a Dio come si conviene: infatti conformemente alla sua natura,
sapientemente e meditatamente, mediante un acconcio movimento, raggiunge il proprio principio e la propria causa, e
quindi non ha un altro luogo verso cui muovere la sua ascesa e la sua apocatastasi, che non sia il proprio principio e
quel logos in conformit con il quale fu creato.
Non , quindi, esistita preistoricamente unenade dove gli intelletti avrebbero distolto il proprio desiderio
dalla visione beatifica per rivolgerlo alle creature. La natura unica e infinitamente molteplice del
Logos/seconda ipostasi della Trinit (anchessa debitrice della speculazione cappadoce
43
) sede dei logoi di
tutte le creature razionali: per esse, anche in dimensione storica nel caso degli uomini, desiderare la
conformit o lidentit con il divino nel quale il proprio logos, o deviare altrove il proprio desiderio, il
solo discrimine tra beatitudine e caduta
44
. La storia non leffetto, ma il luogo della deviazione del desiderio
da parte delle creature razionali. Questo per solleva di nuovo il problema della teodicea: come per Gregorio,
e a differenza di Origene, il libero arbitrio non pi responsabile della stessa esistenza corporea o in generale
lapsa. Gregorio risolveva il problema con la raffinata elaborazione dellepktasis, le cui caratteristiche di
irraggiungibilit dello stadio finale e immediato oblio degli stadi intermedi relativizzava, in fin dei conti, le
pi o meno svantaggiate condizioni di partenza. Anche Massimo, ipotizzando un concatenamento necessario
tra la natura intellettuale pensante e la sua brama di unione assoluta con lestrema realt, concatenamento che
passa attraverso un irrefrenabile e sempre pi incandescente accrescersi del desiderio, colloca ogni possibile
creatura razionale nella condizione di giungere prima o poi alla visione beatifica, nella quale la volont non
sinoltra allinfinito, ma si lascia kenoticamente invadere, guidare, sommergere, esaltare.
Come gi per Origene, notiamo come a questa concezione si adegui anche levento di grazia per
antonomasia, snodo dal quale un pensatore cristiano non pu prescindere (e che rende cos originale ogni
pensatore cristiano) : lIncarnazione del Logos/seconda ipostasi della Trinit. Massimo vede
nellumanizzazione del Logos, nella sua umiliazione in volont umana, la provvidenziale rivelazione della
divinizzazione delluomo, del suo trasferimento nella volont divina. Il Logos incarnato simbolo e

43
Gr egor i o di Nazi anzo, nel Ser mone sul Bat t esi mo, par l a di una nat ur a congi unt a e Inf i ni t a di t r e esser i Inf i ni t i .
44
Cf r . Ambiguum 10 (1113D) : E vedendo che nessuno dei due, nel suo l ogos, li ber o dal l a limi t azi one, e
consi der ando cosa t ur pe l asci ar e che l a condi zi one immor t ale e sempr e i n moviment o del l ani ma f osse cor r ot t a e
l imi t at a dall e r eal t mor t ali e cir coscr i t t e, si l egar ono i ndi ssol ubil ment e a Di o, che sol o i mmor t al e e super i or e ad
ogni i nf i ni t ezza .
37

insegnamento, ma anche diretta operazione, della riunificazione tra Creatore e creatura. Attraverso il
desiderio dellUno di essere nellaltra si manifesta e si accende il desiderio dellaltra di essere nellUno.
VII,5. La totalit degli esseri non infinita n eterna
Nel decimo degli Ambigua, Massimo respinge le due tesi dellinfinit e dellassenza di inizio della totalit
degli esseri creati. Mentre qualche passo di Gregorio Nisseno e dello Pseudo-Dionigi lascia aperto uno
spiraglio sulla possibilit di un sistema Creatore infinito creazione infinita, Massimo riafferma nettamente,
e senza dubbi, lo schema origeniano Creatore infinito creazione finita.
