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RECENSIONE:

INQUIETUDINI DI PRIMAVERA

"Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L’opera dello scrittore è soltanto uno strumento
ottico offerto al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe
forse visto in se stesso” ~ Marcel Proust

Una lente d'ingrandimento. Uno specchio. Un mettere nero su bianco ciò che siamo ma ci
rifiutiamo di essere. Un viaggio in terza persona attraverso le ansie, le paure e le delusioni
ma, al contempo, dalle emozioni più confuse a quelle più pure. Una messa per iscritto dei
'malinconici attimi', di una labilità e di una fragilità che ci accomunano espressa e addolcita
mediante le soavi parole della poesia. Inquietudini di primavera è tutto questo. Fa riflettere, fa
supporre, fa sperare, fa sognare.

Tommaso, un ragazzo, un giovane che racchiude tanti sentimenti quanti i mali contenuti nel
vaso di Pandora. Ma che, a differenza del mito, trova la libertà e la felicità proprio nel
mostrare ciò che desiderava tenere celato. Tommaso desidera ma ha paura, teme e vuole
fermarsi, trascinandosi in questo modo in un circolo vizioso. Citando Boezio: « Chiunque
invece trepidante teme o brama, poiché non ha sicura padronanza di sé, è lui stesso che getta
lo scudo e, cedendo terreno, annoda le catene da cui sarà trascinato ».
A tratti si è portati a riconoscere che la gioventù di Tommaso non è poi così lontana dalla
nostra. Si viene dunque improvvisamente catapultati nelle situazioni di qualcun altro che,
contro ogni previsione, sembrano essere state vissute in prima persona, come in un dejavù: un
dejavù letterario. Una conferma forse che, in fondo, noi esseri umani non siamo poi così
diversi.

Linda, una ragazza graziosa, che tanto si addice alla naturale inclinazione perfezionista e
quasi maniacale di Tommaso. Una Laura per Petrarca, una Ginevra per Lancillotto. Lei è
perfetta, lei è un riflesso di ciò che Tommaso non possiede e anela. Ma… “Come stai, sei
felice?” Lei non sa rispondere in modo chiaro a questa domanda. Lei non deve ritrovare la
risposta, non l'ha mai trovata. Lei che si pensava avesse tutto.

Tommaso e Linda sono gli opposti. Due esseri tanto vicini quanto lontani, tanto simili quanto
diversi. Il desiderio di uno implica la renitenza dell'altra. Due esistenze tangenti che, appena
si sfiorano, si allontanano.

Inquietudini di primavera è un'opera che grida 'casa'. Numerose sono le immagini familiari e i
luoghi comuni che lasciano spazio però ad alcuni richiami alla classicità, ai miti e alle sublimi
aspirazioni umane. E anche se Tommaso ci appare ordinario, debole e succube delle emozioni
per pesare addirittura sulle decisioni riguardanti la propria vita veniamo a scoprire che non è
così. Il paesaggio, il clima, ogni particolare esterno cambia. Cambia con Tommaso e per
Tommaso. Rimarcando un antropocentrismo dimenticato dal protagonista convinto di «esser
nulla nell'universo».

Costante è la tematica della perdita che si ripresenta ciclicamente, giunta come con il fine di
coartare la mente del lettore per portarlo a riflettere. Viene naturale soffermarsi su ciò che è
abbiamo perso, abbandonato o ci è stato strappato via. “Perché ho lasciato che accadesse?”
Questo è l'interrogativo che assilla il lettore.

Spesso ho immaginato di porre una domanda al nostro ordinario eroe: “Qual è il bagaglio
acquisito in questo viaggio?”. Io credo che risponderebbe senza indugi: la consapevolezza di
essere felice.

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