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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Allegati alla Parte Seconda


Allegato I - Criteri per la verifica di assoggettabilità di piani e programmi di cui all'articolo 12 (1873)
In vigore dal 13 febbraio 2008

1. Caratteristiche del piano o del programma, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:
- in quale misura il piano o il programma stabilisce un quadro di riferimento per progetti ed altre attività, o per quanto riguarda l'ubicazione, la natura, le
dimensioni e le condizioni operative o attraverso la ripartizione delle risorse;
- in quale misura il piano o il programma influenza altri piani o programmi, inclusi quelli gerarchicamente ordinati;
- la pertinenza del piano o del programma per l'integrazione delle considerazioni ambientali, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile;
- problemi ambientali pertinenti al piano o al programma;
- la rilevanza del piano o del programma per l'attuazione della normativa comunitaria nel settore dell'ambiente (ad es. piani e programmi connessi alla ge-
stione dei rifiuti o alla protezione delle acque).
2. Caratteristiche degli impatti e delle aree che possono essere interessate, tenendo conto in particolare, dei seguenti elementi:
- probabilità, durata, frequenza e reversibilità degli impatti;
- carattere cumulativo degli impatti;
- natura transfrontaliera degli impatti;
- rischi per la salute umana o per l'ambiente (ad es. in caso di incidenti);
- entità ed estensione nello spazio degli impatti (area geografica e popolazione potenzialmente interessate);
- valore e vulnerabilità dell'area che potrebbe essere interessata a causa:
- delle speciali caratteristiche naturali o del patrimonio culturale;
- del superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite dell'utilizzo intensivo del suolo;
- impatti su aree o paesaggi riconosciuti come protetti a livello nazionale, comunitario o internazionale.

(1873) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal
predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato I-bis - Opere, impianti e infrastrutture necessarie al raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), pre-
disposto in attuazione del Regolamento (UE) 2018/1999 (1874) (1875)
In vigore dal 31 luglio 2021

1 Dimensione della decarbonizzazione


1.1 Infrastrutture per il phase out della generazione elettrica alimentata a carbone
1.1.1 Riconversione e/o dismissione delle centrali alimentate a carbone;
1.1.2 Nuovi impianti termoelettrici alimentati attraverso gas naturale per le esigenze di nuova potenza programmabile, con prevalente funzione di adegua-
tezza, regolazione e riserva connessi alle esigenze del sistema elettrico derivanti dalla chiusura delle centrali alimentate a carbone
1.1.3 Infrastrutture di reloading, trasporto via nave, stoccaggio e rigassificazione necessarie a consentire il phase out dalla generazione a carbone e la decar-
bonizzazione delle industrie in Sardegna.
1.2 Nuovi impianti per la produzione di energia e vettori energetici da fonti rinnovabili, residui e rifiuti, nonché ammodernamento, integrali ricostruzioni,
riconversione e incremento della capacità esistente, relativamente a:
1.2.1 Generazione di energia elettrica: impianti idroelettrici, geotermici, eolici e fotovoltaici (in terraferma e in mare), solari a concentrazione, produzione di
energia dal mare e produzione di bioenergia da biomasse solide, bioliquidi, biogas, residui e rifiuti;
1.2.2 Generazione di energia termica: impianti geotermici, solare termico e a concentrazione, produzione di energia da biomasse solide, bioliquidi, biogas,
biometano, residui e rifiuti;
1.2.3 Produzione di carburanti sostenibili: biocarburanti e biocarburanti avanzati, biometano e biometano avanzato (compreso l'upgrading del biogas e la
produzione di BioLNG da biometano), syngas, carburanti rinnovabili non biologici (idrogeno, e-fuels), carburanti da carbonio riciclato (recycled carbon fuels).
1.3 Infrastrutture e impianti per la produzione, il trasporto e lo stoccaggio di idrogeno
1.3.1 Impianti di produzione di idrogeno;
1.3.2 Impianti di PoZer-to-X;
1.3.3 Infrastrutture di trasporto di idrogeno;
1.3.4 Infrastrutture di stoccaggio di idrogeno.
1.4 Altre opere funzionali alla decarbonizzazione del sistema energetico e dell'industria
1.4.1 Costruzione di impianti di rifornimento di combustibili alternativi (per il trasporto stradale, aereo e navale), nonché ristrutturazione totale o parziale di
impianti esistenti con incluso l'annesso stoccaggio, per:
a. Ricarica elettrica;
b. Rifornimento Idrogeno (per utilizzo con Fuel cell, motori endotermici e vettori derivati, quali ammoniaca);
c. Rifornimento Gas Naturale Compresso / Gas Naturale Compresso di origine Biologica;
d. Rifornimento Gas Naturale Liquefatto / Gas Naturale Liquefatto di origine biologica;
e. Rifornimento Gas di Petrolio Liquefatto / Gas di Petrolio Liquefatto di origine biologica;
f. Biocarburanti in purezza;

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1.4.2 Impianti di riconversione del ciclo produttivo finalizzati a ridurre le emissionidaparte del settore industriale, ivi compresa la cattura, trasporto, utilizzo
e/ostoccaggiodella CO2.
2 Dimensione dell'efficienza energetica
2.1 Riqualificazione energetica profonda di zone industriali o produttive, aree portuali, urbane e commerciali;
2.2 Reti di telecalore / teleriscaldamento / teleraffrescamento;
2.3 Impianti di Cogenerazione ad Alto Rendimento (CAR);
2.4 Impianti di Recupero di calore di scarto.
3 Dimensione della sicurezza energetica
3.1 Settore elettrico
3.1.1 Sviluppo rete di trasmissione nazionale:
a. elettrodotti funzionali al collegamento internazionale e interconnector;
b. elettrodotti e opere funzionali al collegamento tra zone di mercato nazionali e alla riduzione delle congestioni intrazonali e dei vincoli di capacità produtti-
va;
c. opere funzionali all'incremento dell'adeguatezza e della sicurezza del sistema e di regolazione dei parametri di frequenza, tensione e potenza di corto cir-
cuito;
d. aumento della resilienza delle reti anche verso fenomeni meteorologici estremi a tutela della continuità delle forniture e della sicurezza di persone e cose;
3.1.2 Riqualificazione delle reti di distribuzione:
a. Cabine primarie e secondarie;
b. Linee elettriche Bassa e Media Tensione;
c. Telecontrollo e Metering.
3.1.3 Sviluppo capacità di accumulo elettrochimico e pompaggio
a. Installazione di sistemi di accumulo elettrochimici e pompaggi
3.2 Settore gas
3.2.1 Miglioramento della flessibilità della rete nazionale e regionale di trasporto,, e ammodernamento delle stesse reti finalizzato all' aumento degli stan-
dard di sicurezza e controllo;
3.2.2 Impianti per l'integrazione delle fonti di gas rinnovabili attraverso l'utilizzo delle infrastrutture esistenti del sistema gas per il relativo trasporto, stoc-
caggio e distribuzione;
3.2.3 Impianti per la diversificazione della capacità di importazione;
3.2.4 Infrastrutture di stoccaggio, trasporto e distribuzione di GNL di cui agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 16 dicembre 2016, n. 257, nonché impianti
di liquefazione di GNL, finalizzati alla riduzione di emissioni di CO2 rispetto ad altre fonti fossili, e relative modifiche degli impianti esistenti;
3.2.5 Infrastrutture di stoccaggio, trasporto e distribuzione di GPL di cui all'articolo 57 del Decreto-Legge del 9 febbraio 2012, n. 5, convertito con modifica-
zioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35 finalizzate alla riduzione di emissioni di CO2 rispetto ad altre fonti fossili.
3.3 Settore dei prodotti petroliferi
3.3.1 Interventi per la riconversione delle raffinerie esistenti e nuovi impianti per la produzione di prodotti energetici derivanti da fonti rinnovabili, residui e
rifiuti, nonché l'ammodernamento e l'incremento della capacità esistente anche finalizzata alla produzione di carburanti rinnovabili non biologici (idrogeno,
e-fuels), carburanti da carbonio riciclato (recycled carbon fuels);
3.3.2 Interventi di decommissioning delle piattaforme di coltivazione di idrocarburi ed infrastrutture connesse.

(1874) Allegato inserito dall'art. 18, comma 1, lett. b), D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.
(1875) Vedi, anche, l'art. 18-bis, comma 1, D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato II - Progetti di competenza statale (1877)
In vigore dal 16 luglio 2022

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefa-
zione di almeno 500 tonnellate al giorno di carbone o di scisti bituminosi, nonché terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto.
2) Installazioni relative a:
- centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica di almeno 300 MW;
- centrali per la produzione dell'energia idroelettrica con potenza di concessione superiore a 30 MW incluse le dighe ed invasi direttamente asserviti;
- impianti per l'estrazione dell'amianto, nonché per il trattamento e la trasformazione dell'amianto e dei prodotti contenenti amianto;
- centrali nucleari e altri reattori nucleari, compreso lo smaltellamento e lo smontaggio di tali centrali e reattori (esclusi gli impianti di ricerca per la produ-
zione e la lavorazione delle materie fissili e fertili, la cui potenza massima non supera 1 kW di durata permanente termica);
- impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW;
- impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 30 MW, calcolata sulla base del solo progetto
sottoposto a valutazione ed escludendo eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che abbiano il medesimo centro di interesse ovvero il me-
desimo punto di connessione e per i quali sia già in corso una valutazione di impatto ambientale o sia già stato rilasciato un provvedimento di compatibilità
ambientale;
- impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica con potenza complessiva superiore a 10 MW, calcolata sulla base del solo progetto sottoposto a
valutazione ed escludendo eventuali impianti o progetti localizzati in aree contigue o che abbiano il medesimo centro di interesse ovvero il medesimo punto
di connessione e per i quali sia già in corso una valutazione di impatto ambientale o sia già stato rilasciato un provvedimento di compatibilità ambientale.
(1890) (1897)
3) Impianti destinati:
- al ritrattamento di combustibili nucleari irradiati;
- alla produzione o all'arricchimento di combustibili nucleari;

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- al trattamento di combustibile nucleare irradiato o di residui altamente radioattivi;


- allo smaltimento definitivo dei combustibili nucleari irradiati;
- esclusivamente allo smaltimento definitivo di residui radioattivi;
- esclusivamente allo stoccaggio (previsto per più di dieci anni) di combustibile nucleare irradiato o di residui radioattivi in un sito diverso da quello di produ-
zione;
- al trattamento e allo stoccaggio di residui radioattivi (impianti non compresi tra quelli già individuati nel presente punto), qualora disposto all'esito della
verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 20. (1885)
[4) Elettrodotti aerei con tensione nominale di esercizio superiore a 150 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 15 km ed elettrodotti in cavo interrato in
corrente alternata, con tracciato di lunghezza superiore a 40 chilometri. (1896)]
4-bis) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 10 Km. (1888)
[4-ter) Elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale supe-
riore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km, qualora disposto all'esito della verifica di assoggettabilità di cui all'articolo 20. (1882) (1891)]
5) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa e dell'acciaio.
6) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano
affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro:
- per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilo-
grammi, superiore alle soglie (1876) di seguito indicate:
Classe di prodotto Soglie (*) (Gg/anno)
a) Idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici) 200
b) Idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, e- 200
steri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi
c) Idrocarburi solforati 100
d) Idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitri- 100
ci, nitrili, cianati, isocianati
e) Idrocarburi fosforosi 100
f) Idrocarburi alogenati 100
g) Composti organometallici 100
h) Materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa) 100
i) Gomme sintetiche 100

- per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, con capacità produttiva complessiva annua per classe di prodotto, espressa in milioni di chilo-
grammi, superiore alle soglie (1876) di seguito indicate:
Classe di prodotto Soglie (*) (Gg/anno)
j) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, 100
ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di zolfo, bi-
cloruro di carbonile
k) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido 100
cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati
l) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio 100

- per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) con capacità produttiva complessiva annua superiore
a 300 milioni di chilogrammi (intesa come somma delle capacità produttive relative ai singoli composti elencati nella presente classe di prodotto).
7) perforazione di pozzi finalizzati alla ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi sulla terraferma e in mare; (1892)
7.1) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto superiore a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a
500.000 m3 al giorno per il gas naturale; (1893)
7.2) rilievi geofisici attraverso l'uso della tecnica airgun o esplosivo. (1893)
7-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica ubicati in mare. (1878)
7-ter) Attività di esplorazione in mare e sulla terraferma per lo stoccaggio geologico di biossido di carbonio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera h), del de-
creto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio. (1879)
7-quater) impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni, nonché atti-
vità di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche in mare. (1883)
7-quinquies) attività di ricerca e coltivazione delle seguenti sostanze minerali:
minerali utilizzabili per l'estrazione di metalli, metalloidi e loro composti;
grafite, combustibili solidi, rocce asfaltiche e bituminose;
sostanze radioattive. (1894)
8) Stoccaggio:
di petrolio con capacità complessiva superiore a 40.000 m3; di prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacità complessiva supe-
riore a 200.000 tonnellate.

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superficiale di gas naturali con una capacità complessiva superiore a 40.000 m3;
sotterraneo artificiale di gas combustibili in serbatoi con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3;
di prodotti di gas di petrolio liquefatto e di gas naturale liquefatto con capacità complessiva superiore a 20.000 m3;
di prodotti combustibili solidi con capacità complessiva superiore a 150.000 tonnellate. (1889)
9) Condutture di diametro superiore a 800 mm e di lunghezza superiore a 40 km per il trasporto di gas, petrolio e prodotti chimici e per il trasporto dei flussi
di biossido di carbonio (CO2) ai fini dello stoccaggio geologico, comprese le relative stazioni di spinta. (1880)
10) Opere relative a:
- tronchi ferroviari per il traffico a grande distanza nonché aeroporti con piste di atterraggio superiori a 1.500 metri di lunghezza;
- autostrade e strade extraurbane principali;
- strade extraurbane a quattro o più corsie o adeguamento di strade extraurbane esistenti a due corsie per renderle a quattro o più corsie, con una lunghez-
za ininterrotta di almeno 10 km;
- parcheggi interrati che interessano superfici superiori ai 5ha, localizzati nei centri storici o in aree soggette a vincoli paesaggistici decretati con atti ministe-
riali o facenti parte dei siti UNESCO. (1886)
11) Porti marittimi commerciali, nonché vie navigabili e porti per la navigazione interna accessibili a navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate, nonché porti
con funzione turistica e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di
lunghezza superiore ai 500 metri. Terminali marittimi, da intendersi quali moli, pontili, boe galleggianti, isole a mare per il carico e lo scarico dei prodotti,
collegati con la terraferma e l'esterno dei porti (esclusi gli attracchi per navi traghetto), che possono accogliere navi di stazza superiore a 1.350 tonnellate,
comprese le attrezzature e le opere funzionalmente connesse. (1895)
12) Interventi per la difesa del mare:
- terminali per il carico e lo scarico degli idrocarburi e sostanze pericolose;
- piattaforme di lavaggio delle acque di zavorra delle navi;
- condotte sottomarine per il trasporto degli idrocarburi;
- sfruttamento minerario piattaforma continentale.
13) Impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, di altezza superiore a 15 m o che determinano un volume d'invaso
superiore ad 1.000.000 m3, nonché impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque a fini energetici in modo durevole, di altezza superiore a
10 m o che determinano un volume d'invaso superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei
siti inquinati. (1884)
14) Trivellazioni in profondità per lo stoccaggio dei residui nucleari.
15) Interporti finalizzati al trasporto merci e in favore dell'intermodalità di cui alla legge 4 agosto 1990, n. 240 e successive modifiche, comunque compren-
denti uno scalo ferroviario idoneo a formare o ricevere treni completi e in collegamento con porti, aeroporti e viabilità di grande comunicazione.
16) Opere ed interventi relativi a trasferimenti d'acqua che prevedano o possano prevedere trasferimento d'acqua tra regioni diverse e ciò travalichi i com-
prensori di riferimento dei bacini idrografici istituiti a norma della legge 18 maggio 1989, n. 183.
17) Stoccaggio di gas combustibile in serbatoi sotterranei naturali in unità geologiche profonde e giacimenti esauriti di idrocarburi, nonché siti per lo stoc-
caggio geologico del biossido di carbonio di cui all'articolo 3, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, di recepimento della di-
rettiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico del biossido di carbonio. (1887)
17-bis) Impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che rientrano nel presente allegato e nell'allegato III al presente decreto o impianti di
cattura nei quali il quantitativo complessivo annuo di CO2 catturato è pari ad almeno 1,5 milioni di tonnellate, ai fini dello stoccaggio geologico a norma del
decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido di carbonio. (1881)
17-ter) Impianti di desalinizzazione. (1898)
18) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l'estensione di per sé sono conformi agli eventuali limiti stabiliti
nel presente allegato.

(1876) Le soglie della tabella sono riferite alla somma delle capacità produttive relative ai singoli composti che sono riportati in un'unica riga.
(1877) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal
predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.
(1878) Punto inserito dall'art. 42, comma 1, L. 23 luglio 2009, n. 99; per le disposizioni transitorie, vedi anche il comma 3 del medesimo art. 42, L. 99/2009.
(1879) Punto inserito dall'art. 35, comma 4, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma
1 del medesimo D.Lgs. 162/2011. Successivamente il presente punto è stato così sostituito dall'art. 15, comma 1, lett. m), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, conver-
tito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
(1880) Punto sostituito dall'art. 35, comma 5, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, com-
ma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011. Successivamente, il presente punto è stato così sostituito dall'art. 22, comma 1, lett. g), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.
Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
(1881) Punto inserito dall'art. 35, comma 6, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma
1 del medesimo D.Lgs. 162/2011. Successivamente, il presente punto è stato così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. l), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.
Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
(1882) Punto inserito dall'art. 36, comma 7-bis, lett. a), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.
(1883) Punto inserito dall'art. 41, comma 7-ter, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e, successiva-
mente, così sostituito dall'art. 22, comma 1, lett. d), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo
D.Lgs. n. 104/2017.
(1884) Punto così modificato dall'art. 4-bis, comma 1, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.
(1885) Punto così modificato dall'art. 15, comma 1, lett. l), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
(1886) Punto così modificato dall'art. 15, comma 1, lett. n), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116, e, suc-
cessivamente, dall'art. 22, comma 1, lett. h), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n.
104/2017.
(1887) Punto così sostituito dall'art. 15, comma 1, lett. o), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
(1888) Punto inserito dall'art. 36, comma 7-bis, lett. a), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221 e modi-

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ficato dall'art. 8, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221; per l'applicazione di tale ultima disposizione vedi le ulteriori disposizioni del medesimo art. 8, com-
ma 2, legge n. 221/2015. Successivamente, il presente punto è stato così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, an-
che, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
(1889) Punto modificato dall'art. 13, comma 6, D.Lgs. 16 dicembre 2016, n. 257, a decorrere dal 14 gennaio 2017, ai sensi di quanto disposto dall'art. 24,
comma 2, del medesimo D.Lgs. n. 257/2016. Successivamente, il presente punto è stato sostituito dall'art. 22, comma 1, lett. f), D.Lgs. 16 giugno 2017, n.
104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017. Infine, il presente punto è stato così modificato dall'art. 50,
comma 1, lett. q), D.L. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 settembre 2020, n. 120; per l'applicabilità di tale disposizione vedi l'art.
50, comma 3, del medesimo D.L. n. 76/2020.
(1890) Punto così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104 e dall'art. 31, comma 6, D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con
modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108; per l'applicabilità di tale ultima disposizione vedi l'art. 17-undecies, comma 1, D.L. 9 giugno 2021, n. 80, conver-
tito, con modificazioni, dalla L. 6 agosto 2021, n. 113. Successivamente, il presente punto è stato così modificato dall'art. 10, comma 1, lett. d), n. 1), D.L. 17
maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2022, n. 91. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n.
104/2017.
(1891) Punto abrogato dall'art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo
D.Lgs. n. 104/2017.
(1892) Punto modificato dall'art. 38, comma 3, lett. a), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164. Suc-
cessivamente, il presente punto è stato così sostituito dall'art. 22, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, che ha sostituito l'originario punto 7) con
gli attuali punti 7), 7.1) e 7.2). Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
(1893) Punto inserito dall'art. 22, comma 1, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104, che ha sostituito l'originario punto 7) con gli attuali punti 7), 7.1) e 7.2).
Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
(1894) Punto inserito dall'art. 22, comma 1, lett. e), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo
D.Lgs. n. 104/2017.
(1895) Punto così modificato dall'art. 22, comma 1, lett. i), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesi-
mo D.Lgs. n. 104/2017.
(1896) Punto soppresso dall'art. 10, comma 1, lett. d), n. 2), D.L. 17 maggio 2022, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2022, n. 91.
(1897) Per l'elevazione del limite relativo agli impianti fotovoltaici per la produzione di energia elettrica, di cui al presente punto, vedi l'art. 6, comma 9-bis,
D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, come modificato dall'art. 7-quinquies, comma 1, D.L. 21 marzo 2022, n. 21, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 maggio
2022, n. 51.
(1898) Punto inserito dall'art. 12, comma 1, L. 17 maggio 2022, n. 60.
Allegati alla parte seconda
Allegato II-bis - Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza statale (1899)
In vigore dal 21 luglio 2017

1. Industria energetica ed estrattiva:


a) impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 50 MW;
b) installazioni di oleodotti e gasdotti e condutture per il trasporto di flussi di CO2 ai fini dello stoccaggio geologico superiori a 20 km;
c) impianti per la cattura di flussi di CO2 provenienti da impianti che non rientrano negli allegati II e III al presente decreto ai fini dello stoccaggio geologico a
norma del decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 162, e successive modificazioni;
d) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica con tensione nominale superiore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 Km.
2. Progetti di infrastrutture:
a) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali;
b) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti con funzione peschereccia, vie navigabili;
c) strade extraurbane secondarie di interesse nazionale;
d) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km;
e) aeroporti (progetti non compresi nell'Allegato II);
f) porti con funzione turistica e da diporto, quando lo specchio d'acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i
moli sono di lunghezza inferiore o uguale a 500 metri;
g) coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi, sulla terraferma e in mare, per un quantitativo estratto fino a 500 tonnellate al giorno per il petrolio e a
500.000 m3 al giorno per il gas naturale;
h) modifiche o estensioni di progetti di cui all'allegato II, o al presente allegato già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli
impatti ambientali significativi e negativi (modifica o estensione non inclusa nell'allegato II).

(1899) Allegato inserito dall'art. 22, comma 2, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n.
104/2017.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato III - Progetti di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (1900)
In vigore dal 31 luglio 2021

a) Recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 200 ettari.
b) Utilizzo non energetico di acque superficiali nei casi in cui la derivazione superi i 1.000 litri al secondo e di acque sotterranee ivi comprese acque minerali
e termali, nei casi in cui la derivazione superi i 100 litri al secondo.
[c) Impianti termici per la produzione di energia elettrica, vapore e acqua calda con potenza termica complessiva superiore a 150 MW; (1907)]
c-bis) Impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW, qualora disposto all'esito della verifi-
ca di assoggettabilità di cui all'articolo 19; (1902)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

d) Impianti industriali destinati:


- alla fabbricazione di pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;
- alla fabbricazione di carta e cartoni con capacità di produzione superiore a 200 tonnellate al giorno.
e) Impianti chimici integrati, ossia impianti per la produzione su scala industriale, mediante processi di trasformazione chimica, di sostanze, in cui si trovano
affiancate varie unità produttive funzionalmente connesse tra di loro:
- per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base (progetti non inclusi nell'Allegato II);
- per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base (progetti non inclusi nell'Allegato II);
- per la fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto, potassio (fertilizzanti semplici o composti) (progetti non inclusi nell'Allegato II);
- per la fabbricazione di prodotti di base fitosanitari e di biocidi;
- per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base mediante procedimento chimico o biologico;
- per la fabbricazione di esplosivi.
f) Trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore alle 35.000 t/anno di materie prime lavorate.
g) Produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 35.000 t/anno
di materie prime lavorate.
[h) Stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con
capacità complessiva superiore a 40.000 m3. (1907)]
[h-bis) Stoccaggio di gas naturale liquefatto, con capacità complessiva superiore a 20000 metri cubi. (1906) (1907)]
i) Impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 12 tonnellate di prodotto finito al giorno.
[l) Porti turistici e da diporto quando lo specchio d'acqua è superiore a 10 ettari o le aree esterne interessate superano i 5 ettari oppure i moli sono di lun-
ghezza superiore ai 500 metri. (1907)]
m) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'Allegato B, lettere D1, D5, D9, D10 e D11, ed all'Allegato C, lettera
R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
n) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento
di cui all'Allegato B, lettere D9, D10 e D11, ed all'Allegato C, lettere R1, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
o) Impianti di smaltimento dei rifiuti non pericolosi mediante operazioni di raggruppamento o ricondizionamento preliminari e deposito preliminare, con
capacità superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D13 e D14, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).
p) Discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva superiore a 100.000 m3 (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D1 e D5, della parte
quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152): discariche di rifiuti speciali non pericolosi (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D1 e D5, della parte
quarta del decreto legislativo n. 152/2006), ad esclusione delle discariche per inerti con capacità complessiva sino a 100.000 m3.
q) Impianti di smaltimento di rifiuti non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare, con capacità superiore a 150.000 m3 oppure con capacità
superiore a 200 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152).
r) Impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 100.000 abitanti equivalenti.
s) Cave e torbiere con più di 500.000 m3/a di materiale estratto o di un'area interessata superiore a 20 ettari.
t) Dighe ed altri impianti destinati a trattenere, regolare o accumulare le acque in modo durevole, ai fini non energetici, di altezza superiore a 10 m e/o di
capacità superiore a 100.000 m3, con esclusione delle opere di confinamento fisico finalizzate alla messa in sicurezza dei siti inquinati. (1905)
u) Attività di coltivazione sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'art. 2, comma 2 del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443, fatta salva la disciplina
delle acque minerali e termali di cui alla precedente lettera b). (1908)
v) Attività di coltivazione sulla terraferma delle risorse geotermiche, con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del de-
creto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e successive modificazioni. (1904)
[z) Elettrodotti aerei per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale superiore 100
kV con tracciato di lunghezza superiore a 10 km. (1901) (1907)]
aa) Impianti di smaltimento di rifiuti mediante operazioni di iniezione in profondità, lagunaggio, scarico di rifiuti solidi nell'ambiente idrico, compreso il sep-
pellimento nel sottosuolo marino, deposito permanente (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D3, D4, D6, D7 e D12, della parte quarta del decreto legisla-
tivo 3 aprile 2006, n. 152).
[ab) Stoccaggio di gas combustibili in serbatoi sotterranei artificiali con una capacità complessiva superiore a 80.000 m3. (1907)]
ac) Impianti per l'allevamento intensivo di pollame o di suini con più di:
- 85.000 posti per polli da ingrasso, 60.000 posti per galline;
- 3.000 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o
- 900 posti per scrofe.
ad) Impianti destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici,
chimici o elettrolitici.
ae) Sistemi di ricarica artificiale delle acque freatiche in cui il volume annuale dell'acqua ricaricata sia superiore a 10 milioni di metri cubi.
af) Opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi inteso a prevenire un'eventuale penuria di acqua, per un volume di acque trasferite supe-
riore a 100 milioni di metri cubi all'anno. In tutti gli altri casi, opere per il trasferimento di risorse idriche tra bacini imbriferi con un'erogazione media pluri-
ennale del bacino in questione superiore a 2.000 milioni di metri cubi all'anno e per un volume di acque trasferite superiore al 5% di detta erogazione. In
entrambi i casi sono esclusi i trasferimenti di acqua potabile convogliata in tubazioni.
af-bis) strade urbane di scorrimento; (1903)
ag) Ogni modifica o estensione dei progetti elencati nel presente allegato, ove la modifica o l'estensione di per sé sono conformi agli eventuali limiti stabiliti
nel presente allegato.

(1900) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal
predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.
(1901) Lettera così modificata dall'art. 40, comma 1, L. 23 luglio 2009, n. 99 e, successivamente, dall'art. 36, comma 7-bis, lett. b), D.L. 18 ottobre 2012, n.
179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.
(1902) Lettera modificata dall'art. 42, comma 2, L. 23 luglio 2009, n. 99 e, successivamente, così sostituita dall'art. 22, comma 3, lett. a), D.Lgs. 16 giugno
2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.

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(1903) Lettera inserita dall'art. 35, comma 7, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, com-
ma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011. Successivamente, la presente lettera è stata così sostituita dall'art. 22, comma 3, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104.
Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
(1904) Lettera così modificata dall'art. 41, comma 7-ter, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e,
successivamente, dall'art. 38, comma 3, lett. b), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.
(1905) Lettera così modificata dall'art. 4-bis, comma 2, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 febbraio 2014, n. 9.
(1906) Lettera inserita dall'art. 13, comma 7, D.Lgs. 16 dicembre 2016, n. 257, a decorrere dal 14 gennaio 2017, ai sensi di quanto disposto dall'art. 24, com-
ma 2, del medesimo D.Lgs. n. 257/2016.
(1907) Lettera abrogata dall'art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo
D.Lgs. n. 104/2017.
(1908) Lettera così modificata dall'art. 19, comma 1, lett. b-bis), D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato IV - Progetti sottoposti alla verifica di assoggettabilità di competenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano (1909) (1920)
In vigore dal 31 luglio 2021

1. Agricoltura
a) Cambiamento di uso di aree non coltivate, semi-naturali o naturali per la loro coltivazione agraria intensiva con una superficie superiore a 10 ettari;
b) iniziale forestazione di una superficie superiore a 20 ettari; deforestazione allo scopo di conversione di altri usi del suolo di una superficie superiore a 5
ettari;
c) impianti per l'allevamento intensivo di animali il cui numero complessivo di capi sia maggiore di quello derivante dal seguente rapporto: 40 quintali di pe-
so vivo di animali per ettaro di terreno funzionalmente asservito all'allevamento. Sono comunque esclusi, indifferentemente dalla localizzazione, gli alleva-
menti con numero di animali inferiore o uguale a: 1.000 avicoli, 800 cunicoli, 120 posti per suini da produzione (di oltre 30 kg) o 45 posti per scrofe, 300 ovi-
caprini, 50 posti bovini;
d) progetti di gestione delle risorse idriche per l'agricoltura, compresi i progetti di irrigazione e di drenaggio delle terre, per una superficie superiore ai 300
ettari;
e) impianti di piscicoltura intensiva per superficie complessiva oltre i 5 ettari; (1914)
f) progetti di ricomposizione fondiaria che interessano una superficie superiore a 200 ettari.
2. Industria energetica ed estrattiva:
a) attività di ricerca sulla terraferma delle sostanze minerali di miniera di cui all'articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, ivi comprese le
risorse geotermiche con esclusione degli impianti geotermici pilota di cui all'articolo 1, comma 3-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 2010, n. 22, e succes-
sive modificazioni, incluse le relative attività minerarie, fatta salva la disciplina delle acque minerali e termali di cui alla lettera b) dell'allegato III alla parte
seconda; (1918)
b) impianti industriali non termici per la produzione di energia, vapore ed acqua calda con potenza complessiva superiore a 1 MW; (1917)
c) impianti industriali per il trasporto del vapore e dell'acqua calda, che alimentano condotte con una lunghezza complessiva superiore ai 20 km;
d) impianti eolici per la produzione di energia elettrica sulla terraferma con potenza complessiva superiore a 1 MW;
e) estrazione di sostanze minerali di miniera di cui all'articolo 2, comma 2, del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, mediante dragaggio marino e fluviale;
f) agglomerazione industriale di carbon fossile e lignite;
g) impianti di superficie dell'industria di estrazione di carbon fossile e di minerali metallici nonché di scisti bituminose;
h) impianti per la produzione di energia idroelettrica con potenza nominale di concessione superiore a 100 kW e, per i soli impianti idroelettrici che rientrano
nella casistica di cui all'articolo 166 del presente decreto ed all'articolo 4, punto 3.b, lettera i), del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 6 luglio
2012, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 159 del 10 luglio 2012, con potenza nominale di concessione superiore a 250 kW;
i) impianti di gassificazione e liquefazione del carbone. (1915)
3. Lavorazione dei metalli e dei prodotti minerali
a) Impianti di arrostimento o sinterizzazione di minerali metalliferi che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
b) impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria) compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 tonnellate all'ora;
c) impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:
- laminazione a caldo con capacità superiore a 20 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;
- forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorché la potenza calorifera è superiore a 20 MW;
- applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 tonnellate di acciaio grezzo all'ora;
d) fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 tonnellate al giorno;
e) impianti di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia) con una capacità di fusione superiore a
10 tonnellate per il piombo e il cadmio o a 50 tonnellate per tutti gli altri metalli al giorno;
f) impianti per il trattamento di superficie di metalli e materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento
abbiano un volume superiore a 30 m3;
g) impianti di costruzione e montaggio di auto e motoveicoli e costruzione dei relativi motori; impianti per la costruzione e riparazione di aeromobili; costru-
zione di materiale ferroviario e rotabile che superino 10.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
h) cantieri navali di superficie complessiva superiore a 2 ettari;
i) imbutitura di fondo con esplosivi che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
l) cokerie (distillazione a secco di carbone);
m) fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane, con capacità di produ-
zione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con capacità di forno superiore a 4 metri cubi e con densità di colata per forno superiore a 300 kg al metro cubo;
n) impianti per la fusione di sostanze minerali, compresi quelli destinati alla produzione di fibre minerali, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al
giorno;
o) impianti per la produzione di vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 tonnellate al giorno;
p) impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno oppure di calce viva in

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forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 tonnellate al
giorno.
4. Industria dei prodotti alimentari
a) Impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime animali (diverse dal latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 ton-
nellate al giorno;
b) impianti per il trattamento e la trasformazione di materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 tonnellate al giorno
su base trimestrale;
c) impianti per la fabbricazione di prodotti lattiero-caseari con capacità di lavorazione superiore a 200 tonnellate al giorno su base annua;
d) impianti per la produzione di birra o malto con capacità di produzione superiore a 500.000 hl/anno;
e) impianti per la produzione di dolciumi e sciroppi che superino 50.000 m3 di volume;
f) macelli aventi una capacità di produzione di carcasse superiori a 50 tonnellate al giorno e impianti per l'eliminazione o il recupero di carcasse e di residui di
animali con una capacità di trattamento di oltre 10 tonnellate al giorno;
g) impianti per la produzione di farina di pesce o di olio di pesce con capacità di lavorazione superiore a 50.000 q/anno di prodotto lavorato;
h) molitura dei cereali, industria dei prodotti amidacei, industria dei prodotti alimentari per zootecnia che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o
50.000 m3 di volume;
i) zuccherifici, impianti per la produzione di lieviti con capacità di produzione o raffinazione superiore a 10.000 t/giorno di barbabietole.
5. Industria dei tessili, del cuoio, del legno, della carta
a) Impianti di fabbricazione di pannelli di fibre, pannelli di particelle e compensati, di capacità superiore alle 50.000 t/anno di materie lavorate;
b) impianti per la produzione e la lavorazione di cellulosa, fabbricazione di carta e cartoni di capacità superiore a 50 tonnellate al giorno;
c) impianti per il pretrattamento (operazioni quali il lavaggio, l'imbianchimento, la mercerizzazione) o la tintura di fibre, di tessili, di lana la cui capacità di
trattamento supera le 10 tonnellate al giorno;
d) impianti per la concia del cuoio e del pellame qualora la capacità superi le 3 tonnellate di prodotto finito al giorno.
6. Industria della gomma e delle materie plastiche
a) Fabbricazione e trattamento di prodotti a base di elastomeri con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate.
7. Progetti di infrastrutture
a) Progetti di sviluppo di zone industriali o produttive con una superficie interessata superiore ai 40 ettari;
b) progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici superiori ai 40 ettari; progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all'in-
terno di aree urbane esistenti che interessano superfici superiori a 10 ettari; costruzione di centri commerciali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n.
114 "Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59"; parcheggi di uso pubbli-
co con capacità superiori a 500 posti auto;
c) piste da sci di lunghezza superiore a 1,5 km o che impegnano una superficie superiore a 5 ettari nonché impianti meccanici di risalita, escluse le sciovie e le
monofuni a collegamento permanente aventi lunghezza inclinata non superiore a 500 metri, con portata oraria massima superiore a 1.800 persone;
d) derivazione di acque superficiali ed opere connesse che prevedano derivazioni superiori a 200 litri al secondo o di acque sotterranee che prevedano deri-
vazioni superiori a 50 litri al secondo, nonché le trivellazioni finalizzate alla ricerca per derivazioni di acque sotterranee superiori a 50 litri al secondo;
[e) interporti, piattaforme intermodali e terminali intermodali; (1916)]
[f) porti e impianti portuali marittimi, fluviali e lacuali, compresi i porti di pesca, vie navigabili; (1916)]
[g) strade extraurbane secondarie; (1916)]
h) strade extraurbane secondarie non comprese nell'allegato II-bis e strade urbane con lunghezza superiore a 1.500 metri non comprese nell'allegato III;
(1911)
i) linee ferroviarie a carattere regionale o locale;
l) sistemi di trasporto a guida vincolata (tramvie e metropolitane), funicolari o linee simili di tipo particolare, esclusivamente o principalmente adibite al tra-
sporto di passeggeri;
[m) acquedotti con una lunghezza superiore ai 20 km; (1916)]
n) opere costiere destinate a combattere l'erosione e lavori marittimi volti a modificare la costa, mediante la costruzione di dighe, moli ed altri lavori di dife-
sa del mare;
o) opere di canalizzazione e di regolazione dei corsi d'acqua; (1912)
[p) aeroporti; (1916)]
[q) porti turistici e da diporto, quando lo specchio d'acqua è inferiore o uguale a 10 ettari, le aree esterne interessate non superano i 5 ettari e i moli sono di
lunghezza inferiore o uguale a 500 metri, nonché progetti di intervento su porti già esistenti; (1916)]
r) impianti di smaltimento di rifiuti urbani non pericolosi, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento, con capacità complessiva superiore a 10
t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152); impianti di smaltimento di
rifiuti non pericolosi, mediante operazioni di raggruppamento o di ricondizionamento preliminari, con capacità massima complessiva superiore a 20 t/giorno
(operazioni di cui all'Allegato B, lettere D13 e D14 del decreto legislativo n. 152/2006);
s) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trat-
tamento (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
t) impianti di smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi mediante operazioni di deposito preliminare con capacità massima superiore a 30.000 m3 oppure
con capacità superiore a 40 t/giorno (operazioni di cui all'Allegato B, lettera D15, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
u) discariche di rifiuti urbani non pericolosi con capacità complessiva inferiore ai 100.000 m3 (operazioni di cui all'Allegato B, lettere D1 e D5, della Parte
quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);
v) impianti di depurazione delle acque con potenzialità superiore a 10.000 abitanti equivalenti;
[z) elettrodotti aerei esterni per il trasporto di energia elettrica, non facenti parte della rete elettrica di trasmissione nazionale, con tensione nominale supe-
riore a 100 kV e con tracciato di lunghezza superiore a 3 km. (1910) (1916)]
za) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'Allegato B, lettere D2, D8 e da D13 a D15, ed all'Allegato C, lettere
da R2 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.
zb) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità complessiva superiore a 10 t/giorno, mediante operazioni di cui all'Allegato C,
lettere da R1 a R9, della parte quarta del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ad esclusione degli impianti mobili volti al recupero di rifiuti non pericolosi

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provenienti dalle operazioni di costruzione e demolizione, qualora la campagna di attività abbia una durata inferiore a novanta giorni, e degli altri impianti
mobili di trattamento dei rifiuti non pericolosi, qualora la campagna di attività abbia una durata inferiore a trenta giorni. Le eventuali successive campagne di
attività sul medesimo sito sono sottoposte alla procedura di verifica di assoggettabilità a VIA qualora le quantità siano superiori a 1.000 metri cubi al giorno.
(1919)
8. Altri progetti
a) Villaggi turistici di superficie superiore a 5 ettari, centri residenziali turistici ed esercizi alberghieri con oltre 300 posti-letto o volume edificato superiore a
25.000 m3 o che occupano una superficie superiore ai 20 ettari, esclusi quelli ricadenti all'interno di centri abitati;
b) piste permanenti per corse e prove di automobili, motociclette ed altri veicoli a motore;
c) centri di raccolta, stoccaggio e rottamazione di rottami di ferro, autoveicoli e simili con superficie superiore a 1 ettaro;
d) banchi di prova per motori, turbine, reattori quando l'area impegnata supera i 500 m2;
e) fabbricazione di fibre minerali artificiali che superino 5.000 m2 di superficie impegnata o 50.000 m3 di volume;
f) fabbricazione, condizionamento, carico o messa in cartucce di esplosivi con almeno 25.000 tonnellate/anno di materie prime lavorate;
g) stoccaggio di petrolio, prodotti petroliferi, petrolchimici e chimici pericolosi, ai sensi della legge 29 maggio 1974, n. 256, e successive modificazioni, con
capacità complessiva superiore a 1.000 m3;
h) recupero di suoli dal mare per una superficie che superi i 10 ettari;
i) cave e torbiere;
l) trattamento di prodotti intermedi e fabbricazione di prodotti chimici per una capacità superiore a 10.000 t/anno di materie prime lavorate;
m) produzione di pesticidi, prodotti farmaceutici, pitture e vernici, elastomeri e perossidi, per insediamenti produttivi di capacità superiore alle 10.000
t/anno in materie prime lavorate;
n) depositi di fanghi, compresi quelli provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con capacità superiore a 10.000 metri cubi; (1913)
o) impianti per il recupero o la distruzione di sostanze esplosive;
p) stabilimenti di squartamento con capacità di produzione superiore a 50 tonnellate al giorno;
q) terreni da campeggio e caravaning a carattere permanente con capacità superiore a 300 posti roulotte caravan o di superficie superiore a 5 ettari;
r) parchi tematici di superficie superiore a 5 ettari;
s) progetti di cui all'Allegato III, che servono esclusivamente o essenzialmente per lo sviluppo ed il collaudo di nuovi metodi o prodotti e che non sono utiliz-
zati per più di due anni;
t) modfiiche o estensioni di progetti di cui all'Allegato III o all'Allegato IV già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli riper-
cussioni negative sull'ambiente (modifica o estensione non inclusa nell'Allegato III).

(1909) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal
predetto D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.
(1910) Lettera così modificata dall'art. 36, comma 7-bis, lett. c), D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221.
(1911) Lettera sostituita dall'art. 15, comma 1, lett. p), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116. Successiva-
mente, la presente lettera è stata così sostituita dall'art. 22, comma 4, lett. c), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui
all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
(1912) Lettera così sostituita dall'art. 15, comma 1, lett. q), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
(1913) Lettera così sostituita dall'art. 15, comma 1, lett. r), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
(1914) Lettera così sostituita dall'art. 22, comma 4, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesi-
mo D.Lgs. n. 104/2017.
(1915) Punto modificato dall'art. 27, comma 43, lett. a) e b), L. 23 luglio 2009, n. 99, dall'art. 35, commi 8 e 9, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere
dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011, dall'art. 36, comma 7, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, con-
vertito, con modificazioni, dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, dall'art. 41, comma 7-ter, lett. c), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla
L. 9 agosto 2013, n. 98, e dall'art. 38, comma 3, lett. c), nn. 1) e 2), D.L. 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 novembre 2014,
n. 164. Successivamente, il presente punto è stato così sostituito dall'art. 22, comma 4, lett. b), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni
transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
(1916) Lettera abrogata dall'art. 26, comma 1, lett. a), D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo
D.Lgs. n. 104/2017.
(1917) Per l'elevazione delle soglie di cui alla presente lettera vedi l'art. 6, comma 9-bis, D.Lgs. 3 marzo 2011, n. 28, inserito dall'art. 31, comma 2, D.L. 31
maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108, e, successivamente, l'art. 31, comma 7-bis, del medesimo D.L. n. 77/2021.
(1918) Lettera così modificata dall'art. 19, comma 1, lett. b-ter), D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.
(1919) Lettera così modificata dall'art. 35, comma 1, lett. l-bis), D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.
(1920) Vedi, anche, le linee guida emanate con D.M. 30 marzo 2015.
Allegati alla parte seconda
Allegato IV-bis - Contenuti dello Studio Preliminare Ambientale di cui all'articolo 19 (1921)
In vigore dal 21 luglio 2017

1. Descrizione del progetto, comprese in particolare:


a) la descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto e, ove pertinente, dei lavori di demolizione;
b) la descrizione della localizzazione del progetto, in particolare per quanto riguarda la sensibilità ambientale delle aree geografiche che potrebbero essere
interessate.
2. La descrizione delle componenti dell'ambiente sulle quali il progetto potrebbe avere un impatto rilevante.
3. La descrizione di tutti i probabili effetti rilevanti del progetto sull'ambiente, nella misura in cui le informazioni su tali effetti siano disponibili, risultanti da:
a) i residui e le emissioni previste e la produzione di rifiuti, ove pertinente;
b) l'uso delle risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità.
4. Nella predisposizione delle informazioni e dei dati di cui ai punti da 1 a 3 si tiene conto, se del caso, dei criteri contenuti nell'allegato V.

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5. Lo Studio Preliminare Ambientale tiene conto, se del caso, dei risultati disponibili di altre pertinenti valutazioni degli effetti sull'ambiente effettuate in ba-
se alle normative europee, nazionali e regionali e può contenere una descrizione delle caratteristiche del progetto e/o delle misure previste per evitare o
prevenire quelli che potrebbero altrimenti rappresentare impatti ambientali significativi e negativi.

(1921) Allegato inserito dall'art. 22, comma 5, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n.
104/2017.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato V - Criteri per la verifica di assoggettabilità di cui all'art. 19 (1922)
In vigore dal 21 luglio 2017

1. Caratteristiche dei progetti.


Le caratteristiche dei progetti debbono essere considerate tenendo conto, in particolare:
a) delle dimensioni e della concezione dell'insieme del progetto;
b) del cumulo con altri progetti esistenti e/o approvati;
c) dell'utilizzazione di risorse naturali, in particolare suolo, territorio, acqua e biodiversità;
d) della produzione di rifiuti;
e) dell'inquinamento e disturbi ambientali;
f) dei rischi di gravi incidenti e/o calamità attinenti al progetto in questione, inclusi quelli dovuti al cambiamento climatico, in base alle conoscenze scientifi-
che;
g) dei rischi per la salute umana quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelli dovuti alla contaminazione dell'acqua o all'inquinamento atmosferico.
2. Localizzazione dei progetti.
Deve essere considerata la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto dei progetti, tenendo conto, in particolare:
a) dell'utilizzazione del territorio esistente e approvato;
b) della ricchezza relativa, della disponibilità, della qualità e della capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona (comprendenti suolo, territorio,
acqua e biodiversità) e del relativo sottosuolo;
c) della capacità di carico dell'ambiente naturale, con particolare attenzione alle seguenti zone:
c1) zone umide, zone riparie, foci dei fiumi;
c2) zone costiere e ambiente marino;
c3) zone montuose e forestali;
c4) riserve e parchi naturali;
c5) zone classificate o protette dalla normativa nazionale; i siti della rete Natura 2000;
c6) zone in cui si è già verificato, o nelle quali si ritiene che si possa verificare, il mancato rispetto degli standard di qualità ambientale pertinenti al progetto
stabiliti dalla legislazione dell'Unione;
c7) zone a forte densità demografica;
c8) zone di importanza paesaggistica, storica, culturale o archeologica;
c9) territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.
3. Tipologia e caratteristiche dell'impatto potenziale.
I potenziali impatti ambientali dei progetti debbono essere considerati in relazione ai criteri stabiliti ai punti 1 e 2 del presente allegato con riferimento ai
fattori di cui all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto, e tenendo conto, in particolare:
a) dell'entità ed estensione dell'impatto quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, area geografica e densità della popolazione potenzialmente interessa-
ta;
b) della natura dell'impatto;
c) della natura transfrontaliera dell'impatto;
d) dell'intensità e della complessità dell'impatto;
e) della probabilità dell'impatto;
f) della prevista insorgenza, durata, frequenza e reversibilità dell'impatto;
g) del cumulo tra l'impatto del progetto in questione e l'impatto di altri progetti esistenti e/o approvati;
h) della possibilità di ridurre l'impatto in modo efficace.

(1922) Allegato sostituito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predet-
to D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII. Successivamente, il presente allegato è stato
così sostituito dall'art. 22, comma 6, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato VI - Contenuti del rapporto ambientale di cui all'art. 13 (1923)
In vigore dal 13 febbraio 2008

Le informazioni da fornire con i rapporti ambientali che devono accompagnare le proposte di piani e di programmi sottoposti a valutazione ambientale stra-
tegica sono:
a) illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti piani o programmi;
b) aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente e sua evoluzione probabile senza l'attuazione del piano o del programma;
c) caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate;
d) qualsiasi problema ambientale esistente, pertinente al piano o programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza am-
bientale, culturale e paesaggistica, quali le zone designate come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati

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come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e dalla flora e della fauna selvatica, nonché i territori con produzioni agricole di
particolare qualità e tipicità, di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
e) obiettivi di protezione ambientale stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri, pertinenti al piano o al programma, e il modo in cui,
durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale;
f) possibili impatti significativi sull'ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l'acqua, l'aria,
i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l'interrelazione tra i suddetti fattori. Devono
essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei,
positivi e negativi;
g) misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi significativi sull'ambiente dell'attuazio-
ne del piano o del programma;
h) sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà in-
contrate (ad esempio carenze tecniche o difficoltà derivanti dalla novità dei problemi e delle tecniche per risolverli) nella raccolta delle informazioni richie-
ste;
i) descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall'attuazione dei piani o del pro-
gramma proposto definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la perio-
dicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare;
j) sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti.

(1923) Allegato inserito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto
D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato VII - Contenuti dello Studio di Impatto Ambientale di cui all'articolo 22 (1924)
In vigore dal 21 luglio 2017

1. Descrizione del progetto, comprese in particolare:


a) la descrizione dell'ubicazione del progetto, anche in riferimento alle tutele e ai vincoli presenti;
b) una descrizione delle caratteristiche fisiche dell'insieme del progetto, compresi, ove pertinenti, i lavori di demolizione necessari, nonché delle esigenze di
utilizzo del suolo durante le fasi di costruzione e di funzionamento;
c) una descrizione delle principali caratteristiche della fase di funzionamento del progetto e, in particolare dell'eventuale processo produttivo, con l'indica-
zione, a titolo esemplificativo e non esaustivo, del fabbisogno e del consumo di energia, della natura e delle quantità dei materiali e delle risorse naturali
impiegate (quali acqua, territorio, suolo e biodiversità);
d) una valutazione del tipo e della quantità dei residui e delle emissioni previsti, quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, inquinamento dell'acqua,
dell'aria, del suolo e del sottosuolo, rumore, vibrazione, luce, calore, radiazione, e della quantità e della tipologia di rifiuti prodotti durante le fasi di costru-
zione e di funzionamento;
e) la descrizione della tecnica prescelta, con riferimento alle migliori tecniche disponibili a costi non eccessivi, e delle altre tecniche previste per prevenire le
emissioni degli impianti e per ridurre l'utilizzo delle risorse naturali, confrontando le tecniche prescelte con le migliori tecniche disponibili.
2. Una descrizione delle principali alternative ragionevoli del progetto (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, quelle relative alla concezione del pro-
getto, alla tecnologia, all'ubicazione, alle dimensioni e alla portata) prese in esame dal proponente, compresa l'alternativa zero, adeguate al progetto propo-
sto e alle sue caratteristiche specifiche, con indicazione delle principali ragioni della scelta, sotto il profilo dell'impatto ambientale, e la motivazione della
scelta progettuale, sotto il profilo dell'impatto ambientale, con una descrizione delle alternative prese in esame e loro comparazione con il progetto presen-
tato.
3. La descrizione degli aspetti pertinenti dello stato attuale dell'ambiente (scenario di base) e una descrizione generale della sua probabile evoluzione in caso
di mancata attuazione del progetto, nella misura in cui i cambiamenti naturali rispetto allo scenario di base possano essere valutati con uno sforzo ragione-
vole in funzione della disponibilità di informazioni ambientali e conoscenze scientifiche.
4. Una descrizione dei fattori specificati all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto potenzialmente soggetti a impatti ambientali dal progetto
proposto, con particolare riferimento alla popolazione, salute umana, biodiversità (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, fauna e flora), al territorio
(quale, a titolo esemplificativo e non esaustivo, sottrazione del territorio), al suolo (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, erosione, diminuzione di
materia organica, compattazione, impermeabilizzazione), all'acqua (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, modificazioni idromorfologiche, quantità e
qualità), all'aria, ai fattori climatici (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, emissioni di gas a effetto serra, gli impatti rilevanti per l'adattamento), ai
beni materiali, al patrimonio culturale, al patrimonio agroalimentare, al paesaggio, nonché all'interazione tra questi vari fattori.
5. Una descrizione dei probabili impatti ambientali rilevanti del progetto proposto, dovuti, tra l'altro:
a) alla costruzione e all'esercizio del progetto, inclusi, ove pertinenti, i lavori di demolizione;
b) all'utilizzazione delle risorse naturali, in particolare del territorio, del suolo, delle risorse idriche e della biodiversità, tenendo conto, per quanto possibile,
della disponibilità sostenibile di tali risorse;
c) all'emissione di inquinanti, rumori, vibrazioni, luce, calore, radiazioni, alla creazione di sostanze nocive e allo smaltimento dei rifiuti;
d) ai rischi per la salute umana, il patrimonio culturale, il paesaggio o l'ambiente (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, in caso di incidenti o di cala-
mità);
e) al cumulo con gli effetti derivanti da altri progetti esistenti e/o approvati, tenendo conto di eventuali criticità ambientali esistenti, relative all'uso delle
risorse naturali e/o ad aree di particolare sensibilità ambientale suscettibili di risentire degli effetti derivanti dal progetto;
f) all'impatto del progetto sul clima (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, natura ed entità delle emissioni di gas a effetto serra) e alla vulnerabilità
del progetto al cambiamento climatico;
g) alle tecnologie e alle sostanze utilizzate.
La descrizione dei possibili impatti ambientali sui fattori specificati all'articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto include sia effetti diretti che even-
tuali effetti indiretti, secondari, cumulativi, transfrontalieri, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi del progetto. La
descrizione deve tenere conto degli obiettivi di protezione dell'ambiente stabiliti a livello di Unione o degli Stati membri e pertinenti al progetto.
6. La descrizione da parte del proponente dei metodi di previsione utilizzati per individuare e valutare gli impatti ambientali significativi del progetto, incluse

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informazioni dettagliate sulle difficoltà incontrate nel raccogliere i dati richiesti (quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo, carenze tecniche o mancanza
di conoscenze) nonché sulle principali incertezze riscontrate.
7. Una descrizione delle misure previste per evitare, prevenire, ridurre o, se possibile, compensare gli impatti ambientali significativi e negativi identificati del
progetto e, ove pertinenti, delle eventuali disposizioni di monitoraggio (quale, a titolo esemplificativo e non esaustivo, la preparazione di un'analisi ex post
del progetto). Tale descrizione deve spiegare in che misura gli impatti ambientali significativi e negativi sono evitati, prevenuti, ridotti o compensati e deve
riguardare sia le fasi di costruzione che di funzionamento.
8. La descrizione degli elementi e dei beni culturali e paesaggistici eventualmente presenti, nonché dell'impatto del progetto su di essi, delle trasformazioni
proposte e delle misure di mitigazione e compensazione eventualmente necessarie.
9. Una descrizione dei previsti impatti ambientali significativi e negativi del progetto, derivanti dalla vulnerabilità del progetto ai rischi di gravi incidenti e/o
calamità che sono pertinenti per il progetto in questione. A tale fine potranno essere utilizzate le informazioni pertinenti disponibili, ottenute sulla base di
valutazioni del rischio effettuate in conformità della legislazione dell'Unione (a titolo e non esaustivo la direttiva 2012/18/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio o la direttiva 2009/71/Euratom del Consiglio), ovvero di valutazioni pertinenti effettuate in conformità della legislazione nazionale, a condizione
che siano soddisfatte le prescrizioni del presente decreto. Ove opportuno, tale descrizione dovrebbe comprendere le misure previste per evitare o mitigare
gli impatti ambientali significativi e negativi di tali eventi, nonché dettagli riguardanti la preparazione a tali emergenze e la risposta proposta.
10. Un riassunto non tecnico delle informazioni trasmesse sulla base dei punti precedenti.
11. Un elenco di riferimenti che specifichi le fonti utilizzate per le descrizioni e le valutazioni incluse nello Studio di Impatto Ambientale.
12. Un sommario delle eventuali difficoltà, quali lacune tecniche o mancanza di conoscenze, incontrate dal proponente nella raccolta dei dati richiesti e nella
previsione degli impatti di cui al punto 5.

(1924) Allegato inserito dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, nonché dall'art. 36, comma 2, del presente decreto, come modificato dal predetto
D.Lgs. 4/2008, che hanno sostituito gli originari allegati da I a V alla Parte II con gli attuali allegati da I a VII. Successivamente, il presente allegato è stato così
sostituito dall'art. 22, comma 7, D.Lgs. 16 giugno 2017, n. 104. Vedi, anche, le disposizioni transitorie di cui all'art. 23 del medesimo D.Lgs. n. 104/2017.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato VIII (1925) (1926)
In vigore dal 11 aprile 2014

Inquadramento generale
A- Le installazioni, gli impianti o le parti di impianti utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi non rientrano nel Ti-
tolo III-bis alla Parte Seconda.
B- I valori soglia riportati di seguito si riferiscono in genere alle capacità di produzione o alla resa. Qualora uno stesso gestore ponga in essere varie attività
elencate alla medesima voce in una stessa installazione o in una stessa località, si sommano le capacità di tali attività. Per le attività di gestione dei rifiuti,
tale calcolo si applica al livello delle attività 5.1 e 5.3, lettere a) e b).
C - Nell'ambito delle categorie di attività di cui al punto 4 (industria chimica), si intende per produzione la produzione su scala industriale mediante trasfor-
mazione chimica o biologica delle sostanze o dei gruppi di sostanze di cui ai punti da 4.1 a 4.6.
D- In mancanza di specifici indirizzi interpretativi emanati ai sensi dell'articolo 29-quinquies e di linee guida interpretative emanate dalla Commissione Euro-
pea, le autorità competenti valuteranno autonomamente:
a) il rapporto tra le attività di gestione dei rifiuti descritte nel presente Allegato e quelle descritte agli Allegati B e C alla Parte Quarta; e
b) l'interpretazione del termine "scala industriale" in riferimento alle attività dell'industria chimica descritte nel presente Allegato.
Categorie di attività di cui all'articolo 6, comma 13.
1. Attività energetiche
1.1. Combustione di combustibili in installazione con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 50 MW
1.2. Raffinazione di petrolio e di gas
1.3. Produzione di coke
1.4. Gassificazione o liquefazione di:
a) carbone;
b) altri combustibili in installazioni con una potenza termica nominale totale pari o superiore a 20 MW.
1.4-bis attività svolte su terminali di rigassificazione e altre installazioni localizzate in mare su piattaforme off-shore, esclusi quelli che non effettuino alcuno
scarico (ai sensi del Capo II del Titolo IV alla Parte Terza) e le cui emissioni in atmosfera siano esclusivamente riferibili ad impianti ed attività scarsamente
rilevanti di cui alla Parte I dell'Allegato IV alla Parte Quinta.
2. Produzione e trasformazione dei metalli
2.1. Arrostimento o sinterizzazione di minerali metallici compresi i minerali solforati
2.2. Produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore a 2,5 Mg all'ora
2.3. Trasformazione di metalli ferrosi mediante:
a) attività di laminazione a caldo con una capacità superiore a 20 Mg di acciaio grezzo all'ora;
b) attività di forgiatura con magli la cui energia di impatto supera 50 kJ per maglio e allorché la potenza calorifica è superiore a 20 MW;
c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento superiore a 2 Mg di acciaio grezzo all'ora.
2.4. Funzionamento di fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 Mg al giorno.
2.5. Lavorazione di metalli non ferrosi:
a) produzione di metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti metallurgici, chimici o elet-
trolitici;
b) fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero e funzionamento di fonderie di metalli non ferrosi, con una capacità di fusione supe-
riore a 4 Mg al giorno per il piombo e il cadmio o a 20 Mg al giorno per tutti gli altri metalli;
2.6. Trattamento di superficie di metalli o materie plastiche mediante processi elettrolitici o chimici qualora le vasche destinate al trattamento utilizzate ab-
biano un volume superiore a 30 m3.
3. Industria dei prodotti minerali

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3.1. Produzione di cemento, calce viva e ossido di magnesio


a) Produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 Mg al giorno oppure altri forni aventi una capacità di produzione
di oltre 50 Mg al giorno;
b) produzione di calce viva in forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 Mg al giorno;
c) produzione di ossido di magnesio in forni aventi una capacità di produzione di oltre 50 Mg al giorno.
3.2. Produzione di amianto o fabbricazione di prodotti dell'amianto
3.3. Fabbricazione del vetro compresa la produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20 Mg al giorno
3.4. Fusione di sostanze minerali compresa la produzione di fibre minerali, con una capacità di fusione di oltre 20 Mg al giorno
3.5. Fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres o porcellane con una capacità di
produzione di oltre 75 Mg al giorno.
4. Industria chimica
4.1. Fabbricazione di prodotti chimici organici, e in particolare:
a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici);
b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri e miscele di esteri, acetati, eteri, perossidi e resine epossidiche;
c) idrocarburi solforati;
d) idrocarburi azotati, segnatamente amine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati;
e) idrocarburi fosforosi;
f) idrocarburi alogenati;
g) composti organometallici;
h) materie plastiche (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa);
i) gomme sintetiche;
l) sostanze coloranti e pigmenti;
m) tensioattivi e agenti di superficie.
4.2. Fabbricazione di prodotti chimici inorganici, e in particolare:
a) gas, quali ammoniaca, cloro o cloruro di idrogeno, fluoro e fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto, idrogeno, biossido di
zolfo, bicloruro di carbonile;
b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati;
c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio;
d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento;
e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio.
4.3. Fabbricazione di fertilizzanti a base di fosforo, azoto o potassio (fertilizzanti semplici o composti)
4.4. Fabbricazione di prodotti fitosanitari o di biocidi
4.5. Fabbricazione di prodotti farmaceutici compresi i prodotti intermedi
4.6. Fabbricazione di esplosivi
5. Gestione dei rifiuti
5.1. Lo smaltimento o il recupero di rifiuti pericolosi, con capacità di oltre 10 Mg al giorno, che comporti il ricorso ad una o più delle seguenti attività:
a) trattamento biologico;
b) trattamento fisico-chimico;
c) dosaggio o miscelatura prima di una delle altre attività di cui ai punti 5.1 e 5.2;
d) ricondizionamento prima di una delle altre attività di cui ai punti 5.1 e 5.2;
e) rigenerazione/recupero dei solventi;
f) rigenerazione/recupero di sostanze inorganiche diverse dai metalli o dai composti metallici;
g) rigenerazione degli acidi o delle basi;
h) recupero dei prodotti che servono a captare le sostanze inquinanti;
i) recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori;
j) rigenerazione o altri reimpieghi degli oli;
k) lagunaggio.
5.2. Smaltimento o recupero dei rifiuti in impianti di incenerimento dei rifiuti o in impianti di coincenerimento dei rifiuti:
a) per i rifiuti non pericolosi con una capacità superiore a 3 Mg all'ora;
b) per i rifiuti pericolosi con una capacità superiore a 10 Mg al giorno.
5.3.
a) Lo smaltimento dei rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 50 Mg al giorno, che comporta il ricorso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le
attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell'Allegato 5 alla Parte Terza:
1) trattamento biologico;
2) trattamento fisico-chimico;
3) pretrattamento dei rifiuti destinati all'incenerimento o al coincenerimento;
4) trattamento di scorie e ceneri;
5) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.
b) Il recupero, o una combinazione di recupero e smaltimento, di rifiuti non pericolosi, con una capacità superiore a 75 Mg al giorno, che comportano il ri-
corso ad una o più delle seguenti attività ed escluse le attività di trattamento delle acque reflue urbane, disciplinate al paragrafo 1.1 dell'Allegato 5 alla Parte
Terza:
1) trattamento biologico;
2) pretrattamento dei rifiuti destinati all'incenerimento o al coincenerimento;
3) trattamento di scorie e ceneri;

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4) trattamento in frantumatori di rifiuti metallici, compresi i rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche e i veicoli fuori uso e relativi componenti.
Qualora l'attività di trattamento dei rifiuti consista unicamente nella digestione anaerobica, la soglia di capacità di siffatta attività è fissata a 100 Mg al gior-
no.
5.4. Discariche, che ricevono più di 10 Mg di rifiuti al giorno o con una capacità totale di oltre 25000 Mg, ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti.
5.5. Accumulo temporaneo di rifiuti pericolosi non contemplati al punto 5.4 prima di una delle attività elencate ai punti 5.1, 5.2, 5.4 e 5.6 con una capacità
totale superiore a 50 Mg, eccetto il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui sono generati i rifiuti.
5.6. Deposito sotterraneo di rifiuti pericolosi con una capacità totale superiore a 50 Mg.
6. Altre attività
6.1. Fabbricazione in installazioni industriali di:
a) pasta per carta a partire dal legno o da altre materie fibrose;
b) carta o cartoni con capacità di produzione superiore a 20 Mg al giorno;
c) uno o più dei seguenti pannelli a base di legno: pannelli a fibre orientate (pannelli OSB), pannelli truciolari o pannelli di fibre, con una capacità di produ-
zione superiore a 600 m3 al giorno.
6.2. Pretrattamento (operazioni di lavaggio, imbianchimento, mercerizzazione) o tintura di fibre tessili o di tessili la cui capacità di trattamento supera le 10
Mg al giorno.
6.3. Concia delle pelli qualora la capacità di trattamento superi le 12 Mg al giorno di prodotto finito.
6.4.
a) Funzionamento di macelli aventi una capacità di produzione di carcasse di oltre 50 Mg al giorno;
b) Escluso il caso in cui la materia prima sia esclusivamente il latte, trattamento e trasformazione, diversi dal semplice imballo, delle seguenti materie prime,
sia trasformate in precedenza sia non trasformate destinate alla fabbricazione di prodotti alimentari o mangimi da:
1) solo materie prime animali (diverse dal semplice latte) con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 75 Mg al giorno;
2) solo materie prime vegetali con una capacità di produzione di prodotti finiti di oltre 300 Mg al giorno o 600 Mg al giorno se l'installazione è in funzione per
un periodo non superiore a 90 giorni consecutivi all'anno;
3) materie prime animali e vegetali, sia in prodotti combinati che separati, quando, detta "A" la percentuale (%) in peso della materia animale nei prodotti
finiti, la capacità di produzione di prodotti finiti in Mg al giorno è superiore a;
- 75 se A è pari o superiore a 10; oppure
- [300 - (22,5 x A)] in tutti gli altri casi
L'imballaggio non è compreso nel peso finale del prodotto.
c) Trattamento e trasformazione esclusivamente del latte, con un quantitativo di latte ricevuto di oltre 200 Mg al giorno (valore medio su base annua).
6.5. Lo smaltimento o il riciclaggio di carcasse o di residui di animali con una capacità di trattamento di oltre 10 Mg al giorno.
6.6. Allevamento intensivo di pollame o di suini:
a) con più di 40000 posti pollame;
b) con più di 2000 posti suini da produzione (di oltre 30 kg); o
c) con più di 750 posti scrofe.
6.7. Trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare, stampare, spalmare, sgrassare, im-
permeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solventi organici superiore a 150 kg all'ora o a 200 Mg all'anno.
6.8. Fabbricazione di carbonio (carbone duro) o grafite per uso elettrico mediante combustione o grafitizzazione.
6.9. Cattura di flussi di CO2 provenienti da installazioni che rientrano nel presente Allegato ai fini dello stoccaggio geologico in conformità decreto legislativo
14 settembre 2011, n. 162.
6.10. Conservazione del legno e dei prodotti in legno con prodotti chimici con una capacità di produzione superiore a 75 m3 al giorno eccetto il trattamento
esclusivamente contro l'azzurratura.
6.11. Attività di trattamento a gestione indipendente di acque reflue non coperte dalle norme di recepimento della direttiva 91/271/CEE, ed evacuate da
un'installazione in cui è svolta una delle attività di cui al presente Allegato.

(1925) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, modificato dall'art. 35, comma 10, D.Lgs. 14 settembre
2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37, comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011, e dall'art. 24, comma 1, lett. i),
D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 aprile 2012, n. 35. Infine il presente allegato è stato così sostituito dall'art. 26, comma 1,
D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(1926) Vedi, anche, l'art. 29, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato IX - Elenco delle autorizzazioni ambientali sostituite dalla autorizzazione integrata ambientale (1927)
In vigore dal 11 aprile 2014

1. Autorizzazione alle emissioni in atmosfera, fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari (titolo I della parte quinta del presente decreto).
2. Autorizzazione allo scarico (Capo II del Titolo IV della Parte Terza).
3. Autorizzazione unica per gli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti (articoli 208 e 210)
4. Autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi contenenti PCB-PCT (decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 209, articolo 7).
5. Autorizzazione all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura (decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, articolo 9)
6. Autorizzazione allo scarico rilasciata dal Magistrato alle Acque di Venezia, limitatamente alle condizioni di esercizio degli scarichi idrici e alle modalità di
controllo di tali condizioni (decreto-legge 29 marzo 1995, n. 96, convertito con modificazioni nella legge 31 maggio 1995, n. 206, articolo 2, comma 2).

(1927) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e, successivamente, così sostituito dall'art. 26, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n.
46.
Allegati alla Parte Seconda

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Allegato X - Elenco indicativo delle principali sostanze inquinanti di cui è obbligatorio tener conto se pertinenti per stabilire i valori limite di emissione (1928)
In vigore dal 11 aprile 2014

Aria:
1. Ossidi di zolfo e altri composti dello zolfo.
2. Ossidi di azoto e altri composti dell'azoto.
3. Monossido di carbonio.
4. Composti organici volatili.
5. Metalli e relativi composti.
6. Polveri, comprese le particelle sottili. (1929)
7. Amianto (particelle in sospensione e fibre).
8. Cloro e suoi composti.
9. Fluoro e suoi composti.
10. Arsenico e suoi composti.
11. Cianuri.
12. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione quando sono immessi nell'atmo-
sfera.
13. Policlorodibenzodiossina (PCDD) e policlorodibenzofurani (PCDF).
Acqua:
1. Composti organoalogenati e sostanze che possono dar loro origine nell'ambiente idrico.
2. Composti organofosforici.
3. Composti organici dello stagno.
4. Sostanze e preparati di cui sono comprovate proprietà cancerogene, mutagene o tali da poter influire sulla riproduzione in ambiente idrico o con il con-
corso dello stesso.
5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili.
6. Cianuri.
7. Metalli e loro composti.
8. Arsenico e suoi composti.
9. Biocidi e prodotti fitosanitari. (1929)
10. Materie in sospensione.
11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (nitrati e fosfati, in particolare).
12. Sostanze che esercitano un'influenza sfavorevole sul bilancio di ossigeno (misurabili con parametri quali BOD, COD).
13. sostanze prioritarie di cui all'articolo 74, comma 2, lettera ff). (1930)

(1928) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.
(1929) Punto così modificato dall'art. 26, comma 3, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(1930) Punto aggiunto dall'art. 26, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato XI - Considerazioni da tenere presenti in generale o in un caso particolare nella determinazione delle migliori tecniche disponibili, secondo quanto
definito all'art. 5, comma 1, lettera 1-ter), tenuto conto dei costi e dei benefici che possono risultare da un'azione e del principio di precauzione e prevenzio-
ne. (1931)
In vigore dal 11 aprile 2014

1. Impiego di tecniche a scarsa produzione di rifiuti.


2. Impiego di sostanze meno pericolose.
3. Sviluppo di tecniche per il ricupero e il riciclo delle sostanze emesse e usate nel processo, e, ove opportuno, dei rifiuti.
4. Processi, sistemi o metodi operativi comparabili, sperimentati con successo su scala industriale.
5. Progressi in campo tecnico e evoluzione, delle conoscenze in campo scientifico.
6. Natura, effetti e volume delle emissioni in questione.
7. Date di messa in funzione degli impianti nuovi o esistenti.
8. Tempo necessario per utilizzare una migliore tecnica disponibile.
9. Consumo e natura delle materie prime ivi compresa l'acqua usata nel processo e efficienza energetica.
10. Necessità di prevenire o di ridurre al minimo l'impatto globale sull'ambiente delle emissioni e dei rischi.
11. Necessità di prevenire gli incidenti e di ridurne le conseguenze per l'ambiente.
12. Indicazioni dei documenti di riferimento sulle BAT (BREF) già pubblicati, informazioni diffuse ai sensi dell'articolo 29-tedecies, comma 4, nonché altre
informazioni pubblicate dalla Commissione europea ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 2, della direttiva 96/61/CE, o da organizzazioni internazionali pubbli-
che. (1932)

(1931) Allegato inserito dall'art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.
(1932) Punto così sostituito dall'art. 26, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato XII - Categorie di impianti relativi alle attività industriali di cui all'allegato 8, soggetti ad autorizzazione integrata ambientale statale (1933)
In vigore dal 13 settembre 2014

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

1) Raffinerie di petrolio greggio (escluse le imprese


prese che producono soltanto lubrificanti dal petrolio
trolio greggio), nonché impianti di gassificazione e di liquefa-
liqu
zione di almeno 500 tonnellate (Mg) al giorno di carbone o di scisti bit
bituminosi.
2) Centrali termiche ed altri impianti di combustione
stione con potenza termica di almeno 300 MW no nonché
nché quelli facenti parte della rete nazionale dei gasdotti
gasdo
con potenza termica di almeno 50 MW. (1934)
3) Acciaierie integrate di prima fusione della ghisa
sa e dell'acciaio.
4) Impianti chimici con capacità produttiva complessiva
plessiva annua per classe di prodott
prodotto,
o, espressa in milioni di chilogrammi, superiore alle soglie di seguito indi-
ind
cate:

5) Impianti funzionalmente connessi a uno degli impianti di cui ai punti pr precedenti,


cedenti, localizzati nel medesimo sito e gestiti dal medesimo gestore, che non
svolgono attività di cui all'allegato VIII;
6) Altri impianti rientranti nelle categorie di cui all'allegato VIII localizzati interamente in mare.

(1933) Allegato inserito dall'art.


art. 2, comma 32, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128128.
(1934) Punto così modificato dall'art. 37, comma
omma 2, lett. d), D.L. 12 sette
settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni,
ni, dalla L. 11 novembre 2014, n. 164.
Allegati alla Parte Seconda
Allegato XII-bis - Linee guida sui criteri da ten
tenere in considerazione per l'applicazione dell'articolo 29-sexie
sexies, comma 9-bis (1935)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

In vigore dal 11 aprile 2014

Le deroghe di cui all'articolo 29-sexies, comma 9-bis, sono tipicamente ammesse nei seguenti casi, resi evidenti da un'analisi costi-benefici allegata all'istanza
e verificata dall'autorità competente nel corso dell'istruttoria:
a) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non garantisce alcun effetto benefico nello specifico contesto ambientale, se confrontato alle presta-
zioni garantite con l'autorizzazione in corso di definizione;
b) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non garantisce, rispetto alle prestazioni garantite con l'autorizzazione in corso di definizione, signifi-
cativi effetti benefici nello specifico contesto ambientale, mentre di contro richiede notevoli investimenti da parte del gestore;
c) il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL permetterebbe di conseguire benefici effetti ambientali che, nello specifico contesto, possono essere
garantiti negli stessi tempi e con investimenti notevolmente minori finanziando azioni di soggetti non sottoposti alla disciplina IPPC;
d) il particolare assetto impiantistico o i vincoli determinati dalla collocazione geografica dell'installazione (prescrizioni paesaggistiche di VIA ad es.) determi-
nano un costo di implementazione delle migliori tecniche disponibili di riferimento sproporzionato rispetto a quello medio richiesto alle altre installazioni del
settore;
e) il particolare assetto impiantistico o la collocazione geografica fanno sì che il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL non possa essere conse-
guito con la sola implementazione delle migliori tecniche disponibili di riferimento;
f) è opportuno concedere al gestore una dilazione dei tempi per il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL per consentirgli di raggiungere il punto
di pareggio in relazione agli investimenti già effettuati, per l'adeguamento alle migliori tecniche disponibili, in attuazione della autorizzazione in corso di rin-
novo o riesame;
g) è opportuno concedere al gestore una dilazione dei tempi per il raggiungimento di limiti corrispondenti ai BAT-AEL per consentirgli di raggiungere almeno
il punto di pareggio in relazione agli investimenti già effettuati, in considerazione di particolari caratteristiche tecniche delle installazioni e dei processi pro-
duttivi che rendono possibile l'applicazione di talune BAT solo attraverso il completo rifacimento delle unità tecniche interessate, e non solo delle parti og-
getto delle BAT;
h) degli impianti e dei processi produttivi che rendono possibile l'applicazione di talune BAT solo attraverso il completo rifacimento delle unità produttive;
i) l'installazione, o la parte di installazione, è utilizzata per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti o processi;
j) altri casi particolari legati ad assetto impiantistico, contesto ambientale e collocazione geografica, riconosciuti dall'autorità competente.

(1935) Allegato inserito dall'art. 26, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati alla Parte Terza
Allegato 1 - Monitoraggio e classificazione delle acque in funzione degli obiettivi di qualità ambientale (1947)
Il presente allegato stabilisce i criteri per il monitoraggio e la classificazione dei corpi idrici superficiali e sotterranei
1. CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI
1.1 CORPI IDRICI SUPERFICIALI
I corpi idrici superficiali vengono caratterizzati e individuati secondo quanto riportato in Allegato 3
1.2 CORPI IDRICI SOTTERRANEI
Identificazione e caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei
Parte A - Identificazione dei corpi idrici
L'identificazione dei corpi idrici sotterranei è necessaria ai fini dell'attuazione del presente decreto.
L'identificazione dei complessi idrogeologici e quindi degli acquiferi rappresenta la fase propedeutica alla identificazione dei corpi idrici sotterranei.
E' stato definito un percorso di caratterizzazione che porta alla individuazione dei corpi idrici partendo dai complessi idrogeologici di cui alla Tabella 1, pas-
sando per gli acquiferi che rappresentano gli elementi di riferimento già in larga parte individuati dalle Regioni.
A.1 Identificazione dei complessi idrogeologici
Sulla base dei criteri generali univoci utili per giungere alla definizione dei corpi idrici sotterranei sono state definite sette tipologie di complessi idrogeologici
partendo dalla Carta delle risorse idriche sotterranee di Mouton che costituisce il quadro di riferimento nazionale omogeneo.
Tali tipologie sono state definite tenendo in considerazione gli elementi caratterizzanti i complessi idrogeologici (litologia e assetto idrogeologico) e i para-
metri descrittivi come la produttività, la facies idrochimica, i contaminanti naturali, la vulnerabilità e l'impatto antropico (tabella 1).

Acronimo Complessi idrogeologici


DQ Alluvioni delle depressioni quaternarie
AV Alluvioni vallive
CA Calcari
VU Vulcaniti
DET Formazioni detritiche degli altipiani plio-quaternarie
LOC Acquiferi locali
STE Formazioni sterili

Tabella 1 J.J. Fried, J. Mouton, F. Mangano (1982)


Tali sette tipologie di Complessi Idrogeologici rappresentano il quadro ove ricollocare gli acquiferi e, successivamente, i corpi idrici sotterranei secondo lo
schema di massima, di seguito riportato.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

*Unità di bilancio: dominio dotato di una comprovataprovata unità stratigrafica e/o strutturale, al cui limite ssii verificano condizioni che annullano od ostacolano le
possibilità di interscambi idrici sotterranei
terranei e che al suo interno può co contenere uno o più corpi idrici.
L'individuazione dei limiti delle unità di bilancio è un processo iterativo che le Regioni perfe perfezionano
zionano nel corso del tempo.
A.2 Criteri per l'identificazione degli acquiferi
L'identificazione degli acquiferi viene effettuata sulla base di criteri idroge
idrogeologici.
logici. L'elaborazione di un modello concettuale permetterà di pervenire
perven ad un
bilancio in terminii di entrate e di uscite ed alla valutazione della vulner
vulnerabilità,
bilità, tenendo conto delle pressioni antropiche.
La complessità ed il dettaglio del modello aumentano
mentano gradualmente all'a all'aumentare delle conoscenze
noscenze e vengono approfondite nel tempo durante
d le fasi di
caratterizzazione e di monitoraggio.
L'identificazione degli acquiferi deve comunque soddisfare 2 criteri: flusso significativo e quant quantità significativa.
Se uno o entrambi i criteri sono soddisfatti, le unità stratigrafiche sono da considerarsi acquif acquifero.
Detti criteri per l'identificazione degli acquiferi sono illustrati nello schema seguente (Fig. 1):

Figura 1: schema per l'identificazione degli acquiferi


A.3 Delimitazione dei corpi idrici
La delimitazione dei corpi idrici sotterranei deve assicurare cche
he vengano raggiunti gli obiettivi di qualità ambientale di cui all'articolo
all' 76 del decreto n. 152 del
2006 ed una descrizione appropriata
priata dello stato chimico e quant
quantitativo delle acque
que sotterranee. Il Corpo Idrico sotterraneo è per definizione «un volume
distinto di acque sotterranee
terranee contenuto da uno o più acquif
acquiferi». Deve essere individuato come quella massa di acqua qua caratterizzata da omogeneità nello
stato ambientale (qualitativo e/o quantitativo), tale da permettere, attraverso l'interpretazione delle m misure
isure effettuate in un numero
n significativo di stazioni
di campionamento, di valutarne lo stato e di individuare il trend. Può essere coincidente con l'acquifero che lo contiene, pu può esserne una parte, ovvero cor-
rispondere a più acquiferi diversi o loro porzioni.
Le definizioni di acquifero e di corpo idrico sotterraneo
terraneo permettono di ide
identificare
tificare i corpi idrici sotterranei sia separatamente, all'interno di strati diversi
dive che
si sovrappongono su un piano verticale, sia come singolo corpo idrico che si estendee tra i diversi strati. Un corpo idrico sotterraneo
sotte può essere all'interno di
uno o più acquiferi,
ri, come, ad esempio, nel caso di due acquif
acquiferi adiacenti caratterizzati da pressioni simili e contenenti
tenenti acque con caratteristiche
caratt qualitative
e quantitative analoghe.
I corpi idrici devono essere delimitati in modo da permettere una descrizi
descrizione appropriata ed affidabile
dabile dello stato quantitativo e chimico delle acque sotter-
sotte
ranee.

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La valutazione dello stato quantitativo è facilitata se i corpi idrici sotterranei sono delimitati in modo tale che qualsiasi flusso di acqua sotterranea da un cor-
po idrico ad un altro è talmente piccolo da poter essere trascurato nei calcoli dei bilanci idrici oppure può essere stimato con sufficiente precisione.
Le Regioni devono tenere conto delle caratteristiche specifiche degli acquiferi quando procedono alla delimitazione dei corpi idrici sotterranei. Per esempio,
le caratteristiche del flusso di alcuni strati geologici, quali il substrato carsico e fratturato, sono molto più difficili da prevedere rispetto ad altre. La delimita-
zione dei corpi idrici deve essere vista come un processo iterativo, da perfezionare nel corso del tempo, nella misura necessaria per valutare e gestire ade-
guatamente i rischi del non raggiungimento degli obiettivi ambientali.
Potrebbe anche presentarsi il caso di un flusso consistente tra strati con caratteristiche molto differenti (per esempio, i complessi carsici e l'arenaria). Le
proprietà diverse di questi strati potrebbero richiedere approcci diversi di gestione per il raggiungimento degli obiettivi preposti. In questo caso, le Regioni
possono delimitare i confini dei corpi idrici in modo che coincidano con i confini tra gli strati. Nel far ciò devono, comunque, assicurare una adeguata valuta-
zione dello stato quantitativo.
A.4 Criteri per la delimitazione dei corpi idrici sotterranei
La delimitazione dei corpi idrici sotterranei si basa inizialmente su criteri di tipo fisico ed è successivamente perfezionata sulla base di informazioni concer-
nenti lo stato di qualità ambientale.
Due sono, quindi, i criteri generali che si basano sui seguenti elementi:
a. confini idrogeologici;
b. differenze nello stato di qualità ambientale.
CRITERIO a)
Possono essere assunti come punto di partenza per la identificazione geografica dei corpi idrici i limiti geologici. Nei casi in cui la descrizione dello stato e/o il
raggiungimento degli obiettivi ambientali richiedano una maggiore suddivisione ovvero non sia possibile identificare un limite geologico, si possono utilizza-
re, ad esempio, lo spartiacque sotterraneo o le linee di flusso.
CRITERIO b)
Differenze nello stato di qualità ambientale: gli obiettivi di qualità dei corpi idrici sotterranei e le misure necessarie per raggiungerli dipendono dallo stato di
qualità esistente. I corpi idrici sotterranei devono essere unità con uno stato chimico ed uno stato quantitativo ben definiti. Quindi, significative variazioni di
stato di qualità all'interno di acque sotterranee devono essere prese in considerazione per individuare i confini dei corpi idrici, procedendo, ove necessario,
ad una suddivisione in corpi idrici di dimensioni minori. Qualora le differenze nello stato di qualità si riducano durante un ciclo di pianificazione, si può pro-
cedere alla riunificazione dei corpi idrici precedentemente identificati in vista dei successivi cicli di pianificazione. Laddove, invece, lo stato di qualità sia o-
mogeneo possono essere delimitati estesi corpi idrici sotterranei. Detti confini possono essere ridefiniti ad ogni revisione del Piano di gestione dei Bacini
Idrografici ma devono restare fissi per il periodo di durata di ciascun piano.
Qualora non siano disponibili informazioni sufficienti alla valutazione dello stato di qualità ambientale nelle fasi iniziali di attuazione del presente decreto,
per individuare i confini dei corpi idrici sotterranei, si usano le analisi su pressioni ed impatti come indicatori dello stato di qualità.
Con il miglioramento delle conoscenze relative allo stato delle acque, i confini dei corpi idrici devono essere modificati prima della pubblicazione di ciascun
Piano di gestione dei Bacini Idrografici, ogni 6 anni.
La suddivisione delle acque sotterranee in corpi idrici sotterranei è quindi una questione che le Regioni devono decidere sulla base delle caratteristiche par-
ticolari del loro territorio.
Nel prendere tali decisioni sarà necessario trovare un punto di equilibrio tra l'esigenza di descrivere adeguatamente lo stato delle acque sotterranee e la
necessità di evitare una suddivisione degli acquiferi in un numero di corpi idrici impossibile da gestire.
A.5 Procedura suggerita per l'applicazione pratica del termine corpo idrico sotterraneo
La figura 2 suggerisce un procedimento iterativo e gerarchico per l'identificazione dei corpi idrici sotterranei, basato sui principi descritti nel presente Allega-
to.

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Fig. 2 - Procedura suggerita per l'identificazione


zione dei corpi idrici sotterranei Identific
Identificazione degli acquiferi
2. MODALITA' PER LA CLASSIFICAZIONE DELLO STATO DI QUALITA' DEI CORPI IDRICI
A - STATO DELLE ACQUE SUPERFICIALI
A.1. Elementi qualitativi per la classificazione
zione dello stato ecologico
A.1.1 - Elementi qualitativi per la classificazione dello stato ecologico per fiumi, laghi, acque di transizione e acque marino
marino-costiere.

FIUMI LAGHI TRANSIZIONE MARINO COSTIERE


ELEMENTI BIOLOGICI
Composizione e abbondanza della flora acquatica X
Composizione e abbondanza dei macroinvertebrati
vertebrati bentonici. Per X X X X
le acque marine-costiere
costiere segnalazione anche dei taxa se sensibili.
Composizione e abbondanza della fauna na ittica. Per i fiumi e i laghi X X X
individuazione anche della struttura di età della fauna iittica.
Composizione abbondanza e biomassa del fitoplancton. Per le X X X
acque marino-costiere
costiere segnalazione inoltre di fioriture di specie
potenzialmente tossiche o nocive.
Composizione e abbondanza dell'altra flora ra acquatica. Per le aac- X X X
que marino-costiere
costiere individuazione anche della copertura della
flora e segnalazione di taxa sensibili.
ELEMENTI IDROMORFOLOGICI A SOSTEGNO DEGLI ELEMENTI BIOLOGICI
REGIME IDROLOGICO
volume e dinamica del flusso idrico X
connessione con il corpo idrico sotterraneo neo X X
escursioni di livello X
tempo di residenza X
REGIME DI MAREA
flusso di acqua dolce X
Scambio con il mare X

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Regime correntometrico X
Continuità fluviale X
CONDIZIONI MORFOLOGICHE
variazione della profondità e della larghezza del fiume X
struttura e substrato dell'alveo X
struttura della zona ripariale, e per i laghi anche della costa X X
variazione della profondità X
struttura e tessitura del sedimento per i laghi. Natura e composi- X X X
zione del substrato per transizione e marino costiere
profondità X X
struttura della zona intertidale X
morfologia del fondale X
ELEMENTI CHIMICI E FISICO-CHIMICI A SOSTEGNO DEGLI ELEMENTI BIOLOGICI
Elementi generali
Trasparenza X X X
Condizioni termiche - Temperatura per marino costiere X X X X
Condizioni di ossigenazione - Ossigeno disciolto per marino co- X X X X
stiere
Conducibilità X X
Stato di acidificazione X X
Condizioni dei nutrienti X X X X
Salinità X X
INQUINANTI SPECIFICI
Inquinamento da altre sostanze non appartenenti all'elenco di X X X X
priorità di cui è stato accertato lo scarico nel corpo idrico in
quantità significative

A. 1. 2 Corpi idrici superficiali artificiali e corpi idrici fortemente modificati


Per i corpi idrici superficiali artificiali e fortemente modificati si utilizzano gli elementi di qualità applicabili a quella delle suesposte quattro categorie di ac-
que superficiali naturali che più si accosta al corpo idrico artificiale o fortemente modificato in questione.
A.2. Definizioni normative per la classificazione dello stato ecologico
Tabella A.2. Definizione generale per fiumi, laghi, acque di transizione e acque costiere
Il testo seguente fornisce una definizione generale della qualità ecologica. Ai fini della classificazione i valori degli elementi di qualità dello stato ecologico
per ciascuna categoria di acque superficiali sono quelli indicati nelle tabelle da A.2.1 a A.2.4 in appresso.

Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente


Nessuna alterazione antropica, o alterazio-
ni antropiche poco rilevanti, dei valori degli
elementi di qualità
fisico-chimica e idromorfologica del tipo di I valori degli elementi di qualità biologica I valori degli elementi di qualità biologica
corpo idrico superficiale rispetto a quelli di del tipo di corpo idrico superficiale presen- del tipo di corpo idrico superficiale si disco-
norma associati a tale tipo inalterato. tano livelli poco elevati di distorsione do- stano moderatamente da quelli di norma
vuti all'attività associati
Generale I valori degli elementi di qualità biologica umana, ma si discostano solo lievemente al tipo di corpo idrico superficiale inaltera-
del corpo idrico superficiale rispecchiano da quelli di norma associati al tipo di corpo to. I valori presentano segni moderati di
quelli di norma associati a tale tipo inalte- idrico superficiale inalterato. distorsione dovuti all'attività umana e alte-
rato e non evidenziano nessuna distorsio- razioni significativamente maggiori rispetto
ne, o distorsioni poco rilevanti alle condizioni dello stato buono.
Si tratta di condizioni e comunità tipiche
specifiche

Le acque aventi uno stato inferiore al moderato sono classificate come aventi stato scarso o cattivo.
Le acque che presentano alterazioni considerevoli dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali le comunità
biologiche interessate si discostano sostanzialmente da quelle di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi
stato scarso.
Le acque che presentano gravi alterazioni dei valori degli elementi di qualità biologica del tipo di corpo idrico superficiale e nelle quali mancano ampie por-
zioni di comunità biologiche interessate di norma associate al tipo di corpo idrico superficiale inalterato, sono classificate come aventi stato cattivo.
A.2.1. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei fiumi

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Elementi di qualità biologica


Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Composizione tassonomica del fitoplanc- Lievi variazioni nella composizione e ab- Composizione dei taxa planctonici che si
ton che corrisponde totalmente o quasi bondanza dei taxa planctonici rispetto alle discosta moderatamente dalle comunità
alle condizioni comunità tipiche tipiche specifiche.
inalterate. specifiche. Abbondanza moderatamente
Abbondanza media del fitoplancton total- Tali variazioni non indicano nessuna cresci- alterata, che potrebbe provocare una signi-
mente conforme alle condizioni fisico- ta accelerata di alghe tale da provocare ficativa alterazione indesiderata dei valori
chimico tipiche un'alterazione indesiderata di altri elementi di
Fitoplancton specifiche e non tale da alterare significati- della composizione equilibrata degli orga- qualità biologica e fisico-chimica. Possibile
vamente le condizioni di trasparenza tipi- nismi presenti nel corpo idrico o della qua- un moderato aumento nella frequenza e
che specifiche. lità fisico-chimica
Fioriture di fitoplancton con delle acque o dei sedimenti. intensità delle fioriture di
frequenza e intensità conformi alle condi- Possibile un lieve aumento della frequenza fitoplancton. Possibili fioriture persistenti
zioni fisico-chimiche tipiche specifiche. e intensità delle fioriture di fitoplancton nei mesi estivi.
tipiche specifiche.
Lievi variazioni nella composizione e ab-
bondanza di taxa macrofitici e
fitobentonici rispetto alle comunità tipiche Composizione dei taxa macrofitici e fito-
specifiche. Tali variazione non indicano bentonici che si discosta moderatamente
Macrofite e fitoben- Composizione tassonomica che corrispon- nessuna crescita accelerata di fitobentos o dalle comunità tipiche specifiche e diverge
tos de totalmente o quasi alle condizioni di forme più elevate di vita vegetale tale da molto di più dallo stato buono.
inalterate. Nessuna variazione riscontrabile provocare un'alterazione indesiderata della Evidenti variazioni moderate dell'abbon-
dell'abbondanza macrofitica e fitobentoni- composizione equilibrata degli organismi danza macrofitica e fitobentonica media.
ca media. presenti nel corpo idrico o della qualità Gruppi/stati batterici dovuti, ad attività
fisico-chimica delle acque o dei sedimenti. antropiche che possono interferire con e,
Presenza di gruppi/strati batterici dovuti in talune aree, soppiantare la comunità
ad attività antropiche, che non danneggia fitobentonica.
la comunità fitobentonica.
Composizione e abbondanza tassonomica Lievi variazioni nella composizione e ab- Composizione e abbondanza dei taxa in-
che corrispondono totalmente o quasi alle bondanza dei taxa invertebrati rispetto alle vertebrati che si discosta moderatamente
condizioni inalterate. comunità tipiche specifiche. dalle comunità tipiche specifiche.
Macroin vertebrati Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti Assenti i gruppi tassonomici principali della
bentonici che non presenta variazioni rispetto a che presenta lievi variazioni rispetto a livel- comunità tipica specifica.
li
livelli inalterati. tipici specifici.
Livello di diversità dei taxa invertebrati che Livello di diversità dei taxa invertebrati che Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti
non presenta variazioni rispetto ai livelli presenta lievi variazioni rispetto a livelli e livello di diversità che sono sostanzial-
inalterati. tipici specifici. mente inferiori al livello tipico specifico e
significativamente inferiori allo stato buo-
no.
Composizione e abbondanza della specie Lievi variazioni della composizione e ab- Composizione e abbondanza delle specie
che corrispondono totalmente o quasi alle bondanza delle specie rispetto alle comuni- che si discostano moderatamente dalle
condizioni inalterate. tà tipiche specifiche, attribuibili agli impatti comunità tipiche specifiche a causa di im-
patti
Fauna ittica Presenza di tutte le specie sensibili alle antropici sugli elementi di qualità fisico- antropici sugli elementi di qualità fisico-
alterazioni tipiche specifiche. chimica e idromorfologica. chimica o idromorfologica.
Strutture di età delle comunità ittiche che Strutture di età delle comunità ittiche che Struttura di età delle comunità ittiche che
presentano segni minimi di alterazioni an- presentano segni di alterazioni attribuibili a presenta segni rilevanti di alterazioni an-
tropiche e non indicano l'incapacità a ri- impatti antropici sugli elementi di qualità tropiche che provocano l'assenza o la pre-
prodursi o a svilupparsi di specie particola- fisico-chimica o ìdromorfologica e, in taluni senza molto limitata di una percentuale
ri. casi, indicano l'incapacità a riprodursi o a moderata delle specie tipiche specifiche.
svilupparsi di una specie particolare che
può condurre alla scomparsa di talune
classi d'età.
Elementi di qualità idromorfologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente

Massa e dinamica del flusso e la risultante Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
connessione dei valori dei valori
Regime idrologico con le acque sotterranee, a specchiano sopra precisati per gli elementi di qualità sopra precisati per gli elementi di qualità
totalmente o quasi le condizioni inalterate. biologica. biologica.
La continuità del fiume non è alterata da Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
attività antropiche; dei valori dei valori
Continuità del fiume è possibile la migrazione indisturbata degli sopra precisati per gli elementi di qualità sopra precisati per gli elementi di qualità

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organismi acquatici e il trasporto del sedi- biologica. biologica.


mento.
Carattenstiche del solco fluviale, variazioni
della larghezza e della profondità,
Condizioni morfolo- velocità di flusso condizioni del substrato Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
giche nonché struttura e condizioni delle zone dei valori sopra precisati per gli elementi di dei valori sopra precisati per gli elementi di
ripariali corrispondono totalmente o quasi qualità biologica. qualità biologica.
alle condizioni inalterate.
Elementi di qualità fisico-chimica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Valori degli elementi fisico- chimici che Temperatura, bilancio dell'ossigeno, pH,
corrispondono totalmente o quasi alle capacità di neutralizzare gli acidi e salinità
condizioni inalterate. che non raggiungono
Condizioni generali Concentrazioni di nutrienti entro la forcella livelli superiori alla forcella fissata per assi- Condizioni coerenti con il raggiungimento
di norma associata alle condizioni inaltera- curare il funzionamento dell'ecosistema dei valori sopra precisati per gli elementi di
te. tipico qualità biologica.
Livelli di salinità, pH, bilancio dell'ossigeno, specifico e il raggiungimento dei valori so-
capacità e temperatura di neutralizzazione pra precisati per gli elementi di qualità bio-
degli acidi che non presentano segni di logica. Concentrazioni dei nutrienti che
alterazioni antropiche e restano entro la non superano i livelli fissati per assicurare il
forcella di norma associata alle condizioni funzionamento dell'ecosistema e il rag-
inalterate. giungimento dei valori sopra precisati per
gli elementi di qualità biologica.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo la procedura di cui al punto
3
Inquinanti sintetici Concentrazioni prossime allo zero o alme- del presente allegato, fatto salvo quanto Condizioni coerenti con il raggiungimento
specifici no inferiori ai limiti di rilevazioni delle più previsto per i prodotti fitosanitari della dei valori sopra precisati per gli elementi di
avanzate tecniche di analisi di impiego ge- direttiva 91/414/CE, recepita con il D.Lgs. qualità biologica.
nerale. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi della
direttiva 98/8/Ce recepita con il D.Lgs.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo la procedura di cui al punto
3 del presente allegato, fatto
Inquinanti non sinte- Concentrazioni entro la forcella di norma salvo quanto previsto per i prodotti fitosa- Condizioni coerenti con il raggiungimento
tici specifici associata alle condizioni inalterate (livello nitari della direttiva 91/414/Ce, recepita dei valori sopra precisati per gli elementi di
di fondo naturale = bgl). con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i qualità biologica.
biocidi della direttiva 9998/8/Ce, recepita
con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174

A.2.2. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente dei laghi

Elementi di qualità biologica


Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Composizione e abbondanza tassonomica Lievi variazioni nella composizione e ab- Composizione e abbondanza dei taxa plan-
del fitoplancton che corrisponde totalmen- bondanza dei taxa planctonici rispetto alle ctonici che si discostano moderatamente
te o quasi alle condizioni inalterate. comunità tipiche specifiche. dalle comunità tipiche specifiche.
Biomassa media del fitoplancton conforme Tali variazioni non indicano nessuna cresci- Biomassa moderatamente alterata, che
alle condizioni fisico-chimiche tipiche spe- ta accelerata di alghe tale da provocare potrebbe provocare una significativa alte-
cifiche e non tale da alterare significativa- un'alterazione indesiderata della composi- razione indesiderata delle condizioni di
mente e le condizioni di trasparenza tipi- zione equilibrata degli organismi presenti altri elementi di qualità biologica e della
che specifiche. nel corpo idrico o
Fitoplacton Fioriture di fitoplancton con frequenza e della qualità fisico-chimica delle acque o qualità fisico-chimica delle acque o e dei
intensità dei sedimenti. sedimenti.
conformi alle condizioni fisico- chimiche Possibile un lieve aumento della frequenza Possibile un moderato aumento nella fre-
tipiche specifiche. e intensità delle fioriture di fitoplancton quenza e intensità delle fioriture di fito-
tipiche specifiche. plancton. Possibili fioriture persistenti nei
mesi estivi.
Lievi variazioni nella composizione e ab-
bondanza dei taxa macrofitici e
fitobentonici rispetto alle comunità tipiche Composizione dei taxa macrofitici e fito-
specifiche. bentonici che
Composizione tassonomica che corrispon- Tali variazioni non indicano nessuna cresci- si discosta moderatamente dalle comunità
de totalmente o quasi alle condizioni inal- ta accelerata di fitobentos o di forme più tipiche specifiche e diverge molto di più

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terate. elevate di vita vegetale tale da dalla qualità buona.


Macrofite e fitoben- Nessuna variazione riscontrabile dell'ab- provocare un'alterazione indesiderata della Evidenti variazioni moderate dell'abbon-
tos bondanza danza macrofitica
macrofitica e fitobentonica composizione equilibrata e fitobentonica media.
media. degli organismi presenti nel corpo idrico o Gruppi/stati batterici dovuti della attività
della qualità fisico-chimica delle acque. antropiche che possono interferire con e,
in
Presenza di gruppi/strati batterici dovuti talune aree, soppiantare la comunità fito-
ad attività antropiche, che non danneggia bentonica.
la comunità fitobentonica.
Composizione e abbondanza tassonomica Lievi variazioni della composizione e ab- Composizione e abbondanza dei taxa in-
che corrisponde totalmente o quasi alle bondanza dei taxa invertebrati rispetto alle vertebrati che si discosta moderatamente
condizioni inalterate. comunità tipiche specifiche. dalle condizioni tipiche specifiche.
Microinvertebrati Il rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleran- Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti Assenti i gruppi tassonomici principali della
bentonici ti non presenta variazioni rispetto ai livelli che presenta lievi variazioni rispetto ai li- comunità tipica specifica.
inalterati. velli tipici inalterati.
Il livello di diversità dei taxa invertebrati Livello di diversità dei taxa invertebrati che Rapporto tra taxa sensibili e taxa tolleranti
non presenta variazioni rispetto ai livelli presenta lievi variazioni rispetto ai livelli e livello di diversità che sono sostanzial-
inalterati. tipici specifici. mente inferiori al livello tipico specifico e
significativamente inferiori allo stato buo-
no.
Composizione e abbondanza delle specie Lievi variazioni della composizione e ab- Composizione a abbondanza delle specie
che corrispondono totalmente o quasi alle bondanza delle specie rispetto alle comuni- che si discostano moderatamente dalle
condizioni inalterate. tà tipiche specifiche, attribuibili agli impatti comunità tipiche specifiche a causa di im-
di patti
Presenza di tutte le specie sensibili alle qualità fisico-chimica e ìdromorfologica. antropici sugli elementi di qualità fisico-
alterazioni chimica o
Fauna ittica tipiche specifiche. Struttura di età delle idromorfologica.
Strutture di età delle comunità ittiche che comunità ittiche che presentano segni di Strutture di età delle comunità ittiche che
presentano segni minimi di alterazioni an- alterazioni attribuibili agli impatti antropici presenta segni rilevanti di alterazioni attri-
tropiche e non indicano l'incapacità a ri- sugli elementi di qualità fisico-chimica o buibili agli impatti antropici sugli clementi
prodursi o a svilupparsi di specie particola- idromorfologica e, in taluni casi, indicano di qualità fisico-chimica o idromorfologica
ri. l'incapacità a riprodursi o a svilupparsi di che provocano l'assenza o la limitatissima
una specie particolare che può condurre abbondanza di una porzione moderata
alla scomparsa di talune classi di età. delle specie tipiche specifiche.
Elementi di qualità idromorfologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Massa e dinamica del flusso, livello, tempo Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
di residenza e dei valori dei valori
Regime idrologico risultante collegamento alle acque sotter- sopra precisati per gli elementi di qualità sopra precisati per gli elementi di qualità
ranee che rispecchiano totalmente o quasi biologica. biologica.
le condizioni inalterate.
Variazioni della profondità del lago, massa
e struttura del
Condizioni morfolo- substrato e struttura e condizione della Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
giche zona ripariale che corrispondono total- dei valori sopra precisati per gli elementi di dei valori sopra precisati per gli clementi di
mente o quasi alle condizioni inalterate. qualità biologica. qualità biologica.
Elementi di qualità fisico-chimica.
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Valore degli elementi fisico-chimici che Temperatura, bilancio dell'ossigeno, pH,
corrispondono totalmente o quasi alle capacità di neutralizzare gli acidi, traspa-
condizioni inalterate. renza e salinità che non raggiungono livelli
Concentrazioni di nutrienti entro la forcella superiori alla forcella fissata per assicurare
di norma associata alle condizioni inaltera- il funzionamento dell'ecosistema e il
te.
Condizioni generali Livelli di salinità, pH, bilancio dell'ossigeno, raggiungimento dei valori sopra precisati Condizioni coerenti con il raggiungimento
capacità di trasparenza e temperatura per gli elementi di qualità biologica. dei valori sopra precisati per gli
che non presentano segni di alterazioni Concentrazioni dei nutrienti che non supe- elementi di qualità biologica.
antropiche e restano entro la forcella di rano i livelli fissati per assicurare il funzio-
norma associata alle condizioni inalterate. namento dell'ecosistema e il raggiungi-
mento dei valori sopra precisati per gli e-
lementi di qualità biologica.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo
Inquinanti sintetici Concentrazioni prossime allo zero o alme- la procedura di cui al punto 3 del presente Condizioni coerenti con il raggiungimento
specifici no inferiori ai limiti di rilevazione delle più allegato, fatto salvo quanto previsto per i dei valori sopra precisati per gli

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avanzate tecniche di analisi di impiego ge- prodotti fitosanitari della direttiva elementi di qualità biologica.
nerale. 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo
1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva
98/ 8/ Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio
2000, n. 174.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo la procedura di cui al punto
3 del presente allegato, fatto
Inquinanti non sinte- Concentrazioni entro la forcella di norma salvo quanto previsto per i prodotti fitosa- Condizioni coerenti con il raggiungimento
tici specifici associata alle condizioni inalterate (livello nitari della direttiva 91/414/Ce, recepita dei valori sopra precisati per gli elementi di
di fondo naturale = bgl). con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i qualità biologica.
biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con
il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174.

A.2.3. Definizioni di stato ecologico elevato, buono e sufficiente nelle acque di transizione

Elementi di qualità biologica


Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Lievi variazioni nella composizione e ab-
bondanza dei taxa di fitoplancton.
Composizione e abbondanza dei taxa di Lievi variazioni della biomassa rispetto alle Composizione e abbondanza dei taxa di
fitoplancton conformi alle condizioni condizioni tipiche specifiche. fitoplancton che si discostano moderata-
mente,
inalterate. Tali variazioni non indicano dalle condizioni tipiche
Fitoplancton Biomassa media del fitoplancton conforme nessuna crescita accelerata di alghe tale da specifiche. Biomassa moderatamente alte-
alle condizioni fisico-chimiche tipiche spe- provocare un'alterazione indesiderata della rata, che potrebbe determinare una signi-
cifiche e non tale da alterare significativa- composizione equilibrata degli organismi ficativa alterazione indesiderata della con-
mente le condizioni di trasparenza tipiche presenti nel corpo idrico o della qualità dizione di altri elementi di qualità biologi-
specifiche. fisico-chimica ca.
Fioriture di fitoplancton con dell'acqua. Possibile un moderato
frequenza e intensità conformi alle condi- Possibile un lieve aumento della frequenza aumento nella frequenza e intensità delle
zioni fisico-chimiche tipiche specifiche. e intensità delle fioriture di fitoplancton fioriture di fitoplancton. Possibili fioriture
tipiche specifiche. persistenti nei mesi estivi.
Lievi variazioni nella composizione e ab- Composizione dei taxa di macroalghe che si
bondanza dei taxa di macroalghe rispetto discosta moderatamente dalle condizioni
alle comunità tipiche specifiche. tipiche specifiche e diverge molto di più
dalla
Composizione dei taxa di Tali variazioni non indicano qualità buona.
Macroalghe macroalghe conforme alle condizioni inal- nessuna crescita accelerata di fitobentos o Evidenti variazioni moderate dell'abbon-
terate. di forme più danza media di
Nessuna variazione riscontrabile della co- elevate di vita vegetale tale da provocare macroalghe, che potrebbero determinare
pertura di macroalghe in conseguenza di un'alterazione indesiderata della composi- un'alterazione indesiderata della composi-
attività antropiche. zione equilibrata degli organismi presenti zione equilibrata degli organismi presenti
nel corpo idrico o della qualità fisico- nel corpo idrico.
chimica delle acque.
Composizione tassonomica che corrispon- Lievi variazioni nella composizione dei taxa Composizione dei taxa di angiosperme che
de totalmente o quasi alle condizioni inal- di angiosperme rispetto alle comunità tipi- si discosta moderatamente dalle comunità
terate. che specifiche. tipiche specifiche e
Angiosperme Nessuna variazione riscontrabile dell'ab- Lievi segni di alterazione nell'abbondanza diverge molto di più dalla qualità buona.
bondanza di
di angiosperme in angiosperme. Alterazioni moderate
conseguenza di attività antropiche. nell'abbondanza di taxa di angiosperme.
Livello di diversità e abbondanza dei taxa di Livello di diversità e abbondanza dei taxa di Livello di diversità e abbondanza dei taxa di
invertebrati entro la forcella di invertebrati leggermente invertebrati moderatamente
Macroinvertebrati norma associata alle condizioni inalterate. esterno alla forcella associata alle condi- esterno alla forcella associata alle condi-
zioni zioni
bentonici Presenza di tutti i taxa tipiche specifiche. tipiche specifiche.
sensibili alle alterazioni associati alle condi- Presenza della maggior parte dei taxa sen- Presenza di taxa indicativi di inquinamento.
zioni sibili delle
inalterate. comunità tipiche specifiche. Assenza di molti dei taxa sensibili delle
comunità tipiche specifiche.
Abbondanza delle specie sensibili alle alte- Assenza di una percentuale moderata delle
razioni che presenta lievi segni di specie sensibili alle alterazioni

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Fauna ittica Composizione e abbondanza delle specie discostamento dalle condizioni tipiche spe- tipiche dovuta agli impatti antropici sugli
conformi alle condizioni inalterate. cifiche, attribuibili agli impatti antropici elementi di qualità fisico-chimica o idro-
sugli elementi di qualità fisico-chimica o morfologica.
idromorfologica.
Elementi di qualità idromorfologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Regime di flusso di acqua dolce che corri- Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
sponde dei valori dei valori
Regime di marea totalmente o quasi alle condizioni inaltera- sopra precisati per gli elementi di qualità sopra precisati per gli elementi di qualità
te. biologica. biologica.
Variazioni di profondità,
Condizioni morfolo- condizioni del substrato nonché struttura e Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
giche condizione delle zone intercotidali che cor- dei valori sopra precisati per gli elementi di dei valori sopra precisati per gli elementi di
rispondono totalmente o quasi alle condi- qualità biologica. qualità biologica.
zioni inalterate.
Elementi di qualità fisico-chimica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente

Elementi fisico-chimici che corrispondono Temperatura, condizioni di ossigenazione e


totalmente o quasi alle condizioni inaltera- trasparenza che non raggiungono livelli
te. esterni alle forcelle fissate
Concentrazioni di nutrienti entro la forcella per assicurare il funzionamento dell'ecosi-
di norma associata alle condizioni inaltera- stema e il raggiungimento dei valori
te.
Condizioni generali Temperatura, bilancio dell'ossigeno e tra- sopra precisati per gli elementi di qualità Condizioni coerenti con il raggiungimento
sparenza biologica. dei valori
che non presentano segni di alterazioni Concentrazioni dei nutrienti che non supe- sopra precisati per gli elementi di qualità
antropiche e restano entro la forcella di rano i livelli fissati per assicurare il funzio- biologica.
norma associata alle condizioni inalterate. namento dell'ecosistema e il raggiungi-
mento dei valori sopra precisati per gli e-
lementi di qualità biologica.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo la procedura di cui al punto
3 del presente allegato, fatto salvo quanto
previsto per i
Inquinanti sintetici Concentrazioni prossime allo zero o alme- prodotti fitosanitari della direttiva Condizioni coerenti con il raggiungimento
specifici no inferiori ai limiti di rilevazione delle più 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo dei valori sopra precisati per gli elementi di
avanzate tecniche di analisi di impiego ge- 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva qualità biologica.
nerale. 98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio
2000, n. 174.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo la procedura di cui al punto
e del presente allegato, fatto salvo quanto
previsto per i
Inquinanti non sinte- Concentrazioni entro la forcella di norma prodotti fitosanitari della direttiva Condizioni coerenti con il raggiungimento
tici specifici associata alle condizioni inalterate (livello 91/414/Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo dei valori sopra precisati per gli elementi di
di fondo naturale = bgl). 1995, n. 194, e per i biocidi della direttiva qualità biologica.
98/8/Ce, recepita con il D.Lgs. 25 febbraio
2000, n.174.

A.2.4. Definizioni dello stato ecologico elevato, buono e sufficiente delle acque costiere

Elementi di qualità biologica


Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Composizione e abbondanza dei taxa di Lievi segni di alterazione nella composizio- Composizione e abbondanza dei taxa di
fitoplancton conformi alle condizioni inal- ne e abbondanza dei taxa di fitoplancton. fitoplancton che presentano segni di mo-
terate. derata alterazione.
Biomassa media del fitoplancton conforme Lievi variazioni della biomassa rispetto alle Biomassa di alghe sostanzialmente al di
alle condizioni fisico-chimiche tipiche spe- condizioni tipiche specifiche. Tali variazioni fuori della forcella associata alle condizioni
cifiche e non tale da alterare significativa- non indicano nessuna crescita accelerata di tipiche specifiche e tale da influire sugli
mente le condizioni di trasparenza alghe tale da provocare altri elementi di qualità biologica.
Fitoplancton tipiche specifiche. un'alterazione indesiderata Possibile un moderato
Fioriture di fitoplancton con frequenza e della composizione equilibrata degli orga- aumento nella frequenza e intensità delle

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intensità conformi alle condizioni fisico- nismi presenti nel corpo idrico o della qua- fioriture di fitoplancton. Possibili fioriture
chimiche tipiche specifiche. lità fisico-chimica dell'acqua. persistenti nei mesi estivi.
Possibile un lieve aumento della frequenza
e intensità delle fioriture di fitoplancton
tipiche specifiche.
Presenza di tutti i taxa di macroalghe e di Presenza della maggior parte dei taxa di Assenza di un moderato numero di taxa di
angiosperme sensibili alle alterazioni asso- macroalghe e di angiosperme sensibili alle macroalghe e di angiosperme sensibili alle
ciati alle condizioni inalterate. alterazioni e associati alle condizioni inalte- alterazioni e associati alle
rate.
Livello di copertura delle Livelli di copertura delle condizioni inalterate.
Macroalghe e angio- macroalghe e di abbondanza alle angio- macroalghe e di abbondanza delle angio- Copertura delle macroalghe e abbondanza
sperme sperme conformi alle condizioni inalterate. sperme che presentano lievi segni di alte- delle angiosperme moderatamente altera-
razione. te e tali da poter provocare un'alterazione
indesiderata della composizione equilibra-
ta degli organismi presenti nel corpo idrico.
Livello di diversità e di abbondanza dei taxa Livello di diversità e abbondanza dei taxa di Livello di diversità e di abbondanza dei taxa
di invertebrati entro la forcella di norma invertebrati leggermente al di fuori della di invertebrati moderatamente al di fuori
associata alle condizioni inalterate. forcella associata alle condizioni tipiche della forcella associata alle condizioni
Macroinvert Presenza di tutti i taxa specifiche. tipiche specifiche.
ebrati bentonici bentonici sensibili alle alterazioni associati Presenza della maggior parte dei taxa sen- Presenza di taxa indicativi di inquinamento.
alle condizioni inalterate. sibili delle comunità tipiche specifiche. Assenza di molti dei taxa sensibili delle
comunità tipiche specifiche.
Elementi di qualità idromorfologica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Regime di flusso di acqua dolce nonché
direzione e
Regime di marea velocità delle correnti dominanti che corri- Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
spondono totalmente o quasi alle condi- dei valori sopra precisati per gli elementi di dei valori sopra precisati per gli elementi di
zioni inalterate. qualità biologica. qualità biologica.
Variazioni di profondità, struttura e sub-
strato del
Condizioni morfolo- fondo costiero nonché struttura e condi- Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
giche zioni delle zone intercotidali che corri- dei valori sopra precisati per gli elementi di dei valori sopra precisati per gli elementi di
spondono totalmente o quasi alle condi- qualità biologica. qualità biologica.
zioni inalterate.
Elementi di qualità fisico-chimica
Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Elementi fisico-chimici che corrispondono Temperatura, condizioni di ossigenazione e
totalmente o quasi alle condizioni inaltera- trasparenza che non raggiungono livelli al
te. di fuori delle forcelle fissate
Concentrazioni di nutrienti entro la forcella per assicurare il funzionamento dell'ecosi-
di norma associata alle condizioni inaltera- stema e il raggiungimento dei valori
te.
Condizioni generali Temperatura, bilancio dell'ossigeno e tra- sopra precisati per gli elementi di qualità Condizioni coerenti con il raggiungimento
sparenza biologica. dei valori
che non presentano segni di alterazioni di Concentrazioni dei nutrienti che non supe- sopra precisati per gli elementi di qualità
origine antropica e restano entro la forcella rano i livelli fissati per assicurare il funzio- biologica.
di norma associata alle condizioni inaltera- namento dell'ecosistema e il raggiungi-
te. mento dei valori sopra precisati per gli e-
lementi di qualità biologica.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo la procedura di cui al punto
3 del presente allegato, fatto salvo quanto
previsto per i
Inquinanti sintetici Concentrazioni prossime allo zero o alme- prodotti fitosanitari della direttiva 91/414/ Condizioni coerenti con il raggiungimento
specifici no inferiori ai limiti di rilevazione delle più Ce, recepita con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. dei valori sopra precisati per gli elementi di
avanzate tecniche di analisi di impiego ge- 194, e per i biocidi della direttiva 98/8/Ce, qualità biologica.
nerale. recepita con il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n.
174.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo la procedura di cui al punto
3 del presente allegato, fatto
Inquinanti non sinte- Concentrazioni entro la forcella di norma salvo quanto previsto per i prodotti fitosa- Condizioni coerenti con il raggiungimento
tici specifici associata alle condizioni inalterate (livello nitari della direttiva 91/414/ Ce, recepita dei valori sopra precisati per gli elementi di
di fondo naturale = bgl). con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i qualità biologica.
biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con
il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174.

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A.2.5. Definizioni del potenziale ecologico massimo, buono e sufficiente dei corpi idrici fortemente modificati o artificiali

Elementi di qualità biologica


Elemento Stato elevato Stato buono Stato sufficiente
Valori relativi ai pertinenti elementi di qua- Moderate variazioni nei valori relativi ai
lità biologica che riflettono, nella misura pertinenti elementi di qualità biologica
rispetto ai
Elementi di qualità del possibile, quelli associati al tipo di cor- Lievi variazioni nei valori relativi ai perti- valori riscontrabili in una situazione di
biologica po idrico superficiale maggiormente nenti elementi di qualità biologica aspetto massimo potenziale ecologico.
ai
comparabile, tenuto conto delle condizioni valori riscontrabili in una situazione di Tali valori sono nettamente più alterati di
fisiche risultanti dalle caratteristiche artifi- massimo potenziale ecologico. quelli riscontrabili in condizioni di stato
ciali o fortemente modificate del corpo ecologico buono.
idrico.
Condizioni idromorfologiche conformi alla
situazione in cui i soli impatti sul corpo
idrico superficiale sono quelli risultanti
dalle caratteristiche artificiali o fortemente
modificate del corpo idrico,
Elementi idromorfo- quando siano state prese tutte le misure di Condizioni coerenti con il raggiungimento Condizioni coerenti con il raggiungimento
logici limitazione possibili, in modo da consentire dei valori sopra precisati per gli elementi di dei valori sopra precisati per gli elementi di
il miglior ravvicinamento realizzabile al qualità biologica. qualità biologica.
continuum ecologico, in particolare per
quanto concerne la migrazione della fauna,
nonché le adeguate zone di deposizione
delle uova e di riproduzione.
Elementi fisico-
chimici
Elementi fisico-chimici che corrispondono Valori degli elementi fisico-chimici che
totalmente o quasi alle condizioni inaltera- rientrano nelle forcelle fissate per assicura-
te associate al tipo di corpo idrico superfi- re il funzionamento dell'ecosistema e il
ciale maggiormente comparabile al corpo raggiungimento dei valori sopra precisati
idrico artificiale o fortemente modificato in per gli elementi di qualità biologica.
questione. Temperatura e pH che non Condizioni coerenti con il
Condizioni generali Concentrazioni di nutrienti entro la forcella raggiungono livelli al di fuori delle forcelle raggiungimento dei valori sopra precisati
di norma associata alle condizioni inaltera- fissate per assicurare il funzionamento per gli elementi di qualità biologica.
te. Livelli relativi a temperatura, bilancio dell'ecosistema e il raggiungimento dei
dell'ossigeno e pH conformi a quelli riscon- valori sopra precisati per gli elementi di
trabili nei tipi di qualità biologica.
corpo idrico superficiale in condizioni inal- Concentrazioni di nutrienti che non supe-
terate maggiormente comparabili. rano i livelli fissati per assicurare il funzio-
namento dell'ecosistema e il raggiungi-
mento dei valori sopra precisati per gli e-
lementi di qualità biologica.
Concentrazioni non superiori agli standard
fissati secondo la procedura di cui al punto
3 del presente allegato, fatto
Inquinanti sintetici Concentrazioni prossime allo zero o alme- salvo quanto previsto per i prodotti fitosa- Condizioni coerenti con il raggiungimento
specifici no inferiori ai limiti di rilevazione delle più nitari della direttiva 91/414/Ce, recepita dei valori sopra precisati per gli elementi di
avanzate tecniche di analisi di impiego ge- con il D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i qualità biologica.
nerale. biocidi della direttiva 98/8/Ce, recepita con
il D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174.
Le concentrazioni restano nei limiti di nor- Concentrazioni non superiori agli standard
ma associati alle condizioni inalterate fissati secondo la procedura di cui al punto
3
Inquinanti non sinte- riscontrabili nel tipo di corpo idrico super- del presente allegato, fatto salvo quanto Condizioni coerenti con il raggiungimento
tici specifici ficiale maggiormente comparabile al corpo previsto per i prodotti fitosanitari della dei valori sopra precisati per gli elementi di
idrico artificiale o fortemente modificato in direttiva 9991/414/Ce, recepita con il qualità biologica.
questione (livello di fondo naturale = bgl). D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 194, e per i biocidi
della direttiva 98/8/Ce, recepita con il
D.Lgs. 25 febbraio 2000, n. 174.

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A.2.6 Stato chimico


Al fine di raggiungere o mantenere il buono stato chimico, le regioni e le province autonome applicano per le sostanze dell'elenco di priorità, selezionate
come indicato ai paragrafi A.3.2.5 e A.3.3.4, gli standard di qualità ambientali così come riportati per le diverse matrici alle tabelle 1A e 2A del presente alle-
gato.
Le sostanze dell'elenco di priorità sono: le sostanze prioritarie (P), le sostanze pericolose prioritarie (PP) e le rimanenti sostanze (E).
Tali standard rappresentano le concentrazioni che identificano il buono stato chimico.
Ai fini della classificazione delle acque superficiali il monitoraggio chimico viene eseguito nella colonna d'acqua e nel biota. A tal fine, entro il 22 marzo 2016,
sulla base delle linee guida europee n. 25 - Chemical Monitoring of Sediment and Biota, n. 32 - Biota Monitoring e n. 33 - Analytical Methods for Biota Moni-
toring è resa disponibile una linea guida italiana, predisposta dagli istituti scientifici nazionali di riferimento, con le informazioni pratiche, necessarie per l'uti-
lizzo di taxa di biota alternativi ai fini della classificazione.
La linea guida riporta, inoltre, i riferimenti ai criteri fisico-chimici per valutare la concentrazione di piombo e nichel in base alla biodisponibilità sito-specifica
nelle acque interne.
Le regioni e le province autonome possono utilizzare, limitatamente alle sostanze di cui alla tabella 2/A, la matrice sedimento al fine della classificazione dei
corpi idrici marino-costieri e di transizione.
Tab. 1/A - Standard di qualità ambientale nella colonna d'acqua e nel biota per le sostanze dell'elenco di priorità

(1) (2) (3) (4) (5) (6) (7) (8) (9)


N. Denominazione della sostan- Numero CAS 1 SQA-MA 2 Acque SQA-MA 2 Altre SQA-CMA 4 Ac- SQA-CMA 4 Al- SQA Biota 12 Identifi cazione
za superficiali inter- acque di superficie que superficial i tre acque di su- sostanza 15
ne 3 interne 3 perficie
(1) Alacloro 15972-60-8 0,3 0,3 0,7 0,7 P
(2) Antracene 120-12-7 0,1 0,1 0,1 0,1 PP
(3) Atrazina 1912-24-9 0,6 0,6 2,0 2,0 P
(4) Benzene 71-43-2 10 8 50 50 P
(5) Difenileteri bromurati5 32534-81-9 0,14 0,014 0,0085 PP
(6) Cadmio e composti (in fun- 7440-43-9 ≤ 0,08 (classe 1) 0,2 ≤ 0,45 (classe 1) ≤ 0,45 (classe 1) PP
zione delle classi di durezza 0,08 (classe 2) 0,45 (classe 2)
dell'acqua)6 0,09 (classe 3) 0,6 (classe 3)
0,15 (classe 4) 0,9 (classe 4)
0,25 (classe 5) 1,5 (classe 5)
(6 bis) Tetracloruro di carbonio7 56-23-5 12 12 non applicabile non applicabile E
(7) Cloroalcani C10-138 85535-84-8 0,4 0,4 1,4 1,4 PP
(8) Clorfenvinfos 470-90-6 0,1 0,1 0,3 0,3 P
(9) Clorpirifos (Clorpirifos etile) 2921-88-2 0,03 0,03 0,1 0,1 P
(9 bis) Antiparassitari del ciclodie- 309-00-2 ∑ = 0,01 ∑ = 0,005 non applicabile non applicabile E
ne:
Aldrin7 60-57-1
Dieldrin7 72-20-8
Endrin7 465-73-6
Isodrin7
(9 ter) DDT totale7,9 non applicabile 0,025 0,025 non applicabile non applicabile 50 µg/kg (pe- E
sci con meno
5% grassi)
100 µg/kg p.f.
(per i pesci
con più del 5%
grassi)
para-para-DDT7 50-29-3 0,01 0,01 non applicabile non applicabile ( E
(10) 1,2-Dicloroetano 107-06-2 10 10 non applicabile non applicabile P
(11) Diclorometano 75-09-2 20 20 non applicabile non applicabile P
(12) Di(2-etilesil)ftalato (DEHP) 117-81-7 1,3 1,3 non applicabile non applicabile PP
(13) Diuron 330-54-1 0,2 0,2 1,8 1,8 P
(14) Endosulfan 115-29-7 0,005 0,0005 0,01 0,004 PP
(15) Fluorantene 206-44-0 0,0063 0,0063 0,12 0,12 30 P
(16) Esaclorobenzene 118-74-1 0,005 0,002 0,05 0,05 10 PP
(17) Esaclorobutadiene 87-68-3 0,05 0,02 0,6 0,6 55 PP
(18) Esaclorocicloesano 608-73-1 0,02 0,002 0,04 0,02 PP
(19) Isoproturon 34123-59-6 0,3 0,3 1,0 1,0 P
(20) Piombo e composti 7439-92-1 1,213 1,3 14 14 P
(21) Mercurio e composti 7439-97-6 0,07 0,07 20 PP
(22) Naftalene 91-20-3 2 2 130 130 P
(23) Nichel e composti 7440-02-0 413 8,6 34 34 P
(24) Nonilfenoli (4-nonilfenolo) 84852-15-3 0,3 0,3 2,0 2,0 PP

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(25) Ottilfenoli ((4-(1,1',3,3'- 140-66-9 0,1 0,01 non applicabile non applicabile P
tetrametilbutil)fenolo))
(26) Pentaclorobenzene 608-93-5 0,007 0,0007 non applicabile non applicabile PP
(27) Pentaclorofenolo 87-86-5 0,4 0,4 1 1 P
(28) Idrocarburi policiclici aroma- non applicabile non applicabile non applicabile non applicabile non applicabile PP
tici (IPA)11
Benzo(a)pirene 50-32-8 1,7 10-4 1,7 10-4 0,27 0,027 5 PP
Benzo(b)fluorantene 205-99-2 Cfr. nota 11 Cfr. nota 11 0,017 0,017 Cfr. nota 11 PP
Benzo(k)fluorantene 207-08-9 Cfr. nota 11 Cfr. nota 11 0,017 0,017 Cfr. nota 11 PP
Benzo(g,h,i)perilene 191-24-2 Cfr. nota 11 Cfr. nota 11 8,2 10-3 8,2 10-4 Cfr. nota 11 PP
Indeno(1,2,3cd)pirene 193-39-5 Cfr. nota 11 Cfr. nota 11 non applicabile non applicabile Cfr. nota 11 PP
(29) Simazina 122-34-9 1 1 4 4 P
(29 bis) Tetracloroetilene7 127-18-4 10 10 non applicabile non applicabile E
(29 ter) Tricloroetilene7 79-01-6 10 10 non applicabile non applicabile E
(30) Tributilstagno (composti) 36643-28-4 0,0002 0,0002 0,0015 0,0015 PP
(tributilstagnocatione)
(31) Triclorobenzeni 12002-48-1 0,4 0,4 non applicabile non applicabile P
(32) Triclorometano 67-66-3 2,5 2,5 non applicabile non applicabile P
(33) Trifluralin 1582-09-8 0,03 0,03 non applicabile non applicabile PP
(34) Dicofol 115-32-2 1,3 10-3 3,2 10-5 non applicabile non applicabile 33 PP
(10) (10)
(35) Acido perfluorottansolfoni 1763-23-1 6,5 10-4 1,3 10-4 36 7,2 9,1 PP
co e suoi sali (PFOS)
(36) Chinossifen 124495-18-7 0,15 0,015 2,7 0,54 PP
(37) Diossine e composti diossi- Cfr. la nota 10 a non applicabile non applicabile Somma di PP
na-simili piè di pagina PCDD+
dell'allegato X PCDF+P CB-DL
della direttiva 0,0065 ¼g.kg-
2000/60/CE 1 TEQ14
(38) Aclonifen 74070-46-5 0,12 0,012 0,12 0,012 P
(39) Bifenox 42576-02-3 0,012 0,0012 0,04 0,004 P
(40) Cibutrina 28159-98-0 0,0025 0,0025 0,016 0,016 P
(41) Cipermetrina 52315-07-8 8 10-5 8 10-6 6 10-4 6 10-5 P
(42) Diclorvos 62-73-7 6 10-4 6 10-5 7 10-4 7 10-5 P
(43) Esabromociclodode cano Cfr. la nota 12 a 0,0016 0,0008 0,5 0,05 167 PP
(HBCDD) piè di pagina
dell'allegato X
della direttiva
2000/60/CE
(44) Eptacloro ed eptacloro epos- 76-44-8 / 1024- 2 10-7 1 10-8 3 10-4 3 10-5 6,7 10-3 PP
sido 57-3
(45) Terbutrina 886-50-0 0,065 0,0065 0,34 0,034 P

Unità di misura: [¼g/l] per le colonne da (4) a (7); [¼g/kg di peso umido] per la colonna (8).
Note alla tabella 1/A:
1 - CAS: Chemical Abstracts Service.
2 - Questo parametro rappresenta lo SQA espresso come valore medio annuo (SQA-MA). Se non altrimenti specificato, si applica alla concentrazione totale
di tutti gli isomeri.
3 - Per acque superficiali interne si intendono i fiumi, i laghi e i corpi idrici artificiali o fortemente modificati.
4 - Questo parametro rappresenta lo standard di qualità ambientale espresso come concentrazione massima ammissibile (SQA-CMA). Quando compare la
dicitura "non applicabile" riferita agli SQA-CMA, si ritiene che i valori SQA-MA tutelino dai picchi di inquinamento di breve termine, in scarichi continui, per-
ché sono sensibilmente inferiori ai valori derivati in base alla tossicità acuta.
5 - Per il gruppo di sostanze prioritarie "difenileteri bromurati" (voce n. 5), lo SQA ambientale si riferisce alla somma delle concentrazioni dei congeneri nu-
meri 28, 47, 99, 100, 153 e 154.
6 - Per il cadmio e composti (voce n. 6) i valori degli SQA variano in funzione della durezza dell'acqua classificata secondo le seguenti cinque categorie: classe
1: < 40 mg CaCO3/l, classe 2: da 40 a < 50 mg CaCO3/l, classe 3: da 50 a < 100 mg CaCO3/l, classe 4: da 100 a < 200 mg CaCO3/l e classe 5: ≥ 200 mg CaCO3/l.
7 - Questa sostanza non è prioritaria, ma è uno degli altri inquinanti in cui gli SQA sono identici a quelli fissati dalla normativa applicata prima del 13 gennaio
2009.
8 - Per questo gruppo di sostanze non è fornito alcun parametro indicativo. Il parametro o i parametri indicativi devono essere definiti con il metodo analiti-
co.
9 - Il DDT totale comprende la somma degli isomeri 1,1,1-tricloro 2,2 bis (p-clorofenil)etano (numero CAS 50-29-3; numero UE 200-024-3), 1,1,1-tricloro-2 (o-

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clorofenil)-2-(p-clorofenil)etano (numero CAS 789-02-6; numero UE 212-332-5), 1,1-dicloro-2,2 bis (p-clorofenil) etilene (numero CAS 72-55-9; numero UE
200-784-6) e 1,1-dicloro-2,2 bis (p-clorofenil)etano (numero CAS 72-54-8; numero UE 200-783-0).
10 - Per queste sostanze non sono disponibili informazioni sufficienti per fissare un SQA-CMA.
11 - Per il gruppo di sostanze prioritarie "idrocarburi policiclici aromatici" (IPA) (voce n. 28), lo SQA per il biota e il corrispondente SQA-AA in acqua si riferi-
scono alla concentrazione di benzo(a)pirene sulla cui tossicità sono basati. Il benzo(a)pirene può essere considerato marcatore degli altri IPA, di conseguenza
solo il benzo(a)pirene deve essere monitorato per raffronto con lo SQA per il biota o il corrispondente SQA-AA in acqua.
12 - Se non altrimenti indicato, lo SQA per il biota è riferito ai pesci. Si può monitorare un taxon del biota alternativo o un'altra matrice purché lo SQA appli-
cato garantisca un livello equivalente di protezione. Per le sostanze numeri 15 (Fluorantene) e 28 (IPA), lo SQA per il biota si riferisce ai crostacei ed ai mollu-
schi. Ai fini della valutazione dello stato chimico, il monitoraggio di Fluorantene e di IPA nel pesce non è opportuno. Per la sostanza numero 37 (Diossine e
composti diossina-simili), lo SQA per il biota si riferisce al pesce, ai crostacei ed ai molluschi. Fare riferimento al punto 5.3 dell'allegato al regolamento (UE) n.
1259/2011 della Commissione del 2 dicembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1881/2006 per quanto riguarda i tenori massimi per le diossine, i
PCB diossina-simili e per i PCB non diossina-simili nei prodotti alimentari (Gazzetta Ufficiale n. L 320 del 3 dicembre 2011).
13 - Questi SQA si riferiscono alle concentrazioni biodisponibili delle sostanze.
14 - PCDD: dibenzo-p-diossine policlorurate; PCDF: dibenzofurani policlorurati; PCB-DL: bifenili policlorurati diossina-simili; TEQ: equivalenti di tossicità con-
formemente ai fattori di tossicità equivalente del 2005 dell'Organizzazione mondiale della sanità.
15 - Le sostanze contraddistinte dalla lettera P e PP sono, rispettivamente, le sostanze prioritarie e quelle pericolose prioritarie individuate ai sensi della di-
rettiva 2008/105/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, modificata dalla direttiva 2013/39/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio del 12 agosto 2013. Le sostanze contraddistinte dalla lettera E sono le sostanze incluse nell'elenco di priorità individuate dalle "direttive figlie" della
direttiva 76/464/CE.
Tab. 2/A - Standard di qualità ambientale nei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione.

NUMERO CAS PARAMETRI SQA-MA (1) (2)


Metalli mg/kg s.s
7440-43-9 Cadmio 0,3
7439-97-6 Mercurio 0,3
7439-92-1 Piombo 30
Organo metalli ¼g/kg
Tributilstagno 5
Policiclici Aromatici ¼g/kg
120-12-7 Antracene 24
91-20-3 Naftalene 35
Pesticidi
309-00-2 Aldrin 0,2
319-84-6 Alfa esaclorocicloesano 0,2
319-85-7 Beta esaclorocicloesano 0,2
58-89-9 Gamma esaclorocicloesano 0,2
lindano
DDT(3) 1
DDD(3) 0,8
DDE(3) 1,8
60-57-1 Dieldrin 0,2

Note alla tabella 2/A:


(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA). Se non altrimenti specificato, lo standard di qualità ambientale si applica
alla concentrazione totale di tutti gli isomeri.
(2) In considerazione della complessità della matrice sedimento è ammesso, ai fini della classificazione del buono stato chimico, uno scostamento pari al 20%
del valore riportato in tabella.
(3) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.
Tab. 3/A - Standard di qualità ambientale nei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione ai fini della selezione dei siti per l'analisi della tenden-
za.

NUMERO CAS PARAMETRI SQA-MA


Metalli mg/kg s.s
7440-43-9 Cadmio 0,3
7439-97-6 Mercurio (1) 0,3
7439-92-1 Piombo 30
Organo metalli ¼g/kg
Tributilstagno 5
Policiclici Aromatici (1) ¼g/kg
50-32-8 Benzo(a)pirene(1) 30

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

205-99-2 Benzo(b)fluorantene(1) 40
207-08-9 Benzo(k)fluorantene(1) 20
191-24-2 Benzo(g,h,i) perilene(1) 55
193-39-5 Indenopirene(1) 70
120-12-7 Antracene 24
206-44-0 Fluorantene (1) 110
91-20-3 Naftalene 35
Pesticidi
309-00-2 Aldrin 0,2
319-84-6 Alfa esaclorocicloesano 0,2
319-85-7 Beta esaclorocicloesano 0,2
58-89-9 Gamma esaclorocicloesano lindano 0,2
DDT(2) 1
DDD(2) 0,8
DDE(2) 1,8
60-57-1 Dieldrin 0,2
118-74-1 Esaclorobenzene(1) 0,4
PCB e Diossine(1)
Sommat. T.E. PCDD,PCDF (3) (Diossine e Fura- 2 X 10-3
ni) e PCB diossina simili

Note alla tabella 3/A:


(1) Sostanze per cui è definito uno SQA per il biota in tab. 1/A.
(2) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.
(3) Elenco congeneri e relativi Fattori di tossicità equivalenti (EPA, 1989) e elenco congeneri PCB diossina simili (WHO, 2005):

Congenere Policlorodibenzofurani I-TEF


2,3,7,8 T4CDD 1
1,2,3,7,8 P5CDD 0,5
1,2,3,4,7,8 H6CDD 0,1
1,2,3,6,7,8 H6CDD 0,1
1,2,3,7,8,9 H6CDD 0,1
1,2,3,4,6,7,8 H7CDD 0,01
OCDD 0,001
Policlorodibenzofurani
2,3,7,8 T4CDF 0,1
1,2,3,7,8 P5CDF 0,05
2,3,4,7,8 P5CDF 0,5
1,2,3,4,7,8 H6CDF 0,1
1,2,3,6,7,8 H6CDF 0,1
1,2,3,7,8,9 H6CDF 0,1
2,3,4,6,7,8 H6CDF 0,1
1,2,3,4,6,7,8 H7CDF 0,01
1,2,3,4,7,8,9 H7CDF 0,01
OCDF 0,001

Congenere PCB Diossina simili WHO TEF


PCB 77 0,0001
PCB 81 0,0003
PCB 126 0,1
PCB 169 0,03
PCB 105 0,00003
PCB 114 0,00003

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

PCB 118 0,00003


PCB 123 0,00003
PCB 156 0,00003
PCB 157 0,00003
PCB 167 0,00003
PCB 170 0,00003
PCB 189 0,00003

[A.2.6.1 Standard di qualità dei sedimenti nei corpi idrici marino-costieri e di transizione
Entro 90 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, le Regioni, che non abbiano già adempiuto nel corso del 2008 ad attuare programmi di monitorag-
gio conformemente alle disposizioni del presente Allegato e dell'Allegato 3 e loro modifiche ed integrazioni, provvedono in tal senso, garantendo in 2 mesi
consecutivi 2 campionamenti nella colonna d'acqua ed uno nei sedimenti per le sostanze di cui alla tabella 2/A al fine di fornire elementi di supporto per la
notifica alla Commissione europea, secondo la procedura prevista dalle norme comunitarie. In caso di non superamento per entrambe le matrici si prosegue,
al fine della classificazione dello stato chimico limitatamente ai citati parametri, con un campionamento annuale sul sedimento.
Qualora gli esiti del monitoraggio evidenzino un superamento degli standard in una o più sostanze per entrambe le matrici o solo nei sedimenti, la Regione
individua la matrice su cui effettuare la classificazione dello stato chimico, secondo le frequenze previste per le specifiche matrici.
Nel caso in cui gli esiti del monitoraggio evidenzino un superamento per una o più sostanze solo per la colonna d'acqua, ai fini della classificazione, si effet-
tua il monitoraggio nella colonna d'acqua, con cadenza mensile.
Qualora il superamento avvenga nel sedimento e la classificazione sia eseguita sulla base dei dati di monitoraggio effettuato nella colonna d'acqua, le Regio-
ni, ai fini del controllo delle alterazioni riscontrate, hanno comunque l'obbligo di effettuare un monitoraggio almeno annuale dei sedimenti che includa per
almeno i primi 2 anni batterie di saggi biologici costituite da almeno tre specie-test, finalizzati ad evidenziare eventuali effetti ecotossicologici a breve e a
lungo termine, nonché ogni altra indagine ritenuta utile a valutare gli eventuali rischi per la salute umana associati al superamento riscontrato.
Sulla base dei risultati di tale monitoraggio, le Regioni valutano la necessità di continuare oltre i due anni le indagini integrative rispetto alle sole misure chi-
miche da condurre sul sedimento, l'opportunità di riconsiderare la classificazione effettuata sulla base del monitoraggio nella colonna d'acqua e adottano le
misure necessarie per la tutela del corpo idrico.
I saggi biologici sono eseguiti utilizzando protocolli metodologici normati o in corso di standardizzazione secondo le indicazioni UNI e con specie di organismi
appartenenti ad almeno tre differenti livelli trofici (da scegliere tra decompositori/saprofiti, detritivori/filtratori, produttori primari, consumatori). I saggi di
tossicità possono essere applicati a diverse matrici naturali, secondo la seguente priorità: sedimento tal quale, acqua interstiziale, elutriato.
Nel caso di saggi di tossicità acuta o a breve termine il campione viene considerato privo di tossicità quando gli effetti di tutti i test sono come da Colonna A
della Tabella 2.4 del «Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini» ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20 ≤ 90%, oppure effetto massimo ≤ 15%, anche
se statisticamente significativo.
Nel caso di saggi di tossicità cronica o a lungo termine il campione viene considerato privo di tossicità quando gli effetti di tutti i test sono come da Colonna B
della Tabella 2.4 del «Manuale per la movimentazione dei sedimenti marini» ICRAM-APAT 2007, ovvero EC20 < 90% e EC50 > 100%, oppure 15% < effetto
massimo ≤ 30%, anche se statisticamente significativo.
In alternativa è possibile fare riferimento a criteri di ponderazione integrata in accordo con le indicazioni UNI.
Nel caso in cui non siano note le cause del superamento e/o l'estensione dell'area interessata, la Regione è tenuta ad effettuare un monitoraggio di indagi-
ne.
I risultati del monitoraggio effettuato, compreso quello d'indagine e le misure di tutela adottate, sono riportate nei Piani di tutela e nei Piani di gestione.
Tab. 2/A Standard di qualità nei sedimenti

NUMERO CAS PARAMETRI SQA-MA (1) (2)


Metalli mg/kg s.s
7440-43-9 Cadmio 0,3
7439-97-6 Mercurio 0,3
7440-02-0 Nichel 30
7439-92-1 Piombo 30
Organo metalli ¼g/kg
Tributilstagno 5
Policiclici Aromatici ¼g/kg
50-32-8 Benzo(a)pirene 30
205-99-2 Benzo(b)fluorantene 40
207-08-9 Benzo(k)fluorantene 20
191-24-2 Benzo(g,h,i) perilene 55
193-39-5 Indenopirene 70
120-12-7 Antracene 45
206-44-0 Fluorantene 110
91-20-3 Naftalene 35
Pesticidi
309-00-2 Aldrin 0,2 0,2
319-84-6 Alfa esaclorocicloesano 0,2

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

319-85-7 Beta esaclorocicloesano 0,2


58-89-9 Gamma esaclorocicloesano lindano 0,2
DDT (3) 1
DDD (3) 0,8
DDE (3) 1,8
60-57-1 Dieldrin 0,2
118-74-1 Esaclorobenzene 0,4

Note alla tabella 2/A


(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).
(2) In considerazione della complessità della matrice sedimento è ammesso, ai fini della classificazione del buono stato chimico uno scostamento pari al 20%
del valore riportato in tabella.
(3) DDE, DDD, DDT: lo standard è riferito alla somma degli isomeri 2,4 e 4,4 di ciascuna sostanza.
Tab. 3/A Standard di Qualità biota (Stato Chimico) (1) (2)

Sostanze SQA-MA (3)


Mercurio e composti 20 ¼g/kg
Esaclorobenzene 10 ¼g/kg
Esaclorobutadiene 55 ¼g/kg

Note alla tabella 3/A


(1) Gli Standard di qualità nel biota si applicano ai tessuti (peso umido).
(2) L'organismo bioaccumulatore di riferimento per le acque marino-costiere è il Mitile (Mytilus galloprovincialis, Lamark, 1819).
(3) La conformità viene valutata rispetto alla concentrazione rilevata in un unico campionamento. Se sono stati effettuati ulteriori campionamenti nel corso
dell'anno la conformità viene valutata sulla media dei campionamenti effettuati.]
A.2.7. Standard di qualità ambientale nella colonna d'acqua per alcune delle sostanze non appartenenti all'elenco di priorità
Nella tabella 1/B sono definiti standard di qualità ambientale per alcune delle sostanze appartenenti alle famiglie di cui all'Allegato 8 del presente decreto
legislativo. La selezione delle sostanze da monitorare è riportata ai punti A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente Allegato.
Tab. 1/B

CAS Sostanza SQA-MA (1) (µg/l)


Acque superficiali interne (2) Altre acque di superficie (3)
1 7440-38-2 Arsenico 10 5
2 2642-71-9 Azinfos etile 0,01 0,01
3 86-50-0 Azinfos metile 0,01 0,01
4 25057-89-0 Bentazone 0,5 0,2
5 95-51-2 2-Cloroanilina 1 0,3
6 108-42-9 3-Cloroanilina 2 0,6
7 106-47-8 4-Cloroanilina 1 0,3
8 108-90-7 Clorobenzene 3 0,3
9 95-57-8 2-Clorofenolo 4 1
10 108-43-0 3-Clorofenolo 2 0,5
11 106-48-9 4-Clorofenolo 2 0,5
12 88-73-3 1-Cloro-2-nitrobenzene 1 0,2
13 121-73-3 1-Cloro-3-nitrobenzene 1 0,2
14 100-00-5 1-Cloro-4-nitrobenzene 1 0,2
15 - Cloronitrotolueni(4) 1 0,2
16 95-49-8 2-Clorotoluene 1 0,2
17 108-41-8 3-Clorotoluene 1 0,2
18 106-43-4 4-Clorotoluene 1 0,2
19 74440-47-3 Cromo totale 7 4
20 94-75-7 2,4 D 0,5 0,2
21 298-03-3 Demeton 0,1 0,1
22 95-76-1 3,4-Dicloroanilina 0,5 0,2
23 95-50-1 1,2 Diclorobenzene 2 0,5

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

24 541-73-1 1,3 Diclorobenzene 2 0,5


25 106-46-7 1,4 Diclorobenzene 2 0,5
26 120-83-2 2,4-Diclorofenolo 1 0,2
27 60-51-5 Dimetoato 0,5 0,2
28 122-14-5 Fenitrotion 0,01 0,01
29 55-38-9 Fention 0,01 0,01
30 330-55-2 Linuron 0,5 0,2
31 121-75-5 Malation 0,01 0,01
32 94-74-6 MCPA 0,5 0,2
33 93-65-2 Mecoprop 0,5 0,2
34 10265-92-6 Metamidofos 0,5 0,2
35 7786-34-7 Mevinfos 0,01 0,01
36 1113-02-6 Ometoato 0,5 0,2
37 301-12-2 Ossidemeton-metile 0,5 0,2
38 56-38-2 Paration etile 0,01 0,01
39 298-00-0 Paration metile 0,01 0,01
40 93-76-5 2,4,5 T 0,5 0,2
41 108-88-3 Toluene 5 1
42 71-55-6 1,1,1 Tricloroetano 10 2
43 95-95-4 2,4,5-Triclorofenolo 1 0,2
44 88-06-2 2,4,6-Triclorofenolo 1 0,2
45 5915-41-3 Terbutilazina (incluso metabolita) 0,5 0,2
46 - Composti del Trifenilstagno 0,0002 0,0002
47 1330-20-7 Xileni(5) 5 1
48 Pesticidi singoli(6) 0,1 0,1
49 Pesticidi totali(7) 1 1
50 375-22-4 Acido perfluorobutanoico (PFBA) (8) 7 1,4
51 2706-90-3 Acido perfluoropentanoico (PFPeA) (8) 3 0,6
52 307-24-4 Acido perfluoroesanoico (PFHxA) (8) 1 0,2
53 375-73-5 Acido perfluorobutansolfonico (PFBS) (8) 3 0,6
54 335-67-1 Acido perfluoroottanoico (PFOA) (8) 0,1 0,02

Note alla tabella 1/B


(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).
(2) Per acque superficiali interne si intendono i fiumi, i laghi e i corpi idrici artificiali o fortemente modificati.
(3) Per altre acque di superficie si intendono le acque marino-costiere e le acque di transizione.
(4) Cloronitrotolueni: lo standard è riferito al singolo isomero.
(5) Xileni: lo standard di qualità si riferisce ad ogni singolo isomero (orto-, meta- e para-xilene).
(6) Per tutti i singoli pesticidi (inclusi i metaboliti) non presenti in questa tabella si applica il valore cautelativo di 0,1 ¼g/l. Tale valore, per le singole sostanze,
potrà essere modificato sulla base di studi di letteratura scientifica nazionale e internazionale che ne giustifichino una variazione.
(7) Per i pesticidi totali (la somma di tutti i singoli pesticidi individuati e quantificati nella procedura di monitoraggio compresi i metaboliti ed i prodotti di
degradazione) si applica il valore di 1 ¼g/l, fatta eccezione per le risorse idriche destinate ad uso potabile, per le quali si applica il valore di 0,5 ¼g/l.
(8) Per le sostanze perfluorurate 50, 51, 52, 53, 54 sono applicati i relativi SQA con effetto dal 22 dicembre 2018, al fine di concorrere al conseguimento di un
buono stato ecologico entro il 22 dicembre 2027 ed impedire il deterioramento dello stato ecologico relativamente a tali sostanze. Le Autorità di bacino, le
regioni e le province autonome elaborano, a tal fine, entro il 22 dicembre 2018, un programma di monitoraggio supplementare e un programma preliminare
di misure relative a tali sostanze e li trasmettono al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed al SINTAI per il successivo inoltro alla
Commissione europea. Le Autorità di bacino, le regioni e le province autonome elaborano, entro il 22 dicembre 2021, un programma di misure definitivo, ai
sensi dell'articolo 116, che è attuato e reso operativo entro e non oltre il 22 dicembre 2024. Qualora, invece, gli esiti di monitoraggi pregressi, anche condotti
a scopo di studio, abbiano già evidenziato la presenza di tali sostanze in concentrazioni superiori agli SQA di cui alla tabella 1/B, le Autorità di bacino, le re-
gioni e le province autonome elaborano e riportano nei piani di gestione, entro il 22 dicembre 2015, i programmi di monitoraggio ed un programma prelimi-
nare di misure relative a tali sostanze, immediatamente operativi.
Tab. 2/B

Sostanza SQA-MA (µg/l)


Antimonio 5
Boro 1 (mg/l)
Cianuro 50
Fluoruri 1,5 (mg/l)
Nitrato (NO3) (1) 50 (mg/l)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Nitrito (NO2) 0,5 (mg/l)


Selenio 10
Cloruro di vinile 0,5
Vanadio 50

(1) E' da soddisfare la condizione: (nitrato)/50+(nitrito)/0,5(0.1) <_ 1 ove le parentesi esprimono la concentrazione in mg/l per il nitrato e il nitrito e il valore
di 0,1 mg/l per i nitriti sia rispettato nelle acque provenienti da impianti di trattamento.
A.2.7.1 Standard di qualità ambientale per altre sostanze, non appartenenti all'elenco di priorità, nei sedimenti per i corpi idrici marino-costieri e di tran-
sizione.
Nella tabella 3/B sono riportati standard di qualità ambientale per la matrice sedimenti per alcune sostanze diverse da quelle dell'elenco di priorità, apparte-
nenti alle famiglie di cui all'allegato 8. Tali standard di qualità ambientale possono essere utilizzati al fine di acquisire ulteriori elementi conoscitivi utili per il
monitoraggio di indagine.
Tab. 3/B

NUMERO CAS PARAMETRI SQA-MA (1)


Metalli mg/kg s.s
7440-38-2 Arsenico 12
7440-47-3 Cromo totale 50
Cromo VI 2
PCB ¼g/kg s.s.
PCB totali (2) 8

Note alla tabella 3/B


(1) Standard di qualità ambientale espresso come valore medio annuo (SQA-MA).
(2) PCB totali, lo standard è riferito alla sommatoria dei seguenti cogeneri: PCB 28, PCB 52, PCB 77, PCB 81, PCB 101, PCB 118, PCB 126, PCB 128, PCB 138,
PCB 153, PCB 156, PCB 169, PCB 180.
A.2.8. Applicazione degli standard di qualità ambientale per la valutazione dello stato chimico ed ecologico
1 SQA-MA (standard di qualità ambientale-media annua): rappresenta, ai fini della classificazione del buono stato chimico ed ecologico, la concentrazione da
rispettare. Il valore viene calcolato sulla base della media aritmetica delle concentrazioni rilevate nei diversi mesi dell'anno.
2 SQA-CMA (standard di qualità ambientale-massima concentrazione ammissibile): rappresenta la concentrazione da non superare mai in ciascun sito di
monitoraggio.
3 Per quanto riguarda le acque territoriali si effettua solo la valutazione dello stato chimico. Pertanto le sostanze riportate in tabella 1/A sono monitorate
qualora vengano scaricate e/o rilasciate e/o immesse in queste acque a seguito di attività antropiche (ad es. piattaforme offshore) o a seguito di sversamenti
causati da incidenti.
4 Gli standard di qualità ambientale (SQA) nella colonna d'acqua sono espressi sotto forma di concentrazioni totali nell'intero campione d'acqua. Per i metalli
invece l'SQA si riferisce alla concentrazione disciolta, cioè alla fase disciolta di un campione di acqua ottenuto per filtrazione con un filtro da 0,45 ¼m o altro
pretrattamento equivalente.
5 Nel caso delle acque interne superficiali le Autorità Competenti nel valutare i risultati del monitoraggio possono tener conto dei seguenti fattori: pH, du-
rezza e altri parametri chimico-fisici che incidono sulla biodisponibilità dei metalli.
6 Nei sedimenti ricadenti in Regioni geochimiche che presentano livelli di fondo naturali, dimostrati scientificamente, dei metalli superiori agli SQA di cui alle
tabelle 2/A e 3/B, questi ultimi sono sostituiti dalle concentrazioni del fondo naturale. Le evidenze della presenza di livello di fondo naturali per determinati
inquinanti inorganici sono riportate nei piani di gestione e di tutela delle acque.
7 Nelle acque in cui è dimostrata scientificamente la presenza di metalli in concentrazioni di fondo naturali superiori ai limiti fissati nelle tabelle 1/A e 1/B,
tali livelli di fondo costituiscono gli standard da rispettare. Le evidenze della presenza di livello di fondo naturali per determinati inquinanti inorganici sono
riportate nei piani di gestione e di tutela delle acque.
8 Il limite di rivelabilità è definito come la più bassa concentrazione di un analita nel campione di prova che può essere distinta in modo statisticamente si-
gnificativo dallo zero o dal bianco. Il limite di rivelabilità è numericamente uguale alla somma di 3 volte lo scarto tipo del segnale ottenuto dal bianco (con-
centrazione media calcolata su un numero di misure di bianchi indipendenti > 10) del segnale del bianco).
9 Il limite di quantificazione è definito come la più bassa concentrazione di un analita che può essere determinato in modo quantitativo con una determinata
incertezza. Il limite di quantificazione è definito come 3 volte il limite di rivelabilità.
10 Incertezza di misura: è il parametro associato al risultato di una misura che caratterizza la dispersione dei valori che possono essere attribuiti al parame-
tro.
11 Il risultato è sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard.
12 I criteri minimi di prestazione per tutti i metodi di analisi applicati sono basati su un'incertezza di misura del 50% o inferiore (k=2) stimata ad un livello
pari al valore degli standard di qualità ambientali e su di un limite di quantificazione uguale o inferiore al 30% dello standard di qualità ambientale.
13 Ai fini dell'elaborazione della media per gli SQA, nell'eventualità che un risultato analitico sia inferiore al limite di quantificazione della metodica analitica
utilizzata viene utilizzato il 50% del valore del limite di quantificazione.
14 Il punto 13 non si applica alle sommatorie di sostanze, inclusi i loro metaboliti e prodotti di reazione o degradazione. In questi casi i risultati inferiori al
limite di quantificazione delle singole sostanze sono considerati zero.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

15 Nel caso in cui il 90% dei risultati analitici siano sotto il limite di quantificazione non è effettuata la media dei valori; il risultato è riportato come «minore
del limite di quantificazione».
16 I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle del presente Allegato fanno riferimento alle migliori tecniche di-
sponibili a costi sostenibili. Tali metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e validati in ac-
cordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.
17 Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate a livello nazionale e internazionale, si applicano le
migliori tecniche disponibili a costi sostenibili. I metodi utilizzati, basati su queste tecniche, presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel punto
12 validati in accordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.
18 I risultati delle attività di monitoraggio pregresse, per le sostanze inquinanti di cui al punto 17, sono utilizzati a titolo conoscitivo in attesa della definizione
di protocolli analitici, che saranno resi disponibili da CNR-IRSA, ISPRA e ISS. Fino all'adeguamento di tali metodi, lo standard si identifica con il limite di quan-
tificazione dei metodi utilizzati che rispondono ai riportati al punto 17.
A.3. Monitoraggio dello stato ecologico e chimico delle acque superficiali
A.3.1. Parte generale
A.3.1.1. Tipi di monitoraggio
Il monitoraggio si articola in
1. sorveglianza
2. operativo
3. indagine
Le Regioni sentite le Autorità di bacino nell'ambito del proprio territorio definiscono un programma di monitoraggio di sorveglianza e un programma di mo-
nitoraggio operativo.
I programmi di monitoraggio hanno valenza sessennale al fine di contribuire alla predisposizione dei piani di gestione e dei piani di tutela delle acque. Il pri-
mo periodo sessennale è 2010-2015. Il programma di monitoraggio operativo può essere comunque modificato sulla base delle informazioni ottenute dalla
caratterizzazione di cui all'Allegato 3 del presente decreto legislativo. Resta fermo che il primo monitoraggio di sorveglianza e quello operativo sono effet-
tuati nel periodo 2008-2009. I risultati dei monitoraggi sono utilizzati per la stesura dei piani di gestione, da predisporre conformemente alle specifiche di-
sposizioni della Direttiva 2000/60/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2000 e anche sulla base dei Piani di tutela regionali, adeguati
alla normativa vigente.
In taluni casi può essere necessario istituire anche programmi di monitoraggio d'indagine. I programmi di monitoraggio per le aree protette di cui all'articolo
117 e all'Allegato 9 alla parte terza del presente decreto legislativo, definiti ai sensi del presente Allegato, si integrano con quelli già in essere in attuazione
delle relative direttive.
Le Regioni forniscono una o più mappe indicanti la rete di monitoraggio di sorveglianza e operativa. Le mappe con le reti di monitoraggio sono parte inte-
grante del piano di gestione e del piano di tutela delle acque.
La scelta del programma di monitoraggio, che comprende anche l'individuazione dei siti, si basa sulla valutazione del rischio di cui all'Allegato 3, punto 1.1,
sezione C del presente decreto legislativo; è soggetta a modifiche e aggiornamenti, al fine di tenere conto delle variazioni dello stato dei corpi idrici. Riman-
gono, invece, fissi i siti della rete nucleo di cui al punto A.3.2.4 del presente Allegato che sono sottoposti a un monitoraggio di sorveglianza con le modalità di
cui al medesimo punto A.3.2.4.
A.3.1.2. Obiettivi del monitoraggio
L'obiettivo del monitoraggio è quello di stabilire un quadro generale coerente ed esauriente dello stato ecologico e chimico delle acque all'interno di ciascun
bacino idrografico ivi comprese le acque marino-costiere assegnate al distretto idrografico in cui ricade il medesimo bacino idrografico e permettere la classi-
ficazione di tutti i corpi idrici superficiali, «individuati» ai sensi dell'Allegato 3, punto 1.1, sezione B del presente decreto legislativo, in cinque classi.
Le autorità competenti nel definire i programmi di monitoraggio assicurano all'interno di ciascun bacino idrografico:
- la scelta dei corpi idrici da sottoporre al monitoraggio di sorveglianza e/o operativo in relazione alle diverse finalità dei due tipi di controllo;
- l'individuazione di siti di monitoraggio in numero sufficiente ed in posizione adeguata per la valutazione dello stato ecologico e chimico, tenendo conto ai
fini dello stato ecologico delle indicazioni minime riportate nei protocolli di campionamento.
In particolari corpi idrici per alcuni elementi di qualità con grande variabilità naturale o a causa di pressioni antropiche, può essere necessario un monitorag-
gio più intensivo (per numero di siti e frequenze di campionamento) al fine di ottenere livelli alti o comunque sufficienti di attendibilità e precisione nella
valutazione dello stato di un corpo idrico.
Per la categoria «Acque di Transizione», per il primo anno dall'avvio del monitoraggio, è consentito di procedere in deroga rispetto a quanto previsto nel
protocollo ICRAM, relativamente all'individuazione degli habitat da monitorare ed al conseguente posizionamento dei siti di misura.
In questo caso, nel primo anno il monitoraggio è comunque condotto in conformità alle disposizioni del presente decreto legislativo e volto a raccogliere gli
elementi conoscitivi necessari all'individuazione degli habitat per l'adeguamento dei piani di monitoraggio negli anni successivi .
A.3.1.3. Progettazione del monitoraggio e valutazione del rischio
Sulla base di quanto disposto nell'Allegato 3 al presente decreto legislativo nella sezione relativa alle pressioni e agli impatti (punto 1.1 sezione C), i corpi
idrici sono assegnati ad una delle categorie di rischio ivi elencate.
Tab. 3.1. Categorie del rischio

Categoria del rischio Definizione


a Corpi idrici a rischio
b Corpi idrici probabilmente a rischio
(in base ai dati disponibili non è possibile assegnare la categoria di rischio sono pertanto necessa-
rie ulteriori informazioni)
c Corpi idrici non a rischio

Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato nei corpi idrici rappresentativi per ciascun bacino idrografico, e fondamentalmente appartenenti alle categorie

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«b» e «c» salvo le eccezioni di siti in corpi idrici a rischio importanti per la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di ori-
gine antropica o particolarmente significativi su scala di bacino o laddove le Regioni ritengano opportuno effettuarlo, sulla base delle peculiarità del proprio
territorio.
La priorità dell'attuazione del monitoraggio di sorveglianza è rivolta a quelli di categoria «b» al fine di stabilire l'effettiva condizione di rischio. Il monitoraggio
operativo è, invece, programmato per tutti i corpi idrici a rischio rientranti nella categoria «a».
Come riportato nella sezione C del punto 1.1 dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo, tra i corpi idrici a rischio possono essere inclusi anche corpi idrici
che, a causa dell'importanza delle pressioni in essi incidenti, sono a rischio per il mantenimento dell'obiettivo buono.
A.3.2. Progettazione del monitoraggio di sorveglianza
A.3.2.1. Obiettivi
Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato per:
• integrare e convalidare i risultati dell'analisi dell'impatto di cui alla sezione C del punto 1.1 dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo;
• la progettazione efficace ed effettiva dei futuri programmi di monitoraggio;
• la valutazione delle variazioni a lungo termine di origine naturale (rete nucleo);
• la valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica (rete nucleo);
• tenere sotto osservazione l'evoluzione dello stato ecologico dei siti di riferimento;
• classificare i corpi idrici.
I risultati di tale monitoraggio sono riesaminati e utilizzati, insieme ai risultati dell'analisi dell'impatto di cui all'Allegato 3 del presente decreto legislativo, per
stabilire i programmi di monitoraggio successivi.
Il monitoraggio di sorveglianza è effettuato per almeno un anno ogni sei anni (arco temporale di validità di un piano di gestione).
A.3.2.2. Selezione dei corpi idrici e dei siti di monitoraggio
Il monitoraggio di sorveglianza è realizzato su un numero sufficiente e, comunque, rappresentativo di corpi idrici al fine di fornire una valutazione dello stato
complessivo di tutte le acque superficiali di ciascun bacino e sotto-bacino idrografico compreso nel distretto idrografico.
Nel selezionare i corpi idrici rappresentativi, le Autorità competenti, assicurano che il monitoraggio sia effettuato in modo da rispettare gli obiettivi specifica-
ti al punto A.3.2.1 del presente Allegato comprendendo anche i seguenti siti:
• nei quali la proporzione del flusso idrico è significativa nell'ambito dell'intero bacino idrografico;
• a chiusura di bacino e dei principali sottobacini;
• nei quali il volume d'acqua presente è significativo nell'ambito del bacino idrografico, compresi i grandi laghi e laghi artificiali;
• in corpi idrici significativi che attraversano la frontiera italiana con altri Stati membri;
• identificati nel quadro della decisione 77/795/CEE sullo scambio di informazioni;
• necessari per valutare la quantità d'inquinanti trasferiti attraverso le frontiere italiane con altri Stati membri e nell'ambiente marino;
• identificati per la definizione delle condizioni di riferimento;
• di interesse locale.
A.3.2.3. Monitoraggio e validazione dell'analisi di rischio
Qualora la valutazione del rischio, effettuata sulla base dell'attività conoscitiva pregressa, abbia una bassa attendibilità (es. per insufficienza dei dati di moni-
toraggio pregressi, mancanza di dati esaustivi sulle pressioni esistenti e dei relativi impatti), il primo monitoraggio di sorveglianza può essere esteso ad un
maggior numero di siti e corpi idrici, rispetto a quelli necessari nei successivi programmi di sorveglianza.
Contestualmente, al fine di completare il processo dell'analisi puntuale delle pressioni e degli impatti, viene effettuata, secondo le modalità riportate nell'Al-
legato 3, punto 1.1, sezione C del presente decreto legislativo, un'indagine integrativa dettagliata delle attività antropiche insistenti sul corpo idrico ed un'a-
nalisi della loro incidenza sulla qualità dello stesso per ottenere le informazioni necessarie per l'assegnazione definitiva della classe di rischio.
I corpi idrici che a seguito della suddetta attività vengono identificati come a rischio sono inseriti nell'elenco dei corpi idrici già identificati come a rischio e
come tali assoggettati al programma di monitoraggio operativo.
A.3.2.4. Valutazione delle variazioni a lungo termine in condizioni naturali o risultanti da una diffusa attività antropica: definizione della rete nucleo
Il monitoraggio di sorveglianza è finalizzato altresì a fornire valutazioni delle variazioni a lungo termine dovute sia a fenomeni naturali sia a una diffusa attivi-
tà antropica.
Per rispondere agli obiettivi, di cui al punto A.3.2.1 del presente Allegato, di valutare le variazioni sia naturali sia antropogeniche a lungo termine, è selezio-
nato un sottoinsieme di punti fissi denominato rete nucleo.
Per le variazioni a lungo termine di origine naturale sono considerati, ove esistenti, i corpi idrici identificati come siti di riferimento di cui al punto 1.1.1
dell'Allegato 3 al presente decreto legislativo, in numero sufficiente per lo studio delle variazioni a lungo termine per ciascun bacino idrografico, tenendo
conto dei diversi tipi di corpo idrico presenti. Qualora, per determinati tipi ed elementi biologici relativi non esistano siti di riferimento o non siano in nume-
ro sufficiente per una corretta analisi a lungo termine, si considerano in sostituzione siti in stato buono.
La valutazione delle variazioni a lungo termine risultanti da una diffusa attività di origine antropica richiede la scelta di corpi idrici e, nel loro ambito, di siti
rappresentativi di tale attività per la determinazione o la conferma dell'impatto.
Il monitoraggio di sorveglianza nei siti della rete nucleo ha un ciclo più breve e più precisamente triennale con frequenze di campionamento di cui alle tabel-
le 3.6 e 3.7 del presente Allegato.
I primi risultati del monitoraggio di sorveglianza effettuato nella rete nucleo costituiscono il livello di riferimento per la verifica delle variazioni nel tempo.
Rispetto a tale livello di riferimento sono valutati la graduale riduzione dell'inquinamento da parte di sostanze dell'elenco di priorità (indicate al punto A.2.6)
e delle altre sostanze inquinanti di cui all'Allegato 8 del presente decreto legislativo, nonché i risultati dell'arresto e della graduale eliminazione delle emis-
sioni e perdite delle sostanze pericolose prioritarie.
A.3.2.5. Selezione degli elementi di qualità
Nel monitoraggio di sorveglianza per la valutazione e classificazione dello stato ecologico sono monitorati, almeno per un periodo di un anno, i parametri
indicativi di tutti gli elementi di qualità biologici idromorfologici, fisico-chimici di cui al punto A.1 del presente Allegato (fatto salve le eccezioni previste al
punto A.3.5) e le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui all'Allegato 8 del presente decreto legislativo. In riferimento a queste ultime il monitoraggio
è obbligatorio qualora siano scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o sottobacino. Per quantità
significativa si intende la quantità di sostanza inquinante che potrebbe compromettere il raggiungimento di uno degli obiettivi di cui all'articolo 77 e seguenti
del presente decreto legislativo; ad esempio uno scarico si considera significativo qualora abbia impattato un'area protetta o ha causato superamenti di
qualsiasi standard di cui al punto A.2.7 del presente Allegato o ha causato effetti tossici sull'ecosistema.