Se lesistenza di tutte le cose, nonostante che siano molte, non pu essere infinita, poich il loro limite, per numerose
che siano, nella quantit numerica, la quale circoscrive il logos del loro essere e del loro essere in un determinato
modo (lesistenza delle cose non certo illimitata), chiaro che nemmeno la sussistenza delle singole cose potr essere
esente da delimitazione, circoscritte come sono luna dallaltra, secondo il logos nel numero e nella sostanza.
Seguendo uno schema dionisiano, Massimo fa s che quellinfinito che lanima desidera davvero sia al di
fuori e insieme allorigine della realt creata, e che essa ne sia aliena sia nella sua totalit, sia nelle sue
singole parti. Il senso della contingenza, della finitezza, acutissimo nel Confessore: limite, numero e misura
sono lunico orizzonte ontologico delle nature create, e forse per questo, anche in prospettiva apocatastatica,
il progresso non pu protendersi allinfinito. La sola esperienza che si pu fare dellInfinito abbandonarsi
ad esserne delimitati in modo sempre pi totale, consapevole e libero.
Dunque nessuna cosa priva di inizio, dal momento che oltre a lei se ne pu pensare unaltra precedente, n priva di
delimitazione, poich insieme con lei se ne pu pensare unaltra. Ma se nessuna cosa priva di inizio o di
delimitazione, come ha mostrato il nostro ragionamento, che segue in modo consequenziale la natura delle cose, vi fu
senza dubbio un momento in cui una qualunque cosa non era, e, se non era, assolutamente ha avuto origine, poich non
era.
Non le sono possibili, infatti, entrambe le cose, cio essere e avere origine, a meno che non vi siano mutamento e
alterazione. Ma se era ed ebbe origine, si mut, con laver origine passando in quello che prima non era, oppure si
alter, ricevendo laggiunta di una bellezza di cui prima era stata priva. Per tutto quello che si muta o si altera o
manchevole di forma non pu essere in s perfetto. Ma quello che non in s perfetto sicuramente avr bisogno di un
altro, che gli procuri la perfezione: quindi una tal cosa sar perfetta, ma non perfetta grazie a s, perch possiede la
perfezione non per natura, ma per partecipazione. Per quello che ha bisogno di un altro per la sua perfezione tanto pi
ne avr bisogno per il suo stesso essere.
Lessere delimitato consegna, quindi, ogni essere nelle mani di unangosciosa contingenza, ed ogni
mutevolezza alla ricerca di una perfezione che non pu ottenere imponendo a se stessa un limite, da limitata
che gi. Che la ragione della propria esistenza, la propria sussistenza, si trovi in altro da s, che lorigine
del mondo sia parallelamente altro dal mondo, un ennesimo ripensamento in termini ontologici dellattesa
dellavvento escatologico, dellespropriare il senso del mondo e delluomo riponendolo nellincessante e
tuttavia mai disponibile venuta dellAltro trascendente. Ormai pienamente in grado di padroneggiare
lInfinito, al punto da considerarlo un assunto comune, Massimo riscrive il dualismo ov o_otov
come la trascendenza di una Monade infinita su una diade inevitabilmente limitata. La nozione di Infinito,
penetrata nella speculazione teologica, , come nella precedente divisione di Gregorio (e nella futura
divisione di Eriugena), lelemento che separa linesauribile eccedenza del divino dalla contingenza mondana,
e sotto questo aspetto il sistema Creatore infinito creazione finita ripropone, con la massima raffinatezza
teoretica, quella dimensione eventuale, dindisponibilit del senso, che era propria del kerygma pi antico.
Linfinito, infatti, infinito secondo ogni logos e ogni modo, sostanza, potenza, atto, entrambi i limiti (linizio e la fine).
E incontenibile, infatti, nella sostanza, e impensabile nella potenza e incircoscritto secondo latto e privo di inizio verso
lalto e privo di fine verso il basso, e, per dirla semplicemente in modo pi veritiero, in tutto e per tutto non delimitato,
poich assolutamente niente pu essere pensato insieme con lui in uno dei modi che abbiamo enumerati.
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