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L’anima mancò
all’universo nuovo sin da quando Bonaparte ritirò il suo
soffio vitale; gli oggetti sparirono alla vista dopo che non
furono più rischiarati dalla luce che aveva dato loro il rilievo e
i colori"
Chateaubriand
Ei fu
La morte di Napoleone
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Avvertenza
Capitolo primo
Sant’Elena
Capitolo secondo
Il moderno Prometeo
Capitolo terzo
La malattia e la morte
Capitolo quarto
Il testamento
Capitolo quinto
L’eco nel mondo
Capitolo sesto
Lutti formali e lacrime vere
Capitolo settimo
Il capolavoro politico di Las Cases
Capitolo ottavo
Le origini della leggenda
Capitolo nono
Il ritorno
Conclusioni
Lo spettro di Sant’Elena
Appendice
Filmografia
Nota bibliografica
Letture consigliate
Sant’Elena
Il moderno Prometeo
Ma, dopo tutto, è proprio sicuro che io ci vada? Un uomo è dipendente dal
suo simile, quando non vuole più esserlo? [...] Mio caro, continuò, qualche
volta mi viene voglia di lasciarvi, e ciò non è molto difficile. [...] Tutto
sarebbe finito, e voi andreste a raggiungere tranquillamente le vostre
famiglie (Mem. e Ms., 2-3 agosto 1815).
La malattia e la morte
L’uomo lanciato nella vita si chiede: da dove vengo? Chi sono? Dove
vado? Sono questi tanti misteri che ci precipitano verso la religione. Noi
corriamo incontro ad essa, la nostra naturale tendenza vi ci porta; ma
arriva l’istruzione che ci arresta: l’istruzione e la storia, ecco i grandi
nemici della religione [...] (Mem. e Ms., 17 agosto 1816).
Il testamento
Io sono sempre stato soddisfatto della mia carissima sposa Maria Luisa;
conservo per lei fino all’ultimo istante i più teneri sentimenti. La prego di
vegliare per proteggere mio figlio dalle insidie che ancora circondano la
sua infanzia.
Evidentemente Napoleone voleva ribadire qui il legame
dinastico con gli Asburgo, e quindi il rango di imperatrice che
Maria Luisa deteneva, nonostante fosse ormai duchessa di
Parma. Colei che era ancora legalmente sua moglie era
impegnata perciò a preservare l’eredità del figlio, che era
diventato ormai un duca austriaco ma era pur sempre, nella
linea dinastica, l’erede diretto del padre con il nome di
Napoleone II. A questo riguardo Napoleone dava grande
rilievo all’eredità morale e politica che intendeva lasciare al
figlio:
È certo [...] che io sono stato poco assecondato dai miei e che essi hanno
fatto del male a me e alla grande causa. Si è sovente vantata la forza del
mio carattere; io non sono stato che un pulcino bagnato, soprattutto
verso i miei, ed essi lo sapevano bene: passata la prima burrasca, la loro
perseveranza, la loro ostinazione vincevano sempre; e, stanco della lotta,
hanno fatto di me ciò che hanno voluto (Mem., 24 settembre 1816).
Egli offese, è vero, la libertà che l’aveva nutrito nel suo seno; ma che cosa
non si perdona a un re vittorioso, e come potevano i francesi credersi
schiavi, mentre davano la legge ai monarchi dell’Europa? (Une larme à la
mémoire de Napoléon, firmato Philenor).
Ho saputo, mio caro figlio, quanto profondamente sei stato scosso dalla
disgrazia che ci colpisce entrambi. Scriverti a questo proposito e parlarne
con te è per me la maggiore consolazione. Sono sicura che avverti per
questa perdita un dolore tanto profondo quanto il mio; saresti infatti un
ingrato se potessi dimenticare tutta la bontà che egli ti ha dimostrato
durante la tua infanzia. So che ti sforzerai di imitare le sue virtù, evitando
nel contempo gli scogli che hanno finito per perderlo (Bourgoing, p. 126).
La causa del secolo era vinta; la rivoluzione compiuta; non si trattava che
di conciliarla con ciò che essa non aveva distrutto. Ora quest’opera mi
apparteneva: io l’avevo preparata da lunga data, a spese della mia
popolarità forse. Non importa. Io diventavo l’arca dell’antica e della nuova
alleanza, il mediatore naturale fra l’antico e il nuovo ordine di cose. Avevo
i principi e la fiducia dell’uno, mi ero identificato con l’altro; appartenevo
a tutti e due; avrei fatto in coscienza la parte di ciascuno (Mem., 24 agosto
1816).