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La selezione delle sostanze chimiche da controllare nell'ambito del monitoraggio di sorveglianza si basa sulle conoscenze acquisite attraverso l'analisi delle
pressioni e degli impatti. Inoltre la selezione è guidata anche da informazioni sullo stato ecologico laddove risultino effetti tossici o evidenze di effetti ecotos-
sicologici. Quest'ultima ipotesi consente di identificare quelle situazioni in cui vengono introdotti nell'ambiente prodotti chimici non evidenziati dall'analisi
degli impatti e per i quali è pertanto necessario un monitoraggio d'indagine. Anche i dati di monitoraggio pregressi costituiscono un supporto per la selezio-
ne delle sostanze chimiche da monitorare.
Per quanto riguarda invece la valutazione e classificazione dello stato chimico sono da monitorare le sostanze dell'elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del
presente Allegato per le quali a seguito di un'analisi delle pressioni e degli impatti, effettuata per ciascuna singola sostanza dell'elenco di priorità, risultano
attività che ne comportano scarichi, emissioni, rilasci e perdite nel bacino idrografico o sottobacino.
Nell'analisi delle attività antropiche che possono provocare la presenza nelle acque di sostanze dell'elenco di priorità, è necessario tener conto non solo delle
attività in essere ma anche di quelle pregresse. La selezione delle sostanze chimiche è supportata da documentazione tecnica relativa all'analisi delle pres-
sioni e degli impatti, che costituisce parte integrante del programma di monitoraggio da inserire nei piani di gestione e nei piani di tutela delle acque. Qualo-
ra non vi siano informazioni sufficienti per effettuare una valida e chiara selezione delle sostanze dell'elenco di priorità, a fini precauzionali e di indagine,
sono da monitorare tutte le sostanze di cui non si possa escludere a priori la presenza nel bacino o sottobacino.
A.3.2.6. Monitoraggio di sorveglianza stratificato
Nel monitoraggio di sorveglianza non sono da monitorare necessariamente nello stesso anno tutti i corpi idrici selezionati. Il programma di sorveglianza può,
pertanto, prevedere che i corpi idrici siano monitorati anche in anni diversi, con un intervallo temporale preferibilmente non superiore a 3 anni, nell'arco del
periodo di validità del piano di gestione e del piano di tutela delle acque. In tal caso, nei diversi anni è consentito un monitoraggio stratificato effettuando il
controllo a sottoinsiemi di corpi idrici, identificati sulla base di criteri geografici (ad esempio corpi idrici di un intero bacino o sottobacino). Comunque, tutti i
corpi idrici inclusi nel programma di sorveglianza sono da monitorare in tempo utile, per consentire la verifica dell'obiettivo ambientale e la predisposizione
del nuovo Piano di gestione.
Il monitoraggio stratificato può essere applicato a decorrere dal 2010.
A.3.3. Monitoraggio operativo delle acque superficiali
A.3.3.1. Obiettivi
Il monitoraggio operativo è realizzato per:
• stabilire lo stato dei corpi idrici identificati «a rischio» di non soddisfare gli obiettivi ambientali dell'articolo 77 e seguenti del presente decreto legislativo;
• valutare qualsiasi variazione dello stato di tali corpi idrici risultante dai programmi di misure;
• classificare i corpi idrici.
A.3.3.2. Selezione dei corpi idrici
Il monitoraggio operativo è effettuato per tutti i corpi idrici:
• che sono stati classificati a rischio di non raggiungere gli obiettivi ambientali sulla base dell'analisi delle pressioni e degli impatti e/o dei risultati del moni-
toraggio di sorveglianza e/o da precedenti campagne di monitoraggio;
• nei quali sono scaricate e/o immesse e/o rilasciate e/o presenti le sostanze riportate nell'elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato.
Ove tecnicamente possibile è consentito raggruppare corpi idrici secondo i criteri riportati al punto A.3.3.5 del presente Allegato e limitare il monitoraggio
solo a quelli rappresentativi.
A.3.3.3. Selezione dei siti di monitoraggio
I siti di monitoraggio sono selezionati come segue:
• per i corpi idrici soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte d'inquinamento puntuale, i punti di monitoraggio sono stabiliti in nume-
ro sufficiente per poter valutare l'ampiezza e l'impatto delle pressioni della fonte d'inquinamento. Se il corpo è esposto a varie pressioni da fonte puntuale, i
punti di monitoraggio possono essere identificati con la finalità di valutare l'ampiezza dell'impatto dell'insieme delle pressioni;
• per i corpi soggetti a un rischio di pressioni significative da parte di una fonte diffusa, nell'ambito di una selezione di corpi idrici, si situano punti di monito-
raggio in numero sufficiente e posizione adeguata a valutare ampiezza e impatto delle pressioni della fonte diffusa. La selezione dei corpi idrici deve essere
effettuata in modo che essi siano rappresentativi dei rischi relativi alle pressioni della fonte diffusa e dei relativi rischi di non raggiungere un buono stato
delle acque superficiali;
• per i corpi idrici esposti a un rischio di pressione idromorfologica significativa vengono individuati, nell'ambito di una selezione di corpi, punti di monito-
raggio in numero sufficiente ed in posizione adeguata, per valutare ampiezza e impatto delle pressioni idromorfologiche. I corpi idrici selezionati devono
essere rappresentativi dell'impatto globale della pressione idromorfologica a cui sono esposti tutti i corpi idrici.
Nel caso in cui il corpo idrico sia soggetto a diverse pressioni significative è necessario distinguerle al fine di individuare le misure idonee per ciascuna di es-
se. Conseguentemente si considerano differenti siti di monitoraggio e diversi elementi di qualità. Qualora non sia possibile determinare l'impatto di ciascuna
pressione viene considerato l'impatto complessivo.
A.3.3.4. Selezione degli elementi di qualità
Per i programmi di monitoraggio operativo devono essere selezionati i parametri indicativi degli elementi di qualità biologica, idromorfologica e chimico-
fisica più sensibili alla pressione o pressioni significative alle quali i corpi idrici sono soggetti.
Nelle seguenti tabelle 3.2, 3.3, 3.4 e 3.5 vengono riportati, a titolo indicativo, gli elementi di qualità più idonei per specifiche pressioni per fiumi, laghi, acque
di transizione e acque marino-costiere. Quando più di un elemento è sensibile a una pressione, si scelgono, sulla base del giudizio esperto dell'autorità com-
petente, gli elementi più sensibili per la categoria di acque interessata o quelli per i quali si disponga dei sistemi di classificazione più affidabili.
Tra le sostanze chimiche quelle da monitorare sono da individuare, come nel monitoraggio di sorveglianza, sulla base dell'analisi delle pressioni e degli im-
patti. Le sostanze dell'elenco di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato sono monitorate qualora vengano scaricate, immesse o vi siano perdite
nel corpo idrico indagato. Le altre sostanze riportate all'Allegato 8 del presente decreto legislativo sono monitorate qualora tali scarichi, immissioni o perdite
nel corpo idrico siano in quantità significativa da poter essere un rischio per il raggiungimento o mantenimento degli obiettivi di cui all'articolo 77 e seguenti
del presente decreto legislativo.
Tab. 3.2. Elementi di qualità più sensibili alle pressioni che incidono sui fiumi

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Tab. 3.3. Elementi di qualità più sensibili alle


le pressioni che incidono sui laghi

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(1) Si tenga presente che l'acidificazione è una condizione rara in Italia, iinfluenza
fluenza solo ambienti a bassa alcalinità (<0,2 meq/l) e soggetti a tale tipo di pres-
pre
sione. Sostanzialmente alcuni piccoli laghi di montagna sulle Alpi.
Tab. 3.4. Elementi di qualità sensibili alle pressioni
ssioni che incidono sulle aacque di transizione

Tab. 3.5. Elementi di qualità sensibili alle pressioni che incidono sulle aacque marino-costiere

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A.3.3.5. Raggruppamento dei corpi idrici


Al fine di conseguire il miglior rapporto tra costi del monitora
monitoraggio ed informazioni
mazioni utili alla tutela delle acque ottenute dallo stesso, è consentito il raggrup-
raggru
pamento dei corpi idrici e tra questi sottoporre
toporre a monitoraggio op operativo solo quelli rappresentativi,
presentativi, nel rispetto di quanto riportato al presente
prese paragrafo.
Il raggruppamento può essere applicato qualora l'Autorità competente al monitoraggio sia in po possesso
sesso delle informazioni necessarie per effettuare
effettu le deci-
sioni di gestione su tutti i corpi idrici del gruppo. In ogni caso, è necess
necessario che il raggruppamento risulti tecnicamente e scientificamente
scientific giustificabile e le
motivazioni dello stesso siano riportate nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque assieme al protocollo di mon monitoraggio ed è comunque escluso
nel caso di pressioni puntuali significative.
Il raggruppamento dei corpi idrici individuati è altresì applicabile solo nel caso in cui per gli stessi esistano tutte le se seguenti
guenti condizioni:
a) appartengono alla stessa categoria ed allo stesso tipo;
b) sono soggetti a pressioni analoghe per tipo,, estensione e incidenza;
c) presentano sensibilità paragonabile alle suddettedette pressioni;
d) presentano i medesimi obiettivi di qualità da raggiungere;
e) appartengono alla stessa categoria di rischio.
Qualora si faccia ricorso al raggruppamento è possibil
possibilee monitorare, di volta in volta, i diversi corpi idrici appartenenti allo stesso gruppo allo scopo di avere
una migliore rappresentatività dell'intero raggruppamento.
La classe di qualità risultante dai dati di monitoraggio
raggio effettuato sul/i cocorpo/i idrico/i rappresentativi
tativi del raggruppamento, si applica a tutti gli altri corpi idrici
appartenenti allo stesso gruppo.
Per le caratteristiche fisiografiche delle acque lacustri
custri italiane si ritiene non appropriata l'applic
l'applicazione
zione del raggruppamento per il monitoraggio
monitora di questa ca-
tegoria di corpi idrici.
A.3.4. Ulteriori indicazioni per la selezione dei siti di monitoraggio
All'interno di un corpo idrico selezionato per il monitoraggio, sono indiv individuati
duati uno o più siti di monitoraggio. Per sito si intende una stazione
stazio di monitoraggio,
individuata da due cooordinate geografiche, rappresentativa di un'area del co corpo
po idrico. Qualora non sia possibile monitorare nel sito individuato
ind tutti gli
elementi di qualità, si individuano sotto-siti,
siti, all'interno della stessa area, i cui dati di monitoraggio si integrano con quelli rilevati nel sito principale.

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In tal caso i sotto-siti sono posizionati in modo da controllare la medesima ampiezza e il medesimo insieme di pressioni.
Nella rappresentazione cartografica va riportato unicamente il sito principale.
In merito al monitoraggio biologico è opportuno individuare e selezionare l'habitat dominante che sostiene l'elemento di qualità più sensibile alla pressione.
Nel determinare gli habitat da monitorare si tiene conto anche di quanto riportato, sull'argomento, nei singoli protocolli di campionamento.
I siti sono localizzati ad una distanza dagli scarichi tale da risultare esterne all'area di rimescolamento delle acque (di scarico e del corpo recettore) in modo
da valutare la qualità del corpo idrico recettore e non quella degli apporti. A tal fine può essere necessario effettuare misure di variabili chimico-fisiche (quali
temperatura e conducibilità) onde dimostrare l'avvenuto rimescolamento.
In base alla scala ed alla grandezza della pressione, la Regione identifica l'ubicazione e la distribuzione dei siti di campionamento.
Nei casi in cui il corpo idrico è soggetto a una o più pressioni che causano il rischio del non raggiungimento degli obiettivi, i siti sono ubicati all'interno della
zona d'impatto, conosciuta o prevista, per monitorare che gli obiettivi vengano raggiunti e che le misure di contenimento stabilite siano adatte alle pressioni
esistenti.
A.3.5 Frequenze
Il monitoraggio di sorveglianza è effettuato, per almeno 1 anno ogni sei anni (periodo di validità di un piano di gestione del bacino idrografico), salvo l'ecce-
zione della rete nucleo che è controllata ogni tre anni. Il ciclo del monitoraggio operativo varia invece in funzione degli elementi di qualità presi in considera-
zione così come indicato nelle note delle seguenti tabelle 3.6 e 3.7.
Nelle suddette tabelle sono riportate le frequenze di campionamento nell'anno di monitoraggio di sorveglianza e operativo, per fiumi e laghi e per acque di
transizione e marino-costiere. Nell'ambito del monitoraggio operativo è possibile ridurre le frequenze di campionamento solo se giustificabili sulla base di
conoscenze tecniche e indagini di esperti. Queste ultime, riportate in apposite relazioni tecniche, sono inserite nel piano di gestione e nel piano di tutela del-
le acque. La frequenza del monitoraggio delle sostanze PBT ubiquitarie di cui alla tabella 1/A, paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, recanti il nume-
ro 5, 21, 28, 30, 35, 37, 43 e 44, può essere ridotta, purché tale monitoraggio sia rappresentativo e sia disponibile un riferimento statisticamente valido per
la presenza di tali sostanze nel corpo idrico. Nei piani di gestione vengono inserite le informazioni sulla riduzione delle frequenze del monitoraggio.
Nella progettazione dei programmi di monitoraggio si tiene conto della variabilità temporale e spaziale degli elementi di qualità biologici e dei relativi para-
metri indicativi. Quelli molto variabili possono richiedere una frequenza di campionamento maggiore rispetto a quella riportata nelle tabelle 3.6 e 3.7. Può
essere inoltre previsto anche un programma di campionamento mirato per raccogliere dati in un limitato ma ben definito periodo durante il quale si ha una
maggiore variabilità.
Nel caso di sostanze che possono avere un andamento stagionale come ad esempio i prodotti fitosanitari e i fertilizzanti, le frequenze di campionamento
possono essere intensificate in corrispondenza dei periodi di massimo utilizzo.
L'Autorità competente, per ulteriori situazioni locali specifiche, può prevedere per ciascuno degli elementi di qualità da monitorare frequenze più ravvicinate
al fine di ottenere una precisione sufficiente nella validazione delle valutazioni dell'analisi degli impatti.
Al contrario, per le sostanze chimiche dell'elenco di priorità e per tutte le altre sostanze chimiche per le quali nel primo monitoraggio di sorveglianza vengo-
no riscontrate concentrazioni che garantiscono il rispetto dello standard di qualità, le frequenze di campionamento nei successivi monitoraggi di sorveglianza
possono essere ridotte. In tal caso le modalità e le motivazioni delle riduzioni sono riportate nel piano di gestione e nel piano di tutela delle acque. La fre-
quenza del monitoraggio delle sostanze PBT ubiquitarie di cui alla tabella 1/A, paragrafo A.2.6 dell'allegato 1 alla parte terza, recanti il numero 5, 21, 28, 30,
35, 37, 43 e 44, può essere ridotta, purché tale monitoraggio sia rappresentativo e sia disponibile un riferimento statisticamente valido per la presenza di tali
sostanze nel corpo idrico. Nei piani di gestione vengono inserite le informazioni sulla riduzione delle frequenze del monitoraggio.
Tab. 3.6. Monitoraggio di sorveglianza e operativo. Frequenze di campionamento nell'arco di un anno per fiumi e laghi

ELEMENTI DI QUALITA' FIUMI LAGHI


BIOLOGICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (2) SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (2)
Fitoplancton 6 volte (3) 6 volte (3)
Macrofite 2 volte (4) 2 volte (4) 1 volta (5) 1 volta (5)
Diatomee 2 volte in coincidenza con 2 volte, in coincidenza con
il campionamento dei ma- il campionamento dei ma-
croinvertebrati (6) croinvertebrati (6)
Macroinvertebrati 3 volte (7) 3 volte(7) almeno 2 volte (5) almeno 2 volte (5)
Pesci 1 volta (8) 1 volta (8) 1 volta (9) 1 volta (9)
IDROMORFOLOGICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO
Continuità 1 volta 1 volta (10)
Idrologia Continuo (11) Continuo (11) Continuo (12) Continuo (12)
alterazione morfolo- 1 volta 1 volta (10) 1 volta 1 volta (10)
gica
Morfologia (13) caratterizzazione 1 volta in coincidenza con 1 volta in coincidenza con 1 volta in coincidenza con 1 volta in coincidenza con
degli habitat preva- uno dei campionamenti uno dei campionamenti uno dei campionamenti uno dei campionamenti
lenti (14) dei macroinvertebrati dei macroinvertebrati dei macroinvertebrati dei macroinvertebrati
FISICO-CHIMICI E CHIMICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (15) SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (15)
Condizioni termiche Trimestrale e Trimestrale e Bimestrale e Bimestrale e
Ossigenazione comunque in comunque in comunque in comunque in
Conducibilità coincidenza del coincidenza del coincidenza del coincidenza con il
Stato dei nutrienti campionamento campionamento campionamento campionamento
Stato di acidificazione dei macroinvertebrati e/o dei macroinvertebrati e/o del fitoplancton del fitoplancton
delle diatomee delle diatomee
Altre sostanze non appartenenti all'elenco - trimestrale nella matrice - trimestrale nella matrice - trimestrale in colonna trimestrale in colonna
di priorità (16) acqua. Possibilmente in acqua. Nell'anno del moni- d'acqua d'acqua
coincidenza con campio- toraggio biologico i cam-
namento dei macroinver- pionamenti sono effettuati

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tebrati e/o delle diatomee possibilmente in coinci-


denza con quelli dei ma-
croinvertebrati e/o delle
diatomee
Sostanze dell'elenco di priorità (17) (18) - mensile nella matrice - mensile nella matrice - mensile in colonna d'ac- - mensile in colonna d'ac-
acqua e annuale nel biota acqua e annuale nel biota qua e annuale nel biota qua e annuale nel biota

Le frequenze riportate in tabella per fiumi e laghi sono applicate secondo le modalità descritte nei relativi protocolli di campionamento di cui al manuale
APAT 46/2007 e quaderni e notiziari CNR-IRSA.
Note alla tabella Tab. 3.6.
(1) Il ciclo del monitoraggio di sorveglianza è almeno sessennale fatte salve le eccezioni previste in tabella per l'idrologia dei fiumi e per i siti della rete nucle-
o.
(2) Il monitoraggio operativo degli elementi di qualità biologica, salvo il fitoplancton nei laghi, è effettuato con cicli non superiori a 3 anni.
(3) Nei laghi che presentano un periodo di copertura glaciale il numero dei campioni viene ridotto di conseguenza. Nel monitoraggio di sorveglianza, per i
laghi per i quali non ci siano dati tali da poter fornire un'attendibile classificazione è necessario avviare una prima campagna di monitoraggio per un totale di
almeno 18 campioni (circa tre anni). Per i corpi idrici lacustri rientranti nella rete nucleo, il ciclo di monitoraggio è annuale secondo le frequenze di campio-
namento riportate in tabella. Il ciclo del monitoraggio operativo è sempre annuale secondo le frequenze di campionamento riportate in tabella.
(4) Monitoraggio facoltativo per i fiumi ricadenti nelle idroecoregioni alpine e per i fiumi grandi e molto grandi così come definiti nella sezione A punto 1.1
dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo.
(5) Monitoraggio non richiesto per gli invasi, così come definiti nella sezione A al punto 1.1 dell'Allegato 3 del presente decreto legislativo.
(6) La frequenza di campionamento è aumentata a 3 volte per fiumi ad elevata variabilità idrologica naturale o artificiale e grandi fiumi.
(7) La frequenza di campionamento è ridotta a 2 volte per i fiumi temporanei mentre è aumentata a 4 volte per fiumi ad elevata variabilità idrologica natura-
le o artificiale e grandi fiumi.
(8) Nel caso di corsi d'acqua temporanei il monitoraggio dei pesci è facoltativo.
(9) Per gli invasi, così come definiti nella sezione A al punto 1.1 dell'Allegato 3, il monitoraggio dei pesci è facoltativo.
(10) Il monitoraggio operativo è effettuato con cicli non superiori a 6 anni.
(11) Le misurazioni in continuo sono da prevedersi per i siti idrologicamente significativi della rete, è possibile utilizzare interpolazioni per gli altri siti.
(12) E' preferibile l'uso di stazioni idrologiche automatiche, in loro assenza è necessaria la misura di livello con frequenza mensile, incrementata a settimana-
le in caso di siccità con forti prelievi di acqua e, possibilmente, giornaliera in caso forti precipitazioni.
(13) Nelle more della pubblicazione di un metodo ufficiale, le Regioni utilizzano metodologie di rilevamento già in essere.
(14) Gli habitat prevalenti sono caratterizzati a partire dal 2010 sulla base dei criteri tecnici pubblicati dai competenti istituti scientifici nazionali.
(15) Il ciclo del monitoraggio operativo degli elementi fisico-chimici e chimici è annuale.
(16) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o nel sottobacino.
Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel corpo idrico.
(17) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio ope-
rativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel corpo idrico.
(18) Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o il biota, le regioni e le province autonome monitorano la sostanza nella corrispondente
matrice almeno una volta all'anno, sempre che le conoscenze tecniche e la valutazione degli esperti non giustifichino un altro intervallo. La giustificazione
della frequenza applicata è inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici in conformità all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c), e secondo quanto
previsto all'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva consolidata.
Tab. 3.7. Monitoraggio di sorveglianza e operativo. Frequenze di campionamento nell'arco di un anno per acque di transizione e marino-costiere

Elementi di qualità ACQUE DI TRANSIZIONE ACQUE MARINO-COSTIERE


BIOLOGICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (2) SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (2)
Fitoplancton 4 volte (3) 4 volte (3) 6 volte 6 volte
Fanerogame 1 volta 1 volta 1 volta (4) 1 volta (4)
Macroalghe 2 volte 2 volte 1 volta 1 volta
Macroinvertebrati 2 volte 1 volta 2 volte (5) 2 volte (5)
IDROMORFOLOGICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO
Profondità e morfologia del 1 volta 1 volta (6) 1 volta 1 volta (6)
fondale
Natura e composizione del In coincidenza del campiona- In coincidenza del campiona- In coincidenza del campiona- In coincidenza del campiona-
substrato mento degli elementi biologi- mento degli elementi biologi- mento degli elementi biologi- mento degli elementi biologi-
ci Macroinvertebrati bentoni- ci Macroinvertebrati bentoni- ci Macroinvertebrati bentoni- ci Macroinvertebrati bentoni-
ci e Fanerogame ci e Fanerogame ci e Fanerogame ci e Fanerogame
Struttura della zona intertida- 1 volta (7) 1 volta (7)
le (copertura e composizione
della vegetazione)
Regime di marea Da definire in base alle carat- Da definire in base alle carat-
teristiche del corpo idrico (8) teristiche del corpo idrico (8)
Regime correntometrico 1 volta 1 volta (6)
FISICO-CHIMICI E CHIMICI SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (9) SORVEGLIANZA (1) OPERATIVO (9)

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Condizioni termiche Trimestrale e comunque in Trimestrale e comunque in Bimestrale e comunque in Bimestrale e comunque in
coincidenza del campiona- coincidenza del campiona- coincidenza del campiona- coincidenza del campiona-
mento del fitoplancton, ma- mento del fitoplancton, ma- mento del fitoplancton e fa- mento del fitoplancton e delle
crofite e fauna ittica (10) crofite e fauna ittica (10) nerogame (11) fanerogame (11)
Ossigenazione
Salinità
Stato dei nutrienti
Stato di acidificazione
Altre sostanze non apparte- Trimestrale in colonna d'ac- Trimestrale in colonna d'ac- Trimestrale in colonna d'ac- Trimestrale in colonna d'ac-
nenti all'elenco di priorità (12) qua qua qua qua
Sostanze dell'elenco di priori- Mensile in colonna d'acqua e Mensile in colonna d'acqua e Mensile in colonna d'acqua e Mensile in colonna d'acqua e
tà (13) (14) annuale in sedimenti o biota annuale in sedimenti o biota annuale in sedimenti o biota annuale in sedimenti o biota

Le frequenze riportate in tabella per le acque di transizione e marino-costiere sono applicate secondo le modalità descritte nei relativi protocolli di campio-
namento di cui ai manuali ICRAM ed ISPRA.
Note alla tabella Tab. 3.7.
(1) Il ciclo del monitoraggio di sorveglianza è almeno sessennale eccetto per i siti della rete nucleo e, limitatamente alle acque di transizione, per la struttura
della zona intertidale e del regime di marea (vedi rispettivamente nota 7 e 8).
(2) Il monitoraggio operativo degli elementi di qualità biologica, è effettuato con cicli non superiori a 3 anni, salvo il fitoplancton che è controllato ogni anno
secondo le frequenze riportate in tabella.
(3) Campionamento stagionale.
(4) Campionamento da effettuarsi tra giugno e settembre.
(5) Campionamento semestrale.
(6) Il monitoraggio operativo è effettuato con cicli non superiori a 6 anni.
(7) Entrambi i monitoraggi (sorveglianza e operativo) sono effettuati con cicli non superiori a 3 anni.
(8) Bilancio idrologico da eseguire ogni 3 anni, mediante misure distribuite nel tempo, con cadenze che dipendono dalle caratteristiche morfologiche ed i-
drodinamiche del corpo idrico da monitorare.
(9) Il ciclo del monitoraggio operativo degli elementi fisico-chimici e chimici è annuale.
(10) Per la fauna ittica sono obbligatorie solo le misure delle condizioni termiche, di ossigenazione e di salinità.
(11) Per le fanerogame sono obbligatorie solo le misure delle condizioni termiche e della trasparenza.
(12) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel bacino idrografico o nel sottobacino.
Nel monitoraggio operativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate in quantità significativa nel corpo idrico.
(13) Nel monitoraggio di sorveglianza se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel bacino idrografico o nel sottobacino. Nel monitoraggio ope-
rativo se scaricate e/o rilasciate e/o immesse e/o già rilevate nel corpo idrico.
(14) Per le sostanze alle quali si applica uno SQA per i sedimenti o il biota, le regioni e le province autonome monitorano la sostanza nella corrispondente
matrice almeno una volta all'anno, sempre che le conoscenze tecniche e la valutazione degli esperti non giustifichino un altro intervallo. La giustificazione
della frequenza applicata è inserita nei Piani di gestione dei distretti idrografici in conformità all'articolo 78-nonies, comma 1, lettera c), e secondo quanto
previsto all'articolo 3, paragrafo 4, della direttiva consolidata.
A.3.6. Monitoraggio d'indagine
Il monitoraggio d'indagine è richiesto in casi specifici e più precisamente:
• quando sono sconosciute le ragioni di eventuali superamenti (ad esempio quando non si ha chiara conoscenza delle cause del mancato raggiungimento del
buono stato ecologico e/o chimico, ovvero del peggioramento dello stato delle acque);
• quando il monitoraggio di sorveglianza indica per un dato corpo idrico il probabile rischio di non raggiungere gli obiettivi, di cui all'articolo 77 e seguenti del
presente decreto legislativo, e il monitoraggio operativo non è ancora stato definito, al fine di avere un quadro conoscitivo più dettagliato sulle cause che
impediscono il raggiungimento degli obiettivi;
• per valutare l'ampiezza e gli impatti dell'inquinamento accidentale.
I risultati del monitoraggio costituiscono la base per l'elaborazione di un programma di misure volte al raggiungimento degli obiettivi ambientali e di inter-
venti specifici atti a rimediare agli effetti dell'inquinamento accidentale.
Tale tipo di monitoraggio può essere più intensivo sia in termini di frequenze di campionamento che di numero di corpi idrici o parti di essi.
Rientrano nei monitoraggi di indagine gli eventuali controlli investigativi per situazioni di allarme o a scopo preventivo per la valutazione del rischio sanitario
e l'informazione al pubblico oppure i monitoraggi di indagine per la redazione di autorizzazioni preventive (es. prelievi di acqua o scarichi). Questo tipo di
monitoraggio può essere considerato come parte dei programmi di misure richiesti dall'art. 116 del presente decreto legislativo e può includere misurazioni
in continuo di alcuni prodotti chimici e/o l'utilizzo di determinandi biologici anche se non previsti dal regolamento per quella categoria di corpo idrico. L'Au-
torità competente al monitoraggio definisce gli elementi (es. ulteriori indagini su sedimenti e biota, raccolta ed elaborazione di dati sul regime di flusso, mor-
fologia ed uso del suolo, selezione di sostanze inquinanti non rilevate precedentemente ecc.) e i metodi (ad es. misure ecotossicologiche, biomarker, tecni-
che di remote sensing) più appropriati per lo studio da realizzare sulla base delle caratteristiche e problematiche dell'area interessata. Eventuali saggi biolo-
gici sono eseguiti utilizzando protocolli metodologici normati o in corso di standardizzazione secondo le indicazioni UNI.
Il monitoraggio d'indagine non è usato per classificare direttamente, ma contribuisce a determinare la rete operativa di monitoraggio. Pur tuttavia i dati che
derivano da tale tipo di monitoraggio possono essere utilizzati per la classificazione qualora forniscano informazioni integrative necessarie a un quadro co-
noscitivo più di dettaglio.
A.3.7. Aree protette
Per le aree protette, i programmi di monitoraggio tengono conto di quanto già riportato al punto A.3.1.1 del presente Allegato. I programmi di monitoraggio
esistenti ai fini del controllo delle acque per la vita dei pesci e dei molluschi di cui all'articolo 79 del presente decreto legislativo costituiscono parte integran-

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te del monitoraggio di cui dal presente Allegato.


A.3.8. Acque utilizzate per l'estrazione di acqua potabile
I corpi idrici superficiali individuati a norma dell'articolo 82 del presente decreto legislativo che forniscono in media più di 100 m³ al giorno sono designati
come siti di monitoraggio da eseguire secondo le modalità riportate ai paragrafi precedenti e sono sottoposti ad un monitoraggio supplementare al fine di
soddisfare i requisiti previsti dal decreto legislativo del 2 febbraio 2001, n. 31.
Il monitoraggio suppletivo, da effettuarsi annualmente secondo la frequenza di campionamento riportata nella tab. 3.8, riguarda tutte le sostanze dell'elen-
co di priorità di cui al punto A.2.6 del presente Allegato scaricate e/o immesse e/o rilasciate, nonché tutte le altre sostanze appartenenti alle famiglie di cui
all'Allegato 8 del presente decreto legislativo scaricate e/o immesse e/o rilasciate in quantità significativa da incidere negativamente sullo stato del corpo
idrico.
Nel monitoraggio si applicano i valori di parametro previsti dall'Allegato 1 del decreto legislativo del 2 febbraio 2001, n. 31 nei casi in cui essi risultino più
restrittivi dei valori individuati per gli stessi parametri nelle tabelle 1/A, 1/B e 2B del presente Allegato. I parametri di cui alla tabella 1/A, indipendentemente
dalla presenza di scarichi, immissioni o rilasci conosciuti, sono comunque tutti parte integrante di uno screening chimico da effettuarsi con cadenza biennale.
Tab. 3.8. Frequenza di campionamento

Comunità servita Frequenza


< 10.000 4 volte l'anno
Da 10.000 a 30.000 8 volte l'anno
> 30.000 12 volte l'anno

Il monitoraggio supplementare non si effettua qualora siano già soddisfatti tutti i seguenti requisiti:
1) le posizioni dei siti di monitoraggio dello stato delle acque superficiali risultano anche idonee a un controllo adeguato ai fini della tutela della qualità
dell'acqua destinata alla produzione di acqua potabile;
2) la frequenza del campionamento dello stato delle acque superficiali non è in nessun caso più bassa di quella fissata nella tabella 3.8;
3) il rischio per la qualità delle acque per l'utilizzo idropotabile non è connesso:
• a un parametro non pertinente alla valutazione dello stato delle acque superficiali (es. parametri microbiologici);
• a uno standard di qualità più restrittivo per le acque potabili rispetto a quello previsto per lo stato delle acque superficiali del corpo idrico. In tali casi, il
corpo idrico può non essere a rischio di non raggiungere lo stato buono ma è a rischio di non rispettare gli obiettivi di protezione delle acque potabili.
A.3.9. Aree di protezione dell'habitat e delle specie
I corpi idrici che rientrano nelle aree di protezione dell'habitat e delle specie sono compresi nel programma di monitoraggio operativo qualora, in base alla
valutazione dell'impatto e al monitoraggio di sorveglianza, si reputa che essi rischino di non conseguire i propri obiettivi ambientali. Il monitoraggio viene
effettuato per valutare la grandezza e l'impatto di tutte le pertinenti pressioni significative esercitate su tali corpi idrici e, se necessario, per rilevare le varia-
zioni del loro stato conseguenti ai programmi di misure. Il monitoraggio prosegue finché le aree non soddisfano i requisiti in materia di acque sanciti dalla
normativa in base alla quale esse sono designate e finché non sono raggiunti gli obiettivi di cui all'articolo 77 del presente decreto legislativo.
Qualora un corpo idrico sia interessato da più di uno degli obiettivi si applica quello più rigoroso.
Come già riportato nella parte generale del presente Allegato, ai fini di evitare sovrapposizioni, la valutazione dello stato avviene per quanto possibile attra-
verso un unico monitoraggio articolato in modo da soddisfare le specifiche esigenze derivanti dagli obblighi delle disposizioni comunitarie e nazionali vigenti.
A.3.10. Precisione e attendibilità dei risultati del monitoraggio
La precisione ed il livello di confidenza associato al piano di monitoraggio dipendono dalla variabilità spaziale e temporale associata ai processi naturali ed
alla frequenza di campionamento ed analisi previste dal piano di monitoraggio stesso.
Il monitoraggio è programmato ed effettuato al fine di fornire risultati con un adeguato livello di precisione e di attendibilità. Una stima di tale livello è indi-
cata nel piano di monitoraggio stesso.
Al fine del raggiungimento di un adeguato livello di precisione ed attendibilità, è necessario porre attenzione a:
• il numero dei corpi idrici inclusi nei vari tipi di monitoraggio;
• il numero di siti necessario per valutare lo stato di ogni corpo idrico;
• la frequenza idonea al monitoraggio dei parametri indicativi degli elementi di qualità.
Per quanto riguarda i metodi sia di natura chimica che biologica, l'affidabilità e la precisione dei risultati devono essere assicurati dalle procedure di qualità
interne ai laboratori che effettuano le attività di campionamento ed analisi. Per assicurare che i dati prodotti dai laboratori siano affidabili, rappresentativi
ed assicurino una corretta valutazione dello stato dei corpi idrici, i laboratori coinvolti nelle attività di monitoraggio sono accreditati od operano in modo
conforme a quanto richiesto dalla UNI CEN EN ISO 17025. I laboratori devono essere accreditati almeno per i parametri di maggiore rilevanza od operare
secondo un programma di garanzia della qualità/controllo della qualità per i seguenti aspetti:
- campionamento, trasporto, stoccaggio e trattamento del campione;
- documentazione relativa alle procedure analitiche che devono essere basate su norme tecniche riconosciute a livello internazionale (CEN, ISO, EPA) o na-
zionale (UNI, metodi proposti dall'ISPRA o da CNR-IRSA per i corpi idrici fluviali e lacustri e metodi proposti dall'ISPRA per le acque marino-costiere e di tran-
sizione);
- procedure per il controllo di qualità interno ai laboratori e partecipazione a prove valutative organizzati da istituzioni conformi alla ISO Guide 43-1;
- convalida dei metodi analitici, determinazione dei limiti di rivelabilità e di quantificazione, calcolo dell'incertezza;
- piani di formazione del personale;
- procedure per la predisposizione dei rapporti di prova, gestione delle informazioni.
Per i metodi per il campionamento degli elementi di qualità biologica si fa riferimento ai pertinenti manuali ISPRA, quaderni e notiziari CNR-IRSA per le acque
dolci e manuali ISPRA ed ICRAM per le acque marino-costiere e di transizione.
I metodi per i parametri chimici sono riportati nei Manuali e Linee Guida APAT/CNR-IRSA n. 29/2003 e successivi aggiornamenti e in «Metodologie Analitiche
di Riferimento. Programma di Monitoraggio per il controllo dell'Ambiente marino costiero (Triennio 2001-2003)» Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio, ICRAM, Roma 2001 e successivi aggiornamenti.

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Per le sostanze dell'elenco di priorità per le acque superficiali interne, nelle more della pubblicazione dell'aggiornamento dei quaderni APAT/CNR-IRSA si fa
riferimento per i metodi analitici alle metodiche di cui alla seguente tabella 3.9.
Per la misura delle caratteristiche morfologiche dei corsi d'acqua, si fa riferimento ai pertinenti manuali ISPRA.
Per la misura delle caratteristiche morfologiche dei laghi, si fa riferimento ai Report CNR-ISE.
Per la misura della portata (solida e liquida) per le acque superficiali interne, nelle more della pubblicazione dei metodi ISPRA/CNR, si fa riferimento a quelli
indicati nell'elenco di seguito riportato.
Tab. 3.9. Metodi analitici per la misura delle concentrazioni delle sostanze dell'elenco di priorità nella colonna d'acqua per le acque interne

Sostanze dell'elenco di priorità Metodi analitici


Alaclor EN ISO 6468: 1996; ISO 11370:2000;
APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Antracene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Atrazina EN ISO 11369:1997; EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000; APAT 5060 (2003); Istisan
07/31
Benzene ISO 15680:2003; ISO 11423-1:1997;
APAT 5140 (2003)
Cadmio e composti EN ISO 5961:1994; ISO 17294-2:2003; ISO 15586:2003;
APAT 3120 (2003); Istisan 07/31
C10-13-cloroalcani (1)
Clorfenvinfos DIN EN 12918:1999; ISO 11370:2000;
APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Clorpyrifos (-etil, -metil) DIN EN 12918:1999; APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
1,2-Dicloroetano EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;
APAT 5150 (2003)
Diclorometano EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;
APAT 5150 (2003)
Ftalato di bis(2-etilesile) (DEHP) ISO 18856:2004
Diuron EN ISO 11369:1997;
APAT 5050 (2003) con LC/MS
Endosulfan EN ISO 6468:1996; APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Fluorantene ISO 17993:2002;
APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Esaclorobenzene EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Esaclorobutadiene EN ISO 10301:1997; APAT 5150 (2003)
Esaclorocicloesano EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Isoproturon EN ISO 11369:1997; APAT 5050 (2003) con LC/MS
Piombo e composti ISO 17294-2:2003; ISO 11885:2007; ISO 15586:2003;
APAT 3230 (2003); Istisan 07/31
Mercurio e composti EN 1483:1997; EN 12338:1998; EN 13506:2001;
APAT 3200 (2003); Istisan 07/31
Naftalene ISO 17993:2002; ISO 15680:2003;
APAT 5080 (2003)
Nichel e composti ISO 17294-2:2003; ISO 11885:2007; ISO 15586:2003;
APAT 3220 (2003); Istisan 07/31
Nonilfenoli ISO 18857-1:2005
Octilfenoli ISO 18857-1:2005
Pentaclorobenzene EN ISO 6468:1996
Pentaclorofenolo EN 12673:1998; ISO 8165-2:1999
Idrocarburi policiclici aromatici ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Benzo(a)pirene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Benzo(b)fluorantene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Benzo(g,h,i)perilene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Benzo(k)fluorantene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Indeno(1,2,3-cd)pirene ISO 17993:2002; APAT 5080 (2003); Istisan 07/31
Simazina EN ISO 11369:1997; EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000;
APAT 5060 (2003); Istisan 07/31
Composti del tributilstagno ISO 17353:2004
Triclorobenzeni EN ISO 6468:1996; ISO 15680:2003;
APAT 5150 (2003)
Triclorometano (Cloroformio) EN ISO 10301:1997; ISO 15680:2003;

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APAT 5150 (2003)


Trifluralin EN ISO 10695:2000; ISO 11370:2000
DDT Totale EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Aldrin EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Endrin EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Isodrin EN ISO 6468:1996
Dieldrin EN ISO 6468:1996; APAT 5090 (2003); Istisan 07/31
Tetracloroetilene EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)
Tetraclorometano (Tetracloruro di Carbo- EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)
nio)
Tricloroetilene EN ISO 10301:1997; EN ISO 15680:2003; APAT 5150 (2003)

(1) Per il parametro C10-13-cloroalcani il monitoraggio si effettua allorché sarà disponibile il relativo metodo analitico.
Riferimenti metodologici per la misura della portata (solida e liquida) dei corsi d'acqua e dei laghi sono:
• Manual on stream gauging - volume I - Fieldwork - World Meteorological Organization, n° 519;
• Manual on stream gauging - volume II - Computation of discharge - World Meteorological Organization, n° 519 MO n° 519;
• Hydrometry - Measurement of liquid flow in open channels using current-maters or floats - ISO 748/2007;
• Measurement of liquid flow in open channels - Water level measuring devices - ISO 4373/1995;
• Measurement of liquid flow in open channels - Part 1: Establishment and opertion of gauging station - ISO/1100-1;
• Measurement of liquid flow in open channels - Part 2: Determination of the stage-discharge relation - ISO/1100-2;
• Norme Tecniche per la raccolta e l'elaborazione dei dati idrometeorologici (Parte II, dati idrometrici) - Servizio Idrografico e Mareografico Nazionale, 1998.
I monitoraggi e i relativi dati devono essere rispettivamente programmati e gestiti in modo tale da evitare rischi di errore di classificazione del corpo idrico al
fine di ottimizzare i costi per il monitoraggio e poter orientare maggiori risorse economiche all'attuazione delle misure per il risanamento degli stessi corpi
idrici.
Le Autorità competenti riportano nei piani di gestione e nei piani di tutela delle acque la metodologia adottata per garantire adeguata attendibilità e preci-
sione ai risultati derivanti dai programmi di monitoraggio.
A.4 Classificazione e presentazione dello stato ecologico e chimico
Sistemi di classificazione per lo stato ecologico
Vengono, di seguito, riportati i sistemi di classificazione dello stato ecologico per le varie categorie di corpi idrici (fiumi, laghi, acque marino-costiere e di
transizione). La classificazione è effettuata sulla base della valutazione degli Elementi di Qualità Biologica (EQB), degli elementi fisico-chimici, chimici (inqui-
nanti specifici) e idromorfologici, nonché dei metodi di classificazione di cui al presente allegato.
Per gli elementi biologici la classificazione si effettua sulla base del valore di Rapporto di Qualità Ecologica (RQE), definito al punto 1.1.1, lett. D.2.1, dell'alle-
gato 3, Parte terza del presente decreto legislativo, ossia del rapporto tra valore del parametro biologico osservato e valore dello stesso parametro, corri-
spondente alle condizioni di riferimento per il «tipo» di corpo idrico in osservazione. Pertanto, la classificazione degli elementi biologici deve tener conto del
«tipo» di corpo idrico, stabilito in attuazione dei criteri tecnici di cui all'allegato 3 del presente decreto, e delle relative condizioni di riferimento tipo-
specifiche. La tipo-specificità dei singoli EQB viene riportata all'interno dei relativi paragrafi del presente allegato.
Si sottolinea che, in considerazione della diversa sensibilità degli EQB ai vari descrittori utilizzati nella tipizzazione in diversi casi la tipo specificità e le condi-
zioni di riferimento sono indicate per gruppi di tipi (macrotipi).
ISPRA predispone un manuale per la raccolta dei metodi di classificazione già elaborati, ciascuno per la propria competenza, dall'Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), dall'Istituto di Ricerca sulle Acque del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRSA), dall'Istituto per lo Studio
degli Ecosistemi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-ISE), dall'Istituto Superiore di Sanità, dall'Agenzia nazionale per le Nuove tecnologie, l'Energia e
lo Sviluppo economico sostenibile (ENEA), dall'ARPA Lombardia e dall'Ispettorato Generale del Corpo Forestale dello Stato (CFS). Il Ministero dell'ambiente e
della tutela del territorio e del mare, avvalendosi degli Istituti e delle altre Amministrazioni su riportati, avvia un'attività di coordinamento con le Regioni, le
Province autonome di Trento e Bolzano, le ARPA e le APPA al fine della validazione dei metodi di classificazione indicati alla presente lettera A4 e per l'inte-
grazione dei metodi non ancora definiti.
A.4.1 Corsi d'acqua
Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico dei cor-
pi idrici fluviali, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:
- Macroinvertebrati
- Diatomee
- Macrofite
- Pesci
Macrotipi fluviali per la classificazione
Ai fini della classificazione, per i macroinvertebrati bentonici e le diatomee i tipi fluviali di cui all'Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati in
8 gruppi (macrotipi) come indicati alla Tab. 4.1/a.
Tab. 4.1/a - Macrotipi fluviali e rapporto tra tipi fluviali per Macroinvertebrati e Diatomee

Area geografica Macrotipi fluviali Descrizione sommaria Idroecoregioni


Alpino A1 calcareo 1, 2, 3, 4 (Alpi)
A2 siliceo
Centrale C Tutti i tipi delle idroecoregioni ricadenti 1, 2, 3, 4, 5, 7 (aree collinari o di pianura)

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nell'area geografica
centrale 6 (pianura Padana a Nord del fiume Po)
Mediterraneo M1 Fiumi molto piccoli e piccoli 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16,
M2 Fiumi medi e grandi di pianura 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni).
M3 Fiumi di pianura molto grandi 6 (fiumi perenni della pianura
M4 Fiumi medi di montagna Padana a Sud del fiume Po)
M5 Corsi d'acqua temporanei 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19,
20, 21 (fiumi temporanei)
6 (fiumi temporanei della pianura Padana a
Sud del fiume Po)

Per le macrofite i tipi fluviali di cui all'Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati in 12 gruppi (macrotipi) come indicati alla tabella 4.1/b.
Tab. 4.1/b - Macrotipi fluviali per Macrofite

Area geografica Macrotipi Descrizione Idroecoregioni


Alpina Aa Molto piccoli e piccoli 1, 2, 3, 4 (Alpi)
Ab Medi
Centrale Ca Molto piccoli e piccoli 1, 2, 3, 4 (aree collinari o di
Cb Medi pianura);
Cc Grandi e molto grandi 5, 7;
6 (pianura Padana a Nord del fiume Po)
Mediterranea Ma Fiumi molto piccoli e piccoli 6 (fiumi perenni della pianura Padana a
Sud del fiume Po);
8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19,
20, 21 (fiumi perenni)
Mb Fiumi medi e grandi di pianura 6 (fiumi perenni della pianura Padana a
Sud del fiume Po);
8, 9, 10, 11, 13, 14, 15
Mc 12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)
Md Fiumi di pianura molto grandi 6 (fiumi perenni della pianura Padana a
Sud del fiume Po);
8, 9, 10, 11, 13, 14, 15
Me 12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)
Mf Fiumi medi di montagna 6 (fiumi perenni della pianura Padana a
Sud del fiume Po);
8, 9, 10, 11, 13, 14, 15
Mg 12, 16, 17, 18, 19, 20, 21 (fiumi perenni)

L'elemento di qualità biologica «Fauna ittica» non risulta sensibile ai descrittori utilizzati per la tipizzazione effettuata ai sensi dell'Allegato 3 del presente
decreto legislativo. Pertanto, ai fini della classificazione è sufficiente considerare tutti i tipi fluviali presenti nelle idroecoregioni, prendendo a riferimento di
volta in volta la comunità ittica attesa, in relazione alle Zone zoogeografico-ecologiche riportate nella tabella 4.1.1/h di cui alla sezione «Pesci» del paragrafo
A.4.1.1 del presente Allegato.
A.4.1.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica
Macroinvertebrati
Il sistema di classificazione per i macroinvertebrati, denominato MacrOper, è basato sul calcolo dell'indice denominato Indice multimetrico STAR di Intercali-
brazione (STAR_ICMi), che consente di derivare una classe di qualità per gli organismi macrobentonici per la definizione dello Stato Ecologico.
Lo STAR_ICMi è applicabile anche ai corsi d'acqua artificiali e fortemente modificati.
Specifiche per i fiumi molto grandi e/o non accessibili (1936)
La classificazione dei fiumi molto grandi e/o non accessibili, cioè «non guadabili», ovvero di quei tipi fluviali per i quali non sia possibile effettuare in modo
affidabile un campionamento multihabitat proporzionale, si ottiene dalla combinazione dei valori RQE ottenuti per gli indici STAR_ICMi e MTS (Mayfly Total
Score), mediante il calcolo della media ponderata.
Limiti di classe e classificazione
In tab. 4.1.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe validi sia per lo STAR_ICMi sia per la media ponderata tra STAR_ICMi e MTS, nel caso di
fiumi molto grandi e/o non accessibili, per i macrotipi fluviali. L'attribuzione a una delle cinque classi di qualità per il sito in esame è da effettuarsi sulla base
del valore medio dei valori dell'indice utilizzato relativi alle diverse stagioni di campionamento.
Tab. 4.1.1/b - Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi fluviali

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Macrotipo fluviale Limiti di classe


Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
A1 0,97 0,73 0,49 0,24
A2 0,95 0,71 0,48 0,24
C 0,96 0,72 0,48 0,24
M1 0,97 0,72 0,48 0,24
M2-M3-M4 0,94 0,70 0,47 0,24
M5 0,97 0,73 0,49 0,24

I valori riportati in Tab. 4.1.1/b corrispondono al valore più basso della classe superiore.
La sezione A dell'Appendice al presente Allegato riporta i valori di riferimento tipo-specifici ad oggi disponibili, per le sei metriche che compongono lo
STAR_ICMi e per il valore dell'indice stesso, nonché i valori per l'indice MTS.
Diatomee
L'indice multimetrico da applicare per la valutazione dello stato ecologico, utilizzando le comunità diatomiche, è l'indice denominato Indice Multimetrico di
Intercalibrazione (ICMi).
L' ICMi si basa sull'Indice di Sensibilità agli Inquinanti IPS e sull'Indice Trofico TI.
Limiti di classe e classificazione
In tabella 4.1.1/c sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti di classe dell'ICMi, distinti nei macrotipi fluviali indicati nella tabella 4.1/a
Tab. 4.1.1/c Limiti di classe fra gli stati per i diversi macrotipi fluviali.

Macrotipi Limiti di classe


Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
A1 0,87 0,70 0,60 0,30
A2 0,85 0,64 0,54 0,27
C 0,84 0,65 0,55 0,26
M1-M2-M3-M4 0,80 0,61 0,51 0,25
M5 0,88 0,65 0,55 0,26

I valori riportati in Tab. 4.1.1/c corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Nella tabella 4.1.1/d vengono riportati i valori di riferimento degli indici IPS e TI da utilizzare per il calcolo dei rispettivi RQE.
Tab. 4.1.1/d - Valori di riferimento degli indici IPS e TI per i macrotipi fluviali.

Macrotipo Valori di riferimento


fluviale IPS TI
A1 18,4 1,7
A2 19,6 1,2
C 16,7 2,4
M1 17,15 1,2
M2 14,8 2,8
M3 16,8 2,8
M4 17,8 1,7
M5 16,9 2,0

Macrofite
L'indice da applicare per la valutazione dello stato ecologico, utilizzando le comunità macrofitiche, è l'indice denominato «Indice Biologique Macrophyitique
en Rivière» IBMR. L' IBMR è un indice finalizzato alla valutazione dello stato trofico inteso in termini di intensità di produzione primaria.
Allo stato attuale questo indice non trova applicazione per i corsi d'acqua temporanei mediterranei.
Limiti di classe e classificazione
Nella tabella 4.1.1/e si riportano i valori di RQE_IBMR relativi ai limiti di classe differenziati per Area geografica.
Tab. 4.1.1/e - Valori di RQE_IBMR relativi ai limiti tra le classi Elevata, Buona e Sufficiente

Area Limiti di Classe


geografica Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo

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Alpina 0,85 0,70 0,60 0,50


Centrale 0,90 0,80 0,65 0,50
Mediterranea 0,90 0,80 0,65 0,50

In tabella 4.1.1/f sono riportati i valori di riferimento da utilizzare per il calcolo di RQE_IBMR per i macrotipi definiti in tabella 4.1/b.
Tab. 4.1.1/f - Valori di riferimento dell'IBMR per i macrotipi fluviali

Area geografica Macrotipi Valore di riferimento


Alpina Aa 14,5
Ab 14
Centrale Ca 12,5
Cb 11,5
Cc 10,5
Mediterranea Ma 12,5
Mb 10,5
Mc 10
Md 10,5
Me 10
Mf 11,5
Mg 11

Fauna ittica
L'indice da utilizzare per l'EQB fauna ittica è l'Indice dello Stato Ecologico delle Comunità Ittiche - ISECI.
Limiti di classe e condizioni di riferimento
Per quanto riguarda l'elemento di qualità biologica fauna ittica viene presa come condizione di riferimento, corrispondente allo stato ecologico elevato, la
«comunità ittica attesa» con tutte le popolazioni che la costituiscono in buona condizione biologica (popolazioni ben strutturate in classi di età, capaci di
riprodursi naturalmente, con buona o sufficiente consistenza demografica).
Al fine di individuare le comunità ittiche attese nei vari tipi fluviali viene compiuta una prima suddivisione del territorio nazionale su base zoogeografica e
una seconda articolazione su base ecologica. La prima porta a distinguere tre «regioni»: Regione Padana, Regione Italico-peninsulare, Regione delle Isole. La
seconda porta a distinguere, all'interno di ciascuna regione, tre «zone» (tab. 4.1.1/g): Zona dei Salmonidi, Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila, Zona dei
Ciprinidi a deposizione fitofila; un'ultima zona fluviale, la Zona dei Mugilidi, non viene considerata in quanto appartenente alle acque di transizione.
Tab. 4.1.1/g - Caratteristiche ambientali delle tre «zone ittiche» dulcicole in cui è possibile suddividere i corsi d'acqua italiani.

ZONA DEI SALMONIDI ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITO- ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITO-
FILA FILA
Acqua limpida e bene ossigenata; corrente Acqua limpida, soggetta però a torbide di Acqua frequentemente torbida e solo mo-
molto veloce, con presenza di rapide; fon- breve durata, discretamente ossigenata; deratamente ossigenata in alcuni periodi;
do a massi, ciottoli o ghiaia grossolana; corrente veloce, alternata a zone di acqua bassa velocità della corrente; fondo fango-
scarsa o moderata presenza di macrofite; calma e con profondità maggiore; fondo so; abbondanza di macrofite; temperatura
temperatura fino a 16-17 °C, ma general- con ghiaia fine e sabbia; moderata presen- fino a 24-25 °C.
mente inferiore. za di macrofite; temperatura raramente
superiore a 19-20 °C.

La REGIONE PADANA è composta dalle seguenti idroecoregioni (livello 1 della tipizzazione di cui alla sezione A dell'allegato 3 del presente decreto): 1) Alpi
Occidentali; 2) Prealpi_Dolomiti; 3) Alpi Centro-Orientali; 4) Alpi Meridionali; 5) Monferrato; 6) Pianura Padana; 7) Carso; 8) Appennino Piemontese; 9) Alpi
Mediterranee - versante padano; 10) Appennino settentrionale - versanti padano e adriatico; 12) Costa Adriatica - parte settentrionale fino al Fiume Vomano
compreso; 13) Appennino Centrale - parte settentrionale fino al Fiume Chienti compreso.
La REGIONE ITALICO-PENINSULARE è composta dalle seguenti idroecoregioni: 10) Appennino settentrionale - versante tirrenico; 11) Toscana; 12) Costa A-
driatica - parte meridionale a sud del Fiume Vomano; 13) Appennino centrale - parte centrale e meridionale a sud del Fiume Chienti; 14) Roma_Viterbese;
15) Basso Lazio; 16) Basilicata_Tavoliere; 17) Puglia_Carsica; 18) Appennino meridionale; 19) Calabria_Nebrodi - parte continentale.
La REGIONE DELLE ISOLE è composta dalle seguenti idroecoregioni: 19) Calabria_Nebrodi - parte insulare; 20) Sicilia; 21) Sardegna.
Tenendo conto della zonazione ittica vengono individuate 9 zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali riportate nella tab. 4.1.1/h.
Tab. 4.1.1/h - Zone zoogeografico-ecologiche fluviali principali individuabili in Italia

zone zoogeografico-ecologiche REGIONI

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

REGIONE PADANA
I ZONA DEI SALMONIDI
II ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
III ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
REGIONE ITALICO-PENINSULARE
IV ZONA DEI SALMONIDI
V ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
VI ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA
REGIONE DELLE ISOLE
VII ZONA DEI SALMONIDI
VIII ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE LITOFILA
IX ZONA DEI CIPRINIDI A DEPOSIZIONE FITOFILA

Nella sezione B dell'Appendice al presente allegato sono indicate le 9 comunità ittiche attese che si assumono come comunità di riferimento. Le indagini cor-
relate alle attività di monitoraggio condotte dalle Regioni e dalle Province autonome possono portare all'affinamento della comunità ittica attesa, mediante
osservazioni ecologiche sugli habitat effettivamente presenti nei corsi d'acqua e l'analisi storico-bibliografica delle conoscenze sulla fauna ittica di ogni singo-
la idroecoregione o tipo fluviale.
Le Regioni che, a seguito delle indagini sopraindicate, abbiano realizzato l'affinamento delle comunità ittiche attese, trasmettono i risultati delle indagini
effettuate e le relative informazioni, corredate dalla documentazione scientifica di supporto, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del ma-
re.
Ai fini della classificazione, non sono considerate eventuali specie campionate non presenti nelle liste delle comunità ittiche attese e nelle liste delle specie
aliene.
Tab. 4.1.1/i - Limiti di classe fra gli stati per l'indice ISECI

Limiti di classe
Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
Valore ISECI (i) 0,8 0,6 0,4 0,2

I valori riportati in Tab. 4.1.1/i corrispondono al valore più basso della classe superiore.
A.4.1.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno
Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:
- Nutrienti (N-NH4, N-NO3, Fosforo totale);
- Ossigeno disciolto (% di saturazione).
Per un giudizio complessivo della classificazione si tiene conto, secondo i criteri riportati al paragrafo «Altri parametri», anche di:
- Temperatura;
- pH;
- Alcalinità (capacità di neutralizzazione degli acidi);
- Conducibilità.
Nutrienti e ossigeno disciolto
I nutrienti e l'ossigeno disciolto, ai fini della classificazione, vengono integrati in un singolo descrittore LIMeco (Livello di Inquinamento dai Macrodescrittori
per lo stato ecologico ) utilizzato per derivare la classe di qualità.
La procedura prevede che sia calcolato un punteggio sulla base della concentrazione, osservata nel sito in esame, dei seguenti macrodescrittori: N-NH4, N-
NO3, Fosforo totale e Ossigeno disciolto (100 - % di saturazione O2). Il punteggio LIMeco da attribuire al sito rappresentativo del corpo idrico è dato dalla
media dei singoli LIMeco dei vari campionamenti effettuati nell'arco dell'anno in esame. Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più siti per il rile-
vamento dei parametri fisico-chimici, il valore di LIMeco viene calcolato come media ponderata (in base alla percentuale di corpo idrico rappresentata da
ciascun sito) tra i valori di LIMeco ottenuti per i diversi siti (1937). Nel caso di monitoraggio operativo il valore di LIMeco da attribuire al sito è dato dalla me-
dia dei valori di LIMeco ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Per il monitoraggio di sorveglianza, si fa riferimento al LIMeco dell'anno di con-
trollo o, qualora il monitoraggio venisse effettuato per periodi più lunghi, alla media dei LIMeco dei vari anni.
Il LIMeco di ciascun campionamento viene derivato come media tra i punteggi attributi ai singoli parametri secondo le soglie di concentrazione indicate nella
seguente tab. 4.1.2/a, in base alla concentrazione osservata.
Tab. 4.1.2/a - Soglie per l'assegnazione dei punteggi ai singoli parametri per ottenere il punteggio LIMeco

Livello 1 Livello 2 Livello 3 Livello 4 Livello 5


Punteggio * 1 0,5 0,25 0,125 0
Parametro
100-O2% sat. ≤ | 10 | ≤ | 20 | ≤ | 40 | ≤ | 80 | > | 80 |
N-NH4 (mg/l) Soglie ** < 0,03 ≤ 0,06 ≤ 0,12 ≤ 0,24 > 0,24

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N-NO3 (mg/l) < 0,6 ≤ 1,2 ≤ 2,4 ≤ 4,8 > 4,8


Fosforo totale (µg/l) < 50 ≤ 100 ≤ 200 ≤ 400 > 400

* Punteggio da attribuire al singolo parametro


** Le soglie di concentrazione corrispondenti al Livello 1 sono state definite sulla base delle concentrazioni osservate in campioni (115) prelevati in siti di
riferimento (49), appartenenti a diversi tipi fluviali. In particolare, tali soglie, che permettono l'attribuzione di un punteggio pari a 1, corrispondono al 75°
percentile (N-NH4, N-NO3, e Ossigeno disciolto) o al 90° (Fosforo totale) della distribuzione delle concentrazioni di ciascun parametro nei siti di riferimento. I
siti di riferimento considerati fanno parte di un database disponibile presso CNR-IRSA.
Per tipi fluviali particolari le Regioni e le Province Autonome possono derogare ai valori soglia di LIMeco stabilendo soglie tipo specifiche diverse, purché sia
dimostrato, sulla base di un'attività conoscitiva specifica ed il monitoraggio di indagine, che i livelli maggiori di concentrazione dei nutrienti o i valori più bassi
di ossigeno disciolto sono attribuibili esclusivamente a ragioni naturali. Il valore di deroga e le relative motivazioni devono essere trasmesse al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e devono comunque essere riportate nel Piano di gestione e nel Piano di tutela delle acque.
Il valore medio di LIMeco calcolato per il periodo di campionamento è utilizzato per attribuire la classe di qualità al sito, secondo i limiti indicati nella succes-
siva tab. 4.1.2/b.
Conformemente a quanto stabilito nella Direttiva 2000/60/CE, lo stato ecologico del corpo idrico risultante dagli elementi di qualità biologica non viene de-
classato oltre la classe sufficiente qualora il valore di LIMeco per il corpo idrico osservato dovesse ricadere nella classe scarso o cattivo.
Tab. 4.1.2/b - Classificazione di qualità secondo i valori di LIMeco

Stato LIMeco
Elevato * ≥ 0,66
Buono ≥ 0,50
Sufficiente ≥ 0,33
Scarso ≥ 0,17
Cattivo < 0,17

* Il limite tra lo stato elevato e lo stato buono è stato fissato pari al 10° percentile dei campioni ottenuti da siti di riferimento
Altri parametri
Gli altri parametri, temperatura, pH, alcalinità e conducibilità, sono utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione del dato biologico e non per la
classificazione. Ai fini della classificazione in stato elevato è necessario che sia verificato che gli stessi non presentino segni di alterazioni antropiche e restino
entro la forcella di norma associata alle condizioni territoriali inalterate. Ai fini della classificazione in stato buono, è necessario che sia verificato che detti
parametri non siano al di fuori dell'intervallo dei valori fissati per il funzionamento dell'ecosistema tipo specifico e per il raggiungimento dei corrispondenti
valori per gli elementi di qualità biologica.
A.4.1.3 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità idromorfologica a sostegno
Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici fluviali, gli elementi idromorfologici a sostegno vengono valutati attraverso l'analisi dei seguenti a-
spetti (ciascuno dei quali descritto da una serie di parametri e/o indicatori):
- regime idrologico (quantità e variazione del regime delle portate);
- condizioni morfologiche (configurazione morfologica plano-altimetrica, configurazione delle sezioni fluviali, configurazione e struttura del letto, vegetazio-
ne nella fascia perifluviale, continuità fluviale - entità ed estensione degli impatti di opere artificiali sul flusso di acqua, sedimenti e biota -).
Per i tratti di corpo idrico candidati a siti di riferimento sono valutate anche le condizioni di habitat, conformemente a quanto riportato al successivo para-
grafo «Condizioni di habitat».
Regime idrologico
L'analisi del regime idrologico è effettuata in corrispondenza di una sezione trasversale sulla base dell'Indice di Alterazione del Regime Idrologico IARI, che
fornisce una misura dello scostamento del regime idrologico osservato rispetto a quello naturale che si avrebbe in assenza di pressioni antropiche.
L'indice di alterazione è definito in maniera differente a seconda che la sezione in cui si effettua la valutazione del regime idrologico sia dotata o meno di
strumentazione per la misura, diretta o indiretta, della portata.
La serie delle portate naturali, utilizzata dall'Autorità competente per definire il regime idrologico di riferimento deve essere sufficientemente lunga per ot-
tenere una stima idrologica affidabile. I dati di portata sono stimati o ricostruiti secondo le disponibilità territoriali. I criteri e i modelli di stima e/o ricostru-
zione della serie delle portate naturali devono essere riportati nei piani di gestione.
La valutazione dello stato del regime idrologico si articola in due fasi (Fase 1 e Fase 2).
Nella Fase 1, sulla base del valore assunto da IARI, è individuato il corrispondente stato del regime idrologico così come indicato nella tabella 4.1.3/a.
Tab. 4.1.3/a - Classi di stato idrologico

IARI STATO
0 ≤ IARI ≤ 0,05 ELEVATO
0,05 < IARI ≤ 0,15 BUONO
0,15 < IARI NON BUONO

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Nel caso in cui il valore di IARI evidenzi la presenza di condizioni critiche, ossia corrispondenti ad uno stato inferiore al «BUONO» (IARI > 0,15), si procede alla
Fase 2.
Nella Fase 2, si provvede ad un approfondimento per individuare l'origine della criticità e conseguentemente confermare o variare il giudizio espresso.
Nel caso di sezione strumentata, si effettua l'indagine derivata dal metodo Indicators of Hydrologic Alterations (IHA) che individua cinque componenti criti-
che del regime idrologico fondamentali per la regolazione dei processi ecologici fluviali.
La differenza tra parametri omologhi dedotti dalle due diverse serie, naturale e reale, è valutata rispetto ad un intervallo di accettabilità prefissato, che defi-
nisce l'accettabilità dello scostamento dalle condizioni naturali.
Qualora alcuni parametri non rientrino nell'intervallo di accettabilità a causa di un'alterazione imputabile a fattori naturali (es. variazioni climatiche), è possi-
bile elevare la classe di stato idrologico (indicazioni e motivazioni dell'attribuzione del corpo idrico ad una classe più elevata devono essere riportate nei pia-
ni di gestione). In questi casi deve inoltre essere valutato se si tratti di una tendenza consolidata e in tal caso se sia opportuno rivedere le condizioni di rife-
rimento.
Se invece le cause sono di origine antropica, si conferma la valutazione derivante dalla Fase 1 e si definiscono le misure per riportare i parametri idrologici
critici all'interno dell'intervallo di accettabilità prefissato.
Nel caso di sezione non strumentata, nella Fase 2, occorre provvedere al monitoraggio sistematico della portata nella sezione in esame al fine di investigare
le cause che hanno determinato le condizioni di criticità, e quindi confermare o modificare il giudizio precedentemente espresso secondo le indicazioni sopra
riportate.
Condizioni morfologiche
Le condizioni morfologiche vengono valutate per ciascuno dei seguenti aspetti:
- continuità: la continuità longitudinale riguarda la capacità del corso d'acqua di garantire il transito delle portate solide; la continuità laterale riguarda il libe-
ro manifestarsi di processi fisici di esondazione e di erosione;
- configurazione morfologica: riguarda la morfologia planimetrica e l'assetto altimetrico;
- configurazione della sezione: riguarda le variazioni di larghezza e profondità della sezione fluviale;
- configurazione e struttura alveo: riguarda la struttura e le caratteristiche tessiturali dell'alveo;
- vegetazione nella fascia perifluviale: riguarda gli aspetti legati alla struttura ed estensione della vegetazione nella fascia perifluviale.
La classificazione si basa sul confronto tra le condizioni morfologiche attuali e quelle di riferimento in modo da poter valutare i processi evolutivi in corso e i
valori dei parametri per descriverne lo stato e le tendenze evolutive future.
La valutazione dello stato morfologico viene effettuata considerando la funzionalità geomorfologica, l'artificialità e le variazioni morfologiche, che concorro-
no alla formazione dell'Indice di Qualità Morfologica, IQM.
Sulla base del valore assunto dall'IQM, è definita la classe di stato morfologico così come indicato nella tabella 4.1.3/b .
Tab. 4.1.3/b - Classi di stato morfologico

IQM STATO
0,85 ≤ IQM ≤ 1 ELEVATO
IQM < 0,85 NON ELEVATO

Classificazione per gli aspetti idromorfologici


La classificazione per gli aspetti idromorfologici è ottenuta dalla combinazione dello stato definito dagli indici IQM e IARI secondo la tabella 4.1.3/c .
Tab. 4.1.3/c - Classi di stato idromorfologico

STATO MORFOLOGICO
ELEVATO NON ELEVATO
ELEVATO ELEVATO NON ELEVATO
STATO IDROLOGICO BUONO ELEVATO NON ELEVATO
NON BUONO NON ELEVATO NON ELEVATO

Condizioni di habitat
Le condizioni di habitat sono valutate, secondo le modalità di seguito riportate, per i tratti di corpo idrico candidati a siti di riferimento. Le Regioni possono
valutare le condizioni di habitat anche nei corpi idrici sottoposti a monitoraggio di sorveglianza per acquisire un quadro conoscitivo più articolato in relazione
all'interpretazione del dato biologico.
La valutazione delle caratteristiche degli habitat è realizzata sulla base di informazioni (scala locale: tratto) relative ai seguenti aspetti: substrato, vegetazione
nel canale e detrito organico, caratteristiche di erosione/deposito, flussi, continuità longitudinale, struttura e modificazione delle sponde, tipi di vegetazio-
ne/struttura delle sponde e dei territori adiacenti, uso del suolo adiacente al corso d'acqua e caratteristiche associate. Ai fini dell'attribuzione di un tratto
fluviale allo stato elevato o non elevato, gli elementi sopra riportati devono essere formalizzati nelle seguenti categorie:
- diversificazione e qualità degli habitat fluviali e ripari;
- presenza di strutture artificiali nel tratto considerato;
- uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali.
Le informazioni relative a tali categorie, opportunamente mediate, concorrono a definire lo stato di qualità dell'habitat (Indice di Qualità dell'Habitat: IQH).
I limiti di classe per l'attribuzione dello stato elevato secondo la qualità dell'habitat sono riportati nelle tabelle 4.1.3/d e 4.1.3/e, separatamente per:
- corsi d'acqua temporanei e corsi d'acqua di pianura piccoli e molto piccoli;

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- tutti i rimanenti tipi fluviali.


Tab. 4.1.3/d - Stato di qualità dell'habitat per i corsi d'acqua temporanei e per i corsi d'acqua di pianura piccoli e molto piccoli.

IQH QUALITÀ HABITAT


IQH ≥ 0,81 ELEVATO
IQH < 0,81 NON ELEVATO

Tab. 4.1.3/e - Stato di qualità dell'habitat per tutti i rimanenti tipi fluviali.

IQH QUALITÀ HABITAT


IQH ≥ 0,90 ELEVATO
IQH < 0,90 NON ELEVATO

Qualora nel medesimo corpo idrico si monitorino più tratti di corpo idrico candidati a sito di riferimento, per il rilevamento della qualità dell'habitat il valore
di IQH è calcolato come media ponderata tra i diversi tratti. Occorre valutare quale percentuale del corpo idrico i diversi tratti in esame rappresentino. Il va-
lore di IQH calcolato per un tratto andrà moltiplicato per la percentuale di corpo idrico che esso rappresenta; tale valore andrà quindi sommato al valore di
IQH calcolato in un altro tratto del medesimo corpo idrico moltiplicato per la percentuale di rappresentatività del tratto nel corpo idrico.
La classificazione si basa sul rapporto tra le condizioni osservate e quelle attese in condizioni di riferimento. Nella sezione C dell'Appendice vengono riportati
i valori di riferimento utili per il calcolo dei rapporti di qualità, qualora il metodo di valutazione IQH utilizzato fosse basato sull'applicazione del metodo «CA-
RAVAGGIO».
Ai fini della classificazione, qualora si faccia anche ricorso alla valutazione delle condizioni di habitat, lo stato idromorfologico complessivo, come riportato in
tabella 4.1.3/f, è ottenuto dall'integrazione delle seguenti componenti:
- la classe ottenuta dagli aspetti idromorfologici;
- la classe ottenuta dalla qualità dell'habitat.
Tab. 4.1.3/f - Classificazione dello stato idromorfologico complessivo qualora sia valutata l'informazione relativa all'habitat.

ASPETTI IDROMORFOLOGICI
ELEVATO NON ELEVATO
HABITAT ELEVATO ELEVATO ELEVATO
NON ELEVATO ELEVATO NON ELEVATO

A.4.2 Corpi idrici lacustri


Nella classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri gli elementi di qualità biologica da considerare sono i seguenti:
- Fitoplancton
- Macrofite
- Pesci
Macrotipi lacustri per la classificazione
Ai fini della classificazione, i tipi lacustri di cui all'Allegato 3 del presente Decreto legislativo sono aggregati nei macrotipi come indicati alla Tab. 4.2/a
Tab. 4.2/a - Accorpamento dei tipi lacustri italiani in macrotipi

Macrotipo Descrizione Tipi di cui alla lettera A2 dell'allegato 3 del presente Decreto legi-
slativo
L1 Laghi con profondità massima maggiore di AL-3
125 m
L2 Altri laghi con profondità media maggiore Laghi appartenenti ai tipi ME-4/5/7, AL-6/9/10 e AL-1/2, limita-
di 15 m tamente a quelli profondi più di 15 m.
L3 Laghi con profondità media minore di 15 Laghi appartenenti ai tipi ME-2/3/6, AL-5/7/8, S e AL-1/2, limita-
m, non polimittici tamente a quelli profondi meno di 15 m.
L4 Laghi polimittici Laghi appartenenti ai tipi ME-1, AL-4
I1 Invasi dell'ecoregione mediterranea con Invasi appartenenti ai tipi ME-4/5
profondità media maggiore di 15 m
I2 Invasi con profondità media maggiore di 15 Invasi appartenenti ai tipi ME-7, AL-6/9/10 e AL-1/2, limitata-
m mente a quelli profondi più di 15 m.
I3 Invasi con profondità media minore di 15 Invasi appartenenti ai tipi ME-2/3/6, AL-5/7/8, S e AL-1/2, limita-
m, non polimittici tamente a quelli profondi meno di 15 m.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

I4 Invasi polimittici Invasi appartenenti ai tipi ME-1, AL-4

A.4.2.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli element


elementi di qualità biologica
Fitoplancton
La classificazione dei laghi e degli invasi a partire dal fitoplancton si basa sulla media dei valori di due indici, l'Indice medio di biomassa e l'Indice di composi-
compos
zione.
Il calcolo di questi due indici si basa a sua volta
lta su più indici componenti: Concentrazione media di clorofilla a, Biovolume medio, PTI (PTIot, PT PTIspecies, Me-
dPTI) e Percentuale di cianobatteri caratteristici di acque eutrofe.
Come indicato in tab. 4.2.1/a, l'Indice medio di biomassa è ottenuto, per tu tutti
tti i macrotipi, come media degli RQE normalizzati della Concentrazione
Concentr della clo-
rofilla a e del Biovolume.
L'Indice di composizione è invece ottenuto attraversoverso indici diversi in rel
relazione alla loro applicabilità
bilità ai differenti macrotipi; il suo valore può così corrispon-
dere all'RQE normalizzato del PTIot o del PTIspecies, ovvero alla m media
dia degli RQE normalizzati del MedPTI e della Percentuale di cianobatteri.
L'Indice complessivo per il fitoplancton (ICF), determinato sulla base dei dati di un anno di camp campionamento,
ionamento, si ottiene come media degli IndiciI medi di com-
posizione e biomassa.
Per la classificazione nel caso di monitoraggio operativo si utilizza il valore medio dei tre ICF calcolati annualmente.
Tab. 4.2.1/a - Componenti degli indici da mediare per il calcolo dell'Indice finale di classificazione

Macrotipi Indice medio di biomassa* Indice di composizione**


L2, L3, L4, I2, I3, I4 Concentrazione me- Biovolume medio PTIot
dia di clorofilla a
L1 Concentrazione me- Biovolume medio PTIspecies
dia di clorofilla a
I1 Concentrazione me- Biovolume medio MedPTI Percentuale di cia-
dia di clorofilla a nobatteri caratteri-
stici di acque eutrofe

*Calcolato come media degli RQE normalizzati degli indici componenti so sottostanti
**Corrispondente all'RQE normalizzato del singolo golo indice componente so sottostante,
tostante, o calcolato come media degli RQE normalizzati dei due indici componenti
co
sottostanti per il solo macrotipo I1
Limiti di classe e classificazione
In tabella 4.2.1/b sono riportati i valori di RQE relativi ai limiti d dii classe dell'Indice complessivo per il fitoplancton (ICF). Nelle successive tabelle vengono ri-
r
portati i limiti di classe ed i relativi valori
lori di riferimento, distinti per macrotipi, per la Concentrazione media annua di clorofilla a, il Biovol
Biovolume medio, la Per-
centuale di cianobatteri, il MedPTI, il PTIot e il PTIspecies.
Tab. 4.2.1/b - Limiti di classe, espressi come me rapporti di qualità ecologica (RQE), dell'Indice complessivo per il fitoplancton

Stato Limiti di classe (RQE)


Elevato/Buono 0,8
Buono/Suffi
Buono/Sufficiente 0,6
Sufficiente/Scarso 0,4
Scarso/Cattivo 0,2

Nelle tabelle seguenti si riportano i valori di RQE relativi ai limiti di classe ed ai valori di riferime
riferimento
to degli indici componenti.
Tab. 4.2.1/c - Limiti di classe RQE per la concentrazione medimedia annua di clorofilla a

* gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idr
idromorfologica
I valori riportati in Tab. 4.2.1/c corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.

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Tab. 4.2.1/d - Limiti di classe RQE del Biovolume


volume medio annuo

* gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idr
idromorfologica
I valori riportati in Tab. 4.2.1/d corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.
Tab. 4.2.1/e - Limiti di classe RQE per la percentuale di cianobatteri

* gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idr
idromorfologica
I valori riportati in Tab. 4.2.1/e corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.
Tab. 4.2.1/f - Limiti di classe RQE per l'indice
ce MedPTI

*gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idr
idromorfologica
I valori riportati in Tab. 4.2.1/f corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Tab. 4.2.1/g - Limiti di classe RQE per l'indice PTIot

* gli invasi non possono avere classe di qualità elevata a causa della loro non naturalità idr
idromorfologica
I valori riportati in Tab. 4.2.1/g corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.
Tab. 4.2.1/h - Limiti di classe RQE dell'indice
ce PTIspecies

I valori riportati in Tab. 4.2.1/h corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.
Macrofite
L'elemento biologico macrofite, o piante acquatiche,che, basa la classificazione dei laghi sull'uti
sull'utilizzo
lizzo delle sole specie idrofitiche, cioè quelle macrofite che hanno
modo di svilupparsi in ambienti puramente
ramente acquatici o su terreni o substrati che almeno periodicamente vengono sommersi dall'acqua.
Le metriche applicate alle macrofite per la classificazione
ione degli ambienti lacustri sono in totale cinque: la massima profondità di crescita, la fr frequenza relativa

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delle specie con forma di colonizzazione


nizzazione sommersa, la frequenza delle specie esotiche, la diversità calcolata come indice Si Simpson e il punteggio trofico per
ciascuna specie. Le metriche permettono di calcolare due indici MTIspecies, per i laghi di categoria LL-AL3, e MacroIMMI, croIMMI, per i laghi appartenenti alle tipolo-
tipol
gie L-AL4, L-AL5 e L-AL6.
Allo stato attuale questi indici non trovano applicazione
cazione per i laghi mediterranei.
La metodologia di classificazione è diversa a seconda
conda dell'indice che viene applicato e quindi della tipologia di lago che deve essere classific
classificato.
Per determinare il valore dell'indice MTIspecies occorre calcolare per ci ciascun sito (inteso
nteso come porzione continua di riva, di ampiezza variabile, al cui interno
è possibile individuare una comunità tà macrofisica omogenea in te termini di composizione
zione specifica) la media ponderata dei valori trofici di ciascuna
ci specie ri-
spetto alle abbondanze relative
lative e, per l'intero corpo idrico, la media ponderata del valore ottenuto per ciascun sito rispetto alla lunghezza totale d dei siti con
presenza di vegetazione.
Per la determinazione del valore dell'indice MacroIMMI
croIMMI sono necessari due passaggi successivi: il primo passaggio prevede il calcolo in ciascun sito (definito(d
come sopradetto) della media dei valori ottenuti di ciascuna metrica; il secondo passaggio prevede il calcolo della media pon ponderata dei valori in ciascun sito
rispetto alla lunghezza totale deiei siti con presenza di vegetazi
vegetazione.
ne. L'ambiente di applicazione e' costituito dai laghi polimittici o non polimittici
pol con profondità
massima minore o uguale a 125 m.
Limiti di classe e classificazione
In tabella 4.2.1/i e in tabella 4.2.1/l sono riportati i limiti di classe e i valori di riferimento, d distinti
stinti per macrotipi, rispettivamente per gli indici finali MTIspe-
MTIsp
cies e MacroIMMI. Nelle tabelle successive
cessive sono indicati i limiti di classe e i valori di riferimento, distinti per macrotipi, per le metr
metriche (massima profondità
di crescita, frequenza relativa delle specie sommerse, fr frequenza
quenza delle specie esotiche, diversità, punteggio trofico per ciascuna specie)sp da utilizzare per il
calcolo dei suddetti indici.
Tab. 4.2.1/i - Limiti di classe RQE per MTIspecies

I valori riportati in Tab. 4.2.1/i corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Tab. 4.2.1/l - Limiti di classe RQE per MacroIMMI

I valori riportati in Tab. 4.2.1/l corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Tab. 4.2.1/m - Limiti di classe RQE per la massima profondità di crescita

*Nel caso il lago abbia profondità inferiore ai 12 m il valore di limite tra la classe alta e la classe buona è da considerar
considerarsi
si compreso tra l'80 e il 100% della pro-
pr
fondità massima.
I valori riportati
iportati in Tab. 4.2.1/m corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.
Tab. 4.2.1/n - Limiti di classe RQE per la frequenza relativa delle specie sommerse

I valori riportati in Tab. 4.2.1/n corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.
Tab. 4.2.1/o - Limiti di classe RQE per la frequenza delle specie esotiche

I valori riportati in Tab. 4.2.1/o corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.

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Tab. 4.2.1/p - Limiti di classe RQE per la Diversità

I valori riportati in Tab.. 4.2.1/p corrispondono al valore più basso della cla
classe superiore.
Tab. 4.2.1/q - I limiti di classe RQE per il punteggio trofico per ciascuna specie

I valori riportati in Tab. 4.2.1/q corrispondono al valore più basso della cla classe superiore.
Pesci
La classificazione dei laghi per l'elemento biologico
gico pesci è effettuata attr
attraverso
verso l'applicazione dell'indice LFI (Lake Fish Index - LFI). Tale indice è composto da
cinque metriche. Il LFI è applicabile
cabile ad ogni lago con superficie >0,5 km² dell'Ecoregione Alp Alpina
ina e dell'Ecoregione Mediterranea.
Medite
Per ogni bacino lacustre sono definite delle specie cie indicatrici (specie chiave e tipo
tipo-specifiche)
specifiche) per la valutazione dello stato della fauna ittica.
Il valore degli RQE per ogni metrica è definito dal rapporto tra il pun punteggio
teggio della metrica e il punteggio della stessa assunto in condizioni di riferimento
(1938).
Il valore del Rapporto di Qualità Ecologica finale RQEtot, per la valutazione dello stato della fauna ittica, è calcolato com come media aritmetica dei valori degli
RQE delle singole metriche.
Limiti di classe e classificazione
In tabella 4.2.1/r sono riportati i valori di RQEtot relativi ai limiti di classe dell'Indice LFI.
Nelle successive tabelle vengono riportati i limiti di classe ed i relativi valori di riferimen
riferimento per le seguenti metriche:
- abbondanza relativa delle specie chiave NPUS (Numero Per Unità di Sfo Sforzo) - metrica 1;
- struttura di popolazione delle specie chiave - Indice di struttura PSD - metrica 2;
- successo riproduttivo delle specie chiave e delle specie tipo
tipo-specifiche - metrica 3;
- diminuzione (%) del numero di specie chiave e tipo-specifiche
specifiche - metrica 4;
- presenza di specie ittiche alloctone ad elevato impatto - metrica 5.
Tab. 4.2.1/r - Limiti di classe RQEtot per la valutazione dello stato de della fauna ittica nei laghi con superficie > 0,5km²

Stato Limiti di classe (RQE tot)


Elevato/Buono 0,8
Buono/Sufficiente 0,6
Sufficiente//Scarso 0,4
Scarso/Cattivo 0,2

Tab. 4.2.1/s - Limiti di classe RQE1 per la metrica 1

Valori di Riferimento
rimento Limiti di classe
Eleva- Buo- Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
to/Buono no/Sufficiente
RQE1 1 0,8 0,6 0,4 0,2
Abbondanza relativa >60 7-60 1-6 non catturati nel monito- Né catturati né segnalati
delle specie chiave - raggio ma segnalati da os- negli ultimi
u 5 anni da osser-
NPUS servazioni o statistiche di vazioni o statistiche
stat di pe-
pesca negli ultimi 5 anni sca
Punteggio metrica 10 8 6 4 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/s corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Tab. 4.2.1/t - Limiti di classe RQE2 per la metrica 2

Valori di Limiti di classe


Riferimento Elevato/ Buono Buono/ Sufficiente
ciente
RQE2 1 0,6 0,2

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Indice PSD 35-65 25-34/66-75 <25/>75


Punteggio metrica 10 6 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/t corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Tab. 4.2.1/u - Limiti di classe RQE3 per la metrica 3

Valori di Limiti di classe


riferimento Elevato/ Buono Buono/ Sufficiente Sufficiente / Scarso Scarso/ Cattivo
RQE3 1 0,8 0,6 0,4 0,2
Successo riprodutti- >80% 80-66% 65-51% 50-25% <25%
vo delle specie chia-
ve e tipo-specifiche
Punteggio metrica 10 8 6 4 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/u corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Tab. 4.2.1/v - Limiti di classe RQE4 per la metrica 4

Valori di Limiti di classe


riferimento Elevato/ Buono Buono/ Sufficiente Sufficiente / Scarso Scarso/ Cattivo
RQE4 1 0,8 0,6 0,4 0,2
Diminuzione specie <20% 20-40% 41-60% 61-80% >80%
ittiche chiave e tipo-
specifiche
Punteggio metrica 10 8 6 4 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/v corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Tab. 4.2.1/z - Limiti di classe RQE5 per la metrica 5

Valori di Limiti di classe


riferimento Elevato/ Buono Buono/ Sufficiente Sufficiente / Scarso Scarso/ Cattivo
RQE5 1 0,8 0,6 0,4 0,2
% specie alloctone <20% 20-40% 41-60% 61-80% >80%
Punteggio metrica 10 8 6 4 2

I valori riportati in tab. 4.2.1/z corrispondono al valore più basso della classe superiore.
Per quanto riguarda l'EQB «pesci» ogni lago è considerato come un unico corpo idrico.
Nei laghi con superficie superiore a 50km² - il cui campionamento presuppone la suddivisione in sottobacini - il valore finale degli RQE è calcolato come me-
dia aritmetica degli RQE calcolati per ogni sottobacino.
A.4.2.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno
Ai fini della classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici lacustri gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:
- fosforo totale;
- trasparenza;
- ossigeno ipolimnico;
Per un giudizio complessivo della classificazione si tiene conto, secondo i criteri riportati al paragrafo «Altri parametri», anche di:
- pH;
- alcalinità;
- conducibilità;
- ammonio.
Fosforo totale, trasparenza e ossigeno disciolto (LTLeco)
Ai fini della classificazione, il fosforo totale, la trasparenza e l'ossigeno disciolto vengono integrati in un singolo descrittore LTLeco (livello trofico laghi per lo
stato ecologico) secondo la metodologia di seguito riportata basato su un numero di campionamenti annuali pari a quelli previsti dal protocollo di campio-

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

namento APAT 46/2007 -. La procedura per il calcolo dell'LTLeco prevede l'assegnazione di un punteggio per fosforo totale, trasparenza e ossigeno ipolimni-
co, misurati in sito, sulla base di quanto indicato nelle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, 4.2.2/c del presente paragrafo. Dette tabelle riportano punteggi distinti per i
livelli corrispondenti alle classi elevata, buona e sufficiente per i singoli parametri.
I livelli per il fosforo totale, di cui alla tab. 4.2.2/a, sono riferiti alla concentrazione media, ottenuta come media ponderata rispetto ai volumi o all'altezza
degli strati, nel periodo di piena circolazione alla fine della stagione invernale, anche per i laghi e gli invasi meromittici.
Tab. 4.2.2/a - Individuazione dei livelli per il Fosforo Totale (¼g/l)

Valore di fosforo per ma- Livello 1 Livello 2 Livello 3


crotipi
Punteggio 5 4 3
L1, L2, I1, I2 ≤ 8 (*) ≤ 15 >15
L3, L4, I3, I4 ≤ 12 (**) ≤ 20 >20

(*) Valori di riferimento < 5 ¼g/l


(**) Valori di riferimento < 10 ¼g/l
I valori di trasparenza per l'individuazione dei livelli, di cui alla tab. 4.2.2/b, sono ricavati mediante il calcolo della media dei valori riscontrati nel corso
dell'anno di monitoraggio.
Tab. 4.2.2/b - Individuazione dei livelli per la trasparenza (metri)

Valore di trasparenza per Livello 1 Livello 2 Livello 3


macrotipi
Punteggio 5 4 3
L1, L2, I1, I2 ≥ 10 (*) ≥ 5,5 <5,5
L3, L4, I3, I4 ≥ 6 (**) ≥3 <3

(*) Valori di riferimento >15 m


(**) Valori di riferimento >10 m
La concentrazione dell'Ossigeno ipolimnico è ottenuta come media ponderata rispetto al volume degli strati. In assenza dei volumi possono essere utilizzate
le altezze degli strati considerati. I valori di saturazione dell'ossigeno da utilizzare per la classificazione sono quelli misurati nell'ipolimnio alla fine del periodo
di stratificazione. In tab. 4.2.2/c, sono riportati i valori per l'individuazione dei livelli dell'ossigeno disciolto.
Tab. 4.2.2/c - Individuazione dei livelli per l'Ossigeno disciolto (% saturazione)

Valore di ossigeno di- Livello 1 Livello 2 Livello 3


sciolto per macrotipo
Punteggio 5 4 3
Tutti >80% (*) >40% ≤40%
<80%

(*) Valori di riferimento >90%


La somma dei punteggi ottenuti per i singoli parametri (fosforo totale, trasparenza e ossigeno ipolimnico) costituisce il punteggio da attribuire all'LTLeco,
utile per l'assegnazione della classe di qualità secondo i limiti definiti nella tabella 4.2.2/d di seguito riportata.
Tab. 4.2.2/d - Limiti di classe in termini di LTLeco

Classificazione stato Limiti di classe Limiti di classe in caso di trasparenza ridotta per cause naturali
Elevato 15 10
Buono 12-14 8-9
Sufficiente <12 <8

Nel caso di monitoraggio operativo, per la classificazione si utilizzano le medie dei valori misurati nei tre anni per ogni singolo parametro. Nel caso di monito-
raggio di sorveglianza si fa riferimento ai valori o di un singolo anno o alla media dei valori misurati negli anni di monitoraggio. Qualora nel medesimo corpo
idrico si monitorino più siti per il rilevamento dei parametri fisico-chimici, ai fini della classificazione del corpo idrico si considera lo stato più basso tra quelli
attribuiti alle singole stazioni.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

I valori di cui alle tabelle 4.2.2/a, 4.2.2/b, e 4.2.2/c sopra riportate possono essere derogati qualora coesistano le seguenti condizioni:
- gli elementi di qualità biologica del corpo idrico sono risultati in stato buono o elevato;
- il superamento dei valori tabellari è dovuto alle caratteristiche peculiari del corpo idrico;
- non sono presenti pressioni che comportino l'aumento di nutrienti ovvero siano state messe in atto tutte le necessarie misure per ridurre adeguatamente
l'impatto delle pressioni presenti.
Limitatamente al parametro trasparenza, i limiti previsti dalla tabella 4.2.2/b possono essere derogati qualora l'autorità competente verifichi che la diminu-
zione di trasparenza è principalmente causata dalla presenza di particolato minerale sospeso dipendente dalle caratteristiche naturali del corpo idrico. Inol-
tre, qualora l'autorità competente verifichi che la concentrazione di riferimento del Fosforo Totale (¼g/l) per un determinato lago o invaso, con particolare
attenzione alla categoria dei polimittici, determinata con metodi paleolimnologici o altri modelli previsionali attendibili, risulti essere superiore ai valori indi-
cati in tabella 4.2.2/a possono essere derivati altri limiti meno restrittivi utilizzando la relazione TP/Chl-a dei laghi alpini (OECD,1982).
Nel caso di deroga, il corpo idrico non subisce il declassamento a causa del superamento dei valori tabellari dei nutrienti.
Nei piani di gestione devono essere riportate le motivazioni dettagliate che giustificano l'applicazione della deroga ed il nuovo valore di riferimento per il
parametro utilizzato in deroga.
I corpi idrici ai quali è stata applicata la deroga per i valori dei nutrienti, sono sottoposti a monitoraggio operativo e a verifica annuale finalizzata ad accertare
l'assenza di un andamento di crescita statisticamente significativo, valutato sulla base di tre anni di campionamenti stagionali nella colonna d'acqua e, se
disponibili, dal confronto con dati pregressi.
Altri parametri
Per quanto riguarda temperatura, pH, alcalinità, conducibilità e ammonio (nell'epilimnio) deve essere verificato che, ai fini della classificazione in stato eleva-
to, non presentino segni di alterazioni antropiche e restino entro la variabilità di norma associata alle condizioni inalterate con particolare attenzione agli
equilibri legati ai processi fotosintetici. Ai fini della classificazione in stato buono, deve essere verificato che essi non raggiungano livelli superiori alla forcella
fissata per assicurare il funzionamento dell'ecosistema tipico specifico e il raggiungimento dei corrispondenti valori per gli elementi di qualità biologica. I
suddetti parametri chimico-fisici ed altri non qui specificati, sono utilizzati esclusivamente per una migliore interpretazione del dato biologico, ma non sono
da utilizzarsi per la classificazione.
A.4.2.3 Criteri tecnici per la classificazione dei laghi e dei corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione sulla base degli elementi di qualità
idromorfologica a sostegno
Nella classificazione dello stato ecologico dei laghi e dei corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione gli elementi idromorfologici a sostegno
del biologico da utilizzare sono:
- il livello
- i parametri morfologici.
Livello
L'utilizzo del livello per la classificazione avviene attraverso il calcolo della sintesi annuale (Sa) dei dati mensili di livello (Im) come di seguito riportato.
La sintesi annuale Sa è definita come la media pesata dei valori ricavati per ciascun mese (Im) dell'anno da valutare, con peso 2 per i mesi da gennaio a luglio
(compreso) e peso 1 per i restanti mesi e si applica a tutti i macrotipi. In tab. 4.2.3/a si riportano i limiti di classe per la sintesi annuale Sa.
Tab. 4.2.3/a - Limiti di classe espressi come Sa

Classificazione stato Limiti di classe


Elevato (*) Sa ≤ 1,25
Buono 1,25 < Sa ≤ 1,5

Sa ≤ 1 rappresentano le condizioni di riferimento


Si definisce il valore mensile di livello (Im) come:
Im= ”H mensile misurato/ ”H di riferimento
(”H = variazione di livello)
La valutazione di qualità del livello mensile deve essere distinta per condizione di piovosità (bassa, media o elevata) e per macrotipi.
Le condizioni di piovosità, avute nel mese precedente a quello di misura del livello, sono stabilite sulla base delle seguenti definizioni:
- condizione bassa: assenza di precipitazione sensibile (cioè > 1 mm), nel mese precedente a quello di misura. In alternativa utilizzare SPI;
- condizione media: piovosità media mensile, nel mese precedente a quello di misura, calcolata su almeno 10 anni di osservazione;
- condizione elevata: piovosità, nel mese precedente a quello di misura, al di sopra (+ 30%) delle piogge medie mensili calcolate su almeno 10 anni di osser-
vazione. In alternativa utilizzare SPI.
Nella successiva tab. 4.2.3/b si riportano i ”H di riferimento per le diverse condizioni di piovosità (bassa, media o elevata).
Tab. 4.2.3/b - ”H di riferimento

Macrotipi
”H L3, L4, I3*, I4* L1, L2, I1*, I2*
Valore di riferimento in condizioni di piovosità bassa ”H (cm) 15 30
Valore di riferimento in condizioni di piovosità media ”H (cm) 10 20
Valore di riferimento in condizioni di piovosità elevata ”H (cm) 25 80

* in questo caso sono da intendersi solo invasi identificati come corpi idrici lacustri naturali-ampliati o soggetti a regolazione

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

In alternativa alla classificazione con Sa, per casi specifici, le Regioni possono classificare attraverso la variazione di livello ”H giornaliera come riportato in
tabella 4.2.3/c
Tab. 4.2.3/c - Classificazione secondo i valori di ”H giornalieri

Classificazione stato Descrizione Limiti di classe


Si ammette un utilizzo antropi- ”H ≤ 10%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg conse-
co incidente per un 5% in più cutivi, precedenti l'abbassamento)
Elevato (*) rispetto alle condizioni di rife- ”H < 25 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio plurien-
rimento nale)
Buono Si ammette un utilizzo antropi- 10% < ”H ≤ 15%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg
co incidente per un 10% in più consecutivi, precedenti l'abbassamento)
rispetto alle condizioni di rife- 25 ≤ ”H < 30 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio plu-
rimento riennale)

(*) ”H ≤ 5%/giorno profondità media (calcolata su 15-20 gg consecutivi, precedenti l'abbassamento) ”H < 20 cm/giorno (abbassamento sotto il livello medio
pluriennale) rappresentano le condizioni di riferimento per il parametro livello.
I valori di livello misurati (giornalieri, settimanali, o mensili) devono essere riportati al riferimento assoluto (rispetto al livello del mare), per permettere una
confrontabilità a livello nazionale dei dati raccolti.
Parametri morfologici
I parametri morfologici da valutare ai fini della classificazione morfologica di un corpo idrico sono:
- la linea di costa intesa come la zona identificata attraverso il perimetro del corpo idrico lacustre;
- l'area litorale intesa come la parte di sponda che si trova tra il canneto, se presente, e le piante emerse galleggianti oppure, in assenza della zona a canne-
to, la zona tra il livello medio pluriennale del corpo idrico lacustre, dove batte l'onda, e la zona dove arrivano le macrofite emerse, galleggianti;
- il substrato inteso come la tipologia del materiale di cui sono composte sia la zona litorale che la zona pelagica;
- la profondità o interrimento intesa come evoluzione morfologica del fondo del corpo idrico lacustre, considerando in particolare i delta alluvionali.
Il metodo di riferimento per la valutazione dei suddetti parametri è il Lake Habitat Survey (LHS).
Tale metodo, mediante l'indice di alterazione morfologica (LHMS), permette di esprimere un giudizio di sintesi sulla qualità morfologica attraverso l'elabora-
zione di dati raccolti in campo. Il metodo si basa sull'osservazione di 10 punti o sezioni (Hab-plot), ugualmente distribuite lungo tutto il perimetro del corpo
idrico lacustre, in ciascuna delle quali si valutano le caratteristiche della linea di costa, dell'area litorale, del substrato, della profondità locale, della presenza
di affluenti e di infrastrutture antropiche. Vengono anche segnalate e quindi conteggiate nell'elaborazione del giudizio finale, tutte le attività antropiche insi-
stenti sul corpo idrico lacustre (es. attività ricreative, turistiche, economiche, la presenza di campeggi, porti, banchine, opere di ingegneria naturalista o clas-
sica, presenza di sbarramenti ecc.), individuate durante il passaggio tra un punto di osservazione e l'altro.
In tab. 4.2.3/d si riportano i parametri da analizzare e una sintesi delle pressioni insistenti sul corpo idrico, ciascuna con diversi intervalli e relativi punteggi
indicativi del passaggio da uno stato morfologico all'altro.
Tab. 4.2.3/d - Parametri da valutare e sintesi delle attività antropiche

Intervalli
Parametri Punteggio=0 Punteggio=2 Punteggio=4 Punteggio=6 Punteggio=8
Linea di costa e Area <10% della linea di >= 10%, <30% della >= 30%, <50% della >=50%, <75% della >=75% della linea di
litorale costa con opere di linea di costa con linea di costa con linea di costa con costa con opere di
ingegneria classica e opere di ingegneria opere di ingegneria opere di ingegneria ingegneria classica o
area litorale rinforza- classica o area litora- classica o area litora- classica o area litora- area litorale rinforza-
ta per 0-1 Hab-plot le rinforzata per 2 le rinforzata per 3-4 le rinforzata per 5-7 ta per 8 o più Hab-
Hab-plot Hab-plot Hab-plot plot
Utilizzo intensivo <10% della linea di >= 10%, <30% linea >= 30%, <50% linea >=50%, <75% linea di >=75% linea di costa
della area di costa costa non naturale e di costa non naturale di costa non naturale costa non naturale e non naturale e co-
copertura non natu- e copertura non na- e copertura non na- copertura non natu- pertura non naturale
rale dell'uso del suo- turale dell'uso del turale dell'uso del rale dell'uso del suo- dell'uso del suolo per
lo per 0-1 Hab-plot suolo per 2 Hab-plot suolo per 3-4 Hab- lo per 5-7 Hab-plot 8 o più Hab-plot
plot
Idrologia 0-1 strutture idrolo- 2 strutture idrologi- 3 o più strutture i- Utilizzo principale Una diga che non
giche che o presenza uno drologiche idroelettrico, con- permette il passaggio
sbarramento a mon- trollo per le piene, di pesci o principale
te approvvigionamento utilizzo idroelettrico
idropotabile o innal- o controllo piene,
zamento o abbassa- approvvigionamento
menti dell'ordine di 1 idropotabile e flut-
m tuazioni annuali tra
0,5 e 5 m
Interrimento e sub- < 25% della costa >= 25%, <50% della >= 50%, <70% della >70% della costa
strato soggetto ad erosione costa soggetta ad costa affetta da ero- affetta da erosione o
e <25% area del cor- erosione o >= 25%, sione o >= 50%, >70% dell'area del
po idrico lacustre <50% dell'area del <70% dell'area del corpo idrico lacustre
affetta da deposito corpo idrico lacustre corpo idrico lacustre affetta da deposito

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(escluse le isole ve- affetta da deposito affetta da deposito (escluse le isole ve-
getate) (escluse le isole ve- (escluse le isole ve- getate)
getate) o sedimenta- getate) o sedimenta-
zione sopra il natura- zione sopra il natura-
le substrato per 3-4 le substrato per 5-6
Hab-plot Hab-plot

Effettuando un'analisi incrociata dei parametri e delle pressioni di cui alla tab. 4.2.3/d, attraverso un database e un software dedicato, si definisce il punteg-
gio dell'indice di alterazione morfologica (LHMS). In tab. 4.2.3/e si riportano le classi di stato morfologico sulla base dei punteggi del LHMS.
Tab. 4.2.3/e - Classificazione secondo i punteggi del LHMS

Classificazione stato Punteggio


Elevato (*) LHMS ≤ 2
Buono 2< LHMS ≤ 4

(*) Il punteggio = 0 rappresenta un valore indice di condizioni di riferimento morfologiche.


Classificazione degli elementi idromorfologici a sostegno
La classificazione idromorfologica del corpo idrico è data dal peggiore tra gli indici idrologico Sa e quello morfologico LHMS
A.4.3 Acque marino costiere
Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico delle
acque marino-costiere, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:
- Fitoplancton
- Macroinvertebrati bentonici
- Macroalghe
- Angiosperme (Posidonia oceanica)
Macrotipi marino-costieri per la classificazione
I criteri per la tipizzazione dei corpi idrici, di cui all'Allegato 3 del presente Decreto legislativo, consentono l'individuazione dei tipi marino-costieri, su base
geomorfologica e su base idrologica.
La suddivisione dei corpi idrici in tipi è funzionale alla definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.
In considerazione delle caratteristiche dei vari EQB, le differenze tipo-specifiche e conseguentemente le condizioni di riferimento sono determinate, a se-
conda dell'EQB analizzato, dalle condizioni idrologiche e da quelle morfologiche.
La tipo-specificità per il Fitoplancton e i Macroinvertebrati bentonici è caratterizzata dal criterio di tipizzazione idrologico, ai fini della classificazione per tali
EQB i tipi delle acque marino-costiere, sono aggregati nei 3 gruppi (macrotipi) indicati nella successiva Tab. 4.3/a.
Per ciò che riguarda le Angiosperme (Posidonia oceanica) si fa riferimento al solo macrotipo 3 (bassa stabilità)
Per l'EQB Macroalghe la tipo-specificità è caratterizzata dal criterio di tipizzazione morfologico, le condizioni di riferimento sono in relazione alle differenti
condizioni geomorfologiche, ai fini della classificazione per questo EQB i tipi delle acque marino-costiere sono aggregati nei 2 gruppi (macrotipi) indicati nella
successiva Tab. 4.3/b.
Tab. 4.3/a - Macrotipi marino-costieri per fitoplancton e macroinvertebrati bentonici

Macrotipi Stabilità Descrizione


1 Alta Siti costieri fortemente influenzati da apporti d'acqua dolce di origine fluvia-
le;
2 Media Siti costieri moderatamente influenzati da apporti d'acqua dolce (influenza
continentale);
3 Bassa Siti costieri non influenzati da apporti d'acqua dolce continentale.

Tab. 4.3/b - Macrotipi marino-costieri per macroalghe

Macrotipi Descrizione
A rilievi montuosi
B terrazzi

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A.4.3.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica
Fitoplancton
Il fitoplancton è valutato attraverso il parametro «clorofilla a» misurato in superficie, scelto come indicatore della biomassa. Occorre fare riferimento non
solo ai rapporti di qualità ecologica (RQE) ma anche ai valori assoluti (espressi in mg/m³) di concentrazione di clorofilla a. Come già indicato nel paragrafo
A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificità per il fitoplancton è caratterizzata dal criterio idrologico. Di seguito vengono indicate le categorie «tipo-
specifiche», i valori da assegnare alle condizioni di riferimento e i limiti di classe distinti per ciascun macrotipo.
Modalità di calcolo, condizioni di riferimento e limiti di classe
Per il calcolo del valore del parametro «clorofilla a» si applicano 2 tipi di metriche:
- per i tipi ricompresi nei macrotipi 2 e 3 il valore del 90° percentile per la distribuzione normalizzata dei dati (1939)
- il valore della media geometrica, per i tipi ricompresi nel macrotipo 1
La Tab. 4.3.1/a, di seguito riportata, indica per ciascun macrotipo:
- i valori delle condizioni di riferimento in termini di concentrazione di «clorofilla a»;
- i limiti di classe, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente, espressi sia in termini di concentrazione di clorofilla a, che in
termini di RQE;
- il tipo di metrica da utilizzare.
Tab. 4.3.1/a Limiti di classe fra gli stati e valori di riferimento per fitoplancton

Macrotipo Valore di Limiti di classe Metrica


riferimen Elevato/Buono Buono/Sufficiente
to (mg/m³) (mg/m³) RQE (mg/m³) RQE
1 (alta stabilità) 1,8 2,4 0,75 3,5 0,51 Media Geometrica
2 (media stabilità) 1,9 2,4 0,80 3,6 0,53 90° Percentile
3 (bassa stabilità) 0,9 1,1 0,80 1,8 0,50 90° Percentile

Nella procedura di classificazione dello stato ecologico di un corpo idrico secondo l'EQB Fitoplancton, le metriche da tenere in considerazione per il confron-
to con i valori della tabella, sono quelle relative alle distribuzioni di almeno un anno della clorofilla a.
Poiché il monitoraggio dell'EQB Fitoplancton è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (3 anni) si ottiene un valore di «clorofilla a» per ogni an-
no. Il valore da attribuire al sito, si basa sul calcolo della media dei valori di «clorofilla a» ottenuti per ciascuno dei 3 anni di campionamento. Nel caso in cui
le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.
Macroinvertebrati bentonici
Sistema di classificazione
Per l'EQB Macroinvertebrati bentonici si applica l'Indice M-AMBI, che utilizza lo strumento dell'analisi statistica multivariata ed è in grado di riassumere la
complessità delle comunità di fondo mobile, permettendo una lettura ecologica dell'ecosistema in esame.
Come indicato nel paragrafo A.4.3 del presente allegato, la tipo-specificità per i macroinvetebrati bentonici è caratterizzata dal criterio idrologico. Pertanto
le categorie «tipo-specifiche» per i macroinvertebrati sono quelle associabili ai macrotipi 1, 2 e 3.
Modalità di calcolo dell'M-AMBI, condizioni di riferimento e limiti di classe
L'M-AMBI è un indice multivariato che deriva da una evoluzione dell'AMBI integrato con l'Indice di diversità di Shannon-Wiener ed il numero di specie (S). La
modalità di calcolo dell'M-AMBI prevede l'elaborazione delle suddette 3 componenti con tecniche di analisi statistica multivariata.
Per il calcolo dell'indice è necessario l'utilizzo di un software gratuito (AZTI Marine Biotic Index- New Version AMBI 4.1) da applicarsi con l'ultimo aggiorna-
mento già disponibile della lista delle specie.
Il valore dell'M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).
Nella tab. 4.3.1/b sono riportati:
- i valori di riferimento per ciascuna metrica che compone l'M-AMBI;
- i limiti di classe dell'M-AMBI, espressi in termini di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente.
I valori delle condizioni di riferimento e i relativi limiti Buono/Sufficiente ed Elevato/Buono descritti in tabella devono intendersi relativi al solo macrotipo 3
(bassa stabilità).
Tab. 4.3.1/b - Limiti di classe e valori di riferimento per l'M-AMBI

Macrotipo Valori di riferimento RQE


AMBI H' S Elevato/Buono Buono/Sufficiente
3 0,5 4 30 0,81 0,61

Macroalghe
Sistema di classificazione
Il metodo da applicare per la classificazione dell'EQB Macroalghe è il CARLIT.
La tipo-specificità per le macroalghe è definita dal criterio geomorfologico di cui all'Allegato 3 sez. A.3 del presente decreto legislativo. I macrotipi su base
geomorfologica da tenere in considerazione sono: A) rilievi montuosi e B) terrazzi. Nella procedura di valutazione dell'Indice CARLIT è necessario precisare
anche i seguenti elementi morfologici: la morfologia della costa (blocchi metrici, falesia bassa, falesia alta), il diverso grado di inclinazione della frangia infra-

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litorale, l'orientazione della costa, il grado di esposizione


sizione all'
all'idrodinamismo, il tipo di substrato (naturale, artificiale).
Modalità di calcolo del CARLIT, condizioni di riferimento e limiti di classe
Sulla base dei diversi elementi morfologici precedentemente
cedentemente citati sono individuate alcune ssituazioni
tuazioni geomorfologiche rilevanti,
rile a ciascuna delle quali è as-
segnato un Valore di Qualità Ecologica
logica di riferimento (EQVrif) ccome riportato nella tab. 4.3.1/c.
Tab. 4.3.1/c - Valori di riferimento per il CARLIT

Situazione geomorfologica rilevante EQVrif


Blocchi naturali 12,2
Scogliera bassa naturale 16,6
Falesia alta naturale 15,3
Blocchi artificiali 12,1
Struttura bassa artificiale 11,9
Struttura alta artificiale 8,0

L'indice CARLIT si basa su una prima valutazione del Valore di Qualità EcolEcologica (VQE), in ogni sito e per ogni categoria geomorfologica rilevante.
Il risultato finale dell'applicazione del CARLIT non fornisce un valore assol
assoluto, ma direttamente te il rapporto di qualità ecologica (RQE).
La tabella seguente riporta i limiti di classe, espressi
spressi in termini di RQE, tra lo stato elevato e lo stato buono, e tra lo stato buono e lo stato sufficiente.
Tab. 4.3.1/d - Limiti di classe per Elemento di qualità biologica «MACR
«MACROALGHE» secondo condo il metodo CARLIT espresso in termini di RQE

Sistema di classificazione adottato Macrotipi Rapporti di qualità ecologica RQE CARLIT


Elevato/Buono Buono/Sufficiente
CARLIT AeB 0,75 0,60

Angiosperme - Prateria a Posidonia oceanica


Sistema di classificazione
Per l'EQB Posidonia oceanica si applica l'Indice PREI.
L'Indice PREI include il calcolo di cinque descrittori:
tori: la densità della prateria (fasci m
m-2); la superficie
perficie fogliare fascio, (cm² fascio-1);
fascio il rapporto tra la biomassa
degli epifiti (mg fascio-1)1) e la biomassa fogliare fascio (mg fascio
fascio-1); la profondità del limite inferiore
iore e la tipologia del limite inferiore.
La densità della prateria, la superficie fogliare fascio ed il rapporto tra la biomassa degli epifiti e la biomassa fogliare vengono valutati alla profondità
pr stan-
dard di 15 m, su substrato sabbia o matte; nei casi in cui lo sviluppo batimetrico de della
la prateria non consenta il campionamento alla profondità standard, può
essere individuata, motivandone
tivandone la scelta, una profondità idonea al ccaso specifico.
Le praterie a P.oceanica vengono monitorate nel piano infralitoral
infralitoralee non influenzato da apporti d'acqua dolce significativi, ovvero nel macrotipo 3: bassa sta- st
bilità, siti costieri non influenzati da apporti d'acqua dolce e cont
continentale.
Modalità di calcolo dell'indice PREI, condizioni di riferimento e limiti di claclasse
La modalità di calcolo dell'indice PREI prevede l'applicazione della seguente equazione:
RQE= (RQE' + 0,11)/(1 + 0,10)
dove

Il valore del PREI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecol


Ecologica (RQE).
Il risultato finale dell'applicazione dell'Indice
Indice PREI non fornisce un valore assoluto, ma dire
direttamente
tamente il rapporto di qualità ecologica (RQE). La tabella 4.3.1/e
riporta i limiti di classe, espressi in termini di RQE.
Nel sistema di classificazione seguente lo stato cattivo corrisponde ad una rece
recente non sopravvivenza
vivenza di P. oceanica, ovvero, alla sua scomparsa
sco da meno di
cinque anni.
Tab. 4.3.1/e - Limiti di classe degli RQE per Elemento di Qualità Biologica «Posidonia oceanica», e condizioni di riferimento rif riferiti ai valori dell'Indice
PREI.

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RQE STATO ECOLOGICO


1 - 0,775 Elevato
0,774 - 0,550 Buono
0,549 - 0,325 Sufficiente
0,324 - 0,100 Scarso
< 0,100 - 0 Cattivo
CONDIZIONI DI RIFERIMENTO
Densità 599 fasci m-2
Superficie fogliare fascio 310 cm² fascio-1
Biomassa epifiti/Biomassa fogliare 0
Profondità limite inferiore 38 m

A.4.3.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologica a sostegno
Nelle acque marino costiere con l'espressione: «a sostegno», si intende che gli elementi di qualità fisico-chimica, salvo le eccezioni riportate nella Tab.
4.3.2/b, devono essere considerati nel sistema di classificazione dello stato ecologico, in quanto concorrono alla definizione di tale stato. Gli elementi idro-
morfologici devono essere utilizzati per migliorare l'interpretazione dei risultati biologici, in modo da pervenire all'assegnazione di uno stato ecologico certo.
Si riportano di seguito le tabelle che indicano gli elementi idromorfologici, Tab. 4.3.2/a e fisico-chimici, Tab. 4.3.2/b, a sostegno dei vari EQB.
Tab. 4.3.2/a- Elementi idromorfologici a sostegno dei vari EQB

EQB Elementi idromorfologici (*)


Fitoplancton regime correntometrico
Macroalghe ed Angiosperme escursione mareale, esposizione al moto ondoso, re-
gime correntometrico, profondità, natura e composi-
zione del substrato.
Macroinvertebrati bentonici profondità, natura e composizione del substrato

* Gli elementi idromorfologici non rientrano nella classificazione finale ma sono utilizzati per una migliore interpretazione dei dati acquisiti per gli altri ele-
menti di qualità
Tab. 4.3.2/b - Elementi fisico-chimici a sostegno dei vari EQB con indicazione dell'applicazione ai fini della classificazione dello stato ecologico

EQB Elementi fisico-chimici per la classificazio- Elementi fisico-chimici per l'interpretazio-


ne* ne**
Fitoplancton ossigeno disciolto, nutrienti trasparenza, temperatura, salinità
Macroalghe ed Angiosperme ossigeno disciolto, nutrienti trasparenza, temperatura, salinità,
Macroinvertebrati bentonici ossigeno disciolto, nutrienti trasparenza, temperatura, salinità

* Elementi fisico-chimici che rientrano nel sistema di classificazione dello stato ecologico da assegnare al corpo idrico
** Elementi fisico-chimici che non rientrano nel sistema di classificazione dello stato ecologico da assegnare al corpo, ma sono utilizzati ai fini interpretavi
dei risultati degli altri elementi
Elementi di qualità fisico-chimica e relativi limiti di classe
Ossigeno disciolto e nutrienti
L'ossigeno disciolto e i nutrienti, unitamente al parametro clorofilla a, sono valutati attraverso l'applicazione dell'Indice TRIX, al fine di misurare il livello tro-
fico degli ambienti marino-costieri.
L'Indice TRIX può essere utilizzato non solo ai fini della valutazione del rischio eutrofico (acque costiere con elevati livelli trofici e importanti apporti fluviali),
ma anche per segnalare scostamenti significativi dalle condizioni di trofia tipiche di aree naturalmente a basso livello trofico.
Ai fini dell'applicazione di tale indice, nella classificazione dello stato ecologico delle acque marino-costiere, nella Tab. 4.3.2/c, vengono riportati i valori di
TRIX (espressi come valore medio annuo), ossia i limiti di classe tra lo stato buono e quello sufficiente, per ciascuno dei macrotipi individuati su base idrolo-
gica.
Tab. 4.3.2/c - Limiti di classe, espressi in termini del TRIX, tra lo stato buono e quello sufficiente

Macrotipo Limiti di classe TRIX (Buono/Sufficiente)


1: Alta stabilità 5,0
2: Media stabilità 4,5
3: Bassa stabilità 4,0

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Nella procedura di classificazione dello stato ecologico, il giudizio espresso per ciascun EQB deve essere perciò congruo con il limite di classe di TRIX: in caso
di stato ecologico «buono» il corrispondente valore di TRIX deve essere minore della soglia riportata in tabella, per ciascuno dei tre macrotipi individuati.
Qualora il valore del TRIX sia conforme alla soglia individuata dallo stato biologico, nell'esprimere il giudizio di stato ecologico si fa riferimento al giudizio
espresso sulla base degli elementi di qualità biologica. Poiché il monitoraggio degli elementi fisico-chimici è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio ope-
rativo (3 anni) si ottengono tre valori di TRIX. Il valore di TRIX da attribuire al sito, si basa sul calcolo della media dei valori di TRIX ottenuti per ciascuno dei 3
anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed intervento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.
Temperatura e salinità
La temperatura e la salinità sono elementi fondamentali per la definizione dei tipi: essi concorrono alla definizione della densità dell'acqua di mare e, quindi,
alla stabilità, parametro su cui è basata la tipizzazione su base idrologica. Dalla stabilità della colonna d'acqua discende la tipo-specificità delle metriche e
degli indici utilizzati per la classificazione degli EQB.
Trasparenza
Per la trasparenza, espressa come misura del Disco Secchi, si adotta la stessa risoluzione valida per gli elementi idromorfologici a sostegno: essa è utilizzata
come elemento ausiliario per integrare e migliorare l'interpretazione del monitoraggio degli EQB, in modo da pervenire all'assegnazione di uno stato ecolo-
gico certo.
A.4.4 Acque di transizione
Fermo restando le disposizioni di cui alla lettera A.1 del punto 2 del presente allegato, sono riportati, ai fini della classificazione dello stato ecologico delle
acque di transizione, le metriche e/o gli indici da utilizzare per i seguenti elementi di qualità biologica:
- Macroalghe
- Fanerogame
- Macroinvertebrati bentonici
Tipizzazione e condizioni di riferimento
La suddivisione dei corpi idrici in tipi è funzionale alla definizione delle condizioni di riferimento tipo-specifiche.
Le condizioni di riferimento sono di seguito riportate per macrotipi, sulla base dell'escursione di marea e di intervalli di salinità (> 30 PSU e < 30 PSU) gli in-
tervalli di salinità sono riferiti solo alla marea > 50 cm .
Pertanto ai fini della classificazione i corpi idrici di transizione sono distinti in tre macrotipi (vedi Tab. 4.4/a).
Tab. 4.4/a - Macrotipi ai fini della definizione delle condizioni di riferimento per gli elementi di qualità biologica macroalghe, fanerogame e macroinver-
tebrati bentonici

marea non tidale microtidale


salinità oligo/meso/poli/eu/iperalino oligo/meso/polialino eu/iperalino
Codice DM AT01/AT02/AT03/AT04/AT05 AT11/AT12/
trasmissione dati AT06/AT07/AT08/AT09/AT10 AT13/ AT16/AT17/AT18 AT14/AT15/AT19/AT20
Macrotipo M-AT-1 M-AT-2 M-AT-3

I sistemi di classificazione dello stato ecologico per le acque di transizione definiti nel presente decreto non si applicano al tipo foci fluviali - delta.
Tali corpi idrici devono comunque essere tipizzati, secondo quanto previsto dall'allegato 3, sezione A del presente decreto e monitorati secondo quanto pre-
visto dalla lettera A.3 del punto 2 del presente allegato.
A.4.4.1 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità biologica
Fanerogame e macroalghe
Per l'EQB Macrofite, viene utilizzato l'indice E-MaQI, che integra i due elementi di qualità biologica macroalghe e fanerogame.
L'affidabilità dell'indice è legata al numero di specie presenti nelle stazioni di monitoraggio; l'applicabilità dell'indice richiede la presenza di almeno 20 spe-
cie.
Nel caso in cui il numero di specie presenti sia inferiore a 20, si applica l'indice R-MaQI, modificato.
Valori di riferimento e limiti di classe
Le soglie relative al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE) per la suddivisione dello stato nelle 5 classi previste è riportato in Tab. 4.1.1/a; i valori si applicano ai
tre macrotipi (M-AT-1, M-AT-2, M-AT3).
Tab. 4.4.1/a - Limiti di classe per l'E-MaQI e per l'R-MaQI modificato

Rapporto di Qualità Ecologica


Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
0,8 0,6 0,4 0,2

Le condizioni di riferimento per l'indice E MaQI sono espresse in Tab. 4.1.1/b


Tab. 4.4.1/b - Valori di riferimento per l'applicazione dell'indice E-MaQI per i diversi macrotipi

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Macrotipo Geomorfologia Escursione marea Salinità Valori di riferimento (E-


MaQI)
M-AT-1 Laguna costiera Non tidale - 1,00
M-AT-2 Laguna costiera microtidale Oligo/meso/poli 1,00
M-AT-3 Laguna costiera microtidale Eu/iper 1,03

L'indice R-MaQI modificato restituisce direttamente il rapporto di qualità ecologica (RQE), le condizioni di riferimento dell'indice sono intrinseche nel meto-
do.
Macroinvertebrati bentonici
Per l'EQB Macroinvertebrati bentonici ai fini della classificazione dello stato di qualità viene applicato l'indice M-AMBI e facoltativamente anche l'indice BITS.
L'M-AMBI è un indice multivariato che deriva da una evoluzione dell'AMBI integrato con l'Indice di diversità di Shannon-Wiener ed il numero di specie (S). La
modalità di calcolo dell'M-AMBI prevede l'elaborazione delle suddette 3 componenti con tecniche di analisi statistica multivariata.
Per il calcolo dell'indice è necessario l'utilizzo di un software gratuito (AZTI Marine Biotic Index- New Version AMBI 4.1) da applicarsi con l'ultimo aggiorna-
mento già disponibile della lista delle specie. Il valore dell'M-AMBI varia tra 0 ed 1 e corrisponde al Rapporto di Qualità Ecologica (RQE).
In aggiunta può essere utilizzato anche l'indice BITS.
L'applicazione dell'indice BITS è finalizzata ad un'eventuale sostituzione dell'M-AMBI nei successivi piani di gestione.
Valori di riferimento e limiti di classe
Tab. 4.4.1/c - Limiti di classe in termini di RQE per l'M-AMBI

Rapporto di Qualità Ecologica


Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
0,96 0,71 0,57 0,46

Le condizioni di riferimento sono state definite sulla base di un criterio misto statistico/geografico.
L'indice M-AMBI è un indice multivariato, pertanto le condizioni di riferimento vanno indicate per i tre indici che lo compongono: AMBI, Indice di Diversità di
Shannon-Wiener e numero di specie (S).
Tab. 4.4.1/d - Valori di riferimento tipo-specifiche per l'applicazione dell'M-AMBI

Macrotipo Geomorfologia Escursione marea Salinità AMBI Diversità di Numero di


Shannon- Specie (S)
Wiener
M-AT-1 Laguna costiera Non tidale - 1,85 3,3 25
M-AT-2 Laguna costiera microtidale Oligo/meso/poli 2,14 3,40 28
M-AT-3 Laguna costiera microtidale Eu/iper 0,63 4,23 46

Tab. 4.4.1/e - Limiti di classe in termini di RQE per il BITS

Limiti di classe (RQE)


Elevato/Buono Buono/Sufficiente Sufficiente/Scarso Scarso/Cattivo
0,87 0,68 0,44 0,25

Tab. 4.4.1/f - Valori di riferimento tipo-specifiche per l'applicazione del BITS

Macrotipo Geomorfologia Escursione marea Salinità BITS


M-AT-1 Laguna costiera Non tidale - 2,80
M-AT-2 Laguna costiera Microtidale Oligo/meso/poli 3,40
M-AT-3 Laguna costiera Microtidale Eu/iper 3,40

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A.4.4.2 Criteri tecnici per la classificazione sulla base degli elementi di qualità fisico-chimica e idromorfologici a sostegno
Nella classificazione dello stato ecologico delle acque di transizione gli elementi fisico-chimici a sostegno del biologico da utilizzare sono i seguenti:
- Azoto inorganico disciolto (DIN);
- Fosforo reattivo (P-PO4);
- Ossigeno disciolto.
Limiti di classe per gli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno
Si riportano in Tab. 4.4.2/a di seguito i limiti di classe degli elementi fisico-chimici a sostegno degli elementi di qualità biologica per la classificazione dello
stato ecologico dei corpi idrici di transizione. I limiti di classe per l'azoto sono definiti per 2 diverse classi di salinità (>30 psu e <30 psu). Il limite per il fosforo
reattivo è definito per gli ambienti con salinità >30 psu.
Tab. 4.4.2/a - Limiti di classe per gli elementi di qualità fisico-chimica nella colonna d'acqua

Denominazione della sostanza Limiti di classe B/S Classi di salinità


Salinità <30psu oligoalino
30 ¼M (420 ¼g/l c.a.) mesoalino
Azoto inorganico disciolto (DIN) (*) polialino
Salinità >30psu eualino
18 ¼M (253 ¼g/l c.a.) iperalino
Fosforo reattivo (P-PO4) (*) Salinità >30psu eualino
0,48 ¼M (15 ¼g/l c.a.) iperalino
Ossigeno disciolto ≤ 1 giorno di anossia/anno **

Note alla tab. 4.4.2/a


*Valore espresso come medio annuo; considerata l'influenza degli apporti di acqua dolce, per la definizione degli standard di qualità dell'azoto e del fosforo
si forniscono valori tipo-specifici in relazione alla salinità dei corpi idrici.
**Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1.0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99), Ipossia: va-
lori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 1-2.0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99)
Criteri di utilizzo degli elementi di qualità fisico-chimica a sostegno
Nutrienti
Qualora gli elementi di qualità biologica monitorati consentano di classificare le acque di transizione in stato buono o elevato, ma, per uno o entrambi i nu-
trienti, siano superati i limiti di classe riportati in Tab. 4.4.2/a , e comunque di un incremento non superiore al 75% del limite di classe riportato nella suddet-
ta tabella, le autorità competenti possono non declassare automaticamente a sufficiente il corpo idrico, purché attivino un approfondimento dell'attività
conoscitiva, un'analisi delle pressioni e degli impatti ed il contestuale avvio di un monitoraggio di indagine basato su :
a) la verifica dello stato degli elementi di qualità biologica rappresentativi dello stato trofico del corpo idrico (macroalghe, angiosperme e fitoplancton);
b) il controllo dei nutrienti con frequenza mensile.
Le attività necessarie ad escludere il declassamento del corpo idrico come sopra indicato rivestono durata minima diversa a seconda dell'entità del supera-
mento:
1) superamento<50% di uno o entrambi i parametri:
• il monitoraggio d'indagine sopra dettagliato è eseguito per un solo anno;
• il corpo idrico può essere classificato in stato buono anche alla fine del successivo monitoraggio operativo, senza effettuare un ulteriore monitoraggio di
indagine, purché risultino assenti impatti sulla comunità biologica indagata e non sia presente una tendenza significativa di aumento della concentrazione
dei nutrienti;
Se il superamento dei limiti di classe dei nutrienti riportati in Tab. 4.4.2/a si verifica durante il monitoraggio di sorveglianza, il monitoraggio dei parametri
fisico-chimici della colonna d'acqua deve essere effettuato per i 2 anni successivi al campionamento.
2) un superamento > 50%, e comunque inferiore a 75%, di uno o entrambi i parametri:
• il monitoraggio di indagine sopra dettagliato è seguito per due anni consecutivi;
• il corpo idrico può essere classificato in stato buono anche alla fine del successivo monitoraggio operativo, senza effettuare un ulteriore monitoraggio di
indagine, purché risultino assenti impatti sulla comunità biologica indagata e non sia presente una tendenza significativa di aumento della concentrazione
dei nutrienti;
• il monitoraggio di indagine negli anni intermedi tra i successivi monitoraggi operativi può essere proseguito a giudizio dell'autorità competente.
Resta fermo che anche in caso di esito positivo delle suddette attività volte ad escludere il declassamento, il corpo idrico è classificato in stato buono, anche
nel caso in cui gli EQB siano in stato elevato.
Nel caso in cui non sia attivata la procedura volta ad escludere il declassamento del corpo idrico sopra descritta, poiché il monitoraggio degli elementi fisico-
chimici è annuale, alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (tre anni) si ottengono tre valori di concentrazione dei nutrienti. Il valore di concentrazione da
utilizzare per la classificazione è la media dei valori ottenuti per ciascuno dei tre anni di campionamento. Nel caso in cui le misure di risanamento ed inter-
vento siano già in atto, si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.
Ossigeno
Qualora gli elementi di qualità biologica, controllati nel monitoraggio di sorveglianza od operativo, consentano di classificare le acque di transizione in stato
buono o elevato ma si verifichino condizioni di anossia/ipossia si procede come descritto di seguito:
1) Condizioni di anossia (1940) per 1 o più giorni all'interno di un anno
Il corpo idrico viene automaticamente classificato in stato ecologico sufficiente.
2) Condizioni di anossia (1941) di durata inferiore ad 1 giorno ma ripetute per più giorni consecutivi e/o condizioni di ipossia (1942) per più di 1 giorno/anno.
Si effettua per i due anni successivi e consecutivi al campionamento la verifica dello stato dei macroinvertebrati bentonici (anche qualora non selezionati per

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il monitoraggio operativo) quali elementi di qualità biologica indicativi delle condizioni di ossigenazione delle acque di fondo, al fine di verificare un eventua-
le ritardo nella risposta biologica.
In assenza di impatti sulla comunità biologica per due anni consecutivi, il corpo idrico può essere classificato in buono stato ecologico (anche nel caso in cui
gli EQB siano in stato elevato), in caso contrario si classifica come sufficiente.
Alla fine del ciclo di monitoraggio operativo (tre anni), si classifica sulla base del valore peggiore nei tre anni. Nel caso in cui le misure di risanamento ed in-
tervento siano già in atto, allora si utilizzano solo i dati dell'ultimo anno.
Il superamento dei limiti dell'ossigeno comporta il monitoraggio dei parametri fisico-chimici della colonna d'acqua per i successivi 2 anni anche nel caso di
monitoraggio di sorveglianza.
Qualora il posizionamento della sonda per il rilevamento in continuo dell'ossigeno ponga dei problemi di gestione possono essere dedotti indirettamente
fenomeni di anossia pregressi o in corso, dalla concentrazione del parametro ferro labile (LFe) e del rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile
(AVS/LFe) entrambi rilevati nei sedimenti.
Al riguardo le frequenze di campionamento dei suddetti parametri sono le seguenti:
• tra giugno e luglio e tra fine agosto e settembre (in concomitanza con le maree di quadratura) quando il rischio di anossia è elevato;
• tra febbraio e marzo (in concomitanza con le maree di sizigia) quando la riossigenazione del sistema è massima.
Di seguito sono riportati i limiti di classe per il ferro labile (Lfe) e per il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/Lfe)
Tab. 4.4.2/b- Limiti di classe per il ferro labile (LFe) e il rapporto tra i solfuri volatili disponibili e il ferro labile (AVS/Lfe) nei sedimenti.

Fe labile (¼mol/ cm³) Classificazione


>100 50-100 <50 stato
<0.25 <0.25 <0.25 Buono
AVS/LFe ≥0.25 ≥0.25 ≥0.25 Sufficiente

Altri parametri
Il valore della trasparenza e della temperatura non concorrono direttamente alla classificazione dello stato ecologico, ma sono utilizzati per migliorare l'in-
terpretazione dei risultati biologici e evidenziare eventuali anomalie di origine antropica. Lo stesso criterio vale per i parametri fisico-chimici a sostegno, indi-
cati nel protocollo di monitoraggio ISPRA per i quali non sono stati definiti valori di soglia.
Elementi di qualità idromorfologica a sostegno
La valutazione degli elementi di qualità idromorfologica influenza la classificazione dello stato ecologico solo nel passaggio tra stato «buono ed elevato».
I parametri idromorfologici a supporto degli elementi di qualità biologica previsti dalla tab. A.1.1 del punto 2 del presente allegato sono:
Condizioni morfologiche
- variazione della profondità
- massa, struttura e substrato del letto
- struttura della zona intertidale
Regime di marea
- flusso di acqua dolce
- esposizione alle onde
Le condizioni idromorfologiche dei corpi idrici di transizione per gli elementi sopra indicati sono valutate tramite giudizio esperto, come di seguito indicato.
Variazione della profondità
I dati di profondità derivanti dai rilievi morfobatimetrici dei fondali previsti dalla lettera A.3.3.4 del punto 2 dell'allegato 1 al presente decreto da eseguirsi
sono utilizzati secondo le frequenze riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato, almeno una volta nell'arco temporale del Piano di Gestione.
E' necessario indicare la presenza di attività antropiche rilevanti, quali dragaggio di canali e bassofondali o ripascimenti.
Struttura della zona intertidale
La valutazione della struttura della zona intertidale comprende diversi aspetti, quali l'estensione degli habitat caratteristici (es. barene, velme) e la copertura
e composizione della vegetazione.
Per una prima analisi è utile l'utilizzo di supporti cartografici e di foto aeree o satellitari, integrate dai risultati dell'attività di monitoraggio della vegetazione
da eseguirsi secondo le frequenze riportate nella tabella 3.7 del punto 2 del presente allegato.
Massa struttura e composizione del substrato.
Per l'analisi del substrato si utilizzano i dati rilevati in corrispondenza delle stazioni di macroinvertebrati e angiosperme, ovvero granulometria, densità e con-
tenuto organico del sedimento. Qualora tali elementi di qualità biologica, nel caso di monitoraggio operativo, non siano stati selezionati, è necessario prov-
vedere a appositi campionamenti del substrato o utilizzare informazioni derivanti da altre attività di monitoraggio.
Va inoltre considerata la presenza di attività antropiche rilevanti, quali ripascimenti con sedimenti di diverse caratteristiche.
Flusso di acque dolce
L'analisi diretta della variazione dei flussi d'acqua dolce è possibile qualora siano attive (o previste) stazioni di monitoraggio degli apporti d'acqua derivanti
dai corsi d'acqua o artificialmente da idrovore e altri scarichi (possibilmente integrati dagli altri elementi conoscitivi utili alla determinazione del bilancio i-
drologico del corpo idrico).
Ad integrazione delle analisi, le variazioni di flusso di acqua dolce possono essere indirettamente valutate tramite i dati di salinità derivanti dai campiona-
menti della matrice acqua previsti in corrispondenza delle stazioni di monitoraggio degli elementi di qualità biologica o integrati da dati derivanti da altre
attività di monitoraggio.
Esposizione alle onde
Non si ritiene necessaria l'installazione obbligatoria nelle acque di transizione di ondametri per l'analisi del moto ondoso. L'impiego di tali strumenti può es-
sere previsto nel caso in cui, dall'analisi delle condizioni morfologiche, siano evidenti fenomeni di erosione e instabilità del substrato dei bassofondali o delle
zone interditali e si ritenga necessaria la quantificazione delle pressioni idrodinamiche.

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A.4.5 Elementi chimici a sostegno (altri inquinanti


nanti specifici di cui all'allegato 8 e non appart
appartenenti all'elenco di priorità)
Per la classificazione dello stato ecologico attraverso
verso gli elementi chimici a sostegno si deve ffare re riferimento a quanto riportato nella tabella 4.5/a in merito
alla definizione di stato elevato, buono sufficiente. Per la class
classificazione del triennio
nio del monitoraggio operativo si utilizza il valore peggiore della media cal-
ca
colata per ciascun anno. Nel caso del monitoraggio di sorv
sorveglianza
glianza si fa riferimento al valor medio di un singolo anno; qualora nell'arco dei sei anni le regioni
regio
programmino
grammino il monitoraggio di sorveglianza per più di un anno si deve considerare il valore medio annuale peggiore. Qualora nel medesimo corpo idrico si
monitorino più siti per il rilevamento dei parametri
rametri chimici ai fini della classificazione del corp
corpoo idrico si considera lo stato peggiore tra quelli attribuiti alle
singole stazioni.
Tab. 4.5/a - Definizioni dello stato elevato, buono e sufficiente per gli el elementi chimici a sostegno.

Stato Elevato La media delle concentrazioni delle sostanze di sintesintesi, misurate


rate nell'arco di un anno, sono mino-
min
ri o uguali ai limiti di quantificazione delle migliori tecniche disponibili a costi ssostenibili. Le con-
centrazioni delle sostanze di origine naturale ricadono entro i livelli di fondo naturale.
Stato Buono La media
edia delle concentrazioni di una sostanza chimica, mon monitorata
torata nell'arco di un anno, è con-
co
forme allo standard di qual
qualità
tà ambientale di cui alla tab. 1/B, lettera A.2.7, del presente allegato
e successive modifiche e integrazioni.
Stato Sufficiente La media delle concentrazioni di una sostanza chimica, monitorata torata nell'arco di un anno, supera
lo standard di qualità aambientale
bientale di cui alla tab. 1/B lettera A.2.7, del presente allegato
alleg e succes-
sive modifiche e integrazioni.

Per la selezione delle sostanze chimiche, rimangono gono ferme le disposizioni di cui alla lettera A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente allegato.
A.4.6 Identificazione dello stato delle acque superficiali
perficiali e relativa present
presentazione
A.4.6.1 Stato ecologico
Lo stato ecologico del corpo idrico è classificato
cato in base alla classe più bassa, risultante dai dati di monitoraggio, relativa agli:
- elementi biologici;
- elementi fisico-chimici a sostegno, ad eccezione ne di quelli indicati, nel pr
presente
sente allegato, come utili ai fini interpretativi;
- elementi chimicii a sostegno (altre sostanze non appartenenti all'elenco di priorità).
Qualora lo stato complessivo risulti «elevato», è necessario provvedere ad una conferma media mediantete l'esame degli elementi idromorfologici. Se tale conferma
co
risultasse negativa, il corpo idrico
drico è declassato allo stato «buono».
Fanno eccezione le acque marino-costiere
costiere per le quali gli elementi idromo
idromorfologici
fologici non rientrano nella classificazione finale ma sono utilizzati per una miglio-
migli
re interpretazione dei dati acquisiti per gli altri elemen
elementi di qualità.
Si riportano di seguito gli schemi che chiariscono le 2 fasi necessarie per arrivare alla classific
classificazione
zione ecologica dei corpi idrici superficiali.
Fase I: Integrazione tra gli elementi biologici, fisico--chimici e idromorfologici (distinta perr fiumi, laghi/invasi e acque marino costiere/acque di transizio-
tra
ne)
A) FIUMI

(1) Lo stato elevato deve essere confermato dagli


gli elementi idromorfologici a sostegno
B) LAGHI E INVASI

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(1) Lo stato elevato deve essere confermato dagli


gli elementi idromorfolog
idromorfologici a sostegno
C) ACQUE MARINO COSTIERE E ACQUE DI TRANSIZIONE

(1) Per le Acque di transizione, ma non per le Acque marino


marino-costiere, lo stato elevato deve essere
sere confermato dagli elementi idromorfologici a sostegno.
sost
(2) Per le acque marino costiere e le acque di transizione non è stato disti
distinto un limite di classe
se tra lo stato elevato e il buono.
(3) Per le acque di transizione se al termine del processo di verifica previsto dal decreto non si evidenzia la presenza di ccriticità per le comunità biologiche e il
superamento delle soglie dei nutrienti
trienti è inferiore al 75% i corpi idrici possono essere classificati in stato buono (se elementi biologici sono in st stato elevato o
buono). Le Autorità
rità competenti possono in caso di superame
superamento della soglia declassare il corpo idrico a sufficiente te evitando di attivare il processo di verifica.
Fase II: Integrazione risultati della Fase I con gli elementi chimici (altri iinquinanti specifici)
Secondo passaggio: Integrazione Primo passaggio gio / Elementi chimici a ssostegno

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Presentazione dello stato ecologico


Per le varie categorie di acque superficiali, le Autorità
torità competenti fornisc
forniscono una mappa che riporta
porta la classificazione dello stato ecologico di ciascun corpo
idrico secondo lo schema cromatico co delineato nella tabella 4.6.
4.6.1/a di seguito riportata.
portata. Le Autorità competenti indicano inoltre, con un punto nero sulla
mappa, i corpi idrici per cui lo stato ecologico non è stato raggiu
raggiunto
to a causa del mancato soddisfacimento di uno o più degli standard di qualità
qual ambientale
fissati per il corpo idrico in questione relativamente a dete
determinati inquinanti sintetici e non sintetici.
Tab. 4.6.1/a - Schema cromatico per la presentazione
sentazione delle classi dello stato ecologico

Classe dello stato ecologico Colori associati


Elevato blu
Buono verde
Sufficiente giallo
Scarso arancione
Cattivo rosso

A.4.6.2 Potenziale ecologico


Per i corpi idrici fortemente modificati o artificiali,
li, il potenziale ecologico del corpo idrico in qu questione
stione è classificato in base al più basso dei valori
val riscontrati
durante il monitoraggio biologico, fisico-chimico
chimico e chimico (inquinanti specifici) rrelativamente
lativamente ai corrispondenti elementi qualitativi classificati secondo la
prima colonna della tabella 4.6.2/a di seguito riportata. Le Aut Autorità competenti forniscono una mappa che riporta la classificazione
class del potenziale ecologico
di ciascun corpo
po idrico secondo lo schema cromatico d delineato,
lineato, per i corpi idrici artificiali, nella seconda colonna della medesima tabella e, per quelli forte-
fort
mente modificati, nella terza. Le Autorità competenti
tenti indicano inoltre, con un punto nero sulla mappa, i corpi idrici per cui il buon potenziale ecologico non è
stato raggiunto a causa del mancato soddisfacimento
sfacimento di uno o più degli standard di qual qualità
tà ambientale fissati per il corpo idrico
idr in questione relativamente a
determinati inquinanti sintetici e non sintetici.
Tab. 4.6.2/a - Schema cromatico per la presentazione
sentazione delle classi del p potenziale ecologico

Colori associati
Classe del potenziale ecologi- Corpi idrici artificiali Corpi idrici fortemente modificati
modif
co
Buono e oltre Rigatura uniforme verde e gr
grigio chiaro rigatura uniforme verde e grigio scuro
Sufficiente Rigatura uniforme giallo e grigio chiaro rigatura uniforme giallo e grigio scuro
Scarso Rigatura uniforme arancione e grigio chiaro rigatura uniforme arancione e grigio scuro
Cattivo Rigatura uniforme rosso e grigio chiaro rigatura uniforme rosso e grigio scuro

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A.4.6.3 Stato chimico


In conformità a quanto riportato al punto A.2.6 e A.2.8 del presente allegato, il corpo idrico che soddisfa, per le sostanze dell'elenco di priorità, tutti gli stan-
dard di qualità ambientale fissati al punto 2, lettera A.2.6 tabella 1/A, o 2/A del presente allegato, è classificato in buono stato chimico.
In caso negativo, il corpo idrico è classificato come corpo idrico cui non è riconosciuto il buono stato chimico.
Per la selezione delle sostanze chimiche, rimangono ferme le disposizioni di cui alla lettera A.3.2.5 e A.3.3.4 del presente allegato.
Le Autorità competenti forniscono una mappa che indica lo stato chimico di ciascun corpo idrico secondo lo schema cromatico delineato nella seconda co-
lonna della tabella 4.6.3/a di seguito riportata per rispecchiare la classificazione dello stato chimico del corpo idrico.
Tab. 4.6.3/a - Schema cromatico per la rappresentazione delle classi dello stato chimico

Classificazione dello stato chimico Colori associati


Buono blu
Mancato conseguimento dello stato buono rosso

A.4.6.4 Trasmissione dati


I dati di cui ai punti A.4.6.1, A.4.6.2 e A.4.6.3 sono parte integrante delle informazioni fornite ai sensi del decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela
del territorio e del mare del 17 luglio 2009 recante: «Individuazione delle informazioni territoriali e modalità per la raccolta, lo scambio e l'utilizzazione dei
dati necessari alla predisposizione dei rapporti conoscitivi sullo stato di attuazione degli obblighi comunitari e nazionali in materia di acque».
B. ACQUE SOTTERRANEE
Buono stato delle acque sotterranee
Parte A - Buono stato chimico
Nella tabella 1 è riportata la definizione di buono stato chimico delle acque sotterranee.
Tabella 1- definizione del buono stato chimico

Elementi Stato Buono


La composizione chimica del corpo idrico
sotterraneo è tale che le concentrazioni di
inquinanti:
- non presentano effetti di intrusione salina;
- non superano gli standard di qualità ambientale di cui alla tabella 2 e i valori
Generali soglia di cui alla tabella 3 in quanto applicabili;
- non sono tali da impedire il conseguimento degli obiettivi ambientali di cui
agli articoli 76 e 77 del decreto n. 152 del 2006 per le acque superficiali con-
nesse né da comportare un deterioramento significativo della qualità ecologica
o chimico di tali corpi né da recare danni significativi agli ecosistemi terrestri
direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo.
Le variazioni della conduttività non indicano intrusioni saline o di altro tipo nel
Conduttività
corpo idrico sotterraneo.

A.1 - Standard di qualità


Nella tabella 2 sono inclusi gli standard di qualità individuati a livello comunitario.
Tabella 2- Standard di qualità

PARAMETRO Standard di qualità


Nitrati 50 mg/L
Sostanze attive nei pesticidi, compresi i loro pertinenti meta- 0,1¼g/L
boliti, prodotti di degradazione e di reazione * 0,5¼g/L (totale) **
* Per pesticidi si intendono i prodotti fitosanitari e i biocidi, quali definiti all'art. 2, rispettivamente del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, e del
decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174.
** «Totale» significa la somma di tutti i singoli pesticidi individuati e quantificati nella procedura di monitoraggio, compresi i corrispondenti metaboli-
ti e i prodotti di degradazione e reazione.

- I risultati dell'applicazione degli standard di qualità per i pesticidi ai fini del presente decreto non pregiudicano i risultati delle procedure di valutazione di
rischio prescritte dal decreto n. 194 del 1995 dal decreto del Presidente della Repubblica 23 aprile 2001, n. 290, e dal decreto n. 174 del 2000.
- Quando per un determinato corpo idrico sotterraneo si considera che gli standard di qualità in materia possono impedire il conseguimento degli obiettivi
ambientali specificati agli articoli 76 e 77 del decreto n. 152 del 2006 per i corpi idrici superficiali connessi o provocare un deterioramento significativo della

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qualità ecologica o chimica di tali corpi o un danno significativo agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterraneo sono stabiliti
valori soglia più severi conformemente all'art. 3 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30 e al presente allegato. I programmi e le misure richiesti in rela-
zione a tali valori soglia si applicano anche alle attività che rientrano nel campo di applicazione dell'art. 92 del decreto n. 152 del 2006.
A.2 - Valori soglia ai fini del buono stato chimico
1. Il superamento dei valori soglia di cui alla tabella 3, in qualsiasi punto di monitoraggio è indicativo del rischio che non siano soddisfatte una o più condizio-
ni concernenti il buono stato chimico delle acque sotterranee di cui all'art. 4, comma 2, lettera c, punti 1, 2 e 3 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30.
I valori soglia di cui alla tabella 3 si basano sui seguenti elementi: l'entità delle interazioni tra acque sotterranee ed ecosistemi acquatici associati ed ecosi-
stemi terrestri che dipendono da essi; l'interferenza con legittimi usi delle acque sotterranee, presenti o futuri; la tossicità umana, l'ecotossicità, la tendenza
alla dispersione, la persistenza e il loro potenziale di bioaccumulo.
Tabella 3- Valori soglia da considerare per la valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee

Numero Chemical Abstracts Ser- VALORI SOGLIA* (¼g L-1) (intera-


PARAMETRO VALORI SOGLIA (¼g L-1)
vice (CAS) zione acque superficiali)
ELEMENTI IN TRACCIA
Antimonio 7440-36-0 5
Arsenico 7440-38-2 10
Boro 7440-42-8 1000
0,08 (Classe 1)
0,09 (Classe 2)
Cadmio** 7440-43-9 5
0,15 (Classe 3)
0,25 (Classe 4)
Cromo Totale 7440-47-3 50
Cromo VI non applicabile 5
Mercurio 7439-97-6 1 0,07***
Nichel 7440-02-0 20 4 (SQA biodisponibile)
Piombo 7439-92-1 10 1,2 (SQA biodisponibile)
Selenio 7782-49-2 10
Vanadio 7440-62-2 50
COMPOSTI E IONI INORGANICI
Cianuro libero 57-12-5 50
Fluoruro 16984-48-8 1500
Nitrito 14797-65-0 500
Fosfato 98059-61-1
Solfato 18785-72-3 250 (mg L-1)
Cloruro 16887-00-6 250 (mg L-1)
Ammoniaca (ione ammonio) 14798-03-9 500
COMPOSTI ORGANICI AROMATICI
Benzene 71-43-2 1
Etilbenzene 100-41-4 50
Toluene 108-88-3 15
Para-xilene 106-42-3 10
POLICLICI AROMATICI
Benzo(a)pirene 50-32-8 0,01 1,7 x10-4
Benzo(b)fluorantene 205-99-2 0,1 0,017***
Benzo(k)fluorantene 207-08-9 0,05 0,017***
Benzo(g,h,i,)perilene 191-24-2 0,01 8,2 x10-3***
Dibenzo(a,h)antracene 53-70-3 0,01
Indeno(1,2,3-c,d)pirene 193-39-5 0,1
ALIFATICI CLORURATI
Triclorometano 67-66-3 0,15
Cloruro di Vinile 75-01-4 0,5
1,2 Dicloroetano 107-06-2 3
Tricloroetilene + Tetracloroetilene (79-01-6) +(127-18-4) 10

Esaclorobutadiene 87-68-3 0,15 0,05


1,2 Dicloroetilene 540-59-0 60
ALIFATICI ALOGENATI CANCEROGENI
Dibromoclorometano 124-48-1 0,13
Bromodiclorometano 75-27-4 0,17
NITROBENZENI
Nitrobenzene 98-95-3 3,5

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CLOROBENZENI
Clorobenzene 108-90-7 40
1,4 Diclorobenzene 106-46-7 0,5
1,2,4 Triclorobenzene 120-82-1 190
Triclorobenzeni 12002-48-1 0,4
Pentaclorobenzene 608-93-5 5 0,007
Esaclorobenzene 118-74-1 0,01 0,005
PESTICIDI
Aldrin 309-00-2 0,03
0,02 (Somma degli esaclorociclo-
Æ¢-esaclorocicloesano 319-85-7 0,1
esani)
DDT totale **** non applicabile 0,1 0,025
p,p'-DDT 50-29-3 0,01
Dieldrin 60-57-1 0,03
Sommatoria (aldrin, dieldrin, endrin, (309-00-2), (60-57-1), (72-20-8),
0,01
isodrin) (465-73-6)
DIOSSINE E FURANI
Sommatoria PCDD, PCDF non applicabile 4x10-6
ALTRE SOSTANZE
PCB***** non applicabile 0,01
Idrocarburi totali (espressi come n-
non applicabile 350
esano)
Conduttività (PScm -1 a 20°C)-acqua
non applicabile 2500
non aggressiva.
COMPOSTI PERFLUORURATI
Acido perfluoropentanoico (PFPeA) 2706-90-3 3
Acido perfluoroesanoico (PFHxA) 307-24-4 1
Acido perfluorobutansolfonico (PFBS) 375-73-5 3
Acido perfluoroottanoico (PFOA) 335-67-1 0,5 0,1
Acido perfluoroottansolfonico (PFOS) 1763-23-1 0,03 6,5x10-4
Note alla tabella 3:
* Tali valori sono cautelativi anche per gli ecosistemi acquatici e si applicano ai corpi idrici sotterranei che alimentano i corpi idrici superficiali e
gli ecosistemi terrestri dipendenti. Le regioni, sulla base di una conoscenza approfondita del sistema idrologico superficiale e sotterraneo, pos-
sono applicare ai valori di cui alla colonna (*) fattori di attenuazione o diluizione. In assenza di tale conoscenza, si applicano i valori di cui alla
medesima colonna.
** Per il cadmio e composti i valori dei valori soglia variano in funzione della durezza dell'acqua classificata secondo le seguenti quattro catego-
rie: Classe 1: <50 mg L-1 CaCO3, Classe 2: da 50 a <100 mg L-1 CaCO3, Classe 3: da 100 a <200 mg L-1 CaCO3 e Classe 4: ≥200 mg L-1 CaCO3.
*** Tali valori sono espressi come SQA CMA (massime concentrazioni ammissibili) di cui al decreto legislativo n. 172/2015.
**** Il DDT totale comprende la somma degli isomeri p,p'-DDT (1,1,1-tricloro-2,2 bis(p-clorofenil)etano; CAS 50-29-3), o,p'-DDT (1,1,1-tricloro-
2(o-clorofenil)-2-(p-clorofenil)etano; CAS 789-02-6), p,p'-DDE (1,1-dicloro-2,2 bis(p-clorofenil)etilene; CAS 72-55-9) e p,p'-DDD (1,1-dicloro-2,2
bis(p-clorofenil)etano; CAS 72-54-8).
***** Il valore della sommatoria deve far riferimento ai seguenti congeneri: 28, 52, 77, 81, 95, 99, 101, 105, 110, 114, 118, 123, 126, 128, 138,
146, 149, 151, 153, 156, 157, 167, 169, 170, 177, 180, 183, 187, 189.

