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QUANDO CLAUDIO INCONTRO’ “IL GRIGIO”

Flavio Lucibello

Finalmente le vacanze! Quell’anno scolastico era stato particolarmente lungo e sembrava non
terminare mai. Claudio aveva finito la quinta elementare e l’anno successivo avrebbe iniziato
l’avventura delle medie. Era tutto elettrizzato all’idea anche se, in cuor suo, aveva un po’ di timore
nel trovarsi di fronte tanti professori invece delle dolci, rassicuranti, maestre.
Ma c’era tempo per pensarci, ora voleva godersi le meritate vacanze; i risultati scolastici erano stati
molto buoni e i genitori, per ricompensarlo dell’impegno, gli avevano chiesto cosa volesse per premio
e lui aveva chiesto: un binocolo. Già, proprio un binocolo, strano no? Invece di un nuovo videogioco,
o di un’altra diavoleria tecnologica, lui aveva chiesto un binocolo. Molti suoi compagni non avevano
capito cosa ci trovasse di così interessante, ma loro non conoscevano il passatempo preferito di
Claudio…
Quando, con la famiglia, andava in vacanza nella casetta di Rovere, un paesino dell’Abruzzo
arroccato sulla montagna, a Claudio piaceva appostarsi, all’imbrunire, a guardare i cervi e i caprioli
che uscivano allo scoperto a mangiare, proprio dove finivano gli alberi al limite del bosco.
Guardandoli con il binocolo poteva rimanere più lontano evitando così di spaventarli.
Il resto del tempo lo passava a scorrazzare su e giù per i sentieri, insieme ai suoi coetanei che, come
lui, andavano a trascorrere le vacanze in montagna. Usciva la mattina abbastanza presto, per poi rifarsi
vivo all’ora di pranzo. Mangiava in tutta e fretta e poi via, di nuovo a camminare, correre, giocare,
fino all’ora di cena, immerso in quella bellissima natura fatta di prati, boschi, rocce e animali.
Anche quell’anno, come i precedenti, erano andati a passare alcune settimane a Rovere e Claudio
aveva avuto modo di usare il binocolo, rimanendo impressionato da come i cervi sembrassero vicini.
Quando si faceva sera, prima uscivano dal bosco le femmine con i piccoli; costeggiavano gli alberi
brucando l’erba ma rimanendo sempre all’erta. Alzavano spesso la testa, muovevano le orecchie
come dei radar, attenti a cogliere il minimo rumore. Dopo un po’ arrivavano i maschi, con i grandi
palchi (che sarebbero poi come le corna, ma per i cervi si chiamano palchi perché gli cadono in
autunno e gli ricrescono in primavera, tutti gli anni), che seguivano, sempre brucando, il resto del
branco.
Una sera di quelle, Claudio si era appostato, come al solito, dietro una grande roccia per non farsi
vedere. Il sole era sceso da poco dietro la cima della montagna, e una bellissima luce dalle sfumature
rosa e arancione, faceva da sfondo, ma dei cervi neanche l’ombra.
“Strano” pensò Claudio, e si spostò un po’ più in alto sul crinale di quella montagnola poco distante
dal paese. Niente, anche da lì nulla, ne cervi, ne caprioli nessun segno di vita, chissà dove si erano
cacciati. Poi, all’improvviso, provò la strana sensazione di essere osservato. Alzò lo sguardo e
abbassò il binocolo. Proprio poco più in alto di lui sulla collina, a fianco a un cespuglio di rosa canina,
stava un grosso lupo grigio. Claudio ebbe un sobbalzo e il cuore gli iniziò a battere forte in gola per
lo spavento.
“Un lupo accidenti! E che ci fa qua un lupo così vicino al paese; ecco perché non si vedono i cervi,
loro lo avevano visto e sentito molto prima di me, per questo non sono usciti dal bosco” pensò Claudio
“Devo mantenere la calma e non devo mettermi a correre”.
Si ricordò di quando era andato con i genitori a vedere la proiezione di un filmato sui lupi nella sede
del Parco, nel paese vicino. Lì parlavano del ritorno dei lupi su quelle montagne e di quanto fossero
importanti per l’ecosistema; dicevano anche che da più di tre secoli nessun uomo era stato attaccato
da un lupo. Quindi bisognava stare calmi e non perdere la testa. “Però io ho paura lo stesso” si disse
Claudio parlando fra sé e sé. Si voltò a guardare il lupo e quello voltò la testa dall’altra parte.
“Sarà un lupo timido?” pensò “E se gli tirassi una fetta di salame del panino che ho nello zainetto?”
si chiese. Poi si ricordò di un’altra cosa importante che aveva visto in quel documentario. Non
bisognava dare mai da mangiare agli animali selvatici perché loro si sarebbero abituati a questo fatto
e avrebbero potuto prendere l’abitudine di cercare cibo dall’uomo, con grande rischio sia per loro che
per l’essere umano. A parte le malattie che si possono trasmettere, un animale selvatico ha delle
reazioni imprevedibili; una volpe o un lupo, così come un cervo o un cinghiale, non sono dei cagnolini
domestici ed è importante mantenerli sempre a distanza, perché non si abituino alla vicinanza
dell’uomo. I primi a correre il rischio di rimanere uccisi, investiti da un’automobile, o sparati da
qualche zelante cacciatore, sono proprio loro.
Nel frattempo, il lupo si era accucciato e non dimostrava particolare interesse per Claudio. Poggiò la
testa sulle zampe davanti, visto così non sembrava proprio pericoloso.
“Ricordati che è un lupo” si disse Claudio, che piano piano stava recuperando la calma.
Prese il binocolo e guardò verso di lui.
“Ti chiamerò “il Grigio”” pensò. Aveva il pelo folto con sfumature più scure sul collo e alcuni ciuffi
neri.
Vedendolo armeggiare con il binocolo il lupo alzò la testa e Claudio vide che aveva due occhi
profondi color ambra, era bellissimo. Lo sguardo del lupo era da una parte affascinate, dall’altra un
po’ inquietante e metteva soggezione.
Rimasero lì per un po’, guardandosi e studiandosi a vicenda.
Poi, all’improvviso, si sentì guaire da dentro il cespuglio di rosa canina. Il lupo balzò in piedi e, quale
sorpresa, due cuccioli uscirono da sotto gli arbusti. Il Grigio, o sarebbe meglio dire a questo punto
“la Grigia”, andò incontro ai due lupacchiotti che traballanti si dirigevano verso di lei.
Li annusò e li leccò sulla testa mentre emetteva un brontolio sommesso come a dire: “Dove andate?
Vi avevo detto di stare dentro il cespuglio”
Poi, dopo aver lanciato un’ultima occhiata a Claudio come a salutarlo, li spinse verso la vegetazione
più alta scomparendo rapidamente alla vista.
Claudio rimase lì per un po’, guardando nella direzione dove la lupa e i cuccioli si erano dileguati.
Raccolse le sue cose, mise in spalla lo zaino e riprese la strada per casa. Non vedeva l’ora di andare
a raccontare del suo incontro ai genitori e agli amici, chissà se gli avrebbero creduto?
F.L.

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