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22 Nov, 2022
migranti
Sviluppo sostenibile, CO2 compensata,

Il Barbuto
Uno sguardo personale sul Mondo

Checco Zalone, il Carmelo


Bene de noantri
 26 Maggio 2020

Tempo di lettura 3 min.

E’ azzardato paragonare Checco


Zalone (al secolo Luca Medici) a
Carmelo Bene? Tutt’altro. Sono
molte le similitudini, al netto della
fase storico-culturale che li
contraddistingue. In più Zalone è un
intellettuale organico.

Nei giorni scorsi qualcuno ha pubblicato,


su Youtube, il (per me) tanto atteso
ultimo film di Checco Zalone, Tolo Tolo.
Inutile dire che lo hanno rimosso il
giorno dopo per violazione del
copyright. Stesso motivo per cui i canali
di film in streaming vengono
prontamente chiusi dalle pubbliche
autorità, le quali si dimostrano spesso
inefficienti a tutelare la pubblica
sicurezza, ma efficientissime a
salvaguardare la proprietà industriale.

Per quanto mi riguarda, stimo


tantissimo i gestori di questi canali
(eurostreaming, cineblog01,
altadefinizione, ecc.) oltre agli utenti di
Youtube che a volte caricano film
interessanti. Non fosse altro che
traducono in prassi il sacrosanto diritto
di godere della visione cinematografica
anche da parte di chi non ha i mezzi
per accedervi. Ma soprattutto rischiano
tantissimo, sul piano penale (reclusione
da sei mesi a tre anni) ed economico
(sanzione amministrativa da 2.582 a
15.493 euro), in quanto lo Stato ha il
compito di tutelare, chiaramente, la
miliardaria industria cinematografica. E
punire, ovviamente, i poveri cristi che
godono di un film.

Oh, finalmente me lo posso vedere! Ho


pensato mentre preparavo le patatine
unte e bisunte con annessa birrozza
gelata. Certo, la qualità lasciava a
desiderare, ma, formatomi alla sublime
arte dello scrocco ai tempi del cine cam
live, diffuso tramite e-mule e scambiato
in cd (poi dvd multifilm), questo è oro.

Arrivo tardi a commentare sto


benedetto film, oggetto di critiche a più
non posso in quel mese di gennaio in
cui il coronavirus era un problema
cinese e gli argomenti del giorno erano
le sardine, il voto in Emilia Romagna
e Calabria, oltre, ovviamente, al film
di Checco Zalone. Ma, da come si sarà
capito, non sono avvezzo a frequentare
cinema o a pagare abbonamenti per
guardare film.

Nel freddo e lungo periodo del lockdown


inoltrato sono sopravvissuto tra Youtube
(dove ogni tanto caricano qualche film
simpatico) e RAI play. Dato che i canali
di streaming spesso non funzionavano.

Off topic: Ma chi li carica i film


su RAI play?

Ora, perdonate l’off topic, ma una cosa


su RAI play vorrei dirla. E’ mai possibile
che una piattaforma che conta centinaia
di film, di varia natura, anno di
produzione e provenienza geografica,
abbia come minimo comun
denominatore che so’ tutti film della
cippa? Cioè, ogni tanto qualche film
decente lo passano, ma per decente
intendo sopportabile. Roba per cui
un’ora e mezza ce la passi, ma con
malcelata frustrazione. C’hanno solo film
inguardabili, melensi, noiosi,
stucchevoli. Gli unici film degni di nota
che hanno messo sul canale, di recente,
sono stati Smetto quando voglio, Lo
chiamavano Jeeg Robot e Anime nere.
Per il resto, puro pattume.

La trama di Tolo Tolo

Detto ciò (ora mi sento più liberato),


torniamo a Tolo Tolo. E’ inutile
raccontare la trama, che tanto di sicuro
molti italiani conoscono già. Lo dicono i
numeri. E’ il film che ha incassato di più
in Italia nel 2020 (almeno fin quando si
poteva andare al cinema), con 46
milioni di euro e spicci. Giusto per
capirci, Titanic, a suo tempo, ne incassò
50. E conoscevo (per mia fortuna parlo
a passato) fanciulle che l’hanno visto 7,
8, anche 10 volte.

La volete sapere lo stesso? E vabbuò, la


racconto. La trama è semplice. Checco è
un imprenditore pugliese e un giorno
decide di aprire un ristorante sushi.
Che però fallisce miseramente. Dopo il
fallimento, inseguito dai debiti,
soprattutto tributari, decide di
rifugiarsi in Africa, dove si improvvisa
cameriere in una lussuosa struttura
alberghiera del Kenya. Un giorno, però,
l’albergo viene assalito dall’ISIS e
Checco e Oumar, un collega cameriere
divenuto amico, si rifugiano nel villaggio
di quest’ultimo, ma anche questo viene
attaccato dai terroristi. Al ché i due
sono costretti a emigrare in Europa, ma
Checco non vuole tornare in Italia, bensì
rifugiarsi nel Liechtenstein, in cui le
tasse e la burocrazia sono meno
pressanti che nel Bel Paese. Strappa
così il passaporto e decide di affrontare
il viaggio da clandestino. A loro si
uniranno la bella Idjaba, di cui Checco
Zalone è innamorato, e il piccolo
Doudou. Dopo un lungo, pericoloso e
tortuoso viaggio, non parco di sorprese,
i protagonisti arriveranno in Italia.

Questo è il primo film diretto da Checco


Zalone, con l’aiuto di Paolo Virzì, la cui
mano, però, si sente poco (direi per
fortuna).