- Per i pesticidi per cui sono stati definiti i valori soglia si applicano tali valori in sostituzione dello standard di qualità individuato alla tabella 2.
- Per i metalli il valore dello standard di qualità si riferisce alla concentrazione disciolta, cioè alla fase disciolta di un campione di acqua ottenuta per filtrazio-
ne con un filtro da 0,45 ¼m.
- Per tutti gli altri parametri il valore si riferisce alla concentrazione totale nell'intero campione di acqua
2. Laddove elevati livelli di fondo di sostanze o ioni, o loro indicatori, siano presenti per motivi idrogeologici naturali, tali livelli di fondo nel pertinente corpo
idrico sono presi in considerazione nella determinazione dei valori soglia. Nel determinare i livelli di fondo, è opportuno tenere presente i seguenti principi:
a) la determinazione dei livelli di fondo dovrebbe essere basata sulla caratterizzazione di corpi idrici sotterranei in conformità dell'allegato 1 del decreto legi-
slativo 16 marzo 2009, n. 30, e sui risultati del monitoraggio delle acque sotterranee, conformemente al presente allegato. La strategia di monitoraggio e
l'interpretazione dei dati dovrebbero tenere conto del fatto che condizioni di flusso e la chimica delle acque sotterranee presentano variazioni a livello late-
rale e verticale;
b) in caso di dati di monitoraggio limitati, dovrebbero essere raccolti ulteriori dati. Nel contempo si dovrebbe procedere a una determinazione dei livelli di
fondo basandosi su tali dati di monitoraggio limitati, se del caso mediante un approccio semplificato che prevede l'uso di un sottoinsieme di campioni per i
quali gli indicatori non evidenziano nessuna influenza risultante dall'attività umana. Se disponibili, dovrebbero essere tenute in considerazione anche le in-
formazioni sui trasferimenti e i processi geochimici;
c) in caso di dati di monitoraggio delle acque sotterranee insufficienti e di scarse informazioni in materia di trasferimenti e processi geochimici, dovrebbero
essere raccolti ulteriori dati e informazioni. Nel contempo si dovrebbe procedere a una stima dei livelli di fondo, se del caso basandosi su risultati statistici di
riferimento per il medesimo tipo di falda acquifera in altri settori per cui sussistono dati di monitoraggio sufficienti.

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Al fine di fornire gli elementi utili alla valutazione dello stato chimico dei corpi idrici sotterranei, sono rese disponibili le seguenti linee guida nazionali predi-
sposte dagli istituti scientifici nazionali di riferimento:
- una linea guida recante la procedura da seguire per il calcolo dei valori di fondo entro il 31 dicembre 2016.
- una linea guida sulla metodologia per la valutazione delle tendenze ascendenti e d'inversione degli inquinanti nelle acque sotterranee entro il 30 giugno
2017.
A.2.1 Applicazione degli standard di qualità ambientale e dei valori soglia
1. La conformità del valore soglia e dello standard di qualità ambientale deve essere calcolata attraverso la media dei risultati del monitoraggio, riferita al
ciclo specifico di monitoraggio, ottenuti in ciascun punto del corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei.
2. Il risultato è sempre espresso indicando lo stesso numero di decimali usato nella formulazione dello standard.
3. I metodi analitici da utilizzare per la determinazione dei vari analiti previsti nelle tabelle del presente Allegato fanno riferimento alle più avanzate tecniche
di impiego generale. Tali metodi sono tratti da raccolte di metodi standardizzati pubblicati a livello nazionale o a livello internazionale e validati in accordo
con la norma UNI/ISO/EN 17025.
4. Per le sostanze inquinanti per cui allo stato attuale non esistono metodiche analitiche standardizzate a livello nazionale e internazionale si applicano le
migliori tecniche disponibili a costi sostenibili riconosciute come appropriate dalla comunità analitica internazionale. I metodi utilizzati, basati su queste tec-
niche, presentano prestazioni minime pari a quelle elencate nel punto 6 e sono validati in accordo con la norma UNI/ISO/EN 17025.
5. a) per le sostanze per cui non sono presenti metodi analitici normalizzati, in attesa che metodi analitici validati ai sensi della ISO 17025 siano resi disponi-
bili da ISPRA, in collaborazione con IRSA-CNR ed ISS, il monitoraggio sarà effettuato utilizzando le migliori tecniche disponibili, sia da un punto di vista scienti-
fico che economico.
b) I risultati delle attività di monitoraggio pregresse, per le sostanze inquinanti di cui al punto 4, sono utilizzati a titolo conoscitivo.
A.2.2 Aggiornamento piani di gestione
Nei piani di gestione dei bacini idrografici, riesaminati e riaggiornati in conformità all'art. 117 del decreto n. 152/06, sono inserite le seguenti informazioni
sulle modalità di applicazione della procedura illustrata nella parte A del presente allegato:
a) informazioni su ciascuno dei corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei caratterizzati come a rischio:
- le dimensioni dei corpi idrici;
- ciascun inquinante o indicatore di inquinamento in base a cui i corpi idrici sotterranei sono caratterizzati come a rischio;
- gli obiettivi di qualità ambientale a cui il rischio è connesso, tra cui gli usi legittimi, reali o potenziali, del corpo idrico e il rapporto tra i corpi idrici sotterra-
nei e le acque superficiali connesse e agli ecosistemi terrestri che ne dipendono direttamente;
- nel caso di sostanze presenti naturalmente, i livelli di fondo naturali nei corpi idrici sotterranei;
- informazioni sui superamenti se i valori soglia sono oltrepassati;
b) i valori soglia, applicabili a livello nazionale, di distretto idrografico o della parte di distretto idrografico internazionale che rientra nel territorio nazionale,
oppure a livello di corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei;
c) il rapporto tra i valori soglia e ciascuno dei seguenti elementi:
- nel caso di sostanze presenti naturalmente, i livelli di fondo;
- le acque superficiali connesse e gli ecosistemi terrestri che ne dipendono direttamente;
- gli obiettivi di qualità ambientale e altre norme per la protezione dell'acqua esistenti a livello nazionale, unionale o internazionale;
- qualsiasi informazione pertinente in materia di tossicologia, ecotossicologia, persistenza e potenziale di bioaccumulo nonché tendenza alla dispersione de-
gli inquinanti;
d) la metodologia per determinare i livelli di fondo sulla base dei principi di cui alla parte A, punto 3;
e) le ragioni per cui non sono stati stabiliti valori soglia per gli inquinanti e gli indicatori identificati nella tabella 3 del presente allegato.
f) elementi chiave della valutazione dello stato chimico delle acque sotterranee, compresi il livello, il metodo e il periodo di aggregazione dei risultati di mo-
nitoraggio, la definizione dell'entità del superamento considerata accettabile e il relativo metodo di calcolo, conformemente all'art. 4, comma 2, lettera c),
punto 1), e al punto 3 dell'allegato 5 del decreto legislativo 16 marzo 2009, n. 30.
Qualora uno dei dati di cui alle lettere da a) a f), non sia incluso nei piani di gestione dei bacini idrografici, le motivazioni dell'esclusione sono inserite nei
suddetti piani.
Parte B - Stato quantitativo
Nella Tabella 4 è riportata la definizione di buono stato quantitativo delle acque sotterranee.
Tabella 4- Definizione di buono stato quantitativo

Elementi Stato buono


Il livello/portata di acque sotterranee nel corpo sotterraneo è tale che la media annua dell'estrazione a
lungo termine non esaurisca le risorse idriche sotterranee disponibili.
Di conseguenza, il livello delle acque sotterranee non subisce alterazioni antropiche tali da:
- impedire il conseguimento degli obiettivi ecologici specificati per le acque superficiali connesse;
- comportare un deterioramento significativo della qualità di tali acque;
- recare danni significativi agli ecosistemi terrestri direttamente dipendenti dal corpo idrico sotterra-
neo.
Livello delle acque sotter- Inoltre, alterazioni della direzione di flusso risultanti da variazioni del livello possono verificarsi, su base
ranee temporanea o permanente, in un'area delimitata nello spazio; tali inversioni non causano tuttavia l'in-
trusione di acqua salata o di altro tipo né imprimono alla direzione di flusso alcuna tendenza antropica
duratura e chiaramente identificabile che possa determinare siffatte intrusioni.
Un importante elemento da prendere in considerazione al fine della valutazione dello stato quantitati-
vo è inoltre, specialmente per i complessi idrogeologici alluvionali, l'andamento nel tempo del livello
piezometrico. Qualora tale andamento, evidenziato ad esempio con il metodo della regressione linea-
re, sia positivo o stazionario, lo stato quantitativo del copro idrico è definito buono. Ai fini dell'otteni-
mento di un risultato omogeneo è bene che l'intervallo temporale ed il numero di misure scelte per la

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valutazione del trend siano confrontabili tra le diverse aree. E' evidente che un intervallo di osservazio-
ne lungo permetterà di ottenere dei risultati meno influenzati da variazioni naturali (tipo anni partico-
larmente siccitosi).

La media annua dell'estrazione a lungo termine di acque sotterranee è da ritenersi tale da non esaurirne le risorse idriche qualora non si delineino diminu-
zioni significative, ovvero trend negativi significativi, delle medesime risorse.
Ai fini della valutazione della conformità a dette condizioni, è necessario, nell'ambito della revisione dei piani di gestione e dei piani di tutela da pubblicare
nel 2015, acquisire le informazioni utili a valutare il bilancio idrico.
Monitoraggio dei corpi idrici sotterranei
Al fine di controllare lo stato quali-quantitativo di un corpo idrico, è necessario realizzare due specifiche reti di monitoraggio volte a rilevare:
a) per lo stato quantitativo, una stima affidabile dello stato di tutti i corpi idrici o gruppo di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche
sotterranee disponibili;
b) per lo stato chimico, una panoramica corretta e complessiva dello stato chimico delle acque sotterranee all'interno di ciascun bacino idrogeologico e tale
da rilevare eventuali trend crescenti dell'inquinamento antropico sul lungo periodo.
I programmi di monitoraggio delle acque sotterranee ricadenti all'interno di ciascun bacino idrografico devono comprendere:
a) una rete per il monitoraggio quantitativo: al fine di integrare e validare la caratterizzazione e la definizione del rischio di non raggiungere l'obiettivo di
buono stato quantitativo per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell'Allegato 1; il principale obiettivo è, quindi, quello di facilitare la
valutazione dello stato quantitativo dei corpi idrici sotterranei;
b) una rete per il monitoraggio chimico che si articola in:
1. una rete per il monitoraggio di sorveglianza: al fine di integrare e validare la caratterizzazione e la identificazione del rischio di non raggiungere l'obiettivo
di buono stato chimico per tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici, di cui alla Parte B dell'Allegato 1; fornire informazioni utili a valutare le tendenze a lungo
termine delle condizioni naturali e delle concentrazioni di inquinanti derivanti dall'attività antropica; indirizzare, in concomitanza con l'analisi delle pressioni
e degli impatti, il monitoraggio operativo;
2. una rete per il monitoraggio operativo: al fine di stabilire lo stato di qualità di tutti i corpi idrici o gruppi di corpi idrici definiti a rischio; stabilire la presenza
di significative e durature tendenze ascendenti nella concentrazione di inquinanti.
Nei corpi idrici sotterranei destinati all'approvvigionamento idropotabile, in caso di particolari pressioni, sono considerati nel monitoraggio anche l'Escheri-
chia Coli, come indicatore microbiologico, e le sostanza chimiche di cui al decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31 «Attuazione della direttiva 98/83/CE rela-
tiva alla qualità delle acque destinate al consumo umano».
Detti parametri sono monitorati almeno una volta prima ed una durante ciascun periodo di pianificazione della gestione del bacino idrografico. Con partico-
lare riferimento all'Escherichia Coli, tale parametro non è utilizzato ai fini della classificazione dello stato di qualità dei corpi idrici, ma come indicatore per
l'individuazione delle misure da intraprendere. Inoltre, lo stesso parametro è monitorato solo in assenza di adeguati controlli.
I risultati dei programmi di monitoraggio devono essere utilizzati per:
a) stabilire lo stato chimico e quantitativo di tutti i corpi idrici sotterranei, inclusa una valutazione delle risorse idriche sotterranee disponibili;
b) supportare l'ulteriore caratterizzazione dei corpi idrici sotterranei;
c) validare la valutazione del rischio;
d) stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee che oltrepassano la frontiera tra Stati Membri;
e) assistere la progettazione dei programmi di misure;
f) valutare l'efficacia dei programmi di misure;
g) dimostrare la conformità con gli obiettivi delle aree protette comprese le aree protette designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano;
h) definire la qualità naturale delle acque sotterranee, incluse le tendenze naturali;
i) identificare le tendenze nella concentrazione di inquinanti di origine antropica e la loro inversione.
Le Regioni assicurano che i programmi di monitoraggio dei corpi idrici sotterranei siano basati su:
a) l'identificazione dei corpi idrici di cui all'Allegato 1, Parte A;
b) i risultati della caratterizzazione, compresa la valutazione del rischio, di cui all'Allegato 1, Parte B;
c) il modello concettuale di cui all'Allegato 1, Parte C.
I monitoraggi, da effettuarsi con modalità e frequenze stabilite nel presente Allegato, hanno valenza sessennale, al fine di contribuire alla revisione dei piani
di gestione del bacino idrografico, all'interno di ciascun distretto, e dei piani di tutela delle acque. Il primo periodo sessennale è 2010- 2015. Resta fermo che
i risultati del monitoraggio effettuato nel periodo 2008, ai sensi del decreto n. 152 del 2006, sono utilizzati per la predisposizione del primo piano di gestione
da pubblicare entro il 22 dicembre 2009.
Caratteristiche dei siti per il monitoraggio chimico e per il monitoraggio quantitativo
La selezione, l'ubicazione e l'appropriata densità di siti di monitoraggio devono essere basate sul modello concettuale (caratteristiche idrogeologiche e pres-
sioni) e possono essere supportate dalle seguenti informazioni esistenti:
a) dati esistenti sulla qualità e/o quantità;
b) caratteristiche costruttive degli esistenti siti di monitoraggio e regime delle estrazioni;
c) distribuzione spaziale dei siti esistenti in rapporto alle dimensioni del corpo idrico sotterraneo;
d) considerazioni pratiche inerenti la facilità di accesso, l'accesso a lungo termine e la sicurezza.
La selezione di appropriati tipi di siti di monitoraggio all'interno di una rete a livello di corpi idrici sotterranei deve essere basata sulla conoscenza degli obiet-
tivi del monitoraggio, del tempo di percorrenza e/o dell'età delle acque sotterranee che nel sito di monitoraggio vengono campionati.
Queste conoscenze possono essere migliorate con la datazione delle acque sotterranee, attraverso specifiche metodiche quali, ad esempio, Trizio e Carbo-
nio-14. Le coppie isotopiche 18O/ 16O e 2 H/ 1H danno informazioni sul tasso di rinnovamento delle falde e permettono di distinguere gli acquiferi confinati
da quelli liberi; inoltre, permettono di identificare le zone di ricarica in relazione ai dati isotopici dell'acqua piovana.
Le informazioni dettagliate sui siti devono essere disponibili e revisionate periodicamente. Dette informazioni, riportate a livello indicativo nella successiva
tabella 1, devono essere usate per valutare l'adeguatezza del sito e costituiscono supporto per l'individuazione dei programmi di monitoraggio pertinenti.

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Tabella 1- Informazioni utili per un sito di monitoraggio

Fattore Siti di monitoraggio Siti di monitoraggio


chimico quantitativo
Acquifero/i monitorato/i E* E
Ubicazione (coordinate geografiche), nome del sito e codice di identificazione E E
Corpo idrico interessato dal sito E E
Finalità del sito di monitoraggio E E
Tipo di sito di monitoraggio (pozzo in azienda agricola, pozzo industriale, sorgente, E E
etc.)
Profondità e diametro/i dei pozzi
Descrizione della parte esterna del pozzo (integrità del rivestimento, pendenza del-
la zona limitrofa esterna al pozzo)
Profondità delle sezioni a griglia o aperte dei pozzi
Vulnerabilità o indicazione dello spessore e del tipo di sottosuolo in corrispondenza
del sito di monitoraggio
Valutazione dell'area di ricarica (inclusi l'uso del suolo, le pressioni e le potenziali
fonti di pressioni puntuali, attraverso analisi di immagini satellitari e foto aeree)
Dettagli costruttivi
Quantitativi estratti o portata totale (alle sorgenti)
Regime pompaggio (descrizione qualitativa, per esempio intermittente, continuo,
notturno etc.)
Abbassamento piezometrico (livello dinamico)
Area di ricarica
Profondità di pompaggio
Livello idrico statico o di riposo
Livello di riferimento per le misurazioni e caposaldo topografico di riferimento
Fenomeni di risalite artesiane o di tracimazioni
Stratigrafia del pozzo
Proprietà dell'acquifero (trasmissività, conduttività idraulica, etc.)

* (E): informazioni essenziali. Per quanto riguarda le altre informazioni non identificate come essenziali, se ne raccomanda la raccolta.
Per la selezione dei siti del monitoraggio quantitativo si riportano le seguenti indicazioni:
a) nei siti di monitoraggio non si devono svolgere attività di pompaggio o possono essere svolte solo per periodi brevi e in tempi ben definiti, e comunque
interrotto per tempi significativi, in modo tale che le misurazioni del livello idrico riflettano le condizioni naturali;
b) l'ubicazione dei siti deve essere al di fuori del raggio di influenza idraulico della pressione (pompaggio) così che le variazioni quotidiane dovute al pompag-
gio non siano evidenziate nei dati di monitoraggio.
c) possono essere utilizzate sorgenti caratterizzate da una portata totale superiore a 1 litro/secondo.
Ove non vi siano alternative, i dati provenienti da siti che fungono da pozzi di estrazione continua possono essere ritenuti accettabili solo se vi siano oppor-
tune correlazioni tra il livello statico ed il livello dinamico.
Al fine di ottimizzare i monitoraggi previsti da specifiche disposizioni in relazione a differenti obiettivi, è raccomandato, ove possibile, procedere alla indivi-
duazione di siti comuni rappresentativi dei diversi obiettivi. Tale pratica costituisce il monitoraggio integrato che contribuisce significativamente ad un moni-
toraggio a basso rapporto costi/efficacia, combinando i requisiti del monitoraggio di cui all'art. 92, comma 5, del decreto n. 152 del 2006, alle aree protette
designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano, alla registrazione di prodotti per la protezione delle piante o biocidi, di cui al decreto n. 59
del 2005, e la conformità al presente decreto legislativo.
4.1 Raggruppamento dei corpi idrici
I corpi idrici sotterranei possono essere raggruppati ai fini del monitoraggio garantendo che le informazioni ottenute forniscano una valutazione affidabile
dello stato di ciascun corpo idrico all'interno del gruppo e la conferma di ogni tendenza significativa ascendente della concentrazione di inquinanti.
Il raggruppamento non deve compromettere il raggiungimento degli obiettivi ambientali e di monitoraggio di ciascun corpo idrico componente il gruppo.
Il raggruppamento può avvenire purché i corpi idrici siano assimilabili in termini di:
a) caratteristiche dell'acquifero;
b) alterazione delle linee di flusso;
c) pressioni a cui il corpo idrico è sottoposto;
d) attendibilità della valutazione del rischio.
Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come «non a rischio», non è necessario che gli stessi siano adiacenti né prevedere siti di monitoraggio per ogni
corpo idrico appartenente allo stesso raggruppamento. In quest'ultimo caso deve comunque essere garantito un monitoraggio complessivo sufficiente a
rappresentarli.
Se i corpi idrici sotterranei sono classificati come «a rischio», il raggruppamento è possibile solo quando gli stessi sono adiacenti, fatta eccezione per i piccoli
corpi idrici sotterranei simili o per i corpi idrici sotterranei ricadenti nelle isole di medie o piccole dimensioni. Per ciascun corpo idrico è raccomandato alme-
no un sito di monitoraggio. Per determinare la relazione tra i corpi idrici, comunque, il numero di siti di monitoraggio dipenderà dalle caratteristiche dell'ac-
quifero, direzione di deflusso idrico, pressioni a cui il corpo idrico è sottoposto e attendibilità della valutazione del rischio.

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Il monitoraggio operativo può essere rivolto ad uno o più corpi idrici componenti il gruppo, selezionati sulla base del modello concettuale, di cui alla Parte C
dell'Allegato 1, per esempio il corpo o i corpi idrici più sensibili. Quest'ultimo criterio è finalizzato all'ottimizzazione del monitoraggio ambientale in termini di
rapporto costi/efficacia.
4.2 Monitoraggio dello stato chimico e valutazione delle tendenze
I programmi di monitoraggio delle acque sotterranee sono necessari per fornire un quadro conoscitivo completo e corretto dello stato delle acque all'inter-
no di ciascun bacino idrografico, per rilevare la presenza di tendenze ascendenti all'aumento delle concentrazioni di inquinanti nel lungo termine causate
dall'impatto di attività antropiche ed assicurare la conformità agli obiettivi delle aree protette.
In base alla caratterizzazione ed alla valutazione dell'impatto svolti conformemente all'Allegato 1, le Regioni definiscono un programma di monitoraggio di
sorveglianza per ciascun periodo cui si applica un piano di gestione del bacino idrografico. I risultati del programma del monitoraggio di sorveglianza sono
utilizzati per elaborare un programma di monitoraggio operativo da applicare per il restante periodo coperto dal piano.
Il piano riporta le stime sul livello di attendibilità e precisione dei risultati ottenuti con i programmi di monitoraggio.
4.2.1 Monitoraggio di sorveglianza
Il monitoraggio di sorveglianza, da condurre durante ciascun ciclo di gestione del bacino idrografico, va effettuato nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici sia a
rischio sia non a rischio.
Il programma di monitoraggio di sorveglianza è inoltre utile per definire le concentrazioni di fondo naturale e le caratteristiche all'interno del corpo idrico.
Selezione dei parametri
Le Regioni devono obbligatoriamente monitorare i seguenti parametri di base:
- Tenore di ossigeno (OD), qualora ci sia un'interazione con le acque superficiali;
- pH;
- Conduttività elettrica (CE);
- Nitrati;
- Ione ammonio.
Qualora sia appropriato, tra i parametri da monitorare devono essere inclusi la temperatura ed un set di ioni diffusi ed in traccia ed indicatori selezionati.
L'elenco dei parametri di base deve anche includere ulteriori parametri inorganici specifici della struttura geologica locale per l'acquisizione di informazioni
sullo stato qualitativo del fondo naturale, per poter verificare l'efficacia del modello concettuale, del piano di monitoraggio, del campionamento e dei risul-
tati analitici.
In aggiunta ai parametri di base, le Regioni, sulla base di una dettagliata analisi delle pressioni, selezionano tra le sostanze riportate di seguito quelle poten-
zialmente immesse nel corpo idrico sotterraneo. In assenza di detta analisi tutte le sostanze di seguito riportate devono essere monitorate.
Inquinanti di origine naturale
• Arsenico
• Cadmio
• Piombo
• Mercurio
• Cloruri
• Solfati
Inquinanti di sintesi
• Tricloroetilene
• Tetracloroetilene
Inoltre è necessario monitorare obbligatoriamente quelle sostanze indicative di rischio e di impatto sulle acque sotterranee ascrivibili alle pressioni definite
nella fase di caratterizzazione, tenendo in considerazione la lista dei contaminanti definita nelle tabelle 2 e 3, Parte A, dell'Allegato 3. In questa fase di sele-
zione risulta fondamentale utilizzare il modello concettuale che consente, tra l'altro, di identificare qualunque pressione che vada ad influenzare ciascun sito
di campionamento.
Per i corpi idrici che, in base alla caratterizzazione, si ritiene rischino di non raggiungere lo stato buono, il monitoraggio riguarda anche i parametri indicativi
dell'impatto delle pressioni determinanti il rischio.
Sono monitorati, se necessario, anche parametri addizionali quali, ad esempio, la torbidità ed il potenziale redox (Eh).
In corrispondenza di tutti i siti è raccomandato il controllo del livello piezometrico o della portata al fine di descrivere «lo stato fisico del sito» come supporto
per interpretare le variazioni (stagionali) o le tendenze nella composizione chimica delle acque sotterranee.
I corpi idrici transfrontalieri sono controllati rispetto ai parametri utili per tutelare tutti gli usi legittimi cui sono destinate le acque sotterranee.
Selezione dei siti
Il processo di selezione dei siti di monitoraggio è basato su tre fattori principali:
a) il modello concettuale (o i modelli concettuali), compresa la valutazione delle caratteristiche idrologiche, idrogeologiche e idrochimiche del corpo idrico
sotterraneo, quali i tempi di percorrenza, la distribuzione dei diversi tipi di uso del suolo (esempi: insediamenti, industria, foresta, pascolo/agricoltura), alte-
razione delle linee di flusso, sensibilità del recettore e dati di qualità esistenti;
b) la valutazione del rischio e grado di confidenza nella valutazione, compresa la distribuzione delle pressioni principali;
c) considerazioni pratiche relative all'adeguatezza dei singoli siti di campionamento. I siti devono essere facilmente accessibili a breve e a lungo termine e
sicuri.
Una rete efficace di monitoraggio deve essere in grado di monitorare impatti potenziali delle pressioni identificate e l'evoluzione della qualità delle acque
sotterranee lungo le linee di flusso all'interno del corpo idrico.
Nel caso in cui i rischi riguardino alcuni recettori specifici come ad esempio alcuni ecosistemi particolari, devono essere previsti siti addizionali di campiona-
mento nelle aree adiacenti a questi recettori specifici (ad esempio, corpi idrici superficiali ad elevata biodiversità).
I principi fondamentali da seguire ai fini dell'identificazione dei siti, che comunque non può prescindere da una analisi caso per caso, sono:
a) siti adatti: la selezione deve essere basata sul modello concettuale regionale dei corpi idrici (o dei gruppi di corpi idrici sotterranei) e su una revisione dei
siti di monitoraggio esistenti e candidati sul modello concettuale locale. Estese aree di estrazione e sorgenti possono fornire adeguati siti di campionamento,
poiché prelevano acqua da una grande area e volume dell'acquifero particolarmente in sistemi omogenei. Le sorgenti sono particolarmente raccomandate in
acquiferi in cui predominano fratture carsiche o superficiali. Comunque, una rete rappresentativa di monitoraggio deve idealmente basarsi su un mix bilan-
ciato di diversi tipi di siti di monitoraggio. In alcuni sistemi idrogeologici in cui l'acqua sotterranea contribuisce in maniera significativa al flusso di base di un

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corso d'acqua, il campionamento dell'acqua superficiale può fornire campioni rappresentativi dell'acqua sotterranea;
b) rappresentatività: nei sistemi acquiferi caratterizzati da fenomeni di stratificazione, la collocazione dei siti di monitoraggio deve ricadere su quelle parti
del corpo idrico che sono più suscettibili all'inquinamento. In genere tali parti sono quelle superiori. Per avere una valutazione rappresentativa della distribu-
zione dei contaminanti in tutto il corpo idrico, può essere necessario prevedere ulteriori punti di monitoraggio;
c) corpi a rischio: i siti di monitoraggio di sorveglianza servono a fornire la base per il monitoraggio operativo, ossia, a partire dai risultati la rete può essere
adattata di conseguenza. Per i programmi di sorveglianza ed operativo possono essere usati gli stessi siti;
d) corpi non a rischio dove la confidenza per la valutazione del rischio è bassa: il numero dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente a rappresentare il
range delle pressioni e delle condizioni del percorso dell'inquinante nei corpi idrici sotterranei (o gruppi di corpi idrici sotterranei) con lo scopo di fornire dati
sufficienti ad integrare la valutazione di rischio.
L'ubicazione dei siti di campionamento può dunque ricadere sulla aree più suscettibili del corpo idrico per ciascuna combinazione pressione/percorso. Si rac-
comanda un minimo di 3 punti di campionamento in un corpo idrico sotterraneo o gruppo di corpi idrici;
e) gruppi di corpi idrici sotterranei in cui le pressioni sono limitate (basse o assenti): nei gruppi di corpi idrici sotterranei definiti non a rischio e per i quali la
confidenza nella valutazione del rischio è elevata, i siti di campionamento sono necessari in primo luogo per valutare le concentrazioni di fondo naturale e le
tendenze naturali.
Frequenza di monitoraggio
Il monitoraggio di sorveglianza deve essere effettuato durante ogni periodo di pianificazione della gestione di un bacino idrografico e non può superare la
periodicità dei 6 anni prevista per la revisione e l'aggiornamento dei Piani di gestione dei bacini idrografici; le Regioni ne possono aumentare la frequenza in
relazione ad esigenze territoriali.
La scelta di un'appropriata frequenza di monitoraggio di sorveglianza è generalmente basata sul modello concettuale e sui dati di monitoraggio delle acque
sotterranee esistenti.
Laddove vi sia una adeguata conoscenza del sistema delle acque sotterranee e sia già stato istituito un programma di monitoraggio a lungo termine, questo
deve essere utilizzato per determinare un'appropriata frequenza del monitoraggio di sorveglianza.
Qualora le conoscenze siano inadeguate e i dati non disponibili, la tabella 2 indica le frequenze minime di monitoraggio di sorveglianza che possono essere
adottate per differenti tipi di acquiferi.
Tabella 2 - frequenze minime del monitoraggio di sorveglianza

Tipo di flusso dell'acquifero


Confinato Libero
Flusso intergranulare significativo Flusso esclusivamente Flusso per
Flussi significativi Flusso superficiale per fessurazione carsismo
profondi
Frequenza iniziale (parametri di base e addizio- 2 volte all'anno trimestrale trimestrale trimestrale trimestrale
nali)
Frequenza a lungo Trasmissività general- Ogni 2 anni 1 volta all'anno 2 volte all'anno 2 volte all'anno 2 volte all'anno
termine mente alta-moderata
(parametri di base) Trasmissività general- Ogni 6 anni 1 volta all'anno 1 volta all'anno 1 volta all'anno -
mente bassa
Parametri addizionali Ogni 6 anni Ogni 6 anni Ogni 6 anni Ogni 6 anni -

Al fine di definire un programma corretto delle frequenze di monitoraggio è necessario considerare anche quanto di seguito riportato.
Di grande importanza sono i cambiamenti nell'andamento temporale della concentrazione degli inquinanti che influenza la frequenza di monitoraggio sele-
zionata così come l'accresciuta conoscenza del modello concettuale.
In generale, i corpi sotterranei di prima falda sono piuttosto dinamici nelle variazioni qualitative e quantitative delle acque. Quando si verifica tale variabilità,
la frequenza di monitoraggio deve essere selezionata in modo tale da caratterizzare in maniera adeguata la stessa variabilità.
Nei sistemi di corpi idrici sotterranei meno dinamici due campionamenti per anno possono, inizialmente, essere sufficienti per il monitoraggio di sorveglian-
za. Se questo monitoraggio non mostra significative variazioni in un ciclo di pianificazione di bacino idrografico (6 anni), può essere opportuna una successiva
riduzione della frequenza di campionamento.
A causa dei probabili cambiamenti temporali nell'andamento della concentrazione di inquinanti, specialmente nei sistemi con flusso sotterraneo piuttosto
dinamico, i campionamenti nei siti di monitoraggio devono essere eseguiti ad uguali intervalli temporali. Questo garantisce risultati di monitoraggio compa-
rabili e un'appropriata valutazione delle tendenze.
Sulla base dei risultati del monitoraggio di sorveglianza acquisiti, le frequenze devono essere riviste regolarmente ed adeguate di conseguenza al fine di assi-
curare la qualità delle informazioni.
4.2.2 Monitoraggio operativo
Il monitoraggio operativo è richiesto solo per i corpi idrici a rischio di non raggiungere gli obiettivi di qualità ambientale.
Deve essere effettuato tutti gli anni nei periodi intermedi tra due monitoraggi di sorveglianza a una frequenza sufficiente a rilevare gli impatti delle pressioni
e, comunque, almeno una volta all'anno.
Deve essere finalizzato principalmente a valutare i rischi specifici che determinano il non raggiungimento degli obiettivi.
Nella progettazione di un programma di monitoraggio operativo, la confidenza richiesta nei risultati di monitoraggio deve essere definita. Tale confidenza
nei monitoraggi operativi dipende dalla variabilità delle sorgenti di impatto, dalle caratteristiche dell'acquifero o delle acque sotterranee in questione, così
come dai rischi in caso di errore. In teoria l'incertezza derivante dal processo di monitoraggio non deve aggiungersi significativamente all'incertezza nel con-
trollo del rischio.
L'accettabilità di non individuare un nuovo rischio o di non controllarne uno conosciuto deve essere stabilita, usata per fissare gli obiettivi di variabilità delle
proprietà in questione e usata per il controllo della qualità del monitoraggio rispetto alla variabilità dei dati.

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Selezione dei parametri


Nella maggior parte dei casi sia i parametri di base, sia parametri selezionati sono richiesti in ogni stazione di monitoraggio.
Il processo di selezione di tali parametri è basato su:
a) caratterizzazione e modello/i concettuale/i inclusa una valutazione della suscettibilità del percorso delle acque sotterranee, sensibilità del recettore, il
tempo necessario perché ciascun programma di misure sia efficace e la capacità di discernere tra gli effetti delle varie misure;
b) valutazione del rischio e livello di confidenza nella valutazione; inclusa la distribuzione delle pressioni principali identificate nel processo di caratterizza-
zione che possono determinare lo «stato scarso» del corpo idrico;
c) considerazioni pratiche relative alla idoneità dei singoli siti di monitoraggio.
Selezione dei siti
Nel selezionare i siti di monitoraggio operativo la priorità nella ubicazione degli stessi deve essere basata su:
a) disponibilità di siti idonei esistenti (ad esempio siti impiegati nei monitoraggi di sorveglianza) che forniscano campioni rappresentativi;
b) potenzialità nel supportare differenti programmi di monitoraggio (per es. determinate sorgenti possono fungere da siti di monitoraggio per la qualità e la
quantità delle acque sotterranee e per le acque superficiali);
c) potenzialità per monitoraggi integrati-multiobiettivo ad esempio combinando i requisiti del monitoraggio di cui all'articolo 92, comma 5, del decreto n.
152 del 2006, del monitoraggio di cui alle aree protette designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano, del monitoraggio connesso alla
registrazione di prodotti per la protezione delle piante o biocidi, del monitoraggio ai sensi del decreto n. 59 del 2005, e la conformità al presente decreto;
d) potenziali collegamenti con siti di monitoraggio delle acque superficiali esistenti o pianificati.
Qualora il rischio coinvolga ecosistemi significativi di corpi idrici superficiali connessi alle acque sotterranee, la Regione può prevedere siti di campionamento
addizionali da ubicare in aree prossime ai corpi idrici superficiali. Detto monitoraggio suppletivo può includere il controllo delle parti più superficiali dell'ac-
quifero ed eventualmente delle acque che drenano dai suoli, per esempio tramite campionatori multilivello, lisimetri e prove di drenaggio in situ. I dati otte-
nuti, oltre che contribuire a valutare lo stato e le tendenze, possono anche aiutare a distinguere gli impatti dei differenti tipi di pressioni, valutare l'estensio-
ne spaziale degli impatti e determinare il destino dei contaminanti e il trasporto tra la sorgente e il recettore.
Nel caso in cui i rischi e le pressioni riguardino le stesse acque sotterranee, per esempio pressioni diffuse, i siti di campionamento devono essere maggior-
mente distribuiti lungo il corpo idrico, e devono essere rivolti alle differenti pressioni e alla loro distribuzione all'interno del corpo idrico sotterraneo.
Nell'ambito di tale monitoraggio è importante tenere conto della combinazione tra le pressioni più rappresentative e la sensibilità delle acque sotterranee.
Frequenza di monitoraggio
La selezione della frequenza nell'ambito di ogni anno di monitoraggio è generalmente basata sul modello concettuale e, in particolare, sulle caratteristiche
dell'acquifero e sulla sua suscettibilità alle pressioni inquinanti.
La tabella 3 individua frequenze minime di monitoraggio operativo per differenti tipologie di acquifero dove il modello concettuale è limitato e i dati esisten-
ti non sono disponibili.
Se, invece, vi è una buona conoscenza della qualità delle acque sotterranee e del comportamento del sistema idrogeologico, possono essere adottate fre-
quenze ridotte di monitoraggio, comunque non inferiori ad una volta l'anno.
La frequenza e la tempistica del campionamento in ogni sito di monitoraggio deve, inoltre, considerare i seguenti criteri:
a) i requisiti per la valutazione della tendenza;
b) l'ubicazione del sito di campionamento rispetto alla pressione (a monte, direttamente al disotto, o a valle). Infatti le ubicazioni direttamente al disotto di
una pressione possono richiedere monitoraggi più frequenti;
c) il livello di confidenza nella valutazione del rischio e i cambiamenti della stessa valutazione nel tempo;
d) le fluttuazioni a breve termine nella concentrazione degli inquinanti, per esempio effetti stagionali. Laddove sia probabile riscontrare effetti stagionali e
altri effetti a breve termine, è essenziale che le frequenze di campionamento e le tempistiche siano adattate (incrementate) di conseguenza e che il campio-
namento abbia luogo nello stesso momento ogni anno, o nelle stesse condizioni, per rendere comparabili i dati per la valutazione delle tendenze, per accu-
rate caratterizzazioni e per la valutazione degli stati di qualità;
e) la tipologia di gestione dell'uso del suolo, per esempio periodo di applicazione di nitrati o pesticidi. Questo è importante specialmente per i sistemi a rapi-
do scorrimento come gli acquiferi carsici e/o i corpi idrici sotterranei di prima falda.
Il campionamento per il monitoraggio operativo deve continuare finché il corpo idrico sotterraneo è considerato, con adeguata confidenza, non più nello
stato scarso o a rischio di essere in uno stato scarso e ci sono adeguati dati che dimostrano un'inversione delle tendenze.
Tabella 3 - Frequenze minime del monitoraggio operativo nell'ambito di ciascun anno

Tipo di flusso dell'acquifero


Confinato Libero
Flusso intergranulare significativo Flusso Flusso per
Flussi significativi profondi Flusso superficiale esclusivamente per fes- carsismo
surazione
Acque sotterranee 1 volta all'anno 2 volte all'anno Come appropriato Come appropriato alme- Come appropriato
ad elevata vulnerabi- ma almeno 2 volte no trimestrale almeno trimestrale
lità all'anno
Acque 1 volta 1 volta all'anno Come Come Come
sotterranee a bassa all'anno 2 volte all'anno in caso di tendenze signifi- appropriato ma al- appropriato ma almeno 2 appropriato alme-
vulnerabilità cative meno 2 volte all'an- volte all'anno no trimestrale
no

4.3 Monitoraggio dello stato quantitativo


La rete di monitoraggio dello stato quantitativo delle acque sotterranee è progettata in modo da fornire una stima affidabile dello stato quantitativo di tutti i
corpi idrici o gruppi di corpi idrici sotterranei, compresa la stima delle risorse idriche sotterranee disponibili. Le Regioni inseriscono nei piani di tutela una o

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più mappe che riportano detta rete.


Il Monitoraggio dello stato quantitativo ha l'obiettivo di integrare e confermare la validità della caratterizzazione e della procedura di valutazione di rischio,
determinare lo stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo, supportare la valutazione dello stato chimico, l'analisi delle tendenze e la progettazione e la
valutazione dei programmi di misure.
Come per le altre reti di monitoraggio, la progettazione della rete per il monitoraggio quantitativo deve essere basata sul modello concettuale del sistema
idrico sotterraneo e sulle pressioni.
Gli elementi chiave del modello concettuale quantitativo sono:
a) la valutazione della ricarica e del bilancio idrico predisposto secondo le linee guida di cui all'Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pubblica-
to nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268;
b) le valutazioni esistenti del livello dell'acqua sotterranea o della portata ed informazioni pertinenti sui rischi per le acque superficiali e gli ecosistemi terre-
stri che dipendono dalle acque sotterranee;
c) il grado di interazione tra acque sotterranee e relativi ecosistemi terrestri e superficiali dove questa interazione è importante e potrebbe potenzialmente
determinare un'influenza negativa sullo stato di qualità del corpo idrico superficiale.
Lo sviluppo di una rete di monitoraggio quantitativo può essere iterativo; i dati raccolti dai nuovi siti di monitoraggio possono essere usati per migliorare e
perfezionare il modello concettuale, usato per collocare ogni sito di monitoraggio, sull'intero corpo idrico sotterraneo, e la gestione del programma di moni-
toraggio quantitativo.
L'implementazione di un modello numerico delle acque sotterranee o di un modello idrologico che integri le acque superficiali e sotterranee sono utili stru-
menti per compilare ed interpretare i dati del monitoraggio quantitativo ed identificare le risorse e gli ecosistemi a rischio. Inoltre, le stime di incertezza che
si possono ottenere con un modello numerico possono essere d'aiuto per identificare parti del corpo idrico sotterraneo che necessitano dell'integrazione di
siti per meglio descrivere la quantità e la portata delle acque sotterranee.
Selezione dei parametri
Per la valutazione dello stato quantitativo delle acque sotterranee sono raccomandati almeno i seguenti parametri:
a) livelli delle acque sotterranee nei pozzi o nei piezometri;
b) portata delle sorgenti;
c) caratteristiche del flusso e/o livelli idrici dei corsi d'acqua superficiali durante i periodi di siccità (ad es. quando il contributo delle piogge al flusso delle
acque superficiali può essere trascurato e la portata del fiume è mantenuta sostanzialmente dall'acqua sotterranea);
d) livelli idrici delle zone umide e dei laghi che dipendono significativamente dalle acque sotterranee.
La selezione dei siti di monitoraggio e dei parametri deve essere basata su un solido modello concettuale del corpo idrico che deve essere monitorato.
Un monitoraggio addizionale per supportare la caratterizzazione e la classificazione delle acque sotterranee tiene conto almeno di:
a) parametri chimici e indicatori (per esempio temperatura, conduttività, etc.) per monitorare l'intrusione salina o di altra natura. Qualora venga utilizzato un
unico sito di monitoraggio sia per la valutazione dello stato chimico sia per la valutazione dello stato quantitativo e i controlli avvengano contemporanea-
mente, i dati per il controllo dei parametri chimici addizionali sono utilizzati per le finalità sopra riportate. Per gli acquiferi delle isole può essere appropriato
monitorare le zone di transizione tra acqua dolce ed acqua marina;
b) piovosità e altri componenti richiesti per calcolare l'evapotraspirazione (per il calcolo della ricarica delle acque sotterranee);
c) monitoraggio ecologico degli ecosistemi terrestri connessi alle acque sotterranee (inclusi gli indicatori ecologici);
d) estrazione di acque sotterranee.
I requisiti specifici per i dati di monitoraggio di supporto, che integrano le conoscenze ottenute dal monitoraggio del livello delle acque sotterranee, sono
fortemente determinati dagli strumenti o dai metodi adoperati per supportare la valutazione del rischio o dello stato e della confidenza richiesta in queste
valutazioni.
La chiave per la selezione dei parametri dipende da quanto quel parametro sia rappresentativo dello scenario idrogeologico monitorato e della sua impor-
tanza nel determinare il rischio o lo stato del corpo idrico.
In alcuni scenari idrogeologici particolarmente complessi, limitare il monitoraggio al solo livello delle acque sotterranee nei piezometri può essere inappro-
priato per le finalità del presente decreto e in alcuni casi altamente fuorviante. In queste circostanze le caratteristiche del flusso dei corsi d'acqua o delle
sorgenti connesse può fornire dati migliori con i quali intraprendere una valutazione.
Ciò è maggiormente probabile nei casi di bassa permeabilità o di acquiferi fratturati. Ci sono casi in cui il livello dell'acqua rimane più o meno stabile, ma si
verificano fenomeni di intrusione di acqua proveniente da altri acquiferi o da corpi idrici superficiali o dal mare. Specifiche condizioni devono essere conside-
rate nel caso dei copri idrici sotterranei delle isole. Se c'è il rischio di intrusione, allora specifici indicatori della qualità delle acque andranno monitorati (per
esempio la conduttività elettrica e la temperatura dell'acqua).
Densità dei siti di monitoraggio
La rete per il monitoraggio quantitativo deve essere progettata prevedendo un numero di pozzi tale da consentire il controllo su eventuali variazioni dello
stato quantitativo del corpo idrico sotterraneo.
La rete si articola in sufficienti siti di monitoraggio rappresentativi per stimare il livello delle acque sotterranee di ciascun corpo idrico o gruppi di corpi idrici,
tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e a lungo termine ed in particolare:
a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, bisogna assicurare una densità dei punti di monitoraggio suffi-
ciente a valutare l'impatto delle estrazioni sulle variazioni dello stato quantitativo delle acque sotterranee;
b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l'Italia ed altri Paesi, è necessario designare sufficienti punti di monitoraggio
per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.
Il monitoraggio quantitativo può essere richiesto su due differenti piani.
In primo luogo, se possibile, bisogna valutare i livelli e i flussi delle acque lungo un corpo idrico sotterraneo. Questi possono essere correlati alla valutazione
del bilancio idrico dell'intero corpo idrico sotterraneo predisposto secondo le linee guida di cui all'Allegato 1 al decreto ministeriale del 28 luglio 2004, pub-
blicato nella Gazzetta Ufficiale del 15 novembre 2004, n. 268.
In secondo luogo, può essere necessario un monitoraggio «locale» più mirato sui flussi e sui livelli riferiti ai corpi recettori pertinenti che sono localmente
alimentati dalle acque sotterranee, ad es.
corpi idrici superficiali (fiumi, laghi ed estuari) ed ecosistemi terrestri dipendenti dalle acque sotterranee. Quest'ultimo monitoraggio può includere informa-
zioni integrative sulla salinità (con riferimento alle intrusioni saline) o informazioni integrative derivanti dal monitoraggio ecologico svolto ai sensi della nor-
mativa nazionale e comunitaria vigente (come prova dell'impatto sugli ecosistemi dovuti all'estrazione di acqua sotterranea).
Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati «non a rischio» il monitoraggio quantitativo può essere ridotto. Infatti, non è necessario svolgere il monito-

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raggio su ogni corpo idrico all'interno di un gruppo di corpi idrici, a patto che tutti i corpi idrici del gruppo siano comparabili dal punto di vista idrogeologico.
Nei corpi idrici o gruppi di corpi idrici classificati «a rischio» la distribuzione dei siti di monitoraggio deve essere sufficiente per capire le condizioni idrogeolo-
giche relative ai recettori identificati come a rischio e alla loro importanza.
La densità del monitoraggio deve essere sufficiente per assicurare un'appropriata valutazione degli impatti sul livello delle acque sotterranee causati dalle
estrazioni.
Per quei corpi idrici sotterranei che attraversano la frontiera tra l'Italia ed uno o più Stati Membri, il numero di siti di campionamento deve essere sufficiente
per stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso il confine.
Frequenza di monitoraggio
La frequenza dei rilevamenti deve essere sufficiente a permettere di stimare lo stato quantitativo di ciascun corpo idrico o gruppo di corpi idrici sotterranei,
tenuto conto delle variazioni del ravvenamento a breve e lungo termine. In particolare:
a) per i corpi idrici sotterranei che si ritiene rischino di non conseguire gli obiettivi ambientali, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a valutare
l'impatto delle estrazioni e degli scarichi sul livello delle acque sotterranee;
b) per i corpi idrici sotterranei le cui acque fluiscono attraverso la frontiera tra l'Italia ed altri Paesi, è fissata una frequenza delle misurazioni sufficiente a
stimare la direzione e la portata delle acque sotterranee attraverso la frontiera.
La frequenza dei monitoraggi si stabilisce sulla base dei dati necessari per determinare rischio e stato dei corpi idrici e, laddove necessario, per supportare la
progettazione e valutazione dei programmi di misure.
La frequenza di monitoraggio dipende principalmente dalle caratteristiche di un corpo idrico e dal sito di monitoraggio. I siti con una significativa variabilità
annuale devono essere monitorati più frequentemente rispetto a siti con minore variabilità. In generale un monitoraggio trimestrale sarà sufficiente per il
monitoraggio quantitativo dove la variabilità è bassa, ma un monitoraggio giornaliero è preferito, in particolare quando si misurano le portate. La frequenza
deve essere rivista quando migliora la comprensione della risposta e del comportamento dell'acquifero e in relazione all'importanza di ciascun cambiamento
delle pressioni sul corpo idrico sotterraneo. Questo assicura che sia mantenuto un programma caratterizzato da un basso rapporto costi/efficacia.
4.4 Controlli di qualità
Per il campionamento e l'analisi devono essere stabilite procedure appropriate per il controllo di qualità; tali misure sono necessarie per ridurre al minimo le
incertezze.
Gli elementi minimi che devono essere presi in considerazione nei controlli di qualità sono:
a) identificazione e registrazione dei campioni;
b) metodi di campionamento, pianificazione del campionamento e report per esercizi di campo;
c) trasporto e magazzinaggio del campione;
d) validazione dei metodi analitici;
e) procedure per le misure analitiche;
f) controlli di qualità interni dei metodi;
g) partecipazione in schemi esterni per i controlli di qualità (intercalibrazione);
h) elaborazione dei risultati;
i) tracciabilità dei documenti e delle misure.
Per i laboratori di analisi l'accreditamento deve avvenire ai sensi della ISO 17025.
4.5 Protocollo per il campionamento-ISO raccomandate
Un appropriato piano di campionamento deve includere la selezione dei siti di campionamento, la frequenza e la durata del campionamento, le procedure di
campionamento, il trattamento dei campioni e l'analisi dei campioni.
Le procedure di campionamento e di trattamento del campione dovranno riferirsi a linee guida e/o standard internazionali incluse parti rilevanti della norma
ISO 5667 nello stato di ultima revisione.
Allo stato attuale le parti della norma ISO 5667 utili per il monitoraggio delle acque sotterranee sono le seguenti:
La norma ISO 5667-1: 2006 fornisce i principi per una corretta progettazione del campionamento negli ambienti acquatici.
La norma ISO 5667-3: 2003 fornisce indicazioni riguardo alla preparazione, stabilizzazione, trasporto e conservazione dei campioni di acqua.
La norma ISO 5667-11: 1993 fornisce i principi a) per la progettazione dei programmi di campionamento, b) le tecniche di campionamento, c) la manipola-
zione dei campioni e d) il sistema di identificazione del campione e le procedure di registrazione e tracciabilità delle acque sotterranee;
La norma ISO 5667-18: 2001 fornisce dei principi per i metodi di campionamento delle acque sotterranee nei siti contaminati.
La norma ISO 5667-14: 1993 fornisce linee guida per il controllo di qualità delle operazioni di campionamento e trattamento del campione.
APPENDICE
SEZIONE A
Tabella 1a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia settentrionale e inclusi nel sistema MacrOper
In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di inverte-
brati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati in Tabella 1b ai tipi fluviali qui elen-
cati. La prima colonna ('ord') rappresenta l'elemento di unione tra le tre tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata area regionale tra
le tre tabelle.

ORD Area reg. Idroecoregione Nome Idroecoregione Classe di Distanza dalla Sorgente / cod. tipo Macrotipo note/sottotipo
Altro
N_1 01LO 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01SS3 A2
N_2 01LO 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01SS3 A2
N_3 01LO 01 Alpi Occidentali <10 km 01SR6 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_5 01PI 01 Alpi Occidentali 0-5 km - molto piccolo 01GH1 A2
N_6 01PI 01 Alpi Occidentali 75-150 km - grande 01GH4 A2
N_7 01PI 01 Alpi Occidentali 75-150 km - grande 01GH4 A2

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N_9 01PI 01 Alpi Occidentali 0-5 km - molto piccolo 01SS1 A2


N_11 01PI 01 Alpi Occidentali 5-25 km - piccolo 01SS2 A2
N_12 01PI 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01SS3 A2
N_13 01PI 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01SS3 A2
N_14 01PI 01 Alpi Occidentali 75-150 km - grande 01SS4 A2
N_15 01PI 01 Alpi Occidentali 75-150 km - grande 01SS4 A2
N_17 01VA 01 Alpi Occidentali 0-5 km - molto piccolo 01GH1 A2
N_19 01VA 01 Alpi Occidentali 5-25 km - piccolo 01GH2 A2
N_20 01VA 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01GH3 A2
N_21 01VA 01 Alpi Occidentali 25-75 km - medio 01GH3 A2
N_23 01VA 01 Alpi Occidentali 0-5 km - molto piccolo 01SS1 A2
N_25 01VA 01 Alpi Occidentali 5-25 km - piccolo 01SS2 A2
N_26 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1
N_27 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1
N_28 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1
N_29 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 Collinare
N_30 02FV 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02AS6 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_31 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02AS1 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_32 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02AS2 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_33 02FV 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_34 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR2 C Ricchi di macrofìte ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_35 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Ricchi di macrofìte ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_37 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 Calcareo (LO)
N_38 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 Calcareo (LO)
N_40 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 Calcareo (LO)
N_41 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 Calcareo (LO)
N_42 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 Calcareo (LO)
N_43 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 Calcareo (LO)
N_44 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 Calcareo (LO)
N_45 02LO 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02AS6 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_46 02LO 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_47 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_48 02LO 02 Prealpi_Dolomiti Meandriforme, sinuoso o confinato 02IN7 A1
N_49 02LO 02 Prealpi_Dolomiti Semiconfinato, transizionale, a cana- 02IN7 A1
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_50 02LO 02 Prealpi_Dolomiti Meandriforme, sinuoso o confinato 02IN8 A1
N_51 02LO 02 Prealpi_Dolomiti Meandriforme, sinuoso o confinato 02IN8 A1
N_53 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini moderate
N_54 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini elevate
N_55 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini moderate
N_56 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini elevate
N_58 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini moderate
N_59 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini moderate
N_60 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 88


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

N_61 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate


N_62 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_63 02TA 02 Prealpi_Dolomiti 75-150 km - grande 02SS4 A1 altitudini moderate
N_65 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini moderate
N_66 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini elevate
N_67 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 0-5 km - molto piccolo 02SS1 A1 altitudini moderate
N_68 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini elevate
N_70 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini moderate
N_71 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SS2 A1 altitudini moderate
N_72 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_73 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_74 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SS3 A1 altitudini moderate
N_75 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 75-150 km - grande 02SS4 A1 altitudini moderate
N_77 02VE 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_78 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR2 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_79 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_80 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Complessivo
N_81 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A1 Calcareo
N_82 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Siliceo
N_83 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Complessivo
N_84 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A1 Calcareo
N_85 03FV 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Siliceo
N_86 03LO 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03GH6 A2 Siliceo
N_87 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Complessivo
N_88 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A1 Calcareo
N_89 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Complessivo
N_90 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A1 Calcareo
N_91 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Siliceo
N_92 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Complessivo
N_93 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A1 Calcareo
N_94 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Siliceo
N_95 03LO 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03SR6 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_96 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03GH2 A2 Siliceo
N_97 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03GH3 A2 Siliceo
N_98 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Complessivo
N_99 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A1 Calcareo
N_100 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Siliceo
N_101 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Complessivo
N_102 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A1 Calcareo
N_103 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Siliceo
N_104 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Complessivo
N_105 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A1 Calcareo
N_106 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Siliceo
N_107 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 75-150 km- grande 03SS4 A2 Complessivo
N_108 03VE 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03GH6 A2 Siliceo
N_109 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03GH2 A2 Siliceo
N_110 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Complessivo
N_111 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A1 Calcareo
N_112 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Complessivo
N_113 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A1 Calcareo
N_114 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03SS2 A2 Siliceo
N_115 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Complessivo
N_116 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A1 Calcareo

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 89


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

N_117 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 25-75 km - medio 03SS3 A2 Siliceo


N_119 04PI 04 Alpi Meridionali 0-5 km - molto piccolo 04SS1 A2
N_121 04PI 04 Alpi Meridionali 5-25 km - piccolo 04SS2 A2
N_122 04PI 04 Alpi Meridionali 25-75 km - medio 04SS3 A2
N_123 04PI 04 Alpi Meridionali 25-75 km - medio 04SS3 A2
N_124 05PI 05 Monferrato 0-5 km - molto piccolo 05SS1 C
N_125 05PI 05 Monferrato 5-25 km - piccolo 05SS2 C
N_126 05PI 05 Monferrato 25-75 km - medio 05SS3 C
N_127 05PI 05 Monferrato 25-75 km - medio 05SS3 C
N_129 06ER 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 M4
N_130 06ER 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 M4
N_131 06ER 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 M2
N_132 06ER 06 Pianura Padana 75-150 km- grande 06SS4 M2
N_135 06ER 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C
N_136 06ER 06 Pianura Padana Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7 M5
N_137 06ER 06 Pianura Padana Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7 M5
N_138 06ER 06 Pianura Padana Semiconfinato, transizionale, a cana- 06IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_139 06ER 06 Pianura Padana Semiconfinato, transizionale, a cana- 06IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_140 06FV 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C
N_141 06FV 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06AS1 C
N_142 06FV 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06AS2 C
N_143 06FV 06 Pianura Padana <10 km 06SR6 C
N_144 06FV 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06SR1 C
N_145 06FV 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SR2 C
N_146 06LO 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06SS1 C
N_147 06LO 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SS2 C
N_148 06LO 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C
N_149 06LO 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C
N_150 06LO 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 C
N_151 06LO 06 Pianura Padana 75-150 km- grande 06SS4 C
N_153 06LO 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C
N_154 06LO 06 Pianura Padana <10 km 06SR6 C
N_155 06LO 06 Pianura Padana Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7 C
N_156 06LO 06 Pianura Padana Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7 C
N_157 06PI 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06GH4
N_158 06PI 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06SS1 C
N_159 06PI 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SS2 C
N_160 06PI 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C
N_161 06PI 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C
N_162 06PI 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 C
N_163 06PI 06 Pianura Padana 75-150 km- grande 06SS4 C
N_165 06PI 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C
N_166 06PI 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06AS1 C
N_167 06PI 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06AS2 C
N_168 06PI 06 Pianura Padana <10 km 06SR6 C
N_169 06PI 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SR1 C
N_170 06PI 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SR2 C
N_171 06VE 06 Pianura Padana 0-5 km - molto piccolo 06SS1 C
N_172 06VE 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SS2 C
N_173 06VE 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C
N_174 06VE 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SS3 C
N_175 06VE 06 Pianura Padana 75-150 km- grande 06SS4 C
N_176 06VE 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 C
N_178 06VE 06 Pianura Padana <10 km 06AS6 C
N_179 06VE 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06AS2 C
N_180 06VE 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06AS3 C

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 90


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

N_181 06VE 06 Pianura Padana <10 km 06SR6 C


N_182 06VE 06 Pianura Padana 5-25 km - piccolo 06SR2 C
N_183 06VE 06 Pianura Padana 25-75 km - medio 06SR3 C
N_184 08PI 08 Appennino Piemontese 0-5 km - molto piccolo 08SS1 M1
N_185 08PI 08 Appennino Piemontese 0-5 km - molto piccolo 08SS1 M1
N_186 08PI 08 Appennino Piemontese 5-25 km - piccolo 08SS2 M1
N_187 08PI 08 Appennino Piemontese 5-25 km - piccolo 08SS2 M1
N_188 08PI 08 Appennino Piemontese 25-75 km - medio 08SS3 M4
N_189 08PI 08 Appennino Piemontese 25-75 km - medio 08SS3 M4
N_190 08PI 08 Appennino Piemontese 75-150 km- grande 08SS4 M2
N_191 08PI 08 Appennino Piemontese 75-150 km - grande 08SS4 M2
N_192 09LI 09 Alpi Mediterranee 0-5 km - molto piccolo 09SS1 M1
N_193 09LI 09 Alpi Mediterranee 0-5 km - molto piccolo 09SS1 M1
N_194 09LI 09 Alpi Mediterranee 5-25 km - piccolo 09SS2 M1
N_195 09LI 09 Alpi Mediterranee 5-25 km - piccolo 09SS2 M1
N_196 09LI 09 Alpi Mediterranee 25-75 km - medio 09SS3 M4
N_197 09LI 09 Alpi Mediterranee 25-75 km - medio 09SS3 M4
N_198 09LI 09 Alpi Mediterranee Meandriforme, sinuoso o confinato 09IN7 M5
N_199 09LI 09 Alpi Mediterranee Meandriforme, sinuoso o confinato 09IN7 M5
N_200 09LI 09 Alpi Mediterranee Semiconfinato, transizionale, a cana- 09IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_201 09LI 09 Alpi Mediterranee Semiconfinato, transizionale, a cana- 09IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_202 09PI 09 Alpi Mediterranee 5-25 km - piccolo 09SS2 M1
N_203 09PI 09 Alpi Mediterranee 5-25 km - piccolo 09SS2 M1
N_204 09PI 09 Alpi Mediterranee 25-75 km - medio 09SS3 M4
N_205 09PI 09 Alpi Mediterranee 25-75 km - medio 09SS3 M4
N_206 10ER 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
N_207 10ER 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
N_208 10ER 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
N_209 10ER 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
N_210 10ER 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4
N_211 10ER 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4
N_212 10ER 10 Appennino Settentrionale Meandriforme, sinuoso o confinato 10IN7 M5
N_213 10ER 10 Appennino Settentrionale Meandriforme, sinuoso o confinato 10IN7 M5
N_214 10ER 10 Appennino Settentrionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 10IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_215 10ER 10 Appennino Settentrionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 10IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_216 10LI 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
N_217 10LI 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
N_218 10LI 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
N_219 10LI 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
N_220 10LI 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4
N_221 10LI 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4
N_222 10LI 10 Appennino Settentrionale Meandriforme, sinuoso o confinato 10IN7 M5
N_223 10LI 10 Appennino Settentrionale Meandriforme, sinuoso o confinato 10IN7 M5
N_224 10LI 10 Appennino Settentrionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 10IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_225 10LI 10 Appennino Settentrionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 10IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
N_226 10LO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
N_227 10LO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
N_228 10PI 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
N_229 10PI 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

N_230 10PI 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1


N_231 10PI 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
N_232 10PI 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4
N_233 10PI 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4
N_234 02FV 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_235 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR2 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_236 02FV 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR3 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_237 02LO 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_238 02LO 02 Prealpi_Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Componente
macrofitica scarsa e
substrato grossolano
N_239 02VE 02 Prealpi_Dolomiti Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7
N_240 02VE 02 Prealpi_Dolomiti <10 km 02SR6 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_241 02VE 02 Prealpi_Dolomiti 5-25 km - piccolo 02SR2 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_242 02VE 02 Prealpi Dolomiti 25-75 km - medio 02SR3 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_243 03LO 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Siliceo
N_244 03LO 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03SR6 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_245 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03GH1 A2 Siliceo
N_246 03TA 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03GH6 A2 Siliceo
N_247 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03GH1 A1 Calcareo
N_248 03TA 03 Alpi Centro-Orientali <10 km 03GH6 A1 Calcareo
N_249 03TA 03 Alpi Centro-Orientali 5-25 km - piccolo 03GH2 A1 Calcareo
N_250 03VE 03 Alpi Centro-Orientali Meandriforme, sinuoso o confinato 03IN7
N_251 03VE 03 Alpi Centro-Orientali 0-5 km - molto piccolo 03SS1 A2 Siliceo
N_252 03VE 03 Alpi Centro-Orientali <10km 03SR6 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_253 06VE 06 Pianura Padana 75-150 km -grande 06SS4 C A canali intrecciati
N_254 06VE 06 Pianura Padana 75-150 km - grande 06SS4 C A canali intrecciati
N_255 07FV 07 Carso 0-5 km - molto piccolo 07SS1 C
N_256 07FV 07 Carso 5-25 km - piccolo 07SS2 C
N_257 07FV 07 Carso <10 km 07SR6 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_258 07FV 07 Carso 5-25 km - piccolo 07SR2 C Ricchi di macrofite ac-
quatiche. Escluse sor-
genti in quota.
N_259 07FV 07 Carso Meandriforme, sinuoso o confinato 07IN7
N_260 07FV 07 Carso Episodico 07EP
N_261 07FV 07 Carso Meandriforme, sinuoso o confinato 06IN7
N_262 07FV 07 Carso <10 km 07SR6 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_263 07FV 07 Carso 5-25 km - piccolo 07SR2 C Componente macrofiti-
ca scarsa e substrato
grossolano
N_264 10ER 10 Appennino Settentrionale Episodici 10EP M5
N_265 10ER 10 Appennino Settentrionale Effimeri 10EF M5

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 92


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

N_266 10LI 10.00 Appennino Settentrionale Episodici 10EP M5


N_267 10LI 10.00 Appennino Settentrionale Effimeri 10EF M5

Tabella 1b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi nei tipi fluviali dell'Italia settentrionale inclusi nel sistema MacrOper
In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati, quando disponibili, in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati:
per aree di pool, riffle o campionamento generico.

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 93


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 94


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 95


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 96


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 97


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Tabella 2a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia centrale e inclusi nel sistema M
MacrOper
In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di iinverte-
brati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori ripo
riportati
rtati in Tabella
Tab 2b ai tipi fluviali qui elen-
cati. La prima colonna ('ord') rappresenta l'elemento di unione tra le due tabelle e consente di associare un tipo fl fluviale
viale in una determinata area regionale
tra le due tabelle.

ORD Area reg. Idroecoregione Nome Idroec


Idroecoregione Classe di Distanza dalla Sorgente / cod. tipo Macrotipo note/sottotipo
Altro
C_1 10TO 10 Appennino Se
Settentrionale < 10 km 10AS6 M1 Ricchi di macrofite

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 98


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

C_2 10TO 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1


C_3 10TO 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
C_4 10TO 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
C_5 10TO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
C_6 10TO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
C_7 10TO 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
C_8 10TO 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4
C_9 10TO 10 Appennino Settentrionale 25-75 km - medio 10SS3 M4
C_10 10UM 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
C_11 10UM 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
C_12 10UM 10 Appennino Settentrionale 0-5 km - molto piccolo 10SS1 M1
C_13 10UM 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
C_14 10UM 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
C_15 10UM 10 Appennino Settentrionale 5-25 km - piccolo 10SS2 M1
C_16 11LA 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C_17 11LA 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C 18 11LA 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C_19 11LA 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4
C_20 11LA 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4
C_22 11TO 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1
C_23 11TO 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1
C_24 11TO 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1
C_25 11TO 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C26 11TO 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C_27 11TO 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C_28 11TO 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4
C_29 11TO 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4
C_30 11TO 11 Toscana 75-150 km - grande 11SS4 M2
C_31 11TO 11 Toscana 75-150 km - grande 11SS4 M2
C_32 11TO 11 Toscana Meandriforme, sinuoso o confinato 11IN7 M5
C_33 11TO 11 Toscana Meandriforme, sinuoso o confinato 11IN7 M5
C_34 11TO 11 Toscana Semiconfinato, transizionale, a cana- 11IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_35 11TO 11 Toscana Semiconfinato, transizionale, a cana- 11IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_36 11UM 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1
C_37 11UM 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1
C_38 11UM 11 Toscana 0-5 km - molto piccolo 11SS1 M1
C_39 11UM 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C_40 11UM 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C_41 11UM 11 Toscana 5-25 km - piccolo 11SS2 M1
C_42 11UM 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4
C_43 11UM 11 Toscana 25-75 km - medio 11SS3 M4
C_44 11UM 11 Toscana 75-150 km - grande 11SS4 M2
C_45 11UM 11 Toscana 75-150 km - grande 11SS4 M2
C_46 11UM 11 Toscana Meandriforme, sinuoso o confinato 11IN7 M5
C_47 11UM 11 Toscana Meandriforme, sinuoso o confinato 11IN7 M5
C_48 11UM 11 Toscana Semiconfinato, transizionale, a cana- 11IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_49 11UM 11 Toscana Semiconfinato, transizionale, a cana- 11IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_50 12AB 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
C_51 12AB 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
C_52 12AB 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
C_53 12AB 12 Costa Adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4
C_54 12AB 12 Costa Adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4
C_55 12AB 12 Costa Adriatica 75-150 km - grande 12SS4 M2

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

C_56 12AB 12 Costa Adriatica 75-150 km - grande 12SS4 M2


C_57 12AB 12 Costa Adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5
C_58 12AB 12 Costa Adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5
C_59 12AB 12 Costa Adriatica Semiconfinato, transizionale, a cana- 12IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_60 12AB 12 Costa Adriatica Semiconfinato, transizionale, a cana- 12IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_61 12MA 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
C_62 12MA 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
C_63 12MA 12 Costa Adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
C_64 12MA 12 Costa Adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4
C_65 12MA 12 Costa Adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4
C_66 12MA 12 Costa Adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5
C_67 12MA 12 Costa Adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5
C_68 12MA 12 Costa Adriatica Semiconfinato, transizionale, a cana- 12IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_69 12MA 12 Costa Adriatica Semiconfinato, transizionale, a cana- 12IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_70 13LA 13 Appennino Centrale < 10 km 13SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_71 13LA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_72 13LA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_73 13LA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_74 13LA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_75 13LA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_76 13LA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_77 13LA 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4
C_78 13LA 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4
C_79 13LA 13 Appennino Centrale 75-150 km - grande 13SS4 M2
C_80 13LA 13 Appennino Centrale 75-150 km - grande 13SS4 M2
C_81 13AB 13 Appennino Centrale < 10 km 13AS6 M1 Ricchi di macrofite
C_82 13AB 13 Appennino Centrale < 10 km 13SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_83 13AB 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_84 13AB 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_85 13AB 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_86 13AB 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_87 13AB 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_88 13AB 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_89 13AB 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4
C_90 13AB 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4
C_91 13AB 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5
C_92 13AB 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5
C_93 13AB 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a cana- 13IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_94 13AB 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a cana- 13IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_95 13MA 13 Appennino Centrale < 10 km 13SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_96 13MA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_97 13MA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_98 13MA 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_99 13MA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_10 13MA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_101 13MA 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_102 13MA 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4
C_103 13MA 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4
C_104 13MA 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

C_105 13MA 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5


C_106 13MA 13 AppenninoCentrale Semiconfinato, transizionale, a cana- 13IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_107 13MA 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a cana- 13IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_108 13UM 13 Appennino Centrale < 10 km 13SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_109 13UM 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_110 13UM 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_111 13UM 13 Appennino Centrale 0-5 km - molto piccolo 13SS1 M1
C_112 13UM 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_113 13UM 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_114 13UM 13 Appennino Centrale 5-25 km - piccolo 13SS2 M1
C_115 13UM 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4
C_116 13UM 13 Appennino Centrale 25-75 km - medio 13SS3 M4
C_117 13UM 13 Appennino Centrale 75-150 km - grande 13SS4 M2
C_118 13UM 13 Appennino Centrale 75-150 km - grande 13SS4 M2
C_119 13UM 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5
C_120 13UM 13 Appennino Centrale Meandriforme, sinuoso o confinato 13IN7 M5
C_121 13UM 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a cana- 13IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_122 13UM 13 Appennino Centrale Semiconfinato, transizionale, a cana- 13IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
C_123 14LA 14 Roma_Viterbes < 10 km 14GL6
e_Vesuvio
C_124 14LA 14 Roma_Viterbes < 10 km 14GL6
e_Vesuvio
C_125 14LA 14 Roma_Viterbes 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1
e_Vesuvio
C_126 14LA 14 Roma_Viterbes 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1
e_Vesuvio
C_127 14LA 14 Roma_Viterbes 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1
e_Vesuvio
C_128 14LA 14 Roma_Viterbes 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
e_Vesuvio
C_129 14LA 14 Roma_Viterbes 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
e_Vesuvio
C_130 14LA 14 Roma_Viterbes 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
e_Vesuvio
C_131 14LA 14 Roma_Viterbes 25-75 km - medio 14SS3 M4
e_Vesuvio
C_132 14LA 14 Roma_Viterbes 25-75 km - medio 14SS3 M4
e_Vesuvio
C_133 14LA 14 Roma_Viterbes 75-150 km - grande 14SS4 M2
e_Vesuvio
C_134 14LA 14 Roma_Viterbes 75-150 km - grande 14SS4 M2
e_Vesuvio
C_136 14TO 14 Roma_Viterbes 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
e_Vesuvio
C_137 14TO 14 Roma_Viterbes 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
e_Vesuvio
C_138 14TO 14 Roma_Viterbes 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
e_Vesuvio
C_139 15LA 15 Basso Lazio < 10 km 15SR6 M1 Ricchi di macrofite
C_140 15LA 15 Basso Lazio 0-5 km - molto piccolo 15SS1 M1 montani
C_141 15LA 15 Basso Lazio 0-5 km - molto piccolo 15SS1 M1 montani
C_142 15LA 15 Basso Lazio 0-5 km - molto piccolo 15SS1 M1 montani
C_143 15LA 15 Basso Lazio 5-25 km - piccolo 15SS2 M1 montani
C_144 15LA 15 Basso Lazio 5-25 km - piccolo 15SS2 M1 montani
C_145 15LA 15 Basso Lazio 5-25 km - piccolo 15SS2 M1 montani

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 101


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

C_146 15LA 15 Basso Lazio 25-75 km - medio 15SS3 M4 montani


C_147 15LA 15 Basso Lazio 25-75 km - medio 15SS3 M4 montani
C_148 15LA 15 Basso Lazio 25-75 km - medio 15SS3 M4 prevalentemente plani-
ziali
C_149 15LA 15 Basso Lazio 25-75 km - medio 15SS3 M4 prevalentemente plani-
ziali
C_150 15LA 15 Basso Lazio 75-150 km - grande 15SS4 M2 prevalentemente plani-
ziali
C_151 15LA 15 Basso Lazio 75-150 km - grande 15SS4 M2 prevalentemente plani-
ziali
C_152 18AB 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
C_153 18AB 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
C_154 18AB 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
C_155 18AB 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
C_156 18AB 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
C_157 18AB 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1

Tabella 2b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi nei tipi fluviali dell'Italia centrale inclusi nel sistema MacrOper
In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati: per aree di pool, riffle
o campionamento generico.

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 102


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 103


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 104


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 105


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Tabella 3a. Elenco dei tipi fluviali presenti in Italia meridionale e inclusi nel sistema MacrOper
In molti casi, cioè quando siano disponibili valori di riferimento distinti per le aree di pool, riffle o riferiti ad una raccolta proporzionale generica di inverte-
brati bentonici, il tipo è riportato in più righe. Ciò è stato ritenuto utile per rendere più agevole associare i valori riportati nella successiva tabella 3b ai tipi
fluviali qui elencati. La prima colonna ('ord') rappresenta l'elemento di unione tra le due tabelle e consente di associare un tipo fluviale in una determinata
area regionale tra le due tabelle.

ORD area regio- Idroecoregione Nome Idroecoregione Classe Distanza dalla Sorgente / Al- Codice tipo Macrotipo note/sottotipo
nale tro
S_1 12MO 12 Costa adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
S_2 12MO 12 Costa adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
S_3 12MO 12 Costa adriatica 5-25 km - piccolo 12SS2 M1
S_4 12MO 12 Costa adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4
S_5 12MO 12 Costa adriatica 25-75 km - medio 12SS3 M4
S_6 12MO 12 Costa adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5
S_7 12MO 12 Costa adriatica Meandriforme, sinuoso o confinato 12IN7 M5
S_8 12MO 12 Costa adriatica Semiconfinato, transizionale, a cana- 12IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_9 12MO 12 Costa adriatica Semiconfinato, transizionale, a cana- 12IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_10 16BA 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_11 16BA 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_12 16BA 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_13 16BA 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofi-
te
S_14 16BA 16 Basilicata_tavoliere Meandriforme, sinuoso o confinato 16IN7 M5
S_15 16BA 16 Basilicata_tavoliere Meandriforme, sinuoso o confinato 16IN7 M5
S_16 16BA 16 Basilicata_tavoliere Semiconfinato, transizionale, a cana- 16IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_17 16BA 16 Basilicata_tavoliere Semiconfinato, transizionale, a cana- 16IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_18 16BA 16 Basilicata_tavoliere Episodici 16EP M5
S_19 16BA 16 Basilicata_tavoliere Effimeri 16EF M5
S_20 16PU 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_21 16PU 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_22 16PU 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_23 16PU 16 Basilicata_tavoliere <10 km 16AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofi-
te
S_24 16PU 16 Basilicata_tavoliere Meandriforme, sinuoso o confinato 16IN7 M5
S_25 16PU 16 Basilicata_tavoliere Meandriforme, sinuoso o confinato 16IN7 M5
S_26 16PU 16 Basilicata_tavoliere Semiconfinato, transizionale, a cana- 16IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_27 16PU 16 Basilicata_tavoliere Semiconfinato, transizionale, a cana- 16IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_28 16PU 16 Basilicata_tavoliere Episodici 16EP M5
S_29 16PU 16 Basilicata_tavoliere Effimeri 16EF M5
S_30 17PU 17 Puglia_Gargano <10 km 17SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 106


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

presentata
S_31 17PU 17 Puglia_Gargano <10 km 17SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_32 17PU 17 Puglia_Gargano <10 km 17SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_33 17PU 17 Puglia_Gargano <10 km 17AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofi-
te
S_34 17PU 17 Puglia_Gargano 0-5 km - molto piccolo 17SS1 M1
S_35 17PU 17 Puglia_Gargano 0-5 km - molto piccolo 17SS1 M1
S_36 17PU 17 Puglia_Gargano 0-5 km - molto piccolo 17SS1 M1
S_37 17PU 17 Puglia_Gargano Meandriforme, sinuoso o confinato 17IN7 M5
S_38 17PU 17 Puglia_Gargano Meandriforme, sinuoso o confinato 17IN7 M5
S_39 17PU 17 Puglia_Gargano Semiconfinato, transizionale, a cana- 17IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_40 17PU 17 Puglia_Gargano Semiconfinato, transizionale, a cana- 17IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_41 17PU 17 Puglia_Gargano Episodici 17EP M5
S_42 17PU 17 Puglia_Gargano Effimeri 17EF M5
S_43 18BA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_44 18BA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_45 18BA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_46 18BA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_47 18BA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_48 18BA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_49 18BA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_50 18BA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_51 18BA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_52 18BA 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4
S_53 18BA 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4
S_54 18CA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_55 18CA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_56 18CA 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_57 18CA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_58 18CA 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_59 18CA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_60 18CA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_61 18CA 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_62 18CA 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4
S_63 18CA 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4
S_64 18CA 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5
S_65 18CA 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5
S_66 18CA 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 18IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_67 18CA 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 18IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_68 18CA 18 Appennino Meridionale Episodici 18EP M5

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

S_69 18CA 18 Appennino Meridionale Effimeri 18EF M5


S_70 18CP 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_71 18CP 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_72 18CP 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_73 18CP 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_74 18CP 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_75 18CP 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_76 18CP 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_77 18CP 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_78 18CP 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_79 18CP 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4
S_80 18CP 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4
S_81 18CP 18 Appennino Meridionale 75-150 km - grande 18SS4 M2
S_82 18CP 18 Appennino Meridionale 75-150 km - grande 18SS4 M2
S_84 18CP 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5
S_85 18CP 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5
S_86 18CP 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 18IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_87 18CP 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 18IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_88 18MO 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_89 18MO 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_90 18MO 18 Appennino Meridionale <10 km 18SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_91 18MO 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_92 18MO 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_93 18MO 18 Appennino Meridionale 0-5 km - molto piccolo 18SS1 M1
S_94 18MO 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_95 18MO 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_96 18MO 18 Appennino Meridionale 5-25 km - piccolo 18SS2 M1
S_97 18MO 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4
S_98 18MO 18 Appennino Meridionale 25-75 km - medio 18SS3 M4
S_99 18MO 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5
S_100 18MO 18 Appennino Meridionale Meandriforme, sinuoso o confinato 18IN7 M5
S_101 18MO 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 18IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_102 18MO 18 Appennino Meridionale Semiconfinato, transizionale, a cana- 18IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_103 19CA 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1
S_104 19CA 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1
S_105 19CA 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1
S_106 19CA 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1
S_107 19CA 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1
S_108 19CA 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1
S_109 19CA 19 Calabria_Nebrodi 25-75 km - medio 19SS3 M4
S_110 19CA 19 Calabria_Nebrodi 25-75 km - medio 19SS3 M4
S_111 19CA 19 Calabria_Nebrodi 75-150 km - grande 19SS4 M2
S_112 19CA 19 Calabria_Nebrodi 75-150 km - grande 19SS4 M2

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

S_114 19CA 19 Calabria_Nebrodi Meandriforme, sinuoso o confinato 19IN7 M5


S_115 19CA 19 Calabria_Nebrodi Meandriforme, sinuoso o confinato 19IN7 M5
S_116 19SI 19 Calabria_Nebrodi Semiconfinato, transizionale, a cana- 19IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_117 19SI 19 Calabria_Nebrodi Semiconfinato, transizionale, a cana- 19IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_119 20SI 20 Sicilia Meandriforme, sinuoso o confinato 20IN7 M5
S_120 20SI 20 Sicilia Meandriforme, sinuoso o confinato 20IN7 M5
S_121 20SI 20 Sicilia Semiconfinato, transizionale, a cana- 20IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_122 20SI 20 Sicilia Semiconfinato, transizionale, a cana- 20IN8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_123 20SI 20 Sicilia Episodici 20EP M5
S_124 20SI 20 Sicilia Effimeri 20EF M5
S_125 21SA 21 Sardegna 0-5 km - molto piccolo 21SS1 M1
S_126 21SA 21 Sardegna 0-5 km - molto piccolo 21SS1 M1
S_127 21SA 21 Sardegna 0-5 km - molto piccolo 21SS1 M1
S_128 21SA 21 Sardegna 5-25 km - piccolo 21SS2 M1
S_129 21SA 21 Sardegna 5-25 km - piccolo 21SS2 M1
S_130 21SA 21 Sardegna 5-25 km - piccolo 21SS2 M1
S_131 21SA 21 Sardegna 25-75 km - medio 21SS3 M4
S_132 21SA 21 Sardegna 25-75 km - medio 21SS3 M4
S_133 21SA 21 Sardegna 75-150 km - grande 21SS4 M2
S_134 21SA 21 Sardegna 75-150 km - grande 21SS4 M2
S_137 21SA 21 Sardegna Meandriforme, sinuoso o confinato 21IN7 M5
S_138 21SA 21 Sardegna Meandriforme, sinuoso o confinato 21IN7 M5
S_139 21SA 21 Sardegna Semiconfinato, transizionale, a cana- 21N8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_140 21SA 21 Sardegna Semiconfinato, transizionale, a cana- 21N8 M5
li intrecciati fortemente anastomiz-
zato
S_141 21SA 21 Sardegna Episodici 21EP M5
S_142 20SA 20 Sardegna Effimeri 21EF M5
S_143 12MO 12 Costa adriatica Episodici 12EP M5
S_144 12MO 12 Costa adriatica Effimeri 12EF M5
S_145 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1
S_146 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1
S_147 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 0-5 km - molto piccolo 14SS1 M1
S_148 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
S_149 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
S_150 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 5-25 km - piccolo 14SS2 M1
S_151 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 25-75 km - medio 14SS3 M4
S_152 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 25-75 km - medio 14SS3 M4
S_153 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 75-150 km - grande 14SS4 M2
S_154 14CP 14 Roma_Viterbese_Vesuvio 75-150 km - grande 14SS4 M2
S_155 18BA 18 Appennino Meridionale < 10 km 18AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofi-
te
S_156 18BA 18 Appennino Meridionale Episodici 18EP M5
S_157 18BA 18 Appennino Meridionale Effimeri 18EF M5
S_158 18CA 18 Appennino Meridionale <10 km 18AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofi-
te
S_159 18CP 18 Appennino Meridionale <10 km 18AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofi-
te
S_160 18CP 18 Appennino Meridionale Episodici 18EP M5
S_161 18CP 18 Appennino Meridionale Effimeri 18EF M5
S_162 18MO 18 Appennino Meridionale <10 km 18AS6 M1 Fiumi ricchi di macrofi-
te

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

S_163 18MO 18 Appennino Meridionale Episodici 18EP M5


S_164 18MO 18 Appennino Meridionale Effimeri 18EF M5
S_165 19CA 19 Calabria_Nebrodi <10 km 19SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_166 19CA 19 Calabria_Nebrodi <10 km 19SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_167 19CA 19 Calabria_Nebrodi Episodici 19EP M5
S_168 19CA 19 Calabria_Nebrodi Effimeri 19EF M5
S_169 19SI 19 Calabria_Nebrodi <10 km 19SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_170 19SI 19 Calabria_Nebrodi <10 km 19SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_171 19SI 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1
S_172 19SI 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1
S_173 19SI 19 Calabria_Nebrodi 0-5 km - molto piccolo 19SS1 M1
S_174 19SI 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1
S_175 19SI 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1
S_176 19SI 19 Calabria_Nebrodi 5-25 km - piccolo 19SS2 M1
S_177 19SI 19 Calabria_Nebrodi 25-75 km - medio 19SS3 M4
S_178 19SI 19 Calabria_Nebrodi 25-75 km - medio 19SS3 M4
S_179 19SI 19 Calabria_Nebrodi 75-150 km - grande 19SS4 M2
S_180 19SI 19 Calabria_Nebrodi 75-150 km - grande 19SS4 M2
S_181 19SI 19 Calabria_Nebrodi Episodici 19EP M5
S_182 19SI 19 Calabria_Nebrodi Effimeri 19EF M5
S_183 20SI 20 Sicilia < 10 km 20SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_184 20SI 20 Sicilia < 10 km 20SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_185 21SA 21 Sardegna <10 km 21SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata
S_186 21SA 21 Sardegna <10 km 21SR6 M1 Fiumi con componente
macrofitica poco rap-
presentata

Tabella 3b. Valori di riferimento per le metriche componenti e per lo STAR_ICMi nei tipi fluviali dell'Italia meridionale inclusi nel sistema MacrOper
In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati in funzione di dove si effettui la raccolta dei macroinvertebrati: per aree di pool, riffle
o campionamento generico qualora il campione sia disponibile da diversi mesohabitat.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Tabella 4. Valori di riferimento per le metriche


che componen
componenti
ti lo STAR_ICMi, per lo STAR_ICMi e per l'indice MTS nei fiumi molto
mo grandi e/o non accessibili

(9) Per i fiumi molto grandi e/o non accessibili di area Alpina (A1, A2) si d devono
vono utilizzare i valori di riferimento (e i limiti di classe) riportati per il macrotipo C.
Tabella 5. Valori di riferimento per le metriche che componenti e per lo STAR_ICMi
I valori sono organizzati per macrotipi fluviali, validi per i tipi fluviali non inclusi nelle tabelle di dettaglio relative a Italia settentrionale, centrale e meridiona-
mer
le. Tali valori sono validi per i 2 anni successivi all'emanazione del decreto classific
classificazione,
zione, qualora nel frattempo non si rendessero disponibili dati di dettaglio
per i singoli tipi fluviali.
viali. In tabella vengono anche indicati i limiti di classe. I valori sono riportati in funzione di dove si effettui la raccolta
racco dei macroinvertebra-

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

ti: per aree di pool, riffle o campionamento generico.

SEZIONE B
Tabella 1. Comunità ittiche attese nelle 9 zone zoogeografico
zoogeografico-ecologiche fluviali principali.

Zone zoogeografico-ecologiche
ecologiche fluviali principali Comunità ittiche attese
Zona dei Salmonidi della Regione Padana Salmo (trutta) trutta (ceppo mediterraneeo) (1943), Salmo (trutta)
marmoratus (1944), Thymallus thymallus (1943), Phoxinus phoxi- phox
nus, Cottus gobio (1943).
Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione Padana Leuciscus cephalus, Leuciscus souffia mu uticellus, Phoxinus phoxi-
nus, Chondrostoma ma genei, Gobio gobio, Barbus plebejus, Barbus
meridionalis caninus, Lampetra zanandreai, Anguilla anguilla,
Salmo (trutta) marmoratus, Sabanejewia larvata, larv Cobitis taenia
bilineata, Barbatula barbatula
batula (limitatamente alle acque del Tren-Tre
tino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia),
lia), Padogobius martensii,
Knipowitschia punctatissima (limitatamente agli ambienti ambie di ri-
sorgiva, dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia)
Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione Padana Rutilus erythrophthalmus, Rutilus pigus, Chondrostoma soetta,
Tinca tinca, Scardinius
nius erythrophthalmus, Alburnus alburnus al- a
borella, Leuciscus
cus cephalus, Cyprinus carpio, Petromyzon marinus
(stadi giovanili),
nili), Acipenser naccarii (almeno stadi giovanili), An- A
guilla anguilla, Alosa fallax (stadi giovanili), Cobitis taenia bilinea-
biline
ta, Esox lucius, Perca fluviatilis, Gasterosteus aculeatus (1945),
Syngnathus abaster.
Zona dei Salmonidi della Regione Italico-Peninsulare
Peninsulare Salmo (trutta) trutta (ceppo mediterraneo,
mediterran limitatamente all'Ap-
pennino settentrionale),
nale), Salmo (trutta) macrostigma (limitata-
(lim
mente al versante tirrenico di Lazio, Campania, Basilicata e Cala-
bria), Salmo fibreni (limitatamente alla risorgiva denominata
d Lago
di Posta Fibreno).
Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione Italico
Italico- Leuciscus souffia muticellus, Leuciscus cephalus, Rutilus rubilio,
Peninsulare Alburnus albidus (limitatamente
itatamente alla Campania, Molise, Puglia P e
Basilicata), Barbus plebejus, Lampetrapetra planeri (limitatamente al
versante tirrenico di Toscana, Lazio, Campania e Basilicata; nel
versante adriatico, la sola popolazione dell'Aterno-Pescara),
dell'Aterno An-
guilla anguilla, Cobitis
bitis tenia bilineata, Gasterosteus
Gaster aculeatus,
Salaria fluviatilis, Gobius nigricans (limitatamente al versante tir- ti
renico di Toscana, Umbria e Lazio).
Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione Italico
Italico- Tinca tinca, Scardinius erythrophthalmus,
hrophthalmus, Rutilus rubilio, Leuci-
Leuc
peninsulare scus cephalus, Alburnus nus albidus (limitatamente alla Campania,
Molise, Puglia e Basilicata), Petromyzon marinus (stadi giovanili),
Anguilla anguilla,
la, Alosa fallax (stadi giovanili), Cobitis taenia bili-
bil

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

neata, Esox lucius, Gasterosteus aculeatus, Syngnathus abaster


(1946).
Zona dei Salmonidi della Regione delle Isole Salmo (trutta) macrostigma.
Zona dei Ciprinidi a deposizione litofila della Regione delle Isole Anguilla anguilla, Gasterosteus aculeatus, Salaria fluviatilis.
Zona dei Ciprinidi a deposizione fitofila della Regione delle Isole Cyprinus carpio, Petromyzon marinus (stadi giovanili), Anguilla
anguilla, Gasterosteus aculeatus, Alosa fallax (stadi giovanili),
Syngnathus abaster.

SEZIONE C
Tabella 1. Valore di riferimento (mediana siti riferimento) per la componente relativa alla presenza di strutture artificiali nel tratto considerato (indice
HMS) e per la componente relativa all'uso del territorio nelle aree fluviali e perifluviali (indice LUI).

Descrizione sommaria dell'ambito di applicazione HMS RQ_HMS LUI RQ_LUI


Tutti i tipi fluviali 0 1 0 1

Il valore utilizzato per convertire l'HMS in RQ è pari a 100. Il valore utilizzato per convertire il LUI in RQ è pari a 39,2.
Tabella 2. Valori di riferimento (mediana siti riferimento) per la componente relativa alla diversificazione e qualità degli habitat fluviali e ripari (indice
HQA)

Descrizione sommaria dell'ambito di applicazione Macrotipi fluviali HQA RQ_HQA


Fiumi alpini A1, A2 54 1
Fiumi Appenninici M1, M2, M4 64 1
Fiumi Appenninici poco diversificati M1, M2, M4 52 1
Fiumi Mediterranei temporanei M5 58 1
Piccoli fiumi di pianura C, M1 56 1
Tutti gli altri fiumi - 57 1

È opportuno far riferimento alla categoria «Tutti gli altri fiumi» qualora il tipo fluviale in esame, per la sua peculiarità, non risulti attribuibile con certezza ad
una delle macrocategorie riportate in tabella. Per la conversione dell'HQA in RQ si è considerato come valore minimo 11 per tutte le categorie.

(1936) Per i fiumi molto grandi e/o non accessibili il metodo di campionamento richiede l'utilizzo di substrati artificiali a lamelle, sulla base delle specifiche
tecniche contenute nelle pubblicazioni Buffagni A., Moruzzi E., Belfiore C., Bordin F., Cambiaghi M., Erba S., Galbiati L., Pagnotta R., 2007. Macroinvertebrati
acquatici e direttiva 2000/60/EC (WFD) - parte D. Metodo di campionamento per i fiumi non guadabili. IRSA-CNR Notiziario dei metodi analitici, Marzo 2007
(1), 69-93.
(1937) Si deve valutare la percentuale di corpo idrico rappresentata da ciascuno dei siti in esame. Il valore di LIMeco calcolato per un sito va moltiplicato per
la percentuale di corpo idrico che esso rappresenta; tale valore va quindi sommato al valore di LIMeco calcolato in un altro sito del medesimo corpo idrico
moltiplicato per la percentuale di rappresentatività del sito nel corpo idrico.
(1938) Le condizioni di riferimento sono individuate sulla base di dati storici e di metriche desunte dalla letteratura di settore.
(1939) Le serie annuali o pluriennali di clorofilla sono spesso ben approssimate da una distribuzione di tipo Log-normale.
Per «normalizzare» queste distribuzioni si applica la Log-trasformazione dei dati originari, E Il 90° percentile della distribuzione dei logaritmi deve essere ri-
convertito in numero (i.e. in concentrazione di clorofilla). La Log-normalità dei dati di clorofilla giustifica anche la scelta della Media Geometrica al posto del-
la Media Aritmetica.
(1940) Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99).
(1941) Anossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 0-1,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99).
(1942) Ipossia: valori dell'ossigeno disciolto nelle acque di fondo compresi fra 1-2,0 mg/l (campionamento effettuato in continuo) (ex D.Lgs 152/99).
(1943) Le popolazioni del ceppo mediterraneo di Salmo (trutta) trutta hanno naturalmente un areale molto frammentato.
Per ogni regione andrebbe stabilito meglio l'areale.
(1944) In Piemonte, a esclusione dei tributari di destra del Po a valle del Tanaro e, nel bacino del Tanaro, a valle della confluenza con il torrente Rea.
(1945) In Piemonte, la distribuzione è limitata al solo Verbano.
(1946) Non presente in Umbria.
(1947) Allegato modificato dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131, dagli Allegati 1, Parte A, 3 e 4, D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30, così come stabilito dall'art. 9,
comma 1, lett. b) e c) del medesimo D.Lgs. 30/2009, sostituito dall'art. 1, comma 1, D.M. 14 aprile 2009, n. 56, modificato dall'art. 1, comma 1, lett. e), f), g),
h) ed i), D.Lgs. 10 dicembre 2010, n. 219 e sostituito dall'art. 1, comma 1, D.M. 8 novembre 2010, n. 260. Successivamente, il presente allegato è stato modi-
ficato dall'art. 24, comma 1, lett. i) ed l), L. 6 agosto 2013, n. 97, dall'art. 17, comma 3, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11
agosto 2014, n. 116, e dall'art. 1, comma 1, lett. da g) ad l) e da o) ad s), D.Lgs. 13 ottobre 2015, n. 172. Per ulteriori modifiche al presente allegato, non inse-
rite poiché il testo modificante non ha tenuto conto delle modifiche precedentemente disposte, vedi le lett. m) ed n) del comma 1 del medesimo art. 1,

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

D.Lgs. n. 172/2015. Infine, il presente allegato è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, D.M. 6 luglio 2016 e, successivamente, dall'art. 1, comma 1, lett.
a) e b), D.M 15 luglio 2016.
Allegati alla Parte Terza
Allegato 2 - Criteri per la classificazione dei corpi idrici a destinazione funzionale
In vigore dal 29 aprile 2006

Sezione A: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative e per la classificazione delle acque superficiali destinate alla
produzione di acqua potabile.
I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali utilizzate o destinate ad essere utilizzate per la produzione di acqua potabile dopo i trattamenti ap-
propriati.
1) Calcolo della conformità e classificazione
Per la classificazione delle acque in una delle categorie Al, A2, A3, di cui alla tabella 1/A i valori specificati per ciascuna categoria devono essere conformi nel
95% dei campioni ai valori limite specificati nelle colonne I e nel 90% ai valori limite specificati nelle colonne G, quando non sia indicato il corrispondente
valore nella colonna I. Per il rimanente 5% o il 10% dei campioni che, secondo i casi, non sono conformi, i parametri non devono discostarsi in misura supe-
riore al 50% dal valore dei parametri in questione, esclusi la temperatura, il pH, l'ossigeno disciolto ed i parametri microbiologici.
2) Campionamento
2.1) Ubicazione delle stazioni di prelievo
Per tutti i laghi naturali ed artificiali e per tutti i corsi d'acqua naturali ed artificiali utilizzati o destinati ad essere utilizzati per l'approvvigionamento idrico
potabile - fermo restando quanto previsto nell'allegato 1 - le stazioni di prelievo dovranno essere ubicate in prossimità delle opere di presa esistenti o previ-
ste in modo che i campioni rilevati siano rappresentativi della qualità delle acque da utilizzare.
Ulteriori stazioni di prelievo dovranno essere individuate in punti significativi del corpo idrico quando ciò sia richiesto da particolari condizioni locali, tenuto
soprattutto conto di possibili fattori di rischio d'inquinamento. I prelievi effettuati in tali stazioni avranno la sola finalità di approfondire la conoscenza della
qualità del corpo idrico, per gli opportuni interventi.
2.2) Frequenza minima dei campionamenti e delle analisi di ogni parametro.

GRUPPO DI PARAMETRI (°)


I II III
Frequenza minima annua dei
campionamenti e delle 12 12 12
analisi per i corpi idrici da classificare

GRUPPO DI PARAMETRI (°)


I(*) II III (**)
Frequenza minima annua dei
campionamenti e delle
analisi per i corpi idrici già classificati 8 8 8

(*) Per le acque della categoria A3 la frequenza annuale dei campionamenti dei parametri del gruppo I deve essere portata a 12.
(°) I parametri dei diversi gruppi comprendono:

PARAMETRI I GRUPPO
pH, colore, materiali totali in sospensione, temperatura, conduttività, odore, nitrati, cloruri, fosfati, COD, DO (ossigeno disciolto),
BOD5, ammoniaca
PARAMETRI II GRUPPO
ferro disciolto, manganese, rame, zinco, solfati, tensioattivi, fenoli, azoto Kjeldhal, coliformi totali e coliformi fecali
PARAMETRI III GRUPPO
fluoruri, boro, arsenico, cadmio, cromo totale, piombo, selenio, mercurio, bario, cianuro, idrocarburi disciolti o emulsioni, idrocar-
buri policiclici aromatici, antiparassitari totali, sostanze estraibili con cloroformio, streptococchi fecali e salmonelle

(**) Per i parametri facenti parte del III gruppo, salvo che per quanto riguarda gli indicatori di inquinamento microbiologico, su indicazione dell'autorità
competente al controllo ove sia dimostrato che non vi sono fonti antropiche, o naturali, che possano determinare la loro presenza nelle acque, la frequenza
di campionamento può essere ridotta.
3) Modalità di prelievo, i conservazione e di trasporto dei campioni
I campioni dovranno essere prelevati, conservati e trasportati in modo da evitare alterazioni che possono influenzare significativamente i risultati delle anali-
si.

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a) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 2/A, vale quanto prescritto, per i singoli parametri,
alla colonna G.
b) Per il prelievo, la conservazione ed il trasporto dei campioni per analisi dei parametri di cui alla tabella 3/A, vale quanto segue:
i prelievi saranno effettuati in contenitori sterili;
qualora si abbia motivo di ritenere che l'acqua in esame contenga cloro residuo, le bottiglie dovranno contenere una soluzione al 10% di sodio tiosolfato,
nella quantità di mL 0,1 per ogni 100 mL di capacità della bottiglia, aggiunto prima della sterilizzazione;
le bottiglie di prelievo dovranno avere una capacità idonea a prelevare l'acqua necessaria all'esecuzione delle analisi microbiologiche;
i campioni prelevati, secondo le usuali cautele di asepsi, dovranno essere trasportati in idonei contenitori frigoriferi (4-10 °C) al riparo della luce e dovranno,
nel più breve tempo possibile, e comunque entro e non oltre le 24 ore dal prelievo, essere sottoposti ad esame.
Tabella I/A: Caratteristiche di qualità per acque superficiali destinate alla produzione di acqua potabile

Num. Pa- Parametro Unità di misura A1 A1 A2 A2 A3 A3


ram.
G I G I G I
1 pH unità pH 6,5-8,5 - 5,5-9 - 5,5-9 -
2 Colore (dopo filtrazione mg/L scala pt 10 20(o) 50 100(o) 50 200(o)
semplice)
3 Totale materie in sospen- mg/L MES 25 - - - - -
sione
4 Temperatura °C 22 25(o) 22 25(o) 22 25(o)
5 Conduttività ¼S/cm a 20° 1000 - 1000 - 1000 -
6 Odore Fattore di diluizio- 3 - 10 - 20 -
ne a 25 °C
7* Nitrati mg/L NO3 25 50(o) - 50(o) - 50(o)
8 Fluoruri [1] mg/L F 0,7/1 1,5 0,7/1,7 - 0,7/1,7 -
9 Cloro organico totale mg/L C1 - - - - - -
estraibile
10 * Ferro disciolto mg/L Fe 0,1 0,3 1 2 1 -
11 * Manganese mg/L Mn 0,05 - 0,1 - 1 -
12 Rame mg/L Cu 0,02 0,05(o) 0,05 - 1 -
13 Zinco mg/L Zn 0,5 2 1 5 1 5
14 Boro mg/L B 1 - 1 - 1 -
15 Berillio mg/L Be - - - - - -
16 Cobalto mg/L Co - - - - - -
17 Nichelio mg/L Ni - - - - - -
18 Vanadio mg/L V - - - - - -
19 Arsenico mg/L As 0,01 0,05 - 0,05 0,05 0,1
20 Cadmio mg/L Cd 0,001 0,005 0,001 0,005 0,001 0,005
21 Cromo totale mg/L Cr - 0,05 - 0,05 - 0,05
22 Piombo mg/L Pb - 0,05 - 0,05 - 0,05
23 Selenio mg/L Se - 0,01 - 0,01 - 0,01
24 Mercurio mg/L Hg 0,0005 0,001 0,0005 0,001 0,0005 0,001
25 Bario mg/L Ba - 0,1 - 1 - 1
26 Cianuro mg/L CN - 0,05 - 0,05 - 0,05
27 Solfati mg/L SO4 150 250 150 250(o) 150 250(o)
28 Cloruri mg/L C1 200 - 200 - 200 -
29 Tensioattivi (che reagi- mg/L (solfato di 0,2 - 0,2 - 0,5 -
scono al blu di metilene) laurile)
30 * Fosfati [2] mg/L P2O5 0,4 - 0,7 - 0,7 -
31 Fenoli (indice fenoli) pa- mg/L C6H5OH - 0,001 0,001 0,005 0,01 0,1
ranitroanilina, 4 ammi-
noantipirina
32 Idrocarburi disciolti o mg/L - 0,05 - 0,2 0,5 1
emulsionati (dopo estra-
zione mediante etere di
petrolio)
33 Idrocarburi policiclici a- mg/L - 0,0002 - 0,0002 - 0,001
romatici
34 Antiparassitari-totale mg/L - 0,001 - 0,0025 - 0,005
(parathion HCH, dieldri-
ne)
35 * Domanda chimica ossi- mg/L O2 - - - - 30 -
geno (COD)

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36 * Tasso di saturazione % 02 >70 - >50 - >30 -


dell'ossigeno disciolto
37 * A 20 °C senza nitrificazio- mg/L 02 <3 - <5 - <7 -
ne domanda biomichica
di ossigeno (BOD5)
38 Azoto Kjeldahl (tranne mg/L N 1 - 2 - 3 -
NO2 ed NO3)
39 Ammoniaca mg/L NH4 0,05 - 1 1,5 2 4(o)
40 Sostanze estraibili al clo- mg/L SEC 0,1 - 0,2 - 0,5 -
roformio
41 Carbonio organico totale mg/L C - - - - - -
42 Carbonio organico resi- mg/L C - - - - - -
duo (dopo flocculazione e
filtrazione su membrana
da 5¼) TOC
43 Coliformi totali /100 mL 50 - 5000 - 50000 -
44 Coliformi fecali /100 mL 20 - 2000 - 20000 -
45 Streptococchi fecali /100 mL 20 - 1000 - 10000
46 Salmonelle - assenza in 5000 - assenza in 1000 - - -
mL mL
Legenda:
- Categoria A1 - Trattamento fisico semplice e disinfezione
- Categoria A2 - Trattamento fisico e chimico normale e disinfezione
- Categoria A3 - Trattamento fisico e chimico spinto, affinazione e disinfezione
- I = Imperativo
- G = Guida
- (o) = sono possibili deroghe in conformità al presente decreto
* = sono possibili deroghe in conformità al presente decreto
Note:
[1] I valori indicati costituiscono i limiti superiori determinati in base alla temperatura media annua (alta e bassa temperatura)
[2] Tale parametro è inserito per soddisfare le esigenze ecologiche di taluni ambienti.

Tab. 2/A: metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri chimici e chimico-fisici di cui alla tab. 1/A

(A) (B) (C) (D) (E) (F) (G)


Num. Pa- Parametro Unità di misura Limite di rileva- Precisione ± Accuratezza ± Metodi di misura (*) 1 a) Materiale del contenitore del
ram. mento campione;
b) metodo di conservazione;
c) tempo massimo tra il campiona-
mento e l'analisi
1 pH Unità pH - 0,1 0,2 Elettrometria. La misura va a) polietilene o vetro;
eseguita preferibilmente sul b) refrigerazione a 4 °C;
posto al momento del
campionamento. Il valore c) 24 ore
va sempre riferito alla tem-
peratura dell'acqua al mo-
mento del prelievo.
2 Colore (dopo fil- mg/L scala pt 5 10% 20% Colorimetria. Metodo fo- a) polietilene o vetro;
trazione semplice) tometrico secondo gli
standard della scala platino b) refrigerazione a 4 °C;
cobalto (previa filtrazione
su
membrana di fibra di vetro) c) 24 ore
3 Materiali in so- mg/L - 5% 10% Gravimetria. Filtrazione su a) polietilene o vetro;
spensione totali membrana da
0,45 ¼m, essicazione a 105 b) refrigerazione a 4 °C;
°C a peso costante.
Centrifugazione (tempo c) 24 ore
minimo 5 min, velocità me-
dia 2800/3000 giri-minuto).

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Filtrazione ed essicazione a
105 °C a peso costante.
4 Temperatura °C - 0,5 1 Termometria. La misura -
deve essere eseguita sul
posto, al momento del
campionamento.
5 Conduttività ¼S/c m a - 5% 10% Elettrometria. a) vetro o polietilene;
20 °C c) 1-3 giorni (**)
6 Odore Fattore di - - - Tecnica delle a) vetro;
diluizione a diluizioni b) refrigerazione a 4 °C
25 °C successive. c) 6-24 ore (**)
7 Nitrati mg/L NO3 2 10% 20% Spettrofotometria a) polietilene o vetro;
di assorbimento b) refrigerazione a 4 °C;
molecolare. c) 1-3 giorni (**)
8 Fluoruri mg/L F 0,05 10% 20% Spettrofotometria di assor- a) polietilene;
bimento molecolare previa
distillazione se necessaria.
Elettrometria. Elettrodi io- c) 7 giorni
nici specifici.
9 Cloro organico mg/L Cl pm (***) pm pm pm pm
totale estraibile
10 Ferro disciolto mg/L Fe 0,02 10% 20% Spettrometria di assorbi- a) polietilene o vetro;
mento atomico.
Previa filtrazione su mem- b) campione ben chiuso e refrigera-
brana da 0,45 ¼m. zione a 4 °C;
Spettrofotometria di assor- c) 24 ore
bimento molecolare, previa
filtrazione su membrana da
0,45 ¼m
11 Manganese mg/L Mn 0,01 [2] 10% 20% Spettrometria di assorbi- a) polietilene o vetro;
mento atomico.
Spettrometria di assorbi- b) acidificare a pH < 2 (preferibil-
mento atomico. mente con HNO3 concentrato)
0,02 [3] 10% 20% Spettrofotometria di assor-
bimento molecolare.
12 Rame [9] mg/L Cu 0,005 10% 20% Spettrometria di assorbi- Come specificato al parametro n. 11
mento atomico.
Polarografia.
0,02 [4] 10% 20% Spettrometria di assorbi-
mento atomico.
Spettrofotometria di assor-
bimento molecolare.
Polarografia.
13 Zinco [9] mg/L Zn 0,01 [2] 10% 20% Spettrometria di assorbi- Come specificato al parametro n. 11
mento atomico.
Spettometria di assorbi-
mento atomico.
0,02 [3] 10% 20% Spettrofotometria di assor-
bimento molecolare.
14 Boro [9] mg/L B 0,1 10% 20% Spettrofotometria a) polietilene;
di assorbimento b) acidificare a pH < 2
molecolare. (preferibilmente con
Spettrometria di assorbi- HNO3) diluito 1:1)
mento atomico.
15 Berillo mg/L Be pm pm pm pm come specificato al parametro n. 11
16 Cobalto mg/L Co pm pm pm pm come specificato al parametro n. 11
17 Nichelio mg/L Ni pm pm pm pm come specificato al parametro n. 11
18 Vanadio mg/L V pm pm pm pm come specificato al parametro n. 11
19 Arsenico [9] mg/L As 0,002 [2] 20% 20% Spettrometria di assorbi- come specificato al parametro n. 11
mento atomico.
0,01 [5] - - Spettrometria di assorbi-
mento atomico.
Spettrometria di assorbi-
mento molecolare.

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20 Cadmio [9] mg/L Cd 0,0002 30% 30% Spettrometria di assorbi- come specificato al parametro n. 11
mento atomico.
0,0001 [5] Polarografia.
21 Cromo totale [9] mg/L Cr 0,01 20% 30% Spettrometria di assorbi- come specificato al parametro n. 11
mento atomico.
Spettrofotometria di assor-
bimento molecolare.
22 Piombo [9] mg/L Pb 0,01 20% 30% Spettrometria di assorbi- come specificato al parametro n. 11
mento atomico.
Polarografia.
23 Selenio [9] mg/L Se 0,005 - - Spettrometria di assorbi- come specificato al parametro n. 11
mento atomico.
24 Mercurio [9] mg/L Hg 0,0001 30% 30% Spettrometria di a) polietilene o vetro;
assorbimento atomico sen- b) per ogni litro di campione addi-
za fiamma (su vapori fred- zionare 5 mL di HNO3 concentrato e
di). 10 mL di soluzione di KMnO4 al 5%;
0,0002 [5] c) 7 giorni
25 Bario [9] mg/L Ba 0,02 15% 30% Spettrometria di assorbi- Come specificato al parametro n. 11
mento atomico.
26 Cianuro mg/L CN 0,01 20% 30% Spettrometria di assorbi- a) polietilene o vetro;
mento molecolare.
b) addizionare NaOH in gocce o in
soluzione concentrata (pH circa 12)
e raffreddare a 4 °C;
c) 24 ore
27 Solfati mg/L SO4 10 10% 10% Gravimetria. Complessome- a) polietilene o vetro;
tria con EDTA
Spettrofotometria b) refrigerazione a 4 °C;
di assorbimento molecola- c) 7 giorni
re.
28 Cloruri mg/L C1 10 10% 10% Determinazione volumetri- a) polietilene o vetro;
ca (metodo di Mohr).
Metodo mercurimetrico b) refrigerazione a 4 °C;
con indicatore.
Spettrofotometria di assor- c) 7 giorni
bimento molecolare.
29 Tensioattivi mg/L MBAS 0,05 20% - Spettrofotometria a) vetro o polietilene;
di assorbimento b) refrigerazione a 4 °C;
molecolare. c) 24 ore
30 Fosfati mg/L P2O5 0,02 10% 20% Spettrofotometria a) vetro;
di assorbimento molecola- b) acidificazione con H2SO4 a pH <
re. 2;
c) 24 ore
31 Fenoli mg/L 0,0005 0,0005 0,0005 Spettrofotometria a) vetro;
C6H5OH (indice di assorbimento molecola- b) acidificazione con H3PO4 a pH < 4
re. ed
fenoli) Metodo alla 4-ammino- aggiunta di CuSO4 5 H2O (1 g/L);
antipirina.
0,001 [6] 30% 50% Metodo alla p-nitro-anilina. c) 24 ore
32 Idrocarburi mg/L 0,01 20% 30% Spettrofotometria a) vetro;
disciolti o emul- all'infrarosso previa estra- b) acidificare a pH < 2 (H2SO4 o HC1)
sionati zione
con tetracloruro di carbo- c) 24 ore
nio.
0,04 [3] Gravimetria previa estra-
zione mediante etere di
petrolio.
33 Idrocarburi polici- mg/L 0,00004 50% 50% Misura della fluorescenza in a) vetro scuro od alluminio;
clici aromatici [9] UV previa
cromatografia su strato b) tenere al buio a 4 °C;
sottile.
Misura comparativa rispet- c) 24 ore
to ad un miscuglio di 6 so-
stanze standard aventi la

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stessa concentrazione [7].


34 Antiparasit mh/L 0,0001 50% 50% Cromatografia in a) vetro;
tari totale [para- fase gassosa o liquida pre- b) per HCH e dieldrin acidificare con
thion, esacloroci- via estrazione mediante HC1 concentrato (1 mL per litro di
cloesano (HCH) solventi adeguati e purifica- campione) e refrigerare a 4 °C; per
dieldrine [9] zione. parathion acidificare a
Identificazione dei compo- pH 5 con H2SO4 (1:1) e refrigerare a
nenti del 4 °C;
miscuglio e determinazione c) 7 giorni
quantitativa [8].
35 Domanda mg/L O2 15 20% 20% Metodo al a) vetro;
chimica ossigeno bicromato di potassio (ebol- b) acidificare a pH < 2 con H2SO4; 1-
(COD) lizione 2 ore) 7 giorni (**)
36 Tasso di % O2 5 10% 10% Metodo di Winkler. a) vetro;
saturazione Metodo di elettrochimico b) fissare l'ossigeno sul posto con
dell'ossigeno di- (determinazione in situ) solfato manganoso e ioduro-sodio-
sciolto azide;
1-5 giorni a 4 °C (**)
37 Domanda mg/L O2 2 1,5 2 Determinazione a) vetro;
biochimica di ossi- dell'O2 disciolto prima e b) refrigerazione a 4 °C;
geno (BOD5) a 20 dopo incubazione di 5 gior-
°C senza ni (20 ± 1 °C) al buio.
nitrificazione Aggiunta di un inibitore di c) 4-24 ore
nitrificazione (Preferibil-
mente alliltiourea)
38 Azoto Kieldahl mg/L N 0,5 0,05 0,5 Spettrofotometria di assor- a) vetro;
bimento
(escluso azoto di molecolare e determinazio- b) acidificare con H2SO4 fino a pH <
ne 2;
NO2 ed NO3) volumetrica previa minera- c) refriferare a 4 °C
lizzazione e distillazione
secondo il metodo Kieldahl.
39 Ammoniaca mg/L NH4 0,01 [2] 0,03 [2] 0,03 [2] Spettrofotometria di assor- come specificato al parametro n. 38
bimento molecolare.
0,1 [3] 10% [3] 20% [3]
40 Sostanze mg/L - - - Gravimetria. a) vetro;
estraibili con cloro- Estrazione a pH neutro me- b) refrigerazione a 4 °C;
formio diante cloroformio
distillato di fresco, evapora- c) 24 ore
zione sotto vuoto moderato
a temperatura ambiente e
pesata del residuo
41 Carbonio organico mg/L C pm pm pm pm pm
totale (TOC)
42 Carbonio organico pm pm pm pm
residuo dopo floc-
culazione o filtra-
zione su membra-
na da 5 ¼m)
(*) Possono adottarsi metodo di misura diversi, purché i limiti di rilevamento, la precisione e l'accuratezza siano compatibili con quelli indicati per i metodi riportati per ciascun
parametro nel presente allegato. In tal caso deve indicarsi il metodo adottato.
(**) Il tempo massimo dipende dal tipo di campione.
(***) Per memoria.
[1] I campioni di acqua superficiali prelevati nel luogo di estrazione vengono analizzati e misurati previa eliminazione, mediante filtrazione semplice (vaglio a rete), dei residui
galleggianti come legno, plastica.
[2] Per le acque della categoria A1 valore G.
[3] Per le acque delle categorie A2, A3.
[4] Per le acque della categoria A3.
[5] Per le acque delle categorie A1, A2, A3, valore I.
[6] Per le acque delle categorie A2, valore I ed A3.
[7] Miscuglio di sei sostanze standard aventi la stessa concentrazione da prendere in considerazione: fluorantrene, benzo-3, 4, fluorantrene, benzo 11, 12 fluorantrene, benzo 3,
4 pirene, benzo 1, 12 perilene, indeno (1, 2, 3-cd) pirene.
[8] Miscuglio di tre sostanze aventi la stessa concentrazione da prendere in considerazione: parathion, esaclorocicloesano, dieldrin.
[9] Se il tenore di materie in sospensione dei campioni è elevato al punto da rendere necessario un trattamento preliminare speciale di tali campioni, i valori dell'accuratezza

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riportati nella colonna E del presente allegato potranno eccezionalmente essere superati e costituiranno un obiettivo. Questi campioni dovranno essere trattati in maniera tale
che l'analisi copra la quantità maggiore delle sostanze da misurare.

Tab. 3/A: Metodi di misura per la determinazione dei valori dei parametri microbiologici di cui alla tab. 1/A

Num. Pa- Parametro Metodi di misura (*)


ram.
1 Coliformi totali 100 mL (A) Metodo MPN
Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno tre serie) di Brodo Lattosato.
Incubare a 36 ± 1 °C per 24 + 24 ore. I tubi positivi (presenza di gas) debbono essere sottoposti a conferma in Brodo Lat-
tosio Bile Verde Brillante a 36 ± 1 °C- Sulla base della positività su tale terreno riportare il valore come MPN/100 mL di
campione.
(B) Metodo MF
Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni attraverso membrana filtrante. Incubate su m-Endo-Agar per 24 ore a 36 ±
1 °C. Contare le colonie rosse. Riportare il valore a 100 mL di campione.
2 Coliformi fecali 100 mL (A) Metodo MPN
I tubi positivi in Brodo Lattosato di cui al numero 1 lettera (A) debbono essere sottoposti a conferma in tubi di EC-Broth
per 24 ore a 44 ± 0,2 °C in bagnomaria. Sulla base della positività dei tubi di EC-Broth riportate il valore come MPN/100
mL.
(B) Metodo MF
Filtrare mL 100 di campione e/o sue diluizioni attraverso membrana filtrante come al numero 1 lettera (B).
Incubare su m-FC-Agar a 44 ± 0,2 °C per 24 ore in bagnomaria. Contare le colonie blu. Riportare il valore a 100 mL di
campione.
3 Streptococchi fecali (A) Metodo MPN
Seminare aliquote decimali del campione (e/o sue diluizioni) in più serie di 5 tubi (almeno 3) di Azide Dextrose Broth.
Incubare a 36 ± 1 °C per 24 + 24 ore. I tubi positivi (torbidi) debbono essere sottoposti a conferma in Ethyl Violet Azide
Broth per 48 ore a 36 ± 1 °C. Leggere i tubi positivi (torbidi con fondo porpora).
Riportare il valore come MPN/100 mL di campione.
(B) Metodo MF
Filtrare mL 100 di campione (e/o sue diluizioni) attraverso membrana filtrante come al numero 1, lettera (B). Incubare su
KF-Agar a 36 ± 1 °C per 48 ore. Leggere le colonie rosse. Riportare il valore a 100 mL di campione.
4 Salmonelle [1] Metodo MF
Filtrare 1000 e 5000 mL di campione attraverso membrana filtrante. Se la torbidità non consente di filtrare la quantità
richiesta di campione, utilizzare idoneo prefiltro. Incubare il filtro (e l'eventuale prefiltro) in acqua peptonata a tempera-
tura ambiente per 6 ore.
Passare nei seguenti terreni:
a) Terreno di MULLER-KAUFFMAN (incubare a 42 °C per 24-48 ore);
b) Terreno di Brodo Selenite (incubare a 36 °C per 24-48 ore);
Dai predetti terreni ed alle scadenze temporali indicate eseguire semine isolanti sui seguenti terreni:
SS-Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).
Hektoen Enteric Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).
d) Desossicolato Citrato Agar (incubare a 36 °C per 24 ore).
Le colonie sospette devono essere sottoposte ad identificazione.
(*) Per i parametri dal n. 1 al n. 3 è facoltativa la scelta tra i metodi di analisi MPN ed MF specificando il metodo impiegato.
Assenza in 5000 mL (A1, G) e assenza in 1000 mL (A2, G).

Sezione B: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative, per la classificazione ed il calcolo ella conformità delle acque
dolci superficiali idonee alla vita dei pesci salmonicoli e ciprinicoli.
I seguenti criteri si applicano alle acque dolci superficiali designate quali richiedenti protezione o miglioramento per essere idonee alla vita dei pesci.
1) Calcolo della conformità
Le acque designate e classificate si considerano idonee alla vita dei pesci quando i relativi campioni prelevati con la frequenza minima riportata nella Tab.
1/B, nello stesso punto di prelevamento e per un periodo di dodici mesi, presentino valori dei parametri di qualità conformi ai limiti imperativi indicati e alle
relative note esplicative della medesima Tabella, per quanto riguarda:
a) il valore del 95% dei campioni prelevati, per i parametri:
- pH
- BOD5
- ammoniaca indissociata
- ammoniaca totale

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- nitriti
- cloro residuo totale
- zinco totale
- rame disciolto.
Quando la frequenza di campionamento è inferiore ad un prelievo al mese, i valori devono essere conformi ai limiti tabellari nel 100% dei campioni prelevati;
b) i valori indicati nella tabella 1/B per i parametri:
- temperatura
- ossigeno disciolto;
c) la concentrazione media fissata per il parametro:
- materie in sospensione.
II superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle osservazioni riportate nella tabella 1/B non sono presi in considerazione se avvengono a causa
di piene, alluvioni o altre calamità naturali.
2) Campionamento
Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al punto :
a) la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/B può essere ridotta ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente migliore di
quella riscontrabile, per i singoli parametri dall'applicazione delle percentuali di cui al punto 1;
b) possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistono cause di inquinamento o rischio di deterio-
ramento.
Il luogo esatto del prelevamento dei campioni, la sua distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i campioni de-
vono essere prelevati sono definiti dall'autorità competente in funzione, soprattutto, delle condizioni ambientali locali.
Tab. 1/B: Qualità delle acque idonee alla vita dei pesci salmonidi e ciprinidi

N. prog. Parametro Unità di misura Acque per salmonidi Acque per ciprinidi Metodo di analisi e rile- Frequenza minima di Riferimento in
vamento campionamento e di note esplicati-
misura ve
G I G I
1 Temperatura (au- ” °C 1,5 3 - Termometria Mensile [1]
mento)
Temperatura (mas- °C 21,5 (o) 28 (o)
sima)
Temperatura (periodi °C 10 (o)
di riproduzione)
2 Ossigeno mg/L O2 ≥ 9 (50%) ≥ 9 (50%) ≥ 8 (50%) ≥ 7 (50%) - Volumetria (metodo di Mensile [2]
Winkler)
≥ 7 (100%) ≥ 5 (100%) - Elettrometria (elettrodi
specifici)
3 Concentrazioni di pH 6-9 (o) 6-9 (o) Potenziometria Mensile [3]
ioni idrogeno
4 Materiali in sospen- mg/L 25 (o) 60 (o) 25 (o) 80 (o) - Gravimetria Mensile [4]
sione
- Volumetria (metodo di
Winkler)
5 BOD5 mg/L O2 3 5 6 9 - Elettrometria Mensile [5]
- Respirometria
- Spettrofotometria di
assorbimento molecolare
6 Fosforo totale mg/L P 0,07 0,14 (Metodo all'acidofosfo- Mensile [6]
molibdico in presenza di
acido ascorbico, previa
mineralizzazione)
- Spettrofotometria di
assorbimento molecolare
7 Nitriti mg/L NO2 0,01 0,88 0,03 1,77 (Metodo alla N-1- Mensile [7]
naftiletilendiammina e
sulfanilammide)
- Spettrofotometria di
assorbimento molecolare
8 Composti fenolici mg/L C6H5OH 0,01 ** 0,01 ** (Metodo alla 4- Mensile [8]
aminoantipirina o alla p-
nitroanilina)
- Esame gustativo
- Spettrometria IR (previa
estrazione con CC14 o
solvente equivalente)
9 Idrocarburi di mg/L 0,2 *** 0,2 *** - Esame visivo Mensile [9]

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origine petrolifera - Esame gustativo


- Spettrofotometria di
assorbimento molecolare
10 Ammoniaca non io- mg/L NH3 0,005 0,025 0,005 0,025 (Metodo al blu di indofe- Mensile [10]
nizzata nolo - oppure - Metodo di
Nessler)
- Spettrofotometria di
assorbimento molecolare
11 Ammoniaca totale mg/L NH4 0,04 1 0,2 1 (Metodo al blu di indofe- Mensile [11]
nolo - oppure - Metodo di
Nessler)
- Spettrofotometria di
assorbimento molecolare
o volumetria
12 Cloruro residuo tota- mg/L come 0,004 0,004 (Metodo DPD:N,N-dietil- Mensile [12]
le HOC1 p-fenilendiammina)
13 Zinco totale * ¼g/L Zn 300 400 - Spettrometria di assor- Mensile [14]
bimento atomico
14 Rame ¼g/L Cu 40 40 - Spettrometria di assor- Mensile [14]
bimento atomico
15 Tensioattivi (anionici) mg/L come 0,2 0,2 - Spettrofotometria di Mensile [13]
MBAS assorbimento molecolare
(Metodo al blu di metile-
ne)
16 Arsenico ¼g/L As 50 50 - Spettrometria di assor- Mensile [14]
bimento atomico
17 Cadmio totale * ¼g/L Cd 0,2 2,5 0,2 2,5 - Spettrometria di assor- Mensile [14]
bimento atomico
18 Cromo ¼g/L Cr 20 100 - Spettrometria di assor- Mensile [14]
bimento atomico
19 Mercurio totale * ¼g/L Hg 0,05 0,5 0,05 0,5 - Spettrometria di assor- Mensile [14]
bimento atomico (su va-
pori freddi)
20 Nichel ¼g/L Ni 75 75 - Spettrometria di assor- Mensile [14]
bimento atomico
21 Piombo ¼g/L Pb 10 50 - Spettrometria di assor- Mensile [14]
bimento atomico
ABBREVIAZIONI: G = guida o indicativo; I = imperativo od obbligatorio.
Note: (o): Conformemente al presente decreto sono possibili deroghe;
* Totale = Disciolto più particolato;
** I composti fenolici non devono essere presenti in concentrazioni tali da alterare il sapore dei pesci
*** I prodotti di origine petrolifera non devono essere presenti in quantità tali da:
- produrre alla superficie dell'acqua una pellicola visibile o da depositarsi in strati sul letto dei corsi d'acqua o sul fondo dei laghi
- dare ai pesci un sapore percettibile di idrocarburi
- provocare effetti nocivi sui pesci.

Osservazioni di carattere generale:


Occorre rilevare che nel fissare i valori dei parametri si è partiti dal presupposto che gli altri parametri, considerati ovvero non considerati nella presente
sezione, sono favorevoli. Ciò significa in particolare che le concentrazioni di sostanze nocive diverse da quelle enumerate sono molto deboli. Qualora due o
più sostanze nocive siano presenti sotto forma di miscuglio, è possibile che si manifestino, in maniera rilevante, effetti additivi, sinergici o antagonistici.
Metodiche analitiche e di campionamento:
Le metodiche analitiche e di campionamento da impiegarsi nella determinazione dei parametri sono quelle descritte nei volumi «Metodi analitici per le ac-
que» pubblicati dall'Istituto di Ricerca sulle Acque del C.N.R. (Roma), e successivi aggiornamenti.
NOTE ESPLICATIVE AI PARAMETRI DELLA TAB. 1/B
(Integrano le prescrizioni figuranti nel prospetto di detta Tabella)
[ 1 ] Per la verifica del ”T la temperatura deve essere misurata a valle di un punto di scarico termico al limite della zona di mescolamento; il valore riportato
in tabella si riferisce alla differenza tra la temperatura misurata e la temperatura naturale.
Con riferimento alla temperatura di riproduzione, non è stato espresso alcun valore limite in considerazione della variabilità di temperatura ideale di ripro-
duzione dei pesci appartenenti ai Ciprinidi nelle acque italiane.
[2] a) Valore limite «I» - acque per Salmonidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 6 mg/ L, le Autorità competenti devono intervenire ai sensi
della parte terza del presente decreto;
b) Valore limite «I» - acque per Ciprinidi: quando la concentrazione di ossigeno è inferiore a 4 mg/L, le Autorità competenti applicano le disposizioni della

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parte terza del presente decreto;


- quando si verificano le condizioni previste in (a) e (b) le Autorità competenti devono provare che dette situazioni non avranno conseguenze dannose allo
sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche;
- tra parentesi viene indicata la percentuale delle misure in cui debbono essere superati o eguagliati i valori tabellari (e.g. ≥ 9 (50%) significa che almeno nel
50% delle misure di controllo la concentrazione di 9 mg/L deve essere superata);
- campionamento: almeno un campione deve essere rappresentativo delle condizioni di minima ossigenazione nel corso dell'anno. Tuttavia se si sospettano
variazioni giornaliere sensibili dovranno essere prelevati almeno 2 campioni rappresentativi delle differenti situazioni nel giorno del prelievo.
[3] Le variazioni artificiali del pH, rispetto ai valori naturali medi del corpo idrico considerato, possono superare di ± 0,5 unità-pH i valori estremi figuranti nel
prospetto della tabella 1/B (sia per le acque per Salmonidi che per le acque per Ciprinidi) a condizione che tali variazioni non determinino un aumento della
nocività di altre sostanze presenti nell'acqua.
[4] Si può derogare dai suddetti limiti nei corpi idrici, in particolari condizioni idrologiche, in cui si verifichino arricchimenti naturali senza intervento antropi-
co;
- i valori limite (G e I per le due sottoclassi) sono concentrazioni medie e non si applicano alle materie in sospensione aventi proprietà chimiche nocive. In
quest'ultimo caso le Autorità competenti prenderanno provvedimenti per ridurre detto materiale, se individuata l'origine antropica;
- nell'analisi gravimetrica il residuo, ottenuto dopo filtrazione su membrana di porosità 0,45 ¼m o dopo centrifugazione (tempo 5 min. ed accelerazione me-
dia di 2.800 3.200 g), dovrà essere essiccato a 105 °C fino a peso costante.
[5] La determinazione dell'ossigeno va eseguita prima e dopo incubazione di cinque giorni, al buio completo, a 20 °C (± 1 °C) e senza impedire la nitrificazio-
ne.
[6] I valori limite «G» riportati possono essere considerati come indicativi per ridurre l'eutrofizzazione;
- per i laghi aventi profondità media compresa tra 18 e 300 metri, per il calcolo del carico di fosforo totale accettabile, al fine di controllare l'eutrofizzazione,
può essere utilizzata la seguente formula:

L=A Z (1 - vTw)
Tw

dove:
L = carico annuale espresso in mg di P per metro quadrato di superficie del lago considerato;
Z = profondità media del lago in metri (generalmente si calcola dividendo il volume per la superficie);
Tw = tempo teorico di ricambio delle acque del lago, in anni (si calcola dividendo il volume per la portata annua totale dell'emissario);
A = valore soglia per il contenimento dei fenomeni eutrofici - Per la maggior parte dei laghi italiani «A» può essere considerato pari a 20.
Tuttavia per ogni singolo ambiente è possibile calcolare uno specifico valore soglia (A) mediante l'applicazione di una delle seguenti equazioni. (Il valore ot-
tenuto va aumentato del 50% per i laghi a vocazione salmonicola e del 100% per i laghi a vocazione ciprinicola).
Log [P] = 1,48 + 0,33 (± 0,09) Log MEI* alcal.
Log [P] = 0,75 + 0,27 (± 0,11) Log MEI* cond.
dove:
P = A = Concentrazione di fosforo totale di ¼g/L;
MEI alcal. = Rapporto tra alcalinità (meq/L) e profondità media (m);
MEI cond. = Rapporto tra conducibilità (¼S/cm) e profondità media (m);
(*) MEI = Indice morfoedafico.
[7] Nei riguardi dei pesci i nitriti risultano manifestamente più tossici in acque a scarso tenore di cloruri. I valori «I» indicati nella tabella 1/B corrispondono
ad un criterio di qualità per acque con una concentrazione di cloruri di 10 mg/ L.
Per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L i valori limite «I» corrispondenti sono riportati nella seguente tabella 2/B.
Tab. 2/B - Valori limite «Imperativi» per il parametro nitriti per concentrazioni di cloruri comprese tra 1 e 40 mg/L

Cloruri Acque per salmonidi Acque per ciprinidi


(mg/L) (mg/L NO2) (mg/L NO2)
1 0,10 0,19
5 0,49 0,98
10 0,88 1,77
20 1,18 2,37
40 1,48 2,96

[8] Data la complessità della classe, anche se ristretta ai fenoli monoidrici, il valore limite unico quotato nel prospetto della tabella 1/B può risultare a secon-
da del composto chimico specifico troppo restrittivo o troppo permissivo;
- poiché la direttiva del Consiglio (78/659/CEE del 18 luglio 1978) prevede soltanto l'esame organolettico (sapore), appare utile richiamare nella tabella 3/B
la concentrazione più alta delle sostanze più rappresentative della sotto classe Clorofenoli che non altera il sapore dei pesci (U.S. EPA - Ambient Water Qua-
lity Criteria, 1978):
Tab. 3/B

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Fenoli Livelli Fenoli Livelli


(¼g/L) (¼g/L)
2-clorofenolo 60 2,5-diclorofenolo 23
4-clorofenolo 45 2,6-diclorofenolo 35
2,3-diclorofenolo 84 2, 4, 6-triclorofenolo 52
2,4-diclorofenolo 0,4 (*)
(*) Questo valore indica che si possono riscontrare alterazioni del sapore dei pesci anche a concentrazione di fenoli al disotto del
valore guida (G) proposto.

Appare infine utile richiamare, nella tabella 4/B, i criteri, di qualità per la protezione della vita acquatica formulati da B.C. Nicholson per conto del Governo
Australiano in «Australian Water Quality Criteria for Organic Compound - Tecnical Paper n. 82 (1984)».
Tab. 4/B

Fenoli (¼g/L) Fenoli (¼g/L)


Fenolo 100 4-clorofenolo 400
o-cresolo 100 2,4-diclorofenolo 30
m-cresolo 100 2, 4, 6-triclorofenolo 30
p-cresolo 100 Pentaclorofenolo 1

[9] Considerato che gli olii minerali (o idrocarburi di origine petrolifera) possono essere presenti nell'acqua o adsorbiti nel materiale in sospensione o emul-
sionati o disciolti, appare indispensabile che il campionamento venga fatto sotto la superficie:
- concentrazioni di idrocarburi anche inferiori al valore guida riportato nella tabella 1/B possono tuttavia risultare nocivi per forme ittiche giovanili ed altera-
re il sapore del pesce;
- la determinazione degli idrocarburi di origine petrolifera va eseguita mediante spettrofotometria IR previa estrazione con tetracloruro di carbonio o altro
solvente equivalente.
[10] La proporzione di ammoniaca non ionizzata (o ammoniaca libera), specie estremamente tossica, in quella totale (NH3 + NH4+) dipende dalla temperatu-
ra e dal pH;
- le concentrazioni di ammoniaca totale (NH3 + NH4+) che contengono una concentrazione di 0,025 mg/L di ammoniaca non ionizzata, in funzione della
temperatura e pH, misurate al momento del prelievo, sono quelle riportate nella seguente tabella 5/B:
Tab. 5/B

Temperatura Valori di pH
(°C) 6,5 7,0 7,5 8,0 8,5 9,0 9,5
5 63,3 20,0 6,3 2,0 0,66 0,23 0,089
10 42,4 13,4 4,3 1,4 0,45 0,16 0,067
15 28,9 9,2 2,9 0,94 0,31 0,12 0,053
20 20,0 6,3 2,0 0,66 0,22 0,088 0,045
25 13,9 4,4 1,4 0,46 0,16 0,069 0,038
30 9,8 3,1 1,0 0,36 0,12 0,056 0,035

[11] Al fine di ridurre il rischio di tossicità dovuto alla presenza di ammoniaca non ionizzata, il rischio di consumo di ossigeno dovuto alla nitrificazione e il
rischio dovuto all'instaurarsi di fenomeni di eutrofizzazione, le concentrazioni di ammoniaca totale non dovrebbero superare i valori «I» indicati nel prospet-
to della tabella 1/B;
- tuttavia per cause naturali (particolari condizioni geografiche o climatiche) e segnatamente in caso di basse temperature dell'acqua e di diminuzione della
nitrificazione o qualora l'Autorità competente possa provare che non si avranno conseguenze dannose per lo sviluppo equilibrato delle popolazioni ittiche, è
consentito il superamento dei valori tabellari.
[12] Quando il cloro è presente in acqua in forma disponibile, cioè in grado di agire come ossidante, i termini, usati indifferentemente in letteratura, «dispo-
nibile», «attivo», o «residuo» si equivalgono;
- il «cloro residuo totale» corrisponde alla somma, se presenti contemporaneamente, del cloro disponibile libero [cioè quello presente come una miscela in
equilibrio di ioni ipoclorito (OCI) ed acido ipocloroso (HOCI] e del cloro combinato disponibile [cioè quello presente nelle cloroammine o in altri composti con
legami N-Cl (i.e. dicloroisocianurato di sodio)];
- la concentrazione più elevata di cloro (Cl2) che non manifesta effetti avversi su specie ittiche sensibili, entro 5 giorni, è di 0,005 mg Cl2/L (corrispondente a
0,004 mg/L di HOCl). Considerato che il cloro è troppo reattivo per persistere a lungo nei corsi d'acqua, che lo stesso acido ipocloroso si decompone lenta-
mente a ione cloruro ed ossigeno (processo accelerato dalla luce solare), che i pesci per comportamento autoprotettivo fuggono dalle zone ad elevata con-
centrazione di cloro attivo, come valore è stato confermato il limite suddetto;

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- le quantità di cloro totale, espresse in mg/L di Cl2, che contengono una concentrazione di 0,004 mg/L di HOCl, variano in funzione della temperatura e so-
prattutto del valore di pH (in quanto influenza in maniera rimarchevole il grado di dissociazione dell'acido ipocloroso HOCI < - > H+ + CIO-) secondo la se-
guente tabella 6/B:
Tab. 6/B

Temperatura Valori di pH
(°C) 6 7 8 9
5 0,004 0,005 0,011 0,075
25 0,004 0,005 0,016 0,121

Pertanto i valori «I» risultanti in tabella corrispondono a pH = 6. In presenza di valori di pH più alti sono consentite concentrazioni di cloro residuo totale (Cl2)
più elevate e comunque non superiori a quelle riportate in tabella 6/B;
- per i calcoli analitici di trasformazione del cloro ad acido ipocloroso ricordare che, dell'equazione stechiometrica, risulta che una mole di cloro (Cl2) corri-
sponde ad 1 mole di acido ipocloroso (HOC1).
- in ogni caso la concentrazione ammissibile di cloro residuo totale non deve superare il limite di rilevabilità strumentale del metodo di riferimento.
[13] L'attenzione è rivolta alla classe tensioattivi anionici, che trova il maggior impiego nei detersivi per uso domestico;
- il metodo al blu di metilene, con tutti gli accorgimenti suggeriti negli ultimi anni (vedi direttiva del Consiglio 82/243/CEE del 31 marzo 1982, in Gazzetta
Ufficiale delle Comunità europee L. 109 del 22 aprile 1982), appare ancora il più valido per la determinazione di questa classe di composti. Per il futuro è da
prevedere l'inclusione in questo parametro almeno della classe dei tensioattivi non ionici.
[14] Gli otto metalli presi in considerazione risultano più o meno tossici verso la fauna acquatica. Alcuni di essi (Hg, As, etc.) hanno la capacità di bioaccumu-
larsi anche su pesci commestibili.
La tossicità è spesso attenuata dalla durezza. I valori quotati nel prospetto della tabella 1/B, corrispondono ad una durezza dell'acqua di 100 mg/L come
CaC03. Per durezze comprese tra <50 e >250 i valori limite corrispondenti sono riportati nei riquadri seguenti contraddistinti per protezione dei Salmonidi e
dei Ciprinidi.
Protezione Salmonidi

Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)


Parametri (*) <50 50-99 100-149 150-199 200-250 >250
12 Arsenico come As 50 50 50 50 50 50
13 Cadmio totale come Cd 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5
14 Cromo come Cr 5 10 20 20 50 50
15 Mercurio totale come Hg 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5
16 Nichel come Ni 25 50 75 75 100 100
17 Piombo come Pb 4 10 10 20 20 20
18 Rame come Cu 5(a) 22 40 40 40 112
19 Zinco totale come Zn 30 200 300 300 300 500
(a) La presenza di pesci in acque con più alte concentrazioni può significare che predominano complessi organocuprici disciolti.

Protezione Ciprinidi

Durezza dell'acqua (mg/L di CaCO3)


Parametri (*) <50 50-99 100-149 150-199 200-250 >250
12 Arsenico come As 50 50 50 50 50 50
13 Cadmio totale come Cd 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5 2,5
14 Cromo come Cr 75 80 100 100 125 125
15 Mercurio totale come Hg 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5 0,5
16 Nichel come Ni 25 50 75 75 100 100
17 Piombo come Pb 50 125 125 250 250 250
18 Rame come Cu 5 22 40 40 40 112
19 Zinco totale come Zn 150 350 400 500 500 1000
(*) I valori limite si riferiscono al metallo disciolto, salvo diversa indicazione e sono espressi in ¼g/L.

Sezione C: Criteri generali e metodologie per il rilevamento delle caratteristiche qualitative ed il calcolo della conformità delle acque destinate alla vita
dei molluschi

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I seguenti criteri si applicano alle acque costiere e salmastre sedi di banchi e popolazioni naturali di molluschi bivalvi e gasteropodi designate come richie-
denti protezione e miglioramento per consentire la vita e lo sviluppo dei molluschi e per contribuire alla buona qualità dei prodotti della molluschicoltura
destinati al consumo umano.
1) Calcolo della conformità
1. Le acque designate ai sensi dell'art. 87 si considerano conformi quando i campioni di tali acque, prelevate nello stesso punto per un periodo di dodici mesi,
secondo la frequenza minima prevista nella tab. 1/C, rispettano i valori e le indicazioni di cui alla medesima tabella per quanto riguarda:
a) il 100% dei campioni prelevati per i parametri sostanze organo alogenate e metalli;
b) il 95% dei campioni per i parametri ed ossigeno disciolto;
c) il 75% dei campioni per gli altri parametri indicati nella tab. 1/C.
2. Qualora la frequenza dei campionamenti, ad eccezione di quelli relativi ai parametri sostanze organo alogenate e metalli, sia inferiore a quella indicata
nella tab. 1/C, la conformità ai valori ed alle indicazioni deve essere rispettata nel 100% dei campioni.
3. Il superamento dei valori tabellari o il mancato rispetto delle indicazioni riportate nella tabella 1/C non sono presi in considerazione se avvengono a causa
di eventi calamitosi.
2) Campionamento
1. L'esatta ubicazione delle stazioni di prelievo dei campioni, la loro distanza dal più vicino punto di scarico di sostanze inquinanti e la profondità alla quale i
campioni devono essere prelevati, sono definiti dall'Autorità competente in funzione delle condizioni ambientali locali.
2. Ai fini dell'accertamento della conformità di cui al comma 1, la frequenza dei campionamenti stabilita nella tabella 1/C può essere ridotta dall'Autorità
competente ove risulti accertato che la qualità delle acque è sensibilmente superiore per i singoli parametri di quella risultante dall'applicazione dei valori
limite e relative note.
3. Possono essere esentate dal campionamento periodico le acque per le quali risulti accertato che non esistano cause di inquinamento o rischio di deterio-
ramento.
Tab. 1/C Qualità delle acque destinate alla vita dei molluschi

Parametro Unità di misura G 1 Metodo di analisi di riferimento Frequenza minima di


campionamenti e
delle misurazioni
1 pH unità pH 7-9 - Elettrometria Trimestrale
La misurazione viene eseguita
sul posto al momento del cam-
pionamento
2 Temperatura °C La differenza - Termometria Trimestrale
di temperatura pro- La misurazione viene eseguita
vocata da uno scari- sul posto al momento del cam-
co non deve supera- pionamento
re, nelle acque desti-
nate alla vita dei
molluschi influenzate
da tale scarico, di
oltre 2 °C la tempera-
tura misurata nelle
acque non influenza-
te
Dopo filtrazione il colore
dell'acqua, provocato da uno
scarico, non deve discostarsi
nelle acque destinate alla vita - Filtrazione su membrana fil-
dei molluschi influenzate da tale trante di 0,45 ¼m, Metodo fo-
scarico di oltre 10 mg tometrico, secondo
3 Colorazione (dopo mg Pt/L pt/L dal colore misurato nelle gli standard della scala platino- Trimestrale
filtrazione) acque non influenzate cobalto
L'aumento del tenore di materie - Filtrazione su membrana fil-
in sospensione provocato da trante di 0,45 ¼m, essiccazione
uno scarico non deve a 105 °C e pesatura;
4 Materiali in sospen- mg/L superare, nelle acque destinate - Centrifugazione (tempo mini- Trimestrale
sione alla vita dei molluschi influenza- mo 5 min accelerazione media
te da tale scarico, di oltre il 30% di 2800-3200 g) essiccazione a
il tenore misurato nelle acque 105 °C e pesatura
non influenzate
5 Salinità ‰ 12-38‰ - ≤ 40‰ Conduttometria Mensile
- La variazione della salinità pro-
vocata da uno scarico non deve
superare, nelle acque destinate
alla vita dei molluschi influenza-
te da tale scarico, ± 10% la sali-
nità misurata nelle acque non
influenzate
6 Ossigeno disciolto % di saturazione ≥80% - = 70% (valore medio) - Se una - Metodo di Winkler - Metodo Mensile, con almeno

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singola misurazione e indica un elettrochimico un campione rappre-


valore inferiore al 70% le misu- sentativo del basso
razioni vengono proseguite. tenore di ossigeno
Una singola misurazione può presente nel giorno
indicare un valore del prelievo.
inferiore al 60% soltanto qualo- Tuttavia se si presen-
ra non vi siano conseguenze tano variazioni diur-
dannose per lo sviluppo delle ne significative sa-
popolazioni di molluschi ranno effettuati al-
meno due prelievi al
giorno.
Gli idrocarburi non devono es-
sere presenti nell'acqua in
quantità tale:
7 Idrocarburi di origine - da produrre un film visibile alla - Esame visivo Trimestrale
petrolifera superficie dell'acque e/o un
deposito sui molluschi
- da avere effetti nocivi per i
molluschi
La concentrazione di La concentrazione di ogni so-
ogni sostanza stanza nell'acqua o nella polpa
del mollusco
8 Sostanze organo-alog nella polpa del mol- non deve superare un livello Cromatografia in fase gassosa,
lusco tale da previa
enate deve essere tale da provocare effetti nocivi per i estrazione mediante appropriati Semestrale
contribuire ad una molluschi e per le loro larve solventi e purificazione
buona qualità dei
prodotti della mollu-
schicoltura
9 Metalli: ppm La La concentrazione di Spettrofotometria di Semestrale
Argento Ag concentrazi ogni sostanza assorbimento
Arsenico As one di ogni nell'acqua o nella atomico,
Cadmio Cd sostanza polpa del mollusco eventualmente
Cromo Cr nella polpa non deve superare preceduta da
Rame Cu del mollusco un livello tale da concentrazione e/o
Mercurio Hg (*) deve essere tale da provocare effetti nocivi per i estrazione
molluschi
Nichelio NI contribuire ad e per le loro larve. È
Piombo Pb (**) una buona qualità necessario prendere in conside-
dei razione gli
Zinco Zn prodotti della mollu- effetti sinergici dei vari metalli
schicoltura
10 Coliformi fecali n°/100m/L ≤300 nella polpa del mollusco e Metodo di diluizione con fer- Trimestrale
nel liquido intervalvare mentazione in substrati liquidi
in almeno tre provette, in tre
diluizioni.
Trapianto delle provette positi-
ve sul terreno di conferma.
Computo secondo il sistema
M.P.N. (Numero più probabile).
Temperatura di incubazione 44
± 0,5 °C
11 Sostanze che influi- Concentrazione inferiore a quel- Esame gustativo dei molluschi,
scono sul sapore dei la che può alterare il sapore dei allorché si presume la presenza
molluschi molluschi di tali sostanze
12 Sassitossina (prodot-
ta dai dinoflagellati)
(*) valore imperativo nella polpa del mollusco=0,5 ppm
(**) valore imperativo nella polpa del mollusco=2 ppm
ABBREVIAZIONI
G=guida o indicativo
I=Imperativo o obbligatorio

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Allegati alla Parte Terza


Allegato 3 - Rilevamento delle caratteristiche dei bacini idrografici e analisi dell'impatto esercitato dall'attività antropica (1958)
Per la redazione dei piani di tutela, le Regioni devono raccogliere ed elaborare i dati relativi alle caratteristiche dei bacini idrografici secondo i criteri di segui-
to indicati.
A tal fine si ritiene opportuno che le Regioni si coordinino, anche con il supporto delle autorità di bacino, per individuare, per ogni bacino idrografico, un
Centro di Documentazione cui attribuire il compito di raccogliere, catalogare e diffondere le informazioni relative alle caratteristiche dei bacini idrografici
ricadenti nei territori di competenza.
Devono essere in particolare considerati gli elementi geografici, geologici, idrogeologici, fisici, chimici e biologici dei corpi idrici superficiali e sotterranei,
nonché quelli socioeconomici presenti nel bacino idrografico di propria competenza.
1 CARATTERIZZAZIONE DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI (1952)
Le regioni, nell'ambito del territorio di competenza, individuano l'ubicazione e il perimetro dei corpi idrici superficiali ed effettuano di tutti una caratterizza-
zione iniziale, seguendo la metodologia indicata in appresso. Ai fini di tale caratterizzazione iniziale le regioni possono raggruppare i corpi idrici superficiali.
i) Individuare i corpi idrici superficiali all'interno del bacino idrografico come rientranti in una delle seguenti categorie di acque superficiali - fiumi, laghi, ac-
que di transizione o acque costiere - oppure come corpi idrici superficiali artificiali o corpi idrici superficiali fortemente modificati.
ii) Per i corpi idrici superficiali artificiali o fortemente modificati, la classificazione si effettua secondo i descrittori relativi a una delle categorie di acque su-
perficiali che maggiormente somigli al corpo idrico artificiale o fortemente modificato di cui trattasi.
1.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI
La fase iniziale, finalizzata alla prima caratterizzazione dei bacini idrografici, serve a raccogliere le informazioni relative a:
a) gli aspetti geografici: estensione geografica ed estensione altitudinale, latitudinale e longitudinale
b) le condizioni geologiche: informazioni sulla tipologia dei substrati, almeno in relazione al contenuto calcareo, siliceo ed organico
c) le condizioni idrologiche: bilanci idrici, compresi i volumi, i regimi di flusso nonché i trasferimenti e le deviazioni idriche e le relative fluttuazioni stagionali
e, se del caso, la salinità
d) le condizioni climatiche: tipo di precipitazioni e, ove possibile, evaporazione ed evapotraspirazione.
Tali informazioni sono integrate con gli aspetti relativi a:
a) caratteristiche socioeconomiche utilizzo del suolo, industrializzazione dell'area, ecc.
b) individuazione e tipizzazione di aree naturali protette,
c) eventuale caratterizzazione faunistica e vegetazionale dell'area del bacino idrografico.
SEZIONE A: METODOLOGIA PER L'INDIVIDUAZIONE DI TIPI PER LE DIVERSE CATEGORIE DI ACQUE SUPERFICIALI (1955)
A.1 Metodologia per l'individuazione dei tipi fluviali
A.1.1 Definizioni:
- «corso d'acqua temporaneo»: un corso d'acqua soggetto a periodi di asciutta totale o di tratti dell'alveo annualmente o almeno 2 anni su 5;
- «corso d'acqua intermittente»: un corso d'acqua temporaneo con acqua in alveo per più di 8 mesi all'anno, che può manifestare asciutte anche solo in par-
te del proprio corso e/o più volte durante l'anno;
- «corso d'acqua effimero»: un corso d'acqua temporaneo con acqua in alveo per meno di 8 mesi all'anno, ma stabilmente; a volte possono essere rinvenuti
tratti del corso d'acqua con la sola presenza di pozze isolate;
- «corso d'acqua episodico»: un corso d'acqua temporaneo con acqua in alveo solo in seguito ad eventi di precipitazione particolarmente intensi, anche me-
no di una volta ogni 5 anni. I fiumi a carattere episodico (esempio: le fiumare calabre o lame pugliesi), sono da considerarsi ambienti limite, in cui i popola-
menti acquatici sono assenti o scarsamente rappresentati, anche nei periodi di presenza d'acqua. Pertanto tali corpi idrici non rientrano nell'obbligo di moni-
toraggio e classificazione.
Nelle definizioni sopra riportate l'assenza di acqua in alveo si intende dovuta a condizioni naturali.
A.1.2 Basi metodologiche
La tipizzazione dei fiumi è basata sull'utilizzo di descrittori abiotici, in applicazione del sistema B dell'allegato II della Direttiva 2000/60/CE e devono, quindi,
essere classificati in tipi sulla base di descrittori geografici, climatici e geologici. La tipizzazione si applica a tutti i fiumi che hanno un bacino idrografico ≥ 10
km 2. La tipizzazione deve essere applicata anche a fiumi con bacini idrografici di superficie minore nel caso di ambienti di particolare rilevanza paesaggisti-
co-naturalistica, di ambienti individuati come siti di riferimento, nonché di corsi d'acqua che, per il carico inquinante, possono avere un'influenza negativa
rilevante per gli obiettivi stabiliti per altri corpi idrici ad essi connessi.
La procedura utilizzata per la definizione dei tipi per i corsi d'acqua si articola in tre livelli successivi di seguito descritti:
- Livello 1 - Regionalizzazione
- Livello 2 - Definizione di una tipologia
- Livello 3 - Definizione di una tipologia di dettaglio
A.1.3 Regionalizzazione
Il livello 1 si basa su una regionalizzazione del territorio europeo e consiste in una identificazione di aree che presentano al loro interno una limitata variabili-
tà per le caratteristiche chimiche, fisiche e biologiche, sulle quali applicare successivamente la tipizzazione dei corsi d'acqua. I descrittori utilizzati sono ripor-
tati nella tabella 1.1, mentre nella figura 1.1 sono descritti i limiti delle diverse Idro-ecoregioni che interessano l'Italia.
Sulla base del processo di tipizzazione e del monitoraggio svolto nel 2008 le Regioni possono effettuare modifiche ai confini delle Idro-ecoregioni per adat-
tarle al meglio alle discontinuità naturali territoriali, nel rispetto dell'approccio generale mediante il quale esse sono state delineate.
Tab. 1.1 Descrittori utilizzati per il livello 1 del processo di tipizzazione

Classi di descrittori descrittori


Localizzazione geografica Altitudine, Latitudine, Longitudine
Descrittori morfometrici Pendenza media del corpo idrico
Descrittori climatici - Precipitazioni
- Temperatura dell'aria
Descrittori geologici Composizione geologica del substrato

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Fig.1.1 Rappresentazione delle idroecoregioni


gioni italiane con relativi codici numerici, denominazioni e confini regionali

Idroecoregioni
Cod_ Denominazione
1 Alpi Occidentali
2 Prealpi_Dolomiti
3 Alpi Centro-Orientali
4 Alpi Meridionali
5 Monferrato
6 Pianura Padana
7 Carso

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8 Appennino Piemontese
9 Alpi Mediterranee
10 Appennino Settentrionale
11 Toscana
12 Costa Adriatica
13 Appennino Centrale
14 Roma_Viterbese
15 Basso Lazio
14 Vesuvio
16 Basilicata_Tavoliere
17 Puglia_Carsica
18 Appennino Meridionale
19 Calabria_Nebrodi
20 Sicilia
21 Sardegna

A.1.4 Definizione della tipologia


Il Livello 2 deve consentire di giungere ad una tipizzazione di tutti i corsi d'acqua presenti sul territorio italiano con dimensione minima di bacino di 10 km2, o
di dimensione minore di cui alle eccezioni previste al paragrafo A.1.2, sulla base di alcuni descrittori abiotici comuni. L'obiettivo è quindi quello di ottenere
una lista di tipi, riconosciuti come ulteriore approfondimento della regionalizzazione in Idro-ecoregioni.
I descrittori selezionati per la definizione della tipologia di livello 2 e le fasi successive sono riportati rispettivamente nella tabella 1.2 e nella figura 1.2.
Tab. 1.2 Descrittori utilizzati per il livello 2 del processo di tipizzazione

Descrittori idromorfologici - distanza dalla sorgente (indicatore della taglia del corso d'acqua)
- morfologia dell'alveo (per i fiumi temporanei)
- perennità e persistenza

Descrittori idrologici - origine del corso d'acqua


- possibile influenza del bacino a monte sul corpo idrico

A.1.4.1 Distanza dalla sorgente


La distanza dalla sorgente fornisce indicazioni sulla taglia del corso d'acqua, in quanto è correlata alla dimensione del bacino di cui può essere considerata un
descrittore indiretto.
La distanza dalla sorgente consente di ottenere delle classi di taglia per i corsi d'acqua, definite come segue:
Molto piccolo < 5 km
Piccolo 5-25 km
Medio 25-75 km
Grande 75-150 km
Molto grande > 150 km
Qualora il valore limite della classe cadesse all'interno di un tratto fluviale omogeneo, tale limite non avrebbe un reale significato ecologico. Pertanto nella
fase di effettivo riconoscimento dei tipi, si deve utilizzare un criterio correttivo (fase 5 in Fig. 1.2), per consentire il posizionamento del limite tra i due tipi, e
quindi l'identificazione dei due corpi idrici adiacenti, in accordo con le discontinuità realmente esistenti lungo il corso d'acqua. Tale criterio è stato ricono-
sciuto nel posizionamento del limite tra due tratti alla confluenza di un corso d'acqua di ordine (Strahler) superiore, uguale o inferiore di una unità. Il punto
di confluenza, offre la possibilità di collocare l'effettivo punto di separazione tra due tipi/tratti fluviali secondo le principali discontinuità ecologiche del fiu-
me.
Sulla base dei dati in possesso dell'autorità competente, la «dimensione del bacino» può sostituire il descrittore «distanza dalla sorgente» nel caso in cui sia
stata definita adeguatamente la relazione tra i due descrittori. In questo caso, dovrà essere garantita una corrispondenza di massima tra l'attribuzione ai tipi
ottenuta sulla base della dimensione del bacino e le classi indicate nella presente sezione per la distanza dalla sorgente. Come criterio generale possono e-
ventualmente essere utilizzate delle classi di taglia per i corsi d'acqua definite come segue:
Molto piccolo < 25 km2
Piccolo 25-150 km2
Medio 150-750 km2
Grande 750-2500 km2
Molto grande > 2500 km2
L'uso del criterio «distanza dalla sorgente» invece della dimensione del bacino consente di limitare l'errore di attribuzione tipologica nel caso, ad esempio, di
piccoli corsi d'acqua di pianura o di origine sorgiva.
La distanza dalla sorgente è anche utilizzata per valutare l'influenza del bacino a monte.