Avrebbe anche voluto, per tutta l’Europa, una stessa moneta sotto conii
differenti, gli stessi pesi, le stesse misure, le stesse leggi ecc. [...] Ben
presto l’Europa non sarebbe stata effettivamente che un unico popolo.
Ognuno, viaggiando dappertutto, si sarebbe sempre trovato nella patria
comune ecc. (Mem., 14 novembre 1816).
Non sarà sfuggito il fatto che buona parte dei brani relativi
ai discorsi politici di Napoleone, ad esempio quelli sulla
federazione europea e sull’unificazione monetaria, non
figurano nel manoscritto originario. Si può ipotizzare quindi
che per questa parte Las Cases abbia in vario modo ampliato
e sviluppato le considerazioni raccolte a Sant’Elena,
adattandole alle condizioni politiche dell’Europa nel
momento in cui redigeva la sua opera. Quanto c’è dunque di
Las Cases nei programmi politici esposti nel Memoriale?
E bagnerem di lacrime
i suoi sfrondati allori?
Benediremo il tumulo,
lo spargerem di fiori?
No! chiese al mondo impero e non amor.
Strappò alle madri i figli
per trarli a ingiusta guerra,
di pugne, di perigli
tutta coprì la terra
e di pianto e di sangue e di terror.
[...] degl’Itali,
oh degl’Itali almen pietà maggiore
preso t’avesse, o grande! [...]
(Ode per N.)
[...] L’imperatore,
disperato, lanciò nell’ombra un grido di orrore,
abbassando gli occhi, innalzando le mani spaventate;
le vittorie di marmo scolpite alla porta,
fantasmi bianchi in piedi fuori del sepolcro oscuro,
si facevano segno col dito e, appoggiandosi al muro,
ascoltavano il titano piangere nelle tenebre.
Già nel 1812, nel gelo della pianura russa egli aveva sentito
quella voce, e si era chiesto tremante se la sua sconfitta non
fosse la punizione di una sua colpa. Ora finalmente arrivava la
rivelazione: il vero castigo era l’infamia che aveva gettato
sulla sua memoria il colpo di stato del 2 dicembre. E il
demone misterioso, che lo aveva perseguitato per tutta la vita,
finalmente gli si rivelava:
E lui, gridò: demone dalle funebri visioni,
tu che mi segui dappertutto, che mai vedo,
chi sei dunque? – Io sono il tuo crimine, disse la voce.
La tomba si riempì allora di una luce strana
simile allo splendore di Dio vendicatore;
come le parole che vide risplendere Baldassarre,
due parole scritte nell’ombra fiammeggiavano su Cesare:
Bonaparte, tremante come un bambino senza madre,
alzò il suo volto pallido e lesse: Diciotto brumaio!
Disegno eseguito dal capitano Frederick Marryat poche ore
dopo la morte di Napoleone, litografia, London, Wellcome
Library.
Capitolo nono
Il ritorno
Mi associo, come francese, al pio dovere di dare una tomba nella sua
patria a uno degli uomini che hanno fatto più scalpore sulla terra, [...] la
cui volontà si sostituì per dieci anni alle leggi, alla volontà, al destino
della Francia, come filosofo, come uomo che ha qualche presentimento
della posterità, oso confessarlo davanti a voi, [...] non è senza un certo
rammarico che vedo i resti di questo grande uomo discendere troppo
presto forse da quella roccia nel mezzo dell’oceano, dove l’ammirazione e
la pietà dell’universo andavano a cercarlo attraverso il prestigio della
distanza e attraverso l’abisso delle sue disgrazie. [...] Non avrei
considerato una disgrazia per la memoria di Napoleone che il suo destino
l’avesse lasciato ancora per qualche tempo sotto il salice di Sant’Elena
[...]. Forse, da diversi punti di vista, queste ceneri non erano abbastanza
fredde perché vi si mettesse mano.
La musa della storia ha inciso queste esequie nelle sue tavole come un
fatto notevole; ma per il tempo attuale questo avvenimento è di minore
importanza [...]. L’imperatore è morto. Con lui si è estinto l’ultimo eroe
secondo l’antico stile, e il nuovo mondo dei droghieri respira a proprio
agio come liberato da un incubo brillante. Sulla tomba imperiale si
innalza un’età borghese e industriale [...] (Lutèce, pp. 160-161).
Lo spettro di Sant’Elena
Filmografia