La genialità di Checco Zalone

C’è chi ha criticato Checco Zalone


perché troppo spostato a sinistra,
considerandolo un buonista che punta a
far accettare i migranti. Altri lo hanno
criticato per aver deriso gli stereotipi
della sinistra qualunquista, idealista e
acritica (cioè quella che domina le
scene e c’è toccata in sorte in questo
momento storico), questa sì buonista,
che fa dell’accoglienza e della
contaminazione, senza critica sociale,
un vessillo. C’è pure chi ha detto che
Checco Zalone, in questo film, s’è
mantenuto in equilibrio, non
sposando né l’una né l’altra ideologia,
ma sferrando fendenti a destra e a
manca.

Se permettete, vado oltre. Zalone è un


genio artistico e intellettuale. Uno che
analizza la realtà con una complessità
disarmante e la spiega con una
semplicità ancor più incredibile.

Cosa c’entra Checco Zalone


con Carmelo Bene?

Checco è un intellettuale organico,


con una genialità creativa e critica,
d’avanguardia, insolente, provocatore,
calato perfettamente nella realtà e con
una spiccata capacità di lettura, di
destrutturazione dai luoghi comuni
e di reinterpretazione sul piano artistico.
Insomma, Checco Zalone è un Carmelo
Bene popolano e popolare,
contemporaneo, fuori dagli schemi
borghesi, che lo vorrebbero
addomesticato, ininfluente, comico
senza oltrepassare i limiti, insomma,
ancorato ad un’ideologia dominante o
pseudo-alternativa. Inoltre alcuni
elementi immaginifici del film Tolo Tolo
richiamano, seppur in modo didascalico,
alcune espressività del cinema beniano.

Chiariamo cosa voglio dire con


intellettuale organico, concetto
elaborato da Gramsci nei Quaderni dal
Carcere. E’ un intellettuale che
comprende la realtà storica,
l’analizza, la rielabora e la racconta, dal
punto di vista di una classe. Non quella
dominante. Nemmeno quella media e
piccolo-borghese (rappresentata, in
larga parte, dai buonisti di sinistra), ma
quella che oggi potremmo definire
popolare. Quella che un tempo era la
classe operaia e contadina e
rappresentava la realtà attraverso il
folklore.

Il folklore alla Zalone

Il folklore. Una rappresentazione del


mondo autonoma, coerente ad
un’ampia classe di sfruttati, non solo
nazionale, e non parca di ironia e
capacità di comprensione dei fatti
sociali. Povera, certo, di rielaborazioni
coerenti ed organiche, ma capace di
leggere la realtà al di fuori delle
edulcorazioni fatte dalla narrazione
dominante. Questo pericolo è stato
annientato con la distruzione del
folklore e il suo assorbimento nella
cultura dominante e nel mercato degli
eventi (caso emblematico è quello della
pizzica salentina, che non a caso Checco
deride spesso).

Zalone che fa? Riprende in mano gli


antichi strumenti del folklore e li sfrutta
per ricostruire una visione popolare,
ricca di critica. Quella che oggi si
rispecchia nella classe dei consumatori,
lavoratori, precari, piccoli imprenditori,
disoccupati. Cioè quelli che a fatica
arrivano alla fine del mese e che saltano
da un consenso politico all’altro, perché
orfani di rappresentanza. E anche di una
visione critica della realtà. Quindi facili
ostaggi di populismi, demagogie e
letture distorte del reale.

Checco Zalone muove da una visione


popolare, folklorica, eppur reale – privo
delle lenti partitiche e particolari – per
raccontare una storia, analizzandola e
destrutturandola per poi manipolarla e
arrivare al nocciolo. Elimina gli orpelli
ornamentali che offuscano la vista e
racchiudono la realtà in luoghi comuni di
facile governabilità ed assimilazione.
Insomma, detta in modo semplice, fa
l’intellettuale.

La differenza tra Zalone e gli


intellettuali italiani

Gli intellettuali nostrani sono pressoché


tutti tradizionali (nell’accezione
fornitaci da Gramsci), ossia convinti di
essere super-partes, quindi astorici,
idealisti, ma di fatto organici al
pensiero unico, dettato dalla classe
dominante. Anche quelli buonisti,
sedicenti di sinistra, non fanno altro che
perpetrare una visione alternativa, ma
solo di facciata.

La realtà, da questi soggetti, viene


edulcorata e trasformata in luoghi
comuni, che producono una narrazione
rappresentativa, parziale, irreale.

Zalone da intellettuale organico alla


classe popolare, calato nella realtà, fa
l’esatto opposto: parte dai luoghi
comuni per destrutturarli, caricarli di
ironia, per poi raccontare la realtà in
senso critico ed evidenziare le
contraddizioni. E così finisce per
scontentare tutti gli intellettuali
tradizionali, oltre, ovviamente, a quelli
puramente organici alla classe
dominante.

Checco Zalone non si definirebbe mai


un intellettuale, semmai un cantante,
un attore, oggi un regista. Però, di fatto,
lo è. Anzi, è uno dei più realisti tra gli
intellettuali. Il film Tolo Tolo supera
addirittura gli altri suoi quattro
precedenti film. Nei quali s’intravedeva
la genialità realistica e al contempo
creativa di Zalone, ma i limiti erano
ancora vincolanti. Il primo era la regia.
Il secondo, una notorietà non ancora
radicata. Oggi che questi limiti sono
stati superati, possiamo godere per
davvero della genialità di Zalone, in
tutto il suo materialismo storico
d’avanguardia.

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