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In Figura 1.2 è riportato il caso in cui l'attribuzione di taglia è effettuata sulla base della distanza dalla sorgente. L'autorità competente informa il MATTM
sulla base di quale dei due criteri sono attribuite le classi di taglia del corso d'acqua, tenendo presente che nell'intero territorio di un singolo bacino idrogra-
fico deve essere utilizzato un unico descrittore (distanza della sorgente o dimensione del bacino). Pertanto le regioni si coordinano per selezionare il descrit-
tore comune nell'ambito di bacini idrografici che comprendono i territori di più regioni.
A.1.4.2 Morfologia dell'alveo
È un descrittore di assoluta rilevanza nello strutturare le biocenosi nei fiumi temporanei. La morfologia dell'alveo fluviale risulta particolarmente importante
in corsi d'acqua non confinati o semi confinati. I corsi d'acqua per i quali la morfologia dell'alveo risulta quindi particolarmente importante per caratterizzare
la struttura e il funzionamento dell'ecosistema sono quelli di pianura, collina o presenti nei fondo valle montani. Per i fiumi temporanei, si propongono i due
seguenti raggruppamenti:
1) Meandriforme, sinuoso o confinato
2) Semi-confinato, transizionale, a canali intrecciati o fortemente anastomizzato.
A.1.4.3 Perennità e persistenza del corso d'acqua
Una caratteristica fondamentale dei corsi d'acqua è il loro grado di perennità (fase 2 in Fig. 1.2). Nell'area mediterranea, in particolare, è necessario poter
riconoscere e caratterizzare i fiumi a carattere temporaneo. Tra i fiumi temporanei, possiamo riconoscere le seguenti categorie definite al paragrafo A.1.1
(Definizioni): intermittente, effimero ed episodico (fase 3b in Fig.1.2).
È chiaro che l'attribuzione di un tratto fluviale alla categoria «fiumi temporanei» deve essere effettuata sulla base delle portate «naturali» ricostruite e non
di condizioni osservate che siano il risultato di processi di uso e gestione delle acque non in linea con le caratteristiche naturali del corso d'acqua. Ad esem-
pio, un determinato tratto soggetto a regolazione del deflusso minimo vitale o al manifestarsi di periodi di asciutta dovuti alla presenza di invasi a monte non
sarà direttamente ascrivibile a tale categoria senza ulteriori verifiche sul regime naturale del corso d'acqua.
A.1.4.4 Origine del corso d'acqua
Soprattutto al fine di evidenziare ecosistemi di particolare interesse o a carattere peculiare, diversi tipi fluviali devono essere discriminati sulla base della
loro origine:
1. scorrimento superficiale di acque di precipitazione o da scioglimento di nevai (maggior parte dei corsi d'acqua italiani);
2. grandi laghi;
3. ghiacciai;
4. sorgenti (e.g. in aree carsiche);
5. acque sotterranee (e.g. risorgive e fontanili).
Questa categorizzazione è utile per caratterizzare i tratti fluviali più prossimi all'origine; essa (da 3 a 5 della fig. 1.2, in particolare) può perdere d'importanza
spostandosi verso valle. Nell'attuale formulazione di tipologia, la distanza di circa 10 km viene orientativamente proposta come limite oltre il quale gli effetti
di un'origine particolare del corso d'acqua si affievoliscono al punto da renderlo simile ad un altro originatosi da acque di scorrimento superficiale (fig. 1.2).
A.1.4.5 Influenza del bacino a monte sul corpo idrico
Deve essere utilizzato il semplice rapporto tra l'estensione totale del corso d'acqua (i.e. distanza dalla sorgente) e l'estensione lineare del corso d'acqua in
esame all'interno della Idro-ecoregione di appartenenza (sempre a monte del sito, fino al confine della Idro-ecoregione di appartenenza).
Cioè, è possibile definire un indice di Influenza del Bacino/Idro-ecoregione a monte (IBM) come: IBM = Estensione lineare totale del corso d'ac-
qua/Estensione lineare del corso d'acqua nella Idro-ecoregione di appartenenza
L'estensione totale e nella Idro-ecoregione di appartenenza del corso d'acqua devono essere entrambe calcolate a partire dal sito in esame verso monte.
La tabella 1.3 riporta i valori di riferimento per tale indice. Le modalità di calcolo del criterio «Influenza del bacino a monte» potranno essere riviste sulla
base dei risultati della prima applicazione tipologica.
Tabella 1.3. Criteri per l'attribuzione di un sito fluviale ad una classe di influenza del bacino a monte (HERm: HER a monte; HERa: HER di appartenenza)

Livello Influenza del Bacino (HER) a Monte


Trascurabile Debole Forte
HER
2 Alpi e Appennino Settentrionale 2, 5, 6, 7, 8, 9 IBM ≤ 1.25 1.25 < IBM ≤ 2 IBM > 2
%HERm/HERa ≤ 25 25 < % ≤ 100 > 100
Appennino Centrale 11, 12, 13, 14, 15 IBM ≤ 2 2 < IBM ≤ 3 IBM > 3
%HERm/HERa ≤ 100 100 < % ≤ 200 > 200
Appennino Meridionale 16, 18, 19, 20 IBM ≤ 2 2 < IBM ≤ 4 IBM > 4
%HERm/HERa ≤ 100 100 < % ≤ 300 > 300
solo corsi d'acqua endogeni 1, 3, 4, (10), (17), 21 nulla

Figura 1.2 Tipologia per l'attribuzione di tratti fluviali ad un «tipo» ai sensi della Direttiva 2000/60/CE, Sistema B. Diagramma di flusso per il Livello 2

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A.1.5 Definizione di una tipologia di dettaglio


Il livello 3 consente da parte delle Regioni, l'affinamento
namento della ttipologia
ipologia di livello 2 sulla base delle specificità territoriali, dei dati disponibili, di particolari
partic ne-
cessità gestionali, etc. Si può basare, re, nelle diverse aree italiane, su descrittori di differenti,
ferenti, la cui utilità e appropriatezza devono essere
e dimostrate su scala lo-
cale/regionale. Questo sto livello di dettaglio offre la possibilità di co
compensare eventuali incongruenze che derivino dalla la definizione della tipologia di livello 2.
L'affinamento
mento di livello 3 è auspicabile per tutti i corsi d'acqua. I risultati d di livello 3 consentono una ridefinizione
definizione più accurata dei criteri/limiti utilizzati nei
due livelli precedenti.
Inoltre, l'indagine di terzo livello dovrebbe affiancare
fiancare l'individuazione dei corpi idrici e definire gli eventuali sottotipi.
Mentre i livelli 1 e 2 sono da considerarsi obbligatorigatori nell'attribuzione tip
tipologica
logica ad un tratto fluviale, in quanto consentono una tipizzazione comune all'inte- all'int
ro territorio nazionale, il terzo livello,
vello, come qui illustrato, comprende fattori ffacoltativi. L'impiego dei fattori tori di seguito riportati ( vedi anche Fig. 1.3), alcuni
dei quali già utilizzati
zati al livello 2, è comunque suggerito per la loro larga applicabilità o per rendere più equilibrato e comparabile la tipi tipizzazione tra corsi
d'acqua perenni e temporanei:
- morfologia dell'alveo;
- origine del corso d'acqua;
- temperatura dell'acqua;
- altri descrittori (portata media annua, interazione zione con la falda, granulom
granulometria del substrato, carattere lentico-lotico).
Resta ferma la possibilità di utilizzo di altri elementi
menti al fine di meglio caratterizzare i tipi a scala la locale tenendo conto della massima confrontabilità
confro tra aree
adiacenti.
A.1.6 Relazione tra i tipi fluviali ottenuti e le biocenosi fluviali
La metodologia qui proposta, che include un elevato vato numero di descritt
descrittori
ori suggeriti dal sistema B della Direttiva 2000/60/CE, è stata basata, a tutti e tre i
livelli, su fattori ritenuti importanti nello strutturare le biocenosi acqu acquatiche
tiche e nel determinare il funzionamento degli ecosistemi fluviali. Peraltro, è ragione-ragion
vole attendersi che l'effettiva risposta delle biocenosi possa non vvariare riare tra alcuni dei tipi identificati. La tipizzazione effettuata secondo il metodo della pre- pr
sente sezione
zione deve essere successivamente validata aattraverso verifiche a carattere biologico con l'obiettivo biettivo di definire i bio-tipi
bio effettivamente presenti in
ciascuna Idro-ecoregione.
ecoregione. La verifica della presenza e dell'importanza dei diversi tipi (livello 2) nelle varie Idro Idro-ecoregioni
ecoregioni e Regioni
R è effettuata, ad opera di
Regioni e Autorità di Bacino.
Figura 1.3. Tipologia per l'attribuzione di tratti fluviali ad un «tipo». Di Diagramma di flusso per il Livello 3

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A.2 Metodologia per l'individuazione dei tipi lacustri


A.2.1 Definizioni:
«lago»: un corpo idrico naturale lentico, superficiale, ciale, interno, ferm
fermo, di acquaqua dolce, dotato di significativo bacino scolante. Non sono considerati
consid ambienti
lacustri tutti gli specchi d'acqua derivanti
rivanti da attività estrattive, gli ambienti di tratransizione,
sizione, quali sbarramenti fluviali tratti di corsi d'acqua in cui la corrente
corrent
rallenta fino ad un tempo di ricambio inferiore ad una sett settimana e gli ambienti che mostrano processi di interramento mento avanzati che si possono definire come
zone umide;
«invaso»: corpo idrico fortemente modificato, corpo lacustre naturale naturale-ampliato o artificiale.
A.2.2 Basi metodologiche
I corpi idrici lacustri naturali, artificiali e naturali fortemente modificati pr presenti sul territorio nazionale
zionale devono essere classificati in tipi sulla base
b di descrit-
tori di carattere morfometrico e sulla composizione pr prevalente del substrato geologico.
La tipizzazione deve essere effettuata per i laghi di superficie ≥ 0,2 km2 e per gli invasi ≥ 0,5 km2.
Nell'ambito dei corpi idrici tipizzati devono essere re sottoposti a successivo monitoraggio e class
classificazione
ficazione i laghi e gli invasi con una superficie ≥ 0,5 km2.
La tipizzazione deve comunque essere applicata anche ai laghi di superficie minore, di 0,2 km2 nel caso di ambienti di partic particolare rilevanza paesaggistico-
naturalistica, di ambienti individuati come siti di riferimento, nonché di corpi idrici llacustrii che, per il carico inquinante, possono avere av un'influenza negativa
rilevante per gli obiettivi stabiliti per altri corpi idrici ad essi co
connessi.
A.2.3 Descrittori per la tipizzazione dei laghi ghi e degli invasi
La tipizzazione dei laghi/invasi è basata sull'utilizzo
lizzo di descrittori abiotici, in applicazione del ssistema
stema B dell'allegato II della Direttiva 2000/60/CE.
I descrittori utilizzati per la tipizzazione (Tab. 2.1) sono distinguibili in momorfometrici, geologici e chimico-fisici.
Tab. 2.1. Descrittori utilizzati per l'identificazione
cazione dei tipi dei laghi/invasi

DESCRITTORE INTERVALLO DEI VALORI


Localizzazione Ecoregione Alpina Lat. ≥ 44°00' N
Geografica Ecoregione Mediterranea Lat. < 44°00' N
Descrittori Quota (m s.l.m.) < 800
Morfometrici ≥ 800
≥ 2000
Profondità media/massima (m) < 15
≥ 15 / ≥ 120
Superficie (km2) ≥ 100
Descrittori geologici Composizione prevalente substrato geol
geolo- Substrato dominante calcareo TAlk ≥ 0,8 meq/l (**)
gico (*) Substrato dominante siliceo TAlk < 0,8 meq/l (**)
Origine vulcanica SI

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

NO
Descrittori chimico-fisici Conducibilità (µS/cm 20°C) < 2500
≥ 2500
Stratificazione termica laghi/invasi polimittici
laghi/invasi stratificati

(*) la dominanza del substrato geologico deve determinare un'influenza sulle caratteristiche del corpo idrico stesso
(**) TAlk = alcalinità totale
A.2.3.1 Localizzazione geografica
Latitudine
Il territorio italiano è stato suddiviso in due grandi aree geografiche, separate dal 44° parallelo, per distinguere le regioni settentrionali (Regione Alpina e
Sudalpina) e quelle centro-meridionali e insulari (Regione Mediterranea). Tale suddivisione riflette distinzioni di carattere climatico che vanno ad incidere
sulle temperature delle acque lentiche e sul loro regime di mescolamento. Non viene considerata la longitudine in quanto non influisce significativamente,
per la struttura geografica del territorio italiano, sulle acque lentiche.
A.2.3.2 Descrittori morfometrici
I descrittori morfometrici per l'individuazione dei tipi, sono riportati in tabella 2.2. In considerazione delle differenze, strutturali e gestionali, tra laghi naturali
e invasi, i descrittori sono diversi.
Tab. 2.2 Descrittori morfometrici

LAGHI INVASI
Quota media Quota a massima regolazione
Profondità massima Profondità a massima regolazione
Profondità media Profondità media a massima regolazione
Superficie Superficie a massima regolazione

Per i laghi, ai fini del presente allegato, deve intendersi per:


Quota media del lago o livello medio (m s.l.m.): l'altitudine media sul livello del mare della superficie dello specchio d'acqua.
Profondità massima (m): la distanza tra la quota del punto più depresso della conca lacustre e la quota media della superficie dello specchio d'acqua.
Superficie (km2): l'area dello specchio liquido alla quota media del lago.
Profondità media (m): il volume del lago (in 106 m3) diviso per la superficie dello specchio liquido (in 106 m2)
Per gli invasi, ai fini del presente allegato, deve intendersi per:
Quota a massima regolazione (m s.l.m.): la quota massima riferita al volume totale d'invaso, definita dal D.M. 24/3/82 n. 44.
Profondità massima a massima regolazione (m): la distanza tra la quota del punto più depresso della conca lacustre e la quota della superficie dello specchio
d'acqua, considerata alla massima regolazione.
Superficie a massima regolazione (km2): l'area dello specchio liquido riferita alla quota di massima regolazione.
Profondità media a massima regolazione (m): il volume dell'invaso a massima regolazione (in 106 m3) diviso per la superficie a massima regolazione (in 106
m2).
A.2.3.3 Descrittori geologici
I descrittori geologici indicano la classe geologica di appartenenza del lago/invaso e si basano sulla tipologia di substrato dominante del bacino idrografico
collocando il lago/invaso in una delle due categorie:
- calcarea
- silicea.
Si precisa che la dominanza del substrato geologico è quella che determina un'influenza sulle caratteristiche del lago/invaso stesso.
Per la determinazione della categoria geologica si utilizza il valore di alcalinità totale TAlk, espresso in meq/l, calcolato come valore medio sulla colonna nello
strato di massimo rimescolamento invernale:
TAlk < 0,8 meq/l Tipologia silicea
TAlk ≥ 0,8 meq/l Tipologia calcarea.
In assenza del valore di alcalinità può essere utilizzato il valore della conducibilità, ovvero il valore medio sulla colonna calcolato come per l'alcalinità totale,
prestando attenzione alla zona di separazione di classe qui indicata:
Cond < 250 µS/cm 20° C Tipologia silicea
Cond > 250 µS/cm 20° C Tipologia calcarea.
Nei casi dubbi l'attribuzione deve essere supportata mediante l'analisi di carte geologiche.
Origine geologica
L'origine è stata introdotta limitatamente ai laghi di origine vulcanica e pseudovulcanica localizzati nell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare. Questi laghi
richiedono una classificazione in tipi specifica per alcune caratteristiche, quali il bacino imbrifero, poco più grande del lago stesso, la morfologia della cuvet-
ta, tipicamente a tronco dicono, l'elevato tempo di ricambio, ecc.
A.2.3.4 Descrittori chimico-fisici
Conducibilità

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Questa variabile, ottenuta come valore medio sulla colonna nello strato di massimo rimescol rimescolamento
mento invernale, è utilizzata
utilizz per suddividere i laghi/invasi
d'acqua dolce da quelli ad alto contenuto
tenuto salino in base alla soglia di 2500 µS/cm 20° C (corrispondente a 1,44 psu, una densità di 999,30 kg/m3 e una dim dimi-
nuzione del punto di congelamento di -0,08°C)
0,08°C) che separa ecosistem
ecosistemii che presentano cambiamenti significativi delle comunità biologiche.
biolog
Stratificazione termica (polimissi)
Un lago/invaso è definito polimittico se non mostra stra una stratificazione te
termica evidente e stabile. le. Un ambiente lentico di questo genere può andare incontro
in
a diverse fasi di mescolamento nel corso del suo ciclo annuale. Per distinguere i laghi/invasi polimittici da quelli a stabil stabile stratificazione vengono identificati i
seguenti valori di profondità media:
- < 3 m per i laghi/invasi al di sotto di 2000 m s.l.m.;
- < 5 m per i laghi/invasi al di sopra di 2000 m s.l.m.
A.2.4 Identificazione dei tipi
A.2.4.1 Procedura di tipizzazione (tipizzazione
zione operativa)
La procedura di tipizzazione segue uno schema dicotomico (Fig. 2.1) basato su una sequenza successi successiva
va di nodi che si sviluppano a cascata. Il primo nodo
n è
basato sulla distinzione tra laghi/invasi
ghi/invasi salini e laghi/invasi di acqua dolce, seguito dalla localizzazione geografica, la cara caratterizzazione morfometrica (quota,
profondità, ecc.) ed infine quella geologica
ologica prevalente. La m metodologia
todologia di seguito esposta è il risultato di un'ottimizzazione di un sistema di tipizzazione teo- te
rico più complesso, messo a punto dal CNR IRSA e dal CNR ISE, attraverso criteri di razion razionalizzazione
lizzazione per la riduzione del numero di tipi e denominata tipizza-
zione operativa.
A.2.4.2 Griglia di tipizzazione operativa dei laghi/invasi italiani
La tipizzazione di un corpo lacustre per i primi due livelli prevede:
- la valutazione del contenuto ionico complessivo della matrice acquosa util utilizzando
izzando il criterio della soglia di 2500 µS/cm a 20° C;
- la distinzione dei laghi/invasi in base alla regione
gione di appartenenza (Regione Alpina e Suda Sudalpina
pina o Regione Mediterranea) attraverso la posizione
pos latitudinale
superiore o inferiore al 44° parallelo Nord (1948) .
Da questo punto la tipizzazione prosegue in parallelo
rallelo per le due diverse rregioni.
Nella Regione Alpina e Sudalpina la griglia prevede vede tre livelli discriminanti in base alla quota ed alla morfometria lacustre e due ulteriori livelli basati sull sulla
stabilità termica e sulla composizione ne geologica prevalente del bacino (ca (calcareo o siliceo).
Nel caso della Regione Mediterranea il primo livello vello discrimina sempre l'orl'origine,
gine, vulcanica o pseudovulcanica, mentre per gli altri laghi/invasi i successivi
succe li-
vellili seguono una discriminazione morfometrica, termica e geologica.
Complessivamente con la griglia operativa di tipizzazione
pizzazione dei laghi/invasi italiani si ottengono 18 tipi, di cui 1 corrisponde al tipo dei llaghi/invasi ad elevato
contenuto salino (Tipo S),, 10 appartengono alla Regione Alpina e Sudalpina (Tipo AL AL-1 ... AL-10)
10) ed i restanti 7 alla Regione Mediterranea (Tipo
(T ME-1 ... ME-
7).
Figura 2.1 Griglia operativa di tipizzazione dei laghi ≥ 0,2 km km2 e degli invasi ≥ 0,5 km2 (NB nella figura 2.1 il termine e «lago/laghi» individua genericamente
generic
sia gli ambienti lacustri naturali che gli invasi)

A.2.4.3 Descrizione dei tipi ottenuti:


Di seguito si riporta la definizione breve e la descrizione
scrizione dettagliata di ci
ciascun tipo di lago/invaso suddiviso per le due regioni
egioni geografiche.
geograf
Regione Alpina e Sudalpina

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Tipo AL-1: Laghi/invasi alpini d'alta quota, calcarei.


Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 2000 m s.l.m., con substrato prevalentemente calcareo.
Tipo AL-2: Laghi/invasi alpini d'alta quota, silicei.
Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 2000 m s.l.m., con substrato prevalentemente siliceo.
Tipo AL-3: Grandi laghi sudalpini.
Laghi dell'Italia Settentrionale, situati a quota inferiore a 800 m s.l.m., aventi profondità massima della cuvetta lacustre superiore o uguale a 125 m, oppure
area dello specchio lacustre superiore o uguale a 100 km2. Questo tipo identifica i grandi laghi sudalpini: Como, Garda, Iseo, Lugano, Maggiore.
Tipo AL-4: Laghi/invasi sudalpini, polimittici.
Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota inferiore a 800 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da
assenza di stratificazione termica stabile (regime polimittico).
Tipo AL-5: Laghi/invasi sudalpini, poco profondi.
Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota inferiore a 800 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da
presenza di stratificazione termica stabile.
Tipo AL-6: Laghi/invasi sudalpini, profondi.
Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota inferiore a 800 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m.
Tipo AL-7: Laghi/invasi alpini, poco profondi, calcarei.
Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 800 m s.l.m. e inferiore a 2000 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacu-
stre inferiore a 15 m, con substrato prevalentemente calcareo.
Tipo AL-8: Laghi/invasi alpini, poco profondi, silicei
Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 800 m s.l.m. e inferiore a 2000 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacu-
stre inferiore a 15 m, con substrato prevalentemente siliceo.
Tipo AL-9: Laghi/invasi alpini, profondi, calcarei.
Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 800 m s.l.m. e inferiore a 2000 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacu-
stre superiore o uguale a 15 m, con substrato prevalentemente calcareo.
Tipo AL-10: Laghi/invasi alpini, profondi, silicei.
Laghi/invasi dell'Italia Settentrionale, situati a quota superiore o uguale a 800 m s.l.m. e inferiore a 2000 m s.l.m., aventi profondità media della cuvetta lacu-
stre superiore o uguale a 15 m, con substrato prevalentemente siliceo.
Regione Mediterranea
Tipo ME-1: Laghi/invasi mediterranei, polimittici.
Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da assenza di stratifica-
zione termica stabile (regime polimittico).
Tipo ME-2: Laghi/invasi mediterranei, poco profondi, calcarei.
Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da presenza di stratifica-
zione termica stabile, con substrato prevalentemente calcareo.
Tipo ME-3: Laghi/invasi mediterranei, poco profondi, silicei.
Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m, caratterizzati da presenza di stratifica-
zione termica stabile, con substrato prevalentemente siliceo.
Tipo ME-4: Laghi/invasi mediterranei, profondi, calcarei.
Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m, con substrato prevalente-
mente calcareo.
Tipo ME-5: Laghi/invasi mediterranei, profondi, silicei.
Laghi/invasi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a 15 m, con substrato prevalente-
mente siliceo.
Tipo ME-6: Laghi vulcanici poco profondi.
Laghi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, di origine vulcanica e pseudovulcanica, aventi profondità media della cuvetta lacustre inferiore a 15 m.
Tipo ME-7: Laghi vulcanici profondi.
Laghi dell'Italia Centro-Meridionale ed Insulare, di origine vulcanica e pseudovulcanica, aventi profondità media della cuvetta lacustre superiore o uguale a
15 m.
Tipo S: Laghi/invasi salini non connessi con il mare.
Laghi/invasi senza distinzione di area geografica di appartenenza caratterizzati da valori di conducibilità superiori a 2500 µS/cm 20°C.
A.3 Metodologia per l'individuazione dei tipi delle acque marino-costiere
A.3.1Criteri di tipizzazione
La caratterizzazione delle acque costiere viene effettuata sulla base delle caratteristiche naturali geomorfologiche ed idrodinamiche che identificano il tipo di
tratto costiero, utilizzando i macrodescrittori di cui alla tabella 3.1, in applicazione del sistema B dell'allegato II della Direttiva 2000/60/CE.
Tab. 3.1. Criteri per la suddivisione delle acque costiere in diversi tipi

Localizzazione geografica appartenenza ad una Ecoregione (1)


Descrittori geomorfologici - morfologia dell'area costiera sommersa (compresa l'area di ter-
raferma adiacente) (2)
- natura del substrato
Descrittori idrologici - stabilità verticale della colonna d'acqua (3)

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(1) l'Italia si trova all'interno dell'ecoregione Mediterranea.


(2) Nel caso in cui siano presenti substrati differenti, viene indicato il substrato dominante.
(3) Per la profondità la distinzione è basata su una profondità di circa 30 m, alla distanza di 1 miglio dalla linea di costa.
A.3.1.1 Descrittori Geomorfologici
La costa italiana, sulla base dei descrittori geomorfologici, è suddivisa in sei tipologie principali denominate:
- rilievi montuosi (A),
- terrazzi (B),
- pianura litoranea (C),
- pianura di fiumara (D),
- pianura alluvionale (E)
- pianura di dune (F).
A.3.1.2 Descrittori idrologici
Per la tipizzazione devono essere presi in considerazione anche descrittori idrologici, quali le condizioni prevalenti di stabilità verticale della colonna d'acqua.
Tale descrittore è derivato dai parametri di temperatura e salinità in conformità con le disposizioni della Direttiva relativamente ai parametri da considerare
per la tipizzazione. La stabilità della colonna d'acqua è un fattore che ben rappresenta gli effetti delle immissioni di acqua dolce di provenienza continentale,
correlabili ai numerosi descrittori di pressione antropica che insistono sulla fascia costiera (nutrienti, sostanze contaminanti, ecc). La stabilità deve essere
misurata ad una profondità di circa 30 m, alla distanza di 1 miglio dalla linea di costa.
Procedura per il calcolo della stabilità verticale della colonna d'acqua
Nel caso delle acque marino-costiere, il parametro «stabilità della colonna d'acqua» risulta un ottimo indicatore degli effetti dei contributi di acqua dolce di
provenienza continentale, correlabili ai numerosi descrittori di pressione antropica che insistono sulla fascia costiera (nutrienti, sostanze contaminanti quali
organo-clorurati, metalli pesanti, ecc.).
In conformità con quanto richiesto dalla Direttiva 2000/60/CE, relativamente alle procedure di caratterizzazione dei tipi costieri, la stabilità della colonna
d'acqua è un fattore derivato dai parametri di temperatura e salinità.
Il quadrato della stabilità deve essere definito nel modo seguente:
N2 = - g/Á * dÁ/dz
dove:
g è l'accelerazione di gravità espressa in m/sec2, Á è la densità espressa in kg/m3, dÁ/dz rappresenta il gradiente verticale di densità, con z profondità e-
spressa in metri.
Per calcolare, con l'approssimazione richiesta, il gradiente verticale di densità e quindi il coefficiente di stabilità statica N si segue la procedura sotto indicata:
1. per ogni profilo verticale di densità (solitamente espressa come anomalia di densità: Ãt) (1949) e relativo ad una data stazione di misura, si calcola la pro-
fondità del picnoclino; (1950)
2. il profilo di densità viene quindi suddiviso in due strati: il primo dalla superficie alla profondità del picnoclino (box 1), il secondo dal picnoclino al fondo
(box 2);
3. si procede poi al calcolo della differenza fra la densità media nel box 2 e quella nel box 1 e si ottiene dÁ;
4. analogamente si calcola la differenza fra la profondità media del box 2 e quella del box 1 ottenendo dz;
5. si divide infine dÁ per dz (si calcola cioè il gradiente di densità verticale dÁ/dz). Tale gradiente, moltiplicato per g (9,81 m/sec2) e diviso per la densità me-
dia su tutto il profilo Á, fornisce il valore di N2 (sec-2).
La quantità N = √N2 , già definita come coefficiente di stabilità statica, dimensionalmente è una frequenza, meglio nota con il nome di Frequenza di Brunt-
Väisälä.
La figura 3.1, relativa ad un profilo verticale-tipo di densità, consente di valutare un valore di N pari a 0.15 sec-1, che deriva dalle seguenti misure:
-g = -9.81 m/sec2,
Á (come sigma-t) =25.72 Kg/m3,
dÁ 0.38 Kg/m3,
dz = -6.62 m.
Figura 3.1 Relazione tra profondità e densità

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Sulla base della elaborazione dei risultati di cui al programma nazionale di monitoraggio della qualità degli ambienti marini costieri italiani del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio rio e del mare, si possono caratterizzare
rizzare tutte le acque costiere italiane con i relativi valori medi annuali di stabilità
verticale, secondo le tre tipologie:
- alta stabilità: N ≥ 0.3
- media stabilità: 0.15 < N < 0.3
- bassa stabilità: N ≤ 0.15
L'ICRAM - Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica
tifica e Tecnologica Applicata al Mare - fornisce supporto tecnico alle regioni in relazione ai dati di stabilità,
stabil ai
fini dell'omogeneità di applicazione sul territorio nazionale.
A.3.2 Definizione dei tipi costieri
Integrando le classissi di tipologia costiera basate sui descrittori geomorfolog
geomorfologici ci di cui al paragrafo A.3.1.1 con le tre classi di stabilità della colonna d'acqua,
d'a
vengono identificati i tipi della fascia costiera italiana secondo lo sch
schema riportato in tabella 3.2.
Tabella 3.2 Tipi costieri italiani secondo i criteri geomorfologici e idrologici

Criteri geomorfologici Criteri idrologici: Stabilità


(1) alta (2) media (3) bassa
(A) Rilievi montuosi A1 A2 A3
(B) Terrazzi B1 B2 B3
(C) Pianura litoranea C1 C2 C3
(D) Pianura di fiumara D1 D2 D3
(E) Pianura alluvionale E1 E2 E3
(F) Pianura di dune F1 F2 F3

A.4 Metodologia per l'individuazione dei tipi delle acque di transizione


Il processo da attuare per la tipizzazione delle acque di transizione è costit
costituito dall'applicazione
plicazione di descrittori prioritari e relative soglie di riferimento
rifer definite
a livello nazionale dal presente allegato.
A.4.1 Definizione operazionale di acque di transizione

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Gli ecosistemi acquatici di transizione a causa della loro peculiare collocazione, tra terra emersa e terre completamente sommerse, presentano caratteristi-
che ecologiche peculiari e una intrinseca eterogeneità, rappresentata da un'ampia variabilità degli habitat e dei parametri chimico-fisici (e.g. salinità, nu-
trienti, idrodinamismo e geomorfologia). Ai sensi dell'art. 54 del presente decreto legislativo le «acque di transizione» vengono definite: «i corpi idrici super-
ficiali in prossimità della foce di un fiume, che sono parzialmente di natura salina a causa della loro vicinanza alle acque costiere, ma sostanzialmente in-
fluenzati dai flussi di acqua dolce».
Per una più precisa ed univoca individuazione dei corpi idrici appartenenti alla categoria delle acque di transizione si rende necessario introdurre una defini-
zione delle medesime, che è stata qualificata nel titolo del presente paragrafo come «operazionale», dato che tale definizione è di tipo convenzionale ed ha
un taglio prevalentemente applicativo.
All'interno del territorio nazionale sono attribuiti alla categoria «acque di transizione» i corpi idrici di superficie > 0,5 Km2 conformi all'art. 2 della Direttiva,
delimitati verso monte (fiume) dalla zona ove arriva il cuneo salino (definito come la sezione dell'asta fluviale nella quale tutti i punti monitorati sulla colon-
na d'acqua hanno il valore di salinità superiore a 0.5 psu) in bassa marea e condizioni di magra idrologica e verso valle (mare) da elementi fisici quali scanni,
cordoni litoranei e/o barriere artificiali, o più in generale dalla linea di costa.
Sono attribuiti alla categoria «acque di transizione» anche gli stagni costieri che, a causa di intensa e prevalente evaporazione, assumono valori di salinità
superiori a quelli del mare antistante.
Oltre alle foci fluviali direttamente sversanti in mare, saranno classificati come «acque di transizione», ma tipologicamente distinti dalle lagune in quanto
foci fluviali, quei tratti di corsi d'acqua che, pur sfociando in una laguna, presentano dimensioni non inferiori a 0.5 km2. Gli ecosistemi di transizione indivi-
duati mediante la definizione di cui sopra, con superficie inferiore a 0.5 km2, non sono obbligatoriamente soggetti a tipizzazione ed al successivo monitorag-
gio e classificazione ai sensi della Direttiva.
Possono essere considerati corpi idrici di transizione anche corpi idrici di dimensioni inferiori a 0.5 km2, qualora sussistano motivazioni rilevanti ai fini della
conservazione di habitat prioritari, eventualmente già tradotte in idonei strumenti di tutela, in applicazione di direttive Europee o disposizioni nazionali o
regionali, o qualora sussistano altri motivi rilevanti che giustifichino questa scelta. Fra essi possono essere citati:
- l'appartenenza totale o parziale ad aree protette;
- la specifica valenza ecologica;
- la presenza di aree considerabili come siti di riferimento;
- la rilevanza socio-economica;
- l'esistenza di elementi di pressione specifici e distinti;
- l'elevata influenza sui corpi idrici circostanti.
Alle acque di transizione così definite si applicano i criteri di tipizzazione stabiliti nel seguito.
A.4.2 Criteri di tipizzazione
La caratterizzazione delle acque di transizione deve essere effettuata sulla base dei descrittori di cui alla tabella 4.1.
Tab. 4.1 Descrittori per la suddivisione delle acque di transizione in diversi tipi

Localizzazione geografica appartenenza ad una Ecoregione (1)


Geomorfologia Lagune costiere o foci fluviali
Escursione di marea > 50
< 50
Superficie (S) > 2,5 km2
0,5 < S < 2,5 km2
Salinità Oligoaline < 5 psu
Mesoaline 5-20 psu
Polialine 20-30 psu
Eurialine 30-40 psu
Iperaline > 40 psu

(1) L'talia si trova all'interno dell'ecoregione Mediterranea.


1. La prima distinzione delle acque di transizione viene effettuata tenendo in considerazione le caratteristiche geomorfologiche delle acque di transizione,
che corrispondono alle lagune costiere ed alle foci fluviali.
2. Le lagune costiere sono successivamente distinte in base all'escursione di marea in:
a) micro tidali (escursione di marea > 50 cm)
b) non tidali (escursione di marea < 50 cm) (*)
(*) rientrano in questa categoria i laghi costieri salmastri.
3. L'ulteriore distinzione tipologica deve essere effettuata sulla base di due parametri prioritari da tenere in considerazione per una definizione più accurata
dei tipi delle acque di transizione: superficie e salinità.
A.4.3 Definizione dei tipi
Dall'applicazione dei descrittori vengono individuate complessivamente 21 tipi di acque di transizione (Figura 4.1).

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Fig. 4.1 Diagramma di tipizzazione per le acque di transizione


A.4.4 Criteri di sub-tipizzazione da applicare re eventualmente a livello rregionale
Per raggiungere un adeguato livello di tipizzazione ne i descrittori utilizzati a livello nazionale po
possono
sono non essere sufficienti. Per questo motivo il sistema
sist nazio-
nale di tipizzazione prevede che le acque ue di transizione che prese
presentano una significativacativa eterogeneità ambientale interna, evidenziabile
evide essenzialmente su
base geomorfologica ed idrodinamica, possano essere ult ulteriormente «sub-tipizzate»
tipizzate» a livello regionale, mediante l'applicazione dei descrittori
descritto geomorfolo-
gici, idrologici
logici e sedimentologici, riportati in tabella 4.2, la cui idoneità ed appropriatezza dovrà essere opportunamente dim dimostrata. Tale ulteriore divisione
potrà rendersi necessaria in particolare per gli ambienti lentici, specie se di gr grandi dimensioni.
Per le foci fluviali, invece, potrebbe verificarsi la necessità di introdurre qu quale criterio di sub-tipizzazione
tipizzazione la salinità, già presente nello schema
sch di tipizzazione
per gli ambienti lentici.
I risultati di livello 3 devono essere utilizzati
zati per una ridefinizione più acc
accurata
rata dei criteri/limiti utilizzati nei due livelli precedenti.
Tab. 4.2 Fattori opzionali del Sistema di classificazione B (Allegato II della Direttiva 2000/60/CE)

Profondità
Velocità della corrente
Esposizione alle onde
Tempo di residenza
Temperatura media dell'acqua
Fattori opzionali
Caratteristiche di mescolamento
Torbidità
Composizione media del substrato
Configurazione (forma)
Intervallo delle temperature dell'acqua

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

La eventuale sub-tipizzazione regionale, (terzo livello di indagine) deve essere gerarchicamente successiva alla tipizzazione nazionale, in modo tale che sia
possibile riportarsi ad un livello di classificazione comune.
La sub-tipizzazione deve affiancare l'individuazione dei corpi idrici ai sensi dell'art. 74, comma 2, lettera h), del presente decreto legislativo e alla sezione B
del presente allegato, e consentire la definizione di eventuali sottotipi, che dovranno essere posti in relazione a diverse condizioni di riferimento.
A.4.5 Valutazioni sulle scale spaziali e temporali ai fini della tipizzazione
L'applicazione del criterio di tipizzazione sopra descritto a ciascuna area con acque di transizione, sia essa rappresentata da una foce fluviale o da un ambien-
te lentico, richiede di considerare attentamente le scale spaziali e le scale temporali, in considerazione delle caratteristiche specifiche dell'area da tipizzare e
dei passaggi successivi previsti dalla Direttiva per i corpi idrici, fino al piano di gestione per il raggiungimento o il mantenimento del buono stato chimico ed
ecologico.
Le condizioni di riferimento, in base alle quali si determinano gli RQE (Rapporto di Qualità Ecologica) e quindi la qualità dei corpi idrici, sono tipo-specifiche.
Questo deve rappresentare un concetto guida per tutto il processo di tipizzazione dei corpi idrici superficiali, in fase di determinazione della scala spaziale e
del grado di specificità da raggiungere nella suddivisione delle acque superficiali.
Sulla base dei criteri descritti in precedenza, per le acque di transizione sono state definite a livello nazionale 21 tipi. È importante sottolineare che un am-
biente di transizione può essere suddiviso in più tipi. La suddivisione in tipi deve infatti rispondere alla necessità di considerare la variabilità intrinseca degli
ambienti acquatici di transizione, ognuno dei quali deve essere rappresentato da specifiche condizioni di riferimento.
Un tipo, o sottotipo, deve corrispondere alla scala spaziale minima in cui si riconoscano le condizioni di riferimento e alla quale, nel momento in cui un'area
tipizzata viene attribuita ad uno o più corpi idrici, va applicato il monitoraggio.
Il tema della scala temporale si ricollega al tema della definizione delle condizioni di riferimento, alla misura degli indicatori di stato più idonei e conseguen-
temente alla classificazione del corpo idrico. Considerato ciò, è opportuno ottimizzare la definizione di tipi e sottotipi tenendo conto dello sforzo di campio-
namento richiesto per il controllo dello stato ecologico in un numero elevato di tipi (o sottotipi). L'eccessiva parcellizzazione di un'area in più tipi, e conse-
guentemente in più corpi idrici, animata dall'intenzione di considerare interamente la variabilità biologica e di habitat presenti, può portare ad un appesan-
timento eccessivo ed ingiustificato degli oneri di monitoraggio e di gestione.
La scala temporale è legata a due componenti:
- la stagionalità ed il regime tidale;
- le variazioni della geomorfologia (es. crescita o arretramento delle frecce litorali, approfondimento o interrimento di un bassofondo o di un canale).
Quest'ultima può avere particolare rilievo ai fini della tipizzazione, mentre ai fini del monitoraggio può assumere maggiore importanza la stagionalità ed il
regime tidale.
Con riferimento specifico al parametro «salinità», in conformità a quanto riportato nell'allegato II della direttiva 2000/60/CE, deve intendersi «salinità media
annuale».
Documenti di riferimento
Si riportano di seguito i documenti contenenti informazioni di dettaglio in merito alla tipizzazione dei corpi idrici:
- Elementi di base per la definizione di una tipologia per i fiumi italiani in applicazione della Direttiva 2000/60/CE. Notiziario dei Metodi Analitici, CNR-IRSA
Dicembre 2006 (1): 2-19;
- Approccio delle Idro-Ecoregioni europee e tipologia fluviale in Francia per la Direttiva Quadro sulle Acque (EC 2000/60). Notiziario dei Metodi Analitici IRSA-
CNR 2006 (1): 20-38.;
- Définition des Hydro-écoregions francaises métropolitaines. Approche regionale de la typologie des eaux courantes et élements pour la définition des pou-
lements de référence d'invertébrés. Rapport, Ministére de l'Aménagement du Territoire et de l'Environment, Cemagref Lyon BEA/LHQ2002: 1-190;
- Characterization of the Italian lake-types and identification of their reference sites using anthropogenic pressure factors. J. Limnol, 64 (1): 75-84;
- Relationships between hydrological and water quality parameters as a key issue in the modelling of trophic ecosystem responses for Mediterranean coastal
water types. 2006. (In pubblicazione su Hydrobiologia).
SEZIONE B: CRITERI METODOLOGICI DI INDIVIDUAZIONE DEI CORPI IDRICI SUPERFICIALI (1955)
B.1 Introduzione
La presente sezione riporta criteri generali per l'identificazione dei corpi idrici superficiali. Le Regioni per quanto di competenza, in relazione alle caratteristi-
che e peculiarità del proprio territorio possono applicare criteri diversi fornendone motivazione.
I «corpi idrici» sono le unità a cui fare riferimento per riportare e accertare la conformità con gli obiettivi ambientali di cui al presente decreto legislativo.
I criteri per l'identificazione dei corpi idrici tengono conto principalmente delle differenze dello stato di qualità, delle pressioni esistenti sul territorio e dell'e-
stensione delle aree protette. Una corretta identificazione dei corpi idrici è di particolare importanza, in quanto gli obiettivi ambientali e le misure necessarie
per raggiungerli si applicano in base alle caratteristiche e le criticità dei singoli «corpi idrici». Un fattore chiave in questo contesto è pertanto lo «stato» di
questi corpi. Se l'identificazione dei corpi idrici è tale da non permettere una descrizione accurata dello stato degli ecosistemi acquatici, non sarà possibile
applicare correttamente gli obiettivi fissati dalla normativa vigente.
B.2 Corpo idrico superficiale
L'uso dei termini «distinto e significativo» nella definizione di «corpo idrico superficiale», di cui all'articolo 74, comma 2, lettera h) del presente decreto legi-
slativo presuppone che i «corpi idrici» non sono una suddivisione arbitraria nell'ambito dei distretti idrografici. Ogni corpo idrico è identificato in base alla
propria «distinguibilità e significatività» nel contesto delle finalità, degli obiettivi e delle disposizioni del decreto legislativo n. 152/06.
B.3 Processo per l'identificazione dei corpi idrici
L'identificazione dei corpi idrici deve essere effettuata successivamente al processo di tipizzazione di cui alla sezione A del presente allegato, secondo lo
schema di seguito riportato. Il processo di identificazione dei corpi idrici è suddiviso nelle 5 fasi dettagliate nei paragrafi successivi.
B.3.1 FASE I - Delimitazione categorie e tipi
Al fine della delimitazione dei corpi idrici è necessario, innanzitutto, identificare i limiti delle categorie di acque superficiali (vedi sezione A). Un corpo idrico
non deve essere diviso tra diverse categorie di acque (fiumi, laghi/invasi, acque di transizione e acque costiere), deve appartenere ad una sola categoria e ad
un unico tipo.
B.3.2 FASE II - Criteri dimensionali
Per delineare i corpi idrici è necessario identificare i limiti dimensionali.

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In questa fase occorre individuare quali parti di acque superficiali debbano essere identificate come corpi idrici poiché esse includono un gran numero di
elementi molto piccoli e l'identificazione di tutti gli elementi come corpi idrici separati causerebbe difficoltà logistiche rilevanti. Per evitare tale inconvenien-
te almeno nella fase iniziale si applicano i criteri dimensionali, riportati nella tabella 1. Elementi di acque superficiali più piccoli di tali criteri dimensionali
possono essere identificati come corpi idrici individuali nel caso in cui sia soddisfatto almeno un criterio tra quelli fissati nel paragrafo B.3.5.1
Tab. 1 Criteri dimensionali per fiumi, laghi/invasi e acque di transizione

Elementi di acque superficiali appartenenti alle categorie sotto riportate sono identificati come corpi idrici se:
Fiumi Laghi/invasi Acque di transizione
Il loro bacino scolante è ≥ 10 km2 L'area della loro superficie è ≥ 0.5 km2 L'area della loro superficie è > 0.5 km2
Sono soddisfatti uno o più criteri fissati nel Sono soddisfatti uno o più criteri fissati nel Sono soddisfatti uno o più criteri fissati nel
paragrafo B.3.5.1 paragrafo B.3.5.1 paragrafo B.3.5.1

B.3.3 FASE III - Caratteristiche fisiche


Per assicurare che i corpi idrici rappresentino elementi distinti e significativi di acque superficiali, la fase III è necessaria per identificare i limiti attraverso le
caratteristiche fisiche significative in riferimento agli obiettivi da perseguire, alcune delle quali sono riportate in tabella 2. La confluenza di corsi d'acqua po-
trebbe chiaramente demarcare un limite geografico e idromorfologico preciso di un corpo idrico.
Tab. 2 Alcune delle caratteristiche fisiche per l'individuazione di corpi idrici

Fiumi Laghi/invasi Acque di transizione Acque costiere


Confluenze Componenti morfologiche che Variazioni di salinità Presenza/assenza di una forte
separano i vari bacini (es. soglia sorgente di acqua dolce
subacquea) (1951)
Variazioni di pendenza Strutture morfologiche che de- Discontinuità importanti nella
terminano un diverso grado di struttura della fascia litoranea
confinamento (es. barene) per la presenza ad esempio di
foci fluviali
Variazioni di morfologia dell'al- Cordoni litoranei
veo
Variazioni della forma della valle
Differenze idrologiche
Apporti sorgivi rilevanti
Variazioni nell'interazione con la
falda
Discontinuità importanti nella
struttura della fascia riparia

Sulla base di quanto sopra detto può essere identificato come corpo idrico anche una parte di un fiume o una parte di acque di transizione.
Al fine di assicurare un'adeguata e quindi significativa identificazione dei corpi idrici, bisogna identificare i limiti in base ad ulteriori criteri rilevanti (paragrafo
B.3.4), necessari anche per l'identificazione dei corpi idrici fortemente modificati e artificiali (paragrafo B.4).
B.3.4 Fase IV - Stato delle acque e limiti delle aree protette
Le fasi descritte nei paragrafi precedenti consentono di effettuare una prima generale delimitazione dei «corpi idrici» da confermare sulla base dei criteri di
seguito dettagliati:
1) Stato delle acque superficiali e relative pressioni;
2) Limiti delle aree protette di cui all'art. 117 comma 3
B.3.4.1 Suddivisioni delle acque superficiali per rispecchiare il loro stato (ecologico e chimico)
Una conoscenza accurata dello stato degli ecosistemi acquatici è fondamentale per l'identificazione dei corpi idrici.
La necessità di tenere separati due o più corpi idrici contigui, sebbene appartenenti allo stesso tipo, dipende dalle pressioni e dai risultanti impatti e quindi
dalla necessità di gestirli diversamente.
Un «corpo idrico» deve essere nelle condizioni tali da poter essere assegnato a una singola classe di stato delle acque superficiali con sufficiente attendibilità
e precisione sulla base dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati. I cambi dello stato di qualità nelle acque superficiali si utilizzano per delineare i
limiti del corpo idrico.
Il processo di suddivisione delle acque superficiali per rispecchiare le differenze nello stato è un processo iterativo non solo dipendente dai risultati dei pro-
grammi di monitoraggio ma anche dalle informazioni che derivano dall'aggiornamento delle analisi delle pressioni e degli impatti.
Inizialmente, specialmente durante il periodo antecedente la pubblicazione del primo Piano di gestione, nel caso di assenza di informazioni sufficienti per
definire accuratamente lo stato delle acque, la procedura di valutazione delle pressioni e degli impatti, condotta secondo le indicazioni di cui alla sezione C
del presente allegato, fornirà stime sui cambiamenti dello stato che potranno essere utilizzate per tracciare i limiti per l'identificazione dei corpi idrici. I pro-
grammi di monitoraggio forniranno le informazioni necessarie a confermare i limiti basati sullo stato di qualità.
La delineazione di corpi idrici deve essere effettuata nei tempi adeguati, al fine di permettere la preparazione del piano di gestione. È sottinteso che a un
miglioramento dello stato può conseguire un aggiustamento dei limiti dei corpi idrici.

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Si riconosce però che un'eccessiva suddivisione, delle acque in unità sempre più piccole così come un esagerato accorpamento per la definizione di corpi
idrici molto estesi, può creare difficoltà significative di gestione e di adozione di misure corrette per la protezione o il miglioramento degli ambienti acquatici.
Nell'identificazione delle acque marino-costiere non devono essere considerate le acque di porto in quanto non rientrano nella definizione di corpo idrico. A
tal proposito si chiarisce che le aree portuali sono da considerarsi sorgenti di inquinamento.
Per quanto riguarda i laghi/invasi il singolo corpo idrico individuato sulla base di caratteristiche fisiche (tipizzazione e successiva suddivisione dei tipi) in ge-
nerale non è soggetto ad ulteriori suddivisioni in base alla qualità delle acque, che apparterranno quindi ad una sola classe; l'esistenza di eventuali stati di
qualità differenti rappresenta un'eccezione.
In merito alle acque di transizione il problema si pone soprattutto per le fonti di inquinamento puntuali, la cui superficie di influenza dipende dalle caratteri-
stiche idro-morfologiche del corpo idrico e talvolta può essere di dimensioni ridotte.
In questi casi se l'area di impatto è ridotta, sia in valore assoluto sia in relazione alle dimensioni del corpo idrico cui appartiene, è preferibile non considerarla
corpo idrico indipendente. È necessario comunque considerare il caso in cui l'area impattata, anche se limitata, condiziona in maniera rilevante l'intero cor-
po idrico (ad esempio compromettendo un habitat unico e importante per specifici elementi di qualità biologica). Le aree di maggior impatto, anche se non
individuate come specifici corpi idrici, devono essere attentamente considerate nei piani di monitoraggio, prevedendo l'eventuale individuazione di specifi-
che stazioni.
B.3.4.2 Suddivisioni delle acque superficiali in relazione alle aree protette
Le aree protette, di cui all'allegato IX del presente decreto legislativo, sono identificate in base a specifiche discipline. Tali aree devono essere considerate
nella delimitazione dei corpi idrici per una razionalizzazione della suddivisione dei corpi idrici e della relativa gestione integrata.
Le acque che ricadono all'interno di un'area protetta sono assoggettate ad obiettivi aggiuntivi; pertanto nel definire i limiti dei corpi idrici devono essere
considerati anche i confini delle aree protette.
I limiti dei corpi idrici e delle aree protette nella maggior parte dei casi non coincideranno in quanto tali aree vengono definite per scopi diversi, quindi in
base a criteri diversi.
Le autorità competenti nel definire i limiti dei corpi idrici superficiali potranno decidere se adattarli a quelli delle aree protette, eventualmente suddividendo
il corpo idrico, con la finalità di razionalizzare la gestione delle acque, fermo restando il rispetto delle differenze dello stato di qualità delle acque.
B.3.5 FASE V - Altri criteri
B.3.5.1 Identificazione di piccoli elementi di acque superficiali come corpi idrici
Se in generale un piccolo elemento di acque superficiali non viene identificato come un corpo idrico (ad esempio perché non sono soddisfatte le soglie di-
mensionali riportate nel paragrafo B.3.2), questo può ancora essere identificato come un corpo idrico separato quando è applicabile almeno uno dei casi di
seguito riportati (punti a-g):
a) laddove l'elemento di acque superficiali è utilizzato, o designato a essere utilizzato, per l'estrazione di acque destinate al consumo umano che fornisce in
media oltre 10 m3 al giorno o serve più di 50 persone, viene identificato come un corpo idrico, e quindi come area protetta per le acque potabili a norma
dell'articolo 7 della Direttiva;
b) il raggiungimento di qualsiasi standard e obiettivi per una ZPS o candidata ZPS, identificata secondo la Direttiva 79/409/CEE (direttiva uccelli), o per una
ZSC o candidata ZSC identificata secondo la Direttiva 92/43/CEE (direttiva habitat), dipende dal mantenimento o dal miglioramento dello stato dell'elemento
di acque superficiali;
c) il raggiungimento di qualsiasi standard e obiettivi per tutte le aree di particolare pregio ambientale dipende dal mantenimento o dal miglioramento dello
stato dell'elemento di acque superficiali, l'elemento è quindi di importanza ecologica all'interno del bacino idrografico;
d) all'interno del processo di pianificazione della gestione del bacino idrografico si stabilisce che il mantenimento o il miglioramento dello stato dell'elemen-
to di acque superficiali è importante al raggiungimento di traguardi della biodiversità nazionale o internazionale e l'elemento è quindi di importanza ecologi-
ca all'interno del bacino idrografico;
e) nel caso l'elemento di acque superficiali è stato identificato, attraverso l'appropriata procedura, come sito/ambiente di riferimento;
f) il piccolo elemento di acque superficiali è di tale importanza nel bacino idrografico che (i) gli impatti, o i rischi di impatti, su di esso sono responsabili di non
raggiungere gli obiettivi per un corpo, o corpi idrici dello stesso bacino idrografico, e (ii) la competente autorità reputa che l'identificazione del piccolo ele-
mento come corpo idrico separato sia il modo più efficace per mettere in evidenza i rischi e gestirli. Si osservi che il rischio di non raggiungere gli obiettivi per
uno o più corpi idrici, deve essere gestito anche nel caso in cui tali piccoli elementi di acque superficiali non siano identificati come corpi idrici;
g) il piccolo elemento di acque superficiali ricade nelle aree di seguito riportate:
- area sensibile di cui all'articolo 91 del presente decreto legislativo;
- zona vulnerabile di cui all'articolo 92 del presente decreto legislativo;
- acque di balneazione ai sensi del DPR 470/82;
- acque destinate alla vita dei molluschi ai sensi dell'articolo 87 del presente decreto legislativo;
- acque dolci idonee alla vita dei pesci ai sensi dell'articolo 84 del presente decreto legislativo;
e la competente autorità reputa che l'identificazione del piccolo elemento, come corpo idrico separato aiuterà nel raggiungimento degli obiettivi specifici
previsti dal presente decreto per le suddette aree.
B.3.5.2 Accorpamento di piccoli elementi in corpi idrici superficiali contigui
I piccoli elementi di acque superficiali, dove possibile, sono accorpati all'interno di un corpo idrico più grande contiguo della stessa categoria di acque super-
ficiali e dello stesso tipo. Al fine di semplificare la mappa dei corpi idrici fluviali non è necessario che siano mostrati nella stessa gli affluenti minori accorpati
all'interno del corpo idrico.
Per impedire l'esclusione di piccoli corsi d'acqua prossimi all'origine, che hanno un bacino scolante, < 10 km2, a monte della loro confluenza con un la-
go/invaso, quest'ultimo identificato come corpo idrico, tali corsi d'acqua si considerano come contigui con il fiume, identificato come corpo idrico, a valle del
lago/invaso.
Dopotutto, la creazione di limiti ad ogni confluenza di un corso d'acqua con un lago/invaso potrebbe indurre alla delimitazione di un numero grande non
necessario di piccoli corpi idrici fluviali. Inoltre, ove i laghi/invasi sono separati da tratti corti di fiume, questi tratti di fiume potrebbero essere troppo piccoli
per giustificare l'identificazione come corpo idrico, inducendo a dei buchi nella copertura dello stato delle mappe. Per superare questi potenziali problemi, i
fiumi che sfociano in laghi/invasi possono essere considerati come contigui con il fiume, identificato come corpo idrico, di valle.
Alcuni corpi idrici lacustri possono essere connessi a corpi idrici costieri o a corpi idrici di transizione da un fiume corto con un bacino scolante < 10 km2. A
meno che il fiume non sia identificato come corpo idrico separato secondo i casi fissati nel paragrafo B.3.5.1, non viene identificato come corpo idrico ma
viene incluso, per fini gestionali, nel corpo idrico lacustre.
Laddove una piccola laguna o foce fluviale non soddisfa i criteri dimensionali e non è verificato nessuno dei casi riportati nel paragrafo B.3.5.1 ma è ubicata

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tra un corpo idrico costiero e un corpo idrico fluviale, per evitare buchi nella co continuità
tinuità dello stato delle mappe viene incorporata nell'adiacente corpo idrico
fluviale o, ove più appropriato,
propriato, nell'adiacente corpo idrico ccostiero.
B.4 Corpi idrici fortemente modificati e artificiali
I corpi idrici fortemente modificati e artificiali come definiti all'
all'art. 74,, comma 2, lettere f) e g), possono essere identificati e designati, secondo
s le prescrizioni
riportate all'art. 77, commamma 5, nei casi in cui lo stato ecologico buono non è raggiungibile a causa degli impatti sulle caratt caratteristiche idromorfologiche delle
acque superficiali dovuti ad alterazioni fisiche.
I corpi idrici fortemente modificati e artificiali devono essere almeno provvisoriamente identificati cati al termine del processo sopra riportato. Le designazioni
design
devono essere riviste con la stessa ciclicità prevista per i piani di ggestioni e di tutela delle acque.
I limiti dei corpi idrici fortemente modificati sono soprattutto delineati dall'entità dei cambiamenti delle caratteristiche idromorfologiche che:
(a) Risultano dalle alterazioni fisiche causate dall'attività umana;
(b) Ostacolano il raggiungimento dello stato ecologicologico buono.
B.4.1 METODOLOGIA DI IDENTIFICAZIONE E DESIGNAZIONE IGNAZIONE DEI CORPI IDR IDRICI
CI FORTEMENTE MODIFICATI E ARTIFICIALI PER LE ACQUE FLUVIALI FL E LACUSTRI
(1959)
B.4.1.1 DEFINIZIONI
Alterazione fisica: pressione che produce una modificazione idromorfolog
idromorfologica ca di un corpo idrico causata dall'attività umana. Ogni alterazione
alte è legata ad un
"uso specifico" attuale o storico.
Modificazione: un cambiamento apportato al corpo idrico superficiale dall'attività umana (che può portare al non raggiungimento del buono st stato ecologi-
co).
Alterazione fisica significativa: alterazione
one fisica la cui significatività viene valutata attr
attraverso
verso i criteri riportati nella fase 3 del livello 1 della seguente proce-
proc
dura.
Modificazione significativa: modificazione la cui significatività viene valut valutata attraverso i criteri riportati nella fase 3 del livello 1 della seguente
s procedura.
B.4.1.2 PREMESSA
La procedura per il riconoscimento dei corpi idrici fortemente modificati (CIFM) e artificiali (CIA) per le acque fluviali e lacustri si articola in due livelli succes- succe
sivi, di seguito indicati, ciascuno
scuno dei quali è composto da più fasi:
- LIVELLO 1 - "Identificazione preliminare"" basata su valutazioni idromorf
idromorfologiche ed ecologiche;
- LIVELLO 2 - "Designazione" basata su valutazioni zioni tecniche idromorfolog
idromorfologiche, ecologiche, e socio-economiche.

La designazione è un processo iterativo, può accadere cadere quindi che corpi idrici definiti fortemente modificati o artificiali nel primo piano di gesti gestione, possano
essere considerati corpi idrici naturali
rali nei successivi piani e viceversa.
Nel caso della presenza di sbarramenti su un fiume, prima dell'applicazione della procedura occorre stabilire se il corpo idrico a monte dello sbarrame sbarramento è
ancora da considerarsi fluviale ovvero, se conformemente a quanto definito al punto A.2.1 del presente allegato, abbia cambi cambiato categoria e sia ascrivibile
alla nuova categoria di "lago". Qualora il corpo idrico risulti lac lacustre, ossia si tratti di un invaso, è identificato preliminarmente
narmente come fortemente
fort modificato
senza che venga applicato il livello 1. Gli invasi sono, iinfatti, dei corpi idrici con caratteristiche idromorfologichelogiche alterate in maniera significativa e permanen-
pe
te, profonda ed estesa, e pertanto soddisfano i criteri teri delle fasi 4 e 5 del livello 1. Per tali corpi idrici si procede, quindi, dire
direttamente all'applicazione del li-
vello 2. Qualora invece il corpo idrico modificatocato mantenga la categoria "fiume" si procede all'applicazione del livello 1 specifico per i fiumi e, nel caso questo
fosse identificato
dentificato preliminarmente come fortemente modificato, alla successiva app applicazione del livello 2.
Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio
ritorio e del Mare, avvale
avvalendosi dell'ISPRA e del CNR-ISE, ISE, avvia un'attività di coordinamento con le Regioni,
R le
Province autonome di Trento e Bolzano, zano, le ARPA e le APPA al fine della validazione dell'applicazione della metodologia riportata alla presente lettera B.4.1.
Allo scopo le Regioni e le Province autonome di Trento e Bo Bolzano
zano rendono disponibili i dati necessari. In tale attività, a seguito
s della prima applicazione della
metodologia, si valuta la necessità di integrare la stesssa con ulteriori specifici criteri, tenendo conto delle peculiaritàculiarità territoriali.
B.4.1.3 LIVELLO 1 - IDENTIFICAZIONE PRELIMINARE DEI CORPI IDRICI FO FORTEMENTE MODIFICATI E ARTIFICIALI
Come riportato nello schemahema di figura 2, il livello 1 è composto da fasi su successive
cessive alcune delle quali presentano criteri distinti per i fiumi e per i laghi. Il livello
1 si applica ai corpi idrici, così come definiti alla lettera h), comma 2, dell'art
dell'articolo 74 del presente decreto, to, identificati sulla base delle modalità riportate nella
sezione B del presente allegato.
Per quanto riguarda l'identificazione preliminare dei CIFM nelle fasi del live livello
lo 1 viene verificato se sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:
1) il mancato raggiungimento del buono stato ecologico è dovuto ad alter alterazioni
zioni fisiche che comportano modificazioni delle caratteristiche idromorfologiche
idromorf
del corpo idrico e non dipende da altri impatti;
2) il corpo idrico risulta sostanzialmente mutato nelle proprie ccaratteristiche in modo permanente;

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3) la sostanziale modifica delle caratteristiche del corpo idrico deriva dall'uso specifico a cui esso è destinato.
Pertanto la procedura di identificazione e designazione può non essere applicata ai corpi idrici di stato ecologico uguale o superiore al "buono".
Per quanto riguarda invece l'identificazione preliminare dei CIA, il livello 1 è applicato solo per le fasi 1 e 4.

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Fase 1 - Il corpo idrico è artificiale?


In questa fase si identificano i corpi idrici artificiali così come definiti alla lettera f, comma 2, dell'articolo 74 del presente decreto. Inoltre, conformemente a
quanto riportato nella "Guidance Document n. 4: identification and designation of heavily modified and artificial water bodies" della Commissione Europea
(2003), si precisa che un corpo idrico artificiale è un corpo idrico superficiale creato in un luogo dove non esistevano acque superficiali o comunque non vi
erano elementi di acque superficiali tali da poter essere considerati distinti e significativi e pertanto non identificabili come corpi idrici.
Per i corpi idrici artificiali si passa direttamente dalla fase 1 alla fase 4 al fine di valutare la probabilità che il corpo idrico possa raggiungere il buono stato
ecologico ed in tal caso possa essere considerato come "naturale".
Fase 2 - Ci sono modificazioni nelle caratteristiche idromorfologiche del corpo idrico?
Questa fase è necessaria per selezionare quei corpi idrici con alterazioni fisiche tali da comportare modificazioni idromorfologiche. Infatti requisito fonda-
mentale per l'assegnazione a corpo idrico fortemente modificato è la presenza di alterazioni che incidono sull'idromorfologia dello stesso modificandone lo
stato naturale.
Nel selezionare questi corpi idrici è necessario tenere conto della caratterizzazione delle acque superficiali effettuata ai sensi dell'articolo 118 del presente
decreto, nonché degli usi specifici che comportano alterazioni idromorfologiche dell'ambiente indicati alla lettera a), comma 5 dell'art. 77, quali:
- navigazione, comprese le infrastrutture portuali, o il diporto;
- regimazione delle acque, la protezione dalle inondazioni o il drenaggio agricolo;
- attività per le quali l'acqua è accumulata, quali la fornitura di acqua potabile, la produzione di energia o l'irrigazione;
- altre attività sostenibili di sviluppo umano ugualmente importanti.
Fiumi
Sono selezionati i corpi idrici fluviali nei quali sono presenti:
- opere trasversali (incluse soglie e rampe)
- difese di sponda e/o argini a contatto
- rivestimenti del fondo
- dighe, briglie di trattenuta non filtrante o traverse assimilabili a dighe poste all'estremità di monte del corpo idrico
- opere trasversali (briglie o traverse) all'interno del corpo idrico o alla sua estremità di valle che determinano forti modificazioni delle condizioni idrodinami-
che
- tratti a regime idrologico fortemente alterato
- modificazione delle caratteristiche idrodinamiche del corpo idrico dovute a fenomeni di oscillazioni periodiche di portata (hydropeaking)
Laghi
Sono selezionati i corpi idrici lacustri nei quali sono presenti:
- manufatti come porti, dighe, traverse;
- artificializzazioni delle sponde e/o delle zone litorali;
- prelievi d'acqua e/o deviazioni delle acque fuori dal bacino e/o immissioni da altri bacini.
Fase 3 - Valutazione delle modificazioni idromorfologiche significative
Lo scopo di questa fase è individuare, in base ai criteri di seguito riportati, le modificazioni idromorfologiche significative, connesse "all'uso specifico" e deri-
vanti da alterazioni fisiche significative, e che possono incidere sullo stato ecologico del corpo idrico. Qualora per il corpo idrico in esame anche una sola del-
le modificazioni idromorfologiche risulti significativa è necessario proseguire con la successiva fase 4.
Fiumi
Come di seguito indicato sui corpi idrici selezionati in fase 2 si effettua una valutazione basata su:
- alcuni indicatori di artificialità dell'indice IQM - Indice di Qualità Morfologica, di cui all'Allegato 1del presente decreto e al "Manuale tecnico-operativo per
la valutazione ed il monitoraggio dello stato morfologico dei corsi d'acqua" (ISPRA, 2011);
- la presenza di determinate pressioni idrologiche.
La valutazione degli indicatori di artificialità consiste sostanzialmente nella descrizione delle pressioni idromorfologiche le cui informazioni sono acquisibili
presso il catasto delle opere idrauliche, tramite l'utilizzo di immagini telerilevate e, se necessario, con l'ausilio dei dati idrologici.
In tabella 1 sono riportate le varie tipologie di modificazioni idromorfologiche e i criteri per la valutazione della significatività, ed i casi (da 1 a 8) da conside-
rare in questa fase per la valutazione delle modificazioni idromorfologiche significative.
Non rientrano tra le alterazioni da considerare significative i casi di corpi idrici che, pur avendo subìto variazioni morfologiche pregresse molto intense (es.
incisione del fondo, restringimento, ecc.), non sono attualmente interessati dalla pressione ovvero da elementi di artificialità. Tipico è il caso di corsi d'acqua
dove l'attività estrattiva del passato aveva causato notevoli variazioni morfologiche tuttora presenti. Tali situazioni non sono da considerare "significative" in
quanto non presentano più il requisito di permanenza (di cui alla fase 5) della causa dell'alterazione che è una delle condizioniper l'identificazione dei corpi
idrici come fortemente modificati.
Similmente, non possono venir considerati come fortemente modificati i corpi idrici soggetti periodicamente a risagomatura e ricalibratura delle sezioni a
fini di difesa idraulica - in assenza degli elementi di artificialità previsti in tabella 1 - in quanto si tratta di interventi di manutenzione i cui effetti morfologici
non sono permanenti e risultano reversibili anche nel breve periodo.
Laghi
La significatività delle modificazioni idromorfologiche dei corpi idrici selezionati in fase 2 è valutata secondo i criteri di seguito riportati:
1. Presenza di opere di sbarramento
Valutare l'altezza dello sbarramento e il volume invasato. Le alterazioni si considerano significative nei casi in cui l'altezza dello sbarramento superi i 10 m o
la percentuale tra il volume invasato ed il volume prelevato superi il 50%.
2. Percentuale di zona litorale e sublitorale artificializzata e zona adibita a infrastrutture portuali e affini Valutare la presenza di arginature e artificializzazioni
delle sponde e del substrato della zona litorale misurandone l'estensione lineare. Calcolare la percentuale di estensione lineare di tali zone rispetto al peri-
metro totale del lago e valutare se la percentuale è maggiore o minore del 50%. L'alterazione risulta significativa se tale percentuale è superiore al 50%.
3. Variazione di livello nel tempo
La variazione di livello nel tempo (”L) è quella dovuta alla naturale risposta del corpo idrico alle condizioni meteorologiche (piogge o siccità) sommata a quel-
la derivante dall'utilizzo delle acque superficiali e/o sotterranee nel bacino imbrifero, del corpo idrico in questione, attraverso opere di prelievo, captazione,
dighe, traverse, canali, pozzi, diversioni etc.. Per definire la variazione del livello dovuta a cause naturali (”Ln) è necessario disporre di una serie di dati acqui-
siti in un arco temporale di almeno 20 anni. Si procede effettuando per ogni anno la media delle misure di livello acquisite nell'arco dell'anno; quindi la varia-

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zione naturale di livello (” Ln) è data dalla differenza tra il valore massimo ed il valore minimo delle suddette medie annuali calcolate nell'arco dei 20 anni.
Se non è possibile calcolare tale variazione naturale di livello (” Ln), la si può assumere pari a:
a) 2 m - per i laghi tipo AL-3 di cui all'allegato 3 del presente Decreto
b) 0,8 m - per tutti gli altri laghi
La variazione di livello (” L) risulta significativa qualora si verifichi una delle due seguenti situazioni:
”L < ”Ln - 50% ”Ln
”L > ”Ln - 50% ”Ln
Fase 4 - E' probabile che il corpo idrico non raggiunga il buono stato ecologico a causa delle alterazioni idromorfologiche o perché artificiale?
In questa fase si valuta il rischio di non poter raggiungere il buono stato ecologico sulla base di quanto definito all'allegato 1 del presente decreto a causa
delle modificazioni idromorfologiche significative o a causa delle caratteristiche artificiali.
Il rischio di non raggiungere il buono stato ecologico deve dipendere dalle sole alterazioni morfologiche e idrologiche o dalle caratteristiche artificiali e non
da altre pressioni, come la presenza di sostanze tossiche, o da altri problemi di qualità; in questo secondo caso, il corpo idrico non può essere identificato
come fortemente modificato o artificiale.
Fase 5-Il corpo idrico è sostanzialmente mutato nelle sue caratteristiche idromorfologiche a causa di alterazioni fisiche dovute all'attività antropica?
Lo scopo di questa fase è di selezionare i corpi idrici in cui le alterazioni fisiche provocano modificazioni sostanziali nelle caratteristiche del corpo idrico al
fine di poterli preliminarmente identificare come fortemente modificati. Al contrario, quei corpi idrici che rischiano di non raggiungere il buono stato ecolo-
gico, ma le cui caratteristiche non sono sostanzialmente mutate, non possono essere considerati fortemente modificati e sono da considerarsi corpi idrici
naturali.
Il corpo idrico risulta sostanzialmente mutato nelle proprie caratteristiche quando:
- Le modificazioni del corpo idrico rispetto alle condizioni naturali sono molto evidenti;
- il cambiamento nelle caratteristiche del corpo idrico è esteso/diffuso o profondo (tipicamente questo implica mutamenti sostanziali sia dal punto di vista
idrologico che morfologico);
- il cambiamento nelle caratteristiche del corpo idrico è permanente e non temporaneo o intermittente.
Allo scopo di effettuare la verifica di cui sopra, per i fiumi si deve tener conto di quanto di seguito riportato.
Fiumi
Per confermare l'identificazione preliminare a CIFM dei corpi idrici fluviali individuati nelle precedenti fasi, sono previste le verifiche riportate in tabella 1,
basate sull'applicazione di alcuni indicatori dell'IQM o dell'indice per intero e sulla valutazione di pressioni idrologiche aggiuntive (applicazione indice IARI -
Indice di Alterazione del Regime Idrologico), relativamente agli 8 casi descritti in tabella 1.
Nei casi sopraesposti in cui si debba applicare la valutazione completa dell'IQM risulta necessario suddividere il corpo idrico in tratti, secondo quanto previ-
sto nel Manuale ISPRA (IDRAIM, 2011), ed effettuare la media ponderata dei diversi tratti componenti il corpo idrico sulla lunghezza, per assegnare un unico
valore di IQM al corpo idrico in analisi.
Laghi
Il rispetto di una delle condizioni riportate alla fase 3 sono sufficienti per l'identificazione preliminare dei corpi idrici fortemente modificati. Non sono neces-
sarie ulteriori verifiche.

Tabella 1 - Elenco delle modificazioni idromorfologiche significative e criteri utilizzati nella fase di valutazione della loro significatività da utilizzare nella fase 3 e nella fase 5
Fase 3 Fase 5
Descrizione Note applicative
Presenza di opere trasversali, longitudinali e rivesti- Caso 1. Opere trasversali (incluse soglie e rampe) con Per alvei a canale singolo, occorre verificare che gli indicatori F6
menti del fondo estremamente frequente e continua densità >1 ogni n, dove n=100 m in ambito montano, ("Morfologia del fondo e pendenza della valle", per alvei confina-
(casi 1-3 a cui corrispondono gli indicatori A4, A6, A7, o n=500 m in ambito di pianura/collina. ti) o F7 ("Forme e processi tipici della configurazione morfologi-
A9 dell'IQM). Al fine della valutazione del caso 2 le ca", per alvei semi- e non-confinati) ricadano nella classe C previ-
difese di sponda e gli argini a contatto sono trattati sta dal metodo di valutazione dell'IQM, valutando tali indicatori
insieme (ovvero la condizione è soddisfatta se le dife- alla scala del corpo idrico. Se tali indicatori non ricadono in classe
se di sponda e/o gli argini a contatto sono presenti per C, e nei casi di alvei transizionali o a canali multipli, si applica
una lunghezza complessiva maggiore del 70% del cor- l'IQM. Il corpo idrico è identificato preliminarmente come forte-
po idrico). mente modificato nei casi in cui l'IQM risulti < 0.5.
Caso 2. Difese di sponda e/o argini a contatto dell'al- Per alvei a canale singolo rettilinei, sinuosi e meandriformi, ed
veo per gran parte del corpo idrico (>66%). inoltre privi di barre per gran parte (ossia per >90% della lunghez-
za complessiva) del corpo idrico, occorre verificare che l'indicato-
re F7 ricada nella classe C. Se tale indicatore non ricade in classe
C, e nei casi di alvei transizionali o a canali multipli, si applica
l'IQM. Il corpo idrico è identificato preliminarmente come forte-
mente modificato nei casi in cui l'IQM risulti < 0.5.
Caso 3. Rivestimenti del fondo per gran parte della Non servono ulteriori verifiche in questa fase.
lunghezza del corpo idrico (>70%).
Corpi idrici delimitati a monte da dighe o da opere Caso 4. Presenza di diga (o briglia di trattenuta non Il corpo idrico è identificato preliminarmente come fortemente
trasversali che interrompono completamente la conti- filtrante o traversa assimilabili a diga) all'estremità di modificato nei casi in cui l'IQM risulti < 0.5.
nuità longitudinale del flusso di sedimenti, quali briglie monte del corpo idrico.
di trattenuta non filtranti o traverse di notevoli di-
mensioni non colmate.

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Tabella 1 - Elenco delle modificazioni idromorfologiche significative e criteri utilizzati nella fase di valutazione della loro significatività da utilizzare nella fase 3 e nella fase 5
Fase 3 Fase 5
Descrizione Note applicative
Corpi idrici che, a causa della presenza di una o più Caso 5. Presenza di opere trasversali (briglie o traver- Se la lunghezza complessiva dei tratti lentici risulta >70% della
opere trasversali (es. briglie non colmate o traverse di se) all'interno del corpo idrico o alla sua estremità di lunghezza del corpo idrico, allora tale corpo idrico viene diretta-
derivazione), sono caratterizzati da estese alterazioni valle che determinano forti modificazioni delle condi- mente identificato preliminarmente come fortemente modifica-
nelle caratteristiche idrodinamiche della corrente, zioni idrodinamiche, con la creazione di tratti artifi- to, senza ulteriori verifiche. Se tale lunghezza è compresa tra 50%
ovvero sono dominati da tratti artificialmente lentici - cialmente lentici per una porzione dominante del cor- e 70% il corpo idrico deve presentare IQM <0.7.
ancorché non ascrivibili alla categoria "laghi" ai sensi po idrico (>50%).
della definizione del punto A.2.1 del presente allegato
- a monte delle opere stesse, per una lunghezza com-
plessiva (non necessariamente contigua) >50% del
corpo idrico.
Corpi idrici dove le modificazioni idrodinamiche e/o Caso 6. Prevalenza di tratti a regime idrologico forte- In presenza di alterazioni idrologiche ritenute significative, è ne-
del substrato derivanti da alterazioni del regime idro- mente alterato (riduzioni ed aumenti significativi delle cessario che il corpo idrico presenti IQM <0.7, e che, nel caso di
logico sono notevoli (casi 6 e 7). E' questo il caso dei portate). corpi idrici soggetti a riduzione dei deflussi, o fortemente coraz-
corpi idrici interamente o parzialmente compresi a zato nel caso di deflussi artificialmente incrementati, il substrato
valle di un'opera di presa di derivazioni che utilizzano sia estesamente alterato (lunghezza >70% del corpo idrico), ovve-
una quantità rilevante dei deflussi del corso d'acqua, ro caratterizzato da clogging diffuso. Nel caso in cui le condizioni
oppure di corpi idrici a valle di restituzioni di portate di cui sopra non siano verificate o verificabili (p.e., substrato non
significative prelevate da altri corsi d'acqua in grado di visibile), si deve procedere alla valutazione dell'Indice di Altera-
determinare un aumento considerevole dei deflussi zione del Regime Idrologico (IART) di cui al punto 4.1.3 dell'alle-
naturali, oppure di corpi idrici a valle di restituzioni di gato 1 del presente decreto. Il corpo idrico è identificato prelimi-
impianti che determinano forti oscillazioni periodiche narmente come fortemente modificato nei casi in cui lo IARI risul-
di portata (hydropeaking). Per entrambi i casi 6 e 7, in ti
questa fase di selezione la valutazione della significati-
vità delle modifiche del regime idrologico è lasciata al
soggetto competente.

Tabella 1 - Elenco delle modificazioni idromorfologiche significative e criteri utilizzati nella fase di valutazione della loro significatività da utilizzare nella fase 3 e nella fase 5
Fase 3 Fase 5
Descrizione Note applicative
Caso 7. Alterazione delle caratteristiche idrodinamiche E'necessario che il corpo idrico presenti delle alterazioni idrodi-
del corpo idrico dovute a fenomeni di oscillazioni pe- namiche (relative a velocità media della corrente, tensioni tan-
riodiche d iportata (hydropeaking). genziale al fondo) notevoli a seguito dei fenomeni di oscillazione
periodica di portata. La valutazione di queste alterazioni è al-
quanto sito-specifica e sarà compito del soggetto competente
giudicarne la gravità.
Combinazione di più pressioni permanenti (a livello Caso 8. Combinazione di più pressioni permanenti di Se il corpo idrico presenta IQM <0.5, esso può essere identificato
idrologico e/o morfologico) che singolarmente non cui ai casi da 1 a 7 anche se nessuna di queste singo- preliminarmente come fortemente modificato. E'importante evi-
rientrano nei casi sopra descritti, ma la cui interazione larmente soddisfa i criteri specifici, ma la cui combina- denziare, relativamente a questo caso, che se un basso valore di
determina condizioni di forte modificazione idromor- zione determina una notevole alterazione del corpo < IQM derivasse primariamente da alterazioni non permanenti e
fologica. La valutazione della significatività delle pres- idrico non associate ad usi attuali (prelievo di inerti nel passato, ricali-
sioni è lasciata al soggetto competente. bratura occasionale delle sezioni per fini di sicurezza idraulica), in
ogni caso questi corpi idrici non possono essere designati come
fortemente modificati e pertanto sottoposti al livello 2.

B.4.1.4 LIVELLO 2: DESIGNAZIONE DEI CORPI IDRICI FORTEMENTE MODIFICATI E ARTIFICIALI


Ai corpi idrici identificati preliminarmente attraverso il livello 1 si applicano le due fasi (fase 6 e 7) del livello 2 (figura 3) per pervenire alla designazione dei
corpi idrici fortemente modificati e artificiali da considerare nel piano di tutela e nel piano di gestione.
Si riportano di seguito le specifiche per la sottofase 7.4.
Per la designazione di corpo idrico come fortemente modificato o artificiale occorre procedere a verificare se le esigenze e i benefici derivanti dall'uso cor-
rente non siano raggiungibili con altri mezzi che non comportino costi sproporzionati.
Un costo è considerato sproporzionato qualora:
1. i costi stimati superano i benefici e il margine tra i costi e i benefici è apprezzabile e ha un elevato grado di attendibilità;
2. non vi è sostenibilità socioeconomica.
Per ulteriori dettagli relativi al livello 2 si rimanda alla "Guidance Document n. 4: identification and designation of heavily modified and artificial water bo-
dies" e alla "Guidance document n.1: economics and the environment. The implementation challenge of the Water Framework Directive", elaborate nell'am-
bito dei documenti predisposti per l'attuazione della direttiva 2000/60/CE, consultabili nel sito WEB del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare.

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SEZIONE C: METODOLOGIA PER L'ANALISI DELLE PRESSIONI E DEGLI IMPATTI (1955)


C.1 Finalità e approccio
Le Regioni, ai sensi degli articoli 118 e 120 del presente decreto legislativo, devono condurre l'analisi delle pressioni e degli impatti sui corpi idrici.
Al fine di mettere in atto adeguate misure di ripristino e di tutela dei corpi idrici, è necessario che per ciascun corpo idrico venga sviluppata, in relazione an-
che al bacino idrografico di appartenenza, una corretta e dettagliata conoscenza:
1. delle attività antropiche;
2. delle pressioni che le suddette attività provocano ossia le azioni dell'attività antropica sui corpi idrici (scarichi di reflui, modificazioni morfologiche, prelievi
idrici, uso fitosanitari, surplus di fertilizzanti in agricoltura);
3. degli impatti, ovvero dell'effetto ambientale causato dalla pressione.
Attraverso l'attività conoscitiva è possibile effettuare una valutazione della vulnerabilità dello stato dei corpi idrici superficiali rispetto alle pressioni indivi-
duate. Sulla base delle informazioni sulle attività antropiche presenti nel bacino idrografico e dei dati di monitoraggio ambientale è possibile, infatti, perveni-
re ad una previsione circa la capacità di un corpo idrico di raggiungere o meno, nei tempi previsti dalla direttiva, gli obiettivi di qualità di cui all'articolo 76 e
gli obiettivi specifici previsti dalle leggi istitutive delle aree protette di cui all'allegato 9 del presente decreto legislativo. Nel caso di previsione di mancato
raggiungimento dei predetti obiettivi il corpo idrico viene definito «a rischio». Per facilitare tale valutazione le autorità competenti possono avvalersi di tec-
niche di modellizzazione.
Sulla base delle informazioni acquisite ai sensi della normativa pregressa, compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale e sulle pressioni, le Regioni,
sentite le Autorità di bacino competenti, identificano i corpi idrici «a rischio», « non a rischio» e «probabilmente a rischio».
C.2 Prima identificazione di corpi idrici a rischio
In attesa dell'attuazione definitiva di tutte le fasi che concorrono alla classificazione dei corpi idrici, inoltre le Regioni identificano come i corpi idrici a rischio,
i seguenti:
- Acque a specifica destinazione funzionale di cui al CAPO II del presente decreto legislativo (acque destinate alla produzione di acqua potabile, acque di bal-
neazione, acque dolci idonee alla vita dei pesci, acque destinate alla vita dei molluschi) non conformi agli specifici obiettivi di qualità;
- Aree sensibili ai sensi dell'art. 91 del presente decreto legislativo e secondo i criteri di cui all'allegato 6 al medesimo decreto (Direttiva 91/271/CEE);
- Corpi idrici ubicati in zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e da prodotti fitosanitari ai sensi degli articoli 92 e 93 del presente decreto legislativo e
individuate secondo i criteri di cui all'allegato 7 dello stesso decreto qualora, anche a seguito dell'attuazione dei programmi di controllo e d'azione predispo-
sti dalle Regioni, si ritenga improbabile il raggiungimento dell'obiettivo ambientale entro il 2015;
- Corpi idrici ubicati in aree contaminate, identificate come siti di bonifica, ai sensi della parte quarta titolo V del presente decreto legislativo;
- Corpi idrici che, sulla base delle caratteristiche di qualità emerse da monitoraggi pregressi, presentano gli indici di qualità e i parametri correlati alla attività
antropica che incide sul corpo idrico, non conformi con l'obiettivo di qualità da raggiungere entro il 2015 e per i quali, in relazione allo sviluppo atteso delle
pressioni antropiche e alle peculiarità e fragilità degli stessi corpi idrici e dei relativi ecosistemi acquatici, risulta improbabile il raggiungimento degli stessi
obiettivi entro il 2015.
Le regioni valutano l'opportunità di considerare a rischio anche i corpi idrici per i quali la particolarità e dimensione delle pressioni antropiche in essi inciden-
ti, le peculiarità e fragilità degli stessi corpi idrici e dei relativi ecosistemi acquatici, possono comportare un rischio per il mantenimento della condizione di
stato di qualità buono.
C.2.1 Classi di rischio dei corpi idrici - Prima identificazione di corpi idrici non a rischio e probabilmente a rischio
Sulla base delle informazioni acquisite ai sensi della normativa pregressa compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale, le Regioni, sentite le Autorità
di bacino competenti, identificano inoltre come «corpi idrici non a rischio» quelli sui quali non esistono attività antropiche o per i quali è provato, da specifi-
co controllo dei parametri di qualità correlati alle attività antropiche presenti, che queste non incidono sullo stato di qualità del corpo idrico. I corpi idrici, per
i quali non esistono dati sufficienti sulle attività antropiche e sulle pressioni o, qualora sia nota l'attività antropica ma non sia possibile una valutazione
dell'impatto provocato dall'attività stessa, per mancanza di un monitoraggio pregresso sui parametri ad essa correlati, sono provvisoriamente classificati
come «probabilmente a rischio».
A conclusione della prima analisi di rischio i corpi idrici sono pertanto distinti nelle seguenti classi di rischio:
- a rischio
- non a rischio
- probabilmente a rischio.
L'attribuzione di categorie di rischio ha lo scopo di individuare un criterio di priorità, basato sul rischio, attraverso il quale orientare i programmi di monito-
raggio.
C.2.2 Elenco dei corpi idrici a rischio
Le Regioni, sentite le Autorità di bacino, sulla base della prima identificazione di cui al paragrafo C.2, compilano gli elenchi dei corpi idrici a rischio indicando,
per ciascuno di essi, il bacino idrografico di appartenenza. Tali elenchi devono essere aggiornati sulla base dei risultati del monitoraggio periodico effettuato
anche ai sensi delle normative che istituiscono le aree protette (es. balneazione vita dei pesci ...), delle modifiche dell'uso del territorio e dell'aggiornamento
dell'analisi delle pressioni e degli impatti.
C.2.2.1 Per i corpi idrici che si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi di qualità ambientale è effettuata, ove opportuno, una caratterizzazione ulte-
riore per ottimizzare la progettazione dei programmi di monitoraggio di cui all'articolo 120 e dei programmi di misure prescritti all'articolo 116.
C.3 Aggiornamento dell'attività conoscitiva delle pressioni
Ai fini della validazione della classificazione di rischio dei corpi idrici è necessario aggiornare il rilevamento dell'impatto causato dalla attività antropica pre-
sente nei vari bacini idrografici che influenzano o possono influenzare le risorse idriche. Nell'effettuare tale ricognizione devono essere identificate le pres-
sioni antropiche significative, dove per significative devono intendersi quelle che possono produrre un «inquinamento significativo», che determina un ri-
schio per il raggiungimento degli obiettivi, nelle seguenti categorie:
1) stima e individuazione dell'inquinamento da fonte puntuale, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze inquinanti di cui all'allegato VIlI del pre-
sente decreto legislativo, provenienti da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, informazioni acquisite anche a norma delle direttive di
seguito riportate:
a. 91/271/CEE (Trattamento delle acque reflue urbane);
b. 96/61/CE e s.m. (Prevenzione integrata dell'inquinamento);
e, ai fini del primo piano di gestione del bacino idrografico:
c. 76/464/CEE (Sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico);
d. Decisione 2455/2001/CE del 20 novembre 2001 (Elenco di sostanze prioritarie in materia di acque);

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e. 75/440/CEE (Acque potabili), 76/160/CEE e s.m. (Acque di balneazione), 78/659/CEE (Acque idonee alla vita dei pesci) e 79/923/CEE e s.m. (Acque desti-
nate alla molluschicoltura);
2) stima e individuazione dell'inquinamento da fonte diffusa, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze inquinanti proveniente da attività e impianti
urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, tra l'altro in base alle informazioni raccolte a norma delle direttive di seguito riportate:
a. 91/676/CEE (Inquinamento provocato da nitrati di origine agricola);
b. 91/414/CEE (Immissione in commercio di prodotti fitosanitari);
c. 98/8/CE (Immissione sul mercato dei biocidi);
e, ai fini del primo piano di gestione del bacino idrografico:
d. 76/464/CEE;
e. Decisione 2455/2001/CE del 20 novembre 2001 (Elenco di sostanze prioritarie in materia di acque);
f. 75/440/CEE, 2006/7/CE, 78/659/CEE e 79/923/CEE;
3) stima e individuazione delle estrazioni di acqua per usi urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, comprese le variazioni stagionali, la domanda annua
complessiva e le perdite dai sistemi di distribuzione;
4) stima e individuazione dell'impatto delle regolazioni del flusso idrico, compresi trasferimenti e deviazioni delle acque, sulle caratteristiche complessive del
flusso e sugli equilibri idrici;
5) individuazione delle alterazioni morfologiche dei corpi idrici;
6) stima e individuazione di altri impatti antropici sullo stato delle acque superficiali;
7) analisi dell'uso del suolo che comprenda l'individuazione delle principali aree urbane, industriali e agricole, nonché - ove pertinente - delle zone di pesca e
delle foreste.
C.4 Relazione tra analisi di rischio e monitoraggio
L'analisi di rischio effettuata sulla base di quanto riportato nei precedenti paragrafi è confermata, entro il 2008, sulla base dei risultati ottenuti con il primo
monitoraggio di sorveglianza e deve essere stabilito l'elenco finale dei corpi idrici «a rischio» e «non a rischio».
Pertanto i corpi idrici indicati inizialmente come probabilmente a rischio sono attribuiti ad una delle due classi sopra riportate.
1.1.1 - FISSAZIONE DELLE CONDIZIONI DI RIFERIMENTO TIPO-SPECIFICHE PER I CORPI IDRICI SUPERFICIALI
D.1. Premessa
Per ciascun tipo di corpo idrico superficiale, individuato in base a quanto riportato nella precedente sezione A al presente punto, sono definite:
a) le condizioni idromorfologiche e fisico-chimiche tipo-specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità idromorfologica e fisico-chimica che
l'Allegato 1, punto A.1 alla parte terza del presente decreto legislativo, stabilisce per tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale
definito nella pertinente tabella dell'Allegato 1, punto A.2;
b) le condizioni biologiche di riferimento tipo-specifiche che rappresentano i valori degli elementi di qualità biologica che l'Allegato 1, punto A.1 specifica per
tale tipo di corpo idrico superficiale in stato ecologico elevato, quale definito nella pertinente tabella dell'Allegato 1, punto A.2.
Nell'applicare le procedure previste nella presente sezione ai corpi idrici superficiali fortemente modificati o corpi idrici artificiali, i riferimenti allo stato eco-
logico elevato sono considerati riferimenti al potenziale ecologico massimo definito nell'Allegato 1, tabella A.2.5. I valori relativi al potenziale ecologico mas-
simo per un corpo idrico sono riveduti ogni sei anni.
D.2. Funzione delle condizioni di riferimento:
Le condizioni di riferimento:
• rappresentano uno stato corrispondente a pressioni molto basse senza gli effetti dell'industrializzazione di massa, dell'urbanizzazione e dell'agricoltura
intensiva e con modificazioni molto lievi degli elementi di qualità biologica, idro-morfologica e chimicofisica;
• sono stabilite per ogni tipo individuato all'interno delle categorie di acque superficiali, esse sono pertanto tipo-specifiche;
• non coincidono necessariamente con le condizioni originarie indisturbate e possono includere disturbi molto lievi, cioè la presenza di pressioni antropiche
è ammessa purché non siano rilevabili alterazioni a carico degli elementi di qualità o queste risultino molto lievi;
• consentono di derivare i valori degli elementi di qualità biologica necessari per la classificazione dello stato ecologico del corpo idrico;
• vengono espresse come intervallo di valori, in modo tale da rappresentare la variabilità naturale degli ecosistemi.
D.2.1. Condizioni di riferimento e Rapporto di Qualità Ecologica (RQE)
L'individuazione delle condizioni di riferimento consente di calcolare, sulla base dei risultati del monitoraggio biologico per ciascun elemento di qualità, il
«rapporto di qualità ecologica» (RQE). L'RQE viene espresso come un valore numerico che varia tra 0 e 1, dove lo stato elevato è rappresentato dai valori
vicino ad 1, mentre lo stato pessimo è rappresentato da valori numerici vicino allo 0.
L'RQE mette in relazione i valori dei parametri biologici osservati in un dato corpo idrico e il valore per quegli stessi parametri riferiti alle condizioni di riferi-
mento applicabili al corrispondente tipo di corpo idrico e serve a quantificare lo scostamento dei valori degli elementi di qualità biologica, osservati in un
dato sito, dalle condizioni biologiche di riferimento applicabili al corrispondente tipo di corpo idrico. L'entità di tale scostamento concorre ad effettuare la
classificazione dello stato ecologico di un corpo idrico secondo lo schema a 5 classi di cui Allegato 1 punto A2 del presente decreto legislativo.
D.3. Metodi per stabilire le condizioni di riferimento
I principali metodi per la definizione delle condizioni di riferimento sono:
• Metodo spaziale, basato sull'uso dei dati provenienti da siti di monitoraggio;
• Metodo teorico basato su modelli statistici, deterministici o empirici di previsione dello stato delle condizioni naturali indisturbate;
• Metodo temporale, basato sull'utilizzazione di dati di serie storiche o paleoricostruzione o una combinazione di entrambi;
• Una combinazione dei precedenti approcci;
Tra i metodi citati è utilizzato prioritariamente quello spaziale. Qualora tale approccio non risulti applicabile si ricorre agli altri metodi elencati. Può essere
inoltre utilizzato un metodo basato sul giudizio degli esperti solo nel caso in cui sia comprovata l'impossibilità dell'applicazione dei metodi sopra riportati.
D.3.1 Metodo spaziale
Il metodo spaziale si basa sui dati di monitoraggio qualora siano disponibili siti, indisturbati o solo lievemente disturbati, idonei a delineare le «condizioni di
riferimento» e pertanto identificati come «siti di riferimento». I siti di riferimento sono individuati attraverso l'applicazione dei criteri di selezione basati
sull'analisi delle pressioni esistenti e dalla successiva validazione biologica. Possono essere individuati siti diversi per ogni elemento di qualità biologica. Per
l'individuazione dei siti si fa riferimento alle metodologie riportate nei manuali ISPRA, per le acque marino-costiere e di transizione, e CNR-IRSA , per i corsi
d'acqua e le acque lacustri.
D.4. Processo per la determinazione delle Condizioni di Riferimento

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Le Regioni, sentite le Autorità di bacino, all'interno del proprio territorio, individuano, per ciascuna categoria e tipo di corpo idrico, i potenziali siti di riferi-
mento sulla base dei dati e delle conoscenze relative al proprio territorio in applicazione delle metodologie richiamate al punto D.3 e provvedono a inviare le
relative informazioni al MATTM.
Le condizioni di cui alle lettere a) e b) del precedente punto D.1, tenendo conto dei siti di riferimento e dei relativi dati comunicati dalle Regioni, sono stabili-
te con decreto del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, da emanarsi ai sensi dell'art. 75, comma 3, del presente decreto legislati-
vo.
Se non risulta possibile stabilire, per un elemento qualitativo in un determinato tipo di corpo idrico superficiale, condizioni di riferimento tipo-specifiche at-
tendibili a causa della grande variabilità naturale cui l'elemento è soggetto (non soltanto in conseguenza delle variazioni stagionali) detto elemento può es-
sere escluso dalla valutazione dello stato ecologico per tale tipo di acque superficiali. In questo caso i motivi dell'esclusione sono specificati nel piano di ge-
stione del bacino idrografico.
Un numero sufficiente di siti in condizioni di riferimento, per ogni tipo individuato, nelle varie categorie di corpi idrici, sono identificati, dal MATTM con il
supporto dell'ISPRA e degli altri istituti scientifici, per la costituzione di una rete di controllo, che costituisce parte integrante della rete nucleo di cui al punto
A.3.2.4. dell'Allegato 1 al presente decreto legislativo, per lo studio della variazioni, nel tempo, dei valori delle condizioni di riferimento per i diversi tipi.
Le condizioni di riferimento sono aggiornate qualora si presentano variazioni per cause naturali nei siti di riferimento. (1957)
1.1.2 Individuazione delle pressioni (1953)
[Le regioni raccolgono e tengono aggiornate informazioni sul tipo e la grandezza delle pressioni antropiche significative cui i corpi idrici superficiali di ciascun
distretto idrografico rischiano di essere sottoposti, in particolare quanto segue:
- Stima e individuazione dell'inquinamento significativo da fonte puntuale, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze elencate nell'allegato 8, prove-
niente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, da effettuare in primo luogo sulla base del catasto degli scarichi, se questo è aggiornato
almeno al 1996. In mancanza di tali dati (o in presenza solo di informazioni anteriori al 1996) si dovranno utilizzare stime fatte sulla base di altre informazioni
e di indici di tipo statistico (esempio: dati camere di commercio relativi agli insediamenti, agli addetti per codice NACE e indici di emissione per codice NACE).
- Stima e individuazione dell'inquinamento significativo da fonte diffusa, in particolare l'inquinamento dovuto alle sostanze elencate nell'allegato 8, prove-
niente da attività e impianti urbani, industriali, agricoli e di altro tipo.
- Stima e individuazione delle estrazioni significative di acqua (nel caso di acque dolci) per usi urbani, industriali, agricoli e di altro tipo, comprese le variazioni
stagionali, la domanda annua complessiva e le perdite dai sistemi di distribuzione (in mancanza di misure saranno usate stime effettuate in base a parametri
statistici).
- Stima e individuazione dell'impatto delle regolazioni significative del flusso idrico, compresi trasferimenti e deviazioni delle acque, sulle caratteristiche
complessive del flusso e sugli equilibri idrici.
- Individuazione delle alterazioni morfologiche significative dei corpi idrici.
- Stima e individuazione di altri impatti antropici significativi sullo stato delle acque superficiali.
- Stima dei modelli di utilizzazione del suolo, compresa l'individuazione delle principali aree urbane, industriali e agricole, nonché - ove pertinente - delle zo-
ne di pesca e delle foreste.]
1.1.3 [Valutazione dell'impatto (1953)
Le regioni effettuano una valutazione della vulnerabilità dello stato dei corpi idrici superficiali rispetto alle pressioni individuate secondo il punto 1.1.2 del
presente allegato.
Le regioni si servono delle informazioni raccolte, e di qualsiasi altra informazione pertinente, compresi i dati esistenti sul monitoraggio ambientale, per valu-
tare l'eventualità che i corpi idrici superficiali del bacino idrografico del territorio di competenza non riescano a conseguire gli obiettivi di qualità ambientale
per i corpi idrici. Per facilitare tale valutazione, gli Stati membri possono ricorrere a tecniche di modellizzazione.
Per i corpi che si reputa rischino di non conseguire gli obiettivi di qualità ambientale è effettuata, ove opportuno, una caratterizzazione ulteriore per ottimiz-
zare la progettazione dei programmi di monitoraggio e dei programmi di misure.]
1.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI CORPI IDRICI
Per ciascun corpo idrico è predisposta una scheda informatizzata che contenga: i dati derivati dalle attività di cui alle sezioni A, B e C, del punto 1.1 del pre-
sente allegato; i dati derivanti dalle azioni di monitoraggio e classificazione di cui all'allegato 1 del presente decreto legislativo. (1954)
2 ACQUE SOTTERRANEE
2.1 ACQUISIZIONE DELLE CONOSCENZE DISPONIBILI (1956)
La fase conoscitiva ha come scopo principale la caratterizzazione qualitativa degli acquiferi. Deve avere come risultato:
- definire lo stato attuale delle conoscenze relative agli aspetti quantitativi e qualitativi delle acque sotterranee,
- costituire una banca dati informatizzata dei dati idrogeologici e idrochimici,
- localizzare i punti d'acqua sotterranea potenzialmente disponibili per le misure,
- ricostruire il modello idrogeologico, con particolare riferimento ai rapporti di eventuale intercomunicazione tra i diversi acquiferi e tra le acque superficiali
e le acque sotterranee.
Le informazioni da raccogliere devono essere relative ai seguenti elementi:
- studi precedentemente condotti (idrogeologici, geotecnici, geofisici, geomorfologici, ecc) con relativi eventuali elaborati cartografici (carte geologiche, se-
zioni idrogeologiche, piezometrie, carte idrochimiche, ecc),
- dati relativi ai pozzi e piezometri, quali: ubicazione, stratigrafie, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attività (attivo, in disuso, cementato),
- dati relativi alle sorgenti quali: ubicazione, portata, utilizzatore (pubblico o privato), stato di attività (attiva, in disuso, ecc.),
- dati relativi ai valori piezometrici,
- dati relativi al regime delle portate delle sorgenti,
- dati esistenti riguardanti accertamenti analitici sulla qualità delle acque relative a sorgenti, pozzi e piezometri esistenti,
- reticoli di monitoraggio esistenti delle acque sotterranee.
Devono essere inoltre considerati tutti quegli elementi addizionali suggeriti dalle condizioni locali di insediamento antropico o da particolari situazioni geolo-
giche e geochimiche, nonché della vulnerabilità e rischio della risorsa. Dovranno inoltre essere valutate, se esistenti, le indagini relative alle biocenosi degli
ambienti sotterranei.
Le azioni conoscitive devono essere accompagnate da tutte quelle iniziative necessarie ad acquisire tutte le informazioni e le documentazioni in materia pre-
senti presso gli enti che ne dispongono, i quali ne dovranno garantire l'accesso.
Sulla base delle informazione raccolte, delle conoscenze a scala generale e degli studi precedenti, verrà ricostruita la geometria dei principali corpi acquiferi

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presenti evidenziando la reciproca eventuale intercomunicazione compresa quella con le acque superficiali, la parametrizzazione (laddove disponibile) e le
caratteristiche idrochimiche, e dove presenti, quelle biologiche.
La caratterizzazione degli acquiferi sarà revisionata sulla base dei risultati della gestione della rete di monitoraggio effettuato in base alle indicazioni riporta-
te all'allegato 1.
La ricostruzione idrogeologica preliminare dovrà quindi permettere la formulazione di un primo modello concettuale, intendendo con questo termine una
schematizzazione idrogeologica semplificata del sottosuolo e una prima parametrizzazione degli acquiferi. In pratica devono essere qui riassunte le proprietà
geologiche, le caratteristiche idrogeologiche del sistema, con particolare riferimento ai meccanismi di ricarica degli acquiferi ed ai rapporti tra le falde, i rap-
porti esistenti tra acque superficiali e acque sotterranee, nonché alle caratteristiche qualitative delle acque sotterranee.
I dati così raccolti dovranno avere un dettaglio rappresentabile significativamente almeno alla scala 1:100.000.
2.2 ARCHIVIO ANAGRAFICO DEI PUNTI D 'ACQUA
Deve essere istituito un catasto anagrafico debitamente codificato al fine di disporre di un data-base aggiornato dei punti d'acqua esistenti (pozzi, piezome-
tri, sorgenti e altre emergenze della falda come fontanili, ecc.) e dei nuovi punti realizzati. A ciascun punto d'acqua dovrà essere assegnato un numero di
codice univoco stabilito in base alle modalità di codifica che saranno indicate con decreto.
Per quanto riguarda le sorgenti andranno codificate tutte quelle utilizzate e comunque quelle che presentano una portata media superiore a 10 L/s e quelle
di particolare interesse ambientale.
Per le nuove opere è fatto obbligo all'Ente competente di verificare all'atto della domanda di ricerca e sfruttamento della risorsa idrica sotterranea, l'avvenu-
ta assegnazione del codice.
In assenza di tale codice i rapporti di prova relativi alla qualità delle acque, non potranno essere accettati dalla Pubblica Amministrazione.
Inoltre per ciascun punto d'acqua dovrà essere predisposta una scheda informatizzata che contenga i dati relativi alle caratteristiche geografiche, anagrafi-
che, idrogeologiche, strutturali, idrauliche e funzionali derivate dalle analisi conoscitive di cui al punto 1.
Le schede relative ai singoli punti d'acqua, assieme alle analisi conoscitive di cui al punto 1 ed a quelle che potranno essere raccolte per ciascun punto d'ac-
qua dovranno contenere poi le informazioni relative a:
a) le caratteristiche chimico fisiche dei singoli complessi idrogeologici e del loro grado di sfruttamento, utilizzando i dati a vario titolo in possesso dei vari Enti
(analisi chimiche effettuate dai laboratori pubblici, autodenunce del sollevato etc.) nonché stime delle direzioni e delle velocità di scambio dell'acqua fra il
corpo idrico sotterraneo ed i sistemi superficiali connessi.
b) l'impatto esercitato dalle attività umane sullo stato delle acque sotterranee all'interno di ciascun complesso idrogeologico.
Tale esame dovrà riguardare i seguenti aspetti:
1. stima dell'inquinamento da fonte puntuale (così come indicato al punto relativo alle acque superficiali)
2. stima dell'inquinamento da fonte diffusa
3. dati derivanti dalle misure relative all'estrazione delle acque
4. stima del ravvenamento artificiale
5. analisi delle altre incidenze antropiche sullo stato delle acque.
2.3 RIESAME DEGLI IMPATTI
2.3.1 Riesame dell'impatto delle attività umane sulle acque sotterranee
Quanto ai corpi idrici sotterranei che ricadono sotto due o più ambiti territoriali di competenza, o che, in base alle informazioni di cui al punto 2.1, si reputa
rischino di non conseguire gli obiettivi fissati per ciascun corpo, se del caso, per ciascuno di tali corpi idrici sotterranei si raccolgono e si tengono aggiornate
le seguenti informazioni:
a) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo usati per l'estrazione di acqua, con l'eccezione:
- dei punti di estrazione che forniscono, in media, meno di 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone, e
- dei punti di estrazione di acqua destinata al consumo umano che forniscono, in media, meno di 10 m3 al giorno o servono più di 50 persone;
b) medie annue di estrazione da tali punti;
c) composizione chimica dell'acqua estratta dal corpo idrico sotterraneo;
d) ubicazione dei punti del corpo idrico sotterraneo in cui l'acqua è direttamente scaricata;
e) tasso di scarico in tali punti;
f) composizione chimica degli scarichi nel corpo idrico sotterraneo;
g) utilizzazione del suolo nel bacino o nei bacini idrografici da cui il corpo idrico sotterraneo si ravvena, comprese le immissioni di inquinanti e le alterazioni
antropiche delle caratteristiche di ravvenamento, quali deviazione di acque meteoriche e di dilavamento mediante riempimento del suolo, ravvenamento
artificiale, sbarramento o drenaggio.
2.3.2 Riesame dell'impatto delle variazioni dei livelli delle acque sotterranee
Le regioni individuano inoltre i corpi idrici sotterranei per cui devono essere fissati obiettivi meno rigorosi, anche prendendo in considerazione gli effetti del-
lo stato del corpo:
i) sulle acque superficiali e gli ecosistemi terrestri connessi,
ii) sulla regolazione delle acque, la protezione dalle inondazioni e il drenaggio dei terreni,
iii) sullo sviluppo umano.
2.3.3 Riesame dell'impatto dell'inquinamento sulla qualità delle acque sotterranee
Le regioni identificano i corpi idrici sotterranei per i quali devono essere specificati obiettivi meno rigorosi, laddove in conseguenza dell'attività umana, il
corpo idrico sotterraneo sia talmente inquinato da rendere impraticabile oppure sproporzionatamente dispendioso ottenere un buono stato chimico delle
acque sotterranee.
3 MODALITÀ DI ELABORAZIONE, GESTIONE E DIFFUSIONE DEI DATI
Le Regioni organizzeranno un proprio Centro di Documentazione che curerà l'accatastamento dei dati e la relativa elaborazione, gestione e diffusione.
Tali dati sono organizzati secondo i criteri stabiliti con decreto e devono periodicamente essere aggiornati con i dati prodotti dal monitoraggio secondo le
indicazioni di cui all'allegato 1.
Le misure quantitative e qualitative dovranno essere organizzate secondo quanto previsto nel decreto attuativo relativo alla standardizzazione dei dati. A tali
modalità si dovranno anche attenere i soggetti tenuti a predisporre i protocolli di garanzia e di qualità.
L'interpretazione dei dati relativi alle acque sotterranee in un acquifero potrà essere espressa in forma sintetica mediante: tabelle, grafici, diagrammi, serie
temporali, cartografie tematiche, elaborazioni statistiche, ecc.

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Il Centro di documentazione annualmente curerà la redazione di un rapporto sull'evoluzione quali-quantitativa dei complessi idrogeologici monitorati e ren-
derà disponibili tutti i dati e le elaborazioni effettuate, a tutti gli interessati.
Compito del Centro di documentazione sarà inoltre la redazione di carte di sintesi delle aree su cui esiste un vincolo riferito alle acque sotterranee, carte di
vulnerabilità e rischio delle acque sotterranee.
Una volta ultimata la presentazione finale dei documenti e degli elaborati grafici ed informatizzati del prodotto, saranno individuati i canali più idonei alla
sua diffusione anche mediante rapporti di sintesi e seminari, a tale scopo verrà predisposto un piano contenente modalità e tempi dell'attività di diffusione.
Allo scopo dovrà essere prevista da parte del Centro di documentazione la disponibilità degli stessi tramite sistemi geografici informatizzati (GIS) disponibili
su reti multimediali.
La scala delle elaborazioni cartografiche dovrà essere di almeno 1:100.000 salvo necessità di superiore dettaglio.

(1948) L'applicazione di tale distinzione nella zona di separazione tra le due Regioni va fatta considerando il profilo amministrativo regionale piuttosto che
quello geografico. Le successive valutazioni dello stato ecologico potranno fornire una conferma o meno della correttezza delle attribuzioni fatte.
(1949) Il parametro di densità più usato in oceanografia è la cosiddetta «sigma-t», cioè la densità sigma ridotta alla pressione atmosferica: Ãt = (Á(p=1, T, S)-
1) * 103.
(1950) Il picnoclino indica la profondità z a cui corrisponde la massima variazione di densità.
(1951) Si fa comunque presente che la necessità di suddividere i laghi sulla base di caratteristiche fisiche naturali risulta essere molto rara sul territorio na-
zionale.
(1952) Titolo così sostituito dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131.
(1953) Punto abrogato dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131.
(1954) Punto così modificato dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131.
(1955) Sezione inserita dall'art. 1, D.M. 16 giugno 2008, n. 131.
(1956) Per le modifiche del presente punto, vedi l'Allegato 1, Parte B , D.Lgs. 16 marzo 2009, n. 30, così come stabilito dall'art. 9, comma 1, lett. d) del mede-
simo D.Lgs. 30/2009.
(1957) Punto così sostituito dall'art. 2, comma 1, D.M. 14 aprile 2009, n. 56.
(1958) Per le successive modifiche al presente allegato, vedi l'art. 24, comma 1, lett. m) ed n), L. 6 agosto 2013, n. 97.
(1959) Punto inserito dall'art. 1, comma 1, D.M. 27 novembre 2013, n. 156.
Allegati alla Parte Terza
Allegato 4 - Contenuti dei piani
In vigore dal 29 aprile 2006

Parte A. Piani di gestione dei bacini idrografici


A. I piani di gestione dei bacini idrografici comprendono i seguenti elementi.
1. Descrizione generale delle caratteristiche del distretto idrografico, a norma dell'allegato 3. Essa include:
1.1. Per le acque superficiali:
- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici,
- rappresentazione cartografica delle ecoregioni e dei tipi di corpo idrico superficiale presenti nel bacino idrografico,
- segnalazione delle condizioni di riferimento per i tipi di corpo idrico superficiale.
1.2. Per le acque sotterranee:
- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici sotterranei.
2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dalle attività umane sullo stato delle acque superficiali e sotterranee, comprese:
- stime sull'inquinamento da fonti puntuali,
- stime sull'inquinamento da fonti diffuse, con sintesi delle utilizzazioni del suolo,
- stime delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque, estrazioni comprese,
- analisi degli altri impatti antropici sullo stato delle acque.
3. Specificazione e rappresentazione cartografica delle aree protette, come prescritto dall'articolo 117 e dall'allegato 9 alla parte terza del presente decreto.
4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai fini dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto e rappresentazione cartografica dei risultati dei pro-
grammi di monitoraggio effettuati a norma di dette disposizioni per verificare lo stato delle:
4.1. acque superficiali (stato ecologico e chimico);
4.2. acque sotterranee (stato chimico e quantitativo);
4.3. aree protette.
5. Elenco degli obiettivi ambientali fissati per acque superficiali, acque sotterranee e aree protette, compresa in particolare la specificazione dei casi in cui è
stato fatto ricorso all'articolo 77, comma 6,7,8,10 e alle informazioni connesse imposte da detto articolo.
6. Sintesi dell'analisi economica sull'utilizzo idrico prescritta dall'allegato 10 alla parte terza del presente decreto.
7. Sintesi del programma o programmi di misure adottati, compresi i conseguenti modi in cui realizzare gli obiettivi.
7.1. Sintesi delle misure necessarie per attuare la normativa comunitaria sulla protezione delle acque.
7.2. Relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate in applicazione del principio del recupero dei costi dell'utilizzo idrico.
7.3. Sintesi delle misure adottate per soddisfare i requisiti previsti.
7.4. Sintesi dei controlli sull'estrazione e l'arginamento delle acque, con rimando ai registri e specificazione dei casi in cui sono state concesse esenzioni.
7.5. Sintesi dei controlli decisi per gli scarichi in fonti puntuali e per altre attività che producono un impatto sullo stato delle acque.
7.6. Specificazione dei casi in cui sono stati autorizzati scarichi diretti nelle acque sotterranee.
7.7. Sintesi delle misure adottate sulle sostanze prioritarie.
7.8. Sintesi delle misure adottate per prevenire o ridurre l'impatto degli episodi di inquinamento accidentale.
7.9. Sintesi delle misure adottate per i corpi idrici per i quali il raggiungimento degli obiettivi enunciati è improbabile,
7.10. Particolari delle misure supplementari ritenute necessarie per il conseguimento degli obiettivi ambientali fissati.

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7.11. Particolari delle misure adottate per scongiurare un aumento dell'inquinamento delle acque marine.
8. Repertorio di eventuali programmi o piani di gestione più dettagliati adottati per il distretto idrografico e relativi a determinati sottobacini, settori, temati-
che o tipi di acque, corredato di una sintesi del contenuto.
9. Sintesi delle misure adottate in materia di informazione e consultazione pubblica, con relativi risultati e eventuali conseguenti modifiche del piano.
10. Elenco delle autorità competenti all'interno di ciascun distretto.
11. Referenti e procedure per ottenere la documentazione e le informazioni di base, in particolare dettagli sulle misure di controllo adottate e sugli effettivi
dati del monitoraggio raccolti a norma dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto.
B. Il primo e i successivi aggiornamenti del piano di gestione del bacino idrografico comprendono anche quanto segue:
1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti alla versione precedente del piano di gestione, compresa una sintesi delle revisioni da effettuare;
2. valutazione dei progressi registrati per il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio relativi
al periodo coperto dal piano precedente, e motivazione per l'eventuale mancato raggiungimento degli stessi;
3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella versione precedente del piano di gestione e non realizzate;
4. sintesi di eventuali misure supplementari temporanee adottate, successivamente alla pubblicazione della versione precedente del piano di gestione del
bacino idrografico.
Parte B. Piani di tutela delle acque
a) I Piani di tutela delle acque devono contenere:
1. Descrizione generale delle caratteristiche del bacino idrografico ai sensi dell'allegato 3. Tale descrizione include:
1.1 Per le acque superficiali:
- rappresentazione cartografica dell'ubicazione e del perimetro dei corpi idrici con indicazione degli ecotipi presenti all'interno del bacino idrografico e dei
corpi idrici di riferimento così come indicato all'allegato 1, come modificato dall'Allegato 8 alla parte terza del presente decreto.
1.2 Per le acque sotterranee:
- rappresentazione cartografica della geometria e delle caratteristiche litostratografiche e idrogeologiche delle singole zone
- suddivisione del territorio in zone acquifere omogenee.
2. Sintesi delle pressioni e degli impatti significativi esercitati dall'attività antropica sullo stato delle acque superficiali e sotterranee. Vanno presi in conside-
razione:
- stima dell'inquinamento in termini di carico ( sia in tonnellate / anno che in tonnellate / mese) da fonte puntuale (sulla base del catasto degli scarichi),
- stima dell'impatto da fonte diffusa, in termine di carico, con sintesi delle utilizzazioni del suolo,
- stima delle pressioni sullo stato quantitativo delle acque, derivanti dalle concessioni e dalle estrazioni esistenti,
- analisi di altri impatti derivanti dall'attività umana sullo stato delle acque.
3. Elenco e rappresentazione cartografica delle aree indicate al Titolo III, capo I, in particolare per quanto riguarda le aree sensibili e le zone vulnerabili così
come risultano dalla eventuale reidentificazione fatta dalle Regioni.
4. Mappa delle reti di monitoraggio istituite ai sensi dell'articolo 120 e dell'allegato 1 alla parte terza del presente decreto ed una rappresentazione in forma-
to cartografico dei risultati dei programmi di monitoraggio effettuati in conformità a tali disposizioni per lo stato delle:
4.1 acque superficiali (stato ecologico e chimico)
4.2 acque sotterranee (stato chimico e quantitativo)
4.3 aree a specifica tutela
5. Elenco degli obiettivi definiti dalle autorità di bacino e degli obiettivi di qualità definiti per le acque superficiali, le acque sotterranee, includendo in parti-
colare l'identificazione dei casi dove si è ricorso alle disposizioni dell'articolo 77, commi 4 e 5 e le associate informazioni richieste in conformità al suddetto
articolo.
6. Sintesi del programma o programmi di misure adottati che deve contenere:
6.1 programmi di misure per il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientale dei corpi idrici
6.2 specifici programmi di tutela e miglioramento previsti ai fini del raggiungimento dei singoli obiettivi di qualità per le acque a specifica destinazione di cui
al titolo II capo II
6.3 misure adottate ai sensi del Titolo III capo I
6.4 misure adottate ai sensi del titolo III capo II, in particolare :
- sintesi della pianificazione del bilancio idrico
- misure di risparmio e riutilizzo
6.5 misure adottate ai sensi titolo III del capo III, in particolare:
- disciplina degli scarichi
- definizione delle misure per la riduzione dell'inquinamento degli scarichi da fonte puntuale
- specificazione dei casi particolari in cui sono stati autorizzati scarichi
6.6 informazioni su misure supplementari ritenute necessarie al fine di soddisfare gli obiettivi ambientali definiti
6.7 informazioni delle misure intraprese al fine di evitare l'aumento dell'inquinamento delle acque marine in conformità alle convenzioni internazionali
6.8 relazione sulle iniziative e misure pratiche adottate per l'applicazione del principio del recupero dei costi dei servizi idrici e sintesi dei piani finanziari pre-
disposti ai sensi del presente decreto
7. Sintesi dei risultati dell'analisi economica, delle misure definite per la tutela dei corpi idrici e per il perseguimento degli obiettivi di qualità, anche allo sco-
po di una valutazione del rapporto costi benefici delle misure previste e delle azioni relative all'estrazione e distribuzione delle acque dolci, della raccolta e
depurazione e riutilizzo delle acque reflue.
8. Sintesi dell'analisi integrata dei diversi fattori che concorrono a determinare lo stato di qualità ambientale dei corpi idrici, al fine di coordinare le misure di
cui al punto 6.3 e 6.4 per assicurare il miglior rapporto costi benefici delle diverse misure in particolare vanno presi in considerazione quelli riguardanti la
situazione quantitativa del corpo idrico in relazione alle concessioni in atto e la situazione qualitativa in relazione al carico inquinante che viene immesso nel
corpo idrico.
9. relazione sugli eventuali ulteriori programmi o piani più dettagliati adottati per determinati sottobacini.
b) Il primo aggiornamento del Piano di tutela delle acque tutti i successivi aggiornamenti dovranno inoltre includere:
1. sintesi di eventuali modifiche o aggiornamenti della precedente versione del Piano di tutela delle acque, incluso una sintesi delle revisioni da effettuare

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

2. valutazione dei progressi effettuati verso il raggiungimento degli obiettivi ambientali, con la rappresentazione cartografica dei risultati del monitoraggio
per il periodo relativo al piano precedente, nonché la motivazione per il mancato raggiungimento degli obiettivi ambientali
3. sintesi e illustrazione delle misure previste nella precedente versione del Piano di gestione dei bacini idrografici non realizzate
4. sintesi di eventuali misure supplementari adottate successivamente alla data di pubblicazione della precedente versione del Piano di tutela del bacino
idrografico.

Allegati alla Parte Terza


Allegato 5 - Limiti di emissione degli scarichi idrici
In vigore dal 12 dicembre 2017

1. SCARICHI IN CORPI D'ACQUA SUPERFICIALI


1.1 ACQUE REFLUE URBANE
Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono conformarsi, secondo le cadenze temporali indicate, ai valori limiti defi-
niti dalle Regioni in funzione degli obiettivi di qualità e, nelle more della suddetta disciplina, alle leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore del pre-
sente decreto.
Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane:
- se esistenti devono conformarsi secondo le cadenze temporali indicate al medesimo articolo alle norme di emissione riportate nella tabella 1,
- se nuovi devono essere conformi alle medesime disposizioni dalla loro entrata in esercizio.
Gli scarichi provenienti da impianti di trattamento delle acque reflue urbane devono essere conformi alle norme di emissione riportate nelle tabelle 1 e 2.
Per i parametri azoto totale e fosforo totale le concentrazioni o le percentuali di riduzione del carico inquinante indicate devono essere raggiunti per uno od
entrambi i parametri a seconda della situazione locale.
Devono inoltre essere rispettati nel caso di fognature che convogliano anche scarichi di acque reflue industriali i valori limite di tabella 3 ovvero quelli stabili-
ti dalle Regioni.
Tabella 1. Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane

Potenzialità impianto in A.E. (abitanti equi- 2.000 - 10.000 >10.000


valenti)
Parametri (media giornaliera) (1) Concentrazione % di riduzione Concentrazione % di riduzione
BOD5 (senza nitrificazione) mg/L (2) ≤ 25 70-90 (5) ≤ 25 80
COD mg/L (3) ≤ 125 75 ≤ 125 75
Solidi Sospesi mg/L (4) ≤ 35 (5) 90 (5) ≤ (35) 90

(1) Le analisi sugli scarichi provenienti da lagunaggio o fitodepurazione devono essere effettuati su campioni filtrati, la concentrazione di solidi sospesi non
deve superare i 150 mg/L
(2) La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non filtrato, non decantato. Si esegue la determinazione dell'ossigeno disciolto anterior-
mente e posteriormente ad un periodo di incubazione di 5 giorni a 20 °C ± 1 °C, in completa oscurità, con aggiunta di inibitori di nitrificazione.
(3) La misurazione deve essere fatta su campione omogeneizzato non filtrato, non decantato con bicromato di potassio.
(4) La misurazione deve essere fatta mediante filtrazione di un campione rappresentativo attraverso membrana filtrante con porosità di 0,45 ¼m ed essica-
zione a 105 °C con conseguente calcolo del peso, oppure mediante centrifugazione per almeno 5 minuti (accelerazione media di 2800-3200 g), essiccazione a
105°C e calcolo del peso.
(5) la percentuale di riduzione del BOD5 non deve essere inferiore a 40. Per i solidi sospesi la concentrazione non deve superare i 70 mg/L e la percentuale di
abbattimento non deve essere inferiore al 70%.
Tabella 2. Limiti di emissione per gli impianti di acque reflue urbane recapitanti in aree sensibili. (1962)

Parametri (media annua) Carico generato dall'agglomerato in A.E.


10.000 - 100.000 > 100.000
Concentrazione % di riduzione Concentrazione % di riduzione
Fosforo totale (P mg/L) (1) ≤2 80 ≤1 80
Azoto totale (N mg/L) (2) (3) ≤ 15 70-80 ≤ 10 70-80

(1) Il metodo di riferimento per la misurazione è la spettrofotometria di assorbimento molecolare.


(2) Per azoto totale si intende la somma dell'azoto Kieldahl (N. organico + NH3) + azoto nitrico + azoto nitroso. Il metodo di riferimento per la misurazione è
la spettrofotometria di assorbimento molecolare.
(3) In alternativa al riferimento alla concentrazione media annua, purché si ottenga un analogo livello di protezione ambientale, si può fare riferimento alla
concentrazione media giornaliera che non può superare i 20 mg/L per ogni campione in cui la temperatura dell'effluente sia pari o superiore a 12 gradi cen-
tigradi. Il limite della concentrazione media giornaliera può essere applicato ad un tempo operativo limitato che tenga conto delle condizioni climatiche loca-
li.
Il punto di prelievo per i controlli deve essere sempre il medesimo e deve essere posto immediatamente a monte del punto di immissione nel corpo recetto-

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

re. Nel caso di controllo della percentuale di riduzione dell'inquinante, deve essere previsto un punto di prelievo anche all'entrata dell'impianto di tratta-
mento. Di tali esigenze si dovrà tener conto anche nella progettazione e modifica degli impianti, in modo da agevolare l'esecuzione delle attività di controllo.
Per il controllo della conformità dei limiti indicati nelle tabelle 1 e 2 e di altri limiti definiti in sede locale vanno considerati i campioni medi ponderati nell'ar-
co di 24 ore.
Per i parametri di tabella 1 il numero di campioni, ammessi su base annua, la cui media giornaliera può superare i limiti tabellari, è definito in rapporto al
numero di misure come da schema seguente.

campioni prelevati durante numero massimo consentito di campioni prelevati durante numero massimo consentito di
l'anno campioni non conformi l'anno campioni non conformi
4-7 1 172 - 187 14
8 - 16 2 188 - 203 15
17 - 28 3 204 - 219 16
29 - 40 4 220 - 235 17
41 - 53 5 236 - 251 18
54 - 67 6 251 - 268 19
68 - 81 7 269 - 284 20
82 - 95 8 285 - 300 21
96 - 110 9 301 - 317 22
111 - 125 10 318 - 334 23
126 - 140 11 335 - 350 24
141 - 155 12 351 - 365 25
156 - 171 13

In particolare si precisa che, per i parametri sotto indicati, i campioni che risultano non conformi, affinché lo scarico sia considerato in regola, non possono
comunque superare le concentrazioni riportate in tabella 1 oltre la percentuale sotto indicata:

BOD5: 100%
COD: 100%
Solidi Sospesi 150%

Il numero minimo annuo di campioni per i parametri di cui alle tabelle 1 e 2 è fissato in base alla dimensione dell'impianto di trattamento e va effettuato
dall'autorità competente ovvero dal gestore qualora garantisca un sistema di rilevamento e di trasmissione dati all'autorità di controllo, ritenuto idoneo da
quest'ultimo, con prelievi ad intervalli regolari nel corso dell'anno, in base allo schema seguente.

potenzialità impianto numero campioni


da 2000 a 9999 A.E.: 12 campioni il primo anno e 4 negli anni successivi, purché lo scarico sia
conforme; se uno dei 4 campioni non è conforme, nell'anno successivo de-
vono essere prelevati 12 campioni
da 10000 a 49999 A.E.: 12 campioni
oltre 50000 A.E.: 24 campioni

I gestori degli impianti devono inoltre assicurare un sufficiente numero di autocontrolli (almeno uguale a quello del precedente schema) sugli scarichi
dell'impianto di trattamento e sulle acque in entrata.
L'autorità competente per il controllo deve altresì verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 3. I para-
metri di tabella 3 che devono essere controllati sono solo quelli che le attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.

potenzialità impianto numero controlli


da 2000 a 9999 1 volta l'anno
da 10000 a 49.999 A.E. 3 volte l'anno
oltre 49.999 A.E. 6 volte l'anno

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Valori estremi per la qualità delle acque in questione non sono presi in considerazione se essi sono il risultato di situazioni eccezionali come quelle dovute a
piogge abbondanti.
I risultati delle analisi di autocontrollo effettuate dai gestori degli impianti devono essere messi a disposizione degli enti preposti al controllo. I risultati dei
controlli effettuati dall'autorità competente e di quelli effettuati a cura dei gestori devono essere archiviati su idoneo supporto informatico secondo le indi-
cazioni riportate nell'apposito decreto attuativo.
Ove le caratteristiche dei rifiuti da smaltire lo richiedano per assicurare il rispetto, da parte dell'impianto di trattamento di acque reflue urbane, dei valori
limite di emissione in relazione agli standard di qualità da conseguire o mantenere nei corpi recettori interessati dallo scarico dell'impianto, l'autorizzazione
prevede:
a) l'adozione di tecniche di pretrattamento idonee a garantire, all'ingresso dell'impianto di trattamento delle acque reflue, concentrazioni di inquinanti che
non compromettono l'efficienza depurativa dell'impianto stesso;
b) l'attuazione di un programma di caratterizzazione quali-quantitativa che, in relazione a quanto previsto alla precedente lettera a), consenta controlli si-
stematici in entrata e in uscita agli impianti di pretrattamento dei rifiuti liquidi e a quelli di depurazione delle acque reflue;
c) l'adozione di sistemi di stoccaggio dei rifiuti liquidi da trattare tale da evitare la miscelazione con i reflui che hanno già subito il trattamento finale;
d) standard gestionali adeguati del processo depurativo e specifici piani di controllo dell'efficienza depurativa;
e) l'adozione di un sistema di autocontrolli basato, per quanto concerne la frequenza e le modalità di campionamento, su criteri statistici o di tipo casuale,
comunque tali da rappresentare l'andamento nel tempo della/e reale/i concentrazione/i della/e sostanza/e da misurare analiticamente e da verificare, con
un coefficiente di confidenza di almeno il 90%, la conformità o meno dei livelli di emissione ai relativi limiti. I risultati degli autocontrolli sono tenuti a dispo-
sizione delle autorità competenti per i quattro anni successivi alla data di rilascio/rinnovo dell'autorizzazione;
f) controlli dell'idoneità o meno all'utilizzo in agricoltura dei fanghi biologici prodotti dall'impianto di trattamento delle acque reflue in relazione a quanto
disposto dal D.Lgs. 99/1992.
1.2 ACQUE REFLUE INDUSTRIALI.
1.2.1 Prescrizioni generali
Gli scarichi di acque reflue industriali in acque superficiali, devono essere conformi ai limiti di emissione indicati nella successiva tabella 3 o alle relative nor-
me disposte dalle Regioni.
I valori limite di emissione che gli scarichi interessati non devono superare sono espressi, in linea di massima, in concentrazione.
Tuttavia, le regioni, nell'esercizio della loro autonomia, in attuazione dei piani di tutela delle acque, tenendo conto dei carichi massimi ammissibili, delle mi-
gliori tecniche disponibili, definiscono i valori-limite di emissione, diversi da quelli di cui alla tabella 3 sia in concentrazione massima ammissibile sia in quan-
tità massima per unità di tempo.
In questo caso, i valori limite espressi in concentrazione devono essere coerenti, e comunque non possono essere superiori, con quelli in peso dell'elemento
caratteristico dell'attività ed il relativo fabbisogno d'acqua, parametro quest'ultimo che varia in funzione dei singoli processi e stabilimenti.
Nel caso di attività ricadenti nell'allegato I del D.Lgs. 18 febbraio 2005 n. 59 {i valori limite di emissione possono essere definiti, in alternativa, per unità di
prodotto in linea con quanto previsto con i BAT references comunitari e con le linee guida settoriali nazionali. (1960)
Anche in questa ipotesi i valori limite espressi in quantità devono essere coerenti con quelli espressi in concentrazione, tenuto conto del fabbisogno d'acqua,
parametro quest'ultimo che varia in funzione dei singoli processi e stabilimenti.
1.2.2 Determinazioni analitiche
Le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio preleva-
to nell'arco di tre ore. L'autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi
diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni
contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuità dello
stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc.).
1.2.3 Specifiche prescrizioni per gli scarichi contenenti sostanze pericolose
1. tenendo conto del carico massimo ammissibile, ove definito, della persistenza, bioaccumulabilità e della pericolosità delle sostanze, nonché della possibili-
tà di utilizzare le migliori tecniche disponibili, le Regioni stabiliscono opportuni limiti di emissione in massa nell'unità di tempo (kg/mese).
2. Per cicli produttivi specificati nella tabella 3/A devono essere rispettati i limiti di emissione in massa per unità di prodotto o di materia prima di cui alla
stessa tabella. Per gli stessi cicli produttivi valgono altresì i limiti di concentrazione indicati nelle tabella 3 allo scarico finale.
3. Tra i limiti di emissione in termini di massa per unità di prodotto, indicati nella tabella 3/A, e quelli stabiliti dalle Regioni in termini di massa nell'unità di
tempo valgono quelli più cautelativi.
4. Ove il piano di tutela delle acque lo preveda per il raggiungimento degli standard di cui all'allegato 1 del presente decreto, l'autorità competente può indi-
viduare conseguenti prescrizioni adeguatamente motivate all'atto del rilascio e/o del rinnovo delle autorizzazioni agli scarichi che contengono le sostanze di
cui all'allegato 5. Dette specifiche prescrizioni possono comportare:
a) l'adozione di misure tecniche, di progettazione, costruzione, esercizio o manutenzione dell'impianto in grado di assicurare il rispetto di valori limite di e-
missione più restrittivi di quelli fissati in tabella 3, fatto salvo il caso in cui sia accertato, attraverso campionamenti a monte ed a valle dell'area di impatto
dello scarico, che la presenza nello scarico stesso di una o più sostanze non origina dal ciclo produttivo dell'insediamento ovvero è naturalmente presente
nel corpo idrico. Il valore limite di emissione sarà fissato in rapporto con le priorità e le cadenze temporali degli interventi previsti nel piano di tutela delle
acque approvato dalla regione e, in particolare, con quanto previsto nello stesso piano per assicurare la qualità delle acque a specifica destinazione funziona-
le;
b) l'adozione di un sistema di autocontrolli basato, per quanto concerne la frequenza e le modalità di campionamento, su criteri statistici o di tipo casuale,
comunque tali da rappresentare l'andamento nel tempo della/e reale/i concentrazione/i della/e sostanza/e da misurare analiticamente e da verificare, con
un coefficiente di confidenza di almeno il 90%, la conformità o meno dei livelli di emissione ai relativi limiti. I risultati degli autocontrolli sono tenuti a dispo-
sizione delle autorità competenti per i quattro anni successivi alla data di rilascio/rinnovo dell'autorizzazione.
1. le acque di raffreddamento di impianti pre-esistenti possono essere convogliate verso il corpo idrico recettore tramite un unico scarico comune ad altre
acque di scarico, a condizione sia posto in essere un sistema di sorveglianza dello scarico che consenta la sistematica rilevazione e verifica dei limiti a monte
il punto di miscelazione.
2. I punti 4 e 5 non si applicano agli scarichi che provengono da attività commerciali caratterizzate da modesta significatività con riferimento ai quantitativi
annui di acque reflue complessivamente scaricate e che recapitano in pubblica fognatura.
2. SCARICHI SUL SUOLO
Nei casi previsti dall'articolo 103 comma 1 punto e), gli scarichi sul suolo devono rispettare i limiti previsti nella tabella 4.

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Il punto di prelievo per i controlli è immediatamente a monte del punto di scarico sul suolo. Per gli impianti di depurazione naturale (lagunaggio, fitodepura-
zione) il punto di scarico corrisponde è quello all'uscita dall'impianto.
Le determinazioni analitiche ai fini del controllo di conformità degli scarichi di acque reflue industriali sono di norma riferite ad un campione medio preleva-
to nell'arco di tre ore. L'autorità preposta al controllo può, con motivazione espressa nel verbale di campionamento, effettuare il campionamento su tempi
diversi al fine di ottenere il campione più adatto a rappresentare lo scarico qualora lo giustifichino particolari esigenze quali quelle derivanti dalle prescrizioni
contenute nell'autorizzazione dello scarico, dalle caratteristiche del ciclo tecnologico, dal tipo di scarico (in relazione alle caratteristiche di continuità dello
stesso), il tipo di accertamento (accertamento di routine, accertamento di emergenza, ecc.).
Per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane si fa riferimento a un campione medio ponderato nell'arco di 24 ore.
Le distanze dal più vicino corpo idrico superficiale oltre le quali è permesso lo scarico sul suolo sono rapportate al volume dello scarico stesso secondo il se-
guente schema:
a) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane:
- metri - per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a 500 m3
- 2.500 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e 5000 m3
- 5.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 5001 e 10.000 m3
b) per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue industriali.
- 1.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie inferiori a 100 m3
- 2.500 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 101 e 500 m3
- 5.000 metri - per scarichi con portate giornaliere medie tra 501 e 2.000 m3
Gli scarichi aventi portata maggiore di quelle su indicate devono in ogni caso essere convogliati in corpo idrico superficiale, in fognatura o destinate al riuti-
lizzo.
Per gli scarichi delle acque reflue urbane valgono gli stessi obblighi di controllo e di autocontrollo previsti per gli scarichi in acque superficiali.
L'autorità competente per il controllo deve verificare, con la frequenza minima di seguito indicata, il rispetto dei limiti indicati nella tabella 4. I parametri di
tabella 4 da controllare sono solo quelli che le attività presenti sul territorio possono scaricare in fognatura.

volume scarico numero controlli


sino a 2000 m3 al giorno 4 volte l'anno
oltre a 2000 m3 al giorn0 8 volte l'anno

2.1 SOSTANZE PER CUI ESISTE IL DIVIETO DI SCARICO


Restano fermi i divieti di scarico sul suolo e nel sottosuolo delle seguenti sostanze:
- composti organo alogenati e sostanze che possono dare origine a tali composti nell'ambiente idrico
- composti organo fosforici
- composti organo stannici
- sostanze che hanno potere cancerogeno, mutageno e teratogeno in ambiente idrico o in concorso dello stesso
- mercurio e i suoi composti
- cadmio e i suoi composti
- oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti
- cianuri
- materie persistenti che possono galleggiare, restare in sospensione o andare a fondo e che possono disturbare ogni tipo di utilizzazione delle acque.
Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in
vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti.
Persiste inoltre il divieto di scarico diretto nelle acque sotterranee, in aggiunta alle sostanze su elencate, di:

1: zinco rame nichel cromo


piombo selenio arsenico antimonio
molibdeno titanio stagno bario
berillio boro uranio vanadio
cobalto tallio tellurio argento

2: Biocidi e loro derivati non compresi nell'elenco del paragrafo precedente


3: Sostanze che hanno un effetto nocivo sul sapore ovvero sull'odore dei prodotti consumati dall'uomo derivati dall'ambiente idrico, nonché i composti che
possono dare origine a tali sostanze nelle acque
4: Composti organosilicati tossici o persistenti e che possono dare origine a tali composti nelle acque ad eccezione di quelli che sono biologicamente innocui
o che si trasformano rapidamente nell'acqua in sostanze innocue
5: Composti inorganici del fosforo e fosforo elementare
6: Oli minerali non persistenti ed idrocarburi di origine petrolifera non persistenti
7: Fluoruri
8: Sostanze che influiscono sfavorevolmente sull'equilibrio dell'ossigeno, in particolare ammoniaca e nitriti.

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Tali sostanze, si intendono assenti quando sono in concentrazioni non superiori ai limiti di rilevabilità delle metodiche di rilevamento in essere all'entrata in
vigore del presente decreto o dei successivi aggiornamenti.
3. INDICAZIONI GENERALI
I punti di scarico degli impianti i trattamento delle acque reflue urbane devono essere scelti, per quanto possibile, in modo da ridurre al minimo gli effetti
sulle acque recettrici.
Tutti gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane, con potenzialità superiore a 2.000 abitanti equivalenti, ad esclusione degli impianti di trattamen-
to che applicano tecnologie depurative di tipo naturale quali la fitodepurazione e il lagunaggio, dovranno essere dotati di un trattamento di disinfezione da
utilizzarsi in caso di eventuali emergenze relative a situazioni di rischio sanitario ovvero per garantire il raggiungimento degli obiettivi di qualità ambientali o
gli usi in atto del corpo idrico recettore.
In sede di approvazione del progetto dell'impianto di trattamento delle acque reflue urbane l'autorità competente dovrà verificare che l'impianto sia in gra-
do di garantire che la concentrazione media giornaliera dell'azoto ammoniacale (espresso come N), in uscita dall'impianto di trattamento non superi il 30%
del valore della concentrazione dell'azoto totale (espresso come N) in uscita dall'impianto di trattamento. Tale prescrizione non vale per gli scarichi in mare.
In sede di autorizzazione allo scarico, l'autorità competente:
a) fisserà il sistema di riferimento per il controllo degli scarichi di impianti di trattamento rispettivamente a: l'opzione riferita al rispetto della concentrazione
o della percentuale di abbattimento il riferimento alla concentrazione media annua a alla concentrazione media giornaliera per il parametro «azoto totale»
della tabella 2
b) fisserà il limite opportuno relativo al parametro «Escherichia coli» espresso come UFC/ lOOmL. Si consiglia un limite non superiore a 5000 UFC/ lOOmL.
I trattamenti appropriati devono essere individuati con l'obiettivo di:
a) rendere semplice la manutenzione e la gestione
b) essere in grado di sopportare adeguatamente forti variazioni orarie del carico idraulico e organico
c) minimizzare i costi gestionali.
Questa tipologia di trattamento può equivalere ad un trattamento primario o ad un trattamento secondario a seconda della soluzione tecnica adottata e dei
risultati depurativi raggiunti.
Per tutti gli agglomerati con popolazione equivalente compresa tra 50 e 2000 a.e, si ritiene auspicabile il ricorso a tecnologie di depurazione naturale quali il
lagunaggio o la fitodepurazione, o tecnologie come i filtri percolatori o impianti ad ossidazione totale.
Peraltro tali trattamenti possono essere considerati adatti se opportunamente dimensionati, al fine del raggiungimento dei limiti della tabella 1, anche per
tutti gli agglomerati in cui la popolazione equivalente fluttuante sia superiore al 30% della popolazione residente e laddove le caratteristiche territoriali e
climatiche lo consentano.
Tali trattamenti si prestano, per gli agglomerati di maggiori dimensioni con popolazione equivalente compresa tra i 2000 e i 25000 a.e, anche a soluzioni in-
tegrate con impianti a fanghi attivi o a biomassa adesa, a valle del trattamento, con funzione di affinamento.
4. METODI DI CAMPIONAMENTO ED ANALISI
Fatto salvo quanto diversamente specificato nelle tabelle 1, 2, 3, 4 circa i metodi analitici di riferimento, rimangono valide le procedure di controllo, campio-
namento e misura definite dalle normative in essere prima dell'entrata in vigore del presente decreto. Le metodiche di campionamento ed analisi saranno
aggiornate con apposito decreto ministeriale su proposta dell'APAT.
Tabella 3. Valori limiti di emissione in acque superficiali e in fognatura. (1961)

Numero pa- PARAMETRI Unità di misu- Scarico in acque superficiali Scarico in rete fognaria (*)
rametro ra
1 pH 5,5-9,5 5,5-9,5
2 Temperatura °C (1) (1)
3 colore non percettibile con diluizione 1:20 non percettibile con diluizione 1:40
4 odore non deve essere causa di molestie non deve essere causa di molestie
5 materiali grossolani assenti assenti
6 Solidi speciali totali (2) (2- mg/L ≤ 80 ≤ 200
bis)
7 BOD5 (come O2) (2) mg/L ≤ 40 ≤ 250
8 COD (come O2) (2) mg/L ≤ 160 ≤ 500
9 Alluminio mg/L ≤1 ≤ 2,0
10 Arsenico mg/L ≤ 0,5 ≤ 0,5
11 Bario mg/L ≤ 20 -
12 Boro mg/L ≤2 ≤4
13 Cadmio mg/l ≤ 0,02 ≤ 0,02
14 Cromo totale mg/L ≤2 ≤4
15 Cromo VI mg/L ≤ 0,2 ≤ 0,20
16 Ferro mg/L ≤2 ≤4
17 Manganese mg/L ≤2 ≤4
18 Mercurio mg/L ≤ 0,005 ≤ 0,005
19 Nichel mg/L ≤2 ≤4
20 Piombo mg/L ≤ 0,2 ≤ 0,3
21 Rame mg/L ≤ 0,1 ≤ 0,4
22 Selenio mg/L ≤ 0,03 ≤ 0,03
23 Stagno mg/L ≤ 10
24 Zinco mg/L ≤ 0,5 ≤ 1,0

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25 Cianuri totali (come CN) mg/L ≤ 0,5 ≤ 1,0


26 Cloro attivo libero mg/L ≤ 0,2 ≤ 0,3
27 Solfuri (come H2S) mg/L ≤1 ≤2
28 Solfati (come SO3) mg/L ≤1 ≤2
29 Solfati (come SO4) (3) mg/L ≤ 1000 ≤ 1000
30 Cloruri (3) mg/L ≤ 1200 ≤ 1200
31 Fluoruri mg/L ≤6 ≤ 12
32 Fosforo totale (come P) (2) mg/L ≤ 10 ≤ 10
33 Azoto ammoniacale (come mg/L ≤ 15 ≤ 30
NH4) (2)
34 Azoto nitroso (come N) (2) mg/L ≤ 0,6 ≤ 0,6
35 Azoto nitrico (come N) (2) mg/L ≤ 20 ≤ 30
36 Grassi e olii animali/vegetali mg/L ≤ 20 ≤ 40
37 Idrocarburi totali mg/L ≤5 ≤ 10
38 Fenoli mg/L ≤ 0,5 ≤1
39 Aldeidi mg/L ≤1 ≤2
40 Solventi organici aromatici mg/L ≤ 0,2 ≤ 0,4
41 Solventi organici azotati (4) mg/L ≤ 0,1 ≤ 0,2
42 Tensioattivi totali mg/L ≤2 ≤4
43 Pesticidi fosforati mg/L ≤ 0,10 ≤ 0,10
44 Pesticidi totali (esclusi i fo- mg/L ≤ 0,05 ≤ 0,05
sforati) (5)
tra cui:
45 - aldrin mg/L ≤ 0,01 ≤ 0,01
46 - dieldrin mg/L ≤ 0,01 ≤ 0,01
47 - endrin mg/L ≤ 0,002 ≤ 0,002
48 - isodrin mg/L ≤ 0,002 ≤ 0,002
49 Solventi clorurati (5) mg/L ≤1 ≤2
50 Escherichia coli (4) UFC/100mL nota
51 Saggio di tossicità acuta (5) il campione non è accettabile quando dopo 24 il campione non è accettabile quando dopo
ore il numero degli organismi immobili è uguale o 24 ore il numero degli organismi immobili
maggiore del 50% del totale è uguale o maggiore del 80% del totale

(*) I limiti per lo scarico in rete fognaria sono obbligatori in assenza di limiti stabiliti dall'autorità competente o in mancanza di un impianto finale di tratta-
mento in grado di rispettare i limiti di emissione dello scarico finale. Limiti diversi devono essere resi conformi a quanto indicato alla nota 2 della tabella 5
relativa a sostanze pericolose.
(1) Per i corsi d'acqua la variazione massima tra temperature medie di qualsiasi sezione del corso d'acqua a monte e a valle del punto di immissione non de-
ve superare i 3 °C. Su almeno metà di qualsiasi sezione a valle tale variazione non deve superare 1 °C. Per i laghi la temperatura dello scarico non deve supe-
rare i 30 °C e l'incremento di temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso superare i 3 °C oltre 50 metri di distanza dal punto di immissione.
Per i canali artificiali, il massimo valore medio della temperatura dell'acqua di qualsiasi sezione non deve superare i 35 °C, la condizione suddetta è subordi-
nata all'assenso del soggetto che gestisce il canale. Per il mare e per le zone di foce di corsi d'acqua non significativi, la temperatura dello scarico non deve
superare i 35 °C e l'incremento di temperatura del corpo recipiente non deve in nessun caso superiore i 3 °C oltre i 1000 metri di distanza dal punto di im-
missione. Deve inoltre essere assicurata la compatibilità ambientale dello scarico con il corpo recipienti ed evitata la formazione di barriere termiche alla
foce dei fiumi.
(2) Per quanto riguarda gli scarichi di acque reflue urbane valgono i limiti indicati in tabella 1 e, per le zone sensibili anche quelli di tabella 2. Per quanto ri-
guarda gli scarichi di acque reflue industriali recapitanti in zone sensibili la concentrazione di fosforo totale e di azoto totale deve essere rispettivamente di 1
e 10 mg/L.
(2-bis) Tali limiti non valgono per gli scarichi in mare delle installazioni di cui all'allegato VIII alla parte seconda, per i quali i rispettivi documenti di riferimen-
to sulle migliori tecniche disponibili di cui all'articolo 5, lettera l-ter.2), prevedano livelli di prestazione non compatibili con il medesimo valore limite. In tal
caso, le Autorizzazioni Integrate Ambientali rilasciate per l'esercizio di dette installazioni possono prevedere valori limite di emissione anche più elevati e
proporzionati ai livelli di produzione, fermo restando l'obbligo di rispettare le direttive e i regolamenti dell'Unione europea, nonché i valori limite stabiliti
dalle Best Available Technologies Conclusion e le prestazioni ambientali fissate dai documenti BREF dell'Unione europea per i singoli settori di attività.
(3) Tali limiti non valgono per lo scarico in mare, in tal senso le zone di foce sono equiparate alle acque marine costiere, purché almeno sulla metà di una
qualsiasi sezione a valle dello scarico non vengono disturbate le naturali variazioni della concentrazione di solfati o di cloruri.
(4) In sede di autorizzazione allo scarico dell'impianto per il trattamento di acque reflue urbane, da parte dell'autorità competente andrà fissato il limite più
opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Si consiglia un limite non superiore ai 5000
UFC/100 mL.
(5) Il saggio di tossicità è obbligatorio. Oltre al saggio su Daphnia magna, possono essere eseguiti saggi di tossicità acuta su Ceriodaphnia dubia, Selenastru,
capricornutum, batteri bioluminescenti o organismi quali Artemia salina, per scarichi di acqua salata o altri organismi tra quelli che saranno indicati ai sensi
del punto 4 del presente allegato. In caso di esecuzione di più test di tossicità si consideri il risultato peggiore. Il risultato positivo della prova di tossicità non
determina l'applicazione diretta delle sanzioni di cui al titolo V, determina altresì l'obbligo di approfondimento delle indagini analitiche, la ricerca delle cause

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di tossicità e la loro rimozione.


Tabella 3/A. Limiti di emissione per unità di prodotto riferiti a specifici cicli produttivi (**)

Settore produttivo Quantità scaricata per unità di prodotto (o media mensile media giorno (*)
capacità di produzione)
Cadmio
Estrazione dello zinco, raffinazione del
piombo e dello zinco, industria dei metalli
non ferrosi e del cadmio metallico
Fabbricazione dei composti del cadmio g/kg grammi di Cd scaricato per chilo- 0,5
grammo di Cd trattato
Produzione di pigmenti g/kg (grammi di Cd scaricato per chilo- 0,3
grammo di Cd trattato)
Fabbricazione di stabilizzanti g/kg al (grammi di Cd scaricato per chilo- 0,5
grammo di Cd trattato)
Fabbricazione di batterie primarie e secon- g/kg al (grammi di Cd scaricato per chilo- 1,5
darie grammo di Cd trattato)
Galvanostegia g/kg al (grammi di Cd scaricato per chilo- 0,3
grammo di Cd trattato)
Mercurio (settore dell'elettrolisi dei cloruri alcalini)
Salamoia riciclata - da applicare all'Hg pre- g Hg/t di capacità di produzione di cloro, 0,5
sente negli effluenti provenienti dall'unità installata
di produzione del cloro
Salamoia riciclata - da applicare al totale g Hg/t di capacità di produzione di cloro, 1
del Hg presente in tutte le acque di scarico installata
contenenti Hg provenienti dall'area dello
stabilimento industriale
Salamoia a perdere - da applicare al totale g Hg/t di capacità di produzione di cloro, 5
del Hg presente in tutte le acque di scarico installata
contenenti Hg provenienti dall'area dello
stabilimento industriale.
Mercurio (settori diversi da quello dell'elettrolisi dei cloruri alcalini)
Aziende che impiegano catalizzatori all'Hg g/t capacità di produzione di CVM 0,1
per la produzione di cloruro di vinile
Aziende che impiegano catalizzatori all'Hg g/kg mercurio trattato 5
per altre produzioni
Fabbricazione dei catalizzatori contenenti g/kg al mese mercurio trattato 0,7
Hg utilizzati per la produzione di CVM
Fabbricazione dei composti organici ed g/kg al mese mercurio trattato 0,05
inorganici del mercurio
Fabbricazione di batterie primarie conte- g/kg al mese mercurio trattato 0,03
nenti Hg
Industrie dei metalli non ferrosi
- Stabilimenti di ricupero del mercurio (1)
- Estrazione e raffinazione di metalli non
ferrosi (1)
Stabilimenti di trattamento dei rifiuti tossi-
ci contenenti mercurio
Esaclorocicloesano (HCH)
Produzione HCH g HCH/t HCH prodotto 2
Estrazione lindano g HCH/t HCH trattato 4
Produzione ed estrazione lindano g HCH/t HCH prodotto 5
DDT
Produzione DDT compresa la formulazione g/t di sostanze prodotte, trattate o utilizza- 4 8
sul posto di DDT te - valore mensile
Pentaclorofenolo (PCP)
Produzione del PCN Na idrolisi dell'esaclo- g/t di capacità di produzione o capacità di 25 50
robenzene utilizzazione
Aldrin, dieldrin, endrin, isodrin
Produzione e formulazione di: Aldrin e/o g/t capacità di produzione o capacità di 3 15
dieldrin e/o endrin e/o isoldrin utilizzazione
Produzione e trattamento di HCB g HCB/t di capacità di produzione di HCB 10
Esaclorobenzene (HCB)
Produzione di percloroetilene (PER) e di g HCB/t di capacità di produzione totale di 1,5

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tetracloruro di carbonio (CC14) mediante PER + CC14


perclorurazione
Produzione di tricloroetilene e/o percloro-
etilene con altri procedimenti (1)
Esaclorobutadiene
Produzione di percloroetilene (PER) e di g HCBD/t di capacità di produzione totale 1,5
tetracloruro di carbonio (CC14) mediante di PER + CC14
perclorurazione
Produzione di tricloroetilene e/o di perclo-
roetilene mediante altri procedimenti (1)
Cloroformio
Produzione clorometani del metanolo o da g CHC13/t di capacità di produzione di clo- 10
combinazione di metanolo e metano rometani
Produzione clorometani mediante clorura- g CHC13/t di capacità di produzione di clo- 7,5
zione del metano rometani
Tetracloruro di carbonio
Produzione di tetracloruro di carbonio me- g CC14/t di capacità di produzione totale di 30 40
diante perclorurazione - procedimento con CC14 e di percloroetilene
lavaggio
Produzione di tetracloruro di carbonio me- g CC14/t di capacità di produzione totale di 2,5 5
diante perclorurazione - procedimento CC14 e di percloroetilene
senza lavaggio
Produzione di clorometani mediante cloru-
razione del metano (compresa la clorolisi
sotto pressione a partire dal metanolo) (1)
1,2 dicloroetano (EDC)
Unicamente produzione 1,2 dicloroetano g/t 2,5 5
Produzione 1,2 dicloroetano e trasforma- g/t 5 10
zione e/o utilizzazione nello stesso stabili-
mento tranne che per l'utilizzazione nella
produzione di scambiatori di calore
Utilizzazione di EDC per lo sgrassaggio dei
metalli (in stabilimenti industriali diversi da
quelli del punto precedente) (2)
Trasformazione di 1,2 dicloetano in sosta- g/t 2,5 5
ne diverse dal cloruro di vinile
Tricloroetilene
Produzione di tricloroetilene (TRI) e di per- g/t 2,5 5
cloroetilene (PER) (2)
Utilizzazione TRI per lo sgrassaggio dei me- g/t
talli (2)

Triclorobenzene (TCB)
Produzione di TCB per disidroclorazione g/t 10
e/o trasformazione di TCB
Produzione e trasformazione di cloroben- g/t 0,5
zeni mediante clorazione (2)
Percloroetilene (PER)
Produzione di tricloroetilene (TRI) e di per- g/t 2,5 5
cloroetilene (procedimenti TRI-PER)
Produzione di tetracloruro di carbonio e di g/t 2,5 20
percloroetilene (procedimenti TETRA-PER)
(2)
Utilizzazione di PER per lo sgrassaggio me-
talli (2)
Produzione di clorofluorocarbonio (1)

Note alla tabella 3/A


(*) Qualora non diversamente indicato, i valori indicati sono riferiti a medie mensili. Ove non indicato esplicitamente si consideri come valore delle media
giornaliera il doppio di quella mensile.
(**) Per i cicli produttivi che hanno uno scarico della sostanza pericolosa in questione, minore al quantitativo annuo indicato nello schema seguente, le auto-
rità competenti all'autorizzazione possono evitare il procedimento autorizzativo. In tal caso valgono solo i limiti di tabella 3.

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Sostanza pericolosa Quantità annua di sostanza inquinante scaricata considerata


Cadmio 10 Kg/anni di Cd (nel caso di stabilimenti di galvanostegia si applicano comunque i limi-
ti di tabella 3/A, quando la capacità complessiva delle vasche di galvanostegia supera
1,5 m3
Mercurio (settore dell'elettrolisi dei cloruri È sempre richiesto il rispetto della tabella 3/A
alcalini)
Mercurio (settore diverse dell'elettrolisi dei 7,5 Kg/anno di Hg
cloruri alcalini)
Esaclorocicloesano (HCH) 3 Kg/anno di HCH
DDT 1 Kg/anno di DDT
Pentaclorofenolo (PCP) 3 Kg/anno di PCP
Aldrin, dieldrin, endrin, isodrin È sempre richiesto il rispetto della tabella 3/A.
Esaclorobenzene (HCB) 1 Kg/anno di HCB
Esaclorobutadiene (HCBB) 1 K/anno di HCBB
Cloroformio 30 Kg/anno di CHCL3
Tetracloruro di carbonio (TETRA) 30 Kg/anno di TETRA
1,2 dicloroetano (EDC) 30 Kg/anno di EDC
Tricloroetilene (TRI) 30 Kg/anno di TRI
Triclorobenzene (TCB) È sempre richiesto il rispetto della tabella 3/A.
Percloroetilene (PER) 30 Kg/anno di PER

(1) Per questi cicli produttivi non vi sono limiti di massa per unità di prodotto, devono essere rispettati solo i limiti di concentrazione indicati in tabella 3 in
relazione alla singola sostanza o alla famiglia di sostanze di appartenenza.
(2) Per questi cicli produttivi non vengono indicati i limiti di massa per unità di prodotto, ma devono essere rispettati, oltre ai limiti di concentrazione indicati
in tabella 3 per la famiglia di sostanze di appartenenza, i seguenti limiti di concentrazione:

Media giorno mg/L Media mese mg/L


1,2 dicloroetano (EDC) Utilizzazione di EDC per lo sgrassaggio dei metalli in stabilimenti 0,2 0,1
industriali diversi da quelli che producono, trasformano e/o utilizzano EDC nello stesso
stabilimento
Tricloroetilene (TRI) Produzione di tricloroetilene (TRI) e di percloroetilene (PER) 0,5 1
Utilizzazione TRI per lo sgrassaggio dei metalli 0,2 0,2
Triclorobenzene (TCB) Produzione e trasformazione di clorobenzeni mediante clorazio- 0,1 0,05
ne
Percloroetilene (PER) Produzione di tricloroetilene (TRI) e di percloroetilene (Procedi- 1 0,5
menti TRI-PER)
Utilizzazione di PER per lo sgrassaggio metalli 0,2 0,1

Per verificare che gli scarichi soddisfano i limiti indicati nella tabella 3/A deve essere prevista una procedura di controllo che prevede:
- il prelievo quotidiano di un campione rappresentativo degli scarichi effettuati nel giro di 24 ore e la misurazione della concentrazione della sostanza in e-
same;
- la misurazione del flusso totale degli scarichi nello stesso arco di tempo.
La quantità di sostanza scaricata nel corso di un mese si calcola sommando le quantità scaricate ogni giorno nel corso del mese. Tale quantità va divisa per la
quantità totale di prodotto o di materia prima.
Tabella 4. Limiti di emissione per le acque reflue urbane ed industriali che recapitano sul suolo

unità di misu- (il valore della concentrazione deve essere mino-


ra re o uguale a quello indicato)
1 pH 6-8
2 SAR 10
3 Materiali grossolani - assenti
4 Solidi sospesi totali mg/L 25
5 BOD5 mg O2/L 20
6 COD mg O2/L 100
7 Azoto totale mg N/L 15
8 Fosforo totale mg P/L 2

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

9 Tensioattivi totali mg/L 0,5


10 Alluminio mg/L 1
11 Berillio mg/L 0,1
12 Arsenico mg/L 0,05
13 Bario mg/L 10
14 Boro mg/L 0,5
15 Cromo totale mg/L 1
16 Ferro mg/L 2
17 Manganese mg/L 0,2
18 Nichel mg/L 0,2
19 Piombo mg/L 0,1
20 Rame mg/L 0,1
21 Selenio mg/L 0,002
22 Stagno mg/L 3
23 Vanadio mg/L 0,1
24 Zinco mg/L 0,5
25 Solfuri mg H2S/L 0,5
26 Solfiti mg SO3/L 0,5
27 Solfati mgSO4/L 500
28 Cloro attivo mg/L 0,2
29 Cloruri mg C1/L 200
30 Fluoruri mg F/L 1
31 Fenoli totali mg/L 0,1
32 Aldeidi totali mg/L 0,5
33 Solventi organici aromatici totali mg/L 0,01
34 Solventi organici azotati totali mg/L 0,01
35 Saggio di tossicità su Daphnia LC50 24h il campione non è accettabile quando dopo 24
magna (vedi nota 8 di tabella 3) ore il numero degli organismi immobili è uguale o
maggiore del 50% del totale
36 Escherichia coli (1) UFC/100 mL

(1) In sede di autorizzazione allo scarico dell'impianto per il trattamento di acque reflue urbane, da parte dell'autorità competente andrà fissato il limite più
opportuno in relazione alla situazione ambientale e igienico sanitaria del corpo idrico recettore e agli usi esistenti. Si consiglia un limite non superiore ai 5000
UFC/100 mL.
Tabella 5. Sostanze per le quali non possono essere adottati limiti meno restrittivi di quelli indicati in tabella 3, per lo scarico in acque superficiali (1) e per
lo scarico in rete fognaria (2), o in tabella 4 per lo scarico del suolo

1 Arsenico
2 Cadmio
3 Cromo totale
4 Cromo esavalente
5 Mercurio
6 Nichel
7 Piombo
8 Rame
9 Selenio
10 Zinco
11 Fenoli
12 Oli minerali persistenti e idrocarburi di origine petrolifera persistenti
13 Solventi organici aromatici
14 Solventi organici azotati
15 Composti organici alogenati (compresi i pesticidi clorurati)
16 Pesticidi fosforiti
17 Composti organici dello stagno
18 Sostanze classificate contemporaneamente «cancerogene» (R45) e «pericolose per l'ambiente
acquatico» (R50 e 51/53) ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, e successive modi-
fiche

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

(1) Per quanto riguarda gli scarichi in corpo idrico superficiale, nel caso di insediamenti produttivi aventi scarichi con una portata complessiva media giorna-
liera inferiore a 50 m3, per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 15, 16, 17 e 18 le regioni e le province autono-
me nell'ambito dei piani di tutela, possono ammettere valori di concentrazione che superano di non oltre il 50% i valori indicati nella tabella 3, purché sia
dimostrato che ciò non comporti un peggioramento della situazione ambientale e non pregiudica il raggiungimento gli obiettivi ambientali.
(2) Per quanto riguarda gli scarichi in fognatura, purché sia garantito che lo scarico finale della fognatura rispetti i limiti di tabella 3, o quelli stabiliti dalle re-
gioni, l'ente gestore può stabilire per i parametri della tabella 5, ad eccezione di quelli indicati sotto i numeri 2, 4, 5, 7, 14, 15, 16 e 17, limiti di accettabilità i
cui valori di concentrazione superano quello indicato in tabella 3.
Tabella 6. Peso vivo medio corrispondente ad una produzione di 340 Kg di azoto per anno, al netto delle perdite di rimozione e stoccaggio, da considerare
ai fini dell'assimilazione delle acque reflue domestiche (art. 101, co. 7, lett. b))

Categoria animale allevata Peso vivo medio per anno (t)


Scrofe con suinetti fino a 30 kg 3,4
Suini in accrescimento/ingrasso 3,0
Vacche da latte in produzione 2,5
Rimonta vacche da latte 2,8
Bovini all'ingrasso 4,0
Galline ovaiole 1,5
Polli da carne 1,4
Tacchini 2,0
Cunicoli 2,4
Ovicaprini 3,4
Equini 4,9

(1960) A norma dell'art. 2, comma 31, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «del decreto legislativo 18 febbraio 2005, n. 59»
sono sostituite dalle parole «del Titolo III-bis della parte seconda del presente decreto».
(1961) Tabella così modificata dall'art. 13, comma 7, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
(1962) Tabella così modificata dall'art. 17, comma 1, L. 20 novembre 2017, n. 167.
Allegati alla Parte Terza
Allegato 6 - Criteri per la individuazione delle aree sensibili
In vigore dal 29 aprile 2006

Si considera area sensibile un sistema idrico classificabile in uno dei seguenti gruppi:
a) laghi naturali, altre acque dolci, estuari e acque del litorale già eutrofizzati, o probabilmente esposti a prossima eutrofizzazione, in assenza di interventi
protettivi specifici.
Per individuare il nutriente da ridurre mediante ulteriore trattamento, vanno tenuti in considerazione i seguenti elementi:
i) nei laghi e nei corsi d'acqua che si immettono in laghi/bacini/baie chiuse con scarso ricambio idrico e ove possono verificarsi fenomeni di accumulazione la
sostanza da eliminare è il fosforo, a meno che non si dimostri che tale intervento non avrebbe alcuno effetto sul livello dell'eutrofizzazione. Nel caso di scari-
chi provenienti da ampi agglomerati si può prevedere di eliminare anche l'azoto;
ii) negli estuari, nelle baie e nelle altre acque del litorale con scarso ricambio idrico, ovvero in cui si immettono grandi quantità di nutrienti, se, da un lato, gli
scarichi provenienti da piccoli agglomerati urbani sono generalmente di importanza irrilevante, dall'altro, quelli provenienti da agglomerati più estesi rendo-
no invece necessari interventi di eliminazione del fosforo e/o dell'azoto, a meno che non si dimostri che ciò non avrebbe comunque alcun effetto sul livello
dell'eutrofizzazione;
b) acque dolci superficiali destinate alla produzione di acqua potabile che potrebbero contenere, in assenza di interventi, una concentrazione di nitrato su-
periore a 50 mg/L (stabilita conformemente alle disposizioni pertinenti della direttiva 75/440 concernente la qualità delle acque superficiali destinate alla
produzione d'acqua potabile);
c) aree che necessitano, per gli scarichi afferenti, di un trattamento supplementare al trattamento secondario al fine di conformarsi alle prescrizioni previste
dalla presente norma.
Ai sensi del comma 1 lettera a) dell'articolo 91, sono da considerare in prima istanza come sensibili i laghi posti ad un'altitudine sotto i 1.000 sul livello del
mare e aventi una superficie dello specchio liquido almeno di 0,3 km2.
Nell'identificazione di ulteriori aree sensibili, oltre ai criteri di cui sopra, le Regioni dovranno prestare attenzione a quei corpi idrici dove si svolgono attività
tradizionali di produzione ittica.

Allegati alla Parte Terza


Allegato 7 - Parte A. Zone vulnerabili da nitrati di origine agricola - Parte B. Zone vulnerabili da prodotti fitosanitari (1963)
In vigore dal 26 agosto 2010

PARTE A
ZONE VULNERABILI DA NITRATI DI ORIGINE AGRICOLA

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Parte AI
Criteri per l'individuazione delle zone vulnerabili
Si considerano zone vulnerabili le zone di territorio che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati in acque già inquinate o che potrebbero
esserlo in conseguenza di tali di scarichi.
Tali acque sono individuate, in base tra l'altro dei seguenti criteri:
1. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come N03) nelle acque dolci superficiali, in partico-
lare quelle destinate alla produzione di acqua potabile, se non si interviene;
2. la presenza di nitrati o la loro possibile presenza ad una concentrazione superiore a 50 mg/L (espressi come N03) nelle acque dolci sotterranee, se non si
interviene;
3. la presenza di eutrofizzazione oppure la possibilità del verificarsi di tale fenomeno nell'immediato futuro nei laghi naturali di acque dolci o altre acque dol-
ci, estuari, acque costiere e marine, se non si interviene.
Nell'individuazione delle zone vulnerabili, le regioni tengono conto pertanto:
1. delle caratteristiche fisiche e ambientali delle acque e dei terreni che determinano il comportamento dei nitrati nel sistema acqua/terreno;
2. del risultato conseguibile attraverso i programmi d'azione adottati;
3. delle eventuali ripercussioni che si avrebbero nel caso di mancato intervento.
Controlli da eseguire ai fini della revisione delle zone vulnerabili
Ai fini di quanto disposto dal comma 4 dell'articolo 92, la concentrazione dei nitrati deve essere controllata per il periodo di durata pari almeno ad un anno:
- nelle stazioni di campionamento previste per la classificazione dei corpi idrici sotterranei e superficiali individuate secondo quanto previsto dall'allegato 1 al
decreto;
- nelle altre stazioni di campionamento previste al Titolo II Capo II relativo al controllo delle acque destinate alla produzione di acque potabili, almeno una
volta al mese e più frequentemente nei periodi di piena;
- nei punti di prelievo, controllati ai sensi del D.P.R. n. 236/ 1988, delle acque destinate al consumo umano.
Il controllo va ripetuto almeno ogni quattro anni. Nelle stazioni dove si è riscontrata una concentrazione di nitrati inferiore a 25 mg/L (espressi come NO3) il
programma di controllo può essere ripetuto ogni otto anni, purché non si sia manifestato alcun fattore nuovo che possa aver incrementato il tenore dei ni-
trati.
Ogni quattro anni è sottoposto a riesame lo stato eutrofico delle acque dolci superficiali, di transizione e costiere, adottando di conseguenza i provvedimenti
del caso.
Nei programmi di controllo devono essere applicati i metodi di misura di riferimento previsti al successivo punto.
Metodi di riferimento
Concimi chimici
Il metodo di analisi dei composti dell'azoto è stabilito in conformità al D.M. 19 luglio 1989 - Approvazione dei metodi ufficiali di analisi per i fertilizzanti.
Acque dolci, acque costiere e acque marine
Il metodo di analisi per la rilevazione della concentrazione di nitrati è la spettrofotometria di assorbimento molecolare. I laboratori che utilizzano altri metodi
di misura devono accertare la comparabilità dei risultati ottenuti.
Parte AII
Aspetti metodologici
1. L'individuazione delle zone vulnerabili viene effettuata tenendo conto dei carichi (specie animali allevate, intensità degli allevamenti e loro tipologia, tipo-
logia dei reflui che ne derivano e modalità di applicazione al terreno, coltivazioni e fertilizzazioni in uso) nonché dei fattori ambientali che possono concorre-
re a determinare uno stato di contaminazione.
Tali fattori dipendono:
- dalla vulnerabilità intrinseca delle formazioni acquifere ai fluidi inquinanti (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e
degli acquiferi);
- dalla capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell'inquinante (caratteristiche di tessitura, contenuto di sostanza organica ed altri fattori relativi alla
sua composizione e reattività chimico-biologica);
- dalle condizioni climatiche e idrologiche;
- dal tipo di ordinamento colturale e dalle relative pratiche agronomiche.
Gli approcci metodologici di valutazione della vulnerabilità richiedono un'idonea ed omogenea base di dati e a tal proposito si osserva che sul territorio na-
zionale sono presenti:
- aree per cui sono disponibili notevoli conoscenze di base e già è stata predisposta una mappatura della vulnerabilità a scala di dettaglio sia con le metodo-
logie CNR-GNDCI [2] che con sistemi parametrici;
- aree nelle quali, pur mancando studi e valutazioni di vulnerabilità, sono disponibili dati sufficienti per effettuare un'indagine di carattere orientativo e pro-
durre un elaborato cartografico a scala di riconoscimento;
- aree in cui le informazioni sono molto carenti o frammentarie ed è necessario ricorrere ad una preventiva raccolta di dati al fine di applicare le metodologie
di base studiate in àmbito CNR-GNDCI.
Al fine di individuare sull'intero territorio nazionale le zone vulnerabili ai nitrati si ritiene opportuno procedere ad un'indagine preliminare di riconoscimento,
che deve essere in seguito revisionata sulla base di aggiornamenti successivi conseguenti anche ad eventuali ulteriori indagini di maggiore dettaglio.
[2] Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche.
2. Indagine preliminare di riconoscimento
La scala cartografica di rappresentazione prescelta è 1:250.000 su base topografica preferibilmente informatizzata.
Obiettivo dell'indagine di riconoscimento è l'individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolar-
mente evidenti. In tale fase dell'indagine non è necessario separare più classi di vulnerabilità.
In prima approssimazione i fattori critici da considerare nell'individuazione delle zone vulnerabili sono:
a) presenza di un acquifero libero o parzialmente confinato (ove la connessione idraulica con la superficie è possibile) e, nel caso di rocce litoidi fratturate,
presenza di un acquifero a profondità inferiore a 50 m, da raddoppiarsi in zona a carsismo evoluto;
b) presenza di una litologia di superficie e dell'insaturo prevalentemente permeabile (sabbia, ghiaia o litotipi fratturati);
c) presenza di suoli a capacità di attenuazione tendenzialmente bassa (ad es. suoli prevalentemente sabbiosi, o molto ghiaiosi, con basso tenore di sostanza

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

organica, poco profondi).


La concomitanza delle condizioni sopra esposte identifica le situazioni di maggiore vulnerabilità.
Vengono escluse dalle zone vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione
determinata da un orizzonte scarsamente permeabile purché continuo.
L'indagine preliminare di riconoscimento delle zone vulnerabili viene effettuata:
a) per le zone ove è già disponibile una mappatura a scala di dettaglio o di sintesi, mediante accorpamento delle aree classificate ad alta, elevata ed estre-
mamente elevata vulnerabilità;
b) per le zone dove non è disponibile una mappatura ma esistono sufficienti informazioni geo-pedologico-ambientali, mediante il metodo di valutazione di
zonazione per aree omogenee (metodo CNR-GNDCI) o il metodo parametrico;
c) per le zone dove non esistono sufficienti informazioni, mediante dati esistenti e/o rapidamente acquisibili e applicazione del metodo CNR-GNDCI, anche
ricorrendo a criteri di similitudine.
3. Aggiornamenti successivi.
L'indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in
primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili.
Con il supporto delle ARPA, ove costituite, deve essere avviata una indagine finalizzata alla stesura di una cartografia di maggiore dettaglio (1:50.000-
100.000) per convogliare la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle zone più problematiche.
Obiettivo di questa indagine è l'individuazione dettagliata della «vulnerabilità specifica» degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si
considerano, pertanto, i fattori inerenti la «vulnerabilità intrinseca» degli acquiferi e la capacità di attenuazione del suolo, dell'insaturo e dell'acquifero.
Il prodotto di tale indagine può essere soggetto ad aggiornamenti sulla base di nuove conoscenze e dei risultati della sperimentazione. È opportuno gestire i
dati raccolti mediante un sistema GIS.
4. Le amministrazioni possono comunque intraprendere studi di maggior dettaglio quali strumenti di previsione e di prevenzione dei fenomeni di inquina-
mento. Questi studi sono finalizzati alla valutazione della vulnerabilità e dei rischi presenti in siti specifici (campi, pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.),
all'interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indicare con maggiore definizione le eventuali misure da adottare nel
tempo e nello spazio.
Parte AIII
Zone vulnerabili designate
In fase di prima attuazione sono designate vulnerabili all'inquinamento da nitrati provenienti da fonti agricole le seguenti zone:
- quelle già individuate dalla Regione Lombardia con il regolamento attuativo della legge regionale 15 dicembre 1993, n. 37;
- quelle già individuate dalla Regione Emilia-Romagna con la deliberazione del Consiglio regionale 11 febbraio 1997, n. 570;
- la zona delle conoidi delle province di Modena, Reggio Emilia e Parma;
- l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305 del bacino Burana Po di Volano della provincia di Ferrara;
- l'area dichiarata a rischio di crisi ambientale di cui all'articolo 6 della legge 28 agosto 1989, n. 305 dei bacini dei fiumi Fissero, Canal Bianco e Po di Levante
(della regione Veneto).
Tale elenco viene aggiornato, su proposta delle Regioni interessate, sulla base dei rilevamenti e delle indagini svolte.
Parte AIV
Indicazioni e misure per i programmi d'azione
I programmi d'azione sono obbligatori per le zone vulnerabili e tengono conto dei dati scientifici e tecnici disponibili, con riferimento principalmente agli
apporti azotati rispettivamente di origine agricola o di altra origine, nonché delle condizioni ambientale locali.
1. I programmi d'azione includono misure relative a:
1.1) i periodi in cui è proibita l'applicazione al terreno di determinati tipi di fertilizzanti;
1.2) la capacità dei depositi per effluenti di allevamento; tale capacità deve superare quella necessaria per l'immagazzinamento nel periodo più lungo, du-
rante il quale è proibita l'applicazione al terreno di effluenti nella zona vulnerabile, salvo i casi in cui sia dimostrato all'autorità competente che qualsiasi
quantitativo di effluente superiore all'effettiva capacità d'immagazzinamento verrà gestito senza causare danno all'ambiente;
1.3) la limitazione dell'applicazione al terreno di fertilizzanti conformemente alla buona pratica agricola e in funzione delle caratteristiche della zona vulne-
rabile interessata; in particolare si deve tener conto:
a) delle condizioni, del tipo e della pendenza del suolo;
b) delle condizioni climatiche, delle precipitazioni e dell'irrigazione;
c) dell'uso del terreno e delle pratiche agricole, inclusi i sistemi di rotazione e di avvicendamento colturale.
Le misure si basano sull'equilibrio tra il prevedibile fabbisogno di azoto delle colture, e l'apporto di azoto proveniente dal terreno e dalla fertilizzazione, cor-
rispondente:
- alla quantità di azoto presente nel terreno nel momento in cui la coltura comincia ad assorbirlo in misura significativa (quantità rimanente alla fine dell'in-
verno);
- all'apporto di composti di azoto provenienti dalla mineralizzazione netta delle riserve di azoto organico presenti nel terreno;
- all'aggiunta di composti di azoto provenienti da effluenti di allevamento;
- all'aggiunta di composti di azoto provenienti da fertilizzanti chimici e da altri fertilizzanti.
I programmi di azione devono contenere almeno le indicazioni riportate nel Codice di Buona Pratica Agricola, ove applicabili.
2. Le misure devono garantire che, per ciascuna azienda o allevamento, il quantitativo di effluente zootecnico sparso sul terreno ogni anno, compreso quello
depositato dagli animali stessi, non superi un apporto pari a 170 kg di azoto per ettaro.
Tuttavia per i primi due anni del programma di azione il quantitativo di affluente utilizzabile può essere elevato fino ad un apporto corrispondente a 210 kg
di azoto per ettaro. I predetti quantitativi sono calcolati sulla base del numero e delle categorie degli animali.
Ai fini del calcolo degli apporti di azoto provenienti dalle diverse tipologie di allevamento si terrà conto delle indicazioni contenute nel decreto del Ministero
delle politiche agricole e forestali.
3. Durante e dopo i primi quattro anni di applicazione del programma d'azione le regioni in casi specifici possono fare istanza al Ministero dell'ambiente per
lo spargimento di quantitativi di effluenti di allevamento diversi da quelli sopra indicati, ma tali da non compromettere le finalità, da motivare e giustificare
in base a criteri obiettivi relativi alla gestione del suolo e delle colture, quali:
- stagioni di crescita prolungate;

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

- colture con grado elevato di assorbimento di azoto;


- terreni con capacità eccezionalmente alta di denitrificazione.
Il Ministero dell'ambiente, acquisito il parere favorevole della Commissione europea, che lo rende sulla base delle procedure previste all'articolo 9 della di-
rettiva 91/676/CEE, può concedere lo spargimento di tali quantitativi.
PARTE B
ZONE VULNERABILI DA PRODOTTI FITOSANITARI
Parte BI
Criteri per l'individuazione
1. Le Regioni e le Province autonome individuano le aree in cui richiedere limitazioni o esclusioni d'impiego, anche temporanee, di prodotti fitosanitari auto-
rizzati, allo scopo di proteggere le risorse idriche e altri comparti rilevanti per la tutela sanitaria o ambientale, ivi inclusi l'entomofauna utile e altri organismi
utili, da possibili fenomeni di contaminazione. Un'area è considerata area vulnerabile quando l'utilizzo al suo interno dei prodotti fitosanitari autorizzati pone
in condizioni di rischio le risorse idriche e gli altri comparti ambientali rilevanti.
2. Il Ministero della Sanità ai sensi dell'art. 5, comma 20 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, su documentata richiesta delle Regioni e delle Provin-
ce autonome, sentita la Commissione consultiva di cui all'articolo 20 dello stesso decreto legislativo, dispone limitazioni o esclusioni d'impiego, anche tem-
poranee, dei prodotti fitosanitari autorizzati nelle aree individuate come zone vulnerabili da prodotti fitosanitari.
3. Le Regioni e le Province autonome provvedono entro un anno, sulla base dei criteri indicati nella parte BIII di questo allegato, alla prima individuazione e
cartografia delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari ai fini della tutela delle risorse idriche sotterranee.
Successivamente alla prima individuazione, tenendo conto degli aspetti metodologici indicati nella parte BIII, punto 3, le Regioni e le Province autonome
provvedono ad effettuare la seconda individuazione e la stesura di una cartografia di maggiore dettaglio delle zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari.
4. Possono essere considerate zone vulnerabili dai prodotti fitosanitari ai fini della tutela di zone di rilevante interesse naturalistico e della protezione di or-
ganismi utili, ivi inclusi insetti e acari utili, uccelli insettivori, mammiferi e anfibi, le aree naturali protette, o porzioni di esse, indicate nell'Elenco Ufficiale di
cui all'art. 5 della legge 6 dicembre 1991, n. 394.
5. Le Regioni e le Province autonome predispongono programmi di controllo per garantire il rispetto delle limitazioni o esclusioni d'impiego dei prodotti fito-
sanitari disposte, su loro richiesta, dal Ministero della Sanità. Esse forniscono al Ministero dell'Ambiente e all'Agenzia Nazionale per la protezione dell'am-
biente e per i servizi tecnici (APAT) i dati relativi all'individuazione e alla cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari.
6. L'APAT e le Agenzie Regionali per la Protezione dell'Ambiente forniscono supporto tecnico-scientifico alle Regioni e alle Province autonome al fine di
a) promuovere uniformità d'intervento nelle fasi di valutazione e cartografia delle aree di protezione dai prodotti fitosanitari;
b) garantire la congruità delle elaborazioni cartografiche e verificare la qualità delle informazioni ambientali di base (idrogeologiche, pedologiche, ecc.).
7. L'APAT promuove attività di ricerca nell'ambito delle problematiche relative al destino ambientale dei prodotti fitosanitari autorizzati. Tali attività hanno il
fine di acquisire informazioni intese a migliorare e aggiornare i criteri di individuazione delle aree vulnerabili per i comparti del suolo, delle acque superficiali
e sotterranee, nonché degli organismi non bersaglio.
Il Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare provvede, tenuto conto delle informazioni acquisite e sentita la Conferenza permanente per
i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, ad aggiornare i criteri per l'individuazione delle aree vulnerabili. (1963)
Parte BII
Aspetti metodologici
1. Come per le zone vulnerabili da nitrati, anche nel caso dei fitofarmaci si prevedono due fasi di individuazione delle aree interessate dal fenomeno: una
indagine di riconoscimento (prima individuazione) e un'indagine di maggiore dettaglio (seconda individuazione).
2. Indagine preliminare di riconoscimento.
Per la prima individuazione delle aree vulnerabili da prodotti fitosanitari si adotta un tipo di indagine, alla scala di 1:250.000, simile a quella indicata in pre-
cedenza nella Parte AII di questo allegato.
2.1 La prima individuazione delle aree vulnerabili comprende, comunque, le aree per le quali le attività di monitoraggio hanno già evidenziato situazioni di
compromissione dei corpi idrici sotterranei sulla base degli standard delle acque destinate al consumo umano indicati dal D.P.R. n. 236 del 1988 per il para-
metro 55 (antiparassitari e prodotti assimilabili).
Sono escluse, invece, le situazioni in cui la natura delle formazioni rocciose impedisce la presenza di una falda, o dove esiste la protezione determinata da un
orizzonte scarsamente permeabile o da un suolo molto reattivo.
Vengono escluse dalle aree vulnerabili le situazioni in cui la natura dei corpi rocciosi impedisce la formazione di un acquifero o dove esiste una protezione
determinata da un orizzonte scarsamente permeabile, purché continuo, o da un suolo molto reattivo.
2.2 Obiettivo dell'indagine preliminare di riconoscimento non è la rappresentazione sistematica delle caratteristiche di vulnerabilità degli acquiferi, quanto
piuttosto la individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti.
Per queste attività si rinvia agli aspetti metodologici già indicati nella Parte AII di questo allegato.
2.3 Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si
potrà avvalere di parametri, indici, modelli e sistemi di classificazione che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di per-
colazione.
3. Aggiornamenti successivi
L'indagine preliminare di riconoscimento può essere suscettibile di sostanziali approfondimenli e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni, tra cui, in
primo luogo, i dati provenienti da attività di monitoraggio che consentono una caratterizzazione e una delimitazione più precisa delle aree vulnerabili.
Questa successiva fase di lavoro, che può procedere parallelamente alle indagini e cartografie maggiore dettaglio, può prevedere inoltre la designazione di
più di una classe di vulnerabilità (al massimo 3) riferita ai gradi più elevati e la valutazione della vulnerabilità in relazione alla capacità di attenuazione del
suolo, in modo tale che si possa tenere conto delle caratteristiche intrinseche dei prodotti fitosanitari per poterne stabilire limitazioni o esclusioni di impiego
sulla base di criteri quanto più possibile obiettivi.
3.1 La seconda individuazione e cartografia è restituita ad una scala maggiormente dettagliata (1:50.000-1:100.000): successivamente o contestualmente
alle fasi descritte in precedenza, compatibilmente con la situazione conoscitiva di partenza e con le possibilità operative delle singole amministrazioni, deve
essere avviata una indagine con scadenze a medio/lungo termine. Essa convoglia la maggior parte delle risorse tecnico-scientifiche sullo studio delle aree più
problematiche, già individuate nel corso delle fasi precedenti.
Obiettivo di questa indagine è l'individuazione della vulnerabilità specifica degli acquiferi e in particolare delle classi di grado più elevato. Si considerano,
pertanto, i fattori inerenti la vulnerabilità intrinseca degli acquiferi, la capacità di attenuazione del suolo e le caratteristiche chemiodinamiche dei prodotti
fitosanitari.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Ai fini della individuazione dei prodotti per i quali le amministrazioni potranno chiedere l'applicazione di eventuali limitazioni o esclusioni d'impiego ci si po-
trà avvalere di parametri o indici che consentano di raggruppare i prodotti fitosanitari in base al loro potenziale di percolazione. Si cita, ad esempio, l'indice
di Gustafson.
3.2 Le Regioni e le Provincie Autonome redigono un programma di massima con l'articolazione delle fasi di lavoro e i tempi di attuazione. Tale programma è
inviato al Ministero dell'Ambiente e all'APAT, i quali forniscono supporto tecnico e scientifico alle Regioni e alle Province Autonome.
Le maggiori informazioni derivanti dall'indagine di medio-dettaglio consentiranno di disporre di uno strumento di lavoro utile per la pianificazione dell'im-
piego dei prodotti fitosanitari a livello locale e permetteranno di precisare, rispetto all'indagine preliminare di riconoscimento, le aree suscettibili di restri-
zioni o esclusioni d'impiego.
Non si esclude, ovviamente, la possibilità di intraprendere studi di maggior dettaglio a carattere operativo-progettuale, quali strumenti di previsione e,
nell'ambito della pianificazione, di prevenzione dei fenomeni di inquinamento. Questi studi sono finalizzati al rilevamento della vulnerabilità e dei rischi pre-
senti in siti specifici (campi pozzi, singole aziende, comprensori, ecc.), all'interno delle più vaste aree definite come vulnerabili, e possono permettere di indi-
care più nel dettaglio le eventuali restrizioni nel tempo e nello spazio nonché gli indirizzi tecnici cui attenersi nella scelta dei prodotti fitosanitari, dei tempi e
delle modalità di esecuzione dei trattamenti.
Parte BIII
Aspetti generali per la cartografia delle aree ove le acque sotterranee sono potenzialmente vulnerabili
1. Le valutazioni sulla vulnerabilità degli acquiferi all'inquinamento si può avvalere dei Sistemi Informativi Geografici (GIS) quali strumenti per l'archiviazione,
l'integrazione, l'elaborazione e la presentazione dei dati geograficamente identificati (georeferenziati). Tali sistemi permettono di integrare, sulla base della
loro comune distribuzione nello spazio, grandi masse di informazioni anche di origine e natura diverse.
Le valutazioni possono essere verificate ed eventualmente integrate alla luce di dati diretti sulla qualità delle acque che dovessero rendersi disponibili.
Nel caso in cui si verifichino discordanze con le previsioni effettuate sulla base di valutazioni si procede ad un riesame di queste ultime ed alla ricerca delle
motivazioni tecniche di tali divergenze.
Il quadro di riferimento tecnico-scientifico e procedurale prevede di considerare la vulnerabilità su due livelli: vulnerabilità intrinseca degli acquiferi e vulne-
rabilità specifica.
2. I Livello: Vulnerabilità intrinseca degli acquiferi. La valutazione della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi considera essenzialmente le caratteristiche lito-
strutturali, idrogeologiche e idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi presenti. Essa è riferita a inquinanti generici e non considera le caratteristiche
chemiodinamiche delle sostanze.
2.1 Sono disponibili tre approcci alla valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi: metodi qualitativi, metodi parametrici e numerici.
La selezione di uno dei tre metodi dipende dalla disponibilità di dati, dalla scala di riferimento e dalla finalità dell'indagine.
2.2 I metodi qualitativi prevedono la zonizzazione per aree omogenee, valutando la vulnerabilità per complessi e situazioni idrogeologiche generalmente
attraverso la tecnica della sovrapposizione cartografica. La valutazione viene fornita per intervalli preordinati e situazioni tipo. Il metodo elaborato dal
GNDCI-CNR valuta la vulnerabilità intrinseca mediante la classificazione di alcune caratteristiche litostrutturali delle formazioni acquifere e delle condizioni di
circolazione idrica sotterranea.
2.3 I metodi parametrici sono basati sulla valutazione di parametri fondamentali dell'assetto del sottosuolo e delle relazioni col sistema idrologico superficia-
le, ricondotto a scale di gradi di vulnerabilità. Essi prevedono l'attribuzione a ciascun parametro, suddiviso in intervalli di valori, di un punteggio prefigurato
crescente in funzione dell'importanza da esso assunta nella valutazione complessiva. I metodi parametrici sono in genere più complessi poiché richiedono la
conoscenza approfondita di un elevato numero di parametri idrogeologici e idrodinamici.
2.4 I metodi numerici sono basati sulla stima di un indice di vulnerabilità (come ad esempio il tempo di permanenza) basato su relazioni matematiche di di-
versa complessità.
2.5 In relazione allo stato e all'evoluzione delle conoscenze potrà essere approfondito ed opportunamente considerato anche il diverso peso che assume il
suolo superficiale nella valutazione della vulnerabilità intrinseca; tale caratteristica viene definita come «capacità di attenuazione del suolo» e presuppone la
disponibilità di idonee cartografie geo-pedologiche.
3. II Livello: Vulnerabilità specifica
Con vulnerabilità specifica s'intende la combinazione della valutazione e cartografia della vulnerabilità intrinseca degli acquiferi con quella della capacità di
attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze. Questa si ottiene dal confronto di alcune caratteristiche chemio-dinamiche della
sostanza (capacità di assorbimento ai colloidi del suolo resistenza ai processi di degradazione, solubilità in acqua, polarità, etc.) con le caratteristiche fisiche,
chimiche ed idrauliche del suolo.
La compilazione di cartografie di vulnerabilità specifica deriva da studi approfonditi ed interdisciplinari e richiede l'uso di opportuni modelli di simulazione.

(1963) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territo-
rio» sono state sostituite dalle parole «Minisetro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».
Allegati alla Parte Terza
Allegato 8 - Elenco indicativo dei principali inquinanti
In vigore dal 29 aprile 2006

1. Composti organoalogenati e sostanze che possano dare origine a tali composti nell'ambiente acquatico
2. Composti organofosforici
3. Composti organostannici
4. Sostanze e preparati, o i relativi prodotti di decomposizione, di cui è dimostrata la cancerogenicità o mutagenicità e che possono avere ripercussioni sulle
funzioni steroidea, tiroidea, riproduttiva o su altre funzioni endocrine connesse nell'ambiente acquatico o attraverso di esso
5. Idrocarburi persistenti e sostanze organiche tossiche persistenti e bioaccumulabili
6. Cianuri
7. Metalli e relativi composti
8. Arsenico e relativi composti
9. Biocidi e prodotti fitosanitari
10. Materia in sospensione

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

11. Sostanze che contribuiscono all'eutrofizzazione (in particolare nitrati e fosfati)


12. Sostanze che hanno effetti negativi sul bilancio dell'ossigeno (e che possono essere misurate con parametri come la BOD, COD, ecc.)

Allegati alla Parte Terza


Allegato 9 - Aree protette
In vigore dal 29 aprile 2006

1. Il registro delle aree protette comprende i seguenti tipi di aree protette:


i) aree designate per l'estrazione di acque destinate al consumo umano
ii) aree designate per la protezione di specie acquatiche significative dal punto di vista economico;
iii) corpi idrici intesi a scopo ricreativo, comprese le aree designate come acque di balneazione a norma della direttiva 76/ 160/CEE;
iv) aree sensibili rispetto ai nutrienti, comprese quelle designate come zone vulnerabili a norma della direttiva 91/676/CEE e le zone designate come aree
sensibili a norma della direttiva 91/271/CEE;
v) aree designate per la protezione degli habitat e delle specie, nelle quali mantenere o migliorare lo stato delle acque è importante per la loro protezione,
compresi i siti pertinenti della rete Natura 2000 istituiti a norma della direttiva 79/409/CEE e 92/43/CEE, recepite rispettivamente con la Legge dell'11 feb-
braio 1992, n. 157 e con D.P.R. dell'8 settembre 1997, n. 357 come modificato dal D.P.R. 12 marzo 2003, n. 120.
2. Le regioni inseriscono nel Piano di Tutela una sintesi del registro delle aree protette ricadenti nel loro territorio di competenza. Tale sintesi contiene map-
pe che indicano l'ubicazione di ciascuna area protetta, oltre che la descrizione della normativa comunitaria, nazionale o locale che le ha istituite.

Allegati alla Parte Terza


Allegato 10 - Analisi economica
In vigore dal 29 aprile 2006

L'analisi economica riporta informazioni sufficienti e adeguatamente dettagliate (tenuto conto dei costi connessi alla raccolta dei dati pertinenti) al fine di:
a) effettuare i pertinenti calcoli necessari per prendere in considerazione il principio del recupero dei costi dei servizi idrici, tenuto conto delle previsioni a
lungo termine riguardo all'offerta e alla domanda di acqua nel distretto idrografico in questione e, se necessario:
- stime del volume, dei prezzi e dei costi connessi ai servizi idrici,
- stime dell'investimento corrispondente, con le relative previsioni;
b) formarsi un'opinione circa la combinazione delle misure più redditizie, relativamente agli utilizzi idrici, da includere nel programma di misure in base ad
una stima dei potenziali costi di dette misure.

Allegati alla Parte Terza


Allegato 11 - Elenco indicativo delle misure supplementari da inserire nei programmi
In vigore dal 29 aprile 2006

Elenchi degli elementi da inserire nei programmi di misure


Misure di base richieste ai sensi delle seguenti direttive:
i) direttiva 76/ 160/CEE sulle acque di balneazione
ii) direttiva 79/409/CEE sugli uccelli selvatici
iii) direttiva 80/778/CEE sulle acque destinate al consumo umano, modificata dalla direttiva 98/83/CE
iv) direttiva 96/82/CE sugli incidenti rilevanti (Seveso)
v) direttiva 85/337/ CEE sulla valutazione dell'impatto ambientale
vi) direttiva 86/278/CEE sulla protezione dell'ambiente nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione
vii) direttiva 91 / 271 / CEE sul trattamento delle acque reflue urbane
viii) direttiva 91 / 414/ CEE sui prodotti fitosanitari
ix) direttiva 91 /676/ CEE sui nitrati
x) direttiva 92/43/CEE sugli habitat
xi) direttiva 96/61/CE sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento
Elenco indicativo delle misure supplementari da inserire nei programmi di misure
Elenco delle eventuali misure supplementari che le regioni possono decidere di adottare all'interno di ciascun distretto idrografico ricadente nel territorio di
competenza nell'ambito del programma di misure.
i) provvedimenti legislativi
ii) provvedimenti amministrativi
iii) strumenti economici o fiscali
iv) accordi negoziati in materia ambientale
v) riduzione delle emissioni
vi) codici di buona prassi
vii) ricostituzione e ripristino delle zone umide
viii) riduzione delle estrazioni
ix) misure di gestione della domanda, tra le quali la promozione di una produzione agricola adeguata alla situazione, ad esempio raccolti a basso fabbisogno
idrico nelle zone colpite da siccità
x) misure tese a favorire l'efficienza e il riutilizzo, tra le quali l'incentivazione delle tecnologie efficienti dal punto di vista idrico nell'industria e tecniche di

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

irrigazione a basso consumo idrico


xi) progetti di costruzione
xii) impianti di desalinizzazione
xiii) progetti di ripristino
xiv) ravvenamento artificiale delle falde acquifere
xv) progetti educativi
xvi) progetti di ricerca, sviluppo e dimostrazione
xvii) altre misure opportune

Allegati alla Parte Quarta


Allegato A (1964)
In vigore dal 25 dicembre 2010

[1-Categorie di rifiuti
Q1 Residui di produzione o di consumo in appresso non specificati;
Q2 Prodotti fuori norma;
Q3 Prodotti scaduti;
Q4 Sostanze accidentalmente riversate, perdute o aventi subito qualunque altro incidente, compresi tutti i materiali, le attrezzature, ecc. contaminati in se-
guito all'incidente in questione;
Q5 Sostanze contaminate o insudiciate in seguito ad attività volontarie (a esempio residui di operazioni di pulizia, materiali da imballaggio, contenitori, ecc.);
Q6 Elementi inutilizzabili (ad esempio batterie fuori uso, catalizzatori esausti, ecc.);
Q7 Sostanze divenute inadatte all'impiego (a esempio acidi contaminati, solventi contaminati, sali da rinverdimento esauriti, ecc.);
Q8 Residui di processi industriali (a esempio scorie, residui di distillazione, ecc.);
Q9 Residui di procedimenti antinquinamento (a esempio fanghi di lavaggio di gas, polveri di filtri dell'aria, filtri usati, ecc.);
Q10 Residui di lavorazione/sagomatura (a esempio trucioli di tornitura o di fresatura, ecc.);
Q11 Residui provenienti dall'estrazione e dalla preparazione delle materie prime (a esempio residui provenienti da attività minerarie o petrolifere, ecc.);
Q12 Sostanze contaminate (a esempio olio contaminato da PCB, ecc.);
Q13 Qualunque materia, sostanza o prodotto la cui utilizzazione è giuridicamente vietata;
Q14 Prodotti di cui il detentore non si serve più (a esempio articoli messi fra gli scarti dell'agricoltura, dalle famiglie, dagli uffici, dai negozi, dalle officine,
ecc.);
Q15 Materie, sostanze o prodotti contaminati provenienti da attività di riattamento di terreni;
Q16 Qualunque sostanza, materia o prodotto che non rientri nelle categorie sopra elencate.]

(1964) Allegato abrogato dall'art. 39, comma 6, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato B - Operazioni di smaltimento (1967)
In vigore dal 25 dicembre 2010

D1 Deposito sul o nel suolo (ad esempio discarica).


D2 Trattamento in ambiente terrestre (ad esempio biodegradazione di rifiuti liquidi o fanghi nei suoli).
D3 Iniezioni in profondità (ad esempio iniezioni dei rifiuti pompabili in pozzi, in cupole saline o faglie geologiche naturali).
D4 Lagunaggio (ad esempio scarico di rifiuti liquidi o di fanghi in pozzi, stagni o lagune, ecc.).
D5 Messa in discarica specialmente allestita (ad esempio sistematizzazione in alveoli stagni, separati, ricoperti o isolati gli uni dagli altri e dall'ambiente).
D6 Scarico dei rifiuti solidi nell'ambiente idrico eccetto l'immersione.
D7 Immersione, compreso il seppellimento nel sottosuolo marino.
D8 Trattamento biologico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli che vengono eliminati secondo uno dei pro-
cedimenti elencati nei punti da D1 a D12.
D9 Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti
elencati nei punti da D1 a D12 (ad esempio evaporazione, essiccazione, calcinazione, ecc.)
D10 Incenerimento a terra.
D11 Incenerimento in mare. (1965)
D12 Deposito permanente (ad esempio sistemazione di contenitori in una miniera).
D13 Raggruppamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D12. (1966)
D14 Ricondizionamento preliminare prima di una delle operazioni di cui ai punti da D1 a D13.
D15 Deposito preliminare prima di uno delle operazioni di cui ai punti da D1 a D14 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel luogo in cui so-
no prodotti).

(1965) Questa operazione è vietata dalla normativa UE e dalle convenzioni internazionali.


(1966) In mancanza di un altro codice D appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti allo smaltimento, incluso il pretrattamento co-
me, tra l'altro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento o la separazione prima
di una delle operazioni indicate da D1 a D12.
(1967) Allegato così sostituito dall'art. 39, comma 5, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.
Allegati alla Parte Quarta

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Allegato C - Operazioni di recupero (1968)


In vigore dal 26 settembre 2020

R1 Utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia (4)
R2 Rigenerazione/recupero di solventi
R3 - Riciclaggio/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi (comprese le operazioni di compostaggio e altre trasformazioni biologiche
(**)
R4 - Riciclaggio /recupero dei metalli e dei composti metallici (***)
R5 - Riciclaggio/recupero di altre sostanze inorganiche (****)
R6 Rigenerazione degli acidi o delle basi
R7 Recupero dei prodotti che servono a ridurre l'inquinamento
R8 Recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori
R9 Rigenerazione o altri reimpieghi degli oli
R10 Trattamento in ambiente terrestre a beneficio dell'agricoltura o dell'ecologia
R11 Utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da R1 a R10
R12 Scambio di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate da R1 a R11 (7)
R13 Messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da R1 a R12 (escluso il deposito temporaneo, prima della raccolta, nel
luogo in cui sono prodotti) (8)
-------------------
(4) Gli impianti di incenerimento dei rifiuti solidi urbani sono compresi solo se la loro efficienza energetica è uguale o superiore a:
- 0,60 per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità della normativa comunitaria applicabile anteriormente al 1° gennaio 2009,
- 0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008,
calcolata con la seguente formula:
Efficienza energetica = {(Ep - (Ef + Ei))/(0,97 × (Ew + Ef))}* CCF
dove:
Ep = energia annua prodotta sotto forma di energia termica o elettrica. E' calcolata moltiplicando l'energia sotto forma di elettricità per 2,6 e l'energia termi-
ca prodotta per uso commerciale per 1,1 (GJ/anno)
Ef = alimentazione annua di energia nel sistema con combustibili che contribuiscono alla produzione di vapore (GJ/anno)
Ew = energia annua contenuta nei rifiuti trattati calcolata in base al potere calorifico netto dei rifiuti (GJ/anno)
Ei = energia annua importata, escluse Ew ed Ef (GJ/anno)
0,97 = fattore corrispondente alle perdite di energia dovute alle ceneri pesanti (scorie) e alle radiazioni.
CCF = valore del fattore di correzione corrispondente all'area climatica nella quale insiste l'impianto di incenerimento (Climate Correction Factor).
1. Per gli impianti funzionanti e autorizzati in conformità alla legislazione applicabile nell'Unione europea prima del 1 settembre 2015, CCF è uguale a:
CCF = 1 se HDDLLT>= 3350
CCF = 1,25 se HDDLLT <= 2150
CCF = - (0,25/1200) × HDDLLT + 1,698 se 2150 < HDDLLT < 3350
2. Per gli impianti autorizzati dopo il 31 agosto 2015 e per gli impianti di cui al punto 1 dopo il 31 dicembre 2029, CCF è uguale a:
CCF = 1 se HDDLLT>= 3350
CCF = 1,12 se HDDLLT <= 2150
CCF = - (0,12/1200) x HDDLLT + 1,335 se 2150 < HDDLLT < 3350
I valori di CCF sono approssimati alla terza cifra decimale.
Dove:
HDDLLT, ovvero HDD locale a lungo termine, è uguale alla media ventennale dei valori di HDDanno calcolati nell'area di riferimento come segue:

HDDanno è il grado di riscaldamento annuo calcolati nell'area di riferimento come segue:


HDDanno = ∑HDDi
HDDi è il grado di riscaldamento giornaliero dello i-esimo giorno
Pari a:
HDDi = (18°C - Tm) se Tm ≤ 15°C
HDDi = 0 se Tm> 15°C
Essendo Tm la temperatura media giornaliera, calcolata come (Tmin + Tmax)/2, del giorno "i" dell'anno di riferimento nell'area di riferimento.
I valori di temperatura sono quelli ufficiali dell'aeronautica militare della stazione meteorologica più rappresentativa in termini di prossimità e quota del sito
dell'impianto di incenerimento. Se nessuna stazione dell'aeronautica militare è rappresentativa del sito dell'impianto di incenerimento o non presenta una
sufficiente disponibilità di dati è possibile fare riferimento a dati di temperatura acquisiti da altre istituzioni del territorio, quali ad esempio le ARPA regionali
o altre reti locali.
La formula si applica conformemente al documento di riferimento sulle migliori tecniche disponibili per l'incenerimento dei rifiuti.
(**) Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, la gassificazione e la pirolisi che utilizzano i componenti come sostanze chimiche e il recupero di materia
organica sotto forma di riempimento.
(***) E' compresa la preparazione per il riutilizzo.
(****) Sono compresi la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio di materiali da costruzione inorganici, il recupero di sostanze inorganiche sotto forma di
riempimento e la pulizia del suolo risultante in un recupero del suolo.
(7) In mancanza di un altro codice R appropriato, può comprendere le operazioni preliminari precedenti al recupero, incluso il pretrattamento come, tra l'al-

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

tro, la cernita, la frammentazione, la compattazione, la pellettizzazione, l'essiccazione, la triturazione, il condizionamento, il ricondizionamento, la separa-
zione, il raggruppamento prima di una delle operazioni indicate da R 1 a R 11.
(8) NDR Il testo della nota (8) non risulta pubblicato nella Gazzetta Ufficiale.

(1968) Allegato modificato dall'art. 2, comma 42-bis, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4, sostituito dall'art. 39, comma 5, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e, succes-
sivamente, così modificato dall'art. 1, comma 1, D.M. 7 agosto 2013, a decorrere dal 20 agosto 2013, ai sensi di quanto disposto dal medesimo art. 1, com-
ma 2, D.M. 7 agosto 2013, dall'art. 1, comma 1, D.M. 19 maggio 2016, n. 134, a decorrere dal 21 luglio 2016, e dall'art. 8, comma 1, lett. a) e b), D.Lgs. 3 set-
tembre 2020, n. 116.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato D - Elenco dei rifiuti (1969)
Classificazione dei rifiuti.
In vigore dal 1 giugno 2021

Indice. Capitoli dell'elenco


01 Rifiuti derivanti da prospezione, estrazione da miniera o cava, nonche' dal trattamento fisico o chimico di minerali
01 01 Rifiuti da estrazione di minerali
01 01 01 rifiuti da estrazione di minerali metalliferi
01 01 02 rifiuti da estrazione di minerali non metalliferi
01 03 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi
01 03 04 * sterili che possono generare acido prodotti dalla lavorazione di minerale solforoso
01 03 05 * altri sterili contenenti sostanze pericolose
01 03 06 sterili diversi da quelli di cui alle voci 01 03 04 e 01 03 05
01 03 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali metalliferi
01 03 08 polveri e residui affini diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07
01 03 09 fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina, diversi da quelli di cui alla voce 01 03 10
01 03 10* fanghi rossi derivanti dalla produzione di allumina contenenti sostanze pericolose, diversi da quelli di cui alla voce 01 03 07
01 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
01 04 rifiuti prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi
01 04 07 * rifiuti contenenti sostanze pericolose, prodotti da trattamenti chimici e fisici di minerali non metalliferi
01 04 08 scarti di ghiaia e pietrisco, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07
01 04 09 scarti di sabbia e argilla
01 04 10 polveri e residui affini, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07
01 04 11 rifiuti della lavorazione di potassa e salgemma, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07
01 04 12 sterili ed altri residui del lavaggio e della pulitura di minerali, diversi da quelli di cui alle voci 0104 07 e 01 04 11
01 04 13 rifiuti prodotti dal taglio e dalla segagione della pietra, diversi da quelli di cui alla voce 01 04 07
01 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
01 05 fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione
01 05 04 fanghi e rifiuti di perforazione di pozzi per acque dolci
01 05 05 * fanghi e rifiuti di perforazione contenenti oli
01 05 06 * fanghi di perforazione ed altri rifiuti di perforazione contenenti sostanze pericolose
01 05 07 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti barite, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06
01 05 08 fanghi e rifiuti di perforazione contenenti cloruri, diversi da quelli delle voci 01 05 05 e 01 05 06
01 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 Rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca, preparazione e lavorazione di alimenti
02 01 rifiuti prodotti da agricoltura, orticoltura, acquacoltura, selvicoltura, caccia e pesca
02 01 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia
02 01 02 scarti di tessuti animali
02 01 03 scarti di tessuti vegetali
02 01 04 rifiuti plastici (ad esclusione degli imballaggi)
02 01 06 feci animali, urine e letame (comprese le lettiere usate), effluenti, raccolti separatamente e trattati fuori sito
02 01 07 rifiuti derivanti dalla silvicoltura
02 01 08 * rifiuti agrochimici contenenti sostanze pericolose
02 01 09 rifiuti agrochimici diversi da quelli della voce 02 01 08
02 01 10 rifiuti metallici
02 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 02 rifiuti della preparazione e della trasformazione di carne, pesce ed altri alimenti di origine animale
02 02 01 fanghi da operazioni di lavaggio e pulizia
02 02 02 scarti di tessuti animali
02 02 03 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 02 04 fanghi da trattamento in loco degli effluenti
02 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 03 rifiuti della preparazione e del trattamento di frutta, verdura, cereali, oli alimentari, cacao, caffq, tq e tabacco; della produzione di conserve alimentari;
della produzione di lievito ed estratto di lievito; della preparazione e fermentazione di melassa

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

02 03 01 fanghi prodotti da operazioni di lavaggio, pulizia, sbucciatura, centrifugazione e separazione


02 03 02 rifiuti legati all'impiego di conservanti
02 03 03 rifiuti prodotti dall'estrazione tramite solvente
02 03 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 03 05 fanghi da trattamento in loco degli effluenti
02 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 04 rifiuti prodotti dalla raffinazione dello zucchero
02 04 01 terriccio residuo delle operazioni di pulizia e lavaggio delle barbabietole
02 04 02 carbonato di calcio fuori specifica
02 04 03 fanghi da trattamento in loco degli effluenti
02 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 05 rifiuti dell'industria lattiero-casearia
02 05 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 05 02 fanghi da trattamento in loco degli effluenti
02 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 06 rifiuti dell'industria dolciaria e della panificazione
02 06 01 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 06 02 rifiuti prodotti dall'impiego di conservanti
02 06 03 fanghi da trattamento in loco degli effluenti
02 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
02 07 rifiuti della produzione di bevande alcoliche e analcoliche (tranne caffq, tq e cacao)
02 07 01 rifiuti prodotti dalle operazioni di lavaggio, pulizia e macinazione della materia prima
02 07 02 rifiuti prodotti dalla distillazione di bevande alcoliche
02 07 03 rifiuti prodotti dai trattamenti chimici
02 07 04 scarti inutilizzabili per il consumo o la trasformazione
02 07 05 fanghi da trattamento in loco degli effluenti
02 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
03 Rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli, mobili, polpa, carta e cartone
03 01 rifiuti della lavorazione del legno e della produzione di pannelli e mobili
03 01 01 scarti di corteccia e sughero
03 01 04 * segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci contenenti sostanze pericolose
03 01 05 segatura, trucioli, residui di taglio, legno, pannelli di truciolare e piallacci diversi da quelli di cui alla voce 03 01 04
03 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
03 02 rifiuti dei trattamenti conservativi del legno
03 02 01 * preservanti del legno contenenti composti organici non alogenati
03 02 02 * prodotti per trattamenti conservativi del legno contenenti composti organici clorurati
03 02 03 * prodotti per trattamenti conservativi del legno contenenti composti organometallici
03 02 04 * prodotti per trattamenti conservativi del legno contenenti composti inorganici
03 02 05 * altri prodotti per trattamenti conservativi del legno contenenti sostanze pericolose
03 02 99 prodotti per trattamenti conservativi del legno non specificati altrimenti
03 03 rifiuti della produzione e della lavorazione di polpa, carta e cartone
03 03 01 scarti di corteccia e legno
03 03 02 fanghi di recupero dei bagni di macerazione (green liquor)
03 03 05 fanghi derivanti da processi di deinchiostrazione nel riciclaggio della carta
03 03 07 scarti della separazione meccanica nella produzione di polpa da rifiuti di carta e cartone
03 03 08 scarti della selezione di carta e cartone destinati ad essere riciclati
03 03 09 fanghi di scarto contenenti carbonato di calcio
03 03 10 scarti di fibre e fanghi contenenti fibre, riempitivi e prodotti di rivestimento generati dai processi di separazione meccanica
03 03 11 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 03 03 10
03 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
04 Rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce, e dell'industria tessile
04 01 rifiuti della lavorazione di pelli e pellicce
04 01 01 carniccio e frammenti di calce
04 01 02 rifiuti di calcinazione
04 01 03 * bagni di sgrassatura esauriti contenenti solventi senza fase liquida
04 01 04 liquido di concia contenente cromo
04 01 05 liquido di concia non contenente cromo
04 01 06 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti cromo
04 01 07 fanghi, prodotti in particolare dal trattamento in loco degli effluenti, non contenenti cromo
04 01 08 rifiuti di cuoio conciato (scarti, cascami, ritagli, polveri di lucidatura) contenenti cromo
04 01 09 rifiuti delle operazioni di confezionamento e finitura
04 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
04 02 rifiuti dell'industria tessile
04 02 09 rifiuti da materiali compositi (fibre impregnate, elastomeri, plastomeri)

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 179


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

04 02 10 materiale organico proveniente da prodotti naturali (ad es. grasso, cera)


04 02 14 * rifiuti provenienti da operazioni di finitura, contenenti solventi organici
04 02 15 rifiuti da operazioni di finitura, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 14
04 02 16 * tinture e pigmenti contenenti sostanze pericolose
04 02 17 tinture e pigmenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 16
04 02 19 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
04 02 20 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 04 02 19
04 02 21 rifiuti da fibre tessili grezze
04 02 22 rifiuti da fibre tessili lavorate
04 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
05 Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone
05 01 rifiuti della raffinazione del petrolio
05 01 02 * fanghi da processi di dissalazione
05 01 03 * morchie da fondi di serbatoi
05 01 04 * fanghi acidi prodotti da processi di alchilazione
05 01 05 * perdite di olio
05 01 06 * fanghi oleosi prodotti dalla manutenzione di impianti e apparecchiature
05 01 07 * catrami acidi
05 01 08 * altri catrami
05 01 09 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
05 01 10 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 05 01 09
05 01 11 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti mediante basi
05 01 12 * acidi contenenti oli
05 01 13 fanghi residui dell'acqua di alimentazione delle caldaie
05 01 14 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento
05 01 15 * filtri di argilla esauriti
05 01 16 rifiuti contenenti zolfo prodotti dalla desolforizzazione del petrolio
05 01 17 bitume
05 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
05 06 rifiuti prodotti dal trattamento pirolitico del carbone
05 06 01 * catrami acidi
05 06 03 * altri catrami
05 06 04 rifiuti prodotti dalle torri di raffreddamento
05 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
05 07 rifiuti prodotti dalla purificazione e dal trasporto di gas naturale
05 07 01 * rifiuti contenenti mercurio
05 07 02 rifiuti contenenti zolfo
05 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 Rifiuti dei processi chimici inorganici
06 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di acidi
06 01 01 * acido solforico ed acido solforoso
06 01 02 * acido cloridrico
06 01 03 * acido fluoridrico
06 01 04 * acido fosforico e fosforoso
06 01 05 * acido nitrico e acido nitroso
06 01 06 * altri acidi
06 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di basi
06 02 01 * idrossido di calcio
06 02 03 * idrossido di ammonio
06 02 04 * idrossido di sodio e di potassio
06 02 05 * altre basi
06 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di sali, loro soluzioni e ossidi metallici
06 03 11 * sali e loro soluzioni, contenenti cianuri
06 03 13 * sali e loro soluzioni, contenenti metalli pesanti
06 03 14 sali e loro soluzioni, diversi da quelli di cui alle voci 06 03 11 e 06 03 13
06 03 15 * ossidi metallici contenenti metalli pesanti
06 03 16 ossidi metallici, diversi da quelli di cui alla voce 06 03 15
06 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 04 rifiuti contenenti metalli, diversi da quelli di cui alla voce 06 03
06 04 03 * rifiuti contenenti arsenico
06 04 04 * rifiuti contenenti mercurio
06 04 05 * rifiuti contenenti altri metalli pesanti

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 180


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

06 04 99 rifiuti non specificati altrimenti


06 05 fanghi da trattamento in loco degli effluenti
06 05 02 * fanghi da trattamento in loco di effluenti, contenenti sostanze pericolose
06 05 03 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 06 05 02
06 06 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti chimici contenenti zolfo, dei processi chimici dello zolfo e dei processi di desolfora-
zione
06 06 02 * rifiuti contenenti solfuri pericolosi
06 06 03 rifiuti contenenti solfuri, diversi da quelli di cui alla voce 06 06 02
06 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 07 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti alogeni e dei processi chimici degli alogeni
06 07 01 * rifiuti dei processi elettrolitici, contenenti amianto
06 07 02 * carbone attivato dalla produzione di cloro
06 07 03 * fanghi di solfati di bario, contenenti mercurio
06 07 04 * soluzioni ed acidi, ad esempio acido di contatto
06 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 08 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso del silicio e dei suoi derivati
06 08 02 * rifiuti contenenti clorosilani pericolosi
06 08 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 09 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti fosforosi e dei processi chimici del fosforo
06 09 02 scorie fosforose
06 09 03 * rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio contenenti o contaminati da sostanze pericolose
06 09 04 rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio, diversi da quelli di cui alla voce 06 09 03
06 09 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 10 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti chimici contenenti azoto, dei processi chimici dell'azoto e della produzione di fertiliz-
zanti
06 10 02 * rifiuti contenenti sostanze pericolose
06 10 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 11 rifiuti dalla produzione di pigmenti inorganici e opacificanti
06 11 01 rifiuti prodotti da reazioni a base di calcio nella produzione di diossido di titanio
06 11 99 rifiuti non specificati altrimenti
06 13 rifiuti di processi chimici inorganici non specificati altrimenti
06 13 01 * prodotti fitosanitari, agenti conservativi del legno ed altri biocidi inorganici
06 13 02 * carbone attivo esaurito (tranne 06 07 02)
06 13 03 nerofumo
06 13 04 * rifiuti derivanti dai processi di lavorazione dell'amianto
06 13 05 * fuliggine
06 13 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 Rifiuti dei processi chimici organici
07 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti chimici organici di base
07 01 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 01 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 01 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 01 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 01 08 * altri fondi e residui di reazione
07 01 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati
07 01 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 01 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 01 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 01 11
07 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di plastiche, gomme sintetiche e fibre artificiali
07 02 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 02 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 02 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 02 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 02 08 * altri fondi e residui di reazione
07 02 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati
07 02 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 02 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 02 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 11
07 02 13 rifiuti plastici
07 02 14 * rifiuti prodotti da additivi, contenenti sostanze pericolose
07 02 15 rifiuti prodotti da additivi, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 14
07 02 16 * rifiuti contenenti siliconi pericolosi
07 02 17 rifiuti contenenti siliconi diversi da quelli di cui alla voce 07 02 16

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 181


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

07 02 17* rifiuti contenenti siliconi, diversi da quelli di cui alla voce 07 02 16


07 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di coloranti e pigmenti organici (tranne 06 11)
07 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 03 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 03 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 03 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 03 08 * altri fondi e residui di reazione
07 03 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 03 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 03 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 03 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 03 11
07 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 04 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di prodotti fitosanitari (tranne 02 01 08 e 02 01 09), agenti conservativi del legno (tranne 03 02)
ed altri biocidi, organici
07 04 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 04 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 04 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 04 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 04 08 * altri fondi e residui di reazione
07 04 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 04 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 04 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 04 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 04 11
07 04 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose
07 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 05 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti farmaceutici
07 05 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 05 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 05 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 05 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 05 08 * altri fondi e residui di reazione
07 05 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 05 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 05 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 05 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 05 11
07 05 13 * rifiuti solidi contenenti sostanze pericolose
07 05 14 rifiuti solidi diversi da quelli di cui alla voce 07 05 13
07 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 06 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di grassi, lubrificanti, saponi, detergenti, disinfettanti e cosmetici
07 06 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 06 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 06 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 06 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 06 08 * altri fondi e residui di reazione
07 06 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti alogenati
07 06 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 06 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 06 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 06 11
07 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
07 07 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di prodotti della chimica fine e di prodotti chimici non specificati altrimenti
07 07 01 * soluzioni acquose di lavaggio ed acque madri
07 07 03 * solventi organici alogenati, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 07 04 * altri solventi organici, soluzioni di lavaggio ed acque madri
07 07 07 * fondi e residui di reazione, alogenati
07 07 08 * altri fondi e residui di reazione
07 07 09 * residui di filtrazione e assorbenti esauriti, alogenati
07 07 10 * altri residui di filtrazione e assorbenti esauriti
07 07 11 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
07 07 12 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 07 07 11
07 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa
08 01 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso nonché della rimozione di pitture e vernici
08 01 11 * pitture e vernici di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

08 01 12 pitture e vernici di scarto, diverse da quelle di cui alla voce 08 01 11


08 01 13 * fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 01 14 fanghi prodotti da pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 13
08 01 15 * fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 01 16 fanghi acquosi contenenti pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 15
08 01 17 * fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 01 18 fanghi prodotti dalla rimozione di pitture e vernici, diversi da quelli di cui alla voce 08 01 17
08 01 19 * sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 01 20 sospensioni acquose contenenti pitture e vernici, diverse da quelle di cui alla voce 08 01 19
08 01 21 * residui di pittura o di sverniciatori
08 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 02 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di altri rivestimenti (inclusi materiali ceramici)
08 02 01 polveri di scarti di rivestimenti
08 02 02 fanghi acquosi contenenti materiali ceramici
08 02 03 sospensioni acquose contenenti materiali ceramici
08 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 03 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di inchiostri per stampa
08 03 07 fanghi acquosi contenenti inchiostro
08 03 08 rifiuti liquidi acquosi contenenti inchiostro
08 03 12 * scarti di inchiostro, contenenti sostanze pericolose
08 03 13 scarti di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 12
08 03 14 * fanghi di inchiostro, contenenti sostanze pericolose
08 03 15 fanghi di inchiostro, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 14
08 03 16 * residui di soluzioni per incisione
08 03 17 * toner per stampa esauriti, contenenti sostanze pericolose
08 03 18 toner per stampa esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 08 03 17
08 03 19 * oli dispersi
08 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 04 rifiuti della produzione, formulazione, fornitura e uso di adesivi e sigillanti (inclusi i prodotti impermeabilizzanti)
08 04 09 * adesivi e sigillanti di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 04 10 adesivi e sigillanti di scarto, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 09
08 04 11 * fanghi di adesivi e sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 04 12 fanghi di adesivi e sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 11
08 04 13 * fanghi acquosi contenenti adesivi o sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 04 14 fanghi acquosi contenenti adesivi o sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 13
08 04 15 * rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi o sigillanti, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose
08 04 16 rifiuti liquidi acquosi contenenti adesivi o sigillanti, diversi da quelli di cui alla voce 08 04 15
08 04 17 * olio di resina
08 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
08 05 rifiuti non specificati altrimenti alla voce 08
08 05 01 * isocianati di scarto
09 Rifiuti dell'industria fotografica
09 01 rifiuti dell'industria fotografica
09 01 01 * soluzioni di sviluppo e soluzioni attivanti a base acquosa
09 01 02 * soluzioni di sviluppo per lastre offset a base acquosa
09 01 03 * soluzioni di sviluppo a base di solventi
09 01 04 * soluzioni di fissaggio
09 01 05* soluzioni di lavaggio e soluzioni di arresto-fissaggio
09 01 06 * rifiuti contenenti argento prodotti dal trattamento in loco di rifiuti fotografici
09 01 07 carta e pellicole per fotografia, contenenti argento o composti dell'argento
09 01 08 carta e pellicole per fotografia, non contenenti argento o composti dell'argento
09 01 10 macchine fotografiche monouso senza batterie
09 01 11 * macchine fotografiche monouso contenenti batterie incluse nelle voci 16 06 01, 16 06 02 o 16 06 03
09 01 12 macchine fotografiche monouso diverse da quelle di cui alla voce 09 01 11
09 01 13 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal recupero in loco dell'argento, diversi da quelli di cui alla voce 09 01 06
09 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 Rifiuti provenienti da processi termici
10 01 rifiuti prodotti da centrali termiche ed altri impianti termici (tranne 19)
10 01 01 ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia (tranne le polveri di caldaia di cui alla voce 10 01 04)
10 01 02 ceneri leggere di carbone
10 01 03 ceneri leggere di torba e di legno non trattato
10 01 04 * ceneri leggere di olio combustibile e polveri di caldaia
10 01 05 rifiuti solidi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi
10 01 07 rifiuti fangosi prodotti da reazioni a base di calcio nei processi di desolforazione dei fumi

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

10 01 09 * acido solforico
10 01 13 * ceneri leggere prodotte da idrocarburi emulsionati usati come combustibile
10 01 14 * ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose
10 01 15 ceneri pesanti, scorie e polveri di caldaia prodotte dal coincenerimento, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 14
10 01 16 * ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, contenenti sostanze pericolose
10 01 17 ceneri leggere prodotte dal coincenerimento, diverse da quelle di cui alla voce 10 01 16
10 01 18 * rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 01 19 rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, diversi da quelli di cui alle voci 10 01 05, 10 01 07 e 10 01 18
10 01 20 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
10 01 21 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 20
10 01 22 * fanghi acquosi da operazioni di pulizia di caldaie, contenenti sostanze pericolose
10 01 23 fanghi acquosi da operazioni di pulizia di caldaie, diversi da quelli di cui alla voce 10 01 22
10 01 24 sabbie dei reattori a letto fluidizzato
10 01 25 rifiuti dell'immagazzinamento e della preparazione del combustibile delle centrali termoelettriche a carbone
10 01 26 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento
10 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 02 rifiuti dell'industria siderurgica
10 02 01 rifiuti del trattamento delle scorie
10 02 02 scorie non trattate
10 02 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 02 08 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 07
10 02 10 scaglie di laminazione
10 02 11 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli
10 02 12 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 11
10 02 13 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 02 14 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 02 13
10 02 15 altri fanghi e residui di filtrazione
10 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 03 rifiuti della metallurgia termica dell'alluminio
10 03 02 frammenti di anodi
10 03 04 * scorie della produzione primaria
10 03 05 rifiuti di allumina
10 03 08 * scorie saline della produzione secondaria
10 03 09 * scorie nere della produzione secondaria
10 03 15 * schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose
10 03 16 schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 03 15
10 03 17 * rifiuti contenenti catrame derivanti dalla produzione di anodi
10 03 18 rifiuti contenenti carbonio derivanti dalla produzione degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 17
10 03 19 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose
10 03 20 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 03 19
10 03 21 * altre polveri e particolati (compresi quelli prodotti da mulini a palle), contenenti sostanze pericolose
10 03 22 altre polveri e particolati (compresi quelli prodotti da mulini a palle), diverse da quelle di cui alla voce 10 03 21
10 03 23 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 03 24 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 23
10 03 25 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 03 26 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 25
10 03 27 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli
10 03 28 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 27
10 03 29 * rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie nere, contenenti sostanze pericolose
10 03 30 rifiuti prodotti dal trattamento di scorie saline e scorie nere, diversi da quelli di cui alla voce 10 03 29
10 03 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 04 rifiuti della metallurgia termica del piombo
10 04 01 * scorie della produzione primaria e secondaria
10 04 02 * scorie e schiumature della produzione primaria e secondaria
10 04 03 * arsenato di calcio
10 04 04 * polveri dei gas di combustione
10 04 05 * altre polveri e particolato
10 04 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
10 04 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
10 04 09 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli
10 04 10 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 04 09
10 04 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 05 rifiuti della metallurgia termica dello zinco
10 05 01 scorie della produzione primaria e secondaria

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 184


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

10 05 03 * polveri dei gas di combustione


10 05 04 altre polveri e particolato
10 05 05 * rifiuti solidi derivanti dal trattamento dei fumi
10 05 06 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
10 05 08 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli
10 05 09 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 05 08
10 05 10 * scorie e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose
10 05 11 scorie e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 05 10
10 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 06 rifiuti della metallurgia termica del rame
10 06 01 scorie della produzione primaria e secondaria
10 06 02 scorie e schiumature della produzione primaria e secondaria
10 06 03 * polveri dei gas di combustione
10 06 04 altre polveri e particolato
10 06 06 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
10 06 07 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
10 06 09 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli
10 06 10 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 06 09
10 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 07 rifiuti della metallurgia termica di argento, oro e platino
10 07 01 scorie della produzione primaria e secondaria
10 07 02 scorie e schiumature della produzione primaria e secondaria
10 07 03 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
10 07 04 altre polveri e particolato
10 07 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
10 07 07 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli
10 07 08 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 07 07
10 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 08 rifiuti della metallurgia termica di altri minerali non ferrosi
10 08 04 polveri e particolato
10 08 08 * scorie saline della produzione primaria e secondaria
10 08 09 altre scorie
10 08 10 * scorie e schiumature infiammabili o che rilasciano, al contatto con l'acqua, gas infiammabili in quantità pericolose
10 08 11 scorie e schiumature diverse da quelle di cui alla voce 10 08 10
10 08 12 * rifiuti contenenti catrame derivante dalla produzione degli anodi
10 08 13 rifiuti contenenti carbonio della produzione degli anodi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 12
10 08 14 frammenti di anodi
10 08 15 * polveri dei gas di combustione, contenenti sostanze pericolose
10 08 16 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 08 15
10 08 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 08 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 17
10 08 19 * rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, contenenti oli
10 08 20 rifiuti prodotti dal trattamento delle acque di raffreddamento, diversi da quelli di cui alla voce 10 08 19
10 08 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 09 rifiuti della fusione di materiali ferrosi
10 09 03 scorie di fusione
10 09 05 * forme e anime da fonderia inutilizzate, contenenti sostanze pericolose
10 09 06 forme e anime da fonderia inutilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 09 05
10 09 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze pericolose
10 09 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 09 07
10 09 09 * polveri dei gas di combustione contenenti sostanze pericolose
10 09 10 polveri dei gas di combustione diverse, da quelle di cui alla voce 10 09 09
10 09 11 * altri particolati contenenti sostanze pericolose
10 09 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 09 11
10 09 13 * scarti di leganti contenenti sostanze pericolose
10 09 14 scarti di leganti diversi da quelli di cui alla voce 10 09 13
10 09 15 * scarti di rilevatori di crepe, contenenti sostanze pericolose
10 09 16 scarti di rilevatori di crepe, diversi da quelli di cui alla voce 10 09 15
10 09 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 10 rifiuti della fusione di materiali non ferrosi
10 10 03 scorie di fusione
10 10 05 * forme e anime da fonderia inutilizzate, contenenti sostanze pericolose
10 10 06 forme e anime da fonderia inutilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 05
10 10 07 * forme e anime da fonderia utilizzate, contenenti sostanze pericolose

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

10 10 08 forme e anime da fonderia utilizzate, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 07


10 10 09 * polveri di gas di combustione, contenenti sostanze pericolose
10 10 10 polveri dei gas di combustione, diverse da quelle di cui alla voce 10 10 09
10 10 11 * altri particolati contenenti sostanze pericolose
10 10 12 altri particolati diversi da quelli di cui alla voce 10 10 11
10 10 13 * scarti di leganti contenenti sostanze pericolose
10 10 14 scarti di leganti diversi da quelli di cui alla voce 10 10 13
10 10 15 * scarti di rilevatori di crepe, contenenti sostanze pericolose
10 10 16 scarti di rilevatori di crepe, diversi da quelli di cui alla voce 10 10 15
10 10 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 11 rifiuti della fabbricazione del vetro e di prodotti di vetro
10 11 03 scarti di materiali in fibra a base di vetro
10 11 05 polveri e particolato
10 11 09 * residui di miscela di preparazione non sottoposti a trattamento termico, contenenti sostanze pericolose
10 11 10 residui di miscela di preparazione non sottoposti a trattamento termico, diverse da quelle di cui alla voce 10 11 09
10 11 11 * rifiuti di vetro in forma di particolato e polveri di vetro contenenti metalli pesanti (provenienti ad esempio da tubi a raggi catodici)
10 11 12 rifiuti di vetro diversi da quelli di cui alla voce 10 11 11
10 11 13 * fanghi provenienti dalla lucidatura e dalla macinazione del vetro, contenenti sostanze pericolose
10 11 14 fanghi provenienti dalla lucidatura e dalla macinazione del vetro, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 13
10 11 15 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento di fumi, contenenti sostanze pericolose
10 11 16 rifiuti prodotti dal trattamento di fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 15
10 11 17 * fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento di fumi, contenenti sostanze pericolose
10 11 18 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento di fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 17
10 11 19 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
10 11 20 rifiuti solidi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 10 11 19
10 11 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 12 rifiuti della fabbricazione di prodotti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione
10 12 01 residui di miscela non sottoposti a trattamento termico
10 12 03 polveri e particolato
10 12 05 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
10 12 06 stampi di scarto
10 12 08 scarti di ceramica, mattoni, mattonelle e materiali da costruzione (sottoposti a trattamento termico)
10 12 09 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 12 10 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 12 09
10 12 11 * rifiuti delle operazioni di smaltatura, contenenti metalli pesanti
10 12 12 rifiuti delle operazioni di smaltatura diversi da quelli di cui alla voce 10 12 11
10 12 13 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti
10 12 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 13 rifiuti della fabbricazione di cemento, calce e gesso e manufatti di tali materiali
10 13 01 residui di miscela non sottoposti a trattamento termico
10 13 04 rifiuti di calcinazione e di idratazione della calce
10 13 06 polveri e particolato (eccetto quelli delle voci 10 13 12 e 10 13 13)
10 13 07 fanghi e residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
10 13 09 * rifiuti della fabbricazione di cemento-amianto, contenenti amianto
10 13 10 rifiuti della fabbricazione di cemento-amianto, diversi da quelli di cui alla voce 10 13 09
10 13 11 rifiuti della produzione di materiali compositi a base di cemento, diversi da quelli di cui alle voci 10 13 09 e 10 13 10
10 13 12 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, contenenti sostanze pericolose
10 13 13 rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi, diversi da quelli di cui alla voce 10 13 12
10 13 14 rifiuti e fanghi di cemento
10 13 99 rifiuti non specificati altrimenti
10 14 rifiuti prodotti dai forni crematori
10 14 01 * rifiuti prodotti dalla depurazione dei fumi, contenenti mercurio
11 Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non ferrosa
11 01 rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e rivestimento di metalli (ad esempio, processi galvanici, zincatura, decappaggio, pulitura elettroli-
tica, fosfatazione, sgrassaggio con alcali, anodizzazione)
11 01 05 * acidi di decappaggio
11 01 06 * acidi non specificati altrimenti
11 01 07 * basi di decappaggio
11 01 08 * fanghi di fosfatazione
11 01 09 * fanghi e residui di filtrazione, contenenti sostanze pericolose
11 01 10 fanghi e residui di filtrazione, diversi da quelli di cui alla voce 11 01 09
11 01 11 * soluzioni acquose di lavaggio, contenenti sostanze pericolose
11 01 12 soluzioni acquose di lavaggio, diverse da quelle di cui alla voce 11 01 11
11 01 13 * rifiuti di sgrassaggio contenenti sostanze pericolose

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 186


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

11 01 14 rifiuti di sgrassaggio diversi da quelli di cui alla voce 11 01 13


11 01 15 * eluati e fanghi di sistemi a membrana o sistemi a scambio ionico, contenenti sostanze pericolose
11 01 16 * resine a scambio ionico saturate o esaurite
11 01 98 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
11 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
11 02 rifiuti prodotti dalla lavorazione idrometallurgica di metalli non ferrosi
11 02 02 * fanghi della lavorazione idrometallurgica dello zinco (compresi Marosite, goethite)
11 02 03 rifiuti della produzione di anodi per processi elettrolitici acquosi
11 02 05 * rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, contenenti sostanze pericolose
11 02 06 rifiuti della lavorazione idrometallurgica del rame, diversi da quelli della voce 11 02 05
11 02 07 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
11 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
11 03 rifiuti solidi e fanghi prodotti da processi di rinvenimento
11 03 01 * rifiuti contenenti cianuro
11 03 02 * altri rifiuti
11 05 rifiuti prodotti da processi di galvanizzazione a caldo
11 05 01 zinco solido
11 05 02 ceneri di zinco
11 05 03 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
11 05 04 * fondente esaurito
11 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
12 Rifiuti prodotti dalla sagomatura e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica
12 01 rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica
12 01 01 limatura e trucioli di metalli ferrosi
12 01 02 polveri e particolato di metalli ferrosi
12 01 03 limatura e trucioli di metalli non ferrosi
12 01 04 polveri e particolato di metalli non ferrosi
12 01 05 limatura e trucioli di materiali plastici
12 01 06 * oli minerali per macchinari, contenenti alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni)
12 01 07 * oli minerali per macchinari, non contenenti alogeni (eccetto emulsioni e soluzioni)
12 01 08 * emulsioni e soluzioni per macchinari, contenenti alogeni
12 01 09 * emulsioni e soluzioni per macchinari, non contenenti alogeni
12 01 10 * oli sintetici per macchinari
12 01 12 * cere e grassi esauriti
12 01 13 rifiuti di saldatura
12 01 14 * fanghi di lavorazione, contenenti sostanze pericolose
12 01 15 fanghi di lavorazione, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 14
12 01 16 * residui di materiale di sabbiatura, contenente sostanze pericolose
12 01 17 residui di materiale di sabbiatura, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 16
12 01 18 * fanghi metallici (fanghi di rettifica, affilatura e lappatura) contenenti oli
12 01 19 * oli per macchinari, facilmente biodegradabili
12 01 20 * corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti, contenenti sostanze pericolose
12 01 21 corpi d'utensile e materiali di rettifica esauriti, diversi da quelli di cui alla voce 12 01 20
12 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
12 03 rifiuti prodotti da processi di sgrassatura ad acqua e vapore (tranne 11)
12 03 01 * soluzioni acquose di lavaggio
12 03 02 * rifiuti prodotti da processi di sgrassatura a vapore
13 Oli esauriti e residui di combustibili liquidi (tranne oli commestibili ed oli di cui ai capitoli 05, 12 e 19)
13 01 scarti di oli per circuiti idraulici
13 01 01 * oli per circuiti idraulici contenenti PCB
13 01 04 * emulsioni clorurate
13 01 05 * emulsioni non clorurate
13 01 09 * oli minerali per circuiti idraulici, clorurati
13 01 10 * oli minerali per circuiti idraulici, non clorurati
13 01 11 * oli sintetici per circuiti idraulici
13 01 12 * oli per circuiti idraulici, facilmente biodegradabili
13 01 13 * altri oli per circuiti idraulici
13 02 scarti di olio motore, olio per ingranaggi e oli lubrificanti
13 02 04 * oli minerali per motori, ingranaggi e lubrificazione, clorurati
13 02 05 * oli minerali per motori, ingranaggi e lubrificazione, non clorurati
13 02 06 * oli sintetici per motori, ingranaggi e lubrificazione
13 02 07 * oli per motori, ingranaggi e lubrificazione, facilmente biodegradabili
13 02 08 * altri oli per motori, ingranaggi e lubrificazione
13 03 oli isolanti e oli termoconduttori usati

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

13 03 01 * oli isolanti o oli termoconduttori, contenenti PCB


13 03 06 * oli minerali isolanti e termoconduttori clorurati, diversi da quelli di cui alla voce 13 03 01
13 03 07 * oli minerali isolanti e termoconduttori non clorurati
13 03 08 * oli sintetici isolanti e oli termoconduttori
13 03 09 * oli isolanti e oli termoconduttori, facilmente biodegradabili
13 03 10 * altri oli isolanti e oli termoconduttori
13 04 oli di sentina
13 04 01 * oli di sentina da navigazione interna
13 04 02 * oli di sentina derivanti dalle fognature dei moli
13 04 03 * oli di sentina da un altro tipo di navigazione
13 05 prodotti di separazione olio/acqua
13 05 01 * rifiuti solidi delle camere a sabbia e di prodotti di separazione olio/acqua
13 05 02 * fanghi di prodotti di separazione olio/acqua
13 05 03 * fanghi da collettori
13 05 06 * oli prodotti da separatori olio/acqua
13 05 07 * acque oleose prodotte da separatori olio/acqua
13 05 08 * miscugli di rifiuti prodotti da camere a sabbia e separatori olio/acqua
13 07 residui di combustibili liquidi
13 07 01 * olio combustibile e carburante diesel
13 07 02 * benzina
13 07 03 * altri carburanti (comprese le miscele)
13 08 rifiuti di oli non specificati altrimenti
13 08 01 * fanghi ed emulsioni da processi di dissalazione
13 08 02 * altre emulsioni
13 08 99 * rifiuti non specificati altrimenti
14 Solventi organici, refrigeranti e propellenti di scarto (tranne 07 e 08)
14 06 rifiuti di solventi organici, refrigeranti e propellenti di schiuma/aerosol
14 06 01 * clorofluorocarburi, +CFC, +FC
14 06 02 * altri solventi e miscele di solventi, alogenati
14 06 03 * altri solventi e miscele di solventi
14 06 04 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti solventi alogenati
14 06 05 * fanghi o rifiuti solidi, contenenti altri solventi
15 Rifiuti di imballaggio; assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi (non specificati altrimenti)
15 01 imballaggi (compresi i rifiuti urbani di imballaggio oggetto di raccolta differenziata)
15 01 01 imballaggi di carta e cartone
15 01 02 imballaggi di plastica
15 01 03 imballaggi in legno
15 01 04 imballaggi metallici
15 01 05 imballaggi compositi
15 01 06 imballaggi in materiali misti
15 01 07 imballaggi di vetro
15 01 09 imballaggi in materia tessile
15 01 10 * imballaggi contenenti residui di sostanze pericolose o contaminati da tali sostanze
15 01 11 * imballaggi metallici contenenti matrici solide porose pericolose (ad esempio amianto), compresi i contenitori a pressione vuoti
15 02 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi
15 02 02 * assorbenti, materiali filtranti (inclusi filtri dell'olio non specificati altrimenti), stracci e indumenti protettivi, contaminati da sostanze pericolose
15 02 03 assorbenti, materiali filtranti, stracci e indumenti protettivi, diversi da quelli di cui alla voce 15 02 02
16 Rifiuti non specificati altrimenti nell'elenco
16 01 veicoli fuori uso appartenenti a diversi modi di trasporto (comprese le macchine mobili non stradali) e rifiuti prodotti dallo smantellamento di veicoli
fuori uso e dalla manutenzione di veicoli (tranne 13, 14, 16 06 e 16 08)
16 01 03 pneumatici fuori uso
16 01 04 * veicoli fuori uso
16 01 06 veicoli fuori uso, non contenenti liquidi né altre componenti pericolose
16 01 07 * filtri dell'olio
16 01 08 * componenti contenenti mercurio
16 01 09 * componenti contenenti PCB
16 01 10 * componenti esplosivi (ad esempio "air bag")
16 01 11 * pastiglie per freni, contenenti amianto
16 01 12 pastiglie per freni, diverse da quelle di cui alla voce 16 01 11
16 01 13 * liquidi per freni
16 01 14 * liquidi antigelo contenenti sostanze pericolose
16 01 15 liquidi antigelo diversi da quelli di cui alla voce 16 01 14
16 01 16 serbatoi per gas liquefatto
16 01 17 metalli ferrosi

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 188


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

16 01 18 metalli non ferrosi


16 01 19 plastica
16 01 20 vetro
16 01 21 * componenti pericolosi diversi da quelli di cui alle voci da 16 01 07 a 16 01 11, 16 01 13 e 16 01 14
16 01 22 componenti non specificati altrimenti
16 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
16 02 rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche
16 02 09 * trasformatori e condensatori contenenti PCB
16 02 10 * apparecchiature fuori uso contenenti PCB o da essi contaminate, diverse da quelle di cui alla voce 16 02 09
16 02 11 * apparecchiature fuori uso, contenenti clorofluorocarburi, +CFC, +FC
16 02 12 * apparecchiature fuori uso, contenenti amianto in fibre libere
16 02 13 * apparecchiature fuori uso, contenenti componenti pericolosi (1) diversi da quelli di cui
alle voci 16 02 09 e 16 02 12
(1) Fra i componenti pericolosi di apparecchiature elettriche ed elettroniche possono rientrare gli accumulatori e le batterie di cui alle voci 16 06, contrasse-
gnati come pericolosi; commutatori a mercurio, vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi ecc.
16 02 14 apparecchiature fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci da 16 02 09 a 16 02 13
16 02 15 * componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso
16 02 16 componenti rimossi da apparecchiature fuori uso diversi da quelli di cui alla voce 16 02 15
16 03 prodotti fuori specifica e prodotti inutilizzati
16 03 03 * rifiuti inorganici contenenti sostanze pericolose
16 03 04 rifiuti inorganici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 03
16 03 05 * rifiuti organici contenenti sostanze pericolose
16 03 06 rifiuti organici, diversi da quelli di cui alla voce 16 03 05
16 03 07* mercurio metallico
16 04 esplosivi di scarto
16 04 01 * munizioni di scarto
16 04 02 * fuochi artificiali di scarto
16 04 03 * altri esplosivi di scarto
16 05 gas in contenitori a pressione e sostanze chimiche di scarto
16 05 04 * gas in contenitori a pressione (compresi gli halon), contenenti sostanze pericolose
16 05 05 gas in contenitori a pressione, diversi da quelli di cui alla voce 16 05 04
16 05 06 * sostanze chimiche di laboratorio contenenti o costituite da sostanze pericolose, comprese le miscele di sostanze chimiche di laboratorio
16 05 07 * sostanze chimiche inorganiche di scarto contenenti o costituite da sostanze pericolose
16 05 08 * sostanze chimiche organiche di scarto contenenti o costituite da sostanze pericolose
16 05 09 sostanze chimiche di scarto diverse da quelle di cui alle voci 16 05 06, 16 05 07 e 16 05 08
16 06 batterie ed accumulatori
16 06 01 * batterie al piombo
16 06 02 * batterie al nichel-cadmio
16 06 03 * batterie contenenti mercurio
16 06 04 batterie alcaline (tranne 16 06 03)
16 06 05 altre batterie ed accumulatori
16 06 06 * elettroliti di batterie ed accumulatori, oggetto di raccolta differenziata
16 07 rifiuti della pulizia di serbatoi e di fusti per trasporto e stoccaggio (tranne 05 e 13)
16 07 08 * rifiuti contenenti oli
16 07 09 * rifiuti contenenti altre sostanze pericolose
16 07 99 rifiuti non specificati altrimenti
16 08 catalizzatori esauriti
16 08 01 catalizzatori esauriti contenenti oro, argento, renio, rodio, palladio, iridio o platino (tranne 16 08 07)
16 08 02* catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione pericolosi o composti di metalli di transizione pericolosi
16 08 03 catalizzatori esauriti contenenti metalli di transizione o composti di metalli di transizione, non specificati altrimenti
16 08 04 catalizzatori liquidi esauriti per il cracNing catalitico (tranne 16 08 07)
16 08 05 * catalizzatori esauriti contenenti acido fosforico
16 08 06 * liquidi esauriti usati come catalizzatori
16 08 07 * catalizzatori esauriti contaminati da sostanze pericolose
16 09 sostanze ossidanti
16 09 01 * permanganati, ad esempio permanganato di potassio
16 09 02 * cromati, ad esempio cromato di potassio, dicromato di potassio o di sodio
16 09 03 * perossidi, ad esempio perossido d'idrogeno
16 09 04 * sostanze ossidanti non specificate altrimenti
16 10 rifiuti liquidi acquosi destinati ad essere trattati fuori sito
16 10 01 * rifiuti liquidi acquosi, contenenti sostanze pericolose
16 10 02 rifiuti liquidi acquosi, diversi da quelle di cui alla voce 16 10 01
16 10 03 * concentrati acquosi, contenenti sostanze pericolose
16 10 04 concentrati acquosi, diversi da quelli di cui alla voce 16 10 03

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

16 11 rifiuti di rivestimenti e materiali refrattari


16 11 01 * rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti da processi metallurgici, contenenti sostanze pericolose
16 11 02 rivestimenti e materiali refrattari a base di carbone provenienti dalle lavorazioni metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 01
16 11 03 * altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti da processi metallurgici, contenenti sostanze pericolose
16 11 04 altri rivestimenti e materiali refrattari provenienti da processi metallurgici, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 03
16 11 05 * rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, contenenti sostanze pericolose
16 11 06 rivestimenti e materiali refrattari provenienti da lavorazioni non metallurgiche, diversi da quelli di cui alla voce 16 11 05
17 Rifiuti dalle attività di costruzione e demolizione (compreso il terreno prelevato da siti contaminati
17 01 cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche
17 01 01 cemento
17 01 02 mattoni
17 01 03 mattonelle e ceramiche
17 01 06 * miscugli o frazioni separate di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, contenenti sostanze pericolose
17 01 07 miscugli di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diversi da quelle di cui alla voce 17 01 06
17 02 legno, vetro e plastica
17 02 01 legno
17 02 02 vetro
17 02 03 plastica
17 02 04 * vetro, plastica e legno contenenti sostanze pericolose o da esse contaminati
17 03 miscele bituminose, catrame di carbone e prodotti contenenti catrame
17 03 01 * miscele bituminose contenenti catrame di carbone
17 03 02 miscele bituminose diverse da quelle di cui alla voce 17 03 01
17 03 03 * catrame di carbone e prodotti contenenti catrame
17 04 metalli (incluse le loro leghe)
17 04 01 rame, bronzo, ottone
17 04 02 alluminio
17 04 03 piombo
17 04 04 zinco
17 04 05 ferro e acciaio
17 04 06 stagno
17 04 07 metalli misti
17 04 09 * rifiuti metallici contaminati da sostanze pericolose
17 04 10 * cavi impregnati di olio, di catrame di carbone o di altre sostanze pericolose
17 04 11 cavi, diversi da quelli di cui alla voce 17 04 10
17 05 terra (compresa quella proveniente da siti contaminati), rocce e materiale di dragaggio
17 05 03 * terra e rocce, contenenti sostanze pericolose
17 05 04 terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03
17 05 05 * materiale di dragaggio, contenente sostanze pericolose
17 05 06 materiale di dragaggio, diverso da quello di cui alla voce 17 05 05
17 05 07 * pietrisco per massicciate ferroviarie, contenente sostanze pericolose
17 05 08 pietrisco per massicciate ferroviarie, diverso da quello di cui alla voce 17 05 07
17 06 materiali isolanti e materiali da costruzione contenenti amianto
17 06 01 * materiali isolanti, contenenti amianto
17 06 03 * altri materiali isolanti contenenti o costituiti da sostanze pericolose
17 06 04 materiali isolanti, diversi da quelli di cui alle voci 17 06 01 e 17 06 03
17 06 05 * materiali da costruzione contenenti amianto
17 08 materiali da costruzione a base di gesso
17 08 01 * materiali da costruzione a base di gesso contaminati da sostanze pericolose
17 08 02 materiali da costruzione a base di gesso, diversi da quelli di cui alla voce 17 08 01
17 09 altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione
17 09 01 * rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione, contenenti mercurio
17 09 02 * rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione, contenenti PCB (ad esempio sigillanti contenenti PCB, pavimentazioni a base di resina contenenti
PCB, elementi stagni in vetro contenenti PCB, condensatori contenenti PCB)
17 09 03 * altri rifiuti dell'attività di costruzione e demolizione (compresi rifiuti misti) contenenti sostanze pericolose
17 09 04 rifiuti misti dell'attività di costruzione e demolizione, diversi da quelli di cui alle voci 17 09 01, 17 09 02 e 17 09 03
18 Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione non direttamente provenienti
da trattamento terapeutico)
18 01 rifiuti dei reparti di maternità e rifiuti legati a diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli esseri umani
18 01 01 oggetti da taglio (eccetto 18 01 03)
18 01 02 parti anatomiche ed organi incluse le sacche per il plasma e le riserve di sangue (tranne 18 01 03)
18 01 03 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni
18 01 04 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni (es. bende, ingessature, lenzuola, indumenti
monouso, assorbenti igienici)
18 01 06 * sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

18 01 07 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 01 06


18 01 08 * medicinali citotossici e citostatici
18 01 09 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 01 08
18 01 10 * rifiuti di amalgama prodotti da interventi odontoiatrici
18 02 Rifiuti legati alle attività di ricerca, diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli animali
18 02 01 oggetti da taglio (eccetto 18 02 02)
18 02 02 * rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni
18 02 03 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni
18 02 05 * sostanze chimiche pericolose o contenenti sostanze pericolose
18 02 06 sostanze chimiche diverse da quelle di cui alla voce 18 02 05
18 02 07 * medicinali citotossici e citostatici
18 02 08 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 18 02 07
19 Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell'acqua e dalla
sua preparazione per uso industriale
19 01 rifiuti da incenerimento o pirolisi di rifiuti
19 01 02 materiali ferrosi estratti da ceneri pesanti
19 01 05 * residui di filtrazione prodotti dal trattamento dei fumi
19 01 06 * rifiuti liquidi acquosi prodotti dal trattamento dei fumi e altri rifiuti liquidi acquosi
19 01 07 * rifiuti solidi prodotti dal trattamento dei fumi
19 01 10 * carbone attivo esaurito, prodotto dal trattamento dei fumi
19 01 11 * ceneri pesanti e scorie, contenenti sostanze pericolose
19 01 12 ceneri pesanti e scorie, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 11
19 01 13 * ceneri leggere, contenenti sostanze pericolose
19 01 14 ceneri leggere, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 13
19 01 15 * polveri di caldaia, contenenti sostanze pericolose
19 01 16 polveri di caldaia, diverse da quelle di cui alla voce 19 01 15
19 01 17 * rifiuti della pirolisi, contenenti sostanze pericolose
19 01 18 rifiuti della pirolisi, diversi da quelli di cui alla voce 19 01 17
19 01 19 sabbie dei reattori a letto fluidizzato
19 01 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 02 Rifiuti prodotti da trattamenti chimico-fisici di rifiuti (comprese decromatazione, decianizzazione, neutralizzazione)
19 02 03 rifiuti premiscelati composti esclusivamente da rifiuti non pericolosi
19 02 04 * rifiuti premiscelati contenenti almeno un rifiuto pericoloso
19 02 05 * fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, contenenti sostanze pericolose
19 02 06 fanghi prodotti da trattamenti chimico-fisici, diversi da quelli di cui alla voce 19 02 05
19 02 07 * oli e concentrati prodotti da processi di separazione
19 02 08 * rifiuti combustibili liquidi, contenenti sostanze pericolose
19 02 09 * rifiuti combustibili solidi, contenenti sostanze pericolose
19 02 10 rifiuti combustibili, diversi da quelli di cui alle voci 19 02 08 e 19 02 09
19 02 11 * altri rifiuti contenenti sostanze pericolose
19 02 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 03 Rifiuti stabilizzati/solidificati
19 03 04 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, parzialmente stabilizzati diversi da quelli di cui al punto 19 03 08
19 03 05 rifiuti stabilizzati diversi da quelli di cui alla voce 19 03 04
19 03 06 * rifiuti contrassegnati come pericolosi, solidificati
19 03 07 rifiuti solidificati diversi da quelli di cui alla voce 19 03 06
19 03 08* mercurio parzialmente stabilizzato
19 04 Rifiuti vetrificati e rifiuti di vetrificazione
19 04 01 rifiuti vetrificati
19 04 02 * ceneri leggere ed altri rifiuti dal trattamento dei fumi
19 04 03 * fase solida non vetrificata
19 04 04 rifiuti liquidi acquosi prodotti dalla tempra di rifiuti vetrificati
19 05 rifiuti prodotti dal trattamento aerobico di rifiuti solidi
19 05 01 parte di rifiuti urbani e simili non compostata
19 05 02 parte di rifiuti animali e vegetali non compostata
19 05 03 compost fuori specifica
19 05 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 06 Rifiuti prodotti dal trattamento anaerobico dei rifiuti
19 06 03 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani
19 06 04 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti urbani
19 06 05 liquidi prodotti dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale
19 06 06 digestato prodotto dal trattamento anaerobico di rifiuti di origine animale o vegetale
19 06 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 07 Percolato di discarica

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 191


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

19 07 02 * percolato di discarica, contenente sostanze pericolose


19 07 03 percolato di discarica, diverso da quello di cui alla voce 19 07 02
19 08 Rifiuti prodotti dagli impianti per il trattamento delle acque reflue, non specificati altrimenti
19 08 01 residui di vagliatura
19 08 02 rifiuti da dissabbiamento
19 08 05 fanghi prodotti dal trattamento delle acque reflue urbane
19 08 06 * resine a scambio ionico saturate o esaurite
19 08 07 * soluzioni e fanghi di rigenerazione degli scambiatori di ioni
19 08 08 * rifiuti prodotti da sistemi a membrana, contenenti sostanze pericolose
19 08 09 miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, contenenti esclusivamente oli e grassi commestibili
19 08 10 * miscele di oli e grassi prodotte dalla separazione olio/acqua, diverse da quelle di cui alla voce 19 08 09
19 08 11 * fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, contenenti sostanze pericolose
19 08 12 fanghi prodotti dal trattamento biologico delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 11
19 08 13 * fanghi contenenti sostanze pericolose prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali
19 08 14 fanghi prodotti da altri trattamenti delle acque reflue industriali, diversi da quelli di cui alla voce 19 08 13
19 08 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 09 Rifiuti prodotti dalla potabilizzazione dell'acqua o dalla sua preparazione per uso industriale
19 09 01 rifiuti solidi prodotti dai processi di filtrazione e vaglio primari
19 09 02 fanghi prodotti dai processi di chiarificazione dell'acqua
19 09 03 fanghi prodotti dai processi di decarbonatazione
19 09 04 carbone attivo esaurito
19 09 05 resine a scambio ionico saturate o esaurite
19 09 06 soluzioni e fanghi di rigenerazione delle resine a scambio ionico
19 09 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 10 Rifiuti prodotti da operazioni di frantumazione di rifiuti contenenti metallo
19 10 01 rifiuti di ferro e acciaio
19 10 02 rifiuti di metalli non ferrosi
19 10 03 * fluff - frazione leggera e polveri, contenenti sostanze pericolose
19 10 04 fluff - frazione leggera e polveri, diverse da quelle di cui alla voce 19 10 03
19 10 05 * altre frazioni, contenenti sostanze pericolose
19 10 06 altre frazioni, diverse da quelle di cui alla voce 19 10 05
19 11 Rifiuti prodotti dalla rigenerazione degli oli
19 11 01 * filtri di argilla esauriti
19 11 02 * catrami acidi
19 11 03 * rifiuti liquidi acquosi
19 11 04 * rifiuti prodotti dalla purificazione di carburanti tramite basi
19 11 05 * fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose
19 11 06 fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, diversi da quelli di cui alla voce 19 11 05
19 11 07 * rifiuti prodotti dalla depurazione di fumi
19 11 99 rifiuti non specificati altrimenti
19 12 Rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti (ad esempio selezione, triturazione, compattazione, riduzione in pellet) non specificati altrimenti
19 12 01 carta e cartone
19 12 02 metalli ferrosi
19 12 03 metalli non ferrosi
19 12 04 plastica e gomma
19 12 05 vetro
19 12 06 * legno, contenente sostanze pericolose
19 12 07 legno diverso da quello di cui alla voce 19 12 06
19 12 08 prodotti tessili
19 12 09 minerali (ad esempio sabbia, rocce)
19 12 10 rifiuti combustibili (combustibile da rifiuti)
19 12 11 * altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, contenenti sostanze pericolose
19 12 12 altri rifiuti (compresi materiali misti) prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti, diversi da quelli di cui alla voce 19 12 11
19 13 Rifiuti prodotti dalle operazioni di bonifica di terreni e risanamento delle acque di falda
19 13 01 * rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose
19 13 02 rifiuti solidi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 01
19 13 03 * fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, contenenti sostanze pericolose
19 13 04 fanghi prodotti dalle operazioni di bonifica dei terreni, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 03
19 13 05 * fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose
19 13 06 fanghi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13 05
19 13 07 * rifiuti liquidi acquosi e rifiuti concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, contenenti sostanze pericolose
19 13 08 rifiuti liquidi acquosi e rifiuti concentrati acquosi prodotti dalle operazioni di risanamento delle acque di falda, diversi da quelli di cui alla voce 19 13
07
20 Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

20 01 frazioni oggetto di raccolta differenziata (tranne 15 01)


20 01 01 carta e cartone
20 01 02 vetro
20 01 08 rifiuti biodegradabili di cucine e mense
20 01 10 abbigliamento
20 01 11 prodotti tessili
20 01 13 * solventi
20 01 14 * acidi
20 01 15 * sostanze alcaline
20 01 17 * prodotti fotochimici
20 01 19 * pesticidi
20 01 21 * tubi fluorescenti ed altri rifiuti contenenti mercurio
20 01 23 * apparecchiature fuori uso contenenti clorofluorocarburi
20 01 25 oli e grassi commestibili
20 01 26 * oli e grassi diversi da quelli di cui alla voce 20 01 25
20 01 27 * vernici, inchiostri, adesivi e resine contenenti sostanze pericolose
20 01 28 vernici, inchiostri, adesivi e resine, diversi da quelli di cui alla voce 20 01 27
20 01 29 * detergenti, contenenti sostanze pericolose
20 01 30 detergenti diversi da quelli di cui alla voce 20 01 29
20 01 31 * medicinali citotossici e citostatici
20 01 32 medicinali diversi da quelli di cui alla voce 20 01 31
20 01 33 * batterie e accumulatori di cui alle voci 16 06 01, 16 06 02 e 16 06 03, nonché batterie e accumulatori non suddivisi contenenti tali batterie
20 01 34 batterie e accumulatori, diversi da quelli di cui alla voce 20 01 33
20 01 35 * apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alla voce 20 01 21 e 20 01 23, contenenti componenti pericolosi (2)
(2) Fra i componenti pericolosi di apparecchiature elettriche ed elettroniche possono rientrare gli accumulatori e le batterie di cui alle voci 16 06, contrasse-
gnati come pericolosi; commutatori a mercurio, vetri di tubi a raggi catodici ed altri vetri radioattivi ecc.
20 01 36 apparecchiature elettriche ed elettroniche fuori uso, diverse da quelle di cui alle voci 20 01 21, 20 01 23 e 20 01 35
20 01 37 * legno contenente sostanze pericolose
20 01 38 legno diverso da quello di cui alla voce 20 01 37
20 01 39 plastica
20 01 40 metalli
20 01 41 rifiuti prodotti dalla pulizia di camini e ciminiere
20 01 99 altre frazioni non specificate altrimenti
20 02 Rifiuti prodotti da giardini e parchi (inclusi i rifiuti provenienti da cimiteri)
20 02 01 rifiuti biodegradabili
20 02 02 terra e roccia
20 02 03 altri rifiuti non biodegradabili
20 03 Altri rifiuti urbani
20 03 01 rifiuti urbani non differenziati
20 03 02 rifiuti dei mercati
20 03 03 residui della pulizia stradale
20 03 04 fanghi delle fosse settiche
20 03 06 rifiuti della pulizia delle fognature
20 03 07 rifiuti ingombranti
20 03 99 rifiuti urbani non specificati altrimenti.

(1969) Allegato sostituito dall'art. 39, comma 5, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205 e modificato dall'art. 3, comma 6, D.L. 25 gennaio 2012, n. 2, convertito, con
modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 28, e dall' art. 13, comma 5, lett. b-bis), D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto
2014, n. 116; per l'applicabilità di tale ultima disposizione vedi il comma 5-bis del medesimo art. 13, D.L. n. 91/2014. Successivamente, il presente allegato è
stato modificato dall'art. 9, comma 1, D.L. 20 giugno 2017, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2017, n. 123. Successivamente ancora, il
presente allegato è stato sostituito dall'art. 8, comma 2, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116. Infine, il presente allegato è stato così sostituito dall'art. 35, comma
1, lett. m), D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato E (1970)
In vigore dal 26 settembre 2020

1) Obiettivi di recupero e di riciclaggio


Entro il 31 dicembre 2008 almeno il 60 % in peso dei rifiuti di imballaggio sarà recuperato o sarà incenerito in impianti di incenerimento rifiuti con recupero
di energia;
entro il 31 dicembre 2008 sarà riciclato almeno il 55 % e fino all'80 % in peso dei rifiuti di imballaggio; entro il 31 dicembre 2008 saranno raggiunti i seguenti
obiettivi minimi di riciclaggio per i materiali contenuti nei rifiuti di imballaggio:
60 % in peso per il vetro;
60 % in peso per la carta e il cartone;
50 % in peso per i metalli;

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

26% in peso per la plastica, tenuto conto esclusivamente dei materiali riciclati sottoforma di plastica;
35% in peso per il legno.
Entro il 31 dicembre 2025 almeno il 65% in peso di tutti i rifiuti di imballaggio sarà riciclato entro il 31 dicembre 2025, saranno conseguiti i seguenti obiettivi
minimi di riciclaggio, in termini di peso, per quanto concerne i seguenti materiali specifici contenuti nei rifiuti di imballaggio:
50% per la plastica;
25% per il legno;
70% per i metalli ferrosi;
50% per l'alluminio;
70% per il vetro;
75% per la carta e il cartone;
entro il 31 dicembre 2030 almeno il 70% in peso di tutti i rifiuti di imballaggio sarà riciclato;
entro il 31 dicembre 2030, saranno conseguiti i seguenti obiettivi minimi di riciclaggio, in termini di peso, per quanto concerne i seguenti materiali specifici
contenuti nei rifiuti di imballaggio:
55% per la plastica;
30% per il legno;
80% per i metalli ferrosi;
60% per l'alluminio;
75% per il vetro;
85% per la carta e il cartone.
Il calcolo del livello rettificato, di cui all'articolo 219, comma 5-bis, è effettuato come segue:
sottraendo dagli obiettivi di riciclaggio relativi a tutti i rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre 2030, la quota
media, nei tre anni precedenti, di imballaggi riutilizzabili e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi, rispetto alla totalità degli imbal-
laggi per la vendita immessi sul mercato;
sottraendo dagli obiettivi di riciclaggio relativi ai materiali specifici contenuti nei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31
dicembre 2030, la medesima quota media nei tre anni precedenti, di imballaggi riutilizzabili e riutilizzati nell'ambito di un sistema di riutilizzo degli imballaggi
di cui sopra costituiti dal rispettivo materiale di imballaggio, rispetto alla totalità degli imballaggi per la vendita, costituiti da tale materiale, immessi sul mer-
cato.
Non si tengono in considerazione più di cinque punti percentuali di tale quota ai fini del calcolo del corrispondente livello rettificato degli obiettivi.
Ai fini del calcolo degli obiettivi di riciclaggio di cui al presente allegato, relativi a tutti i rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro
il 31 dicembre 2030, nonché di quelli relativi al legno contenuto nei rifiuti di imballaggio da conseguire entro il 31 dicembre 2025 ed entro il 31 dicembre
2030, possono essere prese in considerazione le quantità di imballaggi in legno riparati per il riutilizzo.
2) Criteri interpretativi per la definizione di imballaggio ai sensi della Direttiva 2004/12/CE
i) Sono considerati imballaggi gli articoli che rientrano nella definizione di cui sopra, fatte salve altre possibili funzioni dell'imballaggio, a meno che tali articoli
non siano parti integranti di un prodotto e siano necessari per contenere, sostenere o preservare tale prodotto per tutto il suo ciclo di vita e tutti gli elementi
siano destinati ad essere utilizzati, consumati o eliminati insieme;
ii) sono considerati imballaggi gli articoli progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita e gli elementi usa e getta venduti, riempiti o progettati e
destinati ad essere riempiti nel punto vendita, a condizione che svolgano una funzione di imballaggio;
iii) i componenti dell'imballaggio e gli elementi accessori integrati nell'imballaggio sono considerati parti integranti dello stesso. Gli elementi accessori diret-
tamente fissati o attaccati al prodotto e che svolgono funzioni di imballaggio sono considerati imballaggio a meno che non siano parte integrante del prodot-
to e tutti gli elementi siano destinati ad essere consumati o eliminati insieme. Esempi illustrativi per i criteri sopra citati sono:
Esempi illustrativi per il criterio i).
Articoli considerati imballaggio.
Scatole per dolci.
Pellicola che ricopre le custodie di CD.
Buste a sacco per l'invio di cataloghi e riviste (contenenti riviste). Pizzi per torte venduti con le torte.
Rotoli, tubi e cilindri sui quali è avvolto materiale flessibile (come ad esempio pellicola, fogli di alluminio, carta), eccetto i rotoli, i tubi e i cilindri che sono
parti di macchinari di produzione e non sono utilizzati per presentare un prodotto come un'unità di vendita.
Vasi da fiori da usare solo per la vendita e il trasporto di piante e non destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita.
Bottiglie di vetro per soluzioni iniettabili.
Spine di contenimento per CD (spindle) (vendute con i CD, non destinate ad essere usate per riporli).
Grucce per indumenti (vendute con un indumento).
Scatole di fiammiferi.
Sistemi di barriera sterili (involucri, vassoi e materiali necessari per preservare la sterilità del prodotto).
Capsule per sistemi erogatori di bevande (caffè, cioccolata e latte) che sono lasciate vuote dopo l'uso.
Recipienti di acciaio ricaricabili per gas di vario tipo, esclusi gli estintori.
Articoli non considerati imballaggio.
Vasi da fiori destinati a restare con la pianta per tutta la sua durata di vita.
Cassette di attrezzi.
Bustine da tè.
Rivestimenti di cera dei formaggi.
Budelli per salsicce.
Grucce per indumenti (vendute separatamente).
Capsule per sistemi erogatori di caffè, sacchetti di alluminio per caffè e bustine di carta per caffè filtro che si gettano insieme al caffè usato.
Cartucce per stampanti.
Custodie per CD, DVD e videocassette (vendute insieme ai CD, DVD e alle videocassette).

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Spine di contenimento per CD (spindle) (venduti vuoti, destinati ad essere usati per custodire i CD).
Bustine solubili per detersivi.
Lumini per tombe (contenitori per candele).
Macinini meccanici (integrati in recipienti ricaricabili, ed es. macinapepe ricaricabile).
Esempi illustrativi per il criterio ii).
Articoli da imballaggio progettati e destinati ad essere riempiti nel punto vendita.
Sacchetti o borse di carta o di plastica.
Piatti e tazze monouso.
Pellicola retrattile.
Sacchetti per panini.
Fogli di alluminio.
Pellicola di plastica per gli indumenti lavati nelle lavanderie.
Articoli non considerati imballaggio.
Agitatori.
Posate monouso.
Carta da imballaggio (venduta separatamente).
Forme di carta per prodotti da forno (vendute vuote).
Pizzi per torte venduti senza le torte.
Esempi illustrativi per il criterio iii).
Articoli considerati imballaggio.
Etichette fissate direttamente o apposte sul prodotto.
Articoli considerati parti di imballaggio.
Spazzolini per mascara che fanno parte integrante della chiusura dei recipienti.
Etichette adesive apposte su un altro articolo di imballaggio.
Graffette.
Fascette di plastica.
Dispositivo di dosaggio che fa parte integrante della chiusura della confezione dei detersivi.
Macinini meccanici (integrati in recipienti non ricaricabili, riempiti con un prodotto, ed es. macinapepe contenente pepe).
Articoli non considerati imballaggio.
Etichette di identificazione a radiofrequenza (RIFID).

(1970) Allegato così modificato dall'art. 1, comma 1, D.M. 22 aprile 2014, dall'art. 23, comma 1, lett. d), L. 29 luglio 2015, n. 115 e, successivamente, dall'art.
8, comma 3, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato F (1971)
In vigore dal 26 settembre 2020

Criteri da applicarsi sino all'entrata in vigore del decreto interministeriale di cui all'articolo 226, comma 3.
Requisiti essenziali concernenti la composizione e la riutilizzabilità e la recuperabilità (in particolare la riciclabilità) degli imballaggi:
gli imballaggi sono fabbricati in modo da limitare il volume e il peso al minimo necessario per garantire il necessario livello di sicurezza, igiene e accettabilità
tanto per il prodotto imballato quanto per il consumatore;
gli imballaggi sono concepiti, prodotti e commercializzati in modo da permetterne il reimpiego riutilizzo o il recupero, compreso il riciclaggio, in linea con la
gerarchia dei rifiuti, e da ridurne al minimo l'impatto sull'ambiente derivante dallo smaltimento dei rifiuti di imballaggio o dei residui delle operazioni di ge-
stione dei rifiuti di imballaggio;
gli imballaggi sono fabbricati in modo che la presenza di metalli nocivi e di altre sostanze e materiali pericolosi come costituenti del materiale di imballaggio
o di qualsiasi componente dell'imballaggio sia limitata al minimo con riferimento alla loro presenza nelle emissioni, nelle ceneri o nei residui di lisciviazione
se gli imballaggi o i residui delle operazioni di gestione dei rifiuti di imballaggio sono inceneriti o interrati.
Requisiti per la riutilizzabilità di un imballaggio. I seguenti requisiti devono essere soddisfatti simultaneamente:
1) le proprietà fisiche e le caratteristiche dell'imballaggio devono consentire una serie di spostamenti o rotazioni in condizioni di impiego normalmente pre-
vedibili;
2) possibilità di trattare gli imballaggi usati per ottemperare ai requisiti in materia di salute e di sicurezza dei lavoratori;
3) osservanza dei requisiti specifici per gli imballaggi recuperabili se l'imballaggio non è più utilizzato e diventa quindi un rifiuto;
Requisiti per la recuperabilità di un imballaggio:
a) Imballaggi recuperabili sotto forma di riciclaggio del materiale: l'imballaggio deve essere prodotto in modo tale da consentire il riciclaggio di una determi-
nata percentuale in peso dei materiali usati, nella fabbricazione di prodotti commerciabili, rispettando le norme in vigore nella Unione europea. La determi-
nazione di tale percentuale può variare a seconda del tipo di materiale che costituisce l'imballaggio;
b) Imballaggi recuperabili sotto forma di recupero energetico. I rifiuti di imballaggio trattati a scopi di recupero energetico devono avere un valore calorifico
minimo inferiore per permettere di ottimizzare il recupero energetico;
c) Imballaggi recuperabili sotto forma di compost:
i rifiuti di imballaggio trattati per produrre compost devono essere sufficientemente biodegradabili in modo da non ostacolare la raccolta separata differen-
ziata e il processo o l'attività di compostaggio in cui sono introdotti.
d) Imballaggi biodegradabili:
i rifiuti di imballaggio biodegradabili devono essere di natura tale da poter subire una decomposizione fisica, chimica, termica o biologica grazie alla quale la
maggior parte del compost risultante finisca per decomporsi in biossido di carbonio, biomassa e acqua. Gli imballaggi oxodegradabili in plastica non sono

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

considerati biodegradabili.

(1971) Allegato così sostituito dall'art. 8, comma 4, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato G (1972)
In vigore dal 25 dicembre 2010

Categorie o tipi generici di rifiuti pericolosi elencati in base alla loro natura o all'attività che li ha prodotti (I rifiuti possono presentarsi sotto forma di li-
quido, di solido o di fango) (*)
[Allegato G.l
Rifiuti che presentano una qualsiasi delle caratteristiche elencate nell'allegato I e che consistono in:
1. Sostanze anatomiche: rifiuti di ospedali o provenienti da altre attività mediche
2. Prodotti farmaceutici, medicinali, prodotti veterinari
3. Prodotti per la protezione del legno
4. Biocidi e prodotti fitosanitari
5. Residui di prodotti utilizzati come solventi
6. Sostanze organiche alogenate non utilizzate come solventi, escluse le sostanze polimerizzate inerti
7. Sali per rinvenimento contenenti cianuri
8. Oli e sostanze oleose minerali (ad esempio fanghi di lavorazione, ecc.)
9. Miscugli olio/acqua o idrocarburo/acqua, emulsioni
10. Sostanze contenenti PCB e/o PCT (ad esempio isolanti elettrici, ecc.)
11. Sostanze bituminose provenienti da operazioni di raffinazione, distillazione o pirolisi (ad esempio residui di distillazione, ecc.)
12. Inchiostri, coloranti, pigmenti, pitture, lacche, vernici
13. Resine, lattici, plastificanti, colle/adesivi
14. Sostanze chimiche non identificate e/o nuove provenienti da attività di ricerca, di sviluppo o di insegnamento, i cui effetti sull'uomo e/o sull'ambiente
non sono noti (ad esempio rifiuti di laboratorio, ecc.)
15. Prodotti pirotecnici e altre sostanze esplosive
16. Prodotti di laboratori fotografici
17. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorurati.
18. Qualunque materiale contaminato da un prodotto della famiglia delle dibenzoparadiossine policlorurate.
Allegato G.2
Rifiuti contenenti uno qualunque dei costituenti elencati nell'allegato H, aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I e consistenti in:
19. Saponi, corpi grassi, cere di origine animale o vegetale
20. Sostanze organiche non alogenate non utilizzate come solventi
21. Sostanze inorganiche senza metalli né composti metallici
22. Scorie e/o ceneri
23. Terre, argille o sabbie, compresi i fanghi di dragaggio
24. Sali per rinvenimento non contenenti cianuri
25. Polveri metalliche
26. Materiali catalitici usati
27. Liquidi o fanghi contenenti metalli o composti metallici
28. Rifiuti provenienti da trattamenti disinquinanti (ad esempio: polveri di filtri dell'aria, ecc.) salvo quelli previsti ai punti 29, 30 e 33
29. Fanghi provenienti dal lavaggio di gas
30. Fanghi provenienti dagli impianti di depurazione dell'acqua
31. Residui di decarbonazione
32. Residui di colonne scambiatrici di ioni
33. Fanghi residuati non trattati o non utilizzabili in agricoltura
34. Residui della pulitura di cisterne e/o di materiale
35. Materiale contaminato
36. Recipienti contaminati (ad esempio: imballaggi, bombole di gas, ecc.) che abbiano contenuto uno o più dei costituenti elencati nell'allegato H
37. Accumulatori e pile elettriche
38. Oli vegetali
39. Oggetti provenienti da una raccolta selettiva di rifiuti domestici e aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I
40. Qualunque altro rifiuto contenente uno qualunque dei costituenti elencati nell'allegato e aventi una delle caratteristiche elencate nell'allegato I.
(*) alcune ripetizioni rispetto alle voci dell'allegato H sono fatte intenzionalmente.]

(1972) Allegato abrogato dall'art. 39, comma 6, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato H (1973)
In vigore dal 25 dicembre 2010

[Costituenti che rendono pericolosi i rifiuti dell'allegato G.2 quando tali rifiuti possiedono le caratteristiche dell'allegato I :

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CI Berillio, composti del berillio


C2 Composti del vanadio
C3 Composti del cromo esavalente
C4 Composti del cobalto
C5 Composti del nichel
C6 Composti del rame
C7 Composti dello zinco
C8 Arsenico, composti dell'arsenico
C9 Selenio, composti del selenio
C10 Composti dell'argento
C11 Cadmio, composti del cadmio
C12 Composti dello stagno
C13 Antimonio, composti dell'antimonio
C14 Tellurio, composti del tellurio
C15 Composti del bario, ad eccezione del solfato di bario
C16 Mercurio, composti del mercurio
C17 Tallio, composti del tallio
C18 Piombo, composti del piombo
C19 Solfuri inorganici
C20 Composti inorganici del fluoro, escluso il fluoruro di calcio
C21 Cianuri inorganici
C22 I seguenti metalli alcalini o alcalino-terrosi: litio, sodio, potassio, calcio, magnesio sotto forma non combinata
C23 Soluzioni acide o acidi sotto forma solida
C24 Soluzioni basiche o basi sotto forma solida
C25 Amianto (polvere e fibre)
C26 Fosforo, composti del fosforo esclusi i fosfati minerali
C27 Metallocarbonili
Rifiuti aventi come costituenti:
C28 Perossidi
C29 Clorati
C30 Perclorati
C31 Azoturi
C32 PCB e/o PCT
C33 Composti farmaceutici o veterinari
C34 Biocidi e sostanze fitosanitarie (ad esempio antiparassitari, ecc.)
C35 Sostanze infettive
C36 Oli di creosoto
C37 Isocianati, tiocianati
C38 Cianuri organici (ad esempio: nitrilli, ecc.)
C39 Fenoli, composti fenolati
C40 Solventi alogenati
C41 Solventi organici, esclusi i solventi alogenati
C42 Composti organo-alogenati, escluse le sostanze polimerizzate inerti e le altre sostanze indicate nel presente allegato
C43 Composti aromatici, composti organici policiclici ed eterociclici
C44 Ammine alifatiche
C45 Ammine aromatiche
C46 Eteri
C47 Sostanze di carattere esplosivo, escluse le sostanze indicate in altri punti del presente allegato
C48 Composti organici dello zolfo
C49 Qualsiasi prodotto della famiglia dei dibenzofurani policlorati
C50 Qualsiasi prodotto della famiglia delle dibenzo-paradiossine policlorate
C51 Idrocarburi e loro composti ossigenati azotati e/o solforati non altrimenti indicati nel presente allegato.]

(1973) Allegato abrogato dall'art. 39, comma 6, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato I - Caratteristiche di pericolo per i rifiuti (1975)
In vigore dal 25 dicembre 2010

H1 «Esplosivo»: sostanze e preparati che possono esplodere per effetto della fiamma o che sono sensibili agli urti e agli attriti più del dinitrobenzene;
H2 «Comburente»: sostanze e preparati che, a contatto con altre sostanze, soprattutto se infiammabili, presentano una forte reazione esotermica;
H3-A «Facilmente infiammabile»: sostanze e preparati:
- liquidi il cui punto di infiammabilità è inferiore a 21 °C (compresi i liquidi estremamente infiammabili), o - che a contatto con l'aria, a temperatura ambiente
e senza apporto di energia, possono riscaldarsi e infiammarsi, o

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

- solidi che possono facilmente infiammarsi per la rapida azione di una sorgente di accensione e che continuano a bruciare o a consumarsi anche dopo l'al-
lontanamento della sorgente di accensione, o
- gassosi che si infiammano a contatto con l'aria a pressione normale,
o
- che, a contatto con l'acqua o l'aria umida, sprigionano gas facilmente infiammabili in quantità pericolose;
H3-B «Infiammabile»: sostanze e preparati liquidi il cui punto di infiammabilità è pari o superiore a 21 °C e inferiore o pari a 55 °C;
H4 «Irritante»: sostanze e preparati non corrosivi il cui contatto immediato, prolungato o ripetuto con la pelle o le mucose può provocare una reazione in-
fiammatoria;
H5 «Nocivo»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono comportare rischi per la salute di gravità limitata;
H6 «Tossico»: sostanze e preparati (comprese le sostanze e i preparati molto tossici) che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono com-
portare rischi per la salute gravi, acuti o cronici e anche la morte;
H7 «Cancerogeno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre il cancro o aumentarne l'incidenza;
H8 «Corrosivo»: sostanze e preparati che, a contatto con tessuti vivi, possono esercitare su di essi un'azione distruttiva;
H9 «Infettivo»: sostanze contenenti microrganismi vitali o loro tossine, conosciute o ritenute per buoni motivi come cause di malattie nell'uomo o in altri
organismi viventi;
H10 «Tossico per la riproduzione»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre malformazioni congenite
non ereditarie o aumentarne la frequenza;
H11 «Mutageno»: sostanze e preparati che, per inalazione, ingestione o penetrazione cutanea, possono produrre difetti genetici ereditari o aumentarne
l'incidenza;
H12 Rifiuti che, a contatto con l'acqua, l'aria o un acido, sprigionano un gas tossico o molto tossico;
H13 «Sensibilizzanti» (1974): sostanze o preparati che per inalazione o penetrazione cutanea, possono dar luogo a una reazione di ipersensibilizzazione per
cui una successiva esposizione alla sostanza o al preparato produce effetti nefasti caratteristici;
H14 «Ecotossico»: rifiuti che presentano o possono presentare rischi immediati o differiti per uno o più comparti ambientali.
H15 Rifiuti suscettibili, dopo l'eliminazione, di dare origine in qualche modo ad un'altra sostanza, ad esempio a un prodotto di lisciviazione avente una delle
caratteristiche sopra elencate.
NOTE
1. L'attribuzione delle caratteristiche di pericolo «tossico» (e «molto tossico»), «nocivo», «corrosivo» e «irritante» «cancerogeno», «tossico per la riprodu-
zione», «mutageno» ed «ecotossico» è effettuata secondo i criteri stabiliti nell'allegato VI, della direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967 e suc-
cessive modifiche e integrazioni, concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione,
all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose.
2. Ove pertinente si applicano i valori limite di cui agli allegati II e III della direttiva 1999/45/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 maggio 1999
concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e
all'etichettatura dei preparati pericolosi.
Metodi di prova:
I metodi da utilizzare sono quelli descritti nell'allegato V della direttiva 67/548/CEE e in altre pertinenti note del CEN.

(1974) Se disponibili metodi di prova.


(1975) Allegato così sostituito dall'art. 39, comma 5, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205. Per la sostituzione del presente allegato e la sua contestuale modifica, ai
sensi di quanto disposto dall'art. 8, comma 5, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116, vedi, ora, l'allegato III alla Direttiva 19 novembre 2008 n. 2008/98/CE, come
sostituito dall'art. 1, paragrafo 1, Regolamento 18 dicembre 2014, n. 1357/2014 e modificato dall'art. 1 del Regolamento 8 giugno 2017, n. 2017/997/UE.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato L - Esempi di misure di prevenzione dei rifiuti (1976)
In vigore dal 11 aprile 2014

MISURE CHE POSSONO INCIDERE SULLE CONDIZIONI GENERALI RELATIVE ALLA PRODUZIONE DI RIFIUTI
1. Ricorso a misure di pianificazione o ad altri strumenti economici che promuovono l'uso efficiente delle risorse.
2. Promozione di attività di ricerca e sviluppo finalizzate a realizzare prodotti e tecnologie più puliti e capaci di generare meno rifiuti; diffusione e utilizzo dei
risultati di tali attività.
3. Elaborazione di indicatori efficaci e significativi delle pressioni ambientali associate alla produzione di rifiuti volti a contribuire alla prevenzione della pro-
duzione di rifiuti a tutti i livelli, dalla comparazione di prodotti a livello comunitario attraverso interventi delle autorità locali fino a misure nazionali.
MISURE CHE POSSONO INCIDERE SULLA FASE DI PROGETTAZIONE E PRODUZIONE E DI DISTRIBUZIONE
4. Promozione della progettazione ecologica (cioè l'integrazione sistematica degli aspetti ambientali nella progettazione del prodotto al fine di migliorarne le
prestazioni ambientali nel corso dell'intero ciclo di vita).
5. Diffusione di informazioni sulle tecniche di prevenzione dei rifiuti al fine di agevolare l'applicazione delle migliori tecniche disponibili da parte dell'indu-
stria.
6. Organizzazione di attività di formazione delle autorità competenti per quanto riguarda l'integrazione delle prescrizioni in materia di prevenzione dei rifiuti
nelle autorizzazioni rilasciate a norma della presente direttiva e della direttiva 96/61/CE.
7. Introduzione di misure per prevenire la produzione di rifiuti negli impianti non soggetti al Titolo III-bis alla Parte Seconda. Tali misure potrebbero even-
tualmente comprendere valutazioni o piani di prevenzione dei rifiuti. (1977)
7-bis. Introduzione delle misure indicate nei documenti di riferimento sulle BAT per prevenire la produzione di rifiuti da installazioni soggette al Titolo III-bis
alla Parte Seconda. Sono a tal fine pertinenti le operazioni di riutilizzo, riciclo, ricupero effettuate all'interno delle stesse installazioni in cui si generano i ma-
teriali. (1978)
8. Campagne di sensibilizzazione o interventi per sostenere le imprese a livello finanziario, decisionale o in altro modo.
Tali misure possono essere particolarmente efficaci se sono destinate specificamente (e adattate) alle piccole e medie imprese e se operano attraverso reti
di imprese già costituite.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

9. Ricorso ad accordi volontari, a panel di consumatori e produttori o a negoziati settoriali per incoraggiare le imprese o i settori industriali interessati a pre-
disporre i propri piani o obiettivi di prevenzione dei rifiuti o a modificare prodotti o imballaggi che generano troppi rifiuti.
10. Promozione di sistemi di gestione ambientale affidabili, come l'EMAS e la norma ISO 14001.
MISURE CHE POSSONO INCIDERE SULLA FASE DEL CONSUMO E DELL'UTILIZZO
11. Ricorso a strumenti economici, ad esempio incentivi per l'acquisto di beni e servizi meno inquinanti o imposizione ai consumatori di un pagamento obbli-
gatorio per un determinato articolo o elemento dell'imballaggio che altrimenti sarebbe fornito gratuitamente.
12. Campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.
13. Promozione di marchi di qualità ecologica affidabili.
14. Accordi con l'industria, ricorrendo ad esempio a gruppi di studio sui prodotti come quelli costituiti nell'ambito delle politiche integrate di prodotto, o ac-
cordi con i rivenditori per garantire la disponibilità di informazioni sulla prevenzione dei rifiuti e di prodotti a minor impatto ambientale.
15. Nell'ambito degli appalti pubblici e privati, integrazione dei criteri ambientali e di prevenzione dei rifiuti nei bandi di gara e nei contratti, coerentemente
con quanto indicato nel manuale sugli appalti pubblici ecocompatibili pubblicato dalla Commissione il 29 ottobre 2004.
16. Promozione del riutilizzo e/o della riparazione di determinati prodotti scartati, o loro componenti in particolare attraverso misure educative, economi-
che, logistiche o altro, ad esempio il sostegno o la creazione di centri e reti accreditati di riparazione/riutilizzo, specialmente in regioni densamente popolate.

(1976) Allegato inserito dall'art. 39, comma 7, D.Lgs. 3 dicembre 2010, n. 205.
(1977) Punto così modificato dall'art. 27, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(1978) Punto inserito dall'art. 27, comma 3, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato L-bis (1979)
(articolo 206-quater, comma 2)
In vigore dal 2 febbraio 2016

CATEGORIE DI PRODOTTI CHE SONO OGGETTO DI INCENTIVI ECONOMICI ALL'ACQUISTO, AI SENSI DELL'ARTICOLO 206-QUATER, COMMA 2

Percentuale minima in peso di materiale polimeri-


Incentivo in percentuale sul prezzo di vendita del
Categoria di prodotto co riciclato sul peso complessivo del componente
prodotto al consumatore
sostituito
Cicli e veicoli a motore >10% 10%
Elettrodomestici >20% 10%
Contenitori per uso di igiene ambientale >50% 5%
Arredo per interni >50% 5%
Arredo urbano >70% 15%
Computer >10% 10%
Prodotti per la casa e per l'ufficio >10% 10%
Pannelli fonoassorbenti, barriere e segnaleti-
>30% 10%
ca stradale

(1979) Allegato inserito dall'art. 23, comma 2, L. 28 dicembre 2015, n. 221.


Allegati alla Parte Quarta
Allegato L-ter (1980)
In vigore dal 26 settembre 2020

(esempi di strumenti economici e altre misure per incentivare l'applicazione della gerarchia dei rifiuti di cui all'articolo 179).
1. tasse e restrizioni per il collocamento in discarica e l'incenerimento dei rifiuti che incentivano la prevenzione e il riciclaggio, lasciando il collocamento in
discarica come opzione di gestione dei rifiuti meno preferibile;
2. regimi di tariffe puntuali (pay-as-you-throw) che gravano sui produttori di rifiuti sulla base della quantità effettiva di rifiuti prodotti e forniscono incentivi
alla separazione alla fonte dei rifiuti riciclabili e alla riduzione dei rifiuti indifferenziati;
3. incentivi fiscali per la donazione di prodotti, in particolare quelli alimentari;
4. regimi di responsabilità estesa del produttore per vari tipi di rifiuti e misure per incrementarne l'efficacia, l'efficienza sotto il profilo dei costi e la gover-
nance;
5. sistemi di cauzione-rimborso e altre misure per incoraggiare la raccolta efficiente di prodotti e materiali usati;
6. solida pianificazione degli investimenti nelle infrastrutture per la gestione dei rifiuti, anche per mezzo dei fondi dell'Unione;
7. appalti pubblici sostenibili per incoraggiare una migliore gestione dei rifiuti e l'uso di prodotti e materiali riciclati;
8. eliminazione graduale delle sovvenzioni in contrasto con la gerarchia dei rifiuti;
9. ricorso a misure fiscali o altri mezzi per promuovere la diffusione di prodotti e materiali che sono preparati per il riutilizzo o riciclati;
10. sostegno alla ricerca e all'innovazione nelle tecnologie avanzate di riciclaggio e nella ricostruzione;
11. utilizzo delle migliori tecniche disponibili per il trattamento dei rifiuti;
12. incentivi economici per le autorità locali e regionali, volti in particolare a promuovere la prevenzione dei rifiuti e intensificare i regimi di raccolta differen-
ziata, evitando nel contempo di sostenere il collocamento in discarica e l'incenerimento;
13. campagne di sensibilizzazione pubblica, in particolare sulla raccolta differenziata, sulla prevenzione della produzione dei rifiuti e sulla riduzione della di-

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

spersione dei rifiuti, e integrazione di tali questioni nell'educazione e nella formazi


formazione;
14. sistemi di coordinamento, anche per via digitale,
tale, tra tutte le autorità pubbliche competenti che intervengono nella gestione dei rifiuti;
15. promozione di un dialogo e una cooperazione ne continui tra tutte le parti interessate alla ggestione
stione dei rifiuti, incoraggiamento di accordi volontari
v e della
trasmissione delle informazioni sui rifiuti da parte delle aziende.

(1980) Allegato inserito dall'art.


art. 8, comma 6, D.Lgs. 3 se
settembre 2020, n. 116.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato L-quater (1981)
In vigore dal 26 settembre 2020

Elenco dei rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b


b-ter), punto 2

Rimangono esclusi i rifiuti derivanti da attività agricole e connesse di cui all'


all'articolo 2135 del codice civile.

(1981) Allegato inserito dall'art.


art. 8, comma 7, D.Lgs. 3 se
settembre 2020, n. 116;; per l'applicabilità di tale disposizione vedi l'art.
l' 6, comma 5, del medesimo
D.Lgs. n. 116/2020.
Allegati alla Parte Quarta
Allegato L-quinquies (1982)
In vigore dal 26 settembre 2020

Elenco attività che producono rifiuti di cui all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter), punto 2
1. Musei, biblioteche, scuole, associazioni, luoghi di culto.
2. Cinematografi e teatri.
3. Autorimesse e magazzini senza alcuna vendita ta diretta.
4. Campeggi, distributori carburanti, impianti sportivi.
5. Stabilimenti balneari.
6. Esposizioni, autosaloni.
7. Alberghi con ristorante.
8. Alberghi senza ristorante.
9. Case di cura e riposo.
10. Ospedali.
11. Uffici, agenzie, studi professionali.
12. Banche ed istituti di credito.
13. Negozi abbigliamento, calzature, libreria, cartoleria,
eria, ferramenta, e altri beni durevoli.
14. Edicola, farmacia, tabaccaio, plurilicenze.
15. Negozi particolari quali filatelia, tende e tessuti,
suti, tappeti, cappelli e o
ombrelli, antiquariato.
16. Banchi di mercato beni durevoli.

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17. Attività artigianali tipo botteghe: parrucchiere, barbiere, estetista.


18. Attività artigianali tipo botteghe: falegname, idraulico, fabbro, elettricista.
19. Carrozzeria, autofficina, elettrauto.
20. Attività artigianali di produzione beni specifici.
21. Ristoranti, trattorie, osterie, pizzerie, pub.
22. Mense, birrerie, hamburgerie.
23. Bar, caffè, pasticceria.
24. Supermercato, pane e pasta, macelleria, salumi e formaggi, generi alimentari.
25. Plurilicenze alimentari e/o miste.
26. Ortofrutta, pescherie fiori e piante, pizza al taglio.
27. Ipermercati di generi misti.
28. Banchi di mercato generi alimentari.
29. Discoteche, night club.
Rimangono escluse le attività agricole e connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile.
Attività non elencate, ma ad esse simili per loro natura e per tipologia di rifiuti prodotti, si considerano comprese nel punto a cui sono analoghe.

(1982) Allegato inserito dall'art. 8, comma 8, D.Lgs. 3 settembre 2020, n. 116; per l'applicabilità di tale disposizione vedi l'art. 6, comma 5, del medesimo
D.Lgs. n. 116/2020.
Allegato 1 al Titolo III-bis alla Parte Quarta
In vigore dal 12 dicembre 2017

Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento di rifiuti (1983)
A. VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA
1. Valori limite di emissione medi giornalieri espressi in mg/Nm3

Polvere totale 10
Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori espresse come carbonio organico totale (TOC) 10
Acido cloridrico (HCl) 10
Acido fluoridrico (HF) 1
Biossido di zolfo (SO2) 50
Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di incenerimento dei rifiuti 200
esistenti dotati di una capacità nominale superiore a 6 t/ora e per i nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti
Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di incenerimento dei rifiuti 400
esistenti con una capacità nominale pari o inferiore a 6 t/ora
Ammoniaca (NH3) 30

2. Valori limite di emissione medi su 30 minuti espressi in mg/Nm3

(100%) A (97%) B
a) Polveri totali 30 10
a) Sostanze organiche sotto forma di gas e vapori espresse come carbonio organico totale 20 10
(TOC)
a) Acido cloridrico (HCl) 60 10
a) Acido fluoridrico (HF) 4 2
a) Biossido di zolfo (SO2) 200 50
a) Monossido di azoto (NO) e biossido di azoto (NO2) espressi come NO2 per gli impianti di 400 200
incenerimento dei rifiuti esistenti dotati di una capacità nominale superiore a 6 t/ora e per
i nuovi impianti di incenerimento dei rifiuti
a) Ammoniaca (NH3) 60 30

3. Valori limite di emissione medi ottenuti con periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore espressi in mg/Nm3
I valori medi di concentrazione degli inquinanti si ottengono secondo i metodi fissati ed aggiornati ai sensi della tabella di cui alla lettera C

Cadmio e suoi composti, espressi come cadmio (Cd)


0,05 in totale
Tallio e suoi composti espressi come tallio (Tl)
Mercurio e suoi composti espressi come mercurio (Hg) 0,05

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Antimonio e suoi composti espressi come antimonio (Sb)


Arsenico e suoi composti espressi come arsenico (As)
Piombo e suoi composti espressi come piombo (Pb)
Cromo e suoi composti espressi come cromo (Cr)
Cobalto e suoi composti espressi come cobalto (Co) 0,5 in totale
Rame e suoi composti espressi come rame (Cu)
Manganese e suoi composti espressi come manganese (Mn)
Nickel e suoi composti espressi come nickel (Ni)
Vanadio e suoi composti espressi come vanadio (V)

I suddetti valori medi comprendono anche le emissioni sotto forma di polveri, gas e vapori dei metalli presenti nei relativi composti.
4. Valori limite di emissione medi ottenuti con periodo di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore.
I valori medi di concentrazione degli inquinanti si ottengono secondo i metodi fissati ed aggiornati ai sensi della tabella di cui alla lettera C.

a) Diossine e furani (PCDD + PCDF) (1) 0,1 ng/Nm3


b) Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) (2) 0,01 mg/Nm3
c)PCB-DL (3) 0,1 ng/Nm3

(1) I valori limite di emissione si riferiscono alla concentrazione totale di diossine e furani, calcolata come concentrazione "tossica equivalente". Per la de-
terminazione della concentrazione "tossica equivalente", le concentrazioni di massa delle seguenti policloro-dibenzo-p-diossine e policlorodibenzofurani
misurate nell'effluente gassoso devono essere moltiplicate per i fattori di equivalenza tossica (FTE) di seguito riportati, prima di eseguire la somma.

FTE
2, 3, 7, 8 Tetraclorodibenzodiossina (TCDD) 1
1, 2, 3, 7, 8 - Pentaclorodibenzodiossina (PeCDD) 0,5
1, 2, 3, 4, 7, 8 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD) 0,1
1, 2, 3, 7, 8, 9 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD) 0,1
1, 2, 3, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzodiossina (HxCDD) 0,1
1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 Eptaclorodibenzodiossina (HpCDD) 0,01
Octaclorodibenzodiossina (OCDD) 0,001
2, 3, 7, 8 - Tetraclorodibenzofurano (TCDF) 0,1
2, 3, 4, 7, 8 - Pentaclorodibenzofurano (PeCDF) 0,5
1, 2, 3, 7, 8 - Pentaclorodibenzofurano (PeCDF) 0,05
1, 2, 3, 4, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF) 0,1
1, 2, 3, 7, 8, 9 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF 0,1
1, 2, 3, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF) 0,1
2, 3, 4, 6, 7, 8 - Esaclorodibenzofurano (HxCDF) 0,1
1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 - Eptaclorodibenzofurano (HpCDF) 0,01
1, 2, 3, 4, 7, 8, 9 - Eptaclorodibenzofurano (HpCDF) 0,01
Octaclorodibenzofurano (OCDF) 0,001

(2) Gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono determinati come somma di:

Benz[a]antracene
Dibenz[a, h]antracene
Benzo[h]fluorantene
Benzo[j]fluorantene
Benzo[k]fluorantene
Benzo[a]pirene
Dibenzo[a, e]pirene
Dibenzo[a, h]pirene
Dibenzo[a, i]pirene

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Dibenzo[a, l]pirene
Indeno [1,2,3 - cd] pirene

(3) I valori limite di emissione si riferiscono alla concentrazione totale di PCB


PCB-Dl,
Dl, calcolata come concentrazione "tossica equivalente". Per la determinazione
d
della concentrazione "tossica equivalente",
valente", le concentrazioni di massa dei seguenti PCB misurati nell'effluente gassoso devono ess
essere moltiplicati per i fatto-
ri di equivalenza tossica (FTE) di seguito riportati, prima di eseguire la somma.

Congenere Nome IUPAC WHO-TEF


3,3',4,4'-TetraCB PCB77 0,0001
3,4,4',5-TetraCB PCB81 0,0003
2,3,3',4,4'-PentaCB PCB 105 0,00003
2,3,4,4',5-PentaCB PCB 114 0,00003
2,3',4,4',5-PentaCB PCB 118 0,00003
2',3,4,4',5-PentaCB PCB 123 0,00003
3,3',4,4',5-PentaCB PCB 126 0,1
2,3,3',4,4',5-HexaCB PCB 156 0,00003
2,3,3',4,4',5'-HexaCB PCB 157 0,00003
2,3',4,4',5,5'-HexaCB PCB 167 0,00003
3,3',4,4',5,5'-HexaCB PCB 169 0,03
2,3,3',4,4',5,5'-HeptaCB PCB 189 0,00003

5. Valori limite di emissione per il monossido di carbonio (CO)


I seguenti valori limite di emissione per le concentrazioni
centrazioni di monossido di carbonio (CO) non devono essere superati nei gas di combustione (escluse le fasi di
avviamento ed arresto):
- 50 mg/Nm3 come valore medio giornaliero;
- 100 mg/Nm3 come valore medio su 30 minuti;
- il valore di 150 mg/Nm3 come valore medio su 10 minuti.
L'autorità competente può concedere deroghe per gli impianti di incener incenerimento
mento che utilizzano la tecnologia del letto fluido, purché l'autorizzazione
l'autorizzazi preveda
un valore limite di emissione perr il monossido di carbonio (CO) non superiore a 100 mg/m3 come valore medio orario.
B. NORMALIZZAZIONE
Condizioni di cui all'articolo 237-nonies del Titolo III-bis
bis della Parte IV:
- pressione 101,3 kPa;
- gas secco,
nonché un tenore di ossigeno di riferimentonto nell'effluente gassoso secco pari all'11% in vvolume,
lume, utilizzando la seguente formula

nella quale:
Es = concentrazione di emissione calcolata al tenore
nore di ossigeno di rifer
riferimento;
Em = concentrazione di emissione misurata;
Os = tenore di ossigeno di riferimento;
Om = tenore di ossigeno misurato.
Nel caso di incenerimento unicamente di oli usati, ti, come definiti all'articolo 183, comma 1, lett. c), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'ossig
l'ossigeno di
riferimento negli effluenti gassosi secchi è pari al 3%.
Se i rifiuti sono inceneriti in una atmosfera arricchita
chita di ossigeno, l'autorità competente può fifissare
sare un tenore di ossigeno di riferimento diverso che rifletta le
speciali caratteristiche dell'incenerimento.
Nel caso di incenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno viene applicata soltanto se il tenore di ossigeno misurato sup supe-

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

ra il pertinente tenore di ossigeno di riferimento.


C. VALUTAZIONE DELL'OSSERVANZA DEI VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA
1. Valutazione dei risultati delle misurazioni
Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.
Per le misurazioni in continuo i valori limite di emissione si intendono rispettati se:
a) nessuno dei valori medi giornalieri supera uno qualsiasi dei valori limite di emissione stabiliti al paragrafo A, punto 1;
b) per il monossido di carbonio (CO):
- almeno il 97% dei valori medi giornalieri nel corso dell'anno non supera il valore limite di emissione di cui al paragrafo A, punto 5, primo trattino;
- almeno il 95% di tutti i valori medi su 10 minuti in un qualsiasi periodo di 24 ore oppure tutti i valori medi su 30 minuti nello stesso periodo non superano i
valori limite di emissione di cui al paragrafo A, punto 5, secondo e terzo trattino";
c) nessuno dei valori medi su 30 minuti supera uno qualsiasi dei valori limite di emissione di cui alla colonna A del paragrafo A, punto 2, oppure, in caso di
non totale rispetto di tale limite per il parametro in esame, almeno il 97% dei valori medi su 30 minuti nel corso dell'anno non supera il relativo valore limite
di emissione di cui alla colonna B del paragrafo A, punto 2;
d) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, le diossine e i furani, gli idrocarburi policiclici aromatici, e i policlorobifenili (PCB-DL), durante il perio-
do di campionamento supera i pertinenti valori limite di emissione stabiliti al paragrafo A, punti 3 e 4;
I valori medi su 30 minuti e i valori medi su 10 minuti sono determinati durante il periodo di effettivo funzionamento (esclusi i periodi di avvio e di arresto se
non vengono inceneriti rifiuti) in base ai valori misurati, previa sottrazione del rispettivo valore dell'intervallo di confidenza al 95% riscontrato sperimental-
mente. Il campionamento e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle norme CEN. Se non
sono disponibili norme CEN, si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità
scientifica.
L'assicurazione di qualità dei sistemi automatici di misurazione e la loro taratura in base ai metodi di misurazione di riferimento devono essere eseguiti in
conformità alla norma UNI EN 14181. I sistemi automatici sono sottoposti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi di misurazione di
riferimento almeno una volta all'anno.
I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non possono eccedere le seguenti percentuali dei valori limite di emis-
sione riferiti alla media giornaliera:

Polveri totali 30%


Carbonio organico totale 30%
Acido cloridrico 40%
Acido fluoridrico 40%
Biossido di zolfo 20%
Biossido di azoto 20%
Monossido di carbonio 10%
Ammoniaca 30%

I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati.


Per ottenere un valore medio giornaliero valido non possono essere scartati, a causa di disfunzioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione
in continuo, più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno possono essere scartati a causa di disfunzio-
ni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in continuo. I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misura-
zioni periodiche di HF, HC1 e SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme con la localizzazione dei punti di campiona-
mento e misurazione da utilizzare per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.
Per le misurazioni periodiche, la valutazione della rispondenza delle misurazioni ai valori limite di emissione si effettua sulla base di quanto previsto dalle
norme tecniche di seguito riportate:

Parametro Metodo
Temperatura UNI EN ISO 16911:2013
Pressione UNI EN ISO 16911:2013
Velocità UNI EN ISO 16911:2013
Portata UNI EN ISO 16911:2013
Umidità UNI EN 14790:2006
Ossigeno (O2) UNI EN 14789:2006
Acido Cloridrico (HCl) UNI EN 1911:2010
Acido Fluoridrico (HF) ISO15713 :2006
Ossidi Di Azoto (NOx) Espressi Come NO2 UNI EN 14792 : 2006
Ammoniaca (NH3) EPA CTM-027 :1997
Biossido Di Zolfo (SO2) UNI EN 14791:2006
Monossido Di Carbonio (CO) UNI EN 15058:2006
TOC Espresso Come C UNI EN 12619 : 2013
PCDD/PCDF Come (Teq) UNI EN 1948-1,2,3 : 2006
PCB-Dl come (Teq) UNI EN 1948-1,2,3,4 :2010

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

IPA ISO 11338 -1 e 2 : 2003


Polveri UNI EN 13284-1: 2003
Mercurio (Hg) UNI EN 13211:2003
Metalli Pesanti (As,Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V) UNI EN 14385:2004

In caso di misure discontinue, al fine di valutare la conformità delle emissioni convogliate ai valori limite di emissioni, la concentrazione è calcolata preferi-
bilmente come media di almeno tre campionamenti consecutivi e riferiti ciascuno ai periodi di campionamento indicati all'Allegato 1, lettera A nelle condi-
zioni di esercizio più gravose dell'impianto.
D. ACQUE DI SCARICO DALL'IMPIANTO DI INCENERIMENTO
1. Valori limite di emissione negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi
Sono di seguito riportati i valori limite di emissione di inquinanti negli scarichi di acque reflue derivanti dalla depurazione degli effluenti gassosi, espressi in
concentrazioni di massa per campioni non filtrati.

95% 100%
a) Solidi sospesi totali 30 mg/l 45 mg/l
b) Mercurio e suoi composti, espressi come mercurio (Hg) 0,03 mg/l
c) Cadmio e suoi composti, espressi come cadmio (Cd) 0,05 mg/l
d) Tallio e suoi composti, espressi come tallio (TI) 0,05 mg/l
e) Arsenico e suoi composti, espressi come arsenico As 0,15 mg/l
f) Piombo e suoi composti, espressi come piombo (Pb) 0,2 mg/l
g) Cromo e suoi composti, espressi come cromo (Cr) 0,5 mg/l
h) Rame e suoi composti, espressi come rame (Cu) 0,5 mg/l
i) Nichel e suoi composti, espressi come nichel (Ni) 0,5 mg/l
l) Zinco e suoi composti, espressi come zinco (Zn) 1,5 mg/l
m) Diossine e furani (PCDD + PCDF) come Teq 0,3 ng/l
n) Idrocarburi policiclici aromatici (IPA) 0,0002 mg/l
o) Policlorobifenili (PCB-Dl) come Teq 0,3 ng/l

E. CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE DELLE EMISSIONI NELLE ACQUE DI SCARICO


1. Misurazioni
a) misurazioni continue del pH, della temperatura e della portata;
b) misurazioni giornaliere dei solidi sospesi totali effettuate su campioni per sondaggio;
c) misurazioni almeno mensili, su di un campione rappresentativo proporzionale al flusso dello scarico su un periodo di 24 ore, degli inquinanti di cui al para-
grafo D, punto 1, lettere da b) a l);
d) misurazioni almeno semestrali di diossine e furani e degli idrocarburi policiclici aromatici; per i primi dodici mesi di funzionamento dell'impianto, tali so-
stanze devono essere misurate almeno ogni tre mesi;
d-bis) le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquinanti nell'acqua sono eseguite in modo rappresentativo.
2. Valutazione dei risultati delle misurazioni
I valori limite di emissione si intendono rispettati se:
a) il 95% e il 100% dei valori misurati per i solidi sospesi totali non superano i rispettivi valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D, punto 1, lett. a);
b) non più di una misurazione all'anno per i metalli pesanti supera i valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D, punto 1, lettere da b) a l);
c) le misurazioni semestrali per le diossine e i furani e per gli idrocarburi policiclici aromatici non superano i valori limite di emissione stabiliti al paragrafo D,
punto 1, lettere m) e n).

(1983) Allegato inserito dall'art. 27, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificato dall'art. 18, comma 1, lett. v), nn. 1) e 2), L. 20
novembre 2017, n. 167.
Allegato 2 al Titolo III-bis alla Parte Quarta
In vigore dal 12 dicembre 2017

Norme tecniche e valori limite di emissione per gli impianti di coincenerimento (1984)
A. VALORI LIMITE DI EMISSIONE IN ATMOSFERA
1. Formula di miscelazione
La seguente "formula di miscelazione" deve essere applicata ogniqualvolta non sia stato stabilito uno specifico valore limite totale di emissione "C" nel pre-
sente Allegato.
Il valore limite per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio presenti nell'effluente gassoso derivante dal coincenerimento dei rifiuti è calco-
lato come segue:

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Vrifiuti: volume dell'effluente gassoso derivante dall'incenerimento dei soli rifiuti, determinato in base ai rifiuti che hanno il più basso potere calorifico speci-
ficato nell'autorizzazione e normalizzato alle condizioni indicate al paragrafo B dell'Allegato 1.
Qualora il calore liberato dall'incenerimento di rifiuti pericolosi sia inferiore al 10% del calore totale liberato nell'impianto, Vrifiuti deve essere calcolato in
base ad un quantitativo (fittizio) di rifiuti che, se incenerito, libererebbe un calore pari al 10% del calore totale liberato nell'impianto.
Cririfiuti: valori limite di emissione per gli impianti di incenerimento stabiliti al paragrafo A dell'Allegato 1.
Vprocesso: volume dell'effluente gassoso derivante dal processo dell'impianto, inclusa la combustione dei combustibili autorizzati normalmente utilizzati
nell'impianto (esclusi i rifiuti), determinato sulla base dei tenori di ossigeno previsti dalla normativa ai fini della normalizzazione delle emissioni. In assenza di
normativa per il pertinente tipo di impianto, si deve utilizzare il tenore reale di ossigeno dell'effluente gassoso non diluito con aggiunta di aria non indispen-
sabile per il processo. La normalizzazione per le altre condizioni è quella specificata al paragrafo B.
Cprocesso: valori limite di emissione indicati nel presente Allegato per taluni settori industriali o, in caso di assenza di tali valori, valori limite di emissione
degli inquinanti e del monossido di carbonio fissati dalla normativa statale o regionale per tali impianti quando vengono bruciati i combustibili normalmente
autorizzati (rifiuti esclusi). In mancanza di tali disposizioni si applicano i valori limite di emissione che figurano nell'autorizzazione. Se in questa non sono
menzionati tali valori, si ricorre alle concentrazioni reali in massa.
C: valori limite totali di emissione e tenore di ossigeno individuati nel presente Allegato per taluni settori industriali e per taluni inquinanti o, in caso di as-
senza di tali valori, valori limite totali di emissione da rispettare per ciascun agente inquinante e per il monossido di carbonio. Il tenore totale di ossigeno di
riferimento, che sostituisce il tenore di ossigeno di riferimento per la normalizzazione di cui al successivo paragrafo B, è calcolato sulla base dei tenori di os-
sigeno sopraindicati per Vrifiuti e per Vprocesso, rispettando i volumi parziali.
I valori limite totali di emissione (C) per gli inquinanti di cui all'Allegato 1, paragrafo A, punti 3 e 4, sono quelli fissati nei suddetti punti, e non sono soggetti
alla applicazione della "formula di miscelazione".
2. Disposizioni speciali relative ai forni per cemento che coinceneriscono rifiuti
2.1. I valori limite di emissione di cui ai punti 2.2 e 2.3 si applicano come valori medi giornalieri di polveri totali, HCl, HF, NOx, SO2, TOC, NH3 (per misurazioni
in continuo), come valori medi in un periodo di campionamento minimo di 30 minuti e massimo di 8 ore per i metalli pesanti e come valori medi in un perio-
di di campionamento minimo di 6 ore e massimo di 8 ore per diossine e furani.
Tutti i valori sono normalizzati a ossigeno 10 %.
I valori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.
2.2. C - Valori limite totali di emissione (espressi in mg/Nm3 tranne che per diossine e furani, IPA e PCB-Dl) per le seguenti sostanze inquinanti

Sostanza inquinante C
Polveri totali 30
HCl 10
HF 1
NOx 500 (1)
Cd + Tl 0,05
Hg 0,05
Sb + As +Pb + Cr + Co + Cu + Mn + Ni + V 0,5
Diosine e furani (ng/Nm3) C
IPA C
PCB-Dl (ng/Nm3) C
(1) Fino al 1° gennaio 2016 l'autorità competente può autorizzare dal valore limite per i NOx per i forni Lepol e per i forni ro-
tativi lunghi purché l'autorizzazione stabilisca un valore limite di emissione complessivo per i NOx inferiore o pari a 800
mg/Nm3.

2.3. C - Valori limite totali di emissione (espressi in mg/Nm3) per SO2 e TOC

Inquinanti C
SO2 50

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TOC 10

L'autorità competente può concedere deroghe rispetto ai valori limite di emissione di cui al presente punto nei casi in cui il coincenerimento di rifiuti non dia
luogo a TOC e SO2.
2.4. C - Valori limite di emissione complessivi per il CO
L'autorità competente può stabilire valori limite di emissione per il CO
3. Disposizioni speciali per impianti di combustione che coinceneriscono rifiuti
3.1. Cprocesso espresso come valori medi giornalieri (in mg/Nm3) valido fino alle seguenti date:
a) 31 dicembre 2015 per gli impianti che hanno ottenuto un'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013, o i cui gestori hanno presentato una domanda comple-
ta per un'autorizzazione entro tale data, a condizione che detti impianti siano messi in servizio al più tardi entro il 7 gennaio 2014;
b) 7 gennaio 2013 per gli impianti di combustione non coperti dal comma precedente.
Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni di cui all'Allegato 4. I va-
lori medi su 30 minuti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.
Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni. I valori medi su 30 minu-
ti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.
Cprocesso per combustibili solidi esclusa la biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 850 200 200
NOx - 400 200 200
Polvere 50 50 30 30

Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 200 200 200
NOx - 350 300 200
Polvere 50 50 30 30

Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 850 da 400 a 200 (decremento lineare da 100 a 300 MWth) 200
NOx - 400 200 200
Polvere 50 50 30 30

3.2. Cprocesso espresso in valori medi giornalieri (in mg/Nm3) valido fino alle seguenti date:
a) 1° gennaio 2016 per gli impianti di combustione che hanno ottenuto l'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o i cui gestori hanno presentato una do-
manda completa per un'autorizzazione entro tale data, a condizione che detti impianti siano messi in servizio entro il 7 gennaio 2014;
b) 7 gennaio 2013 per gli impianti di combustione diversi da quelli di cui al punto a).
Per determinare la potenza termica nominale totale degli impianti di combustione si applicano le norme sul cumulo delle emissioni. I valori medi su 30 minu-
ti sono necessari solo ai fini del calcolo dei valori medi giornalieri.
3.2.1. Cprocesso per gli impianti di combustione che hanno ottenuto l'autorizzazione prima del 7 gennaio 2013 o i cui gestori hanno presentato una doman-
da completa per un'autorizzazione entro tale data, purché siano messi in servizio entro il 7 gennaio 2014, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas
Cprocesso per i combustibili solidi ad eccezione della biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 400 200 200
per la torba: 300
NOx - 300 200 200
per la polverizzata: 400

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Polvere 50 30 25 20
per la torba: 20

Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 200 200 200

NOx - 300 250 200


Polvere 50 30 20 20

Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 350 250 200
NOx - 400 200 150
Polvere 50 30 25 20

3.2.2. Cprocesso per gli impianti di combustione diversi da quelli di cui al punto 3.2.1, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas
Cprocesso per i combustibili solidi ad eccezione della biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza 50 da 50 a 100 da 100 a 300 MWth 300 MWth


inquinante MWth MWth
SO2 - 400 200 150 per combustione a letto fluido circolante o a letto
per la torba: 300 per la torba: 300, tranne nel caso di combu- fluido oppure, nel caso di combustione di torba, per
stione a letto fluido: 250 tutti i tipi di combustione a letto fluido: 200
NOx - 300 200 150 per la combustione di lignite polverizzata: 200
per la torba: 250
Polvere 50 20 20 10 per la torba: 20

Cprocesso per la biomassa (tenore di O2 6 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
S02 - 200 200 150
NOx - 250 200 150
Polvere 50 20 20 20

Cprocesso per i combustibili liquidi (tenore di O2 3 %):

Sostanza inquinante 50 MWth da 50 a 100 MWth da 100 a 300 MWth 300 MWth
SO2 - 350 200 150
NOx - 300 150 100
Polvere 50 20 20 10

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3.3. C - Valori limite totali di emissione per metalli pesanti (in mg/Nm3) espresso come valori medi in un periodo di campionamento minimo di 30 minuti e
massimo di 8 ore (tenore di O2 6 % per i combustibili solidi e 3 % per i combustibili liquidi).

Sostanze inquinanti C
Cd + TI 0,05
Hg 0,05
Sb + As + Pb + Cr + Co + Cu + Mn + Ni + V 0,5

a. C - valori limite totali di emissione per diossine e furani, IPA e PCB-D1 espresso come valore medio misurato in un periodo di campionamento minimo di 6
ore e massimo di 8 ore (tenore di O2 6 % per i combustibili solidi e 3 % per i combustibili liquidi).

Sostanza inquinante C
Diossine e furani (come Teq) 0,1 ng/Nm3
IPA 0,01mg/Nm3
PCB-Dl (come Teq) 0,1 ng/Nm3

4. Disposizioni speciali per gli impianti di coincenerimento di rifiuti nei settori industriali non contemplati nei punti 2 e 3 della presente parte
4.1. C - valore limite totale di emissione per diossine e furani, IPA e PCB DL espresso come valore medio misurato in un periodo di campionamento minimo di
6 ore e massimo di 8 ore:

Sostanza inquinante C
Diossine e furani (come Teq) 0,1 ng/Nm3
IPA 0,01mg/Nm3
PCB-Dl (come Teq) 0,1 ng/Nm3

4.2. C - valori limite totali di emissione (in mg/Nm3) per i metalli pesanti espresso come valori medi misurati in un periodo di campionamento minimo di 30
minuti e massimo di 8 ore:

Sostanze inquinanti C
Cd + TI 0,05
Hg 0,05

B. NORMALIZZAZIONE
Condizioni di cui all'articolo 237 nonies del Titolo III-bis della Parte IV del presente decreto legislativo
- temperatura 273,15 °K;
- pressione 101,3 kPa.
- gas secco.
nonché ad un tenore di ossigeno di riferimento nell'effluente gassoso secco stabilito o determinato in accordo a quanto previsto al precedente paragrafo A,
utilizzando la seguente formula:

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nella quale:
Es = concentrazione di emissione calcolata al tenorenore di ossigeno di rifer
riferimento;
Em = concentrazione di emissione misurata;
Os = tenore di ossigeno di riferimento;
Om = tenore di ossigeno misurato.
Se i rifiuti sono coinceneriti in una atmosfera arricchita
ricchita di oss
ossigeno, l'autorità
tà competente può fissare un tenore di ossigeno di riferimento diverso d che rifletta
le speciali caratteristiche dell'incenerimento.
Nel caso di coincenerimento di rifiuti pericolosi, la normalizzazione in base al tenore di ossigeno è applicaapplicatata soltanto se il tenore di ossigeno misurato
m supera
il pertinente tenore di ossigeno di riferimento.
C. METODI DI CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE LUTAZIONE DELL'OSSE
DELL'OSSERVANZA DEI VALORI LIMITE MITE DELLE EMISSIONI IN ATMOSFERA
1. Valutazione dei risultati delle misurazioni
Le misurazioni relative alla determinazione delle concentrazioni di inquina
inquinantiti nell'atmosfera sono eseguite in modo rappresentativo.
Per le misurazioni in continuo i valori limite di emissione si intendono rrispettati se:
a) nessuno dei valori medi giornalieri
ornalieri supera uno qualsiasi dei pertinenti valori limite di emissione stabiliti nel presente Allegato;
b) nessuno dei valori medi rilevati per i metalli pesanti, per le diossine e i furani e per gli idr idrocarburi
carburi policiclici aromatici e PCB-DL
PCB supera i pertinenti valori
limite di emissione stabiliti nel presente Allegato.
I valori medi su 30 minuti sono determinati durante rante il periodo di effettivo funzionamento ((esclusi
sclusi i periodi di avvio e di arresto se non vengono
ve inceneriti
rifiuti) in base ai valori misurati,
urati, previa sottrazione del rispettivo val
valore dell'intervallo
vallo di confidenza al 95% riscontrato sperimentalmente.
sperime Il campionamento
e l'analisi di tutte le sostanze inquinanti, ivi compresi le diossine e i furani, sono effettuati conformemente alle no norme
me CEN.
C Se non sono disponibili norme
CEN, si applicano norme ISO, norme nazionali o altre norme internazionali che assicurino dati equiv equivalenti
lenti sotto il profilo della qualità scientifica.
L'assicurazione di qualità dei sistemi automatici di misurazione e la lo loro taratura in base ai metoditodi di misurazione di riferimento devono essere eseguitiesegu in
conformità alla norma UNI EN 14181. I sistemi automatici sono sott sottoposti
posti a controllo per mezzo di misurazioni parallele in base ai metodi m di misurazione di
riferimento almeno una volta all'anno.
I valori degli intervalli di confidenza di ciascun risultato delle misurazioni effettuate, non poss possonono eccedere le seguenti percentuali dei valori limitel di emis-
sione riferiti alla media giornaliera:

Polveri totali 30%


Carbonio organico totale 30%
Acido cloridrico 40%
Acido fluoridrico 40%
Biossido di zolfo 20%
Biossido di azoto 20%
Monossido di carbonio 10%
Ammoniaca 30%

I valori medi giornalieri sono determinati in base ai valori medi convalidati.


Per ottenere un valore re medio giornaliero valido non possono essere scartati più di 5 valori medi su 30 minuti in un giorno qualsiasi a causa di d disfunzioni o
per ragioni di manutenzione del sistema
stema di misurazione in continuo. Non più di 10 valori medi giornalieri all'anno pos possono
sono essere scartati a causa di disfun-
disfu
zioni o per ragioni di manutenzione del sistema di misurazione in cocontinuo.
Per le misurazioni periodiche, la valutazione della
la rispondenza delle misur
misurazioni
zioni ai valori limite di emissione si effettua secondo i seguenti metodi:

Parametro Metodo
Temperatura UNI EN ISO 16911:2013
Pressione UNI EN ISO 16911:2013
Velocità UNI EN ISO 16911:2013
Portata UNI EN ISO 16911:2013
Umidità UNI EN 14790:2006
Ossigeno (O2) UNI EN 14789:2006

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Acido Cloridrico (HCl) UNI EN 1911:2010


Acido Fluoridrico (HF) ISO15713 :2006
Ossidi Di Azoto (NOx) Espressi Come NO2 UNI EN 14792 : 2006
Ammoniaca (NH3) EPA CTM-027 :1997
Biossido Di Zolfo (SO2) UNI EN 14791:2006
Monossido Di Carbonio (CO) UNI EN 15058:2006
TOC Espresso Come C UNI EN 12619 : 2013
PCDD/PCDF Come (Teq) UNI EN 1948-1,2,3 : 2006
PCB-Dl come (Teq) UNI EN 1948-1,2,3,4 :2010
IPA ISO 11338 -1 e 2:2003
Polveri UNI EN 13284-1:2003
Mercurio (Hg) UNI EN 13211:2003
Metalli Pesanti (As,Cd, Cr, Co, Cu, Mn, Ni, Pb, Sb, Tl, V) UNI EN 14385:2004

In caso di misure discontinue, al fine di valutare la conformità delle emissioni convogliate ai valori limite di emissioni, la concentrazione è calcolata preferi-
bilmente come media di almeno tre campionamenti consecutivi e riferiti ciascuno ai periodi di campionamento indicati all'Allegato 1, lettera A nelle condi-
zioni di esercizio più gravose dell'impianto. I valori medi durante il periodo di campionamento e i valori medi in caso di misurazioni periodiche di HF, HC1 e
SO2 sono determinati in fase di autorizzazione dall'autorità competente, insieme con la localizzazione dei punti di campionamento e misurazione da utilizza-
re per il controllo delle emissioni, secondo quanto previsto nel presente paragrafo C.
D. ACQUE DI SCARICO DALL'IMPIANTO DI COINCENERIMENTO E RELATIVE NORME SU CAMPIONAMENTO, ANALISI E VALUTAZIONE
Per gli impianti di coincenerimento valgono le disposizioni dei paragrafi D ed E dell'Allegato 1, relative agli impianti di incenerimento.

(1984) Allegato inserito dall'art. 27, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificato dall'art. 18, comma 1, lett. z), nn. 1) e 2), L. 20
novembre 2017, n. 167.
Allegato 3 al Titolo III-bis alla Parte Quarta
In vigore dal 11 aprile 2014

NORME TECNICHE PER IL COINCENERIMENTO DEI PRODOTTI TRASFORMATI DERIVATI DA MATERIALI DI CATEGORIA 1, 2 E 3 DI CUI AL REGOLAMENTO (CE)
1069/2009. (1985)
1. Tipologia: Prodotti trasformati e derivati da materiali di categoria 1, 2 e 3, ivi compresi i grassi; partite di alimenti zootecnicí contenenti frazioni dei mate-
riali predetti.
1.1 Provenienza: impianti di trasformazione riconosciuti ai sensi del regolamento (CE) 1069/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 ottobre
2009, per le partite di alimenti zootecnici contenenti frazioni dei materiali predetti è ammessa qualsiasi provenienza
1.2 Caratteristiche:
a) farina proteica animale e/o alimenti zootecnici aventi le seguenti caratteristiche:
P.C.I. sul tal quale 12.000 kJ/kg min;
umidità 10% max;
ceneri sul secco 40% max.
b) grasso animale avente le seguenti caratteristiche:
P.C.I. sul tal quale 30.000 kJ/kg min;
umidità 2% max;
ceneri sul secco 2% max.
I parametri di cui ai punti a) e b) devono essere documentati dal produttore in aggiunta alla documentazione sanitaria prevista dalla vigente normativa.
1.3 Il coincenerimento con recupero energetico, comprende anche la relativa messa in riserva presso l'impianto. Durante tutte le fasi dell'attività devono
essere evitati il contatto diretto e la manipolazione dei rifiuti di cui al punto 1.2, nonché qualsiasi forma di dispersione ambientale degli stessi.

(1985) Allegato inserito dall'art. 27, comma 5, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati al Titolo V della parte Quarta (1987)
Allegato 1 - Criteri generali per l'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica
In vigore dal 11 aprile 2014

Premessa
Il presente allegato definisce gli elementi necessari per la redazione dell'analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica (nel seguito analisi di rischio), da
utilizzarsi per la definizione degli obiettivi di bonifica.
L'analisi di rischio si può applicare prima, durante e dopo le operazioni di bonifica o messa in sicurezza.
L'articolato normativo fa riferimento a due criteri-soglia di intervento: il primo (CSC) da considerarsi valore di attenzione, superato il quale occorre svolgere
una caratterizzazione ed il secondo (CSR) che identifica i livelli di contaminazione residua accettabili, calcolati mediante analisi di rischio, sui quali impostare
gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica.
Il presente allegato definisce i criteri minimi da applicare nella procedura di analisi di rischio inversa che verrà utilizzata per il calcolo delle CSR, cioè per defi-

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nire in modo rigoroso e cautelativo per l'ambiente gli obiettivi di bonifica aderenti alla realtà del sito, che rispettino i criteri di accettabilità del rischio cance-
rogeno e dell'indice di rischio assunti nei punti di conformità prescelti.
CONCETTI E PRINCIPI BASE
Nell'applicazione dell'analisi di rischio dei siti contaminati ed ai fini di una interpretazione corretta dei risultati finali occorre tenere conto dei seguenti con-
cetti:
la grandezza rischio, in tutte le sue diverse accezioni, ha costantemente al suo interno componenti probabilistiche. Nella sua applicazione per definire gli
obiettivi di risanamento è importante sottolineare che la probabilità non è legata all'evento di contaminazione (già avvenuto), quanto alla natura probabili-
stica degli effetti nocivi che la contaminazione, o meglio l'esposizione ad un certo contaminante, può avere sui ricettori finali.
Ai fini di una piena accettazione dei risultati dovrà essere posta una particolare cura nella scelta dei parametri da utilizzare nei calcoli, scelta che dovrà ri-
spondere sia a criteri di conservatività , il principio della cautela è intrinseco alla procedura di analisi di rischio, che a quelli di sito-specificità ricavabili dalle
indagini di caratterizzazione svolte.
L'individuazione e l'analisi dei potenziali percorsi di esposizione e dei bersagli e la definizione degli obiettivi di bonifica, in coerenza con gli orientamenti stra-
tegici più recenti, devono tenere presente la destinazione d'uso del sito prevista dagli strumenti di programmazione territoriale.
COMPONENTI DELL'ANALISI DI RISCHIO DA PARAMETRIZZARE
Sulla base della struttura del processo decisionale di «analisi di rischio», indipendentemente dal tipo di metodologia impiegata, dovranno essere parametriz-
zate le seguenti componenti: contaminanti indice, sorgenti, vie e modalità di esposizione, ricettori finali.
Di seguito si presentano gli indirizzi necessari per la loro definizione ai fini dei calcoli.
Contaminanti indice
Particolare attenzione dovrà essere posta nella scelta delle sostanze di interesse (contaminanti indice) da sottoporre ai calcoli di analisi di rischio.
La scelta dei contaminanti indice, desunti dai risultati della caratterizzazione, deve tener conto dei seguenti fattori:
* Superamento della o delle CSC, ovvero dei valori di fondo naturali.
* Livelli di tossicità.
* Grado di mobilità e persistenza nelle varie matrici ambientali.
* Correlabilità ad attività svolta nel sito.
* Frequenza dei valori superiori al CSC.
Sorgenti
Le indagini di caratterizzazione dovranno portare alla valutazione della geometria della sorgente: tale valutazione dovrà necessariamente tenere conto delle
dimensioni globali del sito, in modo da procedere, eventualmente, ad una suddivisione in aree omogenee sia per le caratteristiche idrogeologiche che per la
presenza di sostanze contaminanti, da sottoporre individualmente ai calcoli di analisi di rischio.
In generale l'esecuzione dell'analisi di rischio richiede l'individuazione di valori di concentrazione dei contaminanti rappresentativi in corrispondenza di ogni
sorgente di contaminazione (suolo superficiale, suolo profondo, falda) secondo modalità e criteri che si diversificano in funzione del grado di approssimazio-
ne richiesto.
Tale valore verrà confrontato con quello ricavato dai calcoli di analisi di rischio, per poter definire gli interventi necessari.
Salvo che per le contaminazioni puntuali (hot-spots), che verranno trattate in modo puntuale, tali concentrazioni dovranno essere di norma stabilite su basi
statistiche (media aritmetica, media geometrica, UCL 95% del valore medio).
Le vie e le modalità di esposizione
Le vie di esposizione sono quelle mediante le quali il potenziale bersaglio entra in contatto con le sostanze inquinanti.
Si ha una esposizione diretta se la via di esposizione coincide con la sorgente di contaminazione; si ha una esposizione indiretta nel caso in cui il contatto del
recettore con la sostanza inquinante avviene a seguito della migrazione dello stesso e quindi avviene ad una certa distanza dalla sorgente.
Le vie di esposizione per le quali occorre definire i parametri da introdurre nei calcoli sono le seguenti:
- Suolo superficiale (compreso fra piano campagna e 1 metro di profondità).
- Suolo profondo (compreso fra la base del precedente e la massima profondità indagata).
- Aria outdoor (porzione di ambiente aperto, aeriforme, dove si possono avere evaporazioni di sostanze inquinanti provenienti dai livelli più superficiali.
- Aria indoor (porzione di ambiente aeriforme confinata in ambienti chiusi).
- Acqua sotterranea (falda superficiale e/o profonda).
Le modalità di esposizione attraverso le quali può avvenire il contatto tra l'inquinante ed il bersaglio variano in funzione delle vie di esposizione sopra ripor-
tate e sono distinguibili in:
- ingestione di acqua potabile.
- ingestione di suolo.
- contatto dermico.
- inalazione di vapori e particolato.
I recettori o bersagli della contaminazione
Sono i recettori umani, identificabili in residenti e/o lavoratori presenti nel sito (on-site) o persone che vivono al di fuori del sito (off-site).
Di fondamentale importanza è la scelta del punto di conformità (soprattutto quello per le acque sotterranee) e del livello di rischio accettabile sia per le so-
stanze cancerogene che non-cancerogene.
- punto di conformità per le acque sotterranee
Il punto di conformità per le acque sotterranee rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato
originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali, secondo quanto previsto nella parte
terza (in particolare articolo 76) e nella parte sesta del presente decreto (in particolare articolo 300). Pertanto in attuazione del principio generale di precau-
zione, il punto di conformità deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica e la relativa CSR per ciascun contami-
nante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all'Allegato 5 della parte quarta del presente decreto. Valori superiori possono essere ammissibili solo in
caso di fondo naturale più elevato o di modifiche allo stato originario dovute all'inquinamento diffuso, ove accertati o validati dalla Autorità pubblica compe-
tente, o in caso di specifici minori obiettivi di qualità per il corpo idrico sotterraneo o per altri corpi idrici recettori, ove stabiliti e indicati dall'Autorità pubbli-
ca competente, comunque compatibilmente con l'assenza di rischio igienico-sanitario per eventuali altri recettori a valle. A monte idrogeologico del punto di
conformità così determinato e comunque limitatamente alle aree interne del sito in considerazione, la concentrazione dei contaminanti può risultare mag-
giore della CSR così determinata, purché compatibile con il rispetto della CSC al punto di conformità nonché compatibile con l'analisi del rischio igienico sani-

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tario per ogni altro possibile recettore nell'area stessa (1986)


- criteri di accettabilità del rischio cancerogeno e dell'indice di rischio
Si propone 1x10-6 come valore di rischio incrementale accettabile per la singola sostanza cancerogena e 1x10'5 come valore di rischio incrementale accetta-
bile cumulato per tutte le sostanze cancerogene, mentre per le sostanze non cancerogene si applica il criterio del non superamento della dose tollerabile o
accettabile (ADI o TDI) definita per la sostanza (Hazard Index complessivo 1). (1986)
PROCEDURE DI CALCOLO E STIMA DEL RISCHIO
Le procedure di calcolo finalizzate alla caratterizzazione quantitativa del rischio, data l'importanza della definizione dei livelli di bonifica (CSR), dovranno es-
sere condotte mediante l'utilizzo di metodologie quale ad esempio ASTM PS 104, di comprovata validità sia dal punto di vista delle basi scientifiche che sup-
portano gli algoritmi di calcolo, che della riproducibilità dei risultati.
PROCEDURA DI VALIDAZIONE
Al fine di consentire la validazione dei risultati ottenuti da parte degli enti di controllo è necessario avere la piena rintracciabilità dei dati di input con relative
fonti e dei criteri utilizzati per i calcoli.
Gli elementi più importanti sono di seguito riportati:
* Criteri di scelta dei contaminanti indice.
* Modello concettuale del sito alla luce dei risultati delle indagini di caratterizzazione con percorsi di esposizione e punti di conformità.
* Procedure di calcolo utilizzate.
* Fonti utilizzate per la determinazione dei parametri di input degli algoritmi di calcolo.

(1986) Punto così modificato dall'art. 2, comma 43, D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.
(1987) Intestazione così modificata dall'art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati al Titolo V della parte Quarta (1988)
Allegato 2 - Criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati (1989)
In vigore dal 11 aprile 2014

PREMESSA
La caratterizzazione ambientale di un sito è identificabile con l'insieme delle attività che permettono di ricostruire i fenomeni di contaminazione a carico del-
le matrici ambientali, in modo da ottenere le informazioni di base su cui prendere decisioni realizzabili e sostenibili per la messa in sicurezza e/o bonifica del
sito. Le attività di caratterizzazione devono essere condotte in modo tale da permettere la validazione dei risultati finali da parte delle Pubbliche Autorità in
un quadro realistico e condiviso delle situazioni di contaminazione eventualmente emerse.
Per caratterizzazione dei siti contaminati si intende quindi l'intero processo costituito dalle seguenti fasi:
1. Ricostruzione storica delle attività produttive svolte sul sito.
2. Elaborazione del Modello Concettuale Preliminare del sito e predisposizione di un piano di indagini ambientali finalizzato alla definizione dello stato am-
bientale del suolo, del sottosuolo e delle acque sotterranee.
3. Esecuzione del piano di indagini e delle eventuali indagini integrative necessarie alla luce dei primi risultati raccolti.
4. Elaborazione dei risultati delle indagini eseguite e dei dati storici raccolti e rappresentazione dello stato di contaminazione del suolo, del sottosuolo e delle
acque sotterranee.
5. Elaborazione del Modello Concettuale Definitivo.
6. Identificazione dei livelli di concentrazione residua accettabili - sui quali impostare gli eventuali interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica, che si ren-
dessero successivamente necessari a seguito dell'analisi di rischio-calcolati mediante analisi di rischio eseguita secondo i criteri di cui in Allegato 1.
La Caratterizzazione ambientale, sarà avviata successivamente alla approvazione da parte delle Autorità Competenti del Piano di indagini di cui al punto 1 e
si riterrà conclusa con l'approvazione, in unica soluzione, da parte delle Autorità Competenti dell'intero processo sopra riportato, al termine delle attività di
cui al punto 5 nel caso di non superamento delle CSC e al termine dell'attività di cui al punto 6 qualora si riscontri un superamento delle suddette concentra-
zioni.
Nel fase di attuazione dell'intero processo, l'Autorità competente potrà richiedere al Proponente stati di avanzamento dei lavori per ognuna delle fasi sopra
riportate, rilasciando eventuali prescrizioni per ognuna delle fasi di cui sopra in un'unica soluzione. Per i Siti di interresse nazionale, i tempi e le modalità di
approvazione delle fasi di cui sopra potranno essere disciplinate con appositi Accordi di Programma.
Il presente documento fa riferimento ai siti potenzialmente contaminati che non rientrano nella fattispecie a cui si applicano le procedure semplificate
dell'Allegato 4.
PREDISPOSIZIONE DEL PIANO DI INDAGINI AMBIENTALI FINALIZZATO ALLA DEFINIZIONE DELLO STATO AMBIENTALE DEL SOTTOSUOLO
Tale fase si attua attraverso:
1. Raccolta dei dati esistenti ed elaborazione del Modello Concettuale Preliminare.
2. Elaborazione del Piano di Investigazione Iniziale comprendente: indagini, campionamenti e analisi da svolgere mediante prove in sito ed analisi di labora-
torio.
3. Ogni altra indagine, campionamento e analisi finalizzati alla definizione dello stato ambientale del sottosuolo e dei livelli di concentrazione accettabili per
il terreno e le acque sotterranee.
Modello concettuale preliminare
Il modello concettuale preliminare è realizzato sulla base delle informazioni storiche disponibili prima dell'inizio del Piano di investigazione, nonché di even-
tuali indagini condotte nelle varie matrici ambientali nel corso della normale gestione del sito. Con il modello concettuale preliminare vengono infatti de-
scritte: caratteristiche specifiche del sito in termini di potenziali fonti della contaminazione; estensione, caratteristiche e qualità preliminari delle matrici
ambientali influenzate dalla presenza dell'attività esistente o passata svolta sul sito; potenziali percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai ber-
sagli individuati. Tale modello deve essere elaborato prima di condurre l'attività di campo in modo da guidare la definizione del Piano di investigazione.
Parte integrante e fondamentale del modello concettuale del sito è la definizione preliminare, sulla base delle informazioni storiche a disposizione, delle ca-
ratteristiche idrogeologiche degli acquiferi superficiali e profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione.
Per la redazione del Modello Concettuale preliminare dovranno essere considerate le eventuali indagini condotte nelle varie matrici ambientali nel corso
della normale gestione del sito, prima dell'attuazione del piano di indagini.

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Piano di indagini
Il piano di indagini dovrà contenere la dettagliata descrizione delle attività che saranno svolte in campo ed in laboratorio per la caratterizzazione ambientale
del sito. Il Proponente dovrà includere in tale documento le specifiche tecniche per l'esecuzione delle attività (procedure di campionamento, le misure di
campo, modalità di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, metodiche analitiche, ecc. ) che una volta approvate dalle Autorità Competenti,
prima dell'inizio dei lavori, costituiranno il protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito.
Le fonti potenziali di inquinamento sono definite sulla base del Modello Concettuale Preliminare del sito e comprendono: luoghi di accumulo e stoccaggio di
rifiuti e materiali, vasche e serbatoi interrati e fuori terra, pozzi disperdenti, cumuli di rifiuti in contenitori o dispersi, tubazioni e fognature, ecc..
Le indagini avranno l'obiettivo di:
- verificare l'esistenza di inquinamento di suolo, sottosuolo e acque sotterranee; definire il grado, l'estensione volumetrica dell'inquinamento; delimitare il
volume delle aree di interramento di rifiuti;
- individuare le possibili vie di dispersione e migrazione degli inquinanti dalle fonti verso i potenziali ricettori;
- ricostruire le caratteristiche geologiche ed idrogeologiche dell'area al fine di sviluppare il modello concettuale definitivo del sito;
- ottenere i parametri necessari a condurre nel dettaglio l'analisi di rischio sito specifica;
- individuare i possibili ricettori.
A tal fine devono essere definiti:
- l'ubicazione e tipologia delle indagini da svolgere, sia di tipo diretto, quali sondaggi e piezometri, sia indiretto, come i rilievi geofisici;
- il piano di campionamento di suolo, sottosuolo, rifiuti e acque sotterranee;
- il piano di analisi chimico-fisiche e le metodiche analitiche;
- la profondità da raggiungere con le perforazioni, assicurando la protezione degli acquiferi profondi ed evitando il rischio di contaminazione indotta dal
campionamento;
- le metodologie di interpretazione e restituzione dei risultati.
Ubicazione dei punti di campionamento
L'ubicazione dei punti di campionamento deve essere stabilita in modo da corrispondere agli obiettivi indicati nei criteri generali.
Per ogni matrice ambientale investigata (suolo, sottosuolo, acque sotterranee) si possono presentare due principali strategie per selezionare l'ubicazione dei
punti di sondaggio e prelievo:
1. la scelta è basata sull'esame dei dati storici a disposizione e su tutte le informazioni sintetizzate nel modello concettuale preliminare e deve essere mirata
a verificare le ipotesi formulate nel suddetto modello in termini di presenza, estensione e potenziale diffusione della contaminazione; questa scelta è da pre-
ferirsi per i siti complessi qualora le informazioni storiche e impiantistiche a disposizione consentano di prevedere la localizzazione delle aree più vulnerabili
e delle più probabili fonti di contaminazione [«ubicazione ragionata»]
2. la scelta della localizzazione dei punti è effettuata sulla base di un criterio di tipo casuale o statistico, ad esempio campionamento sulla base di una griglia
predefinita o casuale; questa scelta è da preferirsi ogni volta che le dimensioni dell'area o la scarsità di informazioni storiche e impiantistiche sul sito non
permettano di ottenere una caratterizzazione preliminare soddisfacente e di prevedere la localizzazione delle più probabili fonti di contaminazione [«ubica-
zione sistematica»]
A seconda della complessità del sito, i due approcci di cui sopra possono essere applicati contemporaneamente in funzione del differente utilizzo delle aree
del sito. In particolare, nella scelta dei punti di indagine si terrà conto della diversità tra aree dismesse e/o libere da impianti e aree occupate da impianti,
collocando i punti di campionamento in corrispondenza dei punti di criticità, valutando nel contempo la configurazione impiantistica e lo schema dei relativi
sottoservizi.
Oltre ai criteri di cui sopra, l'applicazione di tecniche indirette di indagine, laddove applicabili (analisi del gas interstiziale del suolo, indagini geofisiche indi-
rette, ecc.), potrà essere utilizzata al fine di determinare una migliore ubicazione dei punti di indagine diretta (prelievi di terreno e acqua) ed ottenere una
maggiore copertura areale delle informazioni. In tal caso il proponente potrà presentare un piano di indagini per approfondimenti successivi utilizzando le
indagini indirette per formulare il modello concettuale preliminare del sito e concordando con le Autorità competenti modalità di discussione ed approva-
zione degli stati di avanzamento delle indagini. In tal caso il piano di indagini dovrà contenere una dettagliata descrizione della validità e della applicabilità
delle tecniche di indagine indirette utilizzate.
Al fine di conoscere la qualità delle matrici ambientali (valori di fondo) dell'ambiente in cui è inserito il sito potrà essere necessario prelevare campioni da
aree adiacenti il sito. Tali campioni verranno utilizzati per determinare i valori di concentrazione delle sostanze inquinanti per ognuna delle componenti am-
bientali rilevanti per il sito in esame; nel caso di campionamento di suoli, la profondità ed il tipo di terreno da campionare deve corrispondere, per quanto
possibile, a quelli dei campioni raccolti nel sito.
Selezione delle sostanze inquinanti da ricercare
La selezione dei parametri dovrà avvenire essenzialmente sulla base seguente processo:
Esame del ciclo produttivo e/o dei dati storici del sito (processo industriale, materie prime, intermedi, prodotti e reflui generati nel caso di un'area industria-
le dimessa; materiali smaltiti nel caso di una discarica; prodotti coinvolti nel caso di versamenti accidentali, eventuali analisi esistenti, etc), per la definizione
di un «set standard» di analiti (sia per le analisi dei terreni sia per quelle delle acque sotterranee) concettualmente applicabile, nel corso delle indagini, alla
generalità delle aree di interesse.
Esame dello stato fisico, della stabilità e delle caratteristiche di reale pericolosità delle sostanze individuate nel «set standard» di analiti di cui al punto pre-
cedente per eseguire solo su queste la caratterizzazione completa di laboratorio;
Nei punti distanti dalle possibili sorgenti di contaminazione si potrà inoltre selezionare un numero limitato di parametri indicatori, scelti sulla base della tos-
sicità e mobilità dei contaminanti e dei relativi prodotti di trasformazione.
Il percorso logico di cui sopra dovrà essere validato prima dell'inizio dei lavori con l'approvazione del Piano di Indagini presentato dal proponente.
Si potrà valutare la possibilità e l'opportunità di modulare il piano analitico in funzione delle peculiarità delle varie sub aree di interesse, individuando set
specifici.
Modalità di esecuzione sondaggi e piezometri
I sondaggi saranno eseguiti, per quanto possibile, mediante carotaggio continuo a infissione diretta, rotazione/rotopercussione a secco, utilizzando un caro-
tiere di diametro idoneo ed evitando fenomeni di surriscaldamento.
I sondaggi da attrezzare a piezometro saranno realizzati, per quanto possibile, a carotaggio continuo a rotazione/rotopercussione a secco, utilizzando un
carotiere di diametro idoneo.
Campionamento terreni e acque sotterranee
Tutte le operazioni che saranno svolte per il campionamento delle matrici ambientali, il prelievo, la formazione, il trasporto e la conservazione del campione

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e per le analisi di laboratorio dovranno essere documentate con verbali quotidiani.


Dovrà inoltre essere riportato l'elenco e la descrizione dei materiali e delle principali attrezzature utilizzati.
II piano di indagini dovrà contenere una dettagliata descrizione delle procedure di campionamento dei terreni e delle acque, le misure da effettuare in cam-
po, le modalità di identificazione, conservazione e trasporto dei campioni, che una volta approvate dalle Autorità Competenti, prima dell'inizio dei lavori,
costituiranno l'unico protocollo applicabile per la caratterizzazione del sito.
Ogni campione è suddiviso in due aliquote, una per l'analisi da condurre ad opera dei soggetti privati, una per archivio a disposizione dell'ente di controllo.
L'eventuale terza aliquota, quando richiesta, sarà confezionata in contraddittorio solo alla presenza dell'ente di controllo, sigillando il campione che verrà
firmato dagli addetti incaricati, verbalizzando il relativo prelievo. La copia di archivio verrà conservata a temperatura idonea, sino all'esecuzione e validazio-
ne delle analisi di laboratorio da parte dell'ente di controllo preposto.
Terreni
I criteri che devono essere adottati nella formazione di campioni di terreno che si succedono lungo la colonna di materiali prelevati sono:
- ottenere la determinazione della concentrazione delle sostanze inquinanti per strati omogenei dal punto di vista litologico;
- prelevare separatamente, in aggiunta ai campioni previsti per sondaggio, materiali che si distinguono per evidenze di inquinamento o per caratteristiche
organolettiche, chimico-fisiche e litologico-stratigrafiche. Analisi di campo e analisi semiquantitative (p.es. test in sito dello spazio di testa) potranno essere
utilizzate, laddove applicabili, per selezionare tali campioni e per ottenere una maggiore estensione delle informazioni sulla verticale. I campioni relativi a
particolari evidenze o anomalie sono formati per spessori superiori ai 50 cm.
Per corrispondere ai criteri indicati, da ciascun sondaggio i campioni dovranno essere formati distinguendo almeno:
- campione 1: da 0 a -1 metro dal piano campagna;
- campione 2: 1 m che comprenda la zona di frangia capillare;
- campione 3: 1 m nella zona intermedia tra i due campioni precedenti.
Con eccezione dei casi in cui esista un accumulo di rifiuti nella zona satura, la caratterizzazione del terreno sarà concentrata sulla zona insatura. Quando il
campionamento dei terreni è specificatamente destinato a composti volatili, non viene previsto il campionamento in doppia aliquota.
Il campione dovrà essere formato immediatamente a seguito dell'estrusione del materiale dal carotiere in quantità significative e rappresentative.
Un apposito campione dovrà essere prelevato nel caso in cui si debba provvedere alla classificazione granulometrica del terreno.
Quando sono oggetto di indagine rifiuti interrati, in particolare quando sia prevista la loro rimozione e smaltimento come rifiuto, si procederà al prelievo e
all'analisi di un campione medio del materiale estratto da ogni posizione di sondaggio.
I sondaggi, dopo il prelievo dei campioni di terreno, saranno sigillati con riempimento dall'alto o iniezione di miscele bentonitiche dal fondo.
Acque sotterranee
Ai fini del presente documento si intende rappresentativo della composizione delle acque sotterranee il campionamento dinamico.
Qualora debba essere prelevata solamente la fase separata di sostanze non miscibili oppure si sia in presenza di acquiferi poco produttivi, può essere utiliz-
zato il campionamento statico.
Qualora sia rinvenuto nei piezometri del prodotto surnatante in fase libera, occorrerà provvedere ad un campionamento selettivo del prodotto; sui campioni
prelevati saranno condotti i necessari accertamenti di laboratorio finalizzati alla sua caratterizzazione per determinarne se possibile l'origine.
Metodiche analitiche
Le attività analitiche verranno eseguite da laboratori pubblici o privati che garantiscano di corrispondere ai necessari requisiti di qualità. Le metodiche anali-
tiche applicate dovranno essere concordate fra le parti prima dell'inizio dei lavori, in fase di approvazione del piano di indagine proposto.
Analisi chimica dei terreni
Ai fini di ottenere l'obiettivo di ricostruire il profilo verticale della concentrazione degli inquinanti nel terreno, i campioni da portare in laboratorio dovranno
essere privi della frazione maggiore di 2 cm (da scartare in campo) e le determinazioni analitiche in laboratorio dovranno essere condotte sull'aliquota di
granulometria inferiore a 2 mm. La concentrazione del campione dovrà essere determinata riferendosi alla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche
dello scheletro.
Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l'ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai
valori di concentrazione limite.
Analisi chimica delle acque
Le analisi chimiche saranno condotte adottando metodologie ufficialmente riconosciute, tali da garantire l'ottenimento di valori 10 volte inferiori rispetto ai
valori di concentrazione limite.
Attività di controllo
Le attività di controllo da parte della Pubblica Autorità sarà soprattutto qualitativo e potrà essere realizzato durante lo svolgimento delle attività di campo,
attraverso la verifica dell'applicazione delle specifiche definite nel Piano di Indagini. Le attività di campo, saranno descritte a cura del responsabile del sito,
con la redazione del Giornale dei Lavori, che sarà verificato e validato dai Responsabili degli Enti preposti al controllo.
Le attività di controllo da parte degli enti preposti, potrà essere realizzato durante lo svolgimento delle analisi di laboratorio, seguendone le diverse fasi. I
Responsabili degli Enti preposti al controllo, potranno pertanto verificare, attraverso un sistema di controllo qualità, la corretta applicazione :
- delle metodiche analitiche;
- dei sistemi utilizzati;
- del rispetto delle Buone Pratiche di Laboratorio.
Tutte le fasi operative di laboratorio, comprese le attività di controllo degli Enti preposti, saranno descritte nel giornale lavori di laboratorio, che potrà essere
verificato e validato dai Responsabili degli stessi Enti.
La validazione dell'intero percorso analitico, dal prelievo dal campione alla restituzione del dato, potrà essere eseguita dagli Enti di Controllo, attraverso
l'approvazione dei certificati analitici.
ESECUZIONE DI EVENTUALI INDAGINI INTEGRATIVE
Sulla base dei risultati del Piano di Indagini eseguito in conformità con le specifiche in esso contenute, il Proponente potrà procedere, se ritenuto necessario,
alla predisposizione di indagini integrative mirate alla migliore definizione del Modello Concettuale Definitivo del sito.
Per indagini integrative si intendono quindi tutte le indagini mirate alla definizione dei parametri sito specifici necessari per l'applicazione dell'analisi di ri-
schio ed eventualmente alla migliore calibrazione dei modelli di calcolo impiegati, che non sia stato possibile caratterizzare con le indagini iniziali. Tali inda-
gini possono includere: campionamenti e analisi di terreno e acque sotterranee con le modalità riportate ai paragrafi precedenti; prove specifiche per verifi-
care la stabilità e la mobilità dei contaminanti (test di permeabilità, test di cessione, ecc.); prove e test in sito per verificare la naturale attenuazione dei con-

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taminanti nel terreno e nelle acque sotterranee.


Tutte le indagini integrative proposte saranno dettagliatamente descritte e motivate in un documento tecnico che sarà presentato dal Proponente, prima
dell'inizio dei lavori, alla Autorità Competenti, per eventuali prescrizioni.
RAPPRESENTAZIONE DELLO STATO DI CONTAMINAZIONE DEL SOTTOSUOLO
Tutti i risultati analitici ricavati nel corso delle fasi di indagine costituiscono la base di dati a cui riferirsi per definire il modello concettuale del sito e definire il
grado e l'estensione della contaminazione nel sito.
L'obiettivo è quello di raccogliere e rappresentare tutti gli elementi che servono a definire: l'estensione dell'area da bonificare; i volumi di suolo contamina-
to; le caratteristiche rilevanti dell'ambiente naturale e costruito; il grado di inquinamento delle diverse matrici ambientali.
L'elaborazione dei risultati analitici deve esprimere l'incertezza del valore di concentrazione determinato per ciascun campione: in considerazione della ete-
rogeneità delle matrici suolo, sottosuolo e materiali di riporto la deviazione standard per ogni valore di concentrazione determinato, da confrontare con i
valori di concentrazione limite accettabili, dovrà essere stabilita sulla base del confronto delle metodologie che si intendono adottare per il campionamento
e per le analisi dei campioni di terreno e di acqua.
Nella relazione che accompagna la presentazione dei risultati delle analisi devono essere riportati i metodi e calcoli statistici adottati nell'espressione dei
risultati e della deviazione standard.
I risultati delle attività di indagine svolte sul sito e in laboratorio devono essere espressi sotto forma di tabelle di sintesi, di rappresentazioni grafiche e carto-
grafiche, tra cui devono essere realizzate:
- carte geologiche, strutturali ed idrogeologiche;
- carte dell'ubicazione delle indagini svolte e dei punti di campionamento;
- carte piezometriche, con evidenziazione delle direzioni prevalenti di flusso e dei punti di misura;
- carte di rappresentazione della contaminazione.
In particolare, carte di rappresentazione della isoconcentrazione dei contaminanti (es. curve di isoconcentrazione) potranno essere utilizzate principalmente
per le acque sotterranee e applicate alla contaminazione del terreno qualora le condizioni di omogeneità del sottosuolo lo consentano.
Per i Siti di Interesse nazionale, potrà essere realizzata una banca-dati informatizzata collegata ad un Sistema Informativo Territoriale (SIT/GIS) per permette-
re la precisa archiviazione di tutti dati relativi al sito e dei risultati di ogni tipo di investigazione.
ELABORAZIONE DI UN MODELLO CONCETTUALE DEFINITIVO DEL SITO
L'elaborazione di un Modello Concettuale Definitivo del sito è mirata alla rappresentazione dell'interazione tra lo stato di contaminazione del sottosuolo,
ricostruita e rappresentata conformemente al paragrafo precedente, e l'ambiente naturale e/o costruito.
II Modello Concettuale costituisce pertanto la base per l'applicazione dell'Analisi di Rischio che dovrà verificare gli scenari di esposizione in esso definiti.
Il Modello Concettuale Definitivo include:
- le caratteristiche specifiche del sito in termini di stato delle potenziali fonti della contaminazione (attive, non attive, in sicurezza, ecc.);
- grado ed estensione della contaminazione del suolo, del sottosuolo, delle acque superficiali e sotterranee del sito e dell'ambiente da questo influenzato; a
tale fine dovranno essere individuati dei parametri specifici di rappresentazione (ad esempio; concentrazione media della sorgente secondaria di contamina-
zione);
- percorsi di migrazione dalle sorgenti di contaminazione ai bersagli individuati nello scenario attuale (siti in esercizio) o nello scenario futuro (in caso di ri-
qualificazione dell'area).
Informazioni di dettaglio sulla formulazione del Modello Concettuale Definitivo ai fini dell'applicazione dell'Analisi di Rischio sono riportate nell'Allegato 1. In
particolare, nel caso di siti in esercizio, il modello concettuale dovrà inoltre includere tutte le informazioni necessarie per stabilire le priorità di intervento
per la eventuale verifica delle sorgenti primarie di contaminazione e la messa in sicurezza e bonifica del sottosuolo.
Parte integrante del modello concettuale del sito è la definizione del modello idrogeologico dell'area che descrive in dettaglio le caratteristiche idrogeologi-
che degli acquiferi superficiali e profondi in quanto possibili veicoli della contaminazione.
IDENTIFICAZIONE DEI LIVELLI DI CONCENTRAZIONE RESIDUA ACCETTABILI
Fatto salvo quanto previsto per i casi in cui si applicano le procedure semplificate di cui in Allegato 4, la Caratterizzazione del sito si riterrà conclusa con la
definizione da parte del Proponente e l'approvazione da parte delle Autorità Competenti, dei livelli di concentrazione residua accettabili nel terreno e nelle
acque sotterranee mediante l'applicazione dell'analisi di rischio secondo quanto previsto dall'Allegato 1.
L'Analisi di Rischio dovrà essere sviluppata verificando i percorsi di esposizione attivi individuati dal Modello Concettuale di cui al paragrafo precedente.

(1988) Intestazione così modificata dall'art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(1989) Vedi, anche, l'art. 3, comma 2, D.M. 12 febbraio 2015, n. 31.
Allegati al Titolo V della parte Quarta (1990)
Allegato 3 - Criteri generali per la selezione e l'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambientale, di messa in sicurezza (d'urgenza, operativa o
permanente), nonché per l'individuazione delle migliori tecniche d'intervento a costi sopportabili
In vigore dal 11 aprile 2014

Premessa
Il presente allegato si propone di illustrare i criteri generali da seguire sia nella selezione che nell'esecuzione degli interventi di bonifica e ripristino ambienta-
le, di messa in sicurezza d'urgenza, messa in sicurezza operativa, messa in sicurezza permanente, nonché degli interventi in cui si faccia ricorso a batteri,
ceppi batterici mutanti e stimolanti di batteri naturalmente presenti nel suolo.
Sono presentate, quindi, le diverse opzioni da prendere in considerazione sia per pervenire ad un'effettiva eliminazione/riduzione della contaminazione, sia
per conseguire un'efficace azione di protezione delle matrici ambientali influenzate dagli effetti del sito, mediante la messa in sicurezza dello stesso, qualora
le tecniche di bonifica dovessero risultare meno efficaci, ovvero non sostenibili economicamente ovvero non compatibili con la prosecuzione delle attività
produttive.
Per i siti «in esercizio», infatti, laddove un intervento di bonifica intensivo comporterebbe delle limitazioni se non l'interruzione delle attività di produzione, il
soggetto responsabile dell'inquinamento o il proprietario del sito può ricorrere, in alternativa, ad interventi altrettanto efficaci di messa in sicurezza dell'in-
tero sito, finalizzati alla protezione delle matrici ambientali sensibili mediante il contenimento degli inquinanti all'interno dello stesso, e provvedere gra-
dualmente all'eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie in step successivi programmati, rimandando la bonifica alla dismissione delle attività.

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Le modalità di gestione dei rifiuti e delle acque di scarico, o meglio, gli accorgimenti tecnici che possono essere previsti e progettati per evitare la produzione
di rifiuti (per es. il riutilizzo delle acque e dei terreni) incidono in maniera determinante sui costi di un intervento a parità di obiettivi di bonifica o di messa in
sicurezza da raggiungere.
Tale situazione è particolarmente rilevante nel caso di siti in esercizio.
Criteri generali per gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza
Interventi di bonifica
La bonifica di un sito inquinato è finalizzata ad eliminare l'inquinamento delle matrici ambientali o a ricondurre le concentrazioni delle sostanze inquinanti in
suolo, sottosuolo, acque sotterranee e superficiali, entro i valori soglia di contaminazione (CSC) stabiliti per la destinazione d'uso prevista o ai valori di con-
centrazione soglia di rischio (CSR) definiti in base ad una metodologia di Analisi di Rischio condotta per il sito specifico sulla base dei criteri indicati nell'Alle-
gato 1.
Interventi di messa in sicurezza
Gli interventi di messa in sicurezza sono finalizzati alla rimozione e all'isolamento delle fonti inquinanti, e al contenimento della diffusione degli inquinanti
per impedirne il contatto con l'uomo e con i recettori ambientali circostanti.
Essi hanno carattere di urgenza in caso di rilasci accidentali o di improvviso accertamento di una situazione di contaminazione o di pericolo di contaminazio-
ne (messa in sicurezza d'urgenza), ovvero di continuità e compatibilità con le lavorazioni svolte nei siti produttivi in esercizio (messa in sicurezza operativa),
ovvero di definitività nei casi in cui, nei siti non interessati da attività produttive in esercizio, non sia possibile procedere alla rimozione degli inquinanti pur
applicando le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili di cui al presente allegato (messa in sicurezza permanente).
La messa in sicurezza di un sito inquinato è comprensiva delle azioni di monitoraggio e controllo finalizzate alla verifica nel tempo delle soluzioni adottate ed
il mantenimento dei valori di concentrazione degli inquinanti nelle matrici ambientali interessate al di sotto dei valori soglia di rischio (CSR).
Gli interventi di bonifica e di messa in sicurezza devono essere condotti secondo i seguenti criteri tecnici generali:
a) privilegiare le tecniche di bonifica che riducono permanentemente e significativamente la concentrazione nelle diverse matrici ambientali, gli effetti tossici
e la mobilità delle sostanze inquinanti;
b) privilegiare le tecniche di bonifica tendenti a trattare e riutilizzare il suolo nel sito, trattamento in-situ ed on-site del suolo contaminato, con conseguente
riduzione dei rischi derivanti dal trasporto e messa a discarica di terreno inquinato;
c) privilegiare le tecniche di bonifica/messa in sicurezza permanente che blocchino le sostanze inquinanti in composti chimici stabili (ed es. fasi cristalline
stabili per metalli pesanti).
a) privilegiare le tecniche di bonifica che permettono il trattamento e il riutilizzo nel sito anche dei materiali eterogenei o di risulta utilizzati nel sito come
materiali di riempimento;
b) prevedere il riutilizzo del suolo e dei materiali eterogenei sottoposti a trattamenti off-site sia nel sito medesimo che in altri siti che presentino le caratteri-
stiche ambientali e sanitarie adeguate;
c) privilegiare negli interventi di bonifica e ripristino ambientale l'impiego di materiali organici di adeguata qualità provenienti da attività di recupero di rifiuti
urbani;
d) evitare ogni rischio aggiuntivo a quello esistente di inquinamento dell'aria, delle acque sotterranee e superficiali, del suolo e sottosuolo, nonché ogni in-
conveniente derivante da rumori e odori;
e) evitare rischi igienico-sanitari per la popolazione durante lo svolgimento degli interventi;
f) adeguare gli interventi di ripristino ambientale alla destinazione d'uso e alle caratteristiche morfologiche, vegetazionali e paesistiche dell'area.
g) per la messa in sicurezza privilegiare gli interventi che permettano il trattamento in situ ed il riutilizzo industriale dei terreni, dei materiali di risulta e delle
acque estratte dal sottosuolo, al fine di conseguire una riduzione del volume di rifiuti prodotti e della loro pericolosità;
h) adeguare le misure di sicurezza alle caratteristiche specifiche del sito e dell'ambiente da questo influenzato;
i) evitare ogni possibile peggioramento dell'ambiente e del paesaggio dovuto dalle opere da realizzare.
Nel progetto relativo agli interventi da adottare si dovrà presentare, infatti, una dettagliata analisi comparativa delle diverse tecnologie di intervento appli-
cabili al sito in esame, in considerazione delle specifiche caratteristiche dell'area, in termini di efficacia nel raggiungere gli obiettivi finali, concentrazioni resi-
due, tempi di esecuzione, impatto sull'ambiente circostante degli interventi; questa analisi deve essere corredata da un'analisi dei costi delle diverse tecno-
logie.
Le alternative presentate dovranno permettere di comparare l'efficacia delle tecnologie anche in considerazione delle risorse economiche disponibili per
l'esecuzione degli interventi.
Nel progetto si dovrà inoltre indicare se, qualora previste, si dovrà procedere alla rimozione o al mantenimento a lungo termine delle misure di sicurezza, e
dei relativi controlli e monitoraggi.
Messa in sicurezza d'urgenza
Gli interventi di messa in sicurezza d'urgenza sono mirati a rimuovere le fonti inquinanti primarie e secondarie, ad evitare la diffusione dei contaminanti dal
sito verso zone non inquinate e matrici ambientali adiacenti, ad impedire il contatto diretto della popolazione con la contaminazione presente.
Gli interventi di messa in sicurezza d'urgenza devono essere attuati tempestivamente a seguito di incidenti o all'individuazione di una chiara situazione di
pericolo di inquinamento dell'ambiente o di rischio per la salute umana, per rimuovere o isolare le fonti di contaminazione e attuare azioni mitigative per
prevenire ed eliminare pericoli immediati verso l'uomo e l'ambiente circostante. Tali interventi, in assenza di dati specifici, vengono definiti in base ad ipotesi
cautelative.
Di seguito vengono riportate le principali tipologie di interventi di messa in sicurezza d'urgenza:
- rimozione dei rifiuti ammassati in superficie, svuotamento di vasche, raccolta sostanze pericolose sversate;
- pompaggio liquidi inquinanti galleggianti, disciolti o depositati in acquiferi superficiali o sotterranei;
- installazione di recinzioni, segnali di pericolo e altre misure di sicurezza e sorveglianza;
- installazione di trincee drenanti di recupero e controllo;
- costruzione o stabilizzazione di argini;
- copertura o impermeabilizzazione temporanea di suoli e fanghi contaminati;
- rimozione o svuotamento di bidoni o container abbandonati, contenenti materiali o sostanze potenzialmente pericolosi.
In caso di adozione di interventi di messa in sicurezza d'urgenza sono previste attività di monitoraggio e controllo finalizzate a verificare il permanere nel
tempo delle condizioni che assicurano la protezione ambientale e della salute pubblica.
Messa in sicurezza operativa

Altalex eBook | Collana Codici Altalex 217


ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Gli interventi di messa in sicurezza operativa si applicano ai siti contaminati in cui siano presenti attività produttive in esercizio.
Tali interventi sono finalizzati a minimizzare o ridurre il rischio per la salute pubblica e per l'ambiente a livelli di accettabilità attraverso il contenimento degli
inquinanti all'interno dei confini del sito, alla protezione delle matrici ambientali sensibili, e alla graduale eliminazione delle sorgenti inquinanti secondarie
mediante tecniche che siano compatibili col proseguimento delle attività produttive svolte nell'ambito del sito.
Gli interventi di messa in sicurezza operativa sono accompagnati da idonei sistemi di monitoraggio e controllo atti a verificare l'efficacia delle misure adotta-
te e il mantenimento nel tempo delle condizioni di accettabilità del rischio.
È opportuno progettare tali interventi dopo aver eseguito la caratterizzazione ambientale del sito, finalizzata ad un'analisi di rischio sito-specifica.
Devono pertanto essere acquisite sufficienti informazioni sulla contaminazione presente, sulle caratteristiche degli acquiferi sottostanti e delle altre possibili
vie di migrazione degli inquinanti, sui possibili punti di esposizione, e sui probabili bersagli ambientali ed umani.
Nelle operazioni di messa in sicurezza devono essere privilegiate le soluzioni tecniche che consentano di minimizzare la produzione di rifiuti e pertanto favo-
riscano:
- il trattamento on-site ed il riutilizzo del terreno eventualmente estratto dal sottosuolo;
- il riutilizzo nel sito come materiali di riempimento anche dei materiali eterogenei e di risulta;
- la reintroduzione nel ciclo di lavorazione delle materie prime recuperate;
- il risparmio idrico mediante il riutilizzo industriale delle acque emunte dal sottosuolo;
Le misure di messa in sicurezza operativa si distinguono in:
- mitigative;
- di contenimento.
Misure mitigative
Per misure mitigative della messa in sicurezza operativa si intendono gli interventi finalizzati ad isolare, immobilizzare, rimuovere gli inquinanti dispersi nel
suolo, sottosuolo, acque superficiali e sotterranee.
Esse sono attuate in particolare con:
- sistemi fissi o mobili di emungimento e recupero con estrazione monofase o plurifase;
- trincee drenanti;
- sistemi di ventilazione del sottosuolo insaturo e degli acquiferi ed estrazione dei vapori;
- sistemi gestionali di pronto intervento in caso di incidente che provochi il rilascio di sostanze inquinanti sul suolo, sottosuolo, corpi idrici;
Misure di contenimento
Esse hanno il compito di impedire la migrazione dei contaminanti verso ricettori ambientali sensibili, quali acque superficiali e sotterranee. Esse sono gene-
ralmente applicate in prossimità dei confini del sito produttivo.
Esse si dividono in:
- misure di sbarramento passive di natura fisica o statica;
- misure di sbarramento attive di natura idraulica o dinamica;
- misure di sbarramento reattive di natura chimica.
Tra le prime si possono elencare:
- barriere o diaframmi verticali in acciaio o in altri materiali impermeabili; essi possono essere realizzati mediante infissione, escavazione, gettiniezione, inie-
zione, congelamento, miscelazione in situ, o misti di due o più delle precedenti tipologie;
- sistemi di impermeabilizzazione sotterranei e di immobilizzazione degli inquinanti.
Tra le misure attive e di natura idraulica vi sono:
- sbarramenti realizzati con pozzi di emungimento con pompaggio adeguato ad intercettare il flusso di sostanze inquinanti presenti nelle acque sotterranee;
- trincee di drenaggio delle acque sotterranee possibilmente dotate di sistemi di prelievo di acque contaminate;
- sistemi idraulici di stabilizzazione degli acquiferi sotterranei;
Le misure di sbarramento di tipo reattivo operano l'abbattimento delle concentrazioni degli inquinanti nelle acque di falda mediante sistemi costituiti da
sezioni filtranti in cui vengono inserirti materiali in grado di degradare i contaminanti (barriere reattive permeabili).
Bonifica e ripristino ambientale; messa in sicurezza permanente
Tali tipologie possono considerarsi come interventi definitivi da realizzarsi sul sito non interessato da attività produttive in esercizio, al fine di renderlo fruibi-
le per gli utilizzi previsti dagli strumenti urbanistici.
La definizione e la realizzazione degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono essere precedute da un'accurata attività di caratterizza-
zione del sito inquinato e dell'area soggetta agli effetti dell'inquinamento presente nel sito, sulla base dei criteri di cui all'Allegato 2.
Gli obiettivi di bonifica o della messa in sicurezza permanente sono determinati mediante un'analisi di rischio condotta per il sito specifico secondo i criteri di
cui all'Allegato 1, e devono tener conto della specifica destinazione d'uso prevista.
La scelta della soluzione da adottare tiene conto del processo di valutazione dei benefici ambientali e della sostenibilità dei costi delle diverse tecniche appli-
cabili, secondo i criteri di seguito, anche in relazione alla destinazione d'uso del sito.
La definizione di un programma di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato può essere schematizzata in questo
modo:
- definizione della destinazione d'uso del sito prevista dagli strumenti urbanistici;
- acquisizione dei dati di caratterizzazione del sito, dell'ambiente e del territorio influenzati, secondo i criteri definiti nell'Allegato 2;
- definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell'Allegato 1, e selezione della tecnica di bonifica.
- selezione della tecnica di bonifica e definizione degli obiettivi da raggiungere, secondo i criteri definiti nell'Allegato 1;
- selezione delle eventuali misure di sicurezza aggiuntive; studio della compatibilità ambientale degli interventi;
- definizione dei criteri di accettazione dei risultati;
- controllo e monitoraggio degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente e delle eventuali misure di sicurezza,
- definizione delle eventuali limitazioni e prescrizioni all'uso del sito.
Gli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente devono assicurare per ciascun sito in esame il raggiungimento degli obiettivi previsti col minor im-
patto ambientale e la maggiore efficacia, in termini di accettabilità del rischio di eventuali concentrazioni residue nelle matrici ambientali e di protezione
dell'ambiente e della salute pubblica.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Il sistema di classificazione generalmente adottato per individuare la tipologia di intervento definisce:


- interventi in-situ: effettuati senza movimentazione o rimozione del suolo;
- interventi ex situ on-site: con movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato, ma con trattamento nell'area del sito stesso e possibile riutilizzo;
- interventi ex situ off-site: con movimentazione e rimozione di materiali e suolo inquinato fuori dal sito stesso, per avviare i materiali e il suolo negli impianti
di trattamento autorizzati o in discarica.
Il collaudo degli interventi di bonifica/messa in sicurezza permanente dovrà valutare la rispondenza tra il progetto definitivo e la realizzazione in termini di:
- raggiungimento delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) o di concentrazioni soglia di rischio (CSR) in caso di intervento di bonifica;
- efficacia delle misure di sicurezza in caso di messa in sicurezza permanente, in particolare di quelle adottate al fine di impedire la migrazione degli inqui-
nanti all'esterno dell'area oggetto dell'intervento;
- efficienza di sistemi, tecnologie, strumenti e mezzi utilizzati per la bonifica/messa in sicurezza permanente, sia durante l'esecuzione che al termine delle
attività di bonifica e ripristino ambientale o della messa in sicurezza permanente.
Protezione dei lavoratori
L'applicazione di un intervento di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale di un sito inquinato deve garantire che non si verifichino
emissioni di sostanze o prodotti intermedi pericolosi per la salute degli operatori che operano sul sito, sia durante l'esecuzione delle indagini, dei sopralluo-
ghi, del monitoraggio, del campionamento e degli interventi.
Per ciascun sito in cui i lavoratori sono potenzialmente esposti a sostanze pericolose sarà previsto un piano di protezione con lo scopo di indicare i pericoli
per la sicurezza e la salute che possono esistere in ogni fase operativa ed identificare le procedure per la protezione dei dipendenti. Il piano di protezione
sarà definito in conformità a quanto previsto dalle norme vigenti in materia di protezione dei lavoratori.
Monitoraggio
Le azioni di monitoraggio e controllo devono essere effettuate nel corso e al termine di tutte le fasi previste per la messa in sicurezza, per la bonifica e il ri-
pristino ambientale del sito inquinato, al fine di verificare l'efficacia degli interventi nel raggiungere gli obiettivi prefissati.
In particolare:
- al termine delle azioni di messa in sicurezza d'emergenza e operativa;
- a seguito della realizzazione delle misure di sicurezza a valle della bonifica, per verificare che: i valori di contaminazione nelle matrici ambientali influenzate
dal sito corrispondano ai livelli di concentrazione residui accettati in fase di progettazione; non siano in atto fenomeni di migrazione dell'inquinamento; sia
tutelata la salute pubblica;
- nel corso delle attività di bonifica/messa in sicurezza permanente per verificare la congruità con i requisiti di progetto;
- a seguito del completamento delle attività di bonifica/messa in sicurezza permanente e ripristino ambientale, per verificare, durante un congruo periodo di
tempo, l'efficacia dell'intervento di bonifica e delle misure di sicurezza.
Criteri generali per gli interventi in cui si faccia ricorso a batteri, ceppi batterici mutanti e stimolanti i batteri naturalmente presenti nel suolo
a) L'uso di inoculi costituiti da microrganismi geneticamente modificati (MGM) negli interventi di bonifica biologica di suolo, sottosuolo, acque sotterranee o
superficiali è consentito limitatamente a sistemi di trattamento completamente chiusi, di seguito indicati come bioreattori. Per bioreattori si intendono
strutture nelle quali è possibile isolare completamente dall'ambiente esterno le matrici da bonificare, una volta asportate dalla giacitura originaria. In questo
caso, le reazioni biologiche avvengono all'interno di contenitori le cui vie di ingresso (per l'alimentazione) e di uscita (per il monitoraggio del processo e lo
scarico) devono essere a tenuta, in modo da prevenire il rilascio di agenti biologici nell'ambiente circostante.
b) Nei casi previsti in a) è consentito l'impiego di soli MGM appartenenti al Gruppo 1 di cui alla direttiva 90/219/CEE, recepita col D.Lgs. 3 marzo 1993, n. 91,
con emendamenti introdotti dalla Direttiva 94/51 CEE.
c) Il titolare dell'intervento di bonifica che intenda avvalersi di MGM, limitatamente a quanto specificato al capoverso a) deve inoltrare documentata richie-
sta al Ministero dell'ambiente (o ad altra autorità competente da designarsi), fornendo le informazioni specificate nell'allegato VB della succitata direttiva.
L'impiego di MGM del Gruppo 1 in sistemi chiusi può avvenire solo previo rilascio di autorizzazione da parte dell'autorità competente, la quale è obbligata a
pronunciarsi entro 90 giorni dall'inoltro della richiesta da parte del titolare dell'intervento di bonifica.
d) Una volta terminato il ciclo di trattamento in bioreattore, le matrici, prima di una eventuale ricollocazione nella giacitura originaria, devono essere sotto-
poste a procedure atte a favorire una diffusa ricolonizzazione da parte di comunità microbiche naturali, in modo da ricondurre il numero dei MGM inoculati
a valori < IO3 UFC (unità formanti colonie) per g di suolo o mL di acqua sottoposti a trattamento di bonifica.
e) Non sono soggetti a limitazioni particolari, anche per gli interventi di bonifica condotti in sistemi non confinati, gli interventi di amplificazione (bioaugmen-
tation) delle comunità microbiche degradatici autoctone alle matrici da sottoporre a trattamento biologico ovvero l'inoculazione delle stesse con microrga-
nismi o consorzi microbici naturali, fatta salva la non patogenicità di questi per l'uomo, gli animali e le piante.
Migliori tecniche isponibili (BAT)
Principi generali e strumenti per la selezione delle migliori tecniche disponibili (BAT)
La scelta della migliore tra le possibili tipologie di intervento descritte nei paragrafi precedenti applicabile in un determinato caso di inquinamento di un sito
comporta il bilanciamento di vari interessi in presenza di numerose variabili, sia di ordine generale che soprattutto sito-specifiche, quali in particolare:
- il livello di protezione dell'ambiente che sarebbe desiderabile conseguire;
- l'esistenza o meno di tecniche affidabili in grado di conseguire e mantenere nel tempo detti livelli di protezione;
- l'entità dei costi di progettazione, realizzazione, gestione monitoraggio, etc da sostenere nelle varie fasi dell'intervento.
La formulazione più evoluta cui deve ispirarsi tale bilanciamento di interessi è data dalla definizione di «migliori tecniche disponibili», contenuta nella Diret-
tiva 96/61/CE, recepita nel nostro ordinamento, che per la prevenzione ed il controllo integrati dell'inquinamento di talune categorie di impianti considera
tale «la più efficiente ed avanzata fase di sviluppo di attività e relativi metodi di esercizio indicanti l'idoneità pratica di determinate tecniche a costituire, in
linea di massima, la base dei valori limite di emissione intesi ad evitare oppure, ove ciò si riveli impossibile, a ridurre in modo generale le emissioni e l'impat-
to sull'ambiente nel suo complesso». E specifica che si intende per
- «tecniche», sia le tecniche impiegate sia le modalità di progettazione, costruzione, manutenzione, esercizio e chiusura dell'impianto;
- «disponibili», le tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l'applicazione in condizioni economicamente e tecnicamente valide nell'ambito del perti-
nente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte nello Stato
membro di cui si tratta, purché il gestore possa avervi accesso a condizioni ragionevoli;
- «migliori», le tecniche più efficaci per ottenere un elevato livello di protezione dell'ambiente nel suo complesso.
Strumenti di supporto nel processo decisionale che porta alla scelta sito-specifica della "migliore tecnica disponibile" da adottare sono costituiti dalle meto-
diche di analisi costi - efficacia e/o costi - benefici.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

(1990) Intestazione così modificata dall'art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati al Titolo V della parte Quarta (1991)
Allegato 4 - Criteri generali per l'applicazione di procedure semplificate (1992)
In vigore dal 11 aprile 2014

PREMESSA
Il presente allegato riporta le procedure amministrative e tecnico/operative con le quali gestire situazioni di rischio concreto o potenziale di superamento
delle soglie di contaminazione (CSC) per i siti di ridotte dimensioni (quali, ad esempio, la rete di distribuzione carburanti) oppure per eventi accidentali che
interessino aree circoscritte, anche nell'ambito di siti industriali, di superficie non superiore a 1000 metri quadri.
CRITERI GENERALI
Il principio che guida gli interventi si basa sulla semplificazione delle procedure amministrative da seguire nel caso di superamento delle CSC nei casi di cui al
punto precedente.
PROCEDURE AMMINISTRATIVE
Nel caso in cui anche uno solo dei valori di concentrazione delle sostanze inquinanti presenti in una delle matrici ambientali risulti superiore ai valori delle
concentrazioni soglia di contaminazione (CSC), il responsabile deve effettuare una comunicazione di potenziale contaminazione di sito con le seguenti moda-
lità:
1. Comunicazione a Comune, Provincia e Regione territorialmente competente, della constatazione del superamento o del pericolo di superamento delle
soglie di contaminazione CSC.
2. - 1° caso
Qualora gli interventi di messa in sicurezza d'emergenza effettuati riportino i valori di contaminazione del sito al di sotto delle CSC, la comunicazione di cui al
punto precedente sarà aggiornata, entro trenta giorni, con una relazione tecnica che descriva gli interventi effettuati ed eventuale autocertificazione di av-
venuto ripristino della situazione antecedente il superamento con annullamento della comunicazione.
- 2° caso
Qualora invece oltre agli interventi di messa in sicurezza d'emergenza siano necessari interventi di bonifica, il soggetto responsabile può scegliere una delle
seguenti alternative:
a) Bonifica riportando i valori di contaminazione del sito ai livelli di soglia di contaminazione CSC (senza effettuare l'analisi di rischio).
b) Bonifica portando i valori di contaminazione del sito ai livelli di soglia di rischio CSR effettuando l'analisi di rischio sulla base dei criteri di cui all'allegato 1.
In entrambi i casi verrà presentato alle Autorità competenti un unico progetto di bonifica che comprenderà:
1. la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata a seguito delle attività di caratterizzazione eseguite,
2. gli eventuali interventi di messa in sicurezza d'emergenza adottati o in fase di esecuzione per assicurare la tutela della salute e dell'ambiente,
3. la descrizione degli interventi di bonifica da eseguire sulla base:
a) dei risultati della caratterizzazione per riportare la contaminazione ai valori di CSC;
oppure
b) dell'analisi di rischio sito-specifica di cui all'allegato 1 per portare la contaminazione ai valori di CSR.
Tale progetto di bonifica dovrà essere approvato dalle autorità competenti, entro 60 giorni dalla presentazione dello stesso, prima dell'esecuzione degli in-
terventi di bonifica.
- 3° caso
Qualora si riscontri una contaminazione della falda, il soggetto responsabile provvedere alla presentazione alle autorità competenti entro novembre di un
unico progetto di bonifica che comprenderà:
1) la descrizione della situazione di contaminazione riscontrata a seguito delle attività di caratterizzazione eseguite,
2) gli eventuali interventi di messa in sicurezza d'emergenza adottati o in fase di esecuzione per assicurare la tutela della salute e dell'ambiente,
3) la descrizione degli interventi di bonifica da eseguire sulla base dell'analisi di rischio sito-specifica di cui all'allegato 1 per portare la contaminazione ai va-
lori di CSR.
Tale progetto di bonifica dovrà essere approvato dalle autorità competenti, entro sessanta giorni dalla presentazione dello stesso, prima dell'esecuzione
degli interventi di bonifica.
4. Notifica di ultimazione interventi per richiesta di certificazione da parte dell'autorità competente.
Procedure Tecniche e Operative
Attività di Messa in sicurezza d'urgenza
Le attività di messa in sicurezza d'urgenza vengono realizzate a partire dalla individuazione della sorgente di contaminazione, allo scopo di evitare la diffu-
sione dei contaminanti dal sito verso zone non inquinate; tali attività possono essere sostitutive degli interventi di bonifica qualora si dimostri che tramite gli
interventi effettuati non sussista più il superamento delle CSC.
Le attività di messa in sicurezza d'urgenza vanno in deroga a qualsiasi autorizzazione, concessione, o nulla osta eventualmente necessario per lo svolgimento
delle attività inerenti l'intervento.
Caratterizzazione del sito
Per la caratterizzazione del sito valgono i criteri generali di cui all'allegato 2 viste le ridotte dimensioni dei siti oggetto della procedura, si definisce essere 3 il
numero minimo di perforazioni da attrezzare eventualmente a piezometro qualora si supponga una contaminazione della falda.
A integrazione delle indagini dirette posso essere previste indagini indirette (rilievi geofisici, soil gas survey, etc. ) al fine di ottenere un quadro ambientale
più esaustivo. Non è richiesta la elaborazione di un GIS/SIT.
Analisi di rischio sito-specifica (casi 2 b e 3 di cui al punto precedente)
I risultati della caratterizzazione serviranno alla definizione del Modello Concettuale Definitivo; tale strumento sarà la base per la costruzione e la esecuzione
dell'analisi di rischio sito-specifica secondo i criteri di cui in Allegato 1.
Bonifica (casi 2 a e b , 3 di cui al punto precedente)
Ove dall'indagine di caratterizzazione e successivamente dall'analisi di rischio emergesse la necessità di eseguire interventi di bonifica del sito, gli stessi ver-
ranno realizzati secondo i criteri previsti dalla normativa vigente.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

La scelta della tecnologia da applicare al caso specifico di inquinamento deve scaturire da un processo decisionale nel quale devono essere presi in conside-
razione non solo gli aspetti tecnici ma anche quelli economici.

(1991) Intestazione così modificata dall'art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(1992) La Corte costituzionale con sentenza 16-24 luglio 2009, n. 247 (Gazz. Uff. 29 luglio 2009, n. 30, 1ª Serie speciale) ha dichiarato, fra l'altro, non fondate
le questioni di legittimità costituzionale degli articoli dell'allegato 4 alla Parte quarta sollevate, in riferimento all'art. 117 della Costituzione.
Allegati al Titolo V della parte Quarta (1993)
Allegato 5 - Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo, nel sottosuolo e nelle acque sotterranee in relazione alla specifica destinazione d'uso dei siti
In vigore dal 21 agosto 2014

Tabella 1: Concentrazione soglia di contaminazione nel suolo e nel sottoscuolo riferiti alla specifica destinazione d'uso dei siti da bonificare (1994)

A B
Siti ad uso Verde Siti ad uso Commer-
pubblico e privato e ciale e Industriale
residenziale (mg kg-1 (mg kg -1 espressi
espressi come ss) come ss)
Composti inorganici
1 Antimonio 10 30
2 Arsenico 20 50
3 Berillio 2 10
4 Cadmio 2 15
5 Cobalto 20 250
6 Cromo totale 150 800
7 Cromo VI 2 15
8 Mercurio 1 5
9 Nichel 120 500
10 Piombo 100 1000
11 Rame 120 600
12 Selenio 3 15
13 Composti organo-stannici 1 350
14 Tallio 1 10
15 Vanadio 90 250
16 Zinco 150 1500
17 Cianuri (liberi) 1 100
18 Fluoruri 100 2000
Aromatici
19 Benzene 0.1 2
20 Etilbenzene 0.5 50
21 Stirene 0.5 50
22 Toluene 0.5 50
23 Xilene 0.5 50
24 Sommatoria organici aromatici (da 20 a 23) 1 100
Aromatici policiclici (1)
25 Benzo (a) antracene 0.5 10
26 Benzo (a) pirene 0.1 10
27 Benzo (b) fluorantene 0.5 10
28 Benzo (k,) fluorantene 0.5 10
29 Benzo (g, h, i) perilene 0.1 10
30 Crisene 5 50
31 Dibenzo (a, e) pirene 0.1 10
32 Dibenzo (a, l) pirene 0.1 10
33 Dibenzo (a, i) pirene 0.1 10
34 Dibenzo (a, h) pirene 0.1 10
35 Dibenzo (a, h) antracene 0.1 10
36 Indenopirene 0.1 5
37 Pirene 5 50
38 Sommatoria policiclici aromatici (da 25 a 10 100
34)
Alifatici clorurati cancerogeni (1)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

39 Clorometano 0.1 5
40 Diclorometano 0.1 5
41 Triclorometano 0.1 5
42 Cloruro di Vinile 0.01 0.1
43 1,2-Dicloroetano 0.2 5
44 1,1 Dicloroetilene 0.1 1
45 Tricloroetilene 1 10
46 Tetracloroetilene (PCE) 0.5 20
Alifatici clorurati non cancerogeni (1)
47 1,1-Dicloroetano 0.5 30
48 1,2-Dicloroetilene 0.3 15
49 1,1,1-Tricloroetano 0.5 50
50 1,2-Dicloropropano 0.3 5
51 1,1,2-Tricloroetano 0.5 15
52 1,2,3-Tricloropropano 1 10
53 1,1,2,3-Tetracloroetano 0.5 10
Alifatici alogenati Cancerogeni (1)
54 Tribromometano (bromoformio) 0.5 10
55 1,2-Dibromoetano 0.01 0.1
56 Dibromoclorometano 0.5 10
57 Bromodiclorometano 0.5 10
Nitrobenzeni
58 Nitrobenzene 0.5 30
59 1,2-Dinitrobenzene 0.1 25
60 1,3-Dinitrobenzene 0.1 25
61 Cloronitrobenzeni 0.1 10
Clorobenzeni (1)
62 Monoclorobenzene 0.5 50
63 Diclorobenzeni non cancerogeni (1,2- 1 50
diclorobenzene)
64 Diclorobenzeni cancerogeni (1,4- 0.1 10
diclorobenzene)
65 1,2,4-triclorobenzene 1 50
66 1,2,4,5-tetraclorobenzene 1 25
67 Pentaclorobenzene 0.1 50
68 Esaclorobenzene 0.05 5
69 Fenoli non clorurari (1)
70 Metilfenolo (o-, m-, p-) 0.1 25
71 Fenolo 1 60
Fenoli clorurati (1)
72 2-clorofenolo 0.5 25
73 2,4-diclorofenolo 0.5 50
74 2,4,6-triclorofenolo 0.01 5
75 Pentaclorofenolo 0.01 5
Ammine Aromatiche (1)
76 Anilina 0.05 5
77 o-Anisidina 0.1 10
78 m, p-Anisidina 0.1 10
79 Difenilamina 0.1 10
80 p-Toluidina 0.1 5
81 Sommatoria Ammine Aromatiche (da 73 a 0.5 25
77)
Fitofarmaci
82 Alaclor 0.01 1
83 Aldrin 0.01 0.1
84 Atrazina 0.01 1
85 ±-esacloroesano 0.01 0.1
86 ²-esacloroesano 0.01 0.5
87 ³-esacloroesano (Lindano) 0.01 0.5
88 Clordano 0.01 0.1

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

89 DDD, DDT, DDE 0.01 0.1


90 Dieldrin 0.01 0.1
91 Endrin 0.01 2
Diossine e furani
92 Sommatoria PCDD, PCDF (conversione T.E.) 1x10-5 1x10-4
93 PCB 0.06 5
Idrocarburi
94 Idrocarburi Leggeri C inferiore o uguale a 10 250
12
95 Idrocarburi pesanti C superiore a 12 50 750
Altre sostanze
96 Amianto 1000 (*) 1000 (*)
97 Esteri dell'acido ftalico (ognuno) 10 60

(1) In Tabella sono selezionate, per ogni categoria chimica, alcune sostanze frequentemente rilevate nei siti contaminati. Per le sostanze non esplicitamente
indicate in Tabella i valori di concentrazione limite accettabili sono ricavati adottando quelli indicati per la sostanza tossicologicamente più affine.
(*) Corrisponde al limite di rilevabilità della tecnica analitica (diffrattometria a raggi X oppure I.R. - Trasformata di Fourier)
Tabella 2. Concentrazione soglia di contaminazione nelle acque sotterranee

N° ord SOSTANZE Valore limite (¼/1)


METALLI
1 Alluminio 200
2 Antimonio 5
3 Argento 10
4 Arsenico 10
5 Berillio 4
6 Cadmio 5
7 Cobalto 50
8 Cromo totale 50
9 Cromo (VI) 5
10 Ferro 200
11 Mercurio 1
12 Nichel 20
13 Piombo 10
14 Rame 1000
15 Selenio 10
16 Manganese 50
17 Tallio 2
18 Zinco 3000
INQUINANTI INORGANICI
19 Boro 1000
20 Cianuri liberi 50
21 Fluoruri 1500
22 Nitriti 500
23 Solfati (mg/L) 250
COMPOSTI ORGANICI AROMATICI
24 Benzene 1
25 Etilbenzene 50
26 Stirene 25
27 Toluene 15
28 para-Xilene 10
POLICLICI AROMATICI
29 Benzo (a) antracene 0.1
30 Benzo (a) pirene 0.01
31 Benzo (b) fluorantene 0.1
32 Benzo (k,) fluorantene 0.05

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33 Benzo (g, h, i) perilene 0.01


34 Crisene 5
35 Dibenzo (a, h) antracene 0.01
36 Indeno (1,2,3 - c, d) pirene 0.1
37 Pirene 50
38 Sommatoria (31, 32, 33, 36) 0.1
ALIFATICI CLORURATI CANCEROGENI
39 Clorometano 1.5
40 Triclorometano 0.15
41 Cloruro di Vinile 0.5
42 1,2-Dicloroetano 3
43 1,1 Dicloroetilene 0.05
44 Tricloroetilene 1.5
45 Tetracloroetilene 1.1
46 Esaclorobutadiene 0.15
47 Sommatoria organoalogenati 10
ALIFATICI CLORURATI NON CANCEROGENI
48 1,1-Dicloroetano 810
49 1,2-Dicloetilene 60
50 1,2-Dicloropropano 0.15
51 1,1,2-Tricloroetano 0.2
52 1,2,3-Tricloropropano 0.001
53 1,1,2,2-Tetracloroetano 0.05
ALIFATICI ALOGENATI CANCEROGENI
54 Tribromometano 0.3
55 1,2-Dibromoetano 0.001
56 Dibromoclorometano 0.13
57 Bromodiclorometano 0.17
NITROBENZENI
58 Nitrobenzene 3.5
59 1,2-Dinitrobenzene 15
60 1,3-Dinitrobenzene 3.7
61 Cloronitrobenzeni (ognuno) 0.5
CLOROBENZENI
62 Monoclorobenzene 40
63 1,2 Diclorobenzene 270
64 1,4 Diclorobenzene 0.5
65 1,2,4 Triclorobenzene 190
66 1,2,4,5 Tetraclorobenzene 1.8
67 Pentaclorobenzene 5
68 Esaclorobenzene 0.01
FENOLI E CLOROFENOLI
69 2-clorofenolo 180
70 2,4 Diclorofenolo 110
71 2,4,6 Triclorofenolo 5
72 Pentaclorofenolo 0.5
AMMINE AROMATICHE
73 Anilina 10
74 Difenilamina 910
75 p-toluidina 0.35
FITOFARMACI
76 Alaclor 0.1
77 Aldrin 0.03
78 Atrazina 0.3
79 alfa-esacloroesano 0.1
80 beta-esacloroesano 0.1
81 Gamma - esacloroesano (linda- 0.1
no)
82 Clordano 0.1
83 DDD, DDT, DDE 0.1

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84 Dieldrin 0.03
85 Endrin 0.1
86 Sommatoria fitofarmaci 0.5
DIOSSINE E FURANI
87 Sommatoria PCDD, PCDF (con- 4 x 10-6
versione TEF)
ALTRE SOSTANZE
88 PCB 0.01
89 Acrilammide 0.1
90 Idrocarburi totali (espressi co- 350
me n-esano)
91 Acido para-ftalico 37000
92 Amianto (fibre A > 10 mm) (*) da definire

(*) Non sono disponibili dati di letteratura tranne il valore di 7 milioni fibre/l comunicato da ISS, ma giudicato da ANPA e dallo stesso ISS troppo elevato. Per
la definizione del limite si propone un confronto con ARPA e Regioni.

(1993) Intestazione così modificata dall'art. 27, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(1994) Tabella così modificata dall'art. 13, comma 3-bis, D.L. 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato I - Valori di emissione e prescrizioni (1995) (1996)
In vigore dal 28 agosto 2020

Parte I
Disposizioni generali
1. Il presente allegato fissa, nella Parte II, i valori di emissione per le sostanze inquinanti, nella Parte III, i valori di emissione per le sostanze inquinanti di al-
cune tipologie di impianti e le relative prescrizioni. Per gli impianti previsti nella Parte III i valori di emissione ivi stabiliti si applicano in luogo di quelli stabiliti
per le stesse sostanze nella Parte II. Per le sostanze per cui non sono stabiliti valori di emissione nella Parte III si applicano, anche per gli impianti previsti alla
Parte III, i valori di emissione stabiliti alla Parte II. Per gli impianti delle installazioni di cui alla Parte Seconda del presente decreto, per i quali sono state ema-
nate apposite BAT-AEL, i valori limite previsti nelle BAT-AEL, in relazione alle sostanze ivi considerate, si applicano in luogo di quelli previsti, per le stesse so-
stanze, alle Parti II e III del presente allegato.
2. Il presente allegato fissa, alla Parte IV, i valori di emissione e le prescrizioni relativi agli impianti per la coltivazione di idrocarburi e dei flussi geotermici. A
tali impianti si applicano esclusivamente i valori di emissione e le prescrizioni ivi stabiliti.
3. Nei casi in cui le Parti II e III stabiliscano soglie di rilevanza delle emissioni, i valori di emissione, salvo diversamente previsto, devono essere rispettati solo
se tali soglie sono raggiunte o superate.
4. L'autorità competente fa riferimento ai valori di emissione del presente allegato, nell'ambito dell'istruttoria autorizzativa prevista all'articolo 271, commi 5
e 7, che stabilisce i valori limite sulla base di una valutazione delle migliori tecniche disponibili, della normativa regionale e dei piani regionali di qualità
dell'aria e di tutti gli altri parametri previsti da tali commi. L'autorizzazione deve specificamente indicare le sostanze a cui si applicano i valori limite di emis-
sione, previa valutazione della pertinenza di tali sostanze al ciclo produttivo degli stabilimenti da autorizzare.
5. Ove non espressamente specificato i limiti riportati nelle tabelle del presente allegato sono riferiti all'ossigeno di processo.
Parte II
Valori di emissione
1.1. Sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene (tabella A1)
In via generale le emissioni di sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene devono essere limitate nella maggiore misura
possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio.
Per le sostanze della tabella A1, i valori di emissione, che rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono:

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 0,5 g/h 0,1 mg/Nm3
Classe II 5 g/h 1 mg/Nm3
Classe III 25 g/h 5 mg/Nm3

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione:
- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate;
- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze della classe II devono essere sommate le quantità di sostanze di classe I e alle

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quantità di sostanze della classe III devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi I e II.
Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, al fine del rispetto del limite in concentrazione:
- in caso di presenza di più sostanze delle classi I e II la concentrazione totale non deve superare il limite della classe II
- in caso di presenza di più sostanze delle classi I, II e III, la concentrazione totale non deve superare il limite della classe III.
Tabella A1

Classe I
- Asbeso (crisotilo, crocidolite, amosite. - Dibenzo(a.e)pirene
antofillite, actinolite e tremolite - Dibenzo(a,h)pirene
- Benzo(a)pirene - Dibenzo(a,i)pirene
- Berillio e i suoi composti espressi come Be - Dibenzo(a,l)pirene
- Dibenzo(a,h)antracene - Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1)
- 2-naftilammina e suoi sali - Dimetilnitrosamina
- Benzo(a)antracene -
- Benzo(b)fluorantene - Indeno (1,2,3-cd) pirene (1)
- Benzo(j)fluorantene - 5-Nitroacenaftene
- Benzo(k)fluorantene - 2-Nitronaftalene
- Dibenzo(a,h)acridina - 1-Metil-3-Nitro-1-Nitrosoguanidina
- Dibenzo(a,j)acridina

(1) Il valore di emissione e la soglia di rilevanza previsti dal presente punto si applicano a decorrere dalla data indicata nelle autorizzazioni rilasciate ai sensi
dell'articolo 281, comma 1.

Classe II
- Arsenico e suoi composti, espressi - Benzidina e suoi sali
come As - 4,4'-Metilen bis (2-Cloroanilina) e suoi
- Cromo (VI) e suoi composti, espressi sali
come Cr - Dietilsolfato
- Cobalto e suoi composti, espressi - 3,3'-Dimetilbenzidina e suoi sali
- come Co - Esametilfosforotriamide
- 3,3'-Diclorobenzidina e suoi sali - 2-Metilaziridina
- Dimetilsolfato - Metil ONN Azossimetile Acetato
- Etilenimmina - Sulfallate
- Nichel e suoi composti espressi - Dimetilcarbammoilcloruro
- come Ni (2) - 3,3'-Dimetossibenzidina e suoi sali
- 4-aminobifenile e suoi sali

(2) Riferito ad emissioni in atmosfera nella forma respirabile ed insolubile.

Classe III
- Acrilonitrile - N,N-Dimetilidrazina
- Benzene - Idrazina
- 1,3-butadiene - Ossido di etilene
- 1-cloro-2,3-epossipropano (epicloridrina) - Etilentiourea
- 1,2-dibromoetano - 2-Nitropropano
- 1,2-epossipropano - Bis-Clorometiletere
- 1,2-dicloroetano - 3-Propanolide
- vinile cloruro - 1,3-Propansultone
- 1,3-Dicloro-2-propanolo - Stirene Ossido
- Clorometil (Metil) Etere

1.2. Sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate (tabella A2)


Le emissioni di sostanze di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate devono essere limitate nella maggior misura possibile dal punto di vista tecnico e

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dell'esercizio.
I valori di emissione, che rappresentano valori minimi e massimi coincidenti, sono:

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 0,02 g/h 0,01 mg/Nm3
Classe II 0,5 g/h 0,5 mg/Nm3

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione, in caso di presenza di più sostanze della stessa
classe le quantità delle stesse devono essere sommate.
Tabella A2

CLASSE I CLASSE II
Policlorodibenzodiossine Policlorobifenili
Policlorodibenzofurani Policlorotrifenili
Policloronaftaleni

2. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere (tabella B)


I valori di emissione sono quelli riportati nella tabella seguente:

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 1 g/h 0,2 mg/Nm3
Classe II 5 g/h 1 mg/Nm3
Classe III 25 g/h 5 mg/Nm3

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati


a) ai fini del calcolo di flusso di massa e di concentrazione:
- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate.
- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze della classe II devono essere sommate le quantità di sostanze della classe I e
alle quantità di sostanze della classe III devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi I e II.
b) al fine del rispetto del limite di concentrazione:
- in caso di presenza di più sostanze delle classi I e II, ferme restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il limite della
classe II; in caso di presenza di più sostanze delle classi I, II e III, fermo restando il limite stabilito per ciascuna, la concentrazione totale non deve superare il
limite della classe III.
Ove non indicato diversamente nella tabella B devono essere considerate anche le eventuali quantità di sostanze presenti nell'effluente gassoso sotto forma
di gas o vapore.
Tabella B

CLASSE I
- Cadmio e suoi composti, espressi come Cd (1)
- Mercurio e suoi composti, espressi come Hg
- Tallio e suoi composti, espressi come TI
(1) Fatto salvo quanto previsto dalla Tabella A1

CLASSE II
- Selenio e suoi composti, espressi come Se
- Tellurio e suoi composti, espressi come Te
- Nichel e suoi composti, espressi cone Ni, in forma di polvere

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CLASSE III
- Antimonio e suoi composti, espressi come Sb
- Cianuri, espressi come CN
- Cromo (III) e suoi composti, espressi come Cr
- Manganese e suoi composti, espressi come Mn
- Palladio e suoi composti, espressi come Pd
- Piombo e suoi composti, espressi come Pb
- Platino e suoi composti, espressi come Pt
- Quarzo in polvere, se sotto forma di silice cristallina, espressi come SiO2
- Rame e suoi composti, espressi come Cu
- Rodio e suoi composti, espressi come Rh
- Stagno e suoi composti, espressi come Sn
- Vanadio e suoi composti, espressi come V

3. Sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di gas o vapore (tabella C)
I valori di emissione sono:

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 10 g/h 1 mg/Nm3
Classe II 50 g/h 5 mg/Nm3
Classe III 300 g/h 30 mg/Nm3
Classe IV 2000 g/h 250 mg/Nm3
Classe V 5000 g/h 500 mg/Nm3

I flussi di massa e i valori di emissione si riferiscono alle singole sostanze o famiglie di sostanze.

CLASSE I
- Clorocianuro
- Fosfina
- Fosgene

CLASSE II
- Acido cianidrico
- Bromo e suoi composti, espressi come acido bromidrico
- Cloro
- Fluoro e suoi composti, espressi come acido fluoridrico
- Idrogeno solforato

CLASSE III
- Composti inorganici del cloro sotto forma di gas o vapore, esclusi clorocianuro e fo-
sgene, espressi come acido cloridrico.

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CLASSE IV
- Ammoniaca

CLASSE V
- Ossidi di azoto (monossido e biossido), espressi come biossido di azoto
- Ossidi di zolfo (biossido e triossido), espressi come biossido di zolfo.

4. Composti organici sotto forma di gas, vapori o polveri (tabella D)


I valori di emissione sono:

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Classe I 25 g/h 5 mg/Nm3
Classe II 100 g/h 20 mg/Nm3
Classe III 2000 g/h 150 mg/Nm3
Classe IV 3000 g/h 300 mg/Nm3
Classe V 4000 g/h 600 mg/Nm3

Fermi restando i valori di emissione sopra indicati, ai fini del calcolo del flusso di massa e di concentrazione:
- in caso di presenza di più sostanze della stessa classe le quantità delle stesse devono essere sommate;
- in caso di presenza di più sostanze di classi diverse, alle quantità di sostanze di ogni classe devono essere sommate le quantità di sostanze delle classi infe-
riori.
Al fine del rispetto del limite di concentrazione, in caso di presenza di più sostanze di classe diverse, fermo restando il limite stabilito per ciascuna, la concen-
trazione totale non deve superare il limite della classe più elevata.
Per i composti organici sotto forma di polvere devono essere rispettate anche le condizioni contenute nel paragrafo 5.
Tabella D

Classe I
- Anisidina - Etere diglicidilico
- Butilmercaptano - Etilacrilato
- Cloropicrina - Etilenimina
- Diazometano - Etilemercaptano
- Dicloroacetilene - Isocianati
- Dinitrobenzene - Metilacrilato
- Dinitrocresolo - Nitroglicerina
- Esaclorobutadiene - Perclorometilmercaptano
- Esaclorociclopentadiene - 1,4-diossano
- Esafluoroacetone

Classe II
- Acetaldeide - 2-Furaldeide Furfurolo
- Acido cloroacetico - Iodoformio
- Acido formico - Iosoforone
- Acido tioglicolico - Iosopropilammina
- Acido tricloroacetico - Metilacrilonitrile
- Anidride ftalica - Metilammina
- Anidride maleica - Metilanilina

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- Anilina - Metilbromuro
- Benzilcloruro - Metil n-butilbromuro
- Bifenile - Metilcloruro
- Butilacrilato - Metil-2-cianoacrilato
- Butilammina - Metilstirene
- Canfora sintetica - 2-Metossietanolo
- Carbonio tetrabromuro - 2-Metossietanolo acetato
- Carbonio tetracloruro - Nitroetano
- Cicloesilammina - Nitrometano
- Cloroacetaldeide - 1-Nitropropano
- 1-Cloro-1-nitropentano - Nitrotoluene
- Cresoli - Piretro
- Crotonaldeide - Piridina
- 1,2-Dibutilaminoetanolo - Piomboalchili
- Dibutilfosfato o-diclorobenzene - 2-Propenale
- 1,1-dicloroetilene - 1,1,2,2,-tetracloroetano
- Dicloroetiletere - Tetracloroetilene
- Diclorofenolo - Tetranitrometano
- Diclorometano - m, p toluidina
- Dietilammina - Tributilfosfato
- Difenilammina - Triclorofenolo
- Diisopropilammina - Tricloroetilene
- Dimetilammina - Triclorometano
- Etilammina - Trietilammina
- Etanolammina - Trimetilammina
- 2-etossietanolo - Trimetilfosfina
- 2-etossietilacetato - Vinilbromuro
- Fenolo - Xilenolo (escluso 2,4-xilenolo)
- Ftalati - Formaldeide

Classe III
- Acido acrilico - N,N-Dimetilacetammide
- Acetonitrile - N,N-Dimetilformammide
- Acido propinico - Dipropilchetone
- Acido acetico - Esametilendiammina
- Alcool n-butilico - n-esano
- Alcool iso-bitilico - Etilamilchetone
- Alcool sec-butilico - Etilbenzene
- Alcool terb-utilico - Etilbutilchetone
- Alcool metilico - Etilenglicole
- Butirraldeide - Isobutilglicidiletere
- p-ter-butiltoluene - Isopropossietanolo
- 2-butossietanolo - Metilmetacrilato
- Caprolattame - Metilamilchetone
- Disolfuro di carbonio - o-metilcicloesanone
- Cicloesanone - Metilcloroformio
- Ciclopentadiene - Metilformiato
- Clorobenzene - Metilisobutilchetone
- 2-cloro-l,3-butadiene - Metilisobutilcarbinolo
- o-clorostirene - Naftalene
- o-clorotoluente - Propilenglicole
- p-clorotoluene - Propilenglicolemonometiletere
- Cumene - Propionaldeide
- Diacetonalcool - Stirene
- 1,4-diclorobenzene - Tetraidrofurano
- 1,1-dicloroetano - Trimetilbenzene

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- Dicloropropano - n-veratraldeide
- Dietanolammina - Vinilacetato
- Dietilformammide - Viniltoluene
- Diisobutilchetone - 2,4-xilenolo

Classe IV
- Alcool propilico - Etilformiato
- Alcool isopropilico - Metilacetato
- n-amilacetato - Metiletilchetone
- sec-amilacetato - Metilisopropilchetone
- Benzoato di metile - N-metilpirrolidone
- n-butilacetato - Pinene
- isobutilacetato - n-propilacetato
- Dietilchetone - iso-propilenacetato
- Difluorodibromonetano - Toluene
- Sec-esilacetato - Xilene

Classe V
- Acetone - Esano tecnico
- Alcool etilico - Etere isopropilico
- Butano - Etilacetato
- Cicloesano - Metilacetilene
- Cicloesene - Metilcicloesano
- Cloropentano - Pentano
- Clorobromometano - 1,1,1,2-tetracloro-2,2-difluoroetano
- Clorodifluorometano - 1,1,1,2-tetracloro-1,2-difluoroetano
- Cloropentafluoroetano - Triclorofluorometano
- Dibromodifluoroetano - 1,1,2-tricloro-1,2,2-trifluoroetano
Dibutiletere - Trifluorometano
Diclorofluorometano - Trifluorobromometano
Diclorotetrafluoroetano
Dietiletere
Diisopropiletere Dimetiletere
Eptano

5. Polveri totali.
Il valore di emissione è pari a:
50 mg/Nm3 se il flusso di massa è pari o superiore a 0,5 kg/h il valore di emissione;
150 mg/Nm3 se il flusso di massa è pari o superiore alla soglia di rilevanza corrispondente a 0,1 kg/h ed è inferiore a 0,5 kg/h.
Parte III
Valori di emissione per specifiche tipologie di impianti
(1) Impianti di combustione con potenza termica nominale inferiore a 50 MW
1.1. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili solidi.
Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili solidi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai
sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'ef-
fluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) ≤5 >5


polveri 100-150 mg/ Nm3 50 mg/Nm3
COV 50 mg/Nm3 50 mg/ Nm3
ossidi di azoto (NO2) 650 mg/Nm3 650 mg/Nm3

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ossidi di zolfo (SO2) 600 mg/Nm3 per gli impianti a letto fluido
2000 mg/Nm3 per tutti gli altri impianti
I valori si considerano rispettati se sono utilizzati combustibili
con contenuto di zolfo uguale o inferiore all'1%.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili solidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti
ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) ≥1 ÷ ≤5 >5


polveri 50 mg/Nm3 30 mg/Nm3 [1]
COV 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 650 mg/Nm3 650 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 1.100 mg/Nm3 [2] 400 mg/Nm3 [3]
[1] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW.
[2] 600 mg/Nm3 per gli impianti a letto fluido.
[3] 1.100 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW (600 mg/Nm3 per quelli a
letto fluido).

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili solidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) ≥1 ÷ ≤5 >5


polveri 50 mg/Nm3 20 mg/Nm3 [1]
COV 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 300 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 400 mg/Nm3 400 mg/Nm3
[1] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza superiore a 5 MW e inferiore a 20 MW.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse solide e impianti di combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati prima
del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo perio-
do, ed ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'11%.

Potenza termica nominale


>0,15 ÷ ≤3 >3 ÷ ≤6 >6 ÷ ≤20 >20
(MW)
polveri [1] 100 mg/Nm3 30 mg/Nm3 30 mg/Nm3 30 mg/Nm3
carbonio organico totale - - 30 mg/Nm3 20 mg/Nm3
(COT) 10 mg/Nm3 [2]
monossido di carbonio
350 mg/Nm3 300 mg/Nm3 250 mg/Nm3 200 mg/Nm3
(CO)
150 mg/Nm3 [2] 100 mg/Nm3 [2]
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 500 mg/Nm3 400 mg/Nm3 400 mg/Nm3
300 mg/Nm3 [2] 200 mg/Nm3 [2]
ossidi di zolfo (SO2) 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
[1] 200 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica pari o superiore a 0,035 MW e non superiore a 0,15 MW.
[2] Valori medi giornalieri.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse solide (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5) e impianti di
combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-
bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale (MW) >0,15 ÷ <1 ≥1 ÷ ≤5 >5 ÷ ≤20 >20

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75 mg/Nm3 45 mg/Nm3 [3] 45 mg/Nm3 30 mg/Nm3


polveri [1] [2]
30 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) - - 45 mg/Nm3 30 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 525 mg/Nm3 450 mg/Nm3 300 mg/Nm3 300 mg/Nm3
ammoniaca [4] 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3
650 mg/Nm3 650 mg/Nm3 600 mg/Nm3 450 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) [2]
525 mg/Nm3 [*] 450 mg/Nm3 [*] 300 mg/Nm3 [*][5] 300 mg/Nm3 [*][5]
ossidi di zolfo (SO2) [2] [6] 225 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono
stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli
ultimi tre anni civili.
[1] 150 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW.
[2] In caso di utilizzo di pollina si applicano, indipendentemente dalla potenza termica, valori pari a 10 mg/Nm3 per le polveri, 200
mg/Nm3 per gli ossidi di azoto e 50 mg/Nm3 per gli ossidi di zolfo.
[3] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 3 MW.
[4] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.
[5] Se é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore guida si applica come media giornaliera. Se non é
utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore guida si applica come media oraria.
[6] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse solide e impianti di combustione a biomasse solide di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19
dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale


>0,15 ÷ ≤0,5 >0,5 ÷ <1 ≥1 ÷ ≤5 >5 ÷ ≤20 >20
(MW)
75 mg/Nm3 60 mg/Nm3 45mg/Nm3 [3] 30 mg/Nm3 20 mg/Nm3
polveri [1] [2]
45 mg/Nm3 [*] 45 mg/Nm3 [*] 15 mg/Nm3 [*] 15 mg/Nm3 [*] 15 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) 75 mg/Nm3 75 mg/Nm3 45 mg/Nm3 30 mg/Nm3 15 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 525 mg/Nm3 375 mg/Nm3 375 mg/Nm3 300 mg/Nm3 225 mg/Nm3
ammoniaca [4] 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3 7,5 mg/Nm3
500 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) [2] 500 mg/Nm3 500 mg/Nm3 300 mg/Nm3 [5] 300 mg/Nm3 [5]
300 mg/Nm3 [*]
ossidi di zolfo (SO2) [2] [6] 150 mg/Nm3 150 mg/Nm3 150 mg/Nm3 150 mg/Nm3 150 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati
superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 105 mg/Nm3 per gli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW.
[2] In caso di utilizzo di pollina si applicano, indipendentemente dalla potenza termica, valori pari a 10 mg/Nm3 per le polveri, 200 mg/Nm3 per gli
ossidi di azoto e 50 mg/Nm3 per gli ossidi di zolfo.
[3] 50 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 3 MW.
[4] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.
[5] Se é utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni il valore si applica come media giornaliera. Se non é utilizzato un sistema di
monitoraggio in continuo delle emissioni il valore si applica come media oraria.
[6] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

1.2. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili liquidi.


Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai
sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'ef-
fluente gassoso del 3% e, se è utilizzata come combustibile la liscivia proveniente dalla produzione di cellulosa, 6%.

Potenza termica nominale


≤5 >5
(MW)
Polveri [1] 150 mg/Nm3 100 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 500 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 1700 mg/Nm3 [2]
[1] Non si applica la parte II, paragrafo 2 se il valore limite è rispettato senza l'impiego di un
impianto di abbattimento.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

[2] Il valore si considera rispettato se sono utilizzati combustibili con contenuto di zolfo
uguale o inferiore all'1%.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferi-
ti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≥1 ÷ ≤5 >5


polveri 50 mg/Nm3 30 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 [1] 500 mg/Nm3 [1]
ossidi di zolfo (SO2) 350 mg/Nm3 [2] 350 mg/Nm3 [2] [3]
[1] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gasolio.
[2] Il valore si considera rispettato se é utilizzato gasolio.
[3] 850 mg/Nm3 fino al 1° gennaio 2027 in caso di impianti di potenza termica superiore
a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW alimentati a olio combustibile pesante.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≥1 ÷ ≤5 >5


polveri 50 mg/Nm3 20 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 300 mg/Nm3 [1] 300 mg/Nm3 [1]
ossidi di zolfo (SO2) 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
[1] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gasolio

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse liquide (valori da rispettare entro le date previste dall'articolo 273-bis, comma 5) e impianti di
combustione a biomasse liquide di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo
273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤5 >5


50 mg/Nm3 30 mg/Nm3
polveri
30 mg/Nm3 [*] 20 mg/Nm3 [*]
500 mg/Nm3 500 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2)
200 mg/Nm3 [*] 200 mg/Nm3 [*]
350 mg/Nm3 350 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2)
200 mg/Nm3 [*] 200 mg/Nm3 [*]
monossido di carbonio (CO) 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
ammoniaca [1] 10 mg/Nm3 10 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabili-
menti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria
previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o am-
moniaca.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse liquide e impianti di combustione a biomasse liquide di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19
dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤5 >5


50 mg/Nm3 20 mg/Nm3
polveri
20 mg/Nm3 [*] 10 mg/Nm3 [*]
300 mg/Nm3 300 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2)
200 mg/Nm3 [*] 200 mg/Nm3 [*]

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350 mg/Nm3 350 mg/Nm3


ossidi di zolfo (SO2)
200 mg/Nm3 [*] 200 mg/Nm3 [*]
monossido di carbonio (CO) 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
ammoniaca [1] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabi-
limenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'a-
ria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o
ammoniaca.

1.3. Impianti nei quali sono utilizzati combustibili gassosi.


Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai
sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e impianti di combustione di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'ef-
fluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


polveri 5 mg/Nm3 [1] [2]
ossidi di zolfo (SO2) 35 mg/Nm3 [2] [3]
ossidi di azoto (NO2) 350 mg/Nm3 [4]
[1] 15-20 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gas da altoforno.
[2] Il valore limite di emissione si considera rispettato se é utilizzato come combustibile metano o
GPL.
[3] 1700 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gas da forno a coke; 800 mg/Nm3 se il combustibi-
le utilizzato é gas da forno a coke e gas da altoforno (o di acciaieria).
[4] Se il combustibile utilizzato é un gas di processo contenente composti dell'azoto non si applica
un valore limite; le emissioni devono comunque essere ridotte per quanto possibile.

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori rife-
riti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤5 >5


polveri 5 mg/Nm3 [1] [4] 5 mg/Nm3 [1] [4]
ossidi di azoto (NO2) 250 mg/Nm3 250 mg/Nm3 [2]
ossidi di zolfo (SO2) 35 mg/Nm3 [3] [4] 35 mg/Nm3 [3] [4]
[1] 15-20 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas da altoforno.
[2] 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.
[3] 400 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria side-
rurgica; 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da altoforno dell'industria side-
rurgica.
[4] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤5 >5


polveri 5 mg/Nm3 [3] 5 mg/Nm3 [3]
ossidi di azoto (NO2) 200 mg/Nm3 [1] 200 mg/Nm3 [1]
ossidi di zolfo (SO2) 35 mg/Nm3 [2] [3] 35 mg/Nm3 [2] [3]
[1] 100 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.
[2] 400 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria side-
rurgica; 200 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da altoforno dell'industria side-
rurgica.
[3] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

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Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas e impianti di combustione a biogas di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 dicembre
2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo, ed ai sensi
dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤3 >3


ossidi di azoto (NO2) 300 mg/Nm3 200 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 150 mg/Nm3 100 mg/Nm3
carbonio organico totale (COT) [1] 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma
di gas o vapori (come 30 mg/Nm3 30 50 mg/Nm3 30 mg/Nm3
mg/Nm3 HCI)
[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le auto-
rizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

Medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro le date previste all'articolo
273-bis, comma 5) e impianti di combustione a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse di potenza inferiore a 1 MW installati prima del 19 di-
cembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤3 >3-≤5 >5


20 mg/Nm3 10 mg/Nm3 10 mg/Nm3
polveri
5 mg/Nm3 [*] 5 mg/Nm3 [*] 5 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto (NO2) 250 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 170 mg/Nm3
150 mg/Nm3 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO)
100 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) [2] 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3
ammoniaca [3] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localiz-
zati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legi-
slativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui
all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione
[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Medi impianti di combustione nuovi alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse e impianti di combustione a biogas o gas di sintesi da
gassificazione di biomasse di potenza inferiore a 1 MW installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale (MW) ≤3 > 3 MW - ≤ 5 >5


20 mg/Nm3 10 mg/Nm3 10 mg/Nm3
polveri
5 mg/Nm3 [*] 5 mg/Nm3 [*] 5 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto (NO2) 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3 200 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
150 mg/Nm3 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO)
100 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) [2] 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3 20 mg/Nm3
Ammoniaca [3] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localiz-
zati in zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legi-
slativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui
all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione.
[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

1.4. Impianti multicombustibile

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1.4.1. In caso di impiego simultaneo di due o più combustibili i valori di emissione sono determinati nel modo seguente:
- assumendo ai punti 1.1, 1.2 e 1.3 e 3 il valore di emissione relativo a ciascun combustibile e a ciascun inquinante
- calcolando i valori di emissione ponderati per combustibile; detti valori si ottengono moltiplicando ciascuno dei valori di emissione per la potenza termica
fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili
- addizionando i valori di emissione ponderati per combustibile.
1.4.2. In caso di impiego alternato di due o più combustibili i valori di emissione sono quelli relativi al combustibile di volta in volta utilizzato.
1.4.3. Per gli impianti multicombustibile a letto fluido si applicano, per le emissioni di polveri, i valori limite previsti ai sensi del presente punto 1.4 o, se più
restrittivi, i seguenti:
- per impianti di potenza termica superiore a 5 MW: 50 mg/Nm3.
- per impianti di potenza termica uguale o inferiore a 5 MW: 150 mg/Nm3.
(2) Impianti di essiccazione
I valori di emissione per gli impianti di essiccazione nei quali i gas combusti o le fiamme vengono a contatto diretto con i materiali da essiccare si riferiscono
ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 17%. Il presente paragrafo non si applica, salvo diversa disposizione autorizzativa, agli impianti di essicca-
zione di materiali agricoli.
(3) Motori fissi a combustione interna.
Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi
dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del
5%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto [1]
monossido di carbonio 650 mg/Nm3
polveri 130 mg/Nm3
[1] 2000 mg/Nm3 per i motori ad accensione spontanea di potenza uguale o supe-
riore a 3 MW; 4000 mg/Nm3 per i motori ad accensione spontanea di potenza infe-
riore a 3 MW; 500 mg/Nm3 per gli altri motori a quattro tempi; 800 mg/Nm3 per gli
altri motori a due tempi.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis,
comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto 190 mg/Nm3 [1] [2] [3] [4]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3 [5]
polveri 50 mg/Nm3 [6]
[1] In caso di motori diesel la cui costruzione é iniziata prima del 18 maggio 2006: 1.500
mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza
termica nominale é uguale o superiore a 3 MW.
[2] In caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liqui-
do: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la
potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
[3] In caso di motori di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore
a 5 MW: 250 mg/Nm3 se il motore é diesel oppure a due tempi.
[4] 225 mg/Nm3 in caso di motori a due tempi di potenza termica nominale superiore a 5
MW e pari o inferiore a 20 MW se sono utilizzati combustibili liquidi diversi dal gasolio.
[5] In caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio.
[6] 20 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di po-
tenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 20 MW; 10 mg/Nm3 in
caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nomi-
nale superiore a 20 MW.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del
15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto 190 mg/Nm3 [1] [2] [3]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3

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ossidi di zolfo 120 mg/Nm3 [4]


polveri 50 mg/Nm3 [5]
[1] 225 mg/Nm3 in caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combu-
stibile liquido.
[2] 225 mg/Nm3 in caso di motori diesel alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di
potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1 200 giri al minuto.
[3] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione nuovi
sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra 500 e 1.500 può esentare
tali impianti dall'applicazione del valore limite. La domanda di autorizzazione contiene l'impe-
gno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. L'istruttoria autorizzativa di cui all'ar-
ticolo 271, comma 5, individua valori limite non inferiori a:
- per i motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile liquido: 1.500
mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termi-
ca nominale é uguale o superiore a 3 MW;
- per i motori diesel di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a ≤ 1.200 giri
al minuto: 1.300 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se
la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
- per i motori diesel di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW: 750 mg/Nm3;
- per i motori diesel a> 1.200 giri al minuto: 750 mg/Nm3.
I valori limite individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno restrittivi di quelli
previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.
[4] In caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio.
[5] 20 mg/Nm3 in caso di motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza
termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW; 10 mg/Nm3 in caso di
motori alimentati a combustibili liquidi diversi dal gasolio di potenza termica nominale superio-
re a 5 MW.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis,
comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto 190 mg/Nm3 [1]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
ossidi di zolfo 15 mg/Nm3 [2] [3]
polveri 50 mg/Nm3
[1] 300 mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione alimentati a combustibili gassosi in modalità
a gas.
[2] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.
[3] 130 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke e 65 mg/Nm3
in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico d'altoforno dell'industria siderurgica.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del
15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto 190 [1] [2]
monossido di carbonio 240 mg/Nm3
ossidi di zolfo 15 mg/Nm3 [3]
polveri 50 mg/Nm3
[1] In caso di motori alimentati a gas naturale: 95 mg/Nm3 e, per i motori a doppia ali-
mentazione in modalità a gas, 190 mg/Nm3.
[2] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combustione
nuovi sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra 500 e 1.500
può esentare tali impianti dall'applicazione del valore limite. La domanda di autorizzazio-
ne contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero di ore operative. L'istruttoria
autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, individua valori limite non inferiori a 300
mg/Nm3 per motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a gas. I valori limi-
te individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno restrittivi di quelli pre-
visti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.

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[3] Il valore limite di emissione si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biomasse liquide (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis,
comma 5) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biomasse liquide installati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date
previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


20 mg/Nm3 [1]
polveri
10 mg/Nm3 [*]
190 mg/Nm3 [2] [3] [4] [5]
ossidi di azoto
75mg/Nm3 [*]
120 mg/Nm3
ossidi di zolfo
75 mg/Nm3 [*]
240 mg/Nm3
monossido di carbonio
75 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) 20 mg/Nm3
ammoniaca [6] 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in
caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono stati registrati superamenti di un
valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quan-
tomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 10 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 20 MW.
[2] In caso di motori diesel la cui costruzione é iniziata prima del 18 maggio 2006:
1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750 mg/Nm3 se
la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW.
[3] In caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile
liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750
mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
[4] In caso di motori di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW e pari o
inferiore a 5 MW: 250 mg/Nm3 se il motore é diesel oppure a due tempi.
[5] 225 mg/Nm3 in caso di motori a due tempi di potenza termica nominale superio-
re a 5 MW e pari o inferiore a 20 MW.
[6] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto
con urea o ammoniaca.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a biomasse liquide e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biomasse
liquide installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


20 mg/Nm3 [1]
polveri
10 mg/Nm3 [*]
190 mg/Nm3 [2] [3] [4]
ossidi di azoto
75 mg/Nm3 [*]
120 mg/Nm3
ossidi di zolfo
60 mg/Nm3 [*]
240 mg/Nm3
monossido di carbonio
75 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) 20 mg/Nm3
ammoniaca [5] 5 mg/Nm3
[1] 10 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 5 MW.
[2] 225 mg/Nm3 in caso di motori a doppia alimentazione durante il funzionamen-
to a combustibile liquido.
[3] 225 mg/Nm3 in caso di motori diesel di potenza termica nominale totale pari o
inferiore a 20 MW a ≤ 1 200 giri al minuto.
[4] L'autorizzazione dello stabilimento in cui sono ubicati medi impianti di combu-
stione nuovi sono in funzione un numero di ore operative all'anno compreso tra
500 e 1.500 può esentare tali impianti dall'applicazione del valore limite. La do-

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manda di autorizzazione contiene l'impegno del gestore a rispettare tale numero


di ore operative. L'istruttoria autorizzativa di cui all'articolo 271, comma 5, indivi-
dua valori limite non inferiori a:
- per i motori a doppia alimentazione durante il funzionamento a combustibile
liquido: 1.500 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a 3 MW; 750
mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
- per i motori diesel di potenza termica nominale totale pari o inferiore a 20 MW a
≤ 1.200 giri al minuto: 1.300 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é inferiore a
3 MW; 750 mg/Nm3 se la potenza termica nominale é uguale o superiore a 3 MW;
- per i motori diesel di potenza termica nominale totale superiore a 20 MW: 750
mg/Nm3;
- per i motori diesel a> 1.200 giri al minuto: 750 mg/Nm3.
I valori limite individuati dall'autorizzazione devono essere inoltre non meno re-
strittivi di quelli previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017.
[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto
con urea o ammoniaca.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biogas installati
prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo
periodo, ed ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 14, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%.

Potenza termica nominale installata


≤3 >3
(MW)
ossidi di azoto 500 mg/Nm3 450 mg/Nm3
monossido di carbonio 800 mg/Nm3 650 mg/Nm3
carbonio organico totale (COT) [1] 100 mg/Nm3 100 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto
10 mg/Nm3 10 mg/Nm3
forma di gas o vapori (come HCI)
[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le
autorizzazioni di cui all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro le
date previste dall'articolo 273bis, comma 5) e motori fissi di potenza inferiore a 1 MW alimentati a biogas e gas di sintesi da gassificazione di biomasse instal-
lati prima del 19 dicembre 2017 (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-bis, comma 14). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'efflu-
ente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 0,3 > 0,3 - ≤ 5 >5


190 mg/Nm3 [1] 170 mg/Nm3
150 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - 95 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto 190 mg/Nm3 ≤ 1,5 MW
95 mg/Nm3 [*] se> 1,5
MW
ossidi di zolfo 130 130 [2] 60
300 mg/Nm3 300 mg/Nm3 [3] 240mg/Nm3
240 mg/Nm3 [*] 190 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - 95 mg/Nm3 [*]
monossido di carbonio ≤ 1,5 MW
95 mg/Nm3 [*] se> 1,5
MW
carbonio organico totale (COT) [4] 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3
ammoniaca [5] 4 mg/Nm3 4 mg/Nm3 4 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto
4 mg/Nm3 4 mg/Nm3 4 mg/Nm3
forma di gas o vapori (come HCI)
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in
zone dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n.
155/2010 in quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 170 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.
[2] 60 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 1 MW.
[3] 240 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.

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[4] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui
all'articolo 271, comma 5, ne prevedano l'inclusione
[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Motori fissi costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse e motori fissi di potenza inferio-
re a 1 MW alimentati a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse installati dal 19 dicembre 2017. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'efflu-
ente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) ≤ 0,3 MW > 0,3 - ≤ 5 MW > 5 MW


190 mg/Nm3 190 mg/Nm3 [1] 170 mg/Nm3
150 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 75 mg/Nm3 [*]
ossidi di azoto
1,5 MW
95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW
ossidi di zolfo 60 mg/Nm3 60 mg/Nm3 [2] 40
300 mg/Nm3 300 mg/Nm3 [3] 240mg/Nm3
240 mg/Nm3 [*] 190 mg/Nm3 [*] se ≤ 0,3 - ≤ 95 mg/Nm3 [*]
monossido di carbonio
1,5 MW
95 mg/Nm3 [*] se> 1,5 MW
carbonio organico totale (COT) [4] 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3
ammoniaca [5] 2 mg/Nm3 2 mg/Nm3 2 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto
2 mg/Nm3 2 mg/Nm3 2 mg/Nm3
forma di gas o vapori (come HCI)
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone
dove sono stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in
quantomeno uno degli ultimi tre anni civili.
[1] 170 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.
[2] 40 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 1 MW.
[3] 240 mg/Nm3 in caso di impianti di potenza termica nominale superiore a 3 MW.
[4] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo
271, comma 5, ne prevedano l'inclusione
[5] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

(4) Turbine a gas fisse


Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti (valori previsti dalla normativa vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi
dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15 % (se la turbina a gas è accoppiata ad
una caldaia di recupero con o senza sistema di postcombustione i valori di emissione misurati al camino della caldaia si riferiscono ad un tenore di ossigeno
del 15%). Per le turbine utilizzate nei cicli combinati i valori di riferimento sono riferiti al combustibile principale.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto 450 mg/Nm3 [1] [2] [3]
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
[1] 400 mg/Nm3 se il flusso in volume dei gas di scarico è uguale o superiore a 60.000 Nm3/h.
[2] 600 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato é gasolio.
[3] In caso di rendimento termico superiore al 30% i valori di emissione della tabella e delle note 1 e 2 sono
calcolati aumentando i valori di emissione in proporzione all'aumento del rendimento.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili liquidi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-
bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto 200 mg/Nm3 [1]
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3

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polveri 10 mg/Nm3 [2]


[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] 20 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 20 MW.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili liquidi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso
del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto [1] 75 mg/Nm3
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
ossidi di zolfo 120 mg/Nm3
polveri 10 mg/Nm3 [2]
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] 20 mg/Nm3 per gli impianti di potenza pari o superiore a 1 MW e pari o inferiore a 5 MW.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentati a combustibili gassosi (valori da rispettare entro le date previste all'articolo 273-
bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


[2] 150 mg/Nm3 in caso di utilizzo è gas naturale.
ossidi di azoto [1] 200 mg/Nm3 [2]
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
ossidi di zolfo 15 mg/Nm3 [3] [4]
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[3] Il valore limite si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.
[4] 130 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico da forno a coke dell'industria siderur-
gia; 65 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas a basso potere calorifico d'altoforno dell'industria siderurgica.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi alimentati a combustibili gassosi. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso
del 15%.

Potenza termica nominale (MW) < 50


ossidi di azoto [1] 75 mg/Nm3 [2]
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
ossidi di zolfo 15 mg/Nm3 [3]
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] 50 mg/Nm3 in caso di utilizzo di gas naturale.
[3] Il valore limite si considera rispettato in caso di utilizzo di gas naturale.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentate a biogas installate prima del 19 dicembre 2017 (valori previsti dalla normativa
vigente prima del 19 dicembre 2017, da rispettare ai sensi dell'articolo 273-bis, comma 5, ultimo periodo). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'efflu-
ente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale


≤8 > 8 - ≤ 15 > 15 - ≤ 50
(MW)
ossidi di azoto 150 mg/Nm3 80 mg/Nm3 80 mg/Nm3
monossido di carbonio 100 mg/Nm3 80 mg/Nm3 60 mg/Nm3
carbonio organico totale
50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
(COT) [1]
composti inorganici del cloro 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3

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sotto forma di gas o vapori


(come HCI)
[1] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo
271, comma 5, ne prevedano l'inclusione

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione esistenti alimentate a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse (valori da rispettare entro
le date previste all'articolo 273-bis, comma 5). Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale


≤8 > 8 - ≤ 15 > 15 MW - ≤ 50
(MW)
180 mg/Nm3 75 mg/Nm3 75 mg/Nm3
ossidi di azoto [1]
75 mg/Nm3 [*]
100 mg/Nm3 80 mg/Nm3 60 mg/Nm3
monossido di carbonio
80 mg/Nm3 [*]
60 mg/Nm3 60 mg/Nm3 60 mg/Nm3
ossidi di zolfo
35 mg/Nm3 [*] 35 mg/Nm3 [*] 35 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale
50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
(COT) [2]
composti inorganici del cloro
sotto forma di gas o vapori 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
(come HCI)
ammoniaca [3] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono
stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli
ultimi tre anni civili.
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, com-
ma 5, ne prevedano l'inclusione.
[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

Turbine a gas costituenti medi impianti di combustione nuovi, alimentate a biogas o gas di sintesi da gassificazione di biomasse. Valori riferiti ad un tenore di
ossigeno nell'effluente gassoso del 15%.

Potenza termica nominale (MW) ≤8 > 8 - ≤ 15 > 15 - ≤ 50


ossidi di azoto [1] 75 mg/Nm3 75 mg/Nm3 75 mg/Nm3
100 mg/Nm3 80 mg/Nm3 60 mg/Nm3
monossido di carbonio
80 mg/Nm3 [*]
40 mg/Nm3 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3
ossidi di zolfo
35 mg/Nm3 [*] 35 mg/Nm3 [*] 35 mg/Nm3 [*]
carbonio organico totale (COT) [2] 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
composti inorganici del cloro sotto forma
50 mg/Nm3 50 mg/Nm3 50 mg/Nm3
di gas o vapori (come HCI)
ammoniaca [3] 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3 5 mg/Nm3
[*] Valore guida per i provvedimenti di attuazione dell'articolo 271, commi 3, 4 e 5, in caso di stabilimenti localizzati in zone dove sono
stati registrati superamenti di un valore limite di qualità dell'aria previsto dal decreto legislativo n. 155/2010 in quantomeno uno degli
ultimi tre anni civili.
[1] Valori limite applicabili solo in caso di carico di processo superiore al 70%.
[2] Escluso il metano, salvo il caso in cui i provvedimenti di cui all'articolo 271, comma 3 o le autorizzazioni di cui all'articolo 271, com-
ma 5, ne prevedano l'inclusione
[3] Si applica nel caso siano adottati impianti di abbattimento per gli ossidi di azoto con urea o ammoniaca.

(5) Cementifici
I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi.

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Ossidi di azoto 1800-3000 mg/Nm3


Ossidi di zolfo 600 mg/Nm3
1500 mg/Nm3 per i forni a via umida

(6) Forni per la calcinazione di bauxite, dolomite, gesso, calcare, diatomite, magnesite, quarzite
I valori di emissione di seguito riportati si riferiscono agli effluenti gassosi umidi, per gli impianti di produzione di calce spenta e di dolomite idrata.
- Cromo
Nella calcinazione di materiali contenenti cromo, il valore di emissione per il cromo [III] e i suoi composti, espressi come cromo, sotto forma di polvere è 10
mg/Nm3.
- Ossidi di azoto
II valore di emissione è 1800-3000 mg/Nm3.
- Composti del fluoro
Per i forni usati periodicamente per la calcinazione di quarzite, il valore di emissione di composti inorganici gassosi del fluoro espressi come acido fluoridrico
è 10 mg/Nm3.
(7) Forni per la produzione di vetro
Per i forni a bacino a lavorazione continua i valori di emissione si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'8% e per i forni a crogiolo e
quelli a bacino a lavorazione giornaliera ad un tenore di ossigeno del 13%.
I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono:

Forni che utilizzano combustibi- Forni che utilizzano combustibi-


le liquido le gassoso
Forni a crogiolo 1200 mg/Nm3 1200 mg/Nm3
Forni a bacino con recupero di calore 1200 mg/Nm3 1400 mg/Nm3
Forni a bacino a lavorazione giornaliera 1600 mg/Nm3 1600 mg/Nm3
Forni a bacino con bruciatore ad "U" con rigenerazione e recupe- 1800 mg/Nm3 2200 mg/Nm3
ro di calore
Forni a bacino con bruciatore trasversale con rigenerazione e 3000 mg/Nm3 3500 mg/Nm3
recupero di calore
Se, per ragioni connesse alla qualità della produzione, è necessario l'utilizzo di nitrati nella fase di affinaggio si applicano valori di
emissione pari al doppio di quelli sopra indicati.

I valori di emissione per gli ossidi di zolfo sono:

Per i forni a bacino a lavorazione continua 1800 mg/Nm3


Per i forni a crogiolo e forni a bacino a lavorazione giornaliera 1100 mg/Nm3

I valori di emissione per le polveri sono:

Per gli impianti con una produzione di vetro inferiore a 250 tonnellate al giorno, se il 150 mg/Nm3
flusso di massa è superiore a 0,1 kg/h
Per gli impianti con una produzione di vetro superiore od uguale a 250 tonnellate al 80-100 mg/Nm3
giorno
Per gli impianti di produzione di fibre di vetro e tubo di vetro 350 mg/Nm3

(8) Forni per la cottura di prodotti ceramici a base di argilla


I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 18%.

Inquinante Valori di emissione di emissione


Ossidi di zolfo 1500 mg/Nm3
Ossidi di azoto 1500 mg/Nm3
Fenoli e aldeidi 40 mg/Nm3

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

(9) Impianti per la fusione di prodotti minerali, in particolare di basalto, di diabase o di scorie
In caso di utilizzo di combustibile solido i valori di emissione si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso dell'8%.
I valori di emissione per gli ossidi di azoto sono:

Combustibile liquido Gas


Forni a bacino con recupero di calore 1200 mg/Nm3 1400 mg/Nm3
Forni a tino 1800 mg/Nm3 2200 mg/Nm3

Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo è:

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Ossidi di zolfo 10 kg/h 1800 mg/Nm3

(10) Impianti per la produzione di piastrelle in ceramica.


Si applicano i seguenti valori di emissione

Fluoro e suoi composti 10 mg/Nm3 per i forni fusori, i forni del vetrato e monocottura e i forni del biscotto e
del grès
Polveri 75 mg/Nm3 per gli essiccatori a spruzzo (atomizzatori)
Ossidi di azoto 1500mg/Nm3

(11) Impianti per l'agglomerazione di perlite, scisti o argilla espansa


I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi ed a un tenore di ossigeno del 14%.

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa) (espresso come concentrazione)
Ossidi di zolfo 10 kg/h 1000 mg/Nm3

(12) Impianti per la produzione o la fusione di miscele composte da bitumi o da catrami e prodotti minerali, compresi gli impianti per la preparazione di ma-
teriali da costruzione stradali a base di bitume e gli impianti per la produzione di pietrisco di catrame
I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 17%.

Inquinante Valore di emissione


(espresso come concentrazione)
Polveri 20 mg/Nm3 per l'effluente gassoso proveniente dall'essiccatore a tamburo e dal misce-
latore
Ossidi di zolfo 1700 mg/Nm3

(13) Impianti di distillazione a secco del carbone (cokerie)


13.1 Forno inferiore
I valori di emissione di seguito indicati si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%.
- Polveri
Devono essere adottate tutte le misure atte a contenere le emissioni di polveri dalle camere di combustione in base allo stato attuale della tecnica.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Sino alla ricostruzione del forno a coke, il valore di emissione è 100 mg/Nm3.
- Ossidi di zolfo
Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke, il valore di emissione è 1.700 mg/Nm3.
Se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke e gas da altoforno (o d'acciaieria) il valore di emissione è 800 mg/Nm3.
- Ossidi di azoto
II valore di emissione è 600 mg/Nm3.
Devono essere adottate tutte le misure atte a contenere le emissioni di ossidi di azoto dalle camere di combustione in base allo stato attuale della tecnica.
Le emissioni di ossidi di azoto, sino alla ricostruzione del forno a coke, non devono essere superiori a 800 mg/Nm3.
13.2 Caricamento dei forni da coke
Devono essere evitate le emissioni di polvere nel prelevare il carbone dalle tramogge e nel caricare i carrelli.
I gas di caricamento devono essere raccolti.
Nelle operazioni di versamento, i gas di caricamento devono essere deviati nel gas grezzo, o in un forno vicino, ove non fosse possibile utilizzarli per lavorare
i catrame grezzo.
Nelle operazioni di pigiatura, i gas di caricamento devono essere deviati il più possibile nel gas grezzo.
I gas di caricamento che non possono essere deviati devono essere convogliati ad un impianto di combustione cui si applica il valore di emissione per le pol-
veri di 25 mg/Nm3.
Nelle operazioni di spianamento del carbone le emissioni dei gas di caricamento devono essere limitate assicurando la tenuta delle aperture che servono a
tali operazioni.
13.3 Coperchio portello di carica
Le emissioni dal coperchio di carica devono essere evitate quanto più possibile, usando porte a elevata tenuta, spruzzando i coperchi dei portelli dopo ogni
carica dei forni, pulendo regolarmente gli stipiti e i coperchi dei portelli di carica prima di chiudere. La copertura del forno deve essere mantenuta costante-
mente pulita da resti di carbone.
13.4 Coperchio tubo di mandata
I coperchi dei tubi di mandata, per evitare emissioni di gas o di catrame, devono essere dotati di dispositivi ad immersione in acqua, o sistemi analoghi, di
pari efficacia; i tubi di mandata devono venire costantemente puliti.
13.5 Macchine ausiliari per forno a coke
Le macchine ausiliarie adibite al funzionamento del forno a coke devono essere dotate di dispositivo per mantenere pulite le guarnizioni applicate agli stipiti
dei portelli di carica.
13.6 Porte del forno a coke
Si devono usare porte ad elevate tenuta. Le guarnizioni delle porte dei forni devono essere regolarmente pulite.
13.7 Sfornamento del coke
Nella ricostruzione delle batterie di forni a coke queste devono essere progettate in modo da permettere che vengano installati, sul lato macchina e sul lato
coke, impianti di captazione e abbattimento delle emissioni di polveri allo sfornamento del coke, in modo che le emissioni non superino 5 g/t di coke prodot-
to.
Sino alla ricostruzione del forno a coke, gli effluenti gassosi devono essere raccolti e convogliati ad un impianto di abbattimento delle polveri, ove tecnica-
mente possibile.
13.8 Raffreddamento del coke
Per il raffreddamento del coke devono essere limitate, per quanto possibile, le emissioni. Nel caso in cui la tecnologia adottata sia quella del raffreddamento
a secco, il valore di emissione per le polveri è 20 mg/Nm3.
(14) Impianti per l'agglomerazione del minerale di ferro
I valori di emissione riportati nella tabella seguente si riferiscono agli effluenti gassosi umidi.

Polveri Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un impianto di abbattimento: i valori
di emissione sono pari ai valori massimi previsti nella parte II, paragrafo 5
Ossidi di azoto Il valore di emissione è 400 mg/Nm3
Inquinanti di cui alla parte II, paragrafo 2 I valori di emissione sono pari ai valori massimi previsti nella parte II, paragrafo 2

(15) Impianti per la produzione di ghisa


Fino al rifacimento del rivestimento in refrattario dell'altoforno il valore di emissione per le polveri è 150 mg/Nm3.
(16) Impianti per la produzione d'acciaio per mezzo di convertitori, forni ad arco elettrici, e forni di fusione sotto vuoto
Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri 25-100 mg/Nm3 per i forni ad arco


25 mg/Nm3 per i forni ad induzione
monossido di carbonio Negli impianti per fusione ad eccezione dei forni ad arco e nei convertitori l'effluente
gassoso deve essere riutilizzato, per quanto possibile, o combusto.

(17) Fonderie di ghisa, d'acciaio.


Si applicano i seguenti valori di emissione:

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

polveri 20-40 mg/Nm3 se il flusso di massa è uguale o superiore


re a 0,5 kg/h,
Per gli impianti funzionanti con abbattimento ad umido i valori
lori di emissione sono:
-25 mg/Nm3 per i cubilotti con aspirazione applicata alla
la bocca superiore
-50 mg/Nm3 per i cubilotti con aspirazione applicata alla
la bocca inferiore
monossido di carbonio 1000 mg/Nm3 per i cubilotti a vento caldo dotati di recuperatore
eratore

(18) Forni di riscaldo e per trattamenti termici, per impianti di laminazione ed altre deformazioni plastiche
I valori di emissione, riportati nella tabella seguente,
guente, si riferiscono ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 5%:

ossidi di azoto Per gli impianti nei quali l'aria di combustione è preriscaldata
scaldata a temperature uguali o
superiori a 200°C il valore
lore di emissione è determinato mediante il diagramma riportato
in figura 1
ossidi di zolfo 1700 mg/Nm3 se il combustibile usato è gas da forno a coke
800 mg/Nm3 se il combustibile utilizzato è gas da forno a coke e gas d'altoforno o d'ac-
d'a
ciaieria

(19) Impianti di zincatura a caldo.


Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri 15-30 mg/Nm3


composti gassosi del cloro, espressi come acido cloridr
cloridrico 10 mg/Nm3
ammoniaca ed ammonio in fase gassosa 30 mg/Nm3

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

(20) Impianti di trattamento di superfici metalliche con uso di acido nitrico


Agli impianti di decapaggio funzionanti in continuo si applica il valore di emissione per gli ossidi di azoto di 1500 mg/Nm3.
(21) Impianti per la produzione di ferroleghe mediante processi elettrotermici o pirometallurgici
Per le polveri di valori di emissione minimo e massimo sono pari rispettivamente a 20 mg/Nm3 e 40 mg/Nm3
(22) Impianti per la produzione primaria di metalli non ferrosi
Si applicano i seguenti valori di emissione:

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa)
polveri - 10 mg/Nm3 per le fonderie di piombo 20 mg/Nm3
negli altri casi
ossidi di zolfo 5kg/h 800 mg/Nm3

(23) Impianti per la produzione di alluminio


I forni elettrolitici devono essere chiusi, le dimensioni dell'apertura del forno devono essere quelle minime indispensabili per il funzionamento e il meccani-
smo di apertura deve essere, per quanto possibile, automatizzato. Si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri (1) 30 mg/Nm3 per i forni elettrolitici;


5 kg/t di alluminio prodotto, come media giornaliera se all'efflu-
ente gassoso dei forni elettrolitici è aggiunta l'aria di ventilazione
dei locali di elettrolisi
composti inorganici gassosi del fluoro, 2 mg/Nm3
espressi come acido fluoridrico (1) 0,6-1 kg/t di alluminio prodotto, come media giornaliera se all'ef-
fluente gassoso dei forni elettrolitici è aggiunta l'aria di ventila-
zione dei locali di elettrolisi
(1) in caso di aggiunta di aria di ventilazione si applicano entrambi i valori

(24) Impianti per la fusione dell'alluminio


Si applicano i seguenti valori di emissione:

Soglia di rilevanza Valore di emissione


(espressa come flusso di massa)
polveri 0,5 kg/h 20 mg/Nm3
cloro - 3 mg/Nm3 per i forni di affinazione (impianti di clora-
zione)
COV (espressi come - 50 mg/Nm3
carbonio organico
totale)

(25) Impianti per la seconda fusione degli altri metalli non ferrosi e delle loro leghe.
Si applicano i seguenti valori di emissione:

Inquinante Tipologia di impianto Valore di emissione


Polveri impianti per seconda fusione del piombo o 10 mg/Nm3
delle sue leghe
altri impianti, se il flusso di massa è uguale 20 mg/Nm3
o superiore a 0,2 kg/h
Rame e suoi composti Per i forni a tino, durante la fusione del 10 mg/Nm3
rame elettrolitico
COV (espressi come carbonio organico to- - 50 mg/Nm3
tale)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

(26) Impianti per la produzione di accumulatori al piombo


Per le polveri, se il flusso di massa è uguale o superiore a 5 g/h, si applica il valore di emissione di 0,5 mg/Nm3.
(27) Impianti per la produzione di ossidi di zolfo, acido solforico e oleum
Negli impianti per la produzione di ossidi di zolfo allo stato liquido l'effluente gassoso deve essere convogliato da un impianto per la produzione di acido sol-
forico o ad altri impianti di trattamento.
Nei processi a doppio contatto deve essere mantenuta una resa di conversione minima del 99%. Per concentrazioni di biossido di zolfo nel gas d'alimenta-
zione uguali o superiori all'8% in volume deve essere mantenuta:
- una resa del 99,5% in condizioni variabili del gas
- una resa del 99,6% in condizioni costanti del gas
Le emissioni di biossido di zolfo devono essere ulteriormente limitate con adeguati processi di trattamento, se superano 1200 mg/Nm3.
Nei processi a contatto semplice deve essere mantenuta una resa di conversione minima del 97,5%. Per concentrazioni di biossido di zolfo nel gas d'alimen-
tazione inferiori al 6% le emissioni devono essere ulteriormente limitate.
Nei processi di catalisi ad umido deve essere mantenuta una resa di conversione di almeno il 97,5%.
Per l'acido solforico si applicano valori di emissione minimo e massimo rispettivamente pari a 80 mg/Nm3 e 100 mg/Nm3.
(28) Impianti per la produzione di cloro
Si applicano i seguenti valori di emissione

cloro 1 mg/Nm3
6 mg/Nm3 per gli impianti per la produzione del cloro a liquefazione totale
mercurio 1,5-2 g/t di produzione nella elettrolisi dei cloruri alcalini secondo il processo all'amal-
gama

(29) Impianti Claus per la produzione di zolfo


Gli effluenti gassosi devono essere convogliati ad un impianto di combustione. Per l'idrogeno solforato si applica un valore di emissione di 10 mg/Nm3.
(30) Impianti per la produzione, granulazione ed essiccamento di fertilizzanti fosfatici, azotati o potassici.
Si applicano i seguenti valori di emissioni:

polveri 75 mg/Nm3
100-150 mg/Nm3 per gli impianti di prilling o a letto fluido
ammoniaca 200 mg/Nm3 per gli impianti di prilling o a letto fluido

(31 ) Impianti per la produzione di acrilonitrile


L'effluente gassoso prodotto dal reattore e dall'assorbitore deve essere combusto.
L'effluente gassoso prodotto durante la purificazione per distillazione dei prodotti di reazione e quello proveniente dal processo di travaso deve essere con-
vogliato ad idonei sistemi di abbattimento.
(32) Impianti per la produzione di principi attivi antiparassitari
Per le polveri, se il flusso di massa è uguale o superiore a 25 g/h, si applica un valore di emissione di 5 mg/Nm3.
(33) Impianti per la produzione di polivinile cloruro (PVC)
I tenori residui in cloruro di vinile monomero (CVM) nel polimero devono essere ridotti al massimo. Nella zona di passaggio dal sistema chiuso a quello aper-
to il tenore residuo non può superare i seguenti valori:

PVC in massa 10 mg CVM/ kg PVC


omopolimeri in sospensione 100 mg CVM/kg PVC
copolimeri in sospensione 400 mg CVM/kg PVC
PVC in microsospensione e emulsione di PVC 1500 mg CVM/kg PVC

Al fine di ridurre ulteriormente la concentrazione di cloruro di vinile nell'effluente gassoso proveniente dall'essiccatore tale effluente deve, per quanto pos-
sibile, essere utilizzato come comburente in un impianto di combustione.
(34) Impianti per la produzione di polimeri in poliacrilonitrile
I gas provenienti dal reattore e dall'assorbitore devono essere convogliati ad un efficace sistema di combustione. I gas provenienti dalla purificazione per
distillazione e dalle operazioni di travaso devono essere convogliati ad idonei sistemi di abbattimento.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

34.1. Produzione e lavorazione di polimeri acrilici per fibre


Se la polimerizzazione è effettuata in soluzione acquosa, agli impianti di polimerizzazione, di essiccamento del polimero e di filatura si applica un valore di
emissione per l'acrilonitrile pari a 25 mg/Nm3.
Se la polimerizzazione è effettuata in solvente, agli impianti di polimerizzazione si applica un valore di emissione di acrilonitrile pari a 5 mg/Nm3 ed agli im-
pianti di filatura, lavaggio ed essiccamento si applica un valore di emissione di acrilonitrile pari a 50 mg/Nm3.
34.2. Produzione di materie plastiche ABS e SAN
- Polimerizzazione in emulsione: l'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla polimerizzazione, dalla precipitazione e dalla pulizia del reatto-
re deve essere convogliato ad un termocombustore. A tale effluente si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 25 mg/Nm3.
- Polimerizzazione combinata in soluzione/emulsione: l'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dalla polimerizzazione, dai serbatoi di stoc-
caggio intermedi, dalla precipitazione, dalla disidratazione, dal recupero dei solventi e dai miscelatori, deve essere convogliato ad un termocombustore. Alle
emissioni che si formano nella zona di uscita dei miscelatori si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 10 mg/Nm3.
34.3. Produzione di gomma acrilonitrilica (NBR)
L'effluente gassoso contenente acrilonitrile proveniente dal recupero di butadiene, dal deposito di lattice, dal lavaggio del caucciù solido, deve essere con-
vogliato ad un termocombustore. L'effluente gassoso proveniente dal recupero dell'acrilonitrile deve essere convogliato ad un impianto di lavaggio. Agli es-
siccatori si applica, per l'acrilonitrile, un valore di emissione di 15 mg/Nml3
34.4. Produzione di lattice per polimerizzazione, in emulsione, di acrilonitrile.
L'effluente gassoso contenente acrilonitrile e proveniente dai contenitori di monomeri, dai reattori, dai serbatoi di stoccaggio e dai condensatori deve essere
convogliato ad un impianto di abbattimento se la concentrazione di acrilonitrile nell'effluente gassoso è superiore a 5 mg/Nm3.
(35) Impianti per la produzione e la lavorazione della viscosa.
35.1. Le emissioni dalla produzione di viscosa, dalla preparazione del bagno di rilavatura e dai trattamenti successivi connessi alla produzione di rayon tessi-
le, devono essere convogliate ad un impianto di abbattimento. A tali attività si applicano i seguenti valori di emissione:

idrogeno solforato 5 mg/Nm3


solfuro di carbonio 100 mg/Nm3

35.2. Nella produzione di fibra cellulosica in fiocco e cellofane, i gas provenienti dai filatoi e dal trattamento successivo devono essere convogliati ad un im-
pianto di abbattimento. A tali attività si applicano i seguenti valori di emissione:

idrogeno solforato 5 mg/Nm3


solfuro di carbonio 150 mg/Nm3

35.3. Nella produzione di prodotti da viscosa all'impianto di aspirazione generale e agli aspiratori delle macchine, si applica un valore di emissione per l'idro-
geno solforato pari a 50 mg/Nm3, mentre per il solfuro di carbonio si applicano i seguenti valori emissione:

prodotti di viscosa Solfuro di carbonio


fibra cellulosica 150 mg/Nm3
cellofane 150 mg/Nm3
rayon tessile 150 mg/Nm3
rayon continuo per usi speciali 300 mg/Nm3
budella artificiali 400 mg/Nm3
panno spugnoso 400 mg/Nm3
rayon tecnico 600 mg/Nm3

(36) Impianti per la produzione di acido nitrosilsolforico


Per la fase di concentrazione i valori di emissione sono:

ossidi di azoto 2000 mg/Nm3


ossidi di zolfo 800 mg/Nm3
n-esano 1000 mg/Nm3

(37) Impianti di produzione di poliesteri


Negli impianti di produzione di acido tereftalico e di dimetiltereftalato facenti parte di cicli di produzione di polimeri e fibre poliesteri per flussi di massa su-

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

periori a 3 kg/h il valore di emissione delle sostanze organiche, espresso come carbonio organico totale, è 350 mg/Nm3.
(38) Impianti di produzione di acetato di cellulosa per fibre.
Negli impianti di polimerizzazione, dissoluzione e filatura di acetato di cellulosa per flussi di massa superiori a 3 kg/h il valore di emissione di acetone è pari a
400 mg/Nm3.
(39) Impianti di produzione di fibre poliammidiche
Negli impianti di filatura per fili continui del polimero «poliammide 6» per flussi di massa superiori a 2 kg/h il valore di emissione del caprolattame è 100
mg/Nm3.
Negli impianti di filatura per fiocco il valore di emissione del caprolattame è 150 mg/Nm3.
(40) Impianti per la formulazione di preparati antiparassitari
Le emissioni contenente polveri devono essere convogliate ad un impianto di abbattimento. Il valore di emissione per le polveri è pari a 10 mg/Nm3.
(41) Impianti per la nitrazione della cellulosa
Il valore di emissione per gli ossidi di azoto è pari a 2000 mg/Nm3.
(42) Impianti per la produzione di biossido di titanio
Il valore di emissione per gli ossidi di zolfo provenienti dalla digestione e dalla calcinazione è pari a 10 kg/t di biossido di titanio prodotto. Il valore di emis-
sione per gli ossidi di zolfo provenienti dalla concentrazione degli acidi residui è pari a 500 mg/Nm3.
(43) Impianti per la produzione di fibre acriliche
Se il flusso di massa di N,N-dimetilacetamide e N,N-dimetilformamide è uguale o superiore a 2 kg/h si applica, per tali sostanze, un valore di emissione di 150
mg/Nm3.
(44) Impianti per la produzione di policarbonato
Il valore di emissione per il diclorometano è pari a 100 mg/Nm3.
(45) Impianti per la produzione di nero carbonio
I valori di emissione, riportati nella tabella seguente, si riferiscono agli effluenti gassosi umidi. L'effluente gassoso contenente idrogeno solforato, monossido
di carbonio o sostanze organiche deve essere convogliato ad un termocombustore.

polveri 15-30 mg/Nm3


ossidi di zolfo 2600 mg/Nm3
ossidi di azoto 1000 mg/Nm3

(46) Impianti per la produzione di carbone o elettrografite mediante cottura, ad esempio per la fabbricazione di elettrodi
Per le sostanze organiche si applicano i seguenti valori di emissione, espressi come carbonio organico totale:

100 mg/Nm3 per la miscelazione e macinazione con uso, ad alta temperatura, di pece, catrame o altri
leganti o solventi volatili
50 mg/Nm3 per i forni a camera unica, forni a camere comunicanti e forni a tunnel
200 mg/Nm3 per i forni anulari utilizzati per la cottura degli elettrodi di grafite, degli elettrodi di car-
bone e delle mattonelle di carbone
50 mg/Nm3 per l'impregnazione a base di catrame

(47) Impianti per la verniciatura in serie, inclusi gli impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari, delle carrozzerie degli autoveicoli e componenti degli
stessi, eccettuate le carrozzerie degli autobus
Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, si applicano i seguenti valori di emissione, espressi in grammi di solvente per metro quadrato di manufatto trat-
tato, inclusi i solventi emessi dagli impianti in cui si effettuano i trattamenti preliminari:
a) vernici a due strati 120 g/m2
b) altre vernici 60 g/m2.
Per le zone d'applicazione della vernice all'aria di ventilazione delle cabine di verniciatura non si applicano i valori di emissione indicati nella parte II, paragra-
fo 4, classi III, IV e V.
Per gli essiccatori il valore di emissione per le sostanze organiche, espresse come carbonio organico totale, è pari a 50 mg/Nm3. Il valore di emissione per le
polveri è pari a 3 mg/Nm3.
(48) Altri impianti di verniciatura
48.1 Verniciatura del legno
Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, il valore di emissione per la verniciatura piana, espresso in grammi di solvente per metro quadro di superficie
verniciata è 40 g/m2. Il valore di emissione per le polveri è pari a 10 mg/Nm3.
48.2 Verniciatura manuale a spruzzo
Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, per l'aria di ventilazione delle cabine di verniciatura nelle quali si vernicia a mano con pistola a spruzzo non si
applicano i valori di emissione indicati nella parte II, paragrafo 4, classi III, IV e V; devono comunque essere prese le misure possibili per ridurre le emissioni,
facendo ricorso a procedimenti di applicazione della vernice particolarmente efficaci, assicurando un efficace ricambio dell'aria e il suo convogliamento ad
un impianto di abbattimento, oppure utilizzando vernici prodotte secondo le migliori tecnologie. Il valore di emissione per le polveri è pari a 3 mg/Nm3.
48.3 Essiccatori
Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 275, il valore di emissione per le sostanze organiche, espresse con carbonio totale, è 50 mg/Nm3.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

(49) Impianti per la produzione di manufatti in gomma


Per le polveri, nella fase di preparazione mescole, i valori di emissione minimo e massimo sono rispettivamente pari a 20 mg/Nm3 e 50 mg/Nm3.
(50) Impianti per impregnare di resine le fibre di vetro o le fibre minerali
Le emissioni di sostanze di cui alla parte II, paragrafo 4, classe I non devono superare 40 mg/Nm3 e devono essere adottate le possibili soluzioni atte a limita-
re le emissioni, come la postcombustione, o altre misure della medesima efficacia.
(51 ) Impianti per la produzione di zucchero
- Ossidi di zolfo
Il valore di emissione è 1700 mg/Nm3.
- Ammoniaca
Se il flusso di massa supera 1,5 kg/h, i valori di emissione sono:

fase di saturazione 500 mg/ Nm3


fase di essiccazione 150 mg/ Nm3

- Polveri
Il valore di emissione è pari a 75 mg/Nm3, e, nella fase di movimentazione e condizionamento zucchero, è pari a 20 mg/Nm3.
(52) Impianti per l'estrazione e la raffinazione degli oli di sansa di oliva.
I valori di emissione sono:

polveri 200-300 mg/Nm3


ossidi di azoto 300 mg/Nm3

(53) Impianti per l'estrazione e la raffinazione di oli di semi


I valori di emissione per le polveri sono i seguenti:

fase di essiccazione semi 150 mg/Nm3


fase di lavorazione semi oleosi 80 mg/Nm3

Parte IV
[Sezione 1
Valori di emissione e prescrizioni relativi alle raffinerie
1. Valori di emissione
1.1 In deroga a quanto previsto all'articolo 270, comma 5, i valori di emissione per i composti sotto riportati sono calcolati come rapporto ponderato tra la
sommatoria delle masse di inquinanti emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi dell'intera raffineria:

ossidi di zolfo 1700 mg/Nm3


ossidi di azoto 500 mg/Nm3
polveri 80 mg/Nm3
monossido di carbonio 250 mg/Nm3
sostanze organiche volatili 300 mg/Nm3
idrogeno solforato 5 mg/Nm3
ammoniaca e composti a base di cloro espressi come acido cloridrico 30 mg/Nm3

1.2. I valori di emissione per le sostanze inorganiche di cui alla parte II, paragrafo 2, che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere sono:

sostanze appartenenti alla classe I 0,3 mg/Nm3


sostanze appartenenti alla classe II 3 mg/Nm3
sostanze appartenenti alla classe III 10 mg/Nm3

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

1.3. Per le sostanze di cui alla parte II, paragrafo 1, si applicano i valori di emissione ivi stabiliti.
1.4. I valori di emissione per le sostanze inorganiche che si presentano sotto forma di gas o vapore sono:

cloro 5 mg/Nm3
bromo e suoi composti indicati come acido bromidrico 5 mg/Nm3
fluoro e suoi composti indicati come acido fluoridrico 5 mg/Nm3

1.5. Gli effluenti gassosi degli impianti Claus devono essere convogliati ad un postcombustore. In deroga al punto 1.1, a tali impianti si applica, per l'idrogeno
solforato, un valore di emissione minimo pari a 10 e un valore di emissione massimo pari a 30 mg/Nm3. In tali impianti la conversione operativa dello zolfo,
nelle condizioni ottimali di funzionamento, non deve essere inferiore, a seconda della capacità produttiva, rispettivamente al:
a) 95% se la capacità produttiva è inferiore o uguale a 20 ton. al giorno di zolfo
b) 96% se la capacità produttiva è superiore a 20 ton. e inferiore o uguale a 50 ton. al giorno di zolfo
c) 97,5% se la capacità produttiva è superiore a 50 ton. al giorno di zolfo.
2. Prescrizioni per le emissioni diffuse
2.1. Fatto salvo quanto diversamente disposto dall'articolo 276, per lo stoccaggio di petrolio greggio e di prodotti della raffinazione, aventi una tensione di
vapore superiore a 13 mbar alla temperatura di 20°C devono essere utilizzati serbatoi a tetto galleggiante, serbatoi a tetto fisso con membrana galleggiante,
serbatoi a tetto fisso polmonati con emissioni convogliate opportunamente ad un sistema di abbattimento o ad altro sistema idoneo ad evitare la diffusione
delle emissioni; i tetti dei serbatoi a tetto galleggiante devono essere muniti di un'efficace tenuta verso il mantello del serbatoio.
Per lo stoccaggio di altri prodotti i serbatoi con tetto fisso devono essere muniti di un sistema di ricambio forzato dei gas e di convogliamento ad un sistema
di raccolta o ad un postcombustore se gli stessi contengono liquidi che, nelle condizioni di stoccaggio, possono emettere sostanze cancerogene o organiche
di classe I con flussi di massa uguali o superiori a quelli indicati nella parte II, paragrafo 1.
2.2 Gli effluenti gassosi che si formano durante le operazioni di avviamento e di arresto degli impianti devono essere, per quanto possibile, raccolti e convo-
gliati ad un sistema di raccolta di gas e reimmessi nel processo, oppure combusti nell'impianto di combustione del processo; qualora queste soluzioni non
fossero possibili, devono essere convogliati ad un bruciatore a torcia.
In quest'ultimo caso il valore di emissione per le sostanze organiche volatili, espresso come carbonio totale è l'1 % in volume.
3. I gas e i vapori che si producono nelle apparecchiature per la riduzione della pressione o nelle apparecchiature da vuoto devono essere convogliati ad un
sistema di raccolta del gas; tale disposizione non si applica per le apparecchiature per l'abbassamento della pressione che si usano in caso di emergenza o di
incendio o nei casi in cui si forma sovrappressione a seguito della polimerizzazione o di processi analoghi; i gas raccolti devono essere combusti in impianti di
processo, oppure, nel caso questa soluzione non fosse possibile, devono essere portati ad un bruciatore a torcia.
4. I gas derivanti dai processi, dalla rigenerazione catalizzatori, dalle ispezioni, dalle operazioni di pulizia, devono essere convogliati ed inviati alla postcom-
bustione. In alternativa al trattamento di post-combustione possono essere applicate altre misure, atte al contenimento delle emissioni.
5. Fatto salvo quanto diversamente disposto dall'articolo 276, nella caricazione di prodotti grezzi, semilavorati, finiti, con pressione di vapore di oltre 13
mbar a temperatura di 20°C, le emissioni devono essere limitate adottando misure adeguate, come sistemi di aspirazione e convogliamento dell'effluente
gassoso ad un impianto di abbattimento.
6. L'acqua di processo eccedente può essere fatta defluire in un sistema aperto solo dopo il degassaggio. In tal caso l'effluente gassoso deve essere depurato
mediante lavaggio, combustione o altro opportuno sistema.
7. Per le emissioni derivanti da prodotti polverulenti si applica l'allegato V. ]
Sezione 2
Impianti per la coltivazione degli idrocarburi e dei fluidi geotermici
1. L'autorità competente si avvale delle competenti Sezioni dell'Ufficio nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia ai fini del rilascio dell'autorizza-
zione alle emissioni degli impianti per la coltivazione degli idrocarburi e dei fluidi geotermici.
2. Coltivazione di idrocarburi
2.1. Disposizioni generali.
Le emissioni devono essere limitate all'origine, convogliate ed abbattute utilizzando la migliore tecnologia disponibile.
2.2. Emissioni da combustione di gas di coda.
I gas di coda derivanti dalle centrali di raccolta e trattamento di idrocarburi liquidi e gassosi, se non utilizzati come combustibili, devono essere convogliati ad
unità di termodistruzione in cui la combustione deve avvenire ad una temperatura minima di 950°C per un tempo di almeno 2 secondi e con eccesso di ossi-
geno non inferiore al 6%. A tali emissioni si applicano i limiti seguenti:

ossidi di zolfo espressi come SO2 1200 mg/Nm3


idrogeno solforato 10 mg/Nm3
ossidi di azoto espressi come NO2 350 mg/Nm3
monossido di carbonio 100 mg/Nm3
sostanze organiche volatili espresse come carbonio organico totale 20 mg/Nm3
polveri 10 mg/Nm3

Quale unità di riserva a quella di termodistruzione deve essere prevista una torcia, con pilota, in grado di assicurare una efficienza minima di combustione
del 99% espressa come CO2/(CO2+CO).
2.3. Emissioni da impianti di combustione utilizzanti il gas naturale del giacimento.

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a) Nel caso di impiego di gas naturale proveniente dal giacimento con contenuto di H2S massimo fino a 5 mg/Nm3 i valori di emissione si intendono comun-
que rispettati.
b) Nel caso che il contenuto di H2S sia superiore a 5 mg/Nm3 o che il gas naturale venga miscelato con gas di coda e/o con gas di saturazione, si applicano i
seguenti limiti:

ossidi di zolfo (espressi come SO2) 800 mg/Nm3


ossidi di azoto (espressi come NO2) 350 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 100 mg/Nm3
sostanze organiche volatili (espresse come COT) 10 mg/Nm3
polveri 10 mg/Nm3

2.4. Emissioni da stoccaggi in attività di coltivazione.


Per lo stoccaggio degli idrocarburi estratti dal giacimento e dei prodotti ausiliari aventi tensione di vapore superiore a 13 mbar alla temperatura di 20°C de-
vono essere usati i seguenti sistemi:
a) i serbatoi a tetto galleggiante devono essere dotati di sistemi di tenuta di elevata efficienza realizzati secondo la migliore tecnologia disponibile;
b) i serbatoi a tetto fisso devono essere dotati di sistemi di condotte per l'invio dei gas di sfiato e/o di flussaggio ad una unità di combustione o termodistru-
zione;
c) le superfici esterne dei serbatoi devono essere trattate in modo tale che venga riflesso inizialmente almeno il 70% dell'energia solare. Detta protezione è
ripristinata quando il valore di riflessione diventa inferiore al 45%.
2.5. Vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici (DEG e/o TEG) usati per la disidratazione del gas naturale.
I vapori di rigenerazione termica di glicoli etilenici devono essere convogliati ad una unità di termodistruzione oppure miscelati al gas combustibile primario.
Solo nel caso di piccoli impianti (fino a 200.000 Nm3/giorno di gas naturale trattato) e/o per flussi di massa non superiori a 200 g/h come H2S è consentita
l'emissione in atmosfera cui si applicano i seguenti valori di emissione:

polveri totali 5 mg/Nm3


ossidi di zolfo (espressi come SO2) 30 mg/Nm3
ossidi di azoto (espressi come NO2) 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 10 mg/Nm3
alcali, escluso metano (espressi come esano) 300 mg/Nm3
glicoli etilenici (come MEG) 300 mg/Nm3
idrogeno solforato (H2S ) 10 mg/Nm3

2.6. Emissioni da piattaforme di coltivazione di idrocarburi offshore ossia ubicate nel mare territoriale e nella piattaforma continentale italiana.
Se la collocazione geografica della piattaforma assicura una ottimale dispersione delle emissioni, evitando che le stesse interessino località abitate, i limiti di
emissione si intendono rispettati quando in torcia viene bruciato esclusivamente gas naturale.
In caso contrario si applicano i valori di emissione indicati alla parte II, paragrafo 3, per le sostanze gassose e un valore pari a 10 mg/Nm3 per le polveri totali.
Per i motori a combustione interna e le turbine a gas si applicano i pertinenti paragrafi della parte III in cui si individuano i valori limite previsti dalla normati-
va vigente prima del 19 dicembre 2017.
3. Impianti che utilizzano fluidi geotermici
1. Gli effluenti gassosi negli impianti che utilizzano i fluidi geotermici di cui all'articolo 1 della legge 9 dicembre 1986, n. 896, devono essere dispersi median-
te torri refrigeranti e camini di caratteristiche adatte. Per ciascuno dei due tipi di emissione i valori di emissione minimi e massimi, di seguito riportati, sono
riferiti agli effluenti gassosi umidi ed intesi come media oraria su base mensile:

H2S 70-100 mg/Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 170


kg/h
As (come sali disciolti nell'acqua trascinata) 1-1,5 mg/Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 5 g/h
Hg (come sali disciolti nell'acqua trascinata) 0,2-0,4 mg/ Nm3 per un flusso di massa uguale o superiore a 1
g/h

Parte IV-bis
Elementi minimi dell'autorizzazione e della registrazione dei medi impianti di combustione e dei medi impianti termici civili
1. Elementi minimi in caso di medi impianti di combustione:
a) Nome e sede legale del gestore e sede dello stabilimento in cui sono ubicati gli impianti, se fissi;
b) Classificazione secondo le definizioni dell'articolo 268, comma 1, lett. da gg-bis) a gg-septies);
c) Classificazione dei combustibili utilizzati (biomassa solida, altri combustibili solidi, gasolio, altri combustibili liquidi, gas naturale, altri combustibili gassosi)

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e relativa quantitativi;
d) Potenza termica nominale;
e) Numero previsto di ore operative annue;
f) Carico medio di processo;
g) Data di messa in esercizio o, se tale data non é nota, prove che la messa in esercizio dei medi impianti di combustione esistenti sia antecedente al 20 di-
cembre 2018.
h) Settore di attività dello stabilimento o del medio impianto di combustione secondo il codice NACE.
2. Elementi minimi in caso di medi impianti termici civili:
a) Nome e sede legale del responsabile dell'esercizio e della manutenzione e sede dell'impianto;
b) Classificazione secondo le definizioni dell'articolo 268, comma 1, lett. da gg-bis) a gg-septies);
c) Classificazione dei combustibili utilizzati (biomassa solida, altri combustibili solidi, gasolio, altri combustibili liquidi, gas naturale, altri combustibili gassosi)
e relativi quantitativi;
d) Potenza termica nominale;
e) Numero previsto di ore operative;
f) Data di messa in esercizio o, se tale data non é nota, prove che la messa in esercizio dei medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-ter, sia
antecedente al 20 dicembre 2018.

(1995) Allegato modificato dall'art. 3, comma 27, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 1, commi 1, lett. a) e b), 2, lett. a) e b) e 3, lett. a) e b), D.M. 19 mag-
gio 2016, n. 118 e dall'art. 3, commi 1, 2, 3, 4 e 5, D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5,
comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il presente allegato è stato così modificato dall'art. 2, comma 1, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
Vedi, anche, l'art. 1, comma 4, del citato D.M. n. 118/2016.
(1996) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall'art.
3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato II - Grandi impianti di combustione (2031)
In vigore dal 12 dicembre 2017

Parte I
Disposizioni generali
1. Definizioni.
Ai fini del presente allegato si intende per :
a) impianto multicombustibile: qualsiasi impianto di combustione che possa essere alimentato simultaneamente o alternativamente da due o più tipi di
combustibile;
b) grado di desolforazione: il rapporto tra la quantità di zolfo non emessa nell'atmosfera nel sito dell'impianto di combustione per un determinato periodo di
tempo e la quantità di zolfo contenuta nel combustibile introdotto nei dispositivi dell'impianto di combustione e utilizzata per lo stesso periodo di tempo;
c) biomassa: prodotti, costituiti interamente o in parte di materia vegetale, di provenienza agricola o forestale, utilizzabili come combustibile ai sensi della
normativa vigente per recuperarne il contenuto energetico, ed i seguenti rifiuti usati come combustibile:
- rifiuti vegetali derivanti da attività agricole e forestali;
- rifiuti vegetali derivanti dalle industrie alimentari di trasformazione, se l'energia termica generata è recuperata;
- rifiuti vegetali fibrosi della produzione di pasta di carta grezza e della produzione di carta dalla pasta, se gli stessi sono coinceneriti sul luogo di produzione e
se l'energia termica generata è recuperata;
- rifiuti di sughero;
- rifiuti di legno, ad eccezione di quelli che possono contenere composti organici alogenati o metalli pesanti, a seguito di un trattamento o di rivestimento,
inclusi in particolare i rifiuti di legno, ricadenti in questa definizione, derivanti dai rifiuti edilizi e di demolizione.
d) turbina a gas: qualsiasi macchina rotante, che trasforma energia termica in meccanica, costituita principalmente da un compressore, da un dispositivo
termico in cui il combustibile è ossidato per riscaldare il fluido motore e da una turbina;
e) ore operative: il numero delle ore in cui l'impianto è in funzione, con l'esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei periodi di guasto, salvo diver-
samente stabilito dalle normative adottate ai sensi dell'articolo 271, comma 3, o dall 'autorizzazione. (2007)
1-bis. Condizioni generali
I valori limite di emissione previsti dal presente Allegato sono calcolati in condizioni normali (temperatura di 273,15 K, e pressione di 101,3 kPa) previa de-
trazione del tenore di vapore acqueo degli scarichi gassosi e ad un tenore standard di O2 pari al 6% per gli impianti che utilizzano combustibili solidi, al 3%
per gli impianti, diversi dalle turbine a gas e dai motori a gas, che utilizzano combustibili liquidi e gassosi ed al 15 % per le turbine a gas e per i motori a gas.
Nel caso delle turbine a gas usate in impianti nuovi a ciclo combinato dotati di un bruciatore supplementare, il tenore di O2 standard può essere definito
dall'autorità competente in funzione delle caratteristiche dell'installazione. (2008)
2. Procedura di esenzione per gli impianti anteriori al 1988.
2.1 I gestori degli impianti anteriori al 1988 presentano all'autorità competente, nell'ambito della richiesta di autorizzazione integrata ambientale, una di-
chiarazione scritta contenente l'impegno a non far funzionare l'impianto per più di 20.000 ore operative a partire dal 1° gennaio 2008 ed a non farlo funzio-
nare oltre il 31 dicembre 2015. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW la dichiarazione è presentata entro 3 mesi dalla data di entrata in
vigore del presente titolo e l'autorità competente, in caso di approvazione della richiesta di esenzione, provvede ad aggiornare l'autorizzazione in atto con la
procedura prevista dall'articolo 269. La richiesta di esenzione è approvata soltanto se compatibile con le misure stabilite nei piani e nei programmi di cui al
decreto legislativo n. 351 del 1999 ove tali misure siano necessarie per il conseguimento degli obiettivi di qualità dell'aria e se compatibile con le condizioni
stabilite dalla normativa vigente in materia di autorizzazione integrata ambientale. Tutti i predetti provvedimenti autorizzativi indicano le ore operative ap-
provate per ogni anno del funzionamento residuo degli impianti. In caso di approvazione il gestore è tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente
un documento in cui è riportata la registrazione delle ore operative utilizzate e quelle non utilizzate che sono state autorizzate per il restante periodo di fun-
zionamento degli impianti. (2009)

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2.2 La richiesta di esenzione di cui al punto precedente decade se il gestore presenta, successivamente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale e
comunque non oltre il 31 maggio 2007, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all'articolo 273, comma 6, nell'ambito di una richiesta di ag-
giornamento dell'autorizzazione integrata ambientale. Per gli impianti di potenza termica nominale pari a 50 MW, la richiesta di esenzione decade se il ge-
store trasmette all'autorità competente, entro il 1° agosto 2007, la relazione tecnica o il progetto di adeguamento di cui all'articolo 273, comma 7. La richie-
sta di esenzione non si considera decaduta nel caso in cui l'autorità competente non approvi la relazione tecnica o il progetto di adeguamento
2.3 Gli impianti per cui l'esenzione è stata approvata ai sensi del punto 2.1 e non è decaduta ai sensi del punto 2.2 non possono, in alcun caso, funzionare per
più di 20.000 ore operative nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2008 e il 31 dicembre 2015. (2010)
3. Impianti multicombustibili (2011)
3.1 Per gli impianti multicombustibili che comportano l'impiego simultaneo di due o più combustibili, l'autorità competente, in sede di autorizzazione, stabi-
lisce i valori limite di emissione per il biossido di zolfo, gli ossidi di azoto, il monossido di carbonio, le polveri e i metalli nei modi previsti dal punto 3.2 o ap-
plicando le deroghe previste ai punti 3.3 e 3.4. (2022)
3.2. L'autorità competente applica la seguente procedura:
a) individuare il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile ed a ciascun inquinante, corrispondente alla potenza termica nominale dell'intero
impianto di combustione secondo quanto stabilito dalla Parte II, sezioni da 1 a 6;
b) determinare i valori limite di emissione ponderati per combustibile, moltiplicando ciascuno dei valori limite di emissione di cui alla lettera a) per la poten-
za termica fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combu-
stibili;
c) addizionare i valori limite di emissione ponderati per combustibile.
3.3. In deroga al punto 3.2 l'autorità competente, in sede di autorizzazione, può applicare le disposizioni concernenti il combustibile determinante, inteso
come il combustibile con il più elevato valore limite di emissione, per gli impianti multi combustibile anteriori al 2013 che utilizzano i residui di distillazione e
di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri combustibili, per i propri consumi propri dell'installazione, sempre che, durante il
funzionamento dell'impianto la proporzione di calore fornito da tale combustibile risulti pari ad almeno il 50% della somma delle potenze termiche fornite
da tutti i combustibili. Se la proporzione del calore fornito dal combustibile determinante è inferiore al 50% della somma delle potenze termiche fornite da
tutti i combustibili, l'autorità competente determina il valore limite di emissione, applicando la seguente procedura:
a) individuare il valore limite di emissione relativo a ciascun combustibile ed a ciascun inquinante, corrispondente alla potenza termica nominale dell'impian-
to secondo quanto stabilito dalla parte II, sezioni da 1 a 6;
b) calcolare il valore limite di emissione per il combustibile determinante, inteso come il combustibile con il valore limite di emissione più elevato in base a
quanto stabilito dalla parte II, sezioni da 1 a 6, e inteso, in caso di combustibili aventi il medesimo valore limite, come il combustibile che fornisce la quantità
più elevata di calore. Tale valore limite si ottiene moltiplicando per due il valore limite di emissione del combustibile determinante, previsto dalla parte II,
sezioni da 1 a 6, e sottraendo il valore limite di emissione relativo al combustibile con il valore limite di emissione meno elevato;
c) determinare i valori limite di emissione ponderati per combustibile, moltiplicando il valore limite di emissione del combustibile calcolato in base alla lette-
ra b) per la quantità di calore fornita da ciascun combustibile determinante, moltiplicando ciascuno degli altri valori limite di emissione per la quantità di
calore fornita da ciascun combustibile e dividendo il risultato di ciascuna moltiplicazione per la somma delle potenze termiche fornite da tutti i combustibili;
d) addizionare i valori limite di emissione ponderati per combustibile.
3.4 In alternativa a quanto previsto al punto 3.3, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas, per gli impianti multicombustibili, ricompresi in una in-
stallazione che svolge attività di raffinazione, alimentati con i residui di distillazione e di conversione della raffinazione del petrolio greggio, da soli o con altri
combustibili, per i consumi propri dell'installazione, l'autorizzazione può applicare un valore limite medio di emissione di anidride solforosa pari a 1.000
mg/Nm3 per gli impianti anteriori al 2002 e pari a 600 mg/Nm3 per gli altri impianti anteriori al 2013.
I valori medi da confrontare con tali valori limite sono calcolati ad una temperatura di 273,15 K ed una pressione di 101,3 kPa, previa detrazione del tenore
di vapore acqueo degli effluenti gassosi, e ad un tenore standard di O2 pari al 6% per i combustibili solidi e al 3% per i combustibili liquidi e gassosi, come
rapporto ponderato tra la sommatoria delle masse di biossido di zolfo emesse e la sommatoria dei volumi di effluenti gassosi relativi agli impianti.
Tali valori limite medi sono rispettati se superiori alla media, calcolata su base mensile, delle emissioni di tutti i detti impianti, indipendentemente dalla mi-
scela di combustibili usata, qualora ciò non determini un aumento delle emissioni rispetto a quelle previste dalle autorizzazioni in atto.
3.5 Per gli impianti multicombustibili che comportano l'impiego alternativo di due o più combustibili, sono applicabili i valori limite di emissione di cui alla
parte II, sezioni da 1 a 6, corrispondenti a ciascuno dei combustibili utilizzati.
4. Monitoraggio e controllo delle emissioni
4.1 A partire dall'entrata in vigore del presente decreto, negli impianti di cui all'articolo 273, commi 3 e 4, di potenza termica nominale pari o superiore a
300MW e negli impianti di cui all'articolo 273, comma 2, di potenza termica nominale pari o superiore a 100MW le misurazioni delle concentrazioni di bios-
sido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell'effluente gassoso, sono effettuate in continuo. (2012)
4.2. In deroga al punto 4.1 le misurazioni continue non sono richieste nei seguenti casi:
a) per il biossido di zolfo e per le polveri degli impianti di combustione alimentati con gas naturale;
b) per il biossido di zolfo degli impianti di combustione alimentate a combustibile liquido con tenore di zolfo noto, in assenza di apparecchiature di desolfo-
razione. (2023)
4.3. In deroga al punto 4.1, l'autorità competente può non richiedere misurazioni continue nei seguenti casi:
a) per gli impianti di combustione con un ciclo di vita inferiore a 10.000 ore di funzionamento;
b) per il biossido di zolfo degli impianti di combustione alimentati con biomassa se il gestore può provare che le emissioni di biossido di zolfo non possono in
nessun caso superare i valori limite di emissione previsti dal presente decreto. (2024)
4.4. Nei casi previsti dai punti 4.2 e 4.3, l'autorità competente stabilisce, in sede di autorizzazione, l'obbligo di effettuare misurazioni discontinue degli inqui-
nanti per cui vi è la deroga almeno ogni sei mesi ovvero, in alternativa, individua opportune procedure di determinazione per valutare le concentrazioni del
biossido di zolfo e degli ossidi di azoto nelle emissioni. Tali procedure devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono dispo-
nibili, alle pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica. (2025)
4.5. Per gli impianti di combustione alimentati a carbone o lignite, le emissioni di mercurio totale devono essere misurate almeno una volta all'anno. (2026)
4.6 La modifiche relative al combustibile utilizzato e alle modalità di esercizio costituiscono modifica ai sensi dell'articolo 268, comma 1, lettera m). In tal
caso l'autorità competente valuta anche, in sede di autorizzazione, se rivedere le prescrizioni imposte ai sensi dei punti da 4.1 a 4.5. (2027)
4.7. L'autorità competente in sede di autorizzazione può stabilire che le misurazioni di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri nell'effluente gassoso siano
effettuate in continuo anche nei casi non previsti dai paragrafi precedenti.
4.8. Il controllo del livello di inquinanti nelle emissioni degli impianti di combustione e di tutti gli altri parametri stabiliti dal presente decreto deve essere

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realizzato in conformità alle prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, e alle prescrizioni dell'allegato VI.
4.9. Le autorità competenti stabiliscono, in sede di autorizzazione, le modalità e la periodicità secondo cui i gestori devono informare le stesse autorità circa i
risultati delle misurazioni continue, i risultati della verifica del funzionamento delle apparecchiature di misurazione, i risultati delle misurazioni discontinue,
nonché circa i risultati di tutte le altre misurazioni effettuate per valutare il rispetto delle pertinenti disposizioni del presente decreto.
4.10. Nel caso di impianti che devono rispondere ai gradi di desolforazione fissati nella parte II sezione 1, l'autorità competente, in sede di autorizzazione,
individua opportune procedure di determinazione per valutare le concentrazioni del biossido di zolfo nelle emissioni. Tali procedure devono essere conformi
alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO, ovvero alle norme nazionali o internazionali, che assicurino dati
equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica. L'autorità competente stabilisce inoltre, in sede di autorizzazione, l'obbligo di effettuare regolari controlli
del tenore di zolfo nel combustibile introdotto nell'impianto.
5. Conformità ai valori limite di emissione
5.1. In caso di misurazioni continue, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati
evidenzia che, nelle ore operative, durante un anno civile:
nessun valore medio mensile convalidato supera i pertinenti valori limite, e
nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti nuovi supera i pertinenti valori limite,
nessun valore medio giornaliero convalidato degli impianti anteriori al 2002 e anteriori al 2013 supera il 110 per cento dei pertinenti valori limite,
il 95 per cento di tutti i valori medi orari convalidati nell'arco dell'anno non supera il 200 per cento dei pertinenti valori limite. (2028)
5.2. Nel caso in cui l'autorità competente in sede di rilascio dell'autorizzazione, richieda soltanto misurazioni discontinue o altre opportune procedure di de-
terminazione, i valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 6, si considerano rispettati se i risultati di ogni serie di misurazioni o delle altre
procedure disciplinate nell'allegato VI non superano tali valori limite di emissione.
[5.3. I valori limite di emissione indicati nella parte II, sezioni da 1 a 5, lettere B, si considerano rispettati se la valutazione dei risultati evidenzia che, nelle ore
operative, durante un anno civile, nessun valore medio giornaliero valido supera i pertinenti valori limite di emissione ed il 95% di tutti i valori medi orari
convalidati nell'arco dell'anno non supera il 200% dei pertinenti valori limite di emissione. (2030) (2029)]
5.4. I valori medi convalidati di cui al punto 5.3. sono determinati in conformità alle prescrizioni contenute nella parte II, sezione 8, paragrafo 5.
6. Anomalie o guasti degli impianti di abbattimento
6.1. L'autorità competente può concedere sospensioni dell'applicazione dei valori limite di emissione di cui all'articolo 273 per il biossido di zolfo, per periodi
massimi di sei mesi, a favore degli impianti che, ai fini del rispetto di tali valori utilizzano un combustibile a basso tenore di zolfo e che, a causa di un'interru-
zione delle forniture dello stesso combustibile, derivante da una grave ed eccezionale difficoltà di reperimento sul mercato, non siano in grado di rispettare i
predetti valori limite.
6.2. L'autorità competente può concedere deroghe all'applicazione dei valori limite di emissione previsti dall'articolo 273, a favore degli impianti che nor-
malmente utilizzano soltanto combustibili gassosi e che sarebbero altrimenti soggetti all'obbligo di dotarsi di un dispositivo di depurazione degli effluenti
gassosi, nel caso in cui, a causa di una improvvisa interruzione della fornitura di gas, tali impianti debbano eccezionalmente ricorrere all'uso di altri combu-
stibili per un periodo non superiore a 10 giorni o, se esiste una assoluta necessità di continuare le forniture di energia, per un periodo più lungo.
6.3. L'autorità competente, se diversa dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, informa tempestivamente tale Ministero in merito
a tutte le sospensioni e le deroghe concesse per i periodi di anomalo funzionamento di cui ai punti 6.1. e 6.2. (2006)
6.4. In caso di guasti tali da non permettere il rispetto dei valori limite di emissione, il ripristino funzionale dell'impianto deve avvenire nel più breve tempo
possibile e comunque entro le successive 24 ore. In caso di mancato ripristino funzionale l'autorità competente può prescrivere la riduzione o la cessazione
dell'attività oppure l'utilizzo di combustibili a minor impatto ambientale rispetto a quelli autorizzati. Un impianto di combustione non può funzionare in as-
senza di impianti di abbattimento per un periodo complessivo che ecceda le centoventi ore nell'arco di qualsiasi periodo di dodici mesi consecutivi preso in
esame. L'autorizzazione prevede l'installazione di idonei sistemi di misurazione dei periodi di funzionamento degli impianti di abbattimento.
6.5. Nei casi in cui siano effettuate misurazioni continue il punto 6.4 si applica soltanto se da tali misurazioni risulti un superamento dei valori limite di emis-
sione previsti negli atti autorizzativi.
6.6. L'autorità competente può concedere deroghe al limite di ventiquattro ore ed al limite di centoventi ore, previsti dal punto 6.4, nei casi in cui sussista la
necessità assoluta di mantenere la fornitura energetica e nei casi in cui l'impianto sarebbe sostituito, per il periodo di tempo corrispondente alla durata della
deroga, da un impianto in grado di causare un aumento complessivo delle emissioni.
Parte II
Valori limite di emissione
Sezione 1 (2013)
Valori limite di emissione di SO2 - Combustibili solidi
A.
1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizza-
no combustibili solidi, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas:

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combu- Biomassa Torba
stibili solidi
50-100 400 200 300
100-300 250 200 300
> 300 200 200 200

2. In deroga al paragrafo 1, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di biossido di zolfo pari a 800 mg/Nm3 per gli impianti anteriori al
2002 che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di
cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e,
comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti sog-
getti alla deroga.

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B.
Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6%) che devono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combusti-
bili solidi ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combu- Biomassa Torba
stibili solidi
50-100 200 100 200
100-300 100 100 100
> 300 75 75 75

C.
1. Per gli impianti alimentati a combustibili solidi indigeni, se il gestore dimostra che i valori limite di emissione delle lettere A) e B) non possono essere ri-
spettati a causa delle caratteristiche del combustibile, l'autorizzazione può prevedere un grado minimo di desolforazione quantomeno pari ai seguenti valori,
intesi come valori limite medi mensili:

Potenza termica nominale totale (MW) Impianti anteriori al 2002 Impianti anteriori al 2013 Altri impianti
50-100 80% 92% 93%
100-300 90% 92% 93%
> 300 96%(*) 96% 97%
(*) per impianti alimentati a scisti bituminosi: 95%

2. Per gli impianti alimentati a combustibili solidi indigeni in cui sono coinceneriti anche rifiuti, se il gestore dimostra che non possono essere rispettati i valo-
ri limite Cprocesso per il biossido di zolfo di cui alla parte 4, punti 3.1 o 3.2, dell'Allegato I al Titolo I-bis della Parte Quarta del presente decreto, a causa delle
caratteristiche del combustibile, l'autorizzazione può prevedere, in alternativa, un grado minimo di desolforazione quantomeno pari ai valori del precedente
paragrafo. In tal caso, il valore Crifiuti di cui a tale parte 4, punto 1, è pari a 0 mg/Nm3.
3. Nei casi previsti dai paragrafi 1 e 2 il gestore, entro il 31 maggio di ogni anno, a partire dal 2017, é tenuto a presentare all'autorità competente e, comun-
que, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento che riporta il tenore di zolfo del combustibile solido indigeno usato e il
grado di desolforazione raggiunto come media mensile; la prima comunicazione indica anche la motivazione tecnica dell'impossibilità di rispettare i valori
limite di emissione oggetto di deroga.
Sezione 2 (2013)
Valori limite di emissione di SO2 - Combustibili liquidi
A.
1. Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizza-
no combustibili liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel:

Potenza termica nominale totale (MWth) valore limite di emissione di SO2 (mg/Nm3)
50-100 350
100-300 250
> 300 200

2. In deroga al paragrafo 1, per gli impianti anteriori al 2002, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di biossido di zolfo pari a 850
mg/Nm3 per gli impianti con potenza non superiore a 300 MW e pari a 400 mg/Nm3 per gli impianti con potenza superiore a 300 MW, che, negli anni suc-
cessivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque,
per più di 3.000 ore operative all'anno.. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.
B.
Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti nuovi, che utilizzano combusti-
bili liquidi ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel:

Potenza termica nominale totale (MWth) valore limite di emissione di SO2 (mg/Nm3)
50-100 350
100-300 200
> 300 150

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Sezione 3 (2013)
Valori limite di emissione di SO2- Combustibili gassosi
A.
Valori limite di emissione SO2 espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 3%) che devono essere applicati agli impianti alimentati a combustibile gas-
soso ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas:

Gas naturale ed altri gas 35


Gas liquido 5
Gas a basso potere calorifico originati da forni a coke 400
Gas a basso potere calorifico originati da altiforni 200

Per gli impianti di combustione anteriori al 2002 alimentati con gas a basso potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffinerie si applica
un limite pari a 800 mg/Nm3.
Sezione 4 (2021)
Valori limite di emissione di NOx (misurati come NO2) e di CO
A.
1. Valori limite di emissione di NOx espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che
devono essere applicati agli impianti anteriori al 2013 alimentati con combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei mo-
tori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combu- Biomassa e torba Combustibili liquidi
stibili solidi
50-100 300 (2000) 300 (2000) 450
100-300 200 (2000) 250 (2000) 200 (1998) (1999) (2000)
> 300 200 (2000) (2001) 200 (2000) (2001) 150 (1997) (1998) (1999) (2000)
(2001)

2. Le turbine a gas (comprese le turbine a gas a ciclo combinato - CCGT) di impianti che utilizzano distillati leggeri e medi come combustibili liquidi sono sog-
gette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 90 mg/Nm3 e di CO pari a 100 mg/Nm3.
3. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla
presente lettera A. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.
A-bis
1. Valori limite di emissione di NOx e di CO espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 15% per le turbine e motori a gas e 3% negli altri casi) che devo-
no essere applicati per gli impianti di combustione alimentati a combustibile gassoso anteriori al 2013:

Tipo impianto NOx CO


alimentato con gas naturale,* ad eccezione delle turbine a gas e dei 100 100
motori a gas
alimentato con gas di altoforno, gas da forno a coke o gas a basso 200 (300 per impianti anteriori al 2002 di -
potere calorifico originati dalla gassificazione dei residui delle raffi- potenza termica totale non superiore ai 500
nerie, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas MW)
alimentato con gas diversi da quelli specificamente previsti dalla 200 (300 per impianti anteriori al 2002 di -
presente tabella, ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas potenza termica totale non superiore ai 500
MW)
Turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale* 50 100
Turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate con gas diversi dal gas 120 -
naturale*
Motori a gas 100 100
* Il gas naturale è il metano presente in natura con non più del 20% in volume di inerti ed altri costituenti.

2. In deroga al paragrafo 1, sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx pari a 75 mg/Nm3 le turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas
naturale usate:
- in un sistema di produzione combinata di calore e di elettricità che abbia un grado di rendimento globale superiore al 75%;
- in impianti a ciclo combinato che abbiano un grado di rendimento elettrico globale medio annuo superiore al 55%;
- per trasmissioni meccaniche.

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Per le turbine a gas (comprese le CCGT) alimentate a gas naturale che non rientrano in una delle categorie di cui sopra e che hanno un grado di efficienza · ,
determinato alle condizioni ISO di carico base, superiore al 35%, il valore limite di emissione di NOx é pari a 50 x ·/35%.
3. In deroga ai paragrafi 1, 2 e 4, l'autorizzazione può prevedere, per le turbine a gas (comprese le CCGT) anteriori al 2002 che, negli anni successivi al rila-
scio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di
3.000 ore operative all'anno, un valore limite di emissione di NOx pari a 150 mg/Nm3 se le turbine sono alimentate a gas naturale e a 200 mg/Nm3 se le tur-
bine sono alimentate con altri gas o combustibili liquidi. Il gestore é tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comun-
que, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla
deroga.
4. Per le turbine a gas di potenza termica nominale maggiore o uguale a 300 MW ubicate nelle zone nelle quali i livelli di ossidi di azoto comportano il rischio
di superamento dei valori di qualità dell'aria previsti dalla vigente normativa, l'autorizzazione deve prevedere un valore limite di ossidi di azoto pari o inferio-
re a 40 mg/Nm3.
5. Le turbine a gas e i motori a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di e-
missione di cui alla presente lettera A-bis. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore ope-
rative annue utilizzate.
B.
1. Valori limite di emissione NOx espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi e gassosi) che de-
vono essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite e altri combu- Biomassa e torba Combustibili liquidi
stibili solidi
50-100 150 180 per biomasse solide e tor- 150
ba
200 per biomasse liquide
100-300 100 180 per biomasse solide e tor- 100
ba
200 per biomasse liquide
> 300 100 150 100

2. Le turbine a gas (comprese le CCGT) che utilizzano distillati leggeri e medi come combustibili liquidi sono soggette ad un valore limite di emissione di NOx
pari a 50 mg/Nm3 e di CO pari a 100 mg/Nm3.
3. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla
presente lettera B. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utilizzate.
B-bis
1. Valori limite di emissione di NOx e CO espressi in mg/Nm3 per impianti di combustione nuovi alimentati a combustibile gassoso (tenore di O2 di riferimen-
to: 15% per le turbine e motori a gas e 3% negli altri casi).

Tipo impianto NOx CO


diverso dalle turbine a gas e dei motori a 100 100
gas
Turbine a gas (comprese le CCGT) 30 * 100
Turbine a gas per Trasmissione meccanica 50 * 100
(comprese le CCGT)
Motori a gas 75 100
*Se il grado di efficienza · , determinato alle condizioni ISO di carico base, supera il 35%,
il valore limite di emissione di NOx è pari a 30 x ·/35%, o in caso di CCGT utilizzate per
trasmissioni meccaniche è pari a 50 x ·/35%.

2. Le turbine a gas per casi di emergenza che sono in funzione per meno di 500 ore operative annue non sono soggette ai valori limite di emissione di cui alla
presente lettera B-bis. Il gestore é tenuto a presentare ogni anno all'autorità competente un documento in cui sono registrate le ore operative annue utiliz-
zate.
Sezione 5 (2013)
Valori limite di emissione delle polveri
A.
1. Valori limite di emissione di polveri espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono
essere applicati agli impianti anteriori al 2013 che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Carbone e lignite ed altri com- Biomassa e torba Combustibili liquidi
bustibili solidi
50-100 30 30 30

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100-300 25 20 25
> 300 20 20 20

2. In deroga al paragrafo 1, l'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di polveri pari a 50 mg/Nm3 per gli impianti di combustione anterio-
ri al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW che utilizzano residui di distillazione e di conversione della raffinazione del pe-
trolio greggio ai fini del processo di raffinazione.
B.
1. Valori limite di emissione di polveri, espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi) che devono
essere applicati agli impianti nuovi che utilizzano combustibili solidi o liquidi, ad eccezione delle turbine a gas, dei motori a gas e dei motori diesel.

Potenza termica nominale totale (MWth) Biomassa e torba altri combustibili solidi o liquidi
50-300 18 per biomasse solide e torba 10 per bio- 20
masse liquide
> 300 18 per biomasse solide e torba 10 per bio- 10
masse liquide

2. Valori limite di emissione di polveri, espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento 3%) che devono essere applicati a tutti gli impianti che utilizzano
combustibili gassosi ad eccezione delle turbine a gas e dei motori a gas.

Gas diversi da quelli indicati nella presente tabella 5


Gas di altiforni 10
Gas prodotti dall'industria siderurgica che possono essere usati in stabilimenti 30
diversi da quello di produzione

Sezione 6 (2014)
Valori limite di emissione per alcuni metalli e loro composti (2002)
Valori limite di emissione di metalli e loro composti espressi in mg/Nm3 (tenore di O2 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liqui-
di) che devono essere applicati a tutti i grandi impianti di combustione.
Impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW e inferiore o pari a 100MW

Inquinante Valore limite di emissione (mg/Nm3)


Be 0.08
Cd + Hg + TI 0.20
As + Cr (VI) + Co + Ni (frazione respirabile ed insolubile) 0.80
Se + Te + Ni (sotto forma di polvere) 1.60
Sb +Cr (III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu + Rh + Sn + V 8.00

Impianti di potenza termica nominale superiore a 100MW

Inquinante Valore limite di emissione (mg/Nm3)


Be 0.05
Cd + Hg + TI 0.10
As + Cr (VI) + Co + Ni (frazione respirabile ed insolubile) 0.50
Se + Te + Ni (sotto forma di polvere) 100
Sb +Cr (III) + Mn + Pd + Pb + Pt + Cu + Rh + Sn + V 5.00

Sezione 7 (2015)
Valori limite di emissione di alcuni inquinanti espressi in mg/Nm3 (tenore di 02 di riferimento: 6% per i combustibili solidi, 3% per i combustibili liquidi).

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1. Impianti di potenza termica nominale pari o superiore a 50MW

Inquinante Valore limite di emissione (mg/Nm3)


CO 250 (2003)
sostanze organiche volatili, espresse come carbonio totale 300 mg/m3
cloro 5 mg/m3
idrogeno solforato 5 mg/m3
bromo e suoi composti espressi come acido bromidrico 5 mg/m3
fluoro e suoi composti espressi come acido fluoridrico 5 mg/m3
ammoniaca e composti a base di cloro espressi come acido clori- 100 mg/m3
drico:

2. I valori di emissione per le sostanze cancerogene tossiche per la riproduzione e mutagene e quelle di tossicità e cumulabilità particolarmente elevate sono
quelli riportati nell'allegato I, parte II, punti 1.1 e 1.2.
3. Fatto salvo quanto previsto nella sezione 6, i valori di emissione per le sostanze inorganiche che si presentano prevalentemente sotto forma di polvere,
riportate nell'allegato I, parte II, sono i seguenti:

sostanze appartenenti alla classe I 0,2 mg/m3


sostanze appartenenti alla classe II 2 mg/m3
sostanze appartenenti alla classe III 10 mg/m3

4. I valori di emissione di cui ai punti 1, 2 e 3 costituiscono valori di emissione minimi e massimi coincidenti.
Sezione 8
Misurazione e valutazione delle emissioni
1. Le misurazioni in continuo di cui alla parte I, paragrafo 4, devono essere effettuate contestualmente alla misurazione in continuo dei seguenti parametri di
processo: tenore di ossigeno, temperatura, pressione e tenore di vapore acqueo. La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo dell'effluente gas-
soso può non essere effettuata qualora l'effluente gassoso prelevato sia essiccato prima dell'analisi delle emissioni.
2. Il campionamento e l'analisi dei pertinenti inquinanti e dei parametri di processo e i metodi di misurazione di riferimento per calibrare i sistemi di misura
automatici devono essere conformi alle pertinenti norme CEN o, laddove queste non sono disponibili, alle pertinenti norme ISO ovvero alle norme nazionali
o internazionali che assicurino dati equivalenti sotto il profilo della qualità scientifica.
3. I sistemi di misurazione continua sono soggetti a verifica mediante misurazioni parallele secondo i metodi di riferimento, almeno una volta all'anno. I ge-
stori informano l'autorità competente dei risultati di tale verifica. (2016)
4. I valori degli intervalli di fiducia al 95% di un singolo risultato di misurazione non possono superare le seguenti percentuali dei valori limite di emissione:

Biossido di zolfo 20%


Ossidi di azoto 20%
Polveri 30%
Monossido di carbonio 10% (2017)

5. I valori medi orari e giornalieri convalidati sono determinati in base ai valori medi orari validi misurati previa detrazione del valore dell'intervallo di fiducia
di cui al punto 4. Qualsiasi giorno nel quale più di 3 valori medi orari non sono validi, a causa di malfunzionamento o manutenzione del sistema di misure in
continuo, non è considerato valido. Se in un anno più di dieci giorni non sono considerati validi per tali ragioni, l'autorità competente per il controllo prescri-
ve al gestore di assumere adeguati provvedimenti per migliorare l'affidabilità del sistema di controllo in continuo.
6. In caso di impianti a cui si applicano i gradi di desolforazione di cui alla sezione 1, lettera C, l'autorizzazione prescrive le modalità atte ad assicurare anche
un controllo periodico del tenore di zolfo del combustibile utilizzato. Le modifiche relative al combustibile utilizzato costituiscono modifica ai sensi dell'arti-
colo 268, comma 1, lettera m). (2018)
Parte III
Modello di trasmissione informazioni a cura del gestore dell'impianto (2019)
A

Anno di riferimento: Data:


Ragione sociale:
Sede legale
Comune: Via/Piazza:
Provincia:

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Sede impianto
Comune: Via/Piazza:
Provincia:
Referente per quanto comunicato
Nome: Cognome:
N. telefono: N. fax
Indirizzo posta elettronica: Indirizzo posta ordinaria (se diverso da
sede impianto):
B (2004)
Data messa in esercizio impianto:
Data rilascio dell' autorizzazione:
Autorità che ha rilasciato l'autorizzazione :
Potenza termica nominale:
Ore operative
per l'anno di riferimento:
Tipologia impianto: Raffineria
Turbina a gas
Caldaia
Motore diesel
Motore a gas
Altro (specificare)
Tecniche di abbattimento delle emissioni in Sistemi di assorbimento (torri a riempimento, colonna a piatti)
atmosfera
Sistemi di assorbimento
Sistemi per la conversione termica
Sistemi per la conversione catalitica
Sistemi meccanici centrifughi (ciclone, multiciclone)
Sistemi ad umido (torri di lavaggio)
Sistemi elettrostatici
Sistemi a tessuto (filtri a manica)
Combustibili utilizzati
Combustibile Quantità utilizzata Apporto di energia (2005)
Biomasse t/anno: TJ / anno:
Carbone t/anno TJ / anno:
Lignite t/anno TJ / anno:
Torba t/anno TJ / anno:
Altri combustibili solidi (specificare) t/anno: TJ / anno:
Combustibili liquidi t/anno: TJ / anno:
Gas naturale Sm3/anno: TJ / anno:
Gas diversi dal gas naturale (specificare) Sm3/anno: TJ / anno:
Emissioni in atmosfera
SO2: t/anno:
NOx (espressi come NO2): t/anno:
Polveri: t/anno:
[13] Esclusivamente per i gestori degli impianti costruiti o autorizzati dopo il 1° luglio 1988.

Parte IV
Determinazione delle emissioni totali di biossido di zolfo, ossidi di azoto e polveri per la elaborazione della relazione alla Commissione europea.
1. Il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare elabora la relazione di cui all'articolo 274, comma 1, sulla base dei dati sulle emissioni
totali annue di biossido di zolfo e ossidi d'azoto, trasmessi dai gestori ai sensi dell'articolo 274, comma 4. Qualora si usi il controllo continuo, il gestore
dell'impianto di combustione addiziona separatamente, per ogni inquinante, la massa di inquinante emesso quotidianamente, sulla base delle portate volu-
metriche degli effluenti gassosi. Qualora non si usi il controllo continuo, le stime delle emissioni annue totali sono determinate dal gestore sulla base delle
disposizioni di cui alla parte I, paragrafo 4, secondo quanto stabilito dalle autorità competenti in sede di rilascio delle autorizzazioni. Ai fini della trasmissione
dei dati previsti dall'articolo 274, le emissioni annue e le concentrazioni delle sostanze inquinanti negli effluenti gassosi sono determinate nel rispetto di
quanto stabilito dalle disposizioni della parte I, paragrafi 4 e 5. (2006)
Parte V (2020)
[Massimali e obiettivi di riduzione i emissioni di SO2 e NOx per gli impianti esistenti

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SO2 NOx
Emissioni per i grandi impianti di combustione nel 1980 (Kton) 2450 580
Massimale di emissione (Kton/anno)
1993 1715 570
1998 1500 406
2003 900 -
% di riduzione delle emissioni
1993 -30 -2
1998 -39 -30
2003 -63 -]

(1997) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 400 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti anteriori al 2002
con una potenza termica nominale totale superiore a 500 MW, alimentati a combustibile liquido, che, negli anni successivi al rilascio, non saranno in funzio-
ne per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più di 3.000 ore operative all'anno.
Il gestore è tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.
(1998) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti di combustione
anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW che utilizzano residui di distillazione e di conversione della raffinazione
del petrolio greggio ai fini del processo di raffinazione.
(1999) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti di combustione
anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW, situati all'interno di installazioni chimiche, alimentati con residui liquidi
di produzione di cui non è ammesso il commercio utilizzati ai fini del processo di produzione.
(2000) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti di combustione
anteriori al 2002 con una potenza termica nominale totale non superiore a 500 MW, alimentati a combustibile solido o liquido, che, negli anni successivi al
rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comunque, per più
di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore è tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Ministero dell'am-
biente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.
(2001) L'autorizzazione può prevedere un valore limite di emissione di NOx pari a 450 mg/Nm<enfasi graph="esp">3</enfasi> per impianti di combustione
autorizzati prima del 1° luglio 1987, anche se con una potenza termica nominale totale superiore a 500 MW, alimentati a combustibile solido, che, negli anni
successivi al rilascio, non saranno in funzione per più di 1.500 ore operative annue calcolate come media mobile su ciascun periodo di cinque anni e, comun-
que, per più di 3.000 ore operative all'anno. Il gestore è tenuto a presentare, entro il 31 maggio di ogni anno, all'autorità competente e, comunque, al Mini-
stero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un documento in cui sono registrate le ore operative annue degli impianti soggetti alla deroga.
(2002) I valori limite di emissione della presente sezione non si applicano agli impianti che utilizzano esclusivamente combustibili gassosi oppure biomasse.
(2003) L'autorità competente può fissare, per particolari situazioni impiantistiche, un valore limite di emissione maggiore del valore di emissione sopra indi-
cato. Restano in ogni caso fermi i valori limite di CO indicati nella sezione 4, lettere A-bis e B-bis.
(2004) I dati da riportare sono quelli riferiti ad un singolo punto di emissione.
(2005) Calcolato come il prodotto tra la quantità di combustibile utilizzato e il potere calorifico netto del combustibile stesso.
(2006) A norma dell'art. 4, comma 2, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, nel presente provvedimento le parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territo-
rio» sono state sostituite dalle parole «Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare».
(2007) Lettera così modificata dall'art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2008) Il punto 1-bis è stato inserito dall'art. 28, comma 2, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2009) Il punto 2.1 è stato così modificato dall'art. 28, commi 1 e 3, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2010) Il punto 2.3 è stato così modificato dall'art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2011) Il punto 3 è stato così sostituito dall'art. 28, comma 4, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2012) Per la modifica e la sostituzione del presente punto 4.1 vedi l'art. 28, commi 5 e 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2013) Sezione così sostituita dall'art. 28, comma 7, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2014) La nota (10) della presente sezione è stata così modificata dall'art. 28, comma 8, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2015) La presente sezione e la relativa nota (11) sono state così modificate dall'art. 28, comma 9, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2016) Il punto 3 è stato così sostituito dall'art. 28, comma 10, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2017) Il punto 4 è stato così modificato dall'art. 28, comma 11, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2018) Il punto 6 è stato aggiunto dall'art. 28, comma 12, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2019) Modello così sostituito dall'art. 28, comma 13, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2020) Parte soppressa dall'art. 28, comma 14, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2021) Sezione sostituita dall'art. 28, comma 7, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificata dall'art. 11, comma 12-ter, D.L. 24 giugno
2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 116.
(2022) Il punto 3.1 e stato così modificato dall'art. 18, comma 1, lett. aa), n. 1), L. 20 novembre 2017, n. 167.
(2023) Il punto 4.2 è stato così sostituito dall'art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2024) Il punto 4.3 è stato così sostituito dall'art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2025) Il punto 4.4 è stato sostituito dall'art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così modificato dall'art. 18, comma 1, lett. aa), n.
2), L. 20 novembre 2017, n. 167.
(2026) Il punto 4.5 è stato così sostituito dall'art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2027) Il punto 4.6 è stato così sostituito dall'art. 28, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2028) Il punto 5.1 è stato modificato dall'art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 e, successivamente, così sostituito dall'art. 18, comma 1, lett. aa), n.

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3), L. 20 novembre 2017, n. 167.


(2029) Il punto 5.3 è stato soppresso dall'art. 18, comma 1, lett. aa), n. 4), L. 20 novembre 2017, n. 167.
(2030) Il punto 5.3 è stato così modificato dall'art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2031) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall'art.
3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato III - Emissioni di composti organici volatili
In vigore dal 12 dicembre 2017

Parte I
Disposizioni generali
1. Definizioni
1.1. Ai fini del presente allegato si intende per:
a) adesivo: qualsiasi miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato per
far aderire parti separate di un prodotto; (2032)
b) inchiostro: una miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti i solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato in
un'attività di stampa per imprimere testi o immagini su una superficie; (2032)
c) input: la quantità di solventi organici e la loro quantità nelle miscele utilizzati nello svolgimento di un'attività; sono inclusi i solventi recuperati all'interno e
all'esterno del luogo in cui l'attività è svolta, i quali devono essere registrati tutte le volte in cui sono riutilizzati per svolgere l'attività; (2034)
d) miscela: le miscele o le soluzioni composte di due o più sostanze; (2033)
e) rivestimento: ogni miscela, compresi tutti i solventi organici o le miscele contenenti solventi organici necessari per una sua corretta applicazione, usato
per ottenere su una superficie un effetto decorativo, protettivo o funzionale; (2032)
f) soglia di produzione: la quantità espressa in numero di pezzi prodotti/anno di cui all'appendice 1 della parte III, riferita alla potenzialità di prodotto per cui
le attività sono progettate;
g) solvente organico alogenato: un solvente organico che contiene almeno un atomo di bromo, cloro, fluoro o iodio per molecola;
h) vernice: un rivestimento trasparente.
2. Emissioni di sostanze caratterizzate da particolari rischi per la salute e l'ambiente
2.1. Le sostanze e le miscele alle quali, a causa del loro tenore di COV classificati dal regolamento 1272/2008 come cancerogeni, mutageni o tossici per la
riproduzione, sono state assegnate o sulle quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H340, H350, H350i, H360D o H360F sono sostituite quanto
prima con sostanze e miscele meno nocive, tenendo conto delle linee guida della Commissione europea, ove emanate. (2041)
2.2. Agli effluenti gassosi che emettono i COV di cui al punto 2.1 in una quantità complessivamente uguale o superiore a 10 g/h, si applica un valore limite di
2 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli COV. (2042)
2.3. Agli effluenti gassosi che emettono COV ai quali sono state assegnate o sui quali devono essere apposte le indicazioni di pericolo H341 o H351 in una
quantità complessivamente uguale o superiore a 100 g/h, si applica un valore limite di emissione di 20 mg/Nm3, riferito alla somma delle masse dei singoli
COV. (2044) (2048)
2.4. Al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente, le emissioni dei COV di cui ai punti 2.1 e 2.3 devono essere sempre convogliate.
2.5. Alle emissioni di COV ai quali, successivamente al 12 marzo 2004, sono assegnate etichette con una delle indicazioni di pericolo di cui ai punti 2.1 e 2.3,
si applicano, quanto prima, e comunque entro un anno dall'entrata in vigore del provvedimento di attuazione delle relative disposizioni comunitarie, i valori
limite di emissione previsti da tali punti. Se il provvedimento di attuazione è anteriore al 31 ottobre 2006 tali valori limite, nei casi previsti dall'articolo 275,
commi 8 e 9, si applicano a partire dal 31 ottobre 2007. (2043)
3. Controlli
3.1. Il gestore, in conformità alle prescrizioni dell'autorizzazione e, comunque almeno una volta all'anno, fornisce all'autorità competente i dati di cui al pun-
to 4.1 e tutti gli altri dati che consentano di verificare la conformità dell'impianto o delle attività alle prescrizioni del presente decreto.
3.2. Il gestore installa apparecchiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano
un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, superiore a 10 kg/h, al fine di verificarne la conformità ai valori limite per le emissioni
convogliate. Se tale flusso di massa è inferiore, il gestore effettua misurazioni continue o periodiche, e, nel caso di misurazioni periodiche, assicura almeno
tre letture durante ogni misurazione; anche in tal caso l'autorità competente può comunque, ove lo ritenga necessario, richiedere l'installazione di apparec-
chiature per la misura e per la registrazione in continuo delle emissioni,
3.3. Per la verifica dei valori limite espressi come concentrazione sono utilizzati i metodi analitici indicati nella parte VI.
3.4. In caso di emissioni che, a valle dei dispositivi di abbattimento, presentano un flusso di massa di COV, espressi come carbonio organico totale, non supe-
riore a 10 kg/h, l'autorità competente può consentire l'installazione di strumenti per la misura e per la registrazione in continuo di parametri significativi ed
indicativi del corretto stato di funzionamento dei dispositivi di abbattimento. (2050)
4. Conformità ai valori limite di emissione
4.1. Il gestore dimostra all'autorità competente, ai sensi del punto 3.1, la conformità delle emissioni:
a) ai valori limite di emissione di cui all'articolo 275, comma 2;
b) all'emissione totale annua di cui all'articolo 275, comma 6;
c) alle disposizioni di cui all'articolo 275, comma 12 e 13, ove applicabili.
4.2. Ai fini dell'applicazione del punto 4.1, il gestore effettua, secondo le prescrizioni dell'autorizzazione e secondo i punti 3.2, 3.3. e 3.4, misurazioni di COV
continue o periodiche nelle emissioni convogliate ed elabora e aggiorna, con la periodicità prevista dall'autorizzazione, e comunque almeno una volta all'an-
no, un piano di gestione dei solventi, secondo le indicazioni contenute nella parte V.
4.3. La conformità delle emissioni ai valori limite del paragrafo 2 è verificata sulla base della somma delle concentrazioni di massa dei singoli COV interessati.
In tutti gli altri casi, la conformità delle emissioni ai valori limite di cui all'articolo 275, comma 2, ove non altrimenti previsto nella parte III, è verificata sulla
base della massa totale di carbonio organico emesso.
4.3-bis. Nel determinare la concentrazione di massa dell'inquinante nell'effluente gassoso non sono presi in considerazione i volumi di gas che possono esse-
re aggiunti, ove tecnicamente giustificato, per scopi di raffreddamento o di diluizione. (2045)

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5. Comunicazioni alla Commissione europea. (2049)


5.1 La comunicazione alla Commissione europea prevista dall'art. 29-terdecies, comma 1, e dai relativi decreti di attuazione prevede le seguenti informazioni
inerenti agli stabilimenti disciplinati dall'art. 275:
lista degli stabilimenti per i quali sono state applicate le prescrizioni alternative di cui all'allegato III, parte IV, alla parte quinta del decreto legislativo n.
152/2006 (emissioni totali equivalenti a quelle conseguibili applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa, definite
emissioni bersaglio), corredata delle seguenti informazioni:
nome del gestore,
indirizzo dello stabilimento,
attività svolta (secondo l'allegato III, parte II, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006),
autorizzazione che ha applicato l'emissione bersaglio e autorità che ha rilasciato l'autorizzazione,
descrizione del processo di conseguimento delle emissioni bersaglio che é stato autorizzato e dei risultati ottenuti, negli anni di riferimento, in termini di
ottenimento di una riduzione delle emissioni equivalente a quella conseguibile applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissio-
ne diffusa.
lista degli stabilimenti per i quali sono state concesse le deroghe previste dall'art. 275, comma 12 e comma 13, corredata delle seguenti informazioni:
nome del gestore,
indirizzo dello stabilimento,
attività svolta (secondo l'allegato III, parte II, alla parte quinta del decreto legislativo n. 152/2006),
tipo di deroga concessa (comma 12 o comma 13),
autorizzazione che ha concesso la deroga e autorità che ha rilasciato l'autorizzazione,
motivazioni della concessione della deroga.
Parte II
Attività e soglie di consumo di solvente
1. Rivestimento adesivo con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno
Qualsiasi attività in cui un adesivo è applicato ad una superficie, ad eccezione dei rivestimenti e dei laminati adesivi nelle attività di stampa.
2. Attività di rivestimento
Qualsiasi attività in cui un film continuo di un rivestimento è applicato in una sola volta o in più volte su:
a) autoveicoli, con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno appartenenti alle categorie definite nel decreto ministeriale 29 marzo
1974, e precisamente:
- autovetture nuove definite come autoveicoli della categoria MI e della categoria NI, nella misura in cui sono trattati nello stesso impianto con gli autoveico-
li MI;
- cabine di autocarri, definite come la cabina per il guidatore e tutto l'alloggiamento integrato per l'apparecchiatura tecnica degli autoveicoli delle categorie
N2 e N3;
- furgoni e autocarri, definiti come autoveicoli delle categorie NI, N2 e N3, escluse le cabine di autocarri;
- autobus, definiti come autoveicoli delle categorie M2 e M3.
b) rimorchi, con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno, come definiti nelle categorie 01, 02, 03 e 04 nel decreto del Ministro dei
trasporti 29 marzo 1974;
c) superfici metalliche e di plastica (comprese le superfici di aeroplani, navi, treni), con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;
d) superfici di legno, con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno;
e) superfici tessili, di tessuto, di film e di carta, con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno;
f) cuoio, con una soglia di consumo di solvente superiore a 10 tonnellate/anno.
Non è compreso il rivestimento metallico di substrati mediante tecniche di elettroforesi e di spruzzatura chimica. Le fasi di stampa di un substrato inserite in
una attività di rivestimento si considerano, indipendentemente dalla tecnica utilizzata, come parte dell'attività di rivestimento. Le attività di stampa a sé
stanti rientrano nel paragrafo 8, nel caso in cui superino le soglie ivi indicate.
3. Verniciatura in continuo di metalli (coil coating) con una soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno
Qualsiasi attività per rivestire acciaio in bobine, acciaio inossidabile, acciaio rivestito, leghe di rame o nastro di alluminio con rivestimento filmogeno o rive-
stimento con lamine in un processo in continuo.
4. Pulitura a secco
Qualsiasi attività industriale o commerciale che utilizza COV in un impianto di pulitura di indumenti, di elementi di arredamento e di prodotti di consumo
analoghi, ad eccezione della rimozione manuale di macchie e di chiazze nell'industria tessile e dell'abbigliamento.
5. Fabbricazione di calzature con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno
Qualsiasi attività di produzione di calzature, o di parti di esse.
6. Fabbricazione di miscele per rivestimenti, vernici, inchiostri e adesivi con una soglia di consumo di solvente superiore a 100 tonnellate/anno. (2035)
La fabbricazione dei prodotti finali sopra indicati e di quelli intermedi se effettuata nello stesso luogo, mediante miscela di pigmenti, di resine e di materiali
adesivi con solventi organici o altre basi, comprese attività di dispersione e di dispersione preliminare, di correzione di viscosità e di tinta, nonché operazioni
di riempimento del contenitore con il prodotto finale.
7. Fabbricazione di prodotti farmaceutici con una soglia di consumo di solvente superiore a 50 tonnellate/anno.
Sintesi chimica, fermentazione, estrazione, formulazione e finitura di prodotti farmaceutici e, se effettuata nello stesso luogo, la fabbricazione di prodotti
intermedi.
8. Stampa
Qualsiasi attività di riproduzione di testi o di immagini nella quale, mediante un supporto dell'immagine, l'inchiostro è trasferito su qualsiasi tipo di superfi-
cie, incluse le tecniche correlate di verniciatura, di rivestimento e di laminazione, limitatamente ai seguenti processi, purché il consumo di solvente sia supe-
riore alle soglie indicate:
a) flessografia intesa come un'attività di stampa rilievografica, con un supporto dell'immagine di gomma o di fotopolimeri elastici, in cui la zona stampante si
trova al di sopra della zona non stampante, che impiega inchiostri a bassa viscosità che seccano mediante evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15
tonnellate/anno.

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b) Offset intesa come un'attività di stampa con sistema a bobina con un supporto dell'immagine in cui la zona stampante e quella non stampante sono sullo
stesso piano. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il materiale da stampare non è immesso
nella macchina in lamine separate, ma attraverso una bobina. La zona non stampante è trattata in modo da attirare acqua e, quindi, respingere inchiostro. La
zona stampante è trattata per assorbire e per trasmettere inchiostro sulla superficie da stampare. L'evaporazione avviene in un forno dove si utilizza aria
calda per riscaldare il materiale stampato.
c) Laminazione associata all'attività di stampa intesa come un'attività in cui si opera l'adesione di due o più materiali flessibili per produrre laminati. Soglia di
consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.
d) Rotocalcografia per pubblicazioni intesa come rotocalcografia per stampare carta destinata a riviste, a opuscoli, a cataloghi o a prodotti simili, usando in-
chiostri a base di toluene. Soglia di consumo di solvente: >25 tonnellate/anno.
e) Rotocalcografia intesa come un'attività di stampa incavografica nella quale il supporto dell'immagine è un cilindro in cui la zona stampante si trova al di
sotto della zona non stampante e vengono usati inchiostri liquidi che asciugano mediante evaporazione. Le cellette sono riempite con inchiostro e l'eccesso
è rimosso dalla zona non stampante prima che la zona stampante venga a contatto del cilindro ed assorba l'inchiostro dalle cellette. Soglia di consumo di
solvente: > 15 tonnellate/anno.
f) Offset dal rotolo intesa come un'attività di stampa con sistema a bobina, nella quale l'inchiostro è trasferito sulla superficie da stampare facendolo passare
attraverso un supporto dell'immagine poroso in cui la zona stampante è aperta e quella non stampante è isolata ermeticamente, usando inchiostri liquidi
che seccano soltanto mediante evaporazione. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno. Per sistema a bobina si intende un sistema in cui il mate-
riale da stampare non è immesso nella macchina in lamine separate, ma attraverso una bobina.
g) Laccatura intesa come un'attività di applicazione di una vernice o di un rivestimento adesivo ad un materiale flessibile in vista della successiva sigillatura
del materiale di imballaggio. Soglia di consumo di solvente: >15 tonnellate/anno.
9. Conversione di gomma con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno
Qualsiasi attività di miscela, di macinazione, di dosaggio, di calandratura, di estrusione e di vulcanizzazione di gomma naturale o sintetica e ogni operazione
ausiliaria per trasformare gomma naturale o sintetica in un prodotto finito.
10. Pulizia di superficie, con una soglia di consumo di solvente superiore a 1 tonnellata/anno nel caso si utilizzino i COV di cui al paragrafo 2 della parte I del
presente allegato e superiore a 2 tonnellate/anno negli altri casi.
Qualsiasi attività, a parte la pulitura a secco, che utilizza solventi organici per eliminare la contaminazione dalla superficie di materiali, compresa la sgrassa-
tura, anche effettuata in più fasi anteriori o successive ad altre fasi di lavorazione. È incussa la pulizia della superficie dei prodotti. È esclusa la pulizia dell'at-
trezzatura.
11. Estrazione di olio vegetale e grasso animale e attività di raffinazione di olio vegetale con una soglia di consumo di solvente superiore a 10 tonnella-
te/anno
Qualsiasi attività di estrazione di olio vegetale da semi e da altre sostanze vegetali, la lavorazione di residui secchi per la produzione di mangimi, la depura-
zione di grassi e di olii vegetali ricavati da semi, da sostanze vegetali o da sostanze animali.
12. Finitura di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente superiore a 0,5 tonnellate/anno Qualsiasi attività industriale o commerciale di rivestimento
nonché attività associata di sgrassatura riguardante:
a) il rivestimento di autoveicoli, come definiti nel decreto ministeriale 29 marzo 1974, o parti di essi, eseguito a fini di riparazione, di manutenzione o di de-
corazione al di fuori degli stabilimenti di produzione;
b) il rivestimento originale di autoveicoli come definiti nel decreto del Ministro dei trasporti 29 marzo 1974, o parti di essi, con rivestimenti del tipo usato per
la finitura se il trattamento è eseguito al di fuori della linea originale di produzione;
c) il rivestimento di rimorchi, compresi i semirimorchi (categoria 0).
13. Rivestimento di filo per avvolgimento con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno Qualsiasi attività di rivestimento di conduttori
metallici usati per avvolgimenti di trasformatori, di motori, e altre apparecchiature simili.
14. Impregnazione del legno con una soglia di consumo di solvente superiore a 25 tonnellate/anno
Qualsiasi attività di applicazione al legno di antisettici.
15. Stratificazione di legno e plastica con una soglia di consumo di solvente superiore a 5 tonnellate/anno
Qualsiasi attività in cui si opera l'adesione di legno con legno, di plastica con plastica o di legno con plastica, per produrre laminati.
Parte III
Valori limite di emissione
Tabella 1

Attività (soglie di Soglie di consumo Valori limite per le Valori limite per le Valori limite di emissione totale Disposizioni speciali
consumo di sol- di solvente emissioni convo- emissioni diffuse
vente in tonnella- (tonn/anno) gliate (mgC/Nm3) (% di input di sol-
te/anno) vente)
≤25 100 30[1] L'eventuale valore limite di emissione [1] Il residuo di solvente nel prodotto
totale si finito non va
1 Stampa offset >25 20 30[1] determina secondo la procedura indicata considerato parte delle emissioni diffuse
(>15) nella parte IV
Rotocalcografia L'eventuale valore limite di emissione Per le attività di cui all'articolo 275,
per commi
2 pubblicazioni (>25) 75 10[1] totale si determina secondo la procedura 8 e 9 si applica un valore limite di emis-
indicata nella parte IV sione diffusa pari al 15% di input di sol-
vente
Altri tipi di rotocal- ≤25 100 25 L'eventuale valore limite di emissione
cografia, totale si determina secondo la
3.1 flessografia, offset >25 100 20 procedura indicata nella parte IV
dal rotolo, unità di
laminazione o lac-

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catura (>15)
offset dal rotolo su L'eventuale valore limite di emissione
3.2 tessili/cartone 100 20 totale si determina secondo la procedura
(>30) indicata nella parte IV
L'eventuale valore limite di [1] Qualora siano utilizzati i
Pulizia di superficie ≤5 20[2] 15 emissione totale si determina secondo la composti specificati alla parte 1, punti
2.1 e 2.3.
4 [1]. (>1) >5 20[2] 10 procedura indicata nella parte IV [2] Il limite si riferisce alla massa di com-
posti in mg/Nm3, e non al carbonio tota-
le
L'eventuale valore limite di emissione [1] I gestori che dimostrano all'autorità
totale si competente
5 Altri tipi di pulizia ≤10 75[1] 20[1] determina secondo la procedura indicata che il tenore medio di solvente organico
di nella di tutti i
superficie (>2) >10 75[1] 15[1] parte IV materiali da pulizia usati non supera il
30% in peso sono esonerati dall'applicare
questi valori
Rivestimento di L'eventuale valore limite di emissione [1] Per tale attività la conformità al valo-
totale si re limite
6.1 autoveicoli (>0,5) ≤15 50[1] 25 determina secondo la procedura indicata nel caso di misurazioni continue essere
nella parte IV dimostrata sulla base delle medie di 15
minuti
Rivestimento di
6.2 autoveicoli (>15) >15 vedi appendice 1
Finitura di L'eventuale valore limite di [1] Per tale attività, la
6.3 autoveicoli (>0,5) 50[1] 25 emissione totale si determina secondo la conformità al valore limite nel caso di
procedura indicata nella parte IV misurazioni continue deve essere dimo-
strata sulla base delle medie di 15 minu-
ti.
[1] Per gli impianti cheusano tecniche
che consentono di riutilizzare i solventi
recuperati, il limite di emissione è
150mgC/Nm3
7 Verniciatura in 50[1] 5[2] L'eventuale valore limite di emissione [2] Per le attività di cui all'articolo 275,
continuo (coil coa- totale si determina secondo la procedura commi 8 e 9 si applica un valore limite di
ting) (>25) indicata nella parte IV emissione diffusa pari al 10% di input di
solvente
Altri rivestimenti, L'eventuale valore limite di emissione [1] Il valore limite di emissione concerne
compreso il totale si determina secondo la l'applicazione del
8 rivestimento di ≤15 100 [1] [4] 25[4] procedura indicata nella parte IV rivestimento e i processi di essicazione
metalli, plastica, con emissioni convogliate.
tessili [5], tessuti, >15 50/75 [2] [3] [4] 20 [4] [2] Il primo valore limite di emissione
film e carta (>5) concerne i processi di essicazione, il se-
condo i processi di applicazione del rive-
stimento.
[3] Per gli impianti di rivestimento di tes-
sili che applicano tecniche che consento-
no di riutilizzare i solventi recuperati, il
limite di emissione applicato ai processi
di applicazione del rivestimento e di es-
siccazione considerati insieme è di 150.
[4] Le attività di rivestimento le cui emis-
sioni di COV non possono essere convo-
gliate (come la costruzione di navi, la
verniciatura di aerei) possono essere
esonerate da questi valori, alle condizio-
ni di cui all'articolo 275 comma 13.
[5] L'offset dal rotolo su tessili ricade nel
punto 3.2
[1] Si applica agli impianti dove il diame-
tro medio del
9 Rivestimento di 10 g/kg [1] filo è ≤0,1 mm.
filo per
avvolgimento (>5) 5 g/kg [2] [2] Si applica a tutti gli altri impianti.
Rivestimento delle L'eventuale valore limite di emissione [1] Il limite di emissione si applica ai pro-
totale si cessi di

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10 superfici di legno ≤25 100 [1] 25 determina secondo la procedura indicata applicazione di rivestimento ed essicca-
(>15) nella parte IV zione aventi emissioni convogliate.
>25 50 75 [2] 20 [2] Il primo valore concerne i processi di
essiccazione e il secondo quelli di appli-
cazione del rivestimento.
[1] Espressa in massa di
11 Pulitura a secco 20 g/kg [1] [2] solvente emesso per chilogrammo di
prodotto pulito e asciugato.
[2] Il limite di emissione di cui alla parte
I, punto 2.3, non si applica a questo set-
tore.
12 Impregnazione del 100 [1] 45 11 kg/m3 [1] Non si applica all'impregnazione con
legno (>25) creosoto
Rivestimento di I valori di emissione sono espressi in
cuoio grami di
13.1 (ad esclusione ≤25 85 g/m2 solvente emesso per m2 di cuoio rivesti-
to durante la
degli articoli previ- <25 75 g/m2 produzione
sti al punto 13.2)
(>10)
Rivestimento di I valori di emissione totale sono espressi
cuoio per articoli in grammi di solvente emesso per m2 di
cuoio rivestito
13.2 di arredamento e 150 g/m2 durante la produzione
piccola pelletteria
(es. borse, cinture,
portafogli, ecc...)
(>10)
Fabbricazione di I valori limite di emissione totale sono
espressi in
14 calzature (>5) 25 g per paio grammi di solvente emesso per paio
completo di calzature prodotto.
15 Stratificazione di 30 g/m2
legno e plastica
(>5)
16 Rivestimento ade- ≤15 50 [1] 25 L'eventuale valore limite di emissione [1] Se sono applicare tecniche che con-
sivi totale si sentono il
(>5) >15 50 [1] 20 determina secondo la procedura indicata riuso del solvente recuperato, il valore
nella parte IV limite di emissione negli scarichi gassosi
è 150.
Fabbricazione di ≤1000 150 5 5% di input di consumo massimo teorico Il valore di emissioni diffuse non com-
miscele di solvente prende il solvente venduto, come parte
di una
17 (2037) per rivestimenti, >1000 150 3 3% di input di consumo massimo teorico miscela per rivestimento, in un conteni-
vernici, inchiostri e di solvente tore sigillato.
adesivi (>100)
[1] Se si applicano tecniche che consen-
tono il riuso del
18 (2036) Conversione della 20 [1] 25 [2] 25% di input di consumo massimo teori- solvente recuperato, il valore limite di
gomma (>15) co di solvente emissione negli scarichi gassosi è 150
[2] Il valore di emissione diffusa non
comprende il solvente venduto, come
parte di prodotti o miscele, in un conte-
nitore sigillato.
Grasso animale [1] L'autorità competente
1,5 kg/tonn stabilisce, caso per caso,
Ricino applicando le migliori
3,0 kg/tonn tecniche disponibili, i valori
Estrazione colza limite di emissione totale
di olio 1,0 kg/tonn da applicare nei casi in cui
vegetale e semi di girasole gli impianti utilizzino singole
grasso 1,0 kg/tonn partite di semi o di sostanze
19 animale e semi di soia vegetali dello stesso tipo.
attività di (frantumazione normale) [2] Si applica a tutti i
raffinazione 0,8 kg/tonn processi di frazionamento,

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di olio vegetale semi di soia (fiocchi bianchi) ad esclusione della demucillaginazione


(>10) 1,2 kg/tonn (eliminazione delle materie
altri semi e altre sostanze vegetali gommose dall'olio).
3 kg/tonn [1] [3] Si applica alla
1,5 kg/tonn [2] demucillaginazione
4 kg/tonn [3]
20 (2036) Fabbricazione di 20 [1] 5 [2] [3] 5% di input di consumo massimo teorico [1] Se si applicano tecniche che consen-
prodotti farmaceu- di solvente [4] tono il riuso del solvente recuperato, il
tici (>50) valore limite di emissione negli scarichi
gassosi è 150mg/Nm3
[2] Il valore limite di emissione diffusa
non comprende il solvente venduto co-
me parte di prodotti o miscele in un con-
tenitore sigillato.
[3] Per le attività di cui all'articolo 275,
commi 8 e 9 si applica un valore limite di
emissione diffusa pari al 15% di input di
solvente
[4] Per le attività di cui all'articolo 275,
commi 8 e 9 si applica un valore limite di
emissione totale pari al 15% di consumo
massimo teorico di solvente

APPENDICE 1 (2040)
Attività i rivestimento di autoveicoli con una soglia di consumo di solvente superiore a 15 tonnellate/anno
1. I valori limite di emissione totale sono, a scelta del gestore, espressi in grammi di solvente emesso per metro quadrato di superficie del prodotto o in chi-
logrammi di solvente emesso rapportati alla carrozzeria del singolo veicolo.
2. La superficie di ogni prodotto di cui alla tabella sottostante è alternativamente definita come:
- la superficie calcolata sulla base del rivestimento per elettroforesi totale più la superficie di tutte le parti eventualmente aggiunte nelle fasi successive del
processo di rivestimento, se rivestite con gli stessi rivestimenti usati per il prodotto in questione, oppure
- la superficie totale del prodotto rivestito nell'impianto.
2.1 La superficie del rivestimento per elettroforesi è calcolata con la formula:
(2 x peso totale della scocca) / (spessore medio della lamiera x densità della lamiera)
Nello stesso modo si calcola la superficie delle altre parti di lamiera rivestite.
2.2 La superficie delle altre parti aggiunte e la superficie totale rivestita nell'impianto sono calcolate tramite la progettazione assistita da calcolatore o altri
metodi equivalenti.
3. Nella tabella, il valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione si riferisce a tutte le fasi del processo che si svolgono nello stesso im-
pianto, dal rivestimento mediante elettroforesi o altro processo, sino alle operazioni di lucidatura finale comprese, nonché al solvente utilizzato per pulire
l'attrezzatura, compresa la pulitura delle cabine di verniciatura a spruzzo e delle altre attrezzature fisse, sia durante il tempo di produzione che al di fuori di
esso.
Il valore limite di emissione totale è espresso come somma della massa totale di composti organici per metro quadro della superficie totale del prodotto
trattato o come somma della massa dei composti organici per singola carrozzeria.
Tabella 2

Attività (soglia di consumo di Soglia di produzione (produzio- Valore limite di emissione totale espresso come fattore di emis-
solvente ne annuale sione
in tonnellate/anno) del prodotto rivestito) Attività di cui all'articolo 275,
commi 8 e 9
Rivestimento di > 5000 45g/m2 o 60g/m2 o
autovetture nuove 1,3 1,9 kg/carrozzeria
(>15) kg/carrozzeria + + 41 g/m2
33 g/ m2
≤ 5000 90 g/m2 o 90 g/m2 o
monoscocche o 1,5 1,5 kg/carrozzeria
> 3500 telai kg/carrozzeria + + 70 g/m2
70 g/m2
Rivestimento di ≤ 5000 65 g/m2 85 g/m2
cabine di autocarri > 5000 55 g/m2 75 g/m2
nuovi (>15)
Rivestimento di ≤ 2500 90 g/m2 120 g/m2
furgoni, autocarri e > 2500 70 g/m2 90 g/m2

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rimorchi nuovi (>15)


Rivestimento di ≤ 2000 210 g/m2 290 g/m2
autobus nuovi (>15) > 2000 150 g/m2 225 g/m2

Gli impianti di rivestimento di autoveicoli con soglie di consumo di solvente inferiori ai valori della tabella 2 devono rispettare i requisiti di cui al punto 6.1
della tabella 1.
Parte IV
Prescrizioni alternative alla Parte III
1. Principi (2046)
La presente parte è riferita alle attività per cui non sono individuati nella parte III specifici valori di emissione totale. Sulla base dei paragrafi che seguono il
gestore ha la possibilità di conseguire, a partire da uno scenario emissivo di riferimento, con mezzi diversi, emissioni totali equivalenti a quelle conseguibili
applicando i valori limite di emissione convogliata e i valori limite di emissione diffusa. Tali emissioni totali equivalenti si definiscono emissioni bersaglio.
La presente parte si applica altresì alle attività di cui all'articolo 275, comma 13. Per scenario emissivo di riferimento si intende il livello di emissioni totali
dell'attività che corrisponde il più fedelmente possibile a quello che si avrebbe in assenza di interventi e di impianti di abbattimento e con l'uso di materie
prime ad alto contenuto di solvente, in funzione della potenzialità di prodotto per cui l'attività è progettata.
2. Procedura
2.1. Per le attività di cui alla seguente tabella per le quali può essere ipotizzato un tenore costante di materia solida nelle materie prime, le emissioni bersa-
glio e lo scenario emissivo di riferimento possono essere individuati secondo il metodo descritto al punto 2.2. Qualora tale metodo risulti inadeguato e in
tutti i casi in cui non sia previsto uno specifico fattore di moltiplicazione, l'autorità competente può autorizzare il gestore ad applicare qualsiasi metodo al-
ternativo che soddisfi i principi di cui al paragrafo 1. Al fine di conseguire l'emissione bersaglio, il progetto o la domanda di autorizzazione prevedono la di-
minuzione del tenore medio di solvente nelle materie prime utilizzate e una maggiore efficienza nell'uso delle materie solide.
2.2 Ai fini di quanto previsto nel punto 2.1, per ciascun anno, si applica un metodo articolato nelle seguenti fasi:
a) calcolo della massa totale annua di materia solida nella quantità di rivestimento, di inchiostro, di vernice o di adesivo in funzione della potenzialità di pro-
dotto per cui l'attività è progettata. Per materia solida si intendono tutte le sostanze contenute nelle vernici, negli inchiostri e negli adesivi che diventano
solide dopo l'evaporazione dell'acqua o dei COV.
b) moltiplicazione della massa calcolata ai sensi della lettera a) per l'opportuno fattore elencato nella tabella seguente. Si ottiene in tal modo l'emissione
annua di riferimento. Le autorità competenti possono modificare tali fattori per singole attività sulla base del provato aumento di efficienza nell'uso di mate-
ria solida e sulla base delle caratteristiche del processo e della tipologia di manufatti oggetto della produzione.

Attività Fattore di moltiplicazione da usare


Rotocalcografia, flessografia;
Laminazione associata all'attività di stampa;
Laccatura associata all'attività di stampa; 4
Rivestimento del legno;
Rivestimento di tessili, tessuti o carta;
Rivestimento adesivo
Verniciatura in continuo (coil coating),
Finitura di autoveicoli 3
Rivestimento a contatto di prodotti alimentari
Rivestimenti aerospaziali 2,33
Altri rivestimenti e offset dal rotolo 1,5

c) determinazione dell'emissione bersaglio attraverso la moltiplicazione dell'emissione annua di riferimento per una percentuale pari:
- al valore di emissione diffusa + 15, per le attività che rientrano nei punti 6.1 e 6.3 e nella fascia di soglia inferiore dei punti 8 e 10 della parte III;
- al valore di emissione diffusa + 5, per tutte le altre attività.
[3. Adeguamento degli impianti e delle attività (2047)
In caso di applicazione dei paragrafi che precedono, l'adeguamento degli impianti e delle attività di cui all'articolo 275, commi 8 e 9 è effettuato in due fasi in
conformità alla seguente tabella:

Date di applicazione Emissioni totali annue autorizzate


al 31.10.2005 emissione bersaglio * 1,5
al 31.10.2007 emissione bersaglio]

Parte V
Piano di gestione dei solventi

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1. Principi
1.1. Il piano di gestione dei solventi è elaborato dal gestore, con la periodicità prevista nell'autorizzazione e, comunque, almeno una volta all'anno, ai fini
previsti dalla parte I, paragrafo 4, ed al fine di individuare le future opzioni di riduzione e di consentire all'autorità competente di mettere a disposizione del
pubblico le informazioni di cui all'articolo 281, comma 6.
1.2. Per valutare la conformità ai requisiti dell'articolo 275, comma 15, il piano di gestione dei solventi deve essere elaborato per determinare le emissioni
totali di tutte le attività interessate; questo valore deve essere poi comparato con le emissioni totali che si sarebbero avute se fossero stati rispettati, per
ogni singola attività, i requisiti di cui all'articolo 275, comma 2.
2. Definizioni
Ai fini del calcolo del bilancio di massa necessario per l'elaborazione del piano di gestione dei solventi si applicano le seguenti definizioni. Per il calcolo di tale
bilancio tutte le grandezze devono essere espresse nella stessa unità di massa.
a) Input di solventi organici [I]:
I1. La quantità di solventi organici o la loro quantità nelle miscele acquistati che sono immessi nel processo nell'arco di tempo in cui viene calcolato il bilancio
di massa. (2038)
I2. La quantità di solventi organici o la loro quantità nelle miscele recuperati e reimmessi come solvente nel processo (il solvente riutilizzato è registrato ogni
qualvolta sia usato per svolgere l'attività). (2038)
b) Output di solventi organici [O]:
O1. Emissioni negli effluenti gassosi.
O2. La quantità di solventi organici scaricati nell'acqua, tenendo conto, se del caso, del trattamento delle acque reflue nel calcolare O5.
O3. La quantità di solventi organici che rimane come contaminante o residuo nei prodotti all'uscita del processo.
O4. Emissioni diffuse di solventi organici nell'aria. È inclusa la ventilazione generale dei locali nei quali l'aria e scaricata all'esterno attraverso finestre, porte,
sfiati e aperture simili.
O5. La quantità di solventi organici e composti organici persi a causa di reazioni chimiche o fisiche (inclusi ad esempio quelli distrutti mediante incenerimen-
to o altri trattamenti degli effluenti gassosi o delle acque reflue, o catturati ad esempio mediante adsorbimento, se non sono stati considerati ai sensi dei
punti O6, O7 o O8).
O6. La quantità di solventi organici contenuti nei rifiuti raccolti.
O7. La quantità di solventi organici da soli o solventi organici contenuti in miscele che sono o saranno venduti come prodotto avente i requisiti richiesti per il
relativo commercio. (2039)
O8. La quantità di solventi organici contenuti nelle miscele recuperati per riuso, ma non per riutilizzo nel processo, se non sono stati considerati ai sensi del
punto 07. (2038)
O9. La quantità di solventi organici scaricati in altro modo.
3. Formule di calcolo a)
L'emissione diffusa è calcolata secondo la seguente formula:
F = I1 - O1 - O5 - O6 - O7 - O8 oppure
F = O2 + O3 + O4 + O9
Questo parametro può essere determinato mediante misurazioni dirette delle quantità. Alternativamente, si può effettuare un calcolo equivalente con altri
mezzi, ad esempio utilizzando l'efficienza di captazione del processo. La determinazione delle emissioni diffuse può essere effettuata mediante una serie
completa di misurazioni e non deve essere ripetuta sino all'eventuale modifica dell'impianto.
b) Le emissioni totali [E] sono calcolate con la formula seguente:
E = F + O1
dove F è l'emissione diffusa quale definita sopra. Per valutare la conformità al valore limite di emissione totale espresso come fattore di emissione in riferi-
mento a taluni parametri specifici, stabilito nell'autorizzazione, il valore [E] è riferito al pertinente parametro specifico.
c) Il consumo ove applicabile si calcola secondo la formula seguente:
C = I1 - O8
d) L'input per la verifica del limite per le emissioni diffuse o per altri scopi si calcola con la seguente formula:
I = I1 + 12
Parte VI
Metodi di campionamento ed analisi per le emissioni convogliate
1. Ai fini della valutazione della conformità dei valori di emissione misurati ai valori limite per le emissioni convogliate si applicano i metodi di misura indicati
nella tabella seguente:

Parametro o inquinante Metodo


Velocità e portata UNI 10169
COV (Singoli composti) UNI EN 13649
COV (Concentrazione < 20 mg m-3) UNI EN 12619
COV (Concentrazione ≥20 mg m-3 UNI EN 13526

Parte VII
SEZIONE 1
Modello di domanda di autorizzazione per la costruzione e la modifica degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e i pellami, escluse le pellic-
ce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.
Alla Regione (o alla diversa autorità competente individuata dalla normativa regionale) ..................
Via .................

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n° ....................
e p. c. Al Sindaco del Comune di ................
All'A.R.P.A. Dipartimento di .................
Via ....................
n° ....................
Oggetto: Domanda di autorizzazione in via generale per impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e per le pulitin-
tolavanderie a ciclo chiuso.
Il sottoscritto ........................................................ nato a ........................... il ............./............../............. residente a ................... in via/corso ............................
n ....................... in qualità di legale rappresentante dell'impresa [1] [ ] o dell'ente [1] [ ] .............. con sede legale in via/corso ......................... n .............. nel
comune di ........................ CAP ................... in provincia di ............ e con telefono n° ................. fax n° ................. partita IVA ...................... codice fiscale
................... iscrizione camera di commercio n° .......... codice ISTAT attività ........... addetti n° .................. [1] [ ] classificata industria insalubre di classe
........................... [1] [ ] non classificata industria insalubre.
chiede l'AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE per:
[1] [ ] installare un nuovo impianto in via/corso .................................. n .................. nel comune di ............................... CAP .................... in provincia di
...................... telefono n° ........................
[1] [ ] modificare un impianto sito in via/corso ....................................... n ......... nel comune di ......................... CAP ................. in provincia di ..........................
telefono n° ..................
[1] [ ] trasferire un impianto da via/corso ....................... n ................. nel comune di .................. CAP .............. in provincia di ........................ telefono n°
....................... costituito/a da n ............. macchine di lavaggio a ciclo chiuso a via/corso ......................... n ............ nel comune di ....................... CAP
....................... in provincia di ............... telefono n° ...................
L'impianto è costituito/a da n ................ macchine di lavaggio a ciclo chiuso aventi le caratteristiche descritte nella seguente tabella:

N° e modello della mac- Volume del tamburo Tipo di solvente utilizzato Quantità annua massima Quantità annua massima
china [m3] di solvente utilizzato [kg] di prodotto pulito e a-
sciugato [kg]

e si impegna
a rispettare i requisiti tecnico costruttivi e gestionali nonché le prescrizioni previsti dalla vigente normativa di attuazione della direttiva 1999/ 13/CE
Allega la planimetria generale dell'impianto, in scala adeguata, nella quale è indicata la collocazione delle macchine utilizzate, nonché le schede di sicurezza
dei solventi utilizzati
Data ................. / ................. / ....................
IL LEGALE RAPPRESENTANTE
..............................................
[1] indicare con una X la voce pertinente alla richiesta di autorizzazione.
Sezione 2
Modello di domanda di autorizzazione per la continuazione dell'esercizio degli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e i pellami, escluse le pel-
licce, e elle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.
Alla Regione (o alla diversa autorità competente individuata dalla normativa regionale) .................................
Via .............................................. n ................
ep. c. Al Sindaco del Comune di ...........................
All'A.R.P.A. Dipartimento di ....................................... Via ............................................. n ..............
Oggetto: Domanda di autorizzazione in via generale per impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e per le pulitin-
tolavanderie a ciclo chiuso.
Il sottoscritto ................................................................ nato a .......................................... il .......... / ......... / ........ residente a ....................................... in vi-
a/corso ....................................................................... n ................. in qualità di legale rappresentante dell'impresa [1] [ ] o dell'ente [1] [ ]
....................................... con sede legale in via/corso ............................... n .........nel comune di ....................... CAP .................. in provincia di .........................
e con telefono n° ....................... fax n° ........................ partita IVA .......................................... codice fiscale ............................ iscrizione camera di commercio
n° ...................... codice ISTAT attività ........................... addetti n° ..................................... [1] [ ] classificata industria insalubre di classe .................................
[1] [ ] non classificata industria insalubre.
chiede l'AUTORIZZAZIONE IN VIA GENERALE
per continuare ad esercire l'impianto a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, o la pulitintolavanderia a ciclo chiuso, ubi-
cato/a ........................................................... in via/corso ............................................................. n ...................... nel comune di ......................................... CAP
........................... in provincia di .......................... telefono n° .................................... costituito/a da n ................. macchine di lavaggio a ciclo chiuso ed esi-
stente al 12 marzo 2004 aventi le caratteristiche descritte nella seguente tabella:

N° e modello della mac- Volume del tamburo Tipo di solvente utilizzato Quantità annua massima Quantità annua massima

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china [m3] di solvente utilizzato [kg] di prodotto pulito e a-


sciugato [kg]

e si impegna
a rispettare i requisiti tecnico costruttivi e gestionali nonché le seguenti prescrizioni previsti dalla vigente normativa di attuazione della direttiva 1999/13/CE.
Allega la planimetria generale dell'impianto, in scala adeguata, nella quale è indicata la collocazione delle macchine utilizzate, nonché le schede di sicurezza
dei solventi utilizzati
Data ........ / ........ / .........
IL LEGALE RAPPRESENTANTE
..........................................................
[1] indicare con una X la voce pertinente alla richiesta di autorizzazione.
APPENDICE
Requisiti tecnico costruttivi e gestionali per gli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco i tessuti e pellami, escluse le pellicce, e per le pulitintolavanderie a
ciclo chiuso
1. Caratteristiche tecnico-costruttive degli impianti
Negli impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e pellami, escluse le pellicce, e nelle pulitintolavanderie a ciclo chiuso possono essere utilizzati
solventi organici o solventi organici clorurati con l'esclusione delle sostanze di cui alla legge 28 dicembre 1993 n. 549 e delle sostanze o preparati classificati
ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1997, n. 52, come cancerogeni, mutageni o tossici per la riproduzione, ai quali sono state assegnate etichette con le
frasi di rischio R45, R46, R49, R60, R61.
Tali impianti lavorano secondo cicli di lavaggio che comprendono le seguenti fasi:
- lavaggio
- centrifugazione
- asciugatura
- deodorizzazione
- distillazione e recupero solvente
Tutte le fasi sono svolte in una macchina ermetica la cui unica emissione di solvente nell'aria può avvenire al momento dell'apertura dell'oblò al termine del
ciclo di lavaggio.
Gli impianti sono dotati di un ciclo frigorifero in grado di fornire le frigorie necessarie per avere la massima condensazione del solvente (per il percloroetile-
ne, temperature inferiori a -10 °C), in modo da ridurre al minimo le emissioni di solvente.
Gli impianti devono avere una emissione di solvente inferiore ai 20 g di solvente per ogni kg di prodotto pulito e asciugato.
2. Prescrizioni relative all'installazione e all'esercizio:
a) L'esercizio e la manutenzione degli impianti devono essere tali da garantire le condizioni operative e il rispetto del limite di emissione indicati al paragrafo
1.
b) Qualunque anomalia di funzionamento dell'impianto tale da non permettere il rispetto delle condizioni operative fissate comporta la sospensione della
lavorazione per il tempo necessario alla rimessa in efficienza dell'impianto stesso.
c) Il gestore che ha installato, modificato o trasferito una o più impianti deve comunicare, con almeno 15 giorni di anticipo, all'autorità competente, al sinda-
co e al Dipartimento provinciale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente territorialmente competente, la data in cui intende dare inizio alla
messa in esercizio degli impianti. Il termine per la messa a regime dell'impianto è stabilito in 30 giorni a partire dalla data di inizio della messa in esercizio.
d) Al fine di dimostrare la conformità dell'impianto al valore limite di emissione ed elaborare annualmente il piano di gestione dei solventi di cui alla parte V,
il gestore deve registrare per ciascuna macchina lavasecco installata:
- il quantitativo di solvente presente nella macchina all'inizio dell'anno solare considerato, in kg (A)
- la data di carico o di reintegro e il quantitativo di solvente caricato o reintegrato, in kg (B)
- giornalmente, il quantitativo di prodotto pulito e asciugato, in kg (C), ovvero il numero di cicli di lavaggio effettuati e il carico/ciclo massimo della macchina
in kg
- la data di smaltimento e il contenuto di solvente presente nei rifiuti smaltiti, in kg (D)
- il quantitativo di solvente presente nella macchina al termine dell'anno solare considerato, in kg (E)
e) Annualmente deve essere elaborato il piano di gestione dei solventi verificando che la massa di solvente emesso per chilogrammo di prodotto pulito o
asciugato sia inferiore a 20g/kg, ovvero che:
(A+£B-£D-E)/ (£C) < 0,020
dove £ indica la sommatoria di tutte le registrazioni effettuate nell'anno solare considerato
f) Il gestore deve conservare nella sede presso cui è localizzato l'impianto, a disposizione dell'autorità competente per il controllo copia della documentazio-
ne trasmessa all'autorità competente per aderire alla presente autorizzazione, copia delle registrazioni di cui alla lettera d) e del piano di gestione dei solven-
ti di cui alla lettera e).

(2032) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. a) e b), D.M. 23 marzo 2011.
(2033) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. a), D.M. 23 marzo 2011.

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(2034) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 1, lett. c), D.M. 23 marzo 2011.
(2035) Il punto 6 è stato così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. d), D.M. 23 marzo 2011.
(2036) Punto così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. e), D.M. 23 marzo 2011.
(2037) Punto così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. e) ed f), D.M. 23 marzo 2011.
(2038) Punto così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. g), D.M. 23 marzo 2011.
(2039) Punto così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. h), D.M. 23 marzo 2011.
(2040) Per le modifiche alla presente appendice, vedi l'art. 2, comma 1, lett. i), D.M. 23 marzo 2011.
(2041) Il punto 2.1 è stato sostituito dall'art. 2, comma 1, lett. l), D.M. 23 marzo 2011, fino al 31 maggio 2015. Successivamente il presente punto 2.1 è stato
così sostituito, a decorrere dal 1° giugno 2015, dall'art. 2, comma 1, lett. m), del medesimo D.M. 23 marzo 2011 e dall'art. 28, comma 15, lett. b), D.Lgs. 4
marzo 2014, n. 46.
(2042) Per le modifiche al presente punto 2.2, a decorrere dal 1° giugno 2015, vedi l'art. 2, comma 1, lett. n), D.M. 23 marzo 2011.
(2043) Il punto 2.5 è stato così modificato dall'art. 2, comma 1, lett. o), D.M. 23 marzo 2011, a decorrere dal 1° giugno 2015.
(2044) Il punto 2.3 è stato sostituito dall'art. 28, comma 15, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46. Successivamente il presente punto 2.3 è stato così sostituito
dall'art. 28, comma 15, lett. b), del medesimo D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46, a decorrere dal 1° giugno 2015.
(2045) Il punto 4.3-bis è stato aggiunto dall'art. 28, comma 16, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2046) Il punto 1 è stato così modificato dall'art. 28, comma 17, lett. a), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2047) Il punto 3 è stato soppresso dall'art. 28, comma 17, lett. b), D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2048) Vedi, anche, l'art. 29, comma 6, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
(2049) Il punto 5 è stato aggiunto dall'art. 1, comma 7, D.M. 31 maggio 2016.
(2050) Il punto 3.4 è stato così modificato dall'art. 18, comma 1, lett. bb), L. 20 novembre 2017, n. 167.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato IV - Impianti e attività in deroga (2051)
In vigore dal 28 agosto 2020

Parte I
Impianti ed attività di cui all'articolo 272, comma 1
1. Elenco degli impianti e delle attività:
a) Lavorazioni meccaniche dei metalli, con esclusione di attività di verniciatura e trattamento superficiale e smerigliature con consumo complessivo di olio
(come tale o come frazione oleosa delle emulsioni) inferiore a 500 kg/anno.
b) Laboratori orafi in cui non è effettuata la fusione di metalli, laboratori odontotecnici, esercizi in cui viene svolta attività estetica, sanitaria e di servizio e
cura della persona, officine ed altri laboratori annessi a scuole.
c) Decorazione di piastrelle ceramiche senza procedimento di cottura.
d) Le seguenti lavorazioni tessili:
- preparazione, filatura, tessitura della trama, della catena o della maglia di fibre naturali, artificiali o sintetiche, con eccezione dell'operazione di testurizza-
zione delle fibre sintetiche e del bruciapelo;
- nobilitazione di fibre, di filati, di tessuti limitatamente alle fasi di purga, lavaggio, candeggio (ad eccezione dei candeggi effettuati con sostanze in grado di
liberare cloro e/o suoi composti), tintura e finissaggio a condizione che tutte le citate fasi della nobilitazione siano effettuate nel rispetto delle seguenti con-
dizioni:
1) le operazioni in bagno acquoso devono essere condotte a temperatura inferiore alla temperatura di ebollizione del bagno, oppure, nel caso in cui siano
condotte alla temperatura di ebollizione del bagno, ciò deve avvenire senza utilizzazione di acidi, di alcali o di prodotti volatili, organici o inorganici, o, in al-
ternativa, all'interno di macchinari chiusi;
2) le operazioni di asciugamento o essiccazione e i trattamenti con vapore espanso o a bassa pressione devono essere effettuate a temperatura inferiore a
150° e nell'ultimo bagno acquoso applicato alla merce non devono essere stati utilizzati acidi, alcali o prodotti volatili, organici od inorganici.
e) Cucine, esercizi di ristorazione collettiva, mense, rosticcerie e friggitorie.
f) Panetterie, pasticcerie ed affini con un utilizzo complessivo giornaliero di farina non superiore a 300 kg.
g) Stabulari acclusi a laboratori di ricerca e di analisi.
h) Serre.
i) Stirerie.
j) Laboratori fotografici.
k) Autorimesse e officine meccaniche di riparazioni veicoli, escluse quelle in cui si effettuano operazioni di verniciatura.
l) Autolavaggi.
m) Silos per materiali da costruzione ad esclusione di quelli asserviti ad altri impianti, nonché silos per i materiali vegetali. (2052)
n) Macchine per eliografia.
o) Stoccaggio e movimentazione di prodotti petrolchimici ed idrocarburi naturali estratti da giacimento, stoccati e movimentati a ciclo chiuso o protetti da
gas inerte.
p) Impianti di trattamento delle acque, escluse le linee di trattamento dei fanghi, fatto salvo quanto previsto dalla lettera p-bis). (2057)
p-bis) Linee di trattamento dei fanghi che operano nell'ambito di impianti di trattamento delle acque reflue con potenzialità inferiore a 10.000 abitanti equi-
valenti per trattamenti di tipo biologico e inferiore a 10 m3 /h di acque trattate per trattamenti di tipo chimico/fisico; in caso di impianti che prevedono sia
un trattamento biologico, sia un trattamento chimico/fisico, devono essere rispettati entrambi i requisiti. (2058)
q) Macchinari a ciclo chiuso di concerie e pelliccerie.
r) Attività di seconde lavorazioni del vetro, successive alle fasi iniziali di fusione, formatura e tempera, ad esclusione di quelle comportanti operazioni di aci-
datura e satinatura.
s) Forni elettrici a volta fredda destinati alla produzione di vetro.
t) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di frutta, ortaggi, funghi con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di carne con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.
v) Molitura di cereali con produzione giornaliera massima non superiore a 500 kg.
v-bis) impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati da imprese agricole o a servizio delle stesse con potenza termica nominale, uguale o inferiore a
1 MW, se alimentati a biomasse o a biodiesel o a gasolio come tale o in emulsione con biodiesel, e uguale o inferiore a 3 MW, se alimentati a metano o a gpl
o a biogas. (2053)
w) Lavorazione e conservazione, esclusa surgelazione, di pesce ed altri prodotti alimentari marini con produzione giornaliera massima non superiore a 350
kg.
x) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo giornaliero di materie prime non superiore a 350 kg.
y) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione giornaliera massima non superiore a 350 kg.
z) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero di capi presenti è inferiore a quello indicato, per le diverse categorie di animali, nella seguente
tabella. Per allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l'allevamento il cui ciclo produttivo prevede il sistematico utilizzo di una struttura co-
perta per la stabulazione degli animali. (2054)

Categoria animale e tipologia di allevamento N° capi


Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo) Meno di 200
Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo) Meno di 300
Altre vacche (nutrici e duplice attitudine) Meno di 300
Bovini all'ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo) Meno di 300
Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo) Meno di 1.000
Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento Meno di 400
Suini: accrescimento/ingrasso Meno di 1.000
Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo) Meno di 2.000
Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo) Meno di 25.000
Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo) Meno di 30.000
Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo) Meno di 30.000
Altro pollame Meno di 30.000
Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo) Meno di 7.000
Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo) Meno di 14.000
Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo) Meno di 30.000
Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo) Meno di 40.000
Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo) Meno di 24.000
Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo) Meno di 250
Struzzi Meno di 700

aa) Allevamenti effettuati in ambienti non confinati.


bb) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW, alimentati
a biomasse di cui all'allegato X alla parte quinta del presente decreto, e di potenza termica inferiore a 1 MW, alimentati a gasolio, come tale o in emulsione,
o a biodiesel. (2059)
cc) Impianti di combustione alimentati ad olio combustibile, come tale o in emulsione, di potenza termica nominale inferiore a 0,3 MW.
dd) Impianti di combustione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW. (2060)
ee) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, ubicati all'interno di impianti di smaltimento dei rifiuti,
alimentati da gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas, di potenza termica nominale non superiore a 3 MW, se l'attività di recupero
è soggetta alle procedure autorizzative semplificate previste dalla parte quarta del presente decreto e tali procedure sono state espletate.
ff) Impianti di combustione, compresi i gruppi elettrogeni e i gruppi elettrogeni di cogenerazione, alimentati a biogas di cui all'allegato X alla parte quinta del
presente decreto, di potenza termica nominale inferiore o uguale a 1 MW. (2060)
gg) Gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a metano o a GPL, di potenza termica nominale inferiore a 1 MW. (2060)
hh) Gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione alimentati a benzina di potenza termica nominale inferiore a 1 MW.
ii) Impianti di combustione connessi alle attività di stoccaggio dei prodotti petroliferi funzionanti per meno di 2200 ore annue, di potenza termica nominale
inferiore a 1 MW se alimentati a metano o GPL ed inferiore a 1 MW se alimentati a gasolio. (2061)
jj) Laboratori di analisi e ricerca, impianti pilota per prove, ricerche, sperimentazioni, individuazione di prototipi. (2062)
kk) Dispostivi mobili utilizzati all'interno di uno stabilimento da un gestore diverso da quello dello stabilimento o non utilizzati all'interno di uno stabilimento.
kk-bis) Cantine che trasformano fino a 600 tonnellate l'anno di uva nonché stabilimenti di produzione di aceto o altre bevande fermentate, con una produ-
zione annua di 250 ettolitri per i distillati e di 1.000 ettolitri per gli altri prodotti. Nelle cantine e negli stabilimenti che superano tali soglie sono comunque
sempre escluse, indipendentemente dalla produzione annua, le fasi di fermentazione, movimentazione, travaso, addizione, trattamento meccanico, miscela-
zione, confezionamento e stoccaggio delle materie prime e dei residui effettuate negli stabilimenti di cui alla presente lettera. (2063)
kk-ter) Frantoi di materiali vegetali. (2064)
kk-quater) Attività di stampa «3d» e stampa «ink jet». (2065)
kk-quinquies) Attività di taglio, incisione e marcatura laser su carta o tessuti. (2065)
kk-sexies) turbine a gas e motori a gas esclusivamente usati su piattaforme off-shore, inclusi gruppi elettrogeni e gruppi elettrogeni di cogenerazione, di po-
tenza termica nominale inferiore a 3 MW se alimentati a metano o a GPL, inferiore o uguale a 3 MW se alimentati a biogas (2066).
Parte II

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Impianti ed attività di cui all'articolo 272, comma 2


1. Elenco degli impianti e delle attività:
a) Riparazione e verniciatura di carrozzerie di autoveicoli, mezzi e macchine agricole con utilizzo di impianti a ciclo aperto e utilizzo complessivo di prodotti
vernicianti pronti all'uso giornaliero massimo complessivo non superiore a 20 kg.
b) Tipografia, litografia, serigrafia, con utilizzo di prodotti per la stampa (inchiostri, vernici e similari) giornaliero massimo complessivo non superiore a 30 kg.
c) Produzione di prodotti in vetroresine con utilizzo giornaliero massimo complessivo di resina pronta all'uso non superiore a 200 kg.
d) Produzione di articoli in gomma e prodotti delle materie plastiche con utilizzo giornaliero massimo complessivo di materie prime non superiore a 500 kg.
e) Produzione di mobili, oggetti, imballaggi, prodotti semifiniti in materiale a base di legno con utilizzo giornaliero massimo complessivo di materie prime
non superiore a 2000 kg.
f) Verniciatura, laccatura, doratura di mobili ed altri oggetti in legno con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 50 kg/g.
g) Verniciatura di oggetti vari in metalli o vetro con utilizzo complessivo di prodotti vernicianti pronti all'uso non superiore a 50 kg/g.
h) Panificazione, pasticceria e affini con consumo di farina non superiore a 1500 kg/g.
i) Torrefazione di caffè ed altri prodotti tostati con produzione non superiore a 450 kg/g.
l) Produzione di mastici, pitture, vernici, cere, inchiostri e affini con produzione complessiva non superiore a 500 kg/h.
m) Sgrassaggio superficiale dei metalli con consumo complessivo di solventi non superiore a 10 kg/g.
n) Laboratori orafi con fusione di metalli con meno di venticinque addetti.
o) Anodizzazione, galvanotecnica, fosfatazione di superfici metalliche con consumo di prodotti chimici non superiore a 10 kg/g.
p) Utilizzazione di mastici e colle con consumo complessivo di sostanze collanti non superiore a 100 kg/g.
q) Produzione di sapone e detergenti sintetici prodotti per l'igiene e la profumeria con utilizzo di materie prime non superiori a 200 kg/g.
r) Tempra di metalli con consumo di olio non superiore a 10 kg/g.
s) Produzione di oggetti artistici in ceramica, terracotta o vetro in forni in muffola discontinua con utilizzo nel ciclo produttivo di smalti, colori e affini non
superiore a 50 kg/g.
t) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di frutta, ortaggi, funghi con produzione non superiore a 1000 kg/g.
u) Trasformazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di carne con produzione non superiore a 1000 kg/g.
v) Molitura cereali con produzione non superiore a 1500 kg/g.
v-bis) Impianti di essiccazione di materiali vegetali impiegati o a servizio di imprese agricole non ricompresi nella parte I del presente allegato. (2055)
z) Lavorazione e conservazione, esclusa la surgelazione, di pesce ed altri prodotti alimentari marini con produzione non superiore a 1000 kg/g.
aa) Prodotti in calcestruzzo e gesso in quantità non superiore a 1500 kg/g.
bb) Pressofusione con utilizzo di metalli e leghe in quantità non superiore a 100 kg/g.
cc) Lavorazioni manifatturiere alimentari con utilizzo di materie prime non superiori a 1000 kg/g.
dd) Lavorazioni conciarie con utilizzo di prodotti vernicianti pronti all'uso giornaliero massimo non superiore a 50 kg.
ee) Fonderie di metalli con produzione di oggetti metallici giornaliero massimo non superiore a 100 kg.
ff) Produzione di ceramiche artistiche esclusa la decoratura con utilizzo di materia prima giornaliero massimo non superiore a 3000 kg.
gg) Produzione di carta, cartone e similari con utilizzo di materie prime giornaliero massimo non superiore a 4000 kg.
hh) Saldatura di oggetti e superfici metalliche.
ii) Trasformazioni lattiero-casearie con produzione giornaliera non superiore a 1000 kg.
ll) Impianti termici civili aventi potenza termica nominale non inferiore a 3 MW e inferiore a 10 MW. (2067)
mm) Impianti a ciclo chiuso per la pulizia a secco di tessuti e di pellami, escluse le pellicce, e delle pulitintolavanderie a ciclo chiuso.
nn) Allevamenti effettuati in ambienti confinati in cui il numero di capi potenzialmente presenti è compreso nell'intervallo indicato, per le diverse categorie
di animali, nella seguente tabella. Per allevamento effettuato in ambiente confinato si intende l'allevamento il cui ciclo produttivo prevede il sistematico
utilizzo di una struttura coperta per la stabulazione degli animali.

Categoria animale e tipologia di allevamento N° capi


Vacche specializzate per la produzione di latte (peso vivo medio: 600 kg/capo) Da 200 a 400
Rimonta vacche da latte (peso vivo medio: 300 kg/capo) Da 300 a 600
Altre vacche (nutrici e duplice attitudine) Da 300 a 600
Bovini all'ingrasso (peso vivo medio: 400 kg/capo) Da 300 a 600
Vitelli a carne bianca (peso vivo medio: 130 kg/capo) Da 1.000 a 2.500
Suini: scrofe con suinetti destinati allo svezzamento Da 400 a 750
Suini: accrescimento/ingrasso Da 1.000 a 2.000
Ovicaprini (peso vivo medio: 50 kg/capo) Da 2.000 a 4.000
Ovaiole e capi riproduttori (peso vivo medio: 2 kg/capo) Da 25.000 a 40.000
Pollastre (peso vivo medio: 0,7 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Polli da carne (peso vivo medio: 1 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Altro pollame Da 30.000 a 40.000
Tacchini: maschi (peso vivo medio: 9 kg/capo) Da 7.000 a 40.000
Tacchini: femmine (peso vivo medio: 4,5 kg/capo) Da 14.000 a 40.000
Faraone (peso vivo medio: 0,8 kg/capo) Da 30.000 a 40.000
Cunicoli: fattrici (peso vivo medio: 3,5 kg/capo) Da 40.000 a 80.000
Cunicoli: capi all'ingrasso (peso vivo medio: 1,7 kg/capo) Da 24.000 a 80.000
Equini (peso vivo medio: 550 kg/capo) Da 250 a 500
Struzzi Da 700 a 1.500

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oo) Lavorazioni meccaniche dei metalli con consumo complessivo di olio (come tale o come frazione oleosa delle emulsioni) uguale o superiore a 500
kg/anno.
oo-bis) Stabilimenti di produzione di vino, aceto o altre bevande fermentate non ricompresi nella parte I del presente allegato. (2056)

(2051) Allegato così sostituito dall'art. 3, comma 28, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.
(2052) Lettera così modificata dall'art. 41-ter, comma 1, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.
(2053) Lettera inserita dall'art. 41-ter, comma 1, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98. Successiva-
mente, la presente lettera è stata così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. a), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di
quanto disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2054) Lettera così modificata dall'art. 41-ter, comma 1, lett. c), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.
(2055) Lettera inserita dall'art. 41-ter, comma 2, lett. a), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.
(2056) Lettera aggiunta dall'art. 41-ter, comma 2, lett. b), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98.
(2057) Lettera così sostituita dall'art. unico, comma 1, D.M. 15 gennaio 2014.
(2058) Lettera inserita dall'art. unico, comma 1, D.M. 15 gennaio 2014.
(2059) Lettera così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. b), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2060) Lettera così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. c), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2061) Lettera così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. d), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2062) Lettera così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. e), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2063) Lettera inserita dall'art. 41-ter, comma 1, lett. d), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e, successi-
vamente, così modificata dall'art. 4, comma 1, lett. f), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2064) Lettera inserita dall'art. 41-ter, comma 1, lett. d), D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, e, successi-
vamente, così sostituita dall'art. 4, comma 1, lett. g), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall'art.
5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2065) Lettera aggiunta dall'art. 4, comma 1, lett. h), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall'art.
5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2066) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 2, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
(2067) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 2, lett. b), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato V - Polveri e sostanze organiche liquide (2068)
In vigore dal 19 dicembre 2017

Parte I
Emissioni di polveri provenienti da attività di produzione, manipolazione, trasporto, carico, scarico o stoccaggio di materiali polverulenti.
1. Disposizioni generali
1.1. Nei casi in cui in uno stabilimento siano prodotti manipolati, trasportati, immagazzinati, caricati e scaricati materiali polverulenti, il gestore deve adotta-
re apposite misure per il contenimento delle emissioni di polveri.
1.2. Nei casi di cui al punto 1.1. l'autorità competente può altresì stabilire specifiche prescrizioni per il contenimento delle emissioni di polveri tenendo con-
to, in particolare, dei seguenti elementi: - pericolosità delle polveri;
- flusso di massa delle emissioni;
- durata delle emissioni;
- condizioni meteorologiche;
- condizioni dell'ambiente circostante.
2. Produzione e manipolazione di materiali polverulenti.
2.1. I macchinari e i sistemi usati per la preparazione o la produzione (comprendenti, per esempio, la frantumazione, la cernita, la miscelazione, il riscalda-
mento, il raffreddamento, la pellettizzazione e la bricchettazione) di materiali polverulenti devono essere incapsulati.
2.2. Se l'incapsulamento non può assicurare il contenimento ermetico delle polveri, le emissioni, con particolare riferimento ai punti di introduzione, estra-
zione e trasferimento dei materiali polverulenti, devono essere convogliate ad un idoneo impianto di abbattimento.
3. Trasporto, carico e scarico dei materiali polverulenti.
3.1. Per il trasporto di materiali polverulenti devono essere utilizzati dispositivi chiusi.
3.2. Se l'utilizzo di dispositivi chiusi non è, in tutto o in parte, possibile, le emissioni polverulenti devono essere convogliate ad un idoneo impianto di abbat-
timento.
3.3. Per il carico e lo scarico dei materiali polverulenti, ove tecnologicamente possibile, devono essere installati impianti di aspirazione e di abbattimento nei
seguenti punti:
- punti fissi, nei quali avviene il prelievo, il trasferimento, lo sgancio con benne, pale caricatrici, attrezzature di trasporto;
- sbocchi di tubazione di caduta delle attrezzature di caricamento;
- attrezzature di ventilazione, operanti come parte integrante di impianti di scarico pneumatici o meccanici;

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- canali di scarico per veicoli su strada o rotaie;


- convogliatori aspiranti.
3.4. Se nella movimentazione dei materiali polverulenti non è possibile assicurare il convogliamento delle emissioni di polveri, si deve mantenere, possibil-
mente in modo automatico, una adeguata altezza di caduta e deve essere assicurata, nei tubi di scarico, la più bassa velocità che è tecnicamente possibile
conseguire per l'uscita del materiale trasportato, ad esempio mediante l'utilizzo di deflettori oscillanti.
3.5. Nel caricamento di materiali polverulenti in contenitori da trasporto chiusi, l'aria di spostamento deve essere raccolta e convogliata ad un impianto di
abbattimento.
3.6. La copertura delle strade, ove possibile, deve essere realizzata in materiali che ne consentano la regolare pulizia; ove ciò non sia possibile, deve essere
presente un adeguato sistema di bagnatura.
3.7 Nel caso di operazioni di carico di silos da autobotte, la tubazione di raccordo, al termine delle operazioni di carico, deve essere svuotata prima di essere
scollegata; in alternativa deve essere previsto uno specifico impianto di captazione e trattamento delle polveri residue presenti all'interno della tubazione di
raccordo.
4. Stoccaggio di materiali polverulenti.
4.1. L'autorità competente può stabilire specifiche prescrizioni per lo stoccaggio dei materiali polverulenti tenendo conto, in particolare, dei seguenti ele-
menti:
- possibilità di stoccaggio in silos;
- possibilità di realizzare una copertura della sommità e di tutti i lati del cumulo di materiali sfusi, incluse tutte le attrezzature ausiliarie;
- possibilità di realizzare una copertura della superficie, per esempio utilizzando stuoie;
- possibilità di stoccaggio su manti erbosi;
- possibilità di costruire terrapieni coperti di verde, piantagioni e barriere frangivento;
- umidificazione costante e sufficiente della superficie del suolo.
5. Materiali polverulenti contenenti specifiche categorie di sostanze.
5.1. Si applica sempre la prescrizione più severa tra quelle previste ai punti precedenti, nel caso in cui i materiali polverulenti contengano sostanze comprese
nelle classi riportate nella seguente tabella al di sopra di 50 mg/kg, riferiti al secco:

Classe Indicazione di pericolo


Classe I H340, H350, H360
Classe II H341, H351, H361, H300, H310, H330,

Parte II
Emissioni in forma i gas o vapore derivanti alla lavorazione, trasporto, travaso e stoccaggio di sostanze organiche liquide
1. Pompe.
1.1. Il gestore deve garantire una tenuta efficace delle pompe utilizzate per la movimentazione di sostanze organiche liquide.
1.2 Nei casi previsti dal punto 1.1, ove non possa essere garantita l'efficace tenuta delle pompe, devono essere installati idonei sistemi di aspirazione delle
perdite di gas o vapore e sistemi di convogliamento ad impianti di abbattimento.
2. Compressori.
2.1. Il gestore deve effettuare il degasaggio del liquido residuo conseguente all'arresto dei compressori utilizzati per i gas.
3. Raccordi a flangia.
3.1. I raccordi a flangia, con particolare riferimento al caso in cui vi defluiscono miscele, devono essere usati soltanto se garantiscono un buon livello di tenu-
ta.
4. Valvolame.
4.1. Le valvole devono essere rese ermetiche con adeguati sistemi di tenuta.
5. Campionamento.
5.1. I punti in cui si prelevano campioni di sostanze organiche liquide devono essere incapsulati o dotati di dispositivi di bloccaggio, al fine di evitare emissio-
ni durante il prelievo.
5.2. Durante il prelievo dei campioni il prodotto di testa deve essere rimesso in circolo o completamente raccolto.
6. Caricamento.
6.1 Nel caricamento di sostanze organiche liquide devono essere assunte speciali misure per il contenimento delle emissioni, come l'aspirazione e il convo-
gliamento dei gas di scarico in un impianto di abbattimento.

(2068) Allegato così sostituito dall'art. 4, comma 4, D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall'art.
5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato VI - Criteri per i controlli e per il monitoraggio delle emissioni (2070) (2084) (2083)
In vigore dal 28 agosto 2020

1. Definizioni
1.1. Ai fini del presente allegato si intende per:
a) misura diretta: misura effettuata con analizzatori che forniscono un segnale di risposta direttamente proporzionale alla concentrazione dell'inquinante;
b) misura indiretta: misura effettuata con analizzatori che forniscono un segnale di risposta direttamente proporzionale ad un parametro da correlare, trami-
te ulteriori misure, alle concentrazioni dell'inquinante, come, ad esempio, la misura di trasmittanza o di estinzione effettuata dagli analizzatori di tipo ottico;

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c) periodo di osservazione: intervallo temporale a cui si riferisce il limite di emissione da rispettare. Tale periodo, a seconda della norma da applicare, può
essere orario, giornaliero, di 48 ore, di sette giorni, di un mese, di un anno. In relazione a ciascun periodo di osservazione, devono essere considerate le ore
di normale funzionamento (2069);
d) ore di normale funzionamento (2069): il numero delle ore in cui l'impianto è in funzione, con l'esclusione dei periodi di avviamento e di arresto e dei pe-
riodi di guasto, salvo diversamente stabilito dal presente decreto, dalle normative adottate ai sensi dell'articolo 271, comma 3, o dall'autorizzazione;
e) valore medio orario o media oraria: media aritmetica delle misure istantanee valide effettuate nel corso di un'ora solare;
f) valore medio giornaliero o media di 24 ore: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati dalle ore 00:00:00 alle ore 23:59:59; (2071)
g) valore di 48 ore o media di 48 ore: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso di 48 ore di normale funzionamento (2069), anche non
consecutive;
h) valore medio mensile: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel corso del mese; per mese, salvo diversamente specificato, si intende il mese
di calendario;
i) valore medio annuale: media aritmetica dei valori medi orari rilevati nel corso del periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 dicembre successivo;
j) media mensile mobile: valore medio mensile riferito agli ultimi 30 giorni interi, vale a dire alle 24 ore di ogni giorno; le elaborazioni devono essere effet-
tuate al termine di ogni giorno;
k) media mobile di sette giorni: media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati durante gli ultimi 7 giorni interi; le elaborazioni devono essere effettuate
al termine di ogni giorno;
l) disponibilità dei dati elementari: la percentuale del numero delle misure elementari valide acquisite, relativamente ad un valore medio orario di una misu-
ra, rispetto al numero dei valori teoricamente acquisibili nell'arco dell'ora;
m) sistemi di misura estrattivi: sistemi basati sull'estrazione del campione dall'effluente gassoso; l'estrazione avviene direttamente, nel caso dei sistemi ad
estrazione diretta, o con diluizione del campione, negli altri casi;
n) sistemi di misura non estrattivi o analizzatori in situ: sistemi basati sulla misura eseguita direttamente su un volume definito di effluente, all'interno del
condotto degli effluenti gassosi; tali sistemi possono prevedere la misura lungo un diametro del condotto, e in tal caso sono definiti strumenti in situ lungo
percorso o strumenti in situ path, o la misura in un punto o in un tratto molto limitato dell'effluente gassoso, e in tal caso sono definiti strumenti in situ pun-
tuale o strumenti in situ point.
o) calibrazione: procedura di verifica dei segnali di un analizzatore a risposta lineare sullo zero e su un prefissato punto intermedio della scala (span), il quale
corrisponde tipicamente all'80% del fondo scala.
2. Metodi di valutazione delle misure effettuate dal gestore dell'impianto e delle misure effettuate dall'autorità competente per il controllo
2.1 Ai fini di una corretta interpretazione dei dati, alle misure di emissione effettuate con metodi discontinui o con metodi continui automatici devono esse-
re associati i valori delle grandezze più significative dell'impianto, atte a caratterizzarne lo stato di funzionamento (ad esempio: produzione di vapore, carico
generato, assorbimento elettrico dei filtri di captazione, ecc.).
2.2. Salvo diversamente indicato nel presente decreto, in caso di misure in continuo, le emissioni convogliate si considerano conformi ai valori limite se nes-
suna delle medie di 24 ore supera i valori limite di emissione e se nessuna delle medie orarie supera i valori limite di emissione di un fattore superiore a 1,25.
2.3. Salvo quanto diversamente previsto dal presente decreto, in caso di misure discontinue, le emissioni convogliate si considerano conformi ai valori limite
se, nel corso di una misurazione, la concentrazione, calcolata come media dei valori analitici di almeno tre campioni consecutivi che siano effettuati secondo
le prescrizioni dei metodi di campionamento individuati nell'autorizzazione e che siano rappresentativi di almeno un'ora di funzionamento dell'impianto,
non supera il valore limite di emissione. Nel caso in cui i metodi di campionamento individuati nell'autorizzazione prevedano, per specifiche sostanze, un
periodo minimo di campionamento superiore alle tre ore, è possibile utilizzare un unico campione ai fini della valutazione della conformità delle emissioni ai
valori limite. L'autorizzazione può stabilire che, per ciascun prelievo, sia effettuato un numero di campioni o sia individuata una sequenza temporale diffe-
rente rispetto a quanto previsto dal presente punto 2.3 nei casi in cui, per necessità di natura analitica e per la durata e le caratteristiche del ciclo da cui de-
riva l'emissione, non sia possibile garantirne l'applicazione. (2072)
2.4. Il sistema di misura in continuo di ciascun inquinante deve assicurare un indice di disponibilità mensile delle medie orarie, come definito al punto 5.5,
non inferiore all'80%. Nel caso in cui tale valore non sia raggiunto, il gestore è tenuto a predisporre azioni correttive per migliorare il funzionamento del si-
stema di misura, dandone comunicazione all'autorità competente per il controllo.
2.5. Il gestore il quale preveda che le misure in continuo di uno o più inquinanti non potranno essere effettuate o registrate per periodi superiori a 48 ore
continuative, è tenuto ad informare tempestivamente l'autorità competente per il controllo. In ogni caso in cui, per un determinato periodo, non sia possibi-
le effettuare misure in continuo, laddove queste siano prescritte dall'autorizzazione, il gestore è tenuto, ove tecnicamente ed economicamente possibile, ad
attuare forme alternative di controllo delle emissioni basate su misure discontinue, correlazioni con parametri di esercizio o con specifiche caratteristiche
delle materie prime utilizzate. Per tali periodi l'autorità competente per il controllo stabilisce, sentito il gestore, le procedure da adottare per la stima delle
emissioni. La disposizione data da tale autorità deve essere allegata al registro di cui al punto 2.7.
2.6. I dati misurati o stimati con le modalità di cui al punto 2.5 concorrono ai fini della verifica del rispetto dei valori limite.
2.7. I dati relativi ai controlli analitici discontinui previsti nell'autorizzazione ed ai controlli previsti al punto 2.5 devono essere riportati dal gestore su appositi
registri ai quali devono essere allegati i certificati analitici. I registri devono essere tenuti a disposizione dell'autorità competente per il controllo. Uno sche-
ma esemplificativo per la redazione dei registri è riportato in appendice 1. Per i medi impianti di combustione il registro è sostituito dall'archiviazione previ-
sta al punto 5-bis.2. (2073)
2.8. Ogni interruzione del normale funzionamento degli impianti di abbattimento (manutenzione ordinaria e straordinaria, guasti, malfunzionamenti, inter-
ruzione del funzionamento dell'impianto produttivo) deve essere annotata su un apposito registro. Il registro deve essere tenuto a disposizione dell'autorità
competente per il controllo. Uno schema esemplificativo per la redazione del registro è riportato in appendice 2. Per i medi impianti di combustione il regi-
stro è sostituito dall'archiviazione prevista al punto 5-bis.2. (2074)
2.9. Ai fini della verifica del rispetto dei valori limite si applicano le procedure di calibrazione degli strumenti di misura stabilite dall'autorità competente per
il controllo sentito il gestore. (2075)
3. Requisiti e prescrizioni funzionali dei sistemi di monitoraggio in continuo delle emissioni
3.1. Nella realizzazione e nell'esercizio dei sistemi di rilevamento devono essere perseguiti, per la misura di ogni singolo parametro, elevati livelli di accura-
tezza e di disponibilità dei dati elementari. Il sistema di rilevamento deve essere realizzato con una configurazione idonea al funzionamento continuo non
presidiato in tutte le condizioni ambientali e di processo. Il gestore è tenuto a garantire la qualità dei dati mediante l'adozione di procedure che documenti-
no le modalità e l'avvenuta esecuzione degli interventi manutentivi programmati e straordinari e delle operazioni di calibrazione e taratura della strumenta-
zione di misura. Tali procedure sono stabilite dall'autorità competente per il controllo sentito il gestore e devono, in particolare, prevedere:
a) la verifica periodica, per ogni analizzatore, della risposta strumentale su tutto l'intervallo di misura tramite prove e tarature fuori campo;

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b) il controllo e la correzione in campo delle normali derive strumentali o dell'influenza esercitata sulla misura dalla variabilità delle condizioni ambientali;
c) l'esecuzione degli interventi manutentivi periodici per il mantenimento dell'integrità e dell'efficienza del sistema, riguardanti, ad esempio, la sostituzione
dei componenti attivi soggetti ad esaurimento, la pulizia di organi filtranti, ecc.;
d) la verifica periodica in campo delle curve di taratura degli analizzatori. In caso di grandi impianti di combustione, cementifici, vetrerie e acciaierie, le pro-
cedure di garanzia di qualità dei sistemi di monitoraggio delle emissioni sono soggette alla norma UNI EN 14181. In tali casi non si applica il paragrafo 4 del
presente allegato (2076).
3.2. Per ogni strumento devono essere registrate le azioni di manutenzione periodica e straordinaria mediante la redazione di una tabella di riepilogo degli
interventi, di cui è riportato uno schema esemplificativo in appendice 3. Per i medi impianti di combustione la registrazione è effettuata nell'ambito dell'ar-
chiviazione prevista al punto 5-bis.2. (2077)
3.3. L'idoneità degli analizzatori in continuo deve essere attestata, ai sensi della norma UNI EN 15267, sulla base del procedimento di valutazione standardiz-
zata delle caratteristiche degli strumenti previsto da tale norma tecnica. Resta fermo l'utilizzo degli analizzatori autorizzati, sulla base delle norme all'epoca
vigenti, prima dell'entrata in vigore della norma UNI EN 15267:2009. (2078)
3.4. La misura in continuo delle grandezze deve essere realizzata con un sistema che espleti le seguenti funzioni:
- campionamento ed analisi;
- calibrazione;
- acquisizione, validazione, elaborazione automatica dei dati.
Tali funzioni possono essere svolte da sottosistemi a sé stanti, eventualmente comuni a più analizzatori, oppure da una singola apparecchiatura di analisi.
3.5. La sezione di campionamento deve essere posizionata secondo la norma UNI EN 15259. La sezione di campionamento deve essere resa accessibile e
agibile, con le necessarie condizioni di sicurezza, per le operazioni di rilevazione. (2079)
3.6. Ogni analizzatore installato deve avere un sistema di calibrazione in campo. Il sistema di calibrazione, ove tecnicamente possibile in relazione al tipo di
analizzatore utilizzato, deve essere di tipo automatico e può utilizzare:
- sistemi di riferimento esterni, quali bombole con concentrazioni certificate o calibratori dinamici, oppure, se l'utilizzo dei sistemi di riferimento esterni non
è tecnicamente o economicamente possibile,
- sistemi interni agli analizzatori stessi.
3.7. Il sistema per l'acquisizione, la validazione e l'elaborazione dei dati, in aggiunta alle funzioni di cui ai punti seguenti, deve consentire:
- la gestione delle segnalazioni di allarme e delle anomalie provenienti dalle varie apparecchiature;
- la gestione delle operazioni di calibrazione automatica, ove prevista;
- l'elaborazione dei dati e la redazione di tabelle in formato idoneo per il confronto con i valori limite; tali tabelle sono redatte secondo le indicazioni riporta-
te nel punto 5.4.
3.7.1. L'acquisizione dei dati comprende le seguenti funzioni :
- la lettura istantanea, con opportuna frequenza, dei segnali elettrici di risposta degli analizzatori o di altri sensori;
- la traduzione dei segnali elettrici di risposta in valori elementari espressi nelle unità di misura pertinenti alla grandezza misurata;
- la memorizzazione dei segnali validi;
- il rilievo dei segnali di stato delle apparecchiature principali ed ausiliarie necessarie per lo svolgimento delle funzioni precedenti.
Per lo svolgimento di tali funzioni e per le elaborazioni dei segnali acquisiti è ammesso l'intervento dell'operatore, il quale può introdurre nel sistema dati e
informazioni. Tali dati e informazioni devono essere archiviati e visualizzati con gli stessi criteri degli altri parametri misurati.
3.7.2. Il sistema di validazione delle misure deve provvedere automaticamente, sulla base di procedure di verifica predefinite, a validare sia i valori elemen-
tari acquisiti, sia i valori medi orari calcolati. Le procedure di validazione adottate in relazione al tipo di processo e ad ogni tipo di analizzatore, devono essere
stabilite dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore. Per i grandi impianti di combustione, i dati non sono comunque validi se:
- i dati elementari sono stati acquisiti in presenza di segnalazioni di anomalia del sistema di misura tali da rendere inaffidabile la misura stessa;
- i segnali elettrici di risposta dei sensori sono al di fuori di tolleranze predefinite;
- lo scarto tra l'ultimo dato elementare acquisito ed il valore precedente supera una soglia massima che deve essere fissata dall'autorità competente per il
controllo;
- il numero di dati elementari validi che hanno concorso al calcolo del valore medio orario è inferiore al 70% del numero dei valori teoricamente acquisibili
nell'arco dell'ora;
- il massimo scarto tra le misure elementari non è compreso in un intervallo fissato dall'autorità competente per il controllo;
- il valore medio orario non è compreso in un intervallo fissato dall'autorità competente per il controllo;
3.7.3 Le soglie di validità di cui al punto precedente devono essere fissate in funzione del tipo di processo e del sistema di misura. I valori medi orari archivia-
ti devono essere sempre associati ad un indice di validità che permetta di escludere automaticamente i valori non validi o non significativi dalle elaborazioni
successive.
3.7.4. Per preelaborazione dei dati si intende l'insieme delle procedure di calcolo che consentono di definire i valori medi orari espressi nelle unità di misura
richieste e riferiti alle condizioni fisiche prescritte, partendo dai valori elementari acquisiti nelle unità di misura pertinenti alla grandezza misurata. Nel caso
in cui sia prevista la calibrazione automatica degli analizzatori, la preelaborazione include anche la correzione dei valori misurati sulla base dei risultati
dell'ultima calibrazione valida.
3.8. Se la misura di concentrazione è effettuata sui effluenti gassosi umidi e deve essere riportata ad un valore riferito agli effluenti gassosi secchi si applica
la seguente formula:

Cs = Cu
1-Uf

dove:
- Cs è la concentrazione riferita agli effluenti gassosi secchi;
- Cu è la concentrazione riferita agli effluenti gassosi umidi;

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- Uf è il contenuto di vapor d'acqua negli effluenti ti gassosi espresso come rapporto in volume (v/v).
3.8.1. Per i sistemi di misura di tipo estrattivo dotati di apparato di deum deumidificazione del campionepione con umidità residua corrispondente all'umidità
all' di satura-
zione ad una temperatura non superiore a 4 °C, le concentrazioni m misurate
surate possono essere considerate come riferite agli effluenti e gassosi secchi. In tal caso
non è necessaria la correzione di cui al punto precedente.
3.8.2. Ove le caratteristiche del processo produttivo
duttivo sono tali per cui la pe
percentuale
centuale di umidità dipende da parametri noti è ammessa la determinazione
dete del
tenore di umidità a mezzo calcolo tramite dati introdotti nel sistema dall'operatore.
3.9. Quando in un processo di produzione è stato to verificato che nelle emi
emissioni la concentrazione ne di NO2 è inferiore o uguale al 5% della concentrazione
co to-
tale
le di NOx (NOx= NO + NO2), è consentita la misura del solo m monossido dii azoto (NO). In tal caso la concentrazione degli ossidi di azoto NOx si ottiene tra- tr
mite il seguente calcolo: NOx = NO/0,95.
3.10. Ove opportuno può essere adottato un criterio terio analogo a quello del punto
3.9. per la misura degli ossidi di zolfo (SOx = SO2 + SO3).
4. Tarature e verifiche
4.1. Le verifiche periodiche, di competenza del gestore, consistono nel co controllo
trollo periodico della risposta su tutto il campo di misura dei singoli analizzatori,
anali
da effettuarsi con periodicità almeno no annuale. Tale tipo di ververifica deve essere effettuata
fettuata anche dopo interventi manutentivi conseguenti
co ad un guasto degli
analizzatori.
4.2. Nel caso di analizzatori utilizzati nei sistemi estrattivi, la taratura coinc
coincide
de con le operazioni di calibrazione strumentale. La periodicità dipende dalle ca-
ratteristiche degli analizzatori e dalle condizioni ambientali di misura e deve essere stabilita dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore.
4.2.1 Nel caso di analizzatori in situ per la misura ra di gas o di polveri, che fo
forniscono
niscono una misura indiretta del valore della concentrazione, la taratura tar consiste
nella determinazione in campo della la curva di correlazione tra rrisposta
sposta strumentale ed i valori forniti da un secondo sistema manuale manu o automatico che rileva
la grandezza in esame.
me. In questo caso la curva di tarat
taratura
ra è definita con riferimento al volume di effluente gassoso nelle condizioni di pressione, temperatura
e percentuale di ossigeno effettivamente presenti ti nel condotto e senza detrazioni della umidità (cioè in mg/m3 e su tal quale). qu I valori determinati automati-
camente dal sistema in base a tale curva sono riportati, durante la fase di preelaborazione dei dati, alle condizioni di rife riferimento prescritte. La curva di corre-
lazione si ottiene per interpolazione, da effettuarsi
uarsi col metodo dei minimi qu quadrati
drati o con altri criteri statistici, dei valori rilevati attraverso più misure riferite
a diverse concentrazioni di inquinante
quinante nell'effluente gassoso. D Devono essere effettuate almeno tre misure re per tre diverse concentrazioni di inquinante.
L'interpolazione può essere di primo grado (lineare) are) o di secondo grado (p (parabolica)
rabolica) in funzione del numero delle misure effettuate a diversa concentrazio-
conce
ne, del tipo di inquinante misurato e del tipo di processo. Deve essere scelta la curv curvaa avente il coefficiente di correlazione più prossimo
pross all'unità.
Le operazioni di taratura sopra descritte devono essere effettuate con per periodicità almeno annuale.
4.2.2. La risposta strumentale sullo zero degli analizzatori in situ con misura diretta deve essere re verificata nei periodi in cui l'impianto non è in funzione.
4.3. Le verifiche in campo sono le attività destinate nate all'accertamento della correttezza delle operazioni
perazioni di misura. Tali attività sono effettuate dall'autorità
dall'aut
competente per il controllo o dal gestorestore sotto la supervisione della stessa.
4.3.1. Per gli analizzatori in situ che forniscono una misura indiretta le verif
verifiche in campo coincidonodono con le operazioni di taratura indicate nel punto 4.2.
4.3.2 Per le misure di inquinanti gassosi basati ti su analizzatori in situ con misura diretta e di tipo estrattivo, la verifica in campo consiste nella d determinazione
dell'indice di accuratezza relativo da effettuare come descritto nel punto 4.4. e con periodicità almeno annuale.
4.4. La verifica di accuratezza
uratezza di una misura si effettua confrontando le m misure rilevate dal sistema
stema in esame con le misure rilevate nello stesso punto o nella
stessa zona di campionamentomento da un altro sistema di misura assunto come riferimento. L'accordo tra i due sistemi si va valuta, effettuando almeno tre misure
di confronto,
fronto, tramite l'indice di accuratezza relativo (IAR). Tale indice si calcola, dopo aver determ
determinato
nato i valori assoluti (Xi) delle differenze delle concentra-
concentr
zioni misurate dai due sistemi nelle N prove effettuate, applicando la formula seguente:

IAR = 100* ( 1- M + Ic )
Mr

Dove:
- M è la media aritmetica degli N valori xi
- Mr è la media dei valori delle concentrazioni rilevate
levate dal sistema di rifer
riferimento;
- Ic è il valore assoluto dell'intervallo di confidenza
denza calcolato per la media degli N valori xj o
ossia:

dove:
- N è il numero delle misure effettuate
- S è la deviazione standard dei valori xj cioè:

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- tn è la variabile causale t di Student calcolata per un livello di fiducia del 95% e per n gradi di libertà pari a (N - 1). I valori di tn sono riportati nella tabella
seguente in funzione di N:

N tn
3 4.303
4 3.182
5 2.776
6 2.571
7 2.447
8 2.365
9 2.306
10 2.262
11 2.229
12 2.201
13 2.179
14 2.160
15 2.145
16 2.131

La correttezza delle operazioni di misura è verificata cata se l'indice di accurate


accuratezzaza relativo delle due misure è superiore all'80%.
5. Elaborazione, presentazione e valutazione dei risultati
5.1. In fase di preelaborazione dei dati il valore medio orario deve essere invali invalidato se la disponibilità
nibilità dei dati elementari è inferiore al 70%.
5.1.1. Salvo diversamente disposto dall'autorizzazione,
zazione, i valori medi su p periodi
riodi di osservazione diversi dall'ora sono calcolati, ai fini del confronto
confro con i perti-
nenti valori limite, a partire dal valore medio orario.
5.1.2. I valori medi orari calcolati sono utilizzabilili nelle elaborazioni succe
successive ai fini della verificaca dei valori limite se, oltre ad essere validi relativamente
rel alla
disponibilità dei dati elementari, si riferiscono ad ore di normale funzionamento (2069). Il sistema di acquisizione o elaborazione dei dati deve essere pertan- perta
to in grado di determinare
minare automaticamente, durante il calcolo delle medie per periodi di osservazione superiori all' all'ora,
ra, la validità del valore medio orario.
or I
valori di concentrazione devono essere riportati alle co condizioni di riferimento e sono ritenuti validi se sono no valide le misure, effettuate contemporaneamen-
contemporane
te, di tutte le grandezze necessarie alla determinazione
terminazione di tali valori, fatto salvo quanto previsto dal punto 3.8.2.
5.2. Salvo diversamente disposto nell'autorizzazione, zione, i limiti alle emissioni si intendono riferiti alle concentrazioni mediate sui periodi temporali (medie mob mobi-
li di 7 giorni, mensili, giornaliere ecc.) indicati, per le diverse ttipologie di impianto, nel presente decreto.
5.2.1. Qualora i valori limite di emissione si applichino
plichino alle concentrazioni medie giornaliere, aallo lo scadere di ogni giorno devono essere calcolati ed archiviati i
valori di concentrazione medi giornalieri secondo do quanto indic
indicatoto al punto 5.1.1. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie riferite al giorno sia infe- inf
riore al 70% il valore
lore medio giornaliero è invalidato. In questi casi la verifica del rispetto del limite giornaliero deve essere effettuata ccon le procedure previ-
ste nel punto 5.5.1. Il valore medio giornaliero non deeve essere calcolato nel caso in cui le ore di normale male funzionamento (2069) nel giorno siano inferiori i a 6.
In tali casi si ritiene non significativo il valore mediodio giornaliero. Ov Ovee prescritto nell'autorizzazione o richiesto dall'autorità competente
co per il controllo, nel
caso in cui l'autorizzazione
zazione stabilisca un valore limite di emissione riferito ad un periodo di osservazione inferiore al mese, allo scadere di og ogni giorno devono
essere registrati i casi in cui il valorere medio giornaliero è risultato superiore al valore limite; tale sup superamento
ramento deve essere espresso come incremento per- pe
centuale rispetto al valore limite.
5.2.2. Qualora i valori limite di emissione si applichino
plichino alle cconcentrazioni
oncentrazioni medie mobili di 7 giorni, allo scadere di ogni giorno devono essere calcolati ed ar- a
chiviati i valori di concentrazione media degli ultimi sette giorni tr trascorsi
scorsi (media mobile di sette giorni). Nel caso in cui la disponibilità
disp delle medie orarie cal-
colate nei sette giorni sia inferiore al 70% il valore medio è inv invalidato.
lidato. La media dei sette giorni non deve essere calcolata nel caso in cui le ore di normale
funzionamento
zionamento (2069) nei sette giorni sono inferiori a 42. In tali casi si ritiene non si significativo il valore della media.
5.2.3. Qualora i valori limite di emissione si applichino
plichino alle concentrazioni medie mensili, allo scadere di ogni mese civile devono essere calc calcolati ed archiviati
il valore limite relativo al mese trascorso (nel caso di impianti multicombustibile) le) ed il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo. Il valore medio
mensile non deve essere calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento (2069) nel mese civile siano inf inferiori
riori a 144. In tali casi si ritiene
ritien non signi-
ficativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la d disponibilità delle medie orarie nel mese, calcolata secondo condo quanto indicato al punto 5.5, sia inferiore
all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente
ticamente non deve essere considerato direttamente tamente utilizzabile per la verifica
ver del rispetto del valore limi-
te. In questi casi la verifica del rispetto
spetto del limite mensile deve essere effettuata ai sensi del punto 5.5.1.
5.2.4. Fermo restando quanto stabilito al punto 5.3, per gli impianti di ccui ui all'allegato I, parte IV, sezione 1, il mese, salvo diversa prescrizione autorizzativa,
a è

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inteso come una sequenza di 720 ore di normale funzionamento (2069). Il valore medio mensile è la media aritmetica dei valori medi orari validi rilevati nel
corso di ognuna delle sequenze consecutive di 720 ore considerate.
5.2.5 I valori medi mensili calcolati ai sensi del punto 5.2.4. sono archiviati e, ove richiesto dall'autorità competente per il controllo, trasmessi alla stessa uni-
tamente ai riferimenti di inizio e fine periodo del calcolo nonché al numero dei dati validi che concorrono al calcolo stesso. Nel caso in cui la disponibilità
delle medie orarie valide nelle 720 ore considerate sia inferiore all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non è considerato direttamente
utilizzabile per la verifica del rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite deve essere effettuata con le procedure previste nel
punto 5.5.1.
5.3. Per i grandi impianti di combustione, di cui all'allegato II, parte I, paragrafo 3, relativamente agli inquinanti SO2 ed NOx e polveri, allo scadere di ogni
mese civile sono calcolati ed archiviati i seguenti valori:
- il valore limite di emissione relativo al mese trascorso, calcolato secondo quanto previsto nello stesso paragrafo;
- il valore medio di emissione relativo allo stesso periodo.
Fermo restando il calcolo delle medie di 48 ore per gli impianti di combustione anteriori al 1988 e anteriori al 2006 e salvo diversa disposizione autorizzativa
o data dall'autorità competente per il controllo, il valore medio mensile non viene calcolato nel caso in cui le ore di normale funzionamento (2069) nel mese
civile siano inferiori a 240. In tali casi si ritiene non significativo il valore medio mensile. Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nel mese calcolate
ai sensi del punto 5.5. sia inferiore all'80%, il valore medio mensile calcolato automaticamente non è considerato direttamente utilizzabile per la verifica del
rispetto del valore limite. In questi casi la verifica del rispetto del limite mensile è effettuata ai sensi del punto 5.5.1.
5.3.1 II calcolo delle medie di 48 ore si riferisce a sequenze consecutive di 48 ore di normale funzionamento (2069). Ogni media è archiviata allo scadere del
periodo a cui il calcolo si riferisce. Contestualmente deve essere calcolato, ai sensi dell'allegato II, parte I, paragrafo 3, e archiviato il valore limite relativo alle
stesse 48 ore di normale funzionamento (2069). Nel caso in cui la disponibilità delle medie orarie nelle 48 ore considerate sia inferiore al 70% il valore medio
non è considerato valido ai fini della verifica del rispetto del limite sulle medie di 48 ore. Allo scadere di ognuno dei periodi di calcolo si provvede ad aggior-
nare e archiviare l'elenco dei casi in cui le medie di 48 ore hanno superato il 110% del limite corrispondente ed il numero delle medie di 48 ore valide dall'ini-
zio dell'anno. Nel calcolare le percentuali delle medie di 48 ore da sottoporre a verifica si fa riferimento alle medie di 48 ore valide e si approssima il numero
risultante per eccesso o per difetto al numero intero più vicino.
5.4. Il gestore è tenuto a conservare e a mettere a disposizione dell'autorità competente per il controllo, per un periodo minimo di cinque anni, salvo diversa
disposizione autorizzativa, i dati rilevati ed elaborati secondo quanto previsto ai punti 5.1, 5.2. e 5.3 utilizzando, per l'archiviazione, appositi formati predi-
sposti dall'autorità competente per il controllo, sentito il gestore. Si riporta in appendice 4 un esempio di tale formato relativo ai grandi impianti di combu-
stione. Per i medi impianti di combustione l'archiviazione dei dati è effettuata ai sensi del punto 5-bis.2. (2080)
5.5. L'indice di disponibilità mensile delle medie orarie del singolo inquinante, si calcola nel seguente modo:

Id = 100* NS
Onf

dove:
- Ns è il numero delle medie orarie valide registrate dal sistema di acquisizione.
- Onf sono le ore di normale funzionamento (2069) dell'impianto nel mese.
Il gestore è tenuto a riportare nella documentazione di cui al punto 5.4 le cause di indisponibilità dei dati.
5.5.1. Qualora l'indice di cui al punto 5.5. sia inferiore all'80%, la verifica del rispetto dei valori limite deve essere effettuata integrando i dati rilevati automa-
ticamente con i dati e le informazioni raccolti in conformità a quanto indicato nei punti 2.5, 2.6 e 2.7.
5-bis. Medi impianti di combustione (2081)
5-bis.1. Ai medi impianti di combustione si applicano, in aggiunta alle disposizioni dei paragrafi 1, 2, 3, 4, e 5, le specifiche disposizioni del presente paragra-
fo. Se è utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni si applicano, in luogo delle pertinenti disposizioni dei paragrafi 2, 3 e 5, i punti 4 e 5
della sezione 8 della Parte II dell'allegato II alla Parte Quinta ed i valori limite di emissione si considerano rispettati se, nelle ore di normale funzionamento,
durante un anno civile:
il 95 per cento di tutti i valori medi orari convalidati non supera il 200 per cento dei pertinenti valori limite di emissione,
nessun valore medio giornaliero convalidato supera il 110 per cento dei pertinenti valori limite di emissione o, in caso di impianti composti esclusivamente
da caldaie alimentate a carbone, il 150 per cento dei pertinenti valori limite di emissione,
nessun valore medio mensile convalidato supera i pertinenti valori limite di emissione.
5-bis.2. Il gestore di stabilimenti in cui sono ubicati medi impianti di combustione archivia e conserva, per ciascun medio impianto di combustione, sulla base
dello schema previsto all'appendice 4-bis i dati previsti ai punti 2.7, 2.8 e 3.2, i dati di monitoraggio previsti al punto 5.4, le comunicazioni previste al punto
5-bis.3 e gli interventi posti in essere ai sensi dell'articolo 271, commi 14, 20-bis e 20-ter.
5-bis.3. Le comunicazioni delle anomalie o dei guasti tali da non permettere il rispetto di valori limite di emissione e le comunicazioni delle non conformità
accertate nel monitoraggio di competenza del gestore, ai sensi dell'articolo 271, commi 14 e 20, sono effettuate secondo il formato stabilito dalla normativa
regionale.
5-bis.4. L'autorizzazione o, in caso di impianti di stabilimenti non soggetti ad autorizzazione, l'autorità competente per il controllo può disporre che i dati di
monitoraggio e altri dati previsti al punto 5-bis.2 siano soggetti ad invio periodico, anche utilizzando, in caso di sistemi di monitoraggio in continuo, procedu-
re di trasmissione basate su sistemi informatici automatici.
5-bis.5. I dati previsti al punto 5-bis.2 e l'autorizzazione di cui agli articoli 269, 272 o 272-bis, sono messi senza ritardo a disposizione dell'autorità competen-
te per il controllo che ne richieda l'acquisizione. Tali dati, relativi ad un anno civile, sono conservati per almeno i sei anni civili successivi. L'autorità compe-
tente per il controllo richiede l'acquisizione dei dati a fini di controllo e quando un cittadino formuli una richiesta di accesso ai dati ivi contenuti.
5-bis.6. Per i medi impianti di combustione multi-combustibili i valori limite di emissione sono misurati nei periodi di normale funzionamento dell'impianto in
cui é utilizzato il combustibile o la miscela di combustibili che può determinare il livello più elevato di emissioni.
5-bis.7. Il gestore assicura, nei modi previsti dall'autorizzazione, la misura delle sostanze per cui sono prescritti valori limite di emissione e, anche quando
non sia prescritto un valore limite, la misura del monossido di carbonio.
5-bis.8. Se è utilizzato un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni l'autorizzazione prescrive una verifica almeno annuale mediante misurazioni

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parallele, svolte con il metodo utilizzato per i controlli dell'autorità competente, e disciplina le modalità per la comunicazione dei risultati della verifica all'au-
torità competente.
5-bis.9. L'autorizzazione che prevede, per il monitoraggio di competenza del gestore, misure periodiche basate su metodi discontinui, ne prescrive l'esecu-
zione quantomeno annuale.
5-bis.10. Le misure periodiche del punto 5-bis.9 si effettuano per la prima volta entro quattro mesi dalla più recente tra la data di messa in esercizio dell'im-
pianto e quella di rilascio dell'autorizzazione o di perfezionamento della procedura di adesione alle autorizzazioni generali, relative agli stabilimenti in cui
sono ubicati medi impianti di combustione.
5-bis.11. Il presente paragrafo si applica ai medi impianti di combustione esistenti a decorrere dalle date previste all'articolo 273-bis, comma 5. Fino a tali
date continuano ad applicarsi le sole disposizioni dei paragrafi 1, 2, 3, 4, e 5.
Appendice 1
Schema esemplificativo dei registri relativi ai controlli discontinui di cui ai punti 2.5 e 2.7

Ragione sociale ..........................................................

Autorizzazione alle emissioni in atmosfera n° ............. del

Sigla dei punti di Origine Data del prelievo Portata (Nm3/h) Inquinanti emessi Concentrazione (mg/Nm3) Flusso di massa Valori limite
emissione (g/h)
mgNm3 g/h

Appendice 2
Schema esemplificativo del registro relativo ai casi di interruzione del normale funzionamento degli impianti di abbattimento (manutenzione ordinaria e
straordinaria, guasti, malfunzionamenti, interruzione dell'impianto produttivo) (punto 2.8.)

Ragione sociale ..........................................................

Autorizzazione alle emissioni in atmosfera ex art .......... n° ............. del

Sigla emissioni Tipologia impianto di Motivo interruzione Data ed ora dell'in- Data ed ora del ripri- Durata della fermata
abbattimento dell'esercizio terruzione stino in ore

Appendice 3
Schema esemplificativo della tabella di riepilogo degli interventi di manutenzione periodica e straordinaria degli strumenti di misura (punto 3.2.)
QUADERNO DI MANUTENZIONE

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Stabilimento ...................................
Apprecchio N° .......................
Manutenzione periodica
Tipo di manutenzione ...............................
Ditta che esegue il lavoro
Addetto alle prove
Calendario degli interventi periodici

Data Firma addetto Note

Interventi straordinari
Tipo di strumento
Tipo di malfunzionamento
Data
Rilevata da
Intervento N°
Eseguito da
Data
Esito
Descrizione intervento
Firma dell'addetto
Appendice 4
Esempio di formato per l'archiviazione dei dati relativi ai grandi impianti di combustione (punto 5.4).
Tabella dei dati giornalieri
Dati di riferimento:
- numero delle ore di normale funzionamento (2069) nelle 48 ore trascorse (dalle 24 del giorno corrente alle ore 0 del giorno precedente);
- frazione della potenza media generata (elettrica o termica) con i diversi combustibili nel giorno e nelle 48 ore trascorse (proporzione in ragione del calore
prodotto dai diversi combustibili);
- tenore di ossigeno di riferimento nelle 48 ore trascorse;
- tenore medio di ossigeno misurato nelle 48 ore trascorse;
Dati per inquinante:
- limiti applicabili nelle 48 ore;
- concentrazione media nelle 48 ore trascorse;
- numero delle medie orarie valide nelle 48 ore trascorse;
Tabella dei dati mensili e di sintesi
La tabella riporta i valori medi mensili di consuntivo e i dati di sintesi per i parametri da valutare su base annuale.
Dati di riferimento:
- numero delle ore di normale funzionamento (2069) nel mese;
- tenore di ossigeno di riferimento (può essere variabile nel caso di impianti multicombustibile);
- tenore medio di ossigeno misurato;
- frazione della potenza generata (elettrica o termica) con i diversi combustibili nel mese.
Dati per inquinante:
- concentrazioni medie mensili rilevate;
- numero delle medie orarie valide rilevate nel mese;
- limiti applicabili nel mese;
- numero delle 48 ore caratterizzate da media valida;
- numero delle medie di 48 ore che nel mese hanno superato il 110% del limite corrispondente.
Tabella dei dati annuali
La tabella riporta il riepilogo di tutti i valori mensili consuntivati ed il consuntivo per inquinante dei dati da valutare su base annuale.
Dati su base annuale:
- numero delle ore di normale funzionamento (2069) nell'anno;
- numero delle 48 ore caratterizzate da media valida ed il calcolo del 5% o del 3% di tale numero (cioè del complemento al 95 e al 97%);
- numero delle medie di 48 ore che nell'anno hanno superato il 110% del limite corrispondente.
Appendice 4-bis (2082)
Schema dei dati da archiviare in caso di medi impianti di combustione (punto 5-bis.2)
- punti di emissione e origine delle relative emissioni;

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- indice di disponibilità mensile delle medie orarie;


- numero delle medie orarie valide durante il periodo di mediazione;
- valore limite per ciascun inquinante;
- concentrazioni medie rilevate per ciascun inquinante, con evidenza delle non conformità;
- concentrazioni medie orarie di ciascun inquinante rilevate, con applicazione del tenore di ossigeno di riferimento, durante il periodo di mediazione e corre-
lati valori medi su base oraria rilevati dei seguenti parametri di processo:
- tenore di O2 libero,
- tenore di vapore acqueo,
- temperatura dell'emissione,
- stato di impianto (produttività),
- portata;
- tipo e quantitativo di combustibili utilizzati;
- tipo di impianto di abbattimento delle emissioni e prove del funzionamento effettivo e costante di tale impianto, inclusa la documentazione relativa ad
ogni interruzione del normale funzionamento ed alla manutenzione ordinaria e straordinaria;
- dati relativi alle comunicazioni effettuate ai sensi dell'articolo 271, commi 14 e 20;
- dati relativi agli interventi effettuati ai sensi dell'articolo 271, commi 14, 20-bis e 20-ter.

(2069) A norma dell'art. 28, comma 1, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46 i riferimenti alle parole «ore di normale funzionamento», contenute nel presente allegato,
ovunque ricorrano, devono intendersi, relativamente ai grandi impianti di combustione, alle parole «ore operative».
(2070) Rubrica così sostituita dall'art. 4, comma 2, lett. a), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2071) Lettera così modificata dall'art. 4, comma 2, lett. b), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2072) Il punto 2.3 è stato sostituito dall'art. 4, comma 2, lett. c), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto di-
sposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, il paragrafo 2.3 è stato così modificato dall'art. 1, comma 2, lett. c), D.Lgs.
30 luglio 2020, n. 102.
(2073) Il punto 2.7 è stato così modificato dall'art. 4, comma 2, lett. d), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quan-
to disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2074) Il punto 2.8 è stato così modificato dall'art. 4, comma 2, lett. d), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quan-
to disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2075) Il punto 2.9 è stato così modificato dall'art. 4, comma 2, lett. e), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quan-
to disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2076) Lettera così modificata dall'art. 4, comma 2, lett. f), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto
dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2077) Il punto 3.2 è stato così modificato dall'art. 4, comma 2, lett. g), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quan-
to disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2078) Il punto 3.3 è stato così sostituito dall'art. 4, comma 2, lett. h), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto
disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2079) Il punto 3.5 è stato così così modificato dall'art. 4, comma 2, lett. i), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di
quanto disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2080) Il punto 5.4 è stato così modificato dall'art. 4, comma 2, lett. l), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto
disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2081) Il paragrafo 5-bis è stato aggiunto dall'art. 4, comma 2, lett. m), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto
disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2082) L'appendice 4-bis è stata aggiunta dall'art. 4, comma 2, lett. n), D.Lgs. 15 novembre 2017, n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto
disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017.
(2083) Vedi, anche, l'art. 38-bis, comma 4, D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 2012, n. 134.
(2084) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall'art.
3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato VII - Operazioni di deposito della benzina e sua distribuzione dai terminali agli impianti di distribuzione
In vigore dal 29 aprile 2006

Parte I
1. Definizioni
Ai fini del presente allegato si intende per:
a) vapori: composti aeriformi che evaporano dalla benzina;
b) vapori di ritorno: vapori provenienti da impianti di deposito o da cisterne mobili in fase di caricamento;
c) vapori residui: vapori che rimangono nella cisterna dopo lo scarico di benzina agli impianti di deposito;
d) sistema di recupero dei vapori: l'attrezzatura per il recupero di benzina dai vapori durante le operazioni di caricamento presso i terminali;
e) carro-cisterna: una cisterna mobile costituita da una sovrastruttura che comprende una o più cisterne ed i relativi equipaggiamenti, e da un telaio munito
dei propri equipaggiamenti (ruote, sospensioni), destinata al trasporto di benzine su rotaia;
f) nave-cisterna: una cisterna mobile costituite da una nave destinata alla navigazione interna quale definita nel capitolo 1 della direttiva 82/714/CEE del
Consiglio, del 4 ottobre 1982, destinata al trasporto di benzine in cisterne;
Parte II

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1. Requisiti per gli impianti di deposito di benzina presso i terminali


1.1 Rivestimenti
Le pareti esterne ed i tetti degli impianti di deposito di superficie devono essere dipinti di un colore con riflessione totale del calore radiante pari o superiore
al 70%. Il rispetto di tali adempimenti deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione in cui si attesti che, per la verniciatura, sono state utilizzate
vernici certificate dal fornitore come rispondenti alle norme contenute nell'appendice, applicate secondo regole di buona tecnica.
Detta disposizione non si applica agli impianti di deposito collegati ad un sistema di recupero dei vapori conforme ai requisiti di cui al punto 2.3.
Le operazioni di verniciatura possono essere programmate in modo da essere effettuate come parte dei normali cicli di manutenzione degli impianti di de-
posito. Il programma delle manutenzioni deve essere conservato dal gestore e reso disponibile su richiesta dell'autorità competente per il controllo.
1.2 Dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina
Gli impianti di deposito con tetto galleggiante esterno devono essere dotati di un dispositivo primario di tenuta che copra lo spazio anulare tra la parete del
serbatoio e il perimetro esterno del tetto galleggiante, nonché di un dispositivo secondario fissato su quello primario. Tali dispositivi devono essere proget-
tati in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 95% di quello di un serbatoio similare, a tetto fisso, privo di dispositivi
di controllo per il contenimento dei vapori ovvero di un serbatoio a tetto fisso dotato solo di valvola limitatrice di pressione. Il rispetto di tali adempimenti
deve essere certificato dal gestore con una dichiarazione in cui si attesti che la progettazione del sistema a doppia tenuta risponde a quanto previsto dal pre-
sente punto 1.2, verificato sulla base delle procedure di stima, contenute nella normativa API (American Petroleum Institute) MPMS, Chapter 19, e che tale
sistema è stato installato a regola d'arte. A tal fine si utilizza il «Manual of Petroleum Measurement Standards» - capitolo 19 - «Evaporative loss measure-
ment», sezione 1 - «Evaporative loss from fixed - roof tanks» e sezione 2 - «Evaporative loss from floating-rooftanks».
I dispositivi di controllo per il contenimento dei vapori degli impianti di deposito devono essere sottoposti a manutenzione periodica secondo le modalità
previste dalla regola d'arte.
1.3. Sistemi per il recupero dei vapori di benzina
- Gli impianti di deposito presso terminali la cui costruzione è stata autorizzata dopo il 3 dicembre 1997, ai sensi della normativa vigente al momento dell'au-
torizzazione, costituiti da serbatoi a tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema di recupero dei vapori in conformità ai requisiti di cui al paragrafo 2.
In alternativa, detti depositi devono essere progettati con un tetto galleggiante, interno o esterno, e dotati di dispositivi primari e secondari a tenuta in mo-
do da rispondere ai requisiti relativi alle prestazioni stabiliti dal punto 1.2.
- Gli altri impianti di deposito presso i terminali, costituiti da serbatoi a tetto fisso, devono essere collegati ad un sistema di recupero dei vapori in conformità
alle disposizioni contenute nel paragrafo 2. In alternativa, detti depositi devono essere dotati di un tetto galleggiante interno con un dispositivo primario a
tenuta progettato in modo da assicurare un contenimento complessivo dei vapori pari o superiore al 90% di quello di un serbatoio similare a tetto fisso privo
di dispositivi di controllo dei vapori.
1.4 Ai serbatoi a tetto fisso situati presso i terminali cui è consentito, ai sensi del punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori non si applicano i requisiti re-
lativi ai dispositivi per il contenimento dei vapori di benzina di cui al punto 1.3.
Appendice
Misura del fattore di riflessione delle superfìci dei serbatoi.
Ai fini di quanto prescritto al punto 1.2. per la determinazione del fattore di riflessione delle superfici dei serbatoi, può essere utilizzato uno dei seguenti
metodi di misura.
a) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale del calore radiante. Per riflessione totale del calore radiante si intende la riflessione dell'ener-
gia solare totale incidente, misurata nello spettro compreso fra 0,3 ÷ 2,5 ¼m di lunghezza d'onda (spettro solare incidente a livello della superficie terrestre).
Specifiche di prova: la procedura di prova per la determinazione del fattore di riflessione di una superficie (ottenuta in laboratorio su provini campione), si
basa sulle seguenti norme tecniche di riferimento: ASTM E 903-82 (1) ed ISO 9050 (2). Il fattore di riflessione della superficie deve essere superiore o uguale
al 70%.
b) Metodo basato sulla misura del fattore di riflessione totale dell'energia luminosa.
Tale metodo si riferisce alla misura del solo fattore di riflessione totale dell'energia luminosa ed è quindi relativo alla sola parte della radiazione solare con-
tenuta nel campo dello spettro visibile (0,38 ÷ 0,78 ¼m).
Specifiche di prova: la procedura di prova per la determinazione del fattore di riflessione totale dell'energia luminosa di una superficie (ottenuta su provini
campione in laboratorio) si basa sulla normativa di riferimento applicabile UNI 9389 (3) ed ISO 2813 (4).
Il fattore di riflessione della superficie all'energia luminosa deve essere superiore o uguale al 70%.
Nel caso in cui siano presenti serbatoi con superfici di materiale diverso o verniciati con colori diversi il valore medio di riflessione può essere calcolato dagli
indici di riflessione (misurati su campioni con uno dei precedenti metodi per i singoli colori), pesati con le estensioni delle relative aree di serbatoio. Il valore
medio di riflessione così calcolato deve essere superiore o eguale al 70%.
Riferimenti:
(1) ASTM E 903-82: «Standard test method for solar absorptance, reflectance and trasmittance of materials using integrating spheres».
(2) ISO 9050: «Glass in building. Determination of light trasmittance, direct solar trasmittance, total solar energy trasmittance and ultraviolet trasmittance,
and related glazing factors».
(3) UNI 9389: «Misura della riflessione di pellicole di prodotti vernicianti non metallizzanti».
(4) ISO 2813: «Paints and varnishes-Determination of specular gloss of non-metallic paint films at 20°, 60° and 85°».
2. Requisiti per gli impianti di caricamento presso i terminali.
2.1 Attrezzature per il caricamento dal basso
Le torri di caricamento di veicoli-cisterna presenti presso i terminali devono soddisfare le specifiche relative alle attrezzature per il caricamento dal basso
previste dal punto 3.2.
2.2. Recupero di vapori
I vapori di ritorno provenienti da una cisterna mobile in fase di caricamento devono essere convogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore,
verso un sistema di recupero di vapori. Tale disposizione non si applica alle operazioni di caricamento dall'alto di cisterne mobili che, in accordo con le dero-
ghe previste all'articolo 276, comma 5, non sono conformi alle prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2.
Nei terminali presso i quali negli tre anni civili precedenti l'anno in corso è stata movimentata una quantità di benzina inferiore a 25.000 tonnellate/anno, il
deposito temporaneo dei vapori può sostituire il recupero immediato dei vapori presso il terminale. Il serbatoio adibito esclusivamente a tale uso deve esse-
re chiaramente identificato. Per quantità movimentata si intende la quantità totale annua massima di benzina caricata in cisterne mobili dagli impianti di
deposito del terminale.
Nei terminali in cui la benzina è caricata su navi, può essere adottato un sistema di combustione dei vapori, se ogni altra operazione di recupero dei vapori è

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pericolosa o tecnicamente impossibile a causa del volume dei vapori di ritorno. I gestori degli impianti di caricamento che producono emissioni in atmosfera
provenienti dai sistemi di recupero dei vapori o dalle unità di combustione di vapori devono ottenere l'autorizzazione alle emissioni ai sensi del titolo I del
presente decreto.
2.3. Valori limite di emissione, criteri per la valutazione della conformità dei valori misurati ai valori limite di emissione
Agli effluenti gassosi emessi dai sistemi di recupero dei vapori si applica il valore limite di emissione pari a 10 g/Nm3 espressi come media oraria.
Le misurazioni effettuate ai fini della valutazione della conformità delle emissioni ai valori limite devono essere effettuate per un'intera giornata lavorativa
(minimo sette ore) in condizioni di normale movimentazione.
Dette misurazioni possono essere continue o discontinue. Le misurazioni discontinue devono essere rilevate almeno quattro volte ogni ora.
L'errore totale di misurazione dovuto alle attrezzature utilizzate, al gas di taratura e al metodo applicato, non deve superare il 10% del valore misurato.
L'apparecchiatura utilizzata deve essere in grado di misurare almeno concentrazioni di 1 g/Nm3.
La precisione della misura deve essere almeno pari al 95% del valore misurato. I controlli di competenza del gestore sono effettuati con periodicità semestra-
le.
2.4. Misure per la prevenzione di emissioni diffuse
Prima della messa in servizio dei sistemi di recupero dei vapori, il gestore è tenuto effettuare le procedure di prova cui sottoporre le linee di collegamento di
vapori di cui al punto 2.2 e ad istituire ed effettuare apposite procedure di controllo periodico secondo quanto indicato nella seguente appendice. È tenuto
altresì a seguire le procedure previste nella medesima appendice in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero.
2.5. Perdite accidentali
In caso di perdita accidentale di vapore, le operazioni di caricamento devono essere immediatamente arrestate a livello della torre di caricamento attraverso
dispositivi automatici di arresto che devono essere installati sulla torre.
2.6. Operazioni di caricamento di veicoli cisterna dall'alto
Durante le operazioni di caricamento dall'alto di veicoli cisterna che, in accordo con le deroghe previste all'articolo 276, comma 5, non sono conformi alle
prescrizioni per il caricamento dal basso stabilite al punto 3.2 l'uscita del braccio di caricamento deve essere mantenuta vicino al fondo della cisterna mobile,
per evitare spruzzi di benzina, ed il braccio di carico deve essere dotato di un dispositivo di captazione dei vapori.
Appendice
Procedure di prova cui sottoporre le linee di collegamento di vapore prima della messa in servizio dei sistemi di recupero dei vapori e nel corso della ma-
nutenzione periodica e procedure da seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero
a) Prove di tenuta del sistema di trasferimento (1).
Le tubazioni di convogliamelo del vapore devono essere provate, prima della messa in servizio dell'impianto, al fine di verificarne accuratamente la tenuta:
- prima di allacciare le apparecchiature, l'impianto deve essere provato con aria o gas inerte ad una pressione di almeno 100 mbar;
- la durata di prova deve essere di almeno 30 minuti;
- la tenuta deve essere controllata mediante manometro ad acqua od apparecchi di equivalente sensibilità;
- il manometro non deve accusare una caduta di pressione fra le due letture eseguite all'inizio ed al termine del secondo quarto d'ora di prova;
- se si verificano delle perdite, queste devono essere ricercate con l'ausilio di una soluzione saponosa;
- le parti difettose devono essere sostituite e le guarnizioni rifatte;
- non si devono riparare dette parti con mastici, ovvero cianfrinarle;
- una volta eliminate le perdite occorre ripetere la prova di tenuta;
- le prove di tenuta precedenti devono essere ripetute con frequenza triennale;
- se i sistemi sono assemblati con collegamenti fissi (per esempio saldati o cementati), essi devono essere testati su tutto l'assemblaggio, con le stesse moda-
lità di prova sopra descritte
b) Collegamento delle apparecchiature e messa in servizio dell'impianto.
Effettuato il collegamento delle apparecchiature alle parti fisse, ad allacciamento terminato, dovrà essere controllata, mediante soluzione saponosa od altro
idoneo equivalente mezzo, la perfetta tenuta dell'impianto, con particolare riguardo ai collegamenti.
c) Avviamento dell'impianto.
Deve essere effettuata una verifica del buon funzionamento delle apparecchiature e degli eventuali dispositivi di sicurezza.
d) Manutenzione periodica.
La manutenzione che il gestore deve assicurare consiste nel frequente controllo dello stato di efficienza delle tubazioni e dei collegamenti, con particolare
riguardo per i tubi flessibili e le guarnizioni. Le parti difettose devono essere sostituite. Il monitoraggio in servizio deve comprendere un esame visivo del
sistema per verificare eventuali danneggiamenti, disallineamenti o corrosioni del sistema di tubazioni e nei giunti.
Deve essere eseguito un esame visivo delle tubazioni flessibili usate per collegare contenitori mobili al sistema di tubazioni di raccolta del vapore, al fine di
individuarne eventuali danneggiamenti.
Gli esami visivi devono essere ripetuti con frequenza almeno trimestrale.
e) Procedure di notifica da seguire in caso di mancato funzionamento dei sistemi di recupero dei vapori.
Il gestore, deve informare l'autorità competente, prima di un pianificato spegnimento di un sistema di recupero vapori che comporti una fermata superiore
ai tre giorni.
Deve inoltre specificare la data, il periodo previsto ed il motivo dell'arresto.
Nel caso di un arresto non pianificato, il gestore deve informare l'autorità competente della causa dell'arresto, dei provvedimenti attuati al fine di riportare
in operazione l'unità e del probabile periodo di non funzionamento. L'autorità competente dispone i provvedimenti necessari ai sensi dell'articolo 271,
comma 14.
Il gestore deve adoperarsi per assicurare che il sistema sia riportato in condizioni di operatività il più rapidamente possibile e deve tempestivamente infor-
mare l'autorità competente qualora l'arresto si prolunghi per un periodo di tempo superiore a quello originariamente previsto e comunicato all'autorità
stessa. Il gestore provvede ad annotare su un apposito registro i periodi di mancata operatività del sistema di recupero dei vapori.
Riferimenti:
(1) UNI 7131- 72: «Impianti a gas di petrolio liquefatti per uso domestico non alimentati da rete di distribuzione».
3. Requisiti per le cisterne mobili e per i veicoli cisterna.
3.1 Contenimento dei vapori di benzina

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3.1.1. I vapori residui devono essere trattenuti nella cisterna mobile dopo lo scarico della benzina.
3.1.2. Le cisterne mobili sono progettate e utilizzate in modo che i vapori di ritorno provenienti dagli impianti di deposito situati presso gli impianti di distri-
buzione o presso i terminali siano raccolti e trattenuti nelle stesse. Il sistema di raccolta deve consentire la tenuta dei vapori durante le operazioni di trasfe-
rimento della benzina. Per i carro-cisterna le suddette prescrizioni trovano applicazione solo se gli stessi forniscono la benzina a impianti di distribuzione o la
caricano presso i terminali in cui è consentito ai sensi del paragrafo 2, punto 2.2, il deposito temporaneo dei vapori.
3.1.3. Salva l'emissione attraverso le valvole di sfiato previste dalla vigente normativa, i vapori menzionati ai punti 3.1.1. e 3.1.2. sono trattenuti nella cister-
na mobile sino alla successiva operazione di caricamento presso il terminale.
3.1.4. Le cisterne montate su veicoli-cisterna devono essere sottoposte a verifiche triennali della tenuta della pressione dei vapori e del corretto funziona-
mento delle valvole di sfiato.
3.2. Specifiche per il caricamento dal basso, la raccolta dei vapori e la protezione contro il troppo pieno nei veicoli cisterna.
3.2.1. Accoppiatori.
a) L'accoppiatore per i liquidi sul braccio di caricamento deve essere un accoppiatore femmina, cui corrisponde un adattatore maschio API di 4 pollici (101,6
mm) posizionato sul veicolo-cisterna, quale definito dalla: API RECOMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 - Bottom Loading and
Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor Vehicles (Section 2.1.1.1 - Type of Adapter used for Bottom Loading).
b) L'accoppiatore per la raccolta dei vapori sul tubo di raccolta dei vapori della torre di caricamento deve essere un accoppiatore femmina a camma e scana-
latura cui corrisponde un adattatore maschio a camma e scanalatura di 4 pollici (101,6 mm) posizionato sul veicolo-cisterna, quale definito dalla: «API RE-
COMMENDED PRACTICE 1004 SEVENTH EDITION, NOVEMBER 1988 - Bottom Loading and Vapour Recovery for MC-306 Tank Motor. Vehicles (Section 4.1.1.2
- Vapour Recovery Adapter)».
3.2.2. Condizioni di caricamento.
a) Il caricamento normale per i liquidi è di 2.300 litri al minuto (massimo: 2.500 litri al minuto) per braccio di caricamento.
b) Quando il terminale lavora a regime massimo, il sistema di raccolta dei vapori della torre di caricamento, ivi compreso il sistema di recupero dei vapori,
può generare una contropressione massima di 55 millibar sul lato del veicolo-cisterna dov'è posizionato l'adattatore per la raccolta dei vapori.
c) Tutte le cisterne montate su veicoli, idonee al caricamento dal basso sono munite di una targa di identificazione che specifica il numero massimo di bracci
di caricamento che possono operare simultaneamente purché, in corrispondenza della contropressione massima dell'impianto di cui alla lettera b), non fuo-
riescano vapori dai compartimenti e dalle valvole.
3.2.3. Collegamento della messa a terra e del rivelatore di dispersione/troppopieno del veicolo-cisterna.
a) La torre di caricamento deve essere munita di un rivelatore di troppopieno che, collegato al veicolo-cisterna, emette un segnale di consenso all'operazio-
ne con logica di interruzione in caso di guasto o malfunzionamento. Il caricamento è consentito ai sensi del punto 2.2., se nessun sensore di troppopieno nei
vari compartimenti rileva un livello elevato.
b) Il veicolo-cisterna deve essere collegato al rilevatore collocato sulla torre di caricamento con un connettore elettrico industriale standard a 10 conduttori.
Il connettore maschio deve essere montato sul veicolo-cisterna, mentre il connettore femmina deve essere fissato ad un cavo volante raccordato al rilevato-
re posizionato sulla torre.
c) I rilevatori del livello installati sul veicolo-cisterna devono essere termistori a due fili, sensori ottici a due fili, sensori ottici a cinque fili o dispositivi equiva-
lenti compatibili, purché il sistema sia tale da disporsi automaticamente in condizioni di sicurezza in caso di guasto. I termistori devono avere un coefficiente
negativo di temperatura.
d) Il rilevatore collocato sulla torre di caricamento deve essere compatibile con i sistemi a due o a cinque fili montati sul veicolo-cisterna.
e) Il veicolo-cisterna deve essere collegato alla torre di caricamento attraverso il filo comune di terra dei sensori di troppopieno, collegato al conduttore n.
10 del connettore maschio attraverso il telaio del veicolo-cisterna. Il conduttore n. 10 del connettore femmina deve essere collegato al telaio del rilevatore, a
sua volta collegato alla terra della torre.
f) Tutte le cisterne idonee al caricamento dal basso sono munite della targa di identificazione di cui al punto 3.2.2, lettera e) che specifica il tipo di sensori
per il rilevamento del troppopieno installati (ad esempio, a due o cinque fili).
3.2.4. Posizionamento dei collegamenti.
a) La progettazione delle strutture per il caricamento dei liquidi e la raccolta dei vapori sulla torre di caricamento si basa sul seguente posizionamento dei
collegamenti sul veicolo-cisterna:
- L'altezza della linea centrale degli accoppiatori per i liquidi non deve essere superiore a 1,4 metri (senza carico) e inferiore a d 0,5 metri (sotto carico); l'al-
tezza ideale è compresa tra 0,7 e 1 metro.
- La distanza orizzontale tra gli accoppiatori non deve essere inferiore a 0,25 metri; la distanza minima ideale è pari a 0,3 metri.
- Tutti gli accoppiatori per i liquidi sono posizionati in un alloggiamento di lunghezza non superiore a 2,5 metri.
- L'accoppiatore per la raccolta dei vapori, ove tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla sinistra degli accoppiato-
ri per i liquidi, ad un altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico).
b) Il connettore per la messa a terra/troppopieno, ove tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile, deve essere posizionato alla sinistra degli
accoppiatori per i liquidi e per la raccolta dei vapori, ad un'altezza non superiore a 1,5 metri (senza carico) e non inferiore a 0,5 metri (sotto carico).
c) I collegamenti sopra descritti sono posizionati su un unico lato del veicolo-cisterna.
3.2.5. Blocchi di sicurezza.
a) Messa a terra e dispositivo di troppo pieno.
Il caricamento è consentito soltanto quando il rilevatore combinato di messa a terra/troppopieno emette un segnale di autorizzazione. In caso di troppo pie-
no o di mancanza di messa a terra del veicolo-cisterna, il rivelatore montato sulla torre deve chiudere la valvola di controllo del caricamento.
b) Rilevatore di raccolta dei vapori. Il caricamento è consentito soltanto se il tubo per il recupero dei vapori è collegato al veicolo-cisterna e i vapori spostati
possono liberamente fluire dal veicolo-cisterna al sistema di recupero dei vapori dell'impianto.
4. Requisiti per gli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione e per le operazioni di trasferimento della benzina presso gli impianti di distribuzio-
ne e presso terminali in cui è consentito il deposito temporaneo di vapori
4.1. I vapori di ritorno durante le operazioni di trasferimento della benzina negli impianti di deposito presso gli impianti di distribuzione dei carburanti devo-
no essere convogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di trasferimen-
to possono essere effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente.
Il gestore dell'impianto di distribuzione deve predisporre idonee procedure per gli autisti dei veicoli-cisterna che dovranno includere istruzioni sul collega-
mento della tubazione di bilanciamento del vapore prima del trasferimento della benzina all'impianto di distribuzione dei carburanti. Le procedure devono
inoltre contenere istruzioni per la fase di distacco delle tubazioni alla fine delle operazioni di trasferimento.

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Le operazioni di trasferimento devono essere riportate nel registro di carico e scarico dell'impianto di distribuzione del carburante e controfirmate dal gesto-
re dell'impianto di distribuzione e dall'autista del veicolo-cisterna.
4.2. Nei terminali cui è consentito il deposito temporaneo dei vapori, i vapori spostati durante le operazioni di trasferimento della benzina devono essere
riconvogliati, tramite una linea di collegamento a tenuta di vapore, verso la cisterna mobile che distribuisce la benzina. Le operazioni di carico possono esse-
re effettuate soltanto se detti dispositivi sono installati e funzionano correttamente.

Allegati alla Parte Quinta


Allegato VIII - Impianti di distribuzione di benzina
In vigore dal 12 giugno 2016

1. Definizioni
Ai fini del presente allegato si intende per:
a) efficienza del sistema di recupero: il rapporto percentuale tra il peso dei vapori di benzina recuperati e il peso degli stessi che risulterebbe rilasciato
nell'ambiente in assenza del sistema di recupero;
b) pompa di erogazione macchina idraulica atta all'estrazione della benzina dall'impianto di deposito verso il distributore, ai fini dell'erogazione;
c) rapporto V/L: rapporto tra il volume di vapori di benzina ed aria recuperati (V) e il volume di benzina erogato (L);
d) testata contometrica: dispositivo per l'indicazione e il calcolo delle quantità di benzina erogata, la cui adozione è obbligatoria per distributori inseriti in un
impianto di distribuzione dei carburanti in rapporto con il pubblico;
e) pompa del vuoto: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da una macchina idraulica atta a creare una depressione che facilita il passag-
gio dei vapori di benzina dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito;
f) circolatore idraulico: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un dispositivo atto a creare una depressione che facilita il passaggio dei
vapori di benzina dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito;
g) ripartitore: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un dispositivo atto a separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di
recupero dei vapori, dal quale tali linee si dipartono distintamente;
h) tubazione di erogazione: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un tubo flessibile per l'erogazione della benzina;
i) tubazione coassiale: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un tubo flessibile costituito da due tubi concentrici per il passaggio ri-
spettivamente della benzina erogata e dei vapori recuperati;
l) tubazioni gemellate: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da due tubi flessibili distinti per il passaggio rispettivamente del carburante
erogato e dei vapori recuperati;
m) pistola erogatrice: componente del sistema di recupero dei vapori costituito da un apparecchio per il controllo del flusso del carburante durante una ope-
razione di erogazione.
2. Requisiti di efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di fase II. (2087)
Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione o il riconvogliamen-
to degli stessi al distributore per la reimmissione in commercio. Ai fini dell'omologazione, l'efficienza del sistema di recupero dei vapori non deve essere infe-
riore all'85%. In caso di sistemi che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione, il rapporto
V/L del sistema deve sempre mantenersi in un intervallo compreso tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi. Il raggiungimento di tale valore di efficienza del sistema di
recupero deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i paragrafi 2-ter e 2-quinquies.
2-bis. Requisiti di efficienza degli altri sistemi di recupero dei vapori ammessi presso gli impianti di cui all'articolo 277, comma 6. (2097)
Il sistema di recupero deve prevedere il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione. Ai fini dell'omolo-
gazione, l'efficienza media del sistema di recupero dei vapori non deve essere inferiore all'80%, raggiunto con un valore medio del rapporto V/L compreso
tra 0,95 e 1,05, estremi inclusi. Il rapporto V/L del sistema deve sempre mantenersi entro tale intervallo. Il raggiungimento di tale valore di efficienza del
sistema di recupero deve essere comprovato da una prova effettuata su prototipo. Per tale certificazione si applicano i paragrafi 2-quater e 2-quinquies. Se
l'efficienza certificata ai sensi del paragrafo 2-ter è pari o superiore all'85%, con un valore medio del rapporto V/L sempre compreso tra 0,95 e 1,05, estremi
inclusi, il sistema di recupero deve essere comunque considerato di fase II.
2-ter. Certificazione dell'efficienza dei sistemi di recupero dei vapori di fase II. (2098)
L'efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione è de-
terminata in base a quanto disposto dalla norma EN 16321-1.
2-quater. Certificazione dell'efficienza dei sistemi di recupero dei vapori ammessi presso gli impianti di cui all'articolo 277, comma 6. (2097)
Nelle more dell'emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione, l'efficienza dei sistemi di recupero che prevedono il
trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione è determinata misurando le perdite di vapori di benzina glo-
bali, incluse quelle degli sfiati degli impianti di deposito interrati, attraverso apposite prove effettuate con sistemi di misura che utilizzano il metodo volume-
trico-gravimetrico del TÜV Rheinland, ovvero altro metodo equivalente. L'equivalenza del metodo deve risultare da apposite prove.
2-quinquies. Certificazione dell'efficienza dei prototipi. (2097)
La certificazione comprovante l'efficienza del prototipo è rilasciata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI CEI EN ISO/IEC 17025. Per laborato-
rio accreditato s'intende un laboratorio accreditato da un organismo riconosciuto dall'European Co-operation for accreditation.
2-sexies. Atti di conformità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126. (2097)
Restano fermi, per i sistemi di recupero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, gli obblighi relativi alle procedure ed
agli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126.
3. Requisiti costruttivi e di installazione. (2085) (2086)
3.1. Il presente paragrafo si applica, fino all'emanazione di una specifica norma tecnica da parte dei competenti enti di normazione, ai sistemi di recupero
che prevedono il trasferimento dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione. (2099)
3.1-bis. L'insieme dei dispositivi dei sistemi di recupero dei vapori comprende pistole di erogazione predisposte per il recupero dei vapori, tubazioni flessibili
coassiali o gemellate, ripartitori per la separazione della linea dei vapori dalla linea di erogazione della benzina, collegamenti interni ai distributori, linee in-
terrate per il passaggio dei vapori verso i serbatoi, e tutte le apparecchiature e i dispositivi atti a garantire il funzionamento degli impianti in condizioni di
sicurezza ed efficienza. (2100)
3.2 I sistemi di recupero dei vapori sono classificati, sulla base del principio di funzionamento, in sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale e si-

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stemi di recupero dei vapori a circolazione forzata, come definiti dai punti 3.3. e 3.4, i quali stabiliscono altresì i requisiti tecnici di carattere generale di tali
impianti.
3.3. Sistemi di recupero dei vapori a circolazione naturale. In tali sistemi la pressione esistente nel serbatoio del veicolo e la depressione che si crea nell'im-
pianto di deposito quando si estrae il carburante determinano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo verso l'impianto di deposito durante il riforni-
mento, senza l'impiego di pompe a vuoto, aspiratori o altri dispositivi atti a facilitare la circolazione dei vapori.
3.4 Sistemi di recupero dei vapori a circolazione forzata. Tali sistemi prevedono l'impiego di dispositivi che, in aggiunta alla differenza di pressione che si de-
termina tra il serbatoio del veicolo e l'impianto di deposito, facilitano il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo all'impianto di deposito durante il rifor-
nimento. In base al tipo di dispositivo impiegato tali sistemi sono classificati in:
a) Sistemi assistiti da pompe. Tali sistemi prevedono l'impiego di una o più pompe del vuoto atte a creare una depressione che facilita il passaggio dei vapori
stessi dal serbatoio del veicolo verso gli impianti di deposito. Sulla base del numero e della disposizione delle pompe a vuoto impiegate, tali sistemi vengono
classificati in:
- sistemi dedicati. Tali sistemi prevedono l'impiego di almeno una pompa del vuoto installata nel corpo di ciascun distributore, e messa in funzione all'atto
dell'erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di
carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis. La pompa del vuoto deve essere dotata di idonei dispositivi tagliafiamma posti sulla
mandata e sull'aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di pericolo in cui è ubicato.
- sistemi centralizzati. Tali sistemi prevedono l'impiego di un'unica pompa del vuoto centralizzata asservita a più distributori, installata lungo la linea di ritor-
no dei vapori e messa in funzione all'atto dell'erogazione del carburante. Il sistema deve avere requisiti tali da garantire la proporzionalità del volume di va-
pore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis. La pompa del vuoto deve essere dotata di ido-
nei dispositivi tagliafiamma posti sulla mandata e sull'aspirazione; il motore della pompa del vuoto deve avere un grado di protezione adeguato alla zona di
pericolo in cui è ubicato.
b) Sistemi a circolatore idraulico. Tali sistemi prevedono l'impiego di un circolatore idraulico (pompa a getto, aspiratore Venturi o altro dispositivo) al fine di
ottenere una depressione atta a facilitare il passaggio dei vapori dal serbatoio del veicolo agli impianti di deposito durante la fase del rifornimento. Il circola-
tore idraulico può essere installato presso il distributore o presso la pompa di erogazione del carburante, e deve avere requisiti tali da garantire la propor-
zionalità del volume di vapore recuperato in funzione del volume di carburante erogato, secondo quanto indicato ai paragrafi 2 e 2-bis; la mandata del circo-
latore idraulico deve essere dotata di idoneo dispositivo tagliafiamma. (2088)
3.5 Le pistole erogatrici da impiegarsi nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori devono avere requisiti tali da garantire l'esercizio dell'im-
pianto in condizioni di sicurezza e di efficienza. Esse devono essere provviste di un condotto separato per il passaggio dei vapori, di una valvola di ritegno per
mantenere chiuso il circuito dei vapori tra due successive operazioni di erogazione e di idonei dispositivi atti a garantire l'arresto dell'erogazione per serbato-
io pieno e per caduta a terra della pistola. Se l'impianto è dotato di sistema di recupero dei vapori di benzina a circolazione naturale le pistole di erogazione
devono garantire una tenuta con il bocchettone di carico del serbatoio del veicolo.
3.6 Nei distributori dotati di sistema per il recupero dei vapori è consentito l'impiego di tubazioni flessibili coassiali o gemellate. La lunghezza massima di tali
tubazioni, esterna al distributore, è pari a 5,00 m.
3.7 Al fine di separare la linea di erogazione del carburante dalla linea di recupero dei vapori è necessario installare un idoneo ripartitore coassiale, dal quale
si dipartono distintamente la linea di erogazione del carburante e la linea di recupero dei vapori.
Se il distributore è dotato di tubazioni flessibili coassiali il ripartitore coassiale può essere installato all'interno o all'esterno del corpo del distributore; se il
distributore è dotato di tubazioni flessibili gemellate il ripartitore coassiale deve essere installato sulla pistola erogatrice.
3.8 II collegamento tra il distributore e le tubazioni interrate del sistema di recupero dei vapori di benzina può essere costituito da un tronco di tubazione
flessibile o rigido.
3.9 Le linee interrate di ritorno dei vapori di benzina, nel tratto compreso tra i distributori e gli impianti di deposito, possono assumere le seguenti configura-
zioni:
a) linee dedicate (una per ogni distributore), le quali collegano ciascun distributore ad un singolo impianto di deposito;
b) linee centralizzate (a servizio di più distributori), le quali collegano tutti i distributori ad uno o più impianti di deposito per mezzo di una rete comune di
tubazioni.
3.10. [Sulla linea di ritorno dei vapori deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento, che segnali visivamente le anomalie del sistema di
recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti. ] (2089)
3.11. È consentito immettere i vapori recuperati nella parte superiore degli impianti di deposito, senza gorgogliamento. All'ingresso della linea di ritorno dei
vapori di ogni serbatoio deve essere inoltre installato un idoneo dispositivo tagliafiamma. Devono essere installati idonei dispositivi al fine di evitare che il
carburante rifluisca nella linea di recupero dei vapori in caso di sovrariempimento degli impianti di deposito. Qualora l'impianto di distribuzione di carburanti
sia asservito ad un sistema di più impianti di deposito, questi possono essere collegati fra loro in corrispondenza della linea di ritorno dei vapori tramite un
collettore comune, a condizione che tutti contengano esclusivamente benzina.
3.12. I requisiti costruttivi delle tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori sono identici a quelli richiesti per le tubazioni per l'adduzione
del carburante; i materiali impiegati devono essere compatibili con le caratteristiche fisico-chimiche dei carburanti immagazzinati e devono possedere un'a-
deguata capacità, robustezza e durata per poter sopportare le pressioni di esercizio, lo stato di tensione strutturale e l'aggressione chimica a cui possono
essere sottoposte; devono inoltre assicurare un libero passaggio e nel contempo garantire una bassa resistenza al flusso dei vapori.
3.13. Le tubazioni appartenenti alle linee interrate di ritorno dei vapori devono seguire il percorso effettivo più breve dai distributori agli impianti di deposto,
con una pendenza uniforme minima del 2% verso gli impianti di deposito stessi.
3.14. Tutti gli elementi metallici appartenenti alla linea di ritorno dei vapori devono essere adeguatamente protetti dalla corrosione.
3.15. Gli impianti elettrici negli impianti di distribuzione di carburanti liquidi devono essere realizzati secondo quanto prescritto dalle norme vigenti in mate-
ria. Le tubazioni e tutti gli altri elementi appartenenti alla linea di erogazione del carburante e alla linea di ritorno dei vapori, se di tipo non metallico, devono
essere corredati di certificazione prodotta dal costruttore che ne attesti l'antistaticità. (2090)
4. Controlli periodici dei dispositivi di recupero dei vapori. (2101)
4.1. I controlli circa il rispetto dei requisiti di efficienza previsti dai paragrafi 2 o 2-bis devono essere eseguiti con periodicità almeno annuale dal gestore. I
risultati devono essere riportati sul registro di impianto di cui al punto 5.4. Ai fini del controllo, in caso di sistemi di recupero che prevedono il trasferimento
dei vapori di benzina in un impianto di deposito presso l'impianto di distribuzione, si verifica che il rapporto V/L rispetti, in condizioni di simulazione di flusso
di benzina, l'intervallo previsto dai paragrafi 2 e 2-bis. Si applica il metodo EN16321-2. (2102)
4.2. Negli impianti di distribuzione di benzina deve essere installato un gruppo di controllo del funzionamento che segnali visivamente le anomalie del siste-
ma di recupero dei vapori di benzina. In presenza di tali anomalie il gestore è tenuto ad assumere gli opportuni provvedimenti. La presente disposizione non
si applica in caso di installazione del sistema automatico previsto dal punto 4.3.

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4.3. I controlli previsti al punto 4.1 possono essere eseguiti dal gestore con periodicità triennale se è installato un sistema di controllo automatico. Tale si-
stema deve rilevare automaticamente i guasti che si verificano nel corretto funzionamento del sistema di recupero dei vapori di benzina e nel sistema stesso
di controllo automatico, indicare i guasti al gestore ed arrestare automaticamente il flusso di benzina dal distributore interessato dal guasto se questo non è
riparato entro sette giorni.
5. Obblighi di documentazione.
5.1 [Per il rilascio delle approvazioni di tipo di competenza del Ministero dell'interno ai sensi del decreto ministeriale 31 luglio 1934, relative a distributori
provvisti di un sistema di recupero dei vapori omologato, devono essere osservate le modalità di prova contenute nell'appendice. ] (2091)
5.2. Gli impianti di distribuzione di benzina realizzati sulla base di una concessione o di una autorizzazione rilasciata dopo il 30 giugno 1996, ai sensi della
normativa vigente al momento del rilascio, installati o da installare su un sito precedentemente non utilizzato quale impianto di distribuzione di carburante,
devono essere provvisti di:
a) omologazione o riconoscimento dei dispositivi componenti il sistema di recupero vapori, da parte del Ministero dell'interno, nonché, per i sistemi di recu-
pero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche gli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repub-
blica 23 marzo 1998, n. 126;
b) approvazione di tipo del distributore provvisto di un sistema di recupero dei vapori omologato, rilasciata dal Ministero dell'interno ai sensi del decreto
ministeriale 31 luglio 1934 e nel rispetto delle modalità di prova previste dalla normativa all'epoca vigente;
b-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione di conformità ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in luogo dell'approva-
zione di tipo di cui alla lettera b), per i distributori messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003;
c) certificato di collaudo dell'intero impianto effettuato dalla commissione competente ai sensi della vigente normativa. (2092)
5.3 Gli impianti di distribuzione di benzina diversi da quelli del punto 5.2 devono essere provvisti di:
a) originaria approvazione di tipo del distributore sprovvisto di un sistema per il recupero dei vapori, rilasciata dal Ministero dell'interno ai sensi del decreto
ministeriale 31 luglio 1934;
a-bis) marcatura CE e relativa dichiarazione di conformità ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, in luogo dell'approva-
zione di tipo di cui alla lettera a), per i distributori messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003;
b) omologazione o riconoscimento dei dispositivi componenti il sistema di recupero vapori, da parte del Ministero dell'interno, nonché, per i sistemi di recu-
pero dei vapori di benzina messi in commercio o in esercizio dopo il 30 giugno 2003, anche gli atti di conformità previsti dal decreto Presidente della Repub-
blica 23 marzo 1998, n. 126;
c) certificazione, rilasciata dal costruttore, attestante la conformità del sistema di recupero di vapori prodotto in serie al prototipo omologato. Tale certifica-
to di conformità deve attestare la capacità del sistema di recupero dei vapori prodotto in serie di rispettare, se correttamente installato, il valore di efficienza
prescritto quando sia rispettato il valore V/L, con le relative tolleranze, rilevate in sede di prova del prototipo omologato; la presente lettera non si applica in
caso di sistemi di recupero provvisti degli atti di conformità previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di distributori prov-
visti della marcatura CE prevista dal tale decreto;
d) dichiarazione rilasciata dall'installatore del sistema di recupero dei vapori al titolare dell'impianto di distribuzione, attestante che l'installazione del siste-
ma è stata effettuata seguendo le istruzioni fornite dal costruttore e che le prove funzionali, con verifica del rapporto V/L prescritto, eseguite all'atto della
presa in carico del sistema da parte del titolare, hanno avuto esito positivo; la presente lettera non si applica in caso di sistemi di recupero provvisti degli atti
di conformità previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 126, e di distributori provvisti della marcatura CE prevista da tale decre-
to;
e) copia della notifica, da parte del gestore, circa l'avvenuta installazione del sistema di recupero dei vapori, completa di documentazione comprovante il
rispetto della normativa all'epoca vigente. (2093)
5.4 Tutti gli impianti di distribuzione di benzina devono essere dotati di un registro di impianto che deve essere custodito dal gestore. Nel registro devono
essere riportati tutti gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria effettuati sull'impianto, i risultati degli autocontrolli previsti dal paragrafo 4 ed i
provvedimenti assunti ai sensi dei paragrafi 4.2 e 4.3. (2094)
5.5 [A seguito di qualsiasi intervento che comporti una sostituzione di componenti, l'installatore deve produrre una dichiarazione scritta dalla quale risulti
che i componenti sostituiti sono conformi a quelli del tipo approvato; tale atto deve essere allegato al registro di impianto e ne costituisce parte integrante.]
(2095)
Appendice
[Modalità di prova (2096)
1. Esame costruttivo del distributore
1.1. Scopo
La prova è finalizzata all'individuazione delle caratteristiche costruttive e funzionali del distributore in esame.
1.2. Contenuto dell'esame costruttivo
I dati caratteristici del distributore in esame saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:
a) le dimensioni di ingombro del distributore (in millimetri);
b) la conformazione del distributore (singolo, doppio, monofronte, bifronte);
c) la configurazione del distributore (parallelepipedo, cilindrico ecc.);
d) il numero delle pistole che è possibile collegare al distributore;
e) il tipo e lo spessore del fasciame del distributore.
2. Esame costruttivo dell'impianto elettrico
2.1. Scopo.
La prova è finalizzata all'individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente elettrico ed elettronico del distributore in esame, valutandone l'i-
doneità all'impiego ai fini antincendi.
2.2. Contenuto dell'esame dell'impianto elettrico.
I dati caratteristici dei componenti dell'impianto elettrico del distributore in esame saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno
comprendere:
a) le caratteristiche del motore della pompa di circolazione del carburante (tipo, esecuzione, custodia, potenza, n.ro giri/min., estremi delle certificazioni
acquisite);
b) le caratteristiche dell'interruttore del motore della pompa di circolazione del carburante (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);

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c) le caratteristiche del motore della pompa a vuoto del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, esecuzione, custodia, potenza, n.ro giri/min., estremi
delle certificazioni acquisite);
d) le caratteristiche dell'interruttore del motore della pompa a vuoto, se presente (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);
e) le caratteristiche dell'elettrovalvola di intercettazione del carburante (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);
f) le caratteristiche del sensore di calore, se presente (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);
g) le caratteristiche del sensore di pressione (tipo, esecuzione, estremi delle certificazioni acquisite);
h) le caratteristiche dell'impianto di illuminazione (tipo, esecuzione, custodie, grado di protezione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisi-
te);
i) le caratteristiche delle scatole di connessione (tipo, esecuzione, grado di protezione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisite);
l) le caratteristiche delle morsettiere (tipo, zona di posa in opera);
m) le caratteristiche dei cavi elettrici e dei pressacavi (tipo, esecuzione, zona di posa in opera, estremi delle certificazioni acquisite).
3. Esame dell'impianto idraulico
3.1. Linea di erogazione del carburante
3.1.1. Scopo
La prova è finalizzata all'individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame,
valutandone l'idoneità all'impiego ai fini antincendi.
3.1.2. Contenuto dell'esame dell'impianto idraulico
I dati caratteristici dei componenti della linea di erogazione del carburante saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprende-
re:
a) le caratteristiche della pompa di circolazione del carburante (tipo, materiali, prevalenza, estremi delle certificazioni acquisite);
b) le caratteristiche delle tubazioni (tipo, diametri, materiali, estremi delle certificazioni acquisite);
c) le caratteristiche della pistola erogatrice (tipo, esecuzione, numero delle posizioni di apertura, estremi delle certificazioni acquisite);
d) le caratteristiche dello sfiato del sistema di disareazione, se presente (ubicazione, tipo e materiale del tagliafiamma, estremi delle certificazioni acquisite);
e) le caratteristiche del rivelatore di erogazione (tipo, materiale, ubicazione);
f) le caratteristiche della valvola di sicurezza a fusione e distacco (tipo, materiale, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite), se presente.
3.2. Linea di recupero dei vapori
3.2.1. Scopo
La prova è finalizzata all'individuazione dei dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, valu-
tandone l'idoneità all'impiego ai fini antincendi.
3.2.2. Contenuto dell'esame dell'impianto idraulico I dati caratteristici di ogni singolo componente della linea di recupero dei vapori saranno riportati sulla
scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:
a) la descrizione del princìpio di funzionamento (a circolazione naturale, a circolazione forzata mediante pompa a vuoto, a circolazione forzata tramite eiet-
tore idraulico, etc);
b) le caratteristiche della pompa a vuoto del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, materiale, prevalenza, ubicazione, estremi delle certificazioni ac-
quisite);
c) le caratteristiche dell'iniettore idraulico del circuito di recupero vapori, se presente (tipo, materiale, ubicazione);
d) le caratteristiche del ripartitore coassiale (tipo, diametri, materiali, ubicazione);
e) le caratteristiche delle tubazioni (tipo, diametri, materiali, estremi delle certificazioni acquisite);
f) le caratteristiche della valvola di sicurezza a fusione e distacco (tipo, materiale, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite), se presente;
g) le caratteristiche del sensore di pressione, se presente (tipo, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite).
4. Esame della testata contometrica
4.1. Scopo
La prova è finalizzata all'individuazione delle caratteristiche costruttive e di funzionamento della testata contometrica, valutandone l'idoneità all'impiego ai
fini antincendi.
4.2. Contenuto dell'esame della testata contometrica
I dati caratteristici della testata contometrica saranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio, e dovranno comprendere:
a) il tipo (meccanica o elettronica);
b) le caratteristiche della custodia (materiale, esecuzione, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite);
c) le caratteristiche del generatore d'impulsi (tipo, esecuzione, grado di protezione, ubicazione, estremi delle certificazioni acquisite).
5. Prova di funzionamento
5.1. Scopo
La prova è finalizzata all'individuazione dell'idoneità all'impiego ai fini antincendi e della regolarità di funzionamento del distributore in esame.
5.2. Apparecchiatura di prova
II distributore in esame viene posizionato su apposito banco di prova, simulante le effettive condizioni di esercizio, costituito dai seguenti elementi:
- serbatoio di stoccaggio comprensivo di passo d'uomo e indicatore di livello, fissato a idonea struttura di sostegno;
- piattaforma per il posizionamento del distributore;
- dispositivo simulante il bocchettone e la tubazione di carico del veicolo, compatibile con le pistole erogatrici utilizzate nei sistemi di recupero vapore e col-
legato in ciclo chiuso al serbatoio di stoccaggio.
- Il liquido da impiegarsi nelle prove dovrà essere compatibile con le caratteristiche del circuito idraulico del sistema di distribuzione.
5.3. Descrizione della prova
La prova deve essere eseguita secondo la seguente procedura:
a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;
b) mettere in funzione il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice, per un'eroga-
zione complessiva di 1000 litri di carburante.
La prova si considera superata se durante tali operazioni il distributore ha mostrato un funzionamento regolare.

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L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.
6. Misura delle caratteristiche del circuito idraulico
6.1. Linea di erogazione del carburante liquido
6.1.1. Scopo
La prova è finalizzata a misurare il valore delle grandezze idrauliche caratteristiche della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame, sia
durante la fase dell'erogazione stessa, sia negli istanti precedenti e successivi, durante i quali la pistola erogatrice rimane chiusa.
6.1.2. Descrizione della prova
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:
a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;
b) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;
c) collegare l'estremità libera della tubazione coassiale alla linea di misura, costituita da un primo ripartitore coassiale, a sua volta collegato a due linee di-
stinte per il passaggio del liquido carburante e dei vapori; sulla linea per il passaggio del liquido carburante è installato un idoneo gruppo di misura delle
pressioni e delle portate;
d) collegare le due linee per il passaggio del liquido e del vapore ad un secondo ripartitore coassiale, a sua volta collegato ad un breve tronco di tubazione
flessibile coassiale;
e) collegare la pistola di erogazione all'estremità libera del suddetto tronco di tubazione flessibile coassiale;
f) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;
g) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;
h) far funzionare il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.
Nel corso delle operazioni di cui al punto h) devono essere rilevate le seguenti grandezze:
portata massima di erogazione a pistola completamente aperta (in litri/minuto);
pressione di erogazione a pistola completamente aperta (in bar);
pressione massima all'atto della chiusura della pistola (colpo d'ariete) (in bar);
portata minima di erogazione (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto).
Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, il valore risul-
tante andrà riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;
per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:
a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;
b) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;
c) collegare l'estremità libera della tubazione di erogazione alla linea di misura, costituita da idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;
d) collegare nuovamente il ripartitore coassiale e la pistola di erogazione all'estremità libera della linea per il passaggio del carburante in uscita dalla linea di
misura ed alla linea di recupero dei vapori;
e) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;
f) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;
g) far funzionare il sistema di distribuzione simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.
Nel corso delle operazioni di cui al punto g) devono essere rilevate le seguenti grandezze:
portata massima di erogazione a pistola completamente aperta (in litri/minuto);
pressione di erogazione a pistola completamente aperta (in bar);
pressione massima all'atto della chiusura della pistola (colpo d'ariete) (in bar);
portata minima di erogazione (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto).
Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risul-
tanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio.
6.2. Linea di recupero dei vapori
6.2.1. Scopo
La prova è finalizzata a misurare il valore delle grandezze idrauliche caratteristiche della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame durante la
fase dell'erogazione.
6.2.2. Descrizione della prova
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:
a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;
b) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;
c) collegare l'estremità libera della tubazione coassiale alla linea di misura, costituita da un primo ripartitore coassiale, a sua volta collegato a due linee di-
stinte per il passaggio del liquido carburante e dei vapori; sulla linea per il passaggio dei vapori è installato un idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle
portate;
d) collegare le due linee per il passaggio del liquido e del vapore ad un secondo ripartitore coassiale, a sua volta collegato ad un breve tronco di tubazione
flessibile coassiale;
e) collegare la pistola di erogazione all'estremità libera del suddetto tronco di tubazione flessibile coassiale;
f) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;
g) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;
h) far funzionare il distributore simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice.
Nel corso delle operazioni di cui al punto h) devono essere rilevate le seguenti grandezze:
portata massima dei vapori a pistola completamente aperta (in litri/minuto);
pressione dei vapori a pistola completamente aperta (in bar);
portata minima dei vapori (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto);

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depressione massima sulla linea di aspirazione dei vapori (in bar).


Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risul-
tanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio;
per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:
a) collegare il distributore al circuito idraulico ed alla linea per l'alimentazione elettrica;
b) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;
c) collegare l'estremità libera della tubazione di recupero dei vapori alla linea di misura, costituita da idoneo gruppo di misura delle pressioni e delle portate;
d) collegare nuovamente il ripartitore coassiale e la pistola di erogazione all'estremità libera della linea di recupero dei vapori in uscita dalla linea di misura e
alla linea per il passaggio del carburante;
e) regolare il by-pass della pompa di circolazione del carburante al valore massimo consentito di portata;
f) introdurre la pistola di erogazione nel dispositivo di carico;
g) far funzionare il sistema di distribuzione simulando 10 operazioni di rifornimento per ciascuna delle posizioni di apertura della pistola erogatrice. Nel corso
delle operazioni di cui al punto g) devono essere rilevate le seguenti grandezze:
portata massima dei vapori a pistola completamente aperta (in litri/minuto);
pressione dei vapori a pistola completamente aperta (in bar);
portata minima dei vapori (se la pistola è dotata di più posizioni di apertura) (in litri/minuto);
depressione massima sulla linea di aspirazione dei vapori (in bar).
Per ciascuna delle grandezze precedentemente elencate deve essere effettuata la media dei valori rilevati nelle 10 operazioni di rifornimento, i valori risul-
tanti andranno riportati sulla scheda delle prove di laboratorio.
7. Rapporto V/L
ove: V è il volume dei vapori recuperati durante il rifornimento; L è il corrispondente volume del carburante erogato.
I valori di V e L vengono calcolati sulla base delle portate misurate nelle prove di cui ai punti 6.1. e 6.2.
Il rapporto V/L del sistema deve rientrare nei limiti stabiliti al punto 2.1. Se la misura viene effettuata aspirando aria nel circuito di recupero dei vapori, deve
essere applicato un idoneo coefficiente correttivo.
8. Prove di tenuta in pressione del circuito idraulico
8.1. Linea di erogazione del carburante
8.1.1. Scopo
La prova è finalizzata alla verifica della tenuta degli elementi costitutivi della linea di erogazione del carburante per il distributore in esame, per una pressio-
ne pari almeno a 1,2 volte quella massima misurata all'atto della chiusura della pistola di erogazione (media dei valori riscontrati su 10 operazioni di riforni-
mento), e comunque non inferiore a 5 bar.
8.1.2. Descrizione della prova
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:
a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;
b) chiudere l'estremità libera della tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuo-
riuscita dell'aria presente all'interno;
c) collegare la linea di erogazione del carburante a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle
pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;
d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno della tubazione flessibile coassiale agendo sulla suddetta valvola di sfiato;
e) inviare, tramite la pompa di cui al punto e), il liquido di prova nella linea di erogazione del carburante, incrementando gradualmente la pressione fino al
valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.
La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione
flessibile coassiale, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;
per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:
a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;
b) chiudere le estremità libere di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per per-
mettere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;
c) collegare la linea di erogazione del carburante a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle
pressioni, posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;
d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno delle tubazioni flessibili gemellate agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi filettati;
e) inviare, tramite la pompa di cui al punto e), il liquido di prova nella linea di erogazione del carburante, incrementando gradualmente la pressione fino al
valore massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.
La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione
flessibile di erogazione, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.
8.2. Linea di recupero dei vapori
8.2.1. Scopo
La prova è finalizzata a verificare la tenuta degli elementi costitutivi della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, per una pressione pari a
1,2 volte quella massima fornita dal dispositivo del vuoto, e comunque non inferiore a 1 bar.
8.2.2. Descrizione della prova
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:
a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;
b) chiudere l'estremità libera della tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuo-

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riuscita dell'aria presente all'interno;


c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni,
posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;
d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno della tubazione flessibile coassiale, agendo sulla valvola di sfiato presente sul tappo metallico filettato;
e) inviare, tramite la pompa di cui al punto e), il liquido di prova nella linea di recupero dei vapori, incrementando gradualmente la pressione fino al valore
massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.
La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di recupero dei vapori, compresa la tubazione flessibile
coassiale, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio;
per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:
a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;
b) chiudere le estremità libere di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvoladi sfiato per per-
mettere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;
c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni,
posta in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;
d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno delle tubazioni flessibili gemellate agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi metallici filettati;
e) inviare, tramite la pompa di cui al punto e), il liquido di prova nella linea di recupero dei vapori, incrementando gradualmente la pressione fino al valore
massimo prefissato, e mantenere la pressione a questo valore per 10 minuti primi.
La prova si considera superata se durante le operazioni di cui al punto e) nessun elemento della linea di erogazione del carburante, compresa la tubazione
flessibile di erogazione, ha mostrato trafilamenti del liquido di prova o abbassamenti di pressione.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.
9. Prova di tenuta in depressione della linea di recupero dei vapori
9.1. Scopo
La prova è finalizzata a verificare la tenuta degli elementi costitutivi della linea di recupero dei vapori per il distributore in esame, per una depressione pari a
1,2 volte quella massima fornita dal dispositivo del vuoto, e comunque non inferiore in valore assoluto a 300 minibar.
9.1.2. Descrizione della prova
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
per distributori che impiegano tubazioni flessibili coassiali:
a) rimuovere la pistola erogatrice dalla tubazione flessibile coassiale;
b) chiudere l'estremità libera dalla tubazione flessibile coassiale mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permettere la fuo-
riuscita dell'aria presente all'interno;
c) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa aspirante di idonee caratteristiche, dotata di dispositivo per la misura delle
depressioni;
d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno della tubazione flessibile coassiale agendo sulla valvola di sfiato presente sul tappo metallico filettato;
e) mettere in depressione la linea di recupero dei vapori tramite la pompa di cui al punto e), incrementandone gradualmente la depressione fino al valore
prefissato.
La prova si considera superata se, dopo 10 minuti primi, nessun elemento della linea di recupero dei vapori ha mostrato variazioni di pressione rispetto al
valore prefissato.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio; per distributori che impiegano tubazioni flessibili gemellate:
a) rimuovere il ripartitore coassiale e la pistola erogatrice dalle tubazioni flessibili gemellate;
b) chiudere l'estremità libera di ciascuna delle tubazioni flessibili gemellate mediante idoneo tappo metallico filettato, munito di valvola di sfiato per permet-
tere la fuoriuscita dell'aria presente all'interno;
d) collegare la linea di recupero dei vapori a valle del distributore ad una pompa aspirante di idonee caratteristiche, dotata di dispositivo per la misura delle
depressioni;
d) far fuoriuscire l'aria presente all'interno delle tubazioni flessibili gemellate, agendo sulle valvole di sfiato presenti sui tappi metallici filettati;
e) mettere in depressione la linea di recupero dei vapori tramite la pompa di cui al punto e), incrementando gradualmente la depressione fino al valore pre-
fissato.
La prova si considera superata se, dopo 10 minuti primi, nessun elemento della linea di recupero dei vapori ha mostrato variazioni di pressione rispetto al
valore prefissato.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.
10. Prove sulla pistola erogatrice
10.1. Prova di apertura spontanea
10.1.1. Scopo
La prova è finalizzata a verificare la tenuta della valvola di ritegno del carburante interna alla pistola di erogazione, per pressioni crescenti.
10.1.2. Descrizione della prova.
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
a) collegare la linea di erogazione a monte del distributore ad una pompa di idonee caratteristiche, dotata di strumento per la misura delle pressioni, posta
in aspirazione sul serbatoio di stoccaggio contenente il liquido di prova;
b) inviare, tramite la pompa di cui al punto a), il liquido di prova alla pistola erogatrice che viene tenuta chiusa, incrementando gradualmente la pressione
fino ad un massimo di 20 bar.
La prova si considera superata se, durante le operazioni di cui al punto b), si verifica uno dei seguenti casi:
la pistola erogatrice rimane chiusa;
la pistola erogatrice si apre solo per un valore di pressione non inferiore a 1,2 volte la pressione massima misurata all'atto della chiusura della pistola di ero-
gazione (media dei valori riscontrati su 10 operazioni di rifornimento), e comunque non inferiore a 5 bar.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.

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10.2. Prova di caduta


10.2.1. Scopo
La prova è finalizzata a verificare la resistenza meccanica della pistola erogatrice.
10.2.2. Descrizione della prova
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
la pistola erogatrice deve essere lasciata cadere al suolo (pavimentazione stradale asfaltata) da un'altezza di almeno 1,5 metri, per 5 volte consecutive.
A seguito di esame visivo effettuato dopo la caduta, la pistola erogatrice non deve presentare ammaccature, rotture o altre alterazioni tali da pregiudicarne
il corretto funzionamento.
A tale scopo la pistola erogatrice deve essere nuovamente risottoposta alla prova di apertura spontanea descritta al punto 9.1.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.
11. Prova di continuità elettrica
11.1. Scopo
La prova è finalizzata alla verifica della continuità elettrica tra la pistola di erogazione e la struttura metallica del distributore in esame.
11.2. Descrizione della prova
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
tramite l'utilizzazione di idonea strumentazione di misura, deve essere accertata la continuità elettrica tra la pistola di erogazione e la struttura metallica del
distributore in esame.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.
12. Verifiche sulla testata contometrica (se di tipo elettronico)
12.1. Scopo
La prova è finalizzata alla verifica del corretto funzionamento della testata contometrica per il distributore in esame, e del relativo generatore di impulsi. La
testata contometrica, oltre alle funzioni di indicazione delle quantità erogate e, se l'impianto è in rapporto con il pubblico, di calcolo dei relativi importi,
svolge funzioni di controllo del funzionamento del distributore e, in caso di mal funzionamento, deve provocare l'arresto dell'erogazione.
Le condizioni di arresto da verificare sono le seguenti:
- mancanza di alimentazione generale;
- mal funzionamento del generatore d'impulsi; alimentazione non corretta del generatore d'impulsi;
- errore aritmetico;
- basso livello nella cisterna di stoccaggio del carburante;
- dispositivo di visualizzazione danneggiato ;
- prezzo unitario nullo;
- mancata erogazione per 30 secondi;
- mancato funzionamento del sistema di recupero dei vapori se interfacciato con la testata contometrica.
12.2. Descrizione della prova
La prova viene eseguita secondo la seguente procedura:
per il distributore in esame devono essere simulate altrettante situazioni di guasto corrispondenti a ciascuna delle condizioni elencate al punto 12.1.
verificando di volta in volta l'arresto del funzionamento del gruppo motore-pompa di erogazione.
L'esito della prova deve essere riportato sulla scheda delle prove di laboratorio.]

(2085) Per la soppressione del presente paragrafo, vedi l'art. 3, comma 33, D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.
(2086) Per la disapplicazione del presente punto, a decorrere dal 4 febbraio 2018, vedi l'art. 14, comma 3, L. 15 dicembre 2011, n. 217 e l'art. 5, comma 2,
D.M. 27 dicembre 2017.
(2087) Paragrafo così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l'originario paragrafo 2 con gli attuali paragrafi 2,
2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies e 2 sexies.
(2088) Paragrafo così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. c), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2089) Paragrafo soppresso dall'art. 3, comma 1, lett. d), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2090) Paragrafo così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. e), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2091) Paragrafo soppresso dall'art. 3, comma 1, lett. g), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2092) Paragrafo così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. da h) a m), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2093) Paragrafo così modificato dall'art. 3, comma 1, lett. da n) a s), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2094) Paragrafo così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. t), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2095) Paragrafo soppresso dall'art. 3, comma 1, lett. u), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2096) Appendice soppressa dall'art. 3, comma 1, lett. v), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2097) Paragrafo inserito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l'originario paragrafo 2 con gli attuali paragrafi 2, 2-bis,
2-ter, 2-quater, 2-quinquies e 2 sexies.
(2098) Paragrafo inserito dall'art. 3, comma 1, lett. a), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l'originario paragrafo 2 con gli attuali paragrafi 2, 2-bis,
2-ter, 2-quater, 2-quinquies e 2 sexies. Successivamente, il presente paragrafo è stato così modificato dall'art. 2, comma 1, D.M. 8 aprile 2016, n. 99, a de-
correre dal 12 giugno 2016.
(2099) Paragrafo così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l'originario paragrafo 3.1 con gli attuali paragrafi
3.1 e 3.1-bis.
(2100) Paragrafo inserito dall'art. 3, comma 1, lett. b), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125, che ha sostituito l'originario paragrafo 3.1 con gli attuali paragrafi 3.1 e
3.1-bis.
(2101) L'intero paragrafo 4 è stato così sostituito dall'art. 3, comma 1, lett. f), D.Lgs. 30 luglio 2012, n. 125.
(2102) Paragrafo così modificato dall'art. 2, comma 2, D.M. 8 aprile 2016, n. 99, a decorrere dal 12 giugno 2016.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato IX - Impianti termici civili (2111)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

In vigore dal 28 agosto 2020

Parte I
Modulo di denuncia (2107)
[Io sottoscritto ..............................................................................................
in possesso dei requisiti di cui
[ ] all'articolo 109 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380,
[ ] all'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412,
dichiaro:
[ ] di aver installato un impianto termico civile avente le seguenti caratteristiche, presso ....................................
[ ] di essere responsabile dell'esercizio e della manutenzione di un impianto termico civile avente le seguenti caratteristiche, presso
....................................................

1. Potenza termica nominale dell'impianto (MW):


2. Combustibili utilizzati:

3. Focolari:
numero totale:
potenza termica nominale di
ogni singolo focolare (MW):

4. Bruciatori e griglie mobili:


numero totale:
potenzialità e tipo del singolo
dispositivo (MW):

apparecchi accessori:
5. Canali da fumo:
sezione minima (m2):
sviluppo complessivo
(m):
aperture di ispezione:
6. Camini:
sezioni minime (cm2):
altezze delle bocche in
relazione agli ostacoli e alle
strutture circostanti:

7. Durata del ciclo di vita dell'impianto:


8. Manutenzioni ordinarie che devono es-
sere effettuate per garantire il rispetto dei
valori limite di emissione per l'intera dura-
ta del ciclo di vita dell'impianto:
9. Manutenzioni straordinarie che devono
essere effettuate per garantire il rispetto
dei valori limite di emissione per l'intera
durata del ciclo di vita dell'impianto :
10. Varie:

Dichiaro che tale impianto è conforme ai requisiti previsti dalla legislazione vigente in materia di prevenzione e limitazione dell'inquinamento atmosferico ed
è idoneo a rispettare i valori limite di emissione previsti da tale legislazione per tutto il relativo ciclo di vita, ove siano effettuate le manutenzioni necessarie.
.........................................., lì .................................................
Firma

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....................................... ]
Parte II
Requisiti tecnici e costruttivi (2109)
1. Definizioni
1.1. Agli effetti delle presenti norme valgono le seguenti definizioni:
a) bocca del camino: sezione terminale retta del camino.
b) bruciatore: dispositivo che consente di bruciare combustibili liquidi, gassosi o solidi macinati, previo mescolamento con aria comburente.
c) camera di calma: dispositivo atto a separare dai fumi, essenzialmente per effetto della forza di gravità, le particelle in essi contenute.
d) camini: porzioni ascendenti dei canali da fumo atte a determinare un tiraggio naturale nei focolari ed a scaricare i prodotti della combustione nell'atmo-
sfera.
e) canali da fumo: insieme delle canalizzazioni attraversate dai fumi prodotti dalla combustione.
f) ciclone: dispositivo atto a separare dai fumi, per effetto della forza centrifuga, le particelle in essi contenute.
g) griglia: dispositivo statico o mobile che consente di bruciare combustibili solidi nei focolari, assicurandone il contatto con l'aria comburente, e lo scarico
delle ceneri.
h) impianto termico automatico: impianto termico nel o nei focolari del quale l'accensione, lo spegnimento o la regolazione della fiamma possa normalmen-
te avvenire anche senza interventi manuali.
i) mitria o comignolo: dispositivo posto alla bocca del camino atto a facilitare la dispersione dei prodotti della combustione nell'atmosfera.
l) registro: dispositivo inserito in una sezione dei canali da fumo che consente di regolare il tiraggio.
m) sezione dei canali da fumo: area della sezione retta minima dei canali da fumo.
n) tiraggio: movimentazione degli effluenti gassosi prodotti da una camera di combustione.
o) tiraggio forzato: tiraggio attivato per effetto di un dispositivo meccanico attivo, inserito sul percorso dell'aria o degli effluenti gassosi.
p) tiraggio naturale: tiraggio determinato da un camino unicamente per effetto della differenza di densità esistente tra gli effluenti gassosi e l'aria atmosferi-
ca circostante.
q) velocità dei fumi: velocità che si riscontra in un punto di una determinata sezione retta dei canali da fumo.
r) viscosità: la proprietà dei fluidi di opporsi al moto relativo delle loro particelle.
2. Caratteristiche dei camini.
2.1. Ogni impianto termico civile di potenza termica nominale superiore al valore di soglia deve disporre di uno o più camini tali da assicurare una adeguata
dispersione in atmosfera dei prodotti della combustione.
2.2. Ogni camino deve avere, al di sotto dell'imbocco del primo canale da fumo, una camera di raccolta di materiali solidi ed eventuali condense, di altezza
sufficiente a garantire una completa rimozione dei materiali accumulati e l'ispezione dei canali. Tale camera deve essere dotata di un'apertura munita di
sportello di chiusura a tenuta d'aria realizzato in materiale incombustibile.
2.3. I camini devono garantire la tenuta dei prodotti della combustione e devono essere impermeabili e termicamente isolati. I materiali utilizzati per realiz-
zare i camini devono essere adatti a resistere nel tempo alle normali sollecitazioni meccaniche, al calore ed all'azione dei prodotti della combustione e delle
loro eventuali condense. In particolare tali materiali devono essere resistenti alla corrosione. La sezione interna dei camini deve essere di forma circolare,
quadrata o rettangolare con rapporto tra i lati non superiore a 1,5.
2.4 I camini che passano entro locali abitati o sono incorporati nell'involucro edilizio devono essere dimensionati in modo tale da evitare sovrappressioni,
durante l'esercizio.
2.5. L'afflusso di aria nei focolari e l'emissione degli effluenti gassosi possono essere attivati dal tiraggio naturale dei camini o da mezzi meccanici.
2.6. Più generatori di calore possono essere collegati allo stesso camino soltanto se fanno parte dello stesso impianto termico; in questo caso i generatori di
calore dovranno immettere in collettori dotati, ove necessario, ciascuno di propria serranda di intercettazione, distinta dalla valvola di regolazione del tirag-
gio. Camino e collettore dovranno essere dimensionati secondo la regola dell'arte.
2.7. Gli impianti installati o che hanno subito una modifica relativa ai camini successivamente all'entrata in vigore della parte quinta del presente decreto
devono essere dotati di camini realizzati con prodotti idonei all'uso in conformità ai seguenti requisiti:
- essere realizzati con materiali aventi caratteristiche di incombustibilità, in conformità alle disposizioni nazionali di recepimento del sistema di classificazione
europea di reazione al fuoco dei prodotti da costruzione;
- avere andamento verticale e il più breve e diretto possibile tra l'apparecchio e la quota di sbocco;
- essere privi di qualsiasi strozzatura in tutta la loro lunghezza;
- avere pareti interne lisce per tutta la lunghezza;
- garantire che siano evitati fenomeni di condensa con esclusione degli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previ-
sti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonché da generatori d'aria calda a condensazione a scam-
bio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI 11071;
- essere adeguatamente distanziati, mediante intercapedine d'aria o isolanti idonei, da materiali combustibili o facilmente infiammabili;
- avere angoli arrotondati con raggio non minore di 20 mm, se di sezione quadrata o rettangolare;
- avere un'altezza correlata alla sezione utile secondo gli appropriati metodi di calcolo riportati dalla normativa tecnica vigente (norme UNI e norme CEN).
Resta salvo quanto stabilito ai punti 2.9 e 2.10. (2103)
2.8. Le bocche possono terminare comignoli di sezione utile d'uscita non inferiore al doppio della sezione del camino, conformati in modo da non ostacolare
il tiraggio e favorire la dispersione dei fumi nell'atmosfera.
2.9. Le bocche dei camini devono essere posizionate in modo tale da consentire una adeguata evacuazione e dispersione dei prodotti della combustione e da
evitare la reimmissione degli stessi nell'edificio attraverso qualsiasi apertura. A tal fine le bocche dei camini devono risultare più alte di almeno un metro
rispetto al colmo dei tetti, ai parapetti ed a qualunque altro ostacolo o struttura distante meno di 10 metri.
2.10. Le bocche dei camini situati a distanza compresa fra 10 e 50 metri da aperture di locali abitati devono essere a quota non inferiore a quella del filo su-
periore dell'apertura più alta. Le presenti disposizioni non si applicano agli impianti termici a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva
90/396/CE del Consiglio, del 29 giugno 1990, concernente gli apparecchi a gas. (2104)
2.11. La parete interna del camino deve risultare per tutto il suo sviluppo, ad eccezione del tronco terminale emergente dalla copertura degli edifici, sempre
distaccata dalle murature circostanti e deve essere circondata da una controcanna continua formante intercapedine per consentire la normale dilatazione
termica. Sono ammessi nell'intercapedine elementi distanziatori o di fissaggio necessari per la stabilità del camino.

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2.12. Al fine di agevolare analisi e campionamenti devono essere predisposti alla base del camino due fori allineati sull'asse del camino con relativa chiusura
a tenuta. In caso di impianti con potenza termica nominale superiore a 580 kW, due identici fori devono essere predisposti anche alla sommità dei camini in
posizione accessibile per le verifiche; la distanza di tali fori dalla bocca non deve essere inferiore a cinque volte il diametro medio della sezione del camino, e
comunque ad 1,50 m. In ogni caso i fori devono avere un diametro idoneo a garantire l'effettiva realizzazione di analisi e campionamenti.
2.13. I fori di cui al punto 2.12. devono trovarsi in un tratto rettilineo del camino e a distanza non inferiore a cinque volte la dimensione minima della sezione
retta interna da qualunque cambiamento di direzione o di sezione. Qualora esistano impossibilità tecniche di praticare i fori alla base del camino alla distan-
za stabilita, questi possono essere praticati alla sommità del camino con distanza minima dalla bocca di m 1,5 in posizione accessibile per le verifiche.
3. Canali da fumo.
3.1. I canali da fumo degli impianti termici devono avere in ogni loro tratto un andamento suborizzontale ascendente con pendenza non inferiore al 5%. I
canali da fumo al servizio di impianti di potenzialità uguale o superiore a 1.000.000 di kcal/h possono avere pendenza non inferiore al 2 per cento.
3.2. La sezione dei canali da fumo deve essere, in ogni punto del loro percorso, sempre non superiore del 30% alla sezione del camino e non inferiore alla
sezione del camino stesso.
3.3. Per quanto riguarda la forma, le variazioni ed i raccordi delle sezioni dei canali da fumo e le loro pareti interne devono essere osservate le medesime
norme prescritte per i camini.
3.4. I canali da fumo devono essere costituiti con strutture e materiali aventi le medesime caratteristiche stabilite per i camini. Le presenti disposizioni non si
applicano agli impianti termici alimentati da apparecchi a condensazione conformi ai requisiti previsti dalla direttiva 92/42/CEE del Consiglio, del 21 maggio
1992, relativa ai requisiti di rendimento, nonché da generatori d'aria calda a condensazione a scambio diretto e caldaie affini come definite dalla norma UNI
11071. (2105)
3.5. I canali da fumo devono avere per tutto il loro sviluppo un efficace e duraturo rivestimento coibente tale che la temperatura delle superfici esterne non
sia in nessun punto mai superiore a 50 °C. È ammesso che il rivestimento coibente venga omesso in corrispondenza dei giunti di dilatazione e degli sportelli
d'ispezione dei canali da fumo nonché dei raccordi metallici con gli apparecchi di cui fanno parte i focolari.
3.6. I raccordi fra i canali da fumo e gli apparecchi di cui fanno parte i focolari devono essere rimovibili con facilità e dovranno avere spessore non inferiore
ad 1/100 del loro diametro medio, nel caso di materiali ferrosi comuni, e spessore adeguato, nel caso di altri metalli. (2106)
3.7. Sulle pareti dei canali da fumo devono essere predisposte aperture per facili ispezioni e pulizie ad intervalli non superiori a 10 metri ed una ad ogni te-
stata di tratto rettilineo. Le aperture dovranno essere munite di sportelli di chiusura a tenuta d'aria, formati con doppia parete metallica.
3.8. Nei canali da fumo dovrà essere inserito un registro qualora gli apparecchi di cui fanno parte i focolari non possiedano propri dispositivi per la regolazio-
ne del tiraggio.
3.9. Al fine di consentire con facilità rilevamenti e prelevamenti di campioni, devono essere predisposti sulle pareti dei canali da fumo due fori, uno del dia-
metro di mm 50 ed uno del diametro di mm 80, con relative chiusure metalliche, in vicinanza del raccordo con ciascun apparecchio di cui fa parte un focola-
re.
3.10. La posizione dei fori rispetto alla sezione ed alle curve o raccordi dei canali deve rispondere alle stesse prescrizioni date per i fori praticati sui camini.
4. Dispositivi accessori.
4.1. È vietato l'uso di qualunque apparecchio od impianto di trattamento dei fumi funzionante secondo ciclo ad umido che comporti lo scarico, anche parzia-
le delle sostanze derivanti dal processo adottato, nelle fognature pubbliche o nei corsi di acqua.
4.2. Gli eventuali dispositivi di trattamento possono essere inseriti in qualunque punto del percorso dei fumi purché l'ubicazione ne consenta la facile acces-
sibilità da parte del personale addetto alla conduzione degli impianti ed a quello preposto alla loro sorveglianza.
4.3. L'adozione dei dispositivi di cui sopra non esime dalla osservanza di tutte le prescrizioni contenute nel presente regolamento.
4.4. Gli eventuali dispositivi di trattamento, per quanto concerne le altezze di sbocco, le distanze, le strutture, i materiali e le pareti interne, devono rispon-
dere alle medesime norme stabilite per i camini.
4.5. Il materiale che si raccoglie nei dispositivi suddetti deve essere periodicamente rimosso e smaltito secondo la normativa vigente in materia di rifiuti.
4.6. Tutte le operazioni di manutenzione e di pulizia devono potersi effettuare in modo tale da evitare qualsiasi accidentale dispersione del materiale raccol-
to.
5. Apparecchi indicatori. (2108)
5.1. Allo scopo di consentire il rilevamento dei principali dati caratteristici relativi alla conduzione dei focolari, gli impianti termici devono essere dotati di
due apparecchi misuratori delle pressioni relative (riferite a quella atmosferica) che regnano rispettivamente nella camera di combustione ed alla base del
camino, per ciascun focolare di potenzialità superiore ad 1,16 MW.
5.2. I dati forniti dagli apparecchi indicatori a servizio degli impianti termici aventi potenzialità superiore a 5,8 MW, anche se costituiti da un solo focolare,
devono essere riportati su di un quadro raggruppante i ripetitori ed i registratori delle misure, situato in un punto riconosciuto idoneo per una lettura agevo-
le da parte del personale addetto alla conduzione dell'impianto termico.
5.3. Tutti gli apparecchi indicatori, ripetitori e registratori delle misure devono essere installati in maniera stabile e devono essere tarati.
Parte III (2110)
Valori di emissione
Sezione
Valori limite per gli impianti che utilizzano i combustibili diversi da biomasse e da biogas
1. Gli impianti termici civili che utilizzano i combustibili previsti all'allegato X diversi da biomasse e biogas devono rispettare, nelle condizioni di esercizio più
gravose, i seguenti valori limite, riferiti ad un'ora di funzionamento, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. Il tenore volumetrico di ossigeno nell'ef-
fluente gassoso anidro è pari al 3% per i combustibili liquidi e gassosi e pari al 6% per i combustibili solidi. I valori limite sono riferiti al volume di effluente
gassoso secco rapportato alle condizioni normali.
- per gli impianti termici civili di potenza termica nominale pari o superiore al valore di soglia e inferiore a 1 MW e per i medi impianti termici civili di cui
all'eccezione prevista all'articolo 283, comma 1, lettera d-bis), si applica un valore limite per le polveri totali pari a 50 mg/Nm3.
- per i medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-ter, si applica un valore limite per le polveri totali pari a 50 mg/Nm3 e, dalla data prevista
dall'articolo 286, comma 1-bis, i valori limite di polveri, ossidi di azoto e ossidi di zolfo previsti dall'allegato I alla parte quinta del presente decreto per l'ade-
guamento dei medi impianti di combustione esistenti di potenza termica inferiore a 3 MW.
- per i medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-bis, si applicano i valori limite di polveri, ossidi di azoto e ossidi di zolfo previsti dall'allegato
I alla parte quinta del presente decreto per i medi impianti di combustione nuovi di potenza termica inferiore a 3 MW.
2. I controlli annuali dei valori di emissione di cui all'articolo 286, comma 2, e le verifiche di cui all'articolo 286, comma 4, non sono richiesti se l'impianto
utilizza i combustibili di cui all'allegato X, parte I, sezione II, paragrafo I, lettere a), b), e), d), e) o i), e se sono regolarmente eseguite le operazioni di manu-

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tenzione previste dal decreto attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192. E' fatto salvo quanto previsto
dai punti 3 e 4.
3. Per i medi impianti termici civili il controllo di cui all'articolo 286, comma 2, é effettuato con frequenza triennale se l'impianto utilizza i combustibili di cui
all'allegato X, Parte I, sezione II, paragrafo I, lettere a), b), c), d), e), i), e se sono regolarmente eseguite le operazioni di manutenzione previste dal decreto
attuativo dell'articolo 4, comma 1, lettere a) e c), del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192.
4. Per i medi impianti termici civili di cui all'articolo 284, comma 2-ter, si applica, fino al 31 dicembre 2028, quanto previsto dal punto 2 e, successivamente,
quanto previsto dal punto 3. Un controllo è in tutti i casi effettuato entro quattro mesi dalla registrazione di cui all'articolo 284, comma 2-quater.
Sezione 2
Valori limite per gli impianti che utilizzano biomasse
1. Gli impianti termici che utilizzano biomasse di cui all'allegato X devono rispettare i seguenti valori limite di emissione, riferiti ad un'ora di funzionamento
dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. I valori limite sono riferiti al volume di effluente gasso-
so secco rapportato alle condizioni normali.
Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide (valori da rispettare prima della data prevista dall'arti-
colo 286, comma 1-bis) e impianti termici civili di potenza termica inferiore a 1 MW alimentati a biomasse solide. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno
nell'effluente gassoso del 11%.

Potenza termica nominale MW >0,15 ÷ ≤3


polveri [1] 100 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 350 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 200 mg/Nm3
[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un valore di e-
missione per le polveri di 200 mg/Nm3.

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide. Valori da rispettare entro la data prevista dall'articolo
286, comma 1bis. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale MW >0,15 ÷≤3


polveri [1] 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 525 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 650 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) [2] 200 mg/Nm3
[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un
valore di emissione per le polveri di 200 mg/Nm3.
[2] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse solide. Valori riferiti ad un tenore di
ossigeno nell'effluente gassoso del 6%.

Potenza termica nominale MW >0,15 ÷≤3


polveri [1] 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 525 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) [2] 200 mg/Nm3
[1] Agli impianti di potenza termica nominale compresa tra 0,035 MW e 0,15 MW si applica un
valore di emissione per le polveri di 200 mg/Nm3.
[2] Il valore limite si considera rispettato in caso di impianti alimentati esclusivamente a legna.

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse liquide. Valori da rispettare entro la data prevista dall'artico-
lo 286, comma 1-bis. Valori riferiti ad un tenore di ossigeno nell'effluente gassoso del 3%.

Potenza termica nominale MW >1 ÷≤3


polveri 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

ossidi di azoto (NO2) 650 mg/Nm3


ossidi di zolfo (SO2) 350 mg/Nm3

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biomasse liquide.

Potenza termica nominale MW >1 ÷≤3


polveri 50 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO)
ossidi di azoto (NO2) 300 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 350 mg/Nm3

Sezione 3
Valori limite per gli impianti che utilizzano biogas
1. Gli impianti che utilizzano biogas di cui all'allegato X devono rispettare i valori limite di emissione indicati nei punti seguenti, espressi in mg/Nm3 e riferiti
ad un'ora di funzionamento dell'impianto nelle condizioni di esercizio più gravose, esclusi i periodi di avviamento, arresto e guasti. I valori limite sono riferiti
al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali.
Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biogas (valori da rispettare prima della data prevista dall'articolo 286,
comma 1-bis) e impianti termici civili di potenza termica pari o superiore al valore di soglia e inferiore a 1 MW alimentati a biogas. Il tenore di ossigeno di
riferimento è pari al 15% in volume nell'effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in caso di turbine a gas e pari al 3% in
caso di altri impianti di combustione.

Motori a combustione Altri impianti di combu-


Turbine a gas
interna stione
carbonio organico totale (COT) 55 mg/Nm3 - 30 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 800 mg/Nm3 100 mg/Nm3 150 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 500 mg/Nm3 150 mg/Nm3 300 mg/Nm3
Composti inorganici del cloro sotto
10 mg/Nm3 5 mg/Nm3 30 mg/Nm3
forma di gas o vapori (come HCI)

Medi impianti termici civili messi in esercizio prima del 20 dicembre 2018 alimentati a biogas. Valori da rispettare entro la data prevista dall'articolo 286,
comma 1bis. Il tenore di ossigeno di riferimento è pari al 15% in volume nell'effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in
caso di turbine a gas e pari al 3% in caso di altri impianti di combustione.

Motori a combustione Altri impianti di combustio-


Turbine a gas
interna ne
carbonio organico totale (COT) 55 mg/Nm3 30 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 300 mg/Nm3 100 mg/Nm3 150 mg/Nm3
ossidi di azoto (NO2) 190 mg/Nm3 200 mg/Nm3 [1] 250 mg/Nm3
ossidi di zolfo (SO2) 60 mg/Nm3 60 mg/Nm3 200 mg/Nm3
Composti inorganici del cloro sotto for-
4 mg/Nm3 5 mg/Nm3 30 mg/Nm3
ma di gas o vapori (come HCI)
[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

Medi impianti termici civili messi in esercizio o soggetti a modifica a partire dal 20 dicembre 2018 alimentati a biogas. Il tenore di ossigeno di riferimento è
pari al 5% in volume nell'effluente gassoso anidro in caso di motori a combustione interna, pari al 15% in caso di turbine a gas e pari al 3% in caso di altri im-
pianti di combustione.

Motori a combustione Altri impianti di com-


Turbine a gas
interna bustione
carbonio organico totale (COT) 60 mg/Nm3 - 30 mg/Nm3
monossido di carbonio (CO) 300 mg/Nm3 100 mg/Nm3 150 mg/Nm3

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

ossidi di azoto (NO2) 190 mg/Nm3 60 mg/Nm3 [1] 200 mg/Nm3


ossidi di zolfo (SO2) 40 mg/Nm3 40 mg/Nm3 100 mg/Nm3
Composti inorganici del cloro sotto forma di
4 mg/Nm3 5 mg/Nm3 30 mg/Nm3
gas o vapori (come HCI)
[1] Valore limite applicabile solo in caso di carico di processo superiore al 70%.

Sezione 4
Metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni
1. Per il campionamento, l'analisi e la valutazione delle emissioni previste dalle sezioni precedenti si applicano i metodi contenuti nelle seguenti norme tec-
niche e nei relativi aggiornamenti:
- UNI EN 13284-1;
- UNI EN 14792:2017;
- UNI EN 15058:2017;
- UNI 10393;
- UNI EN 12619;
- UNI EN 1911-1,2,3.
2. Per la determinazione delle concentrazioni delle polveri, le norme tecniche di cui al punto 1 non si applicano nelle parti relative ai punti di prelievo.
3. Per la determinazione delle concentrazioni di ossidi di azoto, monossido di carbonio, ossidi di zolfo e carbonio organico totale, è consentito anche l'utilizzo
di strumenti di misura di tipo elettrochimico.
4. Per gli impianti di cui alla sezione II o alla sezione III, in esercizio alla data di entrata in vigore del presente decreto, possono essere utilizzati i metodi in uso
ai sensi della normativa previgente.

(2103) Numero così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. a), L. 23 luglio 2009, n. 99 e, successivamente, dall'art. 4, comma 1, lett. a), b) e c), L. 30 ottobre
2014, n. 161.
(2104) Numero così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. b), L. 23 luglio 2009, n. 99.
(2105) Numero così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. c), L. 23 luglio 2009, n. 99.
(2106) Numero così modificato dall'art. 34, comma 1, lett. d), L. 23 luglio 2009, n. 99.
(2107) Parte soppressa dall'art. 3, comma 29, lett. a), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.
(2108) Paragrafo così sostituito dall'art. 3, comma 29, lett. b), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128.
(2109) Sull'applicabilità delle disposizioni di cui alla presente Parte II, vedi l'art. 73, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221.
(2110) La Parte III è stata modificata dall'art. 3, comma 29, lett. c), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128 e sostituita dall'art. 4, comma 3, D.Lgs. 15 novembre 2017,
n. 183, a decorrere dal 19 dicembre 2017, ai sensi di quanto disposto dall'art. 5, comma 1, del medesimo D.Lgs. n. 183/2017. Successivamente, la Parte III è
stata così modificata dall'art. 1, comma 2, lett. d) ed e), D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
(2111) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall'art.
3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
Allegati alla Parte Quinta
Allegato X - Disciplina dei combustibili (2112) (2113)
In vigore dal 21 agosto 2019

Parte I
Combustibili consentiti
Sezione 1
Elenco dei combustibili di cui è consentito l'utilizzo negli impianti di cui al titolo I
1. Negli impianti disciplinati dal titolo I è consentito l'utilizzo dei seguenti combustibili:
a) gas naturale;
b) gas di petrolio liquefatto;
c) gas di raffineria e petrolchimici;
d) gas d'altoforno, di cokeria, e d'acciaieria;
e) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1;
f) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera e), rispondenti alle caratteristiche
indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 1;
g) biodiesel rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 3;
h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e risondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonne 1, 2, 3, 4, 5, 6, 9 e 10, fatto salvo quanto previsto nella sezione 3;
i) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera h), e rispondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 3, paragrafo 2;
l) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione 4;
m) carbone di legna;
n) biomasse combustibili individuate nella parte II, sezione 4, alle condizioni ivi previste;
o) carbone da vapore con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1;
p) coke metallurgico e da gas con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, para-

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grafo 1;
q) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele con contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II,
sezione 2, paragrafo 1;
r) biogas individuato nella parte II, sezione 6, alle condizioni ivi previste;
s) gas di sintesi proveniente dalla gassificazione di combustibili consentiti, limitatamente allo stesso comprensorio industriale nel quale tale gas è prodotto.
2. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, negli impianti di combustione con potenza termica nominale uguale o superiore a 50 MW è consentito
l'utilizzo di:
a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 7, fatta eccezione per il contenuto di nichel e vanadio come somma; tale contenuto non deve essere superiore a 180
mg/kg per gli impianti autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della vigente normati-
va, non hanno completato l'adeguamento autorizzato;
b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 3, paragrafo 2;
c) lignite con contenuto di zolfo non superiore all'1,5% in massa;
d) miscele acqua-carbone, anche additivate con stabilizzanti o emulsionanti, purché il carbone utilizzato corrisponda ai requisiti indicati al paragrafo 1, lette-
re o), p) e q);
e) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate in parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga 7.
3. In aggiunta ai combustibili di cui ai paragrafi 1 e 2, negli impianti di combustione di potenza termica nominale uguale o superiore a 300 MW, ad eccezione
di quelli anteriori al 1988 che sono autorizzati in forma tacita ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 203 del 1988 e che, nel rispetto della
vigente normativa, non hanno completato l'adeguamento autorizzato, è consentito l'uso di:
a) emulsioni acqua-bitumi rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2;
b) petrolio greggio con contenuto di nichel e vanadio, come somma, non superiore a 230 mg/kg.
4. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, è consentito l'utilizzo dei seguenti combustibili purché prodotti da impianti localizzati nella stessa area
delimitata in cui sono utilizzati:
a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 3% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 7;
b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 3, paragrafo 2;
c) gas di raffineria, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio, olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio, derivanti esclusivamente da
greggi nazionali, e coke da petrolio;
d) idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio rispondenti alle caratteristiche e secondo le condizioni di utilizzo di cui alla parte II, sezione 5.
5. In aggiunta ai combustibili di cui al paragrafo 1, negli impianti in cui durante il processo produttivo i composti dello zolfo siano fissati o combinati in per-
centuale non inferiore al 60% con il prodotto ottenuto, ad eccezione dei forni per la produzione della calce impiegata nell'industria alimentare, è consentito
l'uso di:
a) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 4% in massa e rispondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonna 8;
b) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera a) e rispondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 3, paragrafo 2;
C) bitume di petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa;
d) coke da petrolio con contenuto di zolfo non superiore al 6% in massa e rispondente alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 2, paragrafo 1, riga
8.
6. In aggiunta a quanto previsto ai paragrafi precedenti, nella regione Sardegna è consentito l'uso di combustibili indigeni, costituiti da carbone e da miscele
acqua- carbone, in:
a) centrali termoelettriche e impianti di produzione, combinata e non, di energia elettrica e termica, purché vengano raggiunte le percentuali di desolfora-
zione riportate nell'allegato II;
b) impianti di cui al paragrafo 2.
7. In deroga ai paragrafi 1, 5 e 6, negli impianti aventi potenza termica nominale non superiore a 3 MW, è vietato l'uso dei seguenti combustibili;
a) carbone da vapore salvo l'utilizzo negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano, in conformità alla parte II, sezione 2, paragrafo 1;
b) coke metallurgico salvo l'utilizzo negli impianti di lavorazione del ferro forgiato a mano, in conformità alla parte II, sezione 2, paragrafo 1;
c) coke da gas;
d) antracite, prodotti antracitosi e loro miscele;
e) gas da altoforno, di cokeria e d'acciaieria;
f) bitume da petrolio;
g) coke da petrolio;
h) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio con contenuto di zolfo superiore allo 0,3% in massa e loro emulsioni; tale disposizione si applica sol-
tanto agli impianti autorizzati dopo il 24 marzo 1996, salvo il caso in cui le regioni, nei piani e programmi di cui all'articolo 8 e all'articolo 9 del decreto legi-
slativo 4 agosto 1999, n. 351, ne prevedano l'estensione anche agli impianti autorizzati precedentemente ove tale misura sia necessaria per il conseguimen-
to degli obiettivi di qualità dell'aria.
8. I divieti di cui al paragrafo 7 non si applicano ai combustibili prodotti da impianti localizzati nella stessa area delimitata in cui gli stessi sono utilizzati.
9. Ai fini dell'applicazione dei paragrafi 2, 3 e 7 si fa riferimento alla potenza termica nominale di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui più impianti
sono considerati, ai sensi degli articoli 270, comma 4, 273, comma 9, o 282, comma 2, come un unico impianto.
10. Senza pregiudizio per quanto previsto ai paragrafi precedenti, è consentito, alle condizioni previste nella parte II, sezione 7, l'utilizzo del combustibile
solido secondario (CSS) di cui all'art. 183, comma 1, lettera cc), meglio individuato nella predetta parte II, sezione 7, che, ai sensi e per gli effetti dell'art. 184-
ter, ha cessato di essere un rifiuto (CSS-Combustibile).
Sezione 2
Elenco dei combustibili di cui è consentito l'utilizzo negli impianti di cui al titolo II

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1. Negli impianti disciplinati dal titolo II è consentito l'uso dei seguenti combustibili:
a) gas naturale;
b) gas di città;
c) gas di petrolio liquefatto;
d) gasolio, kerosene ed altri distillati leggeri e medi di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1;
e) emulsioni acqua-gasolio, acqua-kerosene e acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio di cui alla precedente lettera d) e rispondenti alle caratteristiche
indicate nella parte II, sezione 3, paragrafo 1;
f) legna da ardere alle condizioni previste nella parte II, sezione 4;
g) carbone di legna;
h) biomasse combustibili individuate nella parte II, sezione 4, alle condizioni ivi previste;
i) biodiesel avente le caratteristiche indicate in parte II, sezione 1, paragrafo 3;
[l) olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio rispondenti alle caratteristiche indicate nella parte II, sezione 1, paragrafo 1, colonne 1, 3, 5 e 9;]
[m) emulsioni acqua-olio combustibile o acqua-altri distillati pesanti di petrolio, di cui alla precedente lettera 1), rispondenti alle caratteristiche indicate nella
parte II, sezione 3, paragrafo 2;]
n) biogas individuato nella parte II, sezione 6, alle condizioni ivi previste.
1-bis. L'uso dei combustibili di cui alle lettere f), g) e h) può essere limitato o vietato dai piani e programmi di qualità dell'aria previsti dalla vigente normati-
va, ove tale misura sia necessaria al conseguimento ed al rispetto dei valori e degli obiettivi di qualità dell'aria.
2. I combustibili di cui alle lettere 1), m) ed n), non possono essere utilizzati negli impianti di cui all'allegato IV, parte I, punti 5 e 6.
[3. L'uso degli oli combustibili ed altri distillati pesanti di petrolio di cui al paragrafo 1, lettera 1), o delle loro emulsioni di cui alla lettera m) è consentito fino
al termine fissato nell'ambito dei piani e programmi di cui all'articolo 8, comma 3 e 9, comma 2, del decreto legislativo 4 agosto 1999, n. 351, e comunque
non oltre il 1° settembre 2007, in tutti gli impianti che alla data di entrata in vigore del presente decreto funzionano, in ragione delle loro caratteristiche co-
struttive, ad olio combustibile o ad altri distillati pesanti di petrolio utilizzando detti combustibili in misura pari o superiore al 90% in massa del totale dei
combustibili impiegati durante l'ultimo periodo annuale di esercizio, individuato dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n.
412.]
[4. Il rispetto delle condizioni di cui al paragrafo 3, deve risultare dalla compilazione iniziale del libretto di impianto o di centrale previsto dal decreto del Pre-
sidente della Repubblica n. 412 del 1993 o da annotazioni effettuate su tale libretto prima della data di entrata in vigore del presente decreto, e da docu-
menti comprovanti acquisti periodici di olio combustibile o di altri distillati pesanti di petrolio di cui al paragrafo 1, lettere 1) o m).]
Sezione 3
Disposizioni per alcune specifiche tipologie di combustibili liquidi
1. Olio combustibile pesante.
1.1. L'olio combustibile pesante di cui all'articolo 292, comma 2, lettera a), utilizzato negli impianti disciplinati dal titolo I, come tale o in emulsione con ac-
qua, deve avere un contenuto di zolfo non superiore all'1% in massa e, nei casi previsti dalla sezione 1, paragrafo 7, non superiore allo 0,3% in massa.
1.2. In deroga a quanto previsto al punto 1.1, negli impianti di cui alla sezione 1, paragrafi da 2 a 6, è consentito, in conformità a tali paragrafi, l'uso di oli
combustibili pesanti aventi un tenore massimo di zolfo superiore all'1% in massa nel caso di:
a) grandi impianti di combustione di cui all'articolo 273, ad eccezione di quelli che beneficiano di una deroga prevista da tale articolo al rispetto dei valori
limite fissati per gli ossidi di zolfo all'allegato II alla Parte Quinta;
b) impianti di combustione non compresi nella precedente lettera a) ubicati nelle raffinerie di oli minerali, a condizione che la media mensile delle emissioni
di ossidi di zolfo di tutti gli impianti della raffineria, esclusi quelli di cui alla lettera a), non superi, indipendentemente dal tipo di combustibile e dalle combi-
nazioni di combustibile utilizzati, il valore di 1700 mg/Nm3;
c) impianti di combustione non compresi alle precedenti lettere a) e b), a condizione che sia rispettato, per gli ossidi di zolfo, il valore limite previsto nell'au-
torizzazione.
2. Metodi di misura per i combustibili per uso marittimo.
2.1. Fatti salvi i casi in cui si applica il decreto legislativo 21 marzo 2005, n. 66, i metodi di riferimento per la determinazione del tenore di zolfo nei combusti-
bili per uso marittimo di cui all'articolo 292, comma 2, lettera d), sono quelli definiti, per tale caratteristica, nella parte II, sezione 1, paragrafo 1. Per la trat-
tazione dei risultati delle misure e l'arbitrato si applica quanto previsto alla parte II, sezione 1, paragrafo 4.
2-bis. Modalità di raccolta dei dati e delle informazioni sui combustibili per uso marittimo.
2-bis.1. E' assicurato un numero di accertamenti sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi svolto mediante controllo dei documenti di bordo e dei bollet-
tini di consegna del combustibile almeno pari al10% del numero delle navi facenti annualmente scalo presso il territorio italiano. Tale numero corrisponde
alla media annuale delle navi facenti scalo sul territorio italiano calcolata sulla base dei dati registrati nei tre anni civili precedenti attraverso il sistema Safe-
SeaNet (sistema di gestione delle informazioni istituito dalla direttiva 2002/59/CE per registrare e scambiare informazioni sui risultati dei controlli ai sensi
della direttiva 1999/32/CE). A tal fine, una nave è conteggiata una sola volta per ciascun anno in cui ha effettuato uno o più scali sul territorio italiano.
2-bis.2. E' assicurato un numero di accertamenti sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi svolto anche mediante campionamento e analisi almeno pari al
20% degli accertamenti di cui al punto 2-bis.1. Dal 1° gennaio 2020 tale percentuale è elevata al 30%.
2-bis.3. E' assicurato l'accertamento, mediante campionamento e analisi, sul tenore di zolfo dei combustibili marittimi al momento della consegna alle navi,
per i fornitori di tali combustibili che, nel corso di un anno civile, secondo quanto risulta dai dati del sistema di informazione dell'Unione (sistema che utilizza
i dati sullo scalo delle singole navi nell'ambito del sistema SafeSeaNet) o dalla relazione di cui all'art. 298, comma 2-bis, hanno consegnato almeno tre volte
combustibili non conforme a quanto indicato nel bollettino di consegna. Tale accertamento deve essere svolto entro la fine dell'anno successivo a quello in
cui è stata riscontrata la consegna di combustibile non conforme.
2-bis.4. In caso di accertamento mediante controllo sui campioni sigillati che sono presenti a bordo e accompagnano il bollettino di consegna del combustibi-
le il prelievo è effettuato conformemente alla regola 18, punti 8.1 e 8.2, dell'allegato VI della Convenzione MARPOL.
2-bis.5. In caso di accertamento mediante controllo sui combustibili presenti nei serbatoi della nave, si devono effettuare uno o più prelievi istantanei nel
punto dell'impianto servizio combustibile in cui è installata un'apposita valvola, secondo quanto è indicato nel sistema di tubature del combustibile della
nave o quanto è previsto dal piano generale delle sistemazioni, sempre che tale sistema o tale piano siano stati approvati dall'autorità competente dello Sta-
to di bandiera della nave o da un organismo riconosciuto che agisce per conto dell'autorità stessa. Per impianto servizio combustibile si intende il sistema a
sostegno di distribuzione, filtraggio, purificazione e fornitura di combustibile dalle casse di servizio agli apparati motori ad olio combustibile. Se il punto di
prelievo non è reperibile con le modalità di cui sopra, il prelievo istantaneo deve essere effettuato in un punto, proposto dal rappresentante della nave (il
comandante o l'ufficiale responsabile per i combustibili marittimi e per la relativa documentazione) ed accettato dall'autorità competente per il controllo, in

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cui sia installata una valvola per il prelievo dei campioni che soddisfi tutte le seguenti condizioni:
a) è accessibile in modo facile e sicuro;
b) permette di tenere conto delle differenti qualità di combustibile utilizzato in relazione a ciascun apparato motore ad olio combustibile;
c) è situato a valle della cassa di servizio da cui proviene il combustibile utilizzato; per cassa di servizio si intende il serbatoio da cui proviene il combustibile
per alimentare gli apparati motori ad olio combustibile che sono situati a valle;
d) è quanto più vicino possibile, in condizioni di sicurezza, all'ingresso dell'apparato motore ad olio combustibile, considerando il tipo di combustibile, la por-
tata, la temperatura e la pressione a valle del punto di campionamento stesso.
In tutti i casi è possibile effettuare un prelievo istantaneo presso diversi punti dell'impianto servizio combustibile per determinare se vi sia una eventuale
contaminazione incrociata di combustibile in assenza di impianti servizio completamente separati o in caso di configurazioni multiple delle casse di servizio.
2-bis.6. I campioni di combustibile prelevati dai serbatoi della nave devono essere raccolti in un contenitore che permetta di riempire almeno tre fiale per
campioni rappresentative del combustibile utilizzato. Le fiale per campioni devono essere sigillate dall'autorità competente per il controllo con un mezzo di
identificazione, affisso in presenza del rappresentante della nave (il comandante o l'ufficiale responsabile per i combustibili marittimi e per la relativa docu-
mentazione). Il mezzo di identificazione deve essere uguale per tutte le tre fiale in tutti i controlli. Due fiale devono essere avviate alle analisi. Una fiala deve
essere consegnata al rappresentante della nave con l'indicazione di conservarla, per un periodo non inferiore a 12 mesi dalla data del prelievo, in modo ido-
neo nel rispetto delle procedure tecniche attinenti alle modalità di conservazione di tale tipologia di campioni.
2-bis.7. Con apposita ordinanza l'autorità marittima e, ove istituita, l'autorità portuale, prescrive nell'ambito territoriale di competenza:
l'obbligo, per i fornitori di combustibili per uso marittimo, di comunicare a tale autorità, entro il mese di febbraio di ciascun anno, le notifiche e le lettere di
protesta ricevute nell'anno precedente riguardo al tenore di zolfo dei combustibili consegnati;
l'obbligo, per il comandante o l'armatore delle navi battenti bandiera italiana che utilizzano metodi alternativi di riduzione delle emissioni e che effettuano il
primo scalo in territorio italiano durante l'anno civile, di trasmettere a tale autorità, entro le 24 ore successive all'accosto ed in ogni caso prima della parten-
za, qualora la sosta sia di durata inferiore, una descrizione del metodo utilizzato; in caso di utilizzo di metodi di riduzione delle emissioni di cui all'art. 295,
comma 20, deve essere inclusa la descrizione del rispetto dei requisiti di cui alle lettere a) e b) di tale comma.
3. Trasmissione di dati.
3.1. Al fine di consentire l'elaborazione della relazione di cui all'articolo 298, comma 3, i soggetti competenti l'accertamento delle infrazioni ai sensi dell'arti-
colo 296, comma 2 e comma 9, trasmettono all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare entro il 31 marzo di ogni anno, uti-
lizzando il formato indicato nella tabella I, i dati inerenti ai rilevamenti di tenore di zolfo effettuati nel corso degli accertamenti dell'anno civile precedente
sui combustibili di cui all'art. 292, comma 2, lettere a) e b). Per i combustibili per uso marittimo devono essere trasmessi i dati e le informazioni indicati
nell'elenco previsto dal punto 3.6. In occasione di ciascun controllo, devono essere registrati gli elementi necessari a fornire i dati e le informazioni previsti.
Entro la stessa data i laboratori chimici delle dogane o, ove istituiti, gli uffici delle dogane nel cui ambito operano i laboratori chimici delle dogane, trasmet-
tono all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare i dati inerenti ai rilevamenti di tenore di zolfo effettuati nel corso degli ac-
certamenti dell'anno civile precedente, ai sensi della vigente normativa, sui combustibili di cui all'articolo 292, comma 2, lettere a), b) e d), prodotti o impor-
tati e destinati alla commercializzazione sul mercato nazionale. Gli esiti trasmessi devono riferirsi ad accertamenti effettuati con una frequenza adeguata e
secondo modalità che assicurino la rappresentatività dei campioni rispetto al combustibile controllato e, nel caso di combustibili per uso marittimo, la rap-
presentatività dei campioni stessi rispetto al complesso dei combustibili utilizzati nelle zone di mare e nei porti in cui si applica il limite.
3.2. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori dei depositi fiscali che importano i combustibili di cui al punto 3.1 da Paesi terzi o che li ricevono da Paesi mem-
bri dell'Unione europea e i gestori degli impianti di produzione dei medesimi combustibili inviano all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare, tramite le rispettive associazioni di categoria, utilizzando il formato indicato nelle tabelle II e III, i dati concernenti i quantitativi di tali
combustibili prodotti o importati nel corso dell'anno precedente, con esclusione di quelli destinati all'esportazione. Entro il 31 marzo di ogni anno, i gestori
dei grandi impianti di combustione che importano olio combustibile pesante da Paesi terzi o che lo ricevono da Paesi membri dell'Unione europea inviano
all'ISPRA e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, tramite le rispettive associazioni di categoria, utilizzando il formato indicato
nella tabella IV, i dati concernenti i quantitativi di olio combustibile pesante importati nell'anno precedente.
3.3. Per depositi fiscali, ai sensi del punto 3.2 si intendono gli impianti in cui vengono fabbricati, trasformati, detenuti, ricevuti o spediti i combustibili oggetto
della parte quinta del presente decreto, sottoposti ad accisa, in regime di sospensione dei diritti di accisa, alle condizioni stabilite dall'amministrazione finan-
ziaria; ricadono in tale definizione anche gli impianti di produzione dei combustibili. Per combustibile sottoposto ad accisa si intende un combustibile al qua-
le si applica il regime fiscale delle accise.
3.4. I dati previsti ai punti 3.1 e 3.2 sono trasmessi all'ISPRA su supporto digitale, unitamente alla lettera di accompagnamento e, per posta elettronica all'in-
dirizzo dati.combustibili@isprambiente.it e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per posta elettronica all'indirizzo da-
ti.combustibili@minambiente.it.
3.5. La relazione elaborata dall'ISPRA sulla base dei dati e delle informazioni di cui ai punti 3.1 e 3.2 deve indicare, per ciascun combustibile, il numero totale
di accertamenti effettuati, il tenore medio di zolfo relativo a tali accertamenti ed il quantitativo complessivamente prodotto e importato. Per i combustibili
per uso marittimo la relazione deve riportare tutti i dati e le informazioni indicati nell'elenco previsto al punto 3.6.
3.6. Per la trasmissione dei dati previsti al punto 3.1, in relazione ai combustibili per uso marittimo, è utilizzato il seguente elenco:
Elenco per la trasmissione dei dati relativi ai combustibili marittimi

Dati relativi a ciascuna singola nave soggetta ad accertamento mediante controllo dei documenti di bordo e
dei bollettini di consegna del combustibile o mediante campionamento e analisi del combustibile
Nome, bandiera e porto d'iscrizione
Numero IMO
(indicare ND se la nave non dispone di un identificativo IMO)
Tipo di nave - Stazza - Età
Tipo di combustibile utilizzato
Tenore di zolfo accertato (%m/m)
Descrizione dei metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo
295, comma 19, del Dlgs 152/2006, utilizzati da navi battenti ban-
diera italiana
Descrizione dei metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo

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295, comma 20, del Dlgs 152/2006, utilizzati da navi battenti ban-
diera italiana, inclusa la descrizione dei requisiti di cui alle lettere a)
e b) di tale comma
Accertamento di non conformità (NC) e sua descrizione
(indicare la fattispecie sulla base di quelle previste dall'articolo 295
del Dlgs 152/2006; per es. nave all'ormeggio, nave passeggeri,
ecc.)
Procedimenti giudiziari o amministrativi avviati per violazioni e
sanzioni ed altre misure applicate
Numero di campioni
Tipo di campioni
Metodo di campionamento utilizzato
Punti di prelievo
Ubicazione del rifornimento di combustibile
Bollettino di consegna del combustibile
(indicare se è presente e correttamente compilato)
Registro degli idrocarburi
(indicare se è presente e correttamente compilato)
Giornali di bordo
(indicare se sono presenti e correttamente compilati)
Descrizione delle operazioni di cambio dei combustibili effettuate
(indicare la data e il luogo del cambio ed i combustibili sostituiti e
la corretta o meno registrazione del cambio sui documenti di bor-
do)
Dati aggregati
Numero annuo totale di non conformità
Tipo di non conformità
(indicare la fattispecie sulla base di quelle previste dall'art. 295 del
Dlgs 152/2006; ad es. nave passeggeri, nave all'ormeggio, ecc.)
Gravità della non conformità
1) scostamenti ≤ 25%
2) scostamenti ≤ 50%
3) scostamenti ≤ 75%
4) scostamenti> 75%
(indicare il numero di non conformità accertate per ciascuno dei
sopra indicati livelli percentuali di scostamento dal valore limite)
Contenuto medio del tenore di zolfo (% m/m)
(indicare la media di tutti gli accertamenti effettuati, distinti per le
seguenti tipologie di combustibile:
Gasolio marino qualità DMA
Gasolio marino qualità DMX
Olio diesel marino qualità DMB
Olio diesel marino qualità DMC
Altri combustibili per uso marittimo)
Rapporti di cui all'articolo 296, commi 10 ter e 10 quater
Descrizione dei metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo
295, comma 19, del Dlgs 152/2006, utilizzati da navi battenti ban-
diera italiana
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole
navi)
Descrizione dei metodi di riduzione delle emissioni di cui all'articolo
295, comma 20, del Dlgs 152/2006, utilizzati da navi battenti ban-
diera italiana, inclusa la descrizione dei requisiti di cui alle lettere a)
e b) di tale comma
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole
navi)
Notifiche e lettere di protesta ricevute dai fornitori di combustibili
marittimi
Numero totale annuo degli accertamenti mediante controllo dei
documenti di bordo e dei bollettini di consegna del combustibile
Ubicazione del rifornimento di combustibile
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole
navi)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Bollettino di consegna del combustibile


(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole
navi)
Registro degli idrocarburi
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole
navi)
Giornali di bordo
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole
navi)
Descrizione delle operazioni di cambio dei combustibili effettuate
(dato aggregato della corrispondente voce relativa alle singole
navi, limitatamente al numero totale di cambi effettuati ed alla
corretta registrazione di tali cambi sui documenti di bordo)
Elenco di cui all'articolo 295, comma 12, del Dlgs 152/2006
Numero totale e tipo di procedimenti giudiziari o amministrativi
avviati e sanzioni ed altre misure applicate per violazioni, con indi-
cazione dell'importo di ciascuna sanzione, nei confronti di operatori
delle navi e fornitori di combustibili marittimi
(indicare i procedimenti avviati e le sanzioni e le misure applicate
nel corso dell'anno anche se riferiti a violazioni commesse in anni
precedenti)

Tabella I*
Combustibile Tenore di zolfo Metodo utilizzato per Tenore massimo di Modalità di accerta-
accertato (% la determinazione del zolfo previsto dalla mento
m/m) tenore di zolfo legge (1) (% m/m)
Olio combustibile pesante
Gasolio

(1) L'indicazione del tenore massimo deve essere accompagnata da quella della disposizione che lo prevede
* Ciascuna riga si riferisce ad un singolo accertamento
Tabella II
Dati indentificativi dell'impianto:

Tenore massimo di zolfo previsto dalla


Combustibili Quantitativi totali (kt/anno) (2)
legge (% m/m)
Gasolio 0,20
(come tale o in emulsione) (1) 0,10
0,3
Olio combustibile pesante 1,0
(come tale o in emulsione) (1) 3,0
4,0

(1) Per la emulsione è escluso il quantitativo di acqua


(2) Nei quantitativi totali sono inclusi i quantitativi di combustibile, prodotti o importati, ed utilizzati all'interno dell'impianto (consumi interni)
Tabella III

Combustibili per uso marittimo Quantitativi totali (kt/anno) Tenore massimo di zolfo previsto dalla legge
(% m/m)
Gasolio marino qualità DMA, DMX, DMZ (1) 0,10
Altro
Olio diesel marino qualità DMB (1)
1,50
Altro

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Altri combustibili per uso marittimo (2)


0,10
1,50
(1) la distinzione del dato in funzione di ciascuna qualità di combustibile è richiesta ove tale informazione sia disponibile.
(2) Combustibili per uso marittimo diversi da gasolio marino e olio diesel marino.

(1) La distinzione del dato in funzione di ciascuna qualità combustibile è richiesta ova tale informazione sia disponibile
(2) Combustibili per uso marittimo diversi da gasolio marino e olio diesel marino
Tabella IV
Dati indentificativi dell'impianto:

Tenore massimo di zolfo previsto dalla leg-


Combustibili Quantitativi totali (kt/anno)
ge (% m/m)
0,3
Olio combustibile pesante (come tale o in 1,0
emulsione) (1) 3,0
4,0

(1) Per le emulsioni è escluso il quantitativo di acqua.


Sezione 4
Valori di emissione equivalenti per i metodi di riduzione delle emissioni
1. Ai fini previsti dall'articolo 295, comma 20, lettera a), si applicano i seguenti valori di emissione equivalenti ai limiti di tenore di zolfo dei combustibile per
uso marittimo:

Tenore di zolfo del combustibile per uso marittimo Rapporto emissione SO2 (ppm)/CO2
(% m/m) (% v/v)
3,50 151,7
1,50 65,0
1,00 43,3
0,50 21,7
0,10 4,3

2. Il rapporto di equivalenza di cui al punto 1 si applica solo se si utilizzano un distillato a base di petrolio o oli combustibili residui. Se si utilizza un altro tipo
di combustibile, l'operatore deve individuare un'altra idonea modalità ai fini prevista all'articolo 295, comma 20, lettera a).
3. In casi in cui la concentrazione di CO2 è ridotta da un sistema di depurazione dei gas di scarico, la concentrazione di CO2, può essere misurata nel punto di
ingresso di tale sistema, purché l'operatore fornisca una adeguata giustificazione e dimostri che la metodologia è idonea ai fini della misura.
Sezione 5
Criteri per l'utilizzo dei metodi di riduzione delle emissioni
1. I metodi di riduzione delle emissioni previsti all'articolo 295, commi 19 e 20, devono rispettare, ai fini dell'utilizzo, nelle acque territoriali, nelle zone eco-
nomiche esclusive e nelle zone di protezione ecologica, appartenenti all'Italia, ivi inclusi i porti, almeno i seguenti criteri individuati in funzione dello specifico
tipo di metodo:

Metodo di riduzione delle emissioni Criteri per l'utilizzo


A.
Utilizzo di una miscela di combustibile per uso marittimo e gas di Si applicano i criteri previsti dalla decisione della Commissio-
evaporazione (per le navi all'ormeggio) ne europea 2010/769/UE del 13 dicembre 2010.
B.
Sistemi di depurazione dei gas di scarico Si applicano i criteri previsti dalla risoluzione MEPC.184(59).
Le acque di lavaggio risultanti dai sistemi di depurazione dei
gas di scarico che utilizzano prodotti chimici, additivi o prepa-
rati o che creano rilevanti agenti chimici durante l'esercizio,
previsti dal punto 10.1.6.1 della risoluzione MEPC.184(59),
non possono essere scaricate in mare, inclusi baie, porti ed
estuari, eccettuato il caso in cui l'utilizzatore dimostri che tali
gli scarichi non producono impatti negativi rilevanti e non

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

presentano rischi per la salute umana e l'ambiente. Se il pro-


dotto chimico utilizzato è la soda caustica, tali scarichi sono
ammessi se rispettano i criteri stabiliti nella risoluzione
MEPC.184(59), ed un limite per il pH pari a 8,0.
C. Si utilizzano combustibili definiti biocarburanti nella direttiva
Utilizzo di biocarburanti 2009/28/CE e che rispettano le pertinenti norme CEN e ISO.

Restano fermi i limiti di tenore di zolfo previsti dall'articolo


295 per le miscele di biocarburanti e combustibili per uso
marittimo.

Sezione 6
Rapporto per la comunicazione prevista all'articolo 296, comma 10-ter
1. Ai fini della comunicazione prevista all'articolo 296, comma 10-ter, si utilizza il seguente rapporto:
Rapporto di indisponibilità di combustibile a norma (facsimile)
Data:

Campo Nome del campo Dati Note e istruzioni di compilazione


1 Nome della compagnia della nave Inserire il nome della compagnia della nave
2 Nome della Nave Inserire il nome della nave
Inserire il codice paese come da ISO 3166
3 Paese di bandiera (Un elenco dei codici è reperibile al seguente indiriz-
zo) https://www.iso.org/obp/ui/#search
Inserire il numero identificativo IMO assegnato alla
nave.
4 Numero IMO
Inserire "ND" se non si dispone di un numero identifi-
cativo IMO
Inserire la data in cui la nave ha ricevuto la prima
comunicazione di dover effettuare un viaggio com-
5 Data prima comunicazione
portante il transito nelle acque di giurisdizione italia-
na
Inserire il nome del porto in cui la nave ha ricevuto la
prima comunicazione di dover effettuare un viaggio
comportante il transito nelle acque di giurisdizione
6 Luogo di prima comunicazione italiana
Nota: se la nave ha ricevuto la comunicazione in na-
vigazione, fornire le coordinate della nave al momen-
to della comunicazione
Inserire i nomi di tutti i successivi porti noti, che la
nave dovrà scalare durante il viaggio pianificato, do-
Nomi dei porti dopo la prima comunica-
7 po aver ricevuto la comunicazione di dover effettuare
zione
un viaggio comportante il transito nelle acque di giu-
risdizione italiana.
Inserire il nome del porto precedente a quello di in-
Nome dell'ultimo porto prima dell'in- gresso in acque di giurisdizione italiana
8
gresso in acque Italiane Nota: questo porto deve essere riportato anche nel
Campo 7
Nome del porto in cui si è verificato il Inserire il nome del porto si è verificato il disservizio
9 disservizio sul rifornimento di combusti- sul rifornimento di combustibile. Se non si è trattato
bile di un disservizio sul rifornimento inserire "ND"
Immettere il nome del fornitore di carburante previ-
sto nel porto di cui al campo 9 all'unità che sta at-
Nome del fornitore di carburante che ha tualmente riportando la non conformità del carbu-
10 rante utilizzato.
originato il disservizio
Se non si è trattato di un disservizio sul rifornimento
inserire "ND"
Inserire il numero dei fornitori contattati nel porto
indicato al Campo 9 dove si è verificato il disservizio
del rifornimento.
11 Numero di fornitori contattati Se non si è trattato di un disservizio sul rifornimento
inserire "ND".
Nota: si prega di inserire le informazioni di contatto
dei fornitori

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Inserire data e ora stimate di ingresso nelle acque di


Data e orario stimati di arrivo nelle ac- giurisdizione Italiane
12
que di giurisdizione Italiane
Formato:anno/mese/giorno/ora
Inserire il contenuto di zolfo, in percentuale per mas-
sa
Contenuto di zolfo del combustibile non
13 (% m/m) del combustibile non conforme che verrà
conforme
usato all'ingresso e durante le operazioni nelle acque
di giurisdizione Italiana
Inserire il numero di ore previsto durante le quali i
Stima delle ore d'impiego del propulsore
14 motori principali funzioneranno con il combustibile
principale
non conforme, nelle acque di giurisdizione Italiana
15 Nome del primo porto italiano di accosto Inserire il nome del primo porto italiano di accosto
Il primo porto italiano di accosto avente disponibilità
E' disponibile combustibile conforme nel di combustibile conforme?
16
primo porto italiano? S: Si
N: No
La vostra nave ha pianificato il rifornimento di com-
Piano di rifornimento di combustibile bustibile a norma nel primo porto italiano ?
17 conforme nel primo porto italiano di
S: Si
accosto ?
N: No
Numero di fornitori contattati al primo Inserire il numero di fornitori contattati al primo por-
porto italiano to di accosto indicato nel Campo 15.
18
Nota: Se il Campo 17 è "S", allora inserire "ND".
Fornire informazioni di contatto dei fornitori
Inserire il nome del secondo porto italiano di accosto.
Nome del secondo porto italiano di ac- Nota: Se il Campo 17 è "S", allora inserire "ND" / Se il
19
costo vostro successivo porto di accosto non è in Italia allo-
ra inserire "Nessuno"
E' disponibile combustibile conforme nel secondo por-
to italiano di accosto?
E' disponibile combustibile conforme nel S: Si
20
secondo porto italiano? N: No
Nota: Se il Campo 17 è "ND" o il campo 19 è "Nessu-
no" allora inserire "ND"
La nave ha pianificato il bunker al secondo porto ita-
liano?
Piano di rifornimento di combustibile S: Si
21
conforme, nel secondo porto italiano? N: No
Nota: Se Campo 17 è "ND" o il 19 è "Nessuno" allora
inserire "ND"
Inserire il numero di fornitori contattati al secondo
porto di accosto al Campo 19
Numero di fornitori contattati al secondo Nota: Se il Campo 19 è "ND" o "Nessuno" allora inse-
22
porto italiano rire "ND".
Nota: Prego fornire informazioni di contatto dei forni-
tori
Inserire data e ora stimate di uscita dalle acque di
Data e orario stimati di uscita dalle ac- giurisdizione Italiana
23
que di giurisdizione Italiana
Formato:anno/mese/giorno/ora
Indicare se la compagnia indicata al Campo 1 ha già
presentato analoghi rapporti per qualsiasi nave nei
Sono stati presentati analoghi rapporti precedenti 12 mesi
24
precedentemente?
S: Si
N: No
25 Numero di rapporti presentati Inserire il numero di Rapporti di indisponibilità pre-
sentati negli ultimi 12 mesi (Includere il presente nel
totale)
Nota: Se il Campo 24 è "N", allora inserire "1"
Inserire il nome di un funzionario della Società arma-
Funzionario della Società Armatrice No- trice designato quale punto di contatto (includendo il
26
me, e-mail e telefono titolo, es: Dott, Sig., Cap.,ecc.), l'e-mail e il telefono
(includendo il prefisso internazionale se non italiano)
Descrizione delle azioni intraprese per Fornire una descrizione delle azioni intraprese per
27 raggiungere la conformità, eventuali raggiungere la conformità, eventuali ulteriori pro-
ulteriori problemi, commenti o altre in- blemi, commenti o altre informazioni afferenti alla

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

formazioni situazione di non conformità della nave ai requisiti


per il combustibile marino previsti nelle acque di giu-
risdizione italiana.
Nota: Si può scegliere di allegare un documento sepa-
rato che contenga tale descrizione (formato pdf).
Se si sceglie di allegare un documento separato, im-
mettere "allegato" in questo campo.
Se non si dispone di queste informazioni, inserire
"ND"

Parte II
Caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura
Sezione 1
Combustibili liquidi
1. Gasolio, kerosene olio combustibile ed altri distillati leggeri, medi e pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettere e) e h), paragrafo 2 lettera
a), paragrafo 4, lettera a), paragrafo 5 lettera a) e sezione 2, paragrafo 1, lettere d), e), ed.1)]

Tipo di Gasolio / Olio combustibile ed altri distillati pesanti di petrolio


combustibile liquido kerosene / distillati Fluidissimo BTZ Fluido BTZ Semifluido BTZ Denso ATZ Denso BTZ Metodo di anali-
leggeri e medi di pe- si
trolio
Caratteristica Unità 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10
Viscosità
a 50 C mm2/s <21,2 da 21,2 a 36,4 da 37,5 a 91,0 >di 91 >di 91 EN ISO 3104
a 50 C °E <3 da 3,0 a 5,0 da 5,1 a 12,0 >di 12 >di 12 EN ISO 3104
a 40 C mm2/s Da 2,0 a 7,4 (1) EN ISO 3104
Acqua e sedimenti % (V/V) ≤ 0,05 ≤0,05 ≤1,0 ≤1,0 UNI 20058
Acqua % (V/V) ≤1,5(6) ≤1,5 ISO 3733
Sedimenti % (V/V) ≤0,5 ≤0,5 ISO 3735
≤0,20 ISO 8754
Zolfo % (m/m) ≤0,10(5) ≤0,3 1 ≤0,3 1 ≤0,3 1 ≤3,0 ≤4,0 ≤0,3 1 UNI EN ISO
14596
Residuo carbonioso % (m/m) ≤6 ≤15 ≤6 ≤15 ≤6 ≤15 ≤18 ≤6 ≤15 ISO 6615
Nichel + Vanadio mg/kg ≤15 ≤50 ≤180 ≤50 ≤180 ≤50 ≤180 ≤230(2) ≤50 ≤180 UNI e
09.10.024.0 EN
13131(3)
Ceneri % (m/m) ≤0,05 ≤0,10 ≤0,15 ≤0,20(7) ≤0,20 UNI EN ISO 6245
PCB/PCT mg/kg Inferiore al limite di Inferiore al limite Inferiore al limite Inferiore al limite Inferiore al limite Inferiore al limite DIN 51527(4) EN
rilevabilità di rilevabilità di rilevabilità di rilevabilità di rilevabilità di rilevabilità 12766

(1) Solo per il gasolio


(2) Il valore è di 180 mg/kg per gli impianti di cui alla parte I, sezione 1, paragrafo 2 fino all'adeguamento.
(3) Il metodo UNI E 09.10.024.0 è utilizzato, in via transitoria, fino alla pubblicazione del metodo 13131.
(4) Il metodo DIN 51527 è utilizzato, in via transitoria, fino alla pubblicazione del metodo EN 12766.
(5) Tale specifica è riferita solo al gasolio e si applica a partire dal 1° gennaio 2008.
(6) Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da avviare a successivo trattamento di centrifugazione, filtrazione e miscelazione con idrocarburi è
consentito un contenuto massimo di acqua pari al 15% V/V
(7) Fino al 31 dicembre 2006, per le miscele con acqua da avviare a successivo trattamento di centrifugazione, filtrazione e miscelazione con idrocarburi è
consentito un contenuto massimo di ceneri pari all'1,5% m/m
2. Emulsioni acqua - bitumi [parte I, sezione 1, paragrafo 3, lettera a)]

Caratteristica Unità Emulsioni acqua-bitumi Emulsioni acqua - altri Metodi di analisi


naturali bitumi
Acqua % (m/m) ≤35% ≤35% ISO 3733
Zolfo % (m/m) ≤3%* ≤3%*/** ASTM D 1552
Nichel + Vanadio mg/kg ≤450* ≤230* 1)

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

1) Fino all'adozione di una metodica ufficiale da parte dei competenti organismi di normazione, per l'analisi del nichel e vanadio si applica un metodo di
comprovata validità concordato con l'autorità competente. Fino a tale data non si applica la norma EN ISO 4259 per la trattazione dei risultati.
* I valori limite sono riferiti all'emulsione tal quale.
** Per emulsioni derivanti da greggi nazionali il valore è ≤8%.
3. Biodiesel [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera g) e sezione 2, paragrafo 1, lettera i)]

Proprietà Unità Limiti Metodo di prova


Minimo Massimo
Viscosità a 40 °C mm2/s 3,5 5,0 EN ISO 3104
ISO 3105
Residuo carbonioso (a) (sul 10% % (m/m) - 0,30 EN ISO 10370
residuo distillazione)
Contenuto di ceneri solfatate % (m/m) - 0,02 ISO 3987
Contenuto di acqua mg/kg - 500 EN ISO 12937:2000
Contaminazione totale* mg/kg - 24 EN 12662
Valore di acidità mg KOH/g 0,50 EN 14104
Contenuto di estere (b)* % (m/m) 96,5 EN 14103
Contenuto di monogliceridi % (m/m) 0,80 EN 14105
Contenuto di digliceridi % (m/m) 0,20 EN 14105
Contenuto di trigliceridi* % (m/m) 0,20 EN 14105
Glicerolo libero (c)* % /m/m) 0,02 EN 14105
EN 14106
CFPP (d) °C UNI EN 116
Punto di scorrimento (e) °C 0 ISO 3016
Potere calorifico inferiore (cal- MJ/kg 35 DIN 51900:1989
colato)
DIN 51900-1:1998
DIN 51900-2:1977
DIN 51900-3:1977
Numero di iodio g iodio/100 g 130 EN 14111
Contenuto di zolfo mg/kg 10,0 prEN ISO 20846
prEN ISO 20884
Stabilità all'ossidazione 110°C ore 4,0 - EN 14112
(a) Per ottenere il 10% residuo deve essere utilizzato il metodo ASTM D 1160.
(b) Non è consentita l'aggiunta di esteri diversi da quelli propri del biodiesel e di altre sostanze diverse dagli additivi.
(c) In caso di controversia sul glicerolo libero, si deve utilizzare il EN 14105.
(d) Per il biodiesel da utilizzare tal quale, il limite massimo coincide con quello previsto dalla UNI 6579.
(e) Il biodiesel destinato alla miscelazione con oli combustibili convenzionali non deve contenere additivi migliorativi della filtrabilità
a freddo.
* In caso di controversia per la determinazione della contaminazione totale, del contenuto di esteri, del contenuto di trigliveridi e
del glicerolo libero non si applica il criterio del 2R della UNI EN ISO 4259 rispetto al limite indicato in tabella.

4. Per la determinazione delle caratteristiche dei combustibili di cui alla presente sezione si applicano i metodi riportati nelle tabelle di cui ai paragrafi da 1 a
3 riferiti alle versioni più aggiornate. Salvo quanto diversamente disposto nei paragrafi 2 e 3, la trattazione dei risultati delle misure è effettuata secondo la
norma EN ISO 4259. Per l'arbitrato è utilizzato il metodo EN ISO 14596 - edizione 1998.
Sezione 2
Combustibili solidi
1. Caratteristiche e metodi di prova per i combustibili solidi [parte 1, sezione 1, paragrafo 1, lettere o), p) e q), paragrafo 2, lettera e), paragrafo 5, lettera d)]

Tipo Materie volatili (b) Ceneri (b) Zolfo (b) Umidità (b) Potere calorifico inferiore (c)
% % % % MJ/Kg
Coke 1 ≤ 12 ≤ 12 Coke
metallurgico e da gas 2 ≤2 ≤ 10 ≤1 ≤8 ≥ 27,63 metallurgico e da gas
Antracite, prodotti 3 ≤ 13 ≤ 10 ≤1 ≤5 ≥ 29,31 Antracite, prodotti
antracitosi e loro antracitosi e loro
miscele miscele
Carbone da vapore 4 ≤ 40 ≤ 16 ≤1 Carbone da vapore
Agglomerati di lignite 5 ≤ 40 ≤ 16 ≤ 0,5 ≤ 15 ≥ 14,65 Agglomerati di lignite
Coke da 7 (a) ≤ 12 ≤3 Coke da

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

petrolio 8 (d) ≤ 14 ≤6 ≥ 29,31 petrolio


Norma per l'analisi ISO 562 UNI 7342 UNI 7584 UNI 7340 ISO 1928

(a) - per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 2


(b) - i valori rappresentano limiti massimi come percentuali di massa sul prodotto tal quale
(c) - valori minimi riferiti al prodotto tal quale
(d) - per gli impianti di cui alla parte I, paragrafo 5
Sezione 3
Caratteristiche delle emulsioni acqua - gasolio, acqua - kerosene e acqua - olio combustibile
1. Emulsione acqua-gasolio, acqua-kerosene o acqua-altri distillati leggeri e medi di petrolio (parte 1, sezione 1 paragrafo 1, lettera f) e sezione 2, paragrafo
1, lettera e)
1.1 II contenuto di acqua delle emulsioni di cui al punto 1 non può essere inferiore al 10%, né superiore al 30%.
1.2 Le emulsioni di cui al punto 1 possono essere stabilizzate con l'aggiunta, in quantità non superiore al 3%, di tensioattivi non contenenti composti del fluo-
ro, del cloro né metalli pesanti. In ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per il quale è previsto un limite massimo di specifica nel combustibile
usato per preparare l'emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve essere tale che il contenuto totale di questo elemento nell'emulsione, de-
dotta la percentuale di acqua, non superi il suddetto limite di specifica.
1.3 Le emulsioni di cui al punto 1 si definiscono stabili alle seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 20°C ± 1°C e sottoposto a centrifu-
gazione con un apparato conforme al metodo ASTM D 1796 con una accelerazione centrifuga pari a 30.000 m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga rela-
tiva a pari a 3060) per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla
voce «Acqua e sedimenti».
1.4 In alternativa al metodo di cui al comma precedente, per verificare che l'emulsione sia stabile, e cioè che non dia luogo a separazione di acqua superiore
alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alla voce «Acqua e sedimenti», può essere utilizzato il metodo indicato all'articolo 1, comma
1, del decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000.
1.5 La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di stabilità e composizione deve essere certificata da un laboratorio accreditato secondo le norme
UNI-CEI EN 45001 per le prove sopracitate. Il sistema di accreditamento deve essere conforme alla norma UNI-CEI EN 45003 e deve valutare la competenza
dei laboratori secondo la norma UNI-CEI EN 42002.
2. Emulsioni acqua-olio combustibile, ed altri distillati pesanti di petrolio [parte I, sezione 1, paragrafo 1, lettera i), paragrafo 2 lettera b), paragrafo 4 lettera
b) e paragrafo 5 lettera b) e sezione 2, paragrafo 1, lettera m)]
2.1 II contenuto di acqua delle emulsioni di cui al punto 2 non può essere inferiore al 10%, né superiore al 30%.
2.2 Le emulsioni di cui al punto 2 possono essere stabilizzate con l'aggiunta, in quantità non superiore al 3%, di tensioattivi non contenenti composti del fluo-
ro, del cloro né metalli pesanti. In ogni caso, se il tensioattivo contiene un elemento per il quale è previsto un limite massimo di specifica nel combustibile
usato per preparare l'emulsione, il contenuto di tensioattivo da impiegare deve essere tale che il contenuto totale di questo elemento nell'emulsione, de-
dotta la percentuale di acqua, non superi il suddetto limite di specifica.
2.3 Le emulsioni di cui al punto 2 si definiscono stabili alle seguenti condizioni: un campione portato alla temperatura di 50°C ± 1°C e sottoposto a centrifu-
gazione con un apparato conforme al metodo ASTM D 1796 con una accelerazione centrifuga pari a 30.000 m/s2 (corrispondente a una forza centrifuga rela-
tiva pari a 3060) per 15 minuti, non deve dar luogo a separazione di acqua superiore alla percentuale consentita alla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alle voci
«Acqua e sedimenti», «Acqua» e «Sedimenti».
2.4 In alternativa al metodo di cui al comma precedente, per verificare che l'emulsione sia stabile, e cioè che non dia luogo a separazione di acqua superiore
alla percentuale consentita dalla parte II, sezione 1, paragrafo 1, alle voci «Acqua e sedimenti», «Acqua» e «Sedimenti», può essere utilizzato il metodo indi-
cato all'articolo 1, comma 2, decreto direttoriale del Dipartimento delle dogane e delle imposte indirette del Ministero delle Finanze del 20 marzo 2000.
La rispondenza delle emulsioni ai suddetti requisiti di stabilità e composizione deve essere certificata da un laboratorio accreditato secondo le norme UNI-
CEI EN 45001 per le prove sopraccitate. Il sistema di accreditamento deve essere conforme alla UNI-CEI EN 45003 e deve valutare la competenza dei labora-
tori secondo la norma UNI-CEI EN 42002.
Sezione 4
Caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo
(parte 1, sezione 1, paragrafo 1 lettera n) e sezione 2, paragrafo 1, lettera h))
1. Tipologia e provenienza
a) Materiale vegetale prodotto da coltivazioni dedicate;
b) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di coltivazioni agricole non dedicate;
c) Materiale vegetale prodotto da interventi selvicolturali, da manutenzione forestale e da potatura;
d) Materiale vegetale prodotto dalla lavorazione esclusivamente meccanica e dal trattamento con aria, vapore o acqua anche surriscaldata di legno vergine e
costituito da cortecce, segatura, trucioli, chips, refili e tondelli di legno vergine, granulati e cascami di legno vergine, granulati e cascami di sughero vergine,
tondelli, non contaminati da inquinanti;
e) Materiale vegetale prodotto da trattamento esclusivamente meccanico, lavaggio con acqua o essiccazione di prodotti agricoli;
f) Sansa di oliva disoleata avente le caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenuta dal trattamento delle sanse vergini con n-esano per l'estrazione
dell'olio di sansa destinato all'alimentazione umana, e da successivo trattamento termico, purché i predetti trattamenti siano effettuati all'interno del mede-
simo impianto; tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dell'impianto stesso di produzione, devono risultare da un sistema di identificazione
conforme a quanto stabilito al punto 3:

Caratteristica Unità Valori minimi / massimi Metodi di analisi


Ceneri % (m/m) ≤ 4% ASTM D 5142-98
Umidità % (m/m) ≤ 15% ASTM D 5142-98
N-esano mg/kg ≤ 30 UNI 22609

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Solventi organici clorurati assenti *


Potere calorifico inferiore ASTM D
MJ/kg ≥ 15,700 5865-01
(*) Nel certificato di analisi deve essere indicato il metodo impiegato per la rilevazione dei solventi organici clorurati

g) Liquor nero ottenuto nelle cartiere dalle operazioni di lisciviazione del legno e sottoposto ad evaporazione al fine di incrementarne il residuo solido, pur-
ché la produzione, il trattamento e la successiva combustione siano effettuate nella medesima cartiera e purché l'utilizzo di tale prodotto costituisca una
misura per la riduzione delle emissioni e per il risparmio energetico individuata nell'autorizzazione integrata ambientale;
h) prodotti greggi o raffinati costituiti prevalentemente da gliceridi di origine animale qualificati dal regolamento (CE) n. 1069/2009 del 21 ottobre 2009, dal
regolamento (UE) n. 142/2011 del 25 febbraio 2011, modificato dal regolamento (UE) n. 592/2014 del 3 giugno 2014, e da successivi regolamenti attuativi
come sottoprodotti di origine animale o prodotti derivati che è possibile utilizzare nei processi di combustione, purché:
siano applicati i metodi di trasformazione, le condizioni di combustione e le altre condizioni prescritti per l'uso di tali materiali come combustibili dal regola-
mento (UE) n. 142/2011 del 25 febbraio 2011, modificato dal regolamento (UE) n. 592/2014 del 3 giugno 2014, e da successivi regolamenti attuativi del rego-
lamento (CE) n. 1069/2009 del 21 ottobre 2009;
i materiali rispettino i valori limite previsti dalla seguente tabella:

Proprietà Unità di misura Valori limite Metodo di prova


Densità a 15 °C (kg/m3) 850-970 ISO 6883
Densità a 60 °C (kg/m3) 820-940 UNI EN ISO 3675
Viscosità a 50 °C (cST) Max. 100 UNI EN ISO 3104
Contenuto di acqua (%m/m) Max. 1 UNI EN ISO 12937
Ceneri (%m/m) Max. 0.05 ISO 6884
Sedimenti totali (mg/kg) Max. 1.500 ISO 10307-1
Potere Calorifico Inferiore (MJ/kg) Min. 33 ASTM-D 240
Punto di infiammabilità °C Min. 120 ISO 15267
Stabilità all'ossidazione 110°C (h) Min. 4 ISO 6886
Residuo carbonioso (%m/m) Max. 1,5 UNI EN ISO 10370
Acidità forte (SAN) (mgKOH/g) LR ASTM-D 664
Zolfo mg/kg Max. 200 UNI EN ISO 20884
Solventi organici clorurati mg/kg LR EN ISO 16035
Solventi idrocarburici (Esano) mg/kg Max. 300 UNI EN ISO 9832
LR: il valore rilevato deve essere inferiore al limite di rilevabilità specifico per il metodo di analisi indicato

L'utilizzo di tali materiali come combustibili è in tutti i casi escluso negli impianti termici civili di cui alla parte quinta, titolo II, del presente decreto.
h-bis) Farina di vinaccioli disoleata, avente le caratteristiche riportate nella tabella seguente, ottenuta dalla disoleazione dei vinaccioli con n-esano per l'e-
strazione di olio di vinaccioli e da successivo trattamento termico ed eventuali trattamenti meccanici e lavaggi, purché tutti i predetti trattamenti siano effet-
tuati all'interno del medesimo stabilimento; tali requisiti, nel caso di impiego del prodotto al di fuori dello stabilimento stesso di produzione, devono risulta-
re da un sistema di identificazione conforme a quanto stabilito al paragrafo 3.

Valori minimi/massimi UNI


Caratteristica Unità Metodi di analisi
11459: 2016
Umidità % (m di H2O/m totale) ≤ 15 UNI EN 14774-1/2/3
N-Esano mg/kg ≤ 30 UNI 22609
Ceneri sul secco % (m/m) ≤ 5,9 UNI EN 14775
Potere calorifico inferiore sul secco MJ/kg ss ≥ 16,5 UNI EN 14918
Potere calorifico inferiore sul tal quale (umidità 15%) MJ/kg tq ≥ 15,7 UNI EN 14918
Solventi organici clorurati LR UNI EN ISO 16035
LR: il valore misurato, espresso in mg/kg, deve essere minore del Limite di Rilevabilità specifico per il metodo di analisi indicato in colonna

1-bis. Salvo il caso in cui i materiali elencati nel paragrafo 1 derivino da processi direttamente destinati alla loro produzione o ricadano nelle esclusioni dal
campo di applicazione della parte quarta del presente decreto, la possibilità di utilizzare tali biomasse secondo le disposizioni della presente parte quinta è
subordinata alla sussistenza dei requisiti previsti per i sottoprodotti dalla precedente parte quarta.
2. Condizioni di utilizzo
2.1 La conversione energetica della biomasse di cui al paragrafo 1 può essere effettuata attraverso la combustione diretta, ovvero previa pirolisi o gassifica-

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zione.
2.2 Modalità di combustione
Al fine di garantire il rispetto dei valori limite di emissione previsti dal presente decreto, le condizioni operative devono essere assicurate, alle normali condi-
zioni di esercizio, anche attraverso:
a) l'alimentazione automatica del combustibile (non obbligatoria se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto di cui al titolo I o di ciascun sin-
golo focolare di cui al titolo II è inferiore o uguale a 1 MW);
b) il controllo della combustione, anche in fase di avviamento, tramite la misura e la registrazione in continuo, nella camera di combustione, della tempera-
tura e del tenore di ossigeno, e la regolazione automatica del rapporto aria/combustibile (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti
di cui al titolo I se la potenza termica nominale di ciascun singolo impianto è inferiore o uguale a 3 MW);
c) l'installazione del bruciatore pilota a combustibile gassoso o liquido (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la
potenza termica nominale di ciascun singolo impianto è inferiore o uguale a 6 MW);
d) la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso, della temperatura e delle concentrazioni di monossido di carbonio, degli ossidi di azo-
to e del vapore acqueo (non obbligatoria per gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale complessiva è infe-
riore o uguale a 6 MW). La misurazione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima
dell'analisi;
e) la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso, delle concentrazioni di polveri totali e carbonio organico totale (non obbligatoria per
gli impianti di cui al titolo II e per gli impianti di cui al titolo I se la potenza termica nominale complessiva è inferiore o uguale a 20 MW);
f) la misurazione con frequenza almeno annuale della concentrazione negli effluenti gassosi delle sostanze per cui sono fissati specifici valori limite di emis-
sione, ove non sia prevista la misurazione in continuo.
3. Norme per l'identificazione delle biomasse di cui al paragrafo 1, lettera f) e lettera h-bis)
3.1. La denominazione «sansa di oliva disoleata» o la denominazione «farina di vinaccioli disoleata», la denominazione e l'ubicazione dell'impianto di produ-
zione, l'anno di produzione, nonché il possesso delle caratteristiche di cui alla tabella riportata al paragrafo 1 devono figurare:
a) in caso di imballaggio, su apposite etichette o direttamente sugli imballaggi;
b) in caso di prodotto sfuso, nei documenti di accompagnamento.
Nel caso di imballaggi che contengano quantitativi superiori a 100 kg è ammessa la sola iscrizione dei dati nei documenti di accompagnamento.
Un esemplare dei documenti di accompagnamento, contenente le informazioni prescritte, deve essere unito al prodotto e deve essere accessibile agli organi
di controllo.
3.2. Le etichette o i dati stampati sull'imballaggio, contenenti tutte le informazioni prescritte, devono essere bene in vista. Le etichette devono essere inoltre
fissate al sistema di chiusura dell'imballaggio. Le informazioni devono essere redatte almeno in lingua italiana, indelebili e chiaramente leggibili e devono
essere nettamente separate da altre eventuali informazioni concernenti il prodotto.
3.3. In caso di prodotto imballato, l'imballaggio deve essere chiuso con un dispositivo o con un sistema tale che, all'atto dell'apertura, il dispositivo o il sigillo
di chiusura o l'imballaggio stesso risultino irreparabilmente danneggiati.
Sezione 5
Caratteristiche e condizioni di utilizzo degli idrocarburi pesanti derivanti dalla lavorazione del greggio (parte I, sezione 1, paragrafo 4, lettera d))
1. Provenienza
Gli idrocarburi pesanti devono derivare dai processi di lavorazione del greggio (distillazione, processi di conversione e/o estrazione)
2. Caratteristiche degli idrocarburi pesanti e metodi di misura.
Gli idrocarburi pesanti devono avere le seguenti caratteristiche, da misurare con i pertinenti metodi:

Metodi di misura
Potere calorifico inferiore sul tal quale min. 35.000 kJ/kg
Contenuto di ceneri sul tal quale in massa max 1% UNI EN ISO 6245
Contenuto di zolfo sul tal quale in massa max 10% UNI EN ISO 8754

3. Condizioni di impiego:
Gli idrocarburi pesanti possono essere impiegati solo previa gassificazione per l'ottenimento di gas di sintesi e alle seguenti condizioni:
3.1 II gas di sintesi può essere destinato alla produzione di energia elettrica in cicli combinati o nella combustione diretta (in caldaie e/o forni), in impianti
con potenza termica nominale non inferiore a 50 MW localizzati nel comprensorio industriale in cui è prodotto. A tal fine si fa riferimento alla potenza termi-
ca nominale di ciascun singolo impianto anche nei casi in cui più impianti sono considerati, ai sensi dell'articolo 273, comma 9, come un unico impianto.
3.2 Gli impianti di cui al punto 3.1 devono essere attrezzati per la misurazione e la registrazione in continuo, nell'effluente gassoso in atmosfera, della tem-
peratura, del tenore volumetrico di ossigeno, del tenore di vapore acqueo e delle concentrazioni di monossido di carbonio e degli ossidi di azoto; la misura-
zione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi.
3.3 I valori limite di emissione nell'effluente gassoso derivante dalla combustione del gas di sintesi in ciclo combinato per la produzione di energia elettrica,
riferiti ad un tenore volumetrico di ossigeno nell'effluente gassoso anidro del 15%, sono i seguenti:

a) Polveri totali 10 mg/Nm3 (1)


b) Ossidi di azoto (espressi come NO2) 70 mg/Nm3 (1)
c) Ossidi di zolfo (espressi come SO2) 60 mg/Nm3 (1)
d) Monossido di carbonio 50 mg/Nm3 (1) (come valore medio giornaliero)
(1) I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali: 0° Centigradi e 0.1013 MPa

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3.4 I valori limite di emissione nell'effluente gassoso derivante dalla combustione del gas di sintesi in forni e caldaie, non facenti parte dei cicli combinati,
riferiti ad un tenore volumetrico di ossigeno nell'effluente gassoso anidro del 3%, sono i seguenti:

a) Polveri totali 30 mg/Nm3 (1)


b) Ossidi di azoto (espressi come NO2) 200 mg/Nm3 (1)
c) Ossidi di zolfo (espressi come SO2) 180 mg/Nm3 (1)
d) Monossido di carbonio 150 mg/Nm3 (1) (come valore medio giornaliero)
(1) I valori limite sono riferiti al volume di effluente gassoso secco rapportato alle condizioni normali: 0° Centigradi e 0.1013 MPa

Sezione 6
Caratteristiche e condizioni di utilizzo del biogas
(parte I, sezione paragrafo 1, lettera r) e sezione 2, paragrafo 1, lettera n))
1. Provenienza:
Il biogas deve provenire dalla fermentazione anaerobica metanogenica di sostanze organiche, quali per esempio effluenti di allevamento, prodotti agricoli o
borlande di distillazione, purché tali sostanze non costituiscano rifiuti ai sensi della parte quarta del presente decreto. In particolare non deve essere prodot-
to da discariche, fanghi, liquami e altri rifiuti a matrice organica. Il biogas derivante dai rifiuti può essere utilizzato con le modalità e alle condizioni previste
dalla normativa sui rifiuti.
2. Caratteristiche
Il biogas deve essere costituito prevalentemente da metano e biossido di carbonio e con un contenuto massimo di composti solforati, espressi come solfuro
di idrogeno, non superiore allo 0.1%v/v.
3. Condizioni di utilizzo
3.1 L'utilizzo del biogas è consentito nel medesimo comprensorio in cui tale biogas è prodotto.
3.2 Per gli impianti di cui al punto 3.1 devono essere effettuati controlli almeno annuali dei valori di emissione ad esclusione di quelli per cui è richiesta la
misurazione in continuo di cui al punto 3.3.
3.3 Se la potenza termica nominale complessiva è superiore a 6 MW, deve essere effettuata la misurazione e registrazione in continuo nell'effluente gassoso
del tenore volumetrico di ossigeno, della temperatura, delle concentrazioni del monossido di carbonio, degli ossidi di azoto e del vapore acqueo (la misura-
zione in continuo del tenore di vapore acqueo può essere omessa se l'effluente gassoso campionato viene essiccato prima dell'analisi).
Sezione 7
CARATTERISTICHE E CONDIZIONI DI UTILIZZO DEL CSS-COMBUSTIBILE Parte I, sezione 1, paragrafo 10
La provenienza, le caratteristiche e le condizioni di utilizzo del CSS-Combustibile sono definite con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del terri-
torio e del mare del 14 febbraio 2013, n. 22, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 62 del 14 marzo 2013.

(2112) Allegato modificato dall'art. 2, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 205, dall'art. 30, comma 14, L. 23 luglio 2009, n. 99, dall'art. 3,
comma 30, lett. da a) a l), D.Lgs. 29 giugno 2010, n. 128, dall'art. 1, commi 1 e 2, D.M. 20 marzo 2013, dall'art. 1, comma 4, lett. da a) a g), D.Lgs. 16 luglio
2014, n. 112, dall'art. 1, comma 1, D.M. 19 maggio 2016, n. 123 e dall'art. 1, comma 1, lett. da a) a d), D.M. 22 marzo 2017, a decorrere dal 12 aprile 2017.
Successivamente, il presente allegato è stato così modificato dall'art. 1, commi 1 e 2, lett. a) e b), D.M. 29 maggio 2019, n. 74.
(2113) Nel presente allegato le parole «ossidi di azoto» devono intendersi sostituite dalle parole «ossidi di azoto (NOx)» ai sensi di quanto disposto dall'art.
3, comma 6, D.Lgs. 30 luglio 2020, n. 102.
Allegati alla Parte Quinta-bis
Allegato I - Attività che producono biossido di titanio (2114)
In vigore dal 11 aprile 2014

Parte 1
Valori limite per le emissioni nelle acque
1. Nel caso di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento al solfato (come media annuale): 550 kg di solfato per t di biossido di titano prodotto;
2. Nel caso di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento con cloruro (come media annuale):
a) 130 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza rutilio naturale;
b) 228 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza rutilio sintetico;
c) 330 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza "slag". In caso di scarico in acque salate (estuariali, costiere, d'altura) si può applicare un
valore limite di 450 kg di cloruro per t di biossido di titanio prodotto se si utilizza "slag".
3. Per installazioni e stabilimenti che utilizzano il processo con cloruro e che utilizzano più di un tipo di minerale, i valori limite di emissione di cui al punto 2
si applicano in proporzione ai quantitativi di ciascun minerale utilizzato.
Parte 2
Valori limite per le emissioni nell'atmosfera
1. I valori limite di emissione espressi come in concentrazioni di massa per metro cubo (Nm3) sono calcolati a una temperatura di 273,15 K ad una pressione
di 101,3 kPa.
2. Polveri: 50 mg/Nm3 come media oraria dalle fonti più importanti e 150 mg/Nm3 come media oraria dalle altre fonti.
3. Biossido e triossido di zolfo emessi in atmosfera dalla digestione e dalla calcinazione, compresi gli aerosol acidi, calcolati come SO2 equivalente:
a) 6 kg per t di biossido di titanio prodotto come media annuale;
b) 500 mg/Nm3 come media oraria per gli impianti di concentrazione dell'acido di scarto.
4. Cloro, in caso di installazioni che utilizzano il procedimento con cloruro:

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

a) 5 mg/Nm3 come media giornaliera;


b) 40 mg/Nm3 per qualsiasi intervallo di tempo.
Parte 3
Controllo delle emissioni
Il controllo delle emissioni nell'atmosfera comprende almeno il monitoraggio in continuo di:
a) biossido e triossido di zolfo emessi in atmosfera dalla digestione e dalla calcinazione da impianti di concentrazione degli acidi di scarto in installazioni che
utilizzano il procedimento al solfato;
b) cloro proveniente dalle fonti principali all'interno di installazioni e stabilimenti che utilizzano il procedimento con cloruro;
c) polvere proveniente dalle fonti principali di installazioni e stabilimenti.

(2114) Allegato inserito dall'art. 28, comma 18, D.Lgs. 4 marzo 2014, n. 46.
Allegati alla Parte Sesta
Allegato 1
In vigore dal 29 aprile 2006

a) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 sulla responsabilità civile per i danni derivanti da inquinamento da idrocarburi;
b) Convenzione internazionale del 27 novembre 1992 istitutiva di un Fondo internazionale per l'indennizzo dei danni derivanti da inquinamento da idrocar-
buri;
c) Convenzione internazionale del 23 marzo 2001 sulla responsabilità civile per i danni derivanti dall'inquinamento determinato dal carburante delle navi;
d) Convenzione internazionale del 3 maggio 1996 sulla responsabilità e l'indennizzo per i danni causati dal trasporto via mare di sostanze nocive e poten-
zialmente pericolose;
e) Convenzione del 10 ottobre 1989 sulla responsabilità civile per i danni causati durante il trasporto di materiali pericolosi su strada, ferrovia o battello di
navigazione interna.

Allegati alla Parte Sesta


Allegato 2
In vigore dal 29 aprile 2006

a) Convenzione di Parigi del 29 luglio 1960 sulla responsabilità civile nel campo dell'energia nucleare e convenzione complementare di Bruxelles del 31 gen-
naio 1963;
b) Convenzione di Vienna del 21 maggio 1963 sulla responsabilità civile in materia di danni nucleari;
c) Convenzione di Vienna del 12 settembre 1997 sull'indennizzo complementare per danno nucleare;
d) Protocollo congiunto del 21 settembre 1988 relativo all'applicazione della convenzione di Vienna e della convenzione di Parigi;
e) Convenzione di Bruxelles del 17 dicembre 1971 relativa alla responsabilità civile derivante dal trasporto marittimo di sostanze nucleari.

Allegati alla Parte Sesta


Allegato 3
In vigore dal 29 aprile 2006

Il presente allegato stabilisce un quadro comune da rispettare per scegliere le misure più appropriate cui attenersi per garantire la riparazione del danno
ambientale.
1. Riparazione del danno all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti
La riparazione del danno ambientale, in relazione all'acqua o alle specie e agli habitat naturali protetti, è conseguita riportando l'ambiente danneggiato alle
condizioni originarie tramite misure di riparazione primaria, complementare e compensativa, da intendersi come segue:
a) riparazione «primaria»: qualsiasi misura di riparazione che riporta le risorse e/o i servizi naturali danneggiati alle o verso le condizioni originarie;
b) riparazione «complementare»: qualsiasi misura di riparazione intrapresa in relazione a risorse e/o servizi naturali per compensare il mancato ripristino
completo delle risorse e/o dei servizi naturali danneggiati;
c) riparazione «compensativa»: qualsiasi azione intrapresa per compensare la perdita temporanea di risorse e/o servizi naturali dalla data del verificarsi del
danno fino a quando la riparazione primaria non abbia prodotto un effetto completo;
d) «perdite temporanee»: perdite risultanti dal fatto che le risorse e/o i servizi naturali danneggiati non possono svolgere le loro funzioni ecologiche o forni-
re i servizi ad altre risorse naturali o al pubblico fino a che le misure primarie o complementari non abbiano avuto effetto. Non si tratta di una compensazio-
ne finanziaria al pubblico.
Qualora la riparazione primaria non dia luogo a un ritorno dell'ambiente alle condizioni originarie, si intraprenderà la riparazione complementare. Inoltre, si
intraprenderà la riparazione compensativa per compensare le perdite temporanee. La riparazione del danno ambientale, in termini di danno all'acqua o alle
specie e agli habitat naturali protetti, implica inoltre che si deve sopprimere qualsiasi rischio significativo di effetti nocivi per la salute umana.
1.1. Obiettivi di riparazione.
Finalità della riparazione primaria.
1.1.1. Lo scopo della riparazione primaria è quello di riportare le risorse naturali e/o i servizi danneggiati alle o verso le condizioni originarie.
Finalità della riparazione complementare.
1.1.2. Qualora le risorse naturali e/o i servizi danneggiati non tornino alle condizioni originarie, sarà intrapresa la riparazione complementare. Lo scopo della
riparazione complementare è di ottenere, se opportuno anche in un sito alternativo, un livello di risorse naturali e/o servizi analogo a quello che si sarebbe
ottenuto se il sito danneggiato fosse tornato alle condizioni originarie.

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

Laddove possibile e opportuno, il sito alternativo dovrebbe essere geograficamente collegato al sito danneggiato, tenuto conto degli interessi della popola-
zione colpita.
Finalità della riparazione compensativa.
1.1.3. La riparazione compensativa è avviata per compensare la perdita temporanea di risorse naturali e servizi in attesa del ripristino. La compensazione
consiste in ulteriori miglioramenti alle specie e agli habitat naturali protetti o alle acque nel sito danneggiato o in un sito alternativo. Essa non è una com-
pensazione finanziaria al pubblico.
1.2. Individuazione di misure di riparazione
Individuazione di misure di riparazione primarie
1.2.1. Vanno prese in considerazione altre opzioni, ossia azioni per riportare direttamente le risorse naturali e i servizi alle condizioni originarie in tempi bre-
vi, o attraverso il ripristino naturale.
Individuazione di misure di riparazione complementare e compensativa
1.2.2. Nel determinare la portata delle misure di riparazione complementare e compensativa, occorre prendere in considerazione in primo luogo l'uso di
metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio. Con detti metodi vanno prese in considerazione in primo luogo azioni che forniscono risorse naturali
e/o servizi dello stesso tipo, qualità e quantità di quelli danneggiati. Qualora ciò non sia possibile, si devono fornire risorse naturali e/o servizi di tipo alterna-
tivo. Per esempio, una riduzione della qualità potrebbe essere compensata da una maggiore quantità di misure di riparazione.
1.2.3. Se non è possibile usare, come prima scelta, i metodi di equivalenza risorsa-risorsa o servizio-servizio, si devono utilizzare tecniche di valutazione al-
ternative. L'autorità competente può prescrivere il metodo, ad esempio la valutazione monetaria, per determinare la portata delle necessarie misure di ripa-
razione complementare e compensativa. Se la valutazione delle risorse e/o dei servizi perduti è praticabile, ma la valutazione delle risorse naturali e/o dei
servizi di sostituzione non può essere eseguita in tempi o a costi ragionevoli, l'autorità competente può scegliere misure di riparazione il cui costo sia equiva-
lente al valore monetario stimato delle risorse naturali e/o dei servizi perduti.
Le misure di riparazione complementare e compensativa dovrebbero essere concepite in modo che le risorse naturali e/o i servizi supplementari rispecchino
le preferenze e il profilo temporali delle misure di riparazione. Per esempio, a parità delle altre condizioni, più lungo è il periodo prima del raggiungimento
delle condizioni originarie, maggiore è il numero delle misure di riparazione compensativa che saranno avviate.
1.3. Scelta delle opzioni di riparazione
1.3.1. Le opzioni ragionevoli di riparazione dovrebbero essere valutate, usando le migliori tecnologie disponibili, qualora siano definite, in base ai seguenti
criteri:
- l'effetto di ciascuna opzione sulla salute e la sicurezza pubblica;
- il costo di attuazione dell'opzione;
- la probabilità di successo di ciascuna opzione;
- la misura in cui ciascuna opzione impedirà danni futuri ed eviterà danni collaterali a seguito dell'attuazione dell'opzione stessa;
- la misura in cui ciascuna opzione giova a ogni componente della risorsa naturale e/o del servizio;
- la misura in cui ciascuna opzione tiene conto dei pertinenti aspetti sociali, economici e culturali e di altri fattori specifici della località.
- il tempo necessario per l'efficace riparazione del danno ambientale; - la misura in cui ciascuna opzione realizza la riparazione del sito colpito dal danno am-
bientale;
- il collegamento geografico al sito danneggiato.
1.3.2. Nel valutare le diverse opzioni di riparazione, possono essere scelte misure di riparazione primaria che non riportano completamente l'acqua o le spe-
cie e gli habitat naturali protetti danneggiati alle condizioni originarie o che li riportano più lentamente a tali condizioni. Questa decisione può essere presa
soltanto se le risorse naturali e/o i servizi perduti sul sito primario a seguito della decisione sono compensati aumentando le azioni complementari o com-
pensative per fornire un livello di risorse naturali e/o servizi simile a quello perduto. È il caso, per esempio, di risorse naturali e/o servizi equivalenti forniti
altrove a costo inferiore.
Queste misure supplementari di riparazione sono determinate conformemente alle regole precisate nel punto 1.2.2.
1.3.3. In deroga alle disposizioni di cui al punto 1.3.2 e conformemente all'articolo 7, paragrafo 3, l'autorità competente può decidere di non intraprendere
ulteriori misure di riparazione qualora:
a) le misure di riparazione già intraprese garantiscano che non esiste più un rischio significativo di causare effetti nocivi per la salute umana, l'acqua, le spe-
cie e gli habitat naturali protetti e b) i costi delle misure di riparazione da adottare per raggiungere le condizioni originarie o un livello simile siano spropor-
zionati rispetto ai vantaggi ambientali ricercati.
2. Riparazione del danno al terreno
Si devono adottare le misure necessarie per garantire, come minimo, che gli agenti contaminanti pertinenti siano eliminati, controllati, circoscritti o diminuiti
in modo che il terreno contaminato, tenuto conto del suo uso attuale o approvato per il futuro al momento del danno, non presenti più un rischio significati-
vo di causare effetti nocivi per la salute umana. La presenza di tale rischio è valutata mediante procedure di valutazione del rischio che tengono conto della
caratteristica e della funzione del suolo, del tipo e della concentrazione delle sostanze, dei preparati, degli organismi o microrganismi nocivi, dei relativi rischi
e della possibilità di dispersione degli stessi. L'utilizzo è calcolato sulla base delle normative sull'assetto territoriale o di eventuali altre normative pertinenti
vigenti quando si è verificato il danno.
Se l'uso del terreno viene modificato, si devono adottare tutte le misure necessarie per evitare di causare effetti nocivi per la salute umana. In mancanza di
normative sull'assetto territoriale o di altre normative pertinenti, l'uso dell'area specifica del terreno è determinato, tenuto conto dello sviluppo previsto,
dalla natura dell'area in cui si è verificato il danno. Va presa in considerazione un'opzione di ripristino naturale, ossia un'opzione senza interventi umani di-
retti nel processo di ripristino.

Allegati alla Parte Sesta


Allegato 4
In vigore dal 29 aprile 2006

Il carattere significativo di un danno che produce effetti negativi sul raggiungimento o il mantenimento di uno stato di conservazione favorevole di specie o
habitat è da valutare in riferimento allo stato di conservazione, al momento del danno, ai servizi offerti dai valori ricreativi connessi e alla capacità di rigene-
razione naturale. Gli effetti negativi significativi rispetto alle condizioni originarie dovrebbero essere determinati con dati misurabili, del tipo:
- numero degli individui, loro densità o area coperta;

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

- ruolo di determinati individui o dell'area danneggiata in relazione alla specie o alla conservazione dell'habitat, alla rarità della specie o dell'habitat (valutata
a livello locale, regionale e più alto, anche a livello comunitario);
- capacità di propagazione della specie (secondo la dinamica propria alla specie o alla popolazione), sua vitalità o capacità di rigenerazione naturale
dell'habitat (secondo le dinamiche proprie alle specie che lo caratterizzano o alle loro popolazioni);
- capacità della specie o dell'habitat, dopo che il danno si è verificato, di ripristinarsi in breve tempo, senza interventi diversi da misure di protezione raffor-
zate, in uno stato che, unicamente in virtù della dinamica della specie o dell'habitat, conduca a condizioni ritenute equivalenti o superiori alle condizioni ori-
ginarie.
Il danno con un provato effetto sulla salute umana deve essere classificato come significativo.
Non devono essere classificati come danni significativi:
- le variazioni negative inferiori alle fluttuazioni naturali considerate normali per la specie o l'habitat in questione;
- le variazioni negative dovute a cause naturali o risultanti da interventi connessi con la normale gestione dei siti, quale definita nei documenti di gestione o
di indirizzo relativi all'habitat, o praticata anteriormente dai proprietari o dagli operatori;
- il danno a specie o habitat per i quali è stabilito che si ripristineranno entro breve tempo e senza interventi, o nelle condizioni originarie o in uno stato che,
unicamente in virtù della dinamica della specie o dell'habitat, conduca a condizioni ritenute equivalenti o superiori alle condizioni originarie.

Allegati alla Parte Sesta


Allegato 5
In vigore dal 5 ottobre 2011

1. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 96/61/Ce del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la
riduzione integrate dell'inquinamento. Include tutte le attività elencate nell'allegato I della direttiva 96/61/Ce, ad esclusione degli impianti o parti di impianti
utilizzati per la ricerca, lo sviluppo e la sperimentazione di nuovi prodotti e processi.
2. Operazioni di gestione dei rifiuti, compresi la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento di rifiuti e di rifiuti pericolosi, nonché la supervisione di tali
operazioni e i controlli successivi sui siti di smaltimento, soggetti ad autorizzazione o registrazione, conformemente alle direttive del Consiglio 75/442/Cee,
del 15 luglio 1975, relativa ai rifiuti e 91/689/Cee, del 12 dicembre 1991, relativa ai rifiuti pericolosi. Tali operazioni comprendono tra l'altro la gestione di siti
di discarica ai sensi della direttiva del Consiglio 1999/31/Ce, del 26 aprile 1999, concernente le operazioni di discarica di rifiuti, e il funzionamento di impianti
d'incenerimento ai sensi della direttiva 2000/76/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 dicembre 2000, sull'incenerimento di rifiuti.
3. Tutti gli scarichi nelle acque interne superficiali che siano soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 76/464/Cee del Consiglio, del
4 maggio 1976, concernente l'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose scaricate nell'ambiente idrico della Comunità.
4. Tutti gli scarichi di sostanze nelle acque sotterranee che siano soggetti ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 80/68/Cee del Consiglio,
del 17 dicembre 1979, concernente la protezione delle acque sotterranee dall'inquinamento provocato da certe sostanze pericolose.
5. Lo scarico o l'immissione di inquinanti nelle acque superficiali o sotterranee che sono soggetti a permesso, autorizzazione o registrazione conformemente
alla direttiva 2000/60/Ce.
6. Estrazione e arenazione delle acque soggette ad autorizzazione preventiva conformemente alla direttiva 2000/60/Ce.
7. Fabbricazione, uso, stoccaggio, trattamento, interramento, rilascio nell'ambiente e trasporto sul sito di:
a) sostanze pericolose definite nell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 67/548/Cee del Consiglio, del 27 giugno 1967, concernente il ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose;
b) preparati pericolosi definiti nell'articolo 2, paragrafo 2 della direttiva 1999/45/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 1999, concernen-
te il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichet-
tatura dei preparati pericolosi;
c) prodotti fitosanitari definiti nell'articolo 2, paragrafo 1 della direttiva 91/414/Cee del Consiglio, del 15 luglio 1991, relativa all'immissione in commercio dei
prodotti fitosanitari;
d) biocidi definiti nell'articolo 2, paragrafo 1, lettera a) della direttiva 98/8/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 1998, relativa all'im-
missione sul mercato dei biocidi in quantitativi superiori.
8. Trasporto per strada, ferrovia, navigazione interna, mare o aria di merci pericolose o di merci inquinanti definite nell'allegato A della direttiva 94/55/Ce
del Consiglio, del 21 novembre 1994, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci pericolose su strada, o
nell'allegato della direttiva 96/49/Ce del Consiglio, del 23 luglio 1996, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative al trasporto di merci
pericolose per ferrovia, o definite nella direttiva 93/75/Cee del Consiglio, del 13 settembre 1993, relativa alle condizioni minime necessarie per le navi diret-
te a porti marittimi della Comunità o che ne escono e che trasportano merci pericolose o inquinanti.
9. Funzionamento di impianti soggetti ad autorizzazione, conformemente alla direttiva 84/360/Cee del Consiglio, del 28 giugno 1984, concernente la lotta
contro l'inquinamento atmosferico provocato dagli impianti industriali relativamente al rilascio nell'aria di una qualsiasi delle sostanze inquinanti coperte da
detta direttiva.
10. Qualsiasi uso confinato, compreso il trasporto, di microrganismi geneticamente modificati definiti nella direttiva 90/219/Cee del Consiglio, del 23 aprile
1990, sull'impiego confinato di microrganismi geneticamente modificati.
11. Qualsiasi rilascio deliberato nell'ambiente, trasporto e immissione in commercio di organismi geneticamente modificati definiti nella direttiva 2001/
18/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio.
12. Qualsiasi spedizione transfrontaliera di rifiuti all'interno dell'Unione europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio, che necessiti di un'autoriz-
zazione o sia vietata ai sensi del regolamento (Cee) n. 259/93 del Consiglio, del 1 febbraio 1993, relativo alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di
rifiuti all'interno della Comunità europea, nonché in entrata e in uscita dal suo territorio.
12-bis. La gestione dei rifiuti di estrazione ai sensi della direttiva 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestio-
ne dei rifiuti delle industrie estrattive. (2115)
12-ter. Gestione dei siti di stoccaggio a norma del decreto legislativo di recepimento della direttiva 2009/31/CE in materia di stoccaggio geologico di biossido
di carbonio. (2116)

(2115) Punto aggiunto dall'art. 15, comma 1, D.Lgs. 30 maggio 2008, n. 117.
(2116) Punto aggiunto dall'art. 35, comma 11, D.Lgs. 14 settembre 2011, n. 162, a decorrere dal 5 ottobre 2011, ai sensi di quanto disposto dall'art. 37,

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ALLEGATI CODICE DELL’AMBIENTE

comma 1 del medesimo D.Lgs. 162/2011.